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Il Piccolo 30/01/05 Il cuore è nel pozzo, ma manca l'Istria

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Axel Famiglini

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Jan 31, 2005, 4:42:06 PM1/31/05
to
Le violenze si sono svolte in modi diversi, con deportazioni notturne, i
paesaggi sono montenegrini

Il cuore è nel pozzo, ma manca l'Istria

di Anna Maria Mori

«Il cuore nel pozzo»: il cuore è quello dell'Istria, degli istriani, anche
il mio di conseguenza, e il «pozzo» è un bel modo di parlare delle foibe
senza nominarle esplicitamente. Il film televisivo di Alberto Negrin
(prodotto da Angelo Rizzoli) voluto dalla Rai e dal governo per segnalare
alla memoria collettiva la tragedia degli istriani nel Giorno del ricordo è
stato presentato in un tripudio di coccarde tricolori appuntate sui baveri
delle giacche e sui colli di pelliccia dei numerosissimi invitati al Palazzo
dei Congressi di Roma venerdì pomeriggio.

Prolusione del direttore Rai della fiction, Agostino Saccà: «Come servizio
pubblico abbiamo il dovere di raccontare la storia... Non possiamo, non
dobbiamo e non vogliamo limitarci al "qui e ora"». Sante parole. Poi parla
anche il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri.
Gasparri è consapevole di una certa fronda della «solita sinistra che
protesta» (però è vero che troppo spesso si limita a protestare invece di
anticipare: perché tre mesi fa, per esempio, non ha cominciato a pensare a
una propria iniziativa per essere presente comunque a un evento che riguarda
tutta la Nazione?) Fa un suo bel discorsino in cui non si compromette e
cerca di non avallare il sospetto diffuso, e fondato (basta guardare la
platea...) Della solita, storica, appropriazione della «questione giuliano
dalmata» da parte del suo partito, Alleanza nazionale.

Ma alla fin fine, seduta in platea, ti dici «lascia perdere»: quello che
conta è il film con la sua brava dedica «alle diecimila vittime delle foibe
e ai trecentocinquantamila esuli istriani», e dato che anch'io sono una di
loro sono contenta che ci sia un film che forse riuscirà finalmente a
raccontare alla grandissima platea televisiva quello che continua a ignorare
(non per colpa sua), come del resto fino a ieri lo stesso Negrin che
confessa a bassa voce «non sapevo assolutamente niente di tutta questa
storia».

Buio, silenzio in sala, titoli di testa: ci siamo. E comincia una bella
storia, ben girata, benissimo interpretata, ricca di tutti gli ingredienti
che tengono sospesa inquadratura per inquadratura il pubblico televisivo e
si mostrano perfettamente consapevoli di come si guadagnano i punti dell'
Auditel: l'amore, la morte, gli inseguimenti col fiato sospeso, la violenza,
la guerra, il sangue innocente, i bambini, un prete da manuale, l'amor
paterno contro quello materno e viceversa (una madre italiana che ha avuto
un figlio da un croato e preferisce morire che consegnarlo al padre: ma com'
è successo che comunque con lui ha messo al mondo questa creatura? Il film
non lo spiega...). Insomma un qualunque buon film televisivo d'amore e
morte, anzi forse decisamente un film di guerra.

Ma l'Istria dov'è? Non c'è tanto per incominciare nella geografia: il film,
spiegano, è stato girato in Montenegro.
Facile indovinare il perché: la Croazia ha messo il veto. E a novembre ero
in Istria e l'ho vista la campagna dei giornali croati contro il film: «I
fascisti italiani contro il popolo croato» erano più o meno i titoli. E
allora penso con l'ingenuità dell'impolitico che è in me: perché non dirlo
esplicitamente, magari in coda al film, che la scelta del Montenegro è stata
obbligata, se davvero è stata obbligata? Non foss'altro perché la Croazia
dovrebbe entrare prossimamente in Europa, e a questo fine un fatto come
questo non dovrebbe essere del tutto irrilevante. O no? E se invece la
scelta non dipende da un veto politico, perché si dice di voler raccontare l
'Istria agli italiani, e si fanno vedere solo i sassi e le boscaglie del
Montenegro, che non somigliano assolutamente ai paesaggi istriani affacciati
da ogni parte sul mare? E poi la storia. Il film è «politically correct» nel
dire con molta chiarezza che la violenza degli slavi contro gli italiani
innocenti è stata una vendetta cieca e indiscriminata causata dalle
precedenti violenze dei fascisti sugli slavi. E fin qui, tutti (o quasi
tutti) d'accordo. Manca però nel film, un dato importantissimo: la vendetta
dei partigiani di Tito («il popolo dei boschi») contro le popolazioni
italiane della costa è stata anche o soprattutto una vendetta di classe, la
vendetta della povertà materiale e culturale della campagna contro gli
uomini e le donne più acculturati e benestanti della città.

E poi c'è il «come» di questa violenza. Che contrariamente a quello che
mostra il film di Negrin, non si è assolutamente realizzata con i modi e i
tempi della violenza nazista contro gli ebrei: deportazione in pieno giorno
sui camion, figli strappati dalle braccia dei genitori, fucilazioni di massa
in campagna, tanto che «Il cuore nel pozzo» a tratti sembrava l'ennesimo
film (sacrosanto, per carità) sulla tragedia degli ebrei.

Ma in Istria non era, non è stato così. E non è vero che ai fini del
racconto televisivo non sarebbe stato altrettanto efficace mettere in scena
quello che realmente succedeva ed è successo: la gente veniva portata via di
notte, casa per casa, poi a gruppi di cinque o dieci venivano incatenati l'
uno all'altro in fila indiana, un colpo alla nuca al primo della fila
davanti alla foiba, e tutti trascinati vivi dietro a lui dentro alla
voragine, ad agonizzare per giorni e giorni. Tutta la gente chiusa in casa,
tutti svegli la notte, pronti a scappare passando sui tetti, se avessero
sentito avvicinarsi una camionetta o dei passi. Così come avrebbe avuto
efficacia mostrare sullo schermo la propaganda yugoslava che ai fini della
pulizia etnica ha usato le foibe e la paura delle foibe, ma non solo quelle,
per spingere quei trentocinquantamila disgraziati a perdere tutto, e a
finire nei campi profughi: a Pola, all'epoca passavano le camionette con i
soldati armati di fucile, e uno di loro, in piedi, con un imbuto al posto di
un altoparlante che non c'era, invitava gli italiani, tutti fascisti e
nemici del popolo, sporca «reactia» ad andarsene, se non volevano finire
come gli altri che erano spariti nella notte.

Sono passati sessant'anni da allora. Cinquanta o anche cinquantacinque di
silenzio colpevole. Ma se adesso, tutti d'accordo almeno a parole, destra e
sinistra, si decide di parlare, di raccontare, perché ricorrere a una
favola, quando la realtà avrebbe, ha in sè, da sola, tutti gli elementi e la
forza della tragedia, capace anche di conquistare l'agognato Auditel? Ma non
aveva detto Saccà: «La Rai, come servizio pubblico, ha il dovere di
documentare la storia...?». Quale storia?

sergio

unread,
Feb 1, 2005, 6:54:15 AM2/1/05
to
Il 31 Gen 2005, 22:42, "Axel Famiglini" <pyt...@virgilio.it> ha scritto:
> Il film televisivo di Alberto Negrin
> (prodotto da Angelo Rizzoli) voluto dalla Rai e dal governo


e dal governo soprattutto, da quel governo di cui fanno parte i vecchi
arnesi della RSI come tremaglia fino ai vari gramazio che minimizzano le
responsabilita' fasciste per addossare tutti i crimini ai loro camerati
nazisti e rifarsi una verginita' politica...

>. Poi parla
> anche il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri.
> Gasparri è consapevole di una certa fronda della «solita sinistra che
> protesta» (però è vero che troppo spesso si limita a protestare invece di
> anticipare: perché tre mesi fa, per esempio, non ha cominciato a pensare a
> una propria iniziativa per essere presente comunque a un evento che
riguarda
> tutta la Nazione?) Fa un suo bel discorsino in cui non si compromette e
> cerca di non avallare il sospetto diffuso, e fondato (basta guardare la
> platea...) Della solita, storica, appropriazione della «questione giuliano
> dalmata» da parte del suo partito, Alleanza nazionale.

infatti gentaglia come Gasparri non si e' appropriata per niente di questa
questione... LOL!!!!!!!!!!!!

> E poi la storia. Il film è «politically correct» nel
> dire con molta chiarezza che la violenza degli slavi contro gli italiani
> innocenti è stata una vendetta cieca e indiscriminata causata dalle
> precedenti violenze dei fascisti sugli slavi.

vedremo.


> E poi c'è il «come» di questa violenza. Che contrariamente a quello che
> mostra il film di Negrin, non si è assolutamente realizzata con i modi e i
> tempi della violenza nazista contro gli ebrei: deportazione in pieno
giorno
> sui camion, figli strappati dalle braccia dei genitori, fucilazioni di
massa
> in campagna,

quindi per quale motivo l'hanno rappresentata cosi'? tanto per relativizzare
l'Olocausto e parificare le foibe ad esso?

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