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Aug 25, 2015, 2:04:52 PM8/25/15
to sante gorini

Andrea Saba: Svimez

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Svimez

di Andrea Saba

Una parte rilevante dell'enorme debito pubblico italiano è conseguenza del fallimento della politica di sviluppo del mezzogiorno. La SVIMEZ, anziché limitare la sua attività di studio alla descrizione annuale della situazione meridionale, dovrebbe dedicare un ampia indagine per chiarire le cause del fallimento di una politica durata sessantacinque anni, dalla fondazione della Cassa del Mezzogiorno nel 1950.

In una prima fase, dedicandosi solo alla realizzazione di una nuova rete di infrastrutture, la Casmez fu certamente positiva. Sul modello della Tennessy Valley Authority godeva di una totale libertà economica e di decisione e le sue realizzazioni - es. l'acquedotto pugliese- sono ancora modelli imitati nel mondo. Con la creazione delle regioni, e il loro mediocre risultato, anche la Casmez perse vitalità. Ma il grande disastro è stato il tentativo di industrializzazione.

Proprio nella sede della SVIMEZ si svolse il grande dibattito sul “dualismo”. Napoleoni, Sylos-Labini, Fuà sostenevano, giustamente, che quando un sistema ha una parte industrialmente avanzata ed una con una attività industriale ridotta, la seconda non può sperare di vincere la concorrenza con l'industria del nord. Saraceno ed altri, invece, sostenevano che, compensando con consistenti incentivi finanziari e creditizi le imprese nascenti, il divario poteva essere superato. I governi, accogliendo questa tesi, disposero che con “l'intervento straordinario” le imprese potessero ricevere un contributo a fondo perduto del 40% del valore del capitale investito e credito a tasso ridotto per il rimanente dell'investimento.

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Fabio Mini: Guerra senza limiti

criticascient

Guerra senza limiti

Enzo Pennetta intervista il gen. Fabio Mini

Generale di Corpo d’Armata, capo di Stato Mggiore della NATO, capo del Comando Interforze delle Operazioni nei Balcani e comandante della missione in Kosovo. Fabio Mini è uno dei più grandi conoscitori delle questioni geopolitiche e militari, su CS parla delle crisi attuali ma non solo. E dice cose molto importanti

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soldats dissidents affirment quils tenterontGen. Mini, nel  suo libro “La guerra spiegata a…” afferma che non esistono guerre limitate,  o meglio  che una potenza che si impegna in una guerra limitata ne prepara in realtà una totale. Nell’attuale situazione di conflittualità diffusa, che sembra seguire una specie di linea di faglia che va dall’Ucraina allo Yemen passando per  Siria e Irak, dobbiamo quindi aspettarci lo scoppio di un conflitto totale?

R1. La categoria delle guerre limitate, trattata  dallo stesso Clausewitz, intendeva comprendere i conflitti dagli scopi limitati e quindi dalla limitazione degli strumenti e delle risorse da impiegare. Doveva essere il minimo per conseguire con la guerra degli scopi politici. E la guerra era una prosecuzione della politica. Erano comunque evidenti i rischi che il conflitto potesse degenerare ed ampliarsi sia in relazione alle reazioni dell’avversario sia in relazione agli appetiti bellici, che vengono sempre mangiando. Con un’accorta gestione delle alleanze e delle neutralità, un conflitto poteva essere limitato nella parte operativa e comunque avere un significato politico più ampio. Oggi la guerra limitata non è più possibile neppure in linea teorica: gli interessi politici ed economici di ogni conflitto, anche il più remoto e insignificante, coinvolgono sia tutte le maggiori potenze sia le tasche e le coscienze di tutti.

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Determinazioni e determinismi

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Determinazioni e determinismi

"Una delle cose che ho trovato molto illuminante a proposito dei Grundrisse (...) è stato il fatto che Marx non era interessato semplicemente alla fine dello sfruttamento del lavoro proletario ma piuttosto all'abolizione di tale lavoro. La maggior parte delle interpretazioni del plusvalore non colgono questo punto. L'idea che Marx fosse interessato all'auto-abolizione del proletariato e non alla sua realizzazione, mi ha portato a ripensare fondamentalmente Marx." - ("Critica e dogmatismo" - Intervista a Moishe Postone) -

In questo passaggio di un'intervista del 2011, Postone descrive quello che ritengo l'aspetto più importante dell'analisi di Marx. Il mio "problema" (se questa è la parola giusta) con Postone, è il fatto che, in tutta l'intervista, non si riferisce mai all'intuizione di Marx come ad un processo reale; cosa che potrebbe far pensare a chi legge occasionalmente l'intervista che la tesi di Marx sia meramente ... politica.
Postone rimanda direttamente al suo libro, "Tempo, lavoro e dominio sociale", dove mostra come "l'interesse" per l'abolizione del lavoro, da parte di Marx, sia solo un'espressione teorica del processo dello sviluppo capitalista. Che sarebbe come dire che Marx ha dimostrato solo teoricamente che l'abolizione del lavoro è la traiettoria del modo di produzione capitalista stesso.

Questo lo si può trovare nel libro, ma non nell'intervista.

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Francesco Racco: Guido Quazza, storico e militante

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Guido Quazza, storico e militante

di Francesco Racco

Recensione del volume Diego Giachetti, Guido Quazza, storico eretico, Centro di documentazione Pistoia Editrice, 2015

F.Racco Quazza
html 304bef5aLa ricostruzione della biografia politico-intellettuale di Guido Quazza trova opportuna collocazione nella collana “I quaderni dell’Italia antimoderata” che presenta figure significative per gli strumenti di orientamento critico e consapevole, utili nell’analisi del presente e nella progettazione del futuro. Nell’editoriale del primo numero della «Rivista di storia contemporanea» del 1972, di cui Guido Quazza è stato promotore e primus inter pares tra gli storici che la pubblicarono fino al 1995,viene esplicitato lo sforzo di interpretazione della storia italiana, nelle sue continuità e nelle sue rotture, assumendo come punto di vista privilegiato il lungo periodo, non solo delle strutture economiche ma anche di quelle statuali e istituzionali.

 

Come si fa la storia contemporanea

La rivendicazione della scientificità della storia contemporanea respinge la paura che essa si presentasse nella forma come storia e fosse nella sostanza tout court politica, e l’ideale di “una scienza storica disinteressata”, argomenti e istanze sempre avanzati come giustificazioni del suo mancato insegnamento nella scuola. La caduta di questo pregiudizio è ricondotta alla pressione sempre più forte del bisogno che la società contemporanea ha “di conoscere se stessa non solo nelle sue radici ma anche nel suo modo più prossimo e attuale di essere”. Questa prospettiva nega il pregiudizio storiografico che fa risiedere la scientificità storiografica nel disimpegno politico e civile verso le contraddizioni del presente, per cui oggetto della “vera” storiografia verrebbero ad essere solo i processi che abbiano avuto la possibilità di decantarsi e concludersi compiutamente.

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Diego Fusaro: Hiroshima: le due bombe atomiche come fondamento del dominio Usa

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Hiroshima: le due bombe atomiche come fondamento del dominio Usa

di Diego Fusaro

Ricorre il 6 agosto l’anniversario del tragico evento dello sgancio delle bombe atomiche americane sul Giappone. Fu, di fatto, l’ultimo atto della seconda Guerra mondiale e, insieme, il primo della Guerra fredda. A dover essere sottolineato non è solo il fatto che si è trattato di un gesto “post-occidentale” (si veda D. Fennell, The Post-Western Condition. Between Chaos and Civilisation, Minerva Press, London 1999), perché per la prima volta nella storia dell’Occidente si è apertamente legittimato lo sterminio di soggetti riconosciuti come innocenti (donne, vecchi, bambini), ma anche l’assoluta mancanza di pentimento e di elaborazione collettivi del crimine commesso, che non è neppure stato definito “crimine”, ma legittimo atto di guerra o, da una diversa prospettiva, “male necessario” (contro un Giappone già vinto e impotente).

Lo sgancio delle due bombe atomiche costituisce uno dei momenti decisivi della storia del Novecento, secondo una linea che virtualmente giunge fino a noi. L’origine dell’odierna fondazione della “monarchia universale” Usa risiede, sul piano della storia universale, nella scandalosa assoluzione del bombardamento di Hiroshima e di Nagasaki, in quell’inammissibile squilibrio della colpa in forza del quale, alla giusta deplorazione dei lager e dei gulag, non è seguita un’analoga condanna delle due bombe atomiche e, con esse, della pratica del bombardamento in quanto tale. L’esito di questa asimmetria valutativa è, del resto, fin troppo noto: in quanto “male necessario”, il bombardamento legalizzato può nuovamente essere praticato, come è attestato dalle vicende del Vietnam (1965), della Jugoslavia (1999), dell’Iraq (1991 e 2003), della Libia (2011).

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Giuliano Cappellini: La crisi di Renzi e il ruolo dell'anti-ideologia

gramscioggi

La crisi di Renzi e il ruolo dell'anti-ideologia

di Giuliano Cappellini

mat1Per giudicare se la parabola Renzi sia o meno in una fase discendente, o se, come scrive il Fatto Quotidiano, Renzi abbia “già il fiatone”, come suggerisce il risultato delle recenti elezioni locali, è, spesso opportuno inquadrare l’analisi della cronaca politica nazionale in uno scenario più vasto. Indubbiamente il PD ed il suo leader oggi non godono di buona salute, ma non ne godevano neppure prima, se non si vuol passare per salute l’appoggio incondizionato delle classi dominanti ad un programma volto a sancire la legalità di ciò che la crescente instabilità economica e sociale ha già determinato nel paese: disoccupazione, riduzione dei diritti dei lavoratori, pressione antisindacale e arbitrio del padronato.

Naturalmente Renzi eredita molte ragioni di una crisi alle quali il moderatismo imperante in Italia non riesce o non vuol dare risposte. Alcune di queste sono intrinseche alla natura stessa della forma sociale dominante, il capitalismo, che sopravive in un perenne disequilibrio, agita le vicende politiche e suscita turbolenze durante le crisi economiche; altre, della stessa origine, sono nella sfera delle relazioni internazionali. Ma Renzi eredita anche il costume che si è affermato negli ultimi decenni di non affrontare né le une né le altre, sicché il suo governo è già in crisi di risultati concreti.

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Sergio Cararo: Le mani del Gruppo Bilderberg sulla Rai. Nominata la Maggioni

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Le mani del Gruppo Bilderberg sulla Rai. Nominata la Maggioni

di Sergio Cararo

Già da due giorni si era capito che la nomina del nuovo presidente del Consiglio di Amministrazione della Rai sarebbe stato la "carta da spariglio" che Renzi si sarebbe giocato. Mentre tutti si accanivano sulla nomina di un outsider competente come Freccero o di illustri ma sconosciuti portaborse dentro il nuovo Cda, il Presidente del Consiglio aveva la sua carta in mano da giocare. Questa carta si chiama Monica Maggioni, la ex corrispondente internazionale della Rai che in questi anni aveva “normalizzato” quella che era stata l’isola felice di Rainews24, allineandola sempre più all’informazione embedded imposta dai poteri forti. Una funzione a questo punto realizzata e suggerita da uno dei centri di potere più forti: il gruppo Bildeberg.

La Maggioni ha partecipato agli incontri di questa organizzazione riservatissima dei potenti del mondo e lo aveva fatto facendosi legittimare proprio dalla Rai di cui si apprestava a diventare presidente. La Rai, sollecitata da un’interrogazione del presidente della Commissione Vigilanza Roberto Fico (M5S) in merito alla partecipazione della Maggioni alla riunione del Bildeberg del 29 maggio scorso, si era sentito rispondere: “Si conferma che la Dottoressa Monica Maggioni ha partecipato a Copenaghen al meeting annuale di Bilderberg nel periodo compreso tra il 29 maggio e il 1° giugno. La Rai - ancorché la partecipazione citata sia avvenuta a titolo personale - ritiene assolutamente le legittimo che, nell’ambito della propria attività professionale, un suo dipendente possa partecipare se invitato, a prendere parte ad eventi organizzati da un think tank di tale rilevanza internazionale e che tale partecipazione costituisca elemento di prestigio per l’azienda stessa”.

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Jacopo Foggi: Un altro euro è possibile?

sinistra

Un altro euro è possibile?

Per la sinistra può voler dire una cosa sola

Jacopo Foggi

LapavitsasPrendo spunto per scrivere questo articolo dagli sviluppi della posizione politica dell’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis e di esponenti della sinistra un po’ in tutta Europa, a cominciare da Stefano Fassina. Sono sempre di più, chi più chi meno e per ragioni più o meno nobili o opportunistiche, quelli che dopo i fatti della Grecia cominciano a prendere una posizione più esplicita contro i meccanismi deflazionistici e antidemocratici della moneta unica. E’ di questi giorni la notizia che Varoufakis stia mettendo su, insieme, intanto, all’ex capo dell’FMI Strauss Kahn1, una sorta di gruppo di opinione di ambito europeo, con l’obiettivo di creare una coalizione trasversale che sia capace di opporsi all’egemonia dei paesi nordici con a capo ovviamente la Germania, nella gestione della crisi economica europea.

Purtroppo gli elementi di novità sembrano in realtà essere molto pochi. Il fatto è che la loro posizione economica continua a rimanere alquanto ambigua e indeterminata. Stanno raccogliendo favori e opinioni, come appunto l’intervento di Fassina sul blog di Varoufakis2 qualche giorno fa, e quello di Tremonti e Paolo Savona3, ognuno dei quali ha in realtà idee alquanto differenti sul da farsi. Per ora la prospettiva sembra quindi essere quella di fare da catalizzatore di opinioni di posizioni critiche verso la moneta unica e/o la sua gestione a guida tedesca.

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Michele Prospero: La crisi del comico che copia i tecnici

manifesto

La crisi del comico che copia i tecnici

Michele Prospero

Per nascon­dere il suo fal­li­mento, il pre­si­dente del con­si­glio sposa la dot­trina Picierno. La stu­diosa dei con­sumi volut­tuari, aveva sco­perto, con teo­remi ad ele­vata sofi­sti­ca­zione mate­ma­tica che, con 80 euro, una fami­glia naviga nel lusso per almeno 15 giorni. E, ben prima di Renzi, aveva get­tato fango sulla Cgil. Ora, il segre­ta­rio di un par­tito coin­volto fino al collo con i guai di mafia capi­tale, con le pri­ma­rie liguri che nar­rano di un tarif­fa­rio per recarsi ai gazebo, con iscri­zioni false e con il Pd della capi­tale sotto com­mis­sa­rio, accusa i sin­da­cati di avere più tes­sere che idee.

Si tratta di colpi di fumo per coprire il disa­stro del governo. Dopo la chiac­chiera, ven­gono i fatti a con­fu­tare la favola bella della comu­ni­ca­zione che rac­con­tava di mira­coli a colpi di tweet. Le cifre smon­tano l’effetto nar­co­tiz­zante dei media e par­lano di un sot­to­svi­luppo per­ma­nente per il sud. Di intere gene­ra­zioni per­dute. Di lavoro che non c’è. Di grandi città del silen­zio e di giunte del malaffare.

Il fia­sco colos­sale del governo non può essere occul­tato con il ron­zio della nar­ra­zione che pro­mette nuovi fan­ta­stici tagli di tasse. La corte dei conti ha appena sve­lato che il trucco di Renzi è sem­plice: il governo taglia le impo­ste per farsi bello e poi i comuni sono costretti a spre­mere la capa­cità fiscale dei ter­ri­tori. In tre anni la tas­sa­zione locale è cre­sciuta del 22 per cento.

Stretto nella morsa del disa­stro annun­ciato, Renzi cerca di soprav­vi­vere inven­tando nemici, utili per con­ser­vare il soste­gno dei poteri influenti. A sug­ge­rire al pre­mier cat­tivi pen­sieri non è certo la mino­ranza Pd.

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Giorgio Salerno: Tramonto e fine del Socialismo europeo?

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Tramonto e fine del Socialismo europeo?

di Giorgio Salerno

La conduzione e la conclusione, per ora, della vicenda greca (luglio 2015), ha visto una nutrita schiera di protagonisti ma tra questi si sono negativamente distinti qualificati esponenti della socialdemocrazia tedesca come Martin Schulz, Presidente del Parlamento europeo e Sigmar Gabriel, Presidente della SPD. Il loro oltranzismo e durezza nel sostenere gli accordi iugulatori imposti alla Grecia, non è stato da meno di quello della Merkel e di Schauble.

Tali comportamenti, apparentemente inaspettati, aprono seri interrogativi e ci interrogano sulla natura e sui destini dei principali partiti del socialismo europeo. Cosa sono oggi questi partiti di quella che un tempo si chiamava Internazionale Socialista? Ed ha ancora un senso parlare di ‘socialismo’ del Partito del Socialismo Europeo?

Venti di crisi soffiano sui partiti maggiori: il risultato delle elezioni politiche in Gran Bretagna (maggio 2015) con la vittoria dei conservatori di David Cameron, la rimonta di Sarkozy in Francia di fronte al traballante Hollande, la perdita del governo da parte dei socialisti spagnoli, l’affanno delle socialdemocrazie scandinave, e buon ultima l’ingloriosa fine del Pasok, già di Papandreu, a favore di Syriza, sono un segno evidente di questa crisi di rappresentanza e di strategia.

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Monica Maggioni presidente Rai. Ma va? Non dite che non vi avevamo avvertito. Ecco l'articolo pubblicato un anno fa...

controlacrisi

Monica Maggioni presidente Rai. Ma va? Non dite che non vi avevamo avvertito. Ecco l'articolo pubblicato un anno fa...

A fine maggio del 2014 Domenico Moro scrisse per controlacrisi due articoli sul gruppo Bilderberg. Uno in particolare sottolineando il legame di questa "cupola" internazionale con Monica Maggioni, nominata al vertice della Rai. Maggioni ha iniziato la sua carriera tra i "carri armati Usa" in Iraq. E da lì voleva raccontare la guerra. Dal suo punto di vista aveva ragione visto che si è trattato di una invasione praticamente senza resistenza. Ma non si è fermata lì. La pratica dei "circoli che contano" ha strappato altre coccarde. E quella del gruppo Bilderberg è una di queste. Un volta a Rainews ha finito per completare d'opera espungendo del tutto dal palinsesto il giornalismo d'inchiesta e riducendo la testata al pied-à-terre di Renzi e dei vertici del Pd. 

"In questi giorni si sta tenendo la riunione annuale del Gruppo Bilderberg, una delle principali organizzazioni del capitale transnazionale. Partecipano per l'Italia Bernabè, Elkann, Monti e Monica Maggioni. In contemporanea esce nelle librerie italiane la seconda edizione aggiornata ed ampliata del mio libro "Il Gruppo Bilderberg. L'elite del potere mondiale". Segnalo che in questa edizione sono riportati i verbali riservati degli incontri principali del Bilderberg tenutisi negli anni 50, 60 e 80.

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Giovanna Cracco: Forza e violenza: nodo del conflitto sociale

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Forza e violenza: nodo del conflitto sociale

di Giovanna Cracco

“Si dura una gran fatica per comprendere la violenza proletaria quando si cerca di ragionare secondo le idee che la filosofia borghese ha diffuso nel mondo; secondo questa filosofia, la violenza sarebbe un residuo della barbarie e sarebbe destinata a scomparire con la progressiva influenza dei lumi.” George Sorel, Riflessioni sulla violenza

violenzacraccoRileggere oggi Riflessioni sulla violenza di Sorel, pubblicato nel 1908, è un buon esercizio intellettuale. Aiuta a tenere vigile la capacità critica, che il canto delle sirene della retorica democratica, della civile società pacificata, pone continuamente sotto minaccia di assopimento. Il testo colpisce per l’attualità di alcune analisi, accanto a considerazioni oggi decisamente fuori tempo.

Sorel – che può essere inscritto nel filone del ‘sindacalismo rivoluzionario’ – individuava nel mito dello sciopero generale l’unicaleva in grado di innescare una rivoluzione socialista, che avrebbe abbattuto lo Stato democratico borghese e creato i presupposti per la nascita di una nuova società. Non si poneva il problema della progettualità politica della futura società, solo di abbattere quella esistente; ciò che sarebbe venuto dopo, si sarebbe immaginato dopo.

Considerava la via parlamentare, intrapresa dai socialisti progressisti, una presa in giro: un bieco opportunismo da politicante, un “pantano democratico”, il vicolo cieco che avrebbe portato il socialismo alla morte. I “socialisti cosiddetti rivoluzionari del Parlamento” si erano venduti alla filosofia borghese, divenendo sostenitori del sistema capitalistico. Da qui, la necessità di una netta separazione tra le classi sociali, per mantenere l’autonomia culturale e politica della classe subalterna e contrastare l’imborghesimento che già si affacciava anche tra i lavoratori.

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Sebastiano Isaia: Un contributo alla critica di Slavoj Žižek come politico "radicale"

sebastianoisaia

Un contributo alla critica di Slavoj Žižek come politico "radicale"

di Sebastiano Isaia

cappella sistina
giudizio universale dettaglio angeli tubiciniPiccola premessa: come sempre polemizzo con una posizione (politica, filosofica e quant’altro) soprattutto per cercare di elaborare e “socializzare” meglio la mia posizione, e non certo per dare addosso a qualcuno che, il più delle volte (come nel caso di specie), vive per così dire su un altro pianeta rispetto a chi scrive. Veniamo al merito!

«Il filosofo italiano Giorgio Agamben ha detto in un’intervista che “il pensiero è il coraggio della disperazione” – un’intuizione pertinente in modo particolare al nostro momento storico, quando di solito anche la diagnosi più pessimista tende a finire con un cenno ottimista a qualche versione della proverbiale luce alla fine del tunnel. Il vero coraggio non sta nell’immaginare un’alternativa, ma nell’accettare le conseguenze del fatto che un’alternativa chiaramente discernibile non c’è: il sogno di un’alternativa indica codardia teorica, funziona come un feticcio, che ci evita di pensare fino in fondo l’impasse delle nostre situazioni di difficoltà. In breve, il vero coraggio consiste nell’ammettere che la luce alla fine del tunnel è molto probabilmente il faro di un altro treno che ci si avvicina dalla direzione opposta. Del bisogno di un tale coraggio non c’è migliore esempio della Grecia, oggi».

Così scrive Slavoj Žižek commentando le vicende greche post referendarie. Potrei sottoscrivere ogni parola dei passi citati, se essi non rimandassero a una concezione politica e sociale del conflitto interamente prigioniera del dominio sociale capitalistico.

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M.Lettieri e P.Raimondi: Attenti alla speculazione finanziaria contro la Cina!

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Attenti alla speculazione finanziaria contro la Cina!

Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**

In Cina il fuoco che si nasconde sotto la cenere è molto più pericoloso della fiammata che si è vista di recente nella borsa di Shanghai. I media hanno riportato il fatto eclatante del crollo delle quotazioni e dei titoli sospesi senza cercare di rispondere alle inevitabili domande: Qual è la causa? Chi lo ha provocato? E perché?

Certamente è stato un evento potenzialmente sconvolgente. Dal 12 giugno al 9 luglio il mercato azionario cinese ha perso il 30% cancellando circa 3 trilioni di dollari di capitale. E’ da evidenziare che dopo l’intervento delle autorità monetarie con l’immissione di nuova liquidità per circa 200 miliardi di dollari, la borsa è risalita del 17%. Sono anche in corso indagini per “scovare” gli speculatori che hanno giocato a breve sulla caduta della borsa.

Ovviamente il fuoco non è stato estinto in modo sicuro e definitivo. Le varie bolle finanziarie dei settori privati dell’economia sono il problema numero uno della Cina. Essa ha un debito pubblico – il 43% del Pil – contenuto se paragonato a quello dei Paesi occidentali. Ma il debito delle imprese private (corporate) è pari al 160% del Pil nazionale, che è di circa 11 trilioni di dollari.

Si stima che nei prossimi 4 anni la Cina potrebbe avere bisogno di piazzare titoli di debito, tra nuovi e vecchi da rinnovare, per oltre 20 trilioni di dollari. Anche la bolla immobiliare, come rivelano le tante città fantasma costruite e non abitate, potrebbe diventare una bomba ad orologeria.

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Sergio Cararo: L'industria della felicità

contropiano2

L'industria della felicità

di Sergio Cararo

I padroni non vogliono dai loro subalterni solo quello che riescono a estorcere con il lavoro, ne pretendono anche l'anima. Poco importa se le condizioni lavorative stanno ormai retrocedendo a forme ottocentesche.

Le scienze sociali, arruolate alle esigenze dell'impresa, da tempo rilevano come in tempi di crisi sia necessario che i lavoratori e i consumatori vendano la propria anima – e non solo la forza lavoro e i loro redditi - al mercato. Si chiama Happyness Industry, l'industria della felicità.

Diffondere ottimismo nella società e sentimenti positivi dentro le imprese, sta diventando uno strumento indispensabile per far ripartire l'economia in quei paesi a capitalismo avanzato che hanno subìto più duramente le torsioni dell'ultima fase della crisi capitalistica.

E' interessante quanto riporta su questo tema un ampio servizio de La Repubblica, che pure è un giornale di prima linea dentro questo meccanismo.

Il saggio del sociologo britannico William Davis, descrive come “le aziende oggi stanno investendo così tante risorse nel renderci felici che chi non si mostra entusiasta di tutto ciò viene visto come un sabotatore da tenere d'occhio”. In alcune selezioni aziendali, ad esempio, se ne colpisce uno per educarne nove a mostrarsi felici del lavoro chiamati a svolgere.

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Giorgio Cesarale: A proposito di Comunismo ermenutico di Vattimo e Zabala

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A proposito di Comunismo ermenutico di Vattimo e Zabala

di Giorgio Cesarale

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miu76dA4221qlclkho1 1280Leggendo Comunismo ermeneutico di Gianni Vattimo e Santiago Zabala, questa appassionata difesa delle ragioni della combinazione fra l’appello a un ordine più giusto e democratico, a cui essi assegnano il nome di comunismo, e la riproposizione dell’ermeneutica come autentica svolta nel pensiero, la mia mente è quasi inavvertitamente corsa alle pagine della Scienza della logica di Hegel in cui quest’ultimo affronta la questione della natura del giudizio, differenziandola attentamente da quella della proposizione. Per Hegel, infatti, come è noto, non necessariamente un Satz trascorre in Urteil. Affinché quest’ultimo sia tale infatti occorre che si ponga come negativo il predicato, e cioè, detto in termini più prosaici, ci si domandi se effettivamente il secondo termine di ogni proposizione, il predicato, convenga al primo, il soggetto. Hegel articola il suo ragionamento facendo l’esempio della proposizione “Aristotele morì nel suo settantatreesimo anno di età, nell’anno quarto della 115cesima Olimpiade”. Questa proposizione sarebbe, appunto, tale e non giudizio fino a quando, “una delle circostanze, il tempo della morte ovvero l’età di quel filosofo, fosse stata messa in dubbio, e per qualche motivo si affermassero però le cifre qui addotte.

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Chiara Carratù: Governo, altri tagli alla sanità e via il diritto di sciopero

sinistra aniticap

Governo, altri tagli alla sanità e via il diritto di sciopero

di Chiara Carratù

basta sfrutt basta bossifDopo aver dedicato ampio spazio alla crisi greca, da qualche giorno i media hanno cominciato a dedicarsi alle cose di casa nostra con lo scopo di preparare l’opinione pubblica ai prossimi tagli sulla sanità e alla prossima stretta sul diritto di sciopero.

La sconfitta greca ha per ora allontanato le paure della borghesia e del governo di un rischio di ripresa delle lotte per contagio greco; anche se la possibilità di costruire un’alternativa al binario unico delle politiche di austerità è stata per il momento allontanata, torna la necessità, per le classi dirigenti, di costruire il terreno fertile intorno alle prossime manovre annunciate da Renzi in questa calda estate. Si avvicina la Legge di stabilità e con essa la necessità di proseguire nelle politiche di austerità utili a reperire risorse per continuare a mantenere alti rendite e profitti. I rimedi, fino a quando non verranno imposte politiche economiche alternative a quelle di austerità, saranno ricercati sempre nelle stesse tasche e ad essere saccheggiati saranno sempre i settori pubblici e sempre le stesse categorie sociali (lavoratori e pensionati in primis) che, a turno, vengono spremuti.

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tonino

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Aug 28, 2015, 4:57:31 AM8/28/15
to sante gorini

P.Pini e A.Somma: È l’Europa, bellezza!

micromega

È l’Europa, bellezza!

di Paolo Pini e Alessandro Somma [1]

europa pini somma
            510Il Trattato di Lisbona del 2007, nella parte in cui elenca i fondamenti dell’Unione europea, menziona una formula carica di ambiguità: economia sociale di mercato. Molti ritengono che sia un richiamo al capitalismo dal volto umano, quindi a un ordine economico incompatibile con lo sconcertante epilogo della crisi del debito greco. Non è così: quella formula ha una lunga storia, tutta tedesca e tutta in linea con quanto avviene ad Atene.

Come si sa, il nazismo esattamente come il fascismo affossarono la democrazia ma non anche il capitalismo: la prima venne anzi sacrificata sull’altare del secondo, fatto che alla conclusione del secondo conflitto mondiale era considerato pacifico dai più. Tanto che nello scontro sulla costituzione economica della rinata democrazia tedesca era nettamente prevalente l’opzione per la democrazia economica: la situazione in cui lo Stato disciplina il mercato per renderlo un luogo nel quale le persone possono emanciparsi, se del caso contro il principio di concorrenza.

Gli oppositori della democrazia economica, detti ordoliberali, ritenevano invece che un mercato retto dalla concorrenza consentisse la migliore distribuzione della ricchezza, e che a queste condizioni l’inclusione sociale coincidesse con l’inclusione nel mercato. Leggi tutto


V.Mattioli e R.A.Ventura: Un casino immenso

minimamoralia

Un casino immenso

di Valerio Mattioli e Raffaele Alberto Ventura

Questo pezzo è uscito sul numero di agosto di Linus. Ringraziamo gli autori e la testata

mappalinus 640x420Alla fine era nell’aria: al di fuori dei canali che una volta avremmo detto tradizionali, e a fianco delle testate che per decenni sono servite come riferimento per il “dibattito politico-culturale” – qualunque significato decidiate di dare alla famigerata formula – si è sviluppata negli ultimi anni una… come vogliamo chiamarla? New wave dell’opinionismo da terza pagina? Giovane scena intellettual-letteraria? Nuova generazione del giornalismo più o meno critico, più o meno militante?

Se non sapete di cosa stiamo parlando fidatevi di noi, che a parlare di robe simili rischiamo un conflitto d’interessi grande così poiché a questo mondo in qualche modo partecipiamo (seppur ai livelli più infimi). Diciamo allora che negli ultimi cinque, dieci anni è venuta a comporsi una costellazione di testate e firme che, se non ha interamente monopolizzato il dibattito di cui sopra, quantomeno ne sta fornendo una versione laterale e col passare del tempo forse persino influente.

L’armamentario è quello di sempre: editoriali di commento, saggi critici, approfondimenti di varia natura, articoli alle volte brillanti alle volte meno, “pezzi definitivi” e via di questo passo. Leggi tutto


redazione: Renzi è di sinistra!

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Renzi è di sinistra!

di redazione

Nell'avvicinarsi di ferragosto, sarà per il caldo o per la scarsità di notizie, imperversa su molti quotidiani un lezioso dibattito che vede esprimersi le molte sinistre voci della sinistra istituzionale.

Sul Manifesto si possono leggere vari interventi in una discussione aperta da Norma Rangeri chiamata “c'è vita a sinistra”. Già l'assenza di una qualche punteggiatura dopo la frase dovrebbe mettere all'erta. Non ci sono né punti esclamativi né interrogativi, quasi si desse per scontata una risposta affermativa. Ma senza troppa convinzione in fondo. Ha fatto qui notizia per primo Fassina che, folgorato sulla via di Atene, dopo aver votato le peggio cose in parlamento, sostenuto le grandi opere e aver avuto ruoli di governo, sostiene d'improvviso l'uscita dall'Euro (!). Poi arriva Bertinotti, e scopriamo che “la sinistra di governo è una via senza sbocco”. Da uno che verrà ricordato per aver partecipato alla sfilata delle forze armate in qualità di ministro, ma con una spilletta della pace appuntata sul giacchetto, si rimane un po' spiazzati... Ma a quel punto arriva Sergio Cofferati, ex-sindaco di Bologna con una delle amministrazioni più di sinistra della storia della città, col merito di aver anticipato di molti anni Salvini. Infatti, mentre il leader leghista si fa stampare una ruspa sulla maglietta, Cofferati la ruspa per sgomberare le comunità rom stanziate su un fiume cittadino la utilizzò davvero.

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ilsimplicissimus: Agosto, verità non ti conosco

ilsimplicissimus

Agosto, verità non ti conosco

di ilsimplicissimus

La serie di balle agostane non ha probabilmente precedenti: non si tratta solo della necessità di riempire troppe pagine e troppe ore di chiacchiericcio, ma anche del fatto che ormai la menzogna, il nascondimento, l’interpretazione scorretta, l’appiattimento ad ufficialità sospette è talmente entrata nel sangue e nella carne dei media che quando manca il carburante giornali e televisioni devono fare come i ciclisti bombati, vale a dire tutti, che sono costretti a correre anche nei giorni di riposo altrimenti il sangue si coagula.

Così alla scarica di improbabili miliardi promessi e a quelli realmente derubati alla sanità, si affiancano il presunto attentato del Daesh alla regina d’Inghilterra o la notizia che il primo ministro finlandese abbia promesso la fine del lavoro nel suo Paese, news peraltro ripresa da siti liberisti i quali hanno giustificato questa mossa col fatto che la Finlandia può permetterselo grazie agli introiti del petrolio. Gli scimmiottatori della solonaggine da strapazzo degli economisti , nemmeno si sono accorti che la Finlandia non produce una goccia di petrolio.

Sono solo alcune fra le sciocchezze  riportate come fossero verosimili e credibili forse per nascondere il marcio vero e il comico di alcune cose come il nuovo Cda della Rai. Stranamente però non appena Buzzi ha cominciato a parlare dei “contributi ” e degli affari svoltesi al di là dell’amministrazione Alemanno, coinvolgendo Marino e Zingaretti, ovvero il partito della nazione nel suo complesso ecco che da bocca della verità è diventato d’un tratto inattendibile a canali unificati e accusato di voler pateticamente trascinare degli onest’uomini nel fango per salvarsi.

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Alessandra Daniele: Nightfall

carmilla

Nightfall

di Alessandra Daniele

La Lega è stata al governo con Berlusconi per più di dieci anni. Ha avuto una decina di ministri chiave, fra cui quelli dell’Interno, del Bilancio, dell’Industria, del Lavoro, dell’Agricoltura, dei Trasporti, della Giustizia, della Salute, e delle Riforme. Ha avuto centinaia fra sottosegretari, sindaci, assessori, governatori, e boiardi. La Lega è ancora al governo in molte zone del Nord.

Eppure Matteo Salvini riesce regolarmente a spacciarsi per un outsider rivoluzionario. Realizzando ogni giorno il suo compito di dirottare l’incazzatura degli italiani sugli immigrati, convincendo gli elettori che la principale causa delle loro sofferenze non sia la parassitaria classe dirigente della quale lui fa parte da sempre, ma i profughi appena arrivati che hanno il torto di non essere annegati tutti durante il tragitto.

Esattamente come Renzi, Salvini è un politico di professione. Dal 1993, quando fu eletto consigliere comunale di Milano.
Esattamente come Renzi, Salvini è un cazzaro.
Ed è proprio per questo che ha successo. Gli italiani ne hanno bisogno. Il Sóla delle Alpi è oggi il più vicino a sostituire nei loro cuori il fiorentino al tramonto.
Perché gli italiani non sopportano la verità.

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Enrico Galavotti: Costanzo Preve e il medio-marxismo (1914-1956)

homolaicus

Costanzo Preve e il medio-marxismo (1914-1956)

Enrico Galavotti

annegamento 2Quei due periodi di storia che Costanzo Preve, nella sua Storia critica del marxismo (ed. La Città del Sole, Napoli 2007), chiama "medio-marxi­smo" (1914-56) e "tardo-marxismo" (1956-91), per lui non hanno "alcun rapporto con la teoria originale di Marx", per cui il discorso, col marxismo classico, è praticamente già chiuso. Preve rifiuta persi­no la rivoluzione d'Ottobre, e pensa di poterlo fare a buon diritto, visto ch'essa è fallita.

In sostanza l'ultimo Preve riteneva d'essere l'unico interprete adeguato di Marx, l'unico a non averlo né frainteso né censurato né strumenta­lizzato. D'altra parte lui stesso se ne vantava: "la mia riesposizione criti­ca è talmente diversa e talmente 'dirompente' in rapporto a tutte le principali correnti del marxismo... da apparire non tanto 'folle' quan­to strana ed eccentrica" (pp. 166-7).

Tuttavia, a fronte dei 150 anni di storia del marxismo, un mi­nimo di umiltà o di circospezione sarebbe quanto meno desiderabile. Il fatto che il cosiddetto "socialismo scientifico" sia andato incontro a cocenti sconfitte storiche, non ci autorizza a sottovalutare le capa­cità intellettuali di chi ci ha preceduto o a valorizzare soltanto le idee che più somigliano alle nostre. Leggi tutto


Michele G. Basso: Il tracollo dell’imperialismo italiano

linterferenza

Il tracollo dell’imperialismo italiano

Michele G. Basso

mediaI contaballe governativi possono raccontare che l’Italia non farà la fine della Grecia perché è ancora un grande paese manifatturiero, ma la Confindustria li smentisce. “L’Italia scende all’ottavo posto nel manifatturiero, scavalcata dal Brasile. Perse in 12 anni 120.000 fabbriche” (il Sole- 24 ore) . “In sei anni quindi l’Italia è passata dal quinto all’ottavo posto”. (1) Infatti era superata solo da Usa, Cina, Giappone e Germania. la perdita in termini relativi era prevedibile da chiunque, visto lo sviluppo di paesi giganteschi come Brasile e India; ma si è aggiunta quella in termini assoluti, con un crollo della produzione. Anche in altri settori, come finanza e agricoltura, dove l’Italia non aveva posizioni di vertice, la crisi si è fatta sentire, e persino nel campo del turismo, dove l’enorme patrimonio artistico e storico è trascurato e in pericolo, come a Pompei, o insidiato dalla speculazione edilizia grazie anche all’incuria criminale dei governi. Quanto al caos dei trasporti odierno in Italia (non solo negli aeroporti, ma anche nei treni dei pendolari e in quel fenomeno inaudito che è la Salerno – Reggio Calabria) si tratta di un sintomo assai chiaro della decadenza dell’imperialismo italiano. Non sono fenomeni nuovi, imprevedibili, e scritti che ormai hanno quasi un secolo ne spiegano le cause. Sentiamo Lenin:

“L’imperialismo puro, senza il fondamento del capitalismo, non è mai esistito, non esiste in nessun luogo e non potrà mai esistere.” “Se Marx diceva della manifattura che essa è la sovrastruttura della piccola produzione di massa, l’imperialismo e il capitalismo finanziario sono una sovrastruttura del vecchio capitalismo. Se ne demolite la cima, apparirà il vecchio capitalismo.””…il caos dei trasporti… esiste anche negli altri paesi, persino nei paesi vincitori. Orbene, che cosa vuol dire il caos dei trasporti nel sistema imperialistico? Il ritorno alle forme più primitive della produzione mercantile.” (2)

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Leonardo Mazzei: Groviglio perfetto?

sollevazione2

Groviglio perfetto?

di Leonardo Mazzei

Quattro scenari per il dopo voto sulle (contro)riforme costituzionali di settembre: 3 sono (quale più, quale meno) sfavorevoli a Renzi, il quarto potrebbe essergli fatale

wired 350pxRenzi ostenta sicurezza. Glielo impongono tanto le regole della comunicazione politica, quanto l’innato bullismo. Ma questa volta la situazione appare davvero complicata. Il segretario del Pd ha voluto troppo, per i suoi interessi di potere come per le sue spicciole esigenze di propaganda. La risultante è che adesso i nemici sono davvero tanti, e potrebbero coalizzarsi.

Il decisivo passaggio che si approssima all’orizzonte è ovviamente quello delle (contro)riforme costituzionali. Originariamente il voto del Senato era previsto per luglio, poi ladebacle elettorale di maggio ha imposto lo slittamento a settembre, alla ripresa dell’attività parlamentare dopo la pausa estiva.

Il momento della verità è dunque assai vicino. La notizia di venerdì è che la minoranza del Pd ha annunciato che i senatori a favore del Senato elettivo – e dunque contrari al progetto renziano – avrebbero raggiunto quota 170, ben al di là della soglia di maggioranza di 160. Tra questi gli appartenenti al gruppo Pd sarebbero 28. Un bel campanello dall’allarme. Rilanciato con grande evidenza da la Repubblica, che ha dedicato alla questione le prime quattro pagine dell’edizione di ieri.  Leggi tutto


Beneath Surface: Il leone del capitalismo diventa ministro della pianificazione

pianoinclinato

Il leone del capitalismo diventa ministro della pianificazione

di Beneath Surface

correzioniMi ha sempre fatto sorridere l’idea che il riconosciuto araldo del capitalismo, Leon Walras , venisse innalzato agli onori degli altari della teoria delle economie pianificate tipiche degli stati collettivisti, come l’Unione Sovietica e i suoi ex satelliti. Come è possibile? Eppure è così.

Forse qualche lettore smaliziato lo avrà notato, leggendo il funzionamento del sistema di equazioni del EEG. Per tutti gli altri ricordiamo che, se fosse possibile risolvere i problemi di calcolo del sistema walrasiano, allora sarebbe, in via teorica, possibile programmare a priori tutte le scelte di produzione e scambio, sicuri che ciò determinerebbe la massima utilità di ogni operatore, concetto che, almeno economicamente parlando, è analogo a quello di bene collettivo cui ogni Stato Etico di tipo hegeliano che si rispetti (ironico, NdA) dovrebbe tendere.

I primi che spinsero in tal direzione il pensiero del povero Walras furono Enrico Barone, Oskar Lange e Maurice Dobb, che si scontrarono fin da subito con il rifiuto dei liberali F.von Hayek e L.von Mises che ciò fosse possibile. Il problema era che nè Marx nè Engels pur riconoscendo, al pari di Schumpeter , la necessità di una economia pianificata, si erano occupati di descriverne il funzionamento.

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Turi Comito: Il dio fallito

megachip

Il dio fallito

di Turi Comito

Il caso della Banda Larga: il liderino renzifonzi ci fa sapere che l'efficienza del mercato, della concorrenza, dell'iniziativa privata è una insulsa buffonata

Ve la ricordate quella bella favoletta che vi hanno insegnato in tutte le scuole di ogni ordine e grado che avete frequentato e i cui personaggi erano la "concorrenza perfetta" che garantiva il massimo dei benefici ai produttori e ai consumatori di beni, il mercato quale "migliore allocatore di beni e servizi" immaginabile da mente umana, l'insuperabile efficienza della libera iniziativa privata che garantisce sempre e comunque il meglio del meglio che si possa desiderare?

Ve la ricordate?

Dovreste, perché la favoletta viene ripetuta ogni giorno, milioni di volte al giorno, da tutto l'universo mediatico con cui venite in contatto (tv, giornali, web, pubblicità, ecc.)

Beh, adesso che vi siete ricordati metteteci una pietra sopra e dimenticatevela, la favoletta, perché proprio da uno dei massimi esponenti del pensiero unico fondato sulla religione del mercato, il liderino renzifonzi, abbiamo saputo che l'efficienza del mercato, della concorrenza, dell'iniziativa privata è una insulsa buffonata.

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Mario Pezzella: Neorealismo come ritorno all’ordine

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              ponte

Neorealismo come ritorno all’ordine

di Mario Pezzella

L’ultimo libro di Gaspare De Caro, Rifondare gli italiani? (Jaca Book, Milano, 2014), è una storia non convenzionale del cinema neorealista e dei suoi effetti sulla cultura e sull’immaginario collettivo del nostro secondo dopoguerra. In quel contesto storico, una naturalis oboedientia, una servitù volontaria, permette – secondo de Caro – la rimozione dei traumi storici del fascismo e della guerra perduta: la cultura italiana viene ricodificata in termini di riconciliazione e unità nazionale.

La storia del cinema neorealista si divide tra una breve e intensa attività testimoniale e critica e una produzione media diffusa, in cui gli epigoni divengono interpreti della buona coscienza nazionale e creano un “cinema della rimozione, una scuola di oboedientia”. “Di fatto – scrive De Caro – ciò che dà senso omogeneo e unificante al cinema del neorealismo, debilitando le testimonianze trasgressive, è l’impegno collettivo a esorcizzare […] gli ingrati fantasmi della guerra e del dopoguerra”. La volontà di trasgressione radicale culmina nelle due grandi trilogie di Rossellini e De Sica. In esse diviene visibile, contro ogni retorica populista e nazionale, lo stato di umiliazione e desolazione, che segue l’8 settembre e segna l’immediato dopoguerra. Si può leggere Ladri di biciclette come la storia di una generazione precipitata dalle altezze pseudo-imperiali e dalle sue aquile di cartapesta in una derelizione e in una vergogna senza fine di fronte ai propri figli; o si può riconoscere, per fare un altro esempio, la caduta di ogni ordine simbolico e morale, nella durissima sequenza di Paisà (episodio di Napoli), quando lo scugnizzo porta il soldato americano nella grotta infera dove si nascondono i sopravvissuti dei bombardamenti, senza casa e ridotti a una vita elementare.

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Alain Testart: L’invenzione dell’anonimato

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L’invenzione dell’anonimato

di Alain Testart

Mezzo di scambio/mezzo di pagamento: Sulla moneta in generale e più particolarmente sulla moneta dei primitivi (pp. 11-60)

Questo piccolo saggio è diviso nettamente in due parti. La prima (pp. 11-34) è una presa di posizione sulle tesi attuali dell'economia politica, seguita da una critica della definizione abituale della moneta, e porta ad una nuova definizione; la seconda parte (pp. 34-60) applica questa nuova definizione alle società primitive, motiva le ragioni della loro specificità e conclude con una visione evolutiva del fenomeno monetario.

All'inizio del saggio, l'autore comincia respingendo l'idea che ci possa essere una definizione propriamente antropologica della moneta. Gli economisti, gli antropologhi, gli storici ed altri specialisti delle scienze sociali, se vogliono comprendere e scambiare il loro rispettivi punti di vista, devono riferirsi ad una medesima realtà, devono utilizzare gli stessi concetti, e ricorrere alla medesima definizione.
Viene poi messa in discussione la fondatezza della definizione tradizionale economico-politica della moneta, che parte dalle sue "funzioni". Prima di avere delle funzioni, la moneta dev'essere vista come un bene, una ricchezza, e perfino come il bene più prezioso che si possa detenere. Leggi tutto


Militant: Lavoro gratuito e «volontario»

militant

Lavoro gratuito e «volontario»

Verso una forma legalizzata di schiavitù

Militant

timthumbCon l’improvvisa e disastrosa alluvione di Firenze della scorsa settimana è salita nuovamente agli onori delle cronache una di quelle proposte che dovrebbe far accapponare la pelle, provocando un moto generalizzato di rifiuto: quella di mettere a lavorare gratis – apparentemente come «volontari» – i cosiddetti «profughi» (o, usando una sineddoche, gli «immigrati»). Fautori della proposta – che tra l’altro si è concretizzata nei giorni successivi – sono stati questa volta il governatore della Toscana Enrico Rossi e il sindaco di Firenze Dario Nardella, un renziano di ferro. I due, subito dopo l’alluvione, hanno esaminato varie ipotesi, tra le quali c’era «anche la possibilità di utilizzare i profughi ospitati in Toscana per i primi interventi di pulizia e ripristino, utilizzando anche la convenzione attivata con Inail per l’assicurazione per lavori di pubblica utilità» (leggi). Poche ore dopo, Nardella ha dichiarato che «i profughi ospiti della Regione Toscana, e in particolare quelli che sono a Firenze e nei comuni limitrofi, da domani potranno essere di supporto alla Protezione Civile di Firenze […] e saranno utilizzati in particolare per il ripristino del verde pubblico» (leggi).

Nei giorni successivi,  mentre alcuni immigrati si offrivano volontari per aiutare nel ripristino della normalità a Firenze, Rossi in un’intervista si spingeva oltre:

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Costas Lapavitsas: Le ragioni del Grexit

vocidallestero

Le ragioni del Grexit

di Costas Lapavitsas

grexit1La prospettiva del default greco e dell’uscita dall’Unione Economica e Monetaria (UEM) è sorta per la prima volta durante la crisi della zona euro nel 2010. Dal punto di vista della teoria monetaria, il problema della Grecia è semplice: un’economia debole con rilevanti problemi istituzionali si è unita ad una unione monetaria strutturalmente carente. Questa è la classica trappola di una economia debole che adotta una valuta forte – e intrinsecamente problematica. Ci sono solo due vie d’uscita: o la UEM dovrà essere completamente ricostruita, o la Grecia dovrà considerarsi inadempiente sul proprio debito ed uscire.

La causa principale del malfunzionamento della UEM è la politica della Germania di mantenere bassi i salari nominali, cosa che le ha dato un grande vantaggio competitivo e le ha permesso di diventare un creditore importante in Europa. Adottando un approccio neo-mercantilista, la Germania ha costretto la sua economia interna ad una persistente debolezza della domanda, cercando allo stesso tempo di arricchirsi commerciando con l’estero. I comuni tedeschi, soprattutto i salariati, hanno fatto le spese di una politica che avvantaggia i grandi esportatori e le banche.

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Toni Negri e Sandro Mezzadra: Politiche di coalizione nella crisi europea

euronomade

Politiche di coalizione nella crisi europea

Toni Negri e Sandro Mezzadra

euronomade scuola
              roma 2015 2
              locandina low1Costruire potere nella crisi: così abbiamo intitolato il seminario di Euronomade che si terrà a Roma dal 10 al 13 settembre. È del resto questo il problema di fondo attorno a cui abbiamo cercato di lavorare negli ultimi due anni. A fronte della violenza della crisi, dell’attacco portato alle condizioni di vita e lavoro in particolare nei Paesi mediterranei dell’Europa, abbiamo continuato a domandarci come sia possibile passare dalla resistenza alla effettiva costruzione di alternative. Il potere che ci interessa costruire è alimentato dalla dinamica e dal ritmo delle lotte sociali, ma deve fissarsi al tempo stesso in una stabile configurazione istituzionale. Come molti e molte abbiamo l’impressione che oggi si pongano questioni che in qualche modo stanno al di qua (o al di là) della grande divisione tra “riforme e rivoluzione” che si impose all’interno del movimento operaio europeo nel primo Novecento, nel solco del dibattito sul “revisionismo”. L’esaurimento del riformismo storico, socialdemocratico, è sotto gli occhi di tutti. Ma dobbiamo avere l’onestà di riconoscere che anche le ipotesi rivoluzionarie che abbiamo conosciuto appaiono svuotate di efficacia politica, ridotte a roboante retorica consolatoria o a farsesca messa in scena di un’insurrezione a venire. Alle spalle di questa duplice crisi c’è una trasformazione radicale del modo di produzione capitalistico e della composizione del lavoro, che da qualche decennio abbiamo contribuito ad analizzare senza essere ancora riusciti a forgiare gli strumenti politici necessari per rendere efficace, nelle condizioni nuove della lotta di classe, il nostro persistente desiderio comunista. Leggi tutto


 

I più letti degli ultimi tre mesi

tonino

unread,
Aug 30, 2015, 3:23:53 AM8/30/15
to sante gorini

Alberto Bagnai: La guerra delle monete l’ha iniziata la BCE, la Cina risponde

asimmetrie

La guerra delle monete l’ha iniziata la BCE, la Cina risponde

Alberto Bagnai

Vladimiro Giacché ha commentato così su Twitter le ultime vicende cinesi: “La Cina svaluta dell’1,9% e molti gridano alla guerra valutaria. Gli stessi che ritengono un regalo la rivalutazione del 350% del marco DDR”. Vi chiederete: “Ma cosa c’entrano vicende europee di 25 anni or sono con quanto sta accadendo in Cina oggi?” Risponderò con dei dati e un proverbio (italiano, perché dalla Cina importiamo già troppo).

Nel 2013 il surplus della bilancia dei pagamenti dell’Eurozona ha superato quello della Cina: rispettivamente, 251 e 182 miliardi di dollari. Questo risultato ovviamente è dovuto all’unica economia rimasta in piedi, quella tedesca. La Germania aveva superato la Cina nel 2011: 228 miliardi di surplus estero contro 136. Cina e Germania sono le due più forti potenze esportatrici al mondo, ma hanno gestito questa loro posizione in modo molto diverso.

La Cina ha lasciato rivalutare il renminbi rispetto al dollaro, per un totale del 25% da giugno 2005 a giugno 2015. Ciò ha reso i prodotti cinesi meno convenienti sui mercati internazionali, soprattutto perché in Cina i prezzi sono cresciuti più rapidamente. Di conseguenza in Cina il tasso di cambio reale, cioè corretto per l’inflazione, è cresciuto del 45% in dieci anni. I giornali raccontavano la favoletta del cinese sleale che trucca il cambio per drogare il surplus estero, ma stava succedendo il contrario: il saldo commerciale cinese, dal 6% del Pil nel 2005, scendeva a un più moderato 2% nel 2014. La Germania si è comportata in modo opposto: il suo cambio reale è sceso e il suo surplus estero cresciuto.

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Paul Craig Roberts: Il Costo Sociale del Capitalismo

vocidallestero

Il Costo Sociale del Capitalismo

di Paul Craig Roberts

Craig Roberts su Counter Punch denuncia la desolante realtà americana, in cui i grossi interessi corporativi riescono, spesso con il silenzio o la complicità delle corrotte istituzioni pubbliche che essi stessi manovrano, a macinare profitti scaricando i costi sulla collettività. Se questo è l’esito di un processo di produzione capitalistica teoricamente regolamentato, figuriamoci l’esito di un ipotetico capitalismo deregolamentato

Poche o nessuna grande azienda assorbe l’intero costo delle proprie operazioni. Le aziende gettano molti dei propri costi sull’ambiente, sul settore pubblico, e su terzi da cui sono ben distanti. Per esempio, 3 milioni di galloni di rifiuti tossici liquidi sono recentemente fuoriusciti da una miniera in Colorado e si sono riversati in due fiumi nello Utah e nel Lake Powell. I sistemi idrici di almeno sette città sono stati chiusi. I rifiuti sono stati prodotti da un’impresa privata, e sono stati accidentalmente riversati dall’Agenzia di Protezione Ambientale, il che può essere vero o essere solo una copertura per la miniera. Se il bacino idrico di Lake Powell dovesse finire inquinato, è facile pensare che il costo che le attività della miniera avranno imposto a terzi supera il valore della produzione totale della miniera durante la sua intera esistenza.

Gli economisti li chiamano “costi esterni” o “costi sociali”. La miniera genera profitti e produce inquinamento, e il costo di tale inquinamento viene sostenuto da chi non riceve alcuna parte dei profitti.

Se a funzionare così è il capitalismo regolamentato, potete immaginare che disastro sarebbe un capitalismo senza regole. Pensate al sistema finanziario non regolamentato, alle conseguenze che stiamo ancora subendo e a quelle che devono ancora arrivare.

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Chri­stian Marazzi: Chinadown, lo choc globale

manifesto

Chinadown, lo choc globale

Roberto Ciccarelli intervista Chri­stian Marazzi

L'economista svizzero: «La svalutazione dello Yuan creerà una situazione incompatibile con la rigidità di Schäuble. Con il venire meno della forza della Germania, cioè lo sbocco in Oriente, non vedo come potranno funzionare le sue politiche ossessivamente austeritarie

L’Europa potrebbe rac­co­gliere la chance offerta dalla crisi cinese per rove­sciare l’assetto eco­no­mico impo­sto al con­ti­nente dall’austerità. Per l’economista Chri­stian Marazzi la sva­lu­ta­zione dello yuan voluta da Pechino mer­co­ledì scorso potrebbe aprire uno spi­ra­glio per il rilan­cio di poli­ti­che espan­sive nell’Eurozona. «Venendo meno la pos­si­bi­lità di espor­tare mas­sic­cia­mente in Cina – ragiona l’autore de E il denaro va (Bol­lati Borin­ghieri) e Dia­rio della crisi (Ombre Corte) — la Ger­ma­nia potrebbe avere inte­resse nel rilan­cio della domanda interna entrando così in una fase post-austeritaria”.

 

La Ger­ma­nia sof­fre da almeno un anno la crisi cinese, ma il suo governo non sem­bra inten­zio­nato a cam­biare impo­sta­zione. È uno sce­na­rio cre­di­bile?

In effetti ci con­fron­tiamo con un fana­ti­smo ordo­li­be­ri­sta sem­pre più poli­tico. La rigi­dità con la quale i tede­schi con­ti­nuano ad affron­tare la Gre­cia, osten­tando la loro ege­mo­nia, lascia in sospeso que­sta chance. Ma la situa­zione che è stata uffi­cia­liz­zata dalla Banca del popolo cinese (Bpc) è incom­pa­ti­bile con la rigi­dità di Schäu­ble. Con il venire meno della forza della Ger­ma­nia, cioè lo sbocco in Oriente, non vedo come potranno fun­zio­nare le sue poli­ti­che osses­si­va­mente auste­ri­ta­rie. Si potreb­bero addi­rit­tura imma­gi­nare le sue dimis­sioni o una crisi seria del governo.

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Alberto Bagnai: Perché l’Eurogruppo sta governando l’Europa?

vocidallestero

Perché l’Eurogruppo sta governando l’Europa?

di Alberto Bagnai

La farraginosa complicazione del diritto europeo fa sì che ben pochi tra i comuni cittadini siano consapevoli di quali siano le modalità di governo della UE, un’organizzazione che sta diventando sempre più  determinante per le nostre vite.  In questo quadro oscuro, può accadere che organismi informali prendano delle decisioni per le quali non hanno alcun potere e al di fuori di ogni certezza del diritto…e nessuno se ne accorga!  Sul suo blog Goofynomics, il prof. Alberto Bagnai analizza storia e origini dell’Eurogruppo,   quest’organo stravagante che paradossalmente (e non per caso) ha in mano la gestione della crisi dell’euro. Una lettura indispensabile

grecia eurogruppoSupponiamo che gli assessori alla finanza dei comuni di Manchester, Glasgow, Nottingham e Oxford si incontrino per caso in spiaggia a Bristol (Regno Unito). Decidono di prendere una birra insieme e durante questo incontro informale prendono un’altra, meno irrilevante, decisione: aumentare la vostra pressione fiscale. Sì, voglio dire proprio la vostra, anche se vivete a Londra, o Smarden, o Edimburgo, o dovunque nel Regno Unito …

Quali sarebbero le vostre reazioni il prossimo anno, una volta giunto il giorno felice di pagare le tasse? Suppongo che sareste contrariati. Ma, soprattutto, probabilmente vi porreste una  ovvia  domanda : “Chi o cosa mai al mondo ha dato a questa gente il diritto di aumentare la mia aliquota fiscale?”

La risposta è: nulla. Sono abbastanza sicuro che non c’è niente nella Costituzione inglese (o francese, o tedesca) che garantisce a una riunione informale di politici locali il diritto di aumentare le tasse a livello nazionale, o anche a livello locale. Una decisione del genere, se fosse applicata da una qualche autorità, provocherebbe subito una rivolta. Leggi tutto


Quarantotto: Scenario d'estate

orizzonte48

Scenario d'estate

Il moloch neoliberista globalizzato alle corde (ma da solo sul ring)

di Quarantotto

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            14401. L'approccio analitico, che ci fa affrontare un tema alla volta, pur cercando di evidenziarne le connessioni generali e specifiche, può essere talvolta fuorviante.

Proviamo allora a cogliere fenomenologicamente, per flash(es) essenziali lo scenario.

Questo approccio ci consente di meglio cogliere sia la tendenza "unificante" sia il livello di bis-linguaggio che domina l'informazione nel "blocco occidentale" (se pure questa definizione ha ancora un senso) e, soprattutto, in modo sempre più tragicomico, in Italia.

 

2. La prima cosa che risalta, sul piano globale, è che, da un lato, tutti si agitano sulla crisi dei BRICS, le vecchie locomotive post crisi sub-prime, che avrebbero tenuto a galla il mondo con la loro crescita e con l'afflusso di capitali (ora, al 50% già rifluiti verso un dollaro sempre più forte); ma, dall'altro, non si rinuncia a discutere della (altrettanto tragicomica) pantomima del rialzo dei tassi da parte della Fed.

Sul primo punto: è abbastanza evidente, ormai, dopo 7 anni di mancata uscita dell'eurozona dalla recessione e dalla stagnazione, per manifesta "austerità credibile", cioè "espansiva" (dei debiti pubblici), che non è il mondo emergente, i BRICS,  caratterizzati dall'essere esportatori (inter alios) di materie prime e di manufatti da fabbriche "delocalizzate", a tirare giù l'€uropa. E' vero piuttosto il contrario. Leggi tutto


Graziano Graziani: Lo hanno detto gli economisti!

minimamoralia

Lo hanno detto gli economisti!

di Graziano Graziani

zombieÈ un peccato che del post pubblicato sul suo blog da Stefano Feltri giovedì 13 agosto non sia rimasta traccia della versione originale, pubblicata il giorno prima. Il breve articolo in cui il vice direttore del Fatto Quotidiano prendeva posizione contro le facoltà umanistiche, tacciate di scarsa utilità e di spreco di risorse pubbliche, è stato successivamente corretto – cosa evidenziata da lui stesso in calce all’attuale versione – poiché riportava degli errori. E visto che il commento aveva suscitato un dibattito piuttosto vivace – tanto che l’autore ha sentito poi l’esigenza di tornare sull’argomento il giorno dopo – sembrava giusto correggerlo. E fin qui nulla di male: la rete consente di aggiornare le versioni dei propri scritti e se ci si avvale di questa facoltà onestamente (cioè segnalandolo) non c’è alcun problema.

Tuttavia la versione originale, forse perché scritta di getto, magari prestandoci poca attenzione perché destinata al pubblico disattento della settimana di Ferragosto, aveva qualcosa di illuminante per quanto riguarda le scorciatoie mentali con cui trattiamo certi temi. Il pensiero di Stefano Feltri lo si può desumere direttamente dai suoi articoli, ma per completezza ne faccio una sintesi (estrema): un laureato in ingegneria ha più possibilità di trovare lavoro di un laureato in lettere, a cinque anni dalla laurea guadagna di più e può permettersi più servizi. E fin qui l’acqua calda. La conclusione, poi, è la seguente: perché la collettività dovrebbe accollarsi i costi di facoltà che producono disoccupati? Lo studio delle lettere, ad esempio, è poco funzionale alla produzione di posti di lavoro: che lo finanziamo a fare?

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Marinella Correggia: Le tante guerre dei Clinton che generarono Daesh

sibialiria

Le tante guerre dei Clinton che generarono Daesh

Marinella Correggia

E’ come Mister Hide che dà del criminale a Jack lo squartatore. Il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati uniti, Jeb Bush, fratello di George W., ha attaccato la candidata democratica alla presidenza Hillary Clinton ritenendola corresponsabile della crescita del sedicente Stato islamico (Daesh) per la sua gestione del dossier iracheno quand’era segretaria di Stato del presidente Obama: la colpa di Obama-Clinton sarebbe stata di aver fatto partire le truppe statunitensi dall’Iraq, ignorando la minaccia Daesh.

In realtà, H. Clinton è piuttosto responsabile (con tanti altri) per aver appoggiato tre guerre che hanno praticamente generato Daesh e tutti i suoi alleati che stanno distruggendo Medioriente e Africa. Tre guerre, un triangolo infernale.

Iraq 2003. H. Clinton votò a favore della guerra di Bush. L’invasione portò alla crescita di gruppi jihadisti. Le prigioni statunitensi in Iraq, in particolare Camp Bucca,  furono la palestra nella quale jihadisti si conobbero, fecero proseliti e si organizzarono per le lotte future per il califfato.  

Libia 2011. Il tristo esultare della Clinton davanti al linciaggio e alla morte di Muammar Gheddafi, quel suo «we came, we saw, he died»  è solo la sguaiata punta dell’iceberg: dal febbraio 2011, in Libia, i paesi occidentali e del Golfo hanno collaborato dal cielo (bombardamenti Nato) e a terra (servizi segreti e corpi speciali) con i “ribelli” libici, fra i quali note forze qaediste.

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Fulvio Grimaldi: Migranti: molti piccioni con una fava (USA-UE-NATO)

mondocane

Migranti: molti piccioni con una fava (USA-UE-NATO)

Fulvio Grimaldi

All'origine -  e nessuno delle anime belle dell’integrazione (non ambita da nessuno) e del meticciato felice e dei piagnoni ipocriti che si stracciano le vesti sulla vera disperazione e sul vero maltrattamento dei migranti, a sinistra e destra, lo considera – c’è un’unica causa: le guerre militari ed economiche della cupola finanziaria e dei suoi tentacoli Usa, UE e Nato. E come deprecare l'allagamento della casa e assistere gli alluvionati senza pensare di chiudere il rubinetto e agevolare la volontà di ognuno di restare a casa sua, nella sua terra e cultura, tra la sua gente. Per prima cosa andrebbero denunziate e combattute le guerre dirette e di forze surrogate contro Stati sovrani ma disobbedienti all'Impero. Poi si dovrebbe evidenziare il doppio binario del sion-imperialismo: provocare migrazioni bibliche per sfoltire popolazioni e distruggere paesi e al tempo stesso cianciare di accoglienza e meticciato, con il bonus aggiuntivo Di riversarle sull'Europa, in particolare sulle sue componenti deboli, Grecia e Italia. Operazione finalizzata a destabilizzazione sociale, culturale, della coesione nazionale, di guerra tra poveri e scatafascio economico, a sfruttamento di lavoratori extracomunitari e di quelli autoctoni calmierati grazie ai primi e a intrecci politica-criminalità tipo mafia capitale.

Da quando, negli anni '40 e '50, la Cia ha promosso l'Unione Europea per togliere di mezzo gli Stati nazionali e le rispettive costituzioni democratiche (altrettanti scogli per la colonizzazione),sostituite da una bancocrazia non eletta e autocratica, sguattero Nato e pronta al TTIP, la strategia è di tenere sotto schiaffo un'Europa potenziale concorrente e deviante verso Est, indebolendola quanto basta a soffocarne bizze autonomiste.

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Sebastiano Isaia: Il mondo di Nessuno

sebastianoisaia

Il mondo di Nessuno

di Sebastiano Isaia

Amici, Nessuno mi vuol dominare!

Nel 2012 Charles Kupchan, uno studioso geopolitico di orientamento “realista”, pubblicò No One’s World (Un mondo di nessuno), l’ennesimo interessante saggio sui rapporti di forza tra le grandi nazioni e tra le grandi aeree geopolitiche e geoeconomiche del pianeta. Il libro è stato pubblicato in Italia con il titolo Nessuno controlla il mondo (Il Saggiatore, 2013). La tesi centrale del libro è che, finita la vecchia supremazia occidentale (tre secoli di dominio: prima di marca europea e poi di marca statunitense) ed emersi definitivamente i Paesi che un tempo appartenevano all’aria del sottosviluppo (Cina, India, Brasile, Sudafrica, ecc.), il mondo si avvia a diventare sempre più il teatro di un conflitto sistemico (economico, scientifico, tecnologico, culturale, militare) multipolare che non lascia prevedere il trionfo di una sola potenza, o di una sola macro-area geopolitica, ai danni delle altre. «L’Occidente ha certamente goduto di un lungo ed eccezionale periodo di predominio mondiale, ma questa supremazia si avvia al tramonto. Nel corso di questo nuovo secolo il potere sarà distribuito in modo più ampio su tutto il globo. Paesi che hanno vissuto a lungo all’ombra dell’egemonia occidentale si stanno trasformando in potenze di primo piano e si aspettano ora di esercitare un’influenza proporzionata al loro status». Le potenze con aspirazioni globali saranno dunque costrette a rispettarsi (leggi: temersi) e a cercare insieme, obtorto collo, punti di mediazione che possano accontentare gli interessi vitali di tutti gli attori in campo. In questo senso il mondo non è di nessuno in particolare.

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Domenico Moro: Il mal cinese si chiama capitalismo

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Il mal cinese si chiama capitalismo

di Domenico Moro

crisi opportunitaLa crisi borsistica della Cina e dei cosiddetti emergenti sta destando grande preoccupazione in Europa e negli Usa. Non si tratta di una crisi puramente finanziaria. Dietro il crollo delle borse c’è il calo maggiore in sei anni e mezzo dell’indice della produzione manifatturiera, il crollo dell’export del -7,3% nei primi sette mesi del 2015 rispetto all’anno scorso, e il drastico rallentamento della crescita del Pil della Cina, ormai la seconda economia del mondo di cui negli ultimi anni è stata la vera locomotiva.

Insomma, quella che si profila non è soltanto una possibile crisi della Cina, del Brasile e degli altri emergenti. Si sta profilando un rallentamento, se non una crisi, della globalizzazione e il rischio che si verifichi un secondo e più devastante secondo tempo della crisi iniziata nel 2007-2008, con lo scoppio della bolla dei mutui, che ebbe come epicentro gli Usa. Gli effetti della crisi dei mutui si estesero a tutto il centro più sviluppato dell’economia mondiale, oltre agli Usa, all’Europa occidentale e al Giappone. A distanza di otto anni non si è ancora verificata alcuna completa “recovery” in questa parte dell’economia mondiale. Nonostante i reiterati Quantitative easing, cioè l’immissione di massicce dosi di liquidità da parte delle banche centrali, nei casi migliori il tasso di crescita del Pil è ancora al di sotto di quello potenziale, e nei casi peggiori (in Italia e nella maggior parte dell’area euro) la crescita è nulla e il Pil reale rimane ancora al di sotto del livello del 2007. Leggi tutto


Sandro Vero: La logica circolare

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La logica circolare

di Sandro Vero

«[...] l'imperfezione dell'infinito dipende dal suo carattere incompiuto.L'infinito è ciò fuori del quale resta sempre qualcosa; in altri termini, è ciò che non è intero, che non ha compimento. L'infito è dunque per sua essenza privazione». (Andrea Sani)

Sguardo Marino1. L'infinito buono e l'infinito cattivo.

E' opinione diffusa che la Grecia classica aborrisse l'infinito, e ciò nonostante si trattasse di un tema molto presente nel suo pensiero. Secondo tale opinione lo aborriva fondamentalmente perché l'infinito appariva ai greci come imperfetto, squilibrato, portatore di caos. L'ápeiron, in realtà, non significa solo "infinito" ma anche "illimitato" o "indefinito", manifestandosi già in questo la grande estensione di senso che si genera intorno a quel concetto. Il riferimento, sia pure privativo, al limite è illuminante: la struttura etimologica non lascia scampo, la a- privativa ("non") segnalando la mancanza del carattere che più di ogni altro garantiva, nella cultura ellenica, la perfezione e l'armonia, vale a dire il limite, espresso nel péros (appunto: "limite").

Ciò che era in gioco sembrava, a conti fatti, la forma, di cui poteva essere dotata solo un'entità finita, cioè limitata, di contro a una qualsivoglia manifestazione di un concetto, quale quello di infinito, che per ciò stesso non poteva aspirare alla perfezione. Che per i Greci era sempre perfezione formale.

Quello che sembra certo è che una concezione negativa dell'infinito, apertamente avversa ad esso, fu quella dei pitagorici - dal cui pensiero germogliarono i paradossi zenoniani - sostenitori del fatto che: Leggi tutto


Lanfranco Binni: Il potere e la guerra

il ponte

Il potere e la guerra

di Lanfranco Binni

Cè una
            guerra in MaliLa nomina di una corrispondente di guerra di provata fede atlantica alla presidenza della Rai e il diktat emerito del «presidente ombra» Napolitano ad accelerare la concentrazione dei poteri nell’esecutivo hanno forse qualche relazione con la nuova fase della guerra nell’area siriano-irachena e in Libia? In Siria, la campagna terroristica-mediatica dell’Isis ha svolto efficacemente il suo ruolo di provocazione e disgregazione, preparando il terreno a un intervento degli Stati Uniti e della Nato, ed è tempo di raccogliere i frutti della semina. Resta da risolvere la questione dell’indipendentismo kurdo, ma a questo ci pensa la Turchia: la no-fly zone nel nord della Siria, stabilita di fatto dalla Turchia e dagli Stati Uniti senza perdere tempo con mediazioni Onu, dal 24 luglio serve a bombardare gli avamposti kurdi, in prima linea contro l’Isis, e a sviluppare l’attacco alle posizioni dell’esercito governativo siriano. Sul piano della diplomazia, l’abile proposta iraniano-siriana (6 agosto) di una soluzione politica del conflitto (cessate il fuoco e nuovo governo di unità nazionale in Siria), non dovrà essere raccolta, provenendo dal vero obiettivo della strategia statunitense e israeliana nell’intera area: l’Iran, fortemente impegnato sul campo nella lotta ai terroristi dell’Isis.

La dittatura militare in Egitto e la preparazione di un intervento diretto della Nato in Libia, usando la testa di ponte del governo filoccidentale di Tobruk, completano il quadro. Leggi tutto


Paolo Prodi: «Il guaio è che abbiamo smesso di pensare alla rivoluzione»

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«Il guaio è che abbiamo smesso di pensare alla rivoluzione»

Stefano Feltri intervista Paolo Prodi

Intervista  di Stefano Feltri a Paolo Prodi. «Se non c'è passato non c'è nemmeno futuro. E questo si traduce in una crisi visibile delle istituzioni democratiche: manca l'idea di progetto, il mutamento rimasto è quello delle tecnologie. Ma si cambia senza sapere dove si va». Il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2015 (m.p.r.)

In una politica europea piena di populisti, indignati, ribelli contro l’austerità, l’ultima persona da cui ti aspetteresti discorsi sulla rivoluzione è Paolo Prodi. A 83 anni il professor Prodi, fratello del Romano che è stato premier, è uno dei più autorevoli storici italiani, ha scritto coltissimi libri sul potere e la storia delle nostre istituzioni. Adesso manda in libreria un piccolo saggio dal titolo che incuriosisce: Il tramonto della rivoluzione, pubblicato ovviamente dal Mulino. 

 

Professor Prodi, cos'è una rivoluzione? 

I colpi di Stato non sono mai mancati, la lotta di chi non ha potere contro chi ha potere esiste dalle civiltà mesopotamiche. Ma non è la rivoluzione. Quello che ha distinto l'Occidente dalle altre civiltà è la capacità di progettare un modello sociale nuovo. Spesso con gli aspetti tragici della sommossa, certo, ma all'interno di una visione di sviluppo. 

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Davide Visigalli: Lo Stato sviluppista

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Lo Stato sviluppista

L’innovazione e la crescita tra pubblico e privato

Davide Visigalli

Spesso sentiamo parlare del ruolo importante dell’innovazione e della ricerca come stimolo alla crescita economica. Spesso ci sentiamo dire che un’adeguata spesa in R&S è fondamentale per resistere e uscire dalle crisi economiche. Spesso in questo contesto, è lo Stato che, con la sua “inefficiente” macchina burocratica e le sue decisioni politiche “corrotte” viene presentato come il problema.

Il recente libro della professoressa Mazzucato, Lo Stato innovatore, docente di Economia allo Science and Technology Policy Research dell’Università del Sussex (UK), sfata ben più di qualche luogo comune su questo argomento.

In quasi tutti i paesi del mondo stiamo assistendo a un arretramento dello Stato.

Con questa premessa, il libro dimostra come lo Stato sia storicamente sempre stato un attore indispensabile del processo innovativo:

Nell’innovazione, è cruciale che i finanziatori siano pazienti dato che la R&S è un processo altamente incerto e dai tempi molto lunghi.

In quasi tutte le innovazioni più radicali e rivoluzionarie che hanno alimentato il dinamismo dell’economia capitalista, dalle ferrovie alla Rete fino alle nanotecnologie e alla farmaceutica dei nostri giorni, gli investimenti più coraggiosi, precoci e costosi sono riconducibili allo Stato.

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Mario Seccareccia: La BCE e il tradimento della regola di Bagehot

economiaepolitica

La BCE e il tradimento della regola di Bagehot

di Mario Seccareccia

greece ecbSi è sollevato un gran dibattito mediatico intorno alla crisi greca, ma il ruolo della Banca Centrale Europea (BCE) è stato piuttosto sminuito. La BCE è stata spesso presentata come una distante istituzione al di sopra di ogni sospetto, il cui obiettivo principale è semplicemente quello di stabilizzare il sistema monetario e finanziario dell’eurozona, ed è stata infatti celebrata come la più “indipendente” tra le banche centrali. Tuttavia, sarebbe più corretto dire che la BCE è una banca centrale sovranazionale che si pone come autorità tecnocratica suprema che si presume agisca nel pubblico interesse senza, ci dicono, favorire alcun governo o gruppo di governi nazionali. La BCE dirige ex cathedra l’intera costellazione di banche centrali nazionali dell’eurozona all’interno di uno specifico framework politico, dove queste sono soltanto sue controllate nell’ambito del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC). Le banche centrali nazionali sono quindi “indipendenti” dai loro governi nazionali ma, allo stesso tempo, completamente dipendenti da un’autorità tecnocratica superiore e presumibilmente “neutrale” e “basata sulle regole”, la BCE, che dovrebbe attuare politiche con il fine di raggiungere gli obiettivi del suo mandato originario e, cioè, raggiungere la stabilità dei prezzi e il massimo livello di benessere all’interno dell’intera zona euro, senza pregiudizi o parzialità. Leggi tutto

tonino

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Sep 1, 2015, 3:52:39 AM9/1/15
to sante gorini

Francesco Raparelli: L'affondo

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L'affondo

di Francesco Raparelli

Riduzione del salario, fisco, carità: l'agenda neoliberale del governo Renzi. Il rapporto 2015 dell'Ocsel, l'osservatorio sulla contrattazione di secondo livello della CISL, ha censito 4.100 accordi siglati tra il 2009 e il 2014. Tanti. La lezione è semplice: non è vero che con la crisi si è fermata la contrattazione; è vero che si contratta diversamente. La contrattazione di secondo livello, neanche a dirlo, ha come obiettivo principale il contenimento o la riduzione del salario. Nel 2009, infatti, la contrattazione sugli aumenti salariali ricorreva nel 53% degli accordi, nel 2014 nel 13%. La CISL, lo stesso sindacato che paga ai suoi funzionari compensi superiori ai 300 mila euro l'anno (circa 25 mila euro al mese, poco meno di 1.000 euro al giorno), si compiace per il lavoro fatto. La CISL, esperimento riuscito di sindacato neoliberale, dalla parte dei più forti.

Tra i target autunnali delle imprese, conseguentemente di Renzi, c'è proprio la contrattazione. Ridurre al minimo quella nazionale, liberandola dai contenuti redistributivi; estendere al massimo quella aziendale. Spostando interamente – salvo i minimi (?) – la contrattazione salariale sul piano aziendale, il salario si trasforma in variabile dipendente dai risultati. Di più, si scambia salario con welfare aziendale: meno soldi ma il nido per i bimbi, tanto quello pubblico, distrutto dalla spending review, non sarà mai disponibile. Tutto torna.

E sarà proprio la spending review, di 10 miliardi quella prevista per il 2016, a favorire la nuova politica fiscale del governo: 35 miliardi di tagli nei prossimi 3 anni. Si comincerà dalla Tasi e dall'Imu agricola, si proverà a disinnescare l'aumento Iva previsto dalla clausola di salvaguardia, poi Irap (nel 2017) e Irpef (nel 2018). Leggi tutto


Paolo Caffoni: I fantasmi di Berlino

effimera

I fantasmi di Berlino

di Paolo Caffoni

Modulazioni della crisi in Europa. Da Berlino, un breve ed efficace commento di Paolo Caffoni: la politica estera tedesca ha come primo scopo quello di controllare la propria stessa popolazione? Il baluardo del welfare teutonico si fonda sulla retorica dei sacrifici che anche il resto dei paesi europei dovrebbero affrontare. Impressioni sul silenzio dell’elettorato di sinistra tedesco, tra senso di inferiorità culturale, memorie di un tremendo passato, paure ed ossessioni

*****

La prima considerazione che sicuramente va fatta, è che la questione greca non ha costituito fino a ora un fattore di attivazione politica per una grande fetta dell’elettorato di sinistra in Germania (fatemi passare il termine infelice). Il problema della crisi greca è lontano, i tedeschi non lo “sentono sulla pelle”. Se il movimento dei rifugiati è una realtà visibile che ha portato a una organizzazione trasversale e a una critica diffusa delle posizioni di governo, l’austerità è un concetto troppo astratto per gli abitanti del welfare tedesco, e con questo intendo quell’ambiguità fra tutela e controllo che abbiamo conosciuto come forma principale di governo nel XX secolo, e che in Germania sembra conservare ancora un baluardo del quale i cittadini ancora gongolano. Anche la propaganda dei giornali lavora molto per ridurre il conflitto greco-tedesco a una questione puramente economica, e in questo senso deresponsabilizza i tedeschi affermando “dalla riunificazione abbiamo ricostruito la nostra forza economia attraverso riforme e sacrifici (vedi riforme Hartz del mercato del lavoro), gli altri stati dell’Unione devono fare altrettanto”.

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Alessandra Daniele: Il Ministero delle Riforme Sceme

carmilla

Il Ministero delle Riforme Sceme

di Alessandra Daniele

Da quando esiste, il Ministero delle Riforme è stato utile quanto il famoso Ministry of Silly Walks dei Monty Python.

Le riforme italiane infatti sono sempre state concepite esattamente con la stessa logica di quelle camminate. Un passo avanti, due indietro, tre di lato, un saltello, una piroetta, un calcio, un inchino. Tortuose coreografie ridicole fatte per complicare le cose invece di semplificarle, creare problemi anziché risolverli.

L’unica cosa nella quale le riforme italiane si siano mai dimostrate efficienti è stata fottere i lavoratori.
In tutto questo le riforme renziano-boschive battono persino i precedenti record suini di Lega e PDL.
Diventata nazionalista per opportunismo, adesso la Lega preferisce dimenticare gli anni della devolution, anzi de-evolution. Anche il Senato renziano però è abbastanza involuto da poter essere stato davvero concepito dalla Boschi.

In autunno sulle camminate sceme del Cazzaro si preannuncia una battaglia all’ultimo sangue a colpi di generatori automatici di emendamenti, trappole per canguri, zombie del Nazareno, ricatti e trabocchetti.

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David Lifodi: Brasile: prove di golpe alla paraguayana

peacelink

Brasile: prove di golpe alla paraguayana

Contro Dilma c’è il rischio di un colpo di stato mediatico-giudiziario

David Lifodi

Lo scorso 31 luglio l’Instituto Lula di San Paolo è stato oggetto di un attentato dinamitardo, una sorta di ultimo avvertimento dell’ultradestra al Brasile democratico e popolare. Negli ultimi due mesi è cresciuta la campagna d’odio dell’oligarchia terrateniente e della borghesia verdeoro affinché si creino le condizioni per dichiarare l’impeachment contro Dilma Rousseff, screditare lei e l’ex presidente Lula, intenzionato a ricandidarsi alla guida del paese, e gettare il Brasile nel caos.

La marcia convocata dalle destre per il prossimo 16 agosto sotto l’ambigua denominazione “Movimento Brasile Libero”, aperta ufficialmente a tutti i cittadini che credono in una società più equa, libera e giusta,  rappresenta in realtà una vera e propria chiamata alle armi. “La guerra è cominciata” è lo slogan che circola maggiormente sui social network dell’estrema destra che, a corto di programmi e di una reale proposta politica, intende sfruttare al massimo il caso Petrobras e lo schema di corruzione che girava intorno all’ente petrolifero di stato per fare cassa a livello elettorale in occasione delle prossime presidenziali. È in questo contesto che tutto fa brodo, e allora si sfrutta l’arresto di José Dirceu, capo di gabinetto del primo governo Lula e peraltro ai domiciliari dal 2012 proprio per il caso Petrobras, per agitare un fantomatico impeachment contro la presidenta Dilma Roussef ed attaccare frontalmente Lula. Nel caso Petrobras e nell’operazione Lava Jato sono coinvolti i politici di tutti i principali schieramenti, ma i mezzi d’informazione hanno buon gioco nel gettare fango solo sul Partido dos Trabalhadores (Pt), che peraltro ha grosse responsabilità in questa situazione, se non altro per aver cercato di perseguire politiche di destra, la cui copia però non è ritenuta sufficiente dai veri conservatori, e così un giudice come Sergio Moro, astro nascente dell’oligarchia brasiliana, dopo Dirceu potrebbe  dichiarare in stato d’arresto anche Lula.

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Ferdinando Gueli: I flussi mondiali di investimenti

la citta
              futura

I flussi mondiali di investimenti

Un’istantanea del capitalismo contemporaneo

di Ferdinando Gueli

I dati del Rapporto annuale dell’UNCTAD sui flussi di investimenti diretti esteri ci forniscono un quadro che conferma le attuali dinamiche dei sistema capitalistico, nella sua fase di globalizzazione, che comporta anche un cambiamento degli equilibri geoeconomici e, quindi, geopolitici, con tutte le contraddizioni che ne possono emergere, ma anche un peso sempre più dominante ed incontrollato delle multinazionali. Rispetto a questi fenomeni appare velleitario e forse un po’ nostalgico il richiamo ad un multilateralismo sovranazionale che aveva svolto un ruolo sicuramente importante in una fase storica differente, oggi difficilmente ripetibile, almeno nel contesto attuale

f6e095e44349bba4e0775cb7dacd0d59 lIntroduzione

Il Rapporto annuale dell’UNCTAD “World Investment Report – WIR 2015” rappresenta un’utile istantanea delle attuali dinamiche del capitale mondiale. Il Rapporto non si occupa degli investimenti di portafoglio, cioè dei movimenti finanziari di natura speculativa, ma si concentra invece sui flussi internazionali di investimenti diretti esteri (IDE), cioè sostanzialmente sull’esportazione ed importazione di capitali nei vari paesi.

Da una lettura del Rapporto emergono alcuni dati interessanti che offrono spunti di riflessione dal punto di vista dell’analisi critica delle dinamiche del capitalismo contemporaneo.

Cominciamo con il dire che il volume globale di investimenti in entrata ha subito, nel 2014, una contrazione del 16% rispetto al 2013, attestandosi a 1.230 miliardi di dollari USA. Questo conferma sostanzialmente il quadro di crisi globale che, nonostante i proclami, gli annunci e le stime artificialmente ottimistiche diffuse dalle istituzioni economiche e finanziarie dominanti, non accenna a risolversi.

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Gianfranco La Grassa: Noioso ripetere, ma...obbligatorio (data l’ignoranza imperante)

conflitti e strategie 2

Noioso ripetere, ma...obbligatorio (data l’ignoranza imperante)

Gianfranco La Grassa

news
            2514911. Ancora pochi giorni fa, un amico (nemmeno proprio un semicolto, anche se, ahimé, legge “Micromega”, il concentrato della demenza di “sinistra”) mi ha contestato il fatto d’aver sostituito la lotta tra capitale e lavoro con la geopolitica. Bontà sua, mi ha risparmiato la “lotta di classe”, la lotta tra borghesia e proletariato. Tuttavia, non c’è un gran miglioramento, anzi! La “lotta di classe”, come idea intendo dire, è partita quasi due secoli fa, ha avuto poi un rigurgito un po’ nauseante (sempre come idea) con il ’68 del secolo scorso ed infine è finita in conflitto capitale/lavoro; in Italia, direi soprattutto dopo la sconfitta della “Classe Operaia” alla Fiat nel 1980.

La lotta di classe partiva da certe analisi di Marx – compiute nel suo “laboratorio” d’epoca, l’Inghilterra – che avevano un loro realismo, non avevano comunque proprio nulla dell’utopia. A metà ‘800 era appena terminata la prima “rivoluzione industriale” (grosso modo 1760-1840). Appena appena si cominciava ad intravvedere quella che verrà denominata impresa, che significa appunto iniziativa di un dato “soggetto” (non di un individuo). In definitiva, si indica una unità organizzativa attiva nella sfera economica; ma non necessariamente nel processo produttivo in senso stretto, di trasformazione di dati materiali in prodotti per soddisfare certe esigenze, trasformazione attuata in quelle che vengono più specificamente denominate fabbriche e che sono prese in considerazione da Marx quale struttura portante della società nel suo complesso. In base all’idea che per poter sopravvivere, ogni società (non solo quella capitalistica) deve produrre, nel senso di trasformare materiali forniti dalla natura in oggetti d’uso sociale; anche come mezzi di produzione per successivi processi trasformativi.

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Daniel Tanuro: Per un programma ecosocialista

communia

Per un programma ecosocialista

di Daniel Tanuro

Pubblichiamo la trascrizione (rivista e ridotta dall'autore) della relazione tenuta da Daniel Tanuro lo scorso 28 luglio al 32° campeggio internazionale anticapitalista, che ha avuto luogo in Belgio. La relazione è stata rivista anche sulla base degli interventi di quell'incontro, che hanno permesso all'autore di ritoccare e precisare il testo in alcuni punti

enchantement3Di fronte all’urgenza ecologica: progetto di società, programma, strategia

In Aprile, due equipe differenti di glaciologi statunitensi specialisti dell’Antartide sono arrivati – con metodi diversi, basati sull’osservazione - alla stessa conclusione: rispetto al riscaldamento climatico globale, una porzione della calotta glaciale ha cominciato a sciogliersi e questo scioglimento è irreversibile.

Anche se gli scienziati sono riluttanti a considerare le loro proiezioni certe al 100%, sono stati comunque categorici: “il punto di non ritorno è superato" hanno dichiarato nel corso di una conferenza stampa congiunta. Secondo loro, nulla può impedire un aumento del livello degli oceani di 1,2 metri nei prossimi 3-400 anni. Stimano sia molto probabile che il fenomeno porti alla destabilizzazione accelerata della zona adiacente, ciò che potrebbe causare un aumento supplementare del livello degli oceani di più di 3 metri.

 

La catastrofe silenziosa è in marcia

Le conseguenze sociali dell’aumento del livello degli oceani di una tale ampiezza non possono sfuggire a nessuno. Basta ricordare che 10 milioni di egiziani vivono ad un'altitudine inferiore al metro slm - così come 15 milioni di bengalesi, una trentina di milioni di cinesi e indiani, venti milioni di vietnamiti… senza contare tutte le grandi città costruite nelle zone costiere :Londra, New York, San Francisco…

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ilsimplicissimus: Syriza e Podemos: l’insostenibile limite della nuova sinistra

ilsimplicissimus

Syriza e Podemos: l’insostenibile limite della nuova sinistra

di ilsimplicissimus

“La lotta ci espone alla forma semplice del fallimento (l’assalto che non ha successo), mentre la vittoria ci espone alla sua più terribile forma: ci rendiamo conto che abbiamo vinto invano, che la nostra vittoria apre la strada alla ripetizione e alla restaurazione… Per una politica di emancipazione, il nemico che deve essere temuto maggiormente non è la repressione per mano dell’ordine stabilito. Esso è l’interiorizzazione del nichilismo e la crudeltà illimitata che può venire con la sua vuotezza” Così scriveva Alain Badiou in L’hypothèse communiste, del 2009, e a quanto sembra è stato miglior profeta di quanto non ci si potesse aspettare e augurare, visto ciò che è successo in Grecia e la progressiva perdita di terreno di Podemos dovuto sia a problemi interni che proprio ai fatti di Atene alle cui impossibili soluzioni Iglesias si è accodato: dopo l’exploit alle amministrative oggi i sondaggi lo danno terzo dopo la destra e i sedicenti socialisti alle politiche di novembre.

Il fatto è che il rinnovamento della sinistra è solo cominciato con Tsipras e con Iglesias, con Syriza e con Podemos, ma è rimasto in mezzo al guado: questi due movimenti hanno rinnovato il linguaggio, i riferimenti, l’organizzazione, la forma partito, i mezzi, le tattiche e la visione della sinistra spostandola dal concetto di classe a quello di popolo e di gruppo sociale, rinnovando la bussola secondo l’asse alto – basso, piuttosto che su quello destra -sinistra, ritornando al pragmatismo della vittoria ( qualche eco grottesca di quest’ultima pulsione si vede anche da noi). Soprattutto in varie forme essi si sono ricollegate con la gente, visto che non si potrebbe definire altrimenti il magma di singole individualità creato dall’egemonia liberista.

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Paolo Favilli: Le nostre parole e il mercato elettorale

manifesto

Le nostre parole e il mercato elettorale

Paolo Favilli

L’indeterminatezza della parola sinistra che consente al renzismo di rivendicarla deve spingerci a declinarla in modo nuovo: non siamo «più a sinistra», siamo «diversi»

Ai molti aspetti para­dos­sali che con­trad­di­stin­guono la sfera poli­tica in Ita­lia, pos­siamo aggiun­gere un altro para­dosso che riguarda diret­ta­mente l’oggetto su cui Norma Ran­geri ci ha invi­tato a discu­tere. Quanto più la «sini­stra» diventa inco­no­sci­bile nelle «cose» tanto più estende i suoi con­fini nelle «parole».

A «sini­stra del Pd» si stanno aprendo vastis­simi spazi per la «sini­stra». Con for­mu­la­zioni appena un po’ dif­fe­renti, frasi di tal genere ven­gono costan­te­mente ripe­tute anche sulle colonne di que­sto gior­nale. Lo si dice ormai da tanto tempo, ma lo stato di cose pre­sente ci prova in maniera dif­fi­cil­mente con­tro­ver­ti­bile quanto grande sia la dif­fe­renza tra affer­ma­zioni desi­de­ranti e realtà effet­tuale. Comun­que non è senza inte­resse chie­dersi quale sia il modo con cui è pos­si­bile inten­dere il ter­mine «sinistra».

Pro­ba­bil­mente la mag­gio­ranza di coloro che si sen­tono impe­gnati nella costru­zione della cosid­detta «casa comune» ritiene che la «sini­stra» in fieri, quella che dovrà occu­pare gli spazi lasciati liberi dal Pd, sia la sola legit­ti­mata all’uso di quel ter­mine. Ci sono però anche coloro che pen­sano ad un sog­getto poli­tico «a sini­stra» del Pd.

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Comidad: La Grecia riabilita il muro di Berlino

comidad

La Grecia riabilita il muro di Berlino

di Comidad

Il giornalista Giampaolo Pansa di recente ha rinnovato i suoi attacchi polemici contro l'ex segretario di Rifondazione Comunista, Fausto Bertinotti, definendolo ancora una volta il "parolaio rosso" ed accusandolo di aver affossato la sinistra facendo cadere per due volte i governi guidati da Romano Prodi. L'ex giornalista di "sinistra" adotta una tecnica polemica tipicamente di destra, anzi, da Neocon, senza preoccuparsi della coerenza delle accuse, ma gettando discredito da tutti i lati possibili. Chi faccia cadere due governi potrebbe essere legittimamente considerato uno che agisce per fare danni, ma non un "parolaio".

Le cronache raccontano le cose diversamente da come le ricostruisce Pansa. Se è vero che Bertinotti paragonò Prodi a Cardarelli, definito da Flaiano come il "più grande poeta morente", sta di fatto che a far mancare i voti in Parlamento a Prodi fu l'UDEUR di Clemente Mastella, allora ministro della Giustizia. Mastella fu spinto a tanto da due moventi noti e precisi. Il primo motivo era di cercare protezione contro un'inchiesta giudiziaria, ed il secondo era di sottrarsi all'accordo schiaccia-piccoli-partiti proposto al capo delle destre dall'allora segretario del PD, Veltroni. Il Buffone di Arcore, prima di quel ripescaggio veltroniano, era dato come politicamente morto, quindi è a Veltroni che spetta sicuramente l'onore di aver causato la caduta del secondo governo Prodi. Così la racconta persino Romano Prodi.

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Domenico Tambasco: L'insostenibile leggerezza dei tecnici

micromega

L'insostenibile leggerezza dei tecnici

di Domenico Tambasco

Viaggio nelle lande della tecnocrazia dove previsioni e raccomandazioni scientifiche di “esperti” senza volto, declamanti la flessibilità e la “moderazione salariale”, si affiancano a panorami sociali devastati dalla crescente disoccupazione e dal crollo della produttività. Colpa della mancata realizzazione delle “riforme strutturali” o, al contrario, della loro pervicace attuazione? La coscienza della fallibilità e dell’incertezza delle soluzioni tecniche calate dall’alto potrebbe – forse – smascherare l’insostenibile leggerezza dei tecnici

imf lavoro tambasco
              510“Houston abbiamo un problema”: ovvero dell’ultimo rapporto del Fondo Monetario Internazionale

Nel cuore di una torrida estate ha fatto scalpore l’ultimo rapporto periodico del Fondo Monetario Internazionale sull’Eurozona in cui, alla voce “Italia”[1], si punta il dito sull’elevato livello di disoccupazione che da tempo ha ormai superato il 12% (e che potrà essere riportato ai livelli pre-crisi solo tra vent’anni), con un 60% dei disoccupati privi di lavoro per almeno un anno ed il correlativo elevato rischio di dispersione del “capitale umano”, di incremento nella disuguaglianza dei redditi e, in definitiva, con un sensibile aumento del pericolo di cadere in nuove sacche di povertà[2]. A tale fosco quadro fa da cornice una produttività stagnante da circa quindici anni, frutto anche di un mercato del lavoro frammentato e poco flessibile, in cui i costi del lavoro incidono negativamente[3]. Sebbene in prospettiva l’intervento operato dal Jobs Act appaia idoneo ad incidere sulla storica rigidità del mercato del lavoro italiano, ancora altri passi devono essere fatti dall’Italia sulla strada della riduzione del costi del lavoro e dell’aumento della flessibilità, attraverso l’introduzione ed il potenziamento della contrattazione decentrata e l’incremento della qualità del “capitale umano” per mezzo della riforma del sistema di istruzione[4]. Leggi tutto


Marino Badiale, Fabrizio Tringali: Le dure repliche della storia

badialetringali

Le dure repliche della storia

Marino Badiale, Fabrizio Tringali

Syriza bandiere 0Come era prevedibile aspettarsi, l'esito infausto della vicenda greca sta cambiando qualcosa, nelle riflessioni interne al variegato mondo “antisistemico”, che è costretto a confrontarsi con quelle che, in altro contesto, Bobbio chiamò “le dure repliche della storia”.

Finalmente una parte di quel mondo sta accettando una delle nostre tesi di fondo: cioè il fatto che mettere sul tavolo l'uscita dall'euro, almeno come “piano B”, è una condizione necessaria (anche se, come abbiamo ripetuto molte volte, non sufficiente) per qualsiasi programma politico di contrasto ai ceti dominanti nazionali e internazionali.

Ci sembra importante segnalare le sempre maggiori aperture che si stanno registrando in questo mondo, perché anche di qui passa la necessaria costruzione di un soggetto politico realmente antagonistico all'attuale organizzazione sociale.

Senza nessuna pretesa di esaustività, indichiamo alcune prese di posizione succedutesi dopo la sconfitta di Syriza (qualcuna l'avevamo già segnalata in post precedenti).

 

Riccardo Achilli prende una posizione netta a favore della nascita di “una sinistra nazionale, che mette l'uscita dall'euro al centro della sua proposta, e lo smantellamento della sovrastruttura comunitaria, che deve essere considerata un nemico, non un interlocutore.” Leggi tutto


Norbert Trenkle: Il lavoro ai tempi del capitale fittizio

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Il lavoro ai tempi del capitale fittizio

di Norbert Trenkle

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Che la produzione sociale, nella società capitalista, prenda la forma della produzione di merci, è opinione largamente condivisa. E' questo il motivo per cui Marx considera la merce come la "forma elementare" della ricchezza capitalista, e la sceglie come punto di partenza analitico per la sua critica dell'economia politica. La teoria economica non ha alcuna idea di cosa farsene di un tale approccio teorico. Essa tratta il concetto per cui le persone mediano la loro socialità attraverso la produzione e lo scambio di merci come se fosse un truismo antropologico. Non considera mai un essere umano come qualcosa di diverso da un potenziale produttore privato che fabbrica cose per poi poterle scambiare con altri produttori privati, avendo sempre ben presente in mente i propri particolari interessi. La differenza fra produzione di ricchezza nella società capitalista moderna e produzione di ricchezza nelle comunità tradizionali viene quindi considerata come una mera differenza di grado, con la puntualizzazione per cui sotto il capitalismo la divisione sociale del lavoro è di gran lunga più sviluppata, a causa dei progressi tecnologici e che le persone diventano più produttive nella misura in cui divengono più specializzate.

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