IO SONO CON TE-FAMILYCINEMA&TV

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CENTRO ANTI-BLASFEMIA

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Dec 20, 2010, 11:21:58 AM12/20/10
to STUDIO BIBLICO
IO SONO CON TE

FAMILYCINEMA&TV


ITALIA 2010
Titolo originale: Io sono con te
Regia: Guido Chiesa
Sceneggiatura: Guido Chiesa, Nicoletta Micheli, Filippo Kalomenidis
Produzione: Magda Film/Colorado Film/Rai Cinema
Durata: 102'
Interpreti: Nadia Khlifi, Rabeb Srairi, Mustapha Benstiti, Ahmed
Hafiene, Carlo Cecchi, Giorgio Colangeli, Fabrizio Gifuni
Genere: DRamma




Nel povero villaggio di Nazareth, duemila anni fa, una giovane donna,
Maria, rimasta misteriosamente incinta, cresce il figlio Gesù secondo
principi di amore e seguendo la natura, in aperto contrasto con la
mentalità maschilista, violenta e legalista della cultura ebraica
dell’epoca. Quel bambino diventerà il profeta più rivoluzionario della
storia…


Si apprezza la buona fede del regista che circonda la protagonista di
amore e devozione ma appare stridente l'approccio antistorico della
rappresentazione di una donna un po’ sciamanica che vive il rapporto
con Dio in uno spiritualismo naturalistico e personale che nulla ha
della dimensione di popolo della religione ebraica.

Al film, di cui non si può non apprezzare l’impeto sincero, non si
può fare a meno di imputare un certo difetto di esperienza che
finisce per rendere elusivo un oggetto che il regista percepisce così
concreto.



Recensione di Laura Cotta Ramosino



Vedendo l’amore e la devozione di cui circonda, anche visivamente, la
sua protagonista non si può dubitare della sincera ispirazione e alla
buona fede di Guido Chiesa, cineasta e documentarista alle prese con
la vicenda di una madre assolutamente speciale, Maria di Nazareth.

Da non credente Chiesa dichiara di accostarsi a questa figura storica
con interesse e rispetto, cogliendo la portata straordinaria di una
donna in cui per la prima volta una religione, il Cristianesimo, vede
il principio della salvezza.

Questo approccio senz’altro positivo non impedisce allo spettatore di
rimanere un po’ deluso di fronte ad una pellicola che, se pure offre
momenti e intuizioni suggestivi, manca però del senso del sacro che ci
aspetteremmo da un film dedicato a questo tema ed esaurisce
l’eccezionalità dell’uomo (prima ancora che del Figlio di Dio) Gesù
nelle pur straordinarie doti educative della sua genitrice.

Maria sembra, infatti, una sorta di pedagogista montessoriana ante
litteram che, fidando sul suo legame con la natura, che osserva spesso
e con attenzione, si mette di traverso alla cultura ebraica del tempo,
maschilista, legalista e violenta.
Significativa, anche perché in aperta contraddizione con il dettato
evangelico cui invece Chiesa dice di essersi sostanzialmente attenuto,
è la strenua opposizione alla circoncisione (anche il parto nella
grotta di Betlemme è il risultato di un piano di Maria per sottrarsi
al controllo di famiglia e società nei primi giorni di vita del
bambino), vista come atto di violenza primario sul bambino, destinato
a segnarlo per sempre.

Salvando Gesù da questa esperienza traumatica e lasciandolo libero di
dispiegare la sua natura (che non sembra tuttavia avere nulla di
particolarmente divino, come riconoscono anche i magi, qui sorta di
sapienti poco pratici alla ricerca di un Messia attraverso test da
psicologia contemporanea), Maria pone le basi (e anche qualcosa di
più) dell’uomo che sarà.

Se è apprezzabile la valorizzazione nella storia della salvezza della
libertà “creativa” di Maria, capace di superare il legalismo fatto di
mille divieti della religione ebraica dell’epoca in nome dell’amore
per l’altro, sembra strano che in un contesto che pure si vuole
storicamente ricostruito, sia assente la sottolineatura dell’attesa
messianica che illuminava anche l’altrimenti sterile formalismo di un
certo ebraismo e che era nel cuore di ogni donna ebrea in attesa di un
figlio.

È questa un’assenza, ci perdoni il pur informato regista, molto poco
storicamente attendibile, ma assai significativa in una prospettiva in
cui Gesù è necessario al massimo come diffusore maschile, al di fuori
dello spazio familiare, di una sapienza totalmente femminile e un po’
sciamanica che vive il rapporto con Dio in uno spiritualismo
naturalistico e personale che nulla ha della dimensione di popolo
della religione ebraica. Ci si dimentica quanto, nel racconto
evangelico, la vicenda esistenziale di Maria respiri della cultura e
della religiosità di tutto un popolo: basti pensare alle parole del
Magnificat e di come riverberino la letteratura salmistica
rinnovandola alla luce dell’Avvenimento dell’Annunciazione.

Se davvero tutto l’insegnamento di Gesù si può ricondurre a questi
primi attimi, giorni e anni accanto a cotanta madre non si capisce
perché poi il Cristo si sia dato la pena di parlare agli uomini
dell’amore paterno di Dio né di sacrificarsi sulla croce per la
Redenzione dell’umanità.

Difficile arrivarci da qui anche a causa della debolezza della figura
di Giuseppe, sempre un po’ passivo e in secondo piano, ora oppresso
dai fratelli rigidi padri padroni, ora superato “a sinistra” dalla sua
sposa poco più che bambina, mai comunque parte di un processo
educativo che di fatto lo esclude.

Quella Maria che “medita nel suo cuore” il miracoloso dispiegarsi
della volontà di Dio nel suo ventre prima e nel mondo poi, così come
ce la racconta San Luca (l’evangelista storiografo d’ispirazione
tucididea, anche qui evocato nel finale, che ebbe proprio nella
Madonna la sua prima testimone oculare) si trasforma in un’adolescente
sempre sorridente (anche troppo) e testarda, il cui credo di “non
violenza” ha qualcosa di davvero troppo moderno e riduttivo rispetto
alla figura dei vangeli e della tradizione cristiana.

E umano “troppo umano” appare questo Gesù bambino e ragazzino (non è
un caso che dopo il salto temporale la macchina da presa vaghi tra i
volti di bambini che tutti potrebbero essere il futuro Messia), capace
di accostarsi ad un indemoniato respinto dalla società e di contestare
in chiesa il rabbino e pronto a restare sconvolto dal sangue dei
sacrifici del Tempio

Solamente un po’ ridicoli invece i Magi, nella versione di Chiesa un
gruppo di sapenti orientali alla corte di Erode a fare esperimenti di
intelligenza a metà tra il test psicologico e le prove di
riconoscimento del Dalai Lama nei dintorni di Nazareth.

La loro discussione (in un greco antico che suona un po’ surreale) è
l’ennesima didascalica articolazione della tesi suggestiva quanto poco
ragionevole (nel senso di inadeguata a cogliere tutti i fattori in
gioco) del film di Chiesa, di cui non si può non apprezzare l’impeto
sincero e il rispetto per il proprio oggetto, ma a cui non si può fare
a meno di imputare per lo meno un certo difetto di esperienza che
finisce per rendere elusivo un oggetto che lui pure percepisce così
concreto.


http://www.familycinematv.it/page.php?a=iosonoconte.php





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