Gli antidepressivi non riducono la violenza impulsiva
I farmaci che regolano la serotonina non fanno diminuire le ricadute degli episodi di violenza
rispetto al placebo, come in precedenza ipotizzato.
11 dicembre 2025 - Elisabetta Intini
I farmaci antidepressivi possono essere impiegati per ridurre i comportamenti di violenza impulsiva?
In passato si è ipotizzato che potessero avere una qualche efficacia, ma ora uno studio clinico
condotto in Australia smentisce quest'idea: i medicinali che modulano la serotonina non hanno alcun
effetto nel diminuire gli episodi di violenza impulsiva rispetto al placebo. La ricerca è stata
pubblicata sulla rivista eClinicalMedicine, del gruppo del Lancet.
Aggressività e serotonina
Lo studio, condotto dall'Università del New South Wales, Australia, si basa su un doppio
collegamento: quello tra un cattivo controllo degli impulsi e i comportamenti aggressivi, che
possono sfociare in episodi di violenza; e quello tra questo tipo di comportamenti e livelli ridotti
di serotonina, un neurotrasmettitore fondamentale per la regolazione dell'umore.
Da qui l'idea che la sertralina, un comune antidepressivo della classe degli inibitori selettivi
della ricaptazione della serotonina (SSRI) che di solito viene prescritto contro la depressione, i
disturbi d'ansia o i disturbi di tipo ossessivo-compulsivo, potesse ridurre le derive aggressive
dell'impulsività nei soggetti che reiterano questo tipo di comportamento.
Come è andata a finire
Tra il 2013 e il 2021 i ricercatori hanno assegnato in modo casuale a 630 uomini maggiorenni, con
almeno due condanne per reati violenti alle spalle ed elevati livelli di aggressività, 100 mg
giornalieri di sertralina orale o un placebo. Nell'arco di un anno di assunzione del farmaco, un
reato violento è avvenuto in 72 (22,6%) dei 319 partecipanti che avevano assunto, senza saperlo,
sertralina, e in 70 (22,5%) dei 311 assegnati al placebo.
Dunque, la sertralina non ha ridotto in modo significativo il rischio di recidiva di violenza
impulsiva rispetto al placebo.
Analisi post-hoc, quelle cioè che si compiono per scoprire se ci sono differenze tra i vari gruppi,
dopo che un test preliminare ha già indicato l'esito generale dell'esperimento, hanno suggerito un
possibile, minimo effetto sulle recidive di violenza domestica. Ma i critici dello studio da tempo
sottolineano che questo è un aspetto controverso, perché quel genere di violenza non è tanto una
questione di mancato controllo degli impulsi, ma piuttosto una forma di controllo deliberato e
sistematica della partner o di altri familiari (per approfondire gli effetti della violenza sul
cervello, e sull'intero organismo, delle donne, ascoltala puntata dedicata di Prisma - Il perché
delle cose).
https://www.thelancet.com/journals/eclinm/article/PIIS2589-5370(25)00602-9/fulltext
da
focus.it