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rispondi a uniposta, ma s-parlando ancora di me.
Sono dunque costretta a risponderti, e tutto avrei immaginato tranne che
sta cosa fosse tirata tanto per le lunghe (perchè altro da fare lo avrei pure io, se permetti).
Ma poichè non ci si attiene a quanto scrivo, e si continua a tenersi idee
contorte in testa, che denotano una violenza di base e una voglia di aggressione repressa (parlo di te) plaudendo a certe cose e incoraggiandole, allora sono purtroppo costretta a chiarire ulteriormente punto per punto.
Ma questa fatica non la faccio per te, sia chiaro, ma per amore della chiarezza e della verità. E per contribuire a far si che questo stato di cose cambi.
tu dici
> A me sembra proprio che una tizia (o tizio, chiaramente) che passa tre
> anni a scazzarsi coi vicini per via della presenza di ragazzotti col
> pallone nel prato condominiale, che prende foto di questo atroce
> fenomeno, che va dall'avvocato per un motivo del genere (!), che
la situazione è iniziata circa tre anni fa, sì, e violenta dal primo istante.
In queste viene ad abitare, tra gli altri extracomunitari, questa famiglia turca. Due figli, il piccolo di circa sei anni e il grande, sui tredici, che fa parte della squadra di football dei ragazzi del luogo.
Questi erano convinti di poter usare il prato come campo di calcio privato... e farci entrare a questo scopo tutti quanti. Questa mentalità la ha molta di questa gente. Non concepiscono le zone verdi come spazi da godere e stare tranquilli, ma cose da usare per i loro comodi. Portano insomma qui la propria mentalità, utilitaristica e limitata a certe cose,incapaci di concepire altro.
Tu condividi la loro visione della vita?... bene, molti altri no, e tu li devi rispettare. La gente del nord ama il verde e la quiete. E pure io.
Amo pure che non si venga sotto la finestra a urlare da selvaggi pallonando fin contro i miei vetri. Per cui ... potrai comprendere se allora, quando il tutto iniziò, uscii a dire a ragazzi e relativi loro parenti presenti, di spostare i loro baccani e pallonate ai limiti del prato e non sotto le mie finestre.
Lo dissi tranquillamente, convinta di avere a che fare con gente ragionevole, cui ero abituata in Italia. E invece iniziò la guerra... da parte loro.
Una donna, senza uomoni in casa, che pretendeva di dire loro cosa fare, e pubblicamente, poi.
Infatti arrivò immediatamente il padre dei ragazzi e mi minacciò col pugno a dieci centimetri dal mio naso, contro il muro del mio portoncino di casa, intimandomi di non dire mai più ai suoi figli cosa dovevano fare. Gli risposi che infatti glielo avrebbe dovuto dire lui, facendo loro presente il rispetto per gli altri che vivono qui. Era furibondo, feroce, la faccia contorta in una smorfia, e prese a dare calci al muro, e contro il portoncino per evitare di prendere a cazzotti me, come avrebbe fatto volentieri. Uscì l'altra inquilina del piano terra, tedesca, a urlargli furibonda di smetterla e andarsene a casa sua. E quello la ascoltò e se ne andò.
Quello fu l'inizio ... e poi tutto successe sempre più potenziato dalla rabbia di questa famiglia, trasmessa ai loro figli e da questi ai ragazzotti che si portavano nel prato a giocare a pallone, provenienti da altre parti.
E naturalmente coalissandosi con altri turchi e extracomunitari che abitano qui intorno. E così fu come una sfida alla sottoscritta, venire sempre in numero maggiore a schiamazzare e dare fastidio apposta sotto la mia finestra, per dispetto, e con cattiveria. Era diventato il loro divertimento, e mi sghignazzavano in faccia per farmi vedere che loro facevano ciò che volevano.
Erano decine, molto spesso, e manco sempre gli stessi... e non certo dei bimbi innocenti che volevano solo giocare a palla.
Non potevo fare altro che dirgli calma, ma con fermezza, ogni volta, di andarsene ai limiti del prato (anche se non abitavano qui).
Un giorno pensai di andare a parlare in modo ragionevole con una parente di uno dei giovani extracomunitari che venivano dalle altre zone vicine, approfittando del fatto che passava di qua. Erano in tre, lei, un uomo, e il ragazzo di circa sedici anni.
Pensavo che tra donne ci si comprtendesse, pure se di paesi diversi. Lei teneva al guinzaglio un cane, molto grosso. Non mi riuscì di farlo... questa. come iniziai a parlare mi minacciò di lanciarmi contro il cane.. le dissi che volevo solo parlare con calma della faccenda, ma la sua avversione nei miei confronti esplose e incitò il cane contro di me... per spaventarmi. Io non sono una nevrotica o isterica, mio "caro" Bishma, tutt'altro, e so mantenere una calma assoluta pure in situazioni difficilissime, anzi, in queste soprattutto. Cosa successe? ... successe una cosa commovente ... il cane, prese a guaire forte come imploranto la donna di non farglielo fare ... questa lo strattonò ancora rabbiosa,insistendo a volermi impaurire, secondo lei, e a questo punto il cane le si rivolse contro ringhiando forte. L'uomo prese la donna per il braccio e le disse di andarsene via, e così pure il ragazzo.
Mica finì lì, ovviamente. Quelli chiamarono la polizia, già allora, una volta, nascondendosi dietro la scusa del diritto di gioco dei bambini per poter enrare loro, insieme ai bambini, a pallonare e far casino. Questa gente usa per i suoi comodi pure i bambini, cacciatelo in testa. Ci si nasconde dietro, li manda avanti a far strada. Li usa per ottenere ciò che vuole, vantaggi per loro. Dovetti già allora spiegare la situazione ai poliziotti. Perchè chiamano facilmente la polizia, chiedi? ... perchè alla polizia ci sono abituati,ne parlano come se fosse cosa di un ordinario quotidiano, ci crescono insieme, nel bene e nel male, e se solo solo si sentono in diritto di poter usare pure la polizia (in sto caso sbandierando il diritto di gioco dei bambini) non ci pensano due volte a farlo. Usano tutto ciò che possono, per fare i cavoli loro a spese di altri. Ti vada o meno, sono fatti così. Quelli di un certo basso livello, almeno.
Un gruppetto di extracomunitari. allora, raccolse firme per farmi mandare via da quelle case, per poter usare questo prato come pare e piace a loro.
No... dico... questi arrivano... e sono convinti, coalizzandosi tra loro, di poter minacciare e cacciare via chi ci abita, per farsi i comodacci loro. Non avrei dovuto andare da un avvocato, a quel punto, secondo te?
I tedeschi hanno paura di loro, e pure io... ma a ste cose non ci sto... io.
la dignità non me la lascio calpestare. In quel periodo finii pure in ospedale
con un attacco di tachicardia fortissima dovuto all'ansia continua per la situazione.Pensarono potesse essere un infarto. Me ne sarei andata di mia spontanea volontà, e molto volentieri, ma certe cose non le permetto. E fu per questo che andai dall'avvocato, che mi consigliò di prendere delle foto della situazione, e scrisse all'ufficio case avvertendo che se le cose non si fossero risolte mi avrebbe fatto ridurre l'affitto. Questo per sollecitare l'ufficio-case a intervenire.
Quella lettera mi aiutò, ma la situazione a volte riesplodeva, specie quando
arrivava gente nuova, alla quale c'era da ripetere tutto e far leggere pure a questi la lettera dell'avvocato, per fargli capire di rispettare date regole civili.
prosequi sostenendo, senza conoscermi, che la sottoscritta ...
> quando si scazza per l'ennesima volta coi vicini si arriva al punto
> che vien chiamata la polizia, che quando arriva la polizia riesce a
> farsi maltrattare (relativamente, eh? potrei raccontarti certi episodi
> *miei* con la polizia che al confronto un par di spintoni sono
> zuccherini, ma anch'io all'epoca al mondo mica sapevo starci tanto)
> abbia *dimolto* bisogno di imparare a stare al mondo, prima di ogni
> altra cosa.
>
ti risulta, dal mio resoconto primo dei fatti che io abbia fatto chissàcosa per "riuscire a farmi maltrattare dalla polizia?"
ho fatto niente di niente, manco da giustificare quella ragazzetta oca a chiamarla per i motivi stupidi suoi, e ovviamente spalleggiata dalla madre e dalla solita turca sua vicina di pettegolezzi.
Io ho solo cercato di spiegare a quel poliziotto cosa stavo facendo,
anche solo per rispondere ad una domanda, pur esulando dai miei diritti.
Allora ti aggiungo un particolare:
il poliziotto, già arrivato a gamba tesa, con un surplus adrenalinico
in circolazione, manco ci fosse in corso una sommossa,quando gli dissi
che non riuscivo a spiegarmi bene e che mi sarebbe servito un interprete, si volse leggermente verso la collega... dietro a lui di alcuni metri, sghignazzando cattivo un " sì, pure questo" per poi voltarsi deciso verso di me nuovamente, ancora pià incattivito e motivato a farmi tacere, dicendomi che se non stavo zitta mi caricava sul cellulare, e intimandomi di andare a prendere i documenti. Il resto llo ho già scritto.
Ora... poichè ti vanti di aver avuto diverse volte a che fare con la polizia, dovresti ben sapere come danno le "spintonate" i poliziotti.
Io pensavo che le dessero solo alle porte da sfondare, oppure se motivati da sommosse serie, in cui si trovano costretti a doversi difendere senza arrivare al punto di sparare.
Sì, in questo devo ancora imparare a stare al mondo, ora ne so un po' di
più grazie a questa esperienza.
Le spintonate che mi diede quel poliziotto per mandarmi a prendere i documenti furono le stesse che si danno ad una porta da sfondare... stessa posizione voluta, precisa, efficace, atta a sfondare qualcosa con una spinta. Qualcosa che non dovrebbe essere un essere umano, un essere vivente, ma appunto una cosa.
Uniposta ha scritto che io certamente, a questo punto, non ero di certo
serena ... e invece io ero solamente sorpresa... enormemente sorpresa.
Perchè tutto questo era assurdo. Io avevo fatto niente, e in quel prato era arrivata la polizia con un cellulare, e un poliziotto energumeno mi
stava determinatamente proibendo di parlare e spintonando come se io non fossi una persona, ma una porta da aprire di forza. E la sua espressione era la stessa che avevo visto in operazioni antisommossa.
Ero solo sorpresa. Non ero neppure spaventata, era tutto assurdo, tanto da permettermi di potercene stare fuori, come sdoppiata, a osservare lucidamente ogni particolare. La cosa, infatti, non mi ha emotivamente
coinvolta, neppure per un attimo. Ero perfettamente padrona di me, e in una dimensione non toccata da ciò che stava succedendo, uno stato in cui
mi sentivo invulnerabile e immensamente calma, per cui potevo dire a quell'individuo di piantarla e darmi il suo nominativo, che io mica sono
una criminale.
E pure dopo, quando, zittiti, i due poliziotti se ne andarono dalla mia porta ed io li seguii fino alla loro auto, richiamando lui perchè mi facesse le sue scuse. Io ero sempre in una dimensione intoccabile, padrona della situazione, nonostante lo svantaggio fisico e le conseguenze che avrebbe potuto avere, e di cui ero perfettamente conscia. La mia priorità, la cosa che sentivo che andava fatta, era solo il ripristino della dignità ... e manco solo la mia, ma la Dignità oggettiva. La DIGNITA'.
Non ero io la vittima, mio carissimo Bishna, ma semmai, vittime di loro stesse eramo tutti i testimoni intorno, che lasciavano fare.
Di fatto, ad essere maltrattati erano loro, che accettavano questo stato di cose, accettando di essere vittime della prepotenza e della violenza. Non io.
Vorrei fosse ben chiaro, questo.
> Senti. Onestamente, io su tante cose son terra terra, anche e
> soprattutto nella vita reale. Altrettanto onestamente, in questo
> momento c'ho altri cazzi per il capo e altri obiettivi sui quali
> cercare di indirizzare le mie povere capacitŕ di riflessione.
invece dovresti rifletterci.