IL VANGELO SECONDO PAPA RATZINGER-LA MORTE DI GESU' E LE RESPONSABILITA' GIUDAICHE

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CENTRO ANTI-BLASFEMIA

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Mar 7, 2011, 8:39:22 AM3/7/11
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IL VANGELO SECONDO PAPA RATZINGER

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Blog di Andrea Tornielli

LA MORTE DI GESU' E LE RESPONSABILITA' GIUDAICHE




Sono stati resi noti oggi alcuni stralci del nuovo libro di Benedetto
XVI su Gesù. Ecco un brano tratto dal capitolo dedicato al processo e
alle responsabilità nella condanna a morte del Nazareno: il Papa
spiega bene come l’espressione “i giudei” non deve farci pensare “al
popolo d’Israele come tale” né tantomeno essa va interprata in senso
“razzista”.

Benedetto XVI

(…) Ma domandiamoci anzitutto: chi erano precisamente gli accusatori?
Chi ha insistito per la condanna di Gesù a morte? Nelle risposte dei
Vangeli vi sono differenze su cui dobbiamo riflettere. Secondo
Giovanni, essi sono semplicemente i «Giudei». Ma questa espressione,
in Giovanni, non indica affatto — come il lettore moderno forse tende
ad interpretare — il popolo d’Israele come tale, ancor meno essa ha un
carattere «razzista».

In definitiva, Giovanni stesso, per quanto riguarda la nazionalità,
era Israelita, ugualmente come Gesù e tutti i suoi. L’intera comunità
primitiva era composta da Israeliti. In Giovanni tale espressione ha
un significato preciso e rigorosamente limitato: egli designa con essa
l’aristocrazia del tempio.

Così nel quarto Vangelo il cerchio degli accusatori che perseguono la
morte di Gesù è descritto con precisione e chiaramente delimitato: si
tratta, appunto, dell’aristocrazia del tempio, ma anch’essa non senza
eccezione, come lascia capire l’accenno a Nicodèmo (cfr. 7, 50ss).

In Marco, nel contesto dell’amnistia pasquale (Barabba o Gesù), il
cerchio degli accusatori appare allargato: compare l’ochlos ed opta
per il rilascio di Barabba. Ochlos significa innanzitutto
semplicemente una quantità di gente, la «massa». Non di rado la parola
ha un sapore negativo nel senso di «plebaglia». In ogni caso con ciò
non è indicato «il popolo» degli Ebrei come tale.

Nell’amnistia pasquale (che, in realtà, non conosciamo da altre fonti,
ma della quale tuttavia non v’è ragione di dubitare) il popolo — come
al solito in simili amnistie — ha il diritto di fare una proposta
manifestata per «acclamazione»: l’acclamazione del popolo ha in questo
caso un carattere giuridico (cfr. Pesch, Markusevangelium, ii, p.
466).

Per quanto riguarda questa «massa», «si tratta di fatto dei
sostenitori di Barabba, mobilitati per l’amnistia; come rivoltoso
contro il potere romano, questi poteva naturalmente contare su un
certo numero di simpatizzanti. Erano quindi presenti i seguaci di
Barabba, la «massa», mentre gli aderenti a Gesù per paura rimanevano
nascosti, e in questo modo la voce del popolo su cui il diritto romano
contava era presentata in modo unilaterale.

Così in Marco accanto ai «Giudei», cioè agli autorevoli circoli
sacerdotali, compare, sì, l’ochlos, il gruppo dei sostenitori di
Barabba, non però il popolo ebreo come tale. Un’amplificazione
dell’ochlos di Marco, fatale nelle sue conseguenze, si trova in Matteo
(27, 25), che parla invece di «tutto il popolo», attribuendo adesso la
richiesta della crocifissione di Gesù.

Con questo, Matteo sicuramente non esprime un fatto storico: come
avrebbe potuto essere presente in tale momento tutto il popolo e
chiedere la morte di Gesù? La realtà storica appare in modo
sicuramente corretto in Giovanni e in Marco.

Il vero gruppo degli accusatori sono i circoli contemporanei del
tempio e, nel contesto dell’amnistia pasquale, si associa ad essi la
«massa» dei sostenitori di Barabba. Si può forse in ciò dare ragione a
Joachim Gnilka, secondo cui Matteo — andando oltre i fatti storici —
ha voluto formulare un’eziologia teologica, con cui spiegarsi il
terribile destino di Israele nella guerra giudeo-romana, nella quale
vennero tolti al popolo la Terra, la città e il tempio (cfr.
Matthäusevangelium, II, p. 459).

In tale contesto Matteo pensa forse alle parole di Gesù nelle quali
Egli predice la fine del tempio: «Gerusalemme, Gerusalemme, tu che
uccidi i profeti e lapidi quelli che sono mandati a te, quante volte
ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi
pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è
lasciata a voi deserta» (Matteo, 23, 37s; cfr. in Gnilka l’intero
paragrafo Gerichtsworte, pp. 295-308).

A proposito di queste parole bisogna — come indicato già nella
riflessione sul discorso escatologico di Gesù — ricordare l’intima
analogia tra il messaggio del profeta Geremia e quello di Gesù.
Geremia annuncia — contro l’accecamento dei circoli dominanti d’allora
— la distruzione del tempio e l’esilio di Israele. Ma parla anche di
una «nuova alleanza»: il castigo non è l’ultima parola; esso serve
alla guarigione.

Analogamente Gesù annuncia la «casa deserta» e dona già fin d’ora la
nuova alleanza «nel suo sangue»: in ultima analisi si tratta di
guarigione, non di distruzione e ripudio.Se secondo Matteo «tutto il
popolo» avrebbe detto: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri
figli» (27, 25), il cristiano ricorderà che il sangue di Gesù parla
un’altra lingua rispetto a quello di Abele (cfr. Ebrei, 12, 24): non
chiede vendetta e punizione, ma è riconciliazione. Non viene versato
contro qualcuno, ma è sangue versato per molti, per tutti. «Tutti
hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (…) È lui [Gesù] che
Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione (…) nel suo
sangue», dice Paolo (Romani, 3, 23.25). Come in base alla fede bisogna
leggere in modo totalmente nuovo l’affermazione di Caifa circa la
necessità della morte di Gesù, così deve farsi anche con la parola di
Matteo sul sangue: letta nella prospettiva della fede, essa significa
che tutti noi abbiamo bisogno della forza purificatrice dell’amore, e
tale forza è il suo sangue.

Non è maledizione, ma redenzione, salvezza. Soltanto in base alla
teologia dell’ultima cena e della croce presente nell’intero Nuovo
Testamento la parola di Matteo circa il sangue acquisisce il suo senso
corretto. (…)

http://blog.ilgiornale.it/tornielli/2011/03/02/la-morte-di-gesu-e-le-responsabilita-giudaiche/
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