Claudio Conti: BoT a zero, in attesa del grande bottoBoT a zero, in attesa del grande bottodi Claudio ContiIn calce articoli di Plateroti dal Sole24Ore e di Martin Wolf dal Financial Times
Partiamo dunque dalla notizia semplice semplice: ieri il ministero del Tesoro (ora accorpato a quello dell'Economia) ha collocato BoT a scadenza di sei mesi a un tasso di interesse pari a zero. In pratica, il Tesoro chiede un prestito sui mercati e tra sei mesi non pagherà nulla come “retribuzione del capitale”, limitandosi a restituire la cifra ricevuta. L'Italia non è l'unico paese europeo a godere di questa eccezionale situazione finanziaria. Tutti i paesi del Nord Europa (Germania, Olanda, Finlandia, ecc), più paesi fuori dell'euro come Svizzera, Svezia e Danimarca, sono da qualche mese in una situazione ancora migliore perché possono addirittra restituire meno di quel che hanno ricevuto in prestito, visto che pagano interessi sia pur infinitesimamente negativi: -0,2%. Se si spinge il tasto “evviva” il quadro è splendido: un paese in queste condizioni può rifinanziare il proprio debito gratis, o addirittura guadagnandoci, togliendo così un peso enorme dai conti pubblici (chiamato “servizio del debito”, ossia interessi). Leggi tutto |
Valerio Evangelisti: Expo, l’industria del mandolinoExpo, l’industria del mandolino*di Valerio EvangelistiAi tradizionali argomenti contro l’Expo (sfruttamento del lavoro precario, danni per l’ambiente, inquinamento malavitoso, spreco di denaro, ecc.) vorrei aggiungerne uno che non vedo citato spesso. La scelta di modello di crescita economica che una manifestazione del genere nasconde. Nel corso della loro storia più che secolare, le Esposizioni universali hanno avuto due funzioni. La prima, mostrare lo “stato dell’arte” nel campo della tecnologia, dello sviluppo industriale, di quello che era definito genericamente “il progresso” (capitalistico, è ovvio). La seconda, far conoscere al mondo la posizione del paese ospitante in quel quadro, presentandolo come centrale e ben inserito nei grandi risultati raggiunti. L’Italia è stata, fino a tempi recentissimi, la terza potenza industriale europea, dopo Germania e Francia. Sarebbe stato logico, dunque, che un’Esposizione universale esibisse i suoi gioielli in quel campo. Ma sono bastati pochi anni di crisi e molti di neoliberismo (leggi Unione Europea) perché quei gioielli fossero venduti, trasferiti altrove, messi all’asta, trasformati in carbone. Così come i lavoratori che li avevano creati. Leggi tutto |
Luciano Parinetto: AxolotlAxolotldi Luciano Parinetto
Lasciamo andare il contesto della novella Angelica Farfalla di Primo Levi: resta il fatto che un letterato ha visto in questa “eccezione” biologica tale un sapore utopico, da costruirvi sopra la storia di una manipolazione genetica, che parte dal presupposto «che altri animali, forse molti, forse tutti, forse anche l’uomo, abbiano qualcosa in serbo, una potenzialità, una ulteriore capacità di sviluppo. Che al di là di ogni sospetto, si trovino allo stato di abbozzi, di bruttecopie e possano diventare altri.. Che, insomma, neotenici siamo anche noi».[2] Leggi tutto |
Yanis Varoufakis: Un New Deal per la GreciaUn New Deal per la Greciadi Yanis VaroufakisTre mesi di negoziati tra il governo greco e i nostri partner europei e internazionali hanno portato a molta convergenza sui passi necessari per superare anni di crisi economica e per realizzare una ripresa sostenuta in Grecia. Ma non hanno ancora prodotto un accordo. Perché? Quali passi sono necessari per produrre un programma di riforme attuabili e mutuamente concordato? Noi e i nostri partner siamo già d’accordo su molto. Il sistema fiscale greco va rinnovato e le autorità fiscali devono essere liberate dall’influenza politica e delle imprese. Il sistema previdenziale è sofferente. I circuiti creditizi dell’economia sono a pezzi. Il mercato del lavoro è stato devastato dalla crisi ed è profondamente segmentato, con la crescita della produttività in stallo. L’amministrazione pubblica ha urgente necessità di modernizzazione e le risorse pubbliche devono essere utilizzate in modo più efficiente. Ostacoli schiaccianti bloccano la creazione di nuove imprese. La concorrenza nei mercati produttivi è troppo circoscritta. E la disuguaglianza ha raggiunto livelli vergognosi, impedendo alla società di unirsi su riforme essenziali. A parte convenire su questo, l’accordo su un nuovo modello di sviluppo per la Grecia richiede il superamento di due ostacoli. Innanzitutto dobbiamo concordare su come affrontare il consolidamento fiscale greco. In secondo luogo abbiamo bisogno di un generale programma di riforme, concordato tra tutti, che sostenga il percorso di consolidamento e ispiri la fiducia della società greca. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: Europa: quei “dilettanti” contro la democraziaEuropa: quei “dilettanti” contro la democraziadi ilsimplicissimusMentre siamo in attesa dell’Italicum che ci permetterà di assaporare le delizie dell’oligarchia nazionale, quella europea già instauratasi alla faccia degli altrismi non si sa bene se frutto di illusioni, di cecità o di “intelligenza col nemico” come si diceva una volta, ha messo a segno alcuni colpi da maestro sulla strada che porta fuori dalla democrazia verso il governo improprio di multinazionali e finanza. In primo luogo l’Eurogruppo, ovvero i 18 ministri della finanze dell’area euro hanno sparato a zero contro Varoufakis colpevole di non piegarsi all’imposizione di politiche antisociali in cambio di elemosine centellinate per tenere lo stato greco sempre sull’orlo della bancarotta. Il presidente di questo consesso, tale Jeroen Dijsselbloem, abituato a spadroneggiare, ha accusato il ministro greco delle finanze di “essere un dilettante”. Ora il fatto è che Varoufakis bene o male è un docente di economia proprio nelle ipervalutate università anglossassoni da cui pendono i liberisti al modo di certe ghiandole riproduttive, mentre il povero Dijsselbloem, boero di ultradestra è solo un laureato in agraria presso una piccola università olandese. Per di più quando divenne ministro delle finanze dei Paesi Bassi per mostrarsi degno della carica falsificò il curriculum e inventò un master in economia ottenuto presso l’università di Cork. In realtà non aveva mai ottenuto alcun titolo del genere e pare che sia rimasto nella cittadina irlandese due mesi a occuparsi di food business. Leggi tutto |
Antonella Stirati: Il primo maggio del Jobs actIl primo maggio del Jobs actAntonella StiratiIl mondo del lavoro in Italia è da molti anni in sofferenza, per la stagnazione dei redditi, per la continua perdita di posti di lavoro, per le grandi difficoltà dei disoccupati giovani e meno giovani che non riescono a trovare un lavoro o rimangono intrappolati nella precarietà. In questo periodo però sembra circolare un certo ottimismo sul futuro. Ma c’è davvero in vista una ripresa dell’occupazione? E cosa ci possiamo aspettare dal Jobs act? Dal governo e dai media arrivano messaggi fortemente positivi al riguardo, ma è lecito avere qualche dubbio. I principali ‘ingredienti’ dell’ennesima riforma del mercato del lavoro da cui ci si aspetta un miglioramento dell’occupazione sono due: la facilità di licenziare i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, salvo un indennizzo monetario crescente nel tempo, ma che è molto basso nei primi anni (due mensilità) e l’incentivo economico consistente nel fatto che per tre anni a partire dal 2015 i datori di lavoro non pagheranno i contributi sui nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato – tali contributi verranno pagati, a posto delle imprese, dalla ‘fiscalità generale’ cioè dalle tasse dei cittadini. Leggi tutto |
Danilo Corradi: Le forze del lavoroLe forze del lavorodi Danilo CorradiRecensione al libro Beverly J. Silver, Le forze del lavoro. Movimenti operai e globalizzazione dal 1870, Bruno Mondadori, Milano 2008, pp. 312*
È un tema cui da anni si interessa un’ampia letteratura, la quale muove dalla domanda cruciale sulle cause della crisi del movimento operaio degli ultimi 30 anni. Una domanda sul passato che interroga il futuro, che potremmo esporre così: è possibile considerare questa crisi come strutturale e dunque definitiva, o siamo di fronte a un’epoca di trasformazione e transizione che collocherà e rilancerà il conflitto operaio su una nuova dimensione? Quello di Silver è uno di quei rari testi capace di segnare una discontinuità metodologica, prospettica e analitica di cui difficilmente si potrà non tenere conto in futuro. La prima novità dello studio risiede nello stesso strumento empirico costruito appositamente per analizzare l’evoluzione dei conflitti del/sul lavoro: il World Labour Group. Il WLG è infatti una mappatura storica mondiale dei conflitti operai costruita sulla base della schedatura quantitativo-qualitativa sistematica delle “agitazioni operaie”, costruita attraverso gli articoli apparsi sul «New York Times» e sul «Times» di Londra dal 1870 a oggi. Leggi tutto |
Jordi Borja: Podemos e la democratizzazione della democraziaPodemos e la democratizzazione della democraziaJordi Borja
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Valeria Nicoletti: Le città falliteLe città falliteValeria Nicoletti
«Le città, purtroppo e per fortuna, non sono equazioni matematiche, dove è sufficiente far quadrare una formula per risanare i bilanci. Le città sono, prima di tutto, luoghi ed esistenze». Così, attraverso un’accurata parabola storica, Berdini ricostruisce l'involuzione delle metropoli italiane, dall'avvento di Tangentopoli al recente Sblocca Italia fino allo scempio delle grandi opere contemporanee, raccontando come la città, vittima di una scellerata deregolamentazione, si sia trasformata gradualmente in un conto economico, o peggio, un’impresa, dove basta licenziare gli elementi disturbatori per risolvere il problema. «Le città del neoliberismo diventano sempre più grandi e più ingiuste, perché l’economia dominante ha smesso di investire sulle città e sui territori» che, perdendo ogni connotazione sociale, si mutano in luoghi sempre più simili a campi neutrali dove far circolare flussi di denaro, «esclusivi oggetti economici dominati da flussi di investimento che prescindono dalle specificità dei luoghi e dai bisogni della popolazione». Leggi tutto |
Dante Barontini: L'ora del repulisti nel regimeL'ora del repulisti nel regimeDante BarontiniQuando avvengono certi strappi è difficile non usare parole forti ed evocare confronti storici. Quindi è meglio mantenere un controllo analitico freddo, per vedere se certe parole sono giustificate o meno. La vicenda della sostituzione di ben dieci esponenti della minoranza Pd dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera è in sé senza senza precedenti storici. Così come è l'uscita dai lavori della Commissione di tutte le opposizioni, per quanto finte alcune possano essere (Sel, Forza Italia e Lega). Di fatto, non c'è rimasto più nessuno a controllare che una legge decisiva per la formazione dei futuri parlamenti e governi - come quella elettorale - rispetti i confini, e soprattutto i princìpi, della Costituzione repubblicana. La "qualità" delle cariche ricoperte in passato dai "rimossi" (un ex segretario come Bersani, l'ex avversario di Renzi alle primarie, Cuperlo, la responsabile dell'Antimafia Rosy Bindi, un ex ministro come Pollastrini, ecc) e la qualità ignota dei sostituti (l'unico noto alle cronache è non a caso quel Patrirca che si è fatto le ossa e forse non solo nel "terzo settore") è forse ancora più indicativa della necessità renziana di eliminare quasi fisicamente chi non è ai suoi ordini per qualche motivo non dichiarabile. Leggi tutto |
Fabrizio Marchi: Kobane, l’ultimo mito della “sinistra” occidentaleKobane, l’ultimo mito della “sinistra” occidentaleFabrizio MarchiNon ho potuto fare a meno di riflettere sulle ragioni che hanno provocato nella “sinistra” tanto entusiasmo per la vicenda di Kobane, la città curda assediata dall’Isis e ora finalmente libera da quell’incubo, con il contributo determinante, piaccia o no è un fatto, dei bombardamenti della NATO (già immagino l’espressione a dir poco stupefatta di tutti coloro che già da tempo celebrano Kobane come la Comune di Parigi del XXI secolo…) Entusiasmo più o meno condiviso da tutti; sicuramente da tutti i media occidentali. E allora qualche domanda sorge spontanea, specie per quelli come il sottoscritto che non hanno perso il vizio di chiedersi il perché delle cose. Perché, dunque, non si sostengono con la stessa enfasi e con lo stesso spirito militante i combattenti di Hezbollah o di Hamas in Libano e in Palestina o quelli del Donbass in Ucraina? (che non lo facciano i media occidentali è del tutto ovvio e scontato, ma la “sinistra”?) Forse perché sono troppo poco ecologisti, femministi e “di sinistra”? Se così fosse sarebbe un modo di ragionare un po’ troppo autoreferenziale. Anche perché –ce lo dobbiamo dire – la lotta dei curdi di Kobane è stata sostenuta da tutti, ma veramente da tutti, in primis dall’Occidente (addirittura dall’Arabia Saudita, anch’essa interessata a ridimensionare quella che in gran parte è una sua creatura..) in tutte le sue declinazioni politiche, da “destra” a “sinistra”, e non solo a chiacchiere, ma a suon di bombe della NATO sulla testa dei miliziani dell’Isis (che comunque se le meritano tutte, sia chiaro, anche se sono della NATO…). Leggi tutto |
Marco Bertorello: Crisi, quando a crescere è solo la stagnazioneCrisi, quando a crescere è solo la stagnazionedi Marco Bertorello
Quell'araba fenice della crescita Non tutti si accodano al coro enfatico sul ritorno della ripresa1. Il Sole 24 Ore, ad esempio, commentando i recenti dati dell'Istat e del Centro studi di Confindustria sulla produzione (-0.2% a febbraio su base annua e +0,1% a marzo rispetto al mese precedente), scriveva che la ripresa «per l'economia italiana, assomiglia in modo preoccupante alla descrizione fatta dallo scrittore Edoardo Galeano a proposito dell'utopia: “Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là»2. Insomma i risicati decimali positivi o negativi non ci dicono un bel niente se non vengono contestualizzati in una serie di lungo periodo e soprattutto se non vengono incasellati nel quadro generale dell'economia mondiale. Leggi tutto |
Wolf Bukowski: Slow Food, Coop e Eataly: la sinistra di facciataSlow Food, Coop e Eataly: la sinistra di facciataDue chiacchiere con Wolf Bukowski*
In passato hai scritto di memoria, territorio e Grandi Opere. Com’è nata l’idea di questo libro? Qual è il messaggio che volevi veicolare e a chi è indirizzato? L’idea nasce da una parte per un mio interesse verso le questioni del cibo – soprattutto per i suoi aspetti politici, sociali ed economici – e dall’altra per delle ricerche che avevo fatto sulla politica italiana negli anni ’80. La vicenda di cui parlo nel libro si interseca con quelle della sinistra italiana nelle sue varie accezioni. E infatti racconto la storia del Manifesto, del Gambero Rosso e i rapporti che si costruiscono tra associazioni che nascono a sinistra come Slow Food, con aziende che hanno un rapporto con la sinistra istituzionale come le Coop e infine con Eataly che adesso è quasi identificata con la sinistra del governo. Vedevo che alcune loro scelte erano sempre più orientate verso il mercato e la mistificazione. Leggi tutto |
Matteo Cavalleri: La Resistenza al nazi-fascismoLa Resistenza al nazi-fascismoUna scelta che «non si poteva non fare»Matteo Cavalleri
Licenziando, nell’aprile del 1945, la prefazione al suo Un uomo, un partigiano lo storico – e poi militante politico – Roberto Battaglia si presenta al lettore con un rivelatore cameo biografico: «l’8 settembre 1943 ero un tranquillo studioso di storia dell’arte, chiuso in un cerchio limitato di interessi e di amicizie; l’anno dopo, l’8 agosto, ebbi il comando d’una divisione partigiana che ha dato più di un fastidio al tedesco». Leggi tutto |
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Aldo Giannuli: Ucraina, che succede?Ucraina, che succede?Aldo GiannuliDa diversi mesi è andata scemando l’attenzione verso la situazione ucraina, quel che ha ingenerato nell’opinione pubblica l’idea che un qualche accomodamento stia maturando nei fatti e che la crisi abbia imboccato la via di una soluzione. Niente di più sbagliato: in questi mesi le cose non hanno fatto che peggiorare, anche se i combattimenti sono momentaneamente diminuiti di numero ed intensità, rispetto alla fase precedente. E’ dal punto di vista politico che la situazione è diventata sempre più compromessa. Decisivo in questo calo di attenzione è stato il diversivo della situazione in Libia e l’inconcludente dibattito “Interveniamo/Non interveniamo”. Gli italiani si sono convinti che il pericolo più immediato venga dalla “quarta sponda” ed hanno distolto lo sguardo da quella che, invece, è davvero la crisi più pericolosa. Ci troviamo di fronte ad una riduzione secca dei margini di mediazione, il che non fa per nulla sperare in bene. Le sanzioni economiche alla Russia (unitamente al crollo dei prezzi energetici) hanno effettivamente indebolito Mosca spingendola sulla soglia del default, ma questo (oltre che far temere una nuova ondata di crolli finanziari) non ha affatto giocato a favore di una mediazione, ma, al contrario, ha spinto Putin su posizioni più intransigenti, anche perché (e l’omicidio Nemtsov lo ha segnalato) è probabile che ci siano movimenti interni che non gli consentono di fare altro. Leggi tutto |
Comidad: Da Calipari a Lo PortoDa Calipari a Lo PortoLe vittime della pace imperialistaComidadPersino gli organi di stampa più conformisti non hanno potuto fare a meno di sottolineare la coincidenza temporale dell'uccisione del "cooperante" italiano Giovanni Lo Porto in Afghanistan, con quella del funzionario del SISDE Nicola Calipari, avvenuta nel marzo di dieci anni fa in Iraq. Come molti "cooperanti" e giornalisti in zona di guerra, anche Giovanni Lo Porto era, probabilmente, un agente o un sub-agente dei servizi segreti, perciò la sua "involontaria" esecuzione da parte di un drone USA (almeno secondo la versione ufficiale), conferma che lo status di "alleato" copre molto poco dal sedicente "fuoco amico". Tra le caratteristiche dell'imperialismo, c'è quella di annullare la differenza tra pace e guerra. La dichiarazione di guerra è stata cancellata dal diritto internazionale, tanto l'imperialismo è sempre in guerra, soprattutto quando è in "pace". Guerra commerciale tramite le sanzioni economiche, e guerra a bassa intensità attraverso il terrorismo e il sedicente antiterrorismo, determinano uno stato di tensione permanente. Ma l'imperialismo annulla anzitutto la distinzione tra nemico ed "alleato". Leggi tutto |
Enrico Grazzini: Le trattative tra Tsipras e Merkel dimostrano che l'Europa è già fallitaLe trattative tra Tsipras e Merkel dimostrano che l'Europa è già fallitadi Enrico Grazzini
Le regole europee della moneta soffocano l'Europa, ma nessuna regola vincola invece la grande finanza. “Vi tolgo tutto in nome dell'Europa”. Questo è ormai lo slogan dei governi “europeisti” per perseguire drastiche politiche di destra, come quelle di Matteo Renzi. I governi europei e le elite dirigenti delle nazioni europee sono diventati dei semplici portavoce di interessi sovranazionali – istituzioni europee e grande finanza – che perseguono politiche di prolungamento della crisi. Leggi tutto |
Domenico Mario Nuti: Grecia, la misura è colmaGrecia, la misura è colmadi Domenico Mario NutiUna domanda di uscita unilaterale della Grecia dall’Ue avrebbe effetto solo due anni dopo, lasciando ampio tempo per eventuali rinegoziazioni. Ma potrebbe essere un modo efficace e rapido di far venire a più miti consigli Schäuble e gli altri falchi della troika che hanno traumatizzato il paese spingendola verso il default a tutti i costi
Dall’inizio della crisi della Grecia nel 2010 la Troika (scusatemi, ora si deve dire “le istituzioni internazionali") ha impegnato nel suo salvataggio circa 245 miliardi di euro, ossia più di quanto sarebbe stato sufficiente a quell’epoca a estinguere l'intero debito greco. Tutti sanno che questi fondi non hanno beneficiato i greci ma sono andati quasi interamente a salvare le banche francesi, svizzere e tedesche dalla loro massiccia esposizione ai titoli di stato greci. E nel Financial Times del 21 aprile Martin Wolf demistifica la "mitologia" greca, tra cui il mito che "la Grecia non ha fatto nulla": "La Grecia ha subìto un enorme aggiustamento dei saldi del suo bilancio pubblico e dei suoi conti con l’estero. Tra il 2009 e il 2014, il saldo primario di bilancio (al lordo degli interessi) si è ridotto del 12 per cento del PIL, il disavanzo di bilancio strutturale del 20 per cento del PIL e il saldo delle partite correnti del 12 per cento del PIL." Leggi tutto |
Mario Cassa: Nietzsche, profezia o innocenzaNietzsche, profezia o innocenzadi Mario Cassa
Testo noto e citato, dicevo, quello di questo Vorrede, ma poche volte misurato nel suo significato di discorso estremo, decisivo; poche volte letto con quello stato d’animo che qui più che mai Nietzsche esige; così come lo dice in apertura del testo stesso: «Le cose grandi esigono che di loro si taccia o si parli con grandezza: con grandezza, cioè cinicamente e con innocenza». Ed ecco dunque, di seguito, il testo dei capoversi 2, 3 e 4:); una delle ultime prefazioni per quella Volontà di potenza che non prenderà mai forma definitiva. I frammenti prenderanno forma infine nell’ultima invenzione artistica, letteraria furente e fulminea: il Crepuscolo degli idoli e l’Anticristo. Testo insuperabile quello dei frammenti postumi; perché gelidi, nudi d’ogni veste letteraria, d’ogni “menzogna” artistica, d’ogni “opera d’arte”. – «Ciò che racconto è la storia dei prossimi due secoli. Descrivo ciò che verrà, ciò che non potrà più venire diversamente: l’avvento del nihilismo. Questa storia può essere raccontata già oggi, poiché qui è all’opera la necessità stessa. Questo futuro parla già con cento segni, questo destino si annunzia dappertutto: tutte le orecchie sono già ritte per questa musica del futuro. Leggi tutto |
Francesco Santoianni: Cosa votiamo alle elezioni regionali?Cosa votiamo alle elezioni regionali?Francesco SantoianniGià la tentazione di starsene a casa il 31 maggio era forte; ma, tramontata la lista “Maggio”, quello che resta da scegliere sulla scheda fa davvero cadere le braccia. Intanto, c’è un PD che, dovendo lasciare la Campania a Berlusconi-Alfano, presenta De Luca: ha già perso contro Caldoro alle precedenti regionali ma il suo status di condannato fa comodo a Renzi per scardinare la Legge Severino e mettere a tappeto chi si ostina a parlare di “questione morale”. In più Renzi permette a De Luca – suo sottosegretario – di ammantarsi di una aureola di burbero “ribelle ai sistema dei partiti” che torna sempre comodo per cavalcare l’onda dell’antipolitica. Se pensate di votarlo per questo o per l’”eccezionale bravura dimostrata come Sindaco di Salerno”, o perché lo ritenete diverso o migliore di Renzi, lasciate perdere questo articolo e tornate a rimpiangere Bassolino. Poi ci sarebbe la terrificante lista “Sinistra al lavoro per la Campania”: in pratica, Rifondazione e SEL alla solita, disperata, ricerca di qualche briciola che cade dal desco del Centrosinistra. Roba da Sinistra Arcobaleno, per capirci. Se giudicate da ciò che uno dice e non da quello che ha già fatto, questa Lista fa per voi. Io me ne guardo bene. Leggi tutto |
Massimo Nicolazzi: Apologia del barconeApologia del barconedi Massimo NicolazziPur di provare ad arrivare in Europa, i migranti investono i risparmi di famiglia e rischiano consapevolmente la vita nel Sahara e nel Mediterraneo. Continueranno a farlo, se non offriamo loro un altro tour operator Mare. Tragedia. Abisso. Commozione. E infine politica (?). Che prende la forma del lasciare il migrante in fondo al mare e dell’annunciare guerra santa al negriero. Inchiodare lo scafista sul bagnasciuga e magari fargli a pezzi il barcone. Fermare e sconfiggere i novelli trafficanti di umani. Per umanità e in nome dell’umanità. Qui però qualche neurone sembra incidentarsi, forse sovraccarico (di falsa coscienza?). Il trafficante/schiavista classico acquistava in piena proprietà umani schiavi; e schiavi li rivendeva a un compratore. L’armatore del barcone si fa pagare il viaggio da un uomo “libero”; e libero (?) lo sbarca a fine traversata. È sicuramente un criminale, ma la vittima dei suoi crimini è un suo cliente, non un suo schiavo. Il presunto negriero, in realtà, è un tour operator. Promette la traversata del Sahara con mezzi di fortuna e acqua e cibo non garantiti; poi quella del Mediterraneo con mezzi in condizioni di galleggiamento precario. Leggi tutto |
Alfonso Gianni: Italicum for president. La legge serve per l’elezione direttaItalicum for president. La legge serve per l’elezione direttaAlfonso GianniPremier Italicum, lo ha nomato Ilvo Diamanti. Stiamo parlando di Matteo Renzi, naturalmente. Difficile trovare un epiteto più azzeccato per il presidente del consiglio se gli riuscirà il colpo grosso di portare a casa, tra voti di fiducia, ricatti politici e psicologici, minacce di fine anticipata e traumatica della legislatura, la legge elettorale cui ha legato, inusitatamente, le sorti del proprio governo. In effetti Rosi Bindi ha rilevato quanto sia improprio che un governo ritenga vitale per la propria sopravvivenza un progetto su una materia che dovrebbe essere di squisita pertinenza parlamentare, come la legge elettorale. Ma non si tratta di una stravaganza o semplicemente di un atto estremo di arroganza. Il problema è che l’Italicum è molto di più e peggio di una legge elettorale, anche se in quanto tale già fa rimpiangere i bei tempi della legge truffa di Alcide De Gasperi, dove almeno il premio di maggioranza veniva dato a chi già ce la aveva per conferimento elettorale. In realtà con l’Italicum si vuole cambiare nel profondo la natura dello Stato italiano, modificandone la struttura istituzionale, i rapporti tra i poteri, i ruoli dei medesimi senza passare attraverso una esplicita modifica del dettato costituzionale. E’ quanto emerge dalle parole dei suoi stessi inventori e sostenitori, cui conviene prestare la dovuta attenzione. Roberto D’Alimonte deve odiare a tal punto il principio di non contraddizione, da riuscire, nello stesso articolo, a contraddire palesemente sé stesso. Leggi tutto |
Franco Berardi Bifo: Dalla parte dei teppistiDalla parte dei teppistidi Franco Berardi BifoLa manifestazione NoExpo-Mayday del 1 maggio 2015 a Milano sarà sicuramente al centro di un vivace dibattito, cui Effimera non intende sottrarsi. Pubblichiamo come primo contributo un testo di Bifo. Seguiranno altri commenti Di prima mattina ho fatto una ricognizione per Milano per decidere che fare. Piovigginava e l’asma mi rallentava il passo: dopo aver camminato un’oretta ho capito che era meglio tornarmene a Bologna. Si sapeva che a un certo punto sarebbe scoppiata la baraonda. La polizia non poteva farci niente per una ragione facile da capire: gli occhi di tutto il mondo erano puntati sull’inaugurazione dell’EXPO, un morto nelle strade di Milano non sarebbe stato buona pubblicità. A Genova quindici anni fa (come passa il tempo!) il potere intendeva dimostrare che i grandi del mondo sono inavvicinabili e se ci provi ti ammazzo. A Milano intendeva dimostrare di essere tollerante. Da una parte si fa festa con Armani e Boccelli perché ormai i giovani sono talmente frollati dalla disperazione che fanno la fila per poter servire gratis al tavolo di Monsanto e di McDonald. Dall’altra si permette di sfilare a qualche migliaio di sessantenni i quali, poveretti, credono che per telefonare ci vuole il gettone, e quindi sono ancora dietro a quelle vecchie storie dei diritti. Poi tremila teppisti hanno rovinato il banchetto, tutto qui. Ho letto l’articolo di Luca Fazio e vorrei esprimere un’opinione diversa dalla sua. Fazio scrive che i teppisti hanno rovinato una manifestazione democratica. Leggi tutto |
∫connessioni precarie: Questioni di prospettivaQuestioni di prospettivaUn giudizio politico su Expo, Mayday e dintorni∫connessioni precarie
Alla fine è successo quello che tutti prevedevano, anche se molti avevano detto di volerlo evitare: la logica dell’evento si è imposta su quella del processo, della costruzione, dell’accumulazione e della condivisione di forza. Ora scoprire che i media mainstream si comportano da media mainstream è quanto meno fuori luogo. Ora il botta e risposta contabile sui costi di Expo paragonati ai costi dei danneggiamenti lascia francamente il tempo che trova. Ora risolvere tutto facendo appello alle ragioni della spontaneità arrabbiata è quanto meno insufficiente. Ciò che è successo non può essere risolto grazie a un’estetica del riot che non riesce a coprire i limiti collettivi di progettualità politica, anche perché la definizione corrente di riot si avvicina sempre più pericolosamente a quella di una rivolta magari intensa, ma istantanea e destinata a essere riassorbita senza particolari problemi dall’oggettiva e dispotica supremazia militare e simbolica dello Stato. Se il riot esiste solo nel giorno in cui avviene, a cosa serve il riot? Leggi tutto |
Militant: militant Le ragioni economiche della guerra prossima venturaLe ragioni economiche della guerra prossima venturaMilitantRiportiamo il nostro contributo ad una recente iniziativa della Rete dei Comunisti, “Guerra alla guerra”. La questione guerra sarà sempre più l’argomento politico all’ordine del giorno, motivo per cui prima ci attrezziamo, anche culturalmente, a capirne le radici e gli sbocchi, meglio ci troveremo rispetto a chi, come spesso nel corso della storia, si troverà la dura realtà davanti in tutta la sua forza tellurica.
Ho voluto citare questo studio perché come collettivo crediamo che la crisi esplosa con il fallimento della Lehman Brothers nel settembre del 2008 debba essere letta anche come crisi dell’egemonia dell’imperialismo statunitense, e che solo da questa prospettiva e dalla susseguente lotta per determinare i nuovi equilibri globali sia possibile provare ad interpretare e comprendere i conflitti in corso e le spinte neocolonialiste che gli fanno da corollario. Leggi tutto |
Saïd Boumama: I fondamenti storici e ideologici del razzismo "rispettabile" della "sinistra" franceseI fondamenti storici e ideologici del razzismo "rispettabile" della "sinistra" francesedi Saïd BoumamaL’affrancamento della parola e dei passaggi all’atto islamofobico dopo gli attentati di gennaio 2015 rilevano l’ampiezza del “razzismo rispettabile” all'interno della sinistra francese. Questo ci porta a riproporre uno dei nostri testi pubblicato nell’aprile 2012 nella rivista Que faire.
Questi recenti esempi di posizioni prese da organizzazioni e da partiti che si definiscono di “sinistra” o di “estrema sinistra” fanno eco ad altri più lontani: assenza o denuncia ambigua della colonizzazione, assenza o ambiguità del sostegno alle lotte di liberazione nazionali negli anni Cinquanta, silenzio assordante protratto nei decenni circa i massacri coloniali dalla conquista del 17 ottobre 1961 passando per i crimini del Madagascar (1947), del Camerun (1955-1960), etc. Le costanti tra ieri ed oggi sono tali che ci sembra necessario ricercarne le cause ideologiche e materiali. Esistono dei retaggi ingombranti che conviene rendere visibili, altrimenti la riproduzione delle stesse trappole ideologiche ricondurrebbe alla stessa cecità ed agli stessi impasse politici. Leggi tutto |
Alessandra Daniele: L’anno della locustaL’anno della locustadi Alessandra Daniele”Fascism is a world wide phenomena. Fascism is very much with us today. And it’s still an enemy.” – Philip K. Dick, 1976 Ci sono due grandi verità rivelate in The Man In The High Castle di Philip K. Dick: la prima è che, nonostante le apparenze, i nazifascisti hanno vinto la guerra. È nella natura della fantascienza essere letteratura
resistenziale. Benché sia sempre esistita
anche una fantascienza
neofascista, è sempre stata minoritaria. Eppure
quest’anno è riuscita ad accaparrarsi il 70% delle
nomination al premio Hugo,
grazie ai voti convogliati su un paio di liste
bloccate da due gruppi che fanno capo all’editore
neofascista Theodore Beale (in arte Vox
Day) integralista cristiano, convinto assertore
dell’inferiorità genetica degli africani – “genetic
science presently
suggests that we are not equally homo sapiens
sapiens” – degli omosessuali, degli atei, e
delle donne, alle quali pare toglierebbe
ogni diritto, compreso quello di voto, col vetriolo: “a
few acid-burned faces is a small price to pay for
lasting
marriages.” Sarebbe consolatorio raccontarsi che i fascisti siano riusciti a scalare l’Hugo perché hanno imbrogliato, in realtà hanno soltanto sfruttato un bug del sistema di voto nella sostanziale indifferenza di gran parte del resto del fandom, che s’è mosso in modo tardivo quanto inefficace. Il boicottaggio parziale suggerito adesso dagli addetti ai lavori è un’inutile mezza misura. La verità è che se i fascisti hanno avuto successo è perché il fandom ha perso gli anticorpi contro il fascismo. Leggi tutto |
Girolamo De Michele: Contro La Buona ScuolaContro La Buona Scuoladi Girolamo De Michele do whatcha gonna do? (Bob
Marley)
Partiamo dalla fine: un ministro1 che, dopo aver degradato uomini e donne del mondo della scuola come «precari di seconda fascia, area Cobas, e molti studenti. Mi hanno detto [sic!] legati ai collettivi universitari, ai centri sociali di Bologna», li etichetta come «squadristi» (qui; ma leggi l’intervista a una delle insegnanti contestatrici, qui). Fatto sta che senza quei docenti insubordinati, non ci sarebbe stato alcuno ad ascoltare un ministro appena saltato da un partito all’altro senza render conto ai propri elettori attraverso le dimissioni2 e un’inutile suppellettile che risponde al nome di Francesca Puglisi, porcellata in parlamento (attraverso la quota garantita del Porcellum, per l’appunto) senza passare dalle primarie – una che quando va bene tace, e che purtroppo per il proprio partito in genere apre bocca rubando il lavoro ai figuranti dello Zelig Circus3. A fronte di una «minoranza aggressiva che strilla», una «maggioranza di docenti abulica» e affetta da diffusa inerzia: che, detto nel contesto in cui queste parole sono state pronunciate, suona come una chiamata alle armi, un’ennesima esortazione alla mobilitazione di quei docenti affetti da servitù volontaria (che, con buona pace di Frédéric Lordon, esiste) dei quali si chiede adesso il sostegno attivo. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: Expo, la messa cantata del potereExpo, la messa cantata del poteredi ilsimplicissimusIl troppo stroppia dice un detto popolare. E non c’è dubbio che il grottesco eccesso di misura riguardo ai fatterelli di Milano finisca per stroppiare anche la buona fede di chi è contro la violenza comunque e dovunque. La troppa cenere che l’area anti expo ritiene di doversi spargere sul capo, le prese di distanza astronomiche e non richieste che vengono da quella galassia che si definisce in qualche modo alternativa alla governance attuale, le contro manifestazioni da strapaese con sindaco dolente in testa, per danni certamente condannabili, ma modestissimi , sono espressione di una profonda deformazione della capacità di giudizio e persino della capacità etica di questo Paese. Intanto perché disordini e infiltrazioni erano attesi da mesi tanto che è stato messo in piedi un gigantesco apparto antisommossa: così viene anche da pensare che qualcuno sperasse di nascondere dietro qualche vetrina infranta, il marcio, l’impreparazione, i ritardi che hanno accompagnato ogni fase dell’esposizione e la futilità gastronomica in cui alla fine si è trascinato il tema di nutrire il pianeta. Non è un caso che gli scontri abbiano sortito sulla stampa straniera qualche titolo di taglio basso, al posto dei trafiletti da poche righe del giorno prima, altro che le prime per l’esposizione di Shanghai. Leggi tutto |
Alberto Burgio: Sul razzismoSul razzismointervista ad Alberto Burgio
Domanda: L’attualità ci pone in maniera sempre più drammatica davanti a fenomeni migratori di portata crescente e al rinascere di atteggiamenti razzisti all’interno delle nostre società. Per interpretare tale fenomeno lei sottolinea la necessità di comprenderne le radici storiche profonde, al riguardo sottolinea quanto sia importante indagare quella che può esserne definita la genesi. Nel fare ciò lei mette in evidenza nei suoi libri un nesso decisivo che unisce il razzismo alla modernità. In che senso il razzismo può essere definito un fenomeno moderno? Leggi tutto |
Alessandra Daniele: Deja vuDeja vudi Alessandra DanielePeriodicamente gli italiani si invaghiscono d’un cazzaro. Un cialtrone arrogante e pericoloso, interessato quasi esclusivamente al potere e alla fama, che per anni devasta il paese pur di ottenerli e goderseli il più possibile, con la complicità delle corrotte classi dirigenti che lo hanno politicamente prodotto. Alla sua inevitabile benché sempre tardiva caduta segue un periodo di Quaresima durante il quale tutti invocano onestà, serietà e sobrietà, amministrato da preteschi tecnocrati (altrettanto cialtroni) che dura solo fino al sorgere del successivo cazzaro. Pur essendomi fortunatamente perduta l’ovvio precedente storico, il tragico Ventennio originale, nella mia breve vita ho comunque già visto ripetersi questo ciclo per intero due volte. Dopo Craxi (1983 – 1992) c’è stato Berlusconi (1994 – 2011), capisco quindi che Renzi e i suoi accoliti si aspettino di durare almeno fino al 2023, sperando addirittura nel 2030. Leggi tutto |
Alberto Bagnai: Sentenza pensioniSentenza pensioniUn "pasticcio" che fa comodo a banche e assicurazioniintervista ad Alberto Bagnai«La vera posta in gioco di questa partita sono gli interessi di banche e grandi gruppi assicurativi, il cui fantoccio ed esecutore passivo oggi è Matteo Renzi come lo era stato Mario Monti prima di lui». Lo afferma Alberto Bagnai, professore di Politica economica all’Università G. D’Annunzio di Pescara, a proposito della sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il blocco della perequazione delle pensioni. Per il professor Bagnai, «si vogliono trasferire al settore finanziario privato tutte le risorse che lo Stato intermedia, con un sistema sul modello degli Usa dove se non godi di forme di previdenza privata sei un morto che cammina». Il vero problema quindi «non è il debito pubblico, che non rappresenta un pericolo per le giovani generazioni come vuole farci credere la Bce, ma il fatto che tutte le ricette economiche della Commissione Ue hanno portato a un impoverimento complessivo».
Professore, che cosa ne pensa della sentenza della Corte costituzionale? La Consulta ha bocciato un provvedimento legislativo fatto male perché scritto in fretta sulla base di una logica dell’emergenza che ci era stata importa dalla Bce, ma che la stessa Commissione Ue aveva sconfessato quasi subito dopo. Questo vero e proprio “pasticcio” è il frutto della lettera della Bce dell’agosto 2011. A settembre 2012 la Commissione Ue pubblicò un rapporto ufficiale dicendo che l’Italia non aveva mai, in nessun anno della crisi, avuto un problema di sostenibilità delle finanze pubbliche di breve periodo. Leggi tutto |
Raffaele Alberto Ventura: Play the riotPlay the riotdi Raffaele Alberto VenturaImbevuti di un immaginario videoludico, i black bloc che hanno assaltato Milano il primo maggio assomigliano più a gamer che a rivoluzionari
Milano, 01/05/2015: Play the city (foto Ivan Carozzi). Oltre che scritta sul muro davanti alla banca UBI di Piazza Cadorna, l’espressione “Play the city” appare su alcuni manifesti affissi in città, che rimandano a loro volta a dei banner pubblicati sulla pagina del Comitato No Expo, che rivendica senza nessuna reticenza le operazioni del primo maggio. Ma cercando su Internet “Play the city”, si capita sul sito di un’azienda vicentina che organizza itinerari turistici per “scoprire la città in modo alternativo” attraverso quelli che vengono definiti “giochi urbani”. Leggi tutto |
Marino Badiale: Un passaggio non aggirabileUn passaggio non aggirabiledi Marino Badiale
Penso che una riflessione su questo tema sia un buon modo per discutere di un problema che mi sta molto a cuore, quello della creazione di un possibile nuovo movimento anticapitalista all'altezza dei problemi attuali, e del ruolo in esso del movimento della decrescita da una parte, e del pensiero marxista dall'altra. È noto che in genere i marxisti sono ostili, o quantomeno diffidenti, nei confronti della decrescita, ritenendo che si tratti di una realtà incapace di contrastare il capitalismo, o magari connivente con esso. Leggi tutto |
Andrea Fumagalli: Partitura per soggetti precari e pratiche politichePartitura per soggetti precari e pratiche politichedi Andrea FumagalliContinuiamo il dibattito post 1 maggio. Stavolta ci soffermiamo sulle questioni aperte da quella giornata, in una prospettiva che non vuole analizzare i pro e i contro del 1 maggio ma piuttosto sottolineare le questione aperte.
A più di una settimana dal primo maggio milanese, la discussione su ciò che è successo ha perso attualità. È tempo di spostarci dalle ragioni e dai torti di questo o di quel gruppo (discussione che non ci appassiona più di tanto) ai problemi e ai nodi che ci trasciniamo da tempo e che quella giornata ha posto ancor più in risalto. La NoExpo-Mayday del primo maggio era organizzata da una rete (a cui poco può essere addebitato) e non da un singolo gruppo/collettivo che faceva da punto riferimento. E, in quanto rete, le relazioni di partecipazione – potremmo dire di cooperazione politica – che vengono attivate difficilmente riescono a convergere verso una gestione unitaria, su un unico obiettivo, con il risultato che prevalgono le forze centrifughe. L’autoreferenzialità, da sempre malattia del centrosocialismo nostrano, non è certo mancata in questa occasione, anzi. Possiamo parlare di una black (dark) side della cooperazione politica di movimento?
Adagio D’altro lato, tutto ciò è esattamente specchio della “cooperazione sociale” agìta dalla condizione precaria. Le generazioni precarie sono infatti attivate dai processi di rete, si riconoscono dentro la pluralità del loro essere sociale, tuttavia stentano a ammettere che la propria evoluzione può darsi solo passando attraverso azioni non identitarie. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Perché il nemico da battere è il PdPerché il nemico da battere è il PdAldo GiannuliProbabilmente chi simpatizza per il Pd, una volta letto il titolo, non leggerà il pezzo, indignato. Ma farebbe molto male, perché la lettura potrebbe risultargli utile per capire il clima con il quale il Pd (ma forse il “Partito della Nazione”) dovrà misurarsi sempre più nei prossimi anni e perché. Comunque, fate pure come vi pare, sono abituato a dire quello che penso senza giri di parole. Ed allora, perché sostengo che il Pd sia il nemico peggiore? Per tre ragioni fondamentali: la politica economica, la politica sociale, la democrazia e la corruzione. Politica economica: il Pd, sin dal suo appoggio al governo Monti di infelice memoria, poi con il governo Letta ed ora con il governo Renzi, sta perseguendo una politica fiscale che sarebbe demenziale, se non fosse deliberatamente finalizzata alla svendita del paese. Le aziende grandi e piccole soffocano e muoiono sotto il peso del prelievo fiscale e dei tassi giugulatori delle banche, l’occupazione si assesta a livello drammatici e, pur se di poco, peggiora costantemente, incurante della cosmesi dei conti fatta dal governo. Leggi tutto |
Daniele Barbieri: Qualche altra domanda sull’Expo…Qualche altra domanda sull’Expo…di Daniele BarbieriIo sono d’accordo con l’impianto del discorso di Maria G. Di Rienzo (è qui: Qualche domanda sull’Expo se non lo avete letto ieri in “bottega”). Aggiungo qualche domanda che rivolgo anche a me stesso, visto che un po’ di idee confuse ce l’ho. 1 - L’emittente fa parte del messaggio? Detto in parole più semplici (che rubo allo psicanalista brasiliano Hélio Pellegrino): «Se Giuda Iscariota passasse una petizione in solidarietà a Gesù Cristo io non la firmerei». Il concetto è chiaro; commentava Augusto Boal (in «L’estetica dell’oppresso») «messaggio ed emittente sono strettamente connessi». Se è così ne deriva che io non posso avere nulla a che fare con le narrazioni, con le richieste, con le “petizioni di solidarietà” (anche quelle apparentemente più ragionevoli) dei media di regime e della politica “troikizzata”? Ovvero: quelli che mi/ci chiedono di condannare la violenza di Milano sono gli stessi che fomentano le guerre e attizzano il massacro sociale. E allora mi/vi chiedo: con loro c’è qualcosa da spartire? O dobbiamo fare i conti solo con le devastanti menzogne che raccontano alla gente e che producono effetti ben peggiori di qualsiasi “Milano a ferro e fuoco” per un pomeriggio? 2 - E’ possibile per noi che siamo fuori dal “coro” dire che siamo contro i black bloc ma urlare ben più forte che più grande violenza è quella dell’Expo? Che la sola idea di affidare una kermesse sull’alimentazione agli affamatori e inquinatori del mondo è un atto di guerra? Leggi tutto |
Elisabetta Teghil: “Compassione, pietà, ribrezzo, odio di classe….”“Compassione, pietà, ribrezzo, odio di classe….”di Elisabetta Teghil
Il primo maggio, sugli schermi televisivi, in ogni canale possibile, sono passate le immagini dell’inaugurazione dell’ Expò 2015 a Milano. Te le trovavi davanti dovunque, anche se cercavi semplicemente le previsioni del tempo. Non c’era scampo. Vedere quelle immagini ed essere colta da una stretta allo stomaco è stato tutt’uno. Ho avuto pietà per quelle bambine e quei bambini che cantavano l’inno di Mameli con una mano sul cuore, gettate/i in pasto alla propaganda da genitori senza scrupoli, al servizio di chi sta costruendo per loro un futuro di miseria. Ho avuto compassione, mista a conati di vomito, per quei lavoratori in fila con la bandiera italiana piegata in mano, con il casco e la pettorina da cantiere…un anziano…una donna…un nero…un nepalese…rappresentanti ognuno di una modalità specifica di oppressione e sfruttamento accomunata da quella del lavoro. Servi felici? Schiavi rassegnati? Sciocchi strumentalizzati? Non so, ma una cosa è certa: erano l’incarnazione di un asservimento volontario che è tradimento della propria classe, del proprio genere, della propria razza, intese come categorie politiche e non certo naturali. Leggi tutto |
Militant: Le Ong e la “sinistra imperiale”Le Ong e la “sinistra imperiale”MilitantIl ruolo che le Ong dirittoumaniste hanno avuto e continuano ad avere nel predisporre il terreno culturale (leggi creare consenso) adatto alle missioni umanitarie internazionali (leggi guerre) è risaputo da tempo. Tanti commentatori hanno provato a smascherare gli interessi materiali dietro l’intervento delle Ong nei vari contesti in cui prima o dopo si sarebbe prodotta un’ingerenza internazionale. In particolare in America Latina e Medioriente tali organizzazioni sono state il cavallo di Troia per veicolare, nell’opinione pubblica presuntamente democratica e presuntamente “di sinistra”, l’urgenza di interventi esterni per “liberare” determinate popolazioni dal giogo di “dittatori” di volta in volta indicati come “male assoluto”, “nemici dell’umanità” e via dicendo. Una dinamica ormai sperimentata e navigata, che trova inequivocabilmente predisposta una certa sinistra, anche di movimento, alla mobilitazione democratica, prona ogni volta ai titoli di Repubblica e compari. Dalla Libia alla Siria, passando per il Mali, l’Iran o il Venezuela, ogni qual volta tali Ong indicavano l’obiettivo, si accorreva alla richiesta di democrazia (leggi bombe umanitarie), sempre peraltro con la solita giustificazione ideologica: meglio un “capitalismo liberaldemocratico” che una “dittatura autoritaria”. Leggi tutto |
Nadia Garbellini: L’uscita dall’euro non è un tema da “oracoli”L’uscita dall’euro non è un tema da “oracoli”Nadia Garbellini*Il dibattito sugli effetti di una uscita dall’euro, promosso da economiaepolitica.it, si arricchisce con l’intervento di Nadia Garbellini, autrice di alcuni recenti saggi sul tema in collaborazione con Emiliano Brancaccio. Secondo Garbellini, i fautori della moneta unica a tutti i costi generalmente abbandonano il difficile campo della riflessione analitica e del confronto sulle evidenze empiriche per rifugiarsi in quello ben più comodo del dogmatismo
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Federico Dezzani: A che punto è l’euro-notteA che punto è l’euro-notteFederico Dezzani
L’ultima offensiva di Francoforte e Bruxelles è fallita Un’unione monetaria senza una parallela integrazione fiscale è inevitabilmente destinata al fallimento tra i miasmi dell’austerità. L’euro, anziché essere il coronamento di un democratico processo d’integrazione europea, votato ed approvato dai cittadini, è stato all’opposto scelto come primo passo verso l’unione politica, proprio in virtù dei suoi prevedibili effetti destabilizzanti. Un sistema a cambi fissi calato su un’area valutaria non ottimale (l’eurozona) avrebbe nell’arco di un decennio accumulato tali tensioni (la crisi del debito sovrano e l’emergenza spread) da obbligare i Parlamenti nazionali a procedere spediti verso gli Stati Uniti d’Europa, con l’acquiescenza dei cittadini ammutoliti da possibili crack finanziari e default sovrani. Leggi tutto |
Franco Berardi Bifo: Psicochimica e psicoarchitetturaPsicochimica e psicoarchitetturaFranco Berardi Bifo
Sul New York Times del 20 aprile 2015 sono usciti casualmente in contemporanea due articoli diversi per stile e per intenzione che descrivono da prospettive opposte e complementari la psicosfera americana contemporanea. Il primo, a firma Alan Schwarz reca il titolo “Workers under pressure abuse ADHD drugs” e appare nella pagina Business. Schwarz si occupa dei nuovi risvolti di un tema che da due decenni interessa medici, psicologi e pedagoghi: i disturbi dell’attenzione. Una sindrome che si può descrivere sinteticamente come incapacità di concentrare l’attenzione sullo stesso oggetto per più di qualche secondo è chiaramente legata all’intensificazione della stimolazione infosferica, al multitasking e alla riduzione dei tempi di esposizione dei dati al sistema occhio-cervello. In passato il deficit d’attenzione venne segnalato e diagnosticato tra i ragazzini delle scuole elementari e medie. A milioni di pre-adolescenti venne somministrato un farmaco che si chiama Ritalin, composto di metilfenidato. Leggi tutto |
Comidad: Alfano: l'inetto giusto al posto giustoAlfano: l'inetto giusto al posto giustodi ComidadL'approvazione parlamentare in via definitiva della legge elettorale detta "Italicum" sortirà il prevedibile effetto di spostare le residue speranze di salvezza del principio di rappresentanza verso un eventuale diniego a firmare la legge da parte di Mattarella. La democrazia ha sempre un'ultima spiaggia verso cui guardare; perciò, dopo Mattarella, vi sarà ancora qualcos'altro, o qualcun altro, in cui sperare. Certo è che quel trionfo del principio di "governabilità" su quello di rappresentanza al quale non era riuscito a giungere un "uomo forte" come Craxi, è invece riuscito ad un personaggio palesemente inconsistente come Renzi. La spiegazione di tutto sta proprio nell'attuale inconsistenza della stessa rappresentazione della politica, divenuta un intrattenimento ed una distrazione rispetto all'azione delle lobby multinazionali saldamente insediate negli organismi sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l'Organizzazione mondiale per il Commercio, la Commissione Europea e, soprattutto, la NATO. L'ottusa impermeabilità alle critiche esibita da Renzi rappresenta un'ulteriore dimostrazione della scomparsa della politica, che, persino nello Stato assolutistico, svolgeva una funzione di mediazione. Renzi non si cura di dissensi e proteste, perché deve rispondere solo ai suoi padroni, cioè alle lobby multinazionali. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: Parata per la vittoria, sconfitta per l’EuropaParata per la vittoria, sconfitta per l’Europadi ilsimplicissimusLa parata sulla piazza rossa parrebbe appartenere a un immaginario postbellico di cui si va perdendo la memoria e di cui le generazioni del cellulare non hanno mai sentito parlare. Ma oggi essa ritorna per festeggiare il 70 esimo anniversario della vittoria sul nazismo di cui l’Unione Sovietica fu il maggiore artefice, un fatto che decenni di propaganda anglofila e liberista hanno cercato di far dimenticare. Ed è anche per questo che alla parata di oggi mancano parecchi leader europei impegnati da una parte a confutare la realtà del passato e dall’altra ad appoggiare i neonazisti in Ucraina, il che in fondo dimostra una certa grottesca coerenza. Gli stessi miserabili potenti europei che si preparano alla soluzione greca si propongono con la loro assenza di “isolare Putin” e non si accorgono di isolare solo se stessi in un rapporto alla Quisling con gli Usae le loro multinazionali. Si isolano negando l’evidenza storica, ma sapendo benissimo che senza il fronte russo le vicende belliche sarebbero state ben diverse e che, anzi, potendo rifornirsi nell’immenso retroterra russo (come brevemente avvenne con il tratto Ribbentrop – Molotov) la Germania avrebbe senza difficoltà costituito un terzo impero dall’atlantico al Mar Nero. Leggi tutto |
Alfio Mastropaolo: La democrazia «normale»La democrazia «normale»Alfio MastropaoloL’esecutivo decide, il parlamento finge di controllare, ma registra, la popolazione si adegua. Non tutta: quella piccola parte che paga, detta le sue condizioni Stiamo finalmente diventando una democrazia “normale”. Cioè una democrazia in cui l’esecutivo decide, il parlamento finge di controllare, ma registra, la popolazione si adegua. Se non è contenta, cambierà governo alle prossime elezioni. Non tutta la popolazione si adegua. In realtà c’è una piccola parte che detta all’esecutivo le sue condizioni. Le detta, forte del fatto che è lei a sostenere i mostruosi costi delle campagne di persuasione elettorale. Con l’abolizione del finanziamento pubblico della politica li sosterrà ancor di più. E quindi detterà condizioni ancor più stringenti. Possiamo senza fatica fare ipotesi su quali politiche attuerà l’esecutivo. Di destra o di sinistra che sia, o che si dica, le differenze staranno nei particolari, non irrilevanti, ma sempre particolari. L’essenziale delle scelte politiche lo deciderà chi paga. E poiché, dato lo stato del nostro sistema imprenditoriale, a pagare saranno soprattutto imprese straniere, la pressione internazionale si accentuerà ulteriormente. Si adeguerà il grosso della popolazione, ma si adeguerà l’intero paese. Destinato a diventare sempre più marginale e sottomesso nella divisione del lavoro planetaria. Leggi tutto |
Gerolamo Cardini: Telegramma dalla scuolaTelegramma dalla scuolaGerolamo CardiniStrangelove non perde occasione per mostrare all’Italia tutto il suo nuovismo di facciata. Anche sulla scuola, infatti, il suo metodo lo pone tra gli eredi del centralismo democratico: si ascoltano (o, meglio, si finge di ascoltare) tutti e poi si procede a eseguire quanto si era già deciso, come se non avessero parlato. Stalin ne sarebbe stato fiero e, si parva licet comparare magnis, anche Berlusconi lo è. Stesso dicasi per la sua abilità nel costruire ricatti: 100.000 assunti (ma non tutti subito) in cambio della disarticolazione della scuola: prendere o lasciare. Un uomo di sani principi, di quel rude decisionismo che sovente affascina i ceti dirigenti in crisi di legittimazione. L’italiano che odia l’Italia e gli italiani perché non sono gli States sta facendo tabula rasa di quel che resta di ogni istituto democratico riproponendo la sua personale versione di un autoritarismo che rischia di aprire la strada a forme di leadership ben più pericolose che, in nome della governabilità, potranno scivolare verso la Ragion di Stato e oltre. Avesse cambiato il nome del PD in «i democratici» – come qualche giorno fa aveva detto qualche quotidiano ben informato – avrebbe fatto, per la prima volta, una reale operazione di chiarezza; tanto più se il suo gemello avesse fatto altrettanto modificando il nome di quel che resta del suo partito in «i repubblicani». Ben che vada stiamo diventando il 53° stato degli Usa: Precariopoli. Leggi tutto |
Marino Badiale: Ancora la nuova sinistra?Ancora la nuova sinistra?di Marino BadialeLe scelte del PD di Renzi, sempre più sfacciatamente antipopolari e antidemocratiche, fra distruzione dei diritti dei lavoratori e attacchi alla Costituzione, hanno aperto uno spazio politico alla sinistra del PD. È quasi certo che tale spazio verrà presto occupato da una forza politica che, possiamo immaginare, metterà assieme transfughi del PD, piccoli partiti come SEL e Rifondazione (oppure loro componenti), e singole personalità (come Cofferati), oltre, presumibilmente, a vari spezzoni della composita galassia di movimenti e associazioni della sinistra italiana. Penso sia bene esprimere un giudizio preciso sul significato di una tale operazione. Nella sostanza si tratterebbe dell'ennesima riedizione di ciò che è stata prima Rifondazione e poi SEL. Il punto decisivo è che una tale nuova forza politica non avrebbe nessuna prospettiva strategica al di fuori di una alleanza col PD: che è stata esattamente la situazione di Rifondazione prima e SEL dopo. Ma poiché il PD, oggi come vent'anni fa (comunque si chiamasse allora) non è una forza di “sinistra riformista” (nel senso storico della parola “riformismo”), che si possa cercare di “condizionare”, ma è semplicemente una delle componenti di un ceto dominante che ha come prospettiva strategica la distruzione dei diritti e dei redditi dei ceti subalterni, oltre che della democrazia, ogni prospettiva di alleanza, oltretutto da una posizione minoritaria, non può che significare la resa incondizionata alle linee strategiche dei ceti dominanti. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Che succede nell’Isis?Che succede nell’Isis?di Aldo GiannuliIl 1° maggio, “The Guardian” annunciava che Abu Bakr Al Baghdadi, Califfo dello Stato Islamico (Isis) sarebbe stato colpito nel corso di un bombardamento americano accaduto in marzo. A causa della serietà delle ferite alla schiena, non sarebbe stato in grado di reggere il califfato, per cui sarebbe stato sostituito dal suo vice Abu Alaa al-Afri, un professore di fisica membro della prima ora dell’Isis. E questo avrebbe spiegato l’assenza di Al Baghdadi dalla scena pubblica che durava da diverse settimane. Per la verità, non era la prima volta che veniva annunciato il ferimento di Al Baghdadi, anzi in novembre si era detto che sarebbe addirittura morto, sempre a causa di un raid aereo. Questa volta, però, si aggiungeva una nota ufficiale del governo iraqueno che confermava la notizia. Meno di due settimane dopo, il 13 maggio, lo stesso governo di Baghdad annunciava la morte di Abu Alaa al-Afri, in un nuovo bombardamento aereo che aveva colpito la Moschea dei Martiri, nella zona di Tal Afar, mentre era in corso una riunione di molti esponenti dell’Isis in gran parte periti anche essi. Leggi tutto |
Andrea Inglese: Critica del lavoratore culturaleCritica del lavoratore culturaledi Andrea Inglese[Di tutta la faccenda scandalosa e sintomatica riguardante i mancati pagamenti della casa editrice Isbn nei confronti di autori, traduttori & collaboratori a vario titolo, la cosa che io trovo più scandalosa e sintomatica è il fatto che la denuncia esplicita e mirata sia venuta da un signore straniero, quando è evidente che, in termini numerici, le vittime di queste condotte ciniche siano state innanzitutto persone italiane. Non si tratta di rigirare il coltello nella piaga, ma di cominciare a fare i conti anche con l’omertà delle vittime che rafforza giornalmente quella dei carnefici. Certo, è tempo di dare forma politica, e ancor prima sindacale, alla rabbia e alla frustrazione che lo scandalo suscita. Ma varrebbe anche la pena di riflettere in una prospettiva più ampia sulla figura del lavoratore culturale, sulla cultura del precariato in cui s’inserisce, sulle ambiguità del suo posizionamento etico e politico. Quello che segue è un mio contributo a questo tipo di riflessione. Esso è raccolto nel volume Le culture del precariato, a cura di Silvia Contarini, Monica Jansen e Stefania Ricciardi, Ombre corte, 2015. Un altro intervento qui. a. i.]
Aspirazioni politiche del precariato intellettuale La prima considerazione che vorrei fare riguarda l’attualità “politica” del lavoratore culturale. Si tratta di un elemento rilevante, se si pensa che sembrerebbe oggi inverarsi più che mai uno degli auspici della sinistra radicale o, più precisamente, di un certo operaismo italiano: la lotta alla precarietà è divenuta tema del giorno, e questo grazie all’attività critica e alla capacità di mobilitarsi dei lavoratori della conoscenza o dei lavoratori culturali. Terrò per il momento come equivalenti questi due categorie: lavoratori della conoscenza e lavoratori culturali. Quest’ultima ha un sapore forse più inattuale, forse meno politico, ma è riemersa in tempi recenti come sinonimo di lavoratori intellettuali, lavoratori immateriali, o per usare una brutta parola, cognitariato. Se guardiamo alla situazione italiana, possiamo constatare che dall’Occupazione del Teatro Valle nel giugno del 2011, e dalla pubblicazione nel mese successivo del primo manifesto del collettivo TQ, quella che nel decennio precedente era stata una condizione in grado di inspirare soprattutto romanzieri e registi sembra finalmente provocare pratiche di carattere politico sempre più diffuse. Leggi tutto |
Paola Rudan: Il neoliberalismo fuori dalla storiaIl neoliberalismo fuori dalla storia*di Paola Rudan
Brown ha sempre guardato con sospetto al determinismo e alle facili teleologie di certo marxismo. Per lei l’imperativo di pensare «fuori dalla storia» è sorto dalla necessità di liberarsi dalle grandi narrazioni e dalle storie progressive che hanno prodotto e legittimato un mondo saturo di potere, dall’urgenza di scrollarsi di dosso l’attaccamento appassionato alle promesse mancate del liberalismo e affrancarsi da una politica dei valori e delle convinzioni degradata a moralismo. Leggi tutto |
Cristina Morini: Il dominio che rende feliciIl dominio che rende feliciCristina MoriniIl libro del filosofo ed economista francese Frédéric Lordon «Capitalismo, desiderio e servitù» è una trascinante incursione nelle nuove forme di gestione del rapporto di lavoro, dove ad essere mobilitati sono gli affetti e le passioni dei singoli
Per decodificare l’ingresso in quella che diffusamente viene definita «economia del desiderio», nella tossica assenza di separazione inconscia tra lavoro salariato e desiderio che viceversa aveva retto nel corso dei secoli passati, negli ultimi tempi si è fatto ampio ricorso alle teorie psicanalitiche. Il giovane economista e filosofo francese Frédéric Lordon nel suo libro Capitalismo, desiderio e servitù. Antropologia delle passioni nel lavoro contemporaneo (DeriveApprodi, pp. 216, euro 16). Leggi tutto |
Felice Roberto Pizzuti: Pensioni, il rimborso di RenziPensioni, il rimborso di Renzidi Felice Roberto PizzutiIl governo di Matteo Renzi ha deciso di applicare la sentenza della Corte Costituzione, ma dei 16 miliardi dovuti ne restituirà solo 2. Non solo: i soldi saranno presi da quanto era previsto per gli interventi contro la povertà. Il che conferma che a pagare per la redistribuzione saranno i più poveri Il Governo ha deciso di applicare la sentenza della Corte Costituzionale al 12%. Questa infatti è, all’incirca, la percentuale del rimborso (2,180 miliardi di euro) che verrà effettuato ai pensionati rispetto a quello che sarebbe loro dovuto in base alla piena applicazione delle indicazioni della Corte (16,6 miliardi più gli interessi). Tra le righe della sentenza si possono anche individuare elementi per contenere la restituzione del mancato adeguamento all’inflazione, ma è fortemente dubbio che le sue indicazioni possano essere eluse per quasi il 90%. La restituzione parziale avverrà in misura progressiva: 750 euro per le pensioni superiori a tre volte il minimo (circa 1406 euro lordi mensili al dicembre 2011) fino a 1700 euro lordi; 450 euro per le pensioni fino a 2200 euro lordi; 278 euro per quelli fino a 3200 euro lordi. Anche per chi prenderà di più, si tratterà di un assegno una tantum (perché la questione dovrebbe essere rivista nella prossima legge di stabilità dove le pensioni saranno oggetto di altri interventi) e nettamente inferiore a quanto previsto dalla sentenza. Infatti, anche per la prima fascia d’importo, il rimborso avrebbe dovuto essere di circa 1700 euro, mentre per la fascia più alta dovrebbe essere di circa 3800. Leggi tutto |
Paul Krugman: Le bugie e i paraocchiLe bugie e i paraocchiI Bush e i "very serious people" inchiodati alle loro responsabilitàdi Paul KrugmanJeb Bush sicuramente ci ha fatto un favore: i suoi tentativi di glissare sul passato hanno finito con il riportare in auge una discussione che molte persone cercavano, al contrario, di evitare – e dalla quale cercano tutt’ora di sottrarsi con una lotta serrata, oppure ricorrendo alla falsa ipotesi del "se avessimo saputo quello che sappiamo ora". Questa formulazione rappresenta già di per sé una chiara evasione dal problema, come hanno sottolineato Josh Marshall [qui], Greg Sargent [qui], e Duncan Black [qui] – ognuno dei quali ha fatto al riguardo delle leggere ma fondamentali distinzioni. In primo luogo, come ha detto Josh, quello sull'Iraq non è stato un errore in buona fede. Bush e Cheney non sedettero intorno ad un tavolo con la comunità dell'intelligence, chiedendole la miglior valutazione sulla situazione, per poi concludere a malincuore che la guerra era l'unica opzione. Avevano deciso fin dall'inizio – prima che la polvere del 9/11 si fosse finanche posata – di usare l’attacco terroristico come una scusa per perseguire un regime laico che, per quanto malvagio potesse essere, non aveva nulla a che vedere con quell'attacco. Leggi tutto |
Enrico Galavotti: Marx: Glosse marginali al Manuale di economia politica di Adolph WagnerMarx: Glosse marginali al Manuale di economia politica di Adolph Wagnerdi Enrico Galavotti
Ciò che differenziava gli economisti inglesi da Marx era la loro superficialità, ma ciò che differenziava gli economisti tedeschi da lui era la loro astrattezza. E infatti Marx più volte lo dice nelle Glosse: il valore, il valore di scambio, il valore d'uso non sono "soggetti"; l'unico vero soggetto è la "merce". Marx non voleva fare il "filosofo dell'economia in generale" ma il "fenomenologo critico dell'economia politica borghese e del capitalismo in particolare". Ecco perché, scrivendo il Capitale, era partito con la descrizione della merce. Se si parta dalla merce si arriva a capire che, nel capitalismo, tutto è anzitutto "merce", non anzitutto "denaro", anche se ovviamente non può esserci merce senza denaro (senza denaro c'è solo "valore d'uso", "autoconsumo"). Leggi tutto |
Mark Fisher: Abbandonate ogni speranza (l’estate sta arrivando)Abbandonate ogni speranza (l’estate sta arrivando)di Mark FisherPubblichiamo una densa ma intrigante analisi di Mark Fisher, giornalista freelance, ospite spesso sulle colonne del Guardian e autore del libro “Capitalist Realism and Ghosts Of My Life” (Zero Books, 2014), sull’esito delle recenti elezioni inglesi, che hanno visto il trionfo del Partito Conservatore. Originalmente pubblicato qui
La cultura popolare inglese contemporanea, con il suo antiquato cameratismo post-moderno, la sua mascolinità furbesca (qualcuno vuole una birra con Nigel? [Farage, ndt]), la sua pornografia della povertà, il suo vile culto degli affari, sono diventati come gigantesche simulazioni del Poundbury Village, in cui nulla di nuovo accade mai, per sempre… mentre ubiqui i cartelli Keep Calm, in modo ostentatamente eccentrico o ironico, funzionano di fatto come i comandi di They Live, contengono il panico e la disperazione. Leggi tutto |
Saint Simon: Nicholas Kaldor sul mercato comuneNicholas Kaldor sul mercato comunedi Saint SimonRiportiamo il pensiero del celebre economista keynesiano Nicholas Kaldor sul progetto di unione monetaria europea, pubblicato nel 1971 nell’articolo “The Dynamic Effects of the Common Market”. Nonostante l’euro fosse ben lontano da venire, Kaldor commentava gli effetti dell’unione monetaria presentata per la prima volta come obiettivo della CEE dal Piano Werner, che faceva propri gli impegni presi nel summit de L’Aja nel 1969. Kaldor si rivela estremamente lungimirante nel prevedere i problemi che la UEM avrebbe causato a 30 anni di distanza. … Un giorno le nazioni d’Europa potrebbero essere pronte a fondere le loro identità nazionali e a creare una nuova Unione Europea – gli Stati Uniti d’Europa. Se e quando lo faranno, un governo europeo assumerà tutte le funzioni che il governo federale adesso fornisce negli Stati Uniti, o in Canada o in Australia. Ciò comporterà la creazione di una “piena unione economica e monetaria”. Ma è un errore pericoloso credere che l’unione monetaria ed economica possa precedere un’unione politica o che agirà (nelle parole del rapporto Werner) “come lievito per l’evolversi di una unione politica, della quale in ogni caso a lungo andare non potrà fare a meno “. Infatti, se la creazione di un’unione monetaria e il controllo comunitario sui bilanci nazionali generano pressioni che portano al collasso dell’intero sistema, ciò impedirà lo sviluppo di un’unione politica anziché promuoverla. E’ stato scritto nel 1971! In The Dynamic Effects of the Common Market pubblicato per la prima volta sul New Statesman, il 12 Marzo 1971 e anche ristampato (come Capitolo 12, pp 187-220) in Further Essays on Applied Economics – Volume 6 della raccolta Collected Economic Essays di Nicholas Kaldor. Leggi tutto |
Marco Revelli: La democrazia affonda nel MediterraneoLa democrazia affonda nel Mediterraneodi Marco RevelliCancellata la memoria dei suoi fallimenti,l’Europa si prepara, per via amministrativa, a una nuova, folle avventura di guerra nel Mediterraneo. E l’Italia di Renzi, con il partito della nazione, è in prima fila Forse è bene provare ad alzare un po’ lo sguardo allo scenario generale, in violento movimento soprattutto nel quadro europeo, per cercare di trovare un senso al di sopra di una discussione condotta prevalentemente in modo superficiale o anacronistico. Prendiamo ad esempio le elezioni politiche in Gran Bretagna. Sono state discusse, da quasi tutti, come se si fosse trattato della solita partita tra Tories e Labour – tra destra e sinistra. Oppure, soprattutto nell’area Pd, come se in ballo fosse la gara tra New e Old Labour, un derby – per usare una categoria cara a Renzi – tra Tony Blair (riesumato) e Ed Miliband (rapidamente seppellito), avendo trionfato postumo il primo ed essendo affondato neonato il secondo. Basta dare un’occhiata ai dati e alle belle mappe colorate che gli inglesi sanno fare benissimo, per capire che non è così. Se si considerano i voti in valori assoluti, anziché i seggi condizionati dal sistema elettorale, si vedrà che il Labour di Miliband non si è affatto svuotato drammaticamente, anzi ha preso (con i suoi 9.347.326) circa 700.000 voti in più rispetto a quelli di Gordon Brown cinque anni fa, e – udite udite! – appena 200.000 in meno del mitico Blair che nel 2005 ne aveva raccolti 9.552.436. Leggi tutto |
Giulietto Chiesa: Macedonia, cronache del futuro: un’altra rivoluzione colorataMacedonia, cronache del futuro: un’altra rivoluzione coloratadi Giulietto ChiesaInauguro una nuova forma di giornalismo. Appunto cronache del futuro. Proprio nel giorno che, forse, vedrà l’inizio di una nuova rivoluzione colorata. Quale sarà il colore, lo vedremo dopo. Per il momento non è stato ancora deciso. Ma il sangue c’è già. Il 9 maggio scorso a Kumanovo, confine tra Macedonia e Kosovo, un attacco armato ha prodotto 14 morti tra gl’incursori e 8 tra i poliziotti macedoni, con oltre 30 arresti. Serviva per preparare il terreno ad una grande manifestazione in piazza, a Skopje, che doveva riunire 70.000 persone e iniziare l’assalto al palazzo del governo. Stile Euromaidan. Dunque una rivoluzione colorata “speciale”, cioè un mix tra sollevazione “pacifica” interna, interetnica ( circa il 30% dei macedoni sono musulmani di etnia albanese) e aggressione armata dall’esterno. I seguaci di Gene Sharp “Come si abbattono le dittature”) hanno fantasia da vendere. Come tutte le precedenti rivoluzioni colorate, anche questa vanta alcune caratteristiche standard. La prima è l’immediato appoggio di tutto il mainstream occidentale. Che, allenato a dovere, si mette subito a gridare ai diritti umani violati dal governo autoritario. Questo è l’inizio canonico. Poi, quando il primo sangue scorre, il governo da abbattere diventa anche “sanguinario”. La seconda qualità colorata è che le cancellerie occidentali si mobilitano subito per fare pressioni. Perfetto. Nei giorni scorsi l’ambasciatore americano a Skopje, Jess Bailey, dopo avere incontrato il premier macedone Nikola Gruevski rende noto un comunicato congiunto, firmato anche da Italia, Francia, Regno Unito, oltre che dalla Unione Europea, che critica”l’inazione” del governo sulla questione delle intercettazioni telefoniche. Leggi tutto |
Militant: Tra impossibile riformismo e necessaria mediazioneTra impossibile riformismo e necessaria mediazioneMilitant
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Luca Cangianti: La filosofia del fantasma in MarxLa filosofia del fantasma in Marxdi Luca Cangianti
Nel Manifesto Marx illustra il processo di rimozione psicosociale del comunismo e della crisi economica del capitalismo attraverso la metafora del fantasma. In questo caso egli s’inspira a Shakespeare che spesso fa comparire lo spettro quale indizio di un crimine occultato – ad esempio con l’apparizione del fantasma di Banquo nel Macbeth o di quello del re ucciso nell’Amleto. Il riemergere del crimine rimosso è accompagnato inoltre dall’annuncio di una crisi imminente: “penso che tutto questo presagisca una qualche inusitata catastrofe nel nostro stato”, dice Orazio a Marcello nell’Amleto. Gli ectoplasmi agitano le loro catene anche nel Capitale. Marx afferma che i feticismi e le apparenze fallaci descritte nella VII sezione del III libro sono una mistificazione del modo di produzione capitalistico, un “mondo stregato, deformato e capovolto in cui si aggirano i fantasmi di Monsieur le Capital e Madame la Terre, come caratteri sociali e insieme direttamente come pure e semplici cose” (Editori Riuniti, 1981, 943). Leggi tutto |
Tiziana Terranova: Il regno perduto della libertà on lineIl regno perduto della libertà on linedi Tiziana Terranova
All’apparenza anche questa potrebbe sembrare una storia scontata. Nel titolo del volume, troveremmo condensata tutta la parabola discendente della breve storia della Rete a quella di un paradiso perduto, in cui l’utopia si fa brutalmente commercio, consumo, scambio, accumulazione, alienazione, controllo, e sfruttamento. E purtuttavia nello spazio che si dispiega tra il titolo e la serie di saggi che compongono il volume, questo slittamento dall’utopia al mercato lungi dal risolversi in una storia banale, si rivela essere pieno di pieghe e di sfumature inattese, che si aprono anche alla possibilità che la rete possa tornare ad essere non tanto utopia quanto un potente mezzo di rovesciamento dei rapporti di forza. Leggi tutto |
Elvira Corona: Dal 15M al 24M e l’insostenibile leggerezza dell’informazione italianaDal 15M al 24M e l’insostenibile leggerezza dell’informazione italianaElvira CoronaA meno di 24 ore dal risultato definitivo delle ultime elezioni spagnole, i media italiani più seguiti fanno a gara nell’attribuire la vittoria a Podemos e al suo “leader col codino”, Pablo Iglesias (che in realtà è il segretario del partito). Il 15 maggio 2011, milioni di persone erano scese in piazza da Madrid a Siviglia e da Barcellona a La Coruña per denunciare un paese corrotto, che rispondeva ai dettami della troika e per seguirli le banche sfrattavano i cittadini spagnoli dalle proprie case subito dopo stati licenziati. I media italiani dopo qualche giorno di cronaca dalle acampadas a la Puerta del Sol di Madrid sono andati in letargo. Improvvisamente però, ignorando praticamente tutto quello che è successo nel mezzo – all’indomani del 24 maggio del 2015 – tutti si svegliano e si rivelano esperti e perfettamente in grado di leggere la realtà. Ma soprattutto di semplificarla. E allora anche se in realtà Podemos non ha vinto proprio da nessuna parte, e se Pablo Iglesias in realtà è il Segretario del partito (agli italiani piacciono proprio i leader) è raro trovare nel panorama giornalistico italiano qualcuno che faccia una analisi seria di quello che è successo in Spagna. E questo purtroppo avviene spesso quando si tratta di fatti che non riguardano casa nostra o giù di lì. Giusto per fare un po’ di chiarezza: a Barcellona ha vinto la coalizione en Comù, che è sostenuta da una serie di organizzazioni della società civile e anche da Podemos, e che insieme hanno scelto la candidata Ada Colau, già portavoce della Piattaforma de los Afectados por la Hipoteca (PAH), quella che si opponeva agli sfratti e occupava le case sfitte per capirci. Leggi tutto |
Fabrizio Marchi: La sostenibile e schizofrenica scissione di Mario TrontiLa sostenibile e schizofrenica scissione di Mario TrontiFabrizio MarchiProprio questa mattina ho letto questo interessante e in larga parte condivisibile articolo: http://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/5185-militant-tra-impossibile-riformismo-e-necessaria-mediazione.html Però…C’è un però che è grande come una montagna e che fa a cazzotti con l’analisi contenuta nell’articolo stesso in cui si fa esplicito riferimento alle elaborazioni filosofiche-politiche di Mario Tronti, “inventore” e teorico dell’ “operaismo” prima, sostenitore del “Primato Leninista della Politica” (con la P maiuscola e anche col K…) poi, uno dei grandi “maitre a penser” della Sinistra italiana (primato conteso con Alberto Asor Rosa e pochi altri…), a suo tempo considerato uno dei “cattivi maestri”, insieme, fra gli altri, ad Antonio (Tony) Negri, intellettuale di punta dell’Autonomia Operaia anni ‘70. Mario Tronti, che nonostante le sue posizioni “eretiche” se non addirittura “sovversive” (per lo meno in linea teorica…) non è mai uscito dal PCI e poi dal PDS e dai DS, è stato eletto alle ultime elezioni senatore nelle file del PD, e continua a restarci. Non quindi nel PD “socialdemocratico” (magari lo fosse stato, diciamo che questa è l’immagine costruita dai media…) di Bersani o di D’Alema (il che sarebbe comunque grave, specie per un uomo con la sua storia) ma in quello di Renzi, cioè il neo “partito della nazione”, l’architrave dell’attuale sistema politico, il garante degli interessi del grande capitale finanziario (e non solo) europeo e internazionale attualmente dominante. Leggi tutto |
Anna Lombroso: Partito unico, sindacato unico, faccia tosta unicaPartito unico, sindacato unico, faccia tosta unicaAnna LombrosoMagari c’è chi si è stupito della sortita del caudillo di Rignano, di quel suo auspicio di un sindacato unico, non unitario, proprio unico, possibilmente la Cisl, con il quale “dialogare” nell’unico modo che conosce, facendosi dare sempre ragione, non come i matti, ma come i despoti piccoli e grandi. Io non mi sono meravigliata: abbiamo fatto ormai l’abitudine al travaso delle idee più mediocri, banali e corrive da uno scompartimento ferroviario, da un tavolino del bar sport, da una cena di un Lyons di provincia alla poltrona di premier conquistata senza merito e senza elezioni. E c’è purtroppo da prenderlo sul serio: l’uomo non è nuovo alla demolizione dell’edificio democratico delle rappresentanze e dei corpi intermedi, quanto invece è intento a costruire un sistema, suggerito in alto e altrove, che esalti valori aziendali e commerciali, quelli della fidelizzazione, dell’appartenenza, del prezzo, del marketing, della competizione e della sopraffazione padronale, ambedue oggi condizionate da produzioni caratterizzate da un basso valore aggiunto e quindi attive solo sul fronte del costo del lavoro vicino a concorrere solo con i quello di altri “terzi mondi”. È per quello che, oltre ogni considerazione di buonsenso, i sindacati rappresentano per lui un’arena di “ostili”, benché ormai degenerati e interpretati come un ceto chiuso, detentore di privilegi e rendite di posizione, poco sensibile alle aspettative di lavoratori sempre più soli, poco avvertiti dei bisogni dei precari, che per loro stessa natura vivono una diaspora di interessi e una condizione di isolamento. Leggi tutto |
Nicolas Martino: L’intellettuale e la sindrome di BelenL’intellettuale e la sindrome di BelenNicolas Martino«Lo stesso intellettuale ignora assolutamente l'origine sociale delle sue forme concettuali»1. È bene tenere a mente queste parole di Alfred Sohn-Rethel per provare a svolgere qualche riflessione a partire dall'ultimo numero di «aut aut» (365/2015) dedicato a indagare il lavoro intellettuale in epoca neoliberale e significativamente intitolato «Intellettuali di se stessi». Già, perché l'intellettuale è ormai interamente colonizzato dalla forma di vita neoliberale che ha fatto di ogni vivente un imprenditore di se stesso, e quindi catturato in quel marketing del sé che non sembra lasciare alcuna via di scampo. Eppure proprio a partire da questa figura iperindividualizzata è possibile che emergano figure di vita comune, è possibile aprire un discorso che sottragga il lavoro intellettuale all'infelicità di un narcinismo (narcisimo + cinismo) esasperato. Questa, molto sinteticamente, la cornice approntata dai curatori, Dario Gentili e Massimiliano Nicoli, all'interno della quale si svolgono gli interventi dei curatori stessi, di Roberto Ciccarelli, Carlo Mazza Galanti, Federico Chicchi e Nicoletta Masiero, Andrea Mura, Alessandro Manna e Vincenzo Ostuni. Leggi tutto |
Jacques Sapir: Il rivelatore grecoIl rivelatore grecoJacques Sapir
L’Unione europea pretende di instaurare regole comuni e di solidarietà tra i paesi membri e anche oltre questi; i fatti smentiscono tragicamente e sempre più le idee di solidarietà, anche di quella al suo interno. Il budget comunitario, pur ridotto a meno dell’1,25% del PIL, è destinato a ridursi ancora. Queste due contraddizioni alimentano la crisi politica e insieme economica che l’UE conosce. Ne minano le fondamenta e oscurano in misura considerevole l’avvenire.
Il rivelatore greco Il trattamento inflitto alla Grecia è un buon esempio della realtà delle pratiche in seno all’UE; aggiungiamo che, ahimè, non è il solo. Ma serve da rivelatore e manifesta la profonda ipocrisia della costruzione europea. Leggi tutto |
Sergio Cesaratto: L’organetto di DraghiL’organetto di DraghiPrima lezione: moneta endogena e politica monetariadi Sergio CesarattoPubblichiamo alcune lezioni preparate da Sergio Cesaratto per economiaepolitica.it, dedicate alla BCE e alla politica monetaria. La serie, intitolata l'”Organetto di Draghi”, prevede quattro lezioni: 1) Moneta endogena e politica monetaria; 2) La BCE di fronte alla crisi; 3) LTRO, Target 2, Omt; 4) Forward guidance e Quantitative easing.
Nella prima delle nostre quattro lezioni vedremo da cosa dipendono domanda e offerta di liquidità emessa dalla banca centrale in relazione al suo obiettivo di un certo tasso di interesse a breve termine. Entreremo insomma subito al cuore della politica monetaria, politica che potete identificare con la determinazione del tasso dell’interesse, una variabile che ha grande influenza sull’attività economica. Leggi tutto |
Renata Morresi: Scuola, feticci e bugieScuola, feticci e bugiedi Renata Morresi
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Alberto Burgio: Se tutto è merce la corruzione vinceSe tutto è merce la corruzione vinceAlberto BurgioDalle liste elettorali impresentabili al voto di scambio in Sicilia è tutto un pullulare di mercimonio e corruzione. Niente di nuovo si dirà, ripensando al Mose e all’Expo, alla telenovela infinita delle tangenti e delle carriere spianate a figli e amanti con tanto di rolex e di viaggi all’estero a spese della collettività. Vero. Del resto si parla sempre della politica come se altrove tutto fosse in ordine. Non lo è. Basterebbe guardare con attenzione al mondo universitario – per dirne una – per capire che anche la famosa «società civile» gronda corruzione, con i suoi bravi corollari di protervia, illegalità, clientelismo. Ma ora, a complicare il quadro, scoppia questo megascandalo transnazionale della Fifa. Si scopre un sistema ventennale di favoritismi e taglieggiamenti che, stando agli inquirenti, ha fruttato ai vertici dell’organizzazione qualcosa come 150 milioni di dollari. Per corrotto che sia, il nostro paese non è dunque un’eccezione. La corruzione dilaga, fa sistema. Si ha l’impressione che rappresenti, dietro le quinte, la vera logica nella riproduzione dei poteri e nell’assunzione delle decisioni. Ma se è così, che cosa se ne deve dedurre? Che questa è, paradossalmente, la regola? Che deprecare è, oltre che vano, insulso? Leggi tutto |
Leonardo Mazzei: Elezioni regionali: la posta in giocoElezioni regionali: la posta in giocodi Leonardo MazzeiIn un certo senso Renzi avrebbe anche ragione nel voler delimitare la portata politica delle elezioni del 31 maggio. Quelle di domenica prossima sono regionali dimezzate rispetto alle precedenti del 2010. Voteranno infatti 7 regioni anziché 13. A differenza di 5 anni fa non andranno alle urne il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Lazio, la Basilicata e la Calabria. Dunque, come elezioni di "medio termine", il loro peso parrebbe almeno in parte svilito. Ma c'è un piccolo particolare che le rende invece importanti, e quel piccolo particolare si chiama proprio Matteo Renzi, con il suo progetto autoritario, la sua politica antipopolare, la sua voglia di costruirsi un regime a sua immagine e somiglianza. Nel bene come nel male il voto di domenica avrà quindi una chiara valenza politica, rafforzando od indebolendo il disegno del ducetto fiorentino. Questa è la vera posta in gioco, ben al di là del governo delle Regioni, che giustamente non appassiona praticamente nessuno. Anzi, la supina accettazione delle politiche austeritarie da parte di tutti i governi regionali, con effetti gravissimi ad esempio nel settore sanitario, ha creato una vera e propria ripulsa popolare verso la stessa esistenza dell'Ente Regione. Aggiungiamo poi gli scandali ed il gioco è fatto. Basti pensare che i Consigli delle Regioni dove si è andati al voto anticipato in questi anni, sono stati sempre sciolti a causa delle varie ruberie che hanno riempito le cronache dei giornali, mai per un vero scontro politico sulle scelte da compiere. Leggi tutto |
Guglielmo Forges Davanzati: La scuola che piace a ConfindustriaLa scuola che piace a Confindustriadi Guglielmo Forges DavanzatiLa “riforma” della scuola si basa sulla errata convinzione che l’elevata disoccupazione giovanile in Italia dipenda dal fatto che il nostro sistema formativo non offre competenze adeguate a quelle richieste dalle imprese. Come già sperimentato, dequalificare la forza-lavoro per favorire un modello economico produttivo a bassa intensità tecnologica è controproducente per l'occupazione e la crescita della produttività del lavoro Nel documento preparatorio della “riforma” della Buona scuola, il Governo propone questa diagnosi della disoccupazione giovanile in Italia: “Il 40% della disoccupazione in Italia non dipende dal ciclo economico. Una parte di questa percentuale è collegata al disallineamento tra la domanda di competenze che il mondo esterno chiede alla scuola di sviluppare, e ciò che la nostra scuola effettivamente offre”. In sostanza, si ritiene che l’elevata (e crescente) disoccupazione giovanile in Italia sia imputabile a fenomeni di mismatch,ovvero di mancato incontro fra domanda e offerta di lavoro, a sua volta riconducibile al fatto che il nostro sistema formativo non offre competenze adeguate a quelle richieste dalle imprese. Sulla base di questa diagnosi, si propone una serie di interventi finalizzati a orientare i processi formativi nella direzione delle qualifiche domandate, soprattutto mediante la c.d. alternanza scuola-lavoro. Assumiamo che la diagnosi sia corretta, come attestato dall’ultimo Rapporto Mckinsey, che è la base teorica della “riforma”. E’ bene chiarire che si tratta di una diagnosi che deriva da una ricerca del gennaio 2014 realizzata da una delle più importanti imprese multinazionali che operano nel settore della consulenza manageriale. Curiosamente, il Governo ha scelto questa fonte e non quella ufficiale UnionCamere-Ministero del Lavoro. Da quest’ultima, in radicale contrapposizione con la prima, risulta che il tasso di disoccupazione giovanile imputato alla “mancanza di adeguata preparazione e formazione” è pari al solo 2% della disoccupazione giovanile complessiva[1]. Leggi tutto |
Militant: Il sindacato unico renzianoIl sindacato unico renzianoMilitantChe Renzi prospetti soluzioni come il “sindacato unico” sta nelle cose. Che qualcuno, dalla Camusso alla “sinistraPd”, possa muovergli critiche, è invece davvero deprimente. Nessuno dei protagonisti del cicaleccio quotidiano massmediatico può dirsi esente dall’onda antipolitica cavalcata oggi con profitto dall’attuale premier. Il fatto che sia più telegenico, che abbia sottratto dalle mani di un ceto politico post-comunista deprimente il partito, che avanzi a colpi di gazebo e primarie e non nei congressi, non toglie il fatto che Renzi non è l’uomo nuovo al comando, ma la punta di diamante di un processo storico favorito dagli attuali rosiconi d’accatto. Antipolitica, populismo, lotta ai partiti e anticomunismo sono le quattro dirimenti che hanno contrassegnato le vicende della politica italiana dalla metamorfosi del Pci in avanti. Tutte tendenze allevate in seno a una casta (questa si, casta!) politica felice di potersi spogliare dei panni duri della vita di partito, dell’organizzazione, della selezione di idee e di classi dirigenti, della coerenza, per concedersi armi e bagagli al nuovismo post-ideologico, alla post-modernità intellettuale, dei valori, del pensiero debole, del messaggio televisivo. E’ stata la sinistra, quella da Occhetto a Bertinotti, a cambiare veste, solleticando gli umori di una massa informe di cittadini non più lavoratori, non più militanti, ma elettori da conquistare. E’ stata la sinistra a condannare il socialismo a episodio storico da superare, a tendenza culturale da marginalizzare, nelle parole non dell’ultimo Renzi, ma dal primo D’Alema, del primissimo Bertinotti e via avvilendo. Leggi tutto |
Tonino Perna: “Dobbiamo riappropriarci della sovranità monetaria perduta”“Dobbiamo riappropriarci della sovranità monetaria perduta”C. Rossitto intervista Tonino PernaUn’intervista a Tonino Perna di Concetto Rossitto su La Civetta press in occasione del terzo convegno di Siracusa Resiliente. L’economista: “Ci sono state ben sette crisi finanziarie dal 1987 ad oggi. La prossima, che potrebbe scoppiare quest’anno, sarà più catastrofica del 2007”
Sono interventi di pura somministrazione di oppiacei che prolungano l’agonia di un modello socio-economico fallimentare. Sono flussi di denaro che finiscono solo in minima parte nell’economia reale, mentre servono a capitalizzare le banche e far crescere i titoli di Borsa fino a che non scoppia la prossima bolla finanziaria. Ricordo che ci sono state ben sette crisi finanziarie dal 1987 ad oggi. La prossima, che potrebbe scoppiare entro il prossimo autunno, sarà ancora più catastrofica del 2007.
Una maggiore quantità di denaro fresco può rappresentare una boccata di ossigeno per le banche, che forse hanno in pancia prodotti tossici e rischiano parecchio. Ma quella nuova massa monetaria si trasferirà all’economia reale o rischia di finire (del tutto o in massima parte) nel buco nero della finanza speculativa? Non sarebbe preferibile scoraggiare la turbofinanza per far rifluire risorse monetarie già esistenti verso l’economia reale? Leggi tutto |
Karl Marx: Io sono il mio denaroIo sono il mio denaroKarl Marx
Goethe, Faust (Mefistofele): Che diamine! Certamente mani e piedi e testa e di dietro, questi, sono tuoi! E pure tutto quel di cui frescamente godo è perciò meno mio? Se io posso comprarmi sei stalloni, le loro forze non sono mie? Io ci corro sopra e sono un uomo più in gamba, come se avessi ventiquattro piedi. Shakespeare, in Timone d’Atene: Oro? Prezioso, scintillante, rosso oro? No, dei, non è frivola la mia supplica. Tanto di questo fa il nero bianco, il brutto bello, il cattivo buono, il vecchio giovane, il vile valoroso, l’ignobile nobile. Leggi tutto |
Alberto Bagnai: Il reddito della glebaIl reddito della glebadi Alberto Bagnai
Qual è il gioco? Ma è semplice! Barattare il diritto a un lavoro con il diritto a un reddito. Lo chiamano reddito di cittadinanza, ma qui lo chiameremo reddito della gleba. Risparmieremo caratteri, e aderiremo meglio all'essenza del ragionamento. Così come la servitù della gleba legava il colono a un fondo, il reddito della gleba serve a legare i nuovi coloni al precariato. Ma se mi avete seguito fin qui (e soprattutto se avete seguito Quarantotto) non avrete certo bisogno che ve lo spieghi, lo scopo del gioco: in un mondo dove la totale libertà garantita al capitale determina uno schiacciamento dei redditi da lavoro e quindi un aumento della disuguaglianza e una traslazione della classe media verso il basso (come ho mostrato in L'Italia può farcela); in un mondo nel quale, stante il principio fondamentale della tutela ultra vires degli interessi dei grandi creditori (che non amano l'inflazione, se pure moderata), l'unico meccanismo di aggiustamento è la deflazione; in un mondo nel quale quindi la polarizzazione dei redditi indotta dalla deflazione sta creando una platea sterminata di poveri; bene: in questo mondo, il nostro mondo, si pone il problema di tenerli buoni, questi poveri... Leggi tutto |
Marino Badiale: Ancora su destra e sinistraAncora su destra e sinistraMarino Badiale
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Guy Standing: Una carta del precariato?Una carta del precariato?G Battiston intervista Guy StandingPubblichiamo la versione integrale di un’intervista a Guy Standing apparsa sull’Espresso online
Per farlo, spiega Standing, occorre partire da due priorità: ripensare lo stesso concetto di lavoro, includendovi sia le attività produttive sia quelle riproduttive e il tempo libero, e rivedere l’intero sistema della redistribuzione della ricchezza, introducendo un reddito minimo universale. Leggi tutto |
Comidad: La destabilizzazione internazionaleLa destabilizzazione internazionaleUn businnes a spese del contribuenteComidadPer evitarsi la pena di commentare il magro risultato elettorale, e per far capire a tutti quali siano i veri padroni a cui deve rispondere, un Renzi in versione NATO lunedì scorso è volato in Afghanistan, ad arringare i soldati italiani. Senza risparmiarci il ridicolo di indossare la tuta mimetica, dall'alto della sua scienza politica, Renzi ha spiegato ai giovani militari che in un mondo globale la sicurezza interna ai vari Paesi dipende dalle loro scelte internazionali. Parole sante. Parole tanto più significative se pronunciate in un Paese, l'Afghanistan, che dal 2002 segna ogni anno un nuovo record di produzione dell'oppio. Proprio quell'oppio che, trasformato in eroina, inonda l'Europa. La destabilizzazione dell'Afghanistan da parte della NATO ha quindi comportato i suoi riflessi destabilizzanti all'interno dei Paesi della NATO. Si potrebbe iniziare a questo punto la solita litania sugli "errori dell'Occidente", se non ci si ricordasse che la destabilizzazione costituisce un business. Che la NATO non abbia nulla a che vedere con la produzione ed il traffico di oppio, può essere infatti sostenuto solo contro ogni evidenza, e ciò fa parte di quei "segreti" noti a tutti, ma troppo osceni per essere pronunciati, poiché rimetterebbero in discussione tutta la visione del mondo comunemente accettata. Il problema è che, se per alcuni la destabilizzazione internazionale costituisce un business, per altri è una spesa. La destabilizzazione infatti è a carico del contribuente, che deve finanziare crescenti spese militari, che a loro volta vanno a favorire ed organizzare il contrabbando che fiorisce all'ombra delle basi militari e del segreto militare. Leggi tutto |
Elvira Vannini: Marx nelle strade, non alla biennale!Marx nelle strade, non alla biennale!Elvira VanniniScriveva Toni Negri nel 1988: “credo che in nessun caso più che in quello dell’arte, della sua produzione e del suo mercato, la forma di organizzazione sociale che Marx chiama sussunzione reale sia oggi realizzata”1 . Ma non è solo la sottomissione reale del lavoro al capitale che trova nell’arte un’applicazione esemplare. Il suo mercato infatti, tra le economie più potenti, non ha registrato gli effetti recessivi della crisi finanziaria globale. L’artista è subordinato a dispositivi di potere che depotenziano ogni vettore di soggettivazione e controllano la sua attività. Il sistema degli addetti ai lavori è ormai diventato la nuova unità di produzione del capitale semiotico. È sullo scenario di questa paradigmatica filiera produttiva del capitalismo postfordista (e dei suoi perversi meccanismi di sfruttamento), basata sul modello di sviluppo economico delle industrie creative e sostenuta da un immenso bacino di lavoro non salariato, che si apre la 56a Biennale di Venezia sotto la direzione del nigeriano Okwui Enwezor. Collezionisti miliardari, attori del capitale internazionale e dell’élite indiscussa dello showbiz più patinato, partecipano al vernissage e ai suoi rituali, scendono dai lussuosi yacht, ormeggiati di fronte ai Giardini, e raggiungono il cuore della mostra, nel Padiglione Centrale: qui trovano Stefano Boeri che introduce Das Kapital insieme al gallerista milanese Jean Blanchaert travestito da Marx! Come ha illustrato il curatore la rassegna All the World’s Futures ha il suo fulcro nell’Arena, una sorta di oratorio (più un palcoscenico), che ospiterà un’imponente lettura dal vivo, per tutti i sette mesi della mostra, dei tre libri de Il Capitale. Leggi tutto |
Il prossimo ottobre il mondo cambieràIl prossimo ottobre il mondo cambierà"La Cina si sta preparando per qualcosa di grosso"Il presidente cinese Hu Jintao disse che "il dollaro è un prodotto del passato" Il prossimo ottobre potrebbe essere l'inizio della fine per il dollaro come valuta di riserva del mondo, scrive Mac Slavo su SHTFPlan.com. Due volte ogni dieci anni il Fondo monetario internazionale si riunisce per discutere il paniere di valute dei diritti speciali di prelievo (DSP) . Attualmente il paniere è composto da dollaro, yen giapponese, sterlina britannica e euro, ma tra un paio di mesi potremmo vedere lo Yuan cinese prendere il suo posto tra le valute più affidabili al mondo. Il segretario al Tesoro Jack Lew dice: "La Cina non è pronta per lo status di moneta di riserva", e certamente gli piacerebbe bloccare i cinesi e conservare lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale e meccanismo primario di cambio nel commercio internazionale. Ma mentre Lew e i suoi predecessori hanno presieduto la più grande crescita del debito nazionale nella storia del mondo, i cinesi si stanno posizionando strategicamente, proprio come hanno fatto gli Stati Uniti nei primi anni del 1900, non solo per diventare la più grande economia del mondo, ma per essere la super-potenza del 21° secolo. Leggi tutto |
Alain Bertho: L’islamizzazione della rivolta radicaleL’islamizzazione della rivolta radicaleC. Tricot intervista Alain Bertho*Pubblichiamo qui una versione ridotta dell'intervista apparsa su «Regards» in cui per analizzare gli attentati di gennaio a Parigi Alain Bertho ci invita a considerare il punto di vista dei soggetti stessi, sottolineando le difficoltà attuali nel proporre una radicalità positiva.
Qualche giorno dopo gli attentati del 7 e del 9 gennaio ho letto Underground. In questo libro, basato essenzialmente su interviste, il romanziere giapponese Haruki Murakami prova a comprendere l'attacco mortale al gas nervino Sarin perpetrato dalla setta Aum nella metropolitana di Tokyo nel 1995. Ha così interrogato alcune vittime e alcuni membri della setta. Il suo lavoro mostra fino a che punto, in questo genere di situazioni, le irriconciliabili esperienze soggettive delle vittime e degli assassini si oppongano sul senso dell'evento. L'esperienza delle vittime è quella di un perché senza risposta. La ripetizione circolare delle testimonianze e dell'estremo dolore non produce alcun significato. Lo abbiamo visto a gennaio in Francia, lo abbiamo rivisto a Tunisi a marzo. Quando «le parole non bastano più», o quando «non esistono parole» per dirlo, significa che l'evento è «impensabile», nel vero senso della parola. Ma ciò che restituisce il senso dell'atto e ne assicura la sua continuità soggettiva prima, durante e dopo l’evento, è ciò che pensano coloro che ne sono stati attori o che avrebbero potuto esserlo. Questo è l'intento di Haruki Murakami quando dà la parola ad alcuni membri d'Aum. Leggi tutto |
Alain Badiou: La crisi, vera e falsa contraddizione del mondo contemporaneoLa crisi, vera e falsa contraddizione del mondo contemporaneodi Alain Badiou
Forse il punto più sorprendente è che questa rottura con il mondo della tradizione, questo vero e proprio tornado che si abbatte sul l’umanità – quello che in appena tre secoli ha spazzato via forme di organizzazione che duravano da millenni – crea una crisi soggettiva le cui cause e portata sono evidenti , e uno dei cui aspetti più rilevanti è la difficoltà estrema e crescente che i giovani, in particolare, affrontano nel trovare un posto in questo nuovo mondo. Leggi tutto |
Federico Dezzani: Moneta unica in avvitamento, tensione militare in ascesaMoneta unica in avvitamento, tensione militare in ascesadi Federico Dezzani
A Ovest defezioni Gli imperi nascono da un città, da un popolo o da uno Stato e da lì espandono il loro dominio verso una periferia sempre più lontana: quando l’organismo politico muore, la disgregazione compie il percorso inverso, partendo dagli arti e risalendo in direzione del cuore. Leggi tutto |
Manlio Dinucci: Il Califfato voluto dagli UsaIl Califfato voluto dagli Usadi Manlio DinucciMentre l’Isis occupa Ramadi, la seconda città dell’Iraq, e il giorno dopo Palmira nella Siria centrale, uccidendo migliaia di civili e costringendone alla fuga decine di migliaia, la Casa Bianca dichiara «Non ci possiamo strappare i capelli ogni volta che c’è un intoppo nella campagna contro l’Isis» (The New York Times, 20 maggio). La campagna militare, «Inherent Resolve», è stata lanciata in Iraq e Siria oltre nove mesi fa, l’8 agosto 2014, dagli Usa e loro alleati: Francia, Gran Bretagna, Canada, Australia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e altri. Se avessero usato i loro cacciabombardieri come avevano fatto contro la Libia nel 2011, le forze dell’Isis, muovendosi in spazi aperti, sarebbero state facile bersaglio. Esse hanno invece potuto attaccare Ramadi con colonne di autoblindo cariche di uomini ed esplosivi. Gli Usa sono divenuti militarmente impotenti? No: se l’Isis sta avanzando in Iraq e Siria, è perché a Washington vogliono proprio questo. Lo conferma un documento ufficiale dell’Agenzia di intelligence del Pentagono, datato 12 agosto 2012, desecretato il 18 maggio 2015 per iniziativa del gruppo conservatore «Judicial Watch» nella competizione per le presidenziali [1]. Esso riporta che «i paesi occidentali, gli stati del Golfo e la Turchia sostengono in Siria le forze di opposizione che tentano di controllare le aree orientali, adiacenti alle province irachene occidentali», aiutandole a «creare rifugi sicuri sotto protezione internazionale» Leggi tutto |
Caterina Amicucci: Possiamo sfidarli?Possiamo sfidarli?Caterina AmicucciPodemos non ha vinto le elezioni in Spagna, come hanno detto molti, ma ha mostrato prima di tutto l’emersione di realtà territoriali che tentano di riappropriarsi di spazi decisionali. Nato un anno fa come una macchina mediatico-elettorale gigantesca con una struttura di partito tradizionale, Podemos soltanto dopo ha cominciato a cercare il superamento della forma partito novecentesca a favore di reti orizzontali. Ci riuscirà? Saprà gestire il potere per disperderlo in basso? I movimenti sapranno tutelare la loro autonomia e creatività? Di certo in Spagna è in corso un terremoto politico non solo elettorale, cominciato da alcuni anni. Ha ragione Caterina Amicucci, che scrive per noi di Comune da Siviglia, “vale la pena di osservare molto da vicino se il progetto sarà all’altezza della sfida e soprattutto vedere cosa accadrà”SIVIGLIA – La stampa italiana ha proclamato in maniera unanime ed errata la vittoria di Podemos alle elezioni amministrative spagnole. Basta dare uno sguardo ai dati elettorali per capire che la notizia è semplificata al punto da essere falsa. Il Partito Popolare pur avendo perso due milioni e mezzo di voti si conferma il partito più votato, seguito a brevissima distanza dal partito socialista. Podemos si attesta, salvo poche eccezioni, come terzo o quarto partito a seconda delle regioni e delle città. Lo stesso Pablo Iglesias ha commentato domenica a urne chiuse che “la dissoluzione dei partiti tradizionali e la fine del bipartitismo si sta dimostrando un processo più lento di quello che speravamo”. Leggi tutto |
Elettra Stimilli: Gli algoritmi del capitaleGli algoritmi del capitaleElettra StimilliQuando era appena uscito nelle sale italiane The Wolf of Wall Street, il film in cui Scorsese narra l'ascesa e la caduta di uno dei tanti spregiudicati broker newyorkesi, nell'intenzione - da lui stesso esplicitamente dichiarata - di “scoprire come lavorano le loro menti”, viene pubblicato in Italia un volume a cura di Matteo Pasquinelli, Gli algoritmi del capitale. Accelerazionismo, macchine delle conoscenza e autonomia del comune (Ombre Corte 2014), che tenta di inscrivere la riflessione sull'attuale crisi finanziaria tra le sofisticate pieghe della virtualizzazione della finanza e delle relazioni sociali. Più che al film di Scorsese, Pasquinelli preferisce, però, far riferimento, come antecedente artistico delle analisi contenute nel libro da lui curato, al romanzo di Don DeLillo Cosmopolis, scritto negli stessi anni del movimento di Seattle e prima del tragico attacco alle Twin Towers. Muovendo da una riflessione sul predominio e sulla crisi del capitalismo finanziario contemporaneo, i saggi raccolti in questo volume sono tutti accomunati dall'esigenza di guardare all'orizzonte tecnologico globale nell'intento di trovare nuovi paradigmi in grado di dischiudere differenti spazi collettivi e politici. Il volume si apre con il Manifesto per una politica accelerazionista di Alex Williams e Nick Srnicek, da molti definito il caso editoriale del 2013 all'interno del pensiero politico radicale. Leggi tutto |
Fabio Bentivoglio: Guerra, ideologia e tecnicaGuerra, ideologia e tecnicaFabio BentivoglioPubblichiamo l'intervento di Fabio
Bentivoglio al convegno "1914-2014: Cento anni di
guerre", tenuto a Napoli il 4-12-14,
organizzato dall'Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici e dal Rotary Club.
Origine dei conflitti Uno dei rari casi in cui nella storia è possibile registrare una costante, confrontando anche epoche molto lontane, è proprio quello sulla natura delle dinamiche che danno origine alle guerre: le guerre sono state e sono espressione di progetti politico-militari riconducibili a dinamiche economiche, di potere, predominio, ricchezza, controllo del territorio e simili. Ovviamente ogni epoca storica si differenzia dalle altre per la configurazione dei rapporti economici e per le forme di potere, ma i moventi che determinano le guerre hanno una matrice comune. Leggi tutto |
S.Mezzadra e T.Negri: Organizzare la rottura costituenteOrganizzare la rottura costituenteUn passaggio necessariodi Sandro Mezzadra e Toni Negri
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Andrea Baldazzini: Una breve ricostruzione del dibattito storico-teorico sul neoliberismoUna breve ricostruzione del dibattito storico-teorico sul neoliberismoAndrea Baldazzini
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Stefano Porcari: Emergenza in conto CapitaleEmergenza in conto CapitaleStefano PorcariCapita che qualcuno sottragga da un parco pubblico una panchina, per sistemarsela nel proprio giardino privato o sul terrazzo. Si appropria di un bene pubblico per soddisfare il proprio interesse individuale, sottraendolo alla godibilità collettiva e a spese della collettività. Può capitare altrettanto spesso che quella panchina sia di un Punto Verde Qualità, per il quale il Comune ha garantito i mutui dei soggetti privati cui li ha dati in concessione, ritrovandosi così con un buco in bilancio per decine di milioni di euro, lavori non terminati e mazzi di false fatturazioni per opere non realizzate. La pubblica indignazione viene, in qualche caso anche giustamente, veicolata contro chi si è appropriato della panchina. Mentre quasi nessuno se la prende - finché non interviene un'indagine - con i gestori del punto verde che lo lasciano degradare o il Comune che ha garantito concessioni e finanziamenti che forse non recupererà mai. Si entra così dentro un meccanismo perverso che trascina tutti - e la città capitale nel suo complesso – verso il basso, in modo percepibile da tutti, anche a occhio nudo. Una deresponsabilizzazione istituzionale, collettiva e individuale che produce un degrado che appare inarrestabile. Leggi tutto |
Giulietto Chiesa: Prednestrovia, cos’è? Presto lo sapremoPrednestrovia, cos’è? Presto lo sapremodi Giulietto ChiesaParlo del prossimo, possibile, teatro di guerra in Europa. Zampillano come pozze di geiser, questi conflitti. E non è un caso. Si è cominciato con l’Ucraina (risultato: fino ad ora 50 mila morti, secondo i servizi segreti tedeschi). Da poco si è aperto il bubbone della Grande Albania (morti per ora una ventina), con le prime scaramucce alla frontiera tra Kosovo e Macedonia, con inizio dell’ennesima rivoluzione colorata made in America. Ora è la volta della Prednestrovia (in russo, al di là del Dnestr, in italiano Oltre Dnestr). Appunto: cos’è? E’ una repubblica indipendente riconosciuta da quasi nessuno (neanche dalla Russia, che non ha legami diplomatici ufficiali con Tiraspol, la capitale). Tranne che dall’Abkhazia, dall’Ossetia del Sud e dal Nagorno-Karabakh. Tra spezzoni dell’ex Urss ci s’intende. Nacque al momento del crollo dell’Unione Sovietica e si trovò subito nei guai. Vediamo perché: si trova appoggiata alla riva sinistra del fiume Dnestr per circa 400 chilometri. Ma si ferma una trentina di km dallo sbocco al mare. Dunque il suo unico porto è – paradossalmente – quello di Odessa, in Ucraina. Sull’altra riva dello Dnestr c’è la Moldova, ex repubblica sovietica, oggi protettorato di Bruxelles. Commerci c’erano e ci sono, da quella parte, ma Chisinau è nemica, e ha sempre cercato di riprendersi il territorio. Nel 1991 ci furono aspri combattimenti, con un migliaio di morti proprio tra moldavi e abitanti di questa striscia, che si risolsero, anche grazie al generale russo Aleksandr Lebed, con la sconfitta dei primi. Leggi tutto |
Alberto Bagnai: L’esempio grecoL’esempio grecoDentro l’euro non c’è sinistradi Alberto BagnaiLa crisi greca ha dato ai nostri politici progressisti tre importanti lezioni, destinate a cadere nel vuoto pneumatico della loro ignavia. Peccato, perché capirle sarebbe soprattutto loro interesse. La prima lezione è che dentro l’euro non c’è spazio per la “sinistra”. Questo lo sapevano bene i comunisti italiani degli anni ’70. Marco Palombi ha riportato alla luce sul Fatto Quotidiano del 19 maggio 2014 le parole con cui Barca (quello vero, Luciano) scolpì nel 1978 l’alfa e l’omega del progetto di integrazione monetaria europea: “Europa o non Europa questa resta la mascheratura di una politica di deflazione e di recessione anti operaia”. In cambi flessibili gli squilibri fra paesi vengono sanati dalla rivalutazione del paese forte, la cui valuta si apprezza fisiologicamente perché molto domandata per motivi commerciali e finanziari. Ma in cambi fissi questo meccanismo cade e gli squilibri devono essere sanati dalla disoccupazione del paese debole. L’austerità a questo serve: tagliando la spesa e alzando le tasse il governo costringe le imprese a licenziare o fallire, nella ragionevole presunzione che chi si ritrova disoccupato accetterà un nuovo lavoro a salari inferiori, contribuendo a rendere il paese più competitivo. Chi vuole l’euro vuole l’austerità, cioè la disoccupazione competitiva usata come leva per svalutare il lavoro. Non pare una cosa molto “di sinistra”, vero? La crisi greca ha definitivamente chiarito questo punto. Come ha detto Schäuble allo Zeit il 28 maggio scorso riferendosi a Tsipras, tenersi l’euro ma non le riforme “passt nicht zusammen”. Leggi tutto |
Euronomade: Il tempo dei barbari dentro la crisiIl tempo dei barbari dentro la crisidi Euronomade
Al netto delle questioni etiche, delle distinzioni tra fini, della ricerca del bene e della cosa migliore, – fra etica e neoliberismo vi è uno iato incolmabile, com’è noto –, quel consenso che, in termini materialistici, «nasce storicamente dal prestigio (e quindi dalla fiducia) derivante al gruppo dominante dalla sua posizione» si regge sulla «funzione di quel gruppo nel mondo della produzione». È dunque arduo sostenere che godano di fiducia le classi dirigenti e le classi politiche europee, le classi della finanza e le classi del debito: tant’è vero che hanno bisogno di pescare nell’archivio dell’orientalismo per fare breccia nella resistenza della Grecia di Syriza, allorché il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha definito il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis “dilettante, perditempo e giocatore d’azzardo”. Contumelie simili le abbiamo viste lanciate, negli ultimi otto anni di crisi, contro Papandreou fino a Samaras, pur d’imporre e recuperare crediti e debiti; di consolidare un regime di messa a valore della Grecia, quale angolo arretrato di un’Europa stimabile e rispettosa; di estrazione violenta di rendita e profitto dalle periferie sottosviluppate; d’imbrigliamento della mobilità della forza lavoro, in un continuo tentativo di ricostruire il rapporto di sfruttamento e la capacità di valorizzazione, favorendo nuove accumulazioni sulla cooperazione e sul lavoro vivo. Leggi tutto |
Elisabetta Teghil: coordinamenta FIFA, che fifa!FIFA, che fifa!di Elisabetta Teghil
Alcuni di questi sono stati portati fuori dall’albergo in manette, sono stati videoripresi e le immagini sono state divulgate. Il procuratore generale degli Stati Uniti, Loretta Lynch, ha dichiarato che le indagini erano state effettuate dall’FBI e che andavano avanti da vent’anni e che i dirigenti FIFA in questione avevano preso tangenti per influenzare la decisione di dove fare questo o quell’altro avvenimento calcistico e che “noi sradicheremo la corruzione del calcio mondiale”. E ha chiesto l’estradizione degli arrestati negli Stati Uniti. A che titolo non si sa non avendo nessuna motivazione legale perché la FIFA ha sede a Ginevra e gli arrestati appartengono a paesi sovrani e indipendenti. Leggi tutto |
Fabio Bentivoglio: “Buona scuola” o disastro antropologico?“Buona scuola” o disastro antropologico?Fabio BentivoglioPubblichiamo un intervento di Fabio Bentivoglio sulla "buona scuola". Si tratta di un articolo in corso di pubblicazione sulla rivista Indipendenza. (M.B.)
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Nicoletta Cusano: Nuovo realismo e filosofiaNuovo realismo e filosofiaNicoletta CusanoLa filosofia è il più radicale dei saperi, perché va alle radici ultime delle questioni. Al loro «fondamento». La radicalità e il rigore sono le sue caratteristiche essenziali. Proprio perché un pensiero è filosofico solo se possiede quelle caratteristiche e non semplicemente perché si definisce tale, ci soffermiamo sul sedicente “discorso filosofico” del nuovo realista Markus Gabriel, a cui in questo ultimo periodo il Corriere della Sera ha offerto ampio spazio sia in risposta ad alcuni interventi della professoressa Donatella Di Cesare sia con una corposa video-intervista rilasciata il 18 maggio scorso in occasione del 28° Salone Internazionale del Libro di Torino. In quella video-intervista Gabriel liquida i grandi temi della filosofia con poche battute e rivolge a Heidegger la critica seguente: «Heidegger mi ha insegnato che c’è una domanda rispetto al senso dell’essere. Ma nella mia interpretazione non si tratta dell’essere. Secondo me “essere” non ha senso: essere è niente [risata]. Heidegger riconosce l’esistenza del mondo, per Heidegger il mondo è una proprietà dell’essere umano cioè io non sono in nessun senso heideggeriano. C’è qualcosa di valido in Heidegger, ma in generale la sua filosofia, che è antifilosofia, è una serie di scemenze». Leggi tutto |
Clash City Workers: Questo non è un comma: l'offensiva reazionaria nascosta tra le righe del DDL sulla “Buona Scuola”Questo non è un comma: l'offensiva reazionaria nascosta tra le righe del DDL sulla “Buona Scuola”Clash City WorkersQuesta è la storia di un comma, anzi no: è la storia del sottopunto 2.2 del sottopunto 2 del sottopunto b del comma 2 dell'articolo 22 del DDL 1934. Chiaro? Lo sarà tra pochissimo. La Storia, a volte, non cammina lungo i grandi viali alberati: passa per i vicoli, i tetti, a volte anche le fogne. Lo fa, soprattutto, quando non vuole essere scoperta subito, quando vuole passare inosservata mentre il mondo intorno crede che nulla stia cambiando. In questi anni, a tramare nell'ombra sono sempre più spesso coloro che vogliono riportare indietro le lancette della Storia: il governo Renzi non è da meno. Col Jobs Act e la cancellazione dell'articolo 18 i lavoratori sono stati costretti ad entrare in una brutta Delorean (la macchina del tempo del film "Ritorno al futuro") che li ha riportati al 21 Aprile 1927, data dell'approvazione della fascistissima Carta del Lavoro, che stabiliva, come oggi, il diritto dei padroni a licenziare pisciando in mano ai lavoratori. Leggi tutto |
Jacques Sapir: L'articolo di Tsipras su Le Monde è di fatto l'annuncio del default grecoL'articolo di Tsipras su Le Monde è di fatto l'annuncio del default grecodi Jacques SapirAlexis Tsipras ha scritto un articolo sul quotidiano Le Monde, che si aggiunge alle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dai dirigenti del suo partito, Syriza. Il tono dell'ultimo articolo, misurato ma fermo, potrebbe annunciare la decisione politica del governo greco di fare default sul proprio debito. Questo testo, che si presenta come un "programma", però, scrive Jacques Sapir nell'ultimo post sul suo blog, arriva troppo tardi per formarne uno. Se Tsipras aveva pensato possibile un accordo con i governi dell'Eurogruppo e dell'Unione europea, avrebbe dovuto pubblicare questo articolo a febbraio o marzo. In realtà, è probabile che abbia voluto chiarire le responsabilità della rottura incombente tra la Grecia ei suoi creditori. In risposta a questo testo, i leader di Germania, Francia e Italia, con Mario Draghi per la Bce e Christine Lagarde per il Fondo monetario internazionale, si sono incontrati lunedi sera a Berlino. L'unica cosa che è venuta fuori è stata una dichiarazione nella quale si chiede di continuare a negoziare con "più intensità". Ma in realtà, la trattativa è politica, non tecnica. Questo, Alexis Tsipras lo ha chiarito nel suo articolo. Dobbiamo leggere attentamente. Tsipras ha descritto la volontà della Grecia di raggiungere un accordo globale e la situazione che ha portato dall'attuazione di misure di austerità imposte dalla "Troika", vale a dire l'Unione europea, il Fondo monetario internazionale e BCE: Leggi tutto |
di Sergio CesarattoPubblichiamo alcune lezioni preparate da Sergio Cesaratto per economiaepolitica.it, dedicate alla BCE e alla politica monetaria. La serie, intitolata l'”Organetto di Draghi”, prevede quattro lezioni: 1) Moneta endogena e politica monetaria; 2) La BCE di fronte alla crisi; 3) LTRO, Target 2, Omt; 4) Forward guidance e Quantitative easing |
Il bilancio della BCE Andiamo dunque al bilancio della banca centrale, quello che nelle sue dichiarazioni più recenti Draghi vuole portare a 3 trilioni. Col termine bilancio traduciamo l’inglese “balance sheet”. In italiano dovremmo dire “stato patrimoniale”, ma il termine bilancio ci sembra meno minaccioso per il lettore. Il bilancio di una banca centrale racconta ciò che essa fa (o non fa). Più precisamente, dovremmo parlare di bilancio dell’Eurosistema che consolida (somma) i bilanci delle singole banche nazionali dei paesi membri dell’Euroarea2. Come forse ricorderete, la BCE crea liquidità in cambio di “attività” (assets) – come valute straniere o titoli forniti a garanzia della liquidità ricevuta3. Leggi tutto |
Enrico Galavotti: I 12 principi fondamentali della CostituzioneI 12 principi fondamentali della Costituzionedi Enrico Galavotti
Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. La Repubblica è democratica in quanto fondata sul lavoro e non sulla rendita o sullo sfruttamento del lavoro altrui. Questo è vero, ma bisognerebbe specificarlo espressamente, perché il concetto di "lavoro", in sé, non indica affatto il carattere "democratico" di una Repubblica. Nel sistema capitalistico il lavoro è soltanto una merce, al pari di altre, che si acquista sul mercato, tant'è che si parla di "mercato del lavoro". Più che essere "fondata" sul lavoro, la Repubblica italiana dovrebbe essere fondata sulla "proprietà collettiva dei mezzi di lavoro", quella che permette a tutti di non dover essere sfruttati per poter vivere. Il lavoro può non essere una "merce" soltanto se la proprietà dei fondamentali mezzi produttivi non è privata. Leggi tutto |
Gianfranco Greco: Piacevolezze del moderno imperialismoPiacevolezze del moderno imperialismoUn poligono di tiro chiamato mondodi Gianfranco Greco“Una guerra che non
è più assalto alla baionetta e nemmeno fischio di
granata, ma qualcosa di peggio: sentirsi pupazzi in
mano a un Mangiafuoco sconosciuto
che accende e spegne focolai a macchia di leopardo,
l’Afghanistan, poi l’Iraq, la Siria, poi la Libia,
l’Ucraina. Posti dove, per
carità, non c’è guerra – guai a nominarla, la guerra
-, solo uno stato di instabilità permanente.”
(Paolo Rumiz: Come cavalli che
dormono in piedi)
Per il celebre psicologo americano Steven Pinker, autore tra l’altro de “Il declino della violenza. Perché quella che stiamo vivendo è l’epoca più pacifica della storia”1 il mondo non è mai stato così sicuro e prospero. Suggestivo. Come altro si può definire una scempiaggine che trascolora in comicità allo stato puro? Laddove non si è portati a privilegiare i motti di spirito ci si accorge come la realtà – quella tremendamente reale – rimandi, al contrario, ad una rappresentazione che va a cozzare contro l’assertività di talune scuole di pensiero che prefiguravano e continuano a prefigurare – a datare dalla fine della Guerra fredda e dal collasso dell’Unione sovietica - un unico modello politico-economico dominante – quello capitalistico – che avrebbe quale portato naturale il conseguente esaurirsi delle cause strutturali dei conflitti. Un accurato rapporto dell’Institute for Economics and Peace rileva – a quanto riporta Federico Rampini - come “Dal 2007 ad oggi l’indice della pace globale ha ripreso ad arretrare paurosamente. Quell’anno – che coincide con l’esplosione della grande crisi economica – segna anzi una svolta negativa rispetto ad un trend di lenta riduzione delle guerre dopo il secondo conflitto mondiale”2. Leggi tutto |
Militant: Lo spettro del Regina Elena vaga per la metropoliLo spettro del Regina Elena vaga per la metropoliMilitantOtto anni fa, nell’estate del 2007, dopo aver abbandonato uno stabile occupato pochi giorni prima sito in via Catania, centinaia di famiglie in emergenza abitativa entrarono temporaneamente nei padiglioni dell’ex ospedale Regina Elena, abbandonato dieci anni prima, lasciato all’incuria, al degrado vigliacco, insulto permanente alle coscienze e ai bisogni della città governata trasversalmente da una mafia di cui le inchieste di questi mesi ne descrivono solo la patina sacrificabile. Quella soluzione temporanea si trasformò nella più grande occupazione d’Europa, circa mille persone che per due anni sconvolsero la politica cittadina, tanto nel piccolo della vita quotidiana del quadrante piazza Bologna-Università, quanto nel grande della questione abitativa romana. Occupammo anche noi insieme al Coordinamento cittadino di lotta per la casa. Due anni dopo, nel settembre 2009, ci svegliammo alle 6.30 circondati da decine di blindati e centinaia di celerini in assetto antisommossa. Fu *lo sgombero* per eccellenza, quello attraverso il quale la junta Alemanno provò a risolvere con la forza la questione abitativa e il rapporto di forze con i movimenti di lotta per la casa. L’aria era cambiata, la stagione dei piccoli Odevaine al tramonto, al paradigma dell’accordo tra politica cittadina e spazi sociali (paradigma controverso, frutto di una politica di compromesso ma anche di una forza politica dei movimenti di cui tener conto, determinata dall’onda lunga di Genova e di quella stagione di partecipazione e mobilitazione a suo modo epocale), subentrava la violenza di un Alemanno deciso a sostituire gli amici altrui con i propri. Il resto è storia nota, sia nelle cronache giornalistiche che in quelle giudiziarie. Leggi tutto |
Carlo Formenti: Il "Corriere" contro la Consulta: non si piega al dio mercatoIl "Corriere" contro la Consulta: non si piega al dio mercatoCarlo FormentiQuando si dice il colmo dell’ipocrisia. In un editoriale apparso sul Corriere della Sera del 28 maggio scorso, intitolato “Le sentenze che danno incertezza”, Pierluigi Battista rilancia un argomento che da qualche anno tiene banco sulla stampa nostrana, vale a dire le – vere o presunte – “invasioni di campo” della magistratura nei confronti del potere legislativo ed esecutivo. La democrazia, argomenta Battista, si basa su un sistema di contrappesi fra i diversi poteri dello Stato, sistema che rischia di incepparsi se la bilancia pende a favore di uno di tali poteri, se, per esempio, il giuridico prevarica sul politico. Ma basta scorrere poche righe per capire che non siamo di fronte a un sofisticato dibattito di ingegneria costituzionale, bensì a un tema decisamente più prosaico e contingente: Battista si riferisce, infatti, alla sentenza della Corte Costituzionale che sta obbligando il governo a restituire ai pensionati parte del mal tolto che lo Stato ha incamerato grazie alla mai troppo vituperata Legge Fornero. “Se un intero progetto di politica economica di un governo, scrive, viene smantellato da una sentenza della Corte Costituzionale, la sentenza va applicata e non elusa, però il rischio è che l’autonomia dei governi, già fortemente indebolita dal trasferimento di consistenti quote di potere a entità sovranazionali, ne esca fortemente minata e compromessa”. Leggi tutto |
Domenico Moro: Elezioni regionali, se la sinistra non viene percepita come anti-sistemaElezioni regionali, se la sinistra non viene percepita come anti-sistemadi Domenico MoroLe competizioni elettorali rappresentano un indicatore della situazione sociale e politica di un Paese. Anche le elezioni regionali lo sono, sebbene presentino alcune particolarità. Ad ogni modo, le elezioni regionali del 2015 confermano, in forma accentuata, le tre tendenze principali in atto nel Paese già da tempo. La prima tendenza è quella dell’astensionismo, che ha raggiunto un nuovo record. Ha votato solo il 53% degli aventi diritto, oltre dieci punti in meno rispetto alle elezioni regionali del 2010 (63,3%), e quasi sei punti in meno rispetto alle europee dell’anno scorso (58,8%). Inoltre, se consideriamo soltanto i voti validi (al netto di schede bianche e nulle), riscontriamo alle regionali del 2015 un decremento del -17,5% rispetto alle europee del 2014. La seconda tendenza è la crisi del sistema bipolare. Insieme Pd e Fi ottengono il 36,5% dei voti. Di fatto il quadro politico che esce da queste elezioni è ancora più frammentato, anche se le elezioni regionali accentuano, attraverso le liste “alleate”, tale risultato. In pratica esistono almeno 4 poli politici potenzialmente “autonomi”, Pd, M5S, Fi e Lega. La terza tendenza è l’affermazione di due forze politiche, la Lega e il Movimento cinque stelle, che vengono percepite come “antisistema”. La Lega è ormai nel Centro-Nord il primo partito del Centro-destra ed è l’unica a guadagnare voti in assoluto, quasi 300mila, pari al +57,6%. Il M5S dimostra di non essere una meteora ma una forza politica che fa parte dell’assetto del Paese e che, pur perdendo il 40% dei voti rispetto alle europee, rimane con 1,3 milioni di voti la seconda forza politica italiana dopo il Pd. Leggi tutto |
Lanfranco Binni: Finale di sistemaFinale di sistemadi Lanfranco Binni
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F.Coin e A.Fumagalli: Grecia: la danza sull’abissoGrecia: la danza sull’abissodi Francesca Coin e Andrea Fumagalli
* * * * * Dopo un tira e molla di dichiarazioni di diverso segno, la trattativa tra la Grecia e i creditori istituzionali ha sancito la deadline finale: è il 30 di giugno. Il governo Tsipras ha infatti ufficialmente chiesto di accorpare le quattro tranche di pagamenti al FMI in unica tranche a fine giugno, come lo stesso regolamento del Fmi prevede. Sarebbe la seconda volta in cui tale clausola di accorpamento verrebbe adottata dagli anni Settanta a oggi. L’ammontare complessivo è di circa 1,6 miliardi di Euro, ma tale cifra è solo l’antipasto. Entro la fine dell’anno le altre scadenze (sempre in termini di interessi) ammontano ad altri 1,4 miliardi al Fmi e ben 7,7 miliardi alla Bce. Leggi tutto |
Emilio Quadrelli: Il lato cattivo della storiaIl lato cattivo della storiadi Emilio QuadrelliA partire da “La città e le ombre. Crimini, criminali, cittadini” (Feltrinelli, 2003), scritto con Alessandro Dal Lago, Emilio Quadrelli riflette sul lato cattivo della globalizzazione e su un mercato globale che, ancor prima che le merci, “produce produttori” e condizioni di lavoro marginalizzanti
Nella storia reale la parte importante è rappresentata, come è noto, dalla conquista, dal soggiogamento, dall’assassinio e dalla rapina, in breve dalla violenza. Nella mite economia politica ha regnato da sempre l’idillio. Diritto e “lavoro” sono stati da sempre gli unici mezzi d’arricchimento, facendosi eccezione, come è ovvio, volta per volta per “questo anno” (K. Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica). Quando, nel 2003, La città e le ombre veniva data alle stampe, l’ordine discorsivo imperante era del tutto imprigionato all’interno delle cosiddette retoriche securitarie, ossia della minaccia che i mondi illegali rappresentavano per la società legittima. Leggi tutto |
Andrea Fumagalli: Alle oligarchie il contante piace elettronicoAlle oligarchie il contante piace elettronicoAndrea Fumagalli«The End of Money» di David Wolman per la casa editrice Laterza. Tradotto il best-seller sui cambiamenti della moneta, ormai ridotta a puro segno dei rapporti di potere Da quando la crisi finanziaria è cominciata, il tema della moneta e la discussione sul suo ruolo e soprattutto sulla sua forma hanno acquistato sempre più rilevanza. Una rilevanza più di natura divulgativa che propriamente accademica, che ha interessato più un pubblico curioso che gli addetti ai lavori. La crescente popolarità dei Bitcoin ha poi fatto il resto, spostando l’interesse non tanto sulla natura e le funzioni della moneta ma sulla sua forma. Ed è di questo aspetto che si occupa, con taglio giornalistico, semplice e chiaro, il best-seller di David Wolman, dal titolo The End of Money, oggi tradotto con lo stesso titolo originario inglese da Laterza nella nuova collana «che futuro!», realizzata in collaborazione (non casuale) con la banca digitale «Che banca!» (pp. 244, euro 18). In realtà il titolo è fuorviante. Sarebbe stato più corretto parlare di The End of Cash, ovvero «La fine del contante», piuttosto che della moneta. In effetti, i diversi capitoli del libro hanno come filo conduttore la dimostrazione dei diversi vantaggi che l’abolizione del contante potrebbe comportare. Leggi tutto |
Anna Lombroso: Il valzer della brava genteIl valzer della brava gentedi Anna LombrosoIeri mentre osservatori e opinionisti si esercitavano intorno al cinismo di Maroni in modo da non doverne commentare altri “ufficiali” solo apparentemente meno cruenti e meno sfrontati, una intelligente amica si è espressa in rete, con una frase di sfida nei confronti di certa correttezza politica capace di sconfinare nell’ipocrisia, sostituendo la solidarietà con la pietà. “Che ne pensate, ha scritto, e che fareste se a pochi passi dalla vostra casa, la vostra amata dimora che avete scelto con cura, in un quartiere gradito e gradevole e a lungo ricercato, decidessero un giorno di far sorgere degli ostelli, delle case accoglienze immigrati o un bel campo nomade?”. E infatti così facendo ha mirato dritto al cuore nero della brava gente, quella che si è conquistata, in tempi migliori, privilegi, ormai labili, beni, ormai minacciati, sicurezze, ormai instabili, e che vive con sorpresa e risentimento la perdita, la retrocessione sociale, la demoralizzazione intendendo con ciò l’erosione di valori di riferimento, primo tra tutti la coesione, il rispetto di leggi e regole, il riconoscersi nei capisaldi della cittadinanza, e, insieme, un malinconico ripiegamento solipsistico, la triste autodifesa nell’isolamento e nella diffidenza. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Che prospettive ha il Pd?Che prospettive ha il Pd?di Aldo GiannuliDomenica vedremo come vanno i ballottaggi nei comuni, ma, chiunque vinca, il senso politico del voto di domenica 31 maggio non cambierà, al massimo assisteremo alla conferma di una tendenza, al suo rafforzamento o ad una lieve correzione in più. Renzi dice che questo per lui è stato un successo: ha lo stesso numero di regioni che aveva prima, ed una è a rischio di commissariamento e nuove elezioni, ha perso oltre 2 milioni di voti ed è sceso di poco meno di 10 punti percentuali. Però dice che ha vinto: cento di queste vittorie! Quello che balza agli occhi è il carattere eccezionale del voto delle europee, dovuto ad una contingenza particolare: il collasso del centro ed il contemporaneo indebolirsi di tutti gli altri competitori (Fi, Sel, M5s) per ragioni interne a ciascuno ed indipendenti dall’iniziativa di Renzi (Fi per la perdita di credibilità di Berlusconi e per la scissione di Ncd, Sel per l’assenza di iniziativa e per la frattura con Migliore, M5s per aver deluso quanti si aspettavano un comportamento diversi con Bersani e per le troppe espulsioni di parlamentari). Cessato questo stato di grazia e finito l’incanto dell’”uomo nuovo” e del suo dinamismo pirotecnico, il Pd rientra nei sui limiti strutturali che ne fanno un partito fra il 25 (punta minima del 2013) ed il 33% (punta massima del 2008) a concentrazione centro meridionale, all’opposizione in tutto il Nord padano. Non inganni il rosso che tinge sulle cartine la regione Piemonte: è un regalo della stagione aurea delle europee. Leggi tutto |
Quarantotto: L'urgente rilancio dell'occupazione? Col sale in zucca (no "permeismo" allowed)L'urgente rilancio dell'occupazione? Col sale in zucca (no "permeismo" allowed)di Quarantotto
2. Infatti, ciò è confermato dai dati sul numero dei pubblici impiegati. E si tratta di quelli del 2011, a cui sono seguiti ulteriori accorpamenti di strutture e blocchi del turn over, sul fronte organizzativo pubblico (molti credono che la spending review non sia in corso, solo perchè il livore accecante non consente neppure la memoria a breve sulle leggi sfornate a getto continuo). In questo numero dobbiamo pure conteggiare un precariato - nei settori dell'istruzione e della sanità, ma non solo-, che è un record UE e che ci pone in infrazione rispetto alle direttive europee sulla preferenza per il contratto a tempo indeterminato. Leggi tutto |
Luca Illetterati: Riforma della scuola: la vera posta in giocoRiforma della scuola: la vera posta in giocodi Luca Illetterati
Una semplificazione che a volte tocca dei picchi formidabili e degni forse di qualche considerazione. Leggi tutto |
Damiano Palano: Costruire il «popolo»Costruire il «popolo»Il nuovo populismo di Rafael Correa nel laboratorio dell’America Latinadi Damiano Palano
«I poveri non solo subiscono l’ingiustizia ma lottano anche contro di essa! Non si accontentano di promesse illusorie, scuse o alibi. Non stanno neppure aspettando a braccia conserte l’aiuto di Ong, piani assistenziali o soluzioni che non arrivano mai, o che, se arrivano, lo fanno in modo tale da andare nella direzione o di anestetizzare o di addomesticare, questo è piuttosto pericoloso. Voi sentite che i poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti; si organizzano, studiano, lavorano, esigono e soprattutto praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste fra quanti soffrono, tra i poveri, e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato, o quantomeno ha molta voglia di dimenticare. Solidarietà è una parola che non sempre piace; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola, non si può dire; ma una parola è molto più di alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, la terra e la casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro: i dislocamenti forzati, le emigrazioni dolorose, la tratta di persone, la droga, la guerra, la violenza e tutte quelle realtà che molti di voi subiscono e che tutti siamo chiamati a trasformare. Leggi tutto |
Alessandra Daniele: Il Cazzaro DimezzatoIl Cazzaro Dimezzatodi Alessandra DanieleWow, that was quick. A quanto pare la Golden Age del Renzismo è durata meno di un anno. Gli agiografi che ne prevedevano almeno venti si stanno già contorcendo in una patetica marcia indietro. E nel PD sono ai materassi. Il solo valore aggiunto di Renzi era essere un vincente. L’unica cosa che spingeva quasi tutti nel suo partito e dintorni a sopportarne arroganza e incompetenza era la sua promessa di tenerli comunque quasi tutti al potere. Un Renzi che perde non serve più a niente. Un Renzi che si fa fottere persino dall’ottantenne Berlusconi che dopo aver lanciato in alto la Paita alle primarie, l’ha impallinata come una quaglia alle regionali, piazzando l’ex direttore di Studio Aperto alla presidenza della Liguria. Un Renzi che si fa fottere persino da Civati, il fuffoso zimbello di Twitter che contro la Paita ha rastrellato il doppio di SEL al primo tentativo. Un Renzi che perde metà dei voti, e scappa in Afghanistan con metà mimetica ha ormai perduto anche la sua immunità. Leggi tutto |
Pietro Basso: Una pagliacciata, che annuncia guerra, anzi: guerreUna pagliacciata, che annuncia guerra, anzi: guerrePietro Basso*Una pagliacciata, ma foriera di guerra. Anzi: di guerre. Si può definire così l'”eccellente lavoro di squadra” (1) compiuto nell’ultimo mese dai governi dei paesi dell’Unione Europea per rispondere alla grande strage di emigranti dall’Africa avvenuta il 19 aprile nel canale di Sicilia. Un’autentica pagliacciata perché l’interminabile
sequenza di riunioni di “alto livello” non è stata
altro che
un mercanteggiare tra i diversi paesi dell’UE su dove
“collocare” 20.000 (!!!) richiedenti asilo ospitati in
campi profughi fuori
dall’UE, e su come “ripartire” i richiedenti asilo già
presenti sul territorio europeo. 20.000 è un numero
ridicolo
perché la massa dei profughi in fuga da guerre e
guerre civili che sono in movimento verso l’Europa in
tutta un’enorme fascia di
territorio africano e medio-orientale (2), si calcola
in milioni (sono 500.000 solo in Libia, secondo
l’inviato Onu B. Leon), e perché
nel solo 2014 tra Germania, Svezia e Italia sono state
presentate 321.800 domande di asilo. E dunque
l'”umanitaria” decisione di
accogliere 20.000 richiedenti asilo “con evidente
bisogno di protezione internazionale” contiene dentro
di sé la decisione di
intensificare all’estremo la guerra ai profughi e
agli emigranti, e – come vedremo – su una scala
territoriale sempre
più ampia. |
ilsimplicissimus: Roma Variety: torna Wanda OsirisRoma Variety: torna Wanda Osirisdi ilsimplicissimusI media non lo riferiscono o vi accennano soltanto, ma assieme al M5S davanti al Campidoglio c’erano anche i pretoriani di Casa Pound che come tutti gli altri tipi di fasci non trovano di meglio che parassitare le proteste altrui, secondo la natura sociale che li contraddistingue. E dico altrui perché sono stati culo e camicia con Alemanno, una pietra miliare nella corruzione assieme ad alcuni appassionati cinefili di felice memoria, tanto che il sindaco nero ha comprato con i soldi pubblici – come è stata ampiamente riferito dalla stampa locale -lo stabile occupato abusivamente dai poundiani per far loro un cadeau. Insomma poco Pound e molta casa Ma non è importante sottolineare la pretestuosità ipocrita di questi opportunisti moralizzatori, quanto mostrare come l’esasperazione della gente e la tetragona resistenza del Pd sulla trincea delle poltrone, la sua paradossale auto narrazione di purezza, rischino di provocare saldature inquietanti e di risvegliare il richiamo della foresta. E del resto come si può sopportare l’immagine di un sindaco palesemente rivelatosi incapace di amministrare che in mezzo alle urla e agli insulti manda baci come fosse Wanda Osiris e fa segni di vittoria? Che abbia del tutto perso il senso di realtà è evidente. Ma che il Pd romano ( e nazionale) abbia a sua volta perso ogni dignità oltre che percezione di opportunità è altrettanto chiaro. Oddio è anche vero che andando a breve alle elezioni la vittoria dei cinque stelle sarebbe assicurata e che nessuna prospettiva è più allarmante della consegna del potere a opposizioni che non possono vantare lunghe complicità consociative e che avrebbero tutto il vantaggio nello scoprire i verminai ancora sepolti. Ma a livello strategico è una posizione insensata: alla fine porterà solo discredito tanto più che la difesa ad oltranza di Marino non può nemmeno basarsi su un sindaco capace e stimato. Leggi tutto |
Militant: Il paradosso capitalista in due numeriIl paradosso capitalista in due numeriMilitant
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Antonio Tricomi: Rimarrebbe pur sempre SpartacoRimarrebbe pur sempre Spartacodi Antonio Tricomi
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Militant: Studenti, filosofi e rivolte: alle origini del pensiero minoritarioStudenti, filosofi e rivolte: alle origini del pensiero minoritarioMilitant
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Sebastiano Isaia: Spigolature economico-filosoficheSpigolature economico-filosoficheSebastiano Isaia
Per il liberale-liberista Nicola Porro «il comunismo» si ha quando lo Stato diventa «l’unico imprenditore» presente sulla scena economica: lo Stato “comunista” organizza il lavoro, stabilisce i salari, adegua la produzione al consumo e all’occupazione e via di seguito. Questo, osserva Porro, lo aveva già capito Alexis de Tocqueville, il quale tra l’altro intuì l’intimo nesso esistente fra «il diritto al lavoro per tutti i cittadini garantito da parte dello Stato» e, appunto, «il comunismo», o quantomeno «una forma di socialismo i cui metodi trasformano, riducono, intralciano la proprietà individuale» (1). Di qui, il discorso di chiaro impianto liberale pronunciato da Tocqueville all’Assemblea francese il 12 settembre 1848, poi pubblicato in un opuscolo il cui titolo entusiasma molto il liberale-liberista dei nostri tempi: Discorso contro il diritto al lavoro. «Avete letto bene: contro il diritto al lavoro», precisa maliziosamente Porro, convinto, a ragione, di irritare soprattutto i feticisti della Costituzione Italiana. Una frecciata che non può certo colpire neanche di striscio chi ha sempre considerato il lavoro salariato (perché di questo ovviamente si tratta) non un «diritto umano», come proclamano i progressisti tipo Camusso e Landini, ma una condanna per chi è costretto a vendersi al Capitale in qualità di merce viva. Una condanna per i salariati («La sua attività appare a lui come tormento, la sua propria creazione come potenza estranea, la sua ricchezza come miseria») e il fondamento della società capitalistica, come insegna lo Spettro di Treviri. Leggi tutto |
Matteo Giordano: La decomposizione democraticaLa decomposizione democraticadi Matteo GiordanoNel 1975, Samuel P. Huntington, Michel J. Crozier e Joji Watanuki, tre grandi studiosi e consulenti governativi, presentarono alla Commissione Trilaterale, il think thank fondato da David Rockfeller che annovera fra i suoi esclusivi membri alcuni dei principali uomini d’affari, politici ed intellettuali provenienti dall’Europa, dagli Stati Uniti e dal Giappone, un rapporto di 227 pagine intitolato “La crisi della democrazia”. Il rapporto denunciava la “necessità” di ridurre gli spazi di partecipazione democratica nell’Occidente capitalista, sostenendo che il funzionamento efficace di un sistema democratico necessitasse di un “livello di apatia da parte di individui e gruppi” e che la chiave di un buon funzionamento della democrazia risiedesse nel tenere ai margini della partecipazione significative fette di popolazione. La minaccia alla democrazia americana veniva individuata “nella dinamica stessa della democrazia in una società altamente istruita, mobilitata e partecipativa”. Addirittura, i tre studiosi rimarcavano che fattori di intralcio ad un “corretto funzionamento” del sistema democratico occidentale fossero la promozione di politiche egualitarie, l’espansione della partecipazione alla vita politica dello Stato, la polarizzazione delle offerte politiche ed infine l’attenzione che il governo rivolge alle pressioni dalla società. La compressione degli spazi di partecipazione e l’attacco alla democrazia sostanziale sono stati parte fondante della elaborazione teorico politica che è alla base della rivoluzione neoconservatrice dei primi anni ’70 e della rottura del compromesso socialdemocratico. Il suffragio universale, la creazione di istituzioni democratiche partecipative, la nascita dello stato sociale, dei partiti di massa e dei sindacati sono tutti frutti della spinta socialdemocratica a cavallo tra la fine del XIX ed la prima metà XX secolo. Leggi tutto |
Alfonso Gianni: Il Welfare e’ investimento, non spesa improduttivaIl Welfare e’ investimento, non spesa improduttivadi Alfonso GianniLunedì scorso nell’Università di Economia della Sapienza è stato presentato il Rapporto sullo Stato Sociale 2015 a cura di Felice Roberto Pizzuti, arricchito dai contributi di un nutrito numero di docenti e di studiosi della materia. Il Rapporto è stampato a cura delle edizioni Simone. Davanti a centinaia di studenti, mentre le fila riservate alla “autorità” erano malinconicamente vuote, si è sviluppato per l’intera mattinata un denso dibattito che ha visto coinvolti, oltre al Prof. Pizzuti, la Presidente della Camera Boldrini, il presidente dell’Inps Boeri, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio De Vincenti, il prof. Gustavo Piga e il Presidente della commissione industria del Senato Mucchetti e il segretario della Fiom Landini. Per chi ha avuto la fortuna di assistere alla discussione è apparso chiaro il baratro che separa ormai l’accademia, i rappresentanti delle parti sociali e delle istituzioni elettive, come il Parlamento, da chi ha responsabilità di governo o che da esse derivano. Il Rapporto è giustamente impietoso. Delinea tutti gli elementi di una grande recessione economica in atto, che nel nostro paese ha comportato la sistematica riduzione e distruzione degli istituti dello stato sociale. A fronte di ciò Tito Boeri ha chiesto comprensione per il rinnovamento che egli sta cercando di imporre all’Inps, soprattutto sul versante della trasparenza, in sostanza per fare capire meglio agli italiani che le loro speranze di pensione vanno drasticamente ridotte. Leggi tutto |
Andrea Fumagalli: La modernizzazione può attendereLa modernizzazione può attendereAndrea FumagalliÈ molto istruttivo l’editoriale di Giavazzi sul Corriere della Sera pubblicato il 5 giugno scorso. Non tanto per quello che dice ma soprattutto per il tono che utilizza. La tesi di Giavazzi è molto semplice ed è riassumibile nelle seguente affermazioni: “È ormai evidente che i greci non pensano che la loro società debba essere modernizzata e resa più efficiente” e, poco oltre: “E se i greci non vogliono modernizzarsi, inutile insistere: d’altronde hanno votato a gran maggioranza un governo che continua ad essere popolare. Hanno scelto, spero consciamente, di rimanere un Paese con un reddito pro capite modesto, metà dell’Irlanda, inferiore a Slovenia e Corea del Sud, che fra qualche anno verrà superato dal Cile”. Di conseguenza che se ne escano dall’Euro, dall’Europa e si arrangino. È colpa loro se non si vogliono “modernizzare” e diventare “efficienti”. Già, perché la modernizzazione e l’efficienza è, ovviamente, quella che può essere raggiunta solo seguendo le politiche neo-liberiste, quelle stesse che Giavazzi propaganda da anni senza mai chiedersi, però, quali risultati abbiano sortito. A Giavazzi sarebbero più che sufficienti le risposte date da Tsipras nella lunga intervista sempre sul Corriere della Sera del 9 giugno e quindi non entriamo nel merito. Entriamo nel merito invece di alcuni fatti (tra i tanti) che Giavazzi dovrebbe sapere e che si guarda bene dal denunciare. Leggi tutto |
Karl Whelan: Il Financial Times delude nuovamenteIl Financial Times delude nuovamenteFrancesco Giavazzi sulla Greciadi Karl WhelanOspitando regolarmente le opinioni di persone del calibro di Hans-Werner Sinn e Niall Ferguson, la pagina editoriale del Financial Times sta guadagnando la sfavorevole reputazione di pubblicare spazzatura sull’economia. Questo nuovo articolo del professore italiano Francesco Giavazzi sulla Grecia (“I greci hanno scelto la povertà, facciamoli andare per la loro strada”) primeggia con la sua combinazione di imprecisione e infelici stereotipi nazionali
“Ma l’euro non può essere un sostituto per una maggiore integrazione politica. Infatti, senza tale integrazione, l’euro non può sopravvivere – e oggi, la Grecia si frappone su questa via”. Voglio offrire alcuni commenti sul pezzo di Giavazzi, a cominciare con la sua affermazione che siano state fatte poche riforme negli ultimi cinque anni.
Nessun progresso in cinque anni? Pubblico Impiego L’analisi di Giavazzi degli ultimi anni in Grecia è la seguente: “Cinque anni di negoziati che non hanno ottenuto praticamente nulla (le poche riforme che erano state adottate, come una piccola riduzione del numero esagerato di dipendenti del settore pubblico, da allora sono state rovesciate dalla coalizione guidata da Syriza). E’ abbastanza chiaro che i greci non hanno alcun desiderio di modernizzare la loro società. Si preoccupano troppo poco di un’economia rovinata dal clientelismo“ Prima di tutto esaminiamo una specifica affermazione nell’articolo di Giavazzi, che la riduzione dei dipendenti del settore pubblico è stata piccola ed ha fatto marcia indietro. La relazione del 2014 della Commissione Europea sulla Grecia contiene la seguente tabella sull’occupazione pubblica greca. Leggi tutto |
P.Pini e R.Romano: Occupazione, c’è qualcosa che non tornaOccupazione, c’è qualcosa che non tornadi Paolo Pini, Roberto RomanoI dati dell'Istat segnalano che l’occupazione cresce più del reddito. Significa che la produttività del lavoro, e quindi anche la competitività, sta scendendo pericolosamente
L’Istat comunica che ad aprile 2015 rispetto al mese precedente gli occupati salgono di 159mila unità, e ben di 261mila rispetto ad aprile dell’anno prima. Si tratta di incrementi consistenti: +0,7% il primo in un mese (ma il dato di marzo era davvero negativo) e +1,2% il secondo in un anno. Merito del jobs act dagli effetti esplosivi in meno di un mese che si somma al vantaggio decontributivo previsto da tre mesi per ben 8.000 euro annuali e 24.000 triennali, sempre che le imprese non licenzino prima della scadenza dell’incentivo i nuovi assunti a monetizzazione crescente pagando una manciata di euro per l’indennizzo previsto per recedere dal nuovo contratto2. Ma c’è qualcosa, più di una in verità, che non torna in questi facili plausi, se non anche nei dati che richiederebbero di essere trattati con molto cautela. Si può, e si deve, richiamare il rischio di una politica di assunzioni “drogate” dalla decontribuzione che costituisce un forte incentivo per le imprese a mettere a nuovo contratto lavoratori che grazie al jobs act possono essere licenziati presto ed a basso prezzo appena l’incentivo cessa, e comunque alla bisogna. Una sorta di incentivo alla rovescia, ovvero a licenziare facile, inducendo anche i lavoratori a riscuotere l’indennizzo al licenziamento perché esentasse se l’esito di una conciliazione tra le parti è concordato (altro incentivo a licenziare facile, pagato sempre dal contribuente). Oppure sarebbe meglio non fidarsi di questi dati congiunturali dell’Istat, come non si fidavano di quelli precedenti di aprile e maggio del Ministero del Lavoro, perché ritenuti troppo “ballerini” in una fase di cambio di regime delle normative sul lavoro, ed invitano ad aspettare almeno un medio periodo per vedere come occupazione e disoccupazione si stabilizzano “a regime” a fronte sia dei vari decreti applicativi che sono ancora in itinere, sia della ripresa economica che si deve confermare nel secondo trimestre ed oltre del 2015. Si deve anche fare notare che alcuni dati per un verso sorprendenti o perlomeno anomali, ma che forse più di tanto non lo sono. Infatti, nello stesso periodo del primo trimestre 2015 sono aumentate le posizioni lavorative con contratti alle dipendenze a termine, +3,5% su base annuale, quelle che il Jobs Act 2 del dicembre 2014 e relativi decreti applicativi intendeva trasformare via incentivo economico nel nuovo contratto a tutele crescenti. Forse qui si esplicano gli effetti annunciati dell’intervento schizofrenico rappresentato dal Jobs Act 1 (ex decreto Poletti della primavera 2014) che ha liberalizzato questa forma contrattuale, cancellando l’obbligo della causale per i primi tre anni di contratto è divenuta “l’usa e getta” dei rapporti di lavoro, a cui fanno concorrenza ormai solo i vouchers, altra forma in crescente diffusione e con scarsi controlli. Un aumento viene registrato pure per l'occupazione part time (0,7% su base annuale, con un +4,3% per quelli a termine), la cui quota già molto elevata in Italia continua a crescere, ed in più con una quota del part time involontario che la fa la parte del leone, salendo al 64,1% nel primo trimestre 2015 dal 62,7% del 2014 (stesso trimestre). Noi vogliamo segnalare qualcosa di altrettanto preoccupante che si cela dietro questi dati, prendendoli per corretti. Una crescita dello 0,7% in un mese e dell’1,2% su base annuale dell’occupazione richiederebbe un sottostante dato di crescita del Pil che possa portare a ritenere che ciò che vien creato è “buona occupazione” perché dietro c’è “buona produttività” e magari anche, si fa per dire, “buone retribuzioni”. Ma nell’ultimo anno i dati non ci confortano su ciò, anzi. Ci aspettavamo un modello di “crescita senza lavoro” ed invece abbiamo il “lavoro senza crescita”. Infatti, a fronte di una dinamica occupazionale del +1,2% che l’Istat ha comunicato su base annuale, la crescita del Pil registrata sempre dall’Istat non si avvicina minimamente all’1% nel corso dell’ultimo anno, e neppure nell’ultimo trimestre oppure mese. A dire il vero la crescita si avvicina al +0,5%, quando invece l’occupazione fa segnare un +0,7% nell’ultimo mese. Per essere precisi, dal marzo 2014 al marzo 2015 il Pil è diminuito dello 0,29%, per cui è agevole fare un calcolo approssimativo della differenza tra questo dato (diminuzione del reddito) e quello precedente (crescita dell’occupazione), per avere una idea di quanto la produttività media del lavoro sia diminuita nel corso del periodo (circa -1,5%). Assumendo i dati forniti dall’Istat come corretti, c’è qualcosa che non torna nel nostro sistema produttivo. L’ultimo dato Istat sul Pil ha certo segnalato che su base trimestrale siamo usciti ad inizio 2015 dalla recessione tecnica, ma la crescita si è attestata nell’ordine di un misero +0,3% rispetto al trimestre precedente, e ad un +0,1% rispetto al trimestre dell’anno precedente, a cui si aggiunge la previsione acquisita per il 2015 nell’ordine di una crescita del +0,2%. Una cifra modesta se confrontata con il dato occupazionale. Per il 2015 lo stesso governo si tiene cauto, con una previsione di crescita dello 0,8%, rivista peraltro al rialzo, mentre le stesse istituzioni interazionali non si azzardano a fare previsioni migliori; nessuno va sopra l’1%. Il dato occupazionale, incrociato con il dato sulla crescita del reddito, con le dovute cautele date dal fatto che non necessariamente il periodo temporale è identico in termini di mesi, segnala, o segnalerebbe per ragioni di cautela, ai commentatori che l’occupazione cresce più del reddito, e se ciò non appare infondato significa che la produttività del lavoro, e quindi, data la dinamica delle retribuzioni, anche la competitività, invece di crescere nel periodo scende pericolosamente. E se la crescita della produttività, di cui già l’Italia detiene da oltre due decenni la maglia nera tra i paesi industriali, non solo ristagna (crescita zero) ma addirittura decresce, non è opportuno farsi facili illusioni su “buona occupazione” e “buone retribuzioni” per il presente e l’immediato futuro. Quei dati occupazionali segnalano purtroppo, se presi come autentici - forse proprio perché son “drogati” dagli incentivi fiscali e dal contratto a monetizzazione crescente e facilità a licenziare - l’altra faccia della medaglia di questa presunta crescita quantitativa, ovvero il suo poverissimo contenuto qualitativo. Qualcosa di simile lo abbiamo già visto negli anni 2000. Le cosiddette riforme al margine del mercato del lavoro hanno fatto crescere in quel periodo l’occupazione e con essa il precariato, il lavoro a basse tutele e basse retribuzioni, ed a bassa produttività, nei servizi di mercato soprattutto, ma anche nell’industria manifatturiera. L’esito è stato come è noto un crollo di competitività dell’imprese italiane e delle remunerazioni del lavoro. Ora con il Jobs Act e l’incentivo decontributivo si intende sostituire quel lavoro precario con altro lavoro comunque a basse tutele con monetizzazione del diritto a licenziare. Purtroppo il rischio è che a pagare queste politiche di corto respiro non sia solo il singolo lavoratore, ma l’impresa stessa, ed il sistema produttivo, con lavoro di scarsa qualità e bassa produttività. Invece di investire in innovazione con politiche industriali più lungimiranti, il sistema rischia di non uscire dalla sua trappola della stagnazione. Inoltre, la domanda di lavoro è incoerente con il livello quali-quantitativo dell’offerta di lavoro. Da un lato abbiamo giovani ben formati e preparati per sostenere il cambio di struttura necessario dell’industria italiana, dall’altra una industria che continua a competere a livello internazionale a margine delle politiche di costo. L’effetto di queste scelte politiche è la riduzione della quota italiana del commercio internazionale in termini percentuali non solo in ragione del ruolo dei Paesi emergenti; infatti la caduta è quasi interamente imputabile alla componente ad alta tecnologia. Mentre la componente ad alta tecnologia del commercio internazionale comincia a erodere quote del commercio complessivo, l’industria italiana e il governo Renzi vorrebbero far crescere il paese al margine dei prodotti a basso contenuto tecnologico. Le politiche d’austerità sono intrinsecamente sbagliate, ma se il Paese deve crescere via esportazioni almeno adottiamo delle politiche meno assurde. (La versione ridotta di questo articolo è uscita su "Il manifesto" del 4 giugno 2015) ___________________________________________________________ Note1 L'unità di lavoro rappresenta la quantità di lavoro prestato nell'anno da un occupato a tempo pieno, oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale o da lavoratori che svolgono un doppio lavoro. Questo concetto non è più legato alla singola persona fisica, ma risulta ragguagliato ad un numero di ore annue corrispondenti ad un'occupazione esercitata a tempo pieno, numero che può diversificarsi in funzione della differente attività lavorativa. Le unità di lavoro sono dunque utilizzate come unità di misura del volume di lavoro impiegato nella produzione dei beni e servizi rientranti nelle stime del Prodotto interno lordo in un determinato periodo di riferimento.2 L’introduzione del Jobs Act solleva anche un altro e non banale problema. La statistica misura la variazione nel tempo, verso il basso o l’alto, di un bene o un servizio. La statistica dovrebbe anche misurare beni, servizi e lavoro omogenei. L’Istat modifica il paniere che misura l’inflazione, oppure soppesa la composizione del PIL o altre voci. La domanda che solleviamo è la seguente: possiamo usare lo stesso criterio di valutazione-misurazione dell’occupazione dopo l’introduzione del Jobs Act? La disponibilità o meno dell’art.18 non cambia in profondità la matrice giuridica del lavoro e quindi la natura economica? In altri termini siamo sicuri che l’occupazione del 2015 sia strutturalmente uguale all’occupazione del 2014? |
Enrico Galavotti: Marx e il colonialismoMarx e il colonialismoEnrico Galavotti
Da un lato infatti era esplicita la condanna del colonialismo come strumento di oppressione e sfruttamento; dall'altro però essi tendevano a considerarlo come occasione di sviluppo per popoli arretrati e "senza storia". In questo loro giudizio pesava ovviamente il retaggio della filosofia occidentale, specie quella hegeliana. Nel Capitale non è affatto chiaro l'apporto determinante del colonialismo alla realizzazione dell'accumulazione originaria. È singolare come nel Capitale non venga mai ipotizzata l'inevitabilità di una serie infinita di guerre civili cui in Europa avrebbe portato l'accumulazione originaria, se nel contempo non fossero state conquistate America, Africa e Asia. La popolazione si sarebbe dimezzata e lo sviluppo capitalistico, se ancora ci fosse stato, avrebbe subìto un rallentamento considerevole. Nel cap. XXV (libro I del Capitale) dedicato al colonialismo, Marx afferma che la proprietà basata sul proprio lavoro era presente nei territori extra-europei successivamente colonizzati dalle nazioni capitalistiche più industrializzate. Anche questo però è un modo astratto di vedere le cose, poiché al tempo di Marx la proprietà libera in Asia non esisteva più, mentre in America latina era già in forte disuso nel XV sec. Solo in Africa si poteva ancora ampiamente costatare. Leggi tutto |
Riccardo Realfonzo: Draghi e i processi di divergenza in EuropaDraghi e i processi di divergenza in Europadi Riccardo RealfonzoL’allarme lanciato in Portogallo, alla fine del mese scorso, dal presidente della BCE Mario Draghi va al cuore del problema: nell’Eurozona sono in atto “profonde e crescenti divergenze” tra i Paesi che “tendono a diventare esplosive” e “possono arrivare a minacciare l’esistenza dell’Unione monetaria”. In effetti, la scarsa capacità di crescita dell’Eurozona, con il valore complessivo del Pil che resta ancora al di sotto del livello pre-crisi, desta preoccupazione. Ma l’aspetto più grave è proprio la forza centrifuga che sembra dominare l’area euro, con il centro del Continente in crescita e diverse regioni periferiche sostanzialmente ferme, quando non in recessione. I dati ufficiali confermano l’allarme sollevato da Draghi. Dopo il 2007-2008, come registra il coefficiente di variazione del tasso di crescita del Pil pro capite, i differenziali di sviluppo tra i diversi Paesi sono aumentati vistosamente, al punto che ad esempio tra Germania e Italia si sono accumulati 14 punti di differenza nella crescita del Pil. E anche i dati relativi ai tassi di disoccupazione, alle insolvenze delle imprese e alle condizioni della finanza pubblica confermano l’azione dei processi di divergenza. Queste evidenze empiriche rendono ormai difficilmente difendibile la tradizionale tesi della Commissione Europea. Si tratta dell’idea – espressa sin dal 1990, nel famoso One Market, One Money e ribadita anche in recenti documenti ufficiali – secondo cui la moneta unica e l’integrazione commerciale, combinate con le politiche di austerità e la flessibilità dei mercati, avrebbero favorito la convergenza e la coesione tra i Paesi. Leggi tutto |
Manlio Dinucci: La scottante verità di Ilaria AlpiLa scottante verità di Ilaria Alpidi Manlio DinucciLa docufiction «Ilaria Alpi – L’ultimo viaggio» (visibile sul sito di Rai Tre) getta luce, soprattutto grazie a prove scoperte dal giornalista Luigi Grimaldi, sull’omicidio della giornalista e del suo operatore Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. Furono assassinati, in un agguato organizzato dalla Cia con l’aiuto di Gladio e servizi segreti italiani, perché avevano scoperto un traffico di armi gestito dalla Cia attraverso la flotta della società Schifco, donata dalla Cooperazione italiana alla Somalia ufficialmente per la pesca. In realtà, agli inizi degli anni Novanta, le navi della Shifco erano usate, insieme a navi della Lettonia, per trasportare armi Usa e rifiuti tossici anche radioattivi in Somalia e per rifornire di armi la Croazia in guerra contro la Jugoslavia. Anche se nella docufiction non se ne parla, risulta che una nave della Shifco, la 21 Oktoobar II (poi sotto bandiera panamense col nome di Urgull), si trovava il 10 aprile 1991 nel porto di Livorno dove era in corso una operazione segreta di trasbordo di armi statunitensi rientrate a Camp Darby dopo la guerra all’Iraq, e dove si consumò la tragedia della Moby Prince in cui morirono 140 persone. Leggi tutto |
Christian Marazzi: L’invenzione dei lavori inutiliL’invenzione dei lavori inutiliChristian MarazziPubblichiamo un estratto dall'ultimo libro di Christian Marazzi, «Diario della crisi infinita» in libreria in questi giorni per le edizioni ombre corte. Il libro raccoglie articoli scritti e interventi dell'autore pubblicati negli ultimi anni e che riuniti in questo volume disegnano, come recita il titolo, un diario della crisi: il capitale come rapporto sociale si è spezzato, la creazione di ricchezza è ormai incapace di generare crescita e benessere, mentre produce disuguaglianze vertiginose e sofferenza diffusa. È con questa profonda trasformazione che si misurano i testi e gli interventi raccolti, che non si limitano tuttavia all'osservazione e all'analisi degli eventi economici e politici degli ultimi anni, ma rimandano espressamente a una riflessione collettiva su come agire "dentro e contro" la crisi, lungo quali assi strategici, con quali obiettivi e modalità di lotta. Il più grande economista del secolo scorso, John Maynard Keynes,in un suo scritto del 1930 prevedeva che entro la fine del secolo lo sviluppo della tecnologia avrebbe permesso la riduzione della settimana lavorativa a sole quindici ore. Keynes basava la sua previsione sulla base della limitatezza dei bisogni materiali. Non solo questa sua previsione non si è avverata (la crescita dei bisogni si è rivelata inesauribile), ma la tecnologia stessa è stata utilizzata per inventare nuovi modi per farci lavorare tutti sempre di più. Leggi tutto |
Emiliano Brancaccio: I mercati scommettono su Grexit. E la sinistra insegue Matteo SalviniI mercati scommettono su Grexit. E la sinistra insegue Matteo SalviniL. Sappino intervista Emiliano Brancaccio“L’Italia non è al sicuro: l’Eurozona è insostenibile. E invece di fermare i migranti bisognerebbe fermare i capitali a caccia di vantaggi fiscali”.
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Mario Agostinelli: “Esserci” in Expo 2015“Esserci” in Expo 2015Mario Agostinelli
Sono tra coloro che ritengono che le rilevanti risorse messe in campo per la realizzazione di questo “grande evento” avrebbero potuto essere spese più utilmente in altri modi, con ricadute probabilmente superiori in termini di posti di lavoro, di benessere per i cittadini e di sviluppo per la città di Milano. In questi mesi, di fronte a tutto quello che è accaduto, dall’illegalità allo sperpero di ingenti risorse economiche per l’organizzazione di Expo in una città e in un Paese dove la povertà e la diseguaglianza crescono quotidianamente e che avrebbero urgenza di ben altri interventi, ho maturato un giudizio complessivamente negativo. L’occasione di Expo si è consumata oscillando fino ad arretrare sui contenuti più innovativi e dirompenti, ritenuti troppo vicini ad ipotesi di trasformazione. Idee e progetti che si possono azzardare e mostrare di condividere solo nei convegni, ma non si praticano in realtà né nella prassi amministrativa né nella pratica economica e politica. La tragedia poi della confusa, contradditoria e irregolare gestione preparatoria va rintracciata nella mancanza di una chiara catena di comando, con il ricorso alla nomina di commissari più o meno straordinari incardinati assurdamente su di una legge che riguardava la Protezione Civile e con provvedimenti che hanno rappresentato una specie di falso ideologico di Stato. Leggi tutto |
Militant: Riflessioni sull’intervista di Putin al CorriereRiflessioni sull’intervista di Putin al Corrieredi Militant
Non c’è alcuna lotta per l’egemonia regionale o globale, detto altrimenti, quanto un attacco geopolitico, portato avanti sia economicamente che militarmente, contro la Russia. Alcuni passaggi dell’intervista sono, appunto, parte di quella verità fattuale negata a priori dalle retoriche europeiste. E una certa indipendenza di giudizio e di autonomia politico-culturale dovrebbe consentirci di interpretare la realtà con strumenti antimperialisti e internazionalisti, non imboccati dai media mainstream. Leggi tutto |
Comidad: L'OCSE ispira Renzi, e lo sfotte pureL'OCSE ispira Renzi, e lo sfotte puredi ComidadQualcuno ha notato che l'emergenza-immigrati rappresenta una boccata d'ossigeno mediatico per Renzi, il quale può finalmente collocarsi dalla parte "giusta", di quello che fa la morale agli altri e si atteggia con indignazione di fronte alla demagogia irresponsabile della Lega ed al miope egoismo dei partner dell'Unione Europea. Il roleplay tra "accoglitori" e "respingitori" accentra l'attenzione sulla questione di alcune migliaia di immigrati, ma fa perdere di vista il fatto che gli ingressi clandestini con i barconi costituiscono una quota minima del problema, e bisognerebbe andare ad indagare sui moli militari dei porti, specialmente quelli controllati dalla NATO e dagli USA. La questione dei migranti fa dimenticare anche che lo stesso Renzi è riuscito nell'incredibile impresa di farsi dichiarare un blocco degli scrutini (per quanto simbolico, in base a ciò che consente l'attuale normativa anti-sciopero) persino da sindacati super-collaborazionisti come la CISL e la UIL. Renzi si è trovato così di fronte alla più grossa mobilitazione del personale della Scuola degli ultimi cinquanta anni. Nelle attese la mobilitazione degli opinionisti ufficiali contro gli insegnanti avrebbe dovuto sortire dei risultati nei confronti di una categoria che rappresenta la maggiore consumatrice di stampa quotidiana; ma, a quanto pare, l'avvento di Renzi ha determinato un distacco tra il PD e la sua base sociale più fedele. Il gruppo dirigente del PD non si è minimamente preoccupato del fatto che, lasciando insultare la propria base elettorale dagli opinionisti, delegittimava anche se stesso. Nelle prossime elezioni i software del Viminale potranno forse ovviare all'emorragia di voti, ma è chiaro che si è aperta una fase di destabilizzazione del quadro politico dagli esiti ancora incerti. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Ad essere impresentabile non è De Luca… è il PdAd essere impresentabile non è De Luca… è il Pddi Aldo GiannuliDe Luca non è un incidente di percorso del Pd, un occasionale cacicco meridionale la cui presenza il partito ha dovuto subire per i capricci del popolo delle primarie. Se fosse stato questo, Renzi non si sarebbe speso mettendoci personalmente la faccia ed oggi non starebbe ad arrampicarsi sugli specchi per salvarlo dalla legge Severino, altre volte applicata senza sconti. E non è nemmeno un fenomeno locale, che tocca difendere per onor di bandiera, ma che resta un fenomeno circoscritto. Se così fosse il Pd non arriverebbe ad aggredire una sua stessa esponente, presidente della Commissione Antimafia, che è stata anche presidente del partito. De Luca esprime l’essenza del Pd attuale. Non mi riferisco ai suoi carichi pendenti che vedremo come andranno a finire e che lo rendono simile a tanti altri amministratori del Pd a Genova, a Venezia… a Roma. Mi riferisco alla sua oscena concezione della politica. Proprio per la sua manifesta inadeguatezza culturale, la semplicità di feudatario del Cilento, dice quello che il suo gruppo dirigente pensa ma non osa dire. E’ di qualche giorno fa una sua icastica dichiarazione: “Chi se ne frega della Severino?! Chi vince governa”. Una frase in cui c’è tutto un modo di pensare basato su una inversione del principio democratico. Certamente in democrazia a governare deve essere chi ha vinto le elezioni, ma per vincere le elezioni non basta prendere più voti degli altri, occorre anche farlo nel rispetto delle leggi delle quali, evidentemente, l’aspirante neo governatore della Campania, “se ne frega”. Leggi tutto |
Mauro Poggi: To Grexit or not to GrexitTo Grexit or not to GrexitMauro Poggi
Chiamato a commentare le affermazioni di Monti sui concetti di riforme strutturali e consolidamento fiscale, Weeks – prima di entrare nel dettaglio, aveva esordito con un giudizio sintetico: “Rubbish, spazzatura”. (Vale la pena ascoltare sia l’intervista di Monti che quella di Weeks nel video che ho linkato, entrambe – ciascuna per il suo verso, significative). Leggi tutto |
Domenico Tambasco: Il Jobs Act e il “modello Foxconn”Il Jobs Act e il “modello Foxconn”di Domenico TambascoL’approvazione in via preliminare del cosiddetto “schema di decreto sulla semplificazione” sembrerebbe aver introdotto la possibilità di controllare i lavoratori attraverso gli strumenti di svolgimento della prestazione lavorativa: al di là della sua dubbia legittimità ed efficacia pratica, appare ormai evidente l’orizzonte di riferimento del Jobs Act: più che la flexsecurity, è il “modello Foxconn” Immaginatevi sul posto di lavoro, dinanzi al terminale mentre navigate su Internet, o al telefono mentre state parlando con un vostro collega, o mentre siete impegnati ad aprire un’applicazione sul vostro tablet. Immaginate ora un datore che abbia il potere di controllare a distanza tutte le vostre attività lavorative, creando un pervasivo sistema di vigilanza. Non è il distopico incubo del Grande Fratello
orwelliano, ma è la realtà del modello “Foxconn”, così
come
descritto in recenti ed importanti studi (da ultimo “Morire
per un iphone”, ricerca degli studiosi Pun
Ngai, Jerri Chan e Mark
Selden, Jaka Book, 2015), in cui si evidenziano le
disumane condizioni lavorative degli operai del noto
colosso cinese dell’elettronica,
appaltatore di ancor più noti brand dell’elettronica
mondiale. __________________________________________________________________________________________
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Daniele Benzi: Integraciòn o muerte! Venceremos?Integraciòn o muerte! Venceremos?L'America Latina nel suo labirintoDaniele BenziIV. Lo sbarco cinese e altre spinte disgregatrici [Qui, qui e qui le parti precedenti]
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di Sergio CesarattoPubblichiamo alcune lezioni preparate da Sergio Cesaratto per economiaepolitica.it, dedicate alla BCE e alla politica monetaria. La serie, intitolata l'”Organetto di Draghi”, prevede quattro lezioni: 1) Moneta endogena e politica monetaria; 2) La BCE di fronte alla crisi; 3) LTRO, Target 2, Omt; 4) Forward guidance e Quantitative easing |
1) 2011: Lo strano caso di Target 2 Nel 2011 Werner Sinn (2011), il più influente economista tedesco, sollevò un polverone mediatico e accademico sostenendo che la BCE stava effettuando un salvataggio silenzioso (stealth bail out) dei paesi periferici attraverso un arcano meccanismo chiamato Target 2. Leggi tutto |
James K. Galbraith: Che cosa s’intende per riforma? Lo strano caso della Grecia e dell’EuropaChe cosa s’intende per riforma? Lo strano caso della Grecia e dell’Europadi James K. GalbraithMentre tornavamo da Berlino, martedì, il ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis mi ha osservato che l’attuale uso del termine “riforma” ha le sue origini nel medio periodo dell’Unione Sovietica, in particolare sotto Kruscev, quando accademici modernizzatori cercarono di introdurre elementi di decentramento e di mercato in un sistema di pianificazione sclerotico. In quegli anni, in cui la lotta negli Stati Uniti era per i diritti e alcuni giovani europei sognavano ancora la rivoluzione, il temine “riforma” non era molto utilizzato in occidente. Oggi, in una strana svolta di convergenza, è diventato la parola d’ordine della classe dominante. Il termine, riforma, è oggi diventato centrale nel tiro alla fune tra la Grecia e i suoi creditori. Un nuovo sollievo dal debito potrebbe essere possibile, ma solo se i greci acconsentiranno a “riforme”. Ma a quali riforme e a qual fine? La stampa ha fatto circolare il termine, riforma, nel contesto greco come se ci fosse un vasto accordo sul suo significato. Le specifiche riforme pretese dai creditori della Grecia oggi sono una miscela speciale. Mirano a ridurre lo stato; in questo senso sono “orientate al mercato”. Tuttavia sono la costa più lontana dalla promozione del decentramento e della diversità. Al contrario, operano per distruggere le istituzioni locali e per imporre un unico modello di politica in tutta Europa, con la Grecia non come fanalino di coda, bensì all’avanguardia. In quest’altro senso le proposte sono totalitarie, anche se il padre filosofico è Friedrich von Hayek, l’antenato politico, per dirla brutalmente, è Stalin. Leggi tutto |
Comidad: Da Craxi a RenziDa Craxi a RenziL'illusione dell'indipendenza nazionale sostenibiledi ComidadIl Renzi ultra-occidentale e guerrafondaio del febbraio scorso, quello deciso ad intervenire in Libia e che aveva promesso un decreto a riguardo per il marzo successivo, nel giro di tre mesi sembra aver invertito la rotta di centottanta gradi, diventando anch'egli "amico" di Putin, e pregandolo di collaborare alla lotta contro l'ISIS. La svolta della politica estera italiana sembrerebbe davvero radicale, se si considera che l'intervento militare in Libia promesso da Renzi appariva oggettivamente come un modo per contrastare l'influenza che sta assumendo la Russia sull'Egitto e sul governo libico di Tobruk. La metamorfosi è avvenuta proprio agli inizi del fatidico marzo, con un viaggio di Renzi a Mosca, una trasferta che ha assunto quasi i toni del pellegrinaggio. Nell'occasione Renzi ha deposto un mazzo di fiori per onorare la memoria di Boris Nemtsov, un oppositore di destra al regime per la cui uccisione i media occidentali ovviamente incolpano Putin, in base a ciò che impongono gli inesorabili schemi della propaganda NATO. Non sono mancate osservazioni imbarazzate da parte di commentatori ufficiali per il fatto che Renzi incontrasse un Putin con le mani ancora sporche di sangue, e ciò è stato giustificato come realpolitik. La visita di Renzi è stata ricambiata nei giorni scorsi da Putin, che ha onorato un Expo di Milano altrimenti ignorato da tutti. Nell'occasione Putin e Renzi hanno invocato insieme il ritiro delle sanzioni economiche contro la Russia. In questi giorni i media italiani hanno ricordato il danno che le sanzioni contro la Russia stanno infliggendo alle esportazioni italiane. Messa così la questione appare un po' troppo generica, poiché è difficile pensare che il governo si sarebbe lasciato commuovere dalle difficoltà della nostra economia, dato che si tratta dello stesso governo che, mentre parla di "crescita", compie continue scelte depressive. Leggi tutto |
Pierluigi Fagan: L’enciclica della complessitàL’enciclica della complessitàdi Pierluigi Fagan
L’enciclica è una circolare che detta la linea o meglio, l’interpretazione del mondo, alla rete vescovile della Chiesa cattolica e quindi, dato il percolare culturale dall’alto al basso, si presume dovrebbe informare il punto di vista della Chiesa nei prossimi anni. La Chiesa però, è una istituzione più plurale di quanto ami dar a vedere e quindi non si deve immaginare un rigido allineamento alla nuova impostazione. Rimane però il segno forte di una impostazione e per questa impostazione non c’è che un termine per esprimerne il concetto: complessa. Leggi tutto |
∫connessioni precarie: Grentry. Il dominio della finanza in Europa e la sua crisiGrentry. Il dominio della finanza in Europa e la sua crisi∫connessioni precarie
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Nello Gradirà: Affondare il barcone... del neoliberismoAffondare il barcone... del neoliberismoNello GradiràLe migrazioni forzate sono una conseguenza della globalizzazione, si può invertire la tendenza solo con un grande “Piano Marshall” per il sud del mondo. Il numero di persone che vivono in un paese diverso da quello di nascita continua a crescere: dai 76 milioni del 1965 siamo passati ai 132 milioni del 1998. Proviamo a descrivere i principali fattori degli attuali flussi migratori Alle origini della schiavitù del debitoL’aumento dei tassi d’interesse deciso dagli Stati Uniti a seguito della seconda crisi petrolifera (1979) mandò in rovina quasi tutti i paesi “in via di sviluppo”, che nei decenni precedenti avevano maturato un debito piuttosto ingente, come i paesi africani che subito dopo la conquista dell’indipendenza (anni ’50-’60) avevano chiesto prestiti per costruire infrastrutture e sistemi di welfare. Con l’aumento dei tassi gli importi da restituire ai creditori schizzarono alle stelle, mentre con l’affermarsi del neoliberismo si riducevano sensibilmente gli aiuti ufficiali allo sviluppo, considerati una deleteria forma di assistenzialismo. Per poter pagare gli interessi molti paesi ricorsero a nuovi prestiti, che le istituzioni finanziarie internazionali (Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) concessero in cambio dei famigerati “aggiustamenti strutturali”: privatizzazioni, liberalizzazioni, taglio della spesa pubblica. I già fragili sistemi di welfare furono rasi al suolo, con l’inevitabile conseguenza di una catastrofe umanitaria senza precedenti (in quegli anni esplodeva la pandemia di Aids). L’assenza dei servizi fondamentali, come l’acqua potabile, la sanità o l’istruzione, fa sì che oggi nei paesi poveri tre persone su quattro muoiano prima dei 50 anni. In Africa il 55% della popolazione femminile è analfabeta. Tra il 1970 e il 2012 l’ammontare complessivo del debito estero dei paesi africani e mediorientali si è moltiplicato per 73, ed è stata già pagata 145 volte la somma inizialmente dovuta. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Il Pd perde la sfida dei comuni, ma la notizia peggiore per Renzi è un’altraIl Pd perde la sfida dei comuni, ma la notizia peggiore per Renzi è un’altraAldo GiannuliIn sintesi, 7 a 4 per il centrodestra: Lecco, Macerata, Mantova e Trani al centrosinistra; Venezia, Arezzo, Chieti, Fermo, Matera, Nuoro, Rovigo al centro destra. Considerando che sui centri maggiori (Venezia, Arezzo, Mantova) la partita si schiude 2 a 1 per il centro destra, che il Pd aveva il sindaco uscente candidato in diverse di località, che la scommessa principale era Venezia e che Arezzo è antico feudo della sinistra, direi che non c’è dubbio che si tratti di una sconfitta secca. Ma questa non è neppure la notizia peggiore per Renzi. Date un’occhiata a questi conti: nella colonna di sinistra troverete i voti in cifra assoluta in più o in meno ottenuti dai candidati del centro sinistra fra primo e secondo turno, in quella di destra troverete le differenze di quelli di centro destra sempre fra primo e secondo turno Venezia: + 1.540 | +
19.615 |
Alessandra Daniele: Final DestinationFinal Destinationdi Alessandra DanieleCol PD balcanizzato, sconfitto, e preso con le mani
nel Sacco di Roma, quel governo che a troppi era parso
invincibile è adesso
pateticamente appeso ai ricatti di Alfano, e ai comodi
di Verdini. Cioè ai fuorusciti, più o meno autorizzati,
di
Berlusconi. Oggi in Italia Renzi conta sempre meno. |
Etienne Balibar: Democrazia fine corsa: la Grecia, l’Europa e noiDemocrazia fine corsa: la Grecia, l’Europa e noiIntervista a Etienne BalibarL’intervista, rilasciata ad Atene da Etienne Balibar il 4-5-2015, è stata pubblicata originariamente dalla rivista Grèce Hebdo La redazione di TYSM ringrazia sia Etienne Balibar che la rivista per le autorizzazioni a tradurre e pubblicare. La traduzione è di Alessandro Simoncini
Innanzitutto, non sono il solo a dire questo. Si tratta di una formula utilizzata da un gran numero di intellettuali interni alla sinistra, nella quale vi sono divergenze di giudizio molto profonde sulla questione dell’Europa. Verosimilmente, nella situazione attuale queste divergenze si sono aggravate. La questione non si limita al fatto che occorra un’Europa unita, ma ci impone di sapere qual è il rapporto tra la sopravvivenza dell’Europa e la salvezza del popolo greco. Dal canto mio, mantengo una posizione per la quale questa sopravvivenza e questa salvezza non vadano affatto da sé. Penso che l’avvenire della Grecia sia nell’Europa, non un’Europa qualsiasi ma un’Europa che bisogna costruire. O, per dirla in modo più negativo, penso che l’espulsione, l’uscita della Grecia dall’Europa avrebbe delle conseguenze molto gravi per la Grecia stessa. Mi sembra di intendere che questo sia il punto di vista della maggioranza del popolo greco, ma non è necessariamente il punto di vista di tutti i greci. Leggi tutto |
Luca Illetterati: La realtà. Hegel oggiLa realtà. Hegel oggiAlberto Gaiani intervista Luca Illetterati
Sembra che Hegel sia tornato, se non al centro della scena, perlomeno sulla scena. Siamo di fronte a un neo-neoidealismo? A una Hegel-Renaissance in senso generale? Non credo si possa parlare di una Hegel-Renaissance. Tanto meno di un neo-neoidealismo (che rimane comunque, soprattutto nella sua versione gentiliana, per quanto sostanzialmente non studiato, l’apice della filosofia italiana degli ultimi centocinquant’anni). C’è però indubbiamente a livello internazionale una rinascita di interesse nei confronti della filosofia di Hegel. Molto è dovuto ai cosiddetti neohegeliani di Pittsburgh, John McDowell e Robert Brandom, che hanno ‘usato’ Hegel all’interno di dibattiti e contesti tradizionalmente ostili o indifferenti nei confronti della filosofia dell’idealismo tedesco. Al di là di questo è però interessante che in varie parti del mondo siano attivi in questo momento progetti di ricerca che connettono la filosofia di Hegel alle dinamiche del mondo contemporaneo. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: Da bullo, a guappo, a ricattatore: la carriera del meno peggioDa bullo, a guappo, a ricattatore: la carriera del meno peggiodi ilsimplicissimusSi sa che certe carriere sono scontate e prevedono passaggi obbligati: se ti imponi come bullo di periferia spalleggiato da zuccotti e cappucci una volta arrivato al centro grazie a un prestito finanziario non potrai che fare il guappo e fatalmente diventerai anche un ricattatore dei più spregevoli perché, senza freni inibitori, la tua natura prende il sopravvento. Così non deve affatto stupire che Renzi, frustrato per le difficoltà di far passare la sua buona scuola, che è buona come una dose di stupefacente liberista tagliata male, adesso metta la sua spadina di Brenno sulla bilancia e minacci di non assumere i precari qualora il piano non passi. Si tratta di una vera e propria estorsione perché l’assunzione moralmente dovuta dei precari non c’entra assolutamente nulla col penoso, intellettualmente miserabile e pasticciato piano di privatizzazione della scuola pubblica. E questo dovrebbe fare riflettere tutti i fedeli del culto del Meno Peggio, il dio maligno che ci sovrasta da decenni e che ci sta punendo con le piaghe d’Egitto: la battuta di arresto che il renzismo ha subito alle elezioni amministrative non solo non ha portato il premier ad assumere atteggiamenti più dialoganti, ma anzi ne ha accresciuto la tracontanza fino appunto al ricatto. Del resto i suoi mandanti non sono gli elettori, ma altri poteri non elettivi e la sua legittimità derivante da un Parlamento nominato con metodi dichiarati anticostituzionali: non deve rispondere ai cittadini ma a chi lo ha ingaggiato nella parte di premier. Per questo il presunto meno peggio cercherà di dare il peggio di sé prima di affrontare le urne che in un modo o nell’altro lo cacceranno o ancor prima un nuovo e intollerabile inasprimento della crisi: distruggere la Costituzione, privatizzare il privatizzabile, mettere in mora la sanità pubblica, eliminare ogni tutela sul lavoro e l’idea stessa dei diritti. In una parola ipotecare il futuro del Paese. Leggi tutto |
Claudio Conti: La Germania si prepara a sganciarsi dall'Unione EuropeaLa Germania si prepara a sganciarsi dall'Unione EuropeaClaudio ContiLe regole che non funzionano si cambiano. Questa semplice considerazione è stata rifiutata per oltre cinque anni dai vertici dell'Unione Europea e soprattutto dal suo nucleo centrale, la Germania guidata dal duo Merkel-Schaeuble. Ora, davanti alla sempre più concreta possibilità che la trattativa con la Grecia di Syriza si chiuda con un pessimo compromesso (pessimo per entrambe le controparti) oppure con un default (che implicherebbe comunque perdite considerevoli per “i creditori”, ossia Ue, Bce e Fmi), l'inamovible inflessibilità teutonica sta per partorire un cambiamento delle regole.Naturalmente a proprio esclusivo vantaggio. Ci dice infatti un giornale molto attento ai meccanismi finanziari europei come IlSole24Ore, che Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha incaricato esperti di elaborare un piano che consenta in futuro a un paese dell’Eurozona di avviare una procedura di ristrutturazione ordinaria del debito, in caso di default, che gli consenta di evitare l’uscita dall’euro. Lo rivela il giornale tedesco Der Spiegel senza citare fonti. Meglio tardi che mai, potrebbe pensare un ottimista disinformato. In realtà Sulla scorta dell’esperienza greca, il nuovo meccanismo limiterebbe gli aiuti di stato e farebbe ricadere gli oneri del fallimento sulle spalle degli investitori e dei detentori di bond governativi. L’idea di Schaeuble, secondo Der Spiegel, è quella di evitare che «paesi con finanze pubbliche sane siano vulnerabili ai ricatti dei paesi bisognosi». Al nuovo meccanismo lavorano sui tecnici del ministero delle Finanze che esperti esterni. L’ipotesi Schaueble consisterebbe quindi in una modalità per limitare gli aiuti da parte degli Stati, gettando il peso sui detentori di obbligazioni del Paese in questione. |
Toni Negri: Egemonia: Gramsci, Togliatti, LaclauEgemonia: Gramsci, Togliatti, Laclaudi Toni Negri(la conferenza che pubblichiamo è stata tenuta alla Maison de l’Amerique Latine, a Parigi, il 27 maggio 2015)
Partiamo da un primo punto. La moltitudine caratterizza le società contemporanee – ci dice Laclau – ma la moltitudine non conosce determinazioni ontologiche e tantomeno – oggi – regole che possano presiedere alla propria composizione. Solo dall’esterno (pur rispettandone la natura) sarà possibile ricomporre la moltitudine. L’operazione è quella kantiana dell’intelletto che si confronta con la “cosa in sé”, inconoscibile altrimenti che col suggello della “forma”. L’operazione è quella della sintesi trascendentale. È possibile e desiderabile che eterogenee soggettività sociali organizzino se stesse spontaneamente o debbono piuttosto essere organizzate? La domanda è consueta e sta alla base del criticismo. A questa questione Laclau risponde che oggi non c’è alcun attore sociale per sé, “classe universale” (com’era definita marxianamente la classe operaia), e neppure un soggetto semplicemente prodotto dalla spontaneità sociale, da una self-organization che potrebbe pretendere egemonia. Leggi tutto |
Lelio Demichelis: Il modello-panopticon. Dalla Nsa al Jobs ActIl modello-panopticon. Dalla Nsa al Jobs Actdi Lelio Demichelis
Anche gli uomini sono ‘impianti produttivi’ Prima notizia. Nei decreti attuativi del Jobs Act il governo ha allargato le maglie dello spionaggio aziendale, permettendo di controllare tutte le informazioni raccolte tramite cellulari, smartphone, tablet e portatili in dotazione ai dipendenti. Superando (modernizzando?) quello Statuto dei lavoratori che risale alla preistoria tecnologica (era il 1970) – quando il controllo era più difficile e soprattutto era più visibile – mentre oggi l’innovazione (innovazione?) tecnologica permette di fare ciò che allora era impensabile (e vietato). Dati raccolti via rete che potranno essere utilizzati ‘per ogni fine connesso al rapporto di lavoro’, anche se la foglia di fico è: ‘purché sia data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli sia sempre nel rispetto del codice della privacy’. Ovvero, informazione al singolo ma non al gruppo o al sindacato (dove la difesa degli interessi e della privacy sarebbe più forte), nella ulteriore individualizzazione dei rapporti non solo di lavoro ma anche di sorveglianza. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: Complottando un po’Complottando un po’di ilsimplicissimus
Comunque sia la polemica contro le “balle”non è rivolta verso questa o quella tesi inconsistente, ma genericamente contro l’atteggiamento “paranoico” e spia di “disadattamento sociale ” di chi sostiene tesi alternative senza alcuna prova o sulla base di semplici indizi o ancora più spesso in base ad atteggiamenti fideistici, ma senza minimamente verificare la consistenza delle tesi accreditate dal potere, né di operare distinzioni tra chi per esempio sostiene di essere un portavoce degli alieni o di aver scoperto che i templari governano il mondo o di chi non crede che sia stato solo Oswald a sparare a Kennedy, circostanza che fra l’altro diede vita per la prima volta all’espressione teoria del complotto. Leggi tutto |
Stefano G. Azzarà: Che gender di sinistra?Che gender di sinistra?Stefano G. AzzaràChe la sinistra - che pure sulle questioni di genere e sulla sessualità ha maturato una riflessione ultradecennale nella quale sono presenti posizioni anche molto diverse e difficilmente confondibili - si sia impastoiata con le proprie gambe in una polemica su una fantomatica "ideologia gender", scatenata in ambienti culturali precisi in un momento preciso con finalità politiche precise, è già di per sé indice di grave subalternità culturale e di irresistibile coazione a seguire la linea altrui pur di dimostrare di esistere ancora. Anche con le migliori intenzioni, il solo fatto di prendere posizione accettando questi termini del discorso è un errore, a prescindere dalle tesi che vengono difese. Che poi però qualcuno pretenda addirittura di richiamarsi a Marx e all'analisi marxiana del modo di produzione per schierarsi contro un presunto piano segreto di omogeneizzazione sessuale, con l'argomento che questo piano sarebbe coerente con un ammodernamento dei rapporti sociali capitalistici (nel senso di un rafforzamento delle tendenze consumeristiche tramite costruzione di forme di identità ibride artificiali) è grottesco. Sulla base di questo modo di ragionare, avremmo dovuto difendere l'istituto della schiavitù o della servitù della gleba contro la congiura del lavoro salariato, perché l'emergere di questa nuova forma di lavoro, con la scusa di emancipare il servo, consentiva in realtà il decollo del modo di produzione capitalistico segnando il tramonto di quel mondo di intensa felicità che era il medioevo... Leggi tutto |
Giuseppe Masala: Una Nemesi greca per la TrojkaUna Nemesi greca per la Trojkadi Giuseppe MasalaLascia veramente sconcertati la proposta fatta dalla ex Trojka alla Grecia per ottenere l’ultima rata da 7,2 miliardi di finanziamento. Da un lato il bastone dell’aumento dell’IVA sui beni primari e del taglio delle pensioni (ormai spesso ridotte ad un minimo di 200 euro e unica fonte di reddito familiare) e dall’altro lato mette sotto il naso la carota di un possibile taglio del debito pregresso, peraltro senza fare alcuna quantificazione. Chiunque (a parte chi è in assoluta malafede) comprende che un aumento ulteriore dell’Iva e un ulteriore taglio delle pensioni precipiterà la Grecia in un’altra forte recessione con il risultato di rendere l’ipotetico e non quantificato taglio del debito perfettamente inutile: la contrazione del Pil lascerebbe insostenibile il debito anche se tagliato. A che gioco giocano dunque le istituzioni creditrici? Semplice, fanno con la Grecia il medesimo, collaudatissimo, gioco fato negli ultimi cinquanta anni in Africa e in Sud America: usano il debito come leva di controllo sociale e politico tarpando le ali a qualunque possibilità di sviluppo dei paesi debitori e in definitiva li si pone nella condizione sostanziale di colonia che non ha alcuna possibilità di porre in essere una politica economica autonoma. Leggi tutto |
Enrico Galavotti: L'origine del linguaggio e il socialismo scientificoL'origine del linguaggio e il socialismo scientificoEnrico Galavotti
Per gli esseri umani il linguaggio comincia a diventare davvero significativo quando le parole vengono memorizzate per il loro significato. In questa maniera infatti ci diventa possibile procedere alla loro rielaborazione. Il linguaggio non è che un uso intelligente delle parole. È uno strumento in più. Non si diventa più capaci di parlare quanto più ci si ricorda di tutta l'evoluzione del nostro dire. Più ancestrale del linguaggio è la sensibilità. Vi è umanità semplicemente là dove esiste sensibilità. Un cerebroleso resta comunque una persona "sensibile" e non ci sogneremmo neanche lontanamente di eliminarlo, come facevano i nazisti coi loro disabili. Il linguaggio può dare un significato razionale alla nostra sensibilità, può cioè renderla consapevole di sé, ma non ne aumenta la fisicità, la realtà corporea. La sensibilità può essere aumentata, cioè approfondita ed estesa, soltanto da se stessa. Leggi tutto |
Frances Coppola: Mario Draghi e il Santo GraalMario Draghi e il Santo Graaldi Frances CoppolaIn questo articolo di Frances Coppola, il Santo Graal di Mario Draghi è l’euro, la moneta unica per cui interi popoli sono pronti a sacrificarsi in nome della redenzione dalla loro condizione. Perché la moneta non è solo fatto economico, ma sociale, storico e identitario, e l’euro è stato vissuto dai paesi periferici come biglietto per il club dell’Europa ricca e come promessa di prosperità. Ma l’euro, sostiene la Coppola, non ha radici nella storia e nella cultura europea, è una moneta unica fasulla fondata sulla menzogna: sostiene di promuovere l’unità europea, ma è impostata per creare e mantenere frammentazione e diffidenza; sostiene di preservare la sovranità, ma per garantire la propria sopravvivenza richiede ai suoi Stati membri di cedere il controllo delle loro economie e, sempre più, delle loro politiche; sostiene di portare prosperità, ma la sua eredità è la depressione. L’euro non sopravviverà, ma prima di crollare dovrà essere spogliato di tutta la sua lucentezza fasulla, e nel modo in cui viene trattata la Grecia dalle “istituzioni” ne stiamo vedendo le prime avvisaglie.
Non ci sono “euro greci” o “euro tedeschi”. Ci sono solo euro europei. Quindi la BCE non scambia euro greci e tedeschi alla pari. Entrambi i paesi stanno usando la stessa moneta, che è prodotta dall’Eurosistema. Le Banche Centrali Nazionali non sono enti autonomi, fanno parte dell’Eurosistema. Non creano le proprie valute: insieme, creano la moneta unica. Ecco come funziona una moneta unica. Se ci sono più “banche centrali” all’interno di un’area a moneta unica – come ce ne sono ad esempio negli Stati Uniti – esse non emettono le proprie valute. La Federal Reserve di St. Louis non emette dollari di St. Louis. Produce dollari degli Stati Uniti. Come fa la Fed di Minneapolis, e la Fed di New York, e la Fed di Atlanta, e così via. Le dodici banche della Federal Reserve producono collettivamente una sola valuta, il dollaro USA. Quindi la persona che ha sostenuto che gli euro greci e quelli tedeschi sono scambiati alla pari dalla BCE, che è il prezzo sbagliato, è nel torto, no? Se l’euro fosse davvero una moneta unica, sarebbe nel torto. E questo era l’assunto dal quale partivo nella mia risposta. Ma a pensarci bene, qualcosa non quadra del tutto. La struttura dell’Eurosistema non è quella di una moneta unica. Nessun’altra area monetaria ha “banche centrali” individuali per ciascuno dei suoi stati membri. Leggi tutto |
Clash City Workers: Jobs Act: la fine del diritto del lavoro in ItaliaJobs Act: la fine del diritto del lavoro in Italiadi Clash City Workers
Gli ultimi decreti attuativi della legge delega di Dicembre, di cui tanto si sta parlando in questi giorni, lo dimostrano definitivamente: dopo essere intervenuto nella fase di accensione del rapporto di lavoro attraverso il decreto del 2014, aumentando la “flessibilità in entrata”, cioè la possibilità per i padroni di assumere come meglio credono; dopo aver aumentato quella “in uscita”, intervento nella fase di chiusura del rapporto di lavoro eliminando l'articolo 18 e rendendo possibile il licenziamento senza giusta causa a Marzo di quest'anno; ora questi ultimi decreti attuativi intervengono nel rapporto di lavoro stesso nell'ambito della cosiddetta “flessibilità funzionale”, rendendo possibile il demansionamento e il controllo a distanza del lavoratore. In questo quadro essere flessibili significa quindi essere alla totale mercé del padrone e a poco servono le rassicurazioni del Governo e della stampa allineata sul rispetto della privacy del lavoratore o sul fatto che in vari casi dovrà essere chiesto previamente il consenso al lavoratore stesso: come ha spiegato bene l'avvocato del lavoro Giovanni De Francesco ai microfoni di Corrispondenze Operaie, a fronte di sempre meno tutele e sempre più grandi ricatti queste formalità sono solo chiacchiere. Leggi tutto |
Riccardo Achilli: Sull’enciclica Laudato SìSull’enciclica Laudato SiRiccardo AchilliLo dico con tutto il rispetto e l’umiltà. Bergoglio è un Papa straordinario, lascerà un’impronta storica nella Chiesa, è un vero innovatore, sia dal punto di vista organizzativo che teologico. Ha riconnesso con la società, con altre confessioni religiose, con le pulsioni di giustizia del grande bacino sofferente dell’umanità povera, persino con il pensiero scientifico e razionalistico (l’abbandono del miracolismo è un fatto di enorme importanza intellettuale; chissà, forse un giorno la Chiesa arriverà ad ammettere che la saga dell’uomo che camminava sulle acque e resuscitava i morti va intesa in senso metaforico e simbolico, e non letterale, come tutti i grandi miti religiosi dell’umanità). Ha scosso una Chiesa che appariva chiusa, sulla difensiva, reazionaria, in crisi di vocazioni. Chapeau. La sua enciclica, e direi anche il suo esempio di pontificato ed il suo modello umano ne fanno un grande alleato di chi, da varie posizioni,cerca di recuperare spazi per una maggiore giustizia sociale, un maggiore ruolo del lavoro rispetto al capitale, specie quello finanziario, modelli di sviluppo più equilibrati sotto tutti i punti di vista. Detto questo, evidentemente il pensiero sociale espresso da Bergoglio, fatto di decrescismo, tradizionalismo sociale, mondialismo politico, che male intende il rapporto fra lavoro e innovazione tecnologica, non può essere la base per la ricostruzione di un pensiero socialista moderno, che al più può trovarvi punti di contatto e di interlocuzione, ed una base comune che aspira a modelli più equilibrati, umani e giusti. Più di tanto la Chiesa ufficiale non può spingersi, ed è già tantissimo, perché quello dell’enciclica di Francesco è comunque un pensiero più profondo sul futuro dell’uomo e del mondo rispetto al liberalsocialismo, ed anche rispetto all’ecologismo compatibile con i modelli di sviluppo capitalistico. Leggi tutto |
Walter Tocci: Scuola: uno, nessuno e centomilaScuola: uno, nessuno e centomiladi Walter TocciNon credete alle notizie tendenziose che si leggono
sulla scuola nei principali giornali. A poche ore dal
confronto decisivo in Senato è
necessario fare chiarezza sul disegno di
legge. Le principali mistificazioni sono cinque. 1. Assunzioni – E’ l’argomento più
devastato dalla disinformazione. Intanto i posti
disponibili non sono
100 mila ma circa 150 mila, come d’altronde ammise lo
stesso governo nel documento iniziale della buona
scuola. Ci sarebbero quindi la capienza
e i soldi per assorbire già quest’anno quasi tutte le
graduatorie a esaurimento, gli idonei e una parte
degli abilitati, completando poi
l’operazione con il piano poliennale. |
Patrick Boylan: Record di rifugiati nel mondo: chiediamoci perchéRecord di rifugiati nel mondo: chiediamoci perchéPatrick Boylan
Noi della Redazione di PeaceLink ci siamo chiesti perché – peraltro, è da tempo che ce lo chiediamo – ed ecco le nostre risposte. Sono due. Una individua una causa push (ciò che spinge un soggetto ad andar via dal proprio paese, suo malgrado). L'altra, che sarà oggetto di un successivo editoriale, individua una causa pull (ciò che noi facciamo, pur lamentandoci dei nuovi arrivi sulle nostre coste, per farli arrivare comunque). Né l'una né l'altra di queste due cause hanno a che fare con le spiegazioni razziste o comunque autoassolventi che circolano oggi con sempre maggiore insistenza, grazie anche ad una certa stampa e a certi ambienti politici demagogici. Leggi tutto |
Amina Crisma: Fine della rivoluzione e tramonto dell’OccidenteFine della rivoluzione e tramonto dell’OccidenteA chi andrà il Mandato Celeste?Amina Crisma*
1.Il tramonto della rivoluzione e il declino dell’Occidente. “Libertà è poter immaginare un nuovo inizio”: tornano in mente le parole di Hannah Arendt, leggendo Il tramonto della rivoluzione di Paolo Prodi (Il Mulino 2015), che sarà presentato insieme all’autore da Massimo Cacciari a Bologna, allo Stabat Mater dell’Archiginnasio giovedì 18 giugno alle 17,30. Il libro ci propone una limpida riflessione su un tema che troppo spesso viene eluso, e che invece ci riguarda tutti, e da vicino: “Il mito della rivoluzione è finito. Ma l’Europa, l’Occidente sono nati e cresciuti come “rivoluzione permanente”, cioè come capacità nel corso dei secoli di progettare una società alternativa rispetto a quella presente: ora questa capacità di progettare un futuro diverso sembra essere venuta meno. (…) Credo che l’innegabile declino dell’Europa non possa essere compreso soltanto sul piano geopolitico o geoeconomico (…) ma debba essere spiegato con il venir meno della capacità rivoluzionaria dell’Europa nelle sue coordinate antropologiche di fondo”. |
Alberto Ziparo: Megabus, arriva la mobilità insostenibileMegabus, arriva la mobilità insostenibileAlberto ZiparoLa nuova frontiera del low cost. Tariffe basse per viaggiare nelle principali città. Ma con l'incremento del trasporto su gomma a perderci sarà l'ambiente Adesso c’è un’alternativa per chi trova l’Alta Velocità Torino-Milano-Roma troppo costosa: arrivano i megabus. L’omonima compagnia, operante già da oltre un decennio in Usa e in Nord Europa, avvia infatti la sua attività nel centronord del nostro paese, con automezzi che trasportano un centinaio di persone, un prezzo low cost di 15 euro a tratta e tempi poco meno che doppi rispetto a quelli della AV. Ma con un inconveniente non da poco per le infrastrutture e l’ecologia del Belpaese: lo sdoganamento, pure incentivato ed istituzionalizzato, dell’incremento del traffico collettivo su gomma; con tanti saluti ai problemi di inquinamento e congestione connessi. Esulta — insieme al governo — l’Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori, che auspica addirittura una forte crescita del comparto; sistema che invece, secondo l’ultimo Piano Generale Nazionale della Mobilità e dei Trasporti (2001, ormai preistoria), doveva essere addirittura ridimensionato fino all’abbandono. Colpisce su questi temi (come su molto altro) l’insipienza e l’ignoranza del governo, soddisfatto; che non perde occasione per mostrare la propria incapacità e miopia politica, non solo sui temi territoriali ed infrastrutturali, ma in generale su qualsivoglia capacità di esprimere uno straccio di programmazione innovativa ed orientata ai problemi reali. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Ucraina: la vera sostanza del conflittoUcraina: la vera sostanza del conflittodi Aldo GiannuliLa crisi ucraina rischia di precipitare da un momento all’altro, ma nessun parlamento nazionale della Ue ha fatto un’ampia discussione assembleare sul tema, i mass media europei non dedicano alla questione alcuno spazio straordinario (come l’eccezionalità del momento vorrebbe) e l’opinione pubblica europea considera la crisi ucraina come “altro da sé”, una guerra che riguarda altri e che non c’è pericolo che coinvolga anche l’Europa. C’è bisogno di reagire a questo assurdo torpore e di richiamare l’opinione pubblica europea alla consapevolezza della gravità del momento. Anche per questo ho firmato l’appello No Guerra No Nato. Già dai primissimi dell’anno sono circolate voci per le quali, fra giugno e luglio, la crisi ucraina dovrebbe avere un brusco peggioramento. Le accuse di preparare un’offensiva devastante sono rimbalzate dai due lati della barricata e non sono mancati segnali come l’omicidio Nemtsov o la momentanea scomparsa di scena di Putin, subito riemerso per dire, con aria normalissima, che un anno prima aveva meditato di usare l’atomica in caso di attacco alla Crimea. Poi le cose sono andate di male in peggio, salvo la visita a Mosca di Kerry l’11 maggio, che ha dischiuso per un attimo l’uscio alla speranza di un accordo. Due giorni prima, iI 9 maggio, una grandiosa parata si è svolta sotto le mura rosse del Cremlino, per celebrare la vittoria sul nazismo, ma anche per lanciare un avviso all’occidente. Sul palco, a fianco di Putin c’era Xi Jinping ed altri importanti esponenti di paesi asiatici e latino americani; insieme ai russi, hanno sfilato reparti cinesi, indiani, venezuelani, cubani in pieno assetto di combattimento. Un segnale che va molto oltre la celebrazione dell’anniversario e che lascia intendere che Mosca non è isolata. Leggi tutto |
Nicola Perugini: Cose che ho notato leggendo “Il Califfato del terrore” di Maurizio MolinariCose che ho notato leggendo “Il Califfato del terrore” di Maurizio Molinaridi Nicola PeruginiQuesto è davvero un libro che “tutti dovremmo leggere” come suggerisce Roberto Saviano nella fascetta pubblicitaria che avvolge il libro?
Apro a pagina 36 e 37, e trovo uno “scalino” nello stile di scrittura. Mi è sembrato di sentire abbastanza chiaramente la traduzione letterale da un’altra lingua. Molinari introduce la sezione “La rinascita del Califfato”, in cui spiega ai lettori religione e cultura islamica, con le seguenti parole: L’Islam afferma di essere una religione universale, in grado di coprire ogni aspetto della vita quotidiana, e dunque ha come obiettivo ultimo uno Stato Islamico. Questa idea politica è parte integrante del concetto di ‘umma’, secondo il quale tutti i musulmani, ovunque risiedano, sono legati da una fede che trascende i confini geografici, politici, nazionali. Tale legame è la fedeltà ad Allah e al profeta Maometto. Poiché i musulmani credono che Allah abbia rivelato tutte le leggi concernenti questioni religiose e laiche attraverso il Profeta, l’intera umma è governata dalla sharia, la legge divina, applicabile in ogni tempo e luogo perché anch’essa trascende i confini. Déja vu. Apro le pagine 16 e 17 del libro Rise of ISIS (un best seller del New York Times) di Jay Sekulow — se ne avete voglia, fate una ricerca in rete per vedere chi è Sekulow, magari se ne riparla in una prossima puntata — e trovo le stesse identiche parole, in inglese: Leggi tutto |
Carlo Formenti: La rete dall’utopia al mercatoLa rete dall’utopia al mercatodi Carlo Formenti
Il primo lutto è ascrivibile alla perdita delle speranze – stroncate dall’uso capitalistico dell’innovazione digitale – che l’utopia hacker aveva suscitato fra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni del Duemila. Leggi tutto |
L.Del Savio e M.Mameli: Dove sbaglia HabermasDove sbaglia Habermasdi Lorenzo Del Savio e Matteo MameliIl filosofo e politologo Jürgen Habermas sostiene,
come molti altri, che l’Unione Europea soffra di un
deficit di legittimità
democratica. È una banalità, e come tale è vera.
Occorre però intendersi su cosa questo significhi.
Habermas ritiene che
alla moneta comune non corrisponda un forte e
integrato governo comune legittimato da un forte e
integrato parlamento dei popoli europei. E ritiene
che tale istituzioni risolverebbero il deficit
democratico dell’UE. Si
sbaglia. In un contesto
come quello attuale, una ricetta come la sua
servirebbe solo a dare legittimità a un sistema che è
solo formalmente e superficialmente
democratico. |
Aldo Giannuli: Raffica di attentati Isis: che sta succedendo?Raffica di attentati Isis: che sta succedendo?di Aldo GiannuliAl momento le notizie sono scarne e possiamo riassumerle così: a- raffica di tre attentati contemporanei (nei pressi di Lione, a Sousse in Tunisia ed in Kwuait) b- rivendicazione Isis per Sousse, e drappo Isis lasciato sul posto nell’attentato francese, mentre per ora nulla per il Kwait c- appello di due giorni
fa dell’Isis a moltiplicare gli attentati in occasione
del Ramadan d- perdita della città di Derna capitale delle forze filo Isis in Libia e- nuova offensiva Isis contro Kobane in Kudistan. Ovviamente la coincidenza fra i tre attentati non può essere casuale ed è chiaro che si tratta di azioni coordinate. La prontezza con cui hanno fatto seguito all’appello per il Ramadan fa capire che ci sono cellule pronte ad agire e con piani già predisposti, che si sono immediatamente attivate appena è partito l’ordine. E’ ragionevole ipotizzare che possano seguire altri attentati a catena nei prossimi giorni. Nessuno di questi attentati ha avuto caratteri particolarmente spettacolari o una gravità paragonabili all’11 settembre o alla strage di Atocha, ma l’effetto mediatico è garantito dalla simultaneità delle azioni, che lascia capire le dimensioni internazionali della rete di appoggio all’Isis. Anzi, a questo punto è lecito prendere in considerazione l’ipotesi che possa essere intervenuto un accordo con Al Quaeda per azioni congiunte. Leggi tutto |
Pierluigi Fagan: Quando il futuro determina il presenteQuando il futuro determina il presenteRiflessioni sul panico da complessitàdi Pierluigi Fagan
L’Espresso annuncia una nuova epidemia comportamentale, che ha un brand esotico: hikikomori. Un made in Japan per il fenomeno di giovani che rifiutano la socialità e si chiudono in una stanza, defezionano dal presente probabilmente perché vengono atterriti dalla visione o dall’impedimento ad una visione, del futuro. La cecità della speranza, l’occlusione del futuro, retroagisce sul presente ed i portatori di questa posizione esistenziale, reagiscono alla privazione di futuro auto-privandosi del presente. Scelgono di non scegliere. Leggi tutto |
Lorenzo Mainini: Uber, la rendita e MarxUber, la rendita e Marxdi Lorenzo Mainini
La metafora d’ “auto-mobili salariati che si attivano da soli al servizio dell’organizzazione capitalistica” rischia tuttavia di non essere una semplice metafora. Leggi tutto |
Elisabetta Teghil: “Pover* e povertà”“Pover* e povertà”Elisabetta TeghilNella tradizione cristiana che tanta parte ha avuto nella storia dell’Europa e di questo paese, la chiesa rifacendosi alla frase riportata nel vangelo, quella che dice “è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che un ricco vada in paradiso”, ha prestato molta attenzione ai poveri assolvendo, però, un ruolo di assopimento della loro voglia di lotta e della loro capacità di riscatto con una cultura che teorizzava che le povere e i poveri avrebbero avuto il premio per le pene e le miserie di questa vita in quella dopo la morte. Non solo, ma facendo proprie le teorie di Tommaso d’Aquino secondo cui ci si salva attraverso le opere, invitava i ricchi e i potenti a fare elemosina per guadagnare il paradiso. Così il cerchio era chiuso, i poveri accettavano la loro condizione e i ricchi e i potenti si mettevano a posto la coscienza. Il tutto veniva fatto rientrare nell’ordine naturale delle cose. La rivoluzione d’ottobre ha scompaginato questa impostazione quando il comunismo si è fatto potere. Attese millenaristiche e catartiche c’erano sempre state, ma la novità rappresentata dalla rivoluzione bolscevica è stata enorme, queste attese, per dirla come la chiesa cattolica, si sono fatte carne e sangue. La condizione delle classi subalterne entra prepotentemente nello scenario della storia e della politica. Leggi tutto |
Guido Liguori: A sinistra del Pd un nuovo inizioA sinistra del Pd un nuovo inizioGuido LiguoriCoalizione in movimento. Soggetto plurale, saldamente collegato all’Europa di Syriza, Linke e Podemos. Con una «tavola dei valori» sui temi fondamentali, ma soprattutto una «fusione a caldo» delle diverse anime. Con un orizzonte che non sia elettorale Sembra si sia finalmente giunti alla sia pur faticosa gestazione di un nuovo soggetto unitario della sinistra. È un tema ineludibile, non più rinviabile. Le recenti elezioni regionali hanno infatti visto due vincitori: nell’area di centrodestra la Lega, nell’area di centrosinistra il non voto. È ragionevole pensare che il Pd renziano sia imbrigliato in contraddizioni destinate a durare, vista la linea politica del premier e il suo blocco sociale di riferimento. Oggi le paga soprattutto in termini di astensionismo, poiché le forze che si muovono alla sua sinistra non sono state ancora in grado di rendersi visibili al paese. Che non è fatto – chiariamolo una volta per tutte – di militanti capaci di spaccare il capello in quattro, o di avidi lettori di giornali e social network, ma di persone «in carne e ossa», più che mai alle prese con problemi materiali notevoli e con alle spalle un deserto pluridecennale in termini di cultura politica, che ha tolto loro la possibilità di leggere la realtà mediante occhiali in grado di fondere interessi, passioni, progetti. La sinistra a sinistra del Pd fino a ora non cresce. E come potrebbe? Appare da anni divisa e rissosa, piena di personalismi. In ogni elezione si presenta in ordine sparso (addirittura, nelle ultime elezioni, in alcune regioni in alleanza e in altre in alternativa al Pd), con sigle sempre differenti, localmente con nomi diversi, riconoscibili solo per un piccolo gruppo di militanti «irriducibili». Ma ciò che può avere un senso per i militanti, non lo ha automaticamente a livello elettorale, a livello di grandi numeri. Qui, ci piaccia o no, valgono altre leggi: più semplici, solo in apparenza più facili, forse più rozze. Leggi tutto |
Adrian Johnston: Punti di libertà forzata. (Ancora) undici tesi sul materialismoPunti di libertà forzata. (Ancora) undici tesi sul materialismoAdrian JohnstonNella discussione filosofica odierna sulla configurazione del materialismo e sulle sue possibili combinazioni occorre soffermarsi anche sulla proposta di un “materialismo trascendentale”, recentemente avanzata da Adrian Johnston. Qui presentiamo, introdotta dai suoi curatori, la traduzione del suo “manifesto”
L’articolo che presentiamo è stato pubblicato per la prima volta nel 2013 in "Speculations: A Journal of Speculative Realism", ed esemplifica con chiarezza le ambizioni e gli snodi appena presentati. (Diego Ferrante e Marco Piasentier)
I Ogni materialismo degno di questo nome deve prevedere elementi provenienti dal naturalismo e dall’empirismo. Leggi tutto |
Quarantotto: Le cause e gli effetti della crisiLe cause e gli effetti della crisiLa Corte Costituzionale li scambia e si arrende al più €uropaQuarantotto
Persino un quotidiano on line piuttosto conservatore - e che prevalentemente dà voce a chi ritiene che i sindacati siano il male in Italia e che la deflazione salariale (cioè intaccare il deprecato "costo del lavoro") sia la invariabile panacea di ogni male italiano - si accorge che ormai l'art.81 Cost, quello che recepisce il fiscal compact, diviene un principio superiore a cui devono piegarsi tutti gli altri contenuti nella Costituzione.
2. Il problema è che pare invece che non se ne sia accorta la Corte. Perchè, se se ne fosse accorta, dovremmo presumere che si renderebbe altrettanto conto del fatto che, in precedenza e anche molto di recente, essa stessa aveva affermato che (sentenza n.284 dell'ottobre 2014): Leggi tutto |
Redazione Contropiano: L'Eurogruppo caccia la Grecia e cerca il "piano B"L'Eurogruppo caccia la Grecia e cerca il "piano B"Redazione ContropianoBenvenuti in “terra incognita”. Le facce stravolte di Jeroen Dijsselbloem e degli altri componenti dell'Eurogruppo (i ministri delle finanze della zona euro) ieri sera la dicevano molto più del comunicato finale. Firmato da 18 ministri, ma non dal greco Yanis Varoufakis. Ad Atene, nello stesso momento, Alexis Tsipras riuniva il governo per discutere delle misure d'emergenza da prendere prima che i mercati e le banche riaprano, lunedì mattina. Il Parlamento di Atene ha approvato la proposta del governo a proprosito del referendum con con 179 sì e 120 no. Contrari i conservatori di Samas e gli “europeisti complici” di To Potami e Pasok. Da sottolineare il taglio del discorso con cui il premier greco ha presentato il referendum, usando le stesse parole con cui la Grecia rifiutò “l'offerta” di Mussolini nel 1940: "Amiamo la pace, ma quando ci dichiarano guerra siamo capaci di combattere e vincere". Il riferimento è tutt'altro che secondario, nella storia e nella memoria collettiva dei greci. Ogni 28 ottobre il paese celebra il "Giorno del No" per ricordare il 28 ottobre 1940, quando l'ambasciatore fascista italiano ad Atene (tal Emanuele Grazzi) presentò l'ultimatum per intimare di lasciare libero accesso alle forze dell'Asse. Il primo ministro d'allora, Ioannis Metaxas, rispose usando una sola parola: "No". Quella Grecia antifascista è dunque esplicitamente chiamata a compattarsi contro il nuovo "invasore", anche se usa i mezzi finanziari inece che i carri armati. Leggi tutto |
Alessandra Daniele: B come BullshitterB come Bullshitterdi Alessandra DanieleCom’era facile immaginare, la reazione di Renzi alla
sconfitta è stata completamente berlusconiana. |
Giorgio Paolucci: Epoca del computer e lavoratoriEpoca del computer e lavoratoriLimiti e prospettive del conflitto socialedi Giorgio Paolucci
Secondo le previsioni di tutte le più importanti istituzioni economiche mondiali il 2014 doveva esser l’anno della svolta e avrebbe dovuto far registrare una generalizzata ripresa dell’economia mondiale. I dati più recenti dicono invece che non solo non vi è stata inversione di tendenza ma che ormai la crisi ha investito anche aree, come quelle dei paesi emergenti, che in fatto di crescita sembravano destinate a frantumare ogni record e che rallenta perfino la fabbrica del mondo, la Cina. Anche negli stati Uniti, dove pure negli ultimi anni il Pil è cresciuto di qualche punto, come ha recentemente riconosciuto anche l’attuale presidente della Fed, Janet Yallen, la situazione è tutt’altro che brillante: “Il tasso di disoccupazione rimane significativamente al di sopra di quello che la maggior parte dei membri della Federal Reserve considerano normale nel lungo periodo, e le risorse sono sottoutilizzate… Il ritmo lento dell'aumento dei salari riflette le difficoltà del mercato del lavoro"[1]. Alcuni economisti, fra cui Larry Summers, ex ministro del tesoro durante la presidenza Clinton, e il premio Nobel Paul R. Krugman, riprendendo una tesi avanzata già negli anni trenta da Alvin Hanse, Gunnar Myrdal e John Maynard Keynes, di fronte a questi dati hanno formulato la tesi della stagnazione secolare, la cui causa sarebbe una strutturale insufficienza della domanda aggregata conseguente al calo della natalità nei paesi economicamente più sviluppati. Leggi tutto |
Lorenzo Battisti: La Finlandia vira verso destra. Divisa tra Russia e NatoLa Finlandia vira verso destra. Divisa tra Russia e Natodi Lorenzo Battisti
Un altro paese scandinavo vira a destra Le elezioni di aprile hanno infranto nuovamente la distorta visione, ancora prevalente nel senso comune del nostro paese, di una Scandinavia socialdemocratica, civile, accogliente e neutrale. Da un punto di vista economico, la Finlandia sta attraversando una fase estremamente difficile, paragonabile per gravità a quella del nostro paese. Il Pil finlandese arretra ormai dal 2011, con un crollo degli investimenti (dovuto sia al settore industriale che alle costruzioni) e una bilancia commerciale ormai costantemente in negativo. La disoccupazione ha ormai superato il 10% (con l'aumento contemporaneo di lavori part time e precari), mentre il debito delle famiglie aumenta. La Nokia, principale società finlandese, protagonista della rinascita del paese dopo la crisi del 92-95, sembra aver seguito una via simile a quella della nostra Fiat: tuttora formalmente indipendente, è ormai sotto il controllo degli americani di Microsoft, tramite una serie di accordi e compartecipazioni che nascondono una vendita di fatto. Leggi tutto |
Sebastiano Isaia: Qualche considerazione critica sull'enciclica francescanaQualche considerazione critica sull'enciclica francescanaSebastiano Isaia
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Dante Barontini: Grecia. Il cavallo della democraziaGrecia. Il cavallo della democraziaDante BarontiniNell'orgia di titoli che accompagna la notizia del referendum ellenico sui diktat della Troika uno – parto delle fervide menti di Repubblica - ci ha colpito davvero molto: L'ira delle cancellerie: "Tsipras ha tradito tutti". Si tradisce, in genere, la propria parte. Il traditore è quello che vende gli amici, la causa comune, il popolo, al nemico in cambio di soldi, potere o semplicemente della vita. L'unico tradimento che Tsipras avrebbe potuto commettere sarebbe stata una firma sotto un accordo che avrebbe messo ancora di più la vita dei greci in mano a quattro criminali che se ne fottono ampiamente dei propri popoli e rendono conto unicamente “ai mercati” e al capitale multinazionale. Al contrario di loro, Tsipras è un “delegato” inviato a fare un negoziato, con un mandato chiaro per quanto impossibile da realizzare (restare nell'euro e nell'Unione Europea, ma mettendo fine all'austerità). Quando ha dovuto ammettere il tramonto delle proprie speranze di ”riformare” l'Unione Europea, o quantomeno di ammorbidirne le politiche distruttive, ne ha tratto l'unica conseguenza logica: andare avanti o no su questa strada è una scelta che coinvolge tutto il popolo e il popolo va dunque chiamato a decidere. Qualcuno accusa Tsipras di aver fatto "la mossa del cavallo", come un consumato giocatore di scacchi. Ma il "cavallo" su cui è salito è anche l'unico essere dotato di vita in questo gioco. E' il cavallo della sovranità popolare - non nazionale - che decide liberamente di sé. Leggi tutto |
Francesca Coin: Occupy TroikaOccupy Troikadi Francesca CoinA prendere l’iniziativa è stato un gruppo di attivisti, accademici e sindacalisti irlandesi chiamato Greek Solidarity Committee che, complice la centralità del negoziato greco nel dibattito irlandese, qualche ora fa ha occupato gli uffici dell’Unione Europea a Dublino per dare un segnale chiaro di solidarietà europea dal basso alla Grecia. L’azione arriva in un momento cruciale dei negoziati e per una volta la stampa nazionale e internazionale ne sta dando notizia. Quello che sta avvenendo in queste ore a Bruxelles non è un normale negoziato. Paul Krugman ha fugato ogni dubbio con un articolo di qualche ora fa sul New York Times nel quale poneva una domanda secca alle istituzioni europee: “ma cosa si credono di fare”? Krugman si riferisce alla giornata di negoziati di ieri nella quale la proposta greca alle istituzioni è stata rifiutata. A causare l’indignazione del Nobel dell’Economia sono state in particolare le cause di tale rifiuto in netto antagonismo con le priorità espresse dalle stesse istituzioni nel corso degli scorsi cinque mesi. La proposta presentata ieri dal Governo greco alle istituzioni, da molti definita una sorta di programma d’austerità di sinistra, descriveva, infatti, un compromesso che con difficoltà andava incontro alle richieste dei creditori senza gravare troppo sui redditi bassi e medi. Un compromesso lontano, dunque, dal programma iniziale di Syriza, che tuttavia si faceva carico di ridurre la distanza con le richieste dei creditori nel tentativo di uscire da un’impasse durata diversi mesi e di consentire alla Grecia di fare ciò che il Governo greco ha sin dall’inizio tentato di fare: liquidare i creditori e proteggere le fasce deboli della popolazione senza esacerbare una situazione di agonia sociale già esasperata. Ed è qui che l’articolo di Krugman si fa impietoso. “Non siamo al liceo”, scrive il Nobel. “E ora sono i creditori, ben più che i greci, a cambiare le regole del gioco. Che cosa stanno facendo? Intendono spaccare Syriza? Intendono forzare la Grecia verso un disastroso default?” Leggi tutto |
Giulietto Chiesa: Note fredde sul prossimo referendum grecoNote fredde sul prossimo referendum grecodi Giulietto ChiesaIn caso di vittoria al referendum, la battaglia non è finita. Invece comincia. Sono in gioco interessi enormi e i maggiordomi saranno feroci (risposta a una lettera del signor Barone che qui
riproduco in parte) [...] Se il governo greco avesse accettato le condizioni poste dai burattinai della finanza mondiale si sarebbe rischiata la rivoluzione ma un simile artifizio non solo stoppa la reazione sul nascere ma anche se qualche fazione si arrischiasse a sollevarsi ne giustificherebbe anche la repressione. L'uscita della Grecia dall'euro innescherebbe dei meccanismi che metterebbero a rischio l'attuale status quo politico europeo e forse l'esistenza stessa della Nato, una cosa del genere non puo' essere affidata, da chi gestisce davvero il potere, all'esito incerto di un referendum senza trucchi. Signor Chiesa, che ne pensa? Caro Barone, rispondo a lei per cercare un po' di
chiarezza nel mare di congetture che sta dilagando. Syriza è andata al governo con il 37% dei voti. Non con il 95%. Tant'è che ha dovuto fare coalizione con un partito di destra per formare un governo. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Grecia: il gioco che si profilaGrecia: il gioco che si profiladi Aldo GiannuliQuella che si apre, in questa settimana, è una partita a scacchi a mosse obbligate per entrambi i contendenti. E’ evidente che Tsipras ha bisogno di una squillante vittoria dei No all’accordo. Se vincessero i si a lui non resterebbe che dimettersi, la troika avrebbe vinto e i partiti di centro cercherebbero di fare una coalizione “europeista” (magari con una scissione fra i deputati di Syriza) per un governo di servizio (di servizio alla Merkel, naturalmente). Per Syriza sarebbe una disfatta e per la Grecia inizierebbe un calvario ancora peggiore di quello attuale, perché il referendum legittimerebbe qualsiasi misura, anche la più aberrante. Magari non da subito, anzi la Troika potrebbe mostrarsi inizialmente più comprensiva con un governo “moderato” e fare anche qualche regalino, magari sino a novembre, giusto il tempo di far affondare (o addomesticare) Podemos, ma dopo sarebbe un crescendo, sino all’inevitabile default. Si capisce quindi, l’apertura della Merkel (che tiene d’occhio anche lo slittamento di Atene in campo sino-russo) alla Grecia, ma non al suo governo attuale e il rinvio della questione a dopo il referendum. Questa sarà la campagna elettorale della Troika e, per essa, della Merkel: sbarazzatevi di Tsipras e Varoufiakis e ragioniamo. Leggi tutto |
Mauro Poggi: Varoufakis, la questione democratica e un problema di leadershipVaroufakis, la questione democratica e un problema di leadershipdi Mauro PoggiSul suo blog, Yanis Varoufakis commenta il suo intervento all’ultima riunione dell’Eurogruppo (mie le enfasi e le parentesi quadre): La riunione Eurogruppo
del 27/6/2015 non sarà un evento
nella storia dell’Europa di cui andare fieri. I
Ministri hanno rifiutato la richiesta del Governo
greco di garantire ai cittadini ellenici una
settimana [di dilazione] durante la quale essi
potessero esprimere il loro Sì o No alle proposte
delle Istituzioni [Troika], proposte
cruciali per il futuro della Grecia
nell’Eurozona. La sola idea che che il
Governo consulti i propri cittadini su un
tema così critico ha suscitato incomprensione, ed
è stata trattata con uno sdegno che rasentava il
disprezzo. Mi è stato persino
chiesto: “Come può
aspettarsi che la gente comune possa capire
problemi così complessi?“ Davvero non è stato un momento felice per la democrazia la riunione dell’Eurogruppo di ieri! Ma nemmeno lo è stato per le Istituzioni europee. Dopo aver rifiutato la nostra richiesta, il Presidente dell’Eurogruppo [l’olandese Jeroen Dijsselbloem] è venuto meno alla convenzione che richiede l’unanimità e rilasciato una dichiarazione [a nome dell’Eurogruppo] senza il mio consenso. Ha persino preso la dubbia decisione di convocare un successivo incontro senza il Ministro greco, ostentatamente per discutere “i prossimi passi”. Leggi tutto |
E.Brancaccio e M.Gallegati: Referendum in Grecia: le responsabilità dei “creditori”GReferendum in Grecia: le responsabilità dei “creditori”di Emiliano Brancaccio e Mauro Gallegati*Le istituzioni europee, il governo tedesco e i suoi alleati (Italia inclusa) hanno tirato la corda, avanzando una proposta ancor più stringente e sbilanciata a favore dei ceti ricchi Il fallimento della trattativa sul debito greco è stato causato soprattutto dal comportamento dei cosiddetti “creditori”, vale a dire le istituzioni europee, il Fondo monetario internazionale, il governo tedesco e i suoi principali alleati. Tra il 2010 e il 2014 i governi greci hanno applicato le ricette della Troika. La pressione fiscale è cresciuta di 5 punti percentuali rispetto al Pil, la spesa pubblica è diminuita di un quarto e i salari monetari sono caduti di 20 punti percentuali. Le conseguenze di questa politica sono state disastrose: la domanda, la produzione, l’occupazione e i redditi dei greci hanno fatto registrare un crollo senza precedenti in tempi di pace, il miglioramento del saldo estero è dipeso quasi esclusivamente dalla caduta delle importazioni e il rapporto tra debito pubblico e reddito nazionale è aumentato di 30 punti. L’applicazione della dottrina dell’austerity, dunque, ha affossato l’economia greca molto più di quanto le tolemaiche istituzioni europee e il FMI avessero previsto e non ha affatto contribuito a risanare i conti, come anni di evidenza empirica avevano dimostrato. Ciononostante, Alexis Tispras si era impegnato, pochi giorni fa, a restringere ulteriormente il disavanzo di bilancio pubblico e a ridurre la spesa per le pensioni. Svariati economisti avevano sollevato dubbi sulla sua bozza d’intesa, ritenendola in sostanziale continuità con la perniciosa logica dell’austerity e potenzialmente in grado di dar luogo a una nuova recessione. Promuovendola, Tispras oltretutto era ben consapevole di rischiare una frattura interna al suo partito e una perdita di consenso in Parlamento. Leggi tutto |
Vladimiro Giacchè: “L'Europa destabilizzata dal potere di ricatto dei creditori”“L'Europa destabilizzata dal potere di ricatto dei creditori”Marta Fana intervista Vladimiro Giacchè
Se è vero che bisogna rimettere in discussione regole e obiettivi europei, allo stesso tempo è necessario capire in quali tempi queste modifiche possono intervenire. Più i tempi sono lunghi più è inevitabile che anche la moneta unica possa essere rimessa in discussione, in quanto strumento di potere. Ne parliamo con Vladimiro Giacché, economista e Presidente del Centro Europa Ricerche. Leggi tutto |
Franco Berardi Bifo: Non si è ancora fatta seraNon si è ancora fatta seraFranco Berardi Bifo
Il futuro dell’Unione europea è iscritto nell’esito del referendum che Alexis Tsipras è stato costretto a convocare per il 5 luglio, ma comunque vada questo referendum, - che vinca improbabilmente il no al ricatto e all’umiliazione, o che vinca dolorosamente il sì al ricatto e all’umiliazione, - il futuro d’Europa è segnato. Finirà nel sangue, dopo un lungo periodo di miseria e umiliazione. La Jugoslavia del 1993 su scala continentale: questo è ciò che ha prodotto l’arroganza finanziaria, questa è la vendetta del Fondo Monetario Internazionale. Ne La questione della colpa (Die Schuldfrage), un testo del 1946, Karl Jaspers, il filosofo tedesco che viene considerato uno dei padri dell’esistenzialismo, distingue il carattere "metafisico" della colpa da quello “storico”, per ricordare che se ci siamo liberati del nazismo come evento storico, ancora non ci siamo liberati da ciò "che ha reso possibile" il nazismo, e precisamente la dipendenza della volontà e dell’azione individuale dalla potenza ingovernabile della tecnica, o meglio della catena di automatismi che la tecnica iscrive nella vita sociale. Leggi tutto |
Jacques Sapir: Tirannia europea?Tirannia europea?di Jacques SapirIl prof. Jacques Sapir si pronuncia in maniera come sempre molto chiara sull’atto di forza da parte delle istituzioni UE, che in occasione della crisi greca si sono ormai inoltrate in una deriva in cui la posta in gioco non è più il debito, ma i principi della democrazia e della sovranità nazionale
La dichiarazione di Alexis Tsipras Il testo della dichiarazione fatta da Alexis Tsipras la notte dal 26-27 giugno sulla televisione di stato greca (ERT), da questo punto di vista è molto chiara: Leggi tutto |
Militant: Un no per la libertàUn no per la libertàMilitantUn anno fa, nel giugno del 2014, organizzavamo la prima e ancora unica manifestazione “di sinistra” contro l’Unione europea in Italia. Una manifestazione che non fu un successo numerico, in questo sfavorita sia dalla data (un sabato di fine giugno), sia dal contesto (l’assenza ormai cronica di manifestazioni di massa in questo paese), sia – soprattutto – dall’incomprensione di fondo che suscitava la lotta alla Ue. Il deposito ideologico sedimentato dal sistema mediatico e culturale mainstream sovrappone ancora oggi, sembra incredibile a dirsi vista la degenerazione della questione europeista, il concetto di Europa con quello di Unione europea. Lottare contro una determinata costruzione economico-politico-ideologica, la Ue, equivale, per il sistema politico-mediatico e nella forma mentis dell’approccio alla questione, a lottare contro l’Europa, cioè contro il contesto geografico di riferimento. Una evidente assurdità, che però l’assenza di ragionamento ha portato alla tautologia deformante. Non c’è Europa senza Unione europea. Fuori dalla Ue ci sarebbe solo Isis e “putinismo”, il ritorno allo stato di natura e ovviamente il fallimento economico. Andateglielo a spiegare agli svizzeri, o ai serbi, gli albanesi, i norvegesi, i croati, eccetera. Ovviamente, il primo passo verso l’homo homini lupus sarebbe l’uscita dall’euro, catastrofe geologica paragonabile all’estinzione dei dinosauri. In effetti non possiamo dire che inglesi e polacchi, danesi e norvegesi, cechi, islandesi, ungheresi o romeni, albanesi e svizzeri, se la stiano passando alla grande, ma insomma, non sembrano messi così male, eppure non hanno l’euro. Per riferire di un esempio immediato e forse banale, ma che rende bene l’idea, quando l’Italia entrò nell’euro aveva un Pil nominale più grande di quello della Gran Bretagna. Nel 2006, l’anno prima dello “scoppio della grande crisi”, la divaricazione a favore degli inglesi era già ampia. Dal 2008 il divario ha continuato a crescere. E la Gran Bretagna non ha l’euro. Leggi tutto |
Francesca Coin: Oxi. Il momento della veritàOxi. Il momento della veritàFrancesca CoinÈ bastata una parola. Referendum. Re-fe-ren-dum. Sembra una parola banale, ma come un corpo pieno di lividi che innalzi uno specchio davanti al suo aggressore, l'Europa per qualche ora ha perso il controllo. Il comunicato dell'Eurogruppo delle ore 16 del 27 Giugno, poi elegantemente commentato da Varoufakis sul suo blog, era chiaro: i diciotto ministri all'unanimità – cioè, senza il collega greco, in una forma eccezionale di unanimità, diciamo - hanno convenuto che la Grecia avesse rotto “unilateralmente” le trattative, concludendone che, a fine mese, cioé martedì, scadrà il programma d'assistenza alla Grecia, e con esso la possibilità per la Grecia di accedere all'assistenza europea oltre che ai proventi delle privatizzazioni e profitti Anfa e Smp. La reazione dei creditori all'ipotesi referedum in altre parole è stata scomposta, minacciosa, addirittura quasi onesta, come se quella parola proibita “re-fe-ren-dum” avesse innescato un desiderio di vendetta: se tu rivendichi la democrazia noi ti facciamo saltare le banche. L'ha scritto Yanis Varoufakis, con la sua solita, spericolata aplomb. “La democrazia aveva bisogno di un incoraggiamento in Europa. L'abbiamo dato. Lasceremo decidere la popolazione. Ma fa sorridere quanto sembri radicale questo concetto!” L'aplomb di Varoufakis, quella stessa postura che gli è stata così spesso criticata, tradisce, infatti, un'ovvietà esplosiva: il fatto cioé che la democrazia non è affatto permessa, oggi. Anzi, la democrazia è proibita, e lo è in modo strutturale. Èquesta la verità proibita che i creditori cercano di occultare. Leggi tutto |
Andrea Fumagalli: Grecia: e ora?Grecia: e ora?di Andrea Fumagalli
La possibilità che la Grecia e i creditori possano
trovare un accordo è oramai del tutto tramontata. Invece il risultato è stato esattamente l’opposto.
L’irrigidimento dei creditori Abbiamo infatti assistito a un irrigidimento delle posizioni dei creditori. Il primo, tra loro, è stato il Fmi, poi, il 26 giugno, è stato il turno dell’Eurogruppo. Perché tale irrigidimento, quando si era quasi vicino al traguardo di un accordo economico utile a tutti? Leggi tutto |
Alberto Bagnai: Grexit: quelli che ‘la democrazia trionfa (ma anche no)’Grexit: quelli che ‘la democrazia trionfa (ma anche no)’di Alberto Bagnai
Non se ne abbiano i tromboni sfiatati del “primato della politica”: per valutare il senso politico di questa mossa il dato dal quale partire resta quello economico. È strano che questo non venga compreso soprattutto a sinistra, dove una volta andava di moda una cosa chiamata materialismo storico. Ma non entriamo in questo. La cosa importante è capire che l’austerità non è una bizza, né una virtù, della signora Merkel. L‘austerità è la conseguenza inevitabile dell’adozione dell’euro: se non puoi svalutare la moneta, per promuovere le esportazioni dalle quali ottenere la valuta forte necessaria per saldare i debitori esteri, devi svalutare il lavoro. I colleghi “appellisti”, quelli che con toni fra il dickensiano e il deamicisiano da anni ci frantumano le gonadi con l’idea che un euro senza austerità sia possibile (errore blu per il quale boccerebbero e bocciano i loro studenti del primo anno) dovranno rassegnarsi. Leggi tutto |
Christian Marazzi: «Il golpe della Troika contro il governo Tsipras»«Il golpe della Troika contro il governo Tsipras»Intervista a Christian MarazziL’economista Christian Marazzi: «La Troika in Grecia come i militari in Cile con Allende. L’aggressione è un avvertimento a Podemos in Spagna. Oggi bisogna andare allo scontro, a piedi scalzi e con le armi della verità. Dobbiamo istituire la democrazia reale in Europa». «La vittoria del No al referendum è importante, ma l’esito della crisi non è scontato. La Grecia è sola»
Molti sostengono invece che quello di Tsipras sia un atto di disperazione. Niente affatto. La sua è una resa dei conti con le politiche neoliberiste che in Grecia si sono rivelate per quello che sono sempre state: un attacco sistematico alla democrazia, un totale disprezzo delle classi lavoratrici, il perseguimento criminale di politiche di arricchimento dei più ricchi. Oggi bisogna andare allo scontro, non c’è altra soluzione. Questa battaglia va fatta a piedi scalzi, con le armi della verità, contro la strategia della menzogna della Troika e dei mass-media che mistificano i dati economici e sociali e servono gli interessi dei poteri forti. Leggi tutto |
Sergio Cesaratto: Non è mai abbastanza, dunque è troppoNon è mai abbastanza, dunque è troppodi Sergio CesarattoCon le proposte di lunedì scorso il governo Tsipras si è spinto molto in là nelle concessioni alla Troika. All’inasprimento della pressione fiscale sulle imprese si è aggiunto un inasprimento non banale dei contributi sociali che colpisce imprese, salari e pensioni. Queste in Grecia sono piuttosto basse con il 60% dei pensionati con un reddito netto sotto i 700 € mensili, malgrado le sciocchezze che si sentono —martedì sera dal prof. Quadrio Curzio su Radio 1— di pensioni a livello tedesco. E spesso la pensione è l’unico reddito della famiglia estesa. Nonostante ciò la Troika non è soddisfatta, soprattutto nei riguardi delle misure sulle imprese (che non necessariamente sono un bene). Si tratta comunque di misure recessive che non interrompono l’austerità. Non ci deve infatti consolare l’alleggerimento del target di surplus primario del bilancio pubblico dai 3 o 4,5% chiesti dalla Troika al’1% nel 2015 (e 2% nel 2016). La differenza è nell’uccidere subito il condannato o torturarlo ancora più a lungo. Perché di una indegna e inutile tortura stiamo parlando. Eppure la soluzione ragionevole c’è, e Varoufakis l’ha riproposta all’Eurogruppo la scorsa settimana: il fondo salva-Stati europeo emetta titoli per acquistare i titoli greci in mano alla BCE (26 miliardi) con il duplice effetto di: (a) dilazionare la restituzione di questo debito fra dieci o vent’anni dando respiro al bilancio greco e (b) consentire alla Grecia di entrare nel programma di quantitative easing della BCE (ora quest’ultima non può acquistare titoli greci perché già ne ha troppi in pancia). Leggi tutto |
Militant: Quell’antiamericanismo lasciato alle destreQuell’antiamericanismo lasciato alle destreMilitantC’è un immagine circolata in questi giorni sui principali media internazionali passata colpevolmente sotto traccia, quasi casuale, ininfluente a capire la mentalità perversa del killer di Charleston. Quella di Dylann Storm Roof che da fuoco alla bandiera degli Stati uniti. Per chi ignora le correnti profonde della politica statunitense, una manifesta contraddizione. Invece è una delle chiavi di lettura principali per capire una parte dell’odio suprematista bianco pienamente in vigore negli Usa. In via teorica il razzismo bianco dovrebbe difendere una presunta purezza della nazione e della sua etnicità, mentre qui il razzismo viene declinato in critica dell’origine statale-nazionale. Letta tramite chiavi interpretative europee, la politica Usa è una politica “di destra”, imperialista, neoliberista, nazionalista, eccetera (e infatti lo è). Il problema è che la federazione in Stati, la nascita stessa dell’unione, la spinta neoliberista, il processo di globalizzazione, negli Usa sono sempre state caratteristiche fondanti quella che dovrebbe essere la “sinistra”, il Partito democratico, non a caso definito laggiù “liberal” (mentre da noi liberal dovrebbe connotare un’impostazione politica più vicina alle destre che alle sinistre). E’ la sinistra che da sempre è stata portatrice di quella politica di destra, non la destra repubblicana. Leggi tutto |
Federico Dezzani: Parabola di un falso capo carismaticoParabola di un falso capo carismaticodi Federico Dezzani
Aria di smobilitazione C’è aria di smobilitazione nei palazzi romani e nei salotti buoni italiani: la promettente campagna di Matteo Renzi, incensato dai media nazionali ed internazionali come il salvatore delle patria e l’ultima speranza dell’Italia, si è arenata. Leggi tutto |
Bruno Cava: Podemos, tra moltitudine e egemonia: Negri o Laclau?Podemos, tra moltitudine e egemonia: Negri o Laclau?di Bruno CavaCon questa analisi teorica che ripercorre il solco della discussione sui nuovi movimenti in America Latina e in Spagna, tra Gramsci, Laclau, Hardt e Negri, si apre la nuova sessione “Sud America”, con l’intento di riportare presso di noi (e viceversa) le suggestioni e gli spunti politici ed economici che animano quello che oggi è forse il continente più attivo del cercare di individuare possibili processi di trasformazion sociale
Per il populismo, la storia della costruzione di un popolo passa attraverso la divisione tra un “noi” e un “loro”. Si denuncia la falsa universalità dell’ordine rappresentativo esistente, che non ci rappresenta più, per successivamente rivendicare una nuova universalità. Nelle rivoluzioni borghesi è stato a partire dalla lotta contro l’ancien regime che fu possibile liberarsi dall’aristocrazia parassita, per formare la nazione e la cittadinanza borghese, da quel momento in avanti considerata universale. Nelle lotte anticoloniali si lottava contro la metropoli e l’imperialismo, in nome dell’unità della liberazione nazionale. Con il filosofo Antonio Gramsci, la costruzione del popolo riunisce intellettuali, operai e contadini in una coscienza collettiva nazional-popolare, che si sbarazza dei borghesi. Invece per i tecnocrati, più legati al discorso liberale classico, non ci sarebbe necessità di costruire popolo alcuno: è sufficiente scegliere le persone giuste, adottare “idee che funzionano” e impiantare la migliore gestione per ogni situazione specifica. Leggi tutto |
Claudio Gnesutta: Una battaglia ideologicaUna battaglia ideologicadi Claudio GnesuttaGià trent’anni fa Giorgio Ruffolo definiva il Prodotto nazionale lordo, un “idolo bugiardo”. Un indice al quale veniva attribuita la capacità di dar conto non solo della crescita economica di un paese, ma anche del suo progresso sociale. L’inganno sta nel fatto che esso offre un’informazione distorta del progresso sociale. Questa consapevolezza ha sollecitato da tempo la costruzione di indicatori più appropriati del livello di “ben-essere” di una nazione. L’importanza dei nuovi indicatori risiede – oltre a certificare meglio le condizioni sociali esistenti – nel ruolo che avrebbero nel definire, in direzione socialmente più appropriata, gli obiettivi della politica economica. La necessità di una tale innovazione è evidente nell’attuale fase storica nella quale la politica economica sta forzando la trasformazione degli assetti sociali ereditati dal passato. Legittimato da una teoria economica ristretta alle dimensioni strettamente economiche e quantitative del processo sociale, quando non ridotta esclusivamente agli aspetti finanziari, il policy maker può ignorare le altre dimensioni qualitative del benessere in quanto irrilevanti per le sue conclusioni. Per tener conto del rapporto tra processo economico e situazione ambientale e socio-culturale non è peraltro sufficiente sviluppare una gamma di indicatori alternativi; è necessaria una teoria economica capace di spiegare come l’azione della politica economica influenzi e sia influenzata da quei fattori del benessere attualmente esclusi dal suo dominio di indagine. Leggi tutto |
Alessandra Daniele: Il TassativoIl Tassativodi Alessandra DanieleIn qualsiasi talk show, chiunque stia parlando – un
presidente, un premio Nobel, il superstite ad una
strage – qualunque sia
l’argomento in discussione – una guerra, una crisi
economica, una riforma costituzionale – c’è sempre un
momento, di
solito ogni dodici minuti, nel quale il conduttore o
la conduttrice lo interrompe in modo categorico ed
irrevocabile, dicendo “devo mandare
la pubblicità”. Di solito l’ospite non protesta più di tanto, al
massimo chiede che al rientro in studio gli venga
consentito di finire il suo
ragionamento, cosa che non succede quasi mai. Il familismo non è soltanto il principale strumento usato per vendere prodotti, il familismo è il principale prodotto che viene venduto, perché da esso deriva tutto il resto, è la pietra d’angolo di tutto il sistema. Leggi tutto |
Giulio Palermo: Default totaleDefault totaledi Giulio Palermo
Gli effetti moltiplicativi di un simile coordinamento anticapitalista europeo sono ovvi. Sul piano politico, il rafforzamento del governo Tsipras in Grecia sarebbe immediato. Se ne tocchi uno, ci ribelliamo tutti! Questo è il migliore messaggio che sfruttati e oppressi d’Europa possono inviare ai signori dell’euro e della finanza. Ma non mi interessano i ragionamenti politici senza copertura, le proposte irrealizzabili, giusto per fare dibattito. Non proverò quindi a sviluppare nei dettagli cosa accadrebbe nell’ipotesi, alquanto improbabile, di un ripudio del debito simultaneo e coordinato, da parte di un movimento internazionalista forte e consapevole. Sarebbe come costruire una strategia di lotta basandola sull’ipotesi di aver già vinto. Leggi tutto |
Raffaele Sciortino: L’ordine non regna ad AteneL’ordine non regna ad Atenedi Raffaele Sciortino
Dunque, l’ordine non regna ad Atene. Al contrario, abbiamo la prima vera scossa politica in Occidente dallo scoppio della crisi globale. Adesso cercheranno di fargliela pagare carissima. La parola d’ordine a Berlino e Bruxelles è subito diventata organizzare il Grexit, non importa se tra mal di pancia, timori e mugugni di politici e stati di secondo rango o addirittura del padrino d’oltreoceano. Non si può lasciar passare l’idea che resistere è possibile! Il regime change, fallito in forma soft, passa ora alla fase due, quella dura che chiuderà del tutto i rubinetti della moneta puntando a produrre ancora più miseria, caos, scontento e, chissà, “richieste di ordine”. Leggi tutto |
Stefano Petrucciani: La guerra di liberazione della politica, a partire dall’EuropaLa guerra di liberazione della politica, a partire dall’Europadi Stefano Petrucciani
Per quanto riguarda la prima parte del libro, quella più propriamente diagnostica, la tesi di Pellizzetti è molto netta; il problema di fondo che caratterizza la fase attuale si può ricondurre, secondo l’autore, alla metafora del “pendolo inceppato”: se, nella storia dell’Occidente moderno, le due estremità dell’oscillazione, la politica e l’economia, si sono rincorse in una movimentata dialettica (dove di volta l’una guadagnava terreno sull’altra), ora il pendolo sembra bloccato, nel senso di una piena abdicazione della politica al primato dell’economia. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Le Sentenze della Corte Costituzionale ed il PdLe Sentenze della Corte Costituzionale ed il Pddi Aldo GiannuliLa sentenza della Consulta sulla riforma pensionistica Monti-Fornero ha messo in moto una pericolosa azione del Pd (che non manca un’ occasione per dimostrare di essere la punta di lancia contro la Costituzione e dar prova della sua natura di destra antipopolare) che potrebbe avere conseguenze molto peggiori di quelle già nefaste oggi dichiarate. E’ stato presentato un disegno di legge (primi firmatari i senatori Pd, Linda Lanzillotta e Paolo Guerrieri) che prevede che quando la soluzione della questione di costituzionalità possa implicare maggiori oneri o minori entrate per i bilanci pubblici, “la Corte possa chiedere all’Ufficio parlamentare di bilancio una relazione sugli effetti finanziari dell’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale”. In questo modo, la Corte valuterebbe tenendo presenti gli effetti finanziari delle proprie decisioni e considerare anche l’opportunità di non rendere retroattivi gli effetti della sentenza, così come è già accaduto per la cd. Robin Tax, dice il disegno di legge. Peccato che il precedente della Robin Tax invocato dalla Lanzillotta abbia avuto tutt’altre motivazioni che non c’entrano con la contabilità dello Stato. Inoltre: il disegno di legge, prevede che possa essere data pubblicità all’eventuale posizione di minoranza in seno alla Corte (fatto sin qui mai accaduto, perché la Corte si è sempre presentata come entità unitaria). Le due cose vanno lette insieme: si tratta di un tentativo di pressione per indebolire la Corte e piegarla agli orientamenti dell’esecutivo che potrebbe anche reiterare in altro modo una legge caducata, tanto non dovendosi pagare gli arretrati, il gioco potrebbe essere ripetuto all’infinito. La pubblicazione del dissenso avrebbe poi l’effetto di indebolire politicamente le decisioni della Corte. Leggi tutto |
Stefano Sylos Labini: Riscaldamento globale: qualcosa non tornaRiscaldamento globale: qualcosa non tornadi Stefano Sylos LabiniIl prossimo dicembre si terrà a Parigi una cruciale conferenza mondiale sul clima (COP21). La Francia, in particolare attraverso il suo ministro degli Esteri Laurent Fabius, si sta prodigando in ogni modo per la riuscita dell’evento. L’obiettivo è fermare la crescita delle emissioni nocive (prevalentemente anidride carbonica prodotta dall’utilizzo di combustibili fossili) responsabili del riscaldamento globale, a sua volta considerato la causa di fenomeni catastrofici che si stanno rincorrendo in questi anni: dallo scioglimento dei ghiacciai dell’Artico all’uragano Katrina che ha devastato New Orleans. Il grande consenso politico e mediatico che si sta formando intorno alla riuscita della conferenza di Parigi nasconde però un mare di insidie. La lotta al riscaldamento globale era cominciata formalmente nel 1992 con il summit della Terra di Rio in occasione del quale è stata firmata la United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC). Presto i Paesi firmatari della Convenzione realizzarono che i progressi non erano soddisfacenti e nel 1997 la maggior parte di essi firmarono il Protocollo di Kyoto che fissava obiettivi nazionali per la riduzione delle emissioni nocive. Oggi vi sono 195 partecipanti alla Convenzione e 192 firmatari del protocollo di Kyoto. Dopo l’incontro di Copenaghen del 2009 i partecipanti hanno concordato che l’obiettivo prioritario deve essere quello di ridurre le emissioni responsabili dell’effetto serra in modo da evitare aumenti della temperatura superiori a 2° C rispetto all’epoca preindustriale, pena l’innesco di una serie di mutamenti climatici di fatto irreversibili. Leggi tutto |
Jacques Rancière: Modernità e finzioni del tempoModernità e finzioni del tempodi Jacques RancièrePubblichiamo il testo della conferenza che Jacques Rancière, uno dei più importanti filosofi francesi contemporanei, terrà a Firenze oggi (29 giugno) nella Sala Altana di Palazzo Strozzi alle ore 17:00. La conferenza, promossa dall’Institut Français Italia, in collaborazione con la Scuola Normale di Pisa, il Gabinetto Vieusseux e il Gruppo Quinto Alto, si svolge nell’ambito della rassegna di presentazioni e seminari «Prospettive critiche». Jacques Rancière ne discuterà con i Proff. Mario Citroni e Paolo Godani. Ringraziamo la casa editrice DeriveApprodi per l’aiuto nella realizzazione di questa pubblicazione
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F.Zappino, E.Stimilli: Dei debiti e delle colpe del viventeDei debiti e delle colpe del viventeFederico Zappino, Elettra Stimilli
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Alberto Bagnai: Salvini ha ragione solo sull’euro (ma il resto conta molto meno)Salvini ha ragione solo sull’euro (ma il resto conta molto meno)Alberto BagnaiL’invito rivoltomi dal Fatto Quotidiano a commentare il programma economico della Lega è un’ occasione per leggere un documento del quale, lo confesso, fino ad oggi sapevo solo quanto ne avevo sentito dire da un brillante esponente della minoranza Pd: “Alla fine, sei punti su dieci sono giusti”. Soffocando il “retroscenista” (leggi: pettegolo) che è in me (si dice il peccato ma non il peccatore), entro nel merito. Avverto di essere in conflitto di interessi. Ad oggi, infatti, la Lega resta l’unica forza politica a fondare il proprio programma sul superamento dell’euro, elemento a mio avviso cruciale, se non altro perché le circostanze potrebbero imporcelo (come la telenovela greca ci ricorda quotidianamente, e come ho argomentato nei miei ultimi due libri). L’analisi dei limiti dell’ Eurozona svolta nel programma è inoppugnabile e ormai non solo condivisa, ma anche espressa (gaudeant angeli!) da politici di sinistra come Stefano Fassina (l’ultima volta ieri a Omnibus, La7). Duole dirlo, a un abitante di Roma ladrona, ma a Salvini è chiaro quello che sfugge a tanti politici più forbiti di lui: che il superamento dell’euro è condizione necessaria, ma non sufficiente per riappropriarsi della politica di bilancio. L’austerità, secondo lo stesso Monti, non serviva a risanare i conti pubblici (che infatti lui ha peggiorato), ma a riequilibrare i conti esteri, abbattendo le importazioni e favorendo, via disoccupazione, il calo del costo del lavoro. L’euro è questo, se piace: una suicida disoccupazione competitiva, praticata solo nell’Eurozona, al posto di fisiologici riallineamenti del cambio, praticati ovunque. Leggi tutto |
Sergio Cesaratto: Grecia: il coraggio che serve adessoGrecia: il coraggio che serve adessodi Sergio CesarattoAgli occhi della sinistra, indipendentemente dall’esito del referendum greco, da questa vicenda l’Europa dovrebbe uscire politicamente distrutta - ma il condizionale è ahimè d’obbligo. Come abbiamo già scritto su questo giornale, le richieste di Syriza sono state più che moderate, fondamentalmente accondiscendenti alla continuazione dell’austerità. La moratoria sul debito richiesta da Syriza era qualcosa che l’Europa era comunque pronta a concedere, perché tanto un debito che non si è in grado di pagare non sarà pagato. In cambio la Troika ha chiesto la conferma delle politiche di austerità affinché la Grecia si ponesse in condizione di non dover richiedere ulteriori prestiti. E su questo la trattativa si è rotta, nel senso che la Troika non si è fidata delle misure pur accomodanti proposte da Syriza, volendo tagli più certi e immediati. La ricostruzione della saga greca che va avanti da cinque anni, e del capitolo delle illusioni di Syriza che qualcosa in Europa potesse davvero mutare, occuperanno gli storici per decenni. In questo momento la scelta per il popolo greco è drammatica. Un voto sì rappresenta la più evidente sconfitta politica per Syriza, e per il popolo greco la continuazione dell’austerità. Leggi tutto |
Antonio Negri: L’infamia della guerra e della socialdemocrazia nel ’900L’infamia della guerra e della socialdemocrazia nel ’900di Antonio Negri
Essa si voleva legittimata dallo Stato, impiantata sull’identità della nazione, e pretendeva che popolo e nazione venissero considerati un unico concetto: e che quindi i sudditi – per amor di patria – fossero dallo Stato-nazione inviati al macello? Si rabbrividisce ora nel ricordare che alcuni fra i massimi intellettuali del XX secolo inneggiarono alla sovranità come bene assoluto e alla guerra e alla distruzione della nazione accanto, come necessità della vita dello Stato-nazione. Thomas Mann, 1914: Leggi tutto |
Fabrizio Federici: Fondata sul turismoFondata sul turismodi Fabrizio Federici«Insomma, è ora
di guardarci in faccia e dircelo chiaramente: è
inutile che continuiamo a far finta di
rivaleggiare con la Francia o la Germania. Non ci
riusciamo, non siamo fatti per certe cose. D’ora
in avanti i nostri modelli saranno altri, ben più
allettanti e assolati: le Seychelles,
le Maldive, Mauritius. Noi faremo come loro, e
come questi Paesi l’Italia diventerà un paradiso
dell’accoglienza e del buon vivere,
costruito attorno alle straordinarie ricchezze
artistiche ed ambientali di cui siamo depositari»
(dal «Discorso di San
Gimignano» del Presidente del Consiglio, 31 ottobre
2021)
La situazione che si era venuta a creare era perfetta per un cambiamento radicale: masse di disperati da una parte, la speranza dall’altra in una svolta che passasse attraverso il massiccio sfruttamento turistico delle bellezze nazionali. Al momento buono, la trasformazione fu avviata con piglio deciso, e con rapidità tale che in breve tempo divenne irreversibile. Fu varato in pompa magna il «piano di riconversione economica totale» al turismo, che prevedeva innanzitutto il blocco di ogni forma di sostegno e di agevolazione alla produzione di beni e servizi (che non fossero, è chiaro, più o meno direttamente legati all’accoglienza). Fu stilata una lista di attività «tipicamente italiane» da sostenere, legate tutte, più o meno, all’ospitalità. Leggi tutto |
Marco Palazzotto: Bentornati al sudBentornati al sudL'Eterna Questione MeridionaleScritto da Marco Palazzotto
Antonio Gramsci in questo articolo del 1926 trattava della questione meridionale evidenziando aspetti ancora molto attuali. Già allora l’ideologia diffusa era quella di un Mezzogiorno come “palla di piombo che impedisce più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori, dei semibarbari o dei barbari completi, per destino naturale; se il Mezzogiorno è arretrato, la colpa non è del sistema capitalista o di qualsivoglia altra causa storica, ma della natura che ha fatto i meridionali poltroni, incapaci, criminali, barbari, temperando questa sorte matrigna con l’esplosione puramente individuale di grandi geni, che sono come le solitarie palme in un arido e sterile deserto”. Leggi tutto |
∫connessioni precarie: L’occasione del no. Sulla critica della democrazia del debitoL’occasione del no. Sulla critica della democrazia del debito∫connessioni precarie
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Emiliano Brancaccio: Non c'è tempo per festeggiareNon c'è tempo per festeggiaredi Emiliano BrancaccioIn questa intervista rilasciata a L'Espresso Emiliano Brancaccio oltre a dare un giudizio sul referendum, spiega che, al di là delle intenzioni dei protagonisti del negoziato, esistono fattori oggettivi che spingono verso l'uscita della Grecia dall'eurozona, e che alla fine tenderanno a prevalere D. A suo avviso i greci sarebbero pronti anche a un’eventuale uscita dall’euro? I sondaggi dicono che il popolo greco vuole restare nella moneta unica. R. «Lascerei perdere i sondaggi, che non hanno dato prova di grande affidabilità. Il mandato degli elettori mi pare ormai inequivocabile: costi quel che costi, la Grecia non intende piegarsi alle assurde pretese dei “creditori”».
Tsipras e Syriza hanno però sempre detto di non voler uscire. «Suppongo che il governo greco insisterà con l’idea di voler tenere il paese dentro l’euro. È una linea che finora si è rivelata vincente, poiché tende a scaricare sui creditori l’eventualità di un’uscita della Grecia dalla moneta unica. Spero solo che non sfoci in un accordo di basso profilo, che si limiterebbe a rinviare i problemi senza risolverli».
Lei ritiene che Tsipras sia tentato ora dalla possibilità di firmare un nuovo accordo con le istituzioni europee? «A mio avviso le tentazioni dei singoli contano poco, i processi sono più complicati. Le azioni del primo ministro greco sono di volta in volta il prodotto della dialettica interna alla sua maggioranza, i cui prossimi sviluppi sono difficili da prevedere. Inoltre, gli esiti della partita non dipendono solo dalle mosse del governo greco: la vittoria del “no” ha innescato una catena di eventi sistemici, che avrà ripercussioni sul comportamento di tutte le controparti. E sui mercati». Leggi tutto |
Alessandra Daniele: Independence DayIndependence Daydi Alessandra DanieleLa donna bruna scuote la testa. |
Stathis Kouvelakis: Grecia. Dall'assurdo al tragicoGrecia. Dall'assurdo al tragicoStathis Kouvelakis
La parola può sembrare strana, o un'esagerazione. Ma in quale altro modo si potrebbe definire il completo rovesciamento del significato di un evento incredibile come il referendum del 5 luglio, solo poche ore solo dopo la sua conclusione, da quelli che ha chiesto un "no" per cominciare? Come si potrebbe spiegare che un leader di Nuova Democrazia come Vangelis Meimarakis e Stavros Theodorakis per To Potami - capi del campo sconfitto in modo così schiacciante domenica - sono diventati i portavoce ufficiali della linea da seguire da parte del governo greco? Come è possibile che un devastante "no" al Memorandum di politiche di austerità possa essere interpretato come un via libera per un nuovo protocollo? E per dirla in termini di senso comune: se erano disposti a firmare qualcosa di peggio e ancora più vincolante delle proposte del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, qual era il punto del referendum e la lotta per raggiungere la vittoria? Il senso dell'assurdo non è solo un prodotto di questa inaspettata inversione. Esso deriva soprattutto dal fatto che tutto questo si sta svolgendo sotto i nostri occhi, come se nulla fosse accaduto, come se il referendum fosse qualcosa di simile a un'allucinazione collettiva che svanisce improvvisamente, lasciandoci continuare liberamente quello che si doveva fare prima. Ma poiché non siamo tutti diventati mangiatori di loto, lasciateci fare almeno un breve riassunto di ciò che è avvenuto negli ultimi giorni. Leggi tutto |
Eduardo Garzòn: Cosa sta succedendo in Cina?Cosa sta succedendo in Cina?di Eduardo GarzònLa seconda economia planetaria colpita da una storica e preoccupante bolla speculativa con conseguenze difficili da pronosticare
Tutto è iniziato alla fine dell’anno scorso. Il governo cinese, abituato a tassi di crescita economica travolgenti, non vide di buon occhio che l’economia cinese stesse rallentando nell’anno 2014 (segnò la sua crescita più bassa degli ultimi 25 anni), così ideò un piano per dare impulso alla crescita: iniezioni statali di enormi quantità di capitale alle borse con il fine di apportare alle imprese già molto indebitate nuove fonti di finanziamento. L’obiettivo era che gli indici di borsa, stagnanti dal 2009, aumentassero in forma graduale ma costante. Tuttavia quello che hanno ottenuto è stato l’inizio di un rally del mercato azionario che ha creato una delle più grandi bolle nella storia. Ciò che sicuramente non saputo ben valutare il governo cinese è stato l’impatto che il contesto internazionale avrebbe avuto sulle sue borse. Per farla breve, alla fine del 2014 la Banca Centrale Europea (Bce) già stava tessendo la sua nuova strategia di espansione quantitativa, il Quantitative easing, consistito nell’inondare i mercati finanziari di denaro per stimolare l’economia europea. Leggi tutto |
Cristina Morini: Diario della crisi infinitaDiario della crisi infinitaLa crisi come forma permanente di accumulazione e di comando capitalisticoCristina Morini
Il sentimento prevalente del nostro tempo è, dunque, la percezione, indistinta e soffocante, di un “divenire mondo del capitale attraverso gli strumenti della governamentalità neoliberista”, per usare un’efficace immagine di Dardot e Laval tratta dal loro ultimo libro Del comune o della rivoluzione del XXI secolo (DeriveApprodi 2015), ovvero “la sensazione che non si possa più uscire da tale cosmo”. I discorsi “morali” che, a volte, vediamo dipanarsi a partire dalla descrizione delle nuove forme dell’organizzazione economica mondiale connessa alla crisi permanente, non riescono a rappresentare una difesa utile. Da questo punto di vista, non ha grande senso il rimpianto per l’età dell’oro del fabbrichismo, dell’economia “reale”, fondata su beni materiali e tangibili e contrapposta a una presunta, imprendibile e forviante, produzione “immateriale” contemporanea, che tutto avrebbe scombinato e corrotto. Tracciare una linea netta è pressoché impossibile, dovendo, tuttavia, tenere presente l’aspetto nullificante della convenzione finanziaria che sta alla base dell’intero processo: “Il vecchio modello industriale di accumulazione era fondato sul ciclo Denaro-Merce-più Denaro. Il nuovo modello di accumulazione sembra fondato sul ciclo Denaro-Predazione-più Denaro, che implica però una conseguenza: Denaro-Impoverimento sociale-Più denaro [...]. Come attrattore e distruttore di futuro, il capitalismo finanziario cattura energie e risorse trasformandole in astrazione monetaria, cioè in nulla” (Franco Berardi, prefazione a Diario della crisi infinita di Christian Marazzi, ombre corte). Leggi tutto |
Paolo Cardena: La capitolazione di Tsipras?La capitolazione di Tsipras?di Paolo CardenaNegli ultimi giorni mi sono chiesto spesso se Tsipras sia un abilissimo stratega oppure l'ennesimo politico incapace che, comunque, si trova a gestire una situazione più grande di lui. Sono dubbi che ancora non hanno trovato una risposta, ma tra qualche ora, in un modo o nell'altro, verranno spazzati via dalla realtà. Tuttavia, è possibile fare qualche considerazione in più. Come sapete il governo di Atene, nelle ultime ore, ha presentato una proposta ai creditori che, a quanto pare, sembrerebbe essere stata accolta con favore dai diversi leader europei, seppur in modo informale. Tant'è che anche i mercati sembrano credere a un accordo ormai imminente. Il fatto è che, ammesso che quel che circola sia il documento ufficiale (e c'è chi ha argomentato che non lo sia - si legga Zeroconsensus), la proposta fatta ai creditori sembrerebbe addirittura peggiorativa rispetto a alle condizioni che, domenica scorsa, gli elettori greci hanno rispedito al mittente. Se le cose dovessero stare in questi termini, verrebbe da dire che la capitolazione di Tsipras è addirittura clamorosa, visto che prima ha indetto un referendum per dare la parola al popolo greco e poi ha presentato delle proposte che, in buona sostanza, sono asimmetriche rispetto al risultato referendario. Leggi tutto |
Paolo Favilli: La forca e il PartenoneLa forca e il Partenonedi Paolo Favilli*Contro Atene, la coerenza del Pd «Grande è la confusione sotto il cielo», ma la situazione è tutt’altro che eccellente. Stiamo assistendo ad una forma di impazzimento del frullato politico, proprio come avviene con la proliferazione incontrollata di grumi e di scollamenti nel connettivo della maionese. Il fenomeno, però, non è indicatore di mutamenti importanti negli equilibri tra i poteri economici davvero dominanti, ma solo della progressiva decomposizione del tessuto sociale e delle sue proiezioni politiche. Anzi il fenomeno rafforza la stabilizzazione del «paradiso dei padroni», così qualche anno fa Serge Halimi ha chiamato lo stato di cose presente. E l’espressione non potrebbe essere maggiormente aderente alla realtà. Seppure nella salsa italiana che da più di vent’anni caratterizza i “capi” emersi nel paese (una mistura di ignoranza, arroganza, interesse privato, tratti macchiettistici, impermeabilità al senso del ridicolo, estraneità sostanziale allo stato di diritto), il frullato politico nazionale non si differenzia dalle leadership internazionali consustanziali ai nuovi e vecchi padroni del mondo. Comune è l’impegno per la distruzione progressiva del compromesso tra «capitalismo civilizzato» (costretto alla civilizzazione) e società democratica. Comune è l’applicazione della «nuova razionalità» e dunque del rigore, della dura e giusta legge nei confronti dei lavoratori dipendenti protetti da garanzie inammissibili, durate per troppo tempo. Leggi tutto |
Augusto Illuminati: Iene della tastiera o allocchi?Iene della tastiera o allocchi?Augusto IlluminatiRicordate le ždanoviane “iene con la macchina da scrivere”? Ricordate, insomma, si fa per dire, perché per averne sentito parlare occorre avere una certa età e non è facile neppure rintracciare l’espressione su Google. Comunque all’epoca, nei tardi '40 del secolo scorso, veniva detto in genere a torto e spesso di bravissime persone, tipo Sartre o Camus quando deragliavano dall’ortodossia cominformista (ancora googlare, per i militanti più giovani). Problemi a rilanciare la formula, come un qualsiasi oggetto vintage? No, gli obbiettivi adatti abbondano – basta leggere gli editoriali sulla Grecia di Repubblica, Corriere della Sera e dello spinelliano Foglio (di cui appunto è amministratore delegato il rag. Spinelli, sì, proprio lui, il pagatore non utilizzatore delle olgettine). Per imbarazzo sul nome del fondatore e per irrilevanza mediatica tacciamo dell’Unità, “monumento equestre di Renzi”. L’unico problema è sostituire quell’arcaico oggetto museale con una banale tastiera. Iene con tastiera, ecco. La buonanima si stira nella tomba, le sue vittime d’allora pure e gli editorialisti d’assalto (sempre a quel tempo si diceva “sicofanti”, il liceo classico funzionava) hanno l’epiteto che si meritano. Non solo i Livini, Bonanni, Cerasa, ma tutta la genia dei sondaggisti che, davvero ci meravigliamo, non scoppino a ridere incontrandosi per strada, secondo il mirabile detto di Catone riportato da Cicerone (qui mirari se aiebat, quod non rideret haruspex, haruspicem cum vidisset). Leggi tutto |
Lavoro Insubordinato: Epilogo del lavoratore pieghevole e prologo di uno sciopero necessarioEpilogo del lavoratore pieghevole e prologo di uno sciopero necessariodi Lavoro Insubordinato
Con il Jobs Act scompare infatti perfino la reintegra nel posto di lavoro. Si impone così un salto all’indietro rispetto alla possibilità per il lavoratore di controbilanciare il rapporto di forza con il datore di lavoro, se non altro per contrattare la propria liquidazione. L’art. 18 consentiva infatti, com’è noto, la reintegra al lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o, in alternativa, il dipendente poteva accettare un’indennità. Leggi tutto |
Claudio Valerio Vettraino: La forma-partito nella società liquidaLa forma-partito nella società liquida
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Slavoj Žižek: "L’eresia di Syriza può salvare L’europa della solidarietà egualitaria""L’eresia di Syriza può salvare L’europa della solidarietà egualitaria"*Slavoj ŽižekUn riflessione del filosofo sloveno, e una conclusione: «Syriza è in realtà pericolosa, pone effettivamente una minaccia all’attuale orientamento della Ue - il capitalismo globale odierno non può permettersi un ritorno al vecchio stato sociale» La vittoria del “no” al referendum greco, netta oltre ogni aspettativa, è un voto storico, espresso in una situazione disperata. In passato ho spesso citato la barzelletta che circolava negli ultimi dieci anni di vita dell’Unione Sovietica e che aveva come protagonista Rabinovitch, un ebreo intenzionato a emigrare. Il funzionario dell’ufficio emigrazione gliene chiede il motivo e Rabinovitch risponde: «I motivi sono due. Il primo è che ho paura che in Unione Sovietica i comunisti perdano il potere e che il nuovo governo incolpi noi ebrei di tutti i crimini dei comunisti — che si torni ai pogrom antisemiti…». «Ma è assurdo», lo interrompe il funzionario, «in Unione Sovietica non può cambiare nulla, il potere dei comunisti durerà in eterno!». «Beh» risponde calmo Rabinovitch, «quello è il secondo motivo ». Mi hanno detto che ora ad Atene circola una nuova versione della storiella: un giovane greco va al consolato australiano di Atene per chiedere il visto di lavoro. «Perché vuole lasciare la Grecia?» gli chiede il funzionario. «Per due motivi», risponde il giovane. «Il primo è che ho paura che la Grecia esca dall’Ue, della nuova povertà e del caos che ne verranno…». «Ma è assurdo », lo interrompe il funzionario, «la Grecia rimarrà nella Ue e si assoggetterà alla disciplina finanziaria!». «“Beh», risponde calmo il greco, «quello è il secondo motivo… ». Leggi tutto |
Emanuela Fornari: Sulla crisi permanenteSulla crisi permanenteEmanuela FornariLa “crisi” nasce in Grecia. Così Myriam Revault d’Allones apre il suo saggio La crisi senza fine. Saggio sull’esperienza moderna del tempo (O barra O edizioni, 2014, pp. 180) dedicato alla crisi intesa quale “metafora assoluta” del nostro tempo. Si tornerà – e per diverse ragioni – sull’origine greca di un lemma che al giorno d’oggi imperversa non solo nel dibattito pubblico ma anche nella vita quotidiana di ciascuna e ciascuno. Perché merito del libro di Revault d’Allones è innanzitutto quello di offrire al lettore un esemplare raro di “storia dei concetti” che muove da un interrogativo che coinvolge in modo bruciante l’attualità. Che ne è della crisi quando questa si fa permanente? Quando l’eccezione (la krisis come momento culminante di una malattia, secondo l’origine medica del termine) diviene norma, stato perpetuo e irredimibile? E che ne è, soprattutto, della politica, che con il tempo e sul tempo costruisce – deve costruire – la propria trama di storicità? Storicità che altro non è che un costante, contingente intreccio di continuo e discontinuo, a testimoniare la presenza dell’atto, dell’agire, in un altrimenti piatto scorrere degli accadimenti. Ma, per sintetizzare l’operazione di Revault d’Allones, vorrei muovere a ritroso, partendo dalle domande con cui il testo si chiude. La filosofa francese, infatti, prende atto di una “crisi del tempo”, di una detemporalizzazione, che caratterizzerebbe le nostre società cosiddette avanzate, costrette a vivere in altrettante “eterocronie” che impediscono di riportare a una sintesi coerente quelli che Reinhardt Koselleck riteneva i due assi del tempo vissuto: l’esperienza e l’aspettativa. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: La banca dei Brics e il referendum grecoLa banca dei Brics e il referendum grecodi ilsimplicissimusC’è qualcosa che non emerge con chiarezza nella foschia della crisi greca ed è la singolare coincidenza tra il referendum di domenica e l’inizio mercoledì prossimo dell’operatività della nuova banca di sviluppo dei Brics, in occasione del summit fra Cina, Russia, India, Brasile, Sudafrica in programma a Ufa, una cittadina industriale negli urali meridionali, esattamente a cavallo fra l’Europa e l’Asia. Tutto si tiene naturalmente, ma ho l’impressione che i colloqui tra Tsipras e Putin si possano situare ad una intersezione geopolitica che riguarda meno l’eventuale presenza navale di Mosca nell’Egeo o aiuti diretti della Russia ad Atene quanto invece a una possibile copertura della nuova banca aperta a qualsiasi Paese che voglia costruire un ordine economico mondiale alternativo al Washington consensus, imperniato sul Fondo monetario internazionale. Non è un caso che proprio l’Fmi, uno dei più duri nell’esigere i massacri sociali in Grecia, ora sia l’istituzione finanziaria più possibilista nei confronti di Atene convenendo sul fatto che occorra un corposo taglio del debito greco pur di evitare che il piccolo Paese mediterraneo sia uno dei primi ad orientare altrove la propria bussola. Ma, come accade sempre più spesso con le informazioni che non piacciono alla governance continentale, la notizia del via operativo alla Nuova banca di sviluppo praticamente non è nemmeno comparsa sui media mainstream impegnati a raccontare di sondaggi sospetti sul referendum lanciato dal governo di Atene (tutti condotti da società collegate a gruppi euro – americani) e ad agitare le solite paure. Leggi tutto |
Wolfgang Streeck: L'euro, un errore politicoL'euro, un errore politicoGiuliano Battiston intervista Wolfgang Streeck
Gli interessi dei paesi del Nord Europa contro quelli del Sud, della finanza internazionale contro le popolazioni mediterranee, del “popolo del mercato” (Marktvolk) contro il “popolo dello Stato” (Staatvolk): del capitalismo contro la democrazia. Per l’autore di "Tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico" (Feltrinelli, 2013), il caso greco non rappresenta infatti che l’ultima variante del processo di dissoluzione del regime del capitalismo democratico del dopoguerra. Quel regime che aveva faticosamente tenuto insieme, in una combinazione fragile e instabile, democrazia e capitalismo appunto, dando vita a un patto sociale ormai imploso. Anche in Europa. E proprio a causa di un’Unione europea che si è fatta «motore di liberalizzazione del capitalismo europeo, strumento del neoliberismo». E di una moneta comune che serve gli «interessi del mercato». Per uscire dal vicolo cieco dell’Europa liberista votata all’austerity, per Wolfgang Streeck, tra i più influenti sociologi contemporanei, si dovrebbe partire proprio dalla rinuncia all’euro come moneta unica. Con una nuova Bretton Woods europea. Leggi tutto |
Andrea Zirotti: La rottamazione neoliberista della scuola della Costituzione è un attacco a tutti i lavoratoriLa rottamazione neoliberista della scuola della Costituzione è un attacco a tutti i lavoratoridi Andrea ZirottiCome specificato nel post-scriptum aggiunto appositamente dall'autore, questo intervento è stato scritto alcune settimane fa, prima dell'approvazione al Senato con un gravissimo voto di fiducia. Lo riproponiamo comunque, come contributo di analisi non schiacciato sulla cronaca, ma volto a ragionare anche sulle tendenze di fondo della lotta intrapresa dalle classi dominanti sul tema della scuola, così come sul tipo di risposta che si rende necessario da parte delle classi subalterne
Qual è il nodo del conflitto? Una prima risposta, astenendosi da giudizi di valore, può essere: la ristrutturazione (o, meglio, la sua continuazione) del sistema scolastico nazionale. Nel rispondere a questa domanda, non di rado c'è chi si sofferma ora su uno, ora su un altro aspetto di questa devastante controriforma, perdendo di vista il progetto complessivo di trasformazione, per non dire del suo rapporto con il contesto attuale: un atteggiamento prevedibile in questi tempi di deboli coscienze politiche, in cui riesce a prevalere una lettura di tipo sindacale, e di sindacati in tempi di deboli coscienze politiche. Leggi tutto |
Manlio Dinucci: manifesto Nato, la «forza di risposta» allineataNato, la «forza di risposta» allineataManlio Dinucci«Ripugnante violenza»: così il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg definisce l’attacco terroristico in Tunisia. Cancella con un colpo di spugna il fatto che la reazione a catena, di cui la strage in Tunisia è uno degli effetti, è stata messa in moto dalla strategia Usa-Nato. Un documento desecretato del Pentagono, datato 2012, conferma che l’Isis, i cui primi nuclei vengono usati dalla Nato per demolire con la guerra lo Stato libico, si forma in Siria reclutando soprattutto militanti salafiti sunniti. Finanziati da Arabia Saudita e altre monarchie, essi vengono riforniti di armi attraverso una rete della Cia. Obiettivo: «stabilire un principato salafita nella Siria orientale», in funzione anti-sciita, e da qui scatenare l’offensiva in Iraq quando il governo dello sciita al-Maliki si allontana da Washington, avvicinandosi a Pechino e Mosca. Ulteriore conferma viene da documenti sauditi, appena rivelati da Wikileaks: essi dimostrano che, almeno dal 2012, l’Arabia Saudita alimenta la guerra segreta in Siria, di concerto con la Turchia. Quindi con la Nato, che loda la propria partnership con l’Arabia Saudita e le altre monarchie del Golfo perché «forniscono in modo sempre più efficiente sicurezza, anche al di là della loro regione». Ben dimostrato dalla guerra contro lo Yemen dove l’Arabia Saudita, sostenuta militarmente dagli Usa, commette ogni giorno stragi di civili ben peggiori di quella in Tunisia rivendicata dall’Isis, documentate da una mostra fotografica apertasi nella capitale yemenita. Ignorate però dai grandi media che, focalizzando l’attenzione sugli innocenti turisti uccisi su una spiaggia tunisina, sfruttano questo crimine per dimostrare che l’Occidente è sotto attacco e deve quindi difendersi. Leggi tutto |
Militant: La ricerca di una giusta chiave di lettura della questione europeaLa ricerca di una giusta chiave di lettura della questione europeaMilitant
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@arthasastra85: Perchè il trattato MES esclude la possibilità di nuovi aiuti alla GreciaPerchè il trattato MES esclude la possibilità di nuovi aiuti alla Greciadi @arthasastra85
Tuttavia il solo taglio del debito ancora da restituire sulla base dei due precedenti piani di salvataggio non sarebbe sufficiente ad assicurare la sopravvivenza economica della Grecia e sarebbe pertanto necessario provvedere alla concessione di nuovi fondi tramite le risorse finanziarie accreditate dagli Stati dell’Eurozona nel Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Vediamo come questi fondi potrebbero essere concessi. E’ probabile che la Grecia chieda (i) aiuti finanziari per ricapitalizzare il proprio sistema finanziario (attualmente ancora in vita esclusivamente grazie alle linee di liquidità offerte dalla Banca Centrale Europea) e (ii) un ulteriore prestito in cambio dell’esecuzione di un programma di riforme macroeconomiche. Leggi tutto |
Manfredi De Leo: Caro Tsipras, il problema è la BceCaro Tsipras, il problema è la Bcedi Manfredi De LeoLa piccola Grecia ha vinto una battaglia importante, di quelle che lasciano il segno e che danno speranza. Ma pur sempre una battaglia, non certo la guerra di cui parlava, con cognizione di causa, il ministro delle finanze ellenico Varoufakis. Così, mentre in piazza Syntagma sventolano le bandiere rosse, già si intravedono i primi movimenti avversi nelle cancellerie europee, e nei grigi uffici di Bruxelles e Francoforte la reazione inizia a riorganizzarsi. Gli spazi di manovra del governo Tsipras si assottigliano ora dopo ora, principalmente a causa dei vincoli monetari che la BCE impone al sistema finanziario ellenico: la liquidità a disposizione degli istituti di credito, necessaria per l’ordinario funzionamento dell’economia, rischia di terminare presto, mentre pende sulla testa del governo greco la spada di Damocle del rifinanziamento del debito pubblico in scadenza. A ben vedere, fu proprio la BCE a mettere in atto la prima vera reazione politica all’elezione del governo Tsipras, a pochi giorni dal suo insediamento, negando alle banche elleniche la possibilità – garantita durante i governi precedenti – di ottenere liquidità in cambio di titoli pubblici greci. In questa maniera, il sistema finanziario ellenico perse un discreto grado di autonomia nella gestione della liquidità, e fu costretta a reperire il denaro dall’ultimo canale rimasto attivo, l’ELA. Leggi tutto |
Saskia Sassen: Tre fatti raramente (o mai) ricordati della tragedia grecaTre fatti raramente (o mai) ricordati della tragedia grecadi Saskia SassenSarai tu, caro lettore, a decidere se questi tre fatti ti porteranno a dire Sì o No all’austerità – non all’Europa.
I. Il 28 gennaio 2015, tre giorni dopo la vittoria di Syriza, Mark Carney (governatore della Banca Centrale d’Inghilterra), ha dichiarato che “la zona euro si trova in una trappola del debito e si dovrebbe mitigare la linea dura dei tagli di bilancio”. Carney ha ulteriormente chiarito il suo pensiero: il mancato completamento del processo di integrazione accoppiato con l’adozione di politiche di bilancio ultra-restrittive rischiava di portare l’area della moneta unica in una trappola del debito”. Voglio semplicemente sottolineare quanto affermato da Carey, e, in secondo luogo, che tale dichiarazione è stata, in generale, raramente ripetuta e riportata sui giornali. Poco dopo la vittoria di Syriza, pure Lagarde,
direttrice del Fondo monetario internazionale, ha
affermato: “Lavoreremo con la Grecia.”
Poi non ha mai abbastanza ripetuto questa chiara,
breve, significativa dichiarazione, senza se e senza
ma: la volontà di aiutare. |
Paolo Cardena: La bolla cinese spiegata a mi' nonnaLa bolla cinese spiegata a mi' nonnaPaolo CardenaCome sapete, nelle ultime settimane, la borsa di Shanghai ha perso circa il 30%. Siccome tutti parlano della bolla cinese, ho pensato di raccontarvi "la vicenda" in modo irrituale rompendo un po' la monotonia del format dei post pubblicati in questi pixel. Buona lettura. Accade che, con questo caldo, c'è una birreria (il broker) che serve dell'ottima birra ghiacciata. Tu sei accaldato, molto accaldato e hai proprio bisogno di rinfrescarti. Entri nel locale e trovi un sacco di gente che parlano, bevono, si rinfrescano e si divertono (sono gli investitori che stanno facendo profitti sulla borsa di Shanghai). E' una festa, insomma. Allora, ti avvicini al bancone e chiedi una pinta di birra che costa 5 euro: esattamente l'importo che hai disponibile nelle tue tasche. Il barman te la serve e la butti giù tutta d'uno sorso (investi i tuoi primi soldi e guadagni). Ma siccome sei molto accaldato, non hai trovato molto giovamento dalla birra che hai tracannato e vorresti bere all'infinito (vorresti guadagnare all'infinito). E poi c'è aria di festa e anche tu vuoi divertirti (vuoi continuare a guadagnare insieme a tutti gli altri). Il barman, vedendo che ne hai ancora voglia, chiede se deve servirti un'altra birra. Ma tu spieghi che non hai soldi e che quindi non puoi prenderne un'altra (non puoi permetterti di investire ancora, perché hai già investito tutti i tuoi soldi). Leggi tutto |
Raffaele Alberto Ventura: Facebook e il declino dell’OccidenteFacebook e il declino dell’Occidentedi Raffaele Alberto VenturaMark Zuckerberg è convinto che l’Occidente sia sull’orlo del fallimento. Ma ha un'arma segreta, è negli scritti di Ibn Khaldun, grande storico arabo del Medioevo
Zuckerberg non ha fama di essere un intellettuale e, se crediamo alla sua incarnazione cinematografica, forse nemmeno di essere particolarmente intelligente: l’immagine che ne abbiamo è di qualcuno capitato un po’ per caso su una grande idea e presto circondato da astuti finanziatori e abili consiglieri. E allora che dire, se non che gli abili consiglieri hanno fatto un ottimo lavoro? Il giovanotto si è dimostrato particolarmente ricettivo. Zuckerberg continua a stupire — e non sto parlando della recente attivazione delle gif animate sul suo social network. Leggi tutto |
Sebastiano Isaia: Quel che resta del referendumQuel che resta del referendumdi Sebastiano Isaia
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Pierfranco Pellizzetti: Società o barbarieSocietà o barbariedi Pierfranco Pellizzetti
La stagione in cui l’assiomatica dell’interesse possessivo, impostasi quale unico principio regolatore dell’umana convivenza, ha dato mano libera all’accaparramento in quanto accumulazione di capitale e alla spirale impazzita della disuguaglianza, alla legittimazione della mediocrità proterva come tipologia umana egemone, alla banalità semplificatoria per la concettualizzazione dominante. A cominciare – appunto – dallo svilimento della democrazia e lo svuotamento della politica. Questo è – almeno – quanto vedono i miei stanchi occhi. Fisime di un uomo vecchio, afflitto dal rimpianto nostalgico (idealizzato) dei tempi andati, quando ancora c’era tela da tessere, speranze da coltivare e i doloretti vari al momento non si facevano sentire? Ad altri giudicare. Da parte mia ho provato a ragionare al riguardo, elencando argomentazioni che mi sembrano “oggettive” (se l’aggettivo fatale mantiene ancora un qualche senso), nel saggio appena pubblicato per i tipi de il Saggiatore: “Società o barbarie – il risveglio della politica tra responsabilità e valori”. Leggi tutto |
Piotr: Dopo Grecia, un 'ISIS finanziario' affila le armi?Dopo Grecia, un 'ISIS finanziario' affila le armi?di PiotrAccanto all'ISIS fondamentalista sorgerà l'ISIS finanziario. Non è escluso che le loro mosse colpiscano in modo coordinato, dato che condividono già i corridoi del denaro Occorre dare un senso politico (prima che finanziario ed economico) allo straordinario voto greco. La vittoria dei No è innanzitutto una vittoria della democrazia contro l'oligarchia. Per questa vittoria dobbiamo indubbiamente ringraziare l'accorta conduzione politica dei negoziati da parte del governo greco. Le dimissioni di Yanis Varoufakis non sono ancora facili da valutare. Potrebbero essere frutto di una tattica precisa per togliere alibi alla Troika. Ma potrebbero esprimere anche la preoccupazione dell'ex ministro per la piega che i nuovi negoziati potrebbero prendere. Voglia il cielo che non sia così. Ragion per cui, probabilmente il problema più importante che ci troveremo di fronte sin da subito sarà il tentativo delle spaventate élite europee di tagliare risolutamente le gambe a ogni espressione democratica sostanziale e non puramente formale. Cosa succederà a livello finanziario ed economico, a oggi credo che non lo sappia veramente nessuno. Solo ipotesi, più o meno ragionevoli. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: L’ossessione dell’onestà: quando il M5s esageraL’ossessione dell’onestà: quando il M5s esageradi Aldo GiannuliIl tribunale ha dato ragione a De Magistris sulla sua sospensione in base alla legge Severino: resta sindaco sino a quando la Corte Costituzionale si pronuncerà. Stesso risultato per De Luca che è stato reintegrato. La cosa ha destato un certo scandalo in giornali come “Il Fatto” (che teme, peraltro fondatamente, che questi precedenti possano riaprire la strada a Berlusconi) e nel M5s che reclama la testa di tutti i condannati in primo grado. Il M5s ha rappresentato una salutare reazione alla nauseabonda classe politica che da venti anni infesta il nostro paese ed ancora oggi rappresenta la maggiore contestazione al sistema politico. Ed è comprensibile che, come tutte le “reazioni” abbia avuto in sé una carica eccessiva, un’enfasi particolare sul tema dell’onestà che ha finito per mettere in ombra aspetti forse più rilevanti come la competenza, la capacità di mediazione politica, la progettualità. Ci sta. Ma, anche facendo uno “sconto” sugli eccessi, in considerazione del carattere reattivo del fenomeno, bisogna dire che ora si sta andando oltre il limite dell’accettabile e credo sia necessaria una riflessione un po’ più a freddo sul tema. Iniziamo dalla Severino che reputo una legge fatta con i piedi. Infatti, prevede la sospensione di eletti che siano incorsi in una condanna di primo grado, ma non dice che il condannato non sia candidabile per cui il risultato è un pasticcio senza pari, del quale ci stiamo accorgendo ora con i casi De Magistris e De Luca. Leggi tutto |
Sergio Cesaratto: Il “più Europa” (è) liberistaIl “più Europa” (è) liberistaSergio CesarattoQuesto articolo non è stato pubblicato da il manifesto. La cosa non ha bisogno di commenti, tranne che c'è un problema di libertà di espressione a sinistra Il No greco al referendum ha scatenato un coro quasi unanime di commenti secondo cui dall’impasse europea “fra gli opposti nazionalismi greco e tedesco” si esce solo con un’Europa politica e solidale, “meno egoista” insomma. Nei più avveduti, questa visione muove dalla constatazione che l’Europa monetaria non costituisce un’”area valutaria ottimale”. Si argomenta dunque che un’unione monetaria sostenibile implica un’unione politica, la sola che può garantire che i paesi forti si facciano carico, attraverso un cospicuo bilancio federale, dei paesi deboli. Ahimè il modello mercantilista tedesco, disastroso in un’unione monetaria, è anche refrattario a una unione federale “pesante”. Un argomento ancor più dirimente per dimostrare che un’Europa politica è pur possibile, ma solo con uno Stato minimale, viene da un vecchio saggio di Hayek del 1939. La sua argomentazione è che una federazione fra nazioni economicamente e culturalmente disomogenee (si potrà poi ragionare sull’importanza relativa dei due aggettivi) e che controlli un cospicuo ammontare di risorse, non potrà durare a lungo. Essa si fratturerà presto sui criteri di distribuzione delle risorse e/o del potere di allocarle. La fine dell’ex-Yugoslavia è l’esempio più evidente. E basti guardare a quello che succede in questi giorni. Leggi tutto |
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1. Il “no” di massa del popolo greco non significa un rifiuto dell’Europa. Significa un rifiuto dell’Europa dei banchieri, del debito infinito e del capitalismo globalizzato. 2. Anche una parte dell’opinione nazionalista, e persino della destra estrema, ha votato “no” riguardo alle istituzioni della finanza? Al diktat dei governi reazionari europei? Ebbene, lo sappiamo che ogni voto puramente negativo è in parte confuso. La destra estrema, da sempre, può rifiutare certe cose che rifiuta pure l’estrema sinistra. Soltanto l’affermazione positiva di ciò che si vuole risulta chiara. E tutti sanno che ciò che vuole Syriza è opposto a ciò che vogliono i nazionalisti e i fascisti. Il voto non è dunque semplicemente una presa di posizione contro le esigenze antipopolari del capitalismo globalizzato e dei suoi servitori europei. È anche un voto che, per il momento, dona fiducia al governo Tsipras. Leggi tutto |
Quarantotto: Euro alla frutta e TTIP alle porteEuro alla frutta e TTIP alle porteE il referendum-boomerang alla fine tutelerà i creditoridi Quarantotto
"Supponiamo...che si parlasse di aumentare permanentemente il saldo primario di un punto di PIL. Come ho scritto in precedenza, e come rileva Simon Wren-Lewis, data la mancanza di una politica monetaria indipendente, ottenere un surplus primario richiede molto più di un'austerità in "rapporto 1 a 1". In effetti, una buona ipotesi è che occorra tagliare la spesa pubblica del 2% del PIL, dato che l'austerità riduce l'economia e le entrate tributarie. Ciò, a sua volta, significa che si riduce l'economia intorno al 3%. Così, un 3% di colpo inferto al PIL per aumentare il saldo primario di 1. Ma un'economia ridotta
implica che il rapporto debito/PIL vada
inizialmente in aumento. Ed infatti,
dato il punto di partenza della Grecia, con un
debito al 170% del PIL, l'effetto avverso
dell'austerità significa che cercare di innalzare di
1
punto il saldo primario determina la crescita
del rapporto debito/PIL di 5 punti (0,03x170). Ma, aspettate, c'è di più. Associamo Irving Fischer alla discussione. Un'economia più debole porterà a minor inflazione (o a una più intensa deflazione), che, anch'essa, tende a innalzare il rapporto debito/PIL. Leggi tutto |
Girolamo De Michele: Far finta di essere buoni. Per Luca RastelloFar finta di essere buoni. Per Luca Rastellodi Girolamo De Michele
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C’è una frase, attribuita a Italo Calvino, che Mauro affigge sulla parete dell’ufficio della Onlus “In punta di piedi” in cui lavora: Dove si fa violenza al linguaggio è già iniziata la violenza sugli umani. Leggi tutto |
Pier Luigi Fagan: Grecia. Il tempo in mano ai creditoriGrecia. Il tempo in mano ai creditoridi Pier Luigi FaganE' da vedere, fra due settimane di lenta e impotente agonia, come e quale sarà l'umore del Paese e quale il prezzo politico che dovrà pagare il governo Ogni giorno che passa, la situazione in Grecia, s'aggrava. Operatori turistici chiudono, lavoratori rimangono per strada, merci estere non vengono più acquistate per mancanza di credito, anche la produzione interna si blocca, blocco dei pagamenti, ovviamente blocco degli acquisti da parte dei greci stessi, commercio in ginocchio, industria piegata, i condizionatori si spengono, insomma "sangue sudore e lacrime". Questa è la garrota greca, non i bancomat. Ogni giorno che passa, la posizione negoziale greca perde forza perché il laccio di cuoio si stringe lentamente ed inesorabilmente, al collo. Al fronte del "Nein" basta rimandare appuntamenti, alzare il sopracciglio, dire con aria sufficiente"no, non ci siamo, riprovate". Qualcuno sussurrerà "dài, riprovate così o cosà, cambiate questo o cambiate quello" come nel gioco "poliziotto buono - poliziotto cattivo", lasciar viva la fiammella. Ma la commissione d'esame sarà sempre insoddisfatta come in incubo à la Kafka. E' mia opinione che Varoufakis si sia dimesso per tanti motivi, ma uno decisivo, forse, è stato proprio quello sul come gestire il dopo-referendum. Stampare una valuta parallela, poteva essere l'unica soluzione per annullare il vantaggio tempo che mette i creditori su un piedistallo a molti metri sopra i debitori. Non occorre il folklore sulla Teoria dei giochi ed il neo-machiavellismo per capire l'asimmetria fatale che questo spread sul come diversamente le due parti vivranno il concetto di tempo, condizionerà la trattativa. Leggi tutto |
Emmezeta: Il sogno di Vendola, l'incubo dei popoliIl sogno di Vendola, l'incubo dei popoli... e le balle spaziali del manifestodi EmmezetaNon c'è cosa peggiore che scambiare un incubo per un sogno. Ma lui si chiama Nichi e la cosa è normale. Meno normale è la situazione al quale il "sogno" si riferisce. Mentre in Europa va in scena l'ennesima riunione dell'Eurogruppo, con la Germania che non si accontenta della capitolazione di Tsipras — evidentemente al carnefice l'appetito vien mangiando—, in Italia ci tocca ancora sentir parlare del «sogno dell'Europa federale». Eh sì, Sinistra ecologia e libertà (Sel) si scioglie (scene di sgomento nel Paese), solo per tentare di costruire una "grande Sel" (scene di giubilo anche oltre frontiera). Fin qui nulla di male: se a qualcuno gli va di andare sottobraccio all'amichetto di Archinà mica possiamo farci niente. Quanto poi alla "grandezza" del progetto illustrato ieri parleranno i fatti. Quel che è grave, e certamente indicativo, è la riproposizione dell'idea di riformare quel che riformabile non è. Di scambiare, appunto, un incubo per un sogno. Leggiamo dal resoconto della Repubblica quel che ha detto Nichi Vendola: «Poi la ricetta per salvare l'Europa: "Vogliamo sentire parole di rilancio del sogno dell'Europa federale. E' necessario conferire più poteri alla Bce", affinché questo soggetto diventi "prestatore di ultima istanza, impedendo che il sistema creditizio internazionale si comporti come un usuraio nei confronti dei popoli del sud dell'Europa"». Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Posso parlare male del volontariato?Posso parlare male del volontariato?di Aldo GiannuliSicuramente molti dei pochi che mi leggono staranno storcendo il naso già dal titolo: se c’è una cosa virtuosa, di cui non si può dire che bene, è il volontariato, espressione di altruismo, di senso civico, di dedizione agli ideali. Come si fa a parlare male di una cosa così nobile? Si può, si può… Intendiamoci, non biasimo affatto l’idea in sé di donare proprio tempo ed energie per migliorare la società e soccorrere chi ne ha bisogno. Anzi auspico che molti altri lo facciano, ma nelle forme giuste e non ideologiche, perché il volontariato non può e non deve essere una forma di ideologia del “bene comune”. Il problema è che fare “del bene” (usiamo questa espressione logora ma utile a capirci) non è affatto una cosa semplice e va fatta con il cervello, il “cuore” da solo non basta e spesso fa danni. La giovane cretina che, con la benedizione del Comune, invasata dal sacro fuoco di fare la “cosa giusta” ed armata di pennelli, inizia a ripulire le mura cittadine dagli scarabocchi degli imbrattatori, è capacissima di cancellare un murales che, invece, ha ragione di essere, è gradito dagli abitanti ed ha un suo valore estetico e magari artistico; una così è un pericolo pubblico a cui sarebbe bene proibire di uscir di casa. Il “volontario” che vola in zona di guerra senza nessuna cautela e si fa catturare, obbligando lo Stato a darsi da fare per la sua liberazione e sborsare un ingente riscatto, è un imbecille che andrebbe lasciato nelle mani dei suoi rapitori, così impara. Il soccorritore improvvisato può fare danni ancora peggiori all’infortunato e così via. Leggi tutto |
Angelo d’Orsi: Quanto è cattiva la “Buona Scuola”Quanto è cattiva la “Buona Scuola”di Angelo d’OrsiRenzi e la ministra Giannini, una delle “Renzi Ladies”, cantano vittoria: il DDL sulla “Buona Scuola” (che infamia, già l’etichetta!), è stato approvato da una Camera dalla cui aula la residua e risibile “opposizione interna” del PD è uscita, credendo di salvarsi l’anima. Una prece per loro e per la “ditta” (Bersani docet). Il decreto è un tassello importante del percorso del ducetto fiorentino, volto alla eliminazione dei corpi intermedi, alla sconfitta delle rappresentanze sociali e all’azzeramento della dialettica democratica. Un tassello tanto più importante se lo si colloca nel contesto delle altre “riforme” portate avanti da questo governo che si sta rivelando, una settimana dopo l’altra, uno dei peggiori, per la qualità negativa della sua azione, ossia per gli effetti in corso e quelli prevedibili, della storia repubblicana. La riforma elettorale, quella costituzionale, le modifiche del mercato del lavoro, la responsabilità civile dei magistrati, persino l’abolizione delle Province (asserita, peraltro, con la creazione di quel monstrum giuridico e politico delle “Città metropolitane”) … Tutto concorre a disegnare uno scenario perfetto di “post-democrazia”, ossia di un regime sostanzialmente autoritario e neoleaderistico che conserva in parte, anche se sempre più ristretta, le forme della democrazia. E il cui obiettivo di fondo è appunto smantellare le conquiste politiche, culturali, sociali delle classi subalterne, e sottoporle alla dura legge della tecnocrazia finanziaria. Leggi tutto |
Riccardo Achilli: La fine del riformismoLa fine del riformismoRiccardo Achilli
Dopo cinque mesi di negoziati estenuanti, un referendum tradito che, a questo punto, può essere considerato soltanto come una misura per evitare un possibile golpe che si stava materializzando, oppure, come sottolinea maliziosamente Evans Pritchard, come il veicolo per ottenere un “si” e far passare l’austerità anche agli occhi dell’ala recalcitrante di Syriza, dopo aver dovuto imporre un blocco ai movimenti di capitali ed alla liquidità di banche oramai esangui e che dovranno andare incontro ad un doloroso (dal punto di vista occupazionale) ed incerto (dal punto di vista competitivo) processo di fusioni, dopo tutto questo percorso tormentato, ecco quello che la Grecia ottiene: Leggi tutto |
Jacques Sapir: La resaLa resadi Jacques SapirIl prof. Sapir legge e commenta il terrificante “accordo” che l’Eurogruppo ha imposto alla Grecia, questo lunedì mattina, come condizione per ricevere liquidità e dunque non uscire (per ora) dall’euro. Le conseguenze politiche sono spaventose: di fatto in Grecia la democrazia come la conosciamo è stata cancellata. Gli stessi prestiti dovranno essere rimborsati, se necessario, con la svendita più selvaggia dei beni pubblici. François Hollande si è vantato di aver “salvato l’euro”. Ma, nota Sapir, euro, austerità e abolizione della democrazia sono palesemente la stessa cosa
Questo 13 luglio è e resterà nella Storia come un giorno di lutto, sia per la democrazia che per l’Europa. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: La buona scuola, la cattiva Grecia: storia di sconfitte annunciateLa buona scuola, la cattiva Grecia: storia di sconfitte annunciatedi ilsimplicissimusL’approvazione della “buona scuola” arrivata dopo incredibili ricatti occupazionali sia sui precari che su parlamentari in gran parte di livello inqualificabile, fa il paio con il cedimento pressoché completo di Tsipras alla troika. I due fatti sono apparentemente distantissimi, ma c’è un elemento di fondo che lega i due eventi e che riguarda il ruolo, le modalità, il senso dell’opposizione e del consenso nei sistemi post democratici. Da una parte – parlo della buona scuola – abbiamo il cedimento progressivo di un ceto fino a scoprire – ahimè troppo tardi – di essere stato tradito dal suo partito di riferimento a cui ha concesso, in nome del meno peggio, qualsiasi cambiamento di contesto e di indirizzo. Dall’altra abbiamo il fallimento di un progetto, quello di Tsipras che aveva come obbiettivo finale non l’alternativa a un sistema di governance, ma un impossibile accomodamento con esso. Ovviamente i compromessi sono necessari e imprescindibili nella vita civile e politica, non intendo contestare questa evidenza, ma si trasformano in elementi deleteri quando da accomodamenti progressivi in vista di una un’idea, di una finalità di cambiamento del paradigma dominante, divengono lo scopo finale dell’azione. Questo vuol dire rendersi prigionieri dei principi dell’avversario ed essere destinati fin da subito alla sconfitta. Così Tsipras è stato alla fine sbaragliato dalla strana idea roussoviana che l’Europa avesse di suo una natura buona, che la teoria dell’austerità con i suoi massacri sociali fosse solo una variabile indipendente e non accorgendosi che tutta la costruzione era orientata a sottrarre spazio alla politica e alla partecipazione per darla all’economia e ai grandi gruppi di potere. Leggi tutto |
Maurizio Sgroi: Il nuovo film dell’estate: la Fed, la Cina e la GreciaIl nuovo film dell’estate: la Fed, la Cina e la GreciaMaurizio SgroiCome in un vecchio film di Sergio Leone, quindi avvincente e pieno di primi piani, i registri del mainstream, pressati dai venti fischianti del redde rationem che ormai non possono più essere ignorati e tantomeno sottovalutati, stanno scrivendo la sceneggiatura del nuovo grande successo dell’estate 2015: la Fed, la Cina e la Grecia. Un copione denso, cervellotico e pieno di azione, dove la crisi greca suggerisce alla Fed di rimandare l’exit strategy, ormai sempre più comedy, mentre la Cina affronta il suo personalissimo 1929, con le borse a perdere a doppia cifra similmente a quel disgraziato ottobre, come hanno scritto in tanti. Oppure, a secondo dell’angolatura della telecamera, un film dove l’indecisione dell’economia americana, certificata dalle ultime minute della Fed di giugno, rischia di trasferirsi sulle aspettative dei mercati, peraltro spaventati dal rallentamento cinese e dal rischio Emergenti, vieppiù aumentato dopo che il dollaro si è apprezzato a causa del QE della BCE, ma soprattutto perché la zona euro, e anzi l’Europa tutta è in crisi, sempre a causa della Grecia. Insomma, la Grecia: ma davvero? No, invece il problema è la Cina, suggerisce un altro sceneggiatore, che siccome si è riempita di debiti che non sa neanche gestire, sta vivendo il dramma di un riequilibrio brutale quanto salutare. Leggi tutto |
Lelio Demichelis: Tecno-entusiasti e imbecilliTecno-entusiasti e imbecilliLelio DemichelisLasciatemi divertire con le parole, anche se diversamente da Palazzeschi. E ragionando di Eco e degli imbecilli via rete, lasciatemi partire dal famoso Apocalittici e integrati e lasciatemi ri-formulare quel titolo in altri modi (Eco, spero, mi perdonerà), ma utili al mio discorso. E dunque: libertari e solitari o sempre-connessi ma isolati; autonomi o eteronomi; amanti delle profondità o surfisti indefessi; cercatori instancabili (dubito, ergo sum) o app-isti semplificatori (credo, ergo sum); lenti e riflessivi o veloci e impulsivi/compulsivi; laici o integralisti. E si potrebbe continuare, il gioco è divertente e senza fine. E invece, fine del divertimento. Per dire subito che quelle sopra elencate (disordinatamente) sono opposizioni reali che descrivono, certo semplificandola troppo (ma non troppo, e questo era il gioco), una realtà complessa. Oggi il pensiero critico sulla rete è ancora marginale. Le retoriche e le pedagogie di integrazione/connessione e di entusiasmo sono invece più potenti che mai e si chiamano connessione in rete (ormai un dovere sociale), flessibilità di lavoro e di vita (idem), tecno-entusiasmo sempre e comunque. Se questa contrapposizione è un tranello o un errore intellettuale (è vero), ebbene (impossibile negarlo) a tenderlo sono proprio i tecno-entusiasti, i sacerdoti/inquisitori globali della evangelizzazione tecno-capitalista occidentale. La rete sarebbe una cosa bellissima e utilissima in sé se non fosse diventata ciò che è diventata (ma poteva non diventare): una grande società di massa. Leggi tutto |
Enrico Grazzini: Le illusioni europeiste della sinistra e la dittatura della UELe illusioni europeiste della sinistra e la dittatura della UEdi Enrico Grazzini
Il governo di sinistra di Alexis Tsipras, nonostante il NO al referendum, é stato costretto ad accettare un compromesso sul debito secondo molti economisti assai peggiore di quello rifiutato coraggiosamente dal popolo greco con il referendum. E' presto per un esame approfondito e definitivo dell'accordo tra la Troika e il governo socialista di Tsipras. Tuttavia sembra che l'intesa sia ampiamente insoddisfacente, che non risolverà i problemi economici della Grecia e le sofferenze inaudite della popolazione. Il governo di Berlino, guidato da Angela Merkel e dal duro ministro ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, ha confermato la linea dura dell'austerità folle e suicida, a tutti i costi. Difficilmente la Grecia si risolleverà dalla crisi. Il debito non è stato rimesso alla Grecia, nonostante le illusioni e le sciocche speranze della sinistra nostrana. La UE ha imposto la sua dittatura usuraia in Europa, e la prossima vittima sacrificale a questa politica di crisi potremmo essere noi. La sinistra ha quindi nuove ed enormi responsabilità nel contrastare la politica UE e dell'euro. Ma finora è rimasta praticamente impotente e silenziosa di fronte all'attacco europeo alle economie e alle democrazie nazionali. Solo il Movimento 5 Stelle ha denunciato ad alta voce la Unione Europea anti-democratica e la feroce gabbia dell'euro. Leggi tutto |
Andre Vltchek: Ecuador e Grecia, due lotte differentiEcuador e Grecia, due lotte differentidi Andre Vltchek
Ho anche chiesto, molto recentemente, ad Atene che cosa si sa delle rivoluzioni latinoamericane e della terribile sofferenza della gente, sofferenza che chiaramente è conseguenza delle azioni devastanti delle élite filo-occidentali in Venezuela, Ecuador, Brasile, Bolivia, persino in Argentina e in Cile. Quelle “élite” stanno tentando di far deragliare “il Processo” per conto di governi e multinazionali occidentali. Fanno esattamente quello che hanno fatto i loro predecessori in Cile, nel 1973, prima del colpo di stato contro il presidente socialista Salvador Allende: diffusione di propaganda di destra, creazione di penuria di merci e preparazione a un colpo di stato militare. Ad Atene ho riscontrato confusione, ignoranza e disinteresse. Ogni volta che ho cominciato a parlare dell’America Latina è stato subito cambiato discorso. Leggi tutto |
Pierluigi Fagan: Cambiare, tra il dire e il fareCambiare, tra il dire e il fareCambiamento politico nell’era complessaPierluigi Fagan
1. Il fronte del malcontento somma tutti coloro che per ragioni concrete (salari, lavoro) e concrete-ideali (giustizia sociale, democrazia, ecologia, sogno di un mondo migliore), soffrono una situazione particolarmente distante dalle loro aspettative. 2. Il fronte ha dunque una composizione assai variegata ed ha avuto, sino ad oggi, scarse possibilità di pesarsi ovvero di rendersi cosciente del suo peso stante che la politica, che è l’attività di conservare-cambiare lo stato di cose, richiede peso sufficiente. C’è il peso inerziale di chi vuol conservare e c’è il peso dinamico di chi le vuol cambiare. In genere, il secondo, deve superare il primo non di poco se si vuole superare l’inerzia che è lo stato naturale delle cose. Deve superarlo di non poco anche perché la messa in moto del cambiamento procederà lungo strade lunghe e tortuose. La lunghezza e la tortuosità della strada del cambiamento è un attrito e l’attrito erode massa al peso del cambiamento per cui, se non si parte da un capitale di peso politico congruo, dopo poco tempo ovvero dopo aver fatto appena l’inizio del lungo percorso, ci si ritrova senza il necessario peso politico. Leggi tutto |
Alberto Bagnai: Da Leonida a Pirro il passo è breveDa Leonida a Pirro il passo è brevedi Alberto BagnaiLa vicenda greca ha esasperato i paradossi del progetti europeo. L’europeista praticante, quello col santino di Spinelli sul cruscotto, ce l’ha menata per anni con la storia che l’euro serviva a superare i nazionalismi, che sono tanto brutti (signora mia!) perché portano le guerre. In effetti ci sono anche le guerre civili, che con gli aborriti confini nazionali poco hanno a che vedere. Ma al di là di questo dettaglio, è stato esilarante vedere ovunque questi apostoli della fratellanza universale sventolare la bandiera nazionale greca, evocare con retorica risorgimentale un vasto assortimento di fatti bellici (dalle Termopili a Maratona), e sdilinquirsi per l’orgoglio della nazione greca, che non si è piegata agli oppressori del Nord (e per questo, sia chiaro, merita il massimo rispetto). Contrastando la logica dell’austerità, ci dicono, i greci hanno salvato l’Europa, indicandole una strada alternativa, quella della crescita. Quin di un progetto nato per salvarci dai nazionalismi sarebbe stato salvato dal nazionalismo dei greci. Non vi suona un po’ strano? Prodi, poi, si è superato. Intervistato da Radio Popolare ha detto che la Grecia non uscirà, perché gli Usa lo impediranno, avendo un netto interesse geopolitico a evitare che Putin l’attiri nella sua orbita. D’altra parte, ha proseguito Prodi, è importante che l’Europa resti unita, perché solo uniti contiamo qualcosa nel mondo. Ma come? In teoria essere uniti ci serve a non essere subalterni, ma in pratica restiamo uniti solo per subalternità agli Usa, che decidono se e per quanto noi dobbiamo continuare a tenere insieme i cocci dell’euro? Leggi tutto |
Giuseppe Masala: Implicazioni geopolitiche del #GrexitImplicazioni geopolitiche del #Grexitdi Giuseppe MasalaBasta guardare una cartina per rendersi conto del disastro geostrategico che si verificherebbe con un eventuale passaggio della Grecia dal blocco occidentale a quello euroasiatico. Vediamo la cosa in pillole (senza pretese di esaustività): 1) Il mar mediterraneo orientale sarebbe totalmente in mano russa. Ricordo a tale proposito che la Russia ha anche una base navale a Tartus (Syria), e una aeronavale a Cipro (Larnaca), di fatto inoltre l’Egitto gravita sempre in orbita russa. 2) La Turchia, paese Nato fondamentale, sarebbe completamente slegato dai suoi alleati e circondato da paesi orbitanti nel blocco euroasiatico (A nord la Russia, a sud est l’Iran, a ovest la Grecia, a sud la Syria). La Turchia già è “osservatore” nel gruppo di Shangai (l’alleanza militare russo-cinese + satelliti), diciamo che questa situazione sarebbe un già forte incentivo al passaggio di campo di un paese già mezzo fuori dalla Nato). 3) Il mare Adriatico sarebbe bloccato o bloccabile con missili antinave neanche a lunga gittata (Corfù dista dalla puglia poco più di 100 km). Leggi tutto |
Comidad: La commedia degli inganni non l'ha iniziata la GreciaLa commedia degli inganni non l'ha iniziata la GreciaComidadCon il referendum di domenica scorsa, il governo greco ha guadagnato un po' di tempo. Lo stretto tempo necessario per far dimenticare alle opinioni pubbliche europee il risultato del referendum stesso; ed anche il tempo per allestire operazioni di delegittimazione morale ai danni di Syriza, magari con l'ausilio di qualche inchiesta giudiziaria. Nel Sacro Occidente si respira un dieci per cento di aria ed il novanta per cento di propaganda. Ma per il momento prosegue la navigazione a vista di Tsipras, il quale è stato gratificato da molti commentatori con i consueti luoghi comuni sull'astuzia negoziale e sul bizantinismo dei Greci. In realtà in questi decenni ad essere ingannati sono stati soprattutto i Greci. Lo sono stati insieme con altri Stati Europei, quando si è fatto credere che l'euro potesse rappresentare il grande business di una moneta di pagamento internazionale in concorrenza con il dollaro. Non solo la Grecia, ma anche altri Stati Europei hanno truccato i conti pur di entrare nel business, ma l'euro come alternativa al dollaro è rimasto una chimera. L'unico capo di Stato che aveva provato a sostituire il dollaro con l'euro nelle transazioni di petrolio, fu Saddam Hussein nel 2003, e si è visto cosa gli è capitato. L'altro inganno è stato perpetrato nel 2010, quando si è spacciato l'indebitamento con il Fondo Monetario Internazionale per una soluzione ai problemi finanziari della Grecia, mentre ora quel debito con il FMI costituisce il principale problema. L'ingresso del FMI nella crisi greca fu deciso alla fine di aprile del 2010 da Obama e dalla Merkel. Leggi tutto |
Benedetto Vecchi: Una scommessa politicaUna scommessa politicaBenedetto Vecchi
È il rischio e, cosa più importante, funzione propria della discussione pubblica far emergere punti di vista tra loro diversi e conflittuali tra loro. Carlo Formenti manifesta il fatto che il libro lo ha letto con attenzione. Di questo non posso che essere contento, indipendentemente dalla critiche dure espresse senza le odiose e talvolta ipocrite cerimonie del bon ton: i suoi argomenti vanno al di là del libro e investono il tema, caro ad entrambi, dello sviluppo di un punto di vista adeguato alla critica del capitalismo contemporaneo, dopo il lungo inverno della controrivoluzione neoliberista e della crisi radicale che ha investito i rapporti sociali emersi da quella controrivoluzione. Per questo penso che una risposta alla sue critiche possa essere espressa. Leggi tutto |
Simone Santini: Il nodo iraniano. E ora?Il nodo iraniano. E ora?Simone SantiniTutti gli analisti più attenti della questione hanno rilevato, da tempo, che il faticosissimo negoziato che ha impegnato per oltre un decennio le diplomazie non era tanto centrato sulla possibilità che l'Iran acquisisse il nucleare militare ma sul ruolo che il paese persiano doveva assumere sullo scacchiere internazionale. Perciò i termini più esatti della questione erano di ordine squisitamente politico (geopolitico) e non tecnico. Per parte americana, dalla visione di un Iran perno dell' "asse del male" si è passati ad una visione molto più pragmatica e realista. Tatticamente l'Iran diventa per Washington il partner ideale per il contenimento del pericolo jihadista, prima di Al-Qaeda, ora di Daesh (Isis), in tutta l'area tra Iraq e Siria. Il mostro islamista che gli stessi americani hanno contribuito a destare non è un robot che risponde istantaneamente ai comandi e che si possa accendere o spegnere premendo un interruttore. Sono necessari "scarponi sul terreno" che possano contrastare in profondità la sua egemonia che può anche sfuggire di mano. Gli "scarponi" oggi, se non direttamente iraniani, appartengono ad Hezbollah in Siria ed alle milizie sciite in Iraq, dunque fazioni apertamente o tendenzialmente filo-iraniane. Inoltre l'attuale Amministrazione di Washington sembra aver sposato un assetto per il Medio Oriente, tipicamente ricalcato sulle idee dello stratega di lungo corso Zbigniew Brzezinski, che punta alla creazione di un quadrilatero che formi un equilibrio di tensione tra le potenze regionali: Iran, Turchia, Israele, Arabia Saudita. Leggi tutto |
Riccardo Bellofiore: Boom Bust BoomBoom Bust BoomOvvero i Monty Python contro gli zombie della teoria economica dominanteScritto da Riccardo Bellofiore*Il film-documentario di Terry Jones (uno dei Monty
Python, regista di molti film del gruppo e
responsabile del loro stile “visuale”) e
Theo Kocken (economista, docente di Risk Management
for Institutional Investors alla VU University di
Amsterdam), Boom Bust Boom, è
stato proiettato a Bergamo lo scorso 18 maggio, in
anteprima nazionale, in una proiezione riservata agli
studenti e al personale
dell’Università di Bergamo. Queste sono le prime
impressioni dopo la visione del film-documentario,
richiestemi da Marco Palazzotto (allo
stesso Marco e ad Angelo di PalermoGrad debbo lo
stimolo iniziale e il contatto con i produttori del
film). Riprendono in forma sintetica ciò
che dissi al dibattito che dopo la proiezione ha
coinvolto anche L. Randall Wray, e che si trova on
line, naturalmente in inglese, a questo
indirizzo. |
Aldo Giannuli: Le idee di Sel per un nuovo soggetto di sinistra: zero + zero + zero + 1 sbagliatoLe idee di Sel per un nuovo soggetto di sinistra: zero + zero + zero + 1 sbagliatodi Aldo GiannuliL’assemblea nazionale di Sel ha concluso i suoi lavori lanciando l’idea di un nuovo soggetto di sinistra che raccolga i pezzi usciti dal Pd, Rifondazione, qualche fuoriuscito del M5s ecc. Una cosa totalmente nuova, che non abbiamo mai visto! La novità starebbe nel fatto che questa volta non si tratterebbe di un “improvvisato cartello elettorale” ma di un soggetto unitario, insomma un nuovo partito. Dio solo sa se non c’è bisogno di un vero partito di sinistra in questo momento, e dunque saluteremmo con grande favore la nascita di questo soggetto. Qualche giorno fa avevo detto che si poteva fare una (modesta) apertura di credito a questo tentativo di aggregazione, pur avendo bene a mente tutti i rischi di ricadere nelle terribili esperienze precedenti (Sinistra Europea, Sinistra Arcobaleno, Rivoluzione Civile, L’Altra Europa con Tsipras e così via). Devo dire che questa assemblea di Sel mi ha rafforzato tutte le perplessità ed ha parallelamente indebolito l’apertura di credito. Ora, non mi sembra che sia una idea geniale quella di far partire la cosa con un discorso di Nichi Vendola, che è un caro amico ed una bravissima persona, ma che, insomma, non mi pare sia esattamente il nuovo ed alla cui retorica siamo abbondantemente assuefatti. Sarebbe stato un po’ più credibile Fratoianni che ha un faccia un po’ più fresca. Leggi tutto |
A.Magoni, P.P.Dal Monte, U.Boghetta: Il Male della banalità: la sinistra nell’epoca del sogno europeoIl Male della banalità: la sinistra nell’epoca del sogno europeoAndrea Magoni
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Pietro Bianchi: Leggere Marx a VeneziaLeggere Marx a VeneziaEnwezor e la rappresentazione del capitalismo alla Biennale d’Arte 2015di Pietro Bianchi
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Alfonso Gianni: Il problema non è Tsipras ma questa EuropaIl problema non è Tsipras ma questa Europadi Alfonso Gianni
Persino Varoufakis, che finora aveva tenuto un profilo di grande solidarietà verso Tsipras, parte lancia in resta con argomenti non sempre comprensibili. Esisteva o no un piano B, basato su una simulazione di una fuoriuscita della Grecia dall’euro? In una intervista, quella rilasciata qualche giorno fa a newstatesman.com, l’ex ministro delle finanze ha rivelato che le divergenze nel gruppo dirigente di Syriza sono diventate evidenti subito dopo l’esito straordinario del referendum di domenica. In sostanza la contesa era attorno al modo migliore per utilizzare la nuova forza che il 61% dei No aveva conferito alla delegazione greca. Varoufakis chiedeva di reagire in modo aggressivo alla chiusura delle banche, ponendo sotto controllo la banca nazionale greca e agendo sui bond. Tuttavia lo stesso Varoufakis ammette che non era sua intenzione spingere le cose fino in fondo. La maggioranza dei presenti a quella riunione non fu d’accordo, con la motivazione, sostenuta a quanto pare in particolare da Tsipras, che per assumere quelle misure bisognava avere una capacità e una strumentazione di governo che lo stato ellenico non possiede. In sostanza per minacciare la Grexit bisogna avere poi la determinazione di operarla, se gli altri vengono a “vedere”. Altrimenti diventa un’arma spuntata. Del resto, come pure sia Tsipras che Varoufakis, hanno più volte detto, la Grexit era nelle mani dei loro avversari. In particolare dei tedeschi. Leggi tutto |
Marinella Correggia: Uscire dai #petrodollari, uscire dalle guerreUscire dai #petrodollari, uscire dalle guerredi Marinella Correggia"Per quale sortilegio la maggioranza delle nazioni è tuttora succube del dollaro, imposto da un ristretto gruppo di Stati privilegiati, onnipotenti, abituati a fare terra bruciata e guerre impunite pur di mantenerlo come moneta di riserva internazionale? Come mai questa dittatura finanziaria non è ancora stata vinta, nemmeno in un mondo sempre più – per fortuna – multipolare? Come mai se il Bhutan deve commerciare con il Vietnam – per dire -, gli tocca sempre passare per il biglietto verde? Il sortilegio si chiama: mancanza di unione. Chi negli ultimi decenni ha provato a sottrarsi a dollari e petrodollari lo ha fatto da solo e in ordine sparso, pagando dunque con la distruzione bellica, o pesanti sanzioni, o forti destabilizzazioni o tutto questo insieme. Proprio come successe al presidente rivoluzionario del Burkina Faso Thomas Sankara il quale poco prima di essere assassinato, nel 1987, aveva invano esortato gli altri capi di Stato africani: «Dobbiamo dirlo tutti insieme, che non possiamo pagare il debito. Se il Burkina Faso rifiuta da solo di pagare, io non sarò più qui alla prossima conferenza!» Infatti non ci fu. Ma torniamo al dollaro, anzi al petrodollaro e al suo rapporto con le guerre di aggressione e perfino con il terrorismo. L’analista di sistemi energetici William Clark (da non confondersi con il generale Wesley Clark) scrisse nel 2005 un prezioso libro in materia: Petrodollar Warfare, ovvero La guerra dei petrodollari. Leggi tutto |
Aldo Giannuli: Le disavventure della Brigata KalimeraLe disavventure della Brigata Kalimeradi Aldo GiannuliC’è una sinistra che non vincerà mai, anzi che merita di perdere, ed è quella che non accetta di chiamare le cose con il loro modo e di riconoscere le sconfitte. Immagino che molti sostenitori di Tsipras, siano passati, in meno di una settimana, dalla più spensierata euforia alla più cupa depressione. Vincere in modo travolgente un referendum, per poi proporre un accordo, che coincide per il 95% con le condizioni di quello rifiutato, è già cosa difficile da digerire. Ma se poi si va ad una intesa incomparabilmente peggiore, punitiva, tracotante, allora non c’è scampo e ci si arrocca nel delirio. Sul web infuria una battaglia fra i delusi di Tsipras ed i fanatici ad oltranza della Brigata Kalimera, che non si rassegnano e invocano la “vittoria morale”. Fra i primi c’è chi accusa Tsipras di tradimento, di aver giocato sporco sin dall’inizio, di essere un agente della Bce che ha raggirato il popolo con un falso referendum e questa è l’ala più genuinamente di sinistra, quelli che ci hanno creduto e si sentono traditi. Mentre la Brigata Kalimera (i neo socialdemocratici di Sel, Rifondazione, Altra Europa e moderati vari e travestiti, che giocano a fare i radicali) difende Tsipras, producendosi in spericolate arrampicate sugli specchi insaponati: c’è chi lo dipinge come un diabolico Machiavelli, che alla fine otterrà la riduzione del debito, chi esalta le sostanziose migliorie strappate (quali?), chi, con doppio salto mortale carpiato, tenta di dimostrare che il referendum voleva la permanenza nell’Euro e questo è stato ottenuto. Leggi tutto |
Emiliano Brancaccio: Serve un “piano B”, la sinistra impari dalla débâcle di TsiprasServe un “piano B”, la sinistra impari dalla débâcle di TsiprasG. Russo Spena intervista Emiliano BrancaccioPer l’economista la debacle greca insegna che bisogna mettere da parte la retorica europeista e globalista e predisporre una visione alternativa, un “nuovo internazionalismo del lavoro”. E sulla Grexit replica al premier ellenico che ha denunciato il mancato aiuto di Stati Uniti, Russia e Cina: “Se vero, significa che i grandi attori del mondo hanno scelto di non interferire più di tanto negli affari europei, lasceranno che l’Unione monetaria imploda per le sue contraddizioni interne”
Professore, alla vigilia delle ultime elezioni europee Lei rifiutò una candidatura a capolista dell’Altra Europa con Tsipras. Adesso che il leader ellenico ha accettato l’ultimatum dei creditori, in molti – scendendo repentinamente dal carro del vincitore – sono tornati sulla sua scelta di allora, ritenendola lungimirante. È veramente così? È un modo malizioso di interpretare quella mia decisione. All’epoca rifiutai la candidatura per ragioni professionali, non politiche. È vero tuttavia che fin dall’inizio dell’ascesa di Tsipras ho criticato l’idea che una vittoria della sinistra in Grecia potesse imprimere una reale svolta agli indirizzi di politica economica dell’Unione. Tsipras ha contribuito ad alimentare questa speranza, e oggi ne paga le conseguenze. Leggi tutto |
Franco Berardi Bifo: Di lavoro non ce n’è più bisognoDi lavoro non ce n’è più bisognodi Franco Berardi Bifo
Vi pare una cosa buona o cattiva? A me pare una cosa buonissima se gli operai hanno la forza (e a quel tempo ce l’avevano perbacco) di ridurre l’orario di lavoro a parità di salario. Una cosa pessima se i sindacati si oppongono all’innovazione e difendono il posto di lavoro senza capire che la tecnologia cambia tutto e di lavoro non ce n’è più bisogno. Quella volta purtroppo i sindacati credettero che la tecnologia fosse un nemico dal quale occorreva difendersi. Occuparono la fabbrica per difendere il posto di lavoro e il risultato prevedibilmente fu che gli operai persero tutto. Leggi tutto |
∫connessioni precarie: L’estate del nostro sconcertoL’estate del nostro sconcertoLa Grecia, l’Europa e le lotte transnazionali∫connessioni precarie
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Alessandra Daniele: Uscita d’emergenzaUscita d’emergenzadi Alessandra DanieleLa voce del computer di bordo scandisce: – Apertura del portellone fra tre minuti. L’astronauta dell’Eurospace controlla perplessa i
dati sullo schermo. L’astronauta armeggia freneticamente col pannello comandi. Leggi tutto |
Paolo Favilli: Oggi in Grecia, domani in ItaliaOggi in Grecia, domani in Italiadi Paolo Favilli«Oggi in Grecia domani in Italia»: la tentazione di parafrasare il titolo di un libro (Oggi in Spagna domani in Italia, di Carlo Rosselli) nonostante la distanza del tempo e dei contesti, può rispondere anche a ragioni che non si esauriscono soltanto nel fatto che si tratta di un testo particolarmente evocativo di suggestioni comparative. Alcune della suggestioni sono anche indicative per questo nostro presente italiano in cerca si un soggetto politico-sociale capace di vera resistenza. «La rivoluzione spagnola è la nostra rivoluzione», scrive Rosselli, una «rivoluzione sociale che ha ormai per sé tutto: la ragione, la storia, la giustizia, il diritto democratico». Non c’è nessuna «rivoluzione sociale» oggi in Grecia, ma c’è comunque un episodio paradigmatico della forma odierna assunta dalla lotta di classe. Una forma aspra, durissima che ha prodotto però una resistenza passibile di futuro. Ancora Rosselli: «Noi non siamo dei vinti, siamo dei combattenti». Eppure gli antifascisti italiani, tedeschi…ecc. erano stati sconfitti e dispersi. In Grecia gli sconfitti del lungo ciclo di accumulazione capitalistica in atto stanno dimostrando di essere dei «combattenti». Sempre nel libro in questione scrive Rosselli: «Nella lotta politica non è sufficiente aver ragione in teoria. Bisogna averla in pratica. Bisogna dare armi alla ragione, renderla militante». Sul piano dell’analisi teorica esiste ormai una vastissima letteratura di riferimento a carattere economico, sociologico, antropologico, storico… i cui risultati, difficilmente controvertibili, hanno fatto da tempo giustizia dell’ideologia della fine della lotta di classe. La vicenda greca ha spazzato via il mascheramento ideologico dalla pratica politica. Ha reso militanti le ragioni, le ottime ragioni, della teoria. Leggi tutto |
Raffaele Sciortino: Grexit: primo attoGrexit: primo attodi Raffaele Sciortino
In effetti, a un minimo di considerazione realistica ciò che dovrebbe saltare agli occhi è che le condizioni del diktat europeo sono semplicemente inattuabili. Inattuabili per le prevedibili conseguenze sociali e politiche della “curatela” (così la Faz) imposta. Perché il “piano di investimenti” che Tsipras avrebbe strappato è una bufala - per poter investire un miliardo di euro, la Grecia dovrà prima cederne qualcosa come venticinque in asset pubblici pro banche e interessi, alla faccia della “crescita”. Leggi tutto |
Giulietto Chiesa: 'Propaganda russa': il nuovo fantasma che si aggira per l'Europa'Propaganda russa': il nuovo fantasma che si aggira per l'Europadi Giulietto Chiesa
Certo non è sempre possibile usare mezzi così sbrigativi. Ma li si può sostituire con qualche centinaio di valigie piene di dollari nuovi di zecca. Fanno meno morti e funzionano molto bene. Tuttavia il fantasma attuale è molto più insidioso. Federica Mogherini, istruita dai suoi uffici di Bruxelles, ha dato avvio alla controffensiva contro il fantasma. Leggi tutto |
Diego Giachetti: Possano le generazioni future…Possano le generazioni future…di Diego GiachettiÈ uscito “La vita è bella”, di Leon Trotsky, Chiarelettere, Milano 2015 Un “piccolo” “grande” Trotsky quello riportato alla luce nella succinta antologia pubblicata dalla casa editrice Chiarelettere (Leon Trotsky, La vita è bella, Milano 2015) in coincidenza con i settantacinque anni dell’assassinio del protagonista, ad opera di un agente inviato da Stalin (21 agosto 1940). Gli scritti spaziano da riflessioni sulla rivoluzione con particolare attenzione all’individuo, ai cambiamenti che si devono operare nella vita quotidiana, nelle “inezie” della vita sociale: essere più educati e cortesi, aver cura di se stessi e delle proprie cose, favorire la nascita di un linguaggio colto, perché la rivoluzione è prima di tutto un risveglio della personalità umana, «si contraddistingue per il crescente rispetto della dignità personale di ogni individuo». Una rivoluzione non è tale se non presta attenzione ai deboli, se non aiuta i bambini, le madri, la donna, se non combatte il patriarcato, tutti quegli elementi che opprimono, quanto quelli economici e sociali, il libero sviluppo della personalità in tutti i suoi aspetti. Erano tutti elementi posti in essere dalla rivoluzione bolscevica, ben presto soffocati dalla controrivoluzione burocratica, totalitaria dello stalinismo contro il quale Trotsky continuò la sua battaglia puntando sulla necessità di una nuova rivoluzione politica in Unione Sovietica, per liberarla dal giogo oppressivo della dittatura burocratica, per ridare dignità alla persona. Lo Stato stalinista infatti offendeva l’umanità, colpendola nel suo lato più debole: i familiari, gli amici, i figli e i nipoti. Oltre ai milioni di persone che morirono o furono ridotte in schiavitù decine di milioni di individui, i parenti delle vittime di Stalin, ebbero la vita segnata in modo devastante, con profonde conseguenze sociali. Leggi tutto |
James K. Galbraith: «Per Syriza missione impossibile»«Per Syriza missione impossibile»Thomas Fazi intervista James K. GalbraithSecondo l’economista, amico e "consigliere" di Varoufakis, la sinistra non può cambiare l’Europa. Uscire dall'euro sarebbe doloroso, ma rimanerci a queste condizioni è inaccettabile James K. Galbraith, amico e «consigliere» dell’ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, riflette sul fallimento della politica riformista di Syriza e sulla lezione che questo rappresenta per la sinistra europea.
Come giudica l’accordo raggiunto tra Grecia e Ue? Non è un accordo. È un brutale colpo di stato ottenuto con metodi mafiosi. Lo stesso Tsipras ha ammesso che ha firmato solo perché si è trovato con un coltello alla gola.
Che alternative aveva il governo greco? Dentro l’eurozona, nessuna. L’unica alternativa era l’uscita dall’euro.
Tsipras ha difeso la sua decisione sostenendo che un’uscita unilaterale dall’eurozona avrebbe avuto conseguenze ancora più serie sul paese. È una decisione che spetta a lui, e capisco perché possa pensarla così. Ma ritengo che sia male informato.
Quindi lei ritiene che a questo punto un’uscita dall’euro sarebbe la scelta migliore per la Grecia? È ovvio che un’uscita avrebbe dei costi significativi. Ma se fossi un membro del parlamento greco sarei al fianco di Varoufakis e voterei anch’io «no» a questo accordo.
In quanto consigliere ed amico stretto di Varoufakis lei ha seguito i negoziati molto da vicino. Ritiene che una strategia diversa da parte della Grecia avrebbe potuto determinare un esito migliore? A un certo punto nel corso dei negoziati è diventato evidente che la troika non aveva nessuna intenzione di trattare e non avrebbe accettato niente all’infuori di una riproposizione del vecchio Memorandum. La Grecia ha senz’altro sottovalutato con chi aveva a che fare. Prendiamo Schäuble: subito dopo la vittoria di Syriza dichiarò che «le elezioni non fanno alcuna differenza». Molti al tempo pensavano che scherzasse. E invece ha mantenuto quella linea fino alla fine. In quelle condizioni, l’unica cosa che poteva fare la Grecia era costringere l’avversario a venire allo scoperto, smascherandolo. E ci è riuscita.
Lei è stato molto critico nei confronti del comportamento tenuto dalla Bce. Certamente. La scelta della Bce di assumere il ruolo di “scagnozzo” dei creditori – sottoponendo la Grecia a una lenta asfissia finanziaria che ha destabilizzato l’economia e messo in ginocchio il sistema bancario – è stato un atto di brutalità inaudita, senza precedenti, che solleva moltissimi dubbi sull’integrità di quell’istituzione. La pressione esercitata dalla Bce è il motivo principale per cui Tsipras è stato costretto ad accettare le condizioni imposte dalla troika.
Ritiene che il governo greco sia stato ingenuo nel cercare fino alla fine di giungere a un «compromesso onorevole», quando evidentemente la controparte non aveva nessuna intenzione di scendere a compromessi, al punto di arrivare addirittura a minacciare il Grexit? No, non credo. Il governo greco ha fatto l’unica cosa che poteva fare, visto che non aveva altre carte da giocarsi: presentare le proprie argomentazioni nella maniera più chiara e logica possibile, sperando che la ragione e il buon senso avessero qualche effetto sulla controparte. Penso che questa strategia abbia avuto un impatto enorme sull’opinione pubblica europea. Purtroppo non ha influito minimamente sui rapporti di forza in seno all’Europa. Non è stata una strategia ingenua: è stata una strategia dettata dallo squilibrio di forze in campo.
Ritiene che la Grecia avrebbe dovuto giocarsi la carta del «Grexit» fin dal principio? Non è detto che questo avrebbe rafforzato la posizione negoziale di Syriza. Primo, avrebbe voluto tradire il mandato elettorale di Syriza. Secondo, bisogna tenere presente che era chiaro fin dall’inizio che una parte dell’establishment tedesco vedeva di buon occhio il Grexit. Dunque non c’è motivo di ritenere che minacciare esplicitamente l’uscita avrebbe migliorato la posizione di Syriza o costretto gli europei a più miti consigli. Il punto è che quello di Syriza è stato un test: vedere se una strategia basata su argomentazioni logiche, sulla ragione e sui fatti – tesa a dimostrare l’evidente fallimento delle politiche economiche perseguite finora – poteva prevalere all’interno dell’eurozona, alla luce delle posizioni politiche ed ideologiche degli altri partner. Questo è quello che ha cercato di fare Tsipras, con le uniche armi a sua disposizione: il buon senso e la ragione. Ma quelle armi non hanno avuto effetto. Questo deve indurci a fare una riflessione molto profonda su quello che è diventata l’Europa.
Quale pensa che sia la lezione che gli altri movimenti e partiti della sinistra in Europa dovrebbero trarre dalla vicenda di Syriza? Tutta la strategia di Syriza era basata su un’incognita: può un paese che ha pagato sulla propria pelle il drammatico fallimento delle politiche europee sperare di cambiare quelle politiche all’interno della cornice dell’eurozona? Bene, penso che la risposta a quella domanda sia evidente a tutti.
Non ritiene che una strategia improntata alla riforma dell’Ue e dell’eurozona avrebbe qualche speranza di successo in più se a portarla avanti fosse un partito politico alla guida di un paese economicamente e politicamente più rilevante come, per esempio, la Spagna? Sta all’elettorato spagnolo decidere se tentare la strada greca o meno. Al loro posto, io non sceglierei quella strada. Non penso che sarebbe una posizione facile da vendere agli elettori, alla luce della vicenda greca. Anche perché ormai la posizione dei creditori la conosciamo bene, ed è incredibilmente rigida: niente taglio del debito e nessuna deviazione dalle politiche di austerità estrema che abbiamo visto finora.
Come reagirebbe l’establishment europeo alla vittoria di un partito come Syriza in un altro paese della periferia, secondo lei? Assisteremmo alla stessa semi-automatica sequenza di eventi a cui abbiamo assistito in Grecia: per prima cosa le banche del Nord comincerebbero a tagliare le linee di credito alle banche del Sud. A quel punto dovrebbe intervenire la Bce con la liquidità di emergenza. Questo spingerebbe la gente a portare i capitali fuori dal paese, e in poco tempo il governo si ritroverebbe a gestire una crisi bancaria. Va da sé che se questo avvenisse in un paese come la Spagna o l’Italia, avrebbe ripercussioni infinitamente più gravi di quello a cui abbiamo assistito in Grecia. Qualunque partito di sinistra che aspiri a governare un paese europeo deve essere preparato a questo. |
Militant: La sinistra assente di Domenico LosurdoLa sinistra assente di Domenico LosurdoMilitant
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Lelio Demichelis: Nel tempo della minoritàNel tempo della minoritàLelio Demichelis
Di più: sono morte le ideologie del Novecento, ma anche le utopie e persino le idee; la lotta di classe l’hanno vinta i ricchi e si è azzerata ogni capacità (specie a sinistra) di innovazione politica, mentre si è dominati dall’imperativo dell’innovazione tecnologica – e l’unica immaginazione al potere è oggi quella di dover diventare uomini economici la cui vocazione (beruf) deve essere quella di adattarsi al mercato e di connettersi in rete, mentre «la flessibilità deve entrare nel Dna delle persone» (Mario Draghi). Condizione esistenziale tristissima e devastante per società e democrazia. Qui parliamo allora di tre libri, diversi ma tutti importanti per comprendere la nostra condizione (dis)umana nell’epoca del capitalismo tecnologico globalizzato. Pubblicati da Laterza nella nuova e benvenuta collana «Solaris». Leggi tutto |
Christian Laval: Avviso ai leader europei: bisogna abolire la democraziaAvviso ai leader europei: bisogna abolire la democraziadi Christian LavalA commento dell’
“accordo” con cui le
istituzioni di Bruxelles e un Eurogruppo a
trazione tedesca hanno nuovamente imposto la
teologia del debito e un umiliante regime
dell’austerity
alle forze sociali greche che, alla ricerca di una
via di uscita dalla barbarie, avevano osato
pronunciarsi con un sonoro “No” contro il
comando finanziario, pubblichiamo questo articolo
del filosofo e sociologo Christian Laval. Laval
denuncia la volontà ormai dichiarata di
sopprimere ciò che resta di pericolosamente
democratico nel contesto della post-democrazia
europea: una “democrazia del debito” che
pur mantenendo le forme democratiche ne svuota
implacabilmente la sostanza. Laval è autore di molti
rilevanti studi. Tra gli altri,
insieme a Pierre Dardot, ricordiamo gli importanti
La nuova
ragione del mondo. Critica della razionalità
neoliberista, Roma, Derive Approdi, 2013 e Del comune, o della rivoluzione
nel XXI secolo, Roma, Derive Approdi, 2015,
lavori fondamentali per la comprensione della
razionalità neoliberale e per la ricerca
collettiva di nuove forme possibili della
democrazia [a. s.]. A sentire le voci dominanti nei media europei e nelle sfere politiche delle élites, ci si può domandare se la democrazia, nella sua versione più classicamente istituzionale, non sia diventata un ingombrante retaggio del passato che converrebbe definitivamente eliminare per lasciar posto al governo degli “adulti”, secondo la felice espressione di Madame Christine Lagarde, la “patrona” del Fondo Monetario Internazionale. Leggi tutto |
Gabriele Battaglia: Ma è proprio lo scoppio della bolla cinese?Ma è proprio lo scoppio della bolla cinese?di Gabriele Battaglia“Ma tu credi ancora ai giornali occidentali?” Così mi ha risposto un’amica cinese quando le ho chiesto come se la passassero le sue azioni, dato che qualche tempo fa mi aveva confessato di giocare in borsa da circa vent’anni. Lei è una “gnoma”, una di quei 90 milioni di piccoli azionisti (due milioni in più degli iscritti al Partito comunista) che movimentano quotidianamente le borse di Shanghai e Shenzhen. Se vi aggiungiamo anche Hong Kong, è con 14mila miliardi di dollari il secondo mercato azionario più grande del mondo in termini di volume di scambi annuo (dopo gli Usa).
Volatilità o scoppio? Non che una persona faccia testo, ma è forte l’impressione che ciò che dalle nostre parti è stato scambiato per avvisaglia dello scoppio della bolla cinese, sia stato in realtà semplice volatilità. Accentuata, ma pur sempre volatilità. A confermare questa impressione, ci sono anche le chiacchiere scambiate con due “esperti”: il responsabile del centro ricerche per la Cina di un grande istituto di credito europeo e il chief economist di una istituzione finanziaria sovranazionale asiatica (scusate la vaghezza, ma questi tipi chiedono quasi sempre garanzia di anonimato). Anche loro parlano di semplice “volatilità”, dicendosi in realtà molto più preoccupati del progetto bicefalo di nuova “Via della Seta”: la prima grande proposta geopolitica che la Cina fa al mondo almeno dai tempi della dinastia Ming ma, secondo loro, qualcosa di cui non si vede la razionalità economica. Un’idea che forse non esiste neppure, se non negli slogan. Ma è un altro discorso. Torniamo in borsa. Leggi tutto |
Marino Badiale, Fabrizio Tringali: Lettera aperta agli amici sonnambuliLettera aperta agli amici sonnambuliMarino Badiale, Fabrizio TringaliÈ evidente a tutti che la fine drammatica dell'esperienza del governo Syriza è uno spartiacque. Essa infatti rappresenta la verifica concreta, l'experimentum crucis che decide se una strategia politica sia valida oppure no. Non è difficile, se si ha onestà intellettuale, trarne le necessarie conseguenze. Proviamo a farlo in questa lettera aperta. Gli “amici sonnambuli” ai quali è indirizzata sono le tante persone del mondo “antisistemico” che in questi anni hanno protestato contro le politiche autoritarie e di austerità dei ceti dominanti, rifiutando però di porre la questione politica dell'uscita dell'Italia dal sistema euro/UE. La proposta dell'uscita veniva tacciata in questi ambienti di “nazionalismo”, e contro di essa veniva evocata la necessità della lotta unitaria dei ceti popolari europei. Speriamo che la triste vicenda greca serva almeno a favorire un'ampia presa di coscienza su quali siano i nodi politici reali da affrontare in questo momento storico, se non si vuole soccombere. Cerchiamo di riassumere i punti fondamentali della questione.
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Il sistema euro/UE è irriformabile. La strategia di Tsipras era quella di lottare, all'interno del sistema euro/UE, per strappare un compromesso avanzato, che permettesse al suo governo di porre fine alle politiche di austerità. Leggi tutto |
Lucia Pradella: C'è una logica in questa folliaC'è una logica in questa folliaCrisi nell'UE e riassetto dell'industria mondialeLucia Pradella
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Bruno Ballardini: ISIS. Il marketing dell’ApocalisseISIS. Il marketing dell’Apocalissedi Bruno BallardiniPubblichiamo su Critica Impura, per gentile concessione dell’Autore, l’introduzione completa dell’ultimo volume di Bruno Ballardini intitolato “ISIS. Il marketing dell’Apocalisse” (Baldini & Castoldi 2015)
Nulla è come appare. Mai. Nemmeno questo libro. Nonostante le apparenze, infatti, ciò che state per leggere non riguarda l’ISIS, e nemmeno quello che c’è dietro. Questo libro è prima di tutto un atto d’accusa verso il modo in cui la rete – che avrebbe dovuto portare democrazia, risvegliare le coscienze, liberare l’umanità – si sia trasformata nel più efficace dispositivo per controllare, manipolare, deformare la realtà e, in definitiva, dominare grandi masse orientandone le scelte. Sul piano mediatico l’ISIS rappresenta in un certo senso l’11 settembre di Internet, la prima grande sconfitta della rete, così come l’attacco alle Torri Gemelle e ciò che ne è seguito hanno segnato la sconfitta della televisione e la morte del giornalismo televisivo. Perché se è relativamente semplice contrastare il terrorismo da un punto di vista «tecnico» (basta eliminarlo), non esiste ancora nessun modo per difenderci dalla disinformazione e dalla manipolazione che avvengono attraverso Internet. Nessun modo per arginare i danni che provoca. È questo il vero disastro portato dalla tanto santificata «democrazia digitale» e dai social network. «Ti sei mai accorto delle enormi opportunità che un campo di battaglia offre ai bugiardi?» disse una volta il generale confederato Stonewall Jackson a un suo aiutante di campo durante la guerra civile americana[1]. A maggior ragione questo vale in un campo di battaglia virtuale. Soltanto vent’anni fa, l’avvento di Internet veniva salutato dai primi profeti come l’inizio di una nuova era per la nostra civiltà. Leggi tutto |
Rodolfo Ricci: Fuori dall’Euro c’è l’Europa (e la democrazia)Fuori dall’Euro c’è l’Europa (e la democrazia)di Rodolfo Ricci
Il punto essenziale da comprendere è cos’è l’Euro tecnicamente e le sue implicazioni e conseguenze politiche L’Euro è la prima importante moneta della storia che non viene emessa da uno stato sovrano, ma che riassume un paniere di monete nazionali in un rapporto di cambi fissi, le cui percentuali nazionali sono individuabili nella percentuale di controllo della BCE da parte delle rispettive banche centrali dei singoli paesi. Leggi tutto |
Andrea Fumagalli: Diario della crisi infinitaDiario della crisi infinitaAndrea FumagalliLa conclusione della trattativa tra Grecia e Troika mostra in modo lampante come la governance economica del capitalismo contemporaneo sia quasi esclusivamente governance bio-politica. Una governance che segue un principio di razionalità che nulla o poco ha che fare con quella razionalità dell’homo oeconomicus che viene ritenuta alla base di qualsiasi scelta economica efficiente e continuamente sbandierata dai manuali di economia politica, dalla stampa e dagli stessi politici di governo per giustificare decisioni che di economico hanno invece ben poco. Prendiamo ad esempio le richieste che, con una pistola puntata alla tempia, sono state imposte alla Grecia per allentare il cappio della stretta della liquidità: 3,5% di avanzo primario per i prossimi 10 anni, 50 miliardi di fondo di garanzia per privatizzare, smantellare e mettere da parte le risorse per ripagare il debito. Una banale logica economica e contabile, condita con matematica elementare, ci potrebbe mostrare che tale obiettivo non potrà mai essere perseguito. La spiegazione è sempre la stessa: se vuoi ridurre un rapporto (in questo caso il rapporto debito/Pil) può sembrare logico intervenire sul numeratore (quindi riduzione della spesa pubblica e aumento delle tasse – ma solo quelle regressive in modo da non penalizzare troppo i ceti più ricchi). Ma se l’effetto collaterale è ridurre anche il denominatore, cioè il Pil, in modo più che proporzionale (in seguito al demoltiplicatore del reddito), è chiaro che il rapporto non potrà mai diminuire. Leggi tutto |
Comidad: Il FMI ed il suo businnes del default cronicoIl FMI ed il suo businnes del default cronicoComidadUno dei maggiori punti di forza del potere è quello di riuscire ad essere sempre più squallido dell'immaginabile. Più di un osservatore aveva notato che la "riforma" della Scuola targata Renzi non è altro che una legge di spesa con una delega in bianco al governo. Decine e decine di pagine fumose e di paradossi giuridici non riescono a nascondere l'unico dato concreto, cioè che alcuni miliardi (non si capisce bene quanti) vengono stanziati e, in base all'articolo 22, il governo ne farà ciò che vorrà nei prossimi mesi. Sarebbe bastato questo per giustificare ogni opposizione; ma è già il termine "opposizione" a presentarsi aleatorio. Quello del potente è il mestiere più facile del mondo, poiché tutto viene affrontato dietro il comodo paravento del vittimismo, perciò ogni obiezione ed ogni perplessità vengono fatte passare per opposizioni, per sabotaggi, per "remare contro". La vera opposizione l'ha fatta il governo, che ha preventivamente criminalizzato i sindacati ed il personale della Scuola. I sindacati avrebbero voluto collaborare alla "riforma", ma non gli è stato concesso. Dato che la posizione di "oppositore" non è affatto una scelta, ma l'effetto di un'esclusione, è molto facile cadere nella trappola della "propositività". Invece di limitarsi a constatare il carattere vuoto e depistante di slogan come "aziendalizzazione", gli si sono contrapposte delle parole evocative come "democrazia" e "Costituzione", in nome del consueto "animabellismo" a cui gli oppositori sono condannati per cercare di fare bella figura davanti all'opinione pubblica. Leggi tutto |
Guglielmo Forges Davanzati: La crisi greca e l'Europa delle diseguaglianzeLa crisi greca e l'Europa delle diseguaglianzedi Guglielmo Forges DavanzatiLa gran parte delle analisi sulla crisi greca, soprattutto nei media italiani, si è concentrata sull’andamento delle trattative fra il Governo greco e le istituzioni europee, e – schematicamente – il dibattito è sostanzialmente ruotato intorno alla domanda se l’intransigenza tedesca sia opportuna o meno, ovvero se i greci debbano o meno continuare a fare “riforme”. L’accordo recentemente raggiunto configura di fatto una resa incondizionata del Governo Tsipras, sui cui sviluppi è impossibile esprimersi, anche considerando che molte delle ‘raccomandazioni’ contenute nel documento approvato sono assolutamente inattuabili. Ed è un accordo probabilmente non conclusivo della vicenda. La crisi greca può essere forse meglio compresa se inquadrata innanzitutto all’interno di una cornice più ampia, che parta dalla constatazione che l’attuale configurazione delle economie capitalistiche è essenzialmente caratterizzata da forti e crescenti diseguaglianze della distribuzione dei redditi [1]. Con la massima schematizzazione, si può rilevare che
ciò che qualche anno fa era definita crisi globale è
oggi essenzialmente
crisi europea ed è tale proprio nell’area nella quale
trovano la loro massima legittimazione le politiche
‘neoliberiste’, in una condizione di continuo
aumento dei debiti pubblici dei Paesi aderenti (e, nel
caso greco, di sostanziale insolvenza). |
Alessandro Gilioli: La Troika, il 2011 e l'ItaliaLa Troika, il 2011 e l'Italiadi Alessandro Gilioli
In parte, i berlusconiani hanno ragione. Nel senso che il 2011 è stato l'anno dirimente per l'Italia, quello in cui i mercati e la Troika hanno imposto il cambio di governo. E a pagarne le conseguenze politiche è stato anche l'allora premier. Tuttavia consiglio a tutti di mettere bene in fila i fatti di quell'anno per provare a capire cos'è successo davvero: quali paure avevano i vaporieri della Ue rigorista e quali strategie hanno messo in campo. Evitando ogni complottismo e ogni cospirazionismo, certo: ma senza nemmeno mettersi le fette di salame sugli occhi rispetto alle pressioni politiche internazionali che - come mi pare acclarato negli ultimi giorni - esistono eccome. (post lunghetto) Per capire bene cosa successe in Italia, anzitutto, bisogna calarsi il più possibile in quel periodo, al netto delle vicende successive: ad esempio, oggi sembra quasi ridicolo pensare che la Troika potesse temere (anche) uno come Nichi Vendola, ma nel 2011 la paura di un'uscita a sinistra dell'Italia dal berlusconismo era invece piuttosto forte, quasi come oggi quella verso Podemos. Leggi tutto |
Spartaco A. Puttini: Tragedia grecaTragedia grecadi Spartaco A. PuttiniUn'altra Unione europea non è possibile. L’uscita della Grecia prossima ventura
E’ stata una lezione di democrazia. E’ stato anche un risultato simbolicamente rilevante e spendibile per tutti coloro che aspirano a voltare pagina e in politica, si sa, i simboli hanno il loro peso. Tuttavia il punto è un altro: è essere conseguenti, come le drammatiche vicende successive della politica greca stanno dimostrando, con la tragica resa della democrazia al mercato e di Tsipras alla troika.
Un’altra Unione europea non è possibile Tsipras e Syriza hanno costruito il loro successo politico sulla promessa di un’altra Europa (cioè un’altra Ue) possibile, cioè sull’ipotesi di tenersi l’euro rigettando le politiche di austerità. Questo ha consentito alla sinistra radicale greca di intercettare i voti in fuga dal Pasok, elettori che, come ha notato Halévy, erano stati assuefatti da decenni di propaganda europeista e non erano maturi per la scelta più consapevole rappresentata dal KKE (e non solo per i limiti tattici che possono essere imputati ai comunisti greci) [1]. Leggi tutto |
Edoardo Greblo: Il paradosso del demos (tra legittimità democratica e legittimazione storica)Il paradosso del demos (tra legittimità democratica e legittimazione storica)di Edoardo GrebloFin dalla sua nascita la teoria democratica si è confrontata con un grave paradosso: la democrazia non riesce a permeare di sé il processo stesso della sua costituzione. Tuttavia, solo recentemente, in connessione con l'emergere della globalizzazione e l'esplosione del fenomeno migratorio, tale paradosso si è venuto ponendo come una questione cruciale per la riflessione normativa
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Enrico Galavotti: Il Marx di Diego FusaroIl Marx di Diego FusaroEnrico Galavotti
Vogliamo sottolineare la qualifica di "economista" perché è in questo ruolo che Marx ha dato il meglio di sé, checché ne pensi Fusaro, che invece lo preferisce di più nei panni del "filosofo" o in quelli del "filosofo dell'economia", rischiando così pericolosamente di darne un'interpretazione influenzata dall'hegelismo, come d'altra parte fece uno dei suoi principali maestri, Costanzo Preve. La vera grandezza di Marx sta invece proprio in questo, nell'aver distrutto il primato della filosofia, facendo dell'economia politica una vera scienza, e non una semplice ideologia al servizio della borghesia, com'era, in particolar modo, quella elaborata in Inghilterra, in cui dominava l'idea di considerare il capitalismo un fenomeno di tipo "naturale" e non "storico", ovvero come un evento destinato a durare in eterno e non a essere superato da una società di tipo comunista. Per l'ultimo Marx, quello interessato all'antropologia, il comunismo altro non sarebbe stato che un ritorno al comunismo primitivo in forme e modi infinitamente più evoluti, in quanto scienza e tecnica avrebbero giocato un ruolo di rilievo, assolutamente più democratico di quello che svolgono in un contesto dominato dall'antagonismo tra capitale e lavoro. Leggi tutto |
Marco Palazzotto: Grecia: la lotta continua se c'è il piano BGrecia: la lotta continua se c'è il piano Bdi Marco Palazzotto
Parto subito con i due problemi principali che trovo nell’articolo appena citato e che pare rappresentino elementi comuni alle diverse anime di quel che rimane della sinistra nostrana. I due problemi principali riguardano: 1. la dimensione geografica e sociale dell’organizzazione di una forza politica di sinistra in grado di contrastare l’attuale potere europeo; 2. le conseguenti politiche economiche da attuare per cercare di rendere più decente la vita di milioni di uomini e donne in Europa, oggi povere o al limite della povertà a causa anche dell’austerity. Leggi tutto |
Militant: L’impotenza di fronte al degrado di RomaL’impotenza di fronte al degrado di Romadi MilitantIl degrado cittadino è tanto palese quanto la ritrosia della sinistra radicale nel farci i conti. Da mesi sopravvive un Comune che non ha più ragion d’essere; da anni la città vive un declino sociale che non ha pari nella storia recente della città. Un declino che è stato appaltato alla narrazione di “Romafaschifo”, alle inchieste del Corriere, alle indignazioni dei fogli del regime palazzinaro Messaggero e Il Tempo, alle piccole costanti vandee quotidiane di una plebe romana votata alla reazione contro il bersaglio facile, immediato, che sia l’immigrato o l’autista Atac di turno. Tutti parlano, per lo più a sproposito, sentono in dovere di dire la propria sul tragico declino romano, tranne la sinistra, che sul tema riesce ad assumere un atteggiamento di altezzosa distanza culturale davvero inspiegabile, una dichiarazione di resa culturale e politica anche qui senza precedenti. E non parliamo dell’a-sinistra delle cosche politiche cittadine, quella lottizzata del Pd o di Sel, della fu Rifondazione e altri piccoli e grandi gruppi di potere territoriale, ma della nostra sinistra, quella dei movimenti sociali, dei collettivi politici, dei sindacati conflittuali, dei centri sociali. Le denunce di “Romafaschifo”? Tutta melma reazionaria; gli autobus che non passano? Non è un problema che ci riguarda; la sporcizia invadente? Sono ben altri i problemi della città; il traffico caotico ad ogni ora del giorno? Comprati la bici. E così via, voltandosi dall’altra parte pur di non fare i conti con la propria incapacità di esprimere un punto di vista generale sulle cose che sappia affrontare anche questi temi. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: Erri De Luca, l’alienazione dell’ereticoErri De Luca, l’alienazione dell’ereticodi ilsimplicissimusL’effetto più stupefacente e in qualche modo grottesco della religione liberista è l’alienazione o meglio l’estraniazione in senso hegeliano non solo dalla dimensione della speranza e del progetto, ossia del futuro, ma anche dalla conoscenza dell’eterno presente che ci viene imposto. Esso in quanto espressione dell’unica verità del mercato, va venerato e “pregato” attraverso il consumo facendo della nostra dimensione desiderante l’unica possibile, ma non va indagato nel suo complesso perché questo si rivelerebbe pericoloso per il culto. Ovviamente le eresie sono inevitabili e vengono punite, ma nel complesso sono tollerate come strumento di sfogo, purché non mettano in discussione l’esistenza dell’Ente supremo, la mano invisibile che dall’alto dei cieli governa il pianeta. Si potrebbero fare migliaia di esempi, costruire un’intera enciclopedia britannica dell’alienazione contemporanea, ma ce ne si può fare una chiara idea prendendo ad esempio un notissimo eretico, tanto eretico da rischiare una condanna per terrorismo per ciò che ha detto sulla Tav. Sì, parlo di Erri De Luca, il quale sa cosa voglia dire opporsi agli affari e agli imperativi del mercato. Tuttavia quando si arriva al cuore della questione, al nodo gordiano della “parola contraria”, alla sacra arca della diseguaglianza si tira indietro e parlando intorno alla questione greca dice: “Non esiste alternativa all’euro e nemmeno all’Europa”. Perché? De Luca non spiega questo passo teologico se non attraverso un elenco che sembra tratto dalla scolastica medioevale la quale si riprometteva di spiegare la fede con la ragione, ma non faceva altro che piegare la ragione alla fede: “Non c’era piano B all’infuori di un ritorno alla dracma, una sospensione dall’euro che avrebbe subito dimezzato il potere di acquisto, dunque affondato la Grecia nell’abisso argentino di anni fa”. Leggi tutto |
Fabio Ciabatti: Podemos, il capitalismo e la fine del mondoPodemos, il capitalismo e la fine del mondodi Fabio Ciabatti
A scanso di equivoci il ritorno di un orientamento realistico, dopo anni in cui la sinistra non istituzionale si è limitata a un approccio meramente etico o a un velleitarismo estremistico, può essere un fattore positivo. Soprattutto perché significa tornare a confrontarsi con il tema del potere e della sua conquista da parte di un partito che rappresenta una delle novità di maggior rilievo nel panorama politico europeo e che ha comprensibilmente suscitato molte speranze e simpatie. Ma il potere rimane una brutta bestia: troppo spesso chi crede di averlo conquistato ne rimane invece soggiogato. Per questo occorre chiedersi se l’estremo pragmatismo professato da Iglesias sia coerente con il radicalismo esibito dal suo partito. Leggi tutto |
Francesco Alarico della Scala: Spunti di antropologia e logicaSpunti di antropologia e logicaFrancesco Alarico della Scala
Varie analisi pubblicate su questo giornale mettono a fuoco l’odierno scontro fra le tendenze opposte eppur complementari del culturalismo e dell’ontologismo. La loro opposizione è facilmente intuibile: l’una afferma l’assoluta fluidità (e la conseguente infinita malleabilità) dell’uomo, l’altra prende rassegnatamente atto della sua natura immutabile. Più complessa è la loro complementarità, che non va ricercata nel campo della teoria pura bensì in quello della genesi oggettiva, storica e di classe, di tali forme ideologiche (nel senso deteriore del termine): ad essere “naturalizzata” e resa immutabile è soltanto la parte della “natura umana” che si conforma alle leggi dell’economia di mercato, cioè il suo istinto egoistico che renderebbe impossibile un sistema sociale improntato al collettivismo, alla cooperazione e alla solidarietà reciproca; fluidi e manipolabili divengono invece tutti i tratti della “natura umana” che contrastano, in atto o in potenza, con gli interessi del capitale, ossia tutte le tradizioni in blocco, i rapporti familiari, l’identità sessuale, ecc. È palese che la fonte di queste tendenze ideologiche non va ricercata nel progresso del pensiero scientifico e filosofico contemporaneo ma negli interessi di classe della borghesia e in particolar modo dell’oligarchia finanziaria, che soli ci offrono la chiave per la mediazione di queste tesi contraddittorie. Leggi tutto |
Andrea Baldazzini: Per una prassi istituentePer una prassi istituenteRecensione a “Del Comune o della rivoluzione nel XXI secolo”di Andrea Baldazzini
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Lo stragismo è di StatoLo stragismo è di StatoRedazione ContropianoQuarantuno anni sono sempre troppi, per avere una sentenza su una strage che ha fatto 8 morti e 102 feriti. Se poi questa arriva a sancire quel che già si sapeva, a carico di due persone già indagate, processate e incredibilmene assolte, è necessario concluderne che lo Stato – in prima persona e ai massimi livelli – ha fatto di tutto per far arrivare questa sentenza fuori tempo massimo, nella speranza che tutti gli imputati passassero a miglior vita. Invece ne erano rimasti due. Maurizio Tramonte, all'epoca della strage di Brescia appena 21enne, ma già fascista militante e informatore dei servizi segreti, e Carlo Maria Maggi, 81 enne medico veneto, a suo tempo “ispettore politico” di Ordine Nuovo. Scomparso invece il “pentito”, quel Mario Digilio che confezionò personalmente quasi tutte le bombe delle stragi di stato degli anni '70, da Piazza Fontana in poi, fascista e agente dei servizi segreti italiani e statunitensi (dipendeva dal comando Nato-Ftase di Verona), che vuotò il sacco solo quando scoprì d'essere ormai in punto di morte. Morto anche Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo e poi segretario del Movimento Sociale Italiano, appena prima che Gianfranco Fini promuovesse la “svolta di Fiuggi”. Ma aveva fatto in tempo ad essere assolto, come Franco Freda e Giovanni Ventura, poi scomparso in Argentina. Leggi tutto |
Carlo Vulpio: A giudizio VendolaA giudizio Vendoladi Carlo VulpioNicola Vendola rinviato a giudizio dal gup di Taranto, Vilma Gilli, per concussione aggravata in concorso con altri in relazione al disastro ambientale di Taranto causato (anche, ma non solo) dall’Ilva, l’acciaieria più grande d’Europa, non è una notizia, almeno non per me. Sei anni fa, nel mio libro La città delle nuvole, ho scritto questo e altro. Quindi, che oggi si venga a sapere delle “pressioni” dell’ex presidente della giunta regionale di Puglia su Giorgio Assennato, direttore dell’Arpa (Agenzia regionale di protezione ambientale), per “ammorbidire” i controlli (da sempre inesistenti) sulle massicce emissioni cancerogene del siderurgico, non mi stupisce, né mi emoziona, né mi indigna. Per la semplice ragione che questi sono tutti sentimenti che ho provato a tempo debito, non a scoppio ritardato. Li ho provati quando in compagnia di pochi ho scelto di stare dalla parte dei bambini di Taranto malati di leucemia. Dei bambini, lo confesso, non dalla parte degli adulti, che il diavolo se li porti via. Compreso quel “mite” Assennato, direttore di un organismo inutile, l’Arpa, al quale una sera, durante un incontro pubblico sul tema, nel salone della Provincia di Taranto, dissi pari pari le cose che state leggendo adesso, ricevendone come risposta il balbettio tipico di chi teme per il proprio cadreghino. Oggi, quindi, non gioisco per il rinvio a giudizio di Vendola, che per me sarà sempre giudiziariamente non colpevole fino a sentenza definitiva, ma che è politicamente, amministrativamente (cioè, come uomo di governo), moralmente e personalmente colpevole per aver sempre saputo del disastro di Taranto, per non aver fatto nulla per affrontarlo, per aver fatto invece tanto per occultarlo e, la cosa peggiore di tutte, per averci “campato” sopra, fingendo di volerlo risolvere, lacrimando come un coccodrillo dovunque ne avesse l’occasione e approvando leggi-truffa come la legge regionale cialtronescamente definita “legge anti-diossina”. Leggi tutto |
Jacques Sapir: La Grecia, la sinistra e la sinistra della sinistraLa Grecia, la sinistra e la sinistra della sinistradi Jacques SapirIn un recente post del suo blog, Jacques Sapir analizza l’effetto della crisi greca sulla sinistra socialdemocratica europea e cerca di tracciare una genealogia dell’ideologia che la guida dagli anni ’80. A 30 anni dalla sbornia storica che si sono presi (gli anni di piombo in Italia, la vittoria del thatcherismo in UK, il crollo dell’Unione Sovietica e l’avvento del mondo unipolare a guida liberista), nella crisi che ha svelato il vero volto dell’Unione Europea, i partiti socialdemocratici possono ancora negare che decenni di compromessi sui propri principi hanno generato un mostro?
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Benedetto Vecchi: L’antisistema si fa governoL’antisistema si fa governoBenedetto VecchiRiflessioni su Podemos a partire dal libro di Pablo Iglesias, «Disobbedienti». Un partito qualificato come sinonimo di un «populismo 2.0» che invece consegna un nuovo appeal a una visione egualitaria del mondo
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Anselm Jappe: Lotta nelle strade contro lo spettacolo?Lotta nelle strade contro lo spettacolo?di Anselm Jappe
Le teorie elaborate negli anni 50 e 60 del secolo passato, in particolare da Guy Debord e dai situazionisti, fanno parte di quest'analisi dell'effetto prolungato? Sono in grado di aiutarci a comprendere i fenomeni che questi autori non potevano allora ancora conoscere? Leggi tutto |
Sergio Cesaratto: Europeo sarà lei! Le due sinistre e l’epilogo grecoEuropeo sarà lei! Le due sinistre e l’epilogo grecoSergio CesarattoGli infelici esiti della vicenda greca hanno reso più evidente l’esistenza di due punti di vista nella sinistra italiana (“sinistra” senza aggettivi poiché il PD non è più un partito di sinistra) che per comodità potete identificare col meno e col più Europa, rispettivamente. Il primo fronte ritiene che una prospettiva politica dentro un quadro europeo considerato irriformabile non possa che risolversi, contro ogni buona volontà, in una forma di renzismo se non peggio. Dall’altro fronte si ribatte tacitando di infantilismo e avventurismo ogni prospettiva di rottura con quel quadro. Sgombrando il campo dalle goffe coperture di una tragica débâcle, per cui l’aggravamento dei destini greci diventa un frivolo “pericolo recessivo” mentre la Troika si sarebbe addirittura “spaccata”, come sostenuto da un esponente del “più Europa” su il manifesto, domandiamoci se v’è spazio per una ragionevole comprensione fra le parti? Intanto gli esponenti del primo fronte hanno per primi messo in evidenza le difficoltà geopolitiche di una Grexit tanto più che, almeno a sentire Tsipras, il governo greco non avrebbe trovato sponde finanziarie e incoraggiamento politico né da Russia né dalla Cina. Quindi nessun facile processo a Tsipras. Semmai colpisce una certa credulità della maggioranza di Syriza nell’andare alle trattative con l’Europa pensando che davvero quest’ultima potesse cambiare. Questo è il vero tema del contendere. La storia ha certamente i suoi tempi, e così la consapevolezza politica. È molto probabile che non solo nei drammatici giorni a cavallo fra fine giugno e inizio luglio, ma sin dall’inizio Syriza non avesse alternative alla carta della trattativa. Leggi tutto |
Il #PianoB dell’Italia per uscire dall'euroIl #PianoB dell’Italia per uscire dall'euroEra difficile difendere gli interessi del popolo Greco peggio di come ha fatto Tspiras. Solo una profonda miopia economica unita ad una opaca strategia politica potevano trasformare l'enorme consenso elettorale che lo aveva portato al governo a gennaio nella vittoria dei paesi creditori suoi avversari solo sei mesi dopo, nonostante un referendum vinto nel mezzo. Rifiutare a priori l'Euroexit e' stata la sua condanna a morte. Convinto, come il PD, che si potesse spezzare il connubio Euro & Austerita', Tsipras ha finito per consegnare il suo paese, vassallo, nelle mani della Germania. Pensare di opporsi all’Euro solo dall’interno presentandosi senza un esplicito piano B di uscita ha infatti finito per privare la Grecia di ogni potere negoziale al tavolo dell’Euro debito. Era dunque chiaro sin dall’inizio che Tsipras si sarebbe schiantato anche se Varoufakis qualche volta ha provato a reagire. Solo Vendola, il PD ed i media ispirati dalla frotolla scalfariana (tra i tanti) degli Stati Uniti d’Europa e dai nostalgici del manifesto di Ventotene potevano credere ad un Euro senza austerita’. E sono costretti a continuare a far finta di crederci pur di non dovere ammettere l’opportunita’ di una uscita dopo sette anni di disastri economici. La conseguenza di questa
catastrofe politica e' davanti agli occhi di tutti: |
Michele G. Basso: La classe dirigente americana ha un solo obiettivo: il MondoLa classe dirigente americana ha un solo obiettivo: il MondoMichele G. Basso
Gli USA, sconfitte le dittature fasciste, ne hanno ereditato l’aggressività, il revisionismo bellico, il disprezzo per ogni norma internazionale. La differenza è che, mentre i fascismi si svilupparono in paesi che non avevano colonie o ne avevano di meno importanti, e lottavano per una redistribuzione dei grandi imperi coloniali di Gran Bretagna, Francia, Olanda, Belgio… gli USA sono tuttora la potenza dominante che, invece di accettare l’inevitabile decadenza relativa, cerca di impedire con la forza lo sviluppo di ogni altra grande concentrazione finanziaria, industriale, politica, militare antagonista. E, per far questo, procede a una ricolonizzazione che ha la sua espansione maggiore in Africa, ma non rinuncia, tramite golpe, governi nominati direttamente da Washington, o dalle banche e dalle multinazionali, a subordinare paesi sviluppati in Europa, Asia o America Latina. Siti e giornali, di destra e di sinistra, vantano i successi di Putin, come valido rivale di Washington. Anche se il suo governo ha reagito abbastanza bene all’offensiva USA, si tratta di operazioni prevalentemente difensive. Pur avendo il territorio più vasto del mondo, la Russia come popolazione non può competere con gli USA, l’Indonesia, il Brasile, ma solo con Nigeria e Pakistan – per ora soltanto, perché la natalità è più bassa della mortalità. Leggi tutto |
Comidad: Putin non ha il carisma di Bill GatesPutin non ha il carisma di Bill Gatesdi ComidadAlcuni eccessi critici nei confronti del governo greco in conseguenza del suo ultimo accordo con l'Unione Europea, hanno determinato degli effetti comunicativi piuttosto paradossali. Condannare troppo Syriza per il suo cedimento, significa infatti assolvere indirettamente l'UE, il Fondo Monetario Internazionale e la NATO, come se l'uscita dall'euro fosse solo una questione di buone intenzioni, di coerenza o dell'adozione della teoria monetaria "giusta". In realtà nessuna teoria monetaria ti spiega come difenderti dalle minacce di morte o dalle prospettive di un colpo di Stato camuffato da "rivoluzione colorata". Non si può poi fare a meno di notare la solitudine del governo greco in tutte le recenti vicissitudini. Non c'è dubbio che Tsipras si attendesse un po' più di solidarietà da parte del governo russo. Dei commentatori particolarmente estimatori di Putin hanno però visto nella sua rinuncia ad approfittare delle difficoltà della UE un atteggiamento di lungimiranza politica. In effetti Putin nella circostanza ha spinto la sua lungimiranza da qui ad un milione di anni, quando di tutto quello che accade ora non fregherà più niente a nessuno. Quando c'erano di mezzo basi militari da difendere, come a Tartus in Siria o in Crimea, la Russia ha fatto qualcosa, ma in quel caso a spingere sono state le forze armate russe, e non si è intravista alcuna strategia da parte di Putin. L'attuale presidente russo è certamente un tipo "tosto", capace di sfidare le minacce di eliminazione fisica, ed abbastanza competente in fatto di sicurezza da scegliersi ed addestrarsi da solo le proprie guardie del corpo. Ciò lo pone nelle condizioni di mediare tra Gazprom e le forze armate, ma non lo rende un leader politico. Putin pensa prima da ricco e poi da russo, e quindi oggi la sua priorità è di tornare a fare affari con l'UE ottenendo il ritiro delle sanzioni economiche. Leggi tutto |
Fabrizio Marchi: Il Fusaro di Galavotti e il Lenin di PreveIl Fusaro di Galavotti e il Lenin di PreveFabrizio MarchiCondivido buona parte delle critiche rivolte a Fusaro
in questo articolo: http://www.sinistrainrete.info/marxismo/5538-enrico-galavotti-il-marx-di-diego-fusaro.html Cito testualmente dall’articolo:” Costanzo Preve, che rifiutava il leninismo non solo sul piano politico, ma anche, e ancor più, su quello filosofico…”. Questo non è affatto vero. Preve era un grandissimo estimatore del Lenin politico e grande dirigente rivoluzionario. Preve si poneva in una posizione radicalmente critica nei confronti del Lenin filosofo, e in particolare della sua critica agli empiriocriticisti. E ha ribadito questi concetti in diverse sue opere. Cito testualmente dalla sua “Storia alternativa della filosofia”:”Alla luce del 1914, la rivoluzione teorica di Lenin appare necessaria, buona e provvidenziale. Bisogna ignorare – come si fa spegnendo con il telecomando un televisore che emette trasmissioni manipolate – l’attuale concerto ideologico di demonizzazione del 1917. Il 1917 fu benefico, perché non si trattò di un fenomeno deducibile dalla (miserabile) teoria evoluzionistico-deterministica di Kautsky, ma un fenomeno di legittima reazione al bagno di sangue imposto nel 1914 dalle borghesie imperialiste. Tutto il chiacchiericcio universitario sul cosiddetto “totalitarismo” non è che un patetico rumore di fondo, se lo si paragona alla grandezza dell’iniziativa rivoluzionaria di Lenin. Leggi tutto |
Domenico Tambasco: Il crowdsourcing e l’uomo digitale: siamo esseri umani, non algoritmiIl crowdsourcing e l’uomo digitale: siamo esseri umani, non algoritmidi Domenico Tambasco *Una riflessione su un rivoluzionario fenomeno in espansione in tutto il mondo grazie a Internet: il crowdsourcing, una sorta di “cottimo digitale” che alla classica equazione lavoro/salario sostituisce l’inedito e sconvolgente nesso lavoro/premio. Una forma estrema di precariato che rischia di trasformare i lavoratori in soggetti privi di diritti
Ed è proprio dalla creazione tecnica di una sconfinata rete globale in cui si alimenta e si produce l’intelligenza umana collettiva che sono nate, per gemmazione naturale, la società del “Commons collaborativo”[3] e la “Crowdeconomy”, rispettivamente società ed economia della condivisione, nuovo modello socio-economico di cui il “Crowdsourcing” sembra essere, nell’ambito delle attività produttive, la più piena ed espressiva applicazione. Allo scopo di comprendere il significato di questo inedito e rivoluzionario fenomeno sarà utile porre mente sia all’etimologia (composto da crowd – folla – e outsourcing – esternalizzazione) sia alla definizione data dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in un interpello del 2013, secondo cui “con tale locuzione si intende individuare un nuovo modello di business aziendale in forza del quale un’impresa affida la progettazione, ovvero la realizzazione di un determinato bene immateriale ad un insieme indefinito di persone, tra le quali possono essere annoverati volontari, intenditori del settore e freelance, interessati ad offrire i propri servizi sul mercato globale (cd. Community di utenti iscritti ai siti a titolo gratuito)”[4]. Leggi tutto |
Lorenzo Battisti: La tragedia greca nello scacchiere internazionaleLa tragedia greca nello scacchiere internazionaleLa fine dell'europeismodi Lorenzo BattistiRiceviamo dal compagno Lorenzo Battisti, del Comitato Centrale del PCdI, e pubblichiamo come contributo alla discussione
La questione del debito greco: problema economico o conflitto politico? Come osservava Stiglitz prima del referendum greco “I leader europei stanno finalmente cominciando a rivelare la vera natura dello scontro in atto sul debito e la risposta non è piacevole: si tratta del potere e della democrazia, più che di moneta ed economia” [1] Come è stato chiaro fin dall'inizio della crisi, la questione del debito è stata solo la scusa: la dimensione del debito greco è si esorbitante per quell'economia, ma rappresentava una cifra assolutamente gestibile nel contesto europeo. Quindi quali sono le ragioni che hanno portato all'imposizione di politiche così pesanti, che hanno indebolito l'Unione Europea oltre a condannare i greci a condizioni di vita impossibili? Leggi tutto |
Michele Paris: GB, Corbyn spacca il LabourGB, Corbyn spacca il Labourdi Michele ParisLa competizione per la leadership laburista in Gran Bretagna, dopo la sconfitta patita alle urne lo scorso mese di maggio, sta rapidamente gettando il partito in una grave crisi, provocata principalmente dal gigantesco divario esistente tra gli orientamenti dei suoi vertici e quelli della sua teorica base elettorale. A scatenare una feroce polemica all’interno del “Labour” è stata la relativamente sorprendente ascesa del candidato della sinistra del partito, Jeremy Corbyn, a tutt’oggi il favorito nella corsa alla sostituzione di Ed Miliband. Il veterano deputato 66enne ha infatti superato nel gradimento dei possibili elettori i vari aspiranti segretari di tendenze più moderate o apertamente schierati con il “New Labour” e l’ex primo ministro, nonché potenziale criminale di guerra, Tony Blair. Lo status di “front-runner” di Corbyn rappresenta una beffa per l’establishment laburista che teme la sua elezione a segretario, visto che la sua candidatura era stata sponsorizzata all’ultimo momento proprio da vari leader del partito contrari alle sue posizioni progressiste. Per un partito spostatosi nettamente a destra negli ultimi anni e punito severamente alle urne, molti all’interno di esso auspicavano la presenza di un candidato di “sinistra”, sia per dare l’impressione dell’apertura del Labour a tutti gli orientamenti sia, soprattutto, per dimostrare l’esiguità di un elettorato “radicale” in Gran Bretagna e giustificare perciò l’abbraccio delle politiche neo-liberiste. Questa scommessa sembrava però poter andare a buon fine solo in caso di una candidatura debole di Corbyn e di un’inevitabile sonora sconfitta, come avevano agevolmente previsto i leader moderati del partito. L’agenda di Corbyn, fatta di misure volte a invertire le politiche di austerity degli ultimi governi laburisti e conservatori, ha al contrario suscitato una valanga di consensi e un numero inaspettato di nuovi aderenti al partito, pronti a sostenere il candidato di “sinistra” nelle prossime elezioni per la leadership. Leggi tutto |
Tommaso Di Francesco: Il sultano atlanticoIl sultano atlanticoTommaso Di FrancescoFermare con le armi il contagio indipendentista e laico della sinistra kurda (il Pkk ma anche la coalizione politico-sociale del Rojava in Siria) è l’obiettivo di Erdogan. Ma anche della «nostra» Alleanza atlantica che applaude ogni volta che un F16 decolla per bombardare Centinaia di combattenti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) sono rimasti uccisi e centinaia feriti in una settimana di raid dell’aviazione turca contro le basi dei ribelli. Colpiti anche villaggi e la popolazione kurda. Tra i feriti ci sarebbe anche Nurettin Demirtas, fratello del leader della formazione curda Partito democratico del popolo (Hdp) Selahattin Demirtas — che ha avuto una straordinaria affermazione alle ultime elezioni turche con il suo 13%, impedendo così di fatto la maggioranza parlamentare all’Akp di Erdogan e per questo messo in questi giorni sotto accusa, lui e il suo partito. Sta avvenendo, sotto i nostri occhi, una carneficina. Che ci riguarda direttamente. Infatti l’offensiva militare — ironia della sorte l’agenzia parla di una inesistente offensiva contro l’Isis — è scattata dopo il vertice della Nato di Bruxelles di nemmeno una settimana fa, di fatto convocato da Ankara per avere partecipazione e avallo alla sua nuova guerra contro i kurdi, fatta con la scusa di attaccare anche, per la prima volta le postazioni siriane dello Stato islamico. La partecipazione atlantica piena non c’è, ma l’avvallo sì e, soprattuto, c’è quello degli Stati uniti. Ora dunque con l’applauso dell’Alleanza atlantica i cacciabombardieri turchi fanno a pezzi i combattenti della sinistra turca, vale a dire i militanti che quasi da soli finora combattono con le armi in pugno in Siria e in Turchia contro le milizie jihadiste dell’Isis. Milizie invece sostenute e finanziate negli ultimi tre anni proprio da Ankara che ha addestrato tutte le formazioni ribelli siriane — compresa Al Nusra, vale a dire Al Qarda, nelle sue basi a partire da quella Nato di Adana, come sanno tutti i governi occidentali e come ha denunciato proprio la sinistra turca. Leggi tutto |
Militant: La protesta dei lavoratori Atac, la creazione del capro espiatorio e la strada verso la privatizzazione del trasporto pubblicoLa protesta dei lavoratori Atac, la creazione del capro espiatorio e la strada verso la privatizzazione del trasporto pubblicoMilitant
Si è trattato di un mese difficile, per il trasporto pubblico romano. Anzi, difficilissimo. Per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica l’imminente privatizzazione del trasporto pubblico e una prevedibile compressione dei diritti sindacali di tutti – esemplare, in questo senso, la contemporanea e insensata polemica contro l’assemblea sindacale dei lavoratori degli scavi di Pompei (leggi), come se il problema non fosse invece il totale abbandono a se stessa dell’area archeologica da parte dello stato –, infatti, si è dovuta montare una campagna mediatica senza esclusione di colpi contro i lavoratori dell’azienda municipalizzata, in mobilitazione – come vedremo – contro l’abolizione unilaterale, da parte dell’azienda, della contrattazione di secondo livello, che prevedeva un aumento dell’orario di lavoro a fronte di una diminuzione della retribuzione. Una decisione che provocherebbe l’opposizione di qualsiasi lavoratore. Leggi tutto |
Jacques Sapir: La Grecia, la sinistra e la sinistra della sinistra – Parte IILa Grecia, la sinistra e la sinistra della sinistra – Parte IIdi Jacques SapirRiportiamo la seconda parte del lungo articolo di Jacques Sapir sulla sinistra europea e la crisi greca (qua la prima parte). L’oggetto dell’analisi questa volta è la sinistra radicale che, seppure inizi a maturare una timida comprensione della vera natura del quadro europeo, rimane incapace di schierarsi a favore del recupero della sovranità contro l’ideologia europeista e l’euro, mezzo di costruzione di quel sistema semi-coloniale che è l’Unione Europea. Per la sinistra radicale, dice Sapir, l’ora della scelta è arrivata: deve porsi in rottura con euro e europeismo, o condannarsi a perire
Elementi di definizione della «sinistra radicale» Per prima cosa chiariamo cosa intendiamo con questo termine. Sono i partiti o i movimenti politici che si sono formati a sinistra della socialdemocrazia tradizionale, e il più delle volte in reazione contro la sua politica e il suo orientamento. La “sinistra radicale” non include i partiti che sono rimasti fedeli alla loro identità comunista (come il KKE greco o il PRC italiano), né i partiti o movimenti di estrema sinistra rimasti fedeli ad una identità marxista rivoluzionaria, più o meno contaminati da settarismi e dogmatismo (come, in Francia, la NPA o Lutte Ouvrière). Leggi tutto |
Lea Melandri: La comunicazione digitaleLa comunicazione digitaleRovina del mondo o inizio di una nuova civiltà?di Lea MelandriLe visioni apocalittiche hanno senza dubbio un merito: non si lasciano accecare dal dio del progresso e, dove altri appaiono storditi dai suoi effetti speciali, esse puntano pervicacemente lo sguardo sulle insidie che si porta dietro. Che il reale stesse perdendo il suo ancoramento alla terra, ai corpi, alla tattilità, a tutto vantaggio dei fantasmi dell’immaginario, era già nelle analisi brillantemente argomentate di Guy Debord e Jean Baudrillard. Ma non è un caso che sia stata l’irruzione del medium digitale a spingere il discorso critico a profondità finora non toccate della vita psichica. “Lo smartphone” -si legge nel libro di Byung-Chul Han, Nello sciame. Visioni del digitale, Nottetempo 2015– si può considerare “la riedizione post-infantile dello stadio dello specchio: dischiude uno spazio narcisistico, una sfera dell’immaginario nella quale rinchiudermi.” Di conseguenza: “Non la moltitudine, ma la solitudine, contraddistingue la forma sociale odierna. La solidarietà scompare: la privatizzazione si estende fino all’anima. L’erosione del collettivo rende sempre più improbabile un agire comune”. Al posto di una “folla” di anonimi, ma in grado di marciare insieme per un obiettivo, sembrano essere subentrati “sciami” di “singoli chiassosi”, incapaci di ricostruire uno spazio pubblico. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: Necrofori di aria e di terraNecrofori di aria e di terradi ilsimplicissimusCome si poteva immaginare i sussurri e le grida intorno alla sciopero di Alitalia che si sono subito tradotti in un attacco al diritto di sciopero da parte della casta renzusconiana sono stati poca cosa rispetto ai disservizi causati dagli incendi attuali e pregressi allo scalo di Fiumicino, ai black out e alla galoppante disorganizzazione, buona parte della quale è dovuta alla gestione dei bagagli nella quale sono impegnati società di servizi ingaggiate dalle compagnie aeree e che fanno dello sfruttamento del lavoro il loro punto di forza. Insomma siamo di fronte alla pantomima drammatica e ridicola assieme di un ceto politico che sta mandando il Paese al naufragio pensando di tappare le falle sempre più larghe, vergognose, distruttive di una gestione spesso affaristica e clientelare, sempre episodica e priva di visione, usando i brandelli di ideologia reazionaria che sono alla portata della sua cultura e intelligenza. Come pellegrini a Lourdes attendono la salvezza recitando il salmo del liberismo come fa compunto e stentoreo il giovane barone Filippo Taddei irresponsabile economico del Pd il quale dall’alto di consistenti fortune familiari, spiega ai giovani che per studiare occorrono molti soldi e che quindi solo i ricchi se lo potranno permettere. Che il lavoro è destinato ad essere precario, che gli orari si alzeranno vertiginosamente per favorire i profitti del padrone e che si dovrà smettere di pensare di poter andare in pensione. Leggi tutto |
Slavoj Žižek: Il coraggio della disperazioneIl coraggio della disperazionedi Slavoj ŽižekAlla Grecia non viene chiesto di ingoiare molte pillole amare in cambio di un piano realistico di ripresa economica, ai greci viene chiesto di soffrire affinché altri, nell’Unione Europea, possano continuare indisturbati a sognare i propri sogni
La doppia inversione a U imboccata dalla crisi greca nel luglio 2015 non può che apparire come un passo, non solo dalla tragedia alla farsa, ma, come ha notato Stathis Kouvelakis sulla rivista Jacobin, da una tragedia piena di ribaltamenti comici direttamente a un teatro dell’assurdo — c’è forse un altro modo di caratterizzare questo straordinario ribaltamento di un estremo nel suo opposto, che potrebbe abbacinare perfino il più speculativo tra i filosofi hegeliani? Leggi tutto |
Enrico Grazzini: I pericoli del Piano Schaeuble e gli errori di TsiprasI pericoli del Piano Schaeuble e gli errori di Tsiprasdi Enrico Grazzini
Insomma il nuovo ministro europeo dell'economia diventerebbe il guardiano anti-democratico dei bilanci pubblici della zona euro. Inoltre Schaeuble propone di costituire un parlamentino ristretto dell'Eurozona, composto dai parlamentari delle nazioni aderenti, e quindi diverso dal Parlamento europeo, per dare un crisma di democraticità al suo Piano di integrazione della zona euro[1]. L'Eurozona si doterebbe anche di un fondo particolare – sostenuto dai singoli Paesi o da una tassa specifica per i cittadini dell'Eurozona – per affrontare le crisi ed eventualmente concedere sussidi di disoccupazione in caso di necessità. Insieme al bastone anche la carota. Leggi tutto |
Greg Palast: Robert Mundell, il genio malvagio dell'EuroRobert Mundell, il genio malvagio dell'Eurodi Greg PalastPer l'architetto dell'euro, prendere le decisioni di macroeconomia senza la partecipazione dei politici eletti e stringere i tempi della deregolamentazione erano una parte del piano L'idea che l'euro abbia "fallito" è pericolosamente ingenua. L'euro sta facendo esattamente quello che il suo ideatore - e quell'1% di ricchi che decisero di adottarlo – aveva previsto e per cui era stato programmato. Questo progenitore è l’economista Robert Mundell, che lavorò all’Università di Chicago. L'architetto della "supply-side economics" è ora professore alla Columbia University, ma io lo conoscevo perché era in contatto con il mio professore di Chicago, Milton Friedman, con cui lavorò nella ricerca su valute e tassi di cambio che sarebbe stata la base del progetto di unione monetaria europea e della moneta comune europea. Mundell, all'epoca, era più interessato ad arredare il suo bagno. Il Professor Mundell, oltre ad aver vinto un Premio Nobel possedeva anche una antica villa in Toscana, e mi disse, irritato: "Non vogliono nemmeno farmi costruire un bagno. Qui ci sono delle regole che mi dicono che non posso trasformare questa stanza in un bagno! Ci potresti credere ?" Come spesso accade, non lo so. Ma io non ho una villa in Italia, quindi non posso nemmeno immaginare quali frustrazioni possa creare un regolamento catastale sulla costruzione di servizi igienici. Leggi tutto |
Augusto Illuminati: Approdo di RenziApprodo di Renzidi Augusto IlluminatiAnche se tanti lettori di DinamoPress sono affezionati cultori del Game of Thrones e di House of Cards, spesso guardiamo agli eventi politici con innocenza, ovvero leggendoli come semplici conflitti di interesse, malvage macchinazioni neo-liberiste ispirate dalla grande finanza e dalla tecnocrazia europea e applicate localmente da vecchi e nuovi manutengoli del ceto politico nostrano. Tutto vero, però qualcosa non torna mai giusto, c’è un’eccedenza che travalica la smania di profitto o di potere e rende indecifrabile il succedersi degli scenari e imprevedibili i loro esiti. Potrebbe aiutare il ricorso agli intrighi televisivi, che hanno il doppio vantaggio di essere derivati da esperienze reali (storiche e contemporanee mischiate) e di retroagire su di esse, dato che molti politici ne traggono ispirazione. Ovvio, i nostri attori sono molto peggiori di quelli americani (vedi il penoso 1992), ma tant’è. Anche le vicende del Comune di Roma), con quelle parallele di Crocetta in Sicilia, presentano uno svolgimento che resterebbe enigmatico se lo leggessimo con gli ordinari strumenti politici e sociali. Balza agli occhi, per esempio, che l’esito più probabile di una caduta di Marino o Crocetta, seguita da elezioni anticipate nel 2016, sarebbe una sconfitta del Pd a favore della destra o del M5s, con un traino negativo sulle altre poste in gioco in un eventuale election day. Possibile che non venga messo in conto? Leggi tutto |
Piergiorgio Giacchè: Traverso e gli intellettualiTraverso e gli intellettualidi Piergiorgio Giacchè
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Pasquale Cicalese: Si prospetta il G4 finanziarioSi prospetta il G4 finanziariodi Pasquale CicaleseRiceviamo e pubblichiamo come utile contributo alla discussione sulle dinamiche dell'economia internazionale E’ una notte di gennaio, ti svegli dal freddo. Attendi l’alba e, come al solito, dai un’occhiata alla seduta di Wall Street della sera prima e poi vai sui siti finanziari cinesi. Ti accorgi di un’altissima volatilità. Prosegui a seguire le tracce e noti che si compra e si vende come pazzi, + 7, -6, + 3. -4. Cosa sta succedendo alla borsa di Shanghai, ti chiedi. Vai a ritroso, agosto 2014. In quel mese il Consiglio di Stato, l’organo di governo cinese, decise la connessione tra la piazza finanziaria di Shanghai con quella di Hong Kong, i residenti dei due paesi potevano dopo decenni operare su entrambi le piazze finanziarie, compresi operatori istituzionali esteri appositamente autorizzati. Nel giro di 8 mesi è il boom: Shanghai tocca punte che arrivano a + 150%, una roba spettacolare. Dal 2001 al 2014 il pil cinese era cresciuto di 6 volte e dopo il boom borsistico i valori azionari “solo” di due volte…A quel punto succede l’impossibile: imprese di stato cinesi, aziende appena quotate (sono state moltissime in questo periodo), aziende private operano prese di profitto sui guadagni stellari. Nel giro di 3 mesi Shanghai perde il 30%. Le prese di profitto ammontavano a circa 3 mila miliardi di dollari. Nello stesso periodo quotidiani finanziari di tutto il mondo informavano di acquisizioni di partecipazioni azionarie e di aziende da parte di operatori cinesi. In pratica da gennaio a fine giugno i cinesi avevano acquisito asset stranieri per 3 mila miliardi di dollari. Leggi tutto |
Giulietto Chiesa: Patto Usa-Turchia contro l'Isis: il gatto, la volpe e i tagliagolePatto Usa-Turchia contro l'Isis: il gatto, la volpe e i tagliagoledi Giulietto ChiesaE' in corso uno scandalo davvero ignobile, che si colloca a metà strada tra la violenza imperiale, che ormai travalica i confini della decenza, e l'inganno mediatico che - in un'unica soluzione - giustifica la violenza e copre l'inganno. Ohibò, di che si tratta? Dell'alleanza, finalmente ristabilita, tra gli Stati Uniti e la Turchia, a proposito delle modalità con cui (attenzione ai trucchi!) combattere più efficacemente il babau, cioè il cosiddetto Stato Islamico. Di questo si tratta? Niente affatto, naturalmente. L'"alleanza", siglata nei giorni scorsi, non è "a due", ma "a tre". Il terzo alleato sono "gli "insorti siriani". Così scrive, pudicamente, l'International New York Times (28 luglio), per le firme di ben tre inviati (Anne Barnard, Michael R.Gordon e Eric Schmitt) che, in tal modo, condividono festosamente la menzogna e l'ipocrisia. Con questo nobile compito - quello di combattere l'Isis - l'Impero e la Turchia costituiranno una bella "fascia", lunga 60 miglia, al confine con la Turchia, nella quale si potranno sistemare "gl'insorti siriani", che altri non sono che i residuati del Free Sirian Army, mescolati con Al Qaeda. La "striscia" altro non è che una parte del territorio di uno Stato sovrano, che si chiama Siria. Che viene così occupato simultaneamente da tre suoi nemici, mentre fingono di combatterne un quarto. Leggi tutto |
Felice Mometti: Podemos visto dall’altoPodemos visto dall’altodi Felice Mometti
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Roberto Pozzetti: Come cura la psicoanalisi lacanianaCome cura la psicoanalisi lacanianadi Roberto Pozzetti
La psicoanalisi sorge come metodo di cura di una serie di disturbi psichici e, in particolar modo, dell’isteria a partire dall’incontro di Breuer e Freud con le loro pazienti. Le estensioni di tale metodo e della teorizzazione che ne è derivata alla lettura di fatti sociali, culturali e politici non ne modifica questo statuto essenziale e non ne fa una visione del mondo, una Weltanschauung. Lo sosteneva lo stesso Freud: “La psicoanalisi, a mio parere, è incapace di crearsi una sua particolare Weltanschauung” . Molte volte è l’orientamento analitico lacaniano a instillare questo dubbio tanto che molti si chiedono se i lacaniani pratichino effettivamente la psicoanalisi e non compiano soltanto delle mere astrazioni, analoghe a quelle dei filosofi. Lacan fu, al contrario, un clinico rigoroso il quale si dedicò ogni giorno alla pratica della psicoanalisi, dal 1944 presso Rue De Lille, 5. Mantenne un legame con la clinica psichiatrica per tutta la sua vita svolgendo conferenze e incontri di formazione in centri ospedalieri di Parigi e di altre città francesi. Leggi tutto |
Sergio Cararo: Libia. Truppe e flotte europee pronte a intervenireLibia. Truppe e flotte europee pronte a intervenirePreparatevi alle media/menzogneSergio CararoCentinaia di soldati britannici sono pronti ad andare in Libia come parte della missione militare internazionale tesa a “stabilizzare” il paese nordafricano e combattere le milizie dell’Isis. Ufficialmente la missione Eunavformed ha l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo, ma, secondo quanto rivela il quotidiano inglese The Times, “Il personale militare di Italia, Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti potranno anche prendere parte ad un'operazione che sembra destinata ad essere attivata una volta che le fazioni in lotta rivali all'interno Libia decidano di formare un unico governo di unità nazionale”. Dopo la firma dell'accordo due settimane fa a Skirat, in Marocco, la settimana prossima il mediatore dell'Onu, Bernardino Leon, proverà a far partire la discussione sugli "allegati" dell’accordo. Il che significa iniziare a discutere della formazione del nuovo governo, selezionare il primo ministro, i due vice-premier e il consiglio di presidenza che poi guiderà il governo. Il problema, e non è un piccolo problema, è che il governo di Tripoli, espressione di milizie vicine ai Fratelli Musulmani, non ha firmato l’accordo. L’operazione militare di “stabilizzazione” a questo punto non può che diventare una missione di sostegno militare ad una delle fazioni libiche – quella di Tobruk – contro un’altra fazione – quella di Tripoli. Secondo i documenti riservati del Comitato Militare Europeo, diffusi a fine maggio da Wikileaks, non si tratterebbe affatto di una missione per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, ma di una vera e propria operazione militare condotta in profondità nel territorio libico con lo scopo di distruggere tutte le reti di trasporto e le infrastrutture. Leggi tutto |
ilsimplicissimus: I figli della bombaI figli della bombadi ilsimplicissimusLa mattina del 2 agosto di 35 anni fa ero alla stazione di Bologna tra i calcinacci e l’orrore, inseguito dalle “Autorità” che sostenevano si fosse trattato dell’esplosione di una caldaia. Un voler prendere tempo che mi è sempre parso assurdo e per questo sospetto dando tempo agli attentatori di sparire e coprire le proprie tacce. Ma almeno avevo una certezza: chiunque avesse messo la bomba non avrebbe prevalso, mandanti, grossisti di morte ed esecutori alla fine non avrebbero ottenuto il proprio scopo. Purtroppo avevo torto perché quella strage, frutto di un tentativo di condizionare in senso autoritario la democrazia italiana, pensato, organizzato, realizzato nell’amplesso fra banchieri di dio, P2, servizi segreti deviati ed estremisti di destra, coperture politiche indirette fornite dai cavalli di razza della Dc della scuderia amerikana, ha pienamente ottenuto lo scopo che si prefiggeva. E’ forse per questo che l’epigono di questo disegno, ovvero Matteo Renzi ” si è comportato molto male” secondo l’associazione familiari delle vittime e ha eluso tutte le assicurazioni date l’anno scorso: “Nessun governo, in 35 anni, s’era mai permesso di far promesse senza mantenerle. Sono venuti dicendoci che ci sarebbero stati una corsia preferenziale per l’introduzione del reato di depistaggio e risarcimenti per i familiari. Non sono stati fatti e la direttiva del premier sulla declassificazione degli atti sulle stragi viene applicata in maniera lacunosa”. Leggi tutto |
Militant: Contro i beni comuni di Ermanno VitaleContro i beni comuni di Ermanno Vitaledi Militant
Chiariamo subito che, in realtà, neanche Ermanno Vitale, docente di filosofia politica e di storia delle dottrine politiche all’Università della Valle d’Aosta, pensa minimamente a uscire da questo paradigma, pur adottando una prospettiva riformista e socialdemocratica. La sua, come dichiarato nel titolo, non è una critica marxista, ma una critica illuminista ai «benecomunisti» (ci scuserete il termine cacofonico – che persino Guido Viale ha definito sul «Manifesto» come «orribile, ridicolo e neogotico. Sembra il nome di una congregazione iniziatica fantasy» – ma non sappiamo come altro definirli in modo sintetico: e poi, del resto, come scrive ironicamente Vitale, «se gli adepti si vogliono definire tali, bisogna rispettare questa loro volontà, e augurare loro buona fortuna»). Leggi tutto |
Andrea Zhok: La Grecia e il fallimento europeoLa Grecia e il fallimento europeodi Andrea ZhokI. Breve storia della crisi greca
Scopo di questo breve scritto sarà perciò, in una prima parte, di fornire un resoconto il più sobrio possibile, del quadro storico della crisi greca, rinviando ad una seconda parte un commento politico più comprensivo. Nel prosieguo, per ragioni di leggibilità non sono state introdotte note o riferimenti bibliografici, ma tutti i dati riportati sono tratti o da fonti ufficiali (Eurostat, FMI reports, ecc.) oppure, occasionalmente, da resoconti della stampa economica specializzata. Su alcuni dati vi sono piccoli scostamenti a seconda delle fonti, ma esse non toccano la sostanza. Pur sapendo che non è mai possibile separare completamente fatti ed interpretazioni, nella prima parte il mio intento sarà di limitare al massimo i commenti, lasciando innanzitutto al lettore la possibilità di acquisire un quadro sinottico della situazione.
1. Gli esordi della crisi greca Il 20 ottobre 2009, il ministro delle finanze Gyorgos Papaconstantinou, ministro del partito socialista (Pasok) appena tornato al governo, rivela pubblicamente che il rapporto Deficit/Pil per l’anno in corso, non oscillava intorno al 3%, come atteso, ma intorno al 12,5%. Leggi tutto |
Aldo Giannuli:Cari compagni di Sel, rifondazione ecc. perché non vi fermate un attimo a riflettere?Cari compagni di Sel, rifondazione ecc. perché non vi fermate un attimo a riflettere?di Aldo GiannuliAlcuni interventori su questo blog, così come conoscenti ed amici per mail o in fb prendono molto male le mie critiche alla Coalizione Sociale di Landini o al nuovo-vecchio soggetto politico che sta nascendo fra Sel-Rifondazione, fuorusciti dal Pd ed ex M5s. Per la verità si tratta di poche persone (relativamente al sito si tratta di circa il 10-15% degli intervenuti, sempre che dietro i diversi nick ci siano persone diverse e non sempre una). Qualcuno mi accusa di ostilità preconcetta, qualche altro di farlo per difendere il M5s, che sarebbe terrorizzato dal certo successo di una forza del genere, qualcuno cerca di argomentare ma, nella maggior parte dei casi, si tratta di interventi –scusatemi- rozzi, offensivi e non motivati (anche se, magari, vengono da un docente universitario). Pazienza, non me la prendo e ci passo su; mi limito a censurare qualche intervento insopportabilmente incivile (non più di un paio) ma per il resto, come potete verificare, passo regolarmente tutto, E non credo che ci siano molti altri siti così aperti. Per il resto, posso assicurare di non avere alcuna animosità verso l’area che chiamo bonariamente Brigata Kalimera. Non me la prendo anche perché capisco la sofferenza psicologica che sta dietro a questi interventi. Il punto è che quell’area che corrisponde grosso modo alla vecchia Rifondazione dei bei tempi, di volta in volta arricchita di qualche rigagnolo verde, Idv o Ds-Pd, proprio non riesce a capacitarsi dello stato di marginalità ed irrilevanza in cui è precipitata. Rifondazione, nel 1996 ottenne l’8,6% e vantava circa 150.000 iscritti (va bè, diciamo che quelli reali erano 90-100-000), nel 2006 Rifondazione e Comunisti Italiani, presero rispettivamente il 5,84% ed il 2,32% senza contare i Verdi. Leggi tutto |
Turi Comito: Spararsi finché si è giovaniSpararsi finché si è giovanidi Turi ComitoUn tempo c'era chi si adoperava per un mondo migliore, non per 'abituare la gente' a uno peggiore. Poi venne il PD e il suo responsabile economico Taddei... Recentemente intervistato da l'Espresso il giovine Filippo Taddei - responsabile economico del piddì nonché professore alla prestigiosissima John Hopkins University - ha detto che gli italiani, specie i giovini come lui, debbono "cambiare mentalità" visto che il "mercato" del lavoro è cambiato radicalmente negli ultimi decenni. In particolare i giovini italiani debbono rendersi conto che: a) l'istruzione sarà molto più lunga e costosa b) il contratto a tempo indeterminato si ridurrà sempre di più come occasione di lavoro; c) i tempi di lavoro saranno più lunghi (immagino intenda la durata del monte ore settimanale) d) i pensionamenti saranno sempre più posticipati Da queste considerazioni discendono una serie di conseguenze pratiche e di considerazioni di principio. Le seguenti: a) è chiaro che divenendo l'istruzione più lunga e, soprattutto, "costosa" servono due cose fondamentali per i giovini: tanta pazienza e tanti soldi. La prima non è una grande novità invero, Anzi, si tratta di una sciocca banalità. Chiunque abbia fatto le scuole elementari ha una idea abbastanza precisa del fatto che anche solo per imparare la tavola pitagorica occorre una dose monumentale di pazienza e spirito di sacrificio. Figuriamoci per tutto il resto. Leggi tutto |
Moishe Postone: Qual è il valore del lavoro?Qual è il valore del lavoro?di Moishe Postone
Ma, allo stesso tempo, questi sviluppo rappresentano per la sinistra delle sfide difficili, in quanto mettono in causa tutta una serie di posizioni critiche che sono diventate predominanti negli anni settanta ed ottanta, così come le posizioni precedenti apparse dopo il 1917. Da un lato, visto che il crollo drammatico e la dissoluzione definitiva dell'Unione Sovietica e del comunismo europeo fanno parte di tali cambiamenti, questi sono stati interpretati come la dimostrazione della fine storica del marxismo e, più in generale, della pertinenza della teoria sociale di Marx. Ma, dall'altro lato, gli ultimi decenni hanno mostrato che la dinamica che sottende il capitalismo (dinamica intesa sia in maniera sociale e culturale che in maniera economica) continua ad esistere ad Est come ad Ovest ed hanno ugualmente mostrato come l'idea secondo la quale lo Stato potrebbe controllare tale dinamica non era valida se non, nella migliore delle ipotesi, in maniera provvisoria. Questa evoluzione mette profondamente in discussione le interpretazioni post-strutturaliste della storia e mostra inoltre che il nostro modo di comprendere le condizioni dell'autodeterminazione democratica dev'essere ripensata. Leggi tutto |
F.Coin e S.Lucarelli: Gli anfratti inermi del potereGli anfratti inermi del potereDialoghi e pensieri su “Diario della crisi infinita” di Christian Marazzidi Francesca Coin e Stefano Lucarelli
“quando scrivo su un autore il mio ideale sarebbe di riuscire a non dire nulla che potesse rattristarlo… pensare a lui, all’autore sul quale si scrive. Pensare a lui con tanta forza che non possa più essere un oggetto e che non sia neanche più possibile identificarsi con lui. Evitare la doppia ignominia dell’erudizione e della familiarità. Restituire a un autore un po’ di quella gioia, di quella forza, di quella vita politica e di amore che lui ha saputo donare, inventare” (Dialogues, 1977). È con questo spirito che ci accingiamo a scrivere qualcosa sull’ultimo testo di Christian Marazzi, Diario della crisi infinita (Ombre Corte, 2015), un testo denso e articolato di cui ci piacerebbe provare a restituire almeno un po’ della forza e della vita politica che lo impregna. Dobbiamo iniziare con una domanda. Più volte durante la lettura ci siamo chiesti, infatti, quanti economisti, in quest’epoca, potrebbero pubblicare una collezione di testi scritti in anticipo sull’oggi. Quante volte, in altre parole, sarebbe possibile mettere alla prova della storia le proprie previsioni senza esserne imbarazzati. L’origine di questa domanda sta nella prima caratteristica spiazzante del testo: Marazzi è stato in grado di anticipare già anni addietro, precisamente, i nodi con cui si confronta il presente, a descrivere non un semplice diario – forse il titolo è troppo modesto – ma una sorta di dissezione, implacabile e ossessiva, di ogni particolare della crisi, nel tentativo di offrire, con precisione tanto raffinata quanto a volte dolorosa, una mappatura ad uso sovversivo di quella che egli stesso, in una bella intervista con Gigi Roggero, ha definito “la guerra diffusa della crisi”. Leggi tutto |