I ritmi di lavoro sono forsennati e sono paragonabili, da un punto di vista
relativo, a quelli di mercati molto blasonati come il Giappone o gli Stati
Uniti.
Sul sito della Bonelli si apprende in modo esatto quali albi siano tradotti
e pubblicati all'estero e da quali case editrici.
Alla luce di una realta' economica cosi' rilevante come e' la Bonelli,
nasce tuttavia un dubbio che attiene all'importanza che gli albi di via
Buonarroti rivestono nei mercati fumettistici stranieri.
In effetti, ci si aspetterebbe che i Bonelli avessero un peso di gran lunga
maggiore rispetto a quello che concretamente possiedono. Dal confronto con
altri editori di fumetti, presenti a livello internazionale in virtu' della
vendita dei diritti delle loro produzioni, si evince che la Bonelli e' meno
conosciuta e comunque non attestata su posizioni di primato.
Tradizione, si eccepira' prima facie. Eppure un fumetto come Tex e' nato
nel 1948 e costituisce una delle icone piu' longeve del panorama mondiale
delle nuvole parlanti.
Forse il bianco e nero tipico degli albi Bonelli? Ma i manga, che non sono
a colori, conquistano rapidamente elevate quote di mercato in ogni paese in
cui sbarcano.
Una risposta piu' complessa potrebbe essere rappresentata dalla tipologia
di trame dei nostri fumetti. Se la Bonelli e' diventata il piu' importante
editore di letteratura disegnata del paese lo si deve alla lungimiranza dei
vertici, i quali hanno sempre saputo adattare le loro produzioni allo
spirito dei tempi, talvolta arrivando a precorrerli.
Questa spinta all'innovazione si e' andata perdendo negli anni e, con
l'allargamento del mercato a soggetti stranieri, questa manchevolezza e'
diventata palese.
Trame banali e ripetitive, spesso tracimanti nell'infantile. E questo di
fronte ad un pubblico cresciuto con i Bonelli ma ormai adulto. Il lato
peggiore della questione e' che i punti negativi stanno diventando luogo
comune, in special modo presso le platee piu' giovani che rappresentano
teoricamente i futuri lettori e quindi i potenziali acquirenti dei Bonelli.
Tuttavia, ad un'analisi che vada oltre gli stereotipi, ci si rende conto
che anche i fumetti esteri prestano il fianco a molte critiche sul versante
degli intrecci narrativi. Rimanendo nell'alveo mainstream, che poi e'
quello su cui si fondano i maggiori proventi, si nota che gran parte dei
fumetti supereroistici sono di una scontatezza e di una puerilita'
imbarazzanti. I cartonati francesi, tipicamente di 48 pagine a cadenza
annuale, rientrano con difficolta' nella categoria "popolare" che si sta
analizzando. E comunque, i best-seller francofoni presentano spesso dei
plot all'insegna del classico. Restano dunque i manga, su cui molto si
favoleggia a cominciare da una supposta assenza di imposizioni narrative.
Sorvolando sul fatto che limitazioni e censure sono presenti ma hanno
caratteristiche differenti da quelle occidentali, l'osservazione delle
classifiche di vendita dimostra come i manga piu' apprezzati possiedano
trame che tutto sono fuorche' innovative.
Alla luce di quanto esposto, resta un'unica spiegazione, ricavata dalla
lettura dei prezzi dei Bonelli all'estero. Un albo di Dylan Dog viene
venduto in Spagna a cinque euro. In Germania si arriva ai sei euro. Negli
Stati Uniti, la Idw pubblica Dampyr al prezzo di otto dollari.
La lunghezza degli albi Bonelli, cento pagine a numero, e' sempre stata un
atout della casa editrice. Presentare mensilmente un'avventura compiuta,
con un inizio ed uno svolgimento che arriva ad una sua conclusione, ha
costituito uno dei cardini del successo della Bonelli in Italia. Ma le alte
vendite che permettono nel nostro paese di mantenere i costi bassi,
all'estero non sono ripetibili.
Dunque un fumetto di cento pagine finisce per essere troppo caro e pertanto
i Bonelli perdono la loro dimensione popolare, diventando cosi' produzioni
di nicchia dalla scarsa visibilita'. Gli albi sono magari apprezzati dalla
critica ma non vengono acquistati dal grande pubblico che, o li ignora, o
li conosce e tuttavia, con un budget limitato a disposizione, non puo'
permetterseli e quindi privilegia le rispettive serie autoctone.
Per ovviare alla situazione si potrebbe ricorrere ad un forte lavoro di
editing, spezzando le storie in due o piu' parti e vendendo fumetti con un
numero di pagine minore per mantenere i prezzi concorrenziali. Al fine di
operare in questo senso risulterebbe molto utile la divisione per capitoli,
presente negli albi seppure in modo poco visibile.
Sarebbero comunque necessarie delle riforme in seno alla casa editrice.
Decisioni di non poco conto che solo Sergio Bonelli potrebbe prendere.
--
Per rispondere eliminare dall'indirizzo ed due cinque f 3
Inoltre sostituire punto net con . it
>Tuttavia, ad un'analisi che vada oltre gli stereotipi, ci si rende conto
>che anche i fumetti esteri prestano il fianco a molte critiche sul versante
>degli intrecci narrativi.
[...]
>Alla luce di quanto esposto, resta un'unica spiegazione, ricavata dalla
>lettura dei prezzi dei Bonelli all'estero. Un albo di Dylan Dog viene
>venduto in Spagna a cinque euro. In Germania si arriva ai sei euro. Negli
>Stati Uniti, la Idw pubblica Dampyr al prezzo di otto dollari.
La cosa mi lascia, pero', un dubbio.
Attualmente i prezzi del materiale mainstream statunitense venduto
nelle edicole italiane sono piu' bassi del corrispondente in lingua
originale, oltre a esser molto variegati (e qui potrebbe stare la
chiave). E tutto questo a fronte di tirature e vendite piu' basse.
Perche', allora, la situazione non e' simmetrica? Una possibile
risposta potrebbe essere per l'appunto la caratteristica italiana di
non associare un prezzo preciso a un preciso formato, ma di essere
molto elastici in merito (ho una limitata percezione dei mercati
esteri, ma la loro elasticita' in questione mi sembra minore).
Poi, forse, bisogna anche tener conto delle caratteristiche della,
diciamo "strategia produttiva e commerciale" Bonelli, forse piu'
centrata sul mercato interno e su una produzione di tipo
simil-artigianale piuttosto che industriale. Insomma, ancora una volta
non ho informazioni, ma non credo che abbiano un ufficio marketing in
senso stretto.
--
Buon cammino!
il_pellegrino
"Leggo per legittima difesa." - Woody Allen
che e' il costo normale di un volume di quelle dimensioni negli stati
uniti (anche un po' sotto la media)
la realta' fondamentale dello scarso successo di bonelli all'estero
non ha nulla a che fare con il prezzo delle edizioni straniere, ma con
l'ambientazione delle storie, secondo me.
tolte rare eccezioni, il pubblico fruisce storie ambientate nel
proprio paese prodotte nel paese stesso, non le cerca di certo in
produzioni estere. perche' uno statunitense dovrebbe leggere tex,
quando il western e' un genere autoctono? perche' dovrei leggere un
fumetto seriale ambientato in italia, con protagonisti italiani, di
autori giapponesi (a meno di caratteristiche particolari)?
la scelta categorica di ambientazioni estere e' una caratteristica
tipica di bonelli e bonelliani che non ha il pari nelle major
fumettistiche estere, e questo, oltre ad essere un segno della
sudditanza dell'immaginario popolare fumettistico italiano, ne azzera
quasi praticamente l'interesse all'estero.
in qualsiasi scuola di cinema italiana la prima cosa che viene detta
ad uno sceneggiatore e quella di non scrivere storie ambientate
all'estero, mentre cosi' non deve essere nelle scuole di fumetto, a
vedere la produzione tipica seriale italiana
il che la dice anche lunga sulle caratteristiche del fumetto italiano
di genere, che sembra muoversi con logiche proprie, fuori da quello
che e' il "sentimento narrativo" del paese (che e' fatto di storie
italiane al cinema, in televisione e in letteratura). e da questo
punto di vista non mi stupisce che il fumetto sia percepito in maniera
tanto avulsa rispetto agli altri media narrativi.
Bravo, bravissimo. Hai centrato il punto. Sono anni che lo vado dicendo (da
quando frequentavo la Scuola di fumetti qua a Roma un decennio fa) ed anche
qua sul NG. Il nostro provincialismo nei fumetti è la chiave del loro
insuccesso estero. Guarda tutte le fiction televisive, i f ilm e i romanzi
italiani: la stragrande maggioranza di queste produzioni è ambientata in
Italia e parla di noi. Nel fumetto no. Ne parlai a Bonelli stesso ad una
mostra tempo fa e mi ha risposto sempre le stesse cose: che certe avventure
e situazioni in ambientazioni estere funzionano meglio, che è più facile
prendersi delle licenze (come se poi oggi non si sapesse un po' tutto di
quasi tutti i paesi del mondo) e bla bla..le stesse scuse di 30 anni
fa...Cito sempre l'assurdità più grossa: Julia. Ma ti pare che un americano
si va a leggere le storie di una pseudo-criminologa che agisce nel suo paese
con considerazioni e critiche sulla società americana,per giunta ambientato
in una città immaginaria, il tutto scritto da un italiano?? boh...
Per Tex il dicorso è un po' diverso. Il Western è un genere molto codificato
ed anche metaforico, e si presta bene ad interpretazioni varie, tant'è che
anche Francesi, Spagnoli ed Argentini han prodotto fior di fumetti western
in passato ed anche oggi. E infatti Tex è l'unico fumetto che è stato
venduto veramente ovunque (alla fine qualcosa è uscito pure negli USA).
Se si facesse una linea di fumetti "popolari" con storie contenute in albi
più brevi e legate da una continuità narrativa che raccontano storie
"italiane", con la qualità media tipica del fumetto Bonelli, e con i suoi
autori (quindi non prodotti semi-dilettantistici come "L'Insonne") io sono
convinto che alla fine si riuscirebbe a venderli pure alla Marvel.
ciao
Roberto
Più di Martin Mystère? Esce ancora adesso?
>Se si facesse una linea di fumetti "popolari" con storie contenute in albi
>più brevi e legate da una continuità narrativa che raccontano storie
>"italiane", con la qualità media tipica del fumetto Bonelli, e con i suoi
>autori (quindi non prodotti semi-dilettantistici come "L'Insonne") io sono
>convinto che alla fine si riuscirebbe a venderli pure alla Marvel.
Sai delle storie brevi e a colori di DYD che esordiscono ad agosto?
--
Jolan Tru, Filippo "Hytok" Simone
L'oracolo sampdoriano di Sunnydale
http://perestroika.altervista.org/
http://lacasadeglielfi.altervista.org/
ciao
Roberto
No. credo che negli USA sia uscito solo il TEXONE di Kubert. Ma il discorso
è che lì il fumetto western è morto negli anno '60. Nessuna casa editrice
pubblica più western di alcuna provenienza da allora, eccezion fatta per
cose mooolto particolari come Jonah Hex o cose così.
ciao
Roberto
> Se si facesse una linea di fumetti "popolari" con storie contenute in albi
> più brevi e legate da una continuità narrativa che raccontano storie
> "italiane", con la qualità media tipica del fumetto Bonelli, e con i suoi
> autori (quindi non prodotti semi-dilettantistici come "L'Insonne") io sono
> convinto che alla fine si riuscirebbe a venderli pure alla Marvel.
Di questo dubito molto: gli altri paesi sono molto più "nazionalisti"
di noi, e gli americani più di tutti. Tant'è che il cinema straniero,
da loro, è un prodotto di nicchia: quando qualche film di un altro
paese ha un'idea buona, preferiscono comprarla e rifarla in casa
piuttosto che distribuire il film originale, o arruolare gli autori
stranieri che però poi realizzino prodotti "made in USA". Il fumetto
straniero, poi è ancora più di nicchia: su Previews costituisce sempre
una risibilissima percentuale dei titoli in vendita, e persino i
fumetti giapponesi, che da noi vengono importati in gran quantità, là
si sono conquistati una fetta molto piccola di mercato (funziona molto
meglio l'animazione, da questo punto di vista). Riscuotono ben più
successo gli autori americani che sono stati influenzati dallo stile
orientale, piuttosto che i fumetti giapponesi originali. Quindi
l'identità italiana renderebbe i nostri fumetti ancora meno
esportabili. Non a caso, i nostri autori più noti all'estero sono
quelli erotici (Manara, Serpieri), con titoli in cui l'ambientazione
conta ben poco (e, nel caso di Serpieri, non è certo italiana), o
quelli che hanno scritto storie d'avventura "internazionali" (Pratt,
Giardino). Un autore legato profondamente alla realtà italiana, come
Pazienza, all'estero è noto solo di nome (e in America temo che
nemmeno lo abbiano mai sentito nominare).
Ciao,
Federico
> persino i
>fumetti giapponesi, che da noi vengono importati in gran quantità, là
>si sono conquistati una fetta molto piccola di mercato (funziona molto
>meglio l'animazione, da questo punto di vista).
solo riguardo a questo (per il resto sono d'accordo) non è vero, vai a
cercarti i dati di vendita delle librerie (non la Diamond che
distribuisce in fumetteria) e vedrai che negli ultimi anni c'è il boom,
da quando si sono accorti che i manga funzionano di più nel formato
tankobon e non nello spillato da poche pagine e da quando hanno visto
che l'altra metà del cielo nei negozi per nerds non ci entra.
bye Gramin
il previews ha smesso di essere rappresentativo delle letture
fumettistiche statunitensi da un po' di anni (e cmq, anche sul
previews, i manga sono il secondo "genere" piu' presente dopo quello
supereroistico).
a livello generale il fumetto mainstream dei comic shop non e' piu'
quello maggiormente venduto
senza contare che una copia venduta fuori vale almeno dieci copie
vendute nei comic shop: per questioni di diffusione, emancipazione e
crescita del medium fumettistico
snip
>
> Alla luce di quanto esposto, resta un'unica spiegazione, ricavata dalla
> lettura dei prezzi dei Bonelli all'estero. Un albo di Dylan Dog viene
> venduto in Spagna a cinque euro. In Germania si arriva ai sei euro.
Imho quanto dovrebbero costare in Italia, inoltre considerando il fatto
che sono delle opere prime ci guadagneremmo pure. Visto che Spagna
Germania e Italia usano la stessa moneta per lo stesso prodotto mi pare
evidente che il prezzo in Italia sia troppo basso.
Ovviamente, imho, il discorso prezzo è assolutamente scorrelato al fatto
che la casa editrice che primeggia in Italia non primeggia all'estero,
in tutti i paesi è cosi, per ovvi motivi l'industria fumettistica
nazionale ha maggiori probabilità di vendere di piu di quella estera
importata (che spesso necessita pure di adattamenti che bene o male ne
limitano la fruizione).
> Negli
> Stati Uniti, la Idw pubblica Dampyr al prezzo di otto dollari.
>
Considerando che un euro sta a 1,3 sul dollaro, in euro 8 dollari sono
circa 6 euro :-)
> La lunghezza degli albi Bonelli, cento pagine a numero, e' sempre stata un
> atout della casa editrice. Presentare mensilmente un'avventura compiuta,
> con un inizio ed uno svolgimento che arriva ad una sua conclusione, ha
> costituito uno dei cardini del successo della Bonelli in Italia. Ma le alte
> vendite che permettono nel nostro paese di mantenere i costi bassi,
> all'estero non sono ripetibili.
>
> Dunque un fumetto di cento pagine finisce per essere troppo caro e pertanto
> i Bonelli perdono la loro dimensione popolare, diventando cosi' produzioni
> di nicchia dalla scarsa visibilita'.
Imho il concetto di popolare andrebbe riconsiderato, inquadrandolo in un
ottica piu di comunicazione che di diffusione, un fumetto imho è
popolare per il modo in cui comunica al lettore non necessariamente
perchè viene venduto in milioni di copie.
Quanti fumetti (spesso buoni, che riscuotono la simpatia dei loro
lettori) vogliamo sacrificare in nome del "mito" del fumetto come
prodotto di massa? (Quando per inciso il concetto "di massa" perde
sempre piu significato).
Come possiamo pretendere professionalità su un prodotto altamente
complesso e creativo come il fumetto quando lo imprigioniamo nel fatto
che *debba* costare poco, in modo particolare quello nazionale, con il
risultato che poi chi vuole fare l'autore in proporzione guadagna di piu
andando a raccogliere pomodori tramite un caporale.
Si usa la teoria dei rendimenti di scala quale quadratura universale per
accontentare tutti, dimenticandosi pero che un ruolo determinate in
questa funzione è dato dalla elasticità della domanda rispetto al
prezzo! Siamo davvero cosi sicuri che abbassando i prezzi le masse
accoreranno a frotte? Non è molto piu probabile che i licenziatari
bonelli anzichè agire come vorrebbero che fosse il mercato semplicemente
agiscono in base a come effettivamente è?
Non basta l'ammissione esplicita degli addetti ai lavori che il maggior
margine lo si ottiene *non massimizzando* le vendite ma *minimizzando le
giacenze* quindi in un ottica di risorse impiegate/risorse guadagnate
meglio vendere pochi fumetti sicuri che vendere 10 volte di più con in
proporzione costi molto più elevati perchè immobilizzati nella giacenze
(e loro gestione).
> Gli albi sono magari apprezzati dalla
> critica ma non vengono acquistati dal grande pubblico che, o li ignora, o
> li conosce e tuttavia, con un budget limitato a disposizione, non puo'
> permetterseli e quindi privilegia le rispettive serie autoctone.
>
Eh si, torme di lettori di fumetti che tirano la cinghia sui fumetti
bonelli "bene di lusso europeo" per potersi comprare un ipode, una Xbox
360, un videogioco da consolle, un cellulare...
Non è un po un mito questo del giovin lettore squattrinato?
Il target "giovane" è per definizione quello che spende in beni
voluttuari (quali i fumetti sono tra l'altro).
> Per ovviare alla situazione si potrebbe ricorrere ad un forte lavoro di
> editing, spezzando le storie in due o piu' parti e vendendo fumetti con un
> numero di pagine minore per mantenere i prezzi concorrenziali. Al fine di
> operare in questo senso risulterebbe molto utile la divisione per capitoli,
> presente negli albi seppure in modo poco visibile.
>
Cioè credi che basti spezzare a metà un bonelli da 6 euro (8 dollari) in
modo che risulti "concorrenziale" rispetto ad un uomo ragno da 3 dollari
per avere un picco di vendite? Discorsi come la grafica, lo stile di
disegno e narrativa, le tematiche etc vengono dopo un semplice discorso
di "confenzione"?
--
Ciao, Mauro.
Le storie sono il collante del mondo.
Jane Yolen.
A questo punto, però, sarei curioso di saperlo: quali sono i fumetti
più venduti negli Stati Uniti, attualmente? Io non ho idea di dove
trovare i dati di vendita, mi baso su quello che vedo su Preview e
sulle classifiche che ogni tanto qualcuno riporta (citando anche le
fonti, ma chi se le ricorda?).
Beninteso che:
a) Non credo che in questa classifica rientrino le strisce sindacate,
che vengono pubblicate sui quotidiani (a meno che non si parli
comunque di ristampe in volumi);
b) Mi stupirei comunque grandemente se nella classica dei fumetti più
venduti rientrasse qualche fumetto italiano, francese o spagnolo...
Posso aspettarmi che ce la faccia qualche fumetto nippo, ma giusto
quello;
c) A dispetto della nostra esterofilia, anche in Italia i fumetti più
venduti sono quelli nostrani. Nel senso che le testate cella Bonelli
che hanno chiuso vendevano più del 90% dei titoli giapponesi, solo che
i fumetti importazione, in Italia, superano di numero le produzioni
autoctone di 30 a 1... Il che, essendo il pubblico dei fumetti
stranieri più fedele, ma anche molto ridotto rispetto a quello dei
fumetti italiani, sta portando a un'evoluzione della situazione
attuale, e io sono curioso di vedere che cosa accadrà nei prossimi due/
tre anni.
Ciao,
Federico
Vero; da quel che ne so i supereroi a partire dagli anni Sessanta
hanno modificato profondamente il mercato: non sono solo scomparsi o
passati in secondo piano gli altri generi di fumetto, western
compreso, ma sono finite tra i ricordi anche delle case editrici,
anche se provavano a lanciare supereroi propri. Tra i caduti Charlton,
Dell, Gold Key ... (la Archie per fortuna resiste).
Saluti.
GM
Riporto i primi 10.
http://www.newsarama.com/marketreport/mar07sales.html
Qty Rank Retail Rank Index Title Price Ven
1 1 360.90 CAPTAIN AMERICA #25 CW* $3.99 MAR
2 3 175.52 MIGHTY AVENGERS #1 $3.99 MAR
3 6 171.10 AMAZING SPIDER-MAN #539* $2.99 MAR
4 2 171.01 CIVIL WAR INITIATIVE* $4.99 MAR
5 4 169.37 DARKTOWER GUNSLINGER BORN #2 (Of 7)* $3.99 MAR
6 5 161.62 JUSTICE LEAGUE O/AMERICA #6* $3.50 DC
7 7 148.47 NEW AVENGERS #28 $2.99 MAR
8 8 139.66 CIVIL WAR CONFESSION $2.99 MAR
9 9 136.55 BUFFY THE VAMPIRE SLAYER #1* $2.99 DAR
10 11 118.36 WOLVERINE #52* $2.99 MAR
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Questi sono gli albi più venduti del direct market, non vengono contati i TP
e le vendite in libreria, dove vendono un sacco i volumi soprattutto manga,
con cifre superiori agli albi che hai elencato. Hai letto la discussione di
sopra?
Ciao, Giovanni
> Riporto i primi 10.
Hytok, si sta parlando delle vendite nelle librerie di varia, leggi bene,
giuda ballerino :)
--
Michele Amadesi, illustrazioni --> http://www.sektoralpha.it
FREE BOOKS --> http://www.free-books.it
STAR TREK THE GOLD KEY COLLECTION --> http://www.free-books.it/startrek
>Vero; da quel che ne so i supereroi a partire dagli anni Sessanta
>hanno modificato profondamente il mercato: non sono solo scomparsi o
>passati in secondo piano gli altri generi di fumetto, western
>compreso, ma sono finite tra i ricordi anche delle case editrici,
>anche se provavano a lanciare supereroi propri. Tra i caduti Charlton,
>Dell, Gold Key ... (la Archie per fortuna resiste).
Vero, ma non tanto per motivi propri, quanto perche' il "comics code",
da poco creato, permetteva di fare non molto altro che supereroi.
In effetti il fumetto superomistico era andato in crisi dopo la
seconda guerra mondiale (periodo in cui, invece, aveva venduto
tantissimo), e le cose che stavano iniziando a tirare davvero erano
gli horror, i polizieschi (spesso a tinte fosche) e cosi' via.
al momento e' naruto
leggi qui: http://www.newsarama.com/Tilting2_0/Tilting37.html
(puoi anche dare un'occhiata alla top150 di usatoday, che riporta i
titoli venduti in libreria - ho scoperto che al momento al sesto posto
c'e' un libro di cucina italiana: everyday pasta)
nel 2006 il manga piu' venduto e' stato un volume di naruto con oltre
centomila copie, il volume piu' venduto della dc e' stato v for
vendetta con circa ottantamila copie (ma era v for vendetta, c'era il
film, etc). per la marvel sulle trentacinquemila copie
la graphic novel piu' venduta nel dicembre 2006 tramite previews ha
raggiunto circa novemila copie (non c'e' scritto li', l'ho trovato su
un altro sito, ma ho gia' chiuso la scheda e non chiedermi di rifare
la ricerca :P)
> Io non ho idea di dove trovare i dati di vendita,
in realta' i dati di vendita non si trovano, nel senso che sono
raccolti dalla nielsen, e si paga per accedervi ;)
> mi baso su quello che vedo su Preview e sulle
> classifiche che ogni tanto qualcuno riporta
il preview indica solo i dati del direct market (ovvero dei comic
shop)
in piu' non essendoci la resa non si tratta di numeri che indicano il
numero effettivo di acquisti fatti dai clienti, ma dai negozi
> a) Non credo che in questa classifica rientrino le strisce sindacate,
> che vengono pubblicate sui quotidiani (a meno che non si parli
> comunque di ristampe in volumi);
su questo non saprei dirti
> b) Mi stupirei comunque grandemente se nella classica dei fumetti più
> venduti rientrasse qualche fumetto italiano, francese o spagnolo...
> Posso aspettarmi che ce la faccia qualche fumetto nippo, ma giusto
> quello;
non qualche fumetto nippo, ma la maggior parte dei fumetti nippo
nell'articolo linkato risulta che persepolis ha venduto piu' di
trecento l'anno scorso (trentamila copie, quasi quanto il miglior
titolo marvel)
segno quindi che in qualche misura le vendite sono proporzionali al
numero di titoli tradotti (sono tanti in manga pubblicati negli stati
uniti, pochi i fumetti di altre nazionalita', ma anche trai quei pochi
ci sono i bestsellers)
> c) A dispetto della nostra esterofilia, anche in Italia i fumetti più
> venduti sono quelli nostrani. Nel senso che le testate cella Bonelli
> che hanno chiuso vendevano più del 90% dei titoli giapponesi, solo che
> i fumetti importazione, in Italia, superano di numero le produzioni
> autoctone di 30 a 1...
si', su questo non ci piove, ma significa anche che mentre il grande
pubblico televisivo, librario e cinematografico nelle produzione
italiane preferisce l'ambientazione autoctona, cosi' non e' per il
fumetto: il che secondo me ha qualcosa a che fare su come il fumetto
viene percepito dagli italiani, ovvero come un linguaggio minore,
distante, che non fa parte della cultura narrativa italiana,
probabilmente anche tra gli appassionati stessi di fumetti (e infatti
c'e' quel trenta a uno di titolo stranieri, che vendono quasi
esclusivamente ai "fumettofili")
> Il che, essendo il pubblico dei fumetti
> stranieri più fedele, ma anche molto ridotto rispetto a quello dei
> fumetti italiani, sta portando a un'evoluzione della situazione
> attuale, e io sono curioso di vedere che cosa accadrà nei prossimi due/
> tre anni.
e cosa potrebbe accaddere secondo te?
> per ovvi motivi l'industria fumettistica nazionale ha maggiori
> probabilità di vendere di piu di quella estera importata
cosi' non sembra essere negli stati uniti pero' :P
> Cioè credi che basti spezzare a metà un bonelli da 6 euro (8 dollari) in
> modo che risulti "concorrenziale" rispetto ad un uomo ragno da 3 dollari
> per avere un picco di vendite? Discorsi come la grafica, lo stile di
> disegno e narrativa, le tematiche etc vengono dopo un semplice discorso
> di "confenzione"?
il che, di nuovo, e' stato smentito negli stati uniti dove i manga
sono sempre stati un flop finche' venduti in formato comic book a
venti/trenta pagina per numero
il boom e' scoppiatto con l'arrivo (editoriale) del tankobon
>Ciao,
>Federico
Ne avevamo già parlato qui sul NG caro Federico, un po' di tempo fa...io non
sono molto d'accordo. Mi parli di Serpieri, Manara e Pazienza. Al di là del
loro reale valore (immenso nel caso di Andrea) questi sono autori che fanno
fumetti "d'autore (scusate la cacofonia). Io invece parlo di fumetto seriale
e/o popolare. Non c'è mai stato UN tentativo che sia stato uno di creare in
italia un serial o una linea di fumetti a larga o media diffusione
incentrati su vicende italiane. L'unico a provarci è stato Luigi Bernardi
insieme con Ferrandino quando all'inizio dei '90 fecero "Nero" sbagliando
però tempi, modi e linea editoriale. Poi più nulla, eccetto L'Insonne che
era pure divertente ma fatalmente dilettantistico. Oggi, permettimi, il
fumetto italiano è stancamente provinciale ed anche un po' ridicolo, e
Bonelli ne produce il 90 %. Ti faccio una domanda: quanto avrebbe perso
Jonathan Steele se si fosse chiamato Giuseppe Mezzogiorno e avesse agito a
Bologna e dintorni? Io credo ne avrebbe guadagnato, senza togliere nulla
all'indubbia verve delle storie. Poi il discorso dell'America è complicato.
Là non sfonda nessun prodotto estero, in nessun campo, salvo eccezioni,
poichè hanno una produzione mostruosa di qualunque cosa, ma se ci fosse
anche una sola possibilità certo non la coglieremmo mai proponendo roba come
Julia, Nathan Never o peggio Brad Barron (ma che cacchio di nome è?...).
Resta il fatto che Argentini, Spagnoli, Francesi, Giapponesi si ambientano i
loro fumetti in casa propria ed hanno l'opportunità di parlare di loro.
Quanto abbiamo appreso sulle abitudini e i modi di vivere dei giapponesi
leggendo chessò... "Video Girl AI" o "Rough". Tra 30 anni avremo la
testimonianza di un periodo della vita argentina leggendo "Loco Chavez" o
"Bruno Bianco" e sapremo che aria tirava negli USA leggendo ULTIMATES. Dai
nostri fumetti sapremo tutto di un poliziotto di New York, o di una
proto-investigatrice di Garden City o di un improbabile newyorkese de'
noantri con una passione per i Machintosh. Io credo che sia una cosa
avvilente, e Bonelli con le sue assurde (e datate) idee ne ha la colpa più
grossa. Ripeto: guarda al cinema, alle fiction televisive, ai romanzi
italiani: aldilà della qualità tutti raccontano il nostro mondo. Poi certo
c'è l'eccezione ma tale rimane e, secondo me, dovrebbe essere così anche nel
piccolo mondo dei fumetti.
ciao
Roberto
(che in Italia brad barron venda parecchio e' un dolore per le mie
orecchie :) ma un motivo ci sara'... chi lo compra non e' il lettore
di questo newsgroup)
Bonelli produce storie per il mercato italiano, in seconda battuta per
quello europeo e/o sudamericano, quello nordamericano e' l'ultima
sponda :|
(questa e' la mia impressione, almeno)
per produrre per il mercato nord americano bisogna
a) orientarsi a tale pubblico, fare storie "globali" (leggi appunto
winx e co.), oppure
b) produrre storie tipicamente italiane, che mostrino agli americani
la nostra realta' (perfino stereotipata), non un'altro paese per
quanto visto con occhi italiani (eppure non so se ci siano regole, gli
spaghetti western una piccola eco l'avevano avuta al di la'
dell'oceano), o ancora
c) produrre opere orientate al mercato di riferimento (molti autori
italiani che producono all'estero, ad esempio in Francia, mi sembra
che propongano storie orientate al mercato francese)
in parte mi sono fatto quest'idea... in realta' non so cosa dia
successo ad un'opera: i manga perche' piacciono in tutto il mondo?
(della serie idee poce ma confuse)
--
filobus
http://filobus.blogspot.com/
> Ovviamente, imho, il discorso prezzo è assolutamente scorrelato al fatto
> che la casa editrice che primeggia in Italia non primeggia all'estero,
> in tutti i paesi è cosi, per ovvi motivi l'industria fumettistica
> nazionale ha maggiori probabilità di vendere di piu di quella estera
> importata (che spesso necessita pure di adattamenti che bene o male ne
> limitano la fruizione).
Questo e' ovvio, ma non e' certo il punto del messaggio. Vedi risposta a
fmemola.
>> Dunque un fumetto di cento pagine finisce per essere troppo caro e pertanto
>> i Bonelli perdono la loro dimensione popolare, diventando cosi' produzioni
>> di nicchia dalla scarsa visibilita'.
>
> Imho il concetto di popolare andrebbe riconsiderato, inquadrandolo in un
> ottica piu di comunicazione che di diffusione, un fumetto imho è
> popolare per il modo in cui comunica al lettore non necessariamente
> perchè viene venduto in milioni di copie.
Difficile comunicare se prima non vendi.
> Quanti fumetti (spesso buoni, che riscuotono la simpatia dei loro
> lettori) vogliamo sacrificare in nome del "mito" del fumetto come
> prodotto di massa? (Quando per inciso il concetto "di massa" perde
> sempre piu significato).
Sacrificare?
> Come possiamo pretendere professionalità su un prodotto altamente
> complesso e creativo come il fumetto quando lo imprigioniamo nel fatto
> che *debba* costare poco, in modo particolare quello nazionale, con il
> risultato che poi chi vuole fare l'autore in proporzione guadagna di piu
> andando a raccogliere pomodori tramite un caporale.
Adesso non esageriamo.
> Si usa la teoria dei rendimenti di scala quale quadratura universale per
> accontentare tutti, dimenticandosi pero che un ruolo determinate in
> questa funzione è dato dalla elasticità della domanda rispetto al
> prezzo! Siamo davvero cosi sicuri che abbassando i prezzi le masse
> accoreranno a frotte? Non è molto piu probabile che i licenziatari
> bonelli anzichè agire come vorrebbero che fosse il mercato semplicemente
> agiscono in base a come effettivamente è?
>
> Non basta l'ammissione esplicita degli addetti ai lavori che il maggior
> margine lo si ottiene *non massimizzando* le vendite ma *minimizzando le
> giacenze*
Bisogna vedere di quali profitti in termini assoluti si ragiona.
> quindi in un ottica di risorse impiegate/risorse guadagnate
> meglio vendere pochi fumetti sicuri che vendere 10 volte di più con in
> proporzione costi molto più elevati perchè immobilizzati nella giacenze
> (e loro gestione).
E creando cosi' un mercato di elite. Con i lettori che diminuiscono, con i
nuovi appassionati che non arrivano, con i prezzi che salgono.
>> Gli albi sono magari apprezzati dalla
>> critica ma non vengono acquistati dal grande pubblico che, o li ignora, o
>> li conosce e tuttavia, con un budget limitato a disposizione, non puo'
>> permetterseli e quindi privilegia le rispettive serie autoctone.
>>
> Eh si, torme di lettori di fumetti che tirano la cinghia sui fumetti
> bonelli "bene di lusso europeo" per potersi comprare un ipode, una Xbox
> 360, un videogioco da consolle, un cellulare...
>
> Non è un po un mito questo del giovin lettore squattrinato?
Per molti e' una dura realta'.
> Il target "giovane" è per definizione quello che spende in beni
> voluttuari (quali i fumetti sono tra l'altro).
Questo e' il target ggiovane. Il target giovane e' un'altra cosa.
>
>> Per ovviare alla situazione si potrebbe ricorrere ad un forte lavoro di
>> editing, spezzando le storie in due o piu' parti e vendendo fumetti con un
>> numero di pagine minore per mantenere i prezzi concorrenziali. Al fine di
>> operare in questo senso risulterebbe molto utile la divisione per capitoli,
>> presente negli albi seppure in modo poco visibile.
>>
> Cioè credi che basti spezzare a metà un bonelli da 6 euro (8 dollari) in
> modo che risulti "concorrenziale" rispetto ad un uomo ragno da 3 dollari
> per avere un picco di vendite?
Ho prospettato una soluzione concreta, non ho una sfera di cristallo.
> Discorsi come la grafica, lo stile di
> disegno e narrativa, le tematiche etc vengono dopo un semplice discorso
> di "confenzione"?
Le considerazioni in merito le trovi nel messaggio originario.
> Il fumetto
> straniero, poi è ancora più di nicchia: su Previews costituisce sempre
> una risibilissima percentuale dei titoli in vendita, e persino i
> fumetti giapponesi, che da noi vengono importati in gran quantità, là
> si sono conquistati una fetta molto piccola di mercato
Non direi.
Comunque, a giudicare anche da altre repliche, non e' questo il punto su
cui verte il messaggio.
E' evidente che, ad esempio, uno spagnolo o un tedesco preferiscano
acquistare come prima scelta i rispettivi fumetti nazionali. Ma quello che
rileva e' vedere come venga speso il budget rimanente e cioe' analizzare i
motivi che spingono un lettore spagnolo o tedesco ad optare per un albo
americano, giapponese, francese prima di comprare un prodotto italiano.
> Quindi
> l'identità italiana renderebbe i nostri fumetti ancora meno
> esportabili.
Sono d'accordo.
> On 14 Apr, 11:29, un eternauta <edun2eternauta5effe...@tiscali.net>
> wrote:
>> Alla luce di quanto esposto, resta un'unica spiegazione, ricavata dalla
>> lettura dei prezzi dei Bonelli all'estero. Negli Stati Uniti,
>> la Idw pubblica Dampyr al prezzo di otto dollari.
>
> che e' il costo normale di un volume di quelle dimensioni negli stati
> uniti (anche un po' sotto la media)
> la realta' fondamentale dello scarso successo di bonelli all'estero
> non ha nulla a che fare con il prezzo delle edizioni straniere, ma con
> l'ambientazione delle storie, secondo me.
>
> tolte rare eccezioni, il pubblico fruisce storie ambientate nel
> proprio paese prodotte nel paese stesso, non le cerca di certo in
> produzioni estere.
Questo non spiega il successo che i manga riscuotono ovunque arrivino.
> perche' uno statunitense dovrebbe leggere tex,
> quando il western e' un genere autoctono?
Perche' Tex e' un fumetto migliore di Rawhide Kid?
> perche' dovrei leggere un
> fumetto seriale ambientato in italia, con protagonisti italiani, di
> autori giapponesi (a meno di caratteristiche particolari)?
Perche' acquistare un fumetto "giapponese" scritto e disegnato da
professionisti italiani? Eppure...
> la scelta categorica di ambientazioni estere e' una caratteristica
> tipica di bonelli e bonelliani che non ha il pari nelle major
> fumettistiche estere, e questo, oltre ad essere un segno della
> sudditanza dell'immaginario popolare fumettistico italiano, ne azzera
> quasi praticamente l'interesse all'estero.
Non direi. Ne aumenta invece il respiro internazionale.
> in qualsiasi scuola di cinema italiana la prima cosa che viene detta
> ad uno sceneggiatore e quella di non scrivere storie ambientate
> all'estero, mentre cosi' non deve essere nelle scuole di fumetto, a
> vedere la produzione tipica seriale italiana
C'e' una differenza di base tra cinema e fumetto: il primo deve rispettare
un budget, nella letteratura disegnata il limite e' solo la fantasia.
> il che la dice anche lunga sulle caratteristiche del fumetto italiano
> di genere, che sembra muoversi con logiche proprie, fuori da quello
> che e' il "sentimento narrativo" del paese (che e' fatto di storie
> italiane al cinema, in televisione e in letteratura)
In letteratura, non necessariamente. Valgono infatti le considerazioni
precedenti espresse per il fumetto, ossia letteratura disegnata.
> Bravo, bravissimo. Hai centrato il punto. Sono anni che lo vado dicendo (da
> quando frequentavo la Scuola di fumetti qua a Roma un decennio fa) ed anche
> qua sul NG. Il nostro provincialismo nei fumetti è la chiave del loro
> insuccesso estero. Guarda tutte le fiction televisive, i f ilm e i romanzi
> italiani: la stragrande maggioranza di queste produzioni è ambientata in
> Italia e parla di noi. Nel fumetto no. Ne parlai a Bonelli stesso ad una
> mostra tempo fa e mi ha risposto sempre le stesse cose: che certe avventure
> e situazioni in ambientazioni estere funzionano meglio, che è più facile
> prendersi delle licenze (come se poi oggi non si sapesse un po' tutto di
> quasi tutti i paesi del mondo) e bla bla..le stesse scuse di 30 anni
> fa...
Scuse? Io direi argomentazioni ancora valide.
> Cito sempre l'assurdità più grossa: Julia. Ma ti pare che un americano
> si va a leggere le storie di una pseudo-criminologa che agisce nel suo paese
> con considerazioni e critiche sulla società americana,per giunta ambientato
> in una città immaginaria, il tutto scritto da un italiano?? boh...
Ti pare che un americano si vada a leggere le storie di un gruppo di
"supereroi" scritte da un autore inglese come Alan Moore, disegnate da un
inglese come Dave Gibbons, ambientate a New York, con forti critiche alla
societa' americana?
E invece...
> La cosa mi lascia, pero', un dubbio.
> Attualmente i prezzi del materiale mainstream statunitense venduto
> nelle edicole italiane sono piu' bassi del corrispondente in lingua
> originale, oltre a esser molto variegati (e qui potrebbe stare la
> chiave). E tutto questo a fronte di tirature e vendite piu' basse.
Piu' basse rispetto a cosa esattamente?
> Perche', allora, la situazione non e' simmetrica? Una possibile
> risposta potrebbe essere per l'appunto la caratteristica italiana di
> non associare un prezzo preciso a un preciso formato, ma di essere
> molto elastici in merito (ho una limitata percezione dei mercati
> esteri, ma la loro elasticita' in questione mi sembra minore).
Che cosa intendi?
> Poi, forse, bisogna anche tener conto delle caratteristiche della,
> diciamo "strategia produttiva e commerciale" Bonelli, forse piu'
> centrata sul mercato interno e su una produzione di tipo
> simil-artigianale piuttosto che industriale.
Non sono d'accordo. Non si puo' definire simil-artigianale un'impresa che
produce centinaia di pagine inedite al mese e fattura milioni di euro.
> Insomma, ancora una volta
> non ho informazioni, ma non credo che abbiano un ufficio marketing in
> senso stretto.
Fare marketing all'estero e' molto dispendioso. Comunque, non c'e'
pubblicita' che tenga se il pubblico straniero ha la percezione di pagare
un prezzo troppo alto per un albo Bonelli tradotto.
Sulla televisione č vero che le serie di maggior successo sono di produzione
ed ambientazione italiana ma francamente non so quanti di questi utenti
siano appetibiliti per il fumetto nel senso che guarda in tv quello che
erano i fumetti anta anni fa :-) Tu vorresti un fumetto tipo "Carabinieri"?
Sui film č vero che si predilige la produzione italiana ma non sempre il
film č di ambientazione italiana tanto per dire i nostri due film di natale
italiani non erano ambientati in Italia (e neppure molti dei precedenti) :-)
Detto questo rimane sempre il discorso di quanto a questo pubblico potrebbe
interessare il fumetto :-)
Riguardo al discorso del linguaggio del fumetto hai ragione, ma cambierei
"italiani" con "cultura italiana" che mi pare nel complesso, salvo i soliti
quattro gatti, sostanzialmente escluda il fumetto e questo poi si "sente"
per effetto cascata attraverso i vari canali di informazione/formazione. Per
inciso invece gli stessi tendono a "proteggere" le produzioni televisive e
cinematografiche italiane, imho anche questo alla lunga produce un clima
favorevole o sfavorevole per un certo prodotto realizzato in un certo modo.
Ciao, Mauro.
--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
> > Io non ho idea di dove trovare i dati di vendita,
>
> in realta' i dati di vendita non si trovano, nel senso che sono
> raccolti dalla nielsen, e si paga per accedervi ;)
In realtà, mi sembra di capire, per capire quanto vendano i fumetti
bisognerebbe prendere i dati forniti dai vari distributori e
accorparli. Solo così si scoprirebbe chi vende effettivamente di più.
Giusto?
> > a) Non credo che in questa classifica rientrino le strisce sindacate,
> > che vengono pubblicate sui quotidiani (a meno che non si parli
> > comunque di ristampe in volumi);
>
> su questo non saprei dirti
Beh, potremmo dire che, paradossalmente, le strisce sindacate sono
quelle che, venendo pubblicate sui quotidiani, sono lette da milioni
di persone, solo che bisognerebbe poi vedere quanto vendono le
ristampe in volume. Per esempio: lo so che uno die più grossi successi
recenti, in questo senso, è Calvin 6 Hobbes, ma per una striscia
quanto occorre vendere per essere un successo? E viene considerata
tale perché è una novità? Ovvero, altre strisce storiche vendono cento
volte di più, ma proprio perché sono storiche e vendono quelle cifre
da decenni non se ne parla?
> > b) Mi stupirei comunque grandemente se nella classica dei fumetti più
> > venduti rientrasse qualche fumetto italiano, francese o spagnolo...
> > Posso aspettarmi che ce la faccia qualche fumetto nippo, ma giusto
> > quello;
>
> non qualche fumetto nippo, ma la maggior parte dei fumetti nippo
> nell'articolo linkato risulta che persepolis ha venduto piu' di
> trecento l'anno scorso (trentamila copie, quasi quanto il miglior
> titolo marvel)
Di questo prendo atto:.
> si', su questo non ci piove, ma significa anche che mentre il grande
> pubblico televisivo, librario e cinematografico nelle produzione
> italiane preferisce l'ambientazione autoctona, cosi' non e' per il
> fumetto: il che secondo me ha qualcosa a che fare su come il fumetto
> viene percepito dagli italiani, ovvero come un linguaggio minore,
> distante, che non fa parte della cultura narrativa italiana,
> probabilmente anche tra gli appassionati stessi di fumetti (e infatti
> c'e' quel trenta a uno di titolo stranieri, che vendono quasi
> esclusivamente ai "fumettofili")
Può essere: anche oggi che viene rivalutato dalla cultura ufficiale,
il fumetto è l'unico media per il quale molti dei suoi stessi frutori
nutrono un complesso di inferiorità, che spesso li porta a dover
trovare valenze culturali o sociologiche anche in quei titoli in cui
proprio non ci sono pur di dimostrare che non sono immaturi perché
leggono fumetti. Per intenderci: chi va a vedere Boldi & De Sica
ammette senza problemi di farlo per rilassarsi un paio d'ore e farsi
quattro risate (sigh), mentre per qualcuno dire la stessa cosa di un
fumetto significa affermare di essere immaturi. Retaggi della nostra
cultura.
> > Il che, essendo il pubblico dei fumetti
> > stranieri più fedele, ma anche molto ridotto rispetto a quello dei
> > fumetti italiani, sta portando a un'evoluzione della situazione
> > attuale, e io sono curioso di vedere che cosa accadrà nei prossimi due/
> > tre anni.
>
> e cosa potrebbe accaddere secondo te?
In realtà non ne sono certo, però storicamente certe situazioni
(un'offerta decisamente superiore alla richiesta) portano al collasso
del mercato. E in effetti sto sentendo voci, in giro, non su una crisi
(quelle sono persino scontate), ma su cambi di strategie di alcune
case editrici. Se la direzione è quella che mi sembra di intuire e ci
si muoverà bene, potrebbe seguirne una situazione interessante per il
fumetto italiano, altrimenti sarà il solito casino (di cui noi
italiani siamo in genere molto orgogliosi, quando si fanno i raffronti
con gli altri paesi!). Vedremo, non ho una sfera di cristallo e quindi
non azzardo previsioni.
Ciao,
Federico
> Ne avevamo già parlato qui sul NG caro Federico, un po' di tempo fa...
Sì, in effetti il discorso iniziale sta prendendo varie derive, ma qui
io non entro nel merito del discorso della "italianità" del fumetto,
io mi limitavo a dire che fumetti con ambientazione italiana e
riferimenti alla nostra cultura sarebbero ancora meno esportabili
all'estero.
> Ti faccio una domanda: quanto avrebbe perso
> Jonathan Steele se si fosse chiamato Giuseppe Mezzogiorno e avesse agito a
> Bologna e dintorni? Io credo ne avrebbe guadagnato, senza togliere nulla
> all'indubbia verve delle storie.
E chi può dirlo? Francamente, non lo so. Forse avrebbe venduto di più,
forse di meno... Se prendi Napoleone, un personaggio italiano
ambientato in Svizzera, quindi a due passi da noi, comunque non è
stato quel gran successo auspichi. Se l'avessero ambientato a Milano,
anziché in Svizzera, sarebbero andate diversamente le cose? E in
meglio o in peggio? Se avessi le risposte a queste domande, ora ti
scriverei dalla mia villa nel sud della Francia, un po' di fretta
perché sta atterrando l'elicottero che deve portarmi a Capri, già che
fra un paio di settimane c'è il Comicon... ;-P
Ciao,
Federico
> Bonelli produce storie per il mercato italiano, in seconda battuta per
> quello europeo e/o sudamericano, quello nordamericano e' l'ultima
> sponda :|
> (questa e' la mia impressione, almeno)
Non è esatto. Bonelli produce esclusivamente pensando al mercato
italiano, se poi qualche casa editrice straniera decide di pubblicare
le sue serie all'estero, tanto meglio.
Ciao,
Federico
> > La cosa mi lascia, pero', un dubbio.
> > Attualmente i prezzi del materiale mainstream statunitense venduto
> > nelle edicole italiane sono piu' bassi del corrispondente in lingua
> > originale, oltre a esser molto variegati (e qui potrebbe stare la
> > chiave). E tutto questo a fronte di tirature e vendite piu' basse.
> Piu' basse rispetto a cosa esattamente?
Del corrispondente materiale originale, pensavo si capisse.
Di un fattore che va da 5 a 10, e forse anche oltre.
Ergo: in Italia pubblichiamo materiale mainstream statunitense tradotto a un
prezzo minore dell'originale, nonostante la tiratura sia minore di quella
originale.
Negli Stati Uniti pubblicano materiale mainstream italiano tradotto, a
tiratura piu' bassa di quella italiana, a un prezzo maggiore di quello
originale.
Da qualche parte deve esserci un elemento che spiega l'asimmetria.
> > Perche', allora, la situazione non e' simmetrica? Una possibile
> > risposta potrebbe essere per l'appunto la caratteristica italiana di
> > non associare un prezzo preciso a un preciso formato, ma di essere
> > molto elastici in merito (ho una limitata percezione dei mercati
> > esteri, ma la loro elasticita' in questione mi sembra minore).
> Che cosa intendi?
Che per varie proposte con lo stesso formato, in Italia la forbice sul
prezzo e' piu' ampia.
> > Poi, forse, bisogna anche tener conto delle caratteristiche della,
> > diciamo "strategia produttiva e commerciale" Bonelli, forse piu'
> > centrata sul mercato interno e su una produzione di tipo
> > simil-artigianale piuttosto che industriale.
> Non sono d'accordo. Non si puo' definire simil-artigianale un'impresa che
> produce centinaia di pagine inedite al mese e fattura milioni di euro.
Perche' ragioni sui volumi e non sulle metodologie di lavoro.
E non sto parlando di stampa e fattura fisica dell'albo, quanto del processo
che sta dietro alla produzione delle storie. E alla loro commercializzazione.
> > Insomma, ancora una volta
> > non ho informazioni, ma non credo che abbiano un ufficio marketing in
> > senso stretto.
> Fare marketing all'estero e' molto dispendioso. Comunque, non c'e'
> pubblicita' che tenga se il pubblico straniero ha la percezione di pagare
> un prezzo troppo alto per un albo Bonelli tradotto.
Marketing non e' solo pubblicita'. E' un mondo che va molto oltre. Per
esempio, tocca anche il profiling.
--
Buon cammino!
il_pellegrino@work
"Pigiama rosso+McCoy.
Non mi salva piu' neanche il televoto."
[...]
> in qualsiasi scuola di cinema italiana la prima cosa che viene detta
> ad uno sceneggiatore e quella di non scrivere storie ambientate
> all'estero, mentre cosi' non deve essere nelle scuole di fumetto, a
> vedere la produzione tipica seriale italiana
Meno male che Sergio Leone non ha frequentato una scuola di cinema,
allora. ;-)
O ribaltando la questione ecco perche' i fumetti Bonelli sono ancora i
piu' venduti in Italia, mentre il cinema italiano non riesce a portare
il pubblico al cinema. :)))
Ovviamente la mia e' una battuta, ma non credo che sia cosi' semplice
come la metti tu. Qui non si tratta di qualita' di scrittura, che tra
l'altro nel cinema italiano a mio parere manca, mentre in Bonelli c'e'
ma solo fino ad un certo livello (medio, raramente di eccellenza).
Proviamo a colorare i DylanDog di Sclavi e a venderli a 3-4 dollari
nelle fumetterie americane, poi vediamo se al pubblico americano non
piacciono.
Skalda
> Ti pare che un americano si vada a leggere le storie di un gruppo di
> "supereroi" scritte da un autore inglese come Alan Moore, disegnate da un
> inglese come Dave Gibbons, ambientate a New York, con forti critiche alla
> societa' americana?
Per la serie "se un fumetto è bello, prima o poi avrà il successo che
merita". Cosa senz'altro vera. Ma quei due inglesi scrivevano per la DC,
non per una 'piccola' casa editrice estera, e il loro prodotto (in quel
caso superbo) ebbe la pubblicità che meritava.
Perchè un prodotto, seppur buono, se nessuno lo conosce difficilmente
avrà un gran successo nel breve periodo, e senza un ritorno economico
accettabile l'editore, già 'piccolo', dovrà cessarne le pubblicazioni o
diradarne le uscite o limitare le novità...
Imho l'ambientazione conta il giusto, come dicevi tu, ma a sostegno di
un buon prodotto ci deve anche essere una strategia di marketing che,
per la SergioBonelli, non c'è. O se c'è, è sbagliata.
--
Wally West
Discorso interessante, ed è anche vero che ci fu una vera e propria
caccia alle streghe contro il fumetto, ma secondo me è stata anche
l'esplosione del settore: le storie ed i personaggi divennero più
profondi, tutto il genere supereroistico fu rinnovato, nella DC prima
e nella Atlas/Marvel poi, ed il successo delle calzamaglie travolse
tutto.
Piccola osservazione riguardo la discussione: mi sembra condivisibile
l'accusa di "sudditanza culturale": per anni il fumetto italiano è
stato visto come qualcosa che doveva imitare il cinema hollywoodiano
(o edwoodiano?), tutti gli albi dovevano avere un nome da attore
americano: se al cinema avevamo John Wayne, Clark Gable, Spencer Tracy
e Deborah Kerr, sulla italocarta avevamo Dylan Dog, Ronny Ross, Sonny
Stern, Kerry Kross. Tantochè una volta un ragazzo in una fumetteria mi
disse "Eh, ma un fumetto italiano non può chiamarsi Mario Bianchi",
alchè replicai che avrebbe dovuto avere un tipo di nome diverso ("La
Compagnia della Forca" ad esempio). E non è detto che debbano essere
per forza tutti dei polizieschi.
Ultima cosa: magari un fumetto italiano ambientato negli USA può
interessare poco o niente oltreoceano, però è un peccato che la cosa
valga anche per Alan Ford, che è si ambientato a New York ma come
contenuti è come noto ben diverso dalle storie ambientate solitamente
in quella metropoli.
Saluti.
GM
Un giorno il regista americano John Ford scrisse a Sergio Leone
dicendogli "Sergio sei il più grande!". E' una notizia vera, non sto
scherzando. Il famoso genio italico (in fin dei conti anche le storie
Disney importate per il mondo sono in larga parte italiane) ...
Saluti.
GM
>> Ti faccio una domanda: quanto avrebbe perso
>> Jonathan Steele se si fosse chiamato Giuseppe Mezzogiorno e avesse
>> agito a Bologna e dintorni? Io credo ne avrebbe guadagnato, senza
>> togliere nulla all'indubbia verve delle storie.
>
> E chi può dirlo? Francamente, non lo so. Forse avrebbe venduto di più,
> forse di meno... Se prendi Napoleone, un personaggio italiano
> ambientato in Svizzera, quindi a due passi da noi, comunque non è
> stato quel gran successo auspichi. Se l'avessero ambientato a Milano,
> anziché in Svizzera, sarebbero andate diversamente le cose? E in
> meglio o in peggio?
Forse non è importante soltanto il *dove* è ambientato il fumetto, ma anche
*come* i personaggi di quel fumetto sono immersi nella realtà che li
circonda.
In Napoleone, la quotidianità svizzera non entrava minimamente nelle storie,
se non di sfuggita o per vaghi accenni al passato. Mai una parola sui
cantoni, sulle varie lingue parlate in quella nazioni, o sui tanti piccoli
particolari che ti fanno sentire più vera una ambientazione. Poteva essere
benissimo ambientato a Vienna, Bonn o Praga che poco sarebbe cambiato. Lo
stesso discorso potrebbe essere portato per MM e la sua avventura italiana -
realizzata forse nello stesso periodo nel quale anche tu bazzicavi da quelle
parti: mai un accenno - esempi buttati lì a caso - a Craxi, all'Inter o alle
vacanze d'agosto.
Un esempio positivo di "ambientazione italiana" è IMHO, il "Commissario
Spada", un 'poliziottesco' ambientato in una grande città del nord Italia
mai nominata ma ben riconoscibile, del quale ho appena riletto con grande
piacere i quattro volumi usciti. Quelle storie le avevo lette da bambino,
senza intuirne la profondità ed il coraggio editoriale: a quel tempo erano
per me solo avventure di "guardie e ladri", mentre ora, vent'anni dopo, sono
in grado di riconoscere tutti i sottintesi di quelle storie e di comprendere
in pieno quanto fossero bravi De Luca e Gonano nel loro lavoro.
Questi due signori non solo hanno calato i loro personaggi in una
ambientazione italiana, ma hanno RACCONTATO quell'Italia della fine degli
anni settanta con il terrorismo, le comuni, la malavita, ecc... in primo
piano; l'Italia era protagonista, in quelle storie, non era un semplice
sfondo sul quale tratteggiare racconti immagignari e - fondamentalmente -
falsi.
Possibile che in Bonelli ci sia tempo e soldi per "il Legionario" ma non per
storie che possano RACCONTARE l'Italia di oggi? Possibile che una serie,
magari anche di durata limitata, ambientata nella nostra penisola
nell'anno 2007 D.C. e che parla delle cose che tutti i giorni leggiamo
sui quotidiani, non potrà mai vedere la luce in Bonelli? (Sì, lo so,
sono domande retoriche: la risposta la conosco già)
Ciao
>Discorso interessante, ed č anche vero che ci fu una vera e propria
>caccia alle streghe contro il fumetto, ma secondo me č stata anche
>l'esplosione del settore: le storie ed i personaggi divennero piů
>profondi, tutto il genere supereroistico fu rinnovato, nella DC prima
>e nella Atlas/Marvel poi, ed il successo delle calzamaglie travolse
>tutto.
Occhio che stai confrontando periodi leggermente differenti.
Atlas vendeva durante la guerra, poi passo' a fumetti horror (pallide
imitazioni di quelli EC), rosa (ci lavorava Kirby) e cosi' via.
L'esplosione della Marvel e' posteriore all'ecatombe che segui'
Wertham (meta' anni 50 contro i primi anni '60).
Conta che nel '53 le testate horror della EC andavano tanto bene da
contare centinaia di imitatori, e quell'editore fu letteralmente
devastato dall'introduzione del comics code. Fu salvato da Mad, che
non rientrava nella casistica del code.
immaginavo che qualcuno avrebbe tirato fuori leone... :P
ma di tutti gli spaghetti-western prodotti, delle centinia di
pellicole, delle decine di registi, un solo leone mi sembra poco
di contro, nella commedia all'italiana puoi citarne una pletora: da
risi a monicelli, passando per germi e comencini
e non per nulla leone e' un regista molto piu' dotato degli altri che
ho nominato, se non avesse fatto western probabilmente gli sarebbe
bastato meno talento
> O ribaltando la questione ecco perche' i fumetti Bonelli sono ancora i
> piu' venduti in Italia, mentre il cinema italiano non riesce a portare
> il pubblico al cinema. :)))
> O ribaltando la questione ecco perche' i fumetti Bonelli sono ancora i
> piu' venduti in Italia, mentre il cinema italiano non riesce a portare
> il pubblico al cinema. :)))
peccato che qualsiasi film italiano porti minimo dieci volte piu'
pubblico di un qualsiasi fumetto bonelli ;P
> Ovviamente la mia e' una battuta, ma non credo che sia cosi' semplice
> come la metti tu. Qui non si tratta di qualita' di scrittura, che tra
> l'altro nel cinema italiano a mio parere manca, mentre in Bonelli c'e'
> ma solo fino ad un certo livello (medio, raramente di eccellenza).
> Proviamo a colorare i DylanDog di Sclavi e a venderli a 3-4 dollari
> nelle fumetterie americane, poi vediamo se al pubblico americano non
> piacciono.
purtroppo non possiamo farlo, ne' noi, ne' bonelli stesso
pero' osservando la realta' del mercato fumettistico statunitense
attuale abbiamo una serie di dati che smentiscono questa ipotesi (tra
cui il fatto che i manga abbiano iniziato a vendere solo da quando
sono stati proposti nel loro formato originale, e che ora vendino di
piu' dei supereroi)
infatti doveva spiegare perche' le serie che scimmiottano generi
altrui non hanno successo nel luogo di quegli altrui
e nemmeno nega il successo riscosso dai manga
> > perche' uno statunitense dovrebbe leggere tex,
> > quando il western e' un genere autoctono?
> Perche' Tex e' un fumetto migliore di Rawhide Kid?
le premesse, al novanta per cento dei lettori, bastano per rendere tex
un fumetto peggiore di rawhide kid
perche', checche' tu ne possa pensare, la qualita' di un fumetto e'
percepita' anche inconsciamente dall'onesta' che traspare dalla
lettura: e un autore che racconta per sentito dire, per fantasie,
senza essere vissuto realmente nel luogo di cui racconta, produce
storie meno oneste di uno che racconta il luogo in cui vive, e di
questo, ne sono certo, i lettori se ne accorgono
perche' gli stati uniti che posso raccontare io, che vivo un paese
latino e non in uno anglosassone, sono per forza di cose vittime dello
stereotipo (che puo' essere culturale o personale, ma sempre tale
resta), e, al di la' del giudizio morale legato a questo stereotipo,
salvo rare eccezioni, il lettore ne percepisce la presenza
> > perche' dovrei leggere un
> > fumetto seriale ambientato in italia, con protagonisti italiani, di
> > autori giapponesi (a meno di caratteristiche particolari)?
> Perche' acquistare un fumetto "giapponese" scritto e disegnato da
> professionisti italiani? Eppure...
di cosa parli?
degli spaghetti-manga?
mi sembra che questi siano una delle dimostrazioni piu' convincenti
alla mia tesi
parli di boilet? parli di igort?
non fanno "finti-veri-manga", ma fanno il loro manga, e si rientra nel
regno di quelle caratteristiche particolari che creano l'eccezione
> > la scelta categorica di ambientazioni estere e' una caratteristica
> > tipica di bonelli e bonelliani che non ha il pari nelle major
> > fumettistiche estere, e questo, oltre ad essere un segno della
> > sudditanza dell'immaginario popolare fumettistico italiano, ne azzera
> > quasi praticamente l'interesse all'estero.
> Non direi. Ne aumenta invece il respiro internazionale.
dimostrarlo: se cosi' fosse la norma sarebbe quella di film, di libri,
di serie tv, di fumetti prodotti in un paese che racconto la realta'
di un altro e riscotrano successo in quest'ultimo.
quando invece e' difficile trovare esempi di opere con queste
caratteristiche
> > in qualsiasi scuola di cinema italiana la prima cosa che viene detta
> > ad uno sceneggiatore e quella di non scrivere storie ambientate
> > all'estero, mentre cosi' non deve essere nelle scuole di fumetto, a
> > vedere la produzione tipica seriale italiana
> C'e' una differenza di base tra cinema e fumetto: il primo deve rispettare
> un budget, nella letteratura disegnata il limite e' solo la fantasia.
il consiglio non e' tecnico, non e' legato a problemi produttivi, ma
di interesse per il pubblico (e probabilmente anche di orgoglio
culturale, il che non credo sia un difetto, tutt'altro)
prendi una produzione a costo minimo, ambientabile in qualsiasi luogo,
volendolo, come una sit-com alla love bugs o camera cafe'. se davvero
avesse aumentato il respiro internazionale, a parita' di costi,
perche' si e' deciso di ambientarle in italia?
> > il che la dice anche lunga sulle caratteristiche del fumetto italiano
> > di genere, che sembra muoversi con logiche proprie, fuori da quello
> > che e' il "sentimento narrativo" del paese (che e' fatto di storie
> > italiane al cinema, in televisione e in letteratura)
> In letteratura, non necessariamente. Valgono infatti le considerazioni
> precedenti espresse per il fumetto, ossia letteratura disegnata.
eh?
mi sembra ovvio che qui usassi il termine letteratura per indicare
quella non disegnata
Ho letto da qualche parte che dovevano ambientarla in Italia, poi qualcuno
decise di cambiare.
>Un esempio positivo di "ambientazione italiana" è IMHO, il "Commissario
>Spada", un 'poliziottesco' ambientato in una grande città del nord Italia
>mai nominata ma ben riconoscibile, del quale ho appena riletto con grande
>piacere i quattro volumi usciti
Concordo alla grande.
>Possibile che in Bonelli ci sia tempo e soldi per "il Legionario" ma non
>per
>storie che possano RACCONTARE l'Italia di oggi? Possibile che una serie,
>magari anche di durata limitata, ambientata nella nostra penisola
>nell'anno 2007 D.C. e che parla delle cose che tutti i giorni leggiamo
>sui quotidiani, non potrà mai vedere la luce in Bonelli? (Sì, lo so,
>sono domande retoriche: la risposta la conosco già
Peccato che anche altre case editrici non ci provino... a parte L'Insonne.
Peccato, perchè il numero di JD ambientato a Milano me lo sono goduto
tantissimo.
--
Jolan Tru, Filippo "Hytok" Simone
L'oracolo sampdoriano di Sunnydale
http://perestroika.altervista.org/
http://lacasadeglielfi.altervista.org/
lo ripeto: perche' se uno vuole leggere una storia ambientata a
madrid, per qualsiasi lettore la cosa piu' naturale e' scegliere un
autore spagnolo
pensate e pubblicate direttamente per il pubblico statunitense, da
autori anglosassoni?
mi sembra che sia una cosa un po' diversa dalle storie di un autore
mediterraneo, ambientate negli stati uniti, per il pubblico italiano
cmq, l'ambientazione non c'entra nulla? anzi, aumenta il respiro
internazionale delle storie?
porta dei titoli ad esempio, e numerosi, perche' se cosi' fosse questa
sarebbe la norma
il formato editoriale e il prezzo sono fondamentali?
d'accordo, spiega perche' dovremmo negare la realta' dei fatti che
vedono i manga arrivare al successo nel momento in cui si sono
allontanati dalla pubblicazione in comic book, aumentando nel comtempo
il prezzo finale
se questo significasse avere un'industria del fumetto florida, con
decine di migliaia di copie vendute come norma da piu' case editrici,
dove gli autori possano farsi le ossa, l'esposizione e la cultura del
fumetto ad un livello dignitoso, che crei lo spazio di sopravvivenza
ai prodotti indipendenti e alternativi, si', vorrei un fumetto tipo
carabinieri
(anche se poi mi guarderei bene dal leggerlo)
una soluzione concreta che ha gia' dimostrato di non risolvere nulla,
anzi, di risultare controproducente. e non serve la sfera di cristallo
per scoprirlo, basta vedere quello che e' gia' successo
giusto, con la difficolta' aggiunta che per alcuni distributori i dati
di vendita sono pubblicim per altri no
cmq nel mio msg facevo un confronto (se non un'aggregazione diretta,
ma c'erano i dati per farla :P), tra i dati di vendita dei vari canali
distributivi, e il risultato non cambiava: i fumetti piu' venduti al
momento negli statiuniti sono i manga e perfino persepolis arriva a
vendere la stessa cifra dei primi dieci titoli piu' venduti della
marvel
> Beh, potremmo dire che, paradossalmente, le strisce sindacate sono
> quelle che, venendo pubblicate sui quotidiani, sono lette da milioni
> di persone, solo che bisognerebbe poi vedere quanto vendono le
> ristampe in volume.
pero' qui si mischiano i dati di lettura e di vendita, che secondo me
non andrebbe fatto.
il fumetto piu' venduto non e' quello piu' letto, o meglio, potrebbe
esserlo come no (propendo per la seconda) e viceversa
nel caso delle sindacate sui quotidiani non parlerei di vendita
perche' in realta' non si sta comprando un fumetto, ma un quotidiano
appunto
> > e cosa potrebbe accaddere secondo te?
> In realtà non ne sono certo, però storicamente certe situazioni
> (un'offerta decisamente superiore alla richiesta) portano al collasso
> del mercato. E in effetti sto sentendo voci, in giro, non su una crisi
> (quelle sono persino scontate), ma su cambi di strategie di alcune
> case editrici. Se la direzione è quella che mi sembra di intuire e ci
> si muoverà bene, potrebbe seguirne una situazione interessante per il
> fumetto italiano, altrimenti sarà il solito casino (di cui noi
> italiani siamo in genere molto orgogliosi, quando si fanno i raffronti
> con gli altri paesi!). Vedremo, non ho una sfera di cristallo e quindi
> non azzardo previsioni.
non azzardare previsioni, ma non essere reticente ;)
se non quali cambi di strategie, almeno dicci per quali case editrici,
o almeno le nazioni di riferimento dei fumetti pubblicati da quelle
case editrici (di meno non posso concedere :P)
si, ho un po' ho esagerato, comunque supponevo che per alcuni mercati
"storici" un occhio di riguardo l'abbiano..
comunque cos'e' alla fine che cos'e' che allontana il prodotto
(Bonelli) da altri mercati?
veste editorial-tipograica,
tempi dell'azione (e paradossalmente lunghezza delle storie),
morale buonista che viene sottintesa (in particolare in alcune serie)
modelli esterofili differenti (ovvero un'america vista dall'italia
differente da quella che puo' essere percepita da altri)
...
imho varie "colpe" Bonelli non le ha, pubblica per un mercato
tuttosommato molto conservatore (l'Italia, ma in particolore quello
delle edicole)
hola,
--
filobus
http://filobus.blogspot.com/
> > Beh, potremmo dire che, paradossalmente, le strisce sindacate sono
> > quelle che, venendo pubblicate sui quotidiani, sono lette da milioni
> > di persone, solo che bisognerebbe poi vedere quanto vendono le
> > ristampe in volume.
>
> pero' qui si mischiano i dati di lettura e di vendita, che secondo me
> non andrebbe fatto.
> il fumetto piu' venduto non e' quello piu' letto, o meglio, potrebbe
> esserlo come no (propendo per la seconda) e viceversa
> nel caso delle sindacate sui quotidiani non parlerei di vendita
> perche' in realta' non si sta comprando un fumetto, ma un quotidiano
> appunto
Infatti facevo riferimento alle ristampe in volume per le vendite.
> > > e cosa potrebbe accaddere secondo te?
> > In realtà non ne sono certo, però storicamente certe situazioni
> > (un'offerta decisamente superiore alla richiesta) portano al collasso
> > del mercato. E in effetti sto sentendo voci, in giro, non su una crisi
> > (quelle sono persino scontate), ma su cambi di strategie di alcune
> > case editrici. Se la direzione è quella che mi sembra di intuire e ci
> > si muoverà bene, potrebbe seguirne una situazione interessante per il
> > fumetto italiano, altrimenti sarà il solito casino (di cui noi
> > italiani siamo in genere molto orgogliosi, quando si fanno i raffronti
> > con gli altri paesi!). Vedremo, non ho una sfera di cristallo e quindi
> > non azzardo previsioni.
>
> non azzardare previsioni, ma non essere reticente ;)
> se non quali cambi di strategie, almeno dicci per quali case editrici,
> o almeno le nazioni di riferimento dei fumetti pubblicati da quelle
> case editrici (di meno non posso concedere :P)
Guarda, quel che posso dirti è che alcune case editrici, proprio per
trovare spazi editoriali meno affollati e che possano attirare un
pubblico potenzialmente più numeroso, stanno ricominciando a prendere
in considerazione (o addirittura già a mettere in lavorazione)
progetti italiani. Di alcune lo so con certezza, ma non spetta a me
fare nomi, di altre l'ho letto oppure ho sentito le classiche "voci di
corridoio", quindi non ne sono sicuro. Sono però curioso anch'io di
vedere che cosa accadrà.
Ciao,
Federico
Certamente, ma le due cose non si contraddicono: prima l'ecatombe e
poi, calmatesi le acque, a partire dal 1959 nella DC Comics, questo
nuovo fenomeno che costruisce un nuovo panorama sulle macerie del
precedente.
Poi la cosa meriterebbe una ricerca approfondita, considerando i vari
generi, le fasce d'età, spaziando dalla EC a "Four Color" ...
Saluti.
GM
No, guarda, le cifre sono tali che proprio non ci pensano, quando
mettono in cantiere nuove serie o nuove storie.
> comunque cos'e' alla fine che cos'e' che allontana il prodotto
> (Bonelli) da altri mercati?
>
> veste editorial-tipograica,
Forse.
> tempi dell'azione (e paradossalmente lunghezza delle storie),
Può essere.
> morale buonista che viene sottintesa (in particolare in alcune serie)
Questo direi proprio di no. Quella che tu chiami "morale buonista" non
è una discriminante per il successo o meno di un'opera. Anzi, è ancora
molto diffusa.
> modelli esterofili differenti (ovvero un'america vista dall'italia
> differente da quella che puo' essere percepita da altri)
No, nemmeno questo ha peso. Anzi, il fumetto più legato all'attualità
e alla cultura italiana non ha proprio mai attecchito all'estero (non
solo in America).
Potremmo aggiungere forse che i fumetti Bonelli si attengono anche a
un modello grafico più "tradizionale" che pur essendo tuttora, in
Italia, quello vincente, nel resto del mondo viene considerato vecchio
e quindi ne compromette l'esportabilità, ma avrebbe senso cercare una
formula che verrebbe più apprezzata all'estero che in patria?
Certo, l'ideale sarebbe trovarne una che garantisse un successo
nostrano che fosse anche esportabile, ma poi quando un fumetto ci
riesce (Winx e Witch sono due casi recentissimi, fra l'altro), guarda
caso, è tutto fuorché legato alla società e alla cultura italiana.
Anzi, nel caso di queste maghette, i riferimenti principali sono
ancora quelli esteri (giapponesi in primis).
Ciao,
Federico
> Discorso interessante, ed č anche vero che ci fu una vera e propria
> caccia alle streghe contro il fumetto, ma secondo me č stata anche
> l'esplosione del settore: le storie ed i personaggi divennero piů
> profondi, tutto il genere supereroistico fu rinnovato, nella DC prima
> e nella Atlas/Marvel poi, ed il successo delle calzamaglie travolse
> tutto.
Non credo che il tuo ragionamento sia corretto. L'esplosione dei
supereroi nei sixties e' stata possibile perche' la DC (ai tempi
National? non ricordo bene) si era data da fare per far fuori le case
editrici concorrenti (in maniera non propriamente corretta) nel mercato
di suo interesse, quello degli adolescenti, che si stavano buttando in
massa sui fumetti EC, qualitativamente superiori (almeno cosi' si
dice...io non li ho mai letto).
--
Andy Roid,"se c'e' una cosa che non dimentichero' mai finche' campo e'
come ho perso quella gamba e guadagnato quel nome. D'altra parte, come
potrei? Ogni volta che mi alzo in piedi sono costretto a ricordarmelo"
- Long John Silver
> Ergo: in Italia pubblichiamo materiale mainstream statunitense tradotto a un
> prezzo minore dell'originale, nonostante la tiratura sia minore di quella
> originale.
> Negli Stati Uniti pubblicano materiale mainstream italiano tradotto, a
> tiratura piu' bassa di quella italiana, a un prezzo maggiore di quello
> originale.
> Da qualche parte deve esserci un elemento che spiega l'asimmetria.
Faccio la prima supposizione che mi e' venuta in mente.
In Italia l'albo di supereroi viene messo sul mercato in (parziale)
competizione con il fumetto bonelli e questo spinge gli editori a
cercare di rimanere competitivo, a livello di prezzo, ad un Dylan Dog o
ad un Tex. Negli Stati Uniti, invece, l'albo bonelli viene visto come un
concorrente ai paperback come quelli di Concrete
(http://www.darkhorse.com/profile/profile.php?sku=13-713) che costano
quasi 13 dollari, ma hanno il doppio della pagine. Ti sembra una
spiegazione plausibile?
--
Andy Roid
"Aveva solo l'indirizzo. Rue des Pistoles, nel Viuex
Quartier. Erano anni che non tornava a Marsiglia.
Ora non aveva piu' scelta" - J.C. Izzo, Casino Totale
> Cito sempre l'assurdità più grossa: Julia. Ma ti pare che un americano
> si va a leggere le storie di una pseudo-criminologa che agisce nel suo paese
> con considerazioni e critiche sulla società americana,per giunta ambientato
> in una città immaginaria, il tutto scritto da un italiano?? boh...
Io sono convinto che la non-vendibilita' della serie di Julia sia dovuta
piu' alla sua scarsa qualita' (non so se e' migliorato negli anni, dopo
che ho abbandonato la lettura, ma mi e' parso di capire di no) che alla
sua ambientazione in america invece che nella citta' di Castel Borghese.
Imho il provincialismo dei fumetti Bonelli e' una pecca che viene fuori
al momento in cui la qualita' delle storie scende, se questa fosse alta
difficilmente gli acquirenti "esteri" l'avvertirebbero.
Al discorso sulla qualita', comunque, andrebbe aggiunto anche un
ragionamento sulla pubblicita' di un prodotto e sull'hype del momento
(per fare un esempio i "manga" hanno probabilmente un appeal che un
bonelli non potra' mai avere per un ragazzino statunitense).
Poi, pensando ad esempio inversi, mi viene in mente Dago che e'
ambientato molto in Italia (anche se di un altro periodo). Si avverte
"provincialita'" nel fumetto di Wood?
--
an
Andy Roid
at Work
> On 16 Apr, 09:18, un eternauta <edun2eternauta5effe...@tiscali.net>
> wrote:
>> Ho prospettato una soluzione concreta, non ho una sfera di cristallo.
>
> una soluzione concreta che ha gia' dimostrato di non risolvere nulla,
Non mi risulta che sia stata adottata.
--
Per rispondere eliminare dall'indirizzo ed due cinque f 3
Inoltre sostituire punto net con . it
> On 16 Apr, 09:18, un eternauta <edun2eternauta5effe...@tiscali.net>
> wrote:
>>> tolte rare eccezioni, il pubblico fruisce storie ambientate nel
>>> proprio paese prodotte nel paese stesso, non le cerca di certo in
>>> produzioni estere.
>> Questo non spiega il successo che i manga riscuotono ovunque arrivino.
>
> infatti doveva spiegare perche' le serie che scimmiottano generi
> altrui non hanno successo nel luogo di quegli altrui
> e nemmeno nega il successo riscosso dai manga
Le doveva spiegare dal punto di vista di chi, come te, considera
l'ambientazione fondamentale. Infatti sei stato smentito.
>
>>> perche' uno statunitense dovrebbe leggere tex,
>>> quando il western e' un genere autoctono?
>> Perche' Tex e' un fumetto migliore di Rawhide Kid?
>
> le premesse, al novanta per cento dei lettori, bastano per rendere tex
> un fumetto peggiore di rawhide kid
>
> perche', checche' tu ne possa pensare, la qualita' di un fumetto e'
> percepita' anche inconsciamente dall'onesta' che traspare dalla
> lettura:
> e un autore che racconta per sentito dire, per fantasie,
> senza essere vissuto realmente nel luogo di cui racconta, produce
> storie meno oneste di uno che racconta il luogo in cui vive, e di
> questo, ne sono certo, i lettori se ne accorgono
Quante certezze.
> perche' gli stati uniti che posso raccontare io, che vivo un paese
> latino e non in uno anglosassone, sono per forza di cose vittime dello
> stereotipo (che puo' essere culturale o personale, ma sempre tale
> resta), e, al di la' del giudizio morale legato a questo stereotipo,
> salvo rare eccezioni, il lettore ne percepisce la presenza
>
>
>
>>> perche' dovrei leggere un
>>> fumetto seriale ambientato in italia, con protagonisti italiani, di
>>> autori giapponesi (a meno di caratteristiche particolari)?
>> Perche' acquistare un fumetto "giapponese" scritto e disegnato da
>> professionisti italiani? Eppure...
>
> di cosa parli?
> degli spaghetti-manga?
> mi sembra che questi siano una delle dimostrazioni piu' convincenti
> alla mia tesi
Dimostrazioni che infatti la smentiscono. Se i manga all'italiana esistono
qualcuno li produce perche c'e' gente che li compra: ma dal tuo punto di
vista nessuno dovrebbe acquistarli.
> parli di boilet? parli di igort?
> non fanno "finti-veri-manga", ma fanno il loro manga, e si rientra nel
> regno di quelle caratteristiche particolari che creano l'eccezione
>
>
>
>>> la scelta categorica di ambientazioni estere e' una caratteristica
>>> tipica di bonelli e bonelliani che non ha il pari nelle major
>>> fumettistiche estere, e questo, oltre ad essere un segno della
>>> sudditanza dell'immaginario popolare fumettistico italiano, ne azzera
>>> quasi praticamente l'interesse all'estero.
>> Non direi. Ne aumenta invece il respiro internazionale.
>
> dimostrarlo: se cosi' fosse la norma sarebbe quella di film, di libri,
> di serie tv, di fumetti prodotti in un paese che racconto la realta'
> di un altro e riscotrano successo in quest'ultimo.
Come gia' esposto, i Bonelli all'estero intanto ci sono arrivati.
> quando invece e' difficile trovare esempi di opere con queste
> caratteristiche
>
>
>
>>> in qualsiasi scuola di cinema italiana la prima cosa che viene detta
>>> ad uno sceneggiatore e quella di non scrivere storie ambientate
>>> all'estero, mentre cosi' non deve essere nelle scuole di fumetto, a
>>> vedere la produzione tipica seriale italiana
>> C'e' una differenza di base tra cinema e fumetto: il primo deve rispettare
>> un budget, nella letteratura disegnata il limite e' solo la fantasia.
>
> il consiglio non e' tecnico, non e' legato a problemi produttivi,
Non e' legato a problemi produttivi? Il cinema si realizza con il denaro
non con le chiacchiere.
> ma
> di interesse per il pubblico (e probabilmente anche di orgoglio
> culturale, il che non credo sia un difetto, tutt'altro)
>
> prendi una produzione a costo minimo, ambientabile in qualsiasi luogo,
> volendolo, come una sit-com alla love bugs o camera cafe'. se davvero
> avesse aumentato il respiro internazionale, a parita' di costi,
> perche' si e' deciso di ambientarle in italia?
Citi esempi che ti auto-smentiscono. Camera Cafe nasce in Francia e cioe'
e' un programma ideato da francesi, scritto da francesi, ambientato in
Francia. Tutti elementi che, dal tuo punto di vista, avrebbero dovuto
portare la serie al successo anche all'estero.
Sarebbe dovuto bastare un semplice doppiaggio e invece cosi' non e' stato.
La serie non e' stata esportata in via diretta ma ne e' stato solo
esportato il format in diversi paesi. Quindi idea francese ma
localizzazioni in diversi paesi, ossia in luoghi diversi da quello
d'origine.
Ma non avevi appena detto che era essenziale, dal tuo punto di vista,
legare la nazionalita' degli autori a quella del luogo in cui si svolgono
le vicende?
>
>
>>> il che la dice anche lunga sulle caratteristiche del fumetto italiano
>>> di genere, che sembra muoversi con logiche proprie, fuori da quello
>>> che e' il "sentimento narrativo" del paese (che e' fatto di storie
>>> italiane al cinema, in televisione e in letteratura)
>> In letteratura, non necessariamente. Valgono infatti le considerazioni
>> precedenti espresse per il fumetto, ossia letteratura disegnata.
>
> eh?
> mi sembra ovvio che qui usassi il termine letteratura per indicare
> quella non disegnata
Non direi.
> -- Date: Mon, 16 Apr 2007 09:18:30 +0200
> -- NG: it.arti.fumetti
> -- From: un eternauta
>
>> Ti pare che un americano si vada a leggere le storie di un gruppo di
>> "supereroi" scritte da un autore inglese come Alan Moore, disegnate da un
>> inglese come Dave Gibbons, ambientate a New York, con forti critiche alla
>> societa' americana?
>
> Per la serie "se un fumetto è bello, prima o poi avrà il successo che
> merita". Cosa senz'altro vera. Ma quei due inglesi scrivevano per la DC,
> non per una 'piccola' casa editrice estera, e il loro prodotto (in quel
> caso superbo) ebbe la pubblicità che meritava.
> Perchè un prodotto, seppur buono, se nessuno lo conosce difficilmente
> avrà un gran successo nel breve periodo,
Difficile conoscere se non si compra.
> e senza un ritorno economico
> accettabile l'editore, già 'piccolo', dovrà cessarne le pubblicazioni o
> diradarne le uscite o limitare le novità...
> Imho l'ambientazione conta il giusto, come dicevi tu, ma a sostegno di
> un buon prodotto ci deve anche essere una strategia di marketing che,
> per la SergioBonelli, non c'è. O se c'è, è sbagliata.
O piu' semplicemente un prezzo dei fumetti concorrenziale.
E allora perche' lo vorresti? Vorresti vederlo prodotto ma poi lo faresti
leggere agli altri, "guardandoti bene dal leggerlo".
Un po' di coerenza per favore.
> On 16 Apr, 09:18, un eternauta <edun2eternauta5effe...@tiscali.net>
> wrote:
>> Ti pare che un americano si vada a leggere le storie di un gruppo di
>> "supereroi" scritte da un autore inglese come Alan Moore, disegnate da un
>> inglese come Dave Gibbons, ambientate a New York, con forti critiche alla
>> societa' americana?
>
> pensate e pubblicate direttamente per il pubblico statunitense, da
> autori anglosassoni?
>
> mi sembra che sia una cosa un po' diversa dalle storie di un autore
> mediterraneo, ambientate negli stati uniti, per il pubblico italiano
Prima l'ambientazione. Poi l'ambientazione collegata alla nazionalita' di
chi scrive. Poi, venendo smentiti, si cambiano le specificazioni.
Rinnovo l'invito ad una maggiore coerenza.
> cmq, l'ambientazione non c'entra nulla? anzi, aumenta il respiro
> internazionale delle storie?
> porta dei titoli ad esempio, e numerosi, perche' se cosi' fosse questa
> sarebbe la norma
L'esempio e' quello su cui verte il messaggio, ossia la diffusione dei
fumetti Bonelli all'estero.
O ti risultano forse fumetti seriali con ambientazione italiana -- per te
essenziale -- diffusi all'estero?
> il formato editoriale e il prezzo sono fondamentali?
> d'accordo, spiega perche' dovremmo negare la realta' dei fatti che
> vedono i manga arrivare al successo nel momento in cui si sono
> allontanati dalla pubblicazione in comic book, aumentando nel comtempo
> il prezzo finale
Messaggio originario.
> un eternauta <edun2eterna...@tiscali.net> ha scritto:
>
>>> La cosa mi lascia, pero', un dubbio.
>>> Attualmente i prezzi del materiale mainstream statunitense venduto
>>> nelle edicole italiane sono piu' bassi del corrispondente in lingua
>>> originale, oltre a esser molto variegati (e qui potrebbe stare la
>>> chiave). E tutto questo a fronte di tirature e vendite piu' basse.
>> Piu' basse rispetto a cosa esattamente?
>
> Del corrispondente materiale originale, pensavo si capisse.
> Di un fattore che va da 5 a 10, e forse anche oltre.
> Ergo: in Italia pubblichiamo materiale mainstream statunitense tradotto a un
> prezzo minore dell'originale,
Come e' giusto che sia visto che si tratta di materiale tradotto e non
prodotto.
> nonostante la tiratura sia minore di quella
> originale.
> Negli Stati Uniti pubblicano materiale mainstream italiano tradotto, a
> tiratura piu' bassa di quella italiana, a un prezzo maggiore di quello
> originale.
Sempre al prezzo dei Bonelli all'estero si ritorna.
> Da qualche parte deve esserci un elemento che spiega l'asimmetria.
Come detto nel messaggio, l'anomalia e' rappresentata dal numero di pagine:
mensili di 24 pagine contro mensili di 100 pagine. E dalle ricadute sui
costi.
>>> Perche', allora, la situazione non e' simmetrica? Una possibile
>>> risposta potrebbe essere per l'appunto la caratteristica italiana di
>>> non associare un prezzo preciso a un preciso formato, ma di essere
>>> molto elastici in merito (ho una limitata percezione dei mercati
>>> esteri, ma la loro elasticita' in questione mi sembra minore).
>> Che cosa intendi?
>
> Che per varie proposte con lo stesso formato, in Italia la forbice sul
> prezzo e' piu' ampia.
E quindi come rileva questo sui mercati esteri?
>>> Poi, forse, bisogna anche tener conto delle caratteristiche della,
>>> diciamo "strategia produttiva e commerciale" Bonelli, forse piu'
>>> centrata sul mercato interno e su una produzione di tipo
>>> simil-artigianale piuttosto che industriale.
>> Non sono d'accordo. Non si puo' definire simil-artigianale un'impresa che
>> produce centinaia di pagine inedite al mese e fattura milioni di euro.
>
> Perche' ragioni sui volumi e non sulle metodologie di lavoro.
> E non sto parlando di stampa e fattura fisica dell'albo, quanto del processo
> che sta dietro alla produzione delle storie. E alla loro commercializzazione.
>
>>> Insomma, ancora una volta
>>> non ho informazioni, ma non credo che abbiano un ufficio marketing in
>>> senso stretto.
>> Fare marketing all'estero e' molto dispendioso. Comunque, non c'e'
>> pubblicita' che tenga se il pubblico straniero ha la percezione di pagare
>> un prezzo troppo alto per un albo Bonelli tradotto.
>
> Marketing non e' solo pubblicita'. E' un mondo che va molto oltre. Per
> esempio, tocca anche il profiling.
Non investono in pubblicita' figurarsi su indagini di mercato. E comunque,
il miglior marketing resta il passaparola: ma non puo' iniziare se prima il
fumetto non viene acquistato.
Magari non piace a te, ma Julia è un grande fumetto.
Neppure questo è in contraddizione, anzi apporta un ulteriore tassello
al quadro generale; certamente c'è stato il caso a dir poco
incredibile del Capitan Marvel della Fawcett (come si farà a dare
certe sentenze?), certamente, per fare un altro esempio, la Marvel
lanciava nuovi personaggi su periodici-contenitore perchè le sue
uscite erano limitate dal distributore (la DC appunto), ci sarà stato
anche altro anzi il discorso è interessante.
Ma i supereroi che ebbero successo lo ebbero anche per merito degli
autori, che non si limitavano a mostrare l'esplosione di una stella
dalla quale si sentiva un "Ehi ... sono nato", per poi far spuntare
fuori un supereroe volante con tanto di tuta, cultura media ed uso
dell'inglese incorporato (questa storia esiste davvero, l'ho vista su
non-ricordo-quale sito internet); anzi, crearono storie innovative
rispetto alle precedenti. Quindi (aggiungiamo pure quanto riportato
all'inizio) il ragionamento è corretto.
Saluti.
GM
>Ma i supereroi che ebbero successo lo ebbero anche per merito degli
>autori, che non si limitavano a mostrare l'esplosione di una stella
>dalla quale si sentiva un "Ehi ... sono nato", per poi far spuntare
>fuori un supereroe volante con tanto di tuta, cultura media ed uso
>dell'inglese incorporato (questa storia esiste davvero, l'ho vista su
>non-ricordo-quale sito internet); anzi, crearono storie innovative
>rispetto alle precedenti.
Oggi non devi neanche fare grossi sforzi. Il personaggio dice "Ciao sono
Gino, ma mi chiamano Hytok. Sono un mutante" ed ecco fatto.
Me la spieghi, per favore?
Hytok mi sembrava un bel nome per un mutante. Niente di personale.
In libreria, nella versione paperback che raccoglie storie che in albetto
singolo hanno già venduto un centomila copie.
Se sono d'accordo sul discorso in generale, cioè i manga vendono tantissimo
nelle librerie di varia e probabilmente nelle catene della grande
distribuzione, alcuni fumetti americani vendono (nel complesso) ancora di
più.
> Questo non spiega il successo che i manga riscuotono ovunque arrivino.
Beh, il fatto che siano spesso le versioni cartacee di cartoni di successo
aiuta.
O anche che le giovani generazioni del mondo intero, sono cresciute con dei
cartoon che se non sono jappo di originene copiano cmq l'estetica.
Non è meglio spendere 5 volte tanto e avere dei buoni fumetti?
--
Ciao, Mauro.
Le storie sono il collante del mondo.
Jane Yolen.
i manga, dieci anni fa, negli stati uniti, venivano pubblicati come tu
vorresti far pubblicare i bonelli, e non vendevano un cazzo
ora vengono pubblicati come tu non vorresti che venissero pubblicati i
bonelli, e sono i fumetti piu' venduti
hai qualche altro coniglio dal cappello da estrarre per negare questo
dato di fatto?
>Certamente, ma le due cose non si contraddicono: prima l'ecatombe e
>poi, calmatesi le acque, a partire dal 1959 nella DC Comics, questo
>nuovo fenomeno che costruisce un nuovo panorama sulle macerie del
>precedente.
Il che significa che il mercato e' stato modificato perche' "drogato",
non per diretto merito delle testate superomistiche.
Non posso parlar tanto di meriti miei se prima si e' provveduto ad
azzoppare tutti i miei avversari...
--
Buon cammino!
il_pellegrino
"Leggo per legittima difesa." - Woody Allen
non sarebbe questo simile a cio' che furono i porno di barbieri?
e non fu quella una stagione migliore per il fumetto di produzione
italiana di quanto sia quella attuale?
non poterono li' (e in luoghi assimilabili) farsi le ossa tanti autori
che poi si affermarono? altrimenti dove la fanno la gavetta i
fumettisti?
le serie popolari a costi bassi sono necessarie alla gavetta, appunto,
dove un fumettista puo' imparare il mestiere e sopravvivere per
crescere a livello lavorativo (o dal punto di vista della
soddisfazione artistica, o di quella economica, entrambe attuabili
solo in un mercato maturo)
quello di cui parli tu, di serie dal costo "elevato", commisurato allo
sforzo artistico, sarebbe un'offerta ulteriore in un mercato simile,
mentre, in assenza delle prime caratteristiche, lo stesso discorso non
funzionerebbbe: perche' dovrei pagare salato il prodotto di un
esordiente che ancora non padroneggia il mezzo?
l'ho scritto il perche': perche' questo significherebbe un mercato
sano e diffuso, che creerebbe lo spazio per le produzioni di nicchia
che mi interessano
ma a chi vendono?
qui mi ricollego al giudizio che avevo dato precedentemente: un copia
venduta in libreria, dal punto di vista culturale e di mercato (non
inteso come mero sfruttamente economico) vale dieci copie vendute in
un comic shop
senza contare che centomila copie vendute di un albo dal previews non
corrispondono a centomila acquirenti, sarebbe interessante scoprire
qual e' la percentuale di invenduto per fare stime precise
>> Da qualche parte deve esserci un elemento che spiega l'asimmetria.
>Come detto nel messaggio, l'anomalia e' rappresentata dal numero di pagine:
>mensili di 24 pagine contro mensili di 100 pagine. E dalle ricadute sui
>costi.
Continua a non spiegare l'asimmetria.
Stai ragionando sul prezzo in confronto alla media di mercato di
quella nazione e non sul prezzo rispetto a quello del materiale
originale. In quel caso il numero di pagine non c'entra. In entrambi i
casi abbiamo:
- la riduzione della tiratura;
- le spese limitate all'adattamento del materiale, all'acquisto dei
diritti e alla stampa, quindi al packaging e non alla produzione vera
e propria dell'opera.
Eppure, in un caso il prodotto adattato costa meno dell'originale (e
NON, ripeto NON, in riferimento alla media di mercato) e nell'altro
no.
>> Che per varie proposte con lo stesso formato, in Italia la forbice sul
>> prezzo e' piu' ampia.
>E quindi come rileva questo sui mercati esteri?
Rileva che per un certo formato viene accettato un certo prezzo, con
una forbice di un paio di dollari: di piu' significa "troppo costoso",
di meno "se lo hanno messo a quel prezzo dev'essere davvero scarso".
Mentre da noi proposte dello stesso formato possono varieare nel
prezzo di una forbice di svariati euro.
Ma, ripeto, e' solo una mia impressione per quello che ho potuto
vedere, quindi potrebbe esser smentita dai fatti.
>> Marketing non e' solo pubblicita'. E' un mondo che va molto oltre. Per
>> esempio, tocca anche il profiling.
>Non investono in pubblicita' figurarsi su indagini di mercato.
E quindi, come ho detto, non hanno un reparto di marketing.
Decisamente artigianale, non trovi?
In una filosofia di lavoro piu' imprenditoriale (Marvel, DC) il
profiling ha un suo bel peso.
io ti invito semplicemente a guardare la luna, invece del dito che la
indica
> > cmq, l'ambientazione non c'entra nulla? anzi, aumenta il respiro
> > internazionale delle storie?
> > porta dei titoli ad esempio, e numerosi, perche' se cosi' fosse questa
> > sarebbe la norma
> L'esempio e' quello su cui verte il messaggio, ossia la diffusione dei
> fumetti Bonelli all'estero.
cioe', la diffusione che tu affermi scarsa dei fumetti bonelli e'
l'esempio che le ambientazioni "artefatte" aumentano il respiro
internazionale delle storie?
c'e' qualcosa che non mi torna, se cosi' fosse i bonelli dovrebbero
essere diffusissimi all'estero
> O ti risultano forse fumetti seriali con ambientazione italiana -- per te
> essenziale -- diffusi all'estero?
ti risultato fumetti seriali italiani con ambientazione italiana?
(il riflesso della luna brilla sempre piu' sfavillante sull'unghia del
mio indice)
> > il formato editoriale e il prezzo sono fondamentali?
> > d'accordo, spiega perche' dovremmo negare la realta' dei fatti che
> > vedono i manga arrivare al successo nel momento in cui si sono
> > allontanati dalla pubblicazione in comic book, aumentando nel comtempo
> > il prezzo finale
> Messaggio originario.
ovvero e' una realta' che non puo' essere negata?
(sai com'e', nel messaggio originario non c'e' scritto niente a
riguardo, ma in generale si afferma il contrario della realta')
smentito da cosa?
credo che tu abbia dei problemi di logica: affermare che sono
preferite storie di produzione straniera con ambientazione relativa al
paese di produzione e' un corollario della preferenza per storie con
ambientazione locale di produzione autoctona, sono due indicazione di
una proposizione logica generale che indica la corrispondenza tra
produzione e ambientazione
> > di cosa parli?
> > degli spaghetti-manga?
> > mi sembra che questi siano una delle dimostrazioni piu' convincenti
> > alla mia tesi
> Dimostrazioni che infatti la smentiscono. Se i manga all'italiana esistono
> qualcuno li produce perche c'e' gente che li compra: ma dal tuo punto di
> vista nessuno dovrebbe acquistarli.
e infatti gli spaghetti-manga non esistono
sono esistiti, per un breve periodo di tempo (pochi mesi), e nessuno
li produce piu', perche' la gente che li acquistava era talmente poca
da poter affermare con certezza (anche da parte di chi tento'
l'esperimento) che per tale prodotto non c'era nessun interesse
> > dimostrarlo: se cosi' fosse la norma sarebbe quella di film, di libri,
> > di serie tv, di fumetti prodotti in un paese che racconto la realta'
> > di un altro e riscotrano successo in quest'ultimo.
> Come gia' esposto, i Bonelli all'estero intanto ci sono arrivati.
e i bonelli arrivati all'estero sarebbero l'esempio di come episodi
simili siano la norma?
hai un concetto un po' vago di diffusione di un fenomeno
poi deciditi, i bonelli all'estero sono o non sono un successo?
se non sono un successo, non dimostrano un bel niente
> Citi esempi che ti auto-smentiscono. Camera Cafe nasce in Francia e cioe'
> e' un programma ideato da francesi, scritto da francesi, ambientato in
> Francia. Tutti elementi che, dal tuo punto di vista, avrebbero dovuto
> portare la serie al successo anche all'estero.
quando ho mai affermato che questi sono elementi garanzia di successo?
semmai ho detto che gli elementi opposti (produzione e ambientazione
non collegate) sono una buona strada verso l'insuccesso all'estero
> La serie non e' stata esportata in via diretta ma ne e' stato solo
> esportato il format in diversi paesi. Quindi idea francese ma
> localizzazioni in diversi paesi, ossia in luoghi diversi da quello
> d'origine.
ti conviene ripassare la differenza tra concetto e ambientazione,
format e location
> Ma non avevi appena detto che era essenziale, dal tuo punto di vista,
> legare la nazionalita' degli autori a quella del luogo in cui si svolgono
> le vicende?
certo, perche' camera cafe' in italia lo scrivono autori francesi, e
il camera cafe' francese e' identico a quello italiano
secondo te perche' i format televisivi si adattano e non si doppiano?
Non so. Nel conto delle librerie della Nielsen reintrano anche i grandi
magazzini. Il tuo discorso sul valore culturale non so quanto valga.
>senza contare che centomila copie vendute di un albo dal previews non
>corrispondono a centomila acquirenti, sarebbe interessante scoprire
>qual e' la percentuale di invenduto per fare stime precise
L'invenduto č ormai minimo. I negozianti, tra grosse scottature in passato e
possibilitŕ di riordino, ormai prendono solo quelle che sanno di vendere.
culturale non nel senso di intellettuale, ma di appartenenza alla
cultura (diffusa) di un paese
vendere nei grandi magazzini ha un valore immensamente piu' grande, da
questo punto di vista, che vendere in un comic shop, perche' da un
lato c'e' un luogo di frequentazione eterogenea e di massa, dall'altra
un ghetto intellettuale (qui si') e in parte anche sociale
Più che "drogato" direi "demolito", comunque va detto che tra le
vittime della ridicola "caccia alle streghe" degli anni '50 ci furono
anche i supereroi, che dovettero poi ripartire daccapo salvo Superman-
Batman-Wonder Woman.
E per fortuna che grazie a Lee & Kirby la DC non riuscì ad azzoppare
anche la Marvel.
Ma come spiegavo prima nel rispondere ad Andy Roid anche chi rilanciò
Flash e Lanterna Verde (mi riferisco agli autori) aveva dei meriti nel
rinnovare radicalmente il settore.
Che poi il mercato alla fine sia stato monopolizzato da pochi, che gli
altri generi di fumetto siano scomparsi o si siano ridotti, che
qualsiasi tipo di fumetto europeo di lì non passi, che testate e
personaggi dopo decenni non siano più gli stessi (in peggio) e che
tutto questo sia un male, bè, si può concordare.
Saluti.
GM
>E per fortuna che grazie a Lee & Kirby la DC non riuscì ad azzoppare
>anche la Marvel.
Difficile, visto che il primo Fantastic Four e' del '61, quando il
grosso del danno era stato ormai fatto.
>Ma come spiegavo prima nel rispondere ad Andy Roid anche chi rilanciò
>Flash e Lanterna Verde (mi riferisco agli autori) aveva dei meriti nel
>rinnovare radicalmente il settore.
La storia non si fa coi se e coi ma, quindi ci teniamo quello che
abbiamo, ma sarei stato curioso di vedere, senza il polverone-Wertham,
chi avrebbe davvero rinnovato il settore.
Soprattutto contando che la concezione DC del fumetto (in senso
soprattutto professionale) nei primi '50 era obsoleta, mentre quella
di Gaines moderna.
Quindi come agiresti per far aumentare la diffusione dei Bonelli
all'estero?
> Ma, ripeto, e' solo una mia impressione per quello che ho potuto
> vedere, quindi potrebbe esser smentita dai fatti.
>
>>> Marketing non e' solo pubblicita'. E' un mondo che va molto oltre. Per
>>> esempio, tocca anche il profiling.
>>Non investono in pubblicita' figurarsi su indagini di mercato.
>
> E quindi, come ho detto, non hanno un reparto di marketing.
Su questo ne dubito, certo gli investimenti latitano. Bisogna vedere se per
scelta o per ragioni economiche.
> Decisamente artigianale, non trovi?
Il marketing e' importante ma, secondo me, prima di tutto viene il
prodotto. E francamente non mi pare che per una casa che abbia un livello
di produzione come quello della Bonelli si possa parlare di "artigianato".
> In una filosofia di lavoro piu' imprenditoriale (Marvel, DC) il
> profiling ha un suo bel peso.
Ma contano anche le risorse a cui possono accedere.
Auspica un fumetto nazionale popolare, scritto da italiani e ambientato in
Italia. Solo per gli "altri" pero', per la "massa".
Lui naturalmente preferisce le produzioni "di nicchia".
Ennesima contraddizione. Un'incongruenza questa, piu' sgradevole di quelle
mostrate finora, considerandone il disgustoso snobismo sotteso.
Il classismo di chi si riempie la bocca "parlando" -- per modo di dire,
visto che tuttora latita un parere definito -- di fumetti Bonelli e poi, in
edicola, li schizza a prescindere e passa oltre. Probabilente ai fumetti
stranieri, condannati pubblicamente e letti nel segreto del proprio
privato.
> On 17 Apr, 13:00, un eternauta <edun2eternauta5effe...@tiscali.net>
> wrote:
>>> pensate e pubblicate direttamente per il pubblico statunitense, da
>>> autori anglosassoni?
>>> mi sembra che sia una cosa un po' diversa dalle storie di un autore
>>> mediterraneo, ambientate negli stati uniti, per il pubblico italiano
>> Prima l'ambientazione. Poi l'ambientazione collegata alla nazionalita' di
>> chi scrive. Poi, venendo smentiti, si cambiano le specificazioni.
>> Rinnovo l'invito ad una maggiore coerenza.
>
> io ti invito semplicemente a guardare la luna, invece del dito che la
> indica
A forza di guardare la luna sei caduto in un pozzo di contraddizioni da cui
non riesci piu' ad uscire.
>
>
>>> cmq, l'ambientazione non c'entra nulla? anzi, aumenta il respiro
>>> internazionale delle storie?
>>> porta dei titoli ad esempio, e numerosi, perche' se cosi' fosse questa
>>> sarebbe la norma
>> L'esempio e' quello su cui verte il messaggio, ossia la diffusione dei
>> fumetti Bonelli all'estero.
>
> cioe', la diffusione che tu affermi scarsa dei fumetti bonelli e'
> l'esempio che le ambientazioni "artefatte" aumentano il respiro
> internazionale delle storie?
> c'e' qualcosa che non mi torna,
Nel tuo pensiero sull'argomento, ancora ignoto, sicuramente.
> se cosi' fosse i bonelli dovrebbero
> essere diffusissimi all'estero
>
>
>> O ti risultano forse fumetti seriali con ambientazione italiana -- per te
>> essenziale -- diffusi all'estero?
>
> ti risultato fumetti seriali italiani con ambientazione italiana?
> (il riflesso della luna brilla sempre piu' sfavillante sull'unghia del
> mio indice)
La luna risplende sulla pozzanghera delle tue contraddizioni e continui
ripensamenti.
>
>
>>> il formato editoriale e il prezzo sono fondamentali?
>>> d'accordo, spiega perche' dovremmo negare la realta' dei fatti che
>>> vedono i manga arrivare al successo nel momento in cui si sono
>>> allontanati dalla pubblicazione in comic book, aumentando nel comtempo
>>> il prezzo finale
>> Messaggio originario.
>
> ovvero e' una realta' che non puo' essere negata?
La realta' che, dal tuo punto di vista, dovrebbe mostrare come i Bonelli
possano aumentare la loro diffusione all'estero rimane un arcano. Guai a
chi tenti di svelarlo!
> (sai com'e', nel messaggio originario non c'e' scritto niente a
> riguardo, ma in generale si afferma il contrario della realta')
Leggi meglio.
Fingendo di sorvolare sul gergo da trivio e sui toni sopra le righe,
dovresti ancora spiegarci per quali oscuri motivi i manga, scritti da
giapponesi ed ambientati in Giappone, vendono ovunque arrivino.
Il mio punto di vista sulla diffusione dei Bonelli all'estero l'ho
concretamente espresso. Il tuo ancora lo stiamo aspettando. Sempre che, tra
mille contraddizioni e frettolose smentite, tu ne abbia davvero uno.
> On 17 Apr, 13:00, un eternauta <edun2eternauta5effe...@tiscali.net>
> wrote:
>>>>> tolte rare eccezioni, il pubblico fruisce storie ambientate nel
>>>>> proprio paese prodotte nel paese stesso, non le cerca di certo in
>>>>> produzioni estere.
>>>> Questo non spiega il successo che i manga riscuotono ovunque arrivino.
>>> infatti doveva spiegare perche' le serie che scimmiottano generi
>>> altrui non hanno successo nel luogo di quegli altrui
>>> e nemmeno nega il successo riscosso dai manga
>> Le doveva spiegare dal punto di vista di chi, come te, considera
>> l'ambientazione fondamentale. Infatti sei stato smentito.
>
> smentito da cosa?
> credo che tu abbia dei problemi di logica: affermare che sono
> preferite storie di produzione straniera con ambientazione relativa al
> paese di produzione e' un corollario della preferenza per storie con
> ambientazione locale di produzione autoctona, sono due indicazione di
> una proposizione logica generale che indica la corrispondenza tra
> produzione e ambientazione
"Corrispondenza" le cui benefiche ricadute sull'export devi ancora
illustrare.
>>> di cosa parli?
>>> degli spaghetti-manga?
>>> mi sembra che questi siano una delle dimostrazioni piu' convincenti
>>> alla mia tesi
>> Dimostrazioni che infatti la smentiscono. Se i manga all'italiana esistono
>> qualcuno li produce perche c'e' gente che li compra: ma dal tuo punto di
>> vista nessuno dovrebbe acquistarli.
>
> e infatti gli spaghetti-manga non esistono
Gia', ora i manga all'italiana non esistono, anzi non sono mai esistiti,
era solo un sogno...
> sono esistiti, per un breve periodo di tempo (pochi mesi), e nessuno
> li produce piu', perche' la gente che li acquistava era talmente poca
> da poter affermare con certezza (anche da parte di chi tento'
> l'esperimento) che per tale prodotto non c'era nessun interesse
>
>
>
>>> dimostrarlo: se cosi' fosse la norma sarebbe quella di film, di libri,
>>> di serie tv, di fumetti prodotti in un paese che racconto la realta'
>>> di un altro e riscotrano successo in quest'ultimo.
>> Come gia' esposto, i Bonelli all'estero intanto ci sono arrivati.
>
> e i bonelli arrivati all'estero sarebbero l'esempio di come episodi
> simili siano la norma?
Quale sia la norma alla base del tuo discorso e' ancora un mistero.
> hai un concetto un po' vago di diffusione di un fenomeno
>
> poi deciditi, i bonelli all'estero sono o non sono un successo?
> se non sono un successo, non dimostrano un bel niente
>
>
>
>
>> Citi esempi che ti auto-smentiscono. Camera Cafe nasce in Francia e cioe'
>> e' un programma ideato da francesi, scritto da francesi, ambientato in
>> Francia. Tutti elementi che, dal tuo punto di vista, avrebbero dovuto
>> portare la serie al successo anche all'estero.
>
> quando ho mai affermato che questi sono elementi garanzia di successo?
> semmai ho detto che gli elementi opposti (produzione e ambientazione
> non collegate) sono una buona strada verso l'insuccesso all'estero
E qui lo spettacolo puro. Di fronte all'evidente contraddizione fatta
notare nel tuo ragionamento la risposta e' negare l'evidenza della tesi di
base sostenuta con forza fino a poco prima.
Dimostrazione di scarsa serieta'.
>
>> La serie non e' stata esportata in via diretta ma ne e' stato solo
>> esportato il format in diversi paesi. Quindi idea francese ma
>> localizzazioni in diversi paesi, ossia in luoghi diversi da quello
>> d'origine.
>
> ti conviene ripassare la differenza tra concetto e ambientazione,
> format e location
Ti converrebbe citare esempi diversi, non esempi che ti auto smentiscono.
>
>
>
>> Ma non avevi appena detto che era essenziale, dal tuo punto di vista,
>> legare la nazionalita' degli autori a quella del luogo in cui si svolgono
>> le vicende?
>
> certo, perche' camera cafe' in italia lo scrivono autori francesi, e
> il camera cafe' francese e' identico a quello italiano
>
> secondo te perche' i format televisivi si adattano e non si doppiano?
Sulla base dei tuoi ragionamenti, ammesso che non siano gia' cambiati,
dovresti spiegarlo tu.
>> e infatti gli spaghetti-manga non esistono
>
> Gia', ora i manga all'italiana non esistono, anzi non sono mai
> esistiti,
> era solo un sogno...
potresti fare dei nomi cosě vediamo se parliamo la stessa lingua?
bye Gramin
> Fingendo di sorvolare sul gergo da trivio e sui toni sopra le righe,
> dovresti ancora spiegarci per quali oscuri motivi i manga, scritti da
> giapponesi ed ambientati in Giappone, vendono ovunque arrivino.
per vari motivi che si sommano, i principali sono:
1) lavoro di gruppo, non arrivano solo i fumetti ma sono accompagnati da
materiale correlato di altri media (anime, videogiochi) che allarga la
base così come in Italia il boom dell'Uomo Ragno e dei supereroi Marvel
si è avuto prima con i cartoni e anche in seguito è bastata una canzone
che solo lo citava per risvegliare l'interesse
2) coprono un target che le altre grandi aree fumettistiche hanno
tralasciato, il sesso femminile.
è inutile che mi citi esempi di fumetto per ragazze dei comics, BD o
italiani, lo so che esistono ma in una percentuale così minima che
scompaiono alla vista delle potenziali lettrici
3) coprono generi diversi pur nella loro ripetitività che anche in
questo caso dagli altri non sono stati considerati (commedia scolastica,
commedia sportiva...)
4) sono stati presentati (in tutti i mercati) come un blocco unico e
grazie ad uno stile di disegno abbastanza omogeneo e contemporaneamente
ai differenti generi e al fatto che hanno un inizio ed una fine hanno
creato un blocco di acquirenti che non è interessato ad uscirne ma a
ricercarne continuamente dentro questo il prossimo fumetto da seguire
bye Gramin
> Magari non piace a te, ma Julia è un grande fumetto.
Se fosse grande, venderebbe anche all'estero. :-)
--
an
Andy Roid
at Work
:-))
ma quando uno scrive:
"Gia', ora i manga all'italiana non esistono, anzi non sono mai
esistiti, era solo un sogno..."
senza nemmeno rendersi conto che appena sotto c'e' una frase che ha
lasciato quotata che recita:
"sono esistiti, per un breve periodo di tempo (pochi mesi), e nessuno
li produce piu', perche' la gente che li acquistava era talmente poca
da poter affermare con certezza (anche da parte di chi tento'
l'esperimento) che per tale prodotto non c'era nessun interesse"
i casi sono due: o e' talmente stupido da litigare tra quello che
pensa e quello che non capisce, oppure e' un troll
in entrambi i casi, e' inutile e controproducente dargli corda
negli stati uniti pero' non e' proprio cosi': la percentuale di manga
legati ad una serie televisiva non solo non e' totalitaria, ma nemmeno
maggioritaria
a vedere il volume dei titoli pubblicati sembra che, per la maggior
parte, semplicemente vendano ad un pubblico tradizionalmente ignorato
dal fumetto mainstream statunitense: le ragazze (shojo e shounen-ai
sono i genere piu' diffusi)
> O anche che le giovani generazioni del mondo intero, sono cresciute con dei
> cartoon che se non sono jappo di originene copiano cmq l'estetica.
chiedo l'intervento di qualcuno piu' esperto di me in materia (kuma,
ti invoco), ma come nel fumetto, nel cinema e in mille altri campi
anche per il mercato dei cartoni animati negli stati uniti c'e' sempre
stato poco spazio per le produzioni estere
sicuramente ultimamente le cose sono cambiate, ma sinceramente non so
se nella stessa misura del fumetto (dove l'ingerenza del manga e'
preponderante) o in minor peso (propenderei per questa ipotesi)
cosi come, seppure non mi voglia sbilanciare sulle date, l'arrivo
sistematico (piccolo o grande che sia) dei cartoni animati giapponesi
negli stati uniti e' di certo posteriore allo stesso fenomeno in
italia (direi anni novanta invece di anni settanta)
poi sinceramente l'estetica "mangoide" dei prodotti non giapponesi
(dagli stati uniti alla francia) in realta' mi sembra abbia poco a che
spartire con quanto il manga sia in realta', non sufficientemente
secondo me a creare l'abitudine (o la consuetudine) nel pubblico al
prodotto giapponese reale
> Difficile, visto che il primo Fantastic Four e' del '61, quando il> grosso del danno era stato ormai fatto.
Si, ma riuscirono a resistere, riorganizzarsi, poi a presentare nuovi
personaggi come Hulk, Iron Man o vecchi come Cap e Sub-Mariner in
testate dove ne presentavano due per volta (aggirando i limiti imposti
dalla distribuzione Dc all'espansione dei loro albi).
> La storia non si fa coi se e coi ma, quindi ci teniamo quello che> abbiamo, ma sarei stato curioso di vedere, senza il polverone-Wertham,> chi avrebbe davvero rinnovato il settore.
Chissà.
Saluti.
GM
In parte vero, in parte no. Nel passato alcune serie sono arrivate da loro
anche se in versione rimaneggiata (Speed Racer, i Gatchaman), in tempi
recenti i film di Myiazaki e il successo di robe tipo Pokemon e succedanei,
hanno aperto le porte a molti prodotti giappo. E Dragonball e Naruto sono
dei successoni anche lì.
> cosi come, seppure non mi voglia sbilanciare sulle date, l'arrivo
> sistematico (piccolo o grande che sia) dei cartoni animati giapponesi
> negli stati uniti e' di certo posteriore allo stesso fenomeno in
> italia (direi anni novanta invece di anni settanta)
Vero. Infatti gli americani sui trenta ancora comprano Marvel, DC e
compagnia.
> poi sinceramente l'estetica "mangoide" dei prodotti non giapponesi
> (dagli stati uniti alla francia) in realta' mi sembra abbia poco a che
> spartire con quanto il manga sia in realta', non sufficientemente
> secondo me a creare l'abitudine (o la consuetudine) nel pubblico al
> prodotto giapponese reale
E su questo non sono d'accordo. Guarda serie come i Teen Titans, fortemente
figlia dell'estetica manga.
La consuetudine con un particolare tipo grafico che viene dai cartoni, ti
porta a ricercarlo anche nei prodotti cartacei.
[Blablabla, asimmetria, blablabla, forbice prezzi]
>
>Quindi come agiresti per far aumentare la diffusione dei Bonelli
>all'estero?
Se, e ripeto se, la questione e' davvero sui prezzi, cercherei di
capire qual e' il fattore di asimmetria e di operare su quello in modo
da avere un prodotto economico. Poi non lo distribuirei nei comic
shop, visto che in quei negozi il pubblico e' polarizzato, e punterei
al lettore casuale (davanti alle casse dei minimarket, alle stazioni,
e cosi' via).
Il cambio di formato e' stato gia' tentato (vedi alla voce Damien
Darke) e non ha funzionato.
Certo, prima dovrei capire chi sono io.
Se fossi Bonelli non farei niente (come del resto niente fanno Marvel
e DC per le pubblicazioni estere): quelli sono cavoli del
licenziatario. E' quello che importa a dover decidere formati e
prezzi. Quello che produce lo fa rivolto principalmente o
esclusivamente al mercato nazionale.
>> Decisamente artigianale, non trovi?
>Il marketing e' importante ma, secondo me, prima di tutto viene il
>prodotto. E francamente non mi pare che per una casa che abbia un livello
>di produzione come quello della Bonelli si possa parlare di "artigianato".
Si', se la filosofia di produzione (per ammissione dello stesso
Bonelli in molte interviste) lo e'.
>> In una filosofia di lavoro piu' imprenditoriale (Marvel, DC) il
>> profiling ha un suo bel peso.
>Ma contano anche le risorse a cui possono accedere.
Ma le risorse sono quelle di chi compra i diritti di pubblicazione di
un certo fumetto in un certo paese, non di chi li vende.
>> l'ho scritto il perche': perche' questo significherebbe un mercato
>> sano e diffuso, che creerebbe lo spazio per le produzioni di nicchia
>> che mi interessano
>Auspica un fumetto nazionale popolare, scritto da italiani e ambientato in
>Italia. Solo per gli "altri" pero', per la "massa".
>
>Lui naturalmente preferisce le produzioni "di nicchia".
Certo.
E' una cosa che si puo' fare quando c'e' un mercato di massa in
salute, che riesce ad assorbire potenziali fallimenti in proposte di
nicchia.
Col solo mercato di nicchia non si puo'.
> un eternauta <edun2eterna...@tiscali.net> sotto stretta
> sorveglianza ha scritto:
>>
>>Il 17 Apr 2007 10:02:25 -0700, T_PAAMAYIM_NEKUDOTAYIM ha scritto:
>>Fingendo di sorvolare sul gergo da trivio e sui toni sopra le righe,
>>dovresti ancora spiegarci per quali oscuri motivi i manga, scritti da
>>giapponesi ed ambientati in Giappone, vendono ovunque arrivino.
>>
>>Il mio punto di vista sulla diffusione dei Bonelli all'estero l'ho
>>concretamente espresso. Il tuo ancora lo stiamo aspettando. Sempre che, tra
>>mille contraddizioni e frettolose smentite, tu ne abbia davvero uno.
>
> http://groups.google.com/group/it.arti.fumetti/browse_frm/thread/7fb38a7b514fd1c6/e0a92cc763ebafc2#e0a92cc763ebafc2
Adesso e' tutto chiaro. Certo potevate anche dirmelo prima.
La definitiva conferma nella sua ultima, miserabile, replica, unica pietosa
scappatoia rimastagli nell'ovvia impossibilita' di dare un senso compiuto
ad un coacervo di incongruenze e repentini ripensamenti, esibiti
pubblicamente nell'arco di poche righe e senza un briciolo di vergogna.
In effetti, oltre al tenore delle risposte, gia' l'alias tutto in maiuscolo
era un indizio evidente e molto significativo.
> In effetti, oltre al tenore delle risposte, gia' l'alias tutto in
> maiuscolo
> era un indizio evidente e molto significativo.
Sarà quello che vuoi, però io aspetto ancora 'sti spaghetti manga (al
dente).
Ciao, Giovanni
Si ma vedi quelli non erano (in gran parte) lettori di fumetti per certi
versi erano consumatori di porno quando hanno trovato porno migliore in
rapporto qualità prezzo se ne sono andati dal fumetto.
Solo incidentalmente erano lettori di fumetti, esattamente come vi era
chi consumava fumetti per "passare il tempo".
> e non fu quella una stagione migliore per il fumetto di produzione
> italiana di quanto sia quella attuale?
Puo essere ma non dipendeva dal fumetto in quanto tale semplicemente
andava a raccattare dei "lettori" che cercavano altro e glielo vendeva
sotto forma di fumetto.
> non poterono li' (e in luoghi assimilabili) farsi le ossa tanti autori
> che poi si affermarono? altrimenti dove la fanno la gavetta i
> fumettisti?
>
Sinceramente non lo so, ho sentito che ad esempio il fumetto potrebbe
essere maggiormente usato in generi come la manualistica, la pubblicità,
la comunicazione sociale etc pero non ti saprei se questa è la via,
semplicemente non credo che possa essere un fumetto popolare non perchè
non ci possa essere il fumetto "di massa" ma perchè *non c'è* quel
pubblico (o meglio non c'è piu). Manca proprio il pubblico potenziale su
cui sviluppare il progetto
> le serie popolari a costi bassi sono necessarie alla gavetta, appunto,
> dove un fumettista puo' imparare il mestiere e sopravvivere per
> crescere a livello lavorativo (o dal punto di vista della
> soddisfazione artistica, o di quella economica, entrambe attuabili
> solo in un mercato maturo)
>
> quello di cui parli tu, di serie dal costo "elevato", commisurato allo
> sforzo artistico, sarebbe un'offerta ulteriore in un mercato simile,
> mentre, in assenza delle prime caratteristiche, lo stesso discorso non
> funzionerebbbe: perche' dovrei pagare salato il prodotto di un
> esordiente che ancora non padroneggia il mezzo?
>
Semplicemente non credo ci sia spazio per un esordiente nel settore
delle pubblicazioni "fatte male a poco prezzo", perchè il poco prezzo
non ha futuro. Credo che la sua gavetta dovra andare a farsela altrove
magari non necessariamente producendo da subito fumetti o magari non
come lavoro primario, in fondo leggendo le biografie di molti "vecchi"
autori di fumetti non è inusuale che agli inizi venissero dalla grafica
pubblicitaria, quindi un settore completamente diverso dal fumetto pur
condividendo alcune conoscenze e capacità proprie ad entrambe le
dimensioni.
Inoltre se proprio bisogna essere cinici a detta delle case editrici non
servono ora come ora disegnatori, semmai servirebbero sceneggiatori :-)
--
Ciao, Mauro.
Le storie sono il collante del mondo.
Jane Yolen.
> Dolcegramma per un eternauta!
>
> [Blablabla, asimmetria, blablabla, forbice prezzi]
>>
>>Quindi come agiresti per far aumentare la diffusione dei Bonelli
>>all'estero?
>
> Se, e ripeto se, la questione e' davvero sui prezzi,
Dubbio non da poco.
> cercherei di
> capire qual e' il fattore di asimmetria e di operare su quello in modo
> da avere un prodotto economico.
In quale modo concreto potresti ottenerlo?
> Poi non lo distribuirei nei comic
> shop, visto che in quei negozi il pubblico e' polarizzato,
Ma anche piu' esperto e, teoricamente, dovrebbe essere piu' aperto alle
nuove proposte.
>e punterei
> al lettore casuale (davanti alle casse dei minimarket, alle stazioni,
> e cosi' via).
Se i Bonelli all'estero non vengono acquistati da chi frequenta le
fumetterie come potrebbero essere venduti al pubblico generalista?
> Il cambio di formato e' stato gia' tentato (vedi alla voce Damien
> Darke) e non ha funzionato.
Io pensavo semplicemente ad una diminuzione del numero di pagine.
> Certo, prima dovrei capire chi sono io.
> Se fossi Bonelli non farei niente (come del resto niente fanno Marvel
> e DC per le pubblicazioni estere): quelli sono cavoli del
> licenziatario.
Se pero' il licenziatario vende poco alla fine non ricomprera' i diritti. O
comunque, da un altro punto di vista, i diritti si deprezzeranno.
> E' quello che importa a dover decidere formati e
> prezzi. Quello che produce lo fa rivolto principalmente o
> esclusivamente al mercato nazionale.
>
>>> Decisamente artigianale, non trovi?
>>Il marketing e' importante ma, secondo me, prima di tutto viene il
>>prodotto. E francamente non mi pare che per una casa che abbia un livello
>>di produzione come quello della Bonelli si possa parlare di "artigianato".
>
> Si', se la filosofia di produzione (per ammissione dello stesso
> Bonelli in molte interviste) lo e'.
Premettendo che non voglio convincerti del contrario, a mio avviso un
aspetto artigianale, inteso come "vecchio stampo", di Bonelli e' il
carattere della direzione, familiare e non collegiale.
Questo ha sia lati positivi che negativi.
Per il resto, l'azienda mi pare che abbia un profilo molto industriale.
>> In una filosofia di lavoro piu' imprenditoriale (Marvel, DC) il
>>> profiling ha un suo bel peso.
>>Ma contano anche le risorse a cui possono accedere.
>
> Ma le risorse sono quelle di chi compra i diritti di pubblicazione di
> un certo fumetto in un certo paese, non di chi li vende.
Parlando di Marvel e Dc mi riferivo al loro mercato nazionale.
perche' i fumetti dovrebbero essere consumati solo da chi e' un
estimatore del mezzo? un appassionato?
al cinema non ci va chiunque? un libro non lo compra chiunque? la
produzione cinematografica e' rivolta esclusivamente ai cinefeli? o la
letteratura ai bibliofili?
e' ovvio che non sia cosi', e non capisco perche' non dovrebbe essere
lo stesso anche per il fumetto.
cerco un certo tipo di storie, cerco certi personaggi? posso trovarli
al cinema, in letteratura e nel fumetto
non capisco cosa voglia dire che i lettori cercavano "altro"... altro
da cosa?
e cosa trovavano nel fumetto che non fa parte del fumetto?
se intendi espressamente il mezzo, bhe', e' proprio questo il
problema: considerare che i lettori di fumetti debbano essere
fumettofili, che vogliano leggere fumetti perche' sono fumetti e non
un altro tipo di linguaggio. che ci puo' anche stare, ma non puo'
essere l'unico pubblico cui esaurire il fumetto (come non lo e' per
gli altri linguaggi)
> semplicemente non credo che possa essere un fumetto popolare non perchè
> non ci possa essere il fumetto "di massa" ma perchè *non c'è* quel
> pubblico (o meglio non c'è piu). Manca proprio il pubblico potenziale su
> cui sviluppare il progetto
che caratteristiche ha il pubblico a cui ti riferisci?
(tanto per capire)
> Semplicemente non credo ci sia spazio per un esordiente nel settore
> delle pubblicazioni "fatte male a poco prezzo", perchè il poco prezzo
> non ha futuro.
in che senso? o meglio, in che ambito?
come ti dicevo il poco prezzo (o il prezzo giusto) e' fondamentale per
certe produzioni: non puoi aspettarti che un autore faccia la gavetta
autoproducendosi o trovando un editore pronto a investire in un
volume, o meglio, non puoi aspettarti che il pubblico si faccia carico
dei costi della gavetta dell'autore, a meno che questi costi non siano
irrisori
so che la tua teoria e' che i fumetti debbano costare di piu', ma non
sono d'accordo: il prezzo dovrebbe essere in relazione a tanti
fattori, per i quali alcuni fumetti dovrebbero costare di piu' e altri
di meno (o quanto costano adesso)
senza contare che se ci fosse solo il mercato che dici tu ogni
fumettista dovrebbe farsi carico dell'onere dell'autorialita', e cosi'
non puo' essere
un'altra considerazione su gavetta e costo dei volumi: non ti sembra
strano che la gavetta di un esordiente corrisponda allo stesso tipo di
prodotto del professionista? eppure nella tua ipotesi, senza
produzioni a basso costo, la produzione da parte dell'editore e il
prodotto finale nelle mani dell'acquirente, sarebbero gli stessi
si dovrebbe andare a vedere cosa succede altrove...
in giappone ad esempio esiste il mio modello
in francia sembra che ci sia il tuo
uno dei due paesi si deve sbagliare ;)