La Pasqua nella Liturgia e
nella vita cristiano-ortodossa
Secondo il Cristianesimo ogni Domenica è Pasqua. Questa comprensione è
vissuta in modo particolare all'interno dell'Ortodossia. L'evento
pasquale della morte e Resurrezione del Signore non viene concepito
come un dogma al quale semplicemente credere ma fa parte della vita
spirituale del fedele e trova continuo riscontro nella liturgia della
Chiesa. Ancora oggi la Pasqua, festa delle feste, ha una solennità
particolare. Lungo tutto il periodo della Grande e Santa Settimana che
precede la Domenica di Resurrezione la Chiesa Ortodossa celebra ogni
giorno delle lunghe liturgie nelle quali commemora con alta poesia e
pathos la passione e morte del Signore. I segni e i simboli presenti
sono pieni di forza e di significato. Fiori, foglie, acqua,
processioni, incensazioni, canti, prosternazioni sono solo alcuni
degli elementi inseriti nella liturgia che chiunque può osservare
visitando una chiesa ortodossa nel periodo della Grande e Santa
Settimana. Perfino a livello sociale in un Paese ortodosso la Pasqua
crea un'atmosfera di particolare festività paragonabile pressapoco a
quella che si sente in Italia nel periodo natalizio.
"Anasta o Theos..." canta il sacerdote lanciando foglie di alloro
lungo tutta la chiesa.
E' il primo annuncio della Resurrezione celebrato la mattina del
Grande Sabato.
La Chiesa ortodossa crede che Cristo abbia sofferto veramente come
uomo e, come tale, sia morto e risorto. Tale morte e resurrezione non
riguarda solo Lui ma, in Lui, viene associata tutta l'umanità passata
e futura. L'iconografia con la quale si rappresenta la discesa di
Cristo agli inferi è, in tal senso, particolarmente significativa.
Cristo calpesta le porte dell'Ade e riporta alla vita Adamo ed Eva
strappandoli dal luogo in cui stavano. Dio irrompe nel dominio
usurpato dal demonio e distrugge il suo potere sull'umanità. La morte
viene distrutta.
Epitafio. Al suo interno, nel Grande Venerdì, viene posta l'icona di
Cristo deposto dalla Croce. Successivamente l'icona viene cosparsa di
petali di fiori e venerata dai fedeli.
Così, per l'Ortodossia, chiunque vive e muore in Cristo ha modo di
pregustare quella vita nuova situata nell'orizzonte dell'eternità. La
morte rimane certamente come fenomeno fisico ma non domina l'uomo come
destino inevitabile e definitivo. A tal fine San Giovanni Crisostomo
dice: "E' vero, noi moriamo ancora come prima ma non rimaniamo nella
morte: e questo non è morire. Il potere e la forza reale della morte è
soltanto questo: che un uomo non ha alcuna possibilità di ritornare
alla vita. Ma se dopo la morte egli riceve di nuovo la vita e, ancor
più, gli è data una vita migliore, allora questa non è più morte, ma
un sonno" (In Haebr. hom. 17,2).
Questo concetto era ben chiaro alla Cristianità primitiva al punto che
i martiri andavano incontro alla morte con serenità non avendone
paura: avevano pregustato che la morte era stata vinta e che esisteva
una vita dopo di essa! Non avevano più timore della morte fisica. Tale
convinzione era così forte che se c'era qualche timoroso si pensava
che costui avesse ripudiato il proprio battesimo o non fosse ancora
stato battezzato. Chi è già morto con Cristo nel battesimo (ecco il
significato della totale immersione del corpo del battezzando nella
vasca battesimale il Sabato Santo) non può che risorgere con Lui (ecco
il significato dell'emersione del corpo del battezzato). Sant'Atanasio
dice a tal proposito:
"Gli uomini, prima di credere in Cristo, vedono la morte come
terribile e la temono; mentre quando passano alla fede e
all'insegnamento di Lui disprezzano talmente la morte che le si
muovono incontro coraggiosamente, divenendo testimoni della
Resurrezione operata dal Salvatore contro di lei. Uomini e donne,
ancor giovani di età, hanno fretta di morire e si esercitano a
combatterla praticando l'ascesi. La morte è divenuta così debole che
anche le donne, che prima erano state ingannate da lei, adesso si
prendono gioco di lei considerandola morta e debilitata" (De
incarnatione Verbi, 27).
Il fatto riveste un significato profondo e permanente nella vita. I
cristiani non divennero tali perché erano più morali o pii dei pagani.
Non divennero tali per riscattare l'umanità dai dispotismi politici o
da eventuali ingiustizie economico-sociali. Lo divennero semplicemente
perché il Cristianesimo portò loro la liberazione dalla morte. Così se
qualcuno vuol penetrare nel cuore del Cristianesimo Orientale deve
tenere conto di ciò e constatarlo la notte in cui si celebra la
liturgia pasquale ortodossa: di questa liturgia tutti gli altri riti
non sono che riflessi o figure. Le parole del tropario pasquale -
l'inno di Pasqua - ripetute moltissime volte in tono sempre più
esultante, ripetute fino ad una travolgente ma composta gioia mistica
- "con la tua morte hai calpestato la morte" - sono il grande
messaggio della Chiesa Ortodossa: la gioia di Pasqua, l'aver bandito
l'antico terrore che assediava la vita dell'uomo. Tale credo è stato
tradotto in tutte le lingue ma non ha mai perso la sua forza e si
presenta ogni anno intatto nel suo gioioso mistero. La gioia Pasquale
si affaccia perfino durante la celebrazione della Passione di Cristo.
Così il Venerdì Santo ai vespri, nel momento stesso in cui Cristo rese
lo spirito, già risuonano i primi inni di resurrezione: "La mirra
conviene ai morti, ma Cristo si è mostrato libero dalla corruzione".
E' per tale gioia pasquale che l'icona di Cristo in croce non ha alcun
segno di tragicità ma rappresenta un uomo serenamente addormentato. Il
trionfo sulla morte, nascosto ma decisivo, permea pure la celebrazione
liturgica del Sabato Santo: "Benché il tempio del tuo corpo fosse
distrutto al momento della passione, pure anche allora unica era
l'ipostasi della tua divinità e della tua carne" (Sabato Santo,
Mattutino, Canone, Ode 6).
Questa radiosa prospettiva ha creato nei paesi di fede cristiano-
ortodossa una cultura nella quale non si riflette alcun terrore della
morte. Ad esempio nei tradizionali canti popolari greci la morte viene
semplicemente canzonata e la si considera in modo sereno. Non si può
dire altrettanto in altre parti del mondo nelle quali è andata
perdendosi la profondità del messaggio pasquale e la morte è oramai
uno spettro da rimuovere dalla coscienza. Per chiuque vive in questa
penosa situazione valgono le parole di Sant'Atanasio:
"Se uno rimane incredulo anche dopo prove così grandi, dopo che tanti
sono diventati martiri in Cristo, dopo che la morte viene derisa ogni
giorno da coloro che si distinguono in Cristo; se rimane ancora in
dubbio circa la distruzione e la fine della morte, fa bene a porsi
delle domande su un argomento così importante, ma non sia duro fino
all'incredulità né impudente di fronte a fatti così evidenti. Ma come
chi prende l'amianto riconosce che non può essere intaccato dal fuoco
e chi vuol vedere il tiranno incantenato va nel regno di colui che
l'ha vinto, così chi non crede alla vittoria sulla morte, accetti la
fede di Cristo e si metta alla sua scuola: vedrà allora la debolezza
della morte e la vittoria su di lei. Molti che prima non credevano e
ci deridevano, poi, divenuti credenti, disprezzarono talmente la morte
che divennero martiri di Cristo. (De incarnatione Verbi, 28).
Distribuzione delle uova al termine del Vespero dell'agape il giorno
di Pasqua.
Chiesa Serbo Ortodossa di San Spiridione (Trieste).
http://digilander.libero.it/ortodossia/Pasca.htm