24/11/2010 - 11:38 - IO SONO CON TE
DI FRANCESCO MININNI
Umano, troppo umano il punto di vista di Guido Chiesa nell’affrontare
in «Io sono con te», la storia della maternità di Maria di Nazareth e
dei primi dodici anni di vita di suo figlio Gesù. Umano al punto di
trasformare il miracolo dell’unica creatura umana non sottomessa al
vincolo del peccato originale e, se vi par poco, del figlio di Dio
fatto uomo, nella teoria di una sorta di rivoluzione sociale legata a
un progetto educativo e pedagogico del tutto controcorrente rispetto
ai dettami della società dell’epoca.
Ora, ridurre il ruolo di Maria a quello di una pedagoga ribelle
equivale più o meno a ridurre il ruolo di Napoleone a quello di un
cognac. Se è vero, infatti, che la fonte primaria di ispirazione di
Chiesa è stato il Vangelo di Luca, l’unico che lancia uno sguardo su
quei primi anni trascurati dagli altri sinottici, è anche vero che per
evitare, come dice il regista, «il solito presepe», sono stati
programmaticamente eliminati tutti i possibili riferimenti alla
divinità. Non ci sono annunciazione, immacolata concezione, stella
cometa. I Re Magi diventano una cricca di ingenui che sottopongono i
bambini al gioco della stella e del cerchio per capire quale sia il
più precoce e che, in fondo, si stupiscono soltanto del fatto che Gesù
continui a camminare in tondo sul bordo del pozzo senza cascarci
dentro. Giuseppe, vedovo con figli come negli Apocrifi, è
sostanzialmente un debole che accetta con qualche rimostranza le
innovazioni volute da Maria ed è continuamente ripreso dal fratello
Mardocheo (invenzione di Chiesa) per il mancato rispetto delle leggi
dei padri.
Maria, invece, è l’immagine della forza: sempre sorridente,
apparentemente piccola e sperduta, in realtà sostenuta da un’energia
incrollabile, partorisce da sola e poi cresce suo figlio nell’amore
ignorando le leggi ebraiche. Più o meno come la cugina Elisabetta:
secondo Chiesa, infatti, né Giovanni Battista né Gesù furono
circoncisi per una precisa scelta delle madri (e soprattutto di Maria,
che convinse anche la cugina). È proprio questo episodio a darci la
chiave di lettura del film. Cominciamo col dire che il Vangelo di Luca
dice, a proposito di Giovanni, «Otto giorni dopo vennero per
circoncidere il bambino…» e a proposito di Gesù «Quando furono
compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo
nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse
concepito nel grembo».
Ricordiamo anche incidentalmente che Pier Paolo Pasolini, che non era
certo un baciapile, nell’affrontare «Il Vangelo secondo Matteo» non
toccò neanche una virgola del testo. E concludiamo che Guido Chiesa
non ha voluto né presepe né autentica spiritualità, ma si è limitato a
lanciare un chiaro messaggio politico trasformando Maria in una sorta
di pasionaria capace di trasgredire regole ataviche in nome di
nient’altro che della propria intima convinzione. Così, per sfuggire
alle trappole dell’agiografia, Chiesa è caduto in un qualunquismo
religioso che tralascia i riferimenti «verticali» e, forse, scambia
Maria di Nazareth per Maria Montessori. Al di là della
rappresentazione del patrimonio culturale ebraico come una sorta di
barbarie da combattere, che sarebbe già di per sé storicamente
discutibile, ne esce un film lineare pervaso di un’ansia sociale e
politica che escludono ogni possibile coinvolgimento emozionale. Il
tutto raggiunge il culmine nella scena del ritrovamento di Gesù nel
tempio quando, pur di evitare lo scambio di battute tra i più
chiarificatori dell’autoconsapevolezza del bambino («Figlio, perché ci
hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».
«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose
del Padre mio?»), Chiesa mostra l’incontro optando per una musica
altisonante che copre le parole lasciandoci nel dubbio di cosa mai
stia uscendo da quelle labbra che si muovono.
Peccato, perché l’apparato visivo del film è tutt’altro che
trascurabile e, soprattutto, appare ispirata la scelta non diremo
degli attori, ma dei volti che, come quello di Nadia Khlifi, si
dimostrano capaci di parlare da soli. Ma, mai come in questo caso,
quel che c’è non deve far perdere di vista quello che manca.
IO SONO CON TE
di Guido Chiesa. Con Nadia Khlifi, Ahmed Afiene, Rabeb Srairi, Mohamed
Idoudi, Fabrizio Gifuni, Carlo Cecchi. ITALIA 2010; Drammatico; Colore
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