In breve questi i punti
- i dati geografici costano molto per essere accurati
- i costi della produzione di tali dati devono essere coperti con la vendita
- i dati gratuiti non hanno valore
- i dati liberi non sono certificati
- non ci si può fidare dei dati liberi
(ma leggetelo perché sicuramente dimentico qualcosa o scrivo troppo
sintetico e quindi posso essere frainteso)
ammetto che alcune osservazioni potrebbero essere interessanti ma vanno difese.
Di mio ho scritto questa risposta
http://de.straba.us/2011/07/12/in-risposta-a-renzo-carlucci-su-geodati-non-devono-essere-liberi/
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Maurizio "Napo" Napolitano
http://de.straba.us
urca ... io intendevo dire che la "guerra aperta" è fra dire se ci
sono più errori in openstreetmap che in teleatlas.
Forse potevo dire che diventava una guerra di religione :)
> Penso che entrambi abbiate ragione, a patto di applicare i vostri
> ragionamenti a categorie/qualita' diverse di dati.
> Ricorda Sheridan alla OKConf di Berlino e la sua richiesta di teorizzare un
> business model per gli open data, basato sulla sua esperienza a
> legislation.gov.uk: anche in quel caso ribadiva che e' un dato comune
> l'insufficienza del budget governativo (leggi: tasse) per produrre e
> mantenere dati di qualita' elevata.
Quando ho scritto quella cosa sulle tasse ho pensato a te :)
Mi ricordo che mi avevi fatto presente la questione.
> Diceva che nel suo caso l'incentivo open data aveva funzionato: condividi
> parte dei dati nell'aspettativa di ricevere il supporto della comunita' o di
> grandi societa' che operano sul campo (che ti supporterebbero alla stregua
> di iniziative beneficenza).
> Magari mi sbaglio, ma ho l'impressione che questa teoria non sia facilmente
> traslabile al caso dei dati geostazionari/ambientali per le differenti
> caratteristiche intrinseche dei dati (i secondi mi pare abbiano costi di
> produzione e gestione ben piu' elevati).
Dipende dal dato.
In ogni caso credo che la copertura delle spese debba essere
ragionevole e non necessaria per creare un ente o qualcosa di simile.
La verità è che servirebbe un reale caso da studiare.
Diamo tempo al tempo.
Ti faccio però presente che NASA rilasciata quei tipi di dati da sempre.
> Come ho avuto occasione di dirti di persona, mi sentirei di tenere separati
> gli auspici dal mondo reale: chi non vorrebbe avere un'infrastruttura
> informativa completamente aperta, che sia allo stesso tempo sostenibile nel
> lungo termine, autorevole e di qualita'.
> Magari si potrebbe arrivare a quel punto per gradi - ricordi a Berlino? non
> ti aspettare il big bang, ma un graduale apporto di contributi open (il
> graduale potrebbe applicarsi a categorie, qualita', e altri dettagli).
> Staremo a vedere come si evolvera'
Concordo pienamente.
La cosa che però mi fa "senso" nell'articolo presentato su geomedia è
che a scriverlo non è una persona che raccoglie quella tipologia di
dato, ma una che fa studi sui quei dati (dove sicuramente qualche dato
lo produrrà anche).
> ps
> in relazione al tuo articolo (scusa la pedanteria)
> la direttiva sulla PSI e' stata recepita in Italia con il DLgs 36/2006 - gli
> articoli del CAD (52-68) sui formati aperti si riferiscono ai dati pubblici
> della PA intesi come organigrammi, recapiti, bandi di concorso etc.
Grazie!
Come sai non sono un giurista.
Mi commenti il blog con questa cosa?
Altrimenti lo faccio "a mano" :)