* luziferszorn wrote, Il 25/02/2012 16:37:
> Tornanto a Carpenter e THE WARD
> Nessuno ha uno straccio di opinione entusiasta su questo film?
[Vi sono degli spoiler sul film in oggetto. Se non vuoi leggerli, non me
ne frega un beneamato cazzo, ma almeno adesso lo sai e non potrai
eventualmente rompermi i coglioni in tal senso]
IMHO e' un buon horror.
Visivamente, la fotografia e il montaggio poi, ben piu' che buoni, direi
proprio notevoli (soprattutto la parte audio, nonostante non sia stata
curata da Carpenter in persona).
C'e' una mano che davvero e' difficile ritrovare negli horror di adesso,
e lo dico senza fare l'inutile nostalgico. Vi e' infatti una bellezza ed
una ricchezza nella scelta dei punti di vista, della fotografia, dei
movimenti di macchina, che sono oggettivamente da regista di razza.
Diciamo che la sceneggiatura e' il vero neo del film. Si tratta di un
misto di gia' visto e di superficiale, senza contare che queste
tematiche esistenziali e psicologiche proprio non sono adatte ad uno
come Carpenter che infatti non sviluppa affatto tutti i sottotesti e il
contorno, che invece in una sceneggiatura del genere erano essenziali
per farlo funzionare bene.
Carpenter, da bravo artigiano di genere, usa il gimmick della
personalita' multipla nascosta, *solo* per creare una serie di scene ad
alta tensione; a lui quasi non interessa il contorno, e la storia che
gli hanno detto di mettere in scena e' solo una scusa per creare
tensione. Non gli interessa la profondita', la psicologia, il travaglio
dell'anima delle persone che soffrono e che per sopravvivere
costruiscono mondi artificiali nella loro mente; quello che gli
interessa e' solo una premessa drammatica su cui costruire una serie di
scene di puro horror per rappresentare un conflitto della ragione contro
se stessa.
Ed e' proprio questa enorme semplicita' di intenti che affascina in
questo film, perche' nonostante il tutto a tratti sia quasi risibile per
il livello di superficialita' e inverosimiglianza, i singoli climax e il
sovrannaturale, immersi in questa bellezza visiva tutta artificiale e
costruita a sua volta (da notare la scelta, non casuale, di prendere
tutte belle e provocanti ragazze come protagoniste), funzionano
decisamente bene.
Il twist finale e poi talmente ingenuo e' banale che, ancora una volta,
chiude con compiutezza assoluta un riferimento circolare ovvio, ma al
tempo stesso profondo: la percezione della realta' dipende dai punti di
vista, ed ogni persona percepisce la realta' in modo diverso.
Volendo interpretare questo assunto, appunto, quasi ovvio, si potrebbe
dire che quello che ci suggerisce Carpenter con il suo cinema senile, e'
un ritorno all'idea piu' pura della settima arte, ovvero quella di una
falsificazione della realta' oggettiva tramite la sublimazione della
parzialita' dell'osservatore, che nel cinema altri non e' se non lo
spettatore stesso.
Questo film ci racconta, in fondo, che questi differenti punti di vista,
ovvero la non oggettivita' e, in fondo, il dubbio come metafora
esistenziale, devono essere accettati e metabolizzati per come sono,
evitando l'approfondimento autoreferenziale fine a se stesso, altrimenti
(e questo e' un tema molto lovecraftiano che Carpenter approfondisce
piu' o meno in tutto il suo cinema, fin dalle origini)il rischio per
Carpenter e' che l'uomo possa perdere nel confronto, ed entrare in un
travaglio interiore che potrebbe fargli perdere l'uso della ragione,
perche' la ragione, per Carpenter, non puo' indagare fino in fondo se
stessa, se non fino ad un certo punto.
Il film stesso ci mostra questo tentativo, destinato al fallimento, di
accorpare, con la ragione, diversi punti di vista in uno solo: la
protagonista cerca di superare i suoi traumi creando differenti
personalita', costruendo mondi altri, e non appena cerca di sintetizzare
tutto questo, e di metabolizzare il dolore o il trauma, arriva il
sovrannaturale, ovvero la sua alterita' irrazionale, incontrollabile.
Devo dire che il film e' interessante anche perche' l'immaginario
passato messo in scena, le vecchie case di cura americane degli anni 60'
con tutte le loro mostruosita' (lobotomia, elettroshock, farmaci,
violenza, etc etc), non *celebra* quegli anni omaggiando certa
iconografia, ma semmai attualizzandone la rappresentazione con
modernita'. In effetti il manicomio e i personaggi sono vestiti e
immersi in quel periodo, ma sembrano persone, cose e situazioni, dei
giorni nostri.
Insomma, anche se e' un piccolissimo film, Carpenter c'e' e si vede:
magari vecchio e bacucco fisicamente, ma sempre un grandissimo regista.
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BArrYZ