> Car* tutt*,
>
> Io seguo questa ml da poco tempo, e magari queste mie riflessioni sono già
> state fatte più volte... ma più leggo mail come questa, più buona parte dei
> problemi della comunità open mi paiono dei deja vu, già vissuti dalla
> community del software libero/open source.
Ciao Giovanni, vedo che hai centrato la questione sia all'inzio del tuo
discorso che alla fine :)
In particolare questa frase
> Certo, i dati non sono software, e i problemi possono non essere esattamente
> uguali, ma si può sempre imparare dal passato...
Credo che alla base di tutto serve molta ma molta cultura del concetto di open
nell'era digitale.
Siamo qui per questo.
Devo anche ammettere però che spesso, le licenze sui dati, mi sembrano una
gran pugnetta mentale che rischiano di rallentare invece che amplificare.
I dati generano nuovi dati ad una velocità impressionante, e, le modalità di
"reverse engineering" non sono proprio così facili da applicare.
In ogni caso il dibattito ora è più sui veri aspetti pragmatici legati al riuso.
Semplifico ulteriormente:
un dato è aperto se chiunque è libero di usarlo, riusarlo, e redistribuirlo,
soggetto, al massimo, al vincolo di citare la fonte e/o condividere allo
stesso modo (cit.
opendefinition.org )
Dal mio punto di vista la definizione è forte nel concetto di:
libertà di usare, riusare e ridistribuire
Espresso in altro modo io vedo questa sequenza:
1. - garantire l'accesso ai dati sul piano giuridico
E qui le casistiche sono pubblico dominio, attribuzione e condivisone
allo stesso modo, con tutte le questioni del caso dell'internazionalità
ed altro.
Nel tempo la comunità open data ha visto nel vincolo di share a like
un particolare di cui si deve fare molta attenzione che, nel caso della
PA, o sia da evitare o usare con attenzione.
Senza dimenticare poi le questioni in stile copyleft forte (cc-by-sa)
e debole (odbl)
2 - garantire la neutralità tecnologica
e qui l'argomento non è solo sul discorso dei formati ma anche dei
protocolli.
E cmq non va dimenticato che ci sono formati de facto (che non
mi piacciono, ma che esistono) che non possono essere sottovalutati.
La salsa che vedo quindi è:
formati aperti, formati diffusi (accompagnati solo da un formato
aperto), protocolli di interoperabilità standard e API per documentate
3 - documentazione
e qui non si tratta solo di metadati, ma di tutto il processo che è
fatto da documentazione anche per quello che riguarda la metodologia
di raccolta e che deve essere capibile da persone e da macchine.
Quello delle macchine lo vedo come ultimo stadio del percorso
(= linked data ad esempio).
4 - servizi di distribuzione
è importante che questi dati siano disponibili facilmente e, ancora,
sia a persone, che a macchine.
Le piattaforme di data catalog ne sono un esempio, e si portano
dietro ulteriori questioni (= la piattaforma deve distribuire tutti i
dati direttamente o meglio che esponga solo le risorse a file o
api?).
È importante avere una porta di ingresso da cui poi muoversi.
Ciascuno di questi 4 punti è un percorso culturale non indifferente.
Per ciascuno di questi si sviluppano problematiche importanti in
particolare sull'efficenza dei processi di produzione.
Sono d'accordo che è un tema che ricicla molto del lavoro fatto
in 30 anni di software libero, sono anche dell'idea che va rivisto
ma il grande vantaggio è che, essendo i dati alla base della
gerarchia della conoscenza, questo argomento si avvicina di
più alle persone.
Rimane comunque elitario, ma appare più capibile.
La comunità dell'open source ora può dare molto a patto che
non faccia come quel giapponese rimasto a difendere l'isola
credendo che ci sia ancora la guerra.
... chiaramente sono mie considerazioni personali, in gran
parte maturate dal mio percorso formativo.
Grazie ancora Giovanni dello spunto :)