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Chiese e fascismi. 4a parte.

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Riccardo Venturi

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10 apr 2005, 19:42:0210/04/05
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Chiese e fascismi

Una collezione di dati, di conoscenze ed altre cose per questi santi
giorni, assemblata e compilata da Riccardo Venturi.
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4a parte.
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Passiamo alla Slovacchia di un altro monsignore assai celebre, mons.
Tíso. Per il regime slovacco, Goebbels in persona coniò la definizione
di "fascismo del buon Dio". Con la legge del 22 ottobre 1942,
monsignor Josef Tíso, presidente della repubblica slovacca e capo del
"Partito dell'Unità Nazionale" (partito unico, of course), fu elevato
al rango di "guida" della nazione (ricordiamo che "Führer" significa
per l'appunto "guida", in tedesco, al pari di "Dux" in latino).
Nessuno può negare il ruolo nefasto di questo grande uomo di chiesa in
quanto leader di una parte della "Nuova Europa": creò la guardia
"Hlinka" (in pratica le SA slovacche), promulgò il "Codex Judaicus"
che portò alla deportazione di 57000 ebrei tra il marzo e il giugno
1942, istituì un buon numero di campi di concentramento, represse con
ferocia ogni tipo di opposizione politica e la resistenza…a tal punto
che persino il Vaticano, per mano di mons. Domenico Tardini, reagì
discretamente (ma con una nota interna e top secret). In tale nota del
marzo 1942, mons. Tardini scrive infatti: "In Slovacchia esistono due
pazzi: Tuka (11) che fa e Tíso, sacerdote, che lascia fare." A tale
riguardo, Henri Fabre si pose una domanda essenziale: "E chi è che
lascia fare Tíso?" (12) In pratica, Tíso si mostrò condiscendente a
tutte le richieste di Hitler (in primis la consegna degli ebrei
slovacchi) e le reazioni della chiesa cattolica si limitarono a
qualche privatissimo brontolio.

Dopo la fine della guerra, monsignor Josef Tíso fu arrestato e
processato. Condannato a morte da un tribunale nazionale per crimini
di guerra e contro l'umanità, fu fucilato nel 1947.
La comunita' ebraica mondiale imputa proprio a lui la deportazione di
migliaia di persone. E' per questo che ambienti ebraici interpellati
dall'agenzia di stampa Ap.Biscom si attesero invano da Karol Wojtyla,
in occasione della sua "visita pastorale" in Slovacchia, il
pronunciamento di un 'mea culpa' sulle responsabilita' storiche che
gravano sui figli della Chiesa slovacca.
Va da sé che non tutti sono propensi a ritenerlo un criminale di
guerra, sebbene le sue responsabilità apparissero chiare persino ai
vertici vaticani dell'epoca. Basti solo pensare che, pochi anni fa, la
rivista vicina all'Opus Dei (toh!), 'Studi Cattolici', ospito' un
saggio dello scrittore cattolico Rino Camilleri in cui monsignor Josef
Tíso veniva definito nientepopodimeno che un 'martire slovacco',
colui che salvo' 'il Paese dalle mani del Reich'.
Secondo la ricostruzione fatta da Rino Camilleri, Hitler cerco' in
tutti i modi di liberarsi di quel prete che guidava il governo di
Bratislava, il quale fu capace di tenere i nazisti lontani
dall'economia slovacca per tutto il conflitto. Tiso poco prima di
morire lascio' un testamento spirituale in cui tra l'altro si legge:
"muoio come martire della legge naturale data a Dio a ciascun popolo
di promuovere la sua liberta' e come difensore della civilta'
cristiana contro il comunismo". Parole già sentite.

Passiamo proprio alla Polonia che in questi giorni piange la morte del
"suo" papa.
Dal 1926 al 1939, cioè fin quando non fu invasa dalle truppe
hitleriane con il primo atto della II guerra mondiale, la Polonia fu
retta dal regime del maresciallo Pilsudski e può essere considerata,
senza alcuna esagerazione, come una dittatura a forte connotazione
clericale (del tutto ovvia in quel cattolicissimo paese). Ma già con
la costituzione del 1921 (anteriore quindi alla dittatura di
Pilsudski), la chiesa cattolica polacca ottiene dei diritti e dei
poteri a dir poco esorbitanti, per altro addirittura rafforzati con la
firma (nel 1925) del concordato con il Vaticano. A partire dal 1925,
la Polonia diviene una vera e propria teocrazia, dove il "Codex Iuris
Canonici" ha valore di legge dello stato. Di che far pensare coloro
che si indignano per l'applicazione della "Sharia" nei paesi islamici,
verrebbe da dire.

Con i suoi frenetici appelli alla "lotta contro il comunismo" da parte
di una chiesa come quella polacca, che era ed è tornata ad essere la
più grande proprietaria immobiliare e terriera del paese e la maggiore
potenza finanziaria, la gerarchia cattolica polacca si rende complice
perfetta della repressione nazionalista che colpiva tutti coloro che
manifestavano la minima opposizione: comunisti, certamente, ma anche
anarchici, socialisti e persino membri del "Partito Contadino" e del
Partito Cristiano Sociale.

Nel 1935, 7000 oppositori vengono imprigionati e migliaia di altri
internati in campi di concentramento come semplice "misura
amministrativa"; particolarmente terribile si rivela il lager di
Bereza Kartuszka. Si intensifica in seguito la violenza antisemita
tanto ben descritta da Art Spiegelmann nel suo "Maus": la chiesa
cattolica fa, per esempio, tradurre in polacco e pubblicare i
"Protocolli dei Savi di Sion" su suggerimento dei membri del "Campo
Nazional-Radicale" (NARA), la versione locale del partito nazista (ma
con le ovvie connotazioni ultracattoliche), che prestano il loro
giuramento di fedeltà alzando il braccio teso nel saluto fascista
davanti all'immancabile "madonna nera" di Czestochowa (che in questo
caso diviene nerissima). Man mano che la campagna antisemita in
Polonia procede (senza alcun intervento dei "nemici" tedeschi, va
detto; i polacchi fecero tutto da sé), si assiste a boicottaggi
sistematici degli ebrei, a restrizioni sempre più terrificanti e,
soprattutto, ad un numero di pogrom che fa impallidire persino i
nazisti tedeschi: se ne contarono oltre 3000 (tremila) prima del 1°
settembre 1939. La popolazione cattolica polacca vi partecipa con
fervore, assecondando l'antisemitismo del clero cattolico che ha
radici medievali (13); nel febbraio 1936 il primate di Polonia,
l'arcivescovo di Varsavia August Hlond, invia una "Lettera pastorale"
in cui si invita la popolazione polacca a "partecipare attivamente
all'eradicazione dal suolo polacco del popolo deicida". In pratica,
un'anticipazione perfetta della "Soluzione finale" hitleriana, che
trovò in quel paese un terreno fertilissimo.

NOTE

11 Vojec' Tuka era il primo ministro slovacco, anch'egli cattolico
praticante.
12 Fabre, Henri, L'Eglise catholique face au fascisme et au nazisme.
Les outrages à la vérité, Bruxelles, 1994, p. 332.
13 Della "Dieta" (parlamento) polacco facevano parte ben 46 preti.

(4. continua)

--
*Riccardo Venturi* <vent...@katamail.com>
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So er an îr ufgestigen ist (Vogelweide & Wittgenstein)*
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