Inizio messaggio inoltrato:Da: Mario Calabresi <altre...@mariocalabresi.com>Oggetto: š« Altre/Storie ā 207. Voci nascosteData: 19 aprile 2024 alle ore 06:29:57 CESTA: <iole.d...@gmail.com>Rispondi a: Mario Calabresi <altre...@mariocalabresi.com>
āUna lingua diversa ĆØ una diversa visione della vitaā
Federico Fellini
19 aprile 2024 Le altre storie di oggi:IL PODCASTĀ Ā·Ā Voci NascosteIn Italia esistono lingue antiche tuttora in uso, un ricco patrimonio linguistico ancora vivo e vibrante. Con il progettoĀ Voci Nascoste - Le lingue che resistono, attraverso la fotografia e un podcast, raccontiamo parole e suoni tramandati per generazioni, capaci di resistere persino allo spopolamento dei paesiLA STORIAĀ Ā·Ā Alla ricerca di lingue anticheValerio Millefoglie, autore del podcast āVoci nascosteā, ripercorre su Altre/Storie il suo diario di viaggio dalla Valle dāAosta alla Sicilia, alla ricerca di volti, voci e parole antiche
IL PODCASTVoci Nascoste
diĀ Mario Calabresi Lāidea era quella di far parlare una foto, far sentire il suo suono. Ma lāidea era anche di fotografare una voce, una tradizione, un canto. E mettere tutto insieme in una mostra, che accogliesse anche oggetti, documenti, manoscritti. Un progetto nato per ritrarre lingue dalle radici antiche, ma ancora vive e vibranti. Parole e suoni tramandati da generazioni, che resistono allāinvecchiamento degli abitanti e allo spopolamento dei paesi. Un viaggio in unāItalia che non fa notizia ma che merita di essere narrata. Voci Nascoste - Le lingue che resistono ĆØ un viaggio tra le lingue antiche, in cui le fotografe Arianna Arcara e Roselena Ramistella e il fotografo Antonio Ottomanelli ci restituiscono un paesaggio visivo e sonoroQuesto progetto multidisciplinare si chiamaĀ Voci Nascoste - Le lingue che resistonoĀ eĀ attraverso la fotografia e un podcast si concentra su tre lingue antiche: il Patois francoprovenzale in Valle d'Aosta, il Griko in Salento, l'ArbĆ«reshĆ« a Piana degli Albanesi in Sicilia. Tre lingueĀ ancora in uso grazie agli sforzi di coloro che mantengono vive tradizioni secolari e contemporaneitĆ facendo la piĆ¹ semplice delle azioni: parlare. Due fotografe e un fotografo,Ā Arianna Arcara, Roselena Ramistella e Antonio Ottomanelli hanno vissuto con queste comunitĆ Ā per restituirci un paesaggio visivo e sonoro articolato,Ā dove la fotografia contemporanea si incontra con la storia, la vivacitĆ delle persone e la sacralitĆ dei luoghi, delle feste e dei miti.
Un progetto che ĆØ stato ideato da Camera - Centro Italiano per la Fotografia - con Chora Media, realizzato in partnership culturale con il Gruppo Lavazza e curato da Giangavino Pazzola. La mostra che raccoglie le foto sarĆ visitabile a Torino dal 20 aprile negli spazi diĀ CameraĀ in occasione di EXPOSED Torino Foto Festival.I tre episodi del podcastĀ Voci NascosteĀ sono disponibili su tutte le principali piattaforme gratuiteNel podcastĀ Voci Nascoste, che completa il progetto ed ĆØ stato scritto da Valerio Millefoglie e raccontato da me,Ā ripercorriamo in tre episodi le tappe del viaggio dei fotografi. Ogni puntata esplora il paesaggio visivo, morfologico e sonoro del paese, dalle voci nascoste tra le montagne ai canti tradizionali delle feste popolari, finoĀ ai giovani che arricchiscono il vocabolario di queste lingue anticheĀ con le parole del contemporaneo. In Valle dāAosta incontriamo rapper che compongono canzoni in francoprovenzale,Ā amanti della musica che adattano in patois i classici della musica italianaĀ e ragazze giovanissime che scelgono di vivere come i propri nonni e bisnonni, a contatto con gli animali.Ā In Puglia il griko risuona nelle feste estiveĀ e nei discorsi nei bar e nelle piazze, dove uomini e donne di ogni etĆ la tengono viva giorno dopo giorno, per evitare di perdere per strada parole e significati.Ā A Piana degli Albanesi, in Sicilia, lāarbĆ«reshĆ« ĆØ il suono di una comunitĆ italianaĀ con le radici in Albania, conĀ tradizioni fortissime che si tramandanoĀ di madre in figlia nelle trame sofisticate e nelle decorazioni dorate degli abiti da cerimonia.
LA STORIAAlla ricerca di lingue antiche
diĀ Valerio Millefoglie* Giorgio Fusco, un ragazzo di 28 anni, poco dopo la mezzanotte di giovedƬ 4 aprile cantaĀ Lule Lule, brano della tradizione arbĆ«reshĆ«, accompagnandosi alla chitarra nella casa della nonna che non cāĆØ piĆ¹. Mi dice che in questa casa cāerano piĆ¹ persone che sedie, che letti; Ā«hanno vissuto in tantiĀ», ripete, e questi tanti mi sembra abbiano vissuto sia contemporaneamente che separatamente, separati dal tempo, come lui che in questa casa si sente piĆ¹ vicino alla sua infanzia. La casa ĆØ una stanza con un bagno e un balcone da cui si vede tutta Piana degli Albanesi, paesino a 25 chilometri da Palermo, eppure lontanissimo dalla cittĆ .Ā Ku vate moti cāis nje here, ādovāĆØ andato il tempo?ā, intona Giorgio nella lingua portata qui nel 1400 dagli albanesi in fuga dai turchi-ottomani e riecheggiata fino alla sua generazione. La risposta ĆØ che il tempo passato ĆØ nel luogo in cui ci troviamo, il luogo che ĆØ anche la sua voce che ne contiene tante, arriva dal profondo, da uno scavo che ha nella pancia, una caverna che la custodisce e la fa uscire solo quando si esprime in quella lingua che a lui dice molto di piĆ¹ di ciĆ² che dicono le parole. Ā© Roselena RamistellaGiorgio ĆØ una delle tante voci che ho ascoltato e registratoĀ nel mio viaggio attraverso tre lingue antiche, tuttora presenti: lāarbĆ«reshĆ« in Sicilia, il griko nella GrecƬa Salentina e il francoprovenzale in Valle dāAosta.Ā āLa lingua ĆØ una terraā, ho appuntato sul mio diario di viaggio, āanche di una terra che non cāĆØā.
Vittoria, 18 anni, indossa la sua stirpe. La srotola su un tavolo della biblioteca di Piana degli Albanesi. Ā«Si chiama brezi e vuol dire stirpe, generazioniĀ», mi spiega svelandomi laĀ cintura dellāabito tradizionale, regalo di battesimo del nonno, Ā«poi se nāĆØ andato via, quindiĀ ĆØ lāultimo ricordo vivo che mi rimane addosso. E questo ĆØ un peso, perchĆ© il brezi pesa.Ā Quando guardo la cintura di mio nonno penso di vedere il suo essere forteĀ».
A Giorgio, a Vittoria,Ā a tutte le persone incontrate ho chiesto di tradurmi āvoci nascosteā nella lingua madre, quella lingua per tutti minoranza e per loro lāalfabeto piĆ¹ importante e necessario. Eppure, di ritorno da questo viaggio, soprattutto nel tempo,Ā la parola che in me ha generato piĆ¹ eco ĆØ āforteā.
Il richiamo forte di cui mi ha parlato un ragazzo allāora di pranzo che spopola le strade, in una pozza dāombra al riparo dal sole, fuori dal castello di Corigliano dāOtranto. Ā«Ero nella mia casa al mare - mi ha raccontato - stavo leggendo un libro in cameretta quando vengo attirato dalla musica che proveniva dalla televisione. Mio nonno e mia zia stavano guardando la notte della Taranta, in diretta da Melpignano, a poca strada da noi.Ā Mi resi conto di essere cosƬ trascinato da quella musica ipnotica che cominciai a piangere, mi chiamava. Presi lāauto e guidai fino al concerto, verso quella lingua che mi aveva rapitoĀ».
ĀĀ© Antonio OttomanelliIo sono stato rapito dal volante delle auto prese in affitto, capsule dimensionali che mi hanno portato dalle valli alte a quelle medie fino a quelle basse della Valle dāAosta, a rincorrere il francoprovenzale.Ā Per sentire dove lo si parla e dove ĆØ diventato un linguaggio fantasma, che altrettanto fortemente si perde da porta a porta come mi hanno detto Elodie e Asia, due amiche e vicine di casa, e in una casa qualcosa ĆØ rimasto e nellāaltra no.
Lāho trovato forte e chiaro nella casa di Liliana Bertolo, cantastorie che mi ha cantato in patoisĀ La ballata dellāamore ciecoĀ di Fabrizio De AndrĆ©.Ā Lo stesso amore cieco che Fabien Lucianax, giovane rapper valdostano, prova verso il patois, tanto da scrivere rime in questa lingua proveniente dallāepoca di Carlo Magno.
Ho registrato raffiche di vento che a volte hanno coperto le parole di chi intervistavo, ho riparato il microfono dallāacqua di un lago che stavo registrando e ho catturato prima i passi sul pavimento di legno di una chiesa e poi la confessione di un prete che ha iniziato a parlare il francoprovenzale solo a diciotto anni.Ā Da piccolo quella lingua dei nonni lo imbarazzavaĀ perchĆ© era la lingua della zappa, della terra, del dizionario dove il cielo ĆØ piĆ¹ condizione meteorologica che spirituale eĀ tutto ciĆ² che ĆØ astratto non ha vocabolo.
ĀĀ© Arianna ArcaraUna voce fra tutte ha assunto significato per me, perchĆ© mi ci sono ritrovato. La voce di Livio Munier, vicepresidente dellāAssociation ValdĆ“taine Archives Sonores: Ā«Lāarchivio nasce nel 1980 e ha come scopo quello di registrare persone. Noi allāinizio eravamo denominati come associazione militante. Abbiamo accumulato piĆ¹ o meno un 15mila ore di registrazione. Ero giovane nel 1980. Ho iniziato allora e adesso sono ancora attivo e continuo a registrare personeĀ».
La mia ricerca - partita nel 2018 con un reportage per la raccoltaĀ Stiamo scomparendo Viaggio nellāItalia in minoranzaĀ (CTRL Books) - era partita dalla parola BukĆ«, pane in arbĆ«reshĆ«.Ā E oggi so che il mio pane, ciĆ² di cui mi cibo, sono le lingue, le lingue interne a un popolo, a una persona, le parole,Ā le voci degli altri.
*Valerio Millefoglie, scrittore e giornalista, ha pubblicato Manuale per diventare Valerio Millefoglie (Baldini Castoldi Dalai), Lāattimo in cui siamo felici (Einaudi), Mondo piccolo. Spedizione nei luoghi in cui appena entri sei giĆ fuori (Laterza). Ha diretto āARCHIVIO magazineā. Scrive su "D La Repubblica". Il suo ultimo libro ĆØ āTutti viviā (Mondadori Strade Blu, 2024)
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