Ne leggo qui
http://www.indipedia.it/open-source-e-free-software/il-ministero-per-linnovazione-apre-agli-open-data-con-linea-amica e in breve posso dire che ci sono diversi problemi:
* viene indicata una compatibilità "con i modelli di licenza
Creative Commons 2.5 e Open Data Commons" ma non si specifica
con *quale* licenza CC o ODC.
* C'è una esplicita restrizione di tipo non-commerciale
* Non è chiaro se questa sia la licenza ufficiale per gli open
data governativi italiani
È comunque un passo avanti, spero che ce ne siano altri nel prossimo
futuro. Sicuramente SOD sta catalizzando questo processo in maniera
significativa, bisogna continuare così.
Ciao
steko
--
Stefano Costa
Coordinator, Working Group on Open Data in Archaeology
http://wiki.okfn.org/wg/archaeology
The Open Knowledge Foundation
http://www.okfn.org · http://opendefinition.org/
Alberto, temo che il problema non sia solo in linea di principio. In
questo modo non ti viene impedito di avere il successo commerciale, ma
direttamente di provare ad averlo.
Inoltre, poiché uno degli aspetti importanti degli open data è anche la
loro disseminazione, replicazione e ubiquità, la semplice esistenza di
limiti all'attività commerciale mette qualunque attore commerciale fuori
dalla possibilità di redistribuire questi dati, a meno di accordi
specifici, esclusivi (insomma, il contrario degli open data).
L'economia degli open data è ancora tutta da creare. Siamo qui (anche)
per questo.
Ciao,
Abbiamo messo in piedi un sito pubblico http://www.openpolis.it basato, in parte, sul set di dati degli eletti fornito dal ministero degli interni
http://amministratori.interno.it/AmmIndex6.htm
In quattro anni di lavoro, abbiamo scoperto che quel set di dati contiene lacune ed errori gravi ed estesi.
In parte attraverso il lavoro della comunità di iscritti ad Openpolis.it, abbiamo cominciato a pulire il set di dati. Su base volontaria.
Poi abbiamo trovato qualcuno interessato all'acquisto di questi dati (per pubblicarli su un sito commerciale).
A quel punto abbiamo fatto un'offerta che prevede un nostro lavoro editoriale per garantire la correttezza del dato fino a un certo livello (regioni, province e città fino a 100mila abitanti).
Gli stessi dati continuano a essere disponibili pubblicamente (anche se in formato non linked) sul sito.
Prossimamente saranno disponibili anche in formato linked-open-data, probabilmente entro il primo trimestre del 2011.
A questo punto vorremmo pubblicare propriamente i dati, ripuliti e in formato linked-open, con una doppia licenza.
Proveniendo da una sorgente pubblica ed essendo manutenuti in parte da una community, vorremmo che rimanessero aperti.
Essendoci dietro un lavoro di verifica (e quindi la creazione di valore aggiunto da parte nostra), vorremmo poterli offrire a pagamento a quei soggetti che ne fanno un uso commerciale.
Non si tratterebbe di un successo commerciale vero e proprio, ma solo di un modo per garantire l'esistenza di una fonte di dati interessante, che altrimenti sarebbe inesatta e lacunosa.
Egidio, ma l'elaborazione non ricade sotto la definizione di opera derivata? La licenza potrebbe dire: i dati "as is", nudi e crudi, non li puoi vendere. Servizi con un minimo di valore aggiunto, quelli sì.
Ciao Alberto,
> Steko, non mi risulta che ci sia un consenso su questa roba.
Questo è sicuramente vero e discuterne è un fatto estremamente positivo.
C'è però una definizione di open data http://opendefinition.org/ messa a
punto tempo fa da OKFN, che è stata alla base della definizione di tutte
le licenze Open Data Commons. Non a caso, ODC non include clausole "non
commercial".
> Tanto per dire, a PDF Europe (neanche un mese fa) il keynote sugli
> open data era stato affidato a Håkon Wium Lie, ex collaboratore di Tim
> Berners-Lee. Lui è molto scettico: in primo luogo i dati pubblici LI
> ABBIAMO GIA' PAGATI con le tasse.
Certamente, e questo vado ripetendo da anni ai responsabili dei servizi
cartografici di mezza Italia. Anche le aziende che vorrebbero usarli
però li hanno già pagati con le tasse. Ci sono studi molto dettagliati
come ad esempio quelli presentati lo scorso marzo al seminario EVPSI
http://www.evpsi.org/seminario26mar a Torino. Inoltre, la clausola "non
commerciale" non identifica i soggetti che svolgono l'attività (anche
perché sarebbe forse illegale) ma l'attività stessa: in altre parole,
anche ad una associazione senza fini di lucro viene impedito di ri-usare
i dati a scopo commerciale (l'attività commerciale delle associazioni no
profit è diffusa e del tutto legittima) - nonostante il loro fine non
sia di profitto.
> Probabilmente una licenza "non commerciale - permesse le opere
> derivate" salverebbe un po' di capre e cavoli: impedisci che vengano
> rivenduti ai cittadini dati che sono già loro ma non che essi vengano
> incorporati in oggetti più grandi e complicati, che portano qualche
> tipo di valore aggiunto e che, questo sì, può essere venduto.
Purtroppo non credo possa funzionare così. Se sono permesse le opere
derivate di una banca dati non commerciale, devono essere a loro volta
non commerciali (cambiare il nome delle intestazioni di una tabella crea
un'opera derivata, e sarebbe un po' troppo facile aggirare l'ostacolo in
questo modo). Potremmo argomentare a lungo sull'equilibrio migliore, e
potremmo farlo proprio perché "(non) commerciale" in effetti non vuol
dire niente di preciso e si presta a tante diverse interpretazioni.
Questa incertezza rallenta gli open data invece di lanciarli.
Non è un caso che dati.piemonte.it usi CC0 - non lo hanno fatto perché
"sono bravi" o perché "non gli importa": l'utilizzo di qualunque
restrizione è stato valutato come un impedimento al riutilizzo, da parte
di chiunque (semplici cittadini compresi).
Da cittadino, vedo tante discussioni pubbliche basate su sentito dire,
su argomentazioni prive di consistenza, su qualche grafico fatto ad
arte... Forse c'è spazio per qualcosa di meglio, dalla banca dati degli
eletti (avete mai visto http://mappadelpotere.casaleggio.it/ ?) ai dati
sull'inquinamento (per chi si volesse cimentare:
http://steko.ominiverdi.org/aria/pdf/ 2,5 anni di dati dalla Provincia
di Genova, in PDF).
Grazie a tutti per la discussione aperta e stimolante
----- Messaggio originale -----
> Il giorno gio, 28/10/2010 alle 16.29 +0200, Alberto Cottica ha scritto:
>
> Ciao Alberto,
>
> > Steko, non mi risulta che ci sia un consenso su questa roba.
>
> Questo è sicuramente vero e discuterne è un fatto estremamente positivo.
Concordo pienamente, serve segnarsi questo argomento perche' e' cruciale.
Aggiungo due note a margine: medesimo problema c'e' stato ai tempi del passaggio delle tecnologie web dal cern al mondo.
La scelta ovviamente ha avuto delle ripercussioni notevoli.
C'e' molto caos e porlo all'attenzione e' fondamentale.
Una nota: aqc numero fa di Nodatilies ( rivista ) in effetti e' emerso per bene questo fatto. La diversita' potenziale della licenza del singolo dataset, dalla aggregazione di n dataset raw, dall'idea di dataset lavorati e filtrati.
Non c'e' nulla di scontato su questo.
http://blogs.talis.com/nodalities/2009/07/linked-data-public-domain.php
A me interessa anche per una questione leggermente diversa che ho iniziato ad approfondire a livello di advertsing etico e di valore sociale, tema che ho portato a smau.
Usare gli open data per un nuovo marketing: non e' un caso che l'azienda visup.it abbia usato i dati di piemonte.it. .)
Alla fine chiarire la filiera e' fondamentale.
Pensiamolo a livello di vision: open data a partire da csr pratiche e non solo bollinate e via dicendo.
ma il tema e' corposo: grazie della discussione intanto
Matt
> Conclusione1: meglio riflettere se davvero serve una IODL.
Concordo con tale perplessita'.
All'estero si sono gia' mossi bene mi pare, anche perche' e' come creare il Web of Data con le dogane nazionali... Come se non esistesse il web per parlare una lingua comune.
> Conclusione2: mi viene da pensare che uno sviluppo di SOD potrebbe essere
> una pagina di how-to per l'autorità pubblica che volesse rilasciare i
> dati: formati, strumenti e licenze per la massima remixabilità e
> interoperabilità. Naturalmente io una simile pagina non la sparei
> scrivere, ma forse tutti insieme potremmo arrivare da qualche parte.
E pure qui son d'accordo di pensare una cosa del genere.
Mi ricollego a quello accennato oggi mentre ero in auto: tornato a casa ho pescato il primo riferimento sul tema licensing dei dati.
Qui si trovano le versioni in pdf della rivista:
http://www.talis.com/nodalities/previous_issues/
Primo articolo sul tema
1: Numero 7 di settembre 2009, a pagina 11.
L'articolo ha il titolo: "Waiving Rights over Linked Data"
Introduce il tema della licenza e del waiver, in specifico per i datasets CC0 e la PDDL di Open Data Commons.
Una delle cose forti che si dicono e' che se vogliamo creare il Linked Data, che altro non e' l'open data realizzato al massimo della tecnica, o per dirla alla Titti, l' open data come dovrebbe essere .), Dobbiamo difendere l'uso di tale insieme di dati.
Questa e' la base per la creazione di valore.
Cita poi la questione che anche la licenza debba essere open data integrata al dataset medesimo per facilitare la creazione di un ecosistema automatizzato con una cloud di dati...
Non per nulla le creative commons sono state le prime forme di licenze machine readable .) Pensiamo alla ricerca avanzata di flickr thanks to creative commons in forma machine readable...
La cosa notevole, al di la' del valore del concetto di: io prendo dei dati rilasciati da uno stato o un'azienda e ci creo valore in qualche forma. Dopo anni tale azienda fallisce e i creditori prendono il controllo di quei dati. Che tutela devo avere io per evitare problemi nella creazione di valore?
E lo Stato?
Pensiamolo allo stesso concetto relativo alla gpl e al codice aperto: in un certo senso la viralita' e le clausole scomode mirano a creare un commons di programmi e componenti dal quale attingere, senza rischiare di vederlo sparire da un giorno all'altro per mere questioni finanziarie. Al di la' dei costi, questo e' uno dei vantaggi del software libero. Forse il meno compreso. La difesa di un commons fuori dalle leggi di Mercato.
O comunque fuori dalle consuetudini.
Per i dati siamo al medesimo discorso.
I dati nel nostro caso devo creare un commons, utilizzabile per n usi. Limitarne la dimensione mina l'investimento iniziale stesso e l'alternativa citata da Alberto crea complessita' di gestione e blocco dei mashup creativi.
Come faccio a sapere quali usi potrebbero fare dei miei dati?
Una mia riflessione estemporanea via mobile, prendetela per tale. Pero' la cosa e' davvero importante da focalizzare.
2: Il numero 9 di Nodalities ha almeno tre articoli sul tema, che cavolo dove ho messo la versione cartacea? .) Questo merita una lettura profonda invece.
Matt