In effetti si potrebbe sintetizzare così il testo teatrale Dio e Stephen Hawking, scritto nel 2000 da Robin Hawdon: da una parte i buchi neri, oggetto dello studio delle ricerche di Hawking, dall'altra le rivelazioni annunciate all'inizio da Dio stesso agli spettatori. Infatti Dio è uno dei protagonisti della scena: il suo intento è quello di sfidare Hawking a dimostrargli di non esistere, di non essere il creatore dell'universo dello scienziato, di essere una sorta di gatto di Schroedinger cosmico. Per farlo si intrufolerà nella vita di Hawking, per confrontarsi con lui sempre in maniera diretta, prima tramite Jane Wilde, fidanzata e poi moglie di Hawking, con la quale parla direttamente, quindi impersonando vari personaggi: il professore di Hawking che interpreta Newton (pretesto, quindi per parlare dello scopritore della gravità universale), quindi Einstein in sogno e l'amico Penrose in un confronto matematico sulle future sfide da affrontare insieme.Una delle cose di cui parlavamo era l'origine dell'universo e se ci fosse stato bisogno di un Dio per crearlo e per metterlo in movimento. Avevo sentito dire che la luce proveniente da galassie lontane è spostata verso l'estremo rosso dello spettro e che questo fatto dovesse indicare che l'universo è in espansione (uno spostamento verso l'azzurro significherebbe che esso è in contrazione). Ero sicuro che dovesse esserci qualche altra ragione per lo spostamento verso il rosso. Forse nel suo viaggio verso di noi la luce si affaticava, e quindi si spostava verso il rosso. Sembrava molto più naturale un universo essenzialmente immutabile ed eterno.
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Wednesday, June 23, 2010 9:09:19 AM - Link
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