
Il
presidente Mattarella si è reso responsabile di una grave
crisi istituzionale, pur di non accettare come Ministro
dell’economia Paolo Savona, considerato “euroscettico” e
dunque non compatibile con i diktat dell’Unione Europea.
Mattarella ha ammesso di non aver accettato Savona perché sgradito “ai mercati”, temendo “un segnale di allarme o di fiducia per i mercati”. La volontà dei mercati ha prevalso su quella dei cittadini.
Piegandosi ai diktat della Bce e del Fmi, Mattarella dà l’incarico a Cottarelli, diretto rappresentante dei poteri forti della finanza e noto “tagliatore di teste” del FMI, ex strapagato plenipotenziario per la spending review.
Un governo “tecnico” che si dà la priorità, dichiara Cottarelli, “Di far quadrare i conti”. Una replica del Governo Monti, che per far quadrare i conti ha aumentato l’età pensionabile, precarizzato il lavoro, tagliato i servizi pubblici.
Non ci interessa sapere se Salvini volesse davvero fare questo governo o no, nemmeno il dibattito su un eventuale impeachment di Mattarella: quello che è inaccettabile è la motivazione della sua scelta. Dire che si rifiuta la nomina di un ministro perché ha una visione della politica monetaria diverse da quelle della UE è inaccettabile. Così come è inaccettabile il ricatto dello spread, che la sovranità sia dei “mercati” e non del popolo che vota.
In questo modo il presidente Mattarella ha portato un attacco diretto alla democrazia ed alla Costituzione del nostro paese, facendo una scelta politica in continuità con lo sciagurato interventismo dell’ex presidente Giorgio Napolitano.
Nella sua rassegna stampa di oggi, il sito Eurointelligence, diretto dall’editorialista del Financial Times Wolgang Munchau, commenta la decisione di Mattarella di porre il veto sul governo “populista” che stava per formarsi come un avvenimento molto grave e denso di conseguenze forse impreviste. Non era infatti mai accaduto nella storia delle democrazie europee che un presidente impedisse la formazione di un governo dotato di una solida maggioranza parlamentare. Il risultato sarà sicuramente una sfiducia diffusa del popolo italiano nel sistema democratico del proprio paese, e per alcuni aspetti appare una riedizione della miopia politica che portò alla tragedia di Weimar, ma questa volta sotto forma di farsa
Nelle ultime dodici ore ha
continuato a girarci nella mente l’idea che la storia si
ripete, prima come tragedia poi come farsa. Il presidente
Sergio Mattarella ha deciso di staccare la spina al governo 5
Stelle/Lega. La ragione
apparente è stata la sua obiezione a Paolo Savona come
ministro delle finanze, viste le sue opinioni scettiche
sull’eurozona. Il suo veto
su Savona ha provocato l’immediata decisione di Giuseppe Conte
di rimettere il suo mandato alla formazione del governo. Il
risultato sarà
di inasprire il popolo italiano con una sensazione di sfiducia
nel gioco democratico.
Il veto di Mattarella porterà quindi a nuove elezioni, probabilmente nella seconda metà dell’anno. Ma, a differenza delle ultime elezioni, queste saranno di fatto un referendum sull’appartenenza dell’Italia all’euro, date le ragioni per cui questo governo non è riuscito a formarsi. Nel frattempo, Mattarella ha deciso di dare l’incarico di Presidente del consiglio a Carlo Cottarelli, ex membro del FMI, per calmare i mercati. Cottarelli è un tecnocrate alla Mario Monti, mai eletto. Ma, a differenza di Monti, non avrà nemmeno una maggioranza parlamentare alle spalle.
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Le dimissioni di Conte, presidente incaricato proposto dalla coalizione M5S-Lega, e il conferimento dell’incarico per la formazione del nuovo governo a Cottarelli segnano, nel braccio di ferro tra uso politico della presidenza della repubblica e uso populistico delle elezioni, una nuova fase, concitata e drammatica, della crisi politica e istituzionale italiana determinata dai risultati elettorali del 4 marzo scorso. Tuttavia, anche se la vicenda offre una ricca materia agli specialisti del diritto costituzionale, sarebbe miope pensare che la questione riguardi soltanto la corretta interpretazione delle prerogative del presidente della repubblica e la corretta applicazione delle regole e delle procedure previste dalla Carta - questione in sé astrattamente scolastica e formale -, poiché essa riguarda, in realtà, un conflitto verticale di volontà politiche e di interessi economici tra blocchi sociali contrapposti. Schematizzando, si tratta dello scontro fra la grande borghesia europeista e la piccola borghesia anti-unionista: scontro furibondo come non mai e perciò aperto ai colpi più duri che si possano sferrare dall’una e dall’altra parte.
No, no, non stiamo parlando del Bridge, ma del
così detto “gioco democratico”, vale a dire la democrazia
borghese.
E’ una specie di “teresina”, solo che la borghesia gioca a carte coperte e “bluffa”, le/gli oppresse/i le carte le devono avere scoperte, sennò il gioco non vale.
Il gioco democratico attualmente si basa sul suffragio universale
Il principio di suffragio universale è correlato alle idee di volontà generale e di rappresentanza politica promosse da Jean-Jacques Rousseau :in base a questi principi, si elabora l’assunto per il quale la rappresentanza politica trova legittimazione nella propria volontarietà.
I cittadini/e, nei moderni Stati democratici, sono alla base del sistema politico e col suffragio universale viene eletto l’organo legislativo di uno Stato; nelle repubbliche presidenziali, ciò avviene anche per l’elezione del Capo dello Stato.
Il principio del suffragio universale maschile è stato introdotto per la prima volta durante la rivoluzione francese da un “comitato di salute pubblica”
In Italia il primo suffragio universale maschile è del 1912 e noi donne abbiamo votato per la prima volta il 2 giugno del 1946, quando ebbe luogo il referendum per scegliere fra monarchia o repubblica.
Le elettrici e gli elettori quindi, dovrebbero votare i loro rappresentanti, mandare in Parlamento chiunque secondo loro possa fare i loro interessi.
Nel
tentativo di salvaguardare il rispetto dei vincoli europei da
parte dell’Italia ieri sera Mattarella ha
fatto un favore enorme tanto a Salvini quanto a Di Maio,
traendoli d’impaccio e regalando loro un capitale politico
che, se non sono stupidi (e,
ahinoi, non lo sono), potranno agevolmente incassare di qui a
qualche mese, quando il paese sarà nuovamente chiamato alle
urne. E quando il
frame entro cui si giocherà la partita elettorale sarà quello
dello scontro verticale (ovviamente fittizio) tra popolo ed
élite,
tra sovranità democratica e diktat europei, con buona pace di
quanti vorrebbero ricondurlo sull’asse orizzontale
centrodestra vs
centrosinistra. Scampati alla prova dei fatti ai due ora non
resterà da far altro che cannibalizzare ciò che resta del
blocco europeista
già in via di sfaldamento. Sinceramente le ricostruzioni
dietrologiche che in queste ore riempiono le pagine dei
giornali ci appassionano poco,
così come il fatto che Salvini sia riuscito ad imporre o meno
ai cinque stelle la sua linea oltranzista, o il clamore
suscitato dal curriculum
di Conte, oppure dall’insistenza nel voler affidare ad un
keynesiano di destra il ministero dell’economia. Quello su cui
dovremmo
interrogarci è invece perché un moderato di 82 anni sia
improvvisamente assurto a feticcio dello scontro contro
l’Europa dei
Trattati nell’assoluta latitanza della sinistra di classe.
Infatti, se c’è una cosa che emerge con estrema chiarezza da
tutta
questa vicenda, è che la vera natura dell’Unione Europea si
sta finalmente imponendo come questione centrale nel dibattito
pubblico senza
che vi sia una forza di classe che abbia la stazza o
l’autorevolezza per far sentire autonomamente la propria voce
in merito, per indicare un
proprio punto di vista.
Gli
italiani questa mattina si svegliano e “scoprono”
che qualcuno attenta alla Costituzione. Fanno male, perché
l’attentato dura da vent’anni, non da stamattina (ben
svegliati,
tesori!), ed ha visto perfino un tentativo sistematico di
azzerarla da parte del PD, per fortuna bocciato da un
referendum popolare.
Stamattina leggo di continuo deliranti richieste di “impeachment” di Mattarella, che mostrano come ormai la gente creda di vivere ad Hollywood, visto che una legge per farlo in Italia, semplicemente, non esiste (la messa in stato d’accusa per alto tradimento è altra cosa, e solo un idiota può sostenere che si applichi al caso presente).
Nel 2006 Silvio Berlusconi, per salvare i suoi compagni di
merende presenti o futuri, in una delle sue tante leggi “ad
personam” (che
mica per caso i presidenti della Repubblica hanno firmato
tutte senza mai fiatare!) modificò il codice penale,
stabilendo che l’attentato
alla costituzione fosse
punibile solo a patto
che avvenga “CON ATTI VIOLENTI”.
Mattarella non ha compiuto nessunissimo atto violento, QUINDI non è imputabile. Punto. Quando si invoca la Legge, il nostro primo dovere è conoscerla! Invocare l’applicazione di leggi che non esistono, è eversione della Legge, non sua difesa!
Aggiungiamo, a questo, un secondo falso mediatico: il Presidente della Repubblica non ha affatto nessun presunto “obbligo” (di cui invece leggo di continuo) di nominare un ministro. E’ prassi formale che egli non rifiuti mai, se non per motivi gravissimi (ma esistono precedenti su questo, uno dei quali riguarda Previti).
Sul web, in queste ore, è tutto un
discettare sulla costituzionalità del
comportamento di Mattarella. Cerchiamo di chiarire almeno
parzialmente la questione. Gli articoli coinvolti sono
l’articolo 92 e
l’articolo 47
L’articolo 47 recita così
“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.
Possiamo dire che Mattarella a questo proposito abbia tutelato il risparmio? No, perché per farlo in questa forma Mattarella dovrebbe avere capacità previsionali che non ha e non può avere. Inoltre, se volesse garantire il risparmio da tutti i possibili rischi, la controfirma ministeriale a tutte le finanziarie sarebbe stato un processo oltre modo lungo e difficile, ma così non è stato. Perciò possiamo inferire che l’intenzione del Presidente della Repubblica, in questo senso, non sia del tutto trasparente.
L’articolo 92 recita così:
“Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”.
Che senso hanno in questo contesto i termini “nomina” e “proposta”? Costantino Mortati, in quanto relatore all’epoca diceva:
Nel suo romanzo Saggio sulla lucidità,
Saramago racconta la storia di una città nella quale si
svolgono le elezioni politiche. Il risultato è sorprendente:
ben il 73% dei votanti ha imbucato una scheda bianca. Le
elezioni si ripetono: le
schede bianche aumentano ancora. In un crescendo di
repressione e intimidazione, le istituzioni provano a
convincere gli elettori della città a
scendere a più miti consigli. Un romanzo, dicevamo; frutto
della fantasia dello scrittore portoghese. Eppure, quel che
sta avvenendo in queste
ore in Italia non è molto diverso.
Sia chiaro: in tempi normali, dovremmo essere tutti contenti di aver evitato un governo di razzisti e finti anti-europeisti. Eppure quel che è accaduto nel tardo pomeriggio al Quirinale è profondamente inquietante. Allo stesso tempo, i fatti che si sono svolti oggi aiutano a mettere in evidenza la natura fortemente antidemocratica e antipopolare che si nasconde dietro la retorica dell’integrazione europea.
Un breve riassunto della serata di ieri: Giuseppe Conte, indicato da Lega e Movimento 5 Stelle come Presidente del Consiglio, è salito al Quirinale per conferire col Presidente della Repubblica, per comunicargli l’esito delle consultazioni e per presentargli la lista dei ministri. Già da diversi giorni si rincorrevano voci riguardanti la casella fondamentale di tale lista, quella legata al Ministro dell’Economia. Il Movimento 5 Stelle e la Lega avevano indicato Paolo Savona, già Ministro dell’industria durante il Governo Ciampi (1993-94).
Ora tutto è chiaro, davanti agli
occhi, senza veli ideologici che possano mascherare
la realtà.
Il metodo della democrazia parlamentare, vanto e giustificazione dell’aggressività occidentale contro il resto del mondo, non è più funzionale alle esigenze del grande capitale multinazionale. E quindi va “superata”.
La decisione di Sergio Mattarella – impedire l’insediamento di un governo non pienamente controllato dalla Troika e assegnare l’incarico a Carlo “mani di forbice” Cottarelli, uomo del Fondo Monetario Internazionale, troppo estremo perfino per Matteo Renzi. come commissario alla spending review – segna uno spartiacque irreversibile con la tradizione repubblicana, italiana ed europea.
La Costituzione italiana nata dalla Resistenza viene ridotta al solo comma dell’art. 81 (“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio”), introdotto a forza su pressione dell’Unione Europea e votato senza discussione da tutti i partiti esistenti all’epoca del governo già para-golpista di Mario Monti. Il resto non conta più nulla; non è esigibile se sballa il pareggio di bilancio.
Lo ha spiegato lo stesso Mattarella con insolita chiarezza: “La designazione del ministro dell’economia costituisce sempre un messaggio immediato per gli operatori economici e finanziari, ho chiesto per quel ministero l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, che […] non sia visto come sostenitore di linee che potrebbe provocare la fuoriuscita dell’italia dall’euro”.
Quello che è accaduto con il rifiuto del
presidente Sergio Mattarella di accettare la designazione di
Paolo Savona
come ministro dell’economia, e la conseguente rinuncia di
Giuseppe Conte a formare il governo, apre una crisi dagli
sviluppi imprevedibili, che
forse il presidente della Repubblica non ha valutato appieno e
da cui non può venire nulla di buono per il paese e per i suoi
cittadini.
Una premessa, che serve ad attirarmi le critiche sia da una parte che dall’altra, cosa in cui posso vantare una certa abilità. Consideravo il governo gialloverde una jattura, visti i suoi propositi. Un “governo del cambiamento” che avrebbe esordito con un condono fiscale (oltretutto, entrata una tantum per finanziare una riduzione di entrate permanente) offriva già un biglietto da visita particolarmente contraddittorio e indigesto. Ma poi, una riforma fiscale che avrebbe avvantaggiato i più benestanti e ancor di più i più ricchi; una riforma della Fornero su misura per gli elettori leghisti del nord, visto che al sud “quota 100” la raggiunge al massimo un piccolo numero di dipendenti pubblici; le posizioni sui migranti; una impostazione di politica economica di sapore liberista nonostante alcune misure in controtendenza. Questo e altro lo rendevano molto lontano da chi abbia un orientamento di sinistra.
E però, dopo le elezioni 5S e Lega avevano trovato un accordo per formare un governo e disponevano della maggioranza parlamentare per appoggiarlo. In democrazia questo basta, a meno di esplicita volontà di tale maggioranza di voler mettere in questione la Costituzione, nel qual caso il capo dello Stato, che ne è il garante, avrebbe il diritto-dovere di rifiutare l’incarico. Ma non è questo il caso, e infatti nel suo discorso Mattarella non ha detto nulla del genere.
Il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio
Mattarella, ha oggi chiuso una lunga crisi istituzionale con
una decisione
drastica che fa fare alla crisi politica italiana un salto di
qualità di enormi proporzioni.
È davvero difficile immaginare come la crisi istituzionale evolverà: probabilmente avremo un presidente del consiglio incaricato del tutto privo di legittimazione elettorale, direttamente designato dal Presidente della Repubblica con la quasi certezza che non potrà avere i necessari voti di fiducia; quindi questi, dopo rituali consultazioni e il probabile appoggio del PD e FI (magari di LeU), formerà la sua lista dei ministri e probabilmente giurerà. A questo punto un governo senza appoggio politico adeguato in Parlamento (un “governo di minoranza”, si dice, ma senza l’astensione delle altre forze) andrà a chiedere la fiducia e non la otterrà. Il Presidente potrebbe o dovrebbe nominare un altro presidente per verificare se c’è un’altra maggioranza, ma lui sa già che non c’è. Dunque lo farà entrare in esercizio e si riserverà di sciogliere le camere, io credo.
Di qui il terreno si farà ancora più scivoloso, perché un governo senza alcuna legittimazione elettorale, di minoranza, ma contro una maggioranza politica alla quale è stato impedito di esprimere un suo governo, si troverà a prendere decisioni di grandissimo momento in Europa e in Italia. Proverà, magari, ad arrivare alla legge finanziaria di fine anno, quindi non sciogliendo un Parlamento ostile che gli boccerà aspramente tutte le leggi che passano. Questo governo si esprimerà solo attraverso decretazioni di urgenza.
Ma la crisi politica è più grave della crisi istituzionale.
Ubbidendo alla Troika (
UE, BCE, FMI) e ai suoi referenti italiani il Presidente
della Repubblica Sergio Mattarella ha ufficialmente fatto
entrare l'Italia nei paesi senza una vera democrazia.
Rifiutando di dare l'incarico a Savona
per le sue, per altro moderatissime, critiche verso l'euro,
Mattarella ha reso chiaro che il popolo italiano, come quello
greco e come tanti altri
popoli europei, non è libero.
La dittatura finanziaria bancaria della UE, che Draghi ha definito il pilota automatico, è intervenuta. Il governo e il potere tedesco, anche con la loro stampa razzista, si sono mossi contro l'Italia e Mattarella ha pronunciato le parole che suonano come de profumdis per la nostra Costituzione democratica, sociale, antifascista. Nel nome del risparmio degli italiani ha fatto saltare un governo che avrebbe riscosso la fiducia della maggioranza del Parlamento. Parlando da presidente aggiunto della Banca Centrale Europea Mattarella ha messo sotto scacco il parlamento, trasportando la democrazia italiana in sabbie mobili mai raggiunte nella sua storia.
Neppure Napolitano era arrivato a tanto, avendo sempre ottenuto con le sue pressioni il consenso delle Camere. Ora il timido Mattarella ci porta dentro un golpe bianco.
L’articolo 92 della Costituzione
garantisce al Presidente della Repubblica la
possibilità di rifiutare la nomina di un ministro proposto dal
Presidente del Consiglio incaricato. Ma il margine di
discrezionalità di
cui può avvalersi il Presidente della Repubblica è stabilito
con precisione dagli articoli 54 e 95.
Quest’ultimo stabilisce che chiunque sia nominato ad una carica pubblica deve adempiere il suo mandato con disciplina ed onore. Il Presidente della Repubblica può perciò obiettare alla nomina di un ministro che gli sia stata proposta dal Presidente incaricato se rileva nei comportamenti passati del candidato qualcosa che confligge con l’onorabilità. Nessun rilievo del genere è stato avanzato dal Presidente della Repubblica nei confronti del professor Savona.
Quanto alla disciplina il titolare della unità dell’indirizzo politico del Governo è solo il Presidente del Consiglio come inderogabilmente stabilito dall’articolo 54. Esula perciò dai poteri del Presidente della Repubblica sindacare sulle opinioni politiche dei candidati ai singoli ministeri. Nel caso del professor Savona il presidente Mattarella ha invece fatto esplicito riferimento alle opinioni di Savona riguardanti la possibilità di fuoriuscita dall’euro.
Mattarella, in un discorso
storico, ha chiarito la gerarchia delle fonti di potere
sovrano che vanno rispettate nella scelta del governo:
l’euro, le agenzie di rating e la
finanza globale. Il resto, dalla sovranità popolare e ai
partiti, è subordinato. Mai un presidente aveva parlato così
chiaro
sulla gerarchia della sovranità della moneta continentale
rispetto alle stesse scelte emerse dal voto prima e dal
dibattito tra le forze
politiche poi. Una situazione grave ed esplosiva dove i
poteri forti, cioè quelli reali, hanno gettato la maschera e
hanno ridisegnato i
fondamenti stessi della democrazia.
* * * *
Vogliamo essere chiari fin da subito. La nostra simpatia politica non si sposta di un millimetro a favore nè del presidente della repubblica nè della coalizione gialloverde che ha provato a formare il governo. Tantomeno ci schieriamo con fantasiosi interpreti della Costituzione, che si spingerebbero anche a dare poteri quasi dittatoriali a Mattarella, oppure con quei teorici del voto che darebbero mano libera a chiunque ottiene una maggioranza.
La Costituzione italiana, il cui valore è stato confermato nel referendum del 2016, è una costituzione rigida. In omaggio alle grandi crisi degli anni ‘30, tra cui Weimar, non tutto è costituzionalmente ammesso come ad esempio, notoriamente, la ricostituzione del partito fascista. E neanche sono ammessi comportamenti di partiti, anche legittimati dal voto, che cerchino di forzare le prerogative del custode della Costituzione.
Con il
rifiuto opposto alla nascita del governo giallo-verde da parte
del Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella, la grave crisi sociale e politica diventa una
devastante crisi istituzionale. Per la prima volta nella
storia della repubblica, egli ha
impedito che il Parlamento eleggesse il suo governo.
Non c’è dubbio che con il suo veto, egli ha brutalmente travalicato le prerogative che gli assegna la Costituzione, per questo riteniamo che il Parlamento possa e debba avviare la procedura per la sua rimozione.
Con il discorso pronunciato questa sera Mattarella ha gettato la maschera. Anche in questo caso violando la sua funzione istituzionale super partes, ha svolto un discorso tutto politico, dimostrando che egli non è il difensore della Costituzione e della sovranità popolare e democratica; si è posto in modo sfrontato, in stile presidenzialista, come garante delle oligarchie eurotedesche, della grande finanza predatoria e della dittatura dello spread.
Siccome, a meno di un vero e proprio golpe, nuove elezioni sono inevitabili, Mattarella non ha esitato a porsi come il capo politico del fronte eurocratico, indicando quale sarà la strategia dell’élite: guerra totale alle forze della sovranità popolare, terrorismo psicologico contro cittadini, richiesta ai “mercati” di strangolare l’Italia, senza escludere la catastrofe del Paese. Funzionale a questo disegno disfattista è l’incarico che Mattarella vuole dare a Cottarelli, cane da guardia dell’oligarchia, di formare il governo da qui alle elezioni. Altro che “governo di garanzia democratica”! Sarebbe un atto gravissimo e inaccettabile.
Con una telefonata a Fabio Fazio il leader del M5s conferma che i vertici del M5s stavano ragionando della messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica: "Prima attiviamo l’articolo 90 e poi si va alle urne, perché bisogna parlamentarizzare questa crisi". Parla di messa in stato d'accusa del capo dello Stato anche Giorgia Meloni, mentre Matteo Salvini attacca il Colle: "Non siamo un Paese libero". A difendere il presidente solo il Pd e - forse per la prima volta in vita sua - Berlusconi
Quella più evocativa
era l’unica senza virgolettato. Ma
ci ha pensato Luigi Di Maio a parlare
apertamente di impeachment per Sergio
Mattarella. Il
capo politico del Movimento 5 stelle
è intervenuto telefonicamente a Che tempo che fa per
essere
intervistato da Fabio Fazio e dire: “Se
andiamo al voto e vinciamo poi torniamo al Quirinale
e ci dicono che
non possiamo andare al governo. Per questo dico che bisogna
mettere in Stato di accusa il Presidente.
Bisogna
parlamentarizzare tutto anche per evitare
reazioni della popolazione“. Quindi è vero che i
vertici del
Movimento stavano ragionando in queste ore sull’ipotesi di
impeachment a Sergio Mattarella. “Prima
attiviamo
l’articolo 90 e poi si va al voto, perché bisogna
parlamentarizzare questa crisi”, ha spiegato su Rai Uno quello
che è il
leader della prima forza politica del Paese. Una richiesta che
non ha precedenti. Come non ha probabilmente precendenti
questa crisi politica.
Con un colpo di mano che si andava
profilando già da ieri, il Quirinale ha
ufficialmente bloccato la nascita del nuovo governo M5S/Lega
perchè il posizionamento eurocritico del ministro
dell’economia proposto,
Paolo Savona, è incompatibile con i diktat della Commissione
europea e i desiderata dei mercati finanziari. Lo stesso
Presidente Mattarella che
ha stoppato il nuovo esecutivo, ha già dato mandato ad unnoto
“tagliatore di teste” del Fmi come Cottarelli (lo strapagato
plenipotenziario per la spending review). Cottarelli è un
personaggio sicuramente gradito ai banchieri, agli oligarchi
di Bruxelles e,
paradossalmente anche al M5S di cui oggi cammina sulle ceneri.
Al di là dei soggetti destinatari di questo colpo di mano da
parte del Quirinale
per conto delle istituzioni europee, soprattutto della
Germania, quanto è accaduto è di una assoluta gravità. guai a
sottovalutarlo. La gabbia europea si è chiusa di nuovo, ma
dentro questa volta c’è un paese ed una popolazione, i nostri,
in cui
ormai solo il 39% aveva fiducia nella Ue. Dopo i fatti di oggi
è un consenso destinato a diminuire vertiginosamente – e
legittimamente.
Vogliamo regalare tutto questo al M5S e alla Lega o nella
sinistra popolare si comincia a battere qualche colpo?
Giuseppe Conte ha rimesso il mandato
esplorativo dopo il veto di Mattarella sul nome di Paolo
Savona come ministro
dell’economia. È chiaro che ormai viviamo in un paese in cui
la sovranità popolare è stata sospesa.
Questo insulto alla volontà dei cittadini non rimarrà senza conseguenze. E la colpa è tutta di chi ha pensato che invece di ascoltare lo scontento della popolazione bisognasse metterlo a tacere.
A prescindere dall’appoggio politico ad un governo che non ci ha mai convinto, invitiamo gli elettori di tutti i partiti a prendere atto dell’antidemocraticità della situazione attuale.
Oggi è una giornata terribile per le sorti della democrazia italiana
Ma davvero c'è ancora
qualcuno che pensa che la decisione di Mattarella non
sia un colpo di Stato?
Ma davvero un presidente della Repubblica che viola in un modo così palese la sovranità popolare, contemplata nell'articolo 1 della Costituzione nata dalla Resistenza, non merita l'impeachment?
Oggi è una giornata terribile per le sorti della democrazia italiana. E chi non lo capisce (o lo approva) è solo complice di un golpe istituzionale.
Mattarella ha imparato da Temer e dai golpisti latinoamericani.
Fatevene tutti una ragione.
Si chiama sovranità
limitata. E ci siamo dentro da decenni. È
una considerazione che va fatta indipendente da quanto si
pensa di lega e cinque stelle, perché il messaggio giunto è
chiaro: l'Ue
è la realizzazione della democrazia limitata, persino sul
piano meramente elettorale.
Alla prossima tornata elettorale solo uno deve essere il programma di una sinistra degna della sua storia: il patriottismo costituzionale a costo di mettere apertamente e senza remore in dubbio l'appartenenza a questa Europa.
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