Un chip legge il monologo interiore: svolta o rischio per la privacy mentale?

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Oct 8, 2025, 3:48:08 AM (9 days ago) Oct 8
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Un chip legge il monologo interiore: svolta o rischio per la privacy mentale?

Un chip decodifica il "monologo interiore" traducendo i pensieri in parole. Uno scenario
rivoluzionario per chi non può parlare, ma anche una sfida etica.

6 ottobre 2025 - Simone Valtieri

Un impianto cerebrale sperimentale ha dimostrato che è possibile decodificare il "monologo
interiore" di individui paralizzati, traducendo i loro pensieri in parole. Il notevole risultato,
ottenuto da un team dell'Università di Stanford (Stati Uniti), è stato illustrato in uno studio
pubblicato su Cell e rappresenta un avanzamento storico nelle interfacce cervello-computer (BCI).
Finora, i dispositivi BCI potevano leggere i segnali neurali correlati al movimento o ai tentativi
fonatori, ma questo apparecchio va oltre: interpreta direttamente le frasi immaginate, senza che la
persona emetta alcun suono.

Questo risultato apre scenari rivoluzionari per chi ha perso la capacità di parlare ma, presenta
sfide etiche e legali nuove e inquietanti.

DOVE È COLLOCATO. Il chip è stato impiantato nelle regioni mediale e ventrale del giro precentrale,
considerate una sorta di "hotspot del parlato", ossia quelle aree dove il cervello elabora
l'imminenza del discorso anche se non ancora ben articolato.

COME FUNZIONA. Il dispositivo è in grado di interpretare i pattern neurali associati al monologo
interiore ("inner speech") e li converte in testo, con un vocabolario che comprende fino a 125.000
parole e un'accuratezza che, per alcune frasi, arriva al 70%. Rispetto ai sistemi convenzionali, che
prevedono il tentativo fisico di tradurre un pensiero in gesti, questo metodo richiede meno sforzo e
non dipende dai muscoli o dalla respirazione.

I ricercatori hanno raccontato che, durante la sperimentazione, alcune trascrizioni venivano
generate anche in momenti in cui i pazienti non stavano tentando di comunicare, segno che il confine
tra pensiero e parola è molto sottile. Per ovviare al problema è stato inserito un meccanismo
"on/off" mentale, nel quale i soggetti immaginavano una parola segreta per attivare o disattivare il
sistema.

IL PROBLEMA. Decodificare il pensiero, in ogni caso, comporta rischi enormi. Durante i test il chip
ha captato impulsi anche quando i partecipanti non erano concentrati sulla comunicazione, aprendo il
dibattito sul cosiddetto "leakage mentale", o "furto dei pensieri", dato che un pensiero intimo e
privato potrebbe essere tradotto per errore come output, se il sistema non è tarato alla perfezione.
Oltre all'interruttore mentale già descritto, è prevista una ulteriore funzione di delimitazione
sensibile, ossia il riconoscimento automatico di ambiti tematici o spaziali dove l'attività neurale
viene ignorata.

Rimane però la questione centrale: cosa accade ai dati cerebrali raccolti? Un archivio mentale
potrebbe memorizzare preferenze, traumi, credenze intime, con implicazioni che riguardano non solo
l'uso commerciale, ma anche rischi di sorveglianza, manipolazione psicologica o clonazione digitale
dell'identità cognitiva.

Non siamo ancora a questo punto, ma in futuro saranno necessarie una serie di normative specifiche
prima di qualsiasi diffusione su larga scala.

DIRITTI E RISCHI. L'applicabilità clinica di questo chip sperimentale, a ogni modo, è ancora
lontana. Lo studio rimane un prototipo concettuale testato su pochi soggetti e basato su un
vocabolario controllato, e prima che dispositivi simili possano essere usati in ambito sanitario o
nella vita quotidiana, servono miglioramenti dal punto di vista della sensibilità, della complessità
e dell'affidabilità. Le aziende che svilupperanno questi sistemi, infine, dovranno assumersi la
responsabilità del trattamento, dell'archiviazione e dell'uso dei dati neurali, in un contesto dove
"sapere cosa pensa una persona" può diventare un pericolosissimo strumento di controllo sociale
scavalcando la funzione primaria, ossia restituire la parola a chi non può più comunicare.

da focus.it


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