Amore e tradimento

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Dec 10, 2025, 4:35:17 AM (5 days ago) Dec 10
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AMARE È TRADIRE

L'aspetto evolutivo del tradimento

Di Ada Cortese

Amore e Tradimento sono due termini che "istintivamente" viviamo come
negatori l¹uno dell¹altro. Vedremo in seguito quanto sia falsa questa
impressione.

Azzardiamo una sistematica che ci permetta di muoverci dialetticamente
all¹interno di queste due categorie alla ricerca della relazione che esiste
tra i due termini e in particolare del loro rapporto di necessità e di
interdipendenza.

Alla parola amore il dizionario ci suggerisce: "dedizione appassionata ed
esclusiva, volta a perseguire felicità, benessere e stabilità".
E¹ una delle definizioni e tutt¹altro che soddisfacente anzi riduttiva e
semplicistica perchè fa pensare all¹amore in termini di turba passionale. Lo
è anche ma non si esaurisce certo in questo. E poi abbiamo già da secoli a
disposizione la bellissima esposizione che Platone ne fece nel "Convivio"
soddisfacente non foss¹altro perchè Platone presenta un dispiegamento
evolutivo dell¹amore partendo dall¹amore particolare personalizzato,
passando di stadio in stadio, all¹amore sovrapersonale, per il Bello, per la
Conoscenza, all¹Amore Universale che è tutt¹uno con la Conoscenza.

Ad ogni buon conto Amore è una delle parole più difficili da definire al
punto che senza un predicato, che ne precisi il contesto o l¹oggetto verso
cui è rivolto, non possiamo a priori comprendere di cosa si stia parlando.
Parliamo sempre di amore: amore di Dio, amore per la conoscenza, amor
patrio, amore materno, amor proprio ed infine l¹ amor "che a nullo amato
amar perdona".. amore che ci prende e ci coinvolge con un altro essere umano
con la definizione di Dante che mostra la crudezza, senza nessuna
concessione alla mellifluità, alla sdolcinatura dell¹amore. L¹amore è anche
crudele. Ma sempre ed in ogni caso facciamo riferimento a uno
specialeinvestimento energetico, vitale e libidico verso, per l¹appunto,
l¹oggetto dell¹ amore.
Del tradimento invece cogliamo una maggiore specificità in quanto esso
definisce l¹azione con la quale l¹Amore, a prescindere da ciò di cui si sta
parlando, si trasforma e si trasferisce da un oggetto ad un altro oggetto,
da una dimensione ad un¹altra, da un livello di consapevolezza ad un altro
più elevato.

Anche se, come vedremo in seguito, esso viene vissuto immediatamente come
distruttore dell¹Amore, in realtà esso rappresenta il motore della sua
trasformazione. Il sentimento che scaturisce dal tradimento "subito"
assomiglia al nostro vissuto verso la Morte che soggettivamente avvertiamo
come negatività, come perdita e non come necessità universale.

Per comprendere il verbo "tradire" nella sua generalità, non si può
prescindere dal suo significato etimologico: Tradire deriva dal latino
"tradere" e porta con sè il significato di "consegnare". Tradire, in
sostanza, significa tradire una consegna, cioè un ordine, un sistema
precedenti, in nome di una nuova "consegna", di un nuovo ordine, di un nuovo
sistema. Esso sancisce dunque il dramma del passaggio dal vecchio al nuovo e
quindi in sostanza l¹eterno dramma del processo evolutivo.
Il tradimento ha dunque sempre ha che fare con l¹abbandono da parte di un
sistema di precedenti regole o configurazioni a favore della novità.

Quando la nuova regola o configurazione si afferma il tradimento si
trasforma in Tradizione: l¹amore non muore ma si è spostato ed adattato al
nuovo e, in virtù dell¹adattamento operato, tenderà a conservare l¹ultima
consegna; l¹amore tenderà a restare nel tempo aderente ad essa (che è sempre
regola di relazione perchè sempre la realtà tutta è relazionale) fino al
prossimo ed inevitabile tradimento.
Proprio questo è il significato etimologico della tradizione: essa è la
storia dei tradimenti passati. Ciò al di là di una tendenza - tipica della
nostra mente dicotomica occidentale che tende a scindere, a contrapporre,
per cui nelle correnti culturali o nell¹uso comune, si tende a contrapporre
i "tradizionalisti" ai "progressisti" per cui il tradizionalista o studioso
della Tradizione è colui che andrebbe a recuperare l¹idea originaria in una
sorta di "illo tempore" che starebbe oltre e prima del Tempo, è tutta una
sorta di corrente culturale che va a pescare nell¹esoterico, ecc., al di là
di queste che possiamo definire delle "distorsioni" del termine Tradizione,
la tradizone in sè e per sè è proprio questo: la storia dei tradimenti fin
qua consumati e sintetizzati nell¹ultima consegna, fino a che essa resta
vigente, in vigore e legalizzata. Facciamo un esempio banale ma chiaro: è
tradizione che a pranzo, dopo il primo venga il secondo. E per quanto sia
bello mangiare il primo piatto, è sulla morte di questa gioia e quindi sul
suo tradimento, che accediamo alla gioia di mangiare il secondo! Amore e
Tradimento rappresentano quindi i due momenti fondamentali del divenire.

Il primo privilegerebbe, secondo l¹ottica da me abbracciata in questa
analisi, l¹adattamento, il consolidamento delle determinazioni conseguite.
Quando dico "ti amo" onestamente amo ciò che ora è presente e suppongo lo
sarà per sempre! Il secondo restituisce la sempre provvisoria
solidificazione delle forme alla dinamica evolutiva.

Dal punto di vista del coinvolgimento emotivo, che è poi quello che suppongo
abbia richiamato la maggior parte di voi stasera a questo incontro, e solo
per praticità espositiva, distingueremo la nostra analisi in due momenti
che, per comodità e impropriamente (perchè in realtà non è possibile
scindere i due momenti) , definiremo macrocosmico il primo, microcosmico il
secondo:
-l¹approccio macrocosmico ci permette di osservare, senza implicazioni
personali, l¹azione delle due categorie (amore e tradimento) a livello di
grandi sistemi: universo, specie, società, scienza, pensiero e conoscenza.
- L¹approccio microcosmico ci permette di vivere le due categorie mentre
esse operano in situazioni relazionali, interiori ed empiriche che siano,
quando ci coinvolgono affettivamente. In questo caso non è possibile
scindere il processo osservato dall¹osservatore.

Nell¹approccio macrocosmico, caratterizzato dalla percezione soggettiva
esterna al processo osservato, non abbiamo difficoltà a riconoscervi
necessità e ineluttabilità¹.

Sappiamo perfettamente riconoscere nelle due categorie introdotte, e come
già anticipato, i sinonimi della conservazione e della trasformazione a
livello universale dell¹Essere.
"Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma": l¹evoluzione
passa attraverso le fasi dell¹amore (l¹adattamento e il consolidamento del
nuovo stato raggiunto) e del tradimento di questo stato per passare ad una
nuova configurazione. Gli esempi verso i quali siamo disposti a riconoscere
il sacrificio del vecchio a favore del nuovo si sprecano.

Accogliamo positivamente la sortita di Cromagnon a sostituire Neanderthal
che pure aveva rappresentato rispetto al Pitecantropus erectus l¹allora
novità vincente.

Non abbiamo difficoltà a riconoscere il valore trasformativo della
Rivoluzione Francese quando tradì la vecchia consegna sociale in nome delle
nuove categorie di libertà fraternità ed uguaglianza.
E poi, Ulisse che attraversa le colonne d¹Ercole (ne comprendiamo il
significato simbolico) , il gesto di Spartaco che si emancipa dalla
schiavitù, il viaggio di Colombo, Copernico, Galileo e così via.

Tutti eventi o trasgressioni da noi sufficientemente distanti e quindi in
grado di essere accolti e valutati oltre il loro contenuto di sofferenza e
da un¹ottica che trascende ogni immediato egoriferimento.
Sappiamo dalla storia che noi ereditiamo tradizione e abbiamo per compito
esistenziale il tradimento.

In definitiva le consegne sono sempre consegne d¹Amore, ma la necessità è
che la vecchia consegna venga tradita in nome della nuova e successiva.
L¹evoluzione è trasformazione dell¹amore.

Le cose cambiano quando il punto di vista dell¹osservatore non è esterno
alla vicenda osservata e vissuta. Ed è questo il punto di vista microcosmico
che rappresenta il tema centrale dell¹analisi che tenteremo insieme qui.
Dall¹interno di questo universo microcosmico - ho presente la situazione su
cui ci sofferemo stasera, in cui il tradimento si mostra palese e plateale,
il tradimento nella coppia, all¹interno di una relazione empirica, (sappiamo
che esistono anche i tradimenti interiori. Quanti sono gli oggetti d¹amore
consumabili tanti sono i tradimenti consumabili) - assistiamo in genere ad
un rovesciamento del giudizio e all¹obnubilamento della coscienza preda
dell¹inferno pulsionale e dell¹atteggiamento unilaterale: se v¹è amore non
deve esservi tradimento; se c¹è tradimento non si vede amore! Il tradimento,
che fin qui non abbiamo avuto difficoltà a riconoscere come necessario e
inevitabile a livello macrocosmico, si trasforma, nelle vicende relazionali
che ci coinvolgono affettivamente, in tabù: non solo non necessario ma
assolutamente da evitare, una sorta di insopportabile corona di spine
accompagnata dai calici più amari! Occorre intanto ribadire che anche nel
contesto a noi più vicino, quello che ci chiama in causa personalmente, le
forme di tradimento che si consumano sono tante quanto sono i cosiddetti
oggetti d¹amore in cui può essere investita la nostra libido. Cito alla
rinfusa il tradimento: - del compagno - verso se stessi - dei genitori -
della nascita - della natura matrigna quando colpisce nel corpo - delle
proprie idee per quieto vivere - ecc.
Ma al di là del contesto relazionale di volta in volta diverso, il
tradimento è nella sua dinamica fondamentale sempre lo stesso: Il tradimento
ha a che fare con lo spostamento dell¹amore e quindi della conoscenza. Ogni
nuova conoscenza, che sempre si realizza in ambito relazionale vuoi
interiore, vuoi empirico, implica un traditore ed un tradito.. Uno, il
traditore che consegna l¹altro al nuovo, uccidendolo simbolicamente alla
vecchia identità, - e lo uccide perchè ha già ucciso se stesso essendosi
egli stesso consegnato al nuovo - e l¹altro il tradito, il consegnato, che
accetta la nuova consegna, l¹accoglie e, in ciò facendo, riconosce come
necessaria l'uccisione che il il traditore gli ha procurato. Ma nell¹atto di
riconoscerla, già se ne libera.
Si libera dell¹omicidio subito, della volontà esterna e lo trasforma in un
suicidio ma suicidio inteso come sacrificio, come morte voluta, morte
riconosciuta nel suo senso, nella sua sacralita'.

Affinchè il tradimento venga consumato fino in fondo, affinchè, dunque, si
possa davvero spremere tutto il tesoro di conoscenza nascosto dentro a una
vicenda così nera e sgradevole all¹apparenza, è necessario che vi siano
entrambi i momenti: quello dell¹uccisione inevitabile e quello del suicidio
come sacrificio. Anche Cristo si è "suicidato". Avrebbe potuto evitare la
sua morte, ma essa è stata un sacrificio, ovvero una morte a cui ha
riconosciuto il senso, la necessità universale.
Questa sarebbe la condizione coscienziale ideale necessaria in entrambi i
coinvolti per trarre il massimo frutto da una vicenda così dolorosa.

Citiamo qualche grande tradimento. Noi sappiamo che fece bene Socrate a
rifiutare la magnanimità del popolo greco - attraverso i suoi giudici - che
l¹avrebbe risparmiato alla morte se solo avesse ritrattato i suoi principi
nuovi, i contenuti del suo tradimento; bene fece anche il popolo ateniese -
attraverso i suoi giudici - a condannarlo come perturbatore dell¹ordine
costituito, bene fecero entrambi a fare ciò che fecero perchè entrambi
rappresentavano i due momenti fondamentali e necessari l¹uno all¹altro -
conservazione e tradimento - attraverso cui si dispiega l¹evoluzione
dell¹essere.

E siccome il tradimento fu consumato fino in fondo Socrate non morì da solo.
Con lui morì anche il popolo ateniese e greco perchè restò pregno del nuovo
principio coscienziale che Socrate aveva portato. E lo aveva portato
restando coerente fino in fondo al nuovo principio che andava a minare alle
basi il vecchio ordinamento. Il popolo greco si trovò consegnato alla
novità: riconobbe il salto coscienziale che grazie a Socrate fin là fissato
all¹immagine dell¹infamia (il traditore è sempre l¹infame per eccellenza) ,
grazie al traditore potè compiere. Accadde allora che Socrate venne
riscattato, redento e recuperato, liberato dall¹infamia cui si associa il
ruolo di traditore per essere riconosciuto per quello che fu: strumento
evolutivo, di conoscenza, dell¹Essere.
Anche Cristo non morì solo. Giuda lo seguì quasi nello stesso momento. E
anche qui troviamo lo stesso rapporto di interdipendenza, di necessità l¹uno
dall¹altro. Cristo ha avuto bisogno di Giuda. Cristo quindi ha ucciso Giuda.
E¹ responsabile della morte di Giuda. E Giuda ha accettato di uccidersi e di
sacrificarsi perchè Giuda riconobbe il valore della vicenda di tradimento
che si stava consumando insieme a Cristo. Quindi Cristo ha ucciso Giuda
proprio come Giuda ha ucciso Cristo e Cristo accettò questa uccisione e la
trasformò in morte voluta, in sacrificio.
Ora vi sembrerà che io stia andando fuori tema: avevo introdotto il mondo
microcosmico dei tradimenti "privati", dei tradimenti nella coppia! Io credo
non sia improprio il riferimento a questi grandi tradimenti. Tutt¹altro
perchè ciò che avviene in una vicenda "anonima" e privata di coppia non è
altro! E¹ sempre lo stesso dramma universale. Non è assolutamente altro da
quello che è successo tra Socrate e il popolo ateniese o tra Cristo e Giuda.

Anche nella vicenda di tradimento che ci coinvolge con la persona che più
amiamo, siamo davanti allo stesso dramma universale tra due opposte e
altrettanto legittime ragioni: da una parte l¹esigenza di superare un
problema di iniquità, di procedere dunque verso sempre maggiore "giustizia"
e libertà, è semplicemente l¹esercizio di un diritto ritrovato quello che il
traditore sta compiendo; e dall¹altro l¹esigenza, altrettanto legittima - se
pensiamo alle due categorie universali che sono sempre in gioco - di
conservare la forma dell¹amore raggiunto difendendolo dalla contaminazione
del nuovo, assistiamo al tentativo disperato di preservare e difendere le
posizioni raggiunte.

E¹ opportuno osservare che in questo dramma il vissuto della trasgressione
non è mai simmetrico nè contemporaneo nelle due parti in causa quanto a
consapevolezza di ciò che sta accadendo perchè manca, di norma, quella
condizione ideale poc¹anzi menzionata. In genere i ritmi sono sfasati e di
mezzo c¹è il tempo per gli "scannamenti" e per le dinamiche più terribili e
forse inevitabili che si possano presentare sotto il cielo in nome
dell¹amore.

Allora cosa succede visto che non è possibile l¹immediata condivisione del
senso (se ci fosse forse non ci sarebbe più bisogno nè di storia nè dunque
di tradimenti!)?

Accade che da un lato l¹attore viva l¹esaltazione, seppure conflittuale,
delle catene spezzate e dell¹ordine precostituito appena infranto. Sta
rompendo un incantesimo.
Non c¹è motivo di imputargli delle intenzionalità aggressive nei confronti
del tradito. Sarebbe soltanto una nostra interessata e coinvolta
partecipazione che ci porterebbe a percepire tale intenzionalità. E sarebbe
comprensibile perchè, sappiamo, è stato già sottolineato e lo sappiamo tutti
per esperienza diretta, che quando siamo coinvolti la lucidità sia pure
temporaneamente viene persa! Non v¹è in lui intenzionalità aggressiva, nè è
possibile un riduttivo giudizio morale del suo gesto in quanto il gesto
traditore rappresenta il tentativo di realizzare il suo buon diritto a
vivere.

L¹attore del tradimento è colui che ha osato infrangere il tabù
dell¹incesto, l¹ordinamento edipico, quell'ordinamento che ci vuole a vita
divisi in due dove la parte rimossa in me è proiettata sull¹altro sicchè
l¹altro se io sono donna, rappresenterà il mio maschile e viceversa.
Nell¹ordinamento edipico non c¹è posto per la trasformazione, per il
movimento, per la libertà perchè ciascuno resta al suo posto, per soddisfare
le aspettative dell¹altro. V¹è un "inchiodamento" alla staticità e il
bisogno che tale tipo di rapporto soddisfa è solo un bisogno di
conservazione. Il rapporto, in quanto unilaterale, è patologico. Ora che la
patologia sia la norma è un altro discorso. però è patologia! Quindi quello
che tradisce sta semplicemente cercando di riprendersi la vita. Farà
soffrire, però sta facendo l¹unica cosa giusta, l¹unica che può fare per
riprendersela.

Il vissuto del tradimento vero e proprio è invece prerogativa esclusiva, a
ben osservare, di colui che lo subisce. Egli è l¹anello debole, in quel
momento, del rapporto - e io intendo il rapporto, in quanto vivo, come
laboratorio evolutivo che noi lo si voglia sapere o meno, che noi si sia
consci oppure inconsci, il rapporto è comunque un laboratorio vivente
evolutivo e quindi al di là dei discorsi e degli ordinamenti generali, segue
le stesse leggi della Vita sicchè accade prima o poi qualcosa, per esempio
il tradimento concreto, che lo restituisce alla dinamicità e sarà questo
qualcosa tanto più crudele e doloroso quanto più abbiamo tentato insieme di
giocare a crearci l¹isola felice, il garantismo, l¹Eden - il "tradito"
subisce dunque il maggior dolore perchè incarna il lato conservatore di
questo rapporto che invece sta già, ad opera dell¹altro, trasformandosi.
Egli è colui che, vivendo la rescissione unilaterale di un presunto
contratto, cade nella depressione del rifiutato, dell¹abbandonato,
dell¹umiliato, dell¹escluso - è questo verbo: escludere, il verbo che rende
meglio il vissuto del tradito e che rimanda a sua volta alla dinamica
edipica, guarda caso.
Io credo che ciò¹ che più fa soffrire nel tradimento non sia tanto la
presenza di un¹altra persona ma che io sia esclusa dalla coppia. Si
ricostituisce una coppia, proprio come la coppia genitoriale originaria, che
mi esclude. Ma non posso qui seguire questo sentiero di riflessioni.

Paradossalmente il tradito è quello dei due, che maggiormente ha la
possibilità, trovando ovviamente un referente esterno che lo aiuti in ciò,
di elaborare la propria depressione in nuova consapevolezza. Il referente
esterno in genere è importante perchè è tale il vissuto di devastazione e di
imprigionamento che da soli raramente gliela si fa. Non ci si libera mai da
soli.

E siccome questa è una delle vicende che ci toccano più da vicino, toccano
il cuore della relazione sia pure concreta, è allora molto importante avere
un testimone che non sia soltanto una spalla su cui lacrimare o che ci
incoraggi e ci aiuti a crogiolarci nella nostra parte di vittima, di
umiliato, di offeso. Non abbiamo bisogno di questo. Il referente di cui in
qualche modo si va alla ricerca è qualcuno che ci aiuti a cogliere il lato
universale della vicenda. In passato, e fin dall¹antichità, questi grandi
drammi si vivevano attraverso il teatro, per raggiungere una sorta di
catarsi.

Il teatro si faceva testimone ed era un modo per riconoscere la sacralità
della vicenda, quindi il senso che va sempre oltre l¹individuo singolo. Il
senso non è mai possesso di qualcuno perchè non è mai "privato". Era un modo
di condividerlo e di celebrarlo. Poi è sopravvenuta la confessione pubblica
delle prime comunità cristiane che, in seguito, divenne confessione privata.

Ad ogni buon conto il referente fu sempre qualcuno, ed è tuttora qualcuno, a
cui riconosciamo una particolare solennità, un particolare valore, una
capacità di essere testimone per tutti gli altri, per il mondo, per l¹Essere
tutto; un testimone capace di accogliere la vicenda non come una misera
vicenda di debolezze (che implicherebbe prestare soccorso al tradito ponendo
una "toppa" al suo dolore in attesa di prossime storie che si ripeterebbero
uguali) , ma per celebrare - intanto - questa vicenda a livello universale e
per riportare noi stessi, attraverso la vicenda, a questa dimensione più
universale, per restituire la nostra soggettività, così impoverita nelle
gabbie edipiche, ad un mondo di più ampio respiro che è quello che ci spetta
da sempre e che non dovremmo mai permettere a nessuno, neanche in nome
dell¹amore, di sottrarci.

Il referente oggi nella nostra società è l¹analista.
Anche Cristo ha avuto bisogno del referente esterno: ha invocato il Dio
Padre per sopportare l¹infinito dolore e l¹infinita solitudine a cui il
tradimento di Giuda lo aveva consegnato.
Ad ogni buon conto è sempre il tradito che ha più possibilità di andare fino
in fondo nella vicenda del tradimento.

Cristo ha avuto bisogno del tradimento di Giuda per poter compiere la sua
missione redentiva; ha avuto bisogno di Giuda per completarla.
In realtà ogni storia, personale e relazionale, è storia di tradimenti agiti
e subiti e il tradito è importante quanto il traditore. Ciascuno di noi è
alternativamente sia Cristo che Giuda. Cristo ha bisogno di questo lato
oscuro, ombroso che gli permetta di fare i conti con se stesso, con la sua
umanità, di compiere il passaggio dal particolare all¹universale.

Anche Cristo ha avuto paura della morte ed è stato proprio grazie al
tradimento che la paura non ha vinto e non si è sottratto alla morte. Giuda
consegna Cristo e Cristo non può più sottrarsi alla sua sorte nonostante
giunga a gridare "Dio mio perchè mi hai abbandonato? ".

Perchè è importante la figura del traditore e il tradimento? Proprio perchè
quando riusciamo ad approdare per intuito o per qualche altra buona strada,
a un lavoro interiore profondo con noi stessi, il traditore e il tradimento
rappresentano l¹occasione del nostro svuotamento di ogni pregiudizio
precedente.Il traditore ci constringe a fare i conti con noi stessi, a
buttar giù i nostri pregiudizi, ci lascia nudi e morti. Siamo nella
condizione ideale, così privi di tutto, per tornare a reinterrogarci
criticamente su tutte le cose fondamentali della vita, amore compreso. Siamo
nella condizione ideale per poter rinascere accettando di morire alla
vecchia identità, accettando di vedere positivamente il crollo totale, il
deserto che, grazie al cielo, nessuno dall¹esterno ci può celare.

Il traditore è evolutivo quando riesce - quasi in una sorta di reazione a
catena, in una sorta di epidemia positiva - a costringere il tradito a
trasgredire, a trasformare, in ultima analisi a tradire a sua volta il
pregiudizio in cui prima era immerso. Naturalmente che ciò avvenga non
dipende mai dalla volontà del traditore. Ma dalla capacità e disponibilità
del tradito a farsi fecondare da vicenda così dolorosa. Molti miei
analizzandi arrivano a me sotto il fardello di un tradimento subito, vissuto
in modo così devastante da indurre sentimenti di grave depressione.
Il tradito che entra in analisi già in questo gesto rinuncia al copione
della vittima passiva e intuisce che potrebbe esserci del "buono" anche per
lui nello "scherzetto" che il partner gli ha tirato. E questo
indipendentemente dagli atteggiamenti, dalle intenzioni e dalla coscienza
del traditore.

E il lato positivo è la nuova conoscenza che in lui si dispiega grazie al
lavoro analitico (l¹analista è il nuovo "sacerdote" in quanto è il testimone
ed è il traghettatore a sua volta dell¹analizzando in una dimensione sempre
più universale, l¹analista è colui che riconosce nell¹altro non una
soggettività privata ma proprio l¹eterno Antrophos, l¹Essere, l¹Uomo,
l¹Imperatore che sta lottando per riscattarsi, per redimere completamente se
stesso perchè, sì, Cristo ha cominciato ma Cristo era solo...) e allora
quando questo soggetto, attraverso l¹analisi o altre vie, si traghetta
altrove, allora scopre questa cosa: che sì lui è stato tradito ma che è a
sua volta traditore e quindi, proprio perchè l¹ha sperimentato e ha bevuto
l'amaro calice fino in fondo, può finalmente comprendere che Amore e
Tradimento hanno ben altra valenza oltre quella istintuale iniziale: ha
tradito se stesso, le vecchie credenze, il vecchio amore, ha tradito tutto.
Insomma se si riesce a domare o almeno a tenere a bada "la bestia"
pulsionale, come efficacemente viene definito l¹insieme di vissuti negativi
che la vicenda in questione origina in noi, se si riesce a tenere a distanza
questa bestiaccia che cerca di dominarci, alla fine il dono arriva ed esso
e¹ appunto spostamento di livello, nuove dimensioni inimmaginabili prima.

Però il tradimento può anche non essere consumato fino in fondo. Può essere
"abortito" e allora si ha il "tradimento del tradimento" se mi consentite il
gioco di parole. E credo che sia uno dei delitti peggiori perchè allora
significa mettere in ballo tanto dolore, tanta carne che brucia per poi
fermarsi a metà, per abortire una creatura nuova molto bella che potrebbe
nascere. E quando è che potrebbe sopravvenire l¹aborto? Sopravviene quando
da parte del traditore il tradimento si fa solo tradimento concretistico: si
pensa di approdare a nuove sponde soltanto perchè si sostituisce un volto
con un altro, soltanto perchè si sostituisce un oggetto d¹amore con un
altro.

Certo, resta il fatto incontestabile che comunque egli ci prova. Magari ci
passerà la vita a tradire, inesorabilmente, faticosissimamente. Ciò non
toglie che la stessa coazione a ripetere sia testimone, dica qualcosa
rispetto a un lato della vita con cui lui deve confrontarsi, al valore
simbolico di questa categoria la quale si ripeterà, come ogni altro tipo di
sintomo fin che non è compresa, lasciando il soggetto privo di un luogo su
cui posare la testa! Dalla parte del tradito quando è che c¹è aborto,
tradimento dell¹esperienza del tradimento?

Quando, non reggendo la fatica in quel momento della propria vita, non
avendo le risorse per andare fino in fondo, di "scorticarsi vivo" (come
dicono i sogni) di suicidarsi, di darsi da sè la propria morte - perchè
l¹abbiamo detto prima: non basta che l¹altro ci uccida perchè se non si
arriva a suicidarsi e quindi a trasformare la violenza che ci arriva come
esterna, in un gesto d¹amore, in un¹accoglienza di questa violenza,
riproducendola noi, originale, ammazzandoci noi, se questo sacrificio non
c¹è, resta solo l¹uccisione reciproca, l¹omicidio - allora il traditore che
abortisce - ripeto -uccide il partner sostituendolo con un altro (ha proprio
"fatto fuori" l¹uno per l¹altro! ) e il tradito, allo stesso livello di
coscienza, tirerà fuori dagli armadi tutta la riserva di ombre di debolezze,
di limiti, intravvisti nel partner ma tenuti sotto chiave - per meglio dire:
rimossi - perchè assolutamente impertinenti al tempo bello dell¹amore, al
tempo in cui l¹altro doveva essere tutta la sua vita, la sua isola felice,
tirerà fuori tutto ciò che non ha voluto vedere nè di se stesso ma ancor più
dell¹altro che intanto era stato idealizzato.
E a questo punto si avvarrà di tutto questo, come frecce avvelenate, per
ritorcerlo contro il fu amato e farlo a pezzi. E a sua volta lo farà fuori.
E ci sarà ancora una volta solo uccisione. E si farà un pò come in quei riti
tribali in cui, riuscire a mangiare un pezzo del fegato del nemico o
carpirgli il nome, ridava potere vitale all¹uccisore.

E¹ la stessa dinamica ancestrale. Tutta la storia passata è in noi. In
genere è una tappa che attraversa anche chi si ritrova le risorse per andare
oltre: è la prima difesa per resistere allo sfacelo, prima di abbandonarvisi
e poter risorgere. Il guaio è quando non si riesce ad andare oltre, è quando
ci si fissa in questa difesa come unica uscita dalla situazione mortifera
perchè questo significa che anche il tradito sarà solo costretto ad
aspettare il prossimo amore su cui investirà tutto il senso della sua vita.
Caricherà sull¹altro un fardello insostenibile: vorrà che quello si
sostituisca al suo rapporto - conflittuale e diretto - con la vita. Sempre
tra sè e la vita ci metterà di mezzo l¹ennesimo altro, il suo nuovo, ultimo,
amore. Ciò fino alla prossima e inevitabile crisi, fino al prossimo
tradimento, ecc. preda egli stesso di questa circolarità dannata, di una
continua morte priva di resurrezione.

Altra cosa che volevo sottolineare: è tragico che spesso proprio la stessa
psicoanalisi - parlo della psicoanalisi ortodossa (freudiana) - faciliti e
favorisca indirettamente questo tipo di meccanismo perchè non prevede la
possibilità di uscire dalla situazione edipica se non in maniera
concretistica. Essa dà l¹imprimatur scientifico alla naturalità di un certo
sistema sociale che invece è culturale e relazionale: quello basato sul tabù
dell¹incesto. Esso favorisce nella relazione sia elementi fortemente
"simbiotici" che elementi di forte estraneità.

Il tabù dell¹incesto mantiene distanti i due, i diversi e non prevede
possibilità di ricongiungimento.
I diversi sono il soggetto e l¹oggetto, il maschio e la femmina, il
conoscente e il conosciuto, la madre e il figlio, il padre e il figlio,
ecc., sono tante le formulazioni ma si tratta sempre di due opposti ciascuno
dei quali non può recuperare a sè e in se stesso l¹altro. Il tabù
dell¹incesto segnala, nella metafora psicoanalitica, l¹ordinamento affettivo
corrispondente alla logica formale e al puro principio di non
contraddizione.
E¹ inevitabile allora perseverare in una logica di simbiosi, di
interdipendenza dove il bisogno che viene soddisfatto è solo bisogno di
conservazione.
Ma stante che, grazie a Dio, siamo vivi, e non è questa la sola realtà
profonda che ci appartiene, siamo votati al tradimento. Esso sarà
accompagnato - ripeto - da tanta più crudezza quanto più il tempo ci vede
maturi per poter relazionarci in modo più evoluto.

E¹ vero che il tabù dell¹incesto come legge universale non può essere
negato. S. Montefoschi lo ha insegnato, all¹interno del suo pensiero che ha
riletto la psicoanalisi - nelle sue tappe fondamentali: Freud, Jung,
Montefoschi - come teoria della conoscenza. Altrove parlammo del tabù
dell¹incesto come legge universale che permise, garantendo la distanza
conoscitiva, fin dall¹origine del cosmo, la contrapposizione quindi la
differenziazione, la distinzione delle varie forme. Epperò dicemmo anche che
non è l¹unica legge relazionale perchè accanto ad essa agì nascostamente la
modalità del compimento simbolico dell¹incesto, ovvero l¹infrazione del tabù
nell¹unione degli opposti, nella "coniunctio oppositorum". Infrazione che ci
permette di accedere alla vita simbolica e ci libera dal concretismo delle
forme e della coscienza sensibile. Ci permette di non confondere ciò che è
storico, transeunte, culturale, provvisorio, con ciò che è eterno,
atemporale, immutabile.

La teoria freudiana come teoria dei "fatti" coincide col momento fondante
della psicoanalisi. Rappresenta "hegelianamente" il momento della prima
immediatezza con la sua teoria delle pulsioni. Ma proprio perchè inchioda ai
fatti si fa, suo malgrado, alleata della lettura conservatrice e statica
della relazione e del mondo umano tutto. L¹antropologia freudiana ortodossa
è naturalistica, staticizzante, oggettivante e la psicoanalisi stessa, nella
sua evoluzione, l¹ha superata operando uno dei tanti tradimenti di cui si
compone la storia stessa della conoscenza.

Torniamo a noi: stavo parlando del tradimento e in particolare del
tradimento nella coppia.

Dei tanti scenari in cui può consumarsi il dramma del cosiddetto
"tradimento" ho scelto il rapporto di coppia perchè suppongo sia quello in
cui ci è più facile riconoscere i nostri più cocenti vissuti.

Sul tradimento può morire un rapporto che ha saputo magari contenere momenti
di terribilità qualitativamente superiori.

E se anche non muore, se pure sa recuperarsi, la ferita che lascia è
difficile si rimargini definitivamente perchè resta una sorta di delusione,
di sorda lamentela. Classiche frasi che denunciano questo stato d¹animo
sono: "non sarà più come prima" "la fiducia che c¹era è stata
definitivamente compromessa" ecc. Si resta nell¹ombra del cambiamento perchè
si resta nella nostalgia del mondo di ieri che è cambiato quando, forse, con
un pò di saggezza in più, si potrebbe anche essere felici del cambiamento.
Ma se il tradimento non è stato consumato fino in fondo non si può giungere
a questo nuovo stato di maggiore luce. Resta soltanto la "delusione" quando
invece poteva essere la "disillusione" e la "disillusione" è buona cosa
mentre la "delusione" è cattiva cosa.

La disillusione è far cadere delle illusioni e avere delle illusioni è
sempre infantile, è cercare l¹Eden. La delusione è patologica perchè implica
la pretesa, considerata legittima, di avere delle aspettative verso l¹altro.
E¹ bene che cadano le illusioni e quando ciò avviene non troviamo
necessariamente solo un mondo depressivo da consumare. Più illusioni
facciamo cadere e più vera vita ci può venire incontro, intensamente
colorata di forti emozioni purificate dall¹antica visceralità. E¹ qualche
cosa che nasce dalla capacità di compiere l¹incesto simbolico, di compiere,
quindi, continui tradimenti.

Ci sono tanti tradimenti che si possono consumare tra due partners però la
forma di tradimento più devastante pare essere il tradimento sessuale.
Poichè, come abbiamo visto, la parte più feconda da analizzare pare essere
la parte del tradito, è dal suo punto di vista che avvicineremo il
tradimento.

Il tradimento sessuale come trauma e come motivo di rottura del rapporto ci
permette alcune interessanti considerazioni: il fatto che un tradimento
sessuale riesca o a guastare un rapporto o a lasciarlo vivere sotto tono ci
fa pensare a questo: che noi, finchè le note del tradimento fisico non
vengono suonate, amiamo pensare ai rapporti d¹amore come rapporti tra anime,
tra mondi interiori - parliamo volentieri di affinità elettive - rapporti
tra soggetti, scriviamo versi, canzoni che inneggiano a tutto questo e in
buona fede ci crediamo: crediamo d¹amare la soggettività e il pensante
nell¹altro, il suo fondamento umano. Poi però arriva il tradimento a
denunciare la falsità delle nostre credenze: non è vero niente. La base dei
rapporti umani non è quella che vede a confronto un soggetto con un altro
soggetto. La realtà dei rapporti umani è ancora quella biologicamente
determinata. Gli esseri umani - l¹Uomo e la Donna - non riescono ancora a
rapportarsi al di là della determinazione biologica. Non sono due soggetti.
Sono ancora maschio e femmina.

E in questo è purtroppo ancora attuale il pensiero di Marx il quale
sosteneva che siamo ancora nella preistoria perchè valutava l¹umanità della
società dal bisogno che ogni essere umano ha dell¹altro essere umano e
diceva: "Quando il bisogno dell¹uomo verso la donna sarà bisogno dell¹altro
Uomo, di avere l¹altro Uomo avanti a sè, allora potremo cominciare a parlare
di Umanità". E¹ evidente che, alle soglie del terzo Millennio, non ci siamo
ancora.

L¹amore è ancora amore interdipendente e complementare da soggetto a oggetto
che lega i due in rapporto simbiotico.
Nel rapporto simbiotico l¹altro è oggetto del mio amore e non soggetto altro
da me. L¹altro è rispecchiamento al mio narcisismo, alla mia incapacità di
riconoscermi intero e amabile da me stesso. L¹altro è la mia parte mancante,
è rassicurazione, salvagente, in un rapporto che è "di mutuo soccorso". Se
l¹altro mi è complemento, quasi come una protesi, come gli occhiali o una
dentiera, bè, dire di avere un rapporto con lui è, a ben vedere, una
forzatura: col salvagente io non ho un rapporto, con i miei occhiali io non
ho un rapporto, con la mia gamba io non ho un rapporto! Mi servono, mi
costituiscono, mi permettono di esistere e di sentirmi intera. Se l¹altro mi
è così fondamentale tanto da non riconoscere la libertà che potrei
riconoscere a un altro soggetto, a me stessa per esempio, l¹altro non esiste
per se stesso.

Io, per me stessa, cosa è che voglio? Ognuno di noi per sè cosa vuole? Io
credo che nessuno di noi, se non negli attimi di follia dell¹innamoramento,
ami davvero essere portatore del carico altrui tanto da dover essere
responsabile del suo rapporto con la vita, del suo aver trovato senso o
meno, felicità o meno. Io non vorrei questa responsabilità: di essere colui
che risolve la vita ad un altro. Credo in ogni caso che non troverei tanto
amabile una persona così passiva e parassita. Nessuno vorrebbe questo eppure
in un rapporto edipico, basato sul tabù dell¹incesto e sulla conseguente
inevitabile interdipendenza, tutto questo accade.

Ma non c¹è neppure rapporto! Se pure volessimo rimettere in causa la parola
"contratto" - parola sgradevole in fatti d¹amore eppure il matrimonio altro
non è - anche per stipulare un contratto ci devono essere dei soggetti che
si mettano d¹accordo per un fine comune; ma come posso avere un fine comune
con qualcosa che mi costituisce come persona, mi fa sopravvivere e non
vivere. Ecco, tutte queste considerazioni emergono se analizziamo
l¹esperienza del tradimento fisico come comunemente viene vissuto.

Però, sappiamo che pur nel rapporto interdipendente si dà la molla verso
l¹intersoggettività diversamente non ci sarebbero tradimenti o altre crisi,
altre inquietudini che agitano i rapporti umani, coppia d¹amore compresa. Il
lato conservatore del rapporto non esaurisce le nostre risorse psichiche.
Abbiamo altre capacità e quindi siamo colpevoli se non vi attingiamo. Noi
ereditiamo la tradizione e quindi il rapporto interdipendente ma il nostro
compito - ripeto - è il tradimento.

Cerchiamo rapporti e lavoriamo per ritrovare nell¹altro davvero il soggetto
con cui si possa avere un progetto comune e non concretistico. Anche il
figlio può essere il terzo, il progetto; ma se il figlio è solo quello
carnale inteso concretisticamente, egli stesso può costituirsi ai nostri
occhi come una colla per rinforzare l¹interdipendenza con l¹altro, il
legame. Il figlio è qualcosa d¹altro ma esiste e lo riconosco nella sua
sostanza solo se io ho già un figlio interiore. E se ho un figlio, ho anche
un padre e una madre interiore. Porto con me la sacra famiglia. In questo
modo ho rotto già il tabù dell¹incesto che mi inchioda ad essere solo padre,
o madre, o figlio.
C¹è un sogno che dice questo, che noi possiamo individuarci, diventare cioè
quello che possiamo essere e non restare preda di queste pure forme finite:

"In una sala cinematografica sul grande schermo v¹era una scena ma gli
spettatori non potevano guardare direttamente ad essa: essi avevano avanti a
sè dei monitor ciascuno dei quali mostrava un frammento della scena totale.
La sognatrice si ribella e non si accontenta del frammento quando già avanti
a sè c¹è la visione totale. Rifiuta il monitor e dopo un attimo in cui non
vede nulla riesce a guardare la scena d¹insieme."

Questo non significa che abbiamo in mano l¹onniscienza, non è un delirio
d¹onnipotenza. Significa però che non possiamo indietreggiare rispetto alla
visione d¹insieme che possiamo avere della dinamica evolutiva universale e
non possiamo indugiare oltre tempo e misura in piccoli orticelli che
preparano soltanto la pena che da noi stessi c¹infliggeremmo. Se noi
potendo, se essendo chiamati - perchè viviamo questo tempo e non duemila
anni fa - se, avendo le capacità per poter chiedere di più a noi stessi e
alla vita ci limitassimo, ci accontentassimo d¹amare il particolare (persona
compresa) prepareremmo da noi la nostra pena. Pena per un peccato, ma non
peccato come trasgressione a favore del nuovo: Il peccato della ripetizione,
della clonazione, del tempo che noi faremmo passare invano.

Concludo con questa considerazione: che se invece si prendono in mano le
risorse, se si osa, se s¹infrange, si va in una direzione dove l¹amore non
si riduce ma viene espanso, moltiplicato. I tradimenti continueranno ad
essere vissuti dolorosamente ma in una dimensione in cui ci sapremo
responsabili, insieme all¹altro delle nostre relazioni, di un processo
attraverso cui l¹Essere tutto cerca - anche attraverso la nostra
individualità - di mettere insieme tutta la sua Soggettività, tutti i
frammenti in cui si è oggettivato, solidificato. Se sapremo che questo è il
"luogo" verso cui si va, un luogo di maggiore soggettivizzazione universale,
l¹amore non può rimpicciolirsi, l¹amore può soltanto universalizzarsi.

E, certo, le nostre storie individuali continueranno a passare attraverso le
varie vicende: magari il rapporto si chiuderà, l¹interesse fra le persone
cadrà; si accenderà l¹ interesse per un¹altra persona. Insomma le storie si
ripeteranno esteriormente ma non potremo dare più il nostro assenso
coscienziale al dolore che comunque i tradimenti continueranno a procurarci.
Almeno questo: non daremo più l¹assenso perchè non ci identificheremo nella
parte della vittima, di colui che è stato defraudato, derubato di qualcosa
che gli spettava. Il tradimento non verrà più vissuto paranoicamente come un
attacco personale. Ci sentiremo ancora così ma sapremo immediatamente che
non è così. E nella disappropriazione dell¹amore, che dovrebbe aumentare
attraverso l¹ esercizio della consapevolizzazione per niente facile nè
scontato, dovremmo liberare noi stessi dal nostro egoriferimento e potremmo
percepire che le storie, le nostre storie d¹amore sono in realtà le storie
dell¹Amore che si traghetta attraverso di noi da un mondo all¹altro. Ma è
sempre l¹Amore.
L¹amore non è qualcosa che vive a singhiozzo: si apre una storia e l¹amore
vive, si chiude la storia e l¹amore muore.

L¹Amore vive attraverso queste vicende. E¹ l¹Amore che vive attraverso di
noi. Non siamo noi a vivere l¹amore. Vivremo un¹unica storia senza soluzione
di continuità e tutti i volti saranno un volto solo. Non potremo dire che un
rapporto finisce. E¹ assurdo se ci pensate. Niente finisce mai se non nella
nostra volontà rimovente. Ci saranno restituiti tutti i volti, tutto
l¹amore.
Ed è buffo che a volte - se questa è la strada di conoscenza che
concretamente s¹intraprende - gli amori passati concretamente vengano
restituiti. Io ne sono testimone. Cose magnifiche. Rare forse, ma accade.
Finisco con un sogno:

"Il sognatore è a Londra con la sua attuale compagna. Incontra il suo primo
significativo grande amore, amore anche spirituale. Si abbracciano e si
scambiano un bacio molto tenero, dolcissimo. Mentre ciò accade lui pensa:
"ma allora è sempre la stessa cosa! ": l¹amore che provava per questa prima
compagna, l¹amore che prova per la sua attuale compagna e l¹amore che prova
per una loro comune amica è sempre lo stesso unico Amore."

(tratto dal sito: http://www.geagea.com)

inoltrato da Vidya_...@yahoogroups.com




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