Scusate se è una domanda già trattata, se non fosse opportuno ripetere la
rispota sarò ben felice di ricevere un rimando a una faq o qualcosa del
genere. Grazie mille,
--
Carlos
"O Nada nostro che sei nel Nada,
sia Nada il tuo nome,
Nada il regno tuo
e sia Nada la tua volontà
così in Nada come in Nada.
Dacci oggi il nostro Nada quotidiano...
Ave, nulla pieno di nulla,
il nulla sia con te"
(E. Hemingway).
http://rael.org
cabb...@inwind.it
Evitate di scrivere cose inesistenti per rispondermi
> Salve, volevo porre una domanda probabilmente molto banale ma cui non mi
> so rispondere a proposito dell'interferenza della luce (quella tipica del
> laser che si fa in laboratorio al liceo). Quando nella figura
> d'interferenza vediamo le zone di buio vuol dire che i fotoni di fase
> opposta (è corretto dire così?) interferiscono distruggendosi?
Non direi: se vedi i fotoni sotto l'aspetto "particellare" (come sai c'è un
dualismo onda-particella nella descrizione degli elettroni), non è vero che
i fotoni di fase opposta (già che la fase non è più tanto chiara parlando di
particelle...) si distruggono. Semplicemente i fotoni lì non ci vanno!
D'altronde cosa accade laddove l'interferenza è positiva? Mica i fotoni si
accoppiano e fanno figli! Semplicemente li ci vanno anche quelli che non
vanno dall'altra parte!
In poche parole, quello che cambia è la distribuzione: invece di
distribuirsi uniformemente, i fotoni si distribuiscono secondo la figura di
interferenza, ma il loro numero totale resta invariato (e quindi l'energia
associata alla radiazione).
>Cosa
> succede alla luce distrutta? Visto che le onde EM, o i fotoni, sono
> energia, che succede a tale energia? Non si conserva? Se invece si
> conserva, come mai sparsce? Dove va? In cosa si trasforma?
Vedi sopra...
Ciao
Giacomo
> Non direi: se vedi i fotoni sotto l'aspetto "particellare" (come sai
> c'è un dualismo onda-particella nella descrizione degli elettroni),
> non è vero che i fotoni di fase opposta (già che la fase non è più
> tanto chiara parlando di particelle...) si distruggono. Semplicemente
> i fotoni lì non ci vanno! D'altronde cosa accade laddove
> l'interferenza è positiva? Mica i fotoni si accoppiano e fanno figli!
ROTFL !! Sì naturalmente, hai ragione, non ci avevo pensato.
Però mi rimane un dubbio, supponiamo di avere due laser da, chessò, 10 watt
l'uno, e che io li spari su un punto equidistante da entrambi i generatori i
quali partono con fase opposta. Allora non ci sono figure d'interferenza (o
sto sparando una bestialità?) , i due laser dovrebbero annullarsi a vicenda.
Supponiamo ad esempio che li spari con fase opposta l'uno contro l'altro,
dovrebbero giungere contemporaneamente al punto centrale e annullarsia
vicenda (su tutta la distanza da essi coperta tra l'altro.). Che fine fanno
in questo caso i 20 watt? Vuol dire forse che "per interferenza" entrambi i
laser vengono deflessi di 180° e si riversano sui propri generatori?
In nessun modo è possibile allinearli e sovrapporli con stessi verso e
direzione? Che succederebbe in questo caso?
Grazie di avermi risposto,
Carlos Bustamante Bozzi ha scritto:
> Salve, volevo porre una domanda probabilmente molto banale ma cui
> non mi so rispondere a proposito dell'interferenza della luce (quella
> tipica del laser che si fa in laboratorio al liceo). Quando nella
> figura d'interferenza vediamo le zone di buio vuol dire che i fotoni
> di fase opposta (è corretto dire così?) interferiscono distruggendosi?
Non e' corretto: non ci sono "fotoni di fase opposta", e soprattutto
l'interferenza e' faccenda di ogni singolo fotone.
Questo e' stato dimostrato da molto tempo (quasi un secolo): se fai
l'esperimento con una luce cosi' debole che nell'apparato non sia mai
presente piu' di un fotone per volta, l'interferenza c'e' ugualmente.
Il che vuol dire che *ciascun singolo fotone* sa (per cosi' dire) che
in certi posti non ci deve andare, e in altri si'.
So bene che questo e' l'aspetto piu' "indigesto" dei fenomeni
quantistici, che ha dato luogo a innumerevolidiscussioni. Ma come
fatto e' incontestabile.
> Cosa succede alla luce distrutta? Visto che le onde EM, o i fotoni,
> sono energia, che succede a tale energia? Non si conserva? Se invece
> si conserva, come mai sparsce? Dove va? In cosa si trasforma?
Giacomo Ciani ha scritto:
> In poche parole, quello che cambia è la distribuzione: invece di
> distribuirsi uniformemente, i fotoni si distribuiscono secondo la
> figura di interferenza, ma il loro numero totale resta invariato (e
> quindi l'energia associata alla radiazione).
Giusto.
Riassumendo: ciascun fotone ha una probabilita' di "atterrare" in
un punto dello schermo data dalla figura d'interferenza.
Quando i fotoni sono molti, essi si distribuiscono secondo quella
probabilita'.
Il numero di fotoni non cambia, ma si modifica solo (causa
l'interferenza) il modo come si distribuiscono.
Quindi l'energia si conserva comunque.
------------------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
------------------------------
Nelle onde E-M la figura di interferenza si forma solo se le due sorgenti
sono 'coerenti' ossia se nell'istante diciamo t=0 emettono 2 massimi o due
minimi (si ottengono da due tagli su un foglio di carta che funge da schermo
posti a distanza inferiore alla larghezza del fascio laser).
Ciao
Mario Piva I.T.C. Salvemini - BO
--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Carlos Bustamante Bozzi ha scritto:
> Perň mi rimane un dubbio, supponiamo di avere due laser da, chessň, 10
> watt l'uno, e che io li spari su un punto equidistante da entrambi i
> generatori i quali partono con fase opposta. Allora non ci sono figure
> d'interferenza (o sto sparando una bestialitŕ?) , i due laser
> dovrebbero annullarsi a vicenda.
Niente del genere.
Le due onde saranno presenti in tutti i punti intermedi fra i due
laser: in certi punti con la stessa fase, in altri con fasi opposte,
in altri in condizioni intermedie.
Percio' avrai punti dove le onde si cancellano, e altri dove si
rinforzano. A conti fatti, l'energia totale resta sempre quella, solo
che si distribuisce in modo diverso nello spazio.
Questo e' uno dei numerosi esempi dove l'intuizione puo' trarre in
inganno, mentre un'adeguata trattazione matematica risolve ogni
apparente paradosso.
Siccome la conservazione dell'energia in elettromagnetismo e' un
teorema, e lo stesso per il principio di sovrapposizione, e' sicuro
che le onde dei due laser si sommano senza disturbarsi, ma al tempo
stesso che l'energia totale resta la somma delle due.
Quindi se da qualche parte trovi piu' energia, ci sara' per forza
qualche altro posto dove ne troverai di meno.
------------------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
------------------------------
X-Mozilla-Status: 0801
X-Mo
> Nelle onde E-M la figura di interferenza si forma solo se le due
> sorgenti sono 'coerenti' ossia se nell'istante diciamo t=0 emettono 2
> massimi o due minimi (si ottengono da due tagli su un foglio di carta
> che funge da schermo posti a distanza inferiore alla larghezza del
> fascio laser).
Non e' vero che le sorgenti siano coerenti solo nei casi che dici: basta
che mantengano una relazione di fase costante.
Se ne vuoi la prova, basta inclinare il foglio di carta, in modo che
le due fenditure abbiano distanza diversa dal laser.
In quelle condizioni le fasi sono sicuramente diverse, ma
l'interferenza si vede ugualmente.
> 1
> X-Mozilla-Status2: 00000000
> User-Agent: Mozilla/5.0 (X11; U; Linux i686; en-US; rv:1.4)
> Gecko/20030624 X-Accept-Language: it, en-us, en
> In-Reply-To: <jnOqc.213669$hc5.9...@news3.tin.it>
>
> Carlos Bustamante Bozzi ha scritto:
>> Però mi rimane un dubbio, supponiamo di avere due laser da, chessò,
>> 10 watt l'uno, e che io li spari su un punto equidistante da
>> entrambi i generatori i quali partono con fase opposta. Allora non
>> ci sono figure d'interferenza (o sto sparando una bestialità?) , i
>> due laser dovrebbero annullarsi a vicenda.
> Niente del genere.
> Le due onde saranno presenti in tutti i punti intermedi fra i due
> laser: in certi punti con la stessa fase, in altri con fasi opposte,
> in altri in condizioni intermedie.
> Percio' avrai punti dove le onde si cancellano, e altri dove si
> rinforzano. A conti fatti, l'energia totale resta sempre quella, solo
> che si distribuisce in modo diverso nello spazio.
Anzitutto grazie mille per avermi risposto già due volte... se posso
approfittare ulteriormente volevo chiedere:
sto prendendo una grossa cantonata o l'onda così ottenuta è stazionaria? Se
è così, come si spiega che ci siano punti in cui l'energia è zero (nei nodi)
e che altrove i fotoni si addensino e diminuiscano periodicamente senza che
la loro energia attraversi i nodi? Insomma, se l'onda è stazionaria, vuol
dire che i fotoni stanno fermi (chiedo perdono per l'eresia...), cos'è che
non capisco?
--
Carlos
"Chi crede nell'anima non comprende il funzionamento fisico dei neuroni.
E per i propri non ha tutti i torti."
Il fatto che lo Spirito Santo ispiri le azioni criminali della Chiesa
Cattolica
- dalle Crociate all'Inquisizione alle antenne di Radio Vaticana,
alla lotta contro l'utilizzo dei preservativi -
è la prova stessa dell'inesistenza dello Spirito Santo.
E' anche la prova dell'inesistenza di molti neuroni...
http://www.thereisnogod.info
http://rael.org
cabb56SA...@hotmail.com
Allontanate i criminali prima di rivolgervi a me.
"Il numero dei fotoni non cambia", dici.
1° esperimento.
Teniamo una sola fenditura aperta, per un certo tempo, ed inviamo dalla
sorgente i fotoni, uno alla volta, dalla sorgente.
La maggior parte di essi non passerà per la fenditura, ma andrà a
schiantarsi sulla sezione piena dello schermo forato.
Mettiamo che in quel lasso di tempo passino per la fenditura x fotoni (e
che siano, idelamente, tutti rilevati sullo schermo posto a valle).
Sappiamo che si formerà una figura non interferenziale con distribuzione a
campana. Per semplicità (vedi anche dopo) supporremo che la distribuzione
sia uniforme, che cioè la densità dei "puntini" luminosi sia costante
nella zona "illuminata".
2°esperimento.
Apriamo ora, accanto alla prima, una seconda fenditura, lasciando immutate
le altre condizioni sperimentali.
Questa volta, passeranno 2x fotoni.
Si formerà una figura di interferenza: troveremo "puntolini luminosi" solo
in fasce affiancate a fasce vuote (con densità che in realtà sfuma
sinusoidalmente, ma per semplicità immagineremo fasce "piene" di puntolini
affiancate nettamente da fasce senza puntolini)
In questa figura dovranno, per il principio di conservazione dell'energia,
figurare complessivametne 2x puntolini, giusto?.
Quindi nelle fasce piene la densità dovrà essere *quattro volte*
superiore, e non due volte, a quella della distribuzione del primo
esperimento..
Non mi sembra che quadri.
Dove ho sbagliato?
Ciao.
Luciano Buggio
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ab...@newsland.it
> Se č cosě, come si spiega che ci siano punti in cui l'energia č zero
> (nei nodi) e che altrove i fotoni si addensino e diminuiscano
> periodicamente senza che la loro energia attraversi i nodi? Insomma,
> se l'onda č stazionaria, vuol dire che i fotoni stanno fermi (chiedo
> perdono per l'eresia...), cos'č che non capisco?
Un po' di cose, ma non te ne faccio una colpa ;-)
Ti sei imbattuto in una serie di difficolta' tipiche del comportamento
quantistico, e per di piu' non di una singola particella, ma di un
campo.
Cerco di dire qualcosa, ma considera che la spiegazione sara' ben
lontana
a) dall'essere accurata
b) dall'essere comprensibile a chi non sa una quantita' di cose...
Cominciamo dall'onda stazionaria.
Questa e' una situazione normalissima in m.q., e nn vuol dire affatto
che la particella e' ferma, ma solo che ha unpreciso valore
dell'energia.
Pero' nel nostro caso alla stesso valore dell'energia corri pondono
due modi di viaggiare del fotone: verso destra o verso sinistra.
L'onda stazionaria e' una *sovrapposizione* di questi due stati di
moto: un fenomeno quantistico che non ha corrispettivo nella fisica
classica.
Se tu provassi a misurare l'energia del tuo fotone, troveresti sempre
lo stesso valore.
Misurando invece la quantita' dimoto, troveresti con uguale
probabilita' due valori opposti; il che vuol dire che il *valor medio*
della q. di moto e' nullo, ma sarebbe sbagliato dire cheil fotone e'
fermo...
Passiamo all'altro aspetto: tu vedi l'onda stazionaria come qualcosa
che oscilla nel tempo, tenendo fisse le posizioni di nodi e ventri.
Giusto.
Poi pensi che l'ampiezza dell'onda (meglio: il suo quadrato) ti dia
una misura del numero di fotoni presenti. E quindi ti chiedi: da dove
vengono e dove vanno, questi fotoni che cambiano di numero?
Il fatto e' che la descrizione ondulatoria (onda stazionaria,
oscillazione, nodi, ventri) e quella corpuscolare (numero di fotoni
presenti in un dato posto) sono *incompatibili*.
Questa e' una forma piu' sofisticata della relazione
d'indeterminazione, che non vale solo per posizione e q. di moto, ma
anche per altre coppie di variabili.
In particolare, per un campo quantistico, c'e' una rel. d'indet. tra
numero di particelle e fase del campo: non e' possibile fissare con
precisione arbitraria il valore di entrambe.
Quindi se vuoi parlare di ampiezza che oscilla non puoi parlare di
numero di fotoni, e viceversa.
Ti avevo avvertito :-))
------------------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
------------------------------
X-Mozilla-Status: 0801
X-Mozilla-S
Dove le due onde, diffratte dalle due fenditure, arrivano in fase,
l'ampiezza e' doppia, quindi l'intensita' e' appunto quadrupla.
In corrispondenza, diventa quadrupla la prob. di trovare in fotone da
quelle parti.
> luciano buggio ha scritto:
> > In questa figura dovranno, per il principio di conservazione
> > dell'energia, figurare complessivametne 2x puntolini, giusto?.
> > Quindi nelle fasce piene la densità dovrà essere *quattro volte*
> > superiore, e non due volte, a quella della distribuzione del primo
> > esperimento..
> > Non mi sembra che quadri.
> > Dove ho sbagliato?
> In nessun posto: infatti quadra perfettamente.
> E quadra (ma guarda un po' il gioco di parole) perche' l'intensita' e'
> il quadrato dell'ampiezza) : -))
> Dove le due onde, diffratte dalle due fenditure, arrivano in fase,
> l'ampiezza e' doppia, quindi l'intensita' e' appunto quadrupla.
> In corrispondenza, diventa quadrupla la prob. di trovare in fotone da
> quelle parti.
Non ci ho riflettuto granchè, ma mi confermi che vale anche se le
fenditure sono tre?
Ho ragionato così:
3° esperimento.
Lasciando invariate le altre condizioni, apro una terza fenditura (alla
stessa distanza delle altre due).
Ora arrivano sullo schermo 3x fotoni.
Ipotizzo, per la la parità del conto in discussione (adottando la
schematizzazione detta della distribuzione dei "puntolini") che si formino
delle frange luminose, alternate a fasce oscure, con densità sei volte
maggiore di quella del 1° esperimento.
4 quadra il 2, ma 6 non quadra il 3.
Mi obietto da solo che probabilmente con 3 fenditure non si raggiungono
massimi uguali a 6, nè minimi uguali a zero: in tal caso, con la
distribuzione meno contrastata che ne risulta, mi confermi che il tuo
conto vale?
Ciao.
Luciano Buggio
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
--
> Carlos Bustamante Bozzi ha scritto:
> Ti avevo avvertito :-))
Ehehehe ;-), sì è vero, comunque sei stato di una disponibilità squisita, mi
hai chiarito dei dubbi e mi hai fatto capire molte cose, magari stimolandomi
a studiarne di più sull'argomento. Grazie della cortesia.
A presto,
> 1
> X-Mozilla-Status2: 00000000
> User-Agent: Mozilla/5.0 (X11; U; Linux i686; en-US; rv:1.4) Gecko/20030624
> X-Accept-Language: it, en-us, en
> In-Reply-To: <jnOqc.213669$hc5.9...@news3.tin.it>
> Carlos Bustamante Bozzi ha scritto:
> > Però mi rimane un dubbio, supponiamo di avere due laser da, chessò, 10
> > watt l'uno, e che io li spari su un punto equidistante da entrambi i
> > generatori i quali partono con fase opposta. Allora non ci sono figure
> > d'interferenza (o sto sparando una bestialità?) , i due laser
> > dovrebbero annullarsi a vicenda.
> Niente del genere (cut)
A quanto qui hai quotato seguiva una domanda di Carlos alla quale anch'io
tenevo, questa:
>>In nessun modo è possibile allinearli e sovrapporli con stessi verso e
>>direzione? Che succederebbe in questo caso?
>>Grazie di avermi risposto,
Se anche non fosse possibile ottenere speriementalmente le condizioni per
questa soprapposizione allineata (però vedi dopo) ha senso concettualmente
(e per i calcoli) la domanda, in particolare per il caso in cui i due
fasci (monocromatici della stessa frequenza e polarizzati linearmente
sullo stesso asse) siano sfasati di p: che ne è dell'energia lungo il
percorso? Ne dovrebbe uscire, per l'ottica classica, un diagramma piatto.
Ed i fotoni?
Mi pare però che se si colloca uno specchio alla distanza giusta da
un'antenna (specchio che le rimanda la radiazione emessa) questa cessa di
emettere nella direzione della riflessione. Ora, pare che queste siano le
condizioni sperimentqli richieste: a valle dell'antenna, nella direzione
della riflessione, viaggiano due onde in controfaase, sovrapposte ed
allineate, quella emessa dall'antenna in quella direzione e verso, (che
non viene riflessa), e quella che, emessa nel verso oposto, ritorna dopo
la riflessione verso la sorgente e la sorpassa.
Non ho però mai capito se è l'onda di ritorno, in controfase con
l'oscillazione dell'antenna, a bloccarne (periodicamente) l'attività, a
far mancare l'energia a valle, o è l'interferenza distruttiva, sempre a
valle, tra le due onde in opposizione lungo il loro percorso.
Non ho poi capito qual'è la differenza concettuale rispetto al caso in cui
l'emettitore sia un atomo, caso in cui è stato riscontrato lo stesso
fenomeno della "mancata emissione": a me pare la stesa cosa, o no?
Grazie della risposta.
Luciano Buggio
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
> X-Mozilla-Status: 0801
> X-Mo
In questo periodo seguo il ng poco e male, quindi non ho
seguito tutto. Non ho capito se piazzi i laser in modo che
sparino l'uno contro l'altro o se li metti accanto e quasi
paralleli (leggerissimamente convergenti). Nel primo caso
credo che semplicemente la situazione ondulatoria non sia
come detto; onda stazionaria, si', ma senza cancellazioni. Il
verso dei due raggi e` opposto: nei punti dove il campo
elettrico si cancella, si rafforza quello magnetico e
viceversa. A meno che non stia prendendo una cantonata
(possibilissimo), non credo che ci siano zone di intensita`
luminosa zero alternate a zone di intensita` massima, per cui
direi che il problema della scomparsa dei fotoni non dovrebbe
porsi. Nel secondo caso, invece, la cosa e` piu' sottile e
credo che non ci sia modo di far quadrare i conti
approssimando i raggi con onde piane.
Ciao
Paolo Russo
luciano buggio ha scritto:
> Non ci ho riflettuto granchč, ma mi confermi che vale anche se le
> fenditure sono tre?
> Ho ragionato cosě:
> ...
> 4 quadra il 2, ma 6 non quadra il 3.
> Mi obietto da solo che probabilmente con 3 fenditure non si
> raggiungono massimi uguali a 6, nč minimi uguali a zero: in tal caso,
> con la distribuzione meno contrastata che ne risulta, mi confermi che
> il tuo conto vale?
Esistono sia punti dove le tre onde sono in fase, quindi ampiezza 3 e
intensita' 9, sia punti dove l'ampiezza totale e' nulla.
Solo che bisogna fare i conti per bene, considerando anche i punti
intermedi: con tre fendature la struttura delle frange e'
piu' complicata che con due.
A conti fatti, torna tutto.
Paolo Russo ha scritto:
> In questo periodo seguo il ng poco e male, quindi non ho seguito
> tutto. Non ho capito se piazzi i laser in modo che sparino l'uno
> contro l'altro o se li metti accanto e quasi paralleli
> (leggerissimamente convergenti). Nel primo caso credo che
> semplicemente la situazione ondulatoria non sia come detto; onda
> stazionaria, si', ma senza cancellazioni. Il verso dei due raggi e`
> opposto: nei punti dove il campo elettrico si cancella, si rafforza
> quello magnetico e viceversa. A meno che non stia prendendo una
> cantonata (possibilissimo), non credo che ci siano zone di intensita`
> luminosa zero alternate a zone di intensita` massima, per cui direi
> che il problema della scomparsa dei fotoni non dovrebbe porsi.
Direi che si trattava del primo caso.
Obiezione interessante la tua, ma ora cerco di spiegare perche' non
vale.
Cio' che tu vedi come costante non e' la "intensita' luminosa", ma la
densita' di energia.
Se invece volessi instendere per intensita' il vettore di Poynting,
avresti zeri sia dove si annulla E sia dove si annulla B...
Ma il problema e': che cosa misura un rivelatore?
Ovviamente dipende dal rivelatore, ma per la luce visibile i
rivelatori sono sempre (che io sappia) sensibili al campo elettrico e
non al campo magnetico.
Percio' se si mettesse una schiera di rivelatori lungo la retta dei
due fasci, si avrebbe una successione di massimi e minimi (zeri).
Ci sono altre cose interessanti da dire.
Una e' che per quanto siano "monocromatici", i due laser hanno
in realta' un tempo di coerenza finito. Ho provato a calcolarlo per i
migliori laser che si realizzano oggi, e ho trovato (nel visibile)
circa 0.01 s.
(Nessuno lo dica a M. Fazio, se no s'incazza ;-) )
Cio' significa che se si prolunga la misura per un tenpo di
quest'ordine o maggiore, i due laser si sfasano a caso, i massimi e
minimi si spostano, e non si vede niente.
La soluzione e' semplice: usare un solo laser che "si guarda in uno
specchio".
In questo caso il laser e la sua immagine restano rigorosamente in
fase, e si puo' fare la misura per il tempo che si vuole.
Mi chiedevo se un'esperimento del genere fosse stato fatto, e ho
scoperto che fu fatto per la prima volta nel 1890 (avete letto bene:
114 anni fa!), da O. Wiener (il padre di Norbert?)
Questi non usava laser, che non c'erano, ma una sorgente molto meno
raffinata (non so quale). L'esperimento e' descritto in Born e Wolf,
"Principles of Optics", al par. 7.4 (Standing waves).
Risultato: quello che ci si aspetta dalla teoria di cui sopra.
Seconda osservazione: la tua obiezione mi ha fatto capire meglio la
ben nota questione circa la posizione dei fotoni (che non esiste come
osservabile) e la relativa funzione d'onda.
Mi sembra di poter dire che esista un'osservabile "posizione
elettrica": quella misurata appunto da un rivelatore sensibile al
campo elettrico.
In linea di principio direi si possa anche definire una "posizione
magnetica".
Al momento non saprei dare un'espressione matematica a quest'idea, e
non so se nessuno l'abbia mai data.
Ma sarei pronto a scommettere che se si possono definire questi due
operatori, risulteranno non commutare tra loro...
> - Wed May 26 20:55:44 2004
> User-Agent: Mozilla/5.0 (X11; U; Linux i686; en-US; rv:1.4) Gecko/20030624
> X-Accept-Language: it, en-us, en
> In-Reply-To: <c8vjh8$amd$1...@news.newsland.it>
> luciano buggio ha scritto:
> > Non ci ho riflettuto granchè, ma mi confermi che vale anche se le
> > fenditure sono tre?
> > Ho ragionato così:
> > ...
> > 4 quadra il 2, ma 6 non quadra il 3.
> > Mi obietto da solo che probabilmente con 3 fenditure non si
> > raggiungono massimi uguali a 6, nè minimi uguali a zero: in tal caso,
> > con la distribuzione meno contrastata che ne risulta, mi confermi che
> > il tuo conto vale?
> Esistono sia punti dove le tre onde sono in fase, quindi ampiezza 3 e
> intensita' 9, sia punti dove l'ampiezza totale e' nulla.
Scusami se approfitto ancora della tua pazienza, ma credo di non aver mai
capito il significato del quadrato dell'ampiezza, in particolare in
rapporto al numero di fotoni. So che è una grave lacuna.
Abbiamo un'onda di una certa ampiezza (x) : il quadrato dell'ampiezza
(x^2) è proporzionale al numero di fotoni che l'onda trasporta?
Cioè, data una certa ampiezza, abbiamo anche una certa quantità di fotoni
(è la cosidetta "intensità"?).
Supponiamo che sia così.
Allora se sovrapponiamo, in fase, due onde piane della stessa ampiezza,
avremo ampiezza doppia, ma dovremmo sommare, anche, tra loro, i fotoni
dell'una a quelli dell'altra, per avere il numero totale dei fotoni
presenti nell'onda risultante (e conseguentemente nella figura, qui non
interferenziale, raccolta da uno schermo): otterremo il doppio dei fotoni
presenti in ciascuna onda piana.
2x >>> 2x^2
Però, dato che il numero dei fotoni è proporzionale al quadrato
dell'ampiezza, avremmo dovuto riferirci alla nuova ampiezza, 2x, e
quadrare quella:
2x >>> (2x)^2 = 4x^2
col risultato che la somma delle due onde ci dà un numero di fotoni doppio
di quello della somma dei fotoni di cui ciascuna onda è costituita.
Escluso che fotoni si creino nella sovrapposizione coerente di onde, dove
sta l'errore?
Luciano Buggio
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
luciano buggio ha scritto:
> Se anche non fosse possibile ottenere speriementalmente le condizioni
> per questa soprapposizione allineata (però vedi dopo) ha senso
> concettualmente (e per i calcoli) la domanda, in particolare per il
> caso in cui i due fasci (monocromatici della stessa frequenza e
> polarizzati linearmente sullo stesso asse) siano sfasati di p: che ne
> è dell'energia lungo il percorso? Ne dovrebbe uscire, per l'ottica
> classica, un diagramma piatto.
> Ed i fotoni?
Guarda che la fase relativa cambia da punto a punto...
> Mi pare però che se si colloca uno specchio alla distanza giusta da
> un'antenna (specchio che le rimanda la radiazione emessa) questa cessa
> di emettere nella direzione della riflessione. Ora, pare che queste
> siano le condizioni sperimentqli richieste: a valle dell'antenna,
> nella direzione della riflessione, viaggiano due onde in controfaase,
> sovrapposte ed allineate, quella emessa dall'antenna in quella
> direzione e verso, (che non viene riflessa), e quella che, emessa nel
> verso oposto, ritorna dopo la riflessione verso la sorgente e la
> sorpassa.
> Non ho però mai capito se è l'onda di ritorno, in controfase con
> l'oscillazione dell'antenna, a bloccarne (periodicamente) l'attività,
> a far mancare l'energia a valle, o è l'interferenza distruttiva,
> sempre a valle, tra le due onde in opposizione lungo il loro percorso.
La seconda.
> Non ho poi capito qual'è la differenza concettuale rispetto al caso in
> cui l'emettitore sia un atomo, caso in cui è stato riscontrato lo
> stesso fenomeno della "mancata emissione": a me pare la stesa cosa, o
> no?
Appunto: e' la stesa cosa, e infatti succede la stessa cosa.
Qual e' il problema?
------------------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
------------------------------
Fro
> Allora se sovrapponiamo, in fase, due onde piane della stessa
> ampiezza, avremo ampiezza doppia, ma dovremmo sommare, anche, tra
> loro, i fotoni dell'una a quelli dell'altra, per avere il numero
> totale dei fotoni presenti nell'onda risultante
> ...
> Escluso che fotoni si creino nella sovrapposizione coerente di onde,
> dove sta l'errore?
Sta qui: dimentichi che le due onde provengono da due sorgenti
distinte.
Quindi non possono essere in fase *su tutto lo schermo*, perche' le
distanze cambiano da un punto all'altro.
Facendo i calcoli per bene, di vede che il numero totale di fotoni
resta il tuo 2x^2, ma si distribuiscono necessariamente secondo frange
d'interferenza.
Non ci avevo assolutamente pensato. :-(
Ora pero` mi sorge spontanea una questione. Che succede se si
pone una barriera (ipoteticamente sottile) nel punto di zero
elettrico? Supponiamo di usare un laser, un divisore di
fascio e una serie di specchi che fanno convergere i due
fasci l'uno contro l'altro. Se si mette la barriera in un
punto di zero, ai due lati si formano ancora onde
stazionarie? Si potrebbe pensare di no, perché la barriera
assorbe i fasci. Si potrebbe anche pensare di sì, perché la
barriera non può assorbire una luce che non "vede"...
Probabilmente non si può realizzare una barriera cosi'
sottile. Forse con onde e.m. di lunghezza maggiore?
>Mi sembra di poter dire che esista un'osservabile "posizione
>elettrica": quella misurata appunto da un rivelatore sensibile al
>campo elettrico.
Interessante. Devo confessare che non ho mai capito come si
concilia l'asserzione che non si puo` definire un operatore
di posizione per i fotoni con l'esperimento di
autointerferenza... l'immagine che si forma sullo schermo
cosa misura allora? Se pero` e` definibile una sorta di
"posizione elettrica", forse comincio a capirci qualcosa...
Ciao
Paolo Russo
> om - Fri May 28 21:28:52 2004
> User-Agent: Mozilla/5.0 (X11; U; Linux i686; en-US; rv:1.4) Gecko/20030624
> X-Accept-Language: it, en-us, en
> In-Reply-To: <c8vo37$r9f$1...@news.newsland.it>
> luciano buggio ha scritto:
> > Se anche non fosse possibile ottenere speriementalmente le condizioni
> > per questa soprapposizione allineata (però vedi dopo) ha senso
> > concettualmente (e per i calcoli) la domanda, in particolare per il
> > caso in cui i due fasci (monocromatici della stessa frequenza e
> > polarizzati linearmente sullo stesso asse) siano sfasati di p: che ne
> > è dell'energia lungo il percorso? Ne dovrebbe uscire, per l'ottica
> > classica, un diagramma piatto.
> > Ed i fotoni?
> Guarda che la fase relativa cambia da punto a punto...
Non capisco.
Se le due onde (piane, della stessa frequenza e con la stessa
polarizzazione lineare) sono sfasate di p, in ogni punto la composizione
del vettori elettrico e magnetico di ciascuna con con l'altra dà un
risultato nullo. Esse si annullano e ne risulta il diagramma piatto che
dicevo (E=0 e B=0).
Che cosa vuol dire:"La fase relativa cambia da punto a punto? E poi, che è
quello che mi interessava, cosa implica ciò, qualsiasi cosa significhi,
per la forma della risultante? E o non è nulla? E, se non è,
classicamente, parladno delle onde, nulla, che cosa implica ciò per i
fotoni?
La domanda insomma, che resta al fondo è: che fine hanno fatto i fotoni?
(cut).
> > Non ho però mai capito se è l'onda di ritorno, in controfase con
> > l'oscillazione dell'antenna, a bloccarne (periodicamente) l'attività,
> > a far mancare l'energia a valle, o è l'interferenza distruttiva,
> > sempre a valle, tra le due onde in opposizione lungo il loro percorso.
> La seconda.
Ne prendo atto (vedi dopo)
> > Non ho poi capito qual'è la differenza concettuale rispetto al caso in
> > cui l'emettitore sia un atomo, caso in cui è stato riscontrato lo
> > stesso fenomeno della "mancata emissione": a me pare la stesa cosa, o
> > no?
> Appunto: e' la stesa cosa, e infatti succede la stessa cosa.
> Qual e' il problema?
Il problema è che la vicinanza di uno specchio ad un atomo eccitato che
emette ne influenza il tempo di decadimnento.
Vedi anche qui, in un 3d recente cui anche tu hai partecipato:
http://groups.google.com/groups?q=teorico+non+%C3%A8+sinonimo&hl=it&lr=&ie=UTF-8&selm=81Z73Z192Z26Y1074537565X6568%40usenet.libero.it&rnum=1
Ora, se è vero che la mancata rilevabilità di radiazione intorno all'atomo
è dovuta all'effetto dello specchio nel senso che esso influenza,
attraverso la variazione del suo tempo di decadimento, la sua *capacità di
emissione*, non puoi più dire che è la stessa cosa che succede
nell'antenna radio se propendi per la seconda delle mie ipotesi (vedi
sopra). L'adozione della seconda ipotesi implica che l'assenza di
radiazione è dovuta ad interferenza distruttiva di radiazione *comunque
emessa*, non che la presenza del riflettore condizioni la capacità di
emettere,nello specifico annullandola, come recita la prima ipotesi, che
tu hai rifiutato.
Mi puoi spiegare come stanno le cose?
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
> Fro
Ma è possibile che non riusciamo a capirci?
Se vai a rileggere la mia domanda, vedrai che io parlo di "onde piane",
non sferiche, (o cilindriche) provenienti da una sorgente puntiforme o
segmentale. Per onde piane, a scanso di ultriori equivoci, intendo una
successione di regioni di spazio comprese ciascuna tra due piani
*paralleli* distanti tra loro lambda/2, in cui si alternano, con
distribuzione sinusoidale, il campo elettrico (supponiamo lungo la
verticale nel riferimento)diretto in un verso e quello diretto nel verso
opposto (alto e basso),
e, perpendicolare ad esso (orizzontale), quello magnetico , parimenti
alternato nel verso (destra e sinistra).
Lo schema, se vuoi, sia teorico, può non avere importanza qui che lo si
possa riprodurre sperimentalmente: ma possiamo raginare su uno schema
ideale, no?
Allora, in queste condizioni, due onde piane, sovrapposte, allineate,
della stessa frequenza e ampiezza e identicamente polarizzate, se sono in
fase, illuminano uno schermo, uniformemente, senza righe di interferenza,
con ampiezza 2x e intensità 2x^2.
Ma se sono sfasate di p, che cosa vedo sullo schermo?
Luciano Buggio
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
> Ora pero` mi sorge spontanea una questione. Che succede se si
> pone una barriera (ipoteticamente sottile) nel punto di zero
> elettrico?
> ...
Che cos'e' una barriera?
> Interessante. Devo confessare che non ho mai capito come si
> concilia l'asserzione che non si puo` definire un operatore
> di posizione per i fotoni con l'esperimento di
> autointerferenza... l'immagine che si forma sullo schermo
> cosa misura allora? Se pero` e` definibile una sorta di
> "posizione elettrica", forse comincio a capirci qualcosa...
Mi sono ripromesso di ragionarci su. Per ora ho solo scoperto che
continuano a uscire lavori sulla posizione dei fotoni...
> [Carlos Bustamante Bozzi:]
> >>> Però mi rimane un dubbio, supponiamo di avere due laser da, chessò,
> >>> 10 watt l'uno, e che io li spari su un punto equidistante da
> >>> entrambi i generatori i quali partono con fase opposta. Allora non
> >>> ci sono figure d'interferenza (o sto sparando una bestialità?) , i
> >>> due laser dovrebbero annullarsi a vicenda.
(cut)
>Nel primo caso...(cut)
Nel secondo caso, invece, la cosa e` piu' sottile e
> credo che non ci sia modo di far quadrare i conti
> approssimando i raggi con onde piane.
Più sottile? Che vuoi dire? I termini del problema sono molto chiari, mi
pare.
In ogni modo rilevi che i conti non quadrano: non ti sembra grave?
Può una questione di questo calibro restare così sospesa?
Non ti sembra doveroso approfondire?
In che senso i conti non quadrano? Potresti esse più preciso?
Luciano Buggio
> Ciao
> Paolo Russo
j
> Allora, in queste condizioni, due onde piane, sovrapposte, allineate,
> della stessa frequenza e ampiezza e identicamente polarizzate, se sono
> in fase, illuminano uno schermo, uniformemente, senza righe di
> interferenza, con ampiezza 2x e intensità 2x^2.
> Ma se sono sfasate di p, che cosa vedo sullo schermo?
Le onde piane sono approssimazione di onde emesse da sorgenti lontane,
se vuoi stelle.
*Due* onde piane non possono essere emesse dalla stessa sorgente: ogni
sorgente emette *una* onda.
Le due stelle sarano separate: poco quanto vuoi, ma di un angolo finito.
Questo basta per risolvere il paradosso.
Intendevo un corpo opaco e sottile.
Diciamo anche non conduttore, giusto per semplificare.
Ciao
Paolo Russo
Grave che un'approssimazione non possa essere usata sempre e
comunque, perche' in certi casi non funziona proprio? No, mi
sembra del tutto normale.
>In che senso i conti non quadrano? Potresti esse piů preciso?
Tento. Ci vorrebbe qualche disegno e qualche passaggio
matematico che risulterebbe incomprensibile senza disegni,
comunque vediamo se le parole possono bastare.
Si potrebbe dire: produco due fasci quasi paralleli,
impiegando una potenza X+X, facendo in modo che ad una certa
distanza interferiscano costruttivamente e si ottenga una
potenza 4X, violando la conservazione dell'energia.
Naturalmente si puo` notare che e` dimostrabile che le leggi
dell'elettromagnetismo conservano l'energia sempre e comunque
e che quindi, evidentemente, se sulla base delle *stesse*
leggi si ipotizza un qualche metodo per creare energia, il
suddetto metodo contiene evidentemente qualche errore; si
potrebbe insomma chiudere il discorso prima ancora di
cominciarlo, ma qualcuno puo` chiedersi: si', va bene, non
funziona, ma in sostanza perche' non funziona? Dov'e`
l'errore?
L'errore e` che se si prova a fare davvero una prova del
genere si crea una figura di interferenza a bande: in certi
punti c'e` un apparente eccesso di potenza, ma e`
perfettamente compensato dalla carenza in altri punti.
Allora uno pensa: mo' lo frego. Ruoto leggermente una delle
sorgenti in modo da rendere i fasci ancora piu' paralleli.
Piu' paralleli sono, piu' lontano si incontrano i fasci,
minore e' la differenza di percorso, piu' grandi sono le
bande; a un certo punto la banda centrale, quella dove
l'interferenza e` costruttiva, diventera` grande quanto tutta
la chiazza di luce proiettata dai fasci; le zone di
interferenza distruttiva cesseranno di esistere, ed ecco
creata l'energia.
Non funziona. Ora che i fasci si incontrano dopo, hanno avuto
piu' tempo per divergere; i fasci *reali* divergono. La
chiazza di luce proiettata si e` ingrandita e le bande
laterali sono ancora presenti. Oh, bada li', uno pensa; un
fascio a divergenza zero non e` ottenibile, ma si puo`
approssimare, no? Facciamo un fascio meno divergente. Come si
fa? Be', purtroppo, per ragioni ondulatorie, per avere un
fascio di onde poco divergente bisogna che la sorgente sia
molto grande rispetto alla lunghezza d'onda (immagina la
sorgente come fatta di infinite sorgentine puntiformi che
emettono in fase: interferiranno costruttivamente davanti a
se' e *circa* distruttivamente in ogni altra direzione, se
hai letto QED dovresti avere un po' di familiarita` con
calcoli "a freccine" di questo tipo). Oltre un certo limite,
per diminuire la divergenza occorre aumentare la sezione dei
fasci. OK, ora la divergenza e` a posto... ma la chiazza di
luce proiettata sullo schermo si e` ingrandita e le bande di
interferenza distruttiva sono ancora li'.
Morale: non se ne esce. Naturalmente i discorsi a parole non
hanno molto senso in questi casi: bisogna fare qualche
disegnino e un po' di conti. Qualche anno fa li avevo fatti,
molto approssimativi (giusto gli ordini di grandezza), e mi
ero convinto che il punto cruciale era proprio quello.
Ciao
Paolo Russo
Siano due sorgenti puntiformi S1 ed S2 collocate ciascuna in uno dei due
emispazi individuati da uno specchio semiriflettente SST, alla stessa
distanza d da esso, su una perpendicolare allo specchio.
Consideriamo un settore conico di luce proveniente da S1, con asse
inclinanto, per es. di 45° rispetto allo specchio, che attraversa
(parzialmente) questo e va ad illuminare uno schermo sferico collocato
dalla parte di S2, schermo sferico avente a quella distanza la stessa
curvatura dell'onda sferica in arrivo. Su tale specchio le onde (sferiche)
arriveranno in fase in tutti i punti.
Il cono speculare, della stessa apertura e con l'asse inclinato come
l'altro (-45°), proveniente da S2 si riflette parzialmente sullo specchio
e va a sovraposrsi all'altro, in fase, arrivando in fase sullo schermo.
Naturalemtne, per ottenere la sovrapposizione delle onde, biosognerà tener
conto del rallentamento (e della doppia deviazione) della radiazione
proveniente da S2 nell'attraversamento di SST, e di ogni altro parametro
che vari la geometria dell'esperimento, per cui, per esempio, la distanza
d non sarà rigorosamente uguale per le due sorgenti ecc.
In queste condizioni è come se le due sorgenti (rigorosamente identiche)
fossero sovrapposte.
Si può far in modo, in definitiva, che tutte le creste e le valli siano in
fase e si sommino costruttivamente sullo schermo, per tutta la sua
estensione (avremo, in intensità x+x= 2x, oppure x+x=4x?), oppure che
siano in opposizione, con l'oscurità su tutto lo schermo.
Cosa c'è, qui, che non va?
Luciano Buggio
> Intendevo un corpo opaco e sottile.
> Diciamo anche non conduttore, giusto per semplificare.
Una risposta a sentimento e': niente piu' frange.
Pero' e' una strana situazione: se nn ci sono frange, il campo
elettrico non sara' nullo, quindi sara' possibile l'assorbimento.
Ma se c'e' assorbimento, l'andamento del campo sara' diverso...
Insomma, non ci vedo chiaro.
BTW: ho appena scoperto un lavoro dl 1999 dove si dimostra l'esistenza
di operatori di posizione per i fotoni.
L'ho scorso, ma non posso certo dire di averlo capito, ne' in senso
positivo ne' negativo.
Mi riprometto di lavorarci, ma chissa'...
Come ti ha detto Paolo Russo, la conservazione dell'energia in
elettromagnetismo e' un teorema, per cui puoi arrampicarti sugli
specchi qusnto vuoi, ma se accetti che la teoria descriva
correttamente il comportamento di specchi, lenti, ecc. devi anche
ammettere che l'energia si conserva, e se ti sembra che ce ne sia
troppa da una parte vuol dire che ne manca altrettanta da un'altra
parte.
Il fascio e' gia' parallelo... per quanto puo` esserlo un
fascio reale, non importa come ottenuto. Quando ho detto che
per diminuire la divergenza bisogna aumentare la larghezza
della sorgente, lo intendevo in senso molto generale: vale
anche in uscita da una lente. L'idea del fascio parallelo in
uscita da una lente funziona in ottica *geometrica* (quindi
in sostanza un'approssimazione di quella "a freccine") per un
fascio emesso da una sorgente ideale *puntiforme*. Entrambe
le approssimazioni sono troppo grossolane per questo genere
di discorso, dove la lunghezza d'onda conta.
Pero` si potrebbe andare oltre e pensare di usare una lente
per far addirittura riconvergere il fascio. Non saprei
proprio come fare i calcoli: qui l'onda non sarebbe piana
neppure nell'approssimazione ideale, figuriamoci poi cosa
accadrebbe nella realta`...
>Siano due sorgenti puntiformi S1 ed S2 collocate ciascuna in uno dei due
>emispazi individuati da uno specchio semiriflettente SST, alla stessa
>distanza d da esso, su una perpendicolare allo specchio.
Perdona l'ignoranza, ma anche se non giurerei di non aver mai
visto prima questa sigla, in questo momento proprio mi sfugge
cosa sia uno specchio SST.
Immagino sia uno specchio che in parte riflette e in parte
trasmette (facciamo fifty-fifty?) e vado avanti su questa
base.
>Consideriamo un settore conico di luce proveniente da S1, con asse
>inclinanto, per es. di 45° rispetto allo specchio, che attraversa
>(parzialmente) questo e va ad illuminare uno schermo sferico collocato
>dalla parte di S2, schermo sferico avente a quella distanza la stessa
>curvatura dell'onda sferica in arrivo. Su tale specchio le onde (sferiche)
>arriveranno in fase in tutti i punti.
Fin qui direi che ci siamo.
>Il cono speculare, della stessa apertura e con l'asse inclinato come
>l'altro (-45°), proveniente da S2 si riflette parzialmente sullo specchio
>e va a sovraposrsi all'altro, in fase, arrivando in fase sullo schermo.
>Naturalemtne, per ottenere la sovrapposizione delle onde, biosognerà tener
>conto del rallentamento (e della doppia deviazione) della radiazione
>proveniente da S2 nell'attraversamento di SST, e di ogni altro parametro
>che vari la geometria dell'esperimento, per cui, per esempio, la distanza
>d non sarà rigorosamente uguale per le due sorgenti ecc.
>In queste condizioni è come se le due sorgenti (rigorosamente identiche)
>fossero sovrapposte.
>Si può far in modo, in definitiva, che tutte le creste e le valli siano in
>fase e si sommino costruttivamente sullo schermo, per tutta la sua
>estensione (avremo, in intensità x+x= 2x, oppure x+x=4x?), oppure che
>siano in opposizione, con l'oscurità su tutto lo schermo.
>Cosa c'è, qui, che non va?
Penso che dalla parte di S2 succeda quel che dici, se le
sorgenti vengono sfasate in maniera opportuna (lasciamo pure
simmetrica la geometria). Il problema e` che dall'altra parte
si compensa. Non c'e` solo la luce dei due percorsi
S1->Schermo2 (trasmessa) e S2->Schermo2 (riflessa), c'e`
anche S1->Schermo1 (riflessa) e S2->Schermo1 (trasmessa); non
dimentichiamo l'invertibilita` del cammino ottico, che esige
la presenza di certe simmetrie. Non importa se non metti uno
schermo dalla parte di S1, e` come se ci fosse. Se aggiusti
le fasi delle sorgenti S1 ed S2 in modo che l'interferenza su
Schermo2 sia costruttiva, quella su Schermo1 e` distruttiva.
Facciamo un esempio. Visto che abbiamo letto QED, supponiamo
che lo specchio semitrasparente sia semplicemente una lastra
di vetro; in realta` il vetro riflette troppo poco e quindi
l'eventuale energia creata sarebbe poca rispetto a quella
totale, ma non importa ai fini del discorso. Per semplicita`
uso la regola empirica della riflessione all'interfaccia
(quella di cui Feynman spiega l'origine a pag. 132). Sia L la
lunghezza d'onda. Per avere un massimo di riflessione bisogna
che il percorso della luce riflessa nel vetro sia di (n+1/2)L
piu' lungo di quella riflessa in aria, che in base alla
regola viene appunto sfasata di L/2 (piu' precisamente dovrei
parlare di fase qui, cioe` di un angolo, non di una lunghezza
d'onda; mi si perdoni qui e altrove lo scarso rigore, non
voglio introdurre troppi simboli...); in questo modo le due
riflessioni interferiscono costruttivamente. Mi metto in
questo caso, per semplicita`. Allora la luce riflessa dallo
specchio viene sfasata di L/2; la luce che invece viene
trasmessa fa un percorso nel vetro lungo esattamente la
meta`, dato che non torna indietro, e questo provoca uno
sfasamento (dovuto al semplice ritardo) di (n+1/2)L/2, che
equivale a L/4 se n e` pari e a 3L/4 (o -L/4) se e`
dispari. Il fascio di S1 e quello di S2 arrivano quindi sullo
schermo sfasati di L/4, in valore assoluto, e l'interferenza
e`... neutra, per cosi' dire; ne' costruttiva, ne'
distruttiva (si sommano con il teorema di Pitagora, dato che
l'angolo di sfasamento e` retto). Simile discorso nella
direzione opposta, ma qui i ruoli dei due fasci sono
invertiti e anche lo sfasamento relativo tra i due
e` invertito. Se adesso aggiustiamo la fase di S2 di +L/4 per
portarla in fase con S1 sullo schermo2, lo sfasamento diventa
di L/2 (interferenza distruttiva) sullo schermo1.
Ciao
Paolo Russo
Due sorgenti puntiformi identiche si possono però sovrapporre virtualmente.
Siano due sorgenti puntiformi S1 ed S2 collocate ciascuna in uno dei due
emispazi individuati da uno specchio semiriflettente SST, alla stessa
distanza d da esso, su una perpendicolare allo specchio.
Consideriamo un settore conico di luce proveniente da S1, con asse
inclinanto, per es. di 45° rispetto allo specchio, che attraversa
(parzialmente) questo e va ad illuminare uno schermo sferico collocato
dalla parte di S2, schermo sferico avente a quella distanza la stessa
curvatura dell'onda sferica in arrivo. Su tale specchio le onde (sferiche)
arriveranno in fase in tutti i punti.
Il cono speculare, della stessa apertura e con l'asse inclinato come
l'altro (-45°), proveniente da S2 si riflette parzialmente sullo specchio
e va a sovraposrsi all'altro, in fase, arrivando in fase sullo schermo.
Naturalemtne, per ottenere la sovrapposizione delle onde, biosognerà tener
conto del rallentamento (e della doppia deviazione) della radiazione
proveniente da S2 nell'attraversamento di SST, e di ogni altro parametro
che vari la geometria dell'esperimento, per cui, per esempio, la distanza
d non sarà rigorosamente uguale per le due sorgenti ecc.
In queste condizioni è come se le due sorgenti (rigorosamente identiche)
fossero sovrapposte.
Si può far in modo, in definitiva, che tutte le creste e le valli siano in
fase e si sommino costruttivamente sullo schermo, per tutta la sua
estensione (avremo, in intensità x+x= 2x, oppure x+x=4x?), oppure che
siano in opposizione, con l'oscurità su tutto lo schermo.
Cosa c'è, qui, che non va?
Luciano Buggio
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
Ma cè una cosa che mi interessa di più, te ne avevo già palrato e mi hai
risposto, ma vorrei approfondire.
Avevo denunciato un ami alacuna per quanto riguarda la relazione tra
ampiezza e intensità, ma vorrei capire meglio.
Limitiamo, per intanto, il discorso all'ottica fisica classica
Ho trovato (in un quaderno de "le Scienze")
"L'ampiezza (di un onda riflessa, ampiezza espressa quindi in percentuale
sull'onda incidente, n.d.r.) equivale all'intensità massima del suo campo
elettrico"
E poi:
"L'intensità è porporzionale al quadrato dell'ampiezza"
Ora la distribuzione del campo elettrico dell'onda incidente (prendiamo
l'estensione di mezz'onda, da nodo a nodo) sia data da |sent|: vien detto
che l'ampiezza è il massimo della funzione, cioè il valore del campo
elettrico alla sommità della cresta (o della valle), quidi 1,e fin qui ci
siamo.
L'ampiezza dell'onda riflessa sia (tipico valore del vetro) 0.20.
L'intensità dell'onda incidente e dell'onda riflessa sono quindi
rispettivamente 1 e 0.04.
Se prendiamo un'onda incidente di ampiezzza doppia, avremo che la sua
ampiezza è 2 e la sua intensità 4.
Ti assicuro che non riesco a capire.
Cos'è l'intensità di un'onda? Ha a che fare, matematicamente, data la
curva dell'ampiezza, con un suo integrale definito?
Forse puoi chiarirmelo spiegandomi come si rivela (rileva:-)?), come si
misurano, sperimentalmente l'ampiezza e l'intensità.
Trovo scritto nello stesso articolo:
"L'occhio umano e la maggior parte dei fotorilevatori esistenti non
rispondono direttamente all'ampiezza dell'onda, bensì alla sua intensità"
Potresti dirmi qual'è il rispettivo principio di funzionamento, per
l'ampiezza e per l'intensità?
Avevo proposto di limitare il tema all'onda classica, ma se ti va, puoi
accenare al problema anche nei termini del numero dei fotoni.
Ti ringrazio.
> Forse puoi chiarirmelo spiegandomi come si rivela (rileva:-)?), come
> si misurano, sperimentalmente l'ampiezza e l'intensità.
Per un'onda di frequenza suff. bassa, la misura dell'ampiezza si fa
con un'antenna. E' quello che fanno i "misuratori di campo", oggi di
gran moda per via dell'inquinamento e.m.
La corrente indotta nell'antenna e' proporzionale all'ampiezza
dell'onda, ossia al campo E.
Quanto all'intensita', ci sono molti modi, anche a seconda del campo
di frequenze. Un metodo che funziona sempre e' quello termico: fai
assorbire l'onda da una corpo, e vedi quanto si scalda.
> Trovo scritto nello stesso articolo:
> "L'occhio umano e la maggior parte dei fotorilevatori esistenti non
> rispondono direttamente all'ampiezza dell'onda, bensì alla sua
> intensità"
> Potresti dirmi qual'è il rispettivo principio di funzionamento, per
> l'ampiezza e per l'intensità?
I fotoriVeLatori, che funzionano nel visibile o nei pressi, sono tutti
in sostanza basati sull'effetto fotoelettrico: il numero di elettroni
estratti per unita' di tempo e' direttamente prop. all'intensita'
dell'onda.
Anche l'occhio in sostanza funziona cosi'.
Naturalmente parlare di effetto fotoelettrico significa parlare di
fotoni: un rivelatore ha un suo "rendimento quantico", che vuol dire
quanti elettroni tira fuori per ogni fotone incidente.
Rendimento quantico ideale sarebbe 1, ma e' sempre minore, anche mlto,
a seconda del tipo di rivelatore.
Ma non credo che tutto questo possa risolvere i tuoi dubbi, che tanto
per cambiare non capisco quali siano...
> luciano buggio ha scritto:
> > Ma cè una cosa che mi interessa di più, te ne avevo già palrato e mi
> > hai risposto, ma vorrei approfondire.
> > ...
> > Se prendiamo un'onda incidente di ampiezzza doppia, avremo che la sua
> > ampiezza è 2 e la sua intensità 4.
> > Ti assicuro che non riesco a capire.
> > Cos'è l'intensità di un'onda? Ha a che fare, matematicamente, data la
> > curva dell'ampiezza, con un suo integrale definito?
> La definizione esatta e': densita' superficiale di potenza, ossia
> energia trasportata per unita' di tempo e superficie.
> Matematicamente, e' collegata al vettore di Poynting, che per un'onda
> piana e' proporzionale al quadrato di E.
Intendi al valore che E assume nel tempo? Quindi è proporzionale a
sin(t)^2? Ma questo non è l'intensità (la quale è il quadrato
dell'ampiezza, la quale è legata ad E), vero? L'intensità non è variabile
nel tempo, ma è un parametro dato una volta data l'ampiezza?. Scusa la mia
insistenza: avevo premesso che ho una lacuna in proposito.
> Meglio: al valor medio nel tempo del modulo del vettore.
Allora non è come dicevo io: per l'ampiezza non si fa riferimento al
massimo di E, ma alla media dei valori di E nel tempo.
Ma forse è la stessa cosa, se al raddoppiare, per esempio, del massimo,
raddoppia anche la media. E' così?
> > Forse puoi chiarirmelo spiegandomi come si rivela (rileva:-)?), come
> > si misurano, sperimentalmente l'ampiezza e l'intensità.
> Per un'onda di frequenza suff. bassa, la misura dell'ampiezza si fa
> con un'antenna. E' quello che fanno i "misuratori di campo", oggi di
> gran moda per via dell'inquinamento e.m.
> La corrente indotta nell'antenna e' proporzionale all'ampiezza
> dell'onda, ossia al campo E.
Va bene, ma stiamo qui parlando in particolare del visibile, e con il
visibile la frequenza non è "sufficentemetne bassa": allora come si fa per
la luce a misura l'ampiezza?
> Quanto all'intensita', ci sono molti modi, anche a seconda del campo
> di frequenze. Un metodo che funziona sempre e' quello termico: fai
> assorbire l'onda da una corpo, e vedi quanto si scalda.
> > Trovo scritto nello stesso articolo:
> > "L'occhio umano e la maggior parte dei fotorilevatori esistenti non
> > rispondono direttamente all'ampiezza dell'onda, bensì alla sua
> > intensità"
> > Potresti dirmi qual'è il rispettivo principio di funzionamento, per
> > l'ampiezza e per l'intensità?
> I fotoriVeLatori, che funzionano nel visibile o nei pressi, sono tutti
> in sostanza basati sull'effetto fotoelettrico: il numero di elettroni
> estratti per unita' di tempo e' direttamente prop. all'intensita'
> dell'onda.
> Anche l'occhio in sostanza funziona cosi'.
> Naturalmente parlare di effetto fotoelettrico significa parlare di
> fotoni: un rivelatore ha un suo "rendimento quantico", che vuol dire
> quanti elettroni tira fuori per ogni fotone incidente.
> Rendimento quantico ideale sarebbe 1, ma e' sempre minore, anche mlto,
> a seconda del tipo di rivelatore.
Già che ci siamo, sai quale rendimento si è raggiunto attualmente (per il
visibile)? Io sono fermo al 20% circa.
Inoltre vorrei porti a proposito del rendimento una questione che non mi è
chiara: che fine fanno i fotoni che non vengono rivelati, cioè che non
danno luogo all'effetto fotoelettrico? Chiaramente mancano al computo
dell'energia.
Vedila dal punto di vista anche classico, nei seguenti termini.
Un'onda macroscopica trasporti (attraverso una lastrina fotorilevatrice,
con induzione di corrente) un mumero n di elettroni nell'unità di tempo.
Poichè deve valere anche qui il rendimemento (suponiamo del 20%), la
corrente indotta non equivale, in termini di energia, all'intensità
dell'onda incidente, ma solo al suo 20%. E' così? Oppure se l'onda è
macroscopica ogni fotone che la compone è in grado di mobilitare un
elettrone, diventando il rendimento 1? Ma come lo si può stabilire, se
ogni elettrone mobilitato (da un singolo fotone) mobilita poi, a cascata,
un grandisimo numero di altri elettroni?
Ma bisonga tener conto anche del risclaldamento della piastrina, col
quale, come tu dici, si può misurare l'intensità dell'onda. Questo come
entra nel computo dell'energia in presenza della mobilitaizone degli
elettroni? E' un effetto di tale mobilitazione, cioè un altro modi di
misurare la corrente? Questo riscaldamento, se il rivelatore avesse
efficienza 1, sarebbe, nella nostra ipotesi, 5 volte maggiore?
E poi: quando si lavora con un fotone alla volta, osservando solo (è, mi
pare, tutto ciò che si può osservare), quando si osserva (in un caso su
5), la cascata elettronica, a cosa corrisponde il riscaldamento? E'
semplicemente troppo piccolo per essere osservato? O si può invece
rilevare un qualche agitazione termica (molecolare): o, nel senso del
calore per irraggiamento, l'emissine di un fotone di bassa frequenza? Ed
in entrambi i casi, come la mettiamo col conto dell'energia?
> Ma non credo che tutto questo possa risolvere i tuoi dubbi, che tanto
> per cambiare non capisco quali siano...
Voglio solo capire.
Che dubbi si possono manifestare, e con quel diritto, se prima non si
capisce?
Una volta che voglio studiare ed imparare, come mi si dice sempre di fare,
per chiarire a me stesso eventuali dubbi, prima di manifestarli a vanvera,
mi si rimprovera anche questo?:-)
Ciao.
Luciano Buggio
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
> Vedila dal punto di vista anche classico, nei seguenti termini.
> Un'onda macroscopica trasporti (attraverso una lastrina fotorilevatrice,
> con induzione di corrente) un mumero n di elettroni
E.C.: di fotoni
nell'unità di tempo.
> Va bene, ma stiamo qui parlando in particolare del visibile, e con il
> visibile la frequenza non è "sufficentemetne bassa": allora come si fa
> per la luce a misura l'ampiezza?
Di regola si misura l'intensita'.
Pero' guarda che la tecnica fa passi da gigante, e non credo manchi
molto che sia possibile generare (e quindi anche misurare) per via
elettronica onde e.m. alle frequenze del visibile.
> Già che ci siamo, sai quale rendimento si è raggiunto attualmente (per
> il visibile)? Io sono fermo al 20% circa.
Non lo so.
> Inoltre vorrei porti a proposito del rendimento una questione che non
> mi è chiara: che fine fanno i fotoni che non vengono rivelati, cioè
> che non danno luogo all'effetto fotoelettrico? Chiaramente mancano al
> computo dell'energia.
Vanno a scaldare il rivelatore...
> Vedila dal punto di vista anche classico, nei seguenti termini.
> Un'onda macroscopica trasporti (attraverso una lastrina
> fotorilevatrice, con induzione di corrente) un mumero n di elettroni
> nell'unità di tempo. Poichè deve valere anche qui il rendimemento
> (suponiamo del 20%), la corrente indotta non equivale, in termini di
> energia, all'intensità dell'onda incidente, ma solo al suo 20%. E'
> così? Oppure se l'onda è macroscopica ogni fotone che la compone è in
> grado di mobilitare un elettrone, diventando il rendimento 1? Ma come
> lo si può stabilire, se ogni elettrone mobilitato (da un singolo
> fotone) mobilita poi, a cascata, un grandisimo numero di altri
> elettroni?
La cosa e' complicata, e ci vorrebbe uno che conosca in dettaglio la
fisica dei semiconduttori che si usano in questi rivelatori.
Sicuramente ogni fotone assorbito "mette in moto" un elettrone. Si
tratta poi di vedere che fine fa le'elettrone: puo' darsi che perda la
sua energia in modo "improduttivo", e non contribuisca ala corrente.
Ma di piu' non ti so dire.
> Ma bisonga tener conto anche del risclaldamento della piastrina,
> ...
> E poi: quando si lavora con un fotone alla volta, osservando solo (è,
> mi pare, tutto ciò che si può osservare), quando si osserva (in un
> caso su 5), la cascata elettronica, a cosa corrisponde il
> riscaldamento?
Qui non afferro bene le domande.
Mi pare tu stia mettendo insieme cose troppo diverse...
Se pensi a un fotomoltiplicatore, come credo di capire, inprimo luogo
che l'emissione di un fotoelettrone, e solodopo (e su altri elettrodi)
la cascata.
L'evento primario avra' esso un rendimento <1, nel senso che non tutti
i fotoni assorbiti danno luogo a elettroni utili.
Percio' il fotocatodo si scaldera' causa l'assorbimento diquesti
fotoni "sprecati". Ma certo si tratta di un riscaldamento inosservabile.
> Una volta che voglio studiare ed imparare, come mi si dice sempre di
> fare, per chiarire a me stesso eventuali dubbi, prima di manifestarli
> a vanvera, mi si rimprovera anche questo?:-)
No, ma osserverei due cose:
1) non credo che siossa imparare molto a forza di domande su argomenti
particolari.
2) La mia nota sul "dubbio" voleva solo dire che mi sentirei di poter
dare risposte piu' "mirate" se capissi meglio quali sono i
"retropensieri" che causano queste domande.
Comunque, cerco di rispondere, piu' o meno ;-)
>> Già che ci siamo, sai quale rendimento si è raggiunto attualmente (per
>> il visibile)? Io sono fermo al 20% circa.
>
> Non lo so.
Una buona cella solare produce un elettrone ogni 2 o 3 fotoni circa. Un
rivelatore a singolo fotone ha una efficienza quantica dalle parti
dell'80%. La differenza fra i due dispositivi e` che nel secondo si deve
in qualche modo amplificare il segnale, perche' un solo elettrone non lo
si riesce a misurare.
> La cosa e' complicata, e ci vorrebbe uno che conosca in dettaglio la
> fisica dei semiconduttori che si usano in questi rivelatori.
> Sicuramente ogni fotone assorbito "mette in moto" un elettrone. Si
> tratta poi di vedere che fine fa le'elettrone: puo' darsi che perda la
> sua energia in modo "improduttivo", e non contribuisca ala corrente.
> Ma di piu' non ti so dire.
Dei fotoni che arrivano, una parte viene riflessa dall'interfaccia
aria/materiale (o finiscono sui contatti metallici, ma per ovviare a
questo si fanno delle lenti che devinao la luce dalla zona metallizzata
al silicio).
Quelli che passano possono avere energia troppo bassa per riuscire a
ionizzare il materiale (per il silicio l'energia minima e` di circa 1.1
eV, quindi in infrarosso). Quelli che ionizzano possono creare la
ionizzazione in una zona di silicio dove non c'e` campo elettrico che
separa lacuna ed elettrone, e quindi l'elettrone libero si ricombina.
Solo i fotoni che generano una coppia nella zona di carica spaziale
contribuiscono alla corrente. Infine anche nella zona di carica spaziale
si possono avere ricombinazioni. Da qualche parte ho un articolo che ne
parla, ma e` in ufficio. Forse era sui proceedings della IEEE del 93.
> Se pensi a un fotomoltiplicatore, come credo di capire, inprimo luogo
> che l'emissione di un fotoelettrone, e solodopo (e su altri elettrodi)
> la cascata.
Ci sono anche rivelatori allo stato solido che lavorano in valanga e
sfruttano una moltiplicazione del primo fotoelettrone (si chiamano SPAD,
single photon avalanche detector), ma il discorso e` esattamente lo stesso.
Ciao
--
Franco
Wovon man nicht sprechen kann, darüber muß man schweigen.
(L. Wittgenstein)
> om - Fri May 28 21:28:52 2004
> User-Agent: Mozilla/5.0 (X11; U; Linux i686; en-US; rv:1.4) Gecko/20030624
> X-Accept-Language: it, en-us, en
> In-Reply-To: <c8vo37$r9f$1...@news.newsland.it>
> luciano buggio ha scritto:
(cut)
> > Mi pare però che se si colloca uno specchio alla distanza giusta da
> > un'antenna (specchio che le rimanda la radiazione emessa) questa cessa
> > di emettere nella direzione della riflessione. Ora, pare che queste
> > siano le condizioni sperimentqli richieste: a valle dell'antenna,
> > nella direzione della riflessione, viaggiano due onde in controfaase,
> > sovrapposte ed allineate, quella emessa dall'antenna in quella
> > direzione e verso, (che non viene riflessa), e quella che, emessa nel
> > verso oposto, ritorna dopo la riflessione verso la sorgente e la
> > sorpassa.
> > Non ho però mai capito se è l'onda di ritorno, in controfase con
> > l'oscillazione dell'antenna, a bloccarne (periodicamente) l'attività,
> > a far mancare l'energia a valle, o è l'interferenza distruttiva,
> > sempre a valle, tra le due onde in opposizione lungo il loro percorso.
> La seconda.
> > Non ho poi capito qual'è la differenza concettuale rispetto al caso in
> > cui l'emettitore sia un atomo, caso in cui è stato riscontrato lo
> > stesso fenomeno della "mancata emissione": a me pare la stesa cosa, o
> > no?
> Appunto: e' la stessa cosa, e infatti succede la stessa cosa.
Questa risposta , e la precedente, non mi convincono. Quanto meno
contraddicono quanto trovo sul quaderno de "Le Scienze" n°21 (feb 1985)
"Luce, colore materia", articolo dal titolo "Luce e strati
monomolecolari", a firma di Karl Drexhage, pag. 81.
Se è la stessa cosa, come dici, le considerazioni che di seguito copio,
relative al decadimento di una molecola eccitata, devono valere anche per
l'antenna radio, e da esse risulta, contro la tua risposta alla domanda
precedente (con cui opti per la seconda delle ipotesi da me fatte). che
l'attività dell'emettitore viene bloccata.
"---una molecla eccitata. In questo caso è possibile misurare la durata
media del livello eccitato, che è inversamente proporzionale alla
probabilità che avvenga il suo decadimento e quindi l'emissione di
radiazione. Nel primo dei due casi precedenti (raggio di curvatura dello
specchio tale che l'onda riflesa arrivi in fase sulla sorgente. n.d.r.) la
vita media del livello viene dimezzata dalla presenza del riflettore,
mentre nel secondo (raggio variato di 1/4 d'onda rispetto a prima. n.d.r.)
diventa infinita; la molecola rimane eccitata indefinitamente, non potendo
irraggiare."
Vorresti chiarirmi, per favore?
Luciano Buggio
> Qual e' il problema?
> ------------------------------
> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
> ------------------------------
> Fro
Naturalmente confermo che antenna e molecola sono la stessa cosa, ma
il tuo problema e' un altro: se l'emissione viene realmente bloccata,
oppure se viene solo cancellata per interferenza.
A pensarci bene, correggerei quello che avevo detto.
Infatti, se pensiamo all'antenna, la domanda e' in sostanza: nel
conduttore che costituisce l'antenna, passa corrente oppure no?
Perche' se passa, dovrebbe irraggiare.
Franco ti ha detto, mi pare, che l'impedenza diventa immaginaria, ma
non infinita. Se e' cosi' la corrente nell'antenna non e' nulla: e'
solo sfasata di 90 gradi rispetto alla tensione del generatore.
Ma se c'e' corrente non vedo come possa non esserci radiazione, e se
c'e' radiazione emessa, non e' possibile che l'impedenza sia
immaginaria...
Insomma, non ci capisco niente...
Vediamo se Franco interviene a chiarire il rebus.
> Franco ti ha detto, mi pare, che l'impedenza diventa immaginaria, ma
> non infinita. Se e' cosi' la corrente nell'antenna non e' nulla: e'
> solo sfasata di 90 gradi rispetto alla tensione del generatore.
> Ma se c'e' corrente non vedo come possa non esserci radiazione, e se
> c'e' radiazione emessa, non e' possibile che l'impedenza sia
> immaginaria...
> Insomma, non ci capisco niente...
>
> Vediamo se Franco interviene a chiarire il rebus.
Nell'altro thread si stava parlando di esperimenti ideali con antenne
puntiformi e di specchi semiriflettenti di spessore infinitesimo. Il
tutto per vedere se fosse possibile sommare nella realta` due campi
elettromagnetici uguali in modo da raddoppiare il valore del campo e
quindi quadruplicare il vettore di poynting.
Le antenne puntiformi ovviamente non esistono, ma per gli esperimenti
ideali vanno bene, anche loro sono reciproche, conservano l'energia,
hanno una impedenza di ingresso (anche se non si puo` definire dove
scorra la corrente nell'antenna).
Su queste basi, per fare i ragionamenti di antenna puntiforme nel centro
di un riflettore a calotta sferica, ho usato un equivalente con le linee
di trasmissione (ottica geometrica, ogni raggio per conto suo, nessun
effetto di bordo, nessu effeto di campo vicino...).
Il modello che ho usato e` il seguente: ogni angolo solido dOMEGA che
parte dall'antenna, lo si puo` pensare come rappresentato come una linea
di trasmissione. Se si mette un riflettore a calotta sferica intorno a
all'antenna, una parte di queste linee che partono dall'antenna viene
terminata da un cortocircuito, con coefficiente di riflessione rho=-1
(il campo elettrico riflesso e` invertito). La geometria fa si` che
l'energia riflessa torni sull'antenna.
Il comportamento dell'antenna piu` riflettore a questo punto dipende
dalla sorgente elettrica che alimenta l'antenna. Se il cortocircuito e`
a lambda/4 dall'antenna, quando lo si riporta sull'antenna, lo si vede
come un circuito aperto, e quindi l'antenna ha una impedenza di ingresso
piu` elevata perche' di tutte le linee in parallelo che partono
dall'antenna, alcune hanno ancora impedenza reale (quelle che non vedono
il rifettore e vanno all'infinito), e quindi portano via potenza, mentre
altre mostrano all'antenna impedenza infinita (quelle che finiscono sul
riflettore), e quindi l'impedenza totale aumenta.
Con una alimentazione ideale di tensione, si ha che la potenza emessa e`
minore: l'emissione verso le direzioni senza riflettore non viene
variata perche' la tensione ai capi dell'antenna non cambia. Se la
sorgente e` reale, con una resistenza in serie, le cose invece cambiano
perche' cambia la partizione di tensione fra resistenza interna del
generatore e impedenza dell'antenna.
Il tutto ovviamente senza tenere conto di campo vicino e componenti
reattive, dato che sto usando l'ottica geometrica e le dimensioni
dell'antenna sono nulle.
Con un generatore ideale di tensione c'e` un caso patologico: se il
riflettore e` spostato a lambda/2, si ha che il cortocircuito formato
dal riflettore e riportato sull'antenna e` ancora un cortocircuito, e si
ha una rete degenere con una sorgente di tensione cortocircuitata.
Il tutto e` facilmente estendibile al caso di sorgente ideale di
tensione e raggio diverso da lambda/4 e lambda/2: qui nasce una
componente reattiva sull'impedenza dell'antenna, ma l'emissione verso le
direzioni libere dal riflettore non cambia.
Direi che non sia possa analizzare con lo stesso sistema il caso della
molecola: quella che ho fatto e` una analisi classica (a campi, non a
fotoni), mentre una molecola da sola e` descrivibile solo in termini
quantistici.
Per quanto riguarda l'antenna dentro a una sfera completa, senza
aperture, l'impedenza che presenta dipende dal raggio della sfera. E`
sempre una impedenza con parte reale nulla, ma con parte immaginaria che
puo` essere diversa da zero (anzi, la parte immaginaria puo` assumere
qualunque valore da -infinito a piu` infinito).
Nel caso di impedenza immaginaria, e` vero che circola corrente nel
feeder e quindi l'antenna trasmette, ma il segnale trasmesso torna
indietro e viene ricevuto dall'antenna stessa.
A seconda della fase del segnale ricevuto, si puo` avere qualunque
impedenza puramente reattiva (pensa al comportamento di una linea di
trasmissione chiusa in cortocircuito: l'impedenza vista dall'ingresso
della linea puo` assumere qualunque valore del tipo Z=0+jX, con X che
dipende dalla lunghezza della linea e dalla lunghezza d'onda. Se conosci
la carta di smith, al variare del rapporto (lunghezza fisica)/(lunghezza
d'onda) si percorre il bordo della carta).
"Sia un'antenna al centro di un riflettore emisferico: se il raggio di
curvatura è tale che le onde diretta e riflessa siano in fase, le loro
ampiezze si sommano e l'intensità ( che è proporzionale al quadrato
dell'ampiezza) diviene quattro volte maggiore di quella che si avrebbe
senza riflettore: Questo è vero per tuttte le direzioni, quindi la potenza
totale dell'emissione è il doppio di quella che si avrebbe senza
riflettore. Se però il raggio della sfera viene variato di 1/4 di
lunghezza d'onda, le onde diretta e riflessa si trovano in oposizione di
fase e l'antenna non emette affatto."
Non capisco più nulla nemmeno io: che valore ha quanto qui scritto? E' da
buttare?
Inoltre: che differenza c'è tra un fisico teorico ed un antennista:-)?
Per finire, mi pare importante mettersi d'accordo sul fatto che l'antenna
e la molecola eccitata siano la stessa cosa o meno: Fabri aveva deto che
sì, e l'ha poi confermato, mentre tu dici:
"Direi che non sia possa analizzare con lo stesso sistema il caso della
molecola: quella che ho fatto e` una analisi classica (a campi, non a
fotoni), mentre una molecola da sola e` descrivibile solo in termini
quantistici."
Ne vien fuori quantomeno che per le alte frequenze (quelle del visibile,
per esempio) il modello dell'emissione o della non emissione è diveso da
quello che vale per le basse frequenze dell'antenna radio:
Dove è andata a finire al grande unificazione di Maxwell se le prime
vengono trattate dalla quantistica e le seconde dall'elettromagnetismo
classico?
Ciao.
Luciano Buggio.
> "Sia un'antenna al centro di un riflettore emisferico:
Se ben ricordo si parlava di un'antenna puntiforme, che e` un oggetto
matematico.
> se il raggio di
> curvatura è tale che le onde diretta e riflessa siano in fase, le loro
> ampiezze si sommano e l'intensità ( che è proporzionale al quadrato
> dell'ampiezza) diviene quattro volte maggiore di quella che si avrebbe
> senza riflettore: Questo è vero per tuttte le direzioni, quindi la potenza
> totale dell'emissione è il doppio di quella che si avrebbe senza
> riflettore. Se però il raggio della sfera viene variato di 1/4 di
> lunghezza d'onda, le onde diretta e riflessa si trovano in oposizione di
> fase e l'antenna non emette affatto."
>
> Non capisco più nulla nemmeno io: che valore ha quanto qui scritto? E' da
> buttare?
Non funziona perche' l'antenna che trasmette verso lo specchio e` li` a
ricevere il segnale riflesso dallo specchio, che *non* viene sommato a
quello trasmesso in quel momento, perche' di mezzo c'e` l'antenna.
Un'antenna che trasmette riceve anche (reciprocita`), se e` messa nel
centro della calotta sferica riceve tutto quello che ha trasmesso verso
lo specchio. L'onda riflessa non "passa oltre" l'antenna trasmittente,
ma viene ricevuta.
Quello che capita dipende da come e` alimentata l'antenna (generatore
ideale di tensione, generatore reale...).
> Inoltre: che differenza c'è tra un fisico teorico ed un antennista:-)?
Prova a chiedere a Elio: ma non credo che vada sui tetti a mettere a
posto le antenne :-). Peraltro anch'io non sono un antennista: soffro di
vertigini :-)
> Per finire, mi pare importante mettersi d'accordo sul fatto che l'antenna
> e la molecola eccitata siano la stessa cosa o meno: Fabri aveva deto che
> sì, e l'ha poi confermato, mentre tu dici:
> "Direi che non sia possa analizzare con lo stesso sistema il caso della
> molecola: quella che ho fatto e` una analisi classica (a campi, non a
> fotoni), mentre una molecola da sola e` descrivibile solo in termini
> quantistici."
> Ne vien fuori quantomeno che per le alte frequenze (quelle del visibile,
> per esempio) il modello dell'emissione o della non emissione è diveso da
> quello che vale per le basse frequenze dell'antenna radio:
> Dove è andata a finire al grande unificazione di Maxwell se le prime
> vengono trattate dalla quantistica e le seconde dall'elettromagnetismo
> classico?
Una antenna (macroscopica) puoi descriverla in termini classici oppure a
fotoni, ma non puoi saltare a piacimento da una descrizione all'altra.
L'emissione di una molecola puoi solo descriverla in termini quantistici.
Le equazioni di maxwell non spiegano come faccia una molecola ad
emettere. Spiegano come fa una antenna a trasmettere, supponendo che
esista una cosa chiamata "corrente elettrica", e dei campi em. Le eq. di
maxwell non parlano di fotoni, sono due descrizioni diverse che non
possono essere mescolate fra di loro.
> luciano buggio wrote:
> > "Sia un'antenna al centro di un riflettore emisferico:
> Se ben ricordo si parlava di un'antenna puntiforme, che e` un oggetto
> matematico.
> > se il raggio di
> > curvatura è tale che le onde diretta e riflessa siano in fase, le loro
> > ampiezze si sommano e l'intensità ( che è proporzionale al quadrato
> > dell'ampiezza) diviene quattro volte maggiore di quella che si avrebbe
> > senza riflettore: Questo è vero per tuttte le direzioni, quindi la potenza
> > totale dell'emissione è il doppio di quella che si avrebbe senza
> > riflettore. Se però il raggio della sfera viene variato di 1/4 di
> > lunghezza d'onda, le onde diretta e riflessa si trovano in oposizione di
> > fase e l'antenna non emette affatto."
> >
> > Non capisco più nulla nemmeno io: che valore ha quanto qui scritto? E' da
> > buttare?
> Non funziona..
Quindi è da buttare: ma che cavolate vengono scritte su "Le Scienze"?
Tra l'altro osservo che quasi sistematicamente quando cito articoli dalla
prestigiosa rivista mi vengono contestati, con l'argomento che è una
rivista semi-divulgativa che non approfondisce, oppure mi si promette una
rispsta (come nel caso dell'articolo sull'interpretazione dello specchio
dielettrico a più strati - questo da parte di Fabri - che poi non arriva
mai).
>...perhe' l'antenna che trasmette verso lo specchio e` li` a
> ricevere il segnale riflesso dallo specchio, che *non* viene sommato a
> quello trasmesso in quel momento, perche' di mezzo c'e` l'antenna.
> Un'antenna che trasmette riceve anche (reciprocita`), se e` messa nel
> centro della calotta sferica riceve tutto quello che ha trasmesso verso
> lo specchio. L'onda riflessa non "passa oltre" l'antenna trasmittente,
> ma viene ricevuta.
Perfetto:
Quindi se l'antenna continua ad emettere (in particolare dalla parte in
cui non c'è il riflettore), questa emissione è dovuta alla messa in
oscillazione degli elettroni ad opera dell'onda riflesa ricevuta. E' così?
Tu dici che tale emissione *non* viene sommata a quella trasmessa in quel
momento: e perchè? La radiazioene riflessa mica blocca l'attività in corso
dell'antenna ad opera dell'alimentatore (questo avviene quando l'onda di
ritorno è in controfase, vedi dopo). L'autore dice che va a sommarsi ad
essa e mi pare plausibile. Dice anche (lo si evince chiaramente dal
confronto con la molecola) che nel caso in cui la riflessione avvenga in
controfase si annulla l'attività dell'antenna proprio nel senso che gli
elettroni su di essa non si muovono più (per la verità questo dovrebbe
succedere solo se lo specchio è una sfera chiusa: bisogna infatti, MMN,
che l'energia dell'oscillazione degli elettorni sia pari a quella
del'onda di ritorno, perchè essi vengano inibiti totalmente, e se lo
specchio non è totale, e quindi non ritorna tutta l'energia, si ha solo un
indebolimenbto, proporzionale alla quota della superficie sferica occupata
dallo specchio).
In questa seconda ipotesi bisogna anche, perchè non si registri emissione
(o l'emissione venga indebolita), che, funzionando l'antenna come
ricevente, l'onda in arrivo, nel bloccare l'attività dell'antenna, venga
assorbita da essa (antenna perfettaemtne puntiforme ed onda di ritorno
perfettamente focalizzata). Se le cose stanno così, non c'è, in questa
seconda 'ipotesi della controfase rispetto all'emettitore, nessuna
interferenza distruttiva a valle (e Fabri sostiene invece che c'è, tu non
so ancora cosa ne pensi): semplicemente l'antenna si rifiuta di emettere,
esattametne come si rifiuta di muovesi un corpo spinto da due forze uguali
e contrarie, (il "corpo" qui è l'elettrone).
(cut)
> > Per finire, mi pare importante mettersi d'accordo sul fatto che l'antenna
> > e la molecola eccitata siano la stessa cosa o meno: Fabri aveva deto che
> > sì, e l'ha poi confermato, mentre tu dici:
> > "Direi che non sia possa analizzare con lo stesso sistema il caso della
> > molecola: quella che ho fatto e` una analisi classica (a campi, non a
> > fotoni), mentre una molecola da sola e` descrivibile solo in termini
> > quantistici."
> > Ne vien fuori quantomeno che per le alte frequenze (quelle del visibile,
> > per esempio) il modello dell'emissione o della non emissione è diveso da
> > quello che vale per le basse frequenze dell'antenna radio:
> > Dove è andata a finire al grande unificazione di Maxwell se le prime
> > vengono trattate dalla quantistica e le seconde dall'elettromagnetismo
> > classico?
> Una antenna (macroscopica) puoi descriverla in termini classici oppure a
> fotoni,
Ma come,. prima dicevi che si può descrivere solo classicamente...
> ma non puoi saltare a piacimento da una descrizione all'altra.
> L'emissione di una molecola puoi solo descriverla in termini quantistici.
> Le equazioni di maxwell non spiegano come faccia una molecola ad
> emettere.
Come no?! Ma che cosa dici?
Prima di Planck (Planck compreso) il modello del corpo nero era un insieme
di oscillatori a livello atomico.
Poi la cosa è stata abbandonata, in modo alquanto misterioso.
Se ne è parlato anche tempo fa, in questi NG, e qualcuno, non ricordo chi,
cui questo abbandono è parso strano, si era ripromesso di
approfondire:.solitamente non ci si pensa.
Io sono rimasto all'antica, a quella ipotesi che veramente unifica, anche
per quanto riguarda la produzione, tulle le frequenze..
MMN la singola molecola è una vera e propria antenna (non so se tutta la
molecola o solo i suoi elettroni): il singolo atto di emissione della
radiazine (debole emissione, "singolo fotone") è il frutto si una sequenza
di oscillazioni (in senso classico, spaziotemporale ordianrio), che
produce un treno d'onde, con la freqeunza dell'oscillazione della
sorgente, treno la cui lunghezza (lunghezza di coerenza) si ottiene
moltiplicando la durata dell'oscillazione per c.
Dimostrami che non è così.
Ciao.
Luciano Buggio
> Quindi è da buttare: ma che cavolate vengono scritte su "Le Scienze"?
Posso formulare due o tre ipotesi: ad esempio quanto viene scritto si
riferisce a un contesto diverso da quello cui stiamo parlando
(elettromagnetismo classico, ottica geometrica), vengono usati due
modelli diversi non compatibili fra di loro (che vuol dire ad esempio
che forniscono gli stessi risultati ma che non si puo` passare da un
modello all'altro a meta` strada), non hai capito di che cosa sta
parlando la rivista...
> Quindi se l'antenna continua ad emettere (in particolare dalla parte in
> cui non c'è il riflettore), questa emissione è dovuta alla messa in
> oscillazione degli elettroni ad opera dell'onda riflesa ricevuta. E' così?
Neanche per idea! Hai introdotto le antenne puntiformi: non hanno
elettroni, sono oggetti matematici che hanno certe caratteristiche
generali delle antenne (reciprocita`, conservazione dell'energia.., ma
che non ne hanno altre, ad esempio corrente che scorre in esse). Sono
sorgenti di campo, ma non si specifica (e non lo si potrebbe fare) come
facciano a generare il campo.
Se si usano le antenne puntiformi, e` possibile usare facilmente un
modello a linee dello spazio intorno per vedere che cosa capita. I
risultati che si ottengono sono tanto piu` vicini al comportamento di
una antenna reale, quanto piu` questa e` piccola (e un po' di altre
condizioni).
Se parli di elettroni, non e` piu` un'antenna puntiforme e il modello di
calcolo cambia (spesso in modo molto piu` complicato).
Usare un modello al di fuori del suo campo di validita` di solito porta
ad errori abbastanza catastrofici.
> Tu dici che tale emissione *non* viene sommata a quella trasmessa in quel
> momento: e perchè? La radiazioene riflessa mica blocca l'attività in corso
> dell'antenna ad opera dell'alimentatore (questo avviene quando l'onda di
> ritorno è in controfase, vedi dopo).
L'onda elettromagnetica riflessa viene ricevuta dall'antenna (e` TUTTA
perfettamente rifocalizzata sull'antenna): che cosa capita dipende da
come e` alimentata l'antenna. Se l'alimentazione e` fatta da una
tensione ideale, mettere lo specchio dietro l'antenna non cambia
l'emissione verso le direzioni in cui non c'e` lo specchio (tranne il
caso degenere di distanza pari a meta` della lunghezza d'onda).
> In questa seconda ipotesi bisogna anche, perchè non si registri emissione
> (o l'emissione venga indebolita), che, funzionando l'antenna come
> ricevente, l'onda in arrivo, nel bloccare l'attività dell'antenna, venga
> assorbita da essa (antenna perfettaemtne puntiforme ed onda di ritorno
> perfettamente focalizzata).
Visto che si parlava di antenne puntiformi e sfere ideali, direi che le
condizioni ci siano. Quello che non si puo` dire e` parlare di elettroni
nell'antenna: non ce ne sono, e` solo un modello matematico. Quello che
capita dipende dalla impedenza della alimentazione dell'antenna. Si puo`
parlare di impedenza di alimentazione perche' si e` in termini classici,
per una molecola direi che la cosa non funzioni proprio.
Nota che tutto il discorso era nato dalla domanda se si potessero
sommare due onde elettromagnetiche uguali, in modo da sommare ovunque i
campi. La mia risposta continua ad essere no. L'antenna puntiforme e
riflettore sferico sono un esperimento ideale per vedere se fosse
possibile fare quella somma di onde. Continua a non essere possibile
perche' l'antenna puntiforme "fa ombra" all'onda riflessa e
rifocalizzata sull'antenna stessa.
> e contrarie, (il "corpo" qui è l'elettrone).
Non ci sono elettroni in giro, non hanno lo "spazio" per starci in
un'antenna puntiforme :-). Che cosa capita dipende dall'alimentazione
dell'antenna puntiforme.
>>Una antenna (macroscopica) puoi descriverla in termini classici oppure a
>>fotoni,
>
> Ma come,. prima dicevi che si può descrivere solo classicamente...
Non mi pare di aver detto una cosa del genere. Al piu` ho detto che non
puoi passare da una descrizione all'altra. E ho anche detto che stavo
facendo una descrizione classica, non che non si possa fare una
descrizione quantisitica.
> Come no?! Ma che cosa dici?
> Prima di Planck (Planck compreso) il modello del corpo nero era un insieme
> di oscillatori a livello atomico.
E la cosa non funzionava :-)
> MMN la singola molecola è una vera e propria antenna (non so se tutta la
> molecola o solo i suoi elettroni):
Non e` una antenna descrivibile in termini di equazioni di maxwell. Le
eq. di maxwell dicono (fra le altre cose) che una antenna trasmette
grazie alla corrente che circola (ad esempio in un conduttore). Trova
una corrente elettrica in una molecola!
[Nota che le eq. di maxwell sono state scritte prima di sapere da che
cosa fosse costituita la corrente elettrica e come fosse fatto un atomo.]
> il singolo atto di emissione della
> radiazine (debole emissione, "singolo fotone") è il frutto si una sequenza
> di oscillazioni (in senso classico, spaziotemporale ordianrio),
Non puoi parlare di fotoni con le equazioni di maxwell: queste hanno E,
H, J, (un fisico direbbe E, B, J) ma niente fotoni.
> Dimostrami che non è così.
Trova la corrente elettrica in un atomo e trova dove sono i fotoni nelle
equazioni di maxwell. Non puoi mescolare le due cose. E poi, dato che
l'idea e` tua, sei tu a dover dimostrare *con i conti* che la tua idea
e` valida :-). Le eq. di maxwell le puoi usare per la propagazione
(J=0), non per la generazione (in cui non saprei scrivere il vettore J,
densita` di corrente)
Ciao
> Non e` una antenna descrivibile in termini di equazioni di maxwell. Le
> eq. di maxwell dicono (fra le altre cose) che una antenna trasmette
> grazie alla corrente che circola (ad esempio in un conduttore). Trova
> una corrente elettrica in una molecola!
(cut)
Non ho nessun problema dal punto di vista concettuale.
Nel conduttore (l'antenna) passa corrente, dici, nel singolo atomo
eccitato no.
Vediamo.
Che cosa vuol dire, in generale, che passa corrente?
Partiamo dalla corrente continua.
La differenza di tensione alle estremità del conduttore fa viaggiare gli
elettroni, ad una bassissima velcoità (qualche centimetro al secondo).
Immagina che tale avanzamento avvenga (per come è strutturato il metallo
in cui si muovono gli elettorni liberi) "a piccoli scatti", per
accelerazioni (e quindi decelerazioni) successive. Sappiamo che quando un
elettrone accelera emette radiazione. Infatti all'esterno del conduttore
si crea un campo magnetico ed elettrico stabilmente diretti di conseguenza.
Si inverta ora periodicamente con una certa frequenza il verso della
differenza di potenziale degli estremi del conduttore. Quel campo
magnetico ed elettrico che avevano sempre lo stesso orientamento nel caso
della corrente continua ora si invertono, con la stessa frequenza del
campio di polarità del conduttore, divenuto antenna. Viene emessa quindi
radiazione.
Ciò che importa rilevare è che abbiamo ridotto la tua "corrente" al moto
accelerato, in uno spaizo brevissimo, dell'elettrone.
Passiamo all'atomo.
Sia l'atomo investito da una radiazione (della frequenza giusta):
l'elettrone giusto (sensibile al campo elettrico della radiazione) viene
eccelerato, ad ogni mezza fase in un verso e nella fase successiva
nell'altro, all'invertirsi della direzione del vettore elettrico di cui è
dotata l'onda. Diciamo che l'elettrone passa da un'orbita ad un'altra, a
seconda dell'energia della radiazione, e che lo fa, appunto, accelerando e
quindi emettendo radiazione, della frequenza di quella che riceve.
Qui i suoi "salti" in avanti ed indietro, hanno logicamente una lunghezza
minore, viste le dimensioni del dominio atomico, di quella che avevano
quando avanzava nel conduttore, le accelerazioni sono maggiori e la
frequenza più alta (del visibile, per esempio).
Meiner Meinung Nach.
Non chiedermi i calcoli.
In ogni modo vengono prima le idee.
Ciao.
Luciano Buggio
Luciano
> Partiamo dalla corrente continua.
> La differenza di tensione alle estremità del conduttore fa viaggiare gli
> elettroni, ad una bassissima velcoità (qualche centimetro al secondo).
> Immagina che tale avanzamento avvenga (per come è strutturato il metallo
> in cui si muovono gli elettorni liberi) "a piccoli scatti", per
Perche' dovrebbe procedere a scatti (=partire fermarsi, ripartire..)? A
meno che a scatti voglia dire con velocita` non uniforme.
> accelerazioni (e quindi decelerazioni) successive. Sappiamo che quando un
> elettrone accelera emette radiazione. Infatti all'esterno del conduttore
> si crea un campo magnetico ed elettrico stabilmente diretti di conseguenza.
Credo che stia facendo un po' di confusione con le equazioni di maxwell,
che dicono che se le cariche nel conduttore si muovono di moto
(mediamente) uniforme, si ha un campo magnetico statico (che NON e` una
radiazione). Per avere un campo statico, non servono accelerazioni,
variazioni di corrente o simili (rot(H)=J)
L'accelerazione da` origine a un campo magnetico variabile, e di
conseguenza all'onda elettromagnetica (onda elettromagnetica che NON
c'e` fuori da un conduttore percorso da una continua).
In continua, anche se gli elettroni procedessero a scatti,
l'accelerazione di un elettrone sarebbe compensata dalla "decelerazione"
di un altro elettrone e mediamente non si avrebbe radiazione. Gli
elettroni nel conduttore viaggiano, e` vero, a velocita` medie molto
basse, ma la loro agitazione termica li fa muovere a velocita` dalle
parti di un centinaio di kilometri al secondo. Questo movimento e`
continuamente accelerato, nel senso che cambia continuamente direzione,
ma non da` radiazione (ci sarebbe una nota da fare, ma meglio lasciare
stare) perche' e` compensato in media dalle accelerazioni degli altri
elettroni, e quindi tutto l'insieme ha accelerazione nulla. Per avere un
campo statico non serve una accelerazione delle cariche. La condizione
di accelerazione delle cariche serve per generare un'onda elettromagnetica.
> Si inverta ora periodicamente con una certa frequenza il verso della
> differenza di potenziale degli estremi del conduttore. Quel campo
> magnetico ed elettrico che avevano sempre lo stesso orientamento nel caso
> della corrente continua ora si invertono, con la stessa frequenza del
> campio di polarità del conduttore, divenuto antenna. Viene emessa quindi
> radiazione.
Occhio che il campo elettrico di cui parlavi prima e` quello dovuto alla
resistivita` del materiale, non ha nulla a che vedere con
l'irraggiamento elettromagnetico (il vettore di poynting va dalla parte
sbagliata, entra nel conduttore al posto di uscire dal conduttore. Come
lo hai detto sembrerebbe che una antenna di superconduttore non possa
irradiare)
> Ciò che importa rilevare è che abbiamo ridotto la tua "corrente" al moto
> accelerato, in uno spaizo brevissimo, dell'elettrone.
Se parli di moto accelerato a causa della differenza di potenziale e
della corrente variabile, ok. Se parli delle accelerazioni del primo
paragrafo (moto a scatti), non va bene. Nota ancora che le eq. di
maxwell parlano di corrente elettrica, non di elettroni. Sono state
scritte prima che si sapesse che esistevano gli elettroni (equazioni di
maxwell, circa 1864, elettrone circa 1900). Quando passi da una corrente
(=insieme di molti elettroni) a un singolo elettrone, le cose si complicano.
> Passiamo all'atomo.
<cut>
Se parli di orbite (suppongo classiche) e accetti le equazioni di
maxwell, devi anche spiegare come mai un elettrone in orbita stazionaria
non emette radiazione, eppure e` continuamente accelerato (accelerazione
vuol dire cambiare il vettore velocita`, non solo in modulo, ma anche in
direzione). Poi ci sono altri problemi, ma questo e` il primo.
> Non chiedermi i calcoli.
Quelli sono fondamentali
> In ogni modo vengono prima le idee.
Che pero` devono essere verificate dai calcoli e dagli esperimenti.
Credo che questo modello sia stato abbandonato circa un secolo fa,
perche' non funzionava.
Vorrei solo chiudere la discussione dei post precedenti, ribadendo il
fatto che non si possono sommare due onde em identiche, che una antenna
puntiforme non si comporta come un atomo e che non puoi usare
l'elettromagnetismo classico per descrivere un atomo.
luciano buggio ha scritto:
> ...
> Sia l'atomo investito da una radiazione (della frequenza giusta):
> l'elettrone giusto (sensibile al campo elettrico della radiazione)
> viene eccelerato, ad ogni mezza fase in un verso e nella fase
> successiva nell'altro, all'invertirsi della direzione del vettore
> elettrico di cui è dotata l'onda.
> ...
> Meiner Meinung Nach.
> Non chiedermi i calcoli.
> In ogni modo vengono prima le idee.
Sai bene come la penso: idee senza calcoli...
Pero' mi sento in dovere di dire aulcosa, visto che sono responsabile
dell'affermazione che anche una molecola puo' essere trattata come
un'antenna.
L'ho detto e lo ripeto, perche' e' vero, ma certo non in modo banale.
(Incidentalmente, l'esistenza di questa corrispondenza tra la
trattazione quantistica e quella classica e' stata un punto essenziale
per la costruzione della m.q. alla Heisenberg.)
E' vero che un sistema quantistico (atomo, molecola) nei confronti
della radiazione e.m. si comporta per molti aspetti come una
peculiare antenna; o meglio come un oscillatore.
Peggio: in realta' va trattato come un insieme di oscillatori: uno per
ogni frequenza che e' capace di emettere e di assorbire.
Dal che si vede che questi "oscillatori" sono fittizi, non sono gli
elettroni (che sono in numero finito, mentre le righe sono infinite).
Ma per tutto quanto riguarda larghezza delle righe, distribuzione
spaziale, polarizzazione ... il metodo di corrispondenza funziona.
Quindi funziona anche per il nostro problema della molecola davanti
allo specchio.
E' diventato tradizionale il concetto di "forza di oscillatore"
("oscillator strength"), che viene usato cosi': si prende la formula
classica (per scattering, assorbimento, emissione da parte di un
elettrone legato elasticamente) e si moltiplica il risultato per la
forza di oscillatore per ottenere l'intensita' della riga.
Per es. in "Astrophysical Quantities" di Allen (che e' un libro
correntemente in uso) trovo la forza di oscillatore per la riga H_alfa
dell'idrogeno (quella a 656nm) la f. di osc. e' 0.87.
Dal punto di vista della m.q. questo e' solo un modo contorto per dare
il valore di un elemento di matrice (del momento di dipolo elettrico
in questo caso) tra stato iniziale e stato finale; ma Heisenberga
arrivo' agli elementi di matrice proprio seguendo la strada inversa...
> E' vero che un sistema quantistico (atomo, molecola) nei confronti
> della radiazione e.m. si comporta per molti aspetti come una
> peculiare antenna; o meglio come un oscillatore.
Per un "antennista" una antenna ha anche dei morsetti di alimentazione,
che non mi pare ci siano in una molecola. A seconda di che cosa si mette
intorno all'antenna (riflettore, spazio libero...) cambia l'impedenza di
alimentazione, e quindi l'adattamento rispetto alla sorgente (=potenza
totale irradiata).
Probabilmente quando dici antenna intendi sorgente di campo, mentre per
me una antenna e` un trasduttore da grandezze elettromagnetiche guidate
(cavo, guida d'onda) a grandezze elettromagnetiche irradiate.
> Peggio: in realta' va trattato come un insieme di oscillatori: uno per
> ogni frequenza che e' capace di emettere e di assorbire.
> Dal che si vede che questi "oscillatori" sono fittizi, non sono gli
> elettroni (che sono in numero finito, mentre le righe sono infinite).
Quello che stavo cercando di spiegare a luciano e` che dentro l'atomo
non c'e` una corrente elettrica oscillante che genera l'emissione.
> E' diventato tradizionale il concetto di "forza di oscillatore"
> ("oscillator strength"), che viene usato cosi': si prende la formula
> classica (per scattering, assorbimento, emissione da parte di un
> elettrone legato elasticamente) e si moltiplica il risultato per la
> forza di oscillatore per ottenere l'intensita' della riga.
Forse e` meglio specificare che la forza di oscillatore si riferisce a
un elettrone come valore di riferimento, che non c'e` un vero elettrone
legato elasticamente che gira intorno al nucleo e irradia.
Incidentalmente, il tuo calcolo dell'effetto dello specchio fa uso di
una tecnica che si puo' usare pari pari in m.q.: v. Feynman.
Quindi anche da questo punto di vista l'analogia e' forte.
Ti ringrazio per aver accettato il confronto sul terreno dei concetti,
sorvolando per ora sui calcoli.
Un'ipotesi alternativa espressa qualitativamente si può falsificare
intanto sul piano qualitativo, come da me richiesto, e come tu cerchi di
fare qui: si può tagliare la testa al toro facendo rilevare incongruenze
(interne o esterne) su piano delle idee, senza affaticarsi coi calcoli.
Questi saranno necessari nel caso in cui la contestazione qualitativa non
dia risultati, quando cioè qualitativametne la teoria alternativa dovesse
assumere pari dignità su questo piano, e, per la decisione della sua
validità, sia quindi da mettere alla prova del suo funzionamento
quantitativo, in particolare per vedere se fa predizioni diverse.
Franco ha scritto:
> luciano buggio wrote:
> > Partiamo dalla corrente continua.
> > La differenza di tensione alle estremità del conduttore fa viaggiare gli
> > elettroni, ad una bassissima velcoità (qualche centimetro al secondo).
> > Immagina che tale avanzamento avvenga (per come è strutturato il metallo
> > in cui si muovono gli elettorni liberi) "a piccoli scatti", per
> Perche' dovrebbe procedere a scatti (=partire fermarsi, ripartire..)? A
> meno che a scatti voglia dire con velocita` non uniforme.
Non è necessario, credo, ipotizzare che la carica parta da ferma e che
torni a fermarsi dopo aver accelerato e poi decelerato. E' importante al
variazione della velocità che configuri comunque l'accelerazione.
Naturalmente nell'ipotesi degli "scatti" a partire da velocità zero c'è
più margine per i valori dell'accelerazione.
Tu mi chiedi "perchè a scatti?", e io ti giro la domanda:"Perchè no?"
Ti risulta che siano stati visti gli elettroni mentre si spostano
complessivamente ad una bassissima velocità dentro un filo conduttore?
Escludi che il loro moto avvenga a piccoli scatti?
Come te lo immagini, questo moto? Ddisordinato, in tutte le direzioni
(anche retrograde), con risultante non nulla nel verso della corrente (in
quello opposto, per la precisione, vista la convenzione da secoli
adottata)?O te lo immaigni rettilineo uniforme, con nessuna componente
disutile, a quella ridicola velocità?
O ritieni che non abbia importanza stabilirlo (visti i tempi che corrono e
la rinuncia a parlare di traiettorie delle piccole aprticelle?)
> > accelerazioni (e quindi decelerazioni) successive. Sappiamo che quando un
> > elettrone accelera emette radiazione. Infatti all'esterno del conduttore
> > si crea un campo magnetico ed elettrico stabilmente diretti di conseguenza.
> Credo che stia facendo un po' di confusione con le equazioni di maxwell,
> che dicono che se le cariche nel conduttore si muovono di moto
> (mediamente) uniforme, si ha un campo magnetico statico (che NON e` una
> radiazione). Per avere un campo statico, non servono accelerazioni,
> variazioni di corrente o simili (rot(H)=J)
> L'accelerazione da` origine a un campo magnetico variabile, e di
> conseguenza all'onda elettromagnetica (onda elettromagnetica che NON
> c'e` fuori da un conduttore percorso da una continua).
Esatto, fuori del contuttore non c'è onda elettromagnetica, ma campo
statico: ma chi ti dice che questo campo statico non sia il rusultato
complessivo di "mezze" onde che partono da ogni singolo elettrone e che
*non si alternano*, per il fatto che, appunto, gli elettorni viaggiano,
scattando in avaenti ad intervalli, sempre nella stessa direzione?
> In continua, anche se gli elettroni procedessero a scatti,
> l'accelerazione di un elettrone sarebbe compensata dalla "decelerazione"
> di un altro elettrone e mediamente non si avrebbe radiazione.
Mi sembrava fosse inteso che l'emissione della radiazione avvenisse "per
moduli" contenuti ciascuno nell'intervallo tra due minimi di velocità
successivi (all'interno del quale avviene un'accelerazione e poi una
decelerazione), siano o non siano questi due minimi nulli.
Mi spiego.
Supponiamo che caiscuna mezza onda emersa da un'antenna sia emessa
nell'intervallo temporale compreso tra due istanti successivi in cui
avviene l'inversione della polarità dell'antenna stessa.
Supponiamo che in questo medesimo intervallo ciascun elettorne libero nel
metallo (inizialmente fermo) faccia un piccolo scatto lungo la bacchetta:
prima accelera e poi decelera, fino a fermarsi di nuovo, e nel frattempo
viene emessa la prima mezza onda, con andamento sinusoidale dell'ampiezza
(l'onda successiva, dall'istnate dell'inversione della polarità fino alla
successiva inversione, verrà emessa col vettore elettrico nel verso oposto
- ceme pure quello magnetico). Non è che all'accelerazione dell'elettrone
corrisponda l'emissione della prima mezz'onda ed alla sua decelerazione
quella della seconda, come si evincerebbe dalla tua osservazione.
So che ne vien fuori, essendo l'accelerazione nulla a metà del mezzo
periodo, che l'ampiezza dell'onda non va con l'accelerazione, ma con la
veloctà istantanea nel corso dello "scatto" cioè con la derivata
(essendo massima dove l'accelerazione è nulla): ma tant'è! (ciò d'aaltra
parte è coerente con la mia teoria dell'emissione, e se vuoi
approfondiamo).
> Gli elettroni nel conduttore viaggiano, e` vero, a velocita` medie molto
> basse, ma la loro agitazione termica li fa muovere a velocita` dalle
> parti di un centinaio di kilometri al secondo. Questo movimento e`
> continuamente accelerato, nel senso che cambia continuamente direzione,
Rispondi qui praticametne alla domanda che ti ho fatto sopra.
Ammettiamo moti accelerati (e decelerati) disordianti, che avrebbero
quindi risultante nulla: ma sono proprio disordinati? Se gli elettorni
conmplessivametne avanzano vuol dire che accelerazioni e decelerazioni
hanno una componente non nulla nella direzione complessiva del moto. O no?
Questa risultante, nel caso della corrente continua, non si inverte e
quindi vengono emesse continuametne (e disordinatamente, certo, da ogni
elettorne) "mezze onde" (in termini di risultante) tutte col vettore
elettrico e magnetico diretto sempre nelle stesse direzioni (quello
elettrico parallelo al filo, e quello magnetico perpendicolare ad esso),
le quali si sommano nello spazio
sovrapponendosi costruttivamente a dare al continuità dei rispettivi
campi: non vengono in tal modo percepite come onde, ma come campi statici.
>meglio lasciare
> stare) perche' e` compensato in media dalle accelerazioni degli altri
> elettroni, e quindi tutto l'insieme ha accelerazione nulla. Per avere un
> campo statico non serve una accelerazione delle cariche. La condizione
> di accelerazione delle cariche serve per generare un'onda elettromagnetica.
> > Si inverta ora periodicamente con una certa frequenza il verso della
> > differenza di potenziale degli estremi del conduttore. Quel campo
> > magnetico ed elettrico che avevano sempre lo stesso orientamento nel caso
> > della corrente continua ora si invertono, con la stessa frequenza del
> > campio di polarità del conduttore, divenuto antenna. Viene emessa quindi
> > radiazione.
> Occhio che il campo elettrico di cui parlavi prima e` quello dovuto alla
> resistivita` del materiale,
Perfetto: ma come agisce questa resistività? E' così demenziale pensare
che sia, per l'appunto, responsabile dell'avanzamento "a scati" degli
elettorni".
Pensa alla "resistività" opposta da un terreno accidentato, che produce,
oltre a diminuirne complessivamente la velocità media utile,
accelerazioni e decelerazioni ad un veicolo che lo percorra. Le buche ed i
dossi siano la metafora della struttura del conduttore, degli atomi
eccetera....
Vorrei chiederti un paaio di cose:.
Un fascio di elettorni nel vuoto (i quali non viaggiano certo alle basse
velocità che hanno nel conduttore) inducono nello spazio intorno un campo
elettricoc e/o magnetico statici, come nel caso del filo in cui passa
corrente?
E poi:
La Brehmsstrahlung è strutturata in forma di onda, con periodo e
frequenza costanti?
(cut)
> Se parli di orbite (suppongo classiche) e accetti le equazioni di
> maxwell, devi anche spiegare come mai un elettrone in orbita stazionaria
> non emette radiazione, eppure e` continuamente accelerato (accelerazione
> vuol dire cambiare il vettore velocita`, non solo in modulo, ma anche in
> direzione).
Non parlavo delle orbite classiche, nel senso che secondo al mia teoria
gli elettorni non percorrono necessariamente, per tenersi stabilmente nel
campo del nucleo, un'orbita intorno ad esso: tu lo sai che io ho le
"buche di potenziale a corona sferica" ("intercapedini" centrate nel
nucleo) in cui gli elettroni sono confinati: ci possono stazionare anche
fermi, oltre a potervisi muovere, arginati nel "canale", posono
percorrerlo a qualsiasi velocità, possono esserne sbalzati fuori, e cadere
in un'altra buca sferica concentrica eccetera....
>Poi ci sono altri problemi, ma questo e` il primo.
Quali sono glia ltri?
Ciao.
Luciano Buggio:
Scusa ma non capisco.
Mi risulta che un singolo atomo (o una molecola) emette in determinate
frequenze, non in un numero infinito di frequenze.
Ma venendo all'atomo ed all'antenna radio, mi pare essenziale, perchè
abbia senso dire che sono anche minimamente paragonabili, attribuire al
sistema atomo appunto la proprietà indicata nel termine "oscillatore",
cioè l'oscillazione, si intende l'oscillazione alla frequenza della
radiazione emessa: "qualcosa", nell'atono, oscilla o no, a tale frequenza,
quando l'atomo emette?
Se la risposta è negativa non ha nesun senso non solo dire che l'atomo è
come l'antenna, ma nemmeno che l'atomo è un oscillatore.
In questa prospettiva ha ragine Franco.
Infatti la risposta oggi mi pare negativa. Quando l'atomo emette "il
singolo fotone" non oscilla: nel corso del periodo in cui resta eccitato
non oscilla, e l'atto di diseccitazione con cui viene emesso il quanto di
radiazione non è un'oscillazione (per la verità nessuno sa cos'é), ma un
"atto unico", senza la periodicità essenziale ai fenomeni oscillatori.
Nè salta fuori la periodicità e l'oscillazione dall'azione continuata
(ripetizione della singola emissione nel tempo) e men che meno dall'azione
collettiva di più atomi eccitati che emettono.
D'altra parte però, come tu fai rilevare, *tutta la fenomenologia* è per
l'antenna e per il singolo atomo la stessa.
Perchè i rispettivi modelli di funzionamento devono essere diversi?
Perchè non deve esserci l'oscillazione anche alla base dell'emissione
monoatomica?
Luciano Buggio
>
> Ti ringrazio per aver accettato il confronto sul terreno dei concetti,
> sorvolando per ora sui calcoli.
Non e` mica vero. I calcoli ci sono, fatti da qualcuno o da me. Anche
per fare solo due chiacchere qualitative sensate, bisogna sapere "i
numeri" che ci sono dietro.
>>Perche' dovrebbe procedere a scatti (=partire fermarsi, ripartire..)? A
>>meno che a scatti voglia dire con velocita` non uniforme.
>
> Non è necessario, credo, ipotizzare che la carica parta da ferma e che
> torni a fermarsi dopo aver accelerato e poi decelerato. E' importante al
> variazione della velocità che configuri comunque l'accelerazione.
Ok, non avevo capito bene.
> Tu mi chiedi "perchè a scatti?", e io ti giro la domanda:"Perchè no?"
Perche' dovresti avere delle forze energie molto ben definite.
> O ritieni che non abbia importanza stabilirlo (visti i tempi che corrono e
> la rinuncia a parlare di traiettorie delle piccole aprticelle?)
Basta sapere che si parla di velocita` media.
> Esatto, fuori del contuttore non c'è onda elettromagnetica, ma campo
> statico: ma chi ti dice che questo campo statico non sia il rusultato
> complessivo di "mezze" onde che partono da ogni singolo elettrone e che
> *non si alternano*, per il fatto che, appunto, gli elettorni viaggiano,
> scattando in avaenti ad intervalli, sempre nella stessa direzione?
Me lo dicono le equazioni di maxwell. Gli elettroni (considerati come
palline) si muovono con velocita` termiche elevate e mediamente con una
componente di drift in una direzione. Se la velocita` media e` di
qualche mm/s e le velocita` termiche di centinaia di km/s, quasi
esattamente meta` degli elettroni e` retrogrado.
> Mi sembrava fosse inteso che l'emissione della radiazione avvenisse "per
> moduli" contenuti ciascuno nell'intervallo tra due minimi di velocità
> successivi (all'interno del quale avviene un'accelerazione e poi una
> decelerazione), siano o non siano questi due minimi nulli.
Non mi pare. Quando la particella e` al minimo (o al massimo) della
velocita`, la sua accelerazione non e` nulla, anzi, nel caso di modo
sinusoidale (e tutti i moti periodici possono essere scomposti in modi
sinusoidali) l'accelerazione e` massima quando la particella e` al
minimo o al massimo della velocita`. E poi, quando si parla di
radiazione, devi considerare sia E che H, e la cosa non e` cosi` semplice.
> Rispondi qui praticametne alla domanda che ti ho fatto sopra.
> Ammettiamo moti accelerati (e decelerati)
In fisica "andare piu` adagio" e "percorrere una circonferenza a
velocita` costante" sono sempre accelearazioni.
> disordianti, che avrebbero
> quindi risultante nulla: ma sono proprio disordinati? Se gli elettorni
> conmplessivametne avanzano vuol dire che accelerazioni e decelerazioni
> hanno una componente non nulla nella direzione complessiva del moto. O no?]
No, hanno una componente di velocita`, non di accelerazione. In continua
la media delle accelerazioni e` nulla, la media delle velocita` no.
[come dicevo all'inizio, dietro alle chiacchere informali ci sono
comunque i conti. Ad esempio quella di prima non e` una considerazione
qualitativa. C'e` dietro una equazione differenziale]
> Questa risultante, nel caso della corrente continua, non si inverte e
> quindi vengono emesse continuametne (e disordinatamente, certo, da ogni
> elettorne) "mezze onde" (in termini di risultante) tutte col vettore
> elettrico e magnetico diretto sempre nelle stesse direzioni (quello
> elettrico parallelo al filo, e quello magnetico perpendicolare ad esso),
> le quali si sommano nello spazio
No. La direzione dell'onda elettromagnetica di una carica accelerata
dipende dalla direzione della accelerazione. E in continua le
accelerazioni hanno valore medio nullo.
> Perfetto: ma come agisce questa resistività? E' così demenziale pensare
> che sia, per l'appunto, responsabile dell'avanzamento "a scati" degli
> elettorni".
la resistivita` meglio trascurarla in prima battuta. Quello che
introduci dopo ha due componenti: una e` il potenziale periodico che si
genera a causa del reticolo cristallino, l'altro sono i fenomeni
dissipativi. Ambedue non cambiano la radiazione, perche' sono mediati su
un enorme numero di cariche che subiscono effetti non coerenti fra di loro.
> Vorrei chiederti un paaio di cose:
Le lascio ad Elio :-). Comque anche i fasci continui di elettroni nel
vuoto generano un campo magnetico statico.
>>Poi ci sono altri problemi, ma questo e` il primo.
>
> Quali sono glia ltri?
Che ogni volta che una particella viene accelerata (=va piu` in fretta,
piu` adagio, cambia direzione), la particella emette energia, e anche i
tuoi elettroni che possono assumere qualunque velocita`, quando la
cambiano, emettono.
[sono stato via una decina di giorni, e non ricordo piu` tutto quello
che avevo in testa quando avevo scritto l'altro post]