Monsignor Franco Camaldo non è solo l’alto prelato che incontrava Diego
Anemone, come avrebbe raccontato ai pm Hidri Fati l’autista tunisino
dell’imprenditore agli arresti per corruzione. È anche il beneficiario di
un pagamento anomalo per 280 o 380 mila euro (a seconda delle versioni
offerte al pm) da parte di Angelo Balducci. Monsignor Camaldo, cerimoniere
del Papa e protagonista della vita mondana capitolina, ha un legame molto
stretto con il sistema Anemone-Balducci almeno dal 2006. In quel periodo
alcune conversazioni del prelato con entrambi gli arrestati dell’inchiesta
sui Grandi eventi erano state intercettate da Henry John Woodcock. Il pm di
Potenza indagava su uno strano affare immobiliare che coinvolgeva massoni
internazionali, servizi segreti e che si concluse con un versamento
proveniente da un conto di Balducci presso lo Ior (che oggi attira
l’attenzione degli investigatori). Secondo il pm di Potenza questa storia
“assume connotazioni ancora più misteriose per il coinvolgimento e il
ruolo di intermediario - per la verità non ben definito - assunto da un
noto prelato, monsignor Francesco Camaldo”.
Il pm potentino, pur non ravvisando reati inviò le carte a Roma e ora la
Procura di Perugia le ha acquisite e le sta studiando attentamente. Woodcock
si era imbattuto in monsignor Camaldo intercettando un faccendiere con
importanti legami nei servizi italiani e americani: Massimo Pizza, fratello
di Giuseppe, sottosegretario del Governo Berlusconi. Tra le presunte truffe
di Massimo Pizza, c’era l’acquisto di villa Loren: 50 stanze con piscina
hollywoodiana sulla collina di Marino, vicino a Roma dove nel 1964 Life
immortalò l’abbraccio tra l’anziano produttore Carlo Ponti e la
giovanissima diva. Woodcock, ascoltando per mesi le telefonate di monsignore
Camaldo (con Pizza ma anche con politici, massoni, reali e alti prelati,
fino al massimo vertice della Chiesa) scoprì che Angelo Balducci,
Gentiluomo di Sua Santità, aveva pagato senza battere ciglio 380 mila euro
per coprire i debiti insorti per l’acquisizione della villa (poi saltata)
da parte degli amici di Camaldo. A rendere ancora più oscuro l’affare
c’era la destinazione della villa: l’acquisto era finalizzato a farne la
sede prestigiosa di una nuova loggia della massoneria. Anche il fondatore
della loggia era un personaggio da film: Giacomo Maria Ugolini, il decano
degli ambasciatori italiani (deceduto durante le indagini) così descritto
da uno degli indagati di Woodcock: “Ugolini era un signore che a casa sua,
aveva, a sinistra, il tempio della chiesa e a destra il tempio massonico”.
Secondo le testimonianze dei faccendieri che si erano occupati di questo
affare, Ugolini, massone importante di San Marino, aveva costituito una
fondazione a Nizza e intendeva coinvolgere personaggi di altissimo livello
delle forze armate. Quando l’affare salta e monsignor Camaldo è costretto
a coprire l’ammanco entra in campo Angelo Balducci con due assegni e una
valanga di contante. Il pm non vede chiaro e convoca Camaldo due volte. Gli
interrogatori del cerimoniere del Papa sono drammatici e contraddittori. A
quel punto il pm di Potenza convoca Angelo Balducci. Il funzionario dei
lavori pubblici legato al Vaticano entra in fibrillazione, vuole saperne di
più e immediatamente mette in pista Diego Anemone. Il 24 febbraio, 4 giorni
prima dell’audizione Anemone chiama Camaldo. Il tono è davvero intimo:
“senti Franchì, ho sentito il capo (Balducci Ndr), lui è andato fuori
con Bertolaso, mi ha detto di chiamarti e mettermi a disposizione perchè
sta preoccupato di una determinata situazione. Dice: ‘Chiama Franco,
vedetevi un attimo, perchè... lui torna domani, che comunque ti voleva
vedere, per vederti dice domani pomeriggio’”. Quando si trova di fronte
Woodcock, Angelo Balducci racconta così quel pagamento: “erano 280 mila
euro e non 380 mila. Conosco monsignor Camaldo dal 1988, quando lui era il
Segretario del cardinale Poletti e io nella funzione allora di Provveditore
alle Opere Pubbliche di Roma, avevo un rapporto con il Vicariato. Essendo
io, tra l’altro, un gentiluomo del Papa. Nella fattispecie, in relazione
anche ad un rapporto personale, familiare che si è creato in questi anni
... lui mi ha parlato in maniera molto preoccupata di dover risolvere un
problema che lo angustiava moltissimo. .. E quando lui mi ha detto:
“Guarda , ho bisogno di questa cifra e ti assicuro che con questa io
risolvo un problema che umana mente per me significa il senso di una
vita”... e così Balducci tirò fuori 280 mila euro. Balducci nella sua
testimonianza precisa anche “non conosco Ugolini né Pizza né nessuno dei
nomi che lei mi ha fatto e non so nulla della loggia massonica né della
villa”. Woodcock è scettico: “a me sembrava fossero 380 mila comunque
280 mila euro sono tanti, perdoni il mio scetticismo . Ma come glieli ha
dati? Due assegni da 50 mila ciascuno “dai miei conti, uno alla Bnl e uno
alla Banca delle Marche”. E gli altri?. Balducci replica: “Sa io ho il
conto alla Banca del Vaticano e lì ci sono delle procedure particolari,
abbiamo fatto 180 mila euro di mo vimentazione da un conto all’altro
davanti a me” Ora i pm perugini si stanno interessando proprio alle
modalità di quel vecchio pagamento. Da un lato perché alla Banca delle
Marche c’era anche il conto di Anemone. E dall’altro perché il conto
allo IOR, dichiarato dallo stesso Balducci a Woodcock, ancora non è stato
avvistato dai pm di Perugia. E, se mai si riuscirà a bucare l’immunità e
il segreto che lo avvolgono, chissà che proprio dallo Ior e dalle finanze
vaticane non debba arrivare la svolta più clamorosa di questa inchiesta
nelle tante transazioni messe nel mirino, è un filone tutto da esplorare.
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