Newsletter Sinistrainrete

38 views
Skip to first unread message

tonino

unread,
May 7, 2015, 2:56:12 PM5/7/15
to sante gorini

Claudio Conti: BoT a zero, in attesa del grande botto

contropiano2

BoT a zero, in attesa del grande botto

di Claudio Conti

In calce articoli di Plateroti dal Sole24Ore e di Martin Wolf dal Financial Times

f09bd802f5d0fd57f7d1b97ed69d8343 lLa notizia è da prima pagina. Ma siccome nessuno sa bene come trattarla quasi tutti spingono il tasto “ottimismo” e fanno finta di non vedere l'altra faccia della medaglia.

Partiamo dunque dalla notizia semplice semplice: ieri il ministero del Tesoro (ora accorpato a quello dell'Economia) ha collocato BoT a scadenza di sei mesi a un tasso di interesse pari a zero. In pratica, il Tesoro chiede un prestito sui mercati e tra sei mesi non pagherà nulla come “retribuzione del capitale”, limitandosi a restituire la cifra ricevuta.

L'Italia non è l'unico paese europeo a godere di questa eccezionale situazione finanziaria. Tutti i paesi del Nord Europa (Germania, Olanda, Finlandia, ecc), più paesi fuori dell'euro come Svizzera, Svezia e Danimarca, sono da qualche mese in una situazione ancora migliore perché possono addirittra restituire meno di quel che hanno ricevuto in prestito, visto che pagano interessi sia pur infinitesimamente negativi: -0,2%.

Se si spinge il tasto “evviva” il quadro è splendido: un paese in queste condizioni può rifinanziare il proprio debito gratis, o addirittura guadagnandoci, togliendo così un peso enorme dai conti pubblici (chiamato “servizio del debito”, ossia interessi). Leggi tutto


Valerio Evangelisti: Expo, l’industria del mandolino

carmilla

Expo, l’industria del mandolino*

di Valerio Evangelisti

Ai tradizionali argomenti contro l’Expo (sfruttamento del lavoro precario, danni per l’ambiente, inquinamento malavitoso, spreco di denaro, ecc.) vorrei aggiungerne uno che non vedo citato spesso. La scelta di modello di crescita economica che una manifestazione del genere nasconde.

Nel corso della loro storia più che secolare, le Esposizioni universali hanno avuto due funzioni. La prima, mostrare lo “stato dell’arte” nel campo della tecnologia, dello sviluppo industriale, di quello che era definito genericamente “il progresso” (capitalistico, è ovvio). La seconda, far conoscere al mondo la posizione del paese ospitante in quel quadro, presentandolo come centrale e ben inserito nei grandi risultati raggiunti.

L’Italia è stata, fino a tempi recentissimi, la terza potenza industriale europea, dopo Germania e Francia. Sarebbe stato logico, dunque, che un’Esposizione universale esibisse i suoi gioielli in quel campo. Ma sono bastati pochi anni di crisi e molti di neoliberismo (leggi Unione Europea) perché quei gioielli fossero venduti, trasferiti altrove, messi all’asta, trasformati in carbone. Così come i lavoratori che li avevano creati. Leggi tutto


Luciano Parinetto: Axolotl

tysm

Axolotl

di Luciano Parinetto

xolotl«In certi laghi del Messico vive un animale dal nome impossibile fatto un po’ come una salamandra. Vive indisturbato non so da quanti milioni di anni come se niente fosse, eppure è il titolare e il responsabile di una specie di scandalo biologico: perché si riproduce allo stato larvale… Insomma, è come se un bruco, anzi una bruca, una femmina insomma, si accoppiasse con un altro bruco, venisse fecondata, e deponesse le uova prima di diventare farfalla. E dalle uova, naturalmente, nascessero altri bruchi. Allora a cosa serve diventare farfalla? A cosa serve diventare un insetto perfetto? Si può anche farne a meno. Infatti, l’axolotl ne fa a meno (così si chiama il mostriciattolo, avevo dimenticato di dirvelo). Ne fa a meno quasi sempre: solo un individuo ogni cento, o ogni mille forse particolarmente longevo, un bel po’ di tempo dopo essersi riprodotto, si trasforma in un animale diverso… Neotenia, ecco come si chiama questo imbroglio: quando un animale si riproduce allo stato di larva».[1]

Lasciamo andare il contesto della novella Angelica Farfalla di Primo Levi: resta il fatto che un letterato ha visto in questa “eccezione” biologica tale un sapore utopico, da costruirvi sopra la storia di una manipolazione genetica, che parte dal presupposto «che altri animali, forse molti, forse tutti, forse anche l’uomo, abbiano qualcosa in serbo, una potenzialità, una ulteriore capacità di sviluppo. Che al di là di ogni sospetto, si trovino allo stato di abbozzi, di bruttecopie e possano diventare altri.. Che, insomma, neotenici siamo anche noi».[2]

Leggi tutto

Yanis Varoufakis: Un New Deal per la Grecia

znetitaly

Un New Deal per la Grecia

di Yanis Varoufakis

Tre mesi di negoziati tra il governo greco e i nostri partner europei e internazionali hanno portato a molta convergenza sui passi necessari per superare anni di crisi economica e per realizzare una ripresa sostenuta in Grecia. Ma non hanno ancora prodotto un accordo. Perché? Quali passi sono necessari per produrre un programma di riforme attuabili e mutuamente concordato?

Noi e i nostri partner siamo già d’accordo su molto. Il sistema fiscale greco va rinnovato e le autorità fiscali devono essere liberate dall’influenza politica e delle imprese. Il sistema previdenziale è sofferente. I circuiti creditizi dell’economia sono a pezzi. Il mercato del lavoro è stato devastato dalla crisi ed è profondamente segmentato, con la crescita della produttività in stallo. L’amministrazione pubblica ha urgente necessità di modernizzazione e le risorse pubbliche devono essere utilizzate in modo più efficiente. Ostacoli schiaccianti bloccano la creazione di nuove imprese. La concorrenza nei mercati produttivi è troppo circoscritta. E la disuguaglianza ha raggiunto livelli vergognosi, impedendo alla società di unirsi su riforme essenziali.

A parte convenire su questo, l’accordo su un nuovo modello di sviluppo per la Grecia richiede il superamento di due ostacoli. Innanzitutto dobbiamo concordare su come affrontare il consolidamento fiscale greco. In secondo luogo abbiamo bisogno di un generale programma di riforme, concordato tra tutti, che sostenga il percorso di consolidamento e ispiri la fiducia della società greca. Leggi tutto


ilsimplicissimus: Europa: quei “dilettanti” contro la democrazia

ilsimplicissimus

Europa: quei “dilettanti” contro la democrazia

di ilsimplicissimus

Mentre siamo in attesa dell’Italicum che ci permetterà di assaporare le delizie dell’oligarchia nazionale, quella europea già instauratasi alla faccia degli altrismi non si sa bene se frutto di illusioni, di cecità o di “intelligenza col nemico” come si diceva una volta, ha messo a segno alcuni colpi da maestro sulla strada che porta fuori dalla democrazia verso il governo improprio di multinazionali e finanza.

In primo luogo l’Eurogruppo, ovvero i 18 ministri della finanze dell’area euro hanno sparato a zero contro Varoufakis colpevole di non piegarsi all’imposizione di politiche antisociali in cambio di elemosine centellinate per tenere lo stato greco sempre sull’orlo della bancarotta. Il presidente di questo consesso, tale  Jeroen Dijsselbloem, abituato a spadroneggiare,  ha accusato il ministro greco delle finanze di “essere un dilettante”. Ora il fatto è che Varoufakis bene o male è un docente di economia proprio nelle ipervalutate università anglossassoni da cui pendono  i liberisti al modo di certe ghiandole riproduttive, mentre il povero Dijsselbloem, boero di ultradestra è solo un laureato in agraria presso una piccola università olandese. Per di più quando divenne ministro delle finanze dei Paesi Bassi per mostrarsi degno della carica falsificò il curriculum e inventò un master in economia ottenuto presso l’università di Cork. In realtà non aveva mai ottenuto alcun titolo del genere e pare che sia rimasto nella cittadina irlandese due mesi a occuparsi di food business. Leggi tutto


Antonella Stirati: Il primo maggio del Jobs act

economiaepolitica

Il primo maggio del Jobs act

Antonella Stirati

Il mondo del lavoro in Italia è da molti anni in sofferenza, per la stagnazione dei redditi, per la continua perdita di posti di lavoro, per le grandi difficoltà dei disoccupati giovani e meno giovani che non riescono a trovare un lavoro o rimangono intrappolati nella precarietà. In questo periodo però sembra circolare un certo ottimismo sul futuro. Ma c’è davvero in vista una ripresa dell’occupazione? E cosa ci possiamo aspettare dal Jobs act? Dal governo e dai media arrivano messaggi  fortemente positivi al riguardo, ma è lecito avere qualche dubbio.

I principali ‘ingredienti’ dell’ennesima riforma del mercato del lavoro da cui ci si aspetta un miglioramento dell’occupazione sono due: la facilità di licenziare i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, salvo un indennizzo monetario crescente nel tempo, ma che è molto basso nei primi anni (due mensilità) e l’incentivo economico consistente nel fatto che per tre anni a partire dal 2015 i datori di lavoro non pagheranno i contributi sui nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato – tali contributi verranno pagati, a posto delle imprese, dalla ‘fiscalità generale’ cioè dalle tasse dei cittadini. Leggi tutto


Danilo Corradi: Le forze del lavoro

antiper

Le forze del lavoro

di Danilo Corradi

Recensione al libro Beverly J. Silver, Le forze del lavoro. Movimenti operai e globalizzazione dal 1870, Bruno Mondadori, Milano 2008, pp. 312*

wotwuLe forze del lavoro è un libro di straordinario interesse, frutto di un lavoro collettivo sulle trasformazioni del lavoro e sull’evoluzione del conflitto operaio letto da una prospettiva storico-mondiale.

È un tema cui da anni si interessa un’ampia letteratura, la quale muove dalla domanda cruciale sulle cause della crisi del movimento operaio degli ultimi 30 anni. Una domanda sul passato che interroga il futuro, che potremmo esporre così: è possibile considerare questa crisi come strutturale e dunque definitiva, o siamo di fronte a un’epoca di trasformazione e transizione che collocherà e rilancerà il conflitto operaio su una nuova dimensione?

Quello di Silver è uno di quei rari testi capace di segnare una discontinuità metodologica, prospettica e analitica di cui difficilmente si potrà non tenere conto in futuro.

La prima novità dello studio risiede nello stesso strumento empirico costruito appositamente per analizzare l’evoluzione dei conflitti del/sul lavoro: il World Labour Group. Il WLG è infatti una mappatura storica mondiale dei conflitti operai costruita sulla base della schedatura quantitativo-qualitativa sistematica delle “agitazioni operaie”, costruita attraverso gli articoli apparsi sul «New York Times» e sul «Times» di Londra dal 1870 a oggi. Leggi tutto


Jordi Borja: Podemos e la democratizzazione della democrazia

lostraniero

Podemos e la democratizzazione della democrazia

Jordi Borja

Diego
                    Velasquez Peasants at Table
                    grandemIn Spagna, così come in altri paesi d’Europa, lo scenario politico si presenta vuoto, nonostante in esso si muovano fantasmi di un tempo passato, che – si spera – non potrà più tornare. I vecchi attori transitano per la scena, gesticolano senza grazia e senza senso, declamano una retorica antica che non interesserebbe e alla quale neppure crederebbe il pubblico, se vi fosse presente. In realtà, il teatro della politica è senza pubblico semplicemente perché manca l’opera. Gli attori rimangono in scena unicamente per sopravvivere, per contendersi quel che resta del naufragio. Sono i resti di una democrazia imperfetta e incompiuta, degenerata in un’oligarchia politica autistica, a volte corrotta, quasi sempre in preda all’ansia di sopravvivere: un’oligarchia economica speculativa e depredatrice senz’altro scopo che il lucro, culturalmente meschina e socialmente sfruttatrice. E la società? In fase di ricostruzione come “popolo”, l’opera che manca al teatro sta prendendo forma a partire dalla cultura e dai movimenti sociali, dalle molteplici forme del pensiero critico e delle rivendicazioni collettive, dalle organizzazioni storiche e, soprattutto, da forme organizzative del tutto nuove, anche nel linguaggio. E, ancora, dai nuovi processi di rappresentazione politica di questo popolo che inizia a emergere. Nello scenario politico spettrale compaiono nuovi attori. L’opera ancora non esiste, c’è solo una diversità nei gesti e nella grida, nelle pretese sparse e nelle necessità concrete. Leggi tutto


Valeria Nicoletti: Le città fallite

doppiozero

Le città fallite

Valeria Nicoletti

chefare
                    valeria nicoletti
                    cittafallite 29 04 15 le mani sulla citta«Roma ha accumulato 22 miliardi di euro di deficit ed è una città praticamente fallita. Alessandria è stata dichiarata in default per un debito di 200 milioni. Parma ha un buco di bilancio di 850 milioni. Napoli è in stato di pre-dissesto. L’Aquila è ancora un cumulo di macerie, perché la ricostruzione non ha finanziamenti adeguati. Sono 180 i comuni italiani commissariati per fallimento economico». Basta un breve elenco per afferrare il perché del titolo dell’ultimo libro di Paolo Berdini, urbanista, ingegnere e scrittore, da tempo impegnato contro il consumo del suolo italiano, autore de Le città fallite, edito da Donzelli (2014).

«Le città, purtroppo e per fortuna, non sono equazioni matematiche, dove è sufficiente far quadrare una formula per risanare i bilanci. Le città sono, prima di tutto, luoghi ed esistenze». Così, attraverso un’accurata parabola storica, Berdini ricostruisce l'involuzione delle metropoli italiane, dall'avvento di Tangentopoli al recente Sblocca Italia fino allo scempio delle grandi opere contemporanee, raccontando come la città, vittima di una scellerata deregolamentazione, si sia trasformata gradualmente in un conto economico, o peggio, un’impresa, dove basta licenziare gli elementi disturbatori per risolvere il problema.

«Le città del neoliberismo diventano sempre più grandi e più ingiuste, perché l’economia dominante ha smesso di investire sulle città e sui territori» che, perdendo ogni connotazione sociale, si mutano in luoghi sempre più simili a campi neutrali dove far circolare flussi di denaro, «esclusivi oggetti economici dominati da flussi di investimento che prescindono dalle specificità dei luoghi e dai bisogni della popolazione». Leggi tutto


Dante Barontini: L'ora del repulisti nel regime

contropiano2

L'ora del repulisti nel regime

Dante Barontini

Quando avvengono certi strappi è difficile non usare parole forti ed evocare confronti storici. Quindi è meglio mantenere un controllo analitico freddo, per vedere se certe parole sono giustificate o meno.

La vicenda della sostituzione di ben dieci esponenti della minoranza Pd dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera è in sé senza senza precedenti storici. Così come è l'uscita dai lavori della Commissione di tutte le opposizioni, per quanto finte alcune possano essere (Sel, Forza Italia e Lega). Di fatto, non c'è rimasto più nessuno a controllare che una legge decisiva per la formazione dei futuri parlamenti e governi - come quella elettorale - rispetti i confini, e soprattutto i princìpi, della Costituzione repubblicana.

La "qualità" delle cariche ricoperte in passato dai "rimossi" (un ex segretario come Bersani, l'ex avversario di Renzi alle primarie, Cuperlo, la responsabile dell'Antimafia Rosy Bindi, un ex ministro come Pollastrini, ecc) e la qualità ignota dei sostituti (l'unico noto alle cronache è non a caso quel Patrirca che si è fatto le ossa e forse non solo nel "terzo settore") è forse ancora più indicativa della necessità renziana di eliminare quasi fisicamente chi non è ai suoi ordini per qualche motivo non dichiarabile. Leggi tutto


Fabrizio Marchi: Kobane, l’ultimo mito della “sinistra” occidentale

linterferenza

Kobane, l’ultimo mito della “sinistra” occidentale

Fabrizio Marchi

Non ho potuto fare a meno di riflettere sulle ragioni che hanno provocato nella “sinistra” tanto entusiasmo per la vicenda di Kobane, la città curda assediata dall’Isis e ora finalmente libera da quell’incubo, con il contributo determinante, piaccia o no è un fatto, dei bombardamenti della NATO (già immagino l’espressione a dir poco stupefatta di tutti coloro che già da tempo celebrano Kobane come la Comune di Parigi del XXI secolo…)

Entusiasmo più o meno condiviso da tutti; sicuramente da tutti i media occidentali. E allora qualche domanda sorge spontanea, specie per quelli come il sottoscritto che non hanno perso il vizio di chiedersi il perché delle cose.

Perché, dunque, non si sostengono con la stessa enfasi e con lo stesso spirito militante i combattenti di Hezbollah o di Hamas in Libano e in Palestina o quelli del Donbass in Ucraina? (che non lo facciano i media occidentali è del tutto ovvio e scontato, ma la “sinistra”?)

Forse perché sono troppo poco ecologisti, femministi e “di sinistra”? Se così fosse sarebbe un modo di ragionare un po’ troppo autoreferenziale. Anche perché –ce lo dobbiamo dire – la lotta dei curdi di Kobane è stata sostenuta da tutti, ma veramente da tutti, in primis dall’Occidente (addirittura dall’Arabia Saudita, anch’essa interessata a ridimensionare quella che in gran parte è una sua creatura..) in tutte le sue declinazioni politiche, da “destra” a “sinistra”, e non solo a chiacchiere, ma a suon di bombe della NATO sulla testa dei miliziani dell’Isis (che comunque se le meritano tutte, sia chiaro, anche se sono della NATO…). Leggi tutto


Marco Bertorello: Crisi, quando a crescere è solo la stagnazione

micromega

Crisi, quando a crescere è solo la stagnazione

di Marco Bertorello

stagnazione
                    economica bertorello
                    510Come un mantra il governo ripete che siamo in ripresa economica, in realtà – dati alla mano – la crescita è minima e sul tesoretto a disposizione si sta aprendo un gran dibattito mediatico e popolare su come utilizzarlo. Ma quello in corso è davvero un nuovo inizio oppure siamo ancora in fondo al tunnel, con la luce sempre lontana?

 

Quell'araba fenice della crescita

Non tutti si accodano al coro enfatico sul ritorno della ripresa1. Il Sole 24 Ore, ad esempio, commentando i recenti dati dell'Istat e del Centro studi di Confindustria sulla produzione (-0.2% a febbraio su base annua e +0,1% a marzo rispetto al mese precedente), scriveva che la ripresa «per l'economia italiana, assomiglia in modo preoccupante alla descrizione fatta dallo scrittore Edoardo Galeano a proposito dell'utopia: “Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là»2. Insomma i risicati decimali positivi o negativi non ci dicono un bel niente se non vengono contestualizzati in una serie di lungo periodo e soprattutto se non vengono incasellati nel quadro generale dell'economia mondiale. Leggi tutto


Wolf Bukowski: Slow Food, Coop e Eataly: la sinistra di facciata

vulcano

Slow Food, Coop e Eataly: la sinistra di facciata

Due chiacchiere con Wolf Bukowski*

SlowFoodThera06676 1024x768Dopo la recente pubblicazione del suo ultimo libro, La danza delle mozzarelle (Consulenza editoriale Wu Ming 1, Edizioni Alegre), Wolf Bukowski è apparso sul Corriere, Il Manifesto, Il Fatto Quotidiano, è stato ospite di Radio popolare e a Milano del Festival Statale Antifascista e Antirazzista insieme a Genuino Clandestino. Scrittore e guest blogger del sito dei Wu Ming, Giap, nel suo libro non lascia spazio a sottintesi: quello di Slow Food e Eataly è un sogno “tramutato in un incubo turbocapitalista fatto di ipermercati, gestione privatistica dei centri cittadini, precarietà per i lavoratori”.

 

In passato hai scritto di memoria, territorio e Grandi Opere. Com’è nata l’idea di questo libro? Qual è il messaggio che volevi veicolare e a chi è indirizzato?

L’idea nasce da una parte per un mio interesse verso le questioni del cibo – soprattutto per i suoi aspetti politici, sociali ed economici – e dall’altra per delle ricerche che avevo fatto sulla politica italiana negli anni ’80. La vicenda di cui parlo nel libro si interseca con quelle della sinistra italiana nelle sue varie accezioni. E infatti racconto la storia del Manifesto, del Gambero Rosso e i rapporti che si costruiscono tra associazioni che nascono a sinistra come Slow Food, con aziende che hanno un rapporto con la sinistra istituzionale come le Coop e infine con Eataly che adesso è quasi identificata con la sinistra del governo. Vedevo che alcune loro scelte erano sempre più orientate verso il mercato e la mistificazione. Leggi tutto


Matteo Cavalleri: La Resistenza al nazi-fascismo

conness precarie

La Resistenza al nazi-fascismo

Una scelta che «non si poteva non fare»

Matteo Cavalleri

partigiani 300x191Gli anniversari a cifra tonda portano spesso con sé il rischio di nevrosi commemorative, i cui sintomi consistono nel manifestare con estrema intensità quelle tendenze celebrative museificanti e agiografiche – comunque sempre presenti – che comportano la corrosione del significato stesso che le date costudiscono. Questo settantesimo della Liberazione sembra non sfuggire alla diagnosi. Ecco perché può risultare politicamente decisivo pensare il 25 aprile dalla prospettiva dell’8 settembre 1943. Un gesto di strabismo teso a cogliere – nel tempo difficile, denso e sospeso del decidersi per la Resistenza – il portato di verità che ha innervato l’intera esperienza della lotta al nazi-fascismo. Che ha espresso una pratica d’azione e pensiero in grado di reggere il peso della scelta e della parte. E che ancora ci interpella.

 

Licenziando, nell’aprile del 1945, la prefazione al suo Un uomo, un partigiano lo storico – e poi militante politico – Roberto Battaglia si presenta al lettore con un rivelatore cameo biografico: «l’8 settembre 1943 ero un tranquillo studioso di storia dell’arte, chiuso in un cerchio limitato di interessi e di amicizie; l’anno dopo, l’8 agosto, ebbi il comando d’una divisione partigiana che ha dato più di un fastidio al tedesco». Leggi tutto

 

I più letti degli ultimi tre mesi



Clicca qui se vuoi cancellarti

tonino

unread,
May 8, 2015, 6:30:36 AM5/8/15
to sante gorini

Aldo Giannuli: Ucraina, che succede?

aldogiannuli

Ucraina, che succede?

Aldo Giannuli

Da diversi mesi è andata scemando l’attenzione verso la situazione ucraina, quel che ha ingenerato nell’opinione pubblica l’idea che un qualche accomodamento stia maturando nei fatti e che la crisi abbia imboccato la via di una soluzione. Niente di più sbagliato: in questi mesi le cose non hanno fatto che peggiorare, anche se i combattimenti sono momentaneamente diminuiti di numero ed intensità, rispetto alla fase precedente.

E’ dal punto di vista politico che la situazione è diventata sempre più compromessa. Decisivo in questo calo di attenzione è stato il diversivo della situazione in Libia e l’inconcludente dibattito “Interveniamo/Non interveniamo”. Gli italiani si sono convinti che il pericolo più immediato venga dalla “quarta sponda” ed hanno distolto lo sguardo da quella che, invece, è davvero la crisi più pericolosa.

Ci troviamo di fronte ad una riduzione secca dei margini di mediazione, il che non fa per nulla sperare in bene. Le sanzioni economiche alla Russia (unitamente al crollo dei prezzi energetici) hanno effettivamente indebolito Mosca spingendola sulla soglia del default, ma questo (oltre che far temere una nuova ondata di crolli finanziari) non ha affatto giocato a favore di una mediazione, ma, al contrario, ha spinto Putin su posizioni più intransigenti, anche perché (e l’omicidio Nemtsov lo ha segnalato) è probabile che ci siano movimenti interni che non gli consentono di fare altro. Leggi tutto


Comidad: Da Calipari a Lo Porto

comidad

Da Calipari a Lo Porto

Le vittime della pace imperialista

Comidad

Persino gli organi di stampa più conformisti non hanno potuto fare a meno di sottolineare la coincidenza temporale dell'uccisione del "cooperante" italiano Giovanni Lo Porto in Afghanistan, con quella del funzionario del SISDE Nicola Calipari, avvenuta nel marzo di dieci anni fa in Iraq. Come molti "cooperanti" e giornalisti in zona di guerra, anche Giovanni Lo Porto era, probabilmente, un agente o un sub-agente dei servizi segreti, perciò la sua "involontaria" esecuzione da parte di un drone USA (almeno secondo la versione ufficiale), conferma che lo status di "alleato" copre molto poco dal sedicente "fuoco amico".

Tra le caratteristiche dell'imperialismo, c'è quella di annullare la differenza tra pace e guerra. La dichiarazione di guerra è stata cancellata dal diritto internazionale, tanto l'imperialismo è sempre in guerra, soprattutto quando è in "pace". Guerra commerciale tramite le sanzioni economiche, e guerra a bassa intensità attraverso il terrorismo e il sedicente antiterrorismo, determinano uno stato di tensione permanente. Ma l'imperialismo annulla anzitutto la distinzione tra nemico ed "alleato". Leggi tutto


Enrico Grazzini: Le trattative tra Tsipras e Merkel dimostrano che l'Europa è già fallita

micromega

Le trattative tra Tsipras e Merkel dimostrano che l'Europa è già fallita

di Enrico Grazzini

euro in
                    frantumi 620x264In apparenza Tsipras e Merkel si stanno giocando il futuro dell'Europa. Ma in effetti, il sogno europeo è già morto e sepolto sotto i colpi dell'euro-marco. Comunque vadano le trattative tra la Grecia del socialista Alexis Tsipras e l'Unione Europea, guidata dal mastino Angela Merkel, il destino dell'Unione Europea è già segnato. Le illusioni di una Europa più forte e più giusta sono ormai del tutto ingiustificate. La UE è ormai apertamente nemica dei popoli. L'Europa è ormai solo l'alibi dei governi europei di tutti i colori per imporre le riforme strutturali neo-liberali volute dalla grande finanza: riduzione del costo del lavoro, disoccupazione, abbattimento selvaggio del welfare, privatizzazioni, compressione dei diritti sociali e politici, riduzione della democrazia a feticcio formale.

Le regole europee della moneta soffocano l'Europa, ma nessuna regola vincola invece la grande finanza. “Vi tolgo tutto in nome dell'Europa”. Questo è ormai lo slogan dei governi “europeisti” per perseguire drastiche politiche di destra, come quelle di Matteo Renzi. I governi europei e le elite dirigenti delle nazioni europee sono diventati dei semplici portavoce di interessi sovranazionali – istituzioni europee e grande finanza – che perseguono politiche di prolungamento della crisi. Leggi tutto


Domenico Mario Nuti: Grecia, la misura è colma

sbilanciamoci

Grecia, la misura è colma

di Domenico Mario Nuti

Una domanda di uscita unilaterale della Grecia dall’Ue avrebbe effetto solo due anni dopo, lasciando ampio tempo per eventuali rinegoziazioni. Ma potrebbe essere un modo efficace e rapido di far venire a più miti consigli Schäuble e gli altri falchi della troika che hanno traumatizzato il paese spingendola verso il default a tutti i costi

hopperNei panni di Alexis Tsipras farei domanda immediatamente perchè la Grecia lasciasse unilateralmente l'Unione europea, come previsto dall'art. 50 del TUE (versione consolidata del Trattato sull'Unione europea, Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, C 115/15, 9/5/2008).

Dall’inizio della crisi della Grecia nel 2010 la Troika (scusatemi, ora si deve dire “le istituzioni internazionali") ha impegnato nel suo salvataggio circa 245 miliardi di euro, ossia più di quanto sarebbe stato sufficiente a quell’epoca a estinguere l'intero debito greco. Tutti sanno che questi fondi non hanno beneficiato i greci ma sono andati quasi interamente a salvare le banche francesi, svizzere e tedesche dalla loro massiccia esposizione ai titoli di stato greci. E nel Financial Times del 21 aprile Martin Wolf demistifica la "mitologia" greca, tra cui il mito che "la Grecia non ha fatto nulla":

"La Grecia ha subìto un enorme aggiustamento dei saldi del suo bilancio pubblico e dei suoi conti con l’estero. Tra il 2009 e il 2014, il saldo primario di bilancio (al lordo degli interessi) si è ridotto del 12 per cento del PIL, il disavanzo di bilancio strutturale del 20 per cento del PIL e il saldo delle partite correnti del 12 per cento del PIL."

Leggi tutto

Mario Cassa: Nietzsche, profezia o innocenza

tysm

Nietzsche, profezia o innocenza

di Mario Cassa

nietzscheTra i Frammenti postumi (nov. ’87 – marzo ’88) di Nietzsche si trova un testo, spesso citato, che porta il titolo di Prefazione (Vorrede).

Testo noto e citato, dicevo, quello di questo Vorrede, ma poche volte misurato nel suo significato di discorso estremo, decisivo; poche volte letto con quello stato d’animo che qui più che mai Nietzsche esige; così come lo dice in apertura del testo stesso: «Le cose grandi esigono che di loro si taccia o si parli con grandezza: con grandezza, cioè cinicamente e con innocenza». Ed ecco dunque, di seguito, il testo dei capoversi 2, 3 e 4:); una delle ultime prefazioni per quella Volontà di potenza che non prenderà mai forma definitiva. I frammenti prenderanno forma infine nell’ultima invenzione artistica, letteraria furente e fulminea: il Crepuscolo degli idoli e l’Anticristo.

Testo insuperabile quello dei frammenti postumi; perché gelidi, nudi d’ogni veste letteraria, d’ogni “menzogna” artistica, d’ogni “opera d’arte”.

– «Ciò che racconto è la storia dei prossimi due secoli. Descrivo ciò che verrà, ciò che non potrà più venire diversamente: l’avvento del nihilismo. Questa storia può essere raccontata già oggi, poiché qui è all’opera la necessità stessa. Questo futuro parla già con cento segni, questo destino si annunzia dappertutto: tutte le orecchie sono già ritte per questa musica del futuro. Leggi tutto


Francesco Santoianni: Cosa votiamo alle elezioni regionali?

francescosantoianni

Cosa votiamo alle elezioni regionali?

Francesco Santoianni

Già la tentazione di starsene a casa il 31 maggio era forte; ma, tramontata la lista “Maggio”, quello che resta da scegliere sulla scheda fa davvero cadere le braccia.

Intanto, c’è un PD che, dovendo lasciare la Campania a Berlusconi-Alfano, presenta De Luca: ha già perso contro Caldoro alle precedenti regionali ma il suo status di condannato fa comodo a Renzi per scardinare la Legge Severino e mettere a tappeto chi si ostina a parlare di “questione morale”. In più Renzi permette a De Luca – suo sottosegretario – di ammantarsi di una aureola di burbero “ribelle ai sistema dei partiti” che torna sempre comodo per cavalcare l’onda dell’antipolitica. Se pensate di votarlo per questo o per l’”eccezionale bravura dimostrata come  Sindaco di Salerno”, o perché lo ritenete diverso o migliore di Renzi, lasciate perdere questo articolo e tornate a rimpiangere Bassolino.

Poi ci sarebbe la terrificante lista “Sinistra al lavoro per la Campania”: in pratica, Rifondazione e SEL alla solita, disperata, ricerca di qualche briciola che cade dal desco del Centrosinistra. Roba da Sinistra Arcobaleno, per capirci. Se giudicate da ciò che uno dice e non da quello che ha già fatto, questa Lista fa per voi. Io me ne guardo bene. Leggi tutto


Massimo Nicolazzi: Apologia del barcone

limes

Apologia del barcone

di Massimo Nicolazzi

Pur di provare ad arrivare in Europa, i migranti investono i risparmi di famiglia e rischiano consapevolmente la vita nel Sahara e nel Mediterraneo. Continueranno a farlo, se non offriamo loro un altro tour operator

Mare. Tragedia. Abisso. Commozione.

E infine politica (?). Che prende la forma del lasciare il migrante in fondo al mare e dell’annunciare guerra santa al negriero. Inchiodare lo scafista sul bagnasciuga e magari fargli a pezzi il barcone. Fermare e sconfiggere i novelli trafficanti di umani. Per umanità e in nome dell’umanità.

Qui però qualche neurone sembra incidentarsi, forse sovraccarico (di falsa coscienza?). Il trafficante/schiavista classico acquistava in piena proprietà umani schiavi; e schiavi li rivendeva a un compratore.

L’armatore del barcone si fa pagare il viaggio da un uomo “libero”; e libero (?) lo sbarca a fine traversata. È sicuramente un criminale, ma la vittima dei suoi crimini è un suo cliente, non un suo schiavo. Il presunto negriero, in realtà, è un tour operator. Promette la traversata del Sahara con mezzi di fortuna e acqua e cibo non garantiti; poi quella del Mediterraneo con mezzi in condizioni di galleggiamento precario. Leggi tutto


Alfonso Gianni: Italicum for president. La legge serve per l’elezione diretta

manifesto

Italicum for president. La legge serve per l’elezione diretta

Alfonso Gianni

Pre­mier Ita­li­cum, lo ha nomato Ilvo Dia­manti. Stiamo par­lando di Mat­teo Renzi, natu­ral­mente. Dif­fi­cile tro­vare un epi­teto più azzec­cato per il pre­si­dente del con­si­glio se gli riu­scirà il colpo grosso di por­tare a casa, tra voti di fidu­cia, ricatti poli­tici e psi­co­lo­gici, minacce di fine anti­ci­pata e trau­ma­tica della legi­sla­tura, la legge elet­to­rale cui ha legato, inu­si­ta­ta­mente, le sorti del pro­prio governo. In effetti Rosi Bindi ha rile­vato quanto sia impro­prio che un governo ritenga vitale per la pro­pria soprav­vi­venza un pro­getto su una mate­ria che dovrebbe essere di squi­sita per­ti­nenza par­la­men­tare, come la legge elettorale.

Ma non si tratta di una stra­va­ganza o sem­pli­ce­mente di un atto estremo di arro­ganza. Il pro­blema è che l’Italicum è molto di più e peg­gio di una legge elet­to­rale, anche se in quanto tale già fa rim­pian­gere i bei tempi della legge truffa di Alcide De Gasperi, dove almeno il pre­mio di mag­gio­ranza veniva dato a chi già ce la aveva per con­fe­ri­mento elettorale.

In realtà con l’Italicum si vuole cam­biare nel pro­fondo la natura dello Stato ita­liano, modi­fi­can­done la strut­tura isti­tu­zio­nale, i rap­porti tra i poteri, i ruoli dei mede­simi senza pas­sare attra­verso una espli­cita modi­fica del det­tato costi­tu­zio­nale. E’ quanto emerge dalle parole dei suoi stessi inven­tori e soste­ni­tori, cui con­viene pre­stare la dovuta atten­zione. Roberto D’Alimonte deve odiare a tal punto il prin­ci­pio di non con­trad­di­zione, da riu­scire, nello stesso arti­colo, a con­trad­dire pale­se­mente sé stesso. Leggi tutto


Franco Berardi Bifo: Dalla parte dei teppisti

effimera

Dalla parte dei teppisti 

di Franco Berardi Bifo

La manifestazione NoExpo-Mayday del 1 maggio 2015 a Milano sarà sicuramente al centro di un vivace dibattito,  cui Effimera non intende sottrarsi. Pubblichiamo come primo contributo un testo di Bifo. Seguiranno altri commenti

Di prima mattina ho fatto una ricognizione per Milano per decidere che fare.

Piovigginava e l’asma mi rallentava il passo: dopo aver camminato un’oretta ho capito che era meglio tornarmene a Bologna. Si sapeva che a un certo punto sarebbe scoppiata la baraonda. La polizia non poteva farci niente per una ragione facile da capire: gli occhi di tutto il mondo erano puntati sull’inaugurazione dell’EXPO, un morto nelle strade di Milano non sarebbe stato buona pubblicità. A Genova quindici anni fa (come passa il tempo!) il potere intendeva dimostrare che i grandi del mondo sono inavvicinabili e se ci provi ti ammazzo. A Milano intendeva dimostrare di essere tollerante. Da una parte si fa festa con Armani e Boccelli perché ormai i giovani sono talmente frollati dalla disperazione che fanno la fila per poter servire gratis al tavolo di Monsanto e di McDonald. Dall’altra si permette di sfilare a qualche migliaio di sessantenni i quali, poveretti, credono che per telefonare ci vuole il gettone, e quindi sono ancora dietro a quelle vecchie storie dei diritti.

Poi tremila teppisti hanno rovinato il banchetto, tutto qui.

Ho letto l’articolo di Luca Fazio e vorrei esprimere un’opinione diversa dalla sua. Fazio scrive che i teppisti hanno rovinato una manifestazione democratica. Leggi tutto


∫connessioni precarie: Questioni di prospettiva

conness precarie

Questioni di prospettiva

Un giudizio politico su Expo, Mayday e dintorni

∫connessioni precarie

20150504
                    c5 noexpoIl primo maggio è passato, lasciando dietro di sé qualcosa di più delle macchine bruciate, delle vetrine rotte, degli abiti neri abbandonati per strada. Oltre all’Expo trionfalmente aperta, il primo maggio lascia dietro di sé l’immagine plastica di un movimento che, nonostante sia riuscito a mobilitare 30.000 persone per la Mayday, si scopre politicamente impotente.

Alla fine è successo quello che tutti prevedevano, anche se molti avevano detto di volerlo evitare: la logica dell’evento si è imposta su quella del processo, della costruzione, dell’accumulazione e della condivisione di forza. Ora scoprire che i media mainstream si comportano da media mainstream è quanto meno fuori luogo. Ora il botta e risposta contabile sui costi di Expo paragonati ai costi dei danneggiamenti lascia francamente il tempo che trova. Ora risolvere tutto facendo appello alle ragioni della spontaneità arrabbiata è quanto meno insufficiente. Ciò che è successo non può essere risolto grazie a un’estetica del riot che non riesce a coprire i limiti collettivi di progettualità politica, anche perché la definizione corrente di riot si avvicina sempre più pericolosamente a quella di una rivolta magari intensa, ma istantanea e destinata a essere riassorbita senza particolari problemi dall’oggettiva e dispotica supremazia militare e simbolica dello Stato. Se il riot esiste solo nel giorno in cui avviene, a cosa serve il riot? Leggi tutto


Militant: militant Le ragioni economiche della guerra prossima ventura

militant

Le ragioni economiche della guerra prossima ventura

Militant

Riportiamo il nostro contributo ad una recente iniziativa della Rete dei Comunisti, “Guerra alla guerra”. La questione guerra sarà sempre più l’argomento politico all’ordine del giorno, motivo per cui prima ci attrezziamo, anche culturalmente, a capirne le radici e gli sbocchi, meglio ci troveremo rispetto a chi, come spesso nel corso della storia, si troverà la dura realtà davanti in tutta la sua forza tellurica.

00027706Vorrei iniziare partendo da alcuni dati di uno studio commissionato dalla CIA ad alcuni economisti ed analisti finanziari. Si tratta di un lavoro consultabile online sul sito della Goldman Sachs e che nella sua organicità propone un quadro che, forse meglio di tante altre parole, anticipa il senso del nostro contributo. Secondo questo studio, nel decennio a cavallo del 2050 il PIL della Cina è destinato a superare sia quello della Ue che quello degli USA, mentre quello indiano sarebbe diretto verso un analogo risultato anche se con diversi anni di ritardo: stiamo parlando di due paesi che già oggi rappresentano insieme più del 40% della popolazione mondiale; per contro, la crescita prevista dei paesi dell’Unione Europea e degli Stati  Uniti non sarebbe superiore al 30% per ogni decade, pari a circa il 3% annuo. Si tratta ovviamente di proiezioni e non di premonizioni e come tali vanno considerate, eppure data “l’autorevolezza” della fonte è innegabile che questi dati facciamo emergere alcune questioni di fondo.

Ho voluto citare questo studio perché come collettivo crediamo che la crisi esplosa con il fallimento della Lehman Brothers nel settembre del 2008 debba essere letta anche come crisi dell’egemonia dell’imperialismo statunitense, e che solo da questa prospettiva e dalla susseguente lotta per determinare i nuovi equilibri globali sia possibile provare ad interpretare e comprendere i conflitti in corso e le spinte neocolonialiste che gli fanno da corollario. Leggi tutto


Saïd Boumama: I fondamenti storici e ideologici del razzismo "rispettabile" della "sinistra" francese

comedonchisciotte

I fondamenti storici e ideologici del razzismo "rispettabile" della "sinistra" francese

di Saïd Boumama

L’affrancamento della parola e dei passaggi all’atto islamofobico dopo gli attentati di gennaio 2015 rilevano l’ampiezza del “razzismo rispettabile” all'interno della sinistra francese. Questo ci porta a riproporre uno dei nostri testi pubblicato nell’aprile 2012 nella rivista Que faire.

l43 francia velo islam 120329220419 bigPresa di posizione in favore di una legge sul velo a scuola nel 2004, sostegno più o meno dato e più o meno netto agli interventi imperialisti in Afghanistan, Iraq, Libia, tematica dell’integrazione per riflettere sulle questioni legate all’immigrazione, approccio dogmatico della laicità scissa dalle questioni sociali, etc.

Questi recenti esempi di posizioni prese da organizzazioni e da partiti che si definiscono di “sinistra” o di “estrema sinistra” fanno eco ad altri più lontani: assenza o denuncia ambigua della colonizzazione, assenza o ambiguità del sostegno alle lotte di liberazione nazionali negli anni Cinquanta, silenzio assordante protratto nei decenni circa i massacri coloniali dalla conquista del 17 ottobre 1961 passando per i crimini del Madagascar (1947), del Camerun (1955-1960), etc. Le costanti tra ieri ed oggi sono tali che ci sembra necessario ricercarne le cause ideologiche e materiali. Esistono dei retaggi ingombranti che conviene rendere visibili, altrimenti la riproduzione delle stesse trappole ideologiche ricondurrebbe alla stessa cecità ed agli stessi impasse politici.

Leggi tutto

Alessandra Daniele: L’anno della locusta

carmilla

L’anno della locusta

di Alessandra Daniele

”Fascism is a world wide phenomena. Fascism is very much with us today. And it’s still an enemy.” – Philip K. Dick, 1976

Ci sono due grandi verità rivelate in The Man In The High Castle di Philip K. Dick: la prima è che, nonostante le apparenze, i nazifascisti hanno vinto la guerra.

È nella natura della fantascienza essere letteratura resistenziale.  Benché sia sempre esistita anche una fantascienza neofascista, è sempre stata minoritaria. Eppure quest’anno è riuscita ad accaparrarsi il 70% delle nomination al premio Hugo, grazie ai voti convogliati su un paio di liste bloccate da due gruppi che fanno capo all’editore neofascista Theodore Beale (in arte Vox Day) integralista cristiano, convinto assertore dell’inferiorità genetica degli africani – “genetic science presently suggests that we are not equally homo sapiens sapiens” – degli omosessuali, degli atei, e delle donne, alle quali pare toglierebbe ogni diritto, compreso quello di voto, col vetriolo: “a few acid-burned faces is a small price to pay for lasting marriages.”

Sarebbe consolatorio raccontarsi che i fascisti siano riusciti a scalare l’Hugo perché hanno imbrogliato, in realtà hanno soltanto sfruttato un bug del sistema di voto nella sostanziale indifferenza di gran parte del resto del fandom, che s’è mosso in modo tardivo quanto inefficace. Il boicottaggio parziale suggerito adesso dagli addetti ai lavori è un’inutile mezza misura.

La verità è che se i fascisti hanno avuto successo è perché il fandom ha perso gli anticorpi contro il fascismo. Leggi tutto


Girolamo De Michele: Contro La Buona Scuola

euronomade

Contro La Buona Scuola

di Girolamo De Michele

Insegnante a chiamata 011
                        744x445Bad boys, bad boys, whatcha gonna
do whatcha gonna do? (Bob Marley)

Partiamo dalla fine: un ministro1 che, dopo aver degradato uomini e donne del mondo della scuola come «precari di seconda fascia, area Cobas, e molti studenti. Mi hanno detto [sic!] legati ai collettivi universitari, ai centri sociali di Bologna», li etichetta come «squadristi» (qui; ma leggi l’intervista a una delle insegnanti contestatrici, qui). Fatto sta che senza quei docenti insubordinati, non ci sarebbe stato alcuno ad ascoltare un ministro appena saltato da un partito all’altro senza render conto ai propri elettori attraverso le dimissioni2 e un’inutile suppellettile che risponde al nome di Francesca Puglisi, porcellata in parlamento (attraverso la quota garantita del Porcellum, per l’appunto) senza passare dalle primarie – una che quando va bene tace, e che purtroppo per il proprio partito in genere apre bocca rubando il lavoro ai figuranti dello Zelig Circus3.

A fronte di una «minoranza aggressiva che strilla», una «maggioranza di docenti abulica» e affetta da diffusa inerzia: che, detto nel contesto in cui queste parole sono state pronunciate, suona come una chiamata alle armi, un’ennesima esortazione alla mobilitazione di quei docenti affetti da servitù volontaria (che, con buona pace di Frédéric Lordon, esiste) dei quali si chiede adesso il sostegno attivo. Leggi tutto


ilsimplicissimus: Expo, la messa cantata del potere

ilsimplicissimus

Expo, la messa cantata del potere

di ilsimplicissimus

Il troppo stroppia dice un detto popolare. E non c’è dubbio che il grottesco eccesso di misura riguardo ai fatterelli di Milano finisca per stroppiare anche la buona fede di chi è contro la violenza comunque e dovunque. La troppa cenere che  l’area anti expo ritiene di doversi spargere sul capo, le prese di distanza astronomiche e non richieste che vengono da quella galassia che si definisce in qualche modo alternativa alla governance attuale, le contro manifestazioni da strapaese con sindaco dolente in testa, per danni certamente condannabili, ma modestissimi , sono espressione di una profonda deformazione della capacità di giudizio e persino della capacità etica di questo Paese.

Intanto perché disordini e infiltrazioni erano attesi da mesi tanto che è stato messo in piedi un gigantesco apparto antisommossa: così viene anche da pensare che qualcuno sperasse di nascondere dietro qualche vetrina infranta, il marcio, l’impreparazione, i ritardi  che hanno accompagnato ogni fase dell’esposizione  e la futilità gastronomica in cui alla fine si è trascinato il tema di nutrire il pianeta. Non è un caso che gli scontri abbiano sortito sulla stampa straniera qualche titolo di taglio basso, al posto dei trafiletti da poche righe del giorno prima, altro che le prime per l’esposizione di Shanghai. Leggi tutto

 

I più letti degli ultimi tre mesi

tonino

unread,
May 10, 2015, 3:23:53 AM5/10/15
to sante gorini

tonino

unread,
May 17, 2015, 12:10:08 PM5/17/15
to sante gorini

Alberto Burgio: Sul razzismo

pandora

Sul razzismo

intervista ad Alberto Burgio

razzismo francia fabrizio pilotto 660x350Il razzismo può apparire una questione non così cruciale nell’analisi della nostra società. In realtà la sua analisi può invece rivelare meccanismi profondi e illuminare alcuni dei tratti più importanti della nostra contemporaneità. Abbiamo deciso di rivolgerci per questo al prof. Alberto Burgio, professore di Storia della Filosofia all’Università di Bologna, che da diversi anni ormai si è occupato del fenomeno, intuendone la rilevanza e rendendolo oggetto delle sue ricerche (che hanno dato origine a libri come Studi sul razzismo italiano, a cura di e con Luciano Casali, Bologna, CLUEB, 1996; L’invenzione delle razze. Studi su razzismo e revisionismo storico, Roma, Manifestolibri, 1998; Nonostante Auschwitz. Per una storia critica del razzismo europeo, Roma, DeriveApprodi, 2010; Razzismo, con Gianluca Gabrielli, Ediesse, 2012). Per il professor Burgio il razzismo non è un elemento estemporaneo ma qualcosa che si lega alle dinamiche più profonde della contemporaneità. Analizzare questo tema sarà dunque un’occasione per riflettere sul nostro tempo.


Domanda: L’attualità ci pone in maniera sempre più drammatica davanti a fenomeni migratori di portata crescente e al rinascere di atteggiamenti razzisti all’interno delle nostre società.  Per interpretare tale fenomeno lei sottolinea la necessità di comprenderne le radici storiche profonde, al riguardo sottolinea quanto sia importante indagare quella che può esserne definita la genesi. Nel fare ciò lei mette in evidenza nei suoi libri un nesso decisivo che unisce il razzismo alla modernità. In che senso il razzismo può essere definito un fenomeno moderno?

Leggi tutto

Alessandra Daniele: Deja vu

carmilla

Deja vu

di Alessandra Daniele

Periodicamente gli italiani si invaghiscono d’un cazzaro.

Un cialtrone arrogante e pericoloso, interessato quasi esclusivamente al potere e alla fama, che per anni devasta il paese pur di ottenerli e goderseli il più possibile, con la complicità delle corrotte classi dirigenti che lo hanno politicamente prodotto.

Alla sua inevitabile benché sempre tardiva caduta segue un periodo di Quaresima durante il quale tutti invocano onestà, serietà e sobrietà, amministrato da preteschi tecnocrati (altrettanto cialtroni) che dura solo fino al sorgere del successivo cazzaro.

Pur essendomi fortunatamente perduta l’ovvio precedente storico, il tragico Ventennio originale, nella mia breve vita ho comunque già visto ripetersi questo ciclo per intero due volte. Dopo Craxi (1983 – 1992) c’è stato Berlusconi (1994 – 2011), capisco quindi che Renzi e i suoi accoliti si aspettino di durare almeno fino al 2023, sperando addirittura nel 2030.

Leggi tutto

Alberto Bagnai: Sentenza pensioni

ilsussidiario logo

Sentenza pensioni

Un "pasticcio" che fa comodo a banche e assicurazioni

intervista ad Alberto Bagnai

«La vera posta in gioco di questa partita sono gli interessi di banche e grandi gruppi assicurativi, il cui fantoccio ed esecutore passivo oggi è Matteo Renzi come lo era stato Mario Monti prima di lui». Lo afferma Alberto Bagnai, professore di Politica economica all’Università G. D’Annunzio di Pescara, a proposito della sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il blocco della perequazione delle pensioni. Per il professor Bagnai, «si vogliono trasferire al settore finanziario privato tutte le risorse che lo Stato intermedia, con un sistema sul modello degli Usa dove se non godi di forme di previdenza privata sei un morto che cammina». Il vero problema quindi «non è il debito pubblico, che non rappresenta un pericolo per le giovani generazioni come vuole farci credere la Bce, ma il fatto che tutte le ricette economiche della Commissione Ue hanno portato a un impoverimento complessivo».

 

Professore, che cosa ne pensa della sentenza della Corte costituzionale?

La Consulta ha bocciato un provvedimento legislativo fatto male perché scritto in fretta sulla base di una logica dell’emergenza che ci era stata importa dalla Bce, ma che la stessa Commissione Ue aveva sconfessato quasi subito dopo. Questo vero e proprio “pasticcio” è il frutto della lettera della Bce dell’agosto 2011. A settembre 2012 la Commissione Ue pubblicò un rapporto ufficiale dicendo che l’Italia non aveva mai, in nessun anno della crisi, avuto un problema di sostenibilità delle finanze pubbliche di breve periodo.

Leggi tutto

Raffaele Alberto Ventura: Play the riot

prismo

Play the riot

di Raffaele Alberto Ventura

Imbevuti di un immaginario videoludico, i black bloc che hanno assaltato Milano il primo maggio assomigliano più a gamer che a rivoluzionari

playthe cityLe scritte, bisogna leggere le scritte. Così mi ha detto Leonardo Bianchi, che il primo maggio era a Milano e che sugli scontri ha scritto un reportage per VICE. Bisogna leggere le scritte sui muri per capire chi sono questi ragazzi in felpa nera, cosa pensano, cosa vogliono. Bisogna leggere le scritte per interpretare delle pratiche di guerriglia urbana che, malgrado le evidenti analogie e continuità, in qualche modo segnano una rottura rispetto alla vecchia tradizione della sinistra extra-parlamentare. E allora ho letto le scritte. Ho cercato di trattarle come indizi, anzi come tracce di un’ideologia nuova della quale una parte degli antagonisti non è nemmeno consapevole. Espressioni enigmatiche come “AUTONOMIA DIFFUSA MONDIALE”, “WE ARE GOD”, “LIBERI E SELVAGGI”, e poi una che mi ha colpito in particolare, “PLAY THE CITY”. Le ho lette, le ho analizzate, le ho googlate, e quello che ho scoperto mi ha fatto esplodere il cervello.

Milano, 01/05/2015: Play the city (foto Ivan Carozzi).

Oltre che scritta sul muro davanti alla banca UBI di Piazza Cadorna, l’espressione “Play the city” appare su alcuni manifesti affissi in città, che rimandano a loro volta a dei banner pubblicati sulla pagina del Comitato No Expo, che rivendica senza nessuna reticenza le operazioni del primo maggio. Ma cercando su Internet “Play the city”, si capita sul sito di un’azienda vicentina che organizza itinerari turistici per “scoprire la città in modo alternativo” attraverso quelli che vengono definiti “giochi urbani”.

Leggi tutto

Marino Badiale: Un passaggio non aggirabile

badialetringali

Un passaggio non aggirabile

di Marino Badiale

img art 8498 17591. La casa editrice Jaca Book ha iniziato a pubblicare una collana di brevi testi intitolata ai “precursori della decrescita”. La collana è diretta da Serge Latouche, e ogni volumetto è formato da un saggio introduttivo e da una antologia di testi. Si tratta di una iniziativa che nasce a seguito di una analoga collana francese, sempre diretta da Latouche. L'uscita più recente della collana italiana è quella dedicata a Charles Fourier, uno dei più noti fra i “socialisti utopisti” del primo Ottocento. Il libro è curato da Chantal Guillaume, una filosofa che si interessa sia di Fourier (ha partecipato alla creazione della Association d'études fourieristes) sia di decrescita (ha fatto parte fa parte del comitato di redazione di “Entropia”, rivista dedicata appunto al pensiero della decrescita), ed è quindi senz'altro la persona più adatta per discutere sul tema “Fourier e la decrescita”.

Penso che una riflessione su questo tema sia un buon modo per discutere di un problema che mi sta molto a cuore, quello della creazione di un possibile nuovo movimento anticapitalista all'altezza dei problemi attuali, e del ruolo in esso del movimento della decrescita da una parte, e del pensiero marxista dall'altra. È noto che in genere i marxisti sono ostili, o quantomeno diffidenti, nei confronti della decrescita, ritenendo che si tratti di una realtà incapace di contrastare il capitalismo, o magari connivente con esso.

Leggi tutto

Andrea Fumagalli: Partitura per soggetti precari e pratiche politiche

effimera

Partitura per soggetti precari e pratiche politiche

di Andrea Fumagalli

Continuiamo il dibattito post 1 maggio. Stavolta ci soffermiamo sulle questioni aperte da quella giornata, in una prospettiva che non vuole analizzare i pro e i contro del 1 maggio ma piuttosto  sottolineare le questione aperte.

tagliPreludio

A più di una settimana dal primo maggio milanese, la discussione su ciò che è successo ha perso attualità. È tempo di spostarci dalle ragioni e dai torti di questo o di quel gruppo (discussione che non ci appassiona più di tanto) ai problemi e ai nodi che ci trasciniamo da tempo e che quella giornata ha posto ancor più in risalto.

La NoExpo-Mayday del primo maggio era organizzata da una rete (a cui poco può essere addebitato) e non da un singolo gruppo/collettivo che faceva da punto riferimento. E, in quanto rete, le relazioni di partecipazione – potremmo dire di cooperazione politica – che vengono attivate difficilmente riescono a convergere verso una gestione unitaria, su un unico obiettivo, con il risultato che prevalgono le forze centrifughe. L’autoreferenzialità, da sempre malattia del centrosocialismo nostrano, non è certo mancata in questa occasione, anzi. Possiamo parlare di una black (dark) side della cooperazione politica di movimento?

 

Adagio

D’altro lato, tutto ciò è esattamente specchio della “cooperazione sociale” agìta dalla condizione precaria. Le generazioni precarie sono infatti attivate dai processi di rete, si riconoscono dentro la pluralità del loro essere sociale, tuttavia stentano a ammettere che la propria evoluzione può darsi solo passando attraverso azioni non identitarie.

Leggi tutto

Aldo Giannuli: Perché il nemico da battere è il Pd

aldogiannuli

Perché il nemico da battere è il Pd

Aldo Giannuli

Probabilmente chi simpatizza per il Pd, una volta letto il titolo, non leggerà il pezzo, indignato. Ma farebbe molto male, perché la lettura potrebbe risultargli utile per capire il clima con il quale il Pd (ma forse il “Partito della Nazione”) dovrà misurarsi sempre più nei prossimi anni e perché. Comunque, fate pure come vi pare, sono abituato a dire quello che penso senza giri di parole. Ed allora, perché sostengo che il Pd sia il nemico peggiore?

Per tre ragioni fondamentali: la politica economica, la politica sociale, la democrazia e la corruzione.

Politica economica: il Pd, sin dal suo appoggio al governo Monti di infelice memoria, poi con il governo Letta ed ora con il governo Renzi, sta perseguendo una politica fiscale che sarebbe demenziale, se non fosse deliberatamente finalizzata alla svendita del paese. Le aziende grandi e piccole soffocano e muoiono sotto il peso del prelievo fiscale e dei tassi giugulatori delle banche, l’occupazione si assesta a livello drammatici e, pur se di poco, peggiora costantemente, incurante della cosmesi dei conti fatta dal governo.

Leggi tutto

Daniele Barbieri: Qualche altra domanda sull’Expo…

labottegadelbarbieri

Qualche altra domanda sull’Expo…

di Daniele Barbieri

Io sono d’accordo con l’impianto del discorso di Maria G. Di Rienzo (è qui: Qualche domanda sull’Expo se non lo avete letto ieri in “bottega”).

Aggiungo qualche domanda che rivolgo anche a me stesso, visto che un po’ di idee confuse ce l’ho.

1 - L’emittente fa parte del messaggio? Detto in parole più semplici (che rubo allo psicanalista brasiliano Hélio Pellegrino): «Se Giuda Iscariota passasse una petizione in solidarietà a Gesù Cristo io non la firmerei». Il concetto è chiaro; commentava Augusto Boal (in «L’estetica dell’oppresso») «messaggio ed emittente sono strettamente connessi». Se è così ne deriva che io non posso avere nulla a che fare con le narrazioni, con le richieste, con le “petizioni di solidarietà” (anche quelle apparentemente più ragionevoli) dei media di regime e della politica “troikizzata”? Ovvero: quelli che mi/ci chiedono di condannare la violenza di Milano sono gli stessi che fomentano le guerre e attizzano il massacro sociale. E allora mi/vi chiedo: con loro c’è qualcosa da spartire? O dobbiamo fare i conti solo con le devastanti menzogne che raccontano alla gente e che producono effetti ben peggiori di qualsiasi “Milano a ferro e fuoco” per un pomeriggio?

2 - E’ possibile per noi che siamo fuori dal “coro” dire che siamo contro i black bloc ma urlare ben più forte che più grande violenza è quella dell’Expo? Che la sola idea di affidare una kermesse sull’alimentazione agli affamatori e inquinatori del mondo è un atto di guerra?

Leggi tutto

Elisabetta Teghil: “Compassione, pietà, ribrezzo, odio di classe….”

coordinamenta

“Compassione, pietà, ribrezzo, odio di classe….”

di Elisabetta Teghil

scritte cancellate a milanoRagazzi e ragazze “perbene” cancellano la scritta CARLO VIVE dai muri di Milano segnando una delle pagine più vergognose nella storia di questo paese

Il primo maggio, sugli schermi televisivi, in ogni canale possibile, sono passate le immagini dell’inaugurazione dell’ Expò 2015 a Milano. Te le trovavi davanti dovunque, anche se cercavi semplicemente le previsioni del tempo. Non c’era scampo.

Vedere quelle immagini ed essere colta da una stretta allo stomaco è stato tutt’uno.

Ho avuto pietà per quelle bambine e quei bambini che cantavano l’inno di Mameli con una mano sul cuore, gettate/i in pasto alla propaganda da genitori  senza scrupoli, al servizio di chi sta costruendo  per loro un futuro di miseria.

Ho avuto compassione, mista a conati di vomito, per quei lavoratori in fila con la bandiera italiana piegata in mano, con il casco e la pettorina da cantiere…un anziano…una donna…un nero…un nepalese…rappresentanti ognuno di una modalità specifica di oppressione e sfruttamento accomunata da quella del lavoro. Servi felici? Schiavi rassegnati? Sciocchi strumentalizzati? Non so, ma una cosa è certa: erano l’incarnazione di un asservimento volontario che è tradimento della propria classe, del proprio genere, della propria razza, intese come categorie politiche e non certo naturali.

Leggi tutto

Militant: Le Ong e la “sinistra imperiale”

militant

Le Ong e la “sinistra imperiale”

Militant

Il ruolo che le Ong dirittoumaniste hanno avuto e continuano ad avere nel predisporre il terreno culturale (leggi creare consenso) adatto alle missioni umanitarie internazionali (leggi guerre) è risaputo da tempo. Tanti commentatori hanno provato a smascherare gli interessi materiali dietro l’intervento delle Ong nei vari contesti in cui prima o dopo si sarebbe prodotta un’ingerenza internazionale. In particolare in America Latina e Medioriente tali organizzazioni sono state il cavallo di Troia per veicolare, nell’opinione pubblica presuntamente democratica e presuntamente “di sinistra”, l’urgenza di interventi esterni per “liberare” determinate popolazioni dal giogo di “dittatori” di volta in volta indicati come “male assoluto”, “nemici dell’umanità” e via dicendo. Una dinamica ormai sperimentata e navigata, che trova inequivocabilmente predisposta una certa sinistra, anche di movimento, alla mobilitazione democratica, prona ogni volta ai titoli di Repubblica e compari. Dalla Libia alla Siria, passando per il Mali, l’Iran o il Venezuela, ogni qual volta tali Ong indicavano l’obiettivo, si accorreva alla richiesta di democrazia (leggi bombe umanitarie), sempre peraltro con la solita giustificazione ideologica: meglio un “capitalismo liberaldemocratico” che una “dittatura autoritaria”.

Leggi tutto

Nadia Garbellini: L’uscita dall’euro non è un tema da “oracoli”

economiaepolitica

L’uscita dall’euro non è un tema da “oracoli”

Nadia Garbellini*

Il dibattito sugli effetti di una uscita dall’euro, promosso da economiaepolitica.it, si arricchisce con l’intervento di Nadia Garbellini, autrice di alcuni recenti saggi sul tema in collaborazione con Emiliano Brancaccio. Secondo Garbellini, i fautori della moneta unica a tutti i costi generalmente abbandonano il difficile campo della riflessione analitica e del confronto sulle evidenze empiriche per rifugiarsi in quello ben più comodo del dogmatismo

Franz von Stuck Tilla Durieux als CirceLa controversia sulla possibile implosione dell’attuale eurozona e sulle conseguenze di un abbandono della moneta unica risulta tuttora pervasa da un diffuso dogmatismo. I fautori dell’uscita dall’euro sono accusati di semplificare il problema e di restare volutamente nell’ambiguità per non affrontare la questione decisiva inerente a quale politica economica adottare e quali interessi sociali difendere una volta fuori dall’Unione. In alcuni casi si tratta di una critica assolutamente fondata. Tuttavia, è soprattutto tra i sostenitori della permanenza nell’euro che sembra prevalere una retorica banalizzatrice, che in alcune circostanze rasenta la superstizione. Molti di questi, infatti, continuano ad agitare lo spauracchio della catastrofe economica in caso di uscita dall’euro senza prendersi la briga di fornire la minima evidenza scientifica a sostegno delle loro predizioni. Questa tendenza all’oracolismo caratterizza non solo i giornalisti ma sembra diffondersi anche tra alcuni economisti e policymakers coinvolti nella discussione. Un celebre esempio è fornito dal Presidente della BCE Mario Draghi, che in un’intervista del 2011 sostenne che «i paesi che lasciano l’eurozona e svalutano il cambio creano una grande inflazione» (Draghi 2011). Da queste poche parole diversi commentatori hanno tratto l’implicazione che uscire dall’eurozona determinerebbe una violenta caduta del potere d’acquisto dei redditi fissi, in particolare dei salari dei lavoratori. Nessuno, per quel che ci risulta, si è posto il problema di verificarle empiricamente.

Leggi tutto

Federico Dezzani: A che punto è l’euro-notte

federicodezzani

A che punto è l’euro-notte

Federico Dezzani

cap182aL’allentamento quantitativo varato due mesi fa da Francoforte ha generato una bolla nel mercato delle obbligazioni sovrane europee ma ha fallito nell’imprimere una svolta all’economia reale, dove al contrario si registra la caduta dell’attività di Francia e Germania. Gli insuccessi di Mario Draghi e la concomitante debacle del “piano Junker” aprono la strada allo sfaldamento dell’eurozona, scaturibile dall’imminente default di Atene. La disgregazione dell’eurozona sarà accompagnata da una escalation militare in Ucraina, dove Washington e Londra stanno convogliando uomini e mezzi con intenti provocatori. Fallito il progetto degli Stati Uniti d’Europa, la minaccia strategica più temibile per gli angloamericani è sempre l’integrazione tra Germania e Russia.

 

L’ultima offensiva di Francoforte e Bruxelles è fallita

Un’unione monetaria senza una parallela integrazione fiscale è inevitabilmente destinata al fallimento tra i miasmi dell’austerità. L’euro, anziché essere il coronamento di un democratico processo d’integrazione europea, votato ed approvato dai cittadini, è stato all’opposto scelto come primo passo verso l’unione politica, proprio in virtù dei suoi prevedibili effetti destabilizzanti. Un sistema a cambi fissi calato su un’area valutaria non ottimale (l’eurozona) avrebbe nell’arco di un decennio accumulato tali tensioni (la crisi del debito sovrano e l’emergenza spread) da obbligare i Parlamenti nazionali a procedere spediti verso gli Stati Uniti d’Europa, con l’acquiescenza dei cittadini ammutoliti da possibili crack finanziari e default sovrani. Leggi tutto


Franco Berardi Bifo: Psicochimica e psicoarchitettura

alfabeta

Psicochimica e psicoarchitettura

Franco Berardi Bifo

alfredo jaar es usted feliz 3 600x360Stimolanti e tranquillanti per cognitari metropolitani

Sul New York Times del 20 aprile 2015 sono usciti casualmente in contemporanea due articoli diversi per stile e per intenzione che descrivono da prospettive opposte e complementari la psicosfera americana contemporanea. Il primo, a firma Alan Schwarz reca il titolo “Workers under pressure abuse ADHD drugs” e appare nella pagina Business. Schwarz si occupa dei nuovi risvolti di un tema che da due decenni interessa medici, psicologi e pedagoghi: i disturbi dell’attenzione. Una sindrome che si può descrivere sinteticamente come incapacità di concentrare l’attenzione sullo stesso oggetto per più di qualche secondo è chiaramente legata all’intensificazione della stimolazione infosferica, al multitasking e alla riduzione dei tempi di esposizione dei dati al sistema occhio-cervello.

In passato il deficit d’attenzione venne segnalato e diagnosticato tra i ragazzini delle scuole elementari e medie. A milioni di pre-adolescenti venne somministrato un farmaco che si chiama Ritalin, composto di metilfenidato.

Leggi tutto

Comidad: Alfano: l'inetto giusto al posto giusto

comidad

Alfano: l'inetto giusto al posto giusto

di Comidad

L'approvazione parlamentare in via definitiva della legge elettorale detta "Italicum" sortirà il prevedibile effetto di spostare le residue speranze di salvezza del principio di rappresentanza verso un eventuale diniego a firmare la legge da parte di Mattarella. La democrazia ha sempre un'ultima spiaggia verso cui guardare; perciò, dopo Mattarella, vi sarà ancora qualcos'altro, o qualcun altro, in cui sperare. Certo è che quel trionfo del principio di "governabilità" su quello di rappresentanza al quale non era riuscito a giungere un "uomo forte" come Craxi, è invece riuscito ad un personaggio palesemente inconsistente come Renzi.

La spiegazione di tutto sta proprio nell'attuale inconsistenza della stessa rappresentazione della politica, divenuta un intrattenimento ed una distrazione rispetto all'azione delle lobby multinazionali saldamente insediate negli organismi sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l'Organizzazione mondiale per il Commercio, la Commissione Europea e, soprattutto, la NATO. L'ottusa impermeabilità alle critiche esibita da Renzi rappresenta un'ulteriore dimostrazione della scomparsa della politica, che, persino nello Stato assolutistico, svolgeva una funzione di mediazione. Renzi non si cura di dissensi e proteste, perché deve rispondere solo ai suoi padroni, cioè alle lobby multinazionali.

Leggi tutto

ilsimplicissimus: Parata per la vittoria, sconfitta per l’Europa

ilsimplicissimus

Parata per la vittoria, sconfitta per l’Europa

di ilsimplicissimus

La parata sulla piazza rossa parrebbe appartenere a un immaginario postbellico di cui si va perdendo la memoria e di cui le generazioni del cellulare non hanno mai sentito parlare. Ma oggi essa ritorna per festeggiare il 70 esimo anniversario della vittoria sul nazismo di cui l’Unione Sovietica fu il maggiore artefice, un fatto che decenni di propaganda anglofila e liberista hanno cercato di far dimenticare. Ed è anche per questo che alla parata di oggi mancano parecchi leader europei impegnati da una parte a confutare la realtà del passato e dall’altra ad appoggiare i neonazisti in Ucraina, il che in fondo dimostra una certa grottesca coerenza.

Gli stessi miserabili potenti europei che si preparano alla soluzione greca si propongono con la loro assenza di “isolare Putin” e non si accorgono di isolare solo se stessi in un rapporto alla Quisling con gli Usae le loro multinazionali. Si isolano negando l’evidenza storica, ma sapendo benissimo che senza il fronte russo le vicende belliche sarebbero state ben diverse e che, anzi, potendo rifornirsi nell’immenso retroterra russo (come brevemente  avvenne con il tratto Ribbentrop – Molotov) la Germania avrebbe senza difficoltà costituito un terzo impero dall’atlantico al Mar Nero.

Leggi tutto

Alfio Mastropaolo: La democrazia «normale»

manifesto

La democrazia «normale»

Alfio Mastropaolo

L’esecutivo decide, il parlamento finge di controllare, ma registra, la popolazione si adegua. Non tutta: quella piccola parte che paga, detta le sue condizioni

Stiamo final­mente diven­tando una demo­cra­zia “nor­male”. Cioè una demo­cra­zia in cui l’esecutivo decide, il par­la­mento finge di con­trol­lare, ma regi­stra, la popo­la­zione si ade­gua. Se non è con­tenta, cam­bierà governo alle pros­sime elezioni.

Non tutta la popo­la­zione si ade­gua. In realtà c’è una pic­cola parte che detta all’esecutivo le sue con­di­zioni. Le detta, forte del fatto che è lei a soste­nere i mostruosi costi delle cam­pa­gne di per­sua­sione elet­to­rale. Con l’abolizione del finan­zia­mento pub­blico della poli­tica li sosterrà ancor di più. E quindi det­terà con­di­zioni ancor più strin­genti. Pos­siamo senza fatica fare ipo­tesi su quali poli­ti­che attuerà l’esecutivo. Di destra o di sini­stra che sia, o che si dica, le dif­fe­renze sta­ranno nei par­ti­co­lari, non irri­le­vanti, ma sem­pre par­ti­co­lari. L’essenziale delle scelte poli­ti­che lo deci­derà chi paga. E poi­ché, dato lo stato del nostro sistema impren­di­to­riale, a pagare saranno soprat­tutto imprese stra­niere, la pres­sione inter­na­zio­nale si accen­tuerà ulte­rior­mente. Si ade­guerà il grosso della popo­la­zione, ma si ade­guerà l’intero paese. Desti­nato a diven­tare sem­pre più mar­gi­nale e sot­to­messo nella divi­sione del lavoro planetaria.

Leggi tutto

 

I più letti degli ultimi tre mesi

tonino

unread,
May 26, 2015, 3:46:09 AM5/26/15
to sante gorini

Gerolamo Cardini: Telegramma dalla scuola

conness precarie

Telegramma dalla scuola

Gerolamo Cardini

Strangelove non perde occasione per mostrare all’Italia tutto il suo nuovismo di facciata. Anche sulla scuola, infatti, il suo metodo lo pone tra gli eredi del centralismo democratico: si ascoltano (o, meglio, si finge di ascoltare) tutti e poi si procede a eseguire quanto si era già deciso, come se non avessero parlato. Stalin ne sarebbe stato fiero e, si parva licet comparare magnis, anche Berlusconi lo è. Stesso dicasi per la sua abilità nel costruire ricatti: 100.000 assunti (ma non tutti subito) in cambio della disarticolazione della scuola: prendere o lasciare. Un uomo di sani principi, di quel rude decisionismo che sovente affascina i ceti dirigenti in crisi di legittimazione.

L’italiano che odia l’Italia e gli italiani perché non sono gli States sta facendo tabula rasa di quel che resta di ogni istituto democratico riproponendo la sua personale versione di un autoritarismo che rischia di aprire la strada a forme di leadership ben più pericolose che, in nome della governabilità, potranno scivolare verso la Ragion di Stato e oltre. Avesse cambiato il nome del PD in «i democratici» – come qualche giorno fa aveva detto qualche quotidiano ben informato – avrebbe fatto, per la prima volta, una reale operazione di chiarezza; tanto più se il suo gemello avesse fatto altrettanto modificando il nome di quel che resta del suo partito in «i repubblicani». Ben che vada stiamo diventando il 53° stato degli Usa: Precariopoli. Leggi tutto


Marino Badiale: Ancora la nuova sinistra?

badialetringali

Ancora la nuova sinistra?

di Marino Badiale

Le scelte del PD di Renzi, sempre più sfacciatamente antipopolari e antidemocratiche, fra distruzione dei diritti dei lavoratori e attacchi alla Costituzione, hanno aperto uno spazio politico alla sinistra del PD. È quasi certo che tale spazio verrà presto occupato da una forza politica che, possiamo immaginare, metterà assieme transfughi del PD, piccoli partiti come SEL e Rifondazione (oppure loro componenti), e singole personalità (come Cofferati), oltre, presumibilmente, a vari spezzoni della composita galassia di movimenti e associazioni della sinistra italiana.

Penso sia bene esprimere un giudizio preciso sul significato di una tale operazione. Nella sostanza si tratterebbe dell'ennesima riedizione di ciò che è stata prima Rifondazione e poi SEL. Il punto decisivo è che una tale nuova forza politica non avrebbe nessuna prospettiva strategica al di fuori di una alleanza col PD: che è stata esattamente la situazione di Rifondazione prima e SEL dopo. Ma poiché il PD, oggi come vent'anni fa (comunque si chiamasse allora) non è una forza di “sinistra riformista” (nel senso storico della parola “riformismo”), che si possa cercare di “condizionare”, ma è semplicemente una delle componenti di un ceto dominante che ha come prospettiva strategica la distruzione dei diritti e dei redditi dei ceti subalterni, oltre che della democrazia, ogni prospettiva di alleanza, oltretutto da una posizione minoritaria, non può che significare la resa incondizionata alle linee strategiche dei ceti dominanti. Leggi tutto


Aldo Giannuli: Che succede nell’Isis?

aldogiannuli

Che succede nell’Isis?

di Aldo Giannuli

Il 1° maggio,  “The Guardian” annunciava che Abu Bakr Al Baghdadi, Califfo dello Stato Islamico (Isis) sarebbe stato colpito nel corso di un bombardamento americano accaduto in marzo. A causa della serietà delle ferite alla schiena, non sarebbe stato in grado di reggere il califfato, per cui sarebbe stato sostituito dal suo vice Abu Alaa al-Afri, un professore di fisica membro della prima ora dell’Isis. E questo avrebbe spiegato l’assenza di Al Baghdadi dalla scena pubblica che durava da diverse settimane.

Per la verità, non era la prima volta che veniva annunciato il ferimento di Al Baghdadi, anzi in novembre si era detto che sarebbe addirittura morto, sempre a causa di un raid aereo. Questa volta, però, si aggiungeva una nota ufficiale del governo iraqueno che confermava la notizia.

Meno di due settimane dopo, il 13 maggio, lo stesso governo di Baghdad annunciava  la morte di Abu Alaa al-Afri, in un nuovo bombardamento aereo  che aveva colpito la Moschea dei Martiri, nella zona di Tal Afar, mentre era in corso una riunione di molti esponenti dell’Isis in gran parte periti anche essi. Leggi tutto


Andrea Inglese: Critica del lavoratore culturale

nazioneindiana

Critica del lavoratore culturale

di Andrea Inglese

[Di tutta la faccenda scandalosa e sintomatica riguardante i mancati pagamenti della casa editrice Isbn nei confronti di autori, traduttori & collaboratori a vario titolo, la cosa che io trovo più scandalosa e sintomatica è il fatto che la denuncia esplicita e mirata sia venuta da un signore straniero, quando è evidente che, in termini numerici, le vittime di queste condotte ciniche siano state innanzitutto persone italiane. Non si tratta di rigirare il coltello nella piaga, ma di cominciare a fare i conti anche con l’omertà delle vittime che rafforza giornalmente quella dei carnefici. Certo, è tempo di dare forma politica, e ancor prima sindacale, alla rabbia e alla frustrazione che lo scandalo suscita. Ma varrebbe anche la pena di riflettere in una prospettiva più ampia sulla figura del lavoratore culturale, sulla cultura del precariato in cui s’inserisce, sulle ambiguità del suo posizionamento etico e politico. Quello che segue è un mio contributo a questo tipo di riflessione. Esso è raccolto nel volume Le culture del precariato, a cura di Silvia Contarini, Monica Jansen e Stefania Ricciardi,  Ombre corte, 2015. Un altro intervento qui. a. i.]

modigliani3

 

Aspirazioni politiche del precariato intellettuale

La prima considerazione che vorrei fare riguarda l’attualità “politica” del lavoratore culturale. Si tratta di un elemento rilevante, se si pensa che sembrerebbe oggi inverarsi più che mai uno degli auspici della sinistra radicale o, più precisamente, di un certo operaismo italiano: la lotta alla precarietà è divenuta tema del giorno, e questo grazie all’attività critica e alla capacità di mobilitarsi dei lavoratori della conoscenza o dei lavoratori culturali. Terrò per il momento come equivalenti questi due categorie: lavoratori della conoscenza e lavoratori culturali. Quest’ultima ha un sapore forse più inattuale, forse meno politico, ma è riemersa in tempi recenti come sinonimo di lavoratori intellettuali, lavoratori immateriali, o per usare una brutta parola, cognitariato.

Se guardiamo alla situazione italiana, possiamo constatare che dall’Occupazione del Teatro Valle nel giugno del 2011, e dalla pubblicazione nel mese successivo del primo manifesto del collettivo TQ, quella che nel decennio precedente era stata una condizione in grado di inspirare soprattutto romanzieri e registi sembra finalmente provocare pratiche di carattere politico sempre più diffuse.

Leggi tutto

Paola Rudan: Il neoliberalismo fuori dalla storia

conness precarie

Il neoliberalismo fuori dalla storia*

di Paola Rudan

brown
                    manifesto 300x225Per dare alla luce il suo ultimo lavoro, Undoing the Demos. Neoliberalism’s Stealth Revolution (Disfare il Demos. La rivoluzione invisibile del neoliberalismo, New York, Zone Books, 2015, pp. 292), Wendy Brown confessa di aver lasciato incompiuto un libro su Marx. Questa variazione può offrire una chiave di lettura per comprendere il senso del volume: nel momento in cui il neoliberalismo si afferma su scala globale facendo il mondo e i suoi abitanti a propria immagine e somiglianza, non vi sono più contraddizioni immanenti al rapporto sociale capitalistico che sia possibile far valere politicamente contro il suo dominio.Non c’è più alcun rapporto sociale: l’affermazione incontrastata dell’homo oeconomicus trasforma tutti i soggetti in «capitale umano», così che il lavoro scompare dall’orizzonte del discorso e della realtà. Marx diviene inutile.

Brown ha sempre guardato con sospetto al determinismo e alle facili teleologie di certo marxismo. Per lei l’imperativo di pensare «fuori dalla storia» è sorto dalla necessità di liberarsi dalle grandi narrazioni e dalle storie progressive che hanno prodotto e legittimato un mondo saturo di potere, dall’urgenza di scrollarsi di dosso l’attaccamento appassionato alle promesse mancate del liberalismo e affrancarsi da una politica dei valori e delle convinzioni degradata a moralismo. Leggi tutto


Cristina Morini: Il dominio che rende felici

manifesto

Il dominio che rende felici

Cristina Morini

Il libro del filosofo ed economista francese Frédéric Lordon «Capitalismo, desiderio e servitù» è una trascinante incursione nelle nuove forme di gestione del rapporto di lavoro, dove ad essere mobilitati sono gli affetti e le passioni dei singoli

20clt1Un pano­rama nuovo ha comin­ciato a sta­gliarsi davanti ai nostri occhi nel momento in cui il sala­riato, per alcuni secoli obbli­gato al lavoro indu­striale e per altret­tanti secoli tena­ce­mente impe­gnato a lot­tare con­tro di esso per eman­ci­par­sene, si è pro­gres­si­va­mente tra­sfor­mato in un sog­getto che «desi­dera» il pro­prio impiego. La appa­rente mise­ria cogni­tiva della vita for­di­sta, den­tro la ripe­ti­ti­vità di un auto­ma­ti­smo di fab­brica che pre­ten­deva di sop­pri­mere ogni livello rifles­sivo, è stata sop­pian­tata da un nuovo ter­reno economico-produttivo che colo­nizza l’esistenza delle per­sone. Allo stesso tempo, con l’affermazione del capi­ta­li­smo finan­zia­rio il desi­de­rio invade il ter­ri­to­rio del mer­cato e il mer­cato quello del desi­de­rio. All’interno di que­sto pro­cesso, lavoro e auto­rea­liz­za­zione fini­scono per mesco­larsi, con l’effetto di una assenza di distin­zione tra tempo di vita e tempo di lavoro, vei­co­lando sim­boli e valori capaci di imporsi sulla sfera più intima dei sin­goli, così da con­di­zio­narne azioni ed esperienze.

Per deco­di­fi­care l’ingresso in quella che dif­fu­sa­mente viene defi­nita «eco­no­mia del desi­de­rio», nella tos­sica assenza di sepa­ra­zione incon­scia tra lavoro sala­riato e desi­de­rio che vice­versa aveva retto nel corso dei secoli pas­sati, negli ultimi tempi si è fatto ampio ricorso alle teo­rie psi­ca­na­li­ti­che. Il gio­vane eco­no­mi­sta e filo­sofo fran­cese Fré­dé­ric Lor­don nel suo libro Capi­ta­li­smo, desi­de­rio e ser­vitù. Antro­po­lo­gia delle pas­sioni nel lavoro con­tem­po­ra­neo (Deri­veAp­prodi, pp. 216, euro 16). Leggi tutto


Felice Roberto Pizzuti: Pensioni, il rimborso di Renzi

sbilanciamoci

Pensioni, il rimborso di Renzi

di Felice Roberto Pizzuti

Il governo di Matteo Renzi ha deciso di applicare la sentenza della Corte Costituzione, ma dei 16 miliardi dovuti ne restituirà solo 2. Non solo: i soldi saranno presi da quanto era previsto per gli interventi contro la povertà. Il che conferma che a pagare per la redistribuzione saranno i più poveri

Il Governo ha deciso di applicare la sentenza della Corte Costituzionale al 12%. Questa infatti è, all’incirca, la percentuale del rimborso (2,180 miliardi di euro) che verrà effettuato ai pensionati rispetto a quello che sarebbe loro dovuto in base alla piena applicazione delle indicazioni della Corte (16,6 miliardi più gli interessi). Tra le righe della sentenza si possono anche individuare elementi per contenere la restituzione del mancato adeguamento all’inflazione, ma è fortemente dubbio che le sue indicazioni possano essere eluse per quasi il 90%. La restituzione parziale avverrà in misura progressiva: 750 euro per le pensioni superiori a tre volte il minimo (circa 1406 euro lordi mensili al dicembre 2011) fino a 1700 euro lordi; 450 euro per le pensioni fino a 2200 euro lordi; 278 euro per quelli fino a 3200 euro lordi. Anche per chi prenderà di più, si tratterà di un assegno una tantum (perché la questione dovrebbe essere rivista nella prossima legge di stabilità dove le pensioni saranno oggetto di altri interventi) e nettamente inferiore a quanto previsto dalla sentenza. Infatti, anche per la prima fascia d’importo, il rimborso avrebbe dovuto essere di circa 1700 euro, mentre per la fascia più alta dovrebbe essere di circa 3800. Leggi tutto


Paul Krugman: Le bugie e i paraocchi

comedonchisciotte

Le bugie e i paraocchi

I Bush e i "very serious people" inchiodati alle loro responsabilità

di Paul Krugman

Jeb Bush sicuramente ci ha fatto un favore: i suoi tentativi di glissare sul passato hanno finito con il riportare in auge una discussione che molte persone cercavano, al contrario, di evitare – e dalla quale cercano tutt’ora di sottrarsi con una lotta serrata, oppure ricorrendo alla falsa ipotesi del "se avessimo saputo quello che sappiamo ora".

Questa formulazione rappresenta già di per sé una chiara evasione dal problema, come hanno sottolineato Josh Marshall [qui], Greg Sargent [qui], e Duncan Black [qui] – ognuno dei quali ha fatto al riguardo delle leggere ma fondamentali distinzioni.

In primo luogo, come ha detto Josh, quello sull'Iraq non è stato un errore in buona fede. Bush e Cheney non sedettero intorno ad un tavolo con la comunità dell'intelligence, chiedendole la miglior valutazione sulla situazione, per poi concludere a malincuore che la guerra era l'unica opzione. Avevano deciso fin dall'inizio – prima che la polvere del 9/11 si fosse finanche posata – di usare l’attacco terroristico come una scusa per perseguire un regime laico che, per quanto malvagio potesse essere, non aveva nulla a che vedere con quell'attacco. Leggi tutto


Enrico Galavotti: Marx: Glosse marginali al Manuale di economia politica di Adolph Wagner

homolaicus

Marx: Glosse marginali al Manuale di economia politica di Adolph Wagner

di Enrico Galavotti

giocatori1Dai brevi appunti1  di Marx, che evidentemente quando si accingeva a leggere un testo di economia politica la prima cosa che andava a vedere erano le considerazioni sulla legge del valore, si evince immediatamente come A. Wagner, nel suo Manuale di economia politica, non avesse capito il nocciolo fondamentale del I libro del Capitale, ch'era lo sfruttamento del lavoro altrui intrinseco a tutte le leggi del capitalismo. Stesso giudizio negativo Marx lo esprime anche nei confronti di J. K. Rodbertus e di A. E. F. Schäffle, tedeschi come Wagner.

Ciò che differenziava gli economisti inglesi da Marx era la loro superficialità, ma ciò che differenziava gli economisti tedeschi da lui era la loro astrattezza. E infatti Marx più volte lo dice nelle Glosse: il valore, il valore di scambio, il valore d'uso non sono "soggetti"; l'unico vero soggetto è la "merce". Marx non voleva fare il "filosofo dell'economia in generale" ma il "fenomenologo critico dell'economia politica borghese e del capitalismo in particolare". Ecco perché, scrivendo il Capitale, era partito con la descrizione della merce.

Se si parta dalla merce si arriva a capire che, nel capitalismo, tutto è anzitutto "merce", non anzitutto "denaro", anche se ovviamente non può esserci merce senza denaro (senza denaro c'è solo "valore d'uso", "autoconsumo"). Leggi tutto


Mark Fisher: Abbandonate ogni speranza (l’estate sta arrivando)

effimera

Abbandonate ogni speranza (l’estate sta arrivando)

di Mark Fisher

Pubblichiamo una densa ma intrigante analisi di Mark Fisher, giornalista freelance,  ospite spesso sulle colonne del Guardian e autore del libro “Capitalist Realism and Ghosts Of My Life” (Zero Books, 2014), sull’esito delle recenti elezioni inglesi, che hanno visto il trionfo del Partito Conservatore. Originalmente pubblicato qui

20150506 queenQuindi, dopotutto, doveva essere una riedizione del 1992. Sembra che anche le elezioni siano soggette alla retromania, adesso. Eccetto che questa volta è il 1992 senza Jungle. E’ Ed Sheeran and Rudimental piuttosto che Rufige Kru. Ignora sempre i sondaggi elettorali, ha scritto Jeremy Gilbert a tarda notte la sera delle elezioni. “E’ più facile capire quali saranno i risultati delle elezioni annusando il vento, rimanendo sensibili agli spostamenti affettivi, alle correnti molecolari, alle alterazioni nella struttura del sentire. Ascolta della musica, guarda la tv, entra in un pub o prendi la metro. Gli studi culturali battono la psefologia ogni volta.”

La cultura popolare inglese contemporanea, con il suo antiquato cameratismo post-moderno, la sua mascolinità furbesca (qualcuno vuole una birra con Nigel? [Farage, ndt]), la sua pornografia della povertà, il suo vile culto degli affari, sono diventati come gigantesche simulazioni del Poundbury Village, in cui nulla di nuovo accade mai, per sempre… mentre ubiqui i cartelli Keep Calm, in modo ostentatamente eccentrico o ironico, funzionano di fatto come i comandi di They Live, contengono il panico e la disperazione. Leggi tutto


Saint Simon: Nicholas Kaldor sul mercato comune

vocidallestero

Nicholas Kaldor sul mercato comune

di Saint Simon

Riportiamo il pensiero del celebre economista keynesiano Nicholas Kaldor sul progetto di unione monetaria europea, pubblicato nel 1971 nell’articolo “The Dynamic Effects of the Common Market”. Nonostante l’euro fosse ben lontano da venire, Kaldor commentava gli effetti dell’unione monetaria presentata per la prima volta come obiettivo della CEE dal Piano Werner, che faceva propri gli impegni presi nel summit de L’Aja nel 1969. Kaldor si rivela estremamente lungimirante nel prevedere i problemi che la UEM avrebbe causato a 30 anni di distanza.

… Un giorno le nazioni d’Europa potrebbero essere pronte a fondere le loro identità nazionali e a creare una nuova Unione Europea – gli Stati Uniti d’Europa. Se e quando lo faranno, un governo europeo assumerà tutte le funzioni che il governo federale adesso fornisce negli Stati Uniti, o in Canada o in Australia. Ciò comporterà la creazione di una “piena unione economica e monetaria”. Ma è un errore pericoloso credere che l’unione monetaria ed economica possa precedere un’unione politica o che agirà (nelle parole del rapporto Werner) “come lievito per l’evolversi di una unione politica, della quale in ogni caso a lungo andare non potrà fare a meno “. Infatti, se la creazione di un’unione monetaria e il controllo comunitario sui bilanci nazionali generano pressioni che portano al collasso dell’intero sistema, ciò impedirà lo sviluppo di un’unione politica anziché promuoverla.

E’ stato scritto nel 1971! In The Dynamic Effects of the Common Market pubblicato per la prima volta sul New Statesman, il 12 Marzo 1971 e anche ristampato (come Capitolo 12, pp 187-220) in Further Essays on Applied Economics – Volume 6 della raccolta Collected Economic Essays di Nicholas Kaldor.

Leggi tutto

Marco Revelli: La democrazia affonda nel Mediterraneo

manifesto

La democrazia affonda nel Mediterraneo

di Marco Revelli

Cancellata la memoria dei suoi fallimenti,l’Europa si prepara, per via amministrativa, a una nuova, folle avventura di guerra nel Mediterraneo. E l’Italia di Renzi, con il partito della nazione, è in prima fila

Forse è bene pro­vare ad alzare un po’ lo sguardo allo sce­na­rio gene­rale, in vio­lento movi­mento soprat­tutto nel qua­dro euro­peo, per cer­care di tro­vare un senso al di sopra di una discus­sione con­dotta pre­va­len­te­mente in modo super­fi­ciale o anacronistico.

Pren­diamo ad esem­pio le ele­zioni poli­ti­che in Gran Bre­ta­gna. Sono state discusse, da quasi tutti, come se si fosse trat­tato della solita par­tita tra Tories e Labour – tra destra e sini­stra. Oppure, soprat­tutto nell’area Pd, come se in ballo fosse la gara tra New e Old Labour, un derby – per usare una cate­go­ria cara a Renzi – tra Tony Blair (rie­su­mato) e Ed Mili­band (rapi­da­mente sep­pel­lito), avendo trion­fato postumo il primo ed essendo affon­dato neo­nato il secondo. Basta dare un’occhiata ai dati e alle belle mappe colo­rate che gli inglesi sanno fare benis­simo, per capire che non è così. Se si con­si­de­rano i voti in valori asso­luti, anzi­ché i seggi con­di­zio­nati dal sistema elet­to­rale, si vedrà che il Labour di Mili­band non si è affatto svuo­tato dram­ma­ti­ca­mente, anzi ha preso (con i suoi 9.347.326) circa 700.000 voti in più rispetto a quelli di Gor­don Brown cin­que anni fa, e – udite udite! – appena 200.000 in meno del mitico Blair che nel 2005 ne aveva rac­colti 9.552.436. Leggi tutto


Giulietto Chiesa: Macedonia, cronache del futuro: un’altra rivoluzione colorata

fatto quotidiano

Macedonia, cronache del futuro: un’altra rivoluzione colorata

di Giulietto Chiesa

Inauguro una nuova forma di giornalismo. Appunto cronache del futuro. Proprio nel giorno che, forse, vedrà l’inizio di una nuova rivoluzione colorata. Quale sarà il colore, lo vedremo dopo. Per il momento non è stato ancora deciso. Ma il sangue c’è già. Il 9 maggio scorso a Kumanovo, confine tra Macedonia e Kosovo, un attacco armato ha prodotto 14 morti tra gl’incursori e 8 tra i poliziotti macedoni, con oltre 30 arresti.

Serviva per preparare il terreno ad una grande manifestazione in piazza, a Skopje, che doveva riunire 70.000 persone e iniziare l’assalto al palazzo del governo. Stile Euromaidan. Dunque una rivoluzione colorata “speciale”, cioè un mix tra sollevazione “pacifica” interna, interetnica ( circa il 30% dei macedoni sono musulmani di etnia albanese) e aggressione armata dall’esterno. I seguaci di Gene Sharp “Come si abbattono le dittature”) hanno fantasia da vendere.

Come tutte le precedenti rivoluzioni colorate, anche questa vanta alcune caratteristiche standard. La prima è l’immediato appoggio di tutto il mainstream occidentale. Che, allenato a dovere, si mette subito a gridare ai diritti umani violati dal governo autoritario. Questo è l’inizio canonico. Poi, quando il primo sangue scorre, il governo da abbattere diventa anche “sanguinario”. La seconda qualità colorata è che le cancellerie occidentali si mobilitano subito per fare pressioni. Perfetto. Nei giorni scorsi l’ambasciatore americano a Skopje, Jess Bailey, dopo avere incontrato il premier macedone Nikola Gruevski rende noto un comunicato congiunto, firmato anche da Italia, Francia, Regno Unito, oltre che dalla Unione Europea, che critica”l’inazione” del governo sulla questione delle intercettazioni telefoniche. Leggi tutto


Militant: Tra impossibile riformismo e necessaria mediazione

militant

Tra impossibile riformismo e necessaria mediazione

Militant

riotIl vero dato duraturo che ci lascia la crisi economica in cui siamo immersi – nonostante gli zerovirgola strombazzati da un’informazione embedded – è la natura irriformabile dell’attuale modello produttivo, e più in generale del capitalismo. Tale irriformabilità ha mandato in tilt il rapporto tra sinistra politica e questione sociale, che si basava proprio sulla possibilità redistributiva. In sintesi, il capitalismo “riformabile” garantiva una contrattazione economica costante delle proprie condizioni di lavoro e di vita. La garanzia, in questo caso, non si deve intendere come volontaria concessione di miglioramenti dati da una crescita economica diffusa, ma la possibilità di arrivare a quei miglioramenti attraverso lotte di classe. Oggi qualsiasi lotta di classe, stante l’attuale modello produttivo, la concorrenza internazionale, la cornice sovranazionale, l’assenza di politica, può al massimo resistere all’attacco padronale (resistere in questa o quella vertenza, mai generalmente, oltretutto), ma non attivare un’inversione di tendenza. Non è possibile giungere ad alcun miglioramento economico insomma, e questo fatto ha interrotto il rapporto naturale tra questione sociale e sinistra, fondata sulla convergenza di interessi per cui le lotte sociali rinforzavano quelle politiche e viceversa. Se la sinistra non garantisce più la possibilità di un miglioramento economico, la base sociale di riferimento (il mondo del lavoro dipendente salariato) cessa di essere allora naturalmente legata ad essa, scegliendosi di volta in volta la sponda politica che faciliti forme di resistenza all’impoverimento costante. Leggi tutto


Luca Cangianti: La filosofia del fantasma in Marx

carmilla

La filosofia del fantasma in Marx

di Luca Cangianti

Me as the
                    grudge the grudge
                    24565701 609 429L’opera più famosa, diffusa e tradotta di Marx, il Manifesto del partito comunista, si apre con l’apparizione di uno spettro, quello del comunismo “che si aggira per l’Europa”. Tuttavia anche i suoi scritti più teorici sono pieni di vampiri, lupi mannari, creature frankensteiniane e altre suggestioni gotiche. Ciò non deve stupire, visto che il filosofo adorava Shakespeare ed era un lettore accanito di letteratura fantahorror. Meno risaputo è che queste figure, lungi dall’essere un mero dispositivo retorico, svolgono una specifica funzione epistemologica (cfr. Carmilla del 28.6.2014 e del 29.7.2014).

Nel Manifesto Marx illustra il processo di rimozione psicosociale del comunismo e della crisi economica del capitalismo attraverso la metafora del fantasma. In questo caso egli s’inspira a Shakespeare che spesso fa comparire lo spettro quale indizio di un crimine occultato – ad esempio con l’apparizione del fantasma di Banquo nel Macbeth o di quello del re ucciso nell’Amleto. Il riemergere del crimine rimosso è accompagnato inoltre dall’annuncio di una crisi imminente: “penso che tutto questo presagisca una qualche inusitata catastrofe nel nostro stato”, dice Orazio a Marcello nell’Amleto.

Gli ectoplasmi agitano le loro catene anche nel Capitale. Marx afferma che i feticismi e le apparenze fallaci descritte nella VII sezione del III libro sono una mistificazione del modo di produzione capitalistico, un “mondo stregato, deformato e capovolto in cui si aggirano i fantasmi di Monsieur le Capital e Madame la Terre, come caratteri sociali e insieme direttamente come pure e semplici cose” (Editori Riuniti, 1981, 943). Leggi tutto

 

I più letti

    tonino

    unread,
    Jun 2, 2015, 4:10:59 AM6/2/15
    to sante gorini

    Tiziana Terranova: Il regno perduto della libertà on line

    euronomade

    Il regno perduto della libertà on line

    di Tiziana Terranova

    rete ben
                    172x172Gil­les Deleuze, si sa, con­si­de­rava i gior­na­li­sti che scri­vono libri, come uno dei segni più nefa­sti della deca­denza dei tempi. In un certo senso, la sua dia­gnosi è stata anche con­fer­mata e supe­rata dalla ten­denza con­tem­po­ra­nea che vede libri scritti da gior­na­li­sti come Gian Anto­nio Stella, Ser­gio Rizzo e Bruno Vespa rag­giun­gere le cime delle clas­si­fi­che dei best sel­ler. Si tratta spesso di libri che rac­con­tano delle sto­rie che seb­bene i det­ta­gli cam­bino, restano sem­pre le stesse, che con­tri­bui­scono a con­so­li­dare un ordine del discorso già dato (la lega­lità, la casta, il potere). Deleuze, però, non sarebbe sicu­ra­mente indi­gnato dal volume La rete dall’utopia al mer­cato (ecommons-manifestolibri, pp. 173, euro 16) di Bene­detto Vec­chi, gior­na­li­sta di una testata libera come il mani­fe­sto, e in par­ti­co­lare gior­na­li­sta cul­tu­rale che negli anni ha seguito con costanza l’evoluzione delle tec­no­lo­gie di rete, vedendo appunto la rete sci­vo­lare ine­so­ra­bil­mente «dall’utopia al mercato».

    All’apparenza anche que­sta potrebbe sem­brare una sto­ria scon­tata. Nel titolo del volume, tro­ve­remmo con­den­sata tutta la para­bola discen­dente della breve sto­ria della Rete a quella di un para­diso per­duto, in cui l’utopia si fa bru­tal­mente com­mer­cio, con­sumo, scam­bio, accu­mu­la­zione, alie­na­zione, con­trollo, e sfrut­ta­mento. E pur­tut­ta­via nello spa­zio che si dispiega tra il titolo e la serie di saggi che com­pon­gono il volume, que­sto slit­ta­mento dall’utopia al mer­cato lungi dal risol­versi in una sto­ria banale, si rivela essere pieno di pie­ghe e di sfu­ma­ture inat­tese, che si aprono anche alla pos­si­bi­lità che la rete possa tor­nare ad essere non tanto uto­pia quanto un potente mezzo di rove­scia­mento dei rap­porti di forza. Leggi tutto


    Elvira Corona: Dal 15M al 24M e l’insostenibile leggerezza dell’informazione italiana

    elviracorona

    Dal 15M al 24M e l’insostenibile leggerezza dell’informazione italiana

    Elvira Corona

    A meno di 24 ore dal risultato definitivo delle ultime elezioni  spagnole, i  media italiani più seguiti fanno a gara nell’attribuire la vittoria a Podemos e al suo “leader col codino”, Pablo Iglesias (che in realtà è il segretario del partito). Il 15 maggio 2011,  milioni di persone erano scese in piazza da Madrid a Siviglia e da Barcellona a La Coruña per denunciare un paese corrotto, che rispondeva ai dettami della troika e per seguirli le banche sfrattavano i cittadini spagnoli dalle proprie case subito dopo stati licenziati. I media italiani dopo qualche giorno di cronaca dalle acampadas a la Puerta del Sol di Madrid sono andati in letargo. Improvvisamente però, ignorando praticamente  tutto quello che è successo nel mezzo – all’indomani del 24 maggio del 2015 – tutti si svegliano e si rivelano esperti e perfettamente in grado di leggere la realtà.

    Ma soprattutto di semplificarla. E allora anche se in realtà Podemos non ha vinto proprio da nessuna parte, e se Pablo Iglesias in realtà è il Segretario del partito (agli italiani piacciono proprio i leader) è raro trovare nel panorama giornalistico italiano qualcuno che faccia una analisi seria di quello che è successo in Spagna. E questo purtroppo avviene spesso quando si tratta di fatti che non riguardano casa nostra o giù di lì. Giusto per fare un po’ di chiarezza: a Barcellona ha vinto la coalizione en Comù, che è sostenuta da una serie di organizzazioni della società civile e anche da Podemos, e che insieme hanno scelto la candidata Ada Colau, già portavoce della Piattaforma de los Afectados por la Hipoteca (PAH), quella che si opponeva agli sfratti e occupava le case sfitte per capirci. Leggi tutto


    Fabrizio Marchi: La sostenibile e schizofrenica scissione di Mario Tronti

    linterferenza

    La sostenibile e schizofrenica scissione di Mario Tronti

    Fabrizio Marchi

    Proprio questa mattina ho letto questo interessante e in larga parte condivisibile articolo: http://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/5185-militant-tra-impossibile-riformismo-e-necessaria-mediazione.html

    Però…C’è un però che è grande come una montagna e che fa a cazzotti con l’analisi contenuta nell’articolo stesso in cui si fa esplicito riferimento alle elaborazioni filosofiche-politiche di Mario Tronti, “inventore” e teorico dell’ “operaismo” prima, sostenitore del “Primato Leninista della Politica” (con la P maiuscola e anche col K…) poi, uno dei grandi “maitre a penser” della Sinistra italiana (primato conteso con Alberto Asor Rosa e pochi altri…), a suo tempo considerato uno dei “cattivi maestri”, insieme, fra gli altri, ad Antonio (Tony) Negri, intellettuale di punta dell’Autonomia Operaia anni ‘70.

    Mario Tronti, che nonostante le sue posizioni “eretiche” se non addirittura “sovversive” (per lo meno in linea teorica…) non è mai uscito dal PCI e poi dal PDS e dai DS, è stato eletto alle ultime elezioni senatore nelle file del PD, e continua a restarci. Non quindi nel PD “socialdemocratico” (magari lo fosse stato, diciamo che questa è l’immagine costruita dai media…) di Bersani o di D’Alema (il che sarebbe comunque grave, specie per un uomo con la sua storia) ma in quello di Renzi, cioè il neo “partito della nazione”, l’architrave dell’attuale sistema politico, il garante degli interessi del grande capitale finanziario (e non solo) europeo e internazionale attualmente dominante. Leggi tutto


    Anna Lombroso: Partito unico, sindacato unico, faccia tosta unica

    ilsimplicissimus

    Partito unico, sindacato unico, faccia tosta unica

    Anna Lombroso

    Magari c’è chi si è stupito della sortita del caudillo di Rignano, di quel suo auspicio di un sindacato unico, non unitario, proprio unico, possibilmente la Cisl, con il quale “dialogare” nell’unico modo che conosce, facendosi dare sempre ragione, non come i matti, ma come i despoti piccoli e grandi. Io non mi sono meravigliata: abbiamo fatto ormai l’abitudine al travaso delle idee più mediocri, banali e corrive da uno scompartimento ferroviario, da un tavolino del bar sport, da una cena di un Lyons di provincia alla poltrona di premier conquistata senza merito e senza elezioni.

    E c’è purtroppo da prenderlo sul serio: l’uomo non è nuovo alla demolizione dell’edificio democratico delle rappresentanze e dei corpi intermedi, quanto invece  è intento a costruire un sistema, suggerito in alto e altrove, che esalti valori aziendali e commerciali, quelli della fidelizzazione, dell’appartenenza,  del prezzo, del marketing, della competizione e della sopraffazione padronale, ambedue oggi condizionate da produzioni caratterizzate da un basso valore aggiunto e quindi attive solo sul fronte del costo del lavoro vicino a concorrere solo con i quello di altri “terzi mondi”.

    È per quello che, oltre ogni  considerazione di buonsenso, i sindacati rappresentano per lui un’arena di “ostili”, benché ormai degenerati e interpretati come un ceto chiuso, detentore di privilegi e rendite di posizione, poco sensibile alle aspettative di lavoratori sempre più soli, poco avvertiti dei bisogni dei precari, che per loro stessa natura vivono una diaspora di interessi e una condizione di isolamento. Leggi tutto


    Nicolas Martino: L’intellettuale e la sindrome di Belen

    alfabeta

    L’intellettuale e la sindrome di Belen

    Nicolas Martino

    «Lo stesso intellettuale ignora assolutamente l'origine sociale delle sue forme concettuali»1. È bene tenere a mente queste parole di Alfred Sohn-Rethel per provare a svolgere qualche riflessione a partire dall'ultimo numero di «aut aut» (365/2015) dedicato a indagare il lavoro intellettuale in epoca neoliberale e significativamente intitolato «Intellettuali di se stessi».

    Già, perché l'intellettuale è ormai interamente colonizzato dalla forma di vita neoliberale che ha fatto di ogni vivente un imprenditore di se stesso, e quindi catturato in quel marketing del sé che non sembra lasciare alcuna via di scampo. Eppure proprio a partire da questa figura iperindividualizzata è possibile che emergano figure di vita comune, è possibile aprire un discorso che sottragga il lavoro intellettuale all'infelicità di un narcinismo (narcisimo + cinismo) esasperato. Questa, molto sinteticamente, la cornice approntata dai curatori, Dario Gentili e Massimiliano Nicoli, all'interno della quale si svolgono gli interventi dei curatori stessi, di Roberto Ciccarelli, Carlo Mazza Galanti, Federico Chicchi e Nicoletta Masiero, Andrea Mura, Alessandro Manna e Vincenzo Ostuni. Leggi tutto


    Jacques Sapir: Il rivelatore greco

    appelloalpopolo2

    Il rivelatore greco

    Jacques Sapir

    20abg5xL’Unione europea vanta per sé i valori più alti. Con la voce dei dirigenti suoi e di quelli dei suoi paesi membri afferma di rappresentare la democrazia, la libertà e la pace. Tuttavia ne dà concretamente un’immagine molto differente. Non soltanto viola i propri valori a più riprese, ma sviluppa un’ideologia che è in realtà opposta ai valori che pretende incarnare.

    L’Unione europea pretende di instaurare regole comuni e di solidarietà tra i paesi membri e anche oltre questi; i fatti smentiscono tragicamente e sempre più le idee di solidarietà, anche di quella al suo interno. Il budget comunitario, pur ridotto a meno dell’1,25% del PIL, è destinato a ridursi ancora. Queste due contraddizioni alimentano la crisi politica e insieme economica che l’UE conosce. Ne minano le fondamenta e oscurano in misura considerevole l’avvenire.

     

    Il rivelatore greco

    Il trattamento inflitto alla Grecia è un buon esempio della realtà delle pratiche in seno all’UE; aggiungiamo che, ahimè, non è il solo. Ma serve da rivelatore e manifesta la profonda ipocrisia della costruzione europea. Leggi tutto


    Sergio Cesaratto: L’organetto di Draghi

    economiaepolitica

    L’organetto di Draghi

    Prima lezione: moneta endogena e politica monetaria

    di Sergio Cesaratto

    Pubblichiamo alcune lezioni preparate da Sergio Cesaratto per economiaepolitica.it, dedicate alla BCE e alla politica monetaria. La serie, intitolata l'”Organetto di Draghi”, prevede quattro lezioni: 1) Moneta endogena e politica monetaria; 2) La BCE di fronte alla crisi; 3) LTRO, Target 2, Omt; 4) Forward guidance e Quantitative easing.

    Amedeo Bocchi Nel parco 1919
                    e1426252132995Si è fatto un gran parlare nelle scorse settimane – e invero se ne discuteva da un po’ di tempo –  di una misura che la BCE ha adottato il 22 gennaio 2015 nota come Quantitative Easing (QE). Di cosa si tratta? Cosa intende Draghi quando parla di riportare il bilancio della BCE a 3 trilioni (3000 miliardi) di euro? Come si colloca il QE rispetto a ciò che la BCE ha fatto dal 2008 per fronteggiare la crisi? Poteva e può fare di più? In questa mini serie di articoli proveremo a darci qualche risposta inoltrandoci nel terreno un po’ esoterico della politica monetaria.

    Nella prima delle nostre quattro lezioni vedremo da cosa dipendono domanda e offerta di liquidità emessa dalla banca centrale in relazione al suo obiettivo di un certo tasso di interesse a breve termine. Entreremo insomma subito al cuore della politica monetaria, politica che potete identificare con la determinazione del tasso dell’interesse, una variabile che ha grande influenza sull’attività economica. Leggi tutto


    Renata Morresi: Scuola, feticci e bugie

    nazioneindiana

    Scuola, feticci e bugie

    di Renata Morresi

    scuola 4301Il riordino della scuola in atto non crea lavoro ma lo precarizza, non affronta i problemi degli alunni ma li rimanda, non riguadagna autorevolezza al sapere e alla professione docente ma accentra l’autorità. Eppure abbiamo assistito a scene di commozione alla Camera, abbracci, giubilo. Perché? Chi governa e legifera è davvero così avanti, così illuminato circa le sorti della scuola italiana? Prosegue imperturbabile a costruire un futuro migliore per tutti? O non è – come sostiene chi a scuola ci vive ogni giorno – che semplicemente ignorante? O non è che invaghito della nuova, dilagante, sindrome efficientista? O non fa che rispondere al risentimento di una società in crisi, che ancora crede di vedere negli insegnanti dei privilegiati? Sì, io credo che vi sia una arroganza illusa, l’allucinazione presuntuosa di essere i punitori dell’improduttività, i guaritori del disagio sociale e della depressione (in termini quasi psichiatrici), nonché gli autori delle arcinote, ormai quasi mitiche, RIFORME. Quelle moderne, quelle che yes, we can, quelle che nessuno finora ha avuto il coraggio di bla-bla. Quelle che nemmeno la Gelmini… la quale si era “limitata” a tagliare risorse, far classi pollaio e sbandierare l’importanza del grembiulino. Invece qua, caspita: la smania utilitarista si è splendidamente fusa al controllo biopolitico. Il feticcio del “merito” viene ribadito ad ogni piè sospinto; giusto ieri Renzi a Mentana: “lei non ha incontrato un insegnante più bravo di un altro? Siamo d’accordo che ci vuole un po’ di merito?” Leggi tutto


    Alberto Burgio: Se tutto è merce la corruzione vince

    manifesto

    Se tutto è merce la corruzione vince

    Alberto Burgio

    Dalle liste elet­to­rali impre­sen­ta­bili al voto di scam­bio in Sici­lia è tutto un pul­lu­lare di mer­ci­mo­nio e cor­ru­zione. Niente di nuovo si dirà, ripen­sando al Mose e all’Expo, alla tele­no­vela infi­nita delle tan­genti e delle car­riere spia­nate a figli e amanti con tanto di rolex e di viaggi all’estero a spese della col­let­ti­vità. Vero.

    Del resto si parla sem­pre della poli­tica come se altrove tutto fosse in ordine. Non lo è. Baste­rebbe guar­dare con atten­zione al mondo uni­ver­si­ta­rio – per dirne una – per capire che anche la famosa «società civile» gronda cor­ru­zione, con i suoi bravi corol­lari di pro­ter­via, ille­ga­lità, clientelismo.

    Ma ora, a com­pli­care il qua­dro, scop­pia que­sto mega­scan­dalo trans­na­zio­nale della Fifa. Si sco­pre un sistema ven­ten­nale di favo­ri­ti­smi e taglieg­gia­menti che, stando agli inqui­renti, ha frut­tato ai ver­tici dell’organizzazione qual­cosa come 150 milioni di dollari.

    Per cor­rotto che sia, il nostro paese non è dun­que un’eccezione. La cor­ru­zione dilaga, fa sistema. Si ha l’impressione che rap­pre­senti, die­tro le quinte, la vera logica nella ripro­du­zione dei poteri e nell’assunzione delle deci­sioni. Ma se è così, che cosa se ne deve dedurre? Che que­sta è, para­dos­sal­mente, la regola? Che depre­care è, oltre che vano, insulso? Leggi tutto


    Leonardo Mazzei: Elezioni regionali: la posta in gioco

    sollevazione2

    Elezioni regionali: la posta in gioco

    di Leonardo Mazzei

    In un certo senso Renzi avrebbe anche ragione nel voler delimitare la portata politica delle elezioni del 31 maggio. 

    Quelle di domenica prossima sono regionali dimezzate rispetto alle precedenti del 2010. Voteranno infatti 7 regioni anziché 13. A differenza di 5 anni fa non andranno alle urne il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Lazio, la Basilicata e la Calabria.

    Dunque, come elezioni di "medio termine", il loro peso parrebbe almeno in parte svilito. Ma c'è un piccolo particolare che le rende invece importanti, e quel piccolo particolare si chiama proprio Matteo Renzi, con il suo progetto autoritario, la sua politica antipopolare, la sua voglia di costruirsi un regime a sua immagine e somiglianza. Nel bene come nel male il voto di domenica avrà quindi una chiara valenza politica, rafforzando od indebolendo il disegno del ducetto fiorentino.

    Questa è la vera posta in gioco, ben al di là del governo delle Regioni, che giustamente non appassiona praticamente nessuno. Anzi, la supina accettazione delle politiche austeritarie da parte di tutti i governi regionali, con effetti gravissimi ad esempio nel settore sanitario, ha creato una vera e propria ripulsa popolare verso la stessa esistenza dell'Ente Regione. Aggiungiamo poi gli scandali ed il gioco è fatto. Basti pensare che i Consigli delle Regioni dove si è andati al voto anticipato in questi anni, sono stati sempre sciolti a causa delle varie ruberie che hanno riempito le cronache dei giornali, mai per un vero scontro politico sulle scelte da compiere. Leggi tutto


    Guglielmo Forges Davanzati: La scuola che piace a Confindustria

    micromega

    La scuola che piace a Confindustria

    di Guglielmo Forges Davanzati

    La “riforma” della scuola si basa sulla errata convinzione che l’elevata disoccupazione giovanile in Italia dipenda dal fatto che il nostro sistema formativo non offre competenze adeguate a quelle richieste dalle imprese. Come già sperimentato, dequalificare la forza-lavoro per favorire un modello economico produttivo a bassa intensità tecnologica è controproducente per l'occupazione e la crescita della produttività del lavoro

    Nel documento preparatorio della “riforma” della Buona scuola, il Governo propone questa diagnosi della disoccupazione giovanile in Italia: “Il 40% della disoccupazione in Italia non dipende dal ciclo economico. Una parte di questa percentuale è collegata al disallineamento tra la domanda di competenze che il mondo esterno chiede alla scuola di sviluppare, e ciò che la nostra scuola effettivamente offre”. In sostanza, si ritiene che l’elevata (e crescente) disoccupazione giovanile in Italia sia imputabile a fenomeni di mismatch,ovvero di mancato incontro fra domanda e offerta di lavoro, a sua volta riconducibile al fatto che il nostro sistema formativo non offre competenze adeguate a quelle richieste dalle imprese. Sulla base di questa diagnosi, si propone una serie di interventi finalizzati a orientare i processi formativi nella direzione delle qualifiche domandate, soprattutto mediante la c.d. alternanza scuola-lavoro.

    Assumiamo che la diagnosi sia corretta, come attestato dall’ultimo Rapporto Mckinsey, che è la base teorica della “riforma”. E’ bene chiarire che si tratta di una diagnosi che deriva da una ricerca del gennaio 2014 realizzata da una delle più importanti imprese multinazionali che operano nel settore della consulenza manageriale. Curiosamente, il Governo ha scelto questa fonte e non quella ufficiale UnionCamere-Ministero del Lavoro. Da quest’ultima, in radicale contrapposizione con la prima, risulta che il tasso di disoccupazione giovanile imputato alla “mancanza di adeguata preparazione e formazione” è pari al solo 2% della disoccupazione giovanile complessiva[1]. Leggi tutto


    Militant: Il sindacato unico renziano

    militant

    Il sindacato unico renziano

    Militant

    Che Renzi prospetti soluzioni come il “sindacato unico” sta nelle cose. Che qualcuno, dalla Camusso alla “sinistraPd”, possa muovergli critiche, è invece davvero deprimente. Nessuno dei protagonisti del cicaleccio quotidiano massmediatico può dirsi esente dall’onda antipolitica cavalcata oggi con profitto dall’attuale premier. Il fatto che sia più telegenico, che abbia sottratto dalle mani di un ceto politico post-comunista deprimente il partito, che avanzi a colpi di gazebo e primarie e non nei congressi, non toglie il fatto che Renzi non è l’uomo nuovo al comando, ma la punta di diamante di un processo storico favorito dagli attuali rosiconi d’accatto. Antipolitica, populismo, lotta ai partiti e anticomunismo sono le quattro dirimenti che hanno contrassegnato le vicende della politica italiana dalla metamorfosi del Pci in avanti. Tutte tendenze allevate in seno a una casta (questa si, casta!) politica felice di potersi spogliare dei panni duri della vita di partito, dell’organizzazione, della selezione di idee e di classi dirigenti, della coerenza, per concedersi armi e bagagli al nuovismo post-ideologico, alla post-modernità intellettuale, dei valori, del pensiero debole, del messaggio televisivo.

    E’ stata la sinistra, quella da Occhetto a Bertinotti, a cambiare veste, solleticando gli umori di una massa informe di cittadini non più lavoratori, non più militanti, ma elettori da conquistare. E’ stata la sinistra a condannare il socialismo a episodio storico da superare, a tendenza culturale da marginalizzare, nelle parole non dell’ultimo Renzi, ma dal primo D’Alema, del primissimo Bertinotti e via avvilendo. Leggi tutto


    Tonino Perna: “Dobbiamo riappropriarci della sovranità monetaria perduta”

    paolo s labini

    “Dobbiamo riappropriarci della sovranità monetaria perduta”

    C. Rossitto intervista Tonino Perna

    Un’intervista a Tonino Perna di Concetto Rossitto su La Civetta press in occasione del terzo convegno di Siracusa Resiliente. L’economista: “Ci sono state ben sette crisi finanziarie dal 1987 ad oggi. La prossima, che potrebbe scoppiare quest’anno, sarà più catastrofica del 2007”

    513703909 cb09f489f3Prof. Perna, si sta cercando di ovviare all’attuale crisi attraverso l’immissione di cospicue dosi di moneta nei sistemi economici. Lo sta facendo da tempo l’America di Obama e ora lo fa anche la BCE di Draghi. Lo sta facendo Abe in Giappone (che però punta anche su un aumento della spesa pubblica, al contrario di quanto impone la troika). Lei crede che siano interventi risolutivi? Semplici palliativi? O scelte pericolose?

    Sono interventi di pura somministrazione di oppiacei che prolungano l’agonia di un modello socio-economico fallimentare. Sono flussi di denaro che finiscono solo in minima parte nell’economia reale, mentre servono a capitalizzare le banche e far crescere i titoli di Borsa fino a che non scoppia la prossima bolla finanziaria. Ricordo che ci sono state ben sette crisi finanziarie dal 1987 ad oggi. La prossima, che potrebbe scoppiare entro il prossimo autunno, sarà ancora più catastrofica del 2007.

     

    Una maggiore quantità di denaro fresco può rappresentare una boccata di ossigeno per le banche, che forse hanno in pancia prodotti tossici e rischiano parecchio. Ma quella nuova massa monetaria si trasferirà all’economia reale o rischia di finire (del tutto o in massima parte) nel buco nero della finanza speculativa? Non sarebbe preferibile scoraggiare la turbofinanza per far rifluire risorse monetarie già esistenti verso l’economia reale? Leggi tutto


    Karl Marx: Io sono il mio denaro

    doppiozero

    marxiana1

    Io sono il mio denaro

    Karl Marx

    1890 james ensor intrigue Il denaro, poiché possiede la proprietà di comprar tutto, la proprietà di appropriarsi tutti gli oggetti, è così l'oggetto in senso eminente. L'universalità della sua proprietà è l'onnipotenza del suo essere, esso vale quindi come ente onnipotente... Il denaro è il lenone fra il bisogno e l'oggetto, fra la vita e il mezzo di vita dell'uomo. Ma ciò che mi media la mia vita mi media anche l'esistenza degli altri uomini. Questo è l’altro uomo per me. –

    Goethe, Faust (Mefistofele):

    Che diamine! Certamente mani e piedi e testa e di dietro, questi, sono tuoi! E pure tutto quel di cui frescamente godo è perciò meno mio? Se io posso comprarmi sei stalloni, le loro forze non sono mie? Io ci corro sopra e sono un uomo più in gamba, come se avessi ventiquattro piedi.

    Shakespeare, in Timone d’Atene:

    Oro? Prezioso, scintillante, rosso oro? No, dei, non è frivola la mia supplica. Tanto di questo fa il nero bianco, il brutto bello, il cattivo buono, il vecchio giovane, il vile valoroso, l’ignobile nobile.

    Leggi tutto

     

    I più letti degli ultimi tre mesi

      tonino

      unread,
      Jun 11, 2015, 6:25:12 AM6/11/15
      to sante gorini

      Alberto Bagnai: Il reddito della gleba

      goofynomics

      Il reddito della gleba

      di Alberto Bagnai

      woman lying on her back both arms raised 1895Il gioco è assolutamente evidente e del tutto scoperto. A cosa serve nascondersi? Sanno che ci cascherete, come siete cascati nella trappola dell'euro, e che ci cascherete per lo stesso motivo: perché non volete fermarvi a pensare, perché qualsiasi sforzo intellettuale che superi la dimensione dell'appartenenza da curva calcistica è superiore, soprattutto adesso, dopo sette anni di crisi, alle vostre possibilità.

      Qual è il gioco?

      Ma è semplice! Barattare il diritto a un lavoro con il diritto a un reddito.

      Lo chiamano reddito di cittadinanza, ma qui lo chiameremo reddito della gleba. Risparmieremo caratteri, e aderiremo meglio all'essenza del ragionamento. Così come la servitù della gleba legava il colono a un fondo, il reddito della gleba serve a legare i nuovi coloni al precariato. Ma se mi avete seguito fin qui (e soprattutto se avete seguito Quarantotto) non avrete certo bisogno che ve lo spieghi, lo scopo del gioco: in un mondo dove la totale libertà garantita al capitale determina uno schiacciamento dei redditi da lavoro e quindi un aumento della disuguaglianza e una traslazione della classe media verso il basso (come ho mostrato in L'Italia può farcela); in un mondo nel quale, stante il principio fondamentale della tutela ultra vires degli interessi dei grandi creditori (che non amano l'inflazione, se pure moderata), l'unico meccanismo di aggiustamento è la deflazione; in un mondo nel quale quindi la polarizzazione dei redditi indotta dalla deflazione sta creando una platea sterminata di poveri; bene: in questo mondo, il nostro mondo, si pone il problema di tenerli buoni, questi poveri...

      Leggi tutto

      Marino Badiale: Ancora su destra e sinistra

      badialetringali

      Ancora su destra e sinistra

      Marino Badiale

      sinistra destraMi sembra che il tema della dicotomia destra/sinistra, con le tesi contrapposte della sua perdurante validità oppure del suo superamento, sia sottinteso in alcune delle discussioni a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi (per esempio quella relativa a Diego Fusaro, partita daqui e proseguita per esempio qui). Si tratta però di una tematica che resta spesso sottintesa, o magari accennata e liquidata con poche battute. Il risultato è che sul tema del superamento di destra e sinistra vi è un certo grado di confusione. Penso sia bene provare almeno a dissipare un po' di questa confusione. Un'occasione per farlo può essere questo articolo, di qualche tempo fa, di Moreno Pasquinelli, che ha il merito di affrontare esplicitamente la questione. In realtà lo scopo ultimo dell'articolo mi sembra sia quello di portare un attacco al tentativo, attribuito a Fusaro, di creare di una forza politica sovranista ma non caratterizzata in termini di destra e sinistra. Non è però di questo che intendo trattare adesso: mi interessa invece discutere la ricostruzione della genesi della tesi sul superamento di destra e sinistra (d'ora in poi, per brevità , la chiamerò ”tesi del superamento”), ricostruzione proposta da Pasquinelli all'inizio dell'articolo. Mi trovo infatti a dissentire su alcuni aspetti di tale ricostruzione, e penso che esplicitare questo dissenso possa essere un contributo a fare chiarezza su questi temi.

      Leggi tutto

      Guy Standing: Una carta del precariato?

      minima&moralia

      Una carta del precariato?

      G Battiston intervista Guy Standing

      Pubblichiamo la versione integrale di un’intervista a Guy Standing apparsa sull’Espresso online

      precari scuolaI partiti della sinistra socialdemocratica? «Inservibili». I sindacati? «Su posizioni difensive». L’idea novecentesca del lavoro inteso soltanto come lavoro salariato? «Un ostacolo all’emancipazione e all’egualitarismo». L’obiettivo della piena occupazione? «Pura utopia». Anche nel suo ultimo libro, Diventare cittadini. Un manifesto del precariato (Feltrinelli, euro 19, pp.336, trad. Giancarlo Carlotti), non risparmia bordate e posizioni poco ortodosse Guy Standing, docente di Development Studies alla School of Oriental and African Studies di Londra, una vita trascorsa ad analizzare le trasformazioni del lavoro e, più recentemente, il mondo dei precari. Che da supplicanti, soggetti a un dominio arbitrario, privati dei diritti sociali e colpiti da una cronica insicurezza economica, possono diventare i veri protagonisti delle battaglie per una «società giusta». È questa per Guy Standing la parabola che deve compiere il precariato, la nuova «classe esplosiva». Una classe sociale colpevolmente tradita dai partiti di sinistra, ancorati al capitalismo industriale e perciò incapaci di archiviare l’immaginazione economica del Novecento.

      Per farlo, spiega Standing, occorre partire da due priorità: ripensare lo stesso concetto di lavoro, includendovi sia le attività produttive sia quelle riproduttive e il tempo libero, e rivedere l’intero sistema della redistribuzione della ricchezza, introducendo un reddito minimo universale.

      Leggi tutto

      Comidad: La destabilizzazione internazionale

      comidad

      La destabilizzazione internazionale

      Un businnes a spese del contribuente

      Comidad

      Per evitarsi la pena di commentare il magro risultato elettorale, e per far capire a tutti quali siano i veri padroni a cui deve rispondere, un Renzi in versione NATO lunedì scorso è volato in Afghanistan, ad arringare i soldati italiani. Senza risparmiarci il ridicolo di indossare la tuta mimetica, dall'alto della sua scienza politica, Renzi ha spiegato ai giovani militari che in un mondo globale la sicurezza interna ai vari Paesi dipende dalle loro scelte internazionali. Parole sante. Parole tanto più significative se pronunciate in un Paese, l'Afghanistan, che dal 2002 segna ogni anno un nuovo record di produzione dell'oppio. Proprio quell'oppio che, trasformato in eroina, inonda l'Europa.

      La destabilizzazione dell'Afghanistan da parte della NATO ha quindi comportato i suoi riflessi destabilizzanti all'interno dei Paesi della NATO. Si potrebbe iniziare a questo punto la solita litania sugli "errori dell'Occidente", se non ci si ricordasse che la destabilizzazione costituisce un business. Che la NATO non abbia nulla a che vedere con la produzione ed il traffico di oppio, può essere infatti sostenuto solo contro ogni evidenza, e ciò fa parte di quei "segreti" noti a tutti, ma troppo osceni per essere pronunciati, poiché rimetterebbero in discussione tutta la visione del mondo comunemente accettata.

      Il problema è che, se per alcuni la destabilizzazione internazionale costituisce un business, per altri è una spesa. La destabilizzazione infatti è a carico del contribuente, che deve finanziare crescenti spese militari, che a loro volta vanno a favorire ed organizzare il contrabbando che fiorisce all'ombra delle basi militari e del segreto militare. Leggi tutto


      Elvira Vannini: Marx nelle strade, non alla biennale!

      alfabeta

      Marx nelle strade, non alla biennale!

      Elvira Vannini

      Scriveva Toni Negri nel 1988: “credo che in nessun caso più che in quello dell’arte, della sua produzione e del suo mercato, la forma di organizzazione sociale che Marx chiama sussunzione reale sia oggi realizzata”1 . Ma non è solo la sottomissione reale del lavoro al capitale che trova nell’arte un’applicazione esemplare. Il suo mercato infatti, tra le economie più potenti, non ha registrato gli effetti recessivi della crisi finanziaria globale. L’artista è subordinato a dispositivi di potere che depotenziano ogni vettore di soggettivazione e controllano la sua attività. Il sistema degli addetti ai lavori è ormai diventato la nuova unità di produzione del capitale semiotico. È sullo scenario di questa paradigmatica filiera produttiva del capitalismo postfordista (e dei suoi perversi meccanismi di sfruttamento), basata sul modello di sviluppo economico delle industrie creative e sostenuta da un immenso bacino di lavoro non salariato, che si apre la 56a Biennale di Venezia sotto la direzione del nigeriano Okwui Enwezor.

      Collezionisti miliardari, attori del capitale internazionale e dell’élite indiscussa dello showbiz più patinato, partecipano al vernissage e ai suoi rituali, scendono dai lussuosi yacht, ormeggiati di fronte ai Giardini, e raggiungono il cuore della mostra, nel Padiglione Centrale: qui trovano Stefano Boeri che introduce Das Kapital insieme al gallerista milanese Jean Blanchaert travestito da Marx! Come ha illustrato il curatore la rassegna All the World’s Futures ha il suo fulcro nell’Arena, una sorta di oratorio (più un palcoscenico), che ospiterà un’imponente lettura dal vivo, per tutti i sette mesi della mostra, dei tre libri de Il Capitale. Leggi tutto


      Il prossimo ottobre il mondo cambierà

      lantidiplomatico

      Il prossimo ottobre il mondo cambierà

      "La Cina si sta preparando per qualcosa di grosso"

      Il presidente cinese Hu Jintao disse che "il dollaro è un prodotto del passato"

      Il prossimo ottobre potrebbe essere l'inizio della fine per il dollaro come valuta di riserva del mondo, scrive Mac Slavo su SHTFPlan.com. Due volte ogni dieci anni il Fondo monetario internazionale si riunisce per discutere il paniere di valute dei diritti speciali di prelievo (DSP) . Attualmente il paniere è composto da dollaro, yen giapponese, sterlina britannica e euro, ma tra un paio di mesi potremmo vedere lo Yuan cinese prendere il suo posto tra le valute più affidabili al mondo.

      Il segretario al Tesoro Jack Lew dice: "La Cina non è pronta per lo status di moneta di riserva", e certamente gli piacerebbe bloccare i cinesi e conservare lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale e meccanismo primario di cambio nel commercio internazionale.

      Ma mentre Lew e i suoi predecessori hanno presieduto la più grande crescita del debito nazionale nella storia del mondo, i cinesi si stanno posizionando strategicamente, proprio come hanno fatto gli Stati Uniti nei primi anni del 1900, non solo per diventare la più grande economia del mondo, ma per essere la super-potenza del 21° secolo. Leggi tutto


      Alain Bertho: L’islamizzazione della rivolta radicale

      alfabeta

      L’islamizzazione della rivolta radicale

      C. Tricot intervista Alain Bertho*

      Pubblichiamo qui una versione ridotta dell'intervista apparsa su «Regards» in cui per analizzare gli attentati di gennaio a Parigi Alain Bertho ci invita a considerare il punto di vista dei soggetti stessi, sottolineando le difficoltà attuali nel proporre una radicalità positiva.

      UpkPfA5XLjha 90ZVnUlkmwGqDmXuNw9rMRPdwLCaaI Come ha interpretato gli attacchi terroristici dei primi dell'anno a Parigi?

      Qualche giorno dopo gli attentati del 7 e del 9 gennaio ho letto Underground. In questo libro, basato essenzialmente su interviste, il romanziere giapponese Haruki Murakami prova a comprendere l'attacco mortale al gas nervino Sarin perpetrato dalla setta Aum nella metropolitana di Tokyo nel 1995. Ha così interrogato alcune vittime e alcuni membri della setta. Il suo lavoro mostra fino a che punto, in questo genere di situazioni, le irriconciliabili esperienze soggettive delle vittime e degli assassini si oppongano sul senso dell'evento. L'esperienza delle vittime è quella di un perché senza risposta. La ripetizione circolare delle testimonianze e dell'estremo dolore non produce alcun significato. Lo abbiamo visto a gennaio in Francia, lo abbiamo rivisto a Tunisi a marzo. Quando «le parole non bastano più», o quando «non esistono parole» per dirlo, significa che l'evento è «impensabile», nel vero senso della parola. Ma ciò che restituisce il senso dell'atto e ne assicura la sua continuità soggettiva prima, durante e dopo l’evento, è ciò che pensano coloro che ne sono stati attori o che avrebbero potuto esserlo. Questo è l'intento di Haruki Murakami quando dà la parola ad alcuni membri d'Aum. Leggi tutto


      Alain Badiou: La crisi, vera e falsa contraddizione del mondo contemporaneo

      controlacrisi

      La crisi, vera e falsa contraddizione del mondo contemporaneo

      di Alain Badiou

      maturita leninLa modernità è prima di tutto una realtà negativa. Effettivamente si tratta di una rottura con la tradizione. È la fine del vecchio mondo di caste, nobiltà, obblighi di carattere religioso, riti giovanili di iniziazione, mitologia locale, sottomissione delle donne, potere assoluto del padre sui suoi figli, e divisione ufficiale tra un piccolo gruppo di governanti e una massa condannata di lavoratori. Nulla può spingere questo movimento indietro – un movimento che, evidentemente, è iniziato in Occidente con il Rinascimento, si è consolidato con l’Illuminismo del XVIII secolo e poi materializzato nelle innovazioni senza precedenti nelle tecniche di produzione e nel costante affinamento dei mezzi di misurazione, di circolazione e di comunicazione.

      Forse il punto più sorprendente è che questa rottura con il mondo della tradizione, questo vero e proprio tornado che si abbatte sul l’umanità – quello che in appena tre secoli ha spazzato via forme di organizzazione che duravano da millenni – crea una crisi soggettiva le cui cause e portata sono evidenti , e uno dei cui aspetti più rilevanti è la difficoltà estrema e crescente che i giovani, in particolare, affrontano nel trovare un posto in questo nuovo mondo. Leggi tutto


      Federico Dezzani: Moneta unica in avvitamento, tensione militare in ascesa

      federicodezzani

      Moneta unica in avvitamento, tensione militare in ascesa

      di Federico Dezzani

      armata11A distanza di un mese dall’articolo “A che punto è l’euro-notte”, torniamo sull’argomento assimilando le recenti novità politiche e militari: il nostro impianto analitico, secondo cui il collasso dell’euro sarà accompagnato dalla recrudescenza della guerra ucraina dietro impulso angloamericano, è corroborato giorno per giorno dall’evolversi della situazione. Le recenti tornate politiche nel Regno Unito e Spagna confermano l’avanzato stato di decomposizione dell’Unione Europea, mentre il rifiuto greco a qualsiasi ulteriore misura di austerità accelera l’uscita di Atene dall’eurozona, che scatenerebbe l’implosione della moneta unica nel lasso di qualche settimana. Se in Ucraina la tregua vacilla, le elezioni politiche in Polonia rafforzano lo scenario di un nuovo Intermarum a guida angloamericana da opporre a Mosca: le probabilità di un conflitto aumentano di pari passo con la frequenza delle esercitazioni che si svolgono dal Mar Baltico al Mar Caspio.

       

      A Ovest defezioni

      Gli imperi nascono da un città, da un popolo o da uno Stato e da lì espandono il loro dominio verso una periferia sempre più lontana: quando l’organismo politico muore, la disgregazione compie il percorso inverso, partendo dagli arti e risalendo in direzione del cuore. Leggi tutto


      Manlio Dinucci: Il Califfato voluto dagli Usa

      voltairenet

      Il Califfato voluto dagli Usa

      di Manlio Dinucci

      Mentre l’Isis occupa Ramadi, la seconda città dell’Iraq, e il giorno dopo Palmira nella Siria centrale, uccidendo migliaia di civili e costringendone alla fuga decine di migliaia, la Casa Bianca dichiara «Non ci possiamo strappare i capelli ogni volta che c’è un intoppo nella campagna contro l’Isis» (The New York Times, 20 maggio).

      La campagna militare, «Inherent Resolve», è stata lanciata in Iraq e Siria oltre nove mesi fa, l’8 agosto 2014, dagli Usa e loro alleati: Francia, Gran Bretagna, Canada, Australia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e altri. Se avessero usato i loro cacciabombardieri come avevano fatto contro la Libia nel 2011, le forze dell’Isis, muovendosi in spazi aperti, sarebbero state facile bersaglio. Esse hanno invece potuto attaccare Ramadi con colonne di autoblindo cariche di uomini ed esplosivi. Gli Usa sono divenuti militarmente impotenti? No: se l’Isis sta avanzando in Iraq e Siria, è perché a Washington vogliono proprio questo.

      Lo conferma un documento ufficiale dell’Agenzia di intelligence del Pentagono, datato 12 agosto 2012, desecretato il 18 maggio 2015 per iniziativa del gruppo conservatore «Judicial Watch» nella competizione per le presidenziali [1]. Esso riporta che «i paesi occidentali, gli stati del Golfo e la Turchia sostengono in Siria le forze di opposizione che tentano di controllare le aree orientali, adiacenti alle province irachene occidentali», aiutandole a «creare rifugi sicuri sotto protezione internazionale»

      Leggi tutto

      Caterina Amicucci: Possiamo sfidarli?

      comuneinfo

      Possiamo sfidarli?

      Caterina Amicucci

      Podemos non ha vinto le elezioni in Spagna, come hanno detto molti, ma ha mostrato prima di tutto l’emersione di realtà territoriali che tentano di riappropriarsi di spazi decisionali. Nato un anno fa come una macchina mediatico-elettorale gigantesca con una struttura di partito tradizionale, Podemos soltanto dopo ha cominciato a cercare il superamento della forma partito novecentesca a favore di reti orizzontali. Ci riuscirà? Saprà gestire il potere per disperderlo in basso? I movimenti sapranno tutelare la loro autonomia e creatività? Di certo in Spagna è in corso un terremoto politico non solo elettorale, cominciato da alcuni anni. Ha ragione Caterina Amicucci, che scrive per noi di Comune da Siviglia, “vale la pena di osservare molto da vicino se il progetto sarà all’altezza della sfida e soprattutto vedere cosa accadrà”

      SIVIGLIA – La stampa italiana ha proclamato in maniera unanime ed errata la vittoria di Podemos alle elezioni amministrative spagnole. Basta dare uno sguardo ai dati elettorali per capire che la notizia è semplificata al punto da essere falsa. Il Partito Popolare pur avendo perso due milioni e mezzo di voti si conferma il partito più votato, seguito a brevissima distanza dal partito socialista. Podemos si attesta, salvo poche eccezioni, come terzo o quarto partito a seconda delle regioni e delle città.

      Lo stesso Pablo Iglesias ha commentato domenica a urne chiuse che “la dissoluzione dei partiti tradizionali e la fine del bipartitismo si sta dimostrando un processo più lento di quello che speravamo”. Leggi tutto


      Elettra Stimilli: Gli algoritmi del capitale

      alfabeta

      Gli algoritmi del capitale

      Elettra Stimilli

      Quando era appena uscito nelle sale italiane The Wolf of Wall Street, il film in cui Scorsese narra l'ascesa e la caduta di uno dei tanti spregiudicati broker newyorkesi, nell'intenzione - da lui stesso esplicitamente dichiarata - di “scoprire come lavorano le loro menti”, viene pubblicato in Italia un volume a cura di Matteo Pasquinelli, Gli algoritmi del capitale. Accelerazionismo, macchine delle conoscenza e autonomia del comune (Ombre Corte 2014), che tenta di inscrivere la riflessione sull'attuale crisi finanziaria tra le sofisticate pieghe della virtualizzazione della finanza e delle relazioni sociali. Più che al film di Scorsese, Pasquinelli preferisce, però, far riferimento, come antecedente artistico delle analisi contenute nel libro da lui curato, al romanzo di Don DeLillo Cosmopolis, scritto negli stessi anni del movimento di Seattle e prima del tragico attacco alle Twin Towers.

      Muovendo da una riflessione sul predominio e sulla crisi del capitalismo finanziario contemporaneo, i saggi raccolti in questo volume sono tutti accomunati dall'esigenza di guardare all'orizzonte tecnologico globale nell'intento di trovare nuovi paradigmi in grado di dischiudere differenti spazi collettivi e politici. Il volume si apre con il Manifesto per una politica accelerazionista di Alex Williams e Nick Srnicek, da molti definito il caso editoriale del 2013 all'interno del pensiero politico radicale. Leggi tutto


      Fabio Bentivoglio: Guerra, ideologia e tecnica

      badialetringali

      Guerra, ideologia e tecnica

      Fabio Bentivoglio

      Pubblichiamo l'intervento di Fabio Bentivoglio al convegno "1914-2014: Cento anni di guerre", tenuto a Napoli il 4-12-14, organizzato dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dal Rotary Club.
      (M.B.)

      100 0829I cento anni di guerra (1914-2014) oggetto della nostra attenzione sono scanditi dalla Prima e Seconda guerra mondiale (1914-1918 e 1939-1945), dalla guerra fredda (1945-1991) e, in seguito, da un ciclo di guerre indicate in forma generica con varie dizioni: “guerra infinita”, “guerra globale” “guerra al terrorismo”… È mio intento cogliere dal punto di vista storico gli aspetti di continuità e discontinuità del fenomeno “guerra”, riguardo l’origine dei conflitti, l’ideologia e la tecnica.

       

      Origine dei conflitti

      Uno dei rari casi in cui nella storia è possibile registrare una costante, confrontando anche epoche molto lontane, è proprio quello sulla natura delle dinamiche che danno origine alle guerre: le guerre sono state e sono espressione di progetti politico-militari riconducibili a dinamiche economiche, di potere, predominio, ricchezza, controllo del territorio e simili. Ovviamente ogni epoca storica si differenzia dalle altre per la configurazione dei rapporti economici e per le forme di potere, ma i moventi che determinano le guerre hanno una matrice comune.

      Leggi tutto

      S.Mezzadra e T.Negri: Organizzare la rottura costituente

      euronomade

      Organizzare la rottura costituente

      Un passaggio necessario

      di Sandro Mezzadra e Toni Negri

      27est2f01
                    grande podemos reuters
                    ffMentre prosegue il duro scontro tra il governo greco, le istituzioni europee e il Fondo Monetario Internazionale, le elezioni spagnole del 24 maggio hanno aperto una nuova breccia nell’“estremismo di centro” che ha governato gli anni della crisi in Europa. A Madrid, a Barcellona, in decine di altre città di piccola o media grandezza, peculiari coalizioni di movimenti sociali urbani, esperienze di associazionismo e forze politiche hanno travolto gli equilibri istituzionali esistenti e hanno fatto irruzione all’interno dei governi municipali con programmi nati nel corso delle lotte, a partire dal 15M. Il ruolo di Podemos è stato importante all’interno di molte di queste coalizioni, che hanno tuttavia tratto la propria forza dal radicamento in dinamiche di mobilitazione e costruzione quotidiana, irriducibili alla forma partito. È su questa base che dovranno ora essere sperimentati processi innovativi di governo municipale, di fondamentale importanza anche in vista delle elezioni politiche di novembre. Questa rottura non è simbolica ma istituzionale: la costituzione materiale è messa in discussione, quella spagnola (e greca) e quella europea. Leggi tutto


      Andrea Baldazzini: Una breve ricostruzione del dibattito storico-teorico sul neoliberismo

      pandora

      Una breve ricostruzione del dibattito storico-teorico sul neoliberismo

      Andrea Baldazzini

      113492151Ormai sono anni che il tema del neoliberismo è al centro di moltissimi studi e dibattiti, ma nonostante le innumerevoli attenzioni che gli sono dedicate, ancora non si possiede un quadro complessivo del fenomeno in grado di dar conto delle sue reali dimensioni e sfumature. Certamente non si può pensare al neoliberismo come al risultato di configurazioni casuali, più stimolante risulta invece provare a pensarlo nei termini di un organismo che ha raggiunto una fase molto avanzata del suo sviluppo, e che nel nel corso degli anni è stato in grado di mutare adattandosi all’ambiente, fino a ribaltare il rapporto di subordinazione facendo si che l’ambiente stesso si modificasse in funzione dei propri bisogni di gestione e riproduzione. Prima ancora di entrare nel merito dei temi di questo lavoro, è importante fin da subito tenere presente che il neoliberismo va visto come una costellazione di elementi tra di loro eterogenei ma capaci di agire secondo un sentire comune, un organismo appunto. Ciò fornisce già una prima considerazione in riferimento al metodo di indagine che si vuole adottare nel voler studiare questa strana creatura, infatti molte delle analisi prodotte a riguardo scadono in un eccessivo riduzionismo epistemologico, motivo per cui nelle poche pagine che seguiranno l’intento sarà semplicemente quello di fornire alcune coordinate storico-sociologiche in merito alle radici e alla razionalità (cioè la natura dei modi di dispiegamento) del neoliberismo. L’obiettivo non è tanto quello di fornire un commento sul fenomeno in questione, quanto piuttosto di mettere un po’ d’ordine nello scenario idealtipico che in molti hanno, ma che spesso risulta essere confuso e rischia di non permettere un serio dialogo o addirittura di sottovalutare il nemico. Leggi tutto


       

       

      I più letti degli ultimi tre mesi

      tonino

      unread,
      Jun 14, 2015, 11:41:58 AM6/14/15
      to sante gorini

      Stefano Porcari: Emergenza in conto Capitale

      contropiano2

      Emergenza in conto Capitale

      Stefano Porcari

      Capita che qualcuno sottragga da un parco pubblico una panchina, per sistemarsela nel proprio giardino privato o sul terrazzo. Si appropria di un bene pubblico per soddisfare il proprio interesse individuale, sottraendolo alla godibilità collettiva e a spese della collettività.

      Può capitare altrettanto spesso che quella panchina sia di un Punto Verde Qualità, per il quale il Comune ha garantito i mutui dei soggetti privati cui li ha dati in concessione, ritrovandosi così con un buco in bilancio per decine di milioni di euro, lavori non terminati e mazzi di false fatturazioni per opere non realizzate.

      La pubblica indignazione viene, in qualche caso anche giustamente, veicolata contro chi si è appropriato della panchina. Mentre quasi nessuno se la prende - finché non interviene un'indagine - con i gestori del punto verde che lo lasciano degradare o il Comune che ha garantito concessioni e finanziamenti che forse non recupererà mai.

      Si entra così dentro un meccanismo perverso che trascina tutti - e la città capitale nel suo complesso – verso il basso, in modo percepibile da tutti, anche a occhio nudo. Una deresponsabilizzazione istituzionale, collettiva e individuale che produce un degrado che appare inarrestabile. Leggi tutto


      Giulietto Chiesa: Prednestrovia, cos’è? Presto lo sapremo

      fattoquotidiano

      Prednestrovia, cos’è? Presto lo sapremo

      di Giulietto Chiesa

      Parlo del prossimo, possibile, teatro di guerra in Europa. Zampillano come pozze di geiser, questi conflitti. E non è un caso. Si è cominciato con l’Ucraina (risultato: fino ad ora 50 mila morti, secondo i servizi segreti tedeschi). Da poco si è aperto il bubbone della Grande Albania (morti per ora una ventina), con le prime scaramucce alla frontiera tra Kosovo e Macedonia, con inizio dell’ennesima rivoluzione colorata made in America. Ora è la volta della Prednestrovia (in russo, al di là del Dnestr, in italiano Oltre Dnestr).

      Appunto: cos’è? E’ una repubblica indipendente riconosciuta da quasi nessuno (neanche dalla Russia, che non ha legami diplomatici ufficiali con Tiraspol, la capitale). Tranne che dall’Abkhazia, dall’Ossetia del Sud e dal Nagorno-Karabakh. Tra spezzoni dell’ex Urss ci s’intende. Nacque al momento del crollo dell’Unione Sovietica e si trovò subito nei guai. Vediamo perché: si trova appoggiata alla riva sinistra del fiume Dnestr per circa 400 chilometri. Ma si ferma una trentina di km dallo sbocco al mare. Dunque il suo unico porto è – paradossalmente – quello di Odessa, in Ucraina. Sull’altra riva dello Dnestr c’è la Moldova, ex repubblica sovietica, oggi protettorato di Bruxelles. Commerci c’erano e ci sono, da quella parte, ma Chisinau è nemica, e ha sempre cercato di riprendersi il territorio. Nel 1991 ci furono aspri combattimenti, con un migliaio di morti proprio tra moldavi e abitanti di questa striscia, che si risolsero, anche grazie al generale russo Aleksandr Lebed, con la sconfitta dei primi. Leggi tutto


      Alberto Bagnai: L’esempio greco

      asimmetrie

      L’esempio greco

      Dentro l’euro non c’è sinistra

      di Alberto Bagnai

      La crisi greca ha dato ai nostri politici progressisti tre importanti lezioni, destinate a cadere nel vuoto pneumatico della loro ignavia. Peccato, perché capirle sarebbe soprattutto loro interesse.

      La prima lezione è che dentro l’euro non c’è spazio per la “sinistra”. Questo lo sapevano bene i comunisti italiani degli anni ’70. Marco Palombi ha riportato alla luce sul Fatto Quotidiano del 19 maggio 2014 le parole con cui Barca (quello vero, Luciano) scolpì nel 1978 l’alfa e l’omega del progetto di integrazione monetaria europea: “Europa o non Europa questa resta la mascheratura di una politica di deflazione e di recessione anti operaia”. In cambi flessibili gli squilibri fra paesi vengono sanati dalla rivalutazione del paese forte, la cui valuta si apprezza fisiologicamente perché molto domandata per motivi commerciali e finanziari. Ma in cambi fissi questo meccanismo cade e gli squilibri devono essere sanati dalla disoccupazione del paese debole. L’austerità a questo serve: tagliando la spesa e alzando le tasse il governo costringe le imprese a licenziare o fallire, nella ragionevole presunzione che chi si ritrova disoccupato accetterà un nuovo lavoro a salari inferiori, contribuendo a rendere il paese più competitivo.

      Chi vuole l’euro vuole l’austerità, cioè la disoccupazione competitiva usata come leva per svalutare il lavoro. Non pare una cosa molto “di sinistra”, vero? La crisi greca ha definitivamente chiarito questo punto. Come ha detto Schäuble allo Zeit il 28 maggio scorso riferendosi a Tsipras, tenersi l’euro ma non le riforme “passt nicht zusammen”. Leggi tutto


      Euronomade: Il tempo dei barbari dentro la crisi

      euronomade

      Il tempo dei barbari dentro la crisi

      di Euronomade

      image1618«Ogni rapporto di egemonia (ossia di persuasione) è necessariamente un rapporto pedagogico» diceva Gramsci riferendosi tanto alle persone quanto alle istituzioni. Tradotto nella situazione europea del presente, possiamo sostenere che vi sia fiducia nelle regole e, anzitutto, in chi le trasmette? In tutta evidenza, no!

      Al netto delle questioni etiche, delle distinzioni tra fini, della ricerca del bene e della cosa migliore, – fra etica e neoliberismo vi è uno iato incolmabile, com’è noto –, quel consenso che, in termini materialistici, «nasce storicamente dal prestigio (e quindi dalla fiducia) derivante al gruppo dominante dalla sua posizione» si regge sulla «funzione di quel gruppo nel mondo della produzione». È dunque arduo sostenere che godano di fiducia le classi dirigenti e le classi politiche europee, le classi della finanza e le classi del debito: tant’è vero che hanno bisogno di pescare nell’archivio dell’orientalismo per fare breccia nella resistenza della Grecia di Syriza, allorché il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha definito il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis “dilettante, perditempo e giocatore d’azzardo”. Contumelie simili le abbiamo viste lanciate, negli ultimi otto anni di crisi, contro Papandreou fino a Samaras, pur d’imporre e recuperare crediti e debiti; di consolidare un regime di messa a valore della Grecia, quale angolo arretrato di un’Europa stimabile e rispettosa; di estrazione violenta di rendita e profitto dalle periferie sottosviluppate; d’imbrigliamento della mobilità della forza lavoro, in un continuo tentativo di ricostruire il rapporto di sfruttamento e la capacità di valorizzazione, favorendo nuove accumulazioni sulla cooperazione e sul lavoro vivo.

      Leggi tutto

      Elisabetta Teghil: coordinamenta FIFA, che fifa!

      coordinamenta

      FIFA, che fifa!

      di Elisabetta Teghil

      foto 444575 550x370La polizia svizzera, giorni fa, si è presentata senza preavviso e in abiti civili all’albergo Baume au Lac, dove soggiornavano molti delegati che avrebbero dovuto partecipare alle elezioni del nuovo presidente FIFA. Si è fatta dare dalla conciergerie le chiavi delle stanze ed è salita direttamente ai piani per procedere agli arresti dei dirigenti che lì soggiornavano per partecipare al voto di venerdì 28 maggio per l’elezione del vertice della FIFA e ha arrestato due vicepresidenti, uno di Cayman e l’altro dell’Uruguay, e i delegati di Costarica, Nicaragua, Venezuela e Brasile.

      Alcuni di questi sono stati portati fuori dall’albergo in manette, sono stati videoripresi e le immagini sono state divulgate.

      Il procuratore generale degli Stati Uniti, Loretta Lynch, ha dichiarato che le indagini erano state effettuate dall’FBI e che andavano avanti da vent’anni e che i dirigenti FIFA in questione avevano preso tangenti per influenzare la decisione di dove fare questo o quell’altro avvenimento calcistico e che “noi sradicheremo la corruzione del calcio mondiale”. E ha chiesto l’estradizione degli arrestati negli Stati Uniti.

      A che titolo non si sa non avendo nessuna motivazione legale perché la FIFA ha sede a Ginevra e gli arrestati appartengono a paesi sovrani e indipendenti.

      Leggi tutto

      Fabio Bentivoglio: “Buona scuola” o disastro antropologico?

      badialetringali

      “Buona scuola” o disastro antropologico?

      Fabio Bentivoglio

      Pubblichiamo un intervento di Fabio Bentivoglio sulla "buona scuola". Si tratta di un articolo in corso di pubblicazione sulla rivista Indipendenza. (M.B.)

      studenti medievaliPrendiamo spunto da alcune “perle” relative alla cosiddetta riforma “La buona scuola” illustrata da Renzi nel corso del video con lavagna e gessetti. Il nostro, con lo sguardo rivolto alla mitica crescita, esordisce indicando che la riforma in oggetto mira a fare dell’Italia una “superpotenza culturale”; aggiunge poi che per contrastare il dramma della disoccupazione giovanile sarà previsto in tutti gli ordini di scuola un monte orario significativo di alternanza scuola-lavoro. Il giorno seguente l’approvazione alla Camera dell’articolo 9 del relativo disegno di legge che attribuisce ai dirigenti scolastici il potere di scegliere gli insegnanti più consoni alla realizzazione degli obiettivi indicati nel Piano dell’Offerta Formativa dell’istituto, Repubblica (19.05.2015) riporta il commento entusiasta della ministra Giannini: “Sbagliato protestare, l’autonomia è di sinistra; vogliamo una scuola autonoma, responsabile e valutabile. Sono i principi della sinistra italiana progressista e illuminata che già aveva indicato Luigi Berlinguer”. Un merito va riconosciuto a Renzi e alla Giannini: è difficile condensare in così poche parole quello che a tutti gli effetti si configura come un disastro antropologico di cui forse manca ancora adeguata consapevolezza.

      Leggi tutto

      Nicoletta Cusano: Nuovo realismo e filosofia

      scenari

      Nuovo realismo e filosofia

      Nicoletta Cusano

      La filosofia è il più radicale dei saperi, perché va alle radici ultime delle questioni. Al loro «fondamento». La radicalità e il rigore sono le sue caratteristiche essenziali.

      Proprio perché un pensiero è filosofico solo se possiede quelle caratteristiche e non semplicemente perché si definisce tale, ci soffermiamo sul sedicente “discorso filosofico” del nuovo realista Markus Gabriel, a cui in questo ultimo periodo il Corriere della Sera ha offerto ampio spazio sia in risposta ad alcuni interventi della professoressa Donatella Di Cesare sia con una corposa video-intervista rilasciata il 18 maggio scorso in occasione del 28° Salone Internazionale del Libro di Torino. In quella video-intervista Gabriel liquida i grandi temi della filosofia con poche battute e rivolge a Heidegger la critica seguente: «Heidegger mi ha insegnato che c’è una domanda rispetto al senso dell’essere. Ma nella mia interpretazione non si tratta dell’essere. Secondo me “essere” non ha senso: essere è niente [risata]. Heidegger riconosce l’esistenza del mondo, per Heidegger il mondo è una proprietà dell’essere umano cioè io non sono in nessun senso heideggeriano. C’è qualcosa di valido in Heidegger, ma in generale la sua filosofia, che è antifilosofia, è una serie di scemenze». Leggi tutto


      Clash City Workers: Questo non è un comma: l'offensiva reazionaria nascosta tra le righe del DDL sulla “Buona Scuola”

      clashcityw

      Questo non è un comma: l'offensiva reazionaria nascosta tra le righe del DDL sulla “Buona Scuola”

      Clash City Workers

      Questa è la storia di un comma, anzi no: è la storia del sottopunto 2.2 del sottopunto 2 del sottopunto b del comma 2 dell'articolo 22 del DDL 1934. Chiaro? Lo sarà tra pochissimo. La Storia, a volte, non cammina lungo i grandi viali alberati: passa per i vicoli, i tetti, a volte anche le fogne.

      Lo fa, soprattutto, quando non vuole essere scoperta subito, quando vuole passare inosservata mentre il mondo intorno crede che nulla stia cambiando.

      In questi anni, a tramare nell'ombra sono sempre più spesso coloro che vogliono riportare indietro le lancette della Storia: il governo Renzi non è da meno.

      Col Jobs Act e la cancellazione dell'articolo 18 i lavoratori sono stati costretti ad entrare in una brutta Delorean (la macchina del tempo del film "Ritorno al futuro") che li ha riportati al 21 Aprile 1927, data dell'approvazione della fascistissima Carta del Lavoro, che stabiliva, come oggi, il diritto dei padroni a licenziare pisciando in mano ai lavoratori. Leggi tutto


      Jacques Sapir: L'articolo di Tsipras su Le Monde è di fatto l'annuncio del default greco

      lantidiplomatico

      L'articolo di Tsipras su Le Monde è di fatto l'annuncio del default greco

      di Jacques Sapir

      Alexis Tsipras ha scritto un articolo sul quotidiano Le Monde, che si aggiunge alle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dai dirigenti del suo partito, Syriza. Il tono dell'ultimo articolo, misurato ma fermo, potrebbe annunciare la decisione politica del governo greco di fare default sul proprio debito. Questo testo, che si presenta come un "programma", però, scrive Jacques Sapir nell'ultimo post sul suo blog, arriva troppo tardi per formarne uno. Se Tsipras aveva pensato possibile un accordo con i governi dell'Eurogruppo e dell'Unione europea, avrebbe dovuto pubblicare questo articolo a febbraio o marzo. In realtà, è probabile che abbia voluto chiarire le responsabilità della rottura incombente tra la Grecia ei suoi creditori.

      In risposta a questo testo, i leader di Germania, Francia e Italia, con Mario Draghi per la Bce e Christine Lagarde per il Fondo monetario internazionale, si sono incontrati lunedi sera a Berlino. L'unica cosa che è venuta fuori è stata una dichiarazione nella quale si chiede di continuare a negoziare con "più intensità". Ma in realtà, la trattativa è politica, non tecnica. Questo, Alexis Tsipras lo ha chiarito nel suo articolo. Dobbiamo leggere attentamente. Tsipras ha descritto la volontà della Grecia di raggiungere un accordo globale e la situazione che ha portato dall'attuazione di misure di austerità imposte dalla "Troika", vale a dire l'Unione europea, il Fondo monetario internazionale e BCE:

      Leggi tutto

      Sergio Cesaratto: L’organetto di Draghi II

      economiaepolitica

      L’organetto di Draghi II

      Seconda lezione: la Bce, la crisi e il raddoppio del bilancio (2008-2011)

      di Sergio Cesaratto

      Pubblichiamo alcune lezioni preparate da Sergio Cesaratto per economiaepolitica.it, dedicate alla BCE e alla politica monetaria. La serie, intitolata l'”Organetto di Draghi”, prevede quattro lezioni: 1) Moneta endogena e politica monetaria; 2) La BCE di fronte alla crisi; 3) LTRO, Target 2, Omt; 4) Forward guidance e Quantitative easing

      Henri de Toulouse Lautrec 018Nella lezione precedente abbiamo introdotto il concetto di endogenità della moneta – cioè l’idea che normalmente è il mercato a determinare l’ammontare di liquidità creata dalla banca centrale – e in connessione a ciò, abbiamo spiegato come quest’ultima attui a politica monetaria1. In sintesi la banca centrale soddisfa le esigenze di liquidità del sistema in maniera tale che nel mercato monetario prevalga il tasso di interesse a breve termine che essa ha fissato come obiettivo. Questo tasso fa poi da punto di riferimento a tutti i tassi di mercato a più lunga scadenza.

       

      Il bilancio della BCE

      Andiamo dunque al bilancio della banca centrale, quello che nelle sue dichiarazioni più recenti Draghi vuole portare a 3 trilioni. Col termine bilancio traduciamo l’inglese “balance sheet”. In italiano dovremmo dire “stato patrimoniale”, ma il termine bilancio ci sembra meno minaccioso per il lettore. Il bilancio di una banca centrale racconta ciò che essa fa (o non fa). Più precisamente, dovremmo parlare di bilancio dell’Eurosistema che consolida (somma) i bilanci delle singole banche nazionali dei paesi membri dell’Euroarea2.

      Come forse ricorderete, la BCE crea liquidità in cambio di “attività” (assets)  – come valute straniere o titoli forniti a garanzia della liquidità ricevuta3.

      Leggi tutto

      Enrico Galavotti: I 12 principi fondamentali della Costituzione

      homolaicus

      I 12 principi fondamentali della Costituzione

      di Enrico Galavotti

      costituzione illustrataI 12 principi fondamentali della nostra Costituzione (22.12.1947) vengono considerati intangibili: infatti nessun governo ha mai pensato di modificarli. Secondo un certo orientamento dottrinale maggioritario, che trova conferma nella giurisprudenza costituzionale, essi sono sottratti alla possibilità di revisione costituzionale prevista all’art. 138 della Costituzione, in quanto la loro modifica o soppressione stravolgerebbe l’identità stessa della Costituzione, ovvero la forma democratica dello Stato. Sembrano una sorta di decalogo veterotestamentario, una serie di enunciati assolutamente dogmatici. Vediamo se davvero dobbiamo considerarli così.

       

      Art. 1

      L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

      La Repubblica è democratica in quanto fondata sul lavoro e non sulla rendita o sullo sfruttamento del lavoro altrui. Questo è vero, ma bisognerebbe specificarlo espressamente, perché il concetto di "lavoro", in sé, non indica affatto il carattere "democratico" di una Repubblica. Nel sistema capitalistico il lavoro è soltanto una merce, al pari di altre, che si acquista sul mercato, tant'è che si parla di "mercato del lavoro".

      Più che essere "fondata" sul lavoro, la Repubblica italiana dovrebbe essere fondata sulla "proprietà collettiva dei mezzi di lavoro", quella che permette a tutti di non dover essere sfruttati per poter vivere. Il lavoro può non essere una "merce" soltanto se la proprietà dei fondamentali mezzi produttivi non è privata.

      Leggi tutto

      Gianfranco Greco: Piacevolezze del moderno imperialismo

      ist
                      onoratodamen

      Piacevolezze del moderno imperialismo

      Un poligono di tiro chiamato mondo

      di Gianfranco Greco

      “Una guerra che non è più assalto alla baionetta e nemmeno fischio di granata, ma qualcosa di peggio: sentirsi pupazzi in mano a un Mangiafuoco sconosciuto che accende e spegne focolai a macchia di leopardo, l’Afghanistan, poi l’Iraq, la Siria, poi la Libia, l’Ucraina. Posti dove, per carità, non c’è guerra – guai a nominarla, la guerra -, solo uno stato di instabilità permanente.”
      (Paolo Rumiz: Come cavalli che dormono in piedi)

      imperialismoUn poligono di tiro chiamato mondo

      Per il celebre psicologo americano Steven Pinker, autore tra l’altro de “Il declino della violenza. Perché quella che stiamo vivendo è l’epoca più pacifica della storia”1 il mondo non è mai stato così sicuro e prospero.

      Suggestivo. Come altro si può definire una scempiaggine che trascolora in comicità allo stato puro? Laddove non si è portati a privilegiare i motti di spirito ci si accorge come la realtà – quella tremendamente reale – rimandi, al contrario, ad una rappresentazione che va a cozzare contro l’assertività di talune scuole di pensiero che prefiguravano e  continuano a prefigurare – a datare dalla fine della Guerra fredda e dal collasso dell’Unione sovietica - un unico modello politico-economico dominante – quello capitalistico – che avrebbe quale portato naturale il conseguente esaurirsi delle  cause strutturali dei conflitti.

      Un accurato rapporto dell’Institute for Economics and Peace rileva – a quanto riporta Federico Rampini - come “Dal 2007 ad oggi l’indice della pace globale ha ripreso ad arretrare paurosamente. Quell’anno – che coincide con l’esplosione della grande crisi economica – segna anzi una svolta negativa rispetto ad un trend di lenta riduzione delle guerre dopo il secondo conflitto mondiale”2

      Leggi tutto

      Militant: Lo spettro del Regina Elena vaga per la metropoli

      militant

      Lo spettro del Regina Elena vaga per la metropoli

      Militant

      Otto anni fa, nell’estate del 2007, dopo aver abbandonato uno stabile occupato pochi giorni prima sito in via Catania, centinaia di famiglie in emergenza abitativa entrarono temporaneamente nei padiglioni dell’ex ospedale Regina Elena, abbandonato dieci anni prima, lasciato all’incuria, al degrado vigliacco, insulto permanente alle coscienze e ai bisogni della città governata trasversalmente da una mafia di cui le inchieste di questi mesi ne descrivono solo la patina sacrificabile. Quella soluzione temporanea si trasformò nella più grande occupazione d’Europa, circa mille persone che per due anni sconvolsero la politica cittadina, tanto nel piccolo della vita quotidiana del quadrante piazza Bologna-Università, quanto nel grande della questione abitativa romana. Occupammo anche noi insieme al Coordinamento cittadino di lotta per la casa.

      Due anni dopo, nel settembre 2009, ci svegliammo alle 6.30 circondati da decine di blindati e centinaia di celerini in assetto antisommossa. Fu *lo sgombero* per eccellenza, quello attraverso il quale la junta Alemanno provò a risolvere con la forza la questione abitativa e il rapporto di forze con i movimenti di lotta per la casa. L’aria era cambiata, la stagione dei piccoli Odevaine al tramonto, al paradigma dell’accordo tra politica cittadina e spazi sociali (paradigma controverso, frutto di una politica di compromesso ma anche di una forza politica dei movimenti di cui tener conto, determinata dall’onda lunga di Genova e di quella stagione di partecipazione e mobilitazione a suo modo epocale), subentrava la violenza di un Alemanno deciso a sostituire gli amici altrui con i propri. Il resto è storia nota, sia nelle cronache giornalistiche che in quelle giudiziarie. Leggi tutto


      Carlo Formenti: Il "Corriere" contro la Consulta: non si piega al dio mercato

      micromega

      Il "Corriere" contro la Consulta: non si piega al dio mercato

      Carlo Formenti

      Quando si dice il colmo dell’ipocrisia. In un editoriale apparso sul Corriere della Sera del 28 maggio scorso, intitolato “Le sentenze che danno incertezza”, Pierluigi Battista rilancia un argomento che da qualche anno tiene banco sulla stampa nostrana, vale a dire le – vere o presunte – “invasioni di campo” della magistratura nei confronti del potere legislativo ed esecutivo. La democrazia, argomenta Battista, si basa su un sistema di contrappesi fra i diversi poteri dello Stato, sistema che rischia di incepparsi se la bilancia pende a favore di uno di tali poteri, se, per esempio, il giuridico prevarica sul politico.

      Ma basta scorrere poche righe per capire che non siamo di fronte a un sofisticato dibattito di ingegneria costituzionale, bensì a un tema decisamente più prosaico e contingente: Battista si riferisce, infatti, alla sentenza della Corte Costituzionale che sta obbligando il governo a restituire ai pensionati parte del mal tolto che lo Stato ha incamerato grazie alla mai troppo vituperata Legge Fornero. “Se un intero progetto di politica economica di un governo, scrive, viene smantellato da una sentenza della Corte Costituzionale, la sentenza va applicata e non elusa, però il rischio è che l’autonomia dei governi, già fortemente indebolita dal trasferimento di consistenti quote di potere a entità sovranazionali, ne esca fortemente minata e compromessa”. Leggi tutto


      Domenico Moro: Elezioni regionali, se la sinistra non viene percepita come anti-sistema

      controlacrisi

      Elezioni regionali, se la sinistra non viene percepita come anti-sistema

      di Domenico Moro

      Le competizioni elettorali rappresentano un indicatore della situazione sociale e politica di un Paese. Anche le elezioni regionali lo sono, sebbene presentino alcune particolarità. Ad ogni modo, le elezioni regionali del 2015 confermano, in forma accentuata, le tre tendenze principali in atto nel Paese già da tempo.

      La prima tendenza è quella dell’astensionismo, che ha raggiunto un nuovo record. Ha votato solo il 53% degli aventi diritto, oltre dieci punti in meno rispetto alle elezioni regionali del 2010 (63,3%), e quasi sei punti in meno rispetto alle europee dell’anno scorso (58,8%). Inoltre, se consideriamo soltanto i voti validi (al netto di schede bianche e nulle), riscontriamo alle regionali del 2015 un decremento del -17,5% rispetto alle europee del 2014. La seconda tendenza è la crisi del sistema bipolare. Insieme Pd e Fi ottengono il 36,5% dei voti. Di fatto il quadro politico che esce da queste elezioni è ancora più frammentato, anche se le elezioni regionali accentuano, attraverso le liste “alleate”, tale risultato.

      In pratica esistono almeno 4 poli politici potenzialmente “autonomi”, Pd, M5S, Fi e Lega. La terza tendenza è l’affermazione di due forze politiche, la Lega e il Movimento cinque stelle, che vengono percepite come “antisistema”. La Lega è ormai nel Centro-Nord il primo partito del Centro-destra ed è l’unica a guadagnare voti in assoluto, quasi 300mila, pari al +57,6%. Il M5S dimostra di non essere una meteora ma una forza politica che fa parte dell’assetto del Paese e che, pur perdendo il 40% dei voti rispetto alle europee, rimane con 1,3 milioni di voti la seconda forza politica italiana dopo il Pd. Leggi tutto

       

      I più letti


      tonino

      unread,
      Jun 17, 2015, 12:06:04 PM6/17/15
      to sante gorini

      Lanfranco Binni: Finale di sistema

      ilponte

      Finale di sistema

      di Lanfranco Binni

      renzi triste
                    ape 1 10La crisi del sistema politico italiano è entrata in una nuova fase di implosione. Sono decisamente interessanti i dati delle elezioni regionali del 31 maggio. Il primo dato in ordine di importanza è quello del non voto (48%): un cittadino su due non ha votato, e l’astensione ha colpito (passivamente e in buona misura attivamente) l’area politica della destra e della sinistra di sistema. Alle tradizionali ragioni dell’astensione (sono tutti ladri, sono tutti uguali) si sono aggiunte nuove ragioni di profondo dissenso politico, di dichiarata non partecipazione al gioco truccato di una democrazia rappresentativa infetta, dell’uso della cosiddetta volontà popolare da parte del partito unico della “nazione” che unisce destra e sinistra. Questa tendenza di astensionismo politico, già clamorosamente evidente nelle elezioni regionali del 2014 in Emilia Romagna, si è accentuata nelle regioni “rosse” (Liguria, Toscana, Umbria, Marche) mentre l’astensionismo non è aumentato in Campania e in Puglia. Il secondo dato è la salutare flessione del Pd, abbandonato da due milioni di elettori, in parte di antica tradizione Pci (rifluiti nell’astensionismo, nelle formazioni della “sinistra radicale”, nel Movimento 5 Stelle o nel populismo razzista della Lega) e in parte di destra (rifluiti nell’astensionismo o nella Lega). Il terzo dato è la forte affermazione del M5S, che prosegue, nonostante tutte le campagne dei media al servizio del sistema politico, la sua positiva crescita all’esterno del sistema, dentro e contro, su una linea di tenace autonomia che si dimostra vincente. Leggi tutto


      F.Coin e A.Fumagalli: Grecia: la danza sull’abisso

      effimera

      Grecia: la danza sull’abisso

      di Francesca Coin e Andrea Fumagalli

      chicken1La trattativa in corso tra Grecia e Brussel Group sta arrivando alla fase decisiva. A partire dalla tensione degli ultimi giorni, ricostruiamo la storia del debito greco per svelare gli inganni di un’informazione che racconta solo la versione dell’Europa dei più forti e per far meglio comprendere quale sia la posta in gioco per il futuro di una vera Europa sociale. Un futuro che dipende dal fatto che le politiche d’austerity vengano per sempre bannate. E ora che pure la Spagna s’è desta vuoi vedere che anche l’Italia…

      * * * * *

      Dopo un tira e molla di dichiarazioni di diverso segno, la trattativa tra la Grecia e i creditori istituzionali ha sancito la deadline finale: è il 30 di giugno. Il governo Tsipras ha infatti ufficialmente chiesto di accorpare le quattro tranche di pagamenti al FMI in unica tranche a fine giugno, come lo stesso regolamento del Fmi prevede. Sarebbe la seconda volta in cui tale clausola di accorpamento verrebbe adottata dagli anni Settanta a oggi.

      L’ammontare complessivo è di circa 1,6 miliardi di Euro, ma tale cifra è solo l’antipasto. Entro la fine dell’anno le altre scadenze (sempre in termini di interessi) ammontano ad altri 1,4 miliardi al Fmi e ben 7,7 miliardi alla Bce. Leggi tutto


      Emilio Quadrelli: Il lato cattivo della storia

      lavoro culturale

      Il lato cattivo della storia

      di Emilio Quadrelli

      A partire da “La città e le ombre. Crimini, criminali, cittadini” (Feltrinelli, 2003), scritto con Alessandro Dal Lago, Emilio Quadrelli riflette sul lato cattivo della globalizzazione e su un mercato globale che, ancor prima che le merci, “produce produttori” e condizioni di lavoro marginalizzanti

      melilla
                    border marocQui si genera il mondo delle ombre: masse senza volto costrette lungo un “asse orizzontale” fatto di lavori saltuari, precari e flessibili di basso profilo. Condizione che cagiona continue incursioni nell’ambito delle economie informali e/o illegali e che condanna il migrante, oggetto di una reiterata stigmatizzazione sociale fondata sulla “linea del colore”. Condizione che, tuttavia, sembra fagocitare il futuro prossimo anche di gran parte della forza lavoro in pelle bianca lungo un processo di globalizzazione in basso.

      Nella storia reale la parte importante è rappresentata, come è noto, dalla conquista, dal soggiogamento, dall’assassinio e dalla rapina, in breve dalla violenza. Nella mite economia politica ha regnato da sempre l’idillio. Diritto e “lavoro” sono stati da sempre gli unici mezzi d’arricchimento, facendosi eccezione, come è ovvio, volta per volta per “questo anno” (K. Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica).

      Quando, nel 2003, La città e le ombre veniva data alle stampe, l’ordine discorsivo imperante era del tutto imprigionato all’interno delle cosiddette retoriche securitarie, ossia della minaccia che i mondi illegali rappresentavano per la società legittima. Leggi tutto


      Andrea Fumagalli: Alle oligarchie il contante piace elettronico

      manifesto

      Alle oligarchie il contante piace elettronico

      Andrea Fumagalli

      «The End of Money» di David Wolman per la casa editrice Laterza. Tradotto il best-seller sui cambiamenti della moneta, ormai ridotta a puro segno dei rapporti di potere

      Da quando la crisi finan­zia­ria è comin­ciata, il tema della moneta e la discus­sione sul suo ruolo e soprat­tutto sulla sua forma hanno acqui­stato sem­pre più rile­vanza. Una rile­vanza più di natura divul­ga­tiva che pro­pria­mente acca­de­mica, che ha inte­res­sato più un pub­blico curioso che gli addetti ai lavori.

      La cre­scente popo­la­rità dei Bit­coin ha poi fatto il resto, spo­stando l’interesse non tanto sulla natura e le fun­zioni della moneta ma sulla sua forma. Ed è di que­sto aspetto che si occupa, con taglio gior­na­li­stico, sem­plice e chiaro, il best-seller di David Wol­man, dal titolo The End of Money, oggi tra­dotto con lo stesso titolo ori­gi­na­rio inglese da Laterza nella nuova col­lana «che futuro!», rea­liz­zata in col­la­bo­ra­zione (non casuale) con la banca digi­tale «Che banca!» (pp. 244, euro 18).

      In realtà il titolo è fuor­viante. Sarebbe stato più cor­retto par­lare di The End of Cash, ovvero «La fine del con­tante», piut­to­sto che della moneta. In effetti, i diversi capi­toli del libro hanno come filo con­dut­tore la dimo­stra­zione dei diversi van­taggi che l’abolizione del con­tante potrebbe comportare.

      Leggi tutto

      Anna Lombroso: Il valzer della brava gente

      ilsimplicissimus

      Il valzer della brava gente

      di Anna Lombroso

      Ieri mentre osservatori e opinionisti si esercitavano intorno al cinismo di Maroni in modo da non doverne commentare altri “ufficiali” solo apparentemente meno cruenti e meno sfrontati, una intelligente amica si è espressa in rete, con una frase di sfida nei confronti di certa correttezza  politica capace di sconfinare nell’ipocrisia, sostituendo la solidarietà con la pietà. “Che ne pensate, ha scritto,  e che fareste se a pochi passi dalla vostra casa, la vostra amata dimora che avete scelto con cura, in un quartiere gradito e gradevole e a lungo ricercato, decidessero un giorno di far sorgere degli ostelli, delle case accoglienze immigrati o un bel campo nomade?”.

      E infatti così facendo ha mirato dritto al cuore nero della brava gente, quella che si è conquistata, in tempi migliori,  privilegi,  ormai labili, beni, ormai minacciati, sicurezze, ormai instabili, e che vive con sorpresa  e risentimento la perdita, la retrocessione sociale, la demoralizzazione intendendo con ciò l’erosione di valori di riferimento, primo tra tutti la coesione, il rispetto di leggi e regole, il riconoscersi nei capisaldi della cittadinanza, e, insieme, un malinconico ripiegamento solipsistico, la triste autodifesa nell’isolamento e nella diffidenza.

      Leggi tutto

      Aldo Giannuli: Che prospettive ha il Pd?

      aldogiannuli

      Che prospettive ha il Pd?

      di Aldo Giannuli

      Domenica vedremo come vanno i ballottaggi nei comuni, ma, chiunque vinca, il senso politico del voto di domenica 31 maggio non cambierà, al massimo assisteremo alla conferma di una tendenza, al suo rafforzamento o ad una lieve correzione in più.

      Renzi dice che questo per lui è stato un successo: ha lo stesso numero di regioni che aveva prima, ed una è a rischio di commissariamento e nuove elezioni, ha perso oltre 2 milioni di voti ed è sceso di poco meno di 10 punti percentuali. Però dice che ha vinto: cento di queste vittorie!

      Quello che balza agli occhi è il carattere eccezionale del voto delle europee, dovuto ad una contingenza particolare: il collasso del centro ed il contemporaneo indebolirsi di tutti gli altri competitori (Fi, Sel, M5s) per ragioni interne a ciascuno ed indipendenti dall’iniziativa di Renzi (Fi per la perdita di credibilità di Berlusconi e per la scissione di Ncd, Sel per l’assenza di iniziativa e per la frattura con Migliore, M5s per aver deluso quanti si aspettavano un comportamento diversi con Bersani e per le troppe espulsioni di parlamentari).

      Cessato questo stato di grazia  e finito l’incanto dell’”uomo nuovo” e del suo dinamismo pirotecnico, il Pd rientra nei sui limiti strutturali che ne fanno un partito fra il 25 (punta minima del 2013) ed il 33% (punta massima del 2008) a concentrazione centro meridionale, all’opposizione in tutto il Nord padano. Non inganni il rosso che tinge sulle cartine la regione Piemonte: è un regalo della stagione aurea delle europee.

      Leggi tutto

      Quarantotto: L'urgente rilancio dell'occupazione? Col sale in zucca (no "permeismo" allowed)

      orizzonte48

      L'urgente rilancio dell'occupazione? Col sale in zucca (no "permeismo" allowed)

      di Quarantotto

      ccf8t6jw4ae5ers.jpg large1. Repetita iuvant: secondo Eurostat, l'Istat dell'Unione europea, l'Italia ha una delle più basse spese pubbliche pro-capite in €uropa.

       

      2. Infatti, ciò è confermato dai dati sul numero dei pubblici impiegati. 

      E si tratta di quelli del 2011, a cui sono seguiti ulteriori accorpamenti di strutture e blocchi del turn over, sul fronte organizzativo pubblico (molti credono che la spending review non sia in corso, solo perchè il livore accecante non consente neppure la memoria a breve sulle leggi sfornate a getto continuo). 

      In questo numero dobbiamo pure conteggiare un precariato - nei settori dell'istruzione e della sanità, ma non solo-, che è un record UE e che ci pone in infrazione rispetto alle direttive europee sulla preferenza per il contratto a tempo indeterminato.

      Leggi tutto

      Luca Illetterati: Riforma della scuola: la vera posta in gioco

      minima&moralia

      Riforma della scuola: la vera posta in gioco

      di Luca Illetterati

      scuola121A leggere e ad ascoltare molti dei discorsi chi si fanno sui giornali e in televisione sulla riforma della scuola l’impressione è che perlopiù non ci si accorga o non ci si voglia davvero accorgere di ciò che è in gioco dentro a questo scontro che vede contrapposti da una parte il governo, con in prima fila il premier , la parte maggioritaria del Pd (gli altri partiti della coalizione e i partiti dell’opposizione si limitano a guardare) e dall’altra gli insegnanti; quasi tutti, finora. C’è addirittura chi pensa (e ovviamente c’è chi vuol fare pensare) che si tratti semplicemente di una partita corporativa. Come se gli insegnanti fossero lì a protestare in difesa di rendite di posizione, peraltro difficili anche solo da immaginare per chiunque abbia davvero lavorato qualche giorno dentro una scuola. O che si tratti comunque di una sacca di resistenza di arcigna conservazione ipersindacale rispetto a una necessaria e urgente modernizzazione che non può più attendere.

      Una semplificazione che a volte tocca dei picchi formidabili e degni forse di qualche considerazione.

      Leggi tutto

      Damiano Palano: Costruire il «popolo»

      tysm

      Costruire il «popolo»

      Il nuovo populismo di Rafael Correa nel laboratorio dell’America Latina

      di Damiano Palano

      ecuadorIl ritorno del «popolo»

      «I poveri non solo subiscono l’ingiustizia ma lottano anche contro di essa! Non si accontentano di promesse illusorie, scuse o alibi. Non stanno neppure aspettando a braccia conserte l’aiuto di Ong, piani assistenziali o soluzioni che non arrivano mai, o che, se arrivano, lo fanno in modo tale da andare nella direzione o di anestetizzare o di addomesticare, questo è piuttosto pericoloso. Voi sentite che i poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti; si organizzano, studiano, lavorano, esigono e soprattutto praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste fra quanti soffrono, tra i poveri, e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato, o quantomeno ha molta voglia di dimenticare. Solidarietà è una parola che non sempre piace; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola, non si può dire; ma una parola è molto più di alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, la terra e la casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro: i dislocamenti forzati, le emigrazioni dolorose, la tratta di persone, la droga, la guerra, la violenza e tutte quelle realtà che molti di voi subiscono e che tutti siamo chiamati a trasformare.

      Leggi tutto

      Alessandra Daniele: Il Cazzaro Dimezzato

      carmilla

      Il Cazzaro Dimezzato

      di Alessandra Daniele

      Wow, that was quick.

      A quanto pare la Golden Age del Renzismo è durata meno di un anno. Gli agiografi che ne prevedevano almeno venti si stanno già contorcendo in una patetica marcia indietro. E nel PD sono ai materassi.

      Il solo valore aggiunto di Renzi era essere un vincente. L’unica cosa che spingeva quasi tutti nel suo partito e dintorni a sopportarne arroganza e incompetenza era la sua promessa di tenerli comunque quasi tutti al potere.

      Un Renzi che perde non serve più a niente.

      Un Renzi che si fa fottere persino dall’ottantenne Berlusconi che dopo aver lanciato in alto la Paita alle primarie, l’ha impallinata come una quaglia alle regionali, piazzando l’ex direttore di Studio Aperto alla presidenza della Liguria. Un Renzi che si fa fottere persino da Civati, il fuffoso zimbello di Twitter che contro la Paita ha rastrellato il doppio di SEL al primo tentativo.

      Un Renzi che perde metà dei voti, e scappa in Afghanistan con metà mimetica ha ormai perduto anche la sua immunità. Leggi tutto


      Pietro Basso: Una pagliacciata, che annuncia guerra, anzi: guerre

      ilpungolorosso

      Una pagliacciata, che annuncia guerra, anzi: guerre

      Pietro Basso*

      Una pagliacciata, ma foriera di guerra. Anzi: di guerre. Si può definire così l'”eccellente lavoro di squadra” (1) compiuto nell’ultimo mese dai governi dei paesi dell’Unione Europea per rispondere alla grande strage di emigranti dall’Africa avvenuta il 19 aprile nel canale di Sicilia.

      Un’autentica pagliacciata perché l’interminabile sequenza di riunioni di “alto livello” non è stata altro che un mercanteggiare tra i diversi paesi dell’UE su dove “collocare” 20.000 (!!!) richiedenti asilo ospitati in campi profughi fuori dall’UE, e su come “ripartire” i richiedenti asilo già presenti sul territorio europeo. 20.000 è un numero ridicolo perché la massa dei profughi in fuga da guerre e guerre civili che sono in movimento verso l’Europa in tutta un’enorme fascia di territorio africano e medio-orientale (2), si calcola in milioni (sono 500.000 solo in Libia, secondo l’inviato Onu B. Leon), e perché nel solo 2014 tra Germania, Svezia e Italia sono state presentate 321.800 domande di asilo. E dunque l'”umanitaria” decisione di accogliere 20.000 richiedenti asilo “con evidente bisogno di protezione internazionale” contiene dentro di sé la decisione di intensificare all’estremo la guerra ai profughi e agli emigranti, e – come vedremo – su una scala territoriale sempre più ampia.

      Altrettanto ridicola, e nauseante, è la trattativa sui criteri delle quote di richiedenti asilo spettanti ai diversi paesi; una trattativa che ha per presupposto, diffuso ad arte nell’opinione pubblica, che per i paesi europei i profughi sono un costo da sopportare, laddove essi costituiscono un investimento economico e politico ad alta redditività. Leggi tutto


      ilsimplicissimus: Roma Variety: torna Wanda Osiris

      ilsimplicissimus

      Roma Variety: torna Wanda Osiris

      di ilsimplicissimus

      I media non lo riferiscono o vi accennano soltanto, ma assieme al M5S davanti al Campidoglio c’erano anche i pretoriani di Casa Pound che come tutti gli altri tipi di fasci non trovano di meglio che parassitare le proteste altrui, secondo la natura sociale che li contraddistingue. E dico altrui perché sono stati culo e camicia con Alemanno, una pietra miliare nella corruzione assieme ad alcuni appassionati cinefili di felice memoria, tanto che il sindaco nero ha comprato con i soldi pubblici – come è stata ampiamente riferito dalla stampa locale -lo stabile occupato abusivamente dai poundiani per far loro un cadeau. Insomma poco Pound e molta casa  Ma non è importante sottolineare la pretestuosità ipocrita di questi opportunisti moralizzatori, quanto mostrare come l’esasperazione della gente e la tetragona resistenza del Pd sulla trincea delle poltrone, la sua paradossale auto narrazione di purezza, rischino di provocare saldature inquietanti e di risvegliare il richiamo della foresta.

      E del resto come si può sopportare l’immagine di un sindaco palesemente rivelatosi incapace di amministrare che in mezzo alle urla e agli insulti manda baci come fosse Wanda Osiris e fa segni di vittoria? Che abbia del tutto perso il senso di realtà  è evidente. Ma che il Pd romano ( e nazionale) abbia a sua volta perso ogni dignità oltre che percezione di opportunità è altrettanto chiaro. Oddio è anche vero che andando a breve alle elezioni la vittoria dei cinque stelle sarebbe assicurata e che nessuna prospettiva è più allarmante della consegna del potere a opposizioni che non possono vantare lunghe complicità consociative e che avrebbero tutto il vantaggio nello scoprire i verminai ancora sepolti.  Ma a livello strategico è una posizione insensata: alla fine porterà solo discredito tanto più che la difesa ad oltranza di Marino non può nemmeno basarsi su un sindaco capace e stimato. Leggi tutto


      Militant: Il paradosso capitalista in due numeri

      militant

      Il paradosso capitalista in due numeri

      Militant

      roboticautomazionefabbricaSe i capitalisti, presi singolarmente, non agiscono in termini razionali (in riferimento al sistema produttivo generale, s’intende), il capitalismo nel suo complesso sa descriversi molto bene. La voce del padrone, a volte, riesce ad illuminare meglio delle esegesi proletarie. L’assunto apparso sul Corriere di giovedì scorso sembra confermare questo dato. In un articolo di tal Roberto Sommella, si legge questa frase, buttata là per dimostrare una cosa che in realtà ne dimostra una opposta: “Apple quest’anno può guadagnare 88 miliardi di euro occupando 92.600 persone, mentre negli Anni 60 General Motors raggiungeva i 7 miliardi di dollari di ricavi dando un salario a 600.000 dipendenti.” Sembra una banalità, invece è esattamente qui il cuore della crisi capitalista, la contraddizione principale tale per cui le crisi, nell’attuale sistema produttivo, sono cicliche e mai risolte una volta per tutte. La natura borghese della riflessione del commentatore del Corriere impedisce però di trarne la giusta conclusione (una volta si sarebbe detto: la sua falsa coscienza necessaria che crede di scovare l’inghippo invece continua a non capirlo). Secondo Sommella, infatti, criticando tale forma produttiva di “crescita senza lavoro”, afferma che ormai, nel capitalismo digitale, questo riesce a generare profitti senza creare posti di lavoro (di qui alla conseguenza implicita subordinata, cioè che i capitali riescono a rigenerarsi senza mano d’opera lavorativa, il passo è brevissimo e già compiuto nella testa dell’articolista). Leggi tutto


      Antonio Tricomi: Rimarrebbe pur sempre Spartaco

      ilponte

      Rimarrebbe pur sempre Spartaco

      di Antonio Tricomi

      45599 1Quella scattata da Guido Mazzoni con I destini generali (Laterza, Roma-Bari 2015, pp. 115, € 14,00) è una fotografia della nostra epoca, e in special modo della società occidentale, autenticamente spietata perché intellettualmente onesta. Il merito principale del saggista lo potremmo infatti riassumere così: ricavare tale impietosa diagnosi in primo luogo dalla propria esperienza di scacco non già conoscitivo, ma etico-politico o, in altri termini, dalla consapevolezza di non essere legittimato a considerarsi in una qualche misura estraneo alla bancarotta della civiltà che caratterizza il presente solo perché almeno in parte formatosi sui principi – da tempo decaduti – della tradizione umanistica. Mazzoni muove cioè da un’addolorata ammissione di fisiologica correità emotiva – e, per paradosso non proprio estremo, anche culturale – con le mitologie perlopiù regressive che dominano l’età contemporanea. A parer suo, quel letterato, quel filosofo, quello storico che, in nome dell’ormai solo presunta eterodossia della propria educazione, immagini di potersi porre al di sopra o semplicemente al di fuori dell’oggi, e di riuscire a decifrarlo e magari a contrastarne le peggiori retoriche impiegando saperi o richiamandosi a valori che si ostina a credere strutturalmente irriducibili a quelli egemoni, finisce infatti col prodursi in uno sterile, tutt’al più moralistico esercizio di falsa coscienza, che gli vieta di misurarsi con un reale il cui ordito non si lascia più né cogliere criticamente, né lacerare in chiave utopistica da interpretazioni di tal genere. Leggi tutto


       

       

      I più letti degli ultimi tre mesi

      tonino

      unread,
      Jun 22, 2015, 1:49:20 AM6/22/15
      to sante gorini

      Militant: Studenti, filosofi e rivolte: alle origini del pensiero minoritario

      militant

      Studenti, filosofi e rivolte: alle origini del pensiero minoritario

      Militant

      foucault
                    sartre 02Nonostante il superamento del marxismo come ideologia “ufficiale” del campo delle sinistre non abbia portato alla produzione di un altro “pensiero forte”, cioè strutturalmente definito e abbastanza univoco nella sua interpretazione e applicazione, non per questo le sinistre, tanto “di movimento” quanto partitico-istituzionali, sono rimaste prive di una loro guida ideologica. Almeno in Italia, il pensiero tendenzialmente dominante all’interno delle sinistre radicali è scaturito dall’incontro tra il post-strutturalismo francese (Foucault, Deleuze, Guattari), un pezzo di scuola di Francoforte (Marcuse), e la speculazione politico-filosofica post-operaista di Tronti e Negri (descrivendo una sorta di “decrescendo rossiniano”: da Marcuse, uno dei più importanti filosofi del ‘900, a Foucault, uno dei massimi critici del potere costituito e delle sue articolazioni, a Negri, l’esegeta di Spinoza). Non c’è solo questo, ovviamente, ma il cuore del pensiero radicale contemporaneo può situarsi all’incrocio di queste tre “scuole” politico-filosofiche. La sintesi di queste tendenze politico-culturali determina da quarant’anni abbondanti la sostanza del pensiero radicale e conflittuale italiano. Tale pensiero, al di là del giudizio che se ne voglia dare, è caratterizzato però da una contraddizione decennale: sempre più egemone all’interno della mobilitazione politica, fra i militanti, gli studenti, i dirigenti della sinistra, ma sempre più minoritario per la società nel suo complesso e all’interno delle classi subalterne. Leggi tutto


      Sebastiano Isaia: Spigolature economico-filosofiche

      sebastianoisaia

      Spigolature economico-filosofiche

      Sebastiano Isaia

      soviet1. Il “comunismo” di Porro e il vino di Marx

      Per il liberale-liberista Nicola Porro «il comunismo» si ha quando lo Stato diventa «l’unico imprenditore» presente sulla scena economica: lo Stato “comunista” organizza il lavoro, stabilisce i salari, adegua la produzione al consumo e all’occupazione e via di seguito. Questo, osserva Porro, lo aveva già capito Alexis de Tocqueville, il quale tra l’altro intuì l’intimo nesso esistente fra «il diritto al lavoro per tutti i cittadini garantito da parte dello Stato» e, appunto, «il comunismo», o quantomeno «una forma di socialismo i cui metodi trasformano, riducono, intralciano la proprietà individuale» (1). Di qui, il discorso di chiaro impianto liberale pronunciato da Tocqueville all’Assemblea francese il 12 settembre 1848, poi pubblicato in un opuscolo il cui titolo entusiasma molto il liberale-liberista dei nostri tempi: Discorso contro il diritto al lavoro. «Avete letto bene: contro il diritto al lavoro», precisa maliziosamente Porro, convinto, a ragione, di irritare soprattutto i feticisti della Costituzione Italiana. Una frecciata che non può certo colpire neanche di striscio chi ha sempre considerato il lavoro salariato (perché di questo ovviamente si tratta) non un «diritto umano», come proclamano i progressisti tipo Camusso e Landini, ma una condanna per chi è costretto a vendersi al Capitale in qualità di merce viva. Una condanna per i salariati («La sua attività appare a lui come tormento, la sua propria creazione come potenza estranea, la sua ricchezza come miseria») e il fondamento della società capitalistica, come insegna lo Spettro di Treviri.

      Leggi tutto

      Matteo Giordano: La decomposizione democratica

      pandora

      La decomposizione democratica

      di Matteo Giordano

      Nel 1975, Samuel P. Huntington, Michel J. Crozier e Joji Watanuki, tre grandi studiosi e consulenti governativi, presentarono alla Commissione Trilaterale, il think thank fondato da David Rockfeller che annovera fra i suoi esclusivi membri alcuni dei principali uomini d’affari, politici ed intellettuali provenienti dall’Europa, dagli Stati Uniti e dal Giappone, un rapporto di 227 pagine intitolato “La crisi della democrazia”. Il rapporto denunciava la “necessità” di ridurre gli spazi di partecipazione democratica nell’Occidente capitalista, sostenendo che il funzionamento efficace di un sistema democratico necessitasse di un “livello di apatia da parte di individui e gruppi” e che la chiave di un buon funzionamento della democrazia risiedesse nel tenere ai margini della partecipazione significative fette di popolazione. La minaccia alla democrazia americana veniva individuata “nella dinamica stessa della democrazia in una società altamente istruita, mobilitata e partecipativa”. Addirittura, i tre studiosi rimarcavano che fattori di intralcio ad un “corretto funzionamento” del sistema democratico occidentale fossero la promozione di politiche egualitarie, l’espansione della partecipazione alla vita politica dello Stato, la polarizzazione delle offerte politiche ed infine l’attenzione che il governo rivolge alle pressioni dalla società.

      La compressione degli spazi di partecipazione e l’attacco alla democrazia sostanziale sono stati parte fondante della elaborazione teorico politica che è alla base della rivoluzione neoconservatrice dei primi anni ’70 e della rottura del compromesso socialdemocratico. Il suffragio universale, la creazione di istituzioni democratiche partecipative, la nascita dello stato sociale, dei partiti di massa e dei sindacati sono tutti frutti della spinta socialdemocratica a cavallo tra la fine del XIX ed la prima metà XX secolo. Leggi tutto


      Alfonso Gianni: Il Welfare e’ investimento, non spesa improduttiva

      scenari globali

      Il Welfare e’ investimento, non spesa improduttiva

      di Alfonso Gianni

      Lunedì scorso nell’Università di Economia della Sapienza è stato presentato il Rapporto sullo Stato Sociale 2015 a cura di Felice Roberto Pizzuti, arricchito dai contributi  di un nutrito numero di docenti e di studiosi della materia. Il Rapporto è stampato a cura delle edizioni  Simone. 

      Davanti a centinaia di studenti, mentre le fila riservate alla “autorità” erano malinconicamente vuote, si è sviluppato per l’intera mattinata un denso dibattito che ha visto coinvolti, oltre al Prof. Pizzuti, la Presidente della Camera Boldrini, il presidente dell’Inps Boeri, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio De Vincenti, il prof. Gustavo Piga e il Presidente della commissione industria del Senato Mucchetti e il segretario della Fiom Landini.  Per chi ha avuto la fortuna di assistere alla discussione è apparso chiaro il baratro che separa ormai l’accademia, i rappresentanti delle parti sociali e delle istituzioni elettive, come il Parlamento, da chi ha responsabilità di governo o che da esse derivano.

      Il Rapporto è giustamente impietoso. Delinea tutti gli elementi di una grande recessione economica in atto, che nel nostro paese ha comportato la sistematica riduzione e distruzione degli istituti dello stato sociale. A fronte di ciò Tito Boeri ha chiesto comprensione per il rinnovamento che egli sta cercando di imporre all’Inps, soprattutto sul versante della trasparenza, in sostanza per fare capire meglio agli italiani che le loro speranze di pensione vanno drasticamente ridotte. Leggi tutto


      Andrea Fumagalli: La modernizzazione può attendere

      alfabeta

      La modernizzazione può attendere

      Andrea Fumagalli

      È molto istruttivo l’editoriale di Giavazzi sul Corriere della Sera pubblicato il 5 giugno scorso. Non tanto per quello che dice ma soprattutto per il tono che utilizza.

      La tesi di Giavazzi è molto semplice ed è riassumibile nelle seguente affermazioni: “È ormai evidente che i greci non pensano che la loro società debba essere modernizzata e resa più efficiente” e, poco oltre: “E se i greci non vogliono modernizzarsi, inutile insistere: d’altronde hanno votato a gran maggioranza un governo che continua ad essere popolare. Hanno scelto, spero consciamente, di rimanere un Paese con un reddito pro capite modesto, metà dell’Irlanda, inferiore a Slovenia e Corea del Sud, che fra qualche anno verrà superato dal Cile”.

      Di conseguenza che se ne escano dall’Euro, dall’Europa e si arrangino. È colpa loro se non si vogliono “modernizzare” e diventare “efficienti”. Già, perché la modernizzazione e l’efficienza è, ovviamente, quella che può essere raggiunta solo seguendo le politiche neo-liberiste, quelle stesse che Giavazzi propaganda da anni senza mai chiedersi, però, quali risultati abbiano sortito.

      A Giavazzi sarebbero più che sufficienti le risposte date da Tsipras nella lunga intervista sempre sul Corriere della Sera del 9 giugno e quindi non entriamo nel merito. Entriamo nel merito invece di alcuni fatti (tra i tanti) che Giavazzi dovrebbe sapere e che si guarda bene dal denunciare. Leggi tutto


      Karl Whelan: Il Financial Times delude nuovamente

      vocidallestero

      Il Financial Times delude nuovamente

      Francesco Giavazzi sulla Grecia

      di Karl Whelan

      Ospitando regolarmente le opinioni di persone del calibro di Hans-Werner Sinn e Niall Ferguson, la pagina editoriale del Financial Times sta guadagnando la sfavorevole reputazione di pubblicare spazzatura sull’economia. Questo nuovo articolo del professore italiano Francesco Giavazzi sulla Grecia (“I greci hanno scelto la povertà, facciamoli andare per la loro strada”) primeggia con la sua combinazione di imprecisione e infelici stereotipi nazionali

      clip image015
                    6 Giavazzi ritiene che dopo “Cinque anni di negoziati che non hanno conseguito praticamente nulla” l’UE starebbe meglio senza la Grecia. Sostiene che l’attenzione dell’Unione Europea sulla Grecia l’ha distratta da altre questioni e conclude

      “Ma l’euro non può essere un sostituto per una maggiore integrazione politica. Infatti, senza tale integrazione, l’euro non può sopravvivere – e oggi, la Grecia si frappone su questa via”.

      Voglio offrire alcuni commenti sul pezzo di Giavazzi, a cominciare con la sua affermazione che siano state fatte poche riforme negli ultimi cinque anni.

       

      Nessun progresso in cinque anni? Pubblico Impiego

      L’analisi di Giavazzi degli ultimi anni in Grecia è la seguente:

      “Cinque anni di negoziati che non hanno ottenuto praticamente nulla (le poche riforme che erano state adottate, come una piccola riduzione del numero esagerato di dipendenti del settore pubblico, da allora sono state rovesciate dalla coalizione guidata da Syriza). E’ abbastanza chiaro che i greci non hanno alcun desiderio di modernizzare la loro società. Si preoccupano troppo poco di un’economia rovinata dal clientelismo“

      Prima di tutto esaminiamo una specifica affermazione nell’articolo di Giavazzi, che la riduzione dei dipendenti del settore pubblico è stata piccola ed ha fatto marcia indietro. La relazione del 2014 della Commissione Europea sulla Grecia contiene la seguente tabella sull’occupazione pubblica greca. Leggi tutto


      P.Pini e R.Romano: Occupazione, c’è qualcosa che non torna

      sbilanciamoci

      Occupazione, c’è qualcosa che non torna

      di Paolo Pini, Roberto Romano

      I dati dell'Istat segnalano che l’occupazione cresce più del reddito. Significa che la produttività del lavoro, e quindi anche la competitività, sta scendendo pericolosamente

      disoccupatoSvuotare il mare della disoccupazione reale, quasi 6 milioni di persone, con un secchio, forsanche non bucato, è una impresa titanica. Le politiche dell’offerta, più o meno, funzionano come quel secchio che vorrebbe svuotare il mare della disoccupazione secchiata dopo secchiata. I commentatori e politici giorno dopo giorno, con il loro secchio, svuotano il mare e sostengono che le cose stanno migliorando perché hanno cominciato a lavorare assieme. Nella centrifuga delle secchiate sono entrati anche gli ultimi dati occupazionali diffusi il 3 giugno scorso dall’Istat. La pubblicistica, inoltre, evita accuratamente di spiegare la differenza tra persone occupate e le unità di lavoro equivalente tempo pieno1. Potrebbe anche crescere il numero degli occupati, ma le ore complessivamente lavorate possono diminuire. Solo per fare un esempio: 2 part time – magari involontari - equivalgono ad una unità di lavoro equivalente. Un modo per dire che la statistica ha diverse sfaccettature, e l’utilizzo di alcune informazioni al posto di altre è, spesso, una scelta politica, non solo tecnica.

      L’Istat comunica che ad aprile 2015 rispetto al mese precedente gli occupati salgono di 159mila unità, e ben di 261mila rispetto ad aprile dell’anno prima. Si tratta di incrementi consistenti: +0,7% il primo in un mese (ma il dato di marzo era davvero negativo) e +1,2% il secondo in un anno. Merito del jobs act dagli effetti esplosivi in meno di un mese che si somma al vantaggio decontributivo previsto da tre mesi per ben 8.000 euro annuali e 24.000 triennali, sempre che le imprese non licenzino prima della scadenza dell’incentivo i nuovi assunti a monetizzazione crescente pagando una manciata di euro per l’indennizzo previsto per recedere dal nuovo contratto2.

      Ma c’è qualcosa, più di una in verità, che non torna in questi facili plausi, se non anche nei dati che richiederebbero di essere trattati con molto cautela.

      Si può, e si deve, richiamare il rischio di una politica di assunzioni “drogate” dalla decontribuzione che costituisce un forte incentivo per le imprese a mettere a nuovo contratto lavoratori che grazie al jobs act possono essere licenziati presto ed a basso prezzo appena l’incentivo cessa, e comunque alla bisogna. Una sorta di incentivo alla rovescia, ovvero a licenziare facile, inducendo anche i lavoratori a riscuotere l’indennizzo al licenziamento perché esentasse se l’esito di una conciliazione tra le parti è concordato (altro incentivo a licenziare facile, pagato sempre dal contribuente).

      Oppure sarebbe meglio non fidarsi di questi dati congiunturali dell’Istat, come non si fidavano di quelli precedenti di aprile e maggio del Ministero del Lavoro, perché ritenuti troppo “ballerini” in una fase di cambio di regime delle normative sul lavoro, ed invitano ad aspettare almeno un medio periodo per vedere come occupazione e disoccupazione si stabilizzano “a regime” a fronte sia dei vari decreti applicativi che sono ancora in itinere, sia della ripresa economica che si deve confermare nel secondo trimestre ed oltre del 2015.

      Si deve anche fare notare che alcuni dati per un verso sorprendenti o perlomeno anomali, ma che forse più di tanto non lo sono. Infatti, nello stesso periodo del primo trimestre 2015 sono aumentate le posizioni lavorative con contratti alle dipendenze a termine, +3,5% su base annuale, quelle che il Jobs Act 2 del dicembre 2014 e relativi decreti applicativi intendeva trasformare via incentivo economico nel nuovo contratto a tutele crescenti. Forse qui si esplicano gli effetti annunciati dell’intervento schizofrenico rappresentato dal Jobs Act 1 (ex decreto Poletti della primavera 2014) che ha liberalizzato questa forma contrattuale, cancellando l’obbligo della causale per i primi tre anni di contratto è divenuta “l’usa e getta” dei rapporti di lavoro, a cui fanno concorrenza ormai solo i vouchers, altra forma in crescente diffusione e con scarsi controlli. Un aumento viene registrato pure per l'occupazione part time (0,7% su base annuale, con un +4,3% per quelli a termine), la cui quota già molto elevata in Italia continua a crescere, ed in più con una quota del part time involontario che la fa la parte del leone, salendo al 64,1% nel primo trimestre 2015 dal 62,7% del 2014 (stesso trimestre).

      Noi vogliamo segnalare qualcosa di altrettanto preoccupante che si cela dietro questi dati, prendendoli per corretti. Una crescita dello 0,7% in un mese e dell’1,2% su base annuale dell’occupazione richiederebbe un sottostante dato di crescita del Pil che possa portare a ritenere che ciò che vien creato è “buona occupazione” perché dietro c’è “buona produttività” e magari anche, si fa per dire, “buone retribuzioni”. Ma nell’ultimo anno i dati non ci confortano su ciò, anzi. Ci aspettavamo un modello di “crescita senza lavoro” ed invece abbiamo il “lavoro senza crescita”. Infatti, a fronte di una dinamica occupazionale del +1,2% che l’Istat ha comunicato su base annuale, la crescita del Pil registrata sempre dall’Istat non si avvicina minimamente all’1% nel corso dell’ultimo anno, e neppure nell’ultimo trimestre oppure mese. A dire il vero la crescita si avvicina al +0,5%, quando invece l’occupazione fa segnare un +0,7% nell’ultimo mese. Per essere precisi, dal marzo 2014 al marzo 2015 il Pil è diminuito dello 0,29%, per cui è agevole fare un calcolo approssimativo della differenza tra questo dato (diminuzione del reddito) e quello precedente (crescita dell’occupazione), per avere una idea di quanto la produttività media del lavoro sia diminuita nel corso del periodo (circa -1,5%). Assumendo i dati forniti dall’Istat come corretti, c’è qualcosa che non torna nel nostro sistema produttivo. L’ultimo dato Istat sul Pil ha certo segnalato che su base trimestrale siamo usciti ad inizio 2015 dalla recessione tecnica, ma la crescita si è attestata nell’ordine di un misero +0,3% rispetto al trimestre precedente, e ad un +0,1% rispetto al trimestre dell’anno precedente, a cui si aggiunge la previsione acquisita per il 2015 nell’ordine di una crescita del +0,2%. Una cifra modesta se confrontata con il dato occupazionale. Per il 2015 lo stesso governo si tiene cauto, con una previsione di crescita dello 0,8%, rivista peraltro al rialzo, mentre le stesse istituzioni interazionali non si azzardano a fare previsioni migliori; nessuno va sopra l’1%.

      Il dato occupazionale, incrociato con il dato sulla crescita del reddito, con le dovute cautele date dal fatto che non necessariamente il periodo temporale è identico in termini di mesi, segnala, o segnalerebbe per ragioni di cautela, ai commentatori che l’occupazione cresce più del reddito, e se ciò non appare infondato significa che la produttività del lavoro, e quindi, data la dinamica delle retribuzioni, anche la competitività, invece di crescere nel periodo scende pericolosamente. E se la crescita della produttività, di cui già l’Italia detiene da oltre due decenni la maglia nera tra i paesi industriali, non solo ristagna (crescita zero) ma addirittura decresce, non è opportuno farsi facili illusioni su “buona occupazione” e “buone retribuzioni” per il presente e l’immediato futuro. Quei dati occupazionali segnalano purtroppo, se presi come autentici - forse proprio perché son “drogati” dagli incentivi fiscali e dal contratto a monetizzazione crescente e facilità a licenziare - l’altra faccia della medaglia di questa presunta crescita quantitativa, ovvero il suo poverissimo contenuto qualitativo. Qualcosa di simile lo abbiamo già visto negli anni 2000. Le cosiddette riforme al margine del mercato del lavoro hanno fatto crescere in quel periodo l’occupazione e con essa il precariato, il lavoro a basse tutele e basse retribuzioni, ed a bassa produttività, nei servizi di mercato soprattutto, ma anche nell’industria manifatturiera. L’esito è stato come è noto un crollo di competitività dell’imprese italiane e delle remunerazioni del lavoro. Ora con il Jobs Act e l’incentivo decontributivo si intende sostituire quel lavoro precario con altro lavoro comunque a basse tutele con monetizzazione del diritto a licenziare. Purtroppo il rischio è che a pagare queste politiche di corto respiro non sia solo il singolo lavoratore, ma l’impresa stessa, ed il sistema produttivo, con lavoro di scarsa qualità e bassa produttività. Invece di investire in innovazione con politiche industriali più lungimiranti, il sistema rischia di non uscire dalla sua trappola della stagnazione.

      Inoltre, la domanda di lavoro è incoerente con il livello quali-quantitativo dell’offerta di lavoro. Da un lato abbiamo giovani ben formati e preparati per sostenere il cambio di struttura necessario dell’industria italiana, dall’altra una industria che continua a competere a livello internazionale a margine delle politiche di costo. L’effetto di queste scelte politiche è la riduzione della quota italiana del commercio internazionale in termini percentuali non solo in ragione del ruolo dei Paesi emergenti; infatti la caduta è quasi interamente imputabile alla componente ad alta tecnologia. Mentre la componente ad alta tecnologia del commercio internazionale comincia a erodere quote del commercio complessivo, l’industria italiana e il governo Renzi vorrebbero far crescere il paese al margine dei prodotti a basso contenuto tecnologico.

      Le politiche d’austerità sono intrinsecamente sbagliate, ma se il Paese deve crescere via esportazioni almeno adottiamo delle politiche meno assurde.

      (La versione ridotta di questo articolo è uscita su "Il manifesto" del 4 giugno 2015)

      ___________________________________________________________

      Note
      1 L'unità di lavoro rappresenta la quantità di lavoro prestato nell'anno da un occupato a tempo pieno, oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale o da lavoratori che svolgono un doppio lavoro. Questo concetto non è più legato alla singola persona fisica, ma risulta ragguagliato ad un numero di ore annue corrispondenti ad un'occupazione esercitata a tempo pieno, numero che può diversificarsi in funzione della differente attività lavorativa. Le unità di lavoro sono dunque utilizzate come unità di misura del volume di lavoro impiegato nella produzione dei beni e servizi rientranti nelle stime del Prodotto interno lordo in un determinato periodo di riferimento.
      2 L’introduzione del Jobs Act solleva anche un altro e non banale problema. La statistica misura la variazione nel tempo, verso il basso o l’alto, di un bene o un servizio. La statistica dovrebbe anche misurare beni, servizi e lavoro omogenei. L’Istat modifica il paniere che misura l’inflazione, oppure soppesa la composizione del PIL o altre voci. La domanda che solleviamo è la seguente: possiamo usare lo stesso criterio di valutazione-misurazione dell’occupazione dopo l’introduzione del Jobs Act? La disponibilità o meno dell’art.18 non cambia in profondità la matrice giuridica del lavoro e quindi la natura economica? In altri termini siamo sicuri che l’occupazione del 2015 sia strutturalmente uguale all’occupazione del 2014?

      Enrico Galavotti: Marx e il colonialismo

      homolaicus

      Marx e il colonialismo

      Enrico Galavotti

      Conferenza di Berlino Bismarck1885Che Marx ed Engels avessero un atteggiamento ambivalente nei confronti del capitalismo (lo giudicavano negativamente in rapporto al socialismo, ma positivamente in rapporto a qualunque formazione pre-capitalistica), è testimoniato anche dal fatto che la loro analisi del colonialismo non è sempre stata coerente.

      Da un lato infatti era esplicita la condanna del colonialismo come strumento di oppressione e sfruttamento; dall'altro però essi tendevano a considerarlo come occasione di sviluppo per popoli arretrati e "senza storia". In questo loro giudizio pesava ovviamente il retaggio della filosofia occidentale, specie quella hegeliana.

      Nel Capitale non è affatto chiaro l'apporto determinante del colonialismo alla realizzazione dell'accumulazione originaria. È singolare come nel Capitale non venga mai ipotizzata l'inevitabilità di una serie infinita di guerre civili cui in Europa avrebbe portato l'accumulazione originaria, se nel contempo non fossero state conquistate America, Africa e Asia. La popolazione si sarebbe dimezzata e lo sviluppo capitalistico, se ancora ci fosse stato, avrebbe subìto un rallentamento considerevole.

      Nel cap. XXV (libro I del Capitale) dedicato al colonialismo, Marx afferma che la proprietà basata sul proprio lavoro era presente nei territori extra-europei successivamente colonizzati dalle nazioni capitalistiche più industrializzate. Anche questo però è un modo astratto di vedere le cose, poiché al tempo di Marx la proprietà libera in Asia non esisteva più, mentre in America latina era già in forte disuso nel XV sec. Solo in Africa si poteva ancora ampiamente costatare.

      Leggi tutto

      Riccardo Realfonzo: Draghi e i processi di divergenza in Europa

      economiaepolitica

      Draghi e i processi di divergenza in Europa

      di Riccardo Realfonzo

      L’allarme lanciato in Portogallo, alla fine del mese scorso, dal presidente della BCE Mario Draghi va al cuore del problema: nell’Eurozona sono in atto “profonde e crescenti divergenze” tra i Paesi che “tendono a diventare esplosive” e “possono arrivare a minacciare l’esistenza dell’Unione monetaria”.

      In effetti, la scarsa capacità di crescita dell’Eurozona, con il valore complessivo del Pil che resta ancora al di sotto del livello pre-crisi, desta preoccupazione. Ma l’aspetto più grave è proprio la forza centrifuga che sembra dominare l’area euro, con il centro del Continente in crescita e diverse regioni periferiche sostanzialmente ferme, quando non in recessione. I dati ufficiali confermano l’allarme sollevato da Draghi. Dopo il 2007-2008, come registra il coefficiente di variazione del tasso di crescita del Pil pro capite, i differenziali di sviluppo tra i diversi Paesi sono aumentati vistosamente, al punto che ad esempio tra Germania e Italia si sono accumulati 14 punti di differenza nella crescita del Pil. E anche i dati relativi ai tassi di disoccupazione, alle insolvenze delle imprese e alle condizioni della finanza pubblica confermano l’azione dei processi di divergenza.

      Queste evidenze empiriche rendono ormai difficilmente difendibile la tradizionale tesi della Commissione Europea. Si tratta dell’idea –  espressa sin dal 1990, nel famoso One Market, One Money e ribadita anche in recenti documenti ufficiali – secondo cui la moneta unica e l’integrazione commerciale, combinate con le politiche di austerità e la flessibilità dei mercati, avrebbero favorito la convergenza e la coesione tra i Paesi. Leggi tutto


      Manlio Dinucci: La scottante verità di Ilaria Alpi

      manifesto

      La scottante verità di Ilaria Alpi

      di Manlio Dinucci

      La docu­fic­tion «Ila­ria Alpi – L’ultimo viag­gio» (visi­bile sul sito di Rai Tre) getta luce, soprat­tutto gra­zie a prove sco­perte dal gior­na­li­sta Luigi Gri­maldi, sull’omicidio della gior­na­li­sta e del suo ope­ra­tore Miran Hro­va­tin il 20 marzo 1994 a Moga­di­scio. Furono assas­si­nati, in un agguato orga­niz­zato dalla Cia con l’aiuto di Gla­dio e ser­vizi segreti ita­liani, per­ché ave­vano sco­perto un traf­fico di armi gestito dalla Cia attra­verso la flotta della società Schi­fco, donata dalla Coo­pe­ra­zione ita­liana alla Soma­lia uffi­cial­mente per la pesca.

      In realtà, agli inizi degli anni Novanta, le navi della Shi­fco erano usate, insieme a navi della Let­to­nia, per tra­spor­tare armi Usa e rifiuti tos­sici anche radioat­tivi in Soma­lia e per rifor­nire di armi la Croa­zia in guerra con­tro la Jugoslavia.

      Anche se nella docu­fic­tion non se ne parla, risulta che una nave della Shi­fco, la 21 Oktoo­bar II (poi sotto ban­diera pana­mense col nome di Urgull), si tro­vava il 10 aprile 1991 nel porto di Livorno dove era in corso una ope­ra­zione segreta di tra­sbordo di armi sta­tu­ni­tensi rien­trate a Camp Darby dopo la guerra all’Iraq, e dove si con­sumò la tra­ge­dia della Moby Prince in cui mori­rono 140 persone. Leggi tutto


      Christian Marazzi: L’invenzione dei lavori inutili

      alfabeta

      L’invenzione dei lavori inutili

      Christian Marazzi

      Pubblichiamo un estratto dall'ultimo libro di Christian Marazzi, «Diario della crisi infinita» in libreria in questi giorni per le edizioni ombre corte. Il libro raccoglie articoli scritti e interventi dell'autore pubblicati negli ultimi anni e che riuniti in questo volume disegnano, come recita il titolo, un diario della crisi: il capitale come rapporto sociale si è spezzato, la creazione di ricchezza è ormai incapace di generare crescita e benessere, mentre produce disuguaglianze vertiginose e sofferenza diffusa. È con questa profonda trasformazione che si misurano i testi e gli interventi raccolti, che non si limitano tuttavia all'osservazione e all'analisi degli eventi economici e politici degli ultimi anni, ma rimandano espressamente a una riflessione collettiva su come agire "dentro e contro" la crisi, lungo quali assi strategici, con quali obiettivi e modalità di lotta.

      Il più grande economista del secolo scorso, John Maynard Keynes,in un suo scritto del 1930 prevedeva che entro la fine del secolo lo sviluppo della tecnologia avrebbe permesso la riduzione della settimana lavorativa a sole quindici ore. Keynes basava la sua previsione sulla base della limitatezza dei bisogni materiali. Non solo questa sua previsione non si è avverata (la crescita dei bisogni si è rivelata inesauribile), ma la tecnologia stessa è stata utilizzata per inventare nuovi modi per farci lavorare tutti sempre di più. Leggi tutto


      Emiliano Brancaccio: I mercati scommettono su Grexit. E la sinistra insegue Matteo Salvini

      brancaccio

      I mercati scommettono su Grexit.  E la sinistra insegue Matteo Salvini

      L. Sappino intervista Emiliano Brancaccio

      “L’Italia non è al sicuro: l’Eurozona è insostenibile. E invece di fermare i migranti bisognerebbe fermare i capitali a caccia di vantaggi fiscali”.

      170006424 2a0c94be cd40 496a
                      ad11 b0ee1f8f9cd3«Se le destre propongono di arrestare i flussi di immigrati, contro di esse bisognerebbe proporre di arrestare i movimenti indiscriminati di capitale a caccia di vantaggi fiscali, bassi salari e alti profitti». Emiliano Brancaccio parla con l’Espresso della crisi dell’eurozona, tutt’altro che risolta. «Letta vi ha detto che per lui l’uscita della Grecia non è una prospettiva realistica? Nel breve termine può essere che abbia ragione», spiega l’economista critico, tra i promotori del “monito” pubblicato già nel 2013 sul Financial Times dove si prevedeva, a causa delle politiche di austerity, la deflagrazione dell’eurozona: «Ma i mercati continuano invece a scommettere sull’uscita dall’Euro». E l’Italia, per Brancaccio, dunque, non deve sentirsi al sicuro, nonostante i dati positivi ripresi dal governo: «Esaltarsi per dati mensili è grottesco. Anche fossero confermate le previsioni più ottimistiche, a fine anno avremmo un milione di posti di lavoro in meno del 2008». Andiamo nel dettaglio, con Brancaccio, soffermandoci anche sul successo di Salvini alle elezioni: «La Lega, come gli altri movimenti di destra, cavalca la lotta all’immigrazione solo come diversivo per evitare di affrontare le vere cause della crisi economica e sociale. Anzi Salvini condisce la xenofobia con una una spruzzata di liberismo fiscale: la flat tax, vale a dire un’aliquota unica per tutti, ricchi o poveri che siano». Leggi tutto


      Mario Agostinelli: “Esserci” in Expo 2015

      inchiesta

      “Esserci” in Expo 2015

      Mario Agostinelli

      expoIl diritto di criticare Expo

      Sono tra coloro che ritengono che le rilevanti risorse messe in campo per la realizzazione di questo “grande evento” avrebbero potuto essere spese più utilmente in altri modi, con ricadute probabilmente superiori in termini di posti di lavoro, di benessere per i cittadini e di sviluppo per la città di Milano. In questi mesi, di fronte a tutto quello che è accaduto, dall’illegalità allo sperpero di ingenti risorse economiche per l’organizzazione di Expo in una città e in un Paese dove la povertà e la diseguaglianza crescono quotidianamente e che avrebbero urgenza di ben altri interventi, ho maturato un giudizio complessivamente negativo. L’occasione di Expo si è consumata oscillando fino ad arretrare sui contenuti più innovativi e dirompenti, ritenuti troppo vicini ad ipotesi di trasformazione. Idee e progetti che si possono azzardare e mostrare di condividere solo nei convegni, ma non si praticano in realtà né nella prassi amministrativa né nella pratica economica e politica.

      La tragedia poi della confusa, contradditoria e irregolare gestione preparatoria va rintracciata nella mancanza di una chiara catena di comando, con il ricorso alla nomina di commissari più o meno straordinari incardinati assurdamente su di una legge che riguardava la Protezione Civile e con provvedimenti che hanno rappresentato una specie di falso ideologico di Stato. Leggi tutto


      Militant: Riflessioni sull’intervista di Putin al Corriere

      militant

      Riflessioni sull’intervista di Putin al Corriere

      di Militant

      arton21636La lunga intervista del Corriere della Sera a Putin contiene diversi spunti sui quali sarebbe opportuno riflettere. In effetti, leggere la versione “del nemico” dell’Occidente sulle cose del mondo è assai utile, soprattutto quando rimette in ordine alcune verità fattuali completamente distorte dall’informazione liberale. Non bisogna essere “putiniani”, geopolitici o rossobruni, cedere alle sirene dell’eurasiatismo o approdare a rifiuti “culturali” dell’occidentalismo per comprendere come le ragioni della Russia siano completamente svalutate nella lettura quotidiana degli interessi strategici in campo nell’attuale scontro tra Usa-Ue e Russia. Perché se la Russia è un paese capitalista guidato da un governo conservatore (e su questo ci possono essere pochi dubbi), non per questo è automatica una simmetria tra questa e le potenze occidentali.

      Non c’è alcuna lotta per l’egemonia regionale o globale, detto altrimenti, quanto un attacco geopolitico, portato avanti sia economicamente che militarmente, contro la Russia. Alcuni passaggi dell’intervista sono, appunto, parte di quella verità fattuale negata a priori dalle retoriche europeiste. E una certa indipendenza di giudizio e di autonomia politico-culturale dovrebbe consentirci di interpretare la realtà con strumenti antimperialisti e internazionalisti, non imboccati dai media mainstream. Leggi tutto


      Comidad: L'OCSE ispira Renzi, e lo sfotte pure

      comidad

      L'OCSE ispira Renzi, e lo sfotte pure

      di Comidad

      Qualcuno ha notato che l'emergenza-immigrati rappresenta una boccata d'ossigeno mediatico per Renzi, il quale può finalmente collocarsi dalla parte "giusta", di quello che fa la morale agli altri e si atteggia con indignazione di fronte alla demagogia irresponsabile della Lega ed al miope egoismo dei partner dell'Unione Europea. Il roleplay tra "accoglitori" e "respingitori" accentra l'attenzione sulla questione di alcune migliaia di immigrati, ma fa perdere di vista il fatto che gli ingressi clandestini con i barconi costituiscono una quota minima del problema, e bisognerebbe andare ad indagare sui moli militari dei porti, specialmente quelli controllati dalla NATO e dagli USA.

      La questione dei migranti fa dimenticare anche che lo stesso Renzi è riuscito nell'incredibile impresa di farsi dichiarare un blocco degli scrutini (per quanto simbolico, in base a ciò che consente l'attuale normativa anti-sciopero) persino da sindacati super-collaborazionisti come la CISL e la UIL. Renzi si è trovato così di fronte alla più grossa mobilitazione del personale della Scuola degli ultimi cinquanta anni.

      Nelle attese la mobilitazione degli opinionisti ufficiali contro gli insegnanti avrebbe dovuto sortire dei risultati nei confronti di una categoria che rappresenta la maggiore consumatrice di stampa quotidiana; ma, a quanto pare, l'avvento di Renzi ha determinato un distacco tra il PD e la sua base sociale più fedele. Il gruppo dirigente del PD non si è minimamente preoccupato del fatto che, lasciando insultare la propria base elettorale dagli opinionisti, delegittimava anche se stesso. Nelle prossime elezioni i software del Viminale potranno forse ovviare all'emorragia di voti, ma è chiaro che si è aperta una fase di destabilizzazione del quadro politico dagli esiti ancora incerti.

      Leggi tutto

      Aldo Giannuli: Ad essere impresentabile non è De Luca… è il Pd

      aldogiannuli

      Ad essere impresentabile non è De Luca… è il Pd

      di Aldo Giannuli

      De Luca non è un incidente di percorso del Pd, un occasionale cacicco meridionale la cui presenza il partito ha dovuto subire per i capricci del popolo delle primarie. Se fosse stato questo, Renzi non si sarebbe speso mettendoci personalmente la faccia ed oggi non starebbe ad arrampicarsi sugli specchi per salvarlo dalla legge Severino, altre volte applicata senza sconti.

      E non è nemmeno un fenomeno locale, che tocca difendere per onor di bandiera, ma che resta un fenomeno circoscritto. Se così fosse il Pd non arriverebbe ad aggredire una sua stessa esponente, presidente della Commissione Antimafia, che è stata anche presidente del partito.

      De Luca esprime l’essenza del Pd attuale. Non mi riferisco ai suoi carichi pendenti che vedremo come andranno a finire e che lo rendono simile a tanti altri amministratori del Pd a Genova, a Venezia… a Roma. Mi riferisco alla sua oscena concezione della politica.

      Proprio per la sua manifesta inadeguatezza culturale, la semplicità di feudatario del Cilento, dice quello che il suo gruppo dirigente pensa ma non osa dire. E’ di qualche giorno fa una sua icastica dichiarazione: “Chi se ne frega della Severino?! Chi vince governa”. Una frase in cui c’è tutto un modo di pensare basato su una inversione del principio democratico. Certamente in democrazia a governare deve essere chi ha vinto le elezioni, ma per vincere le elezioni non  basta prendere più voti degli altri, occorre anche farlo nel rispetto delle leggi delle quali, evidentemente, l’aspirante neo governatore della Campania, “se ne frega”. Leggi tutto

       

      I più letti degli ultimi tre mesi

      tonino

      unread,
      Jun 29, 2015, 4:17:08 PM6/29/15
      to sante gorini

      Mauro Poggi: To Grexit or not to Grexit

      mauropoggi

      To Grexit or not to Grexit

      Mauro Poggi

      grexit1John Weeks è professore emerito alla University of London’s School of Oriental and African Studies, autore del bel libro “Economics of the 1%“, dove sostiene che l’egemone dottrina economica neoliberista ignora deliberatamente le proprie contraddizioni logiche per potere sostenere teorie vergognosamente reazionarie a favore dei ceti privilegiati. Mi sono imbattuto in Weeks un paio di anni fa, guardando un video di The Real News della raccapricciante intervista in inglese di Mario Monti al programma di Fareed Zaakaria. L’allora Primo ministro italiano confessava, in buona sostanza e con faccia tosta inenarrabile, che gli obiettivi di consolidamento fiscale e riforme strutturali, per i quali era stato nominato al governo, ancorché pienamente realizzati non potevano produrre miglioramenti economici a meno che la Germania non avesse provveduto ad espandere la propria domanda interna per consentire l’aumento delle esportazioni italiane, giacché con la politica economica in atto (testuale) “in effetti stiamo distruggendo la nostra domanda interna“.

      Chiamato a commentare le affermazioni di Monti sui concetti di riforme strutturali e consolidamento fiscale, Weeks – prima di entrare nel dettaglio, aveva esordito con  un giudizio sintetico: “Rubbish, spazzatura”. (Vale la pena ascoltare sia l’intervista di Monti che quella di Weeks nel video che ho linkato, entrambe – ciascuna per il suo verso, significative).

      Leggi tutto

      Domenico Tambasco: Il Jobs Act e il “modello Foxconn”

      micromega

      Il Jobs Act e il “modello Foxconn”

      di Domenico Tambasco

      L’approvazione in via preliminare del cosiddetto “schema di decreto sulla semplificazione” sembrerebbe aver introdotto la possibilità di controllare i lavoratori attraverso gli strumenti di svolgimento della prestazione lavorativa: al di là della sua dubbia legittimità ed efficacia pratica, appare ormai evidente l’orizzonte di riferimento del Jobs Act: più che la flexsecurity, è il “modello Foxconn”

      Immaginatevi sul posto di lavoro, dinanzi al terminale mentre navigate su Internet, o al telefono mentre state parlando con un vostro collega, o mentre siete impegnati ad aprire un’applicazione sul vostro tablet.

      Immaginate ora un datore che abbia il potere di controllare a distanza tutte le vostre attività lavorative, creando un pervasivo sistema di vigilanza.

      Non è il distopico incubo del Grande Fratello orwelliano, ma è la realtà del modello “Foxconn”, così come descritto in recenti ed importanti studi (da ultimo “Morire per un iphone”, ricerca degli studiosi Pun Ngai, Jerri Chan e Mark Selden, Jaka Book, 2015), in cui si evidenziano le disumane condizioni lavorative degli operai del noto colosso cinese dell’elettronica, appaltatore di ancor più noti brand dell’elettronica mondiale.

      È a tinte fosche la fotografia scattata all’interno della Foxconn: “Dal momento in cui oltrepassano la Porta d’Entrata, gli operai sono seguiti da un sistema di vigilanza che non ha eguali nelle vicine imprese di componenti elettronici e di lavorazione di materie plastiche.....Nella fabbrica strettamente vigilata un operaio comunicava questa sensazione: <<Ho perso la mia libertà. La Foxconn ha la sua forza armata, così come un Paese ha l’esercito e la polizia. Il sistema di vigilanza è un potente strumento di dominio dell’impero Foxconn>>”1.

      La vigilanza maniacale sul lavoratore, al fine di spingerlo ad un’ininterrotta prestazione lavorativa nella coscienza di essere continuamente osservato, è l’attuale surrogato dei robot, ancora troppo costosi ed elementari per poter sostituire integralmente l’energia lavorativa umana; di qui, l’aspirazione di Terry Gou (presidente della Foxconn) di creare un luogo di lavoro in cui “uomini duri come l’acciaio eseguono comandi con l’esattezza e la precisione dei robot”2.

      Questo sogno – o incubo – cinese ha un suo recentissimo tentativo di traduzione italiana: è il secondo comma del nuovo articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dall’art. 23 dello “schema di decreto legislativo recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico dei cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014 n. 183”3, che stabilisce come il divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori non si applichi “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”.

      Cosa vorrebbe significare?

      Un principio tanto semplice quanto allarmante, almeno nel suo espresso tenore testuale: possono essere utilizzati dal datore di lavoro anche strumenti per lo svolgimento della prestazione lavorativa (smartphone, computer, tablet, sistemi gps) che comportino la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore anche al di fuori delle esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro o di tutela del patrimonio aziendale, senza le cautele e le procedure previste dalla legge (ovverosia l’accordo con le rappresentanze sindacali o l’autorizzazione dell’autorità amministrativa che possono imporre anche specifiche prescrizioni). Un passo avanti verso il modello “Foxconn” e, al contempo, molti passi indietro rispetto al principio di civiltà del diritto affermato dalla giurisprudenza, secondo cui “la vigilanza sull’attività lavorativa, ancorché necessaria nell’organizzazione produttiva, va mantenuta in una dimensione umana, cioè non esasperata dall’uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua ed anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro”4.

      Siamo tuttavia di fronte – come abbiamo accennato poc’anzi – ad un maldestro tentativo di traduzione o, volendo utilizzare una diversa immagine, al rigetto di un organo estraneo da parte dell’ordinamento interno.

      L’utilizzo di questi strumenti di controllo, infatti, non puo’ realizzarsi in contrasto con la normativa presente nel nostro ordinamento giuridico in materia di “protezione dei dati personali” (cd Codice della Privacy, dlgs. 196/2003), che impone specifiche e stringenti modalità di trattamento dei dati e delle informazioni personali5. Con il risultato pratico che, nel caso in cui davvero i datori di lavoro decidessero di procedere al controllo a tappeto dei propri dipendenti attraverso i PC, gli smartphone, i tablet o altri strumenti di svolgimento delle prestazioni lavorative al di fuori dei principi di liceità, correttezza, necessità, pertinenza, completezza e non eccedenza6, difficilmente sarebbero esenti da sanzioni e da condanne, soprattutto se convenuti dinanzi all’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali (che in materia risulta essere, ad oggi, la tutela specifica più efficace e specializzata a disposizione del cittadino italiano).

      Resta il fatto, tuttavia, che l’odierno legislatore ha voluto scolpire, nero su bianco, una dichiarazione di principio che, sebbene priva di effettività pratica, vale come conferma della “politica del lavoro” costantemente perseguita nell’odierno Jobs Act: una politica che, nell’affermare il diritto dell’imprenditore di “sorvegliare” costantemente il lavoratore, nell’introdurre la facoltà di demansionarlo per qualsivoglia esigenza produttiva e nello stabilire il potere di licenziarlo anche illegittimamente al semplice costo di qualche mensilità di retribuzione non fa altro che confermare come, all’orizzonte di questa “riforma”, ci siano soltanto gli stabilimenti dell’impero Foxconn.

      __________________________________________________________________________________________
       
      NOTE

      1 Pung Ngai – Jenny Chan – Mark Selden, Morire per un Iphone, Jaka Book, Milano, 2015, p. 92.
      2 Morire per un Iphone, cit., p. 47.
      3 Si precisa come tale modifica, ai sensi della legge delega 183/2010, dovrà passare prima presso le competenti commissioni parlamentari per il parere non vincolante per poi essere oggetto, successivamente, di approvazione definitiva da parte del Governo.
      4 Cassazione n. 8250/2000, in Commentario breve alle leggi sul lavoro, Cedam, Padova, 2013, p. 725.
      5 Come peraltro ribadito anche dal comma 3 del nuovo art. 4 così come modificato dall’art. 23 dello schema di decreto attuativo.

      Daniele Benzi: Integraciòn o muerte! Venceremos?

      sinistra

      Integraciòn o muerte! Venceremos?

      L'America Latina nel suo labirinto

      Daniele Benzi

      IV. Lo sbarco cinese e altre spinte disgregatrici [Qui, qui e qui le parti precedenti]

      Integración o muerteultima parte html
                      dd9c620La presenza del gigante asiatico nelle dinamiche economiche della regione è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi quindici anni. Per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti e i crediti concessi l’incremento è stato enorme dopo l’inizio della crisi mondiale. Diversi autori hanno osservato che l’impatto è tale da avere ri-orientato in poco tempo le politiche commerciali e di sviluppo di vari Paesi, influenzando anche in alcuni casi decisioni strategiche relative agli allineamenti geopolitici nello scenario internazionale. Eppure, per quanto a eccezione del Paraguay lo sbarco cinese sia per il momento molto più accentuato nel Cono Sud, tutti i governi dell’area, a prescindere dagli orientamenti politici o di altra indole, considerano oggi come una priorità l’intensificazione degli scambi commerciali e l’apertura senza riserve agli investimenti asiatici. Questa è d’altronde la principale differenza tra l’avvicinamento della Cina e quello di altre potenze extra-regionali come per esempio la Russia, l’India, o l’Iran: la dimensione e l’estensione di interscambi e interventi assolutamente allettanti che, senza escluderle, hanno mantenuto sinora in secondo piano e basso profilo considerazioni esplicite di ordine geopolitico e militare. D’altra parte, sembrerebbe che al contrario dei suoi predecessori, l’attuale presidente Xi Jinping voglia dare alle relazioni con la regione un chiaro significato e orizzonte politico. Ma è ancora troppo presto per fare speculazioni al riguardo. Leggi tutto


      Sergio Cesaratto: L’organetto di Draghi III

      economiaepolitica

      L’organetto di Draghi III

      Terza lezione: LTRO, Target 2, OMT (2011-2012)

      di Sergio Cesaratto

      Pubblichiamo alcune lezioni preparate da Sergio Cesaratto per economiaepolitica.it, dedicate alla BCE e alla politica monetaria. La serie, intitolata l'”Organetto di Draghi”, prevede quattro lezioni: 1) Moneta endogena e politica monetaria; 2) La BCE di fronte alla crisi; 3) LTRO, Target 2, Omt; 4) Forward guidance e Quantitative easing

      Hand Painted
                    font b Famous b font
                    Oil font b Paintings b font Pino A MothersSappiamo che nel periodo 2008-2011 la BCE ha espanso il proprio bilancio allo scopo di tenere sotto controllo i tassi di interesse a breve termine (si rimanda a riguardo alla seconda lezione)1. Nel 2010-11 essa ha anche acquistato titoli sovrani dei paesi periferici dell’Eurozona ufficialmente per assicurare la trasmissione della politica monetaria. Abbiamo anche imparato che l’eccesso di liquidità rimane depositato presso l’Eurosistema in particolare nella deposit facility. In questa lezione vedremo come il contagio della crisi a Spagna e Italia abbia costretto nel 2012 la BCE a ulteriori e più eclatanti misure che hanno ulteriormente espanso il suo bilancio. Cominceremo con l’occuparci di uno strano meccanismo monetario chiamato Target 2 che occupò la scena nel 2011 e 2012.

       

      1) 2011: Lo strano caso di Target 2

      Nel 2011 Werner Sinn (2011), il più influente economista tedesco, sollevò un polverone mediatico e accademico sostenendo che la BCE stava effettuando un salvataggio silenzioso (stealth bail out) dei paesi periferici attraverso un arcano meccanismo chiamato Target 2. Leggi tutto


      James K. Galbraith: Che cosa s’intende per riforma? Lo strano caso della Grecia e dell’Europa

      znetitaly

      Che cosa s’intende per riforma? Lo strano caso della Grecia e dell’Europa

      di James K. Galbraith

      Mentre tornavamo da Berlino, martedì, il ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis mi ha osservato che l’attuale uso del termine “riforma” ha le sue origini nel medio periodo dell’Unione Sovietica, in particolare sotto Kruscev, quando accademici modernizzatori cercarono di introdurre elementi di decentramento e di mercato in un sistema di pianificazione sclerotico. In quegli anni, in cui la lotta negli Stati Uniti era per i diritti e alcuni giovani europei sognavano ancora la rivoluzione, il temine “riforma” non era molto utilizzato in occidente. Oggi, in una strana svolta di convergenza, è diventato la parola d’ordine della classe dominante.

      Il termine, riforma, è oggi diventato centrale nel tiro alla fune tra la Grecia e i suoi creditori. Un nuovo sollievo dal debito potrebbe essere possibile, ma solo se i greci acconsentiranno a “riforme”. Ma a quali riforme e a qual fine? La stampa ha fatto circolare il termine, riforma, nel contesto greco come se ci fosse un vasto accordo sul suo significato.

      Le specifiche riforme pretese dai creditori della Grecia oggi sono una miscela speciale. Mirano a ridurre lo stato; in questo senso sono “orientate al mercato”. Tuttavia sono la costa più lontana dalla promozione del decentramento e della diversità. Al contrario, operano per distruggere le istituzioni locali e per imporre un unico modello di politica in tutta Europa, con la Grecia non come fanalino di coda, bensì all’avanguardia. In quest’altro senso le proposte sono totalitarie, anche se il padre filosofico è Friedrich von Hayek, l’antenato politico, per dirla brutalmente, è Stalin. Leggi tutto


      Comidad: Da Craxi a Renzi

      comidad

      Da Craxi a Renzi

      L'illusione dell'indipendenza nazionale sostenibile

      di Comidad

      Il Renzi ultra-occidentale e guerrafondaio del febbraio scorso, quello deciso ad intervenire in Libia e che aveva promesso un decreto a riguardo per il marzo successivo, nel giro di tre mesi sembra aver invertito la rotta di centottanta gradi, diventando anch'egli "amico" di Putin, e pregandolo di collaborare alla lotta contro l'ISIS. La svolta della politica estera italiana sembrerebbe davvero radicale, se si considera che l'intervento militare in Libia promesso da Renzi appariva oggettivamente come un modo per contrastare l'influenza che sta assumendo la Russia sull'Egitto e sul governo libico di Tobruk. La metamorfosi è avvenuta proprio agli inizi del fatidico marzo, con un viaggio di Renzi a Mosca, una trasferta che ha assunto quasi i toni del pellegrinaggio. Nell'occasione Renzi ha deposto un mazzo di fiori per onorare la memoria di Boris Nemtsov, un oppositore di destra al regime per la cui uccisione i media occidentali ovviamente incolpano Putin, in base a ciò che impongono gli inesorabili schemi della propaganda NATO. Non sono mancate osservazioni imbarazzate da parte di commentatori ufficiali per il fatto che Renzi incontrasse un Putin con le mani ancora sporche di sangue, e ciò è stato giustificato come realpolitik.

      La visita di Renzi è stata ricambiata nei giorni scorsi da Putin, che ha onorato un Expo di Milano altrimenti ignorato da tutti. Nell'occasione Putin e Renzi hanno invocato insieme il ritiro delle sanzioni economiche contro la Russia. In questi giorni i media italiani hanno ricordato il danno che le sanzioni contro la Russia stanno infliggendo alle esportazioni italiane. Messa così la questione appare un po' troppo generica, poiché è difficile pensare che il governo si sarebbe lasciato commuovere dalle difficoltà della nostra economia, dato che si tratta dello stesso governo che, mentre parla di "crescita", compie continue scelte depressive. Leggi tutto


      Alessandra Daniele: Privacy Policy

      carmilla

      Privacy Policy

      di Alessandra Daniele

      banner


      Pierluigi Fagan: L’enciclica della complessità

      pierluigifagan

      L’enciclica della complessità

      di Pierluigi Fagan

      LaudatoSi
                    PapaFrancesco tmbCon l’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco, la cultura della complessità termina probabilmente la prima fase della sua vita, la fase in cui si è formata ed in cui ha cercato di affermarsi per il riconoscimento. Con questa enciclica, si può dire che tale cultura possa ritenersi affermata. L’affermazione ovviamente non significa che tale cultura è diventata la cultura di riferimento principale, né che spetti al vertice di una istituzione religiosa timbrarne il riconoscimento ma che, data l’ampiezza e la significanza sia del testo che dell’autore, ha ottenuto lo statuto di visione del mondo nel panorama culturale. Del resto, si deve riconoscere al testo papale. la coerenza di forma e contenuto. Qui, davvero si integrano le visioni ecologiche con quelle economiche, con quelle politiche e geopolitiche, con quelle scientifiche, con quelle filosofico-etiche. Poi c’è anche la teologia ma questo è uno specifico dell’autore e della sua immagine del mondo che è nel suo pieno diritto proporre.

      L’enciclica è una circolare che detta la linea o meglio, l’interpretazione del mondo, alla rete vescovile della Chiesa cattolica e quindi, dato il percolare culturale dall’alto al basso, si presume dovrebbe informare il punto di vista della Chiesa nei prossimi anni. La Chiesa però, è una istituzione più plurale di quanto ami dar a vedere e quindi non si deve immaginare un rigido allineamento alla nuova impostazione. Rimane però il segno forte di una impostazione e per questa impostazione non c’è che un termine per esprimerne il concetto: complessa. Leggi tutto


      ∫connessioni precarie: Grentry. Il dominio della finanza in Europa e la sua crisi

      conness precarie

      Grentry. Il dominio della finanza in Europa e la sua crisi

      ∫connessioni precarie

      grentry 300x300Il dato tecnico è semplice: le cosiddette «istituzioni» (il nuovo nome della Troika ottenuto dal governo greco) hanno molto di più da perdere che non la Grecia. Nei quotidiani economici più importanti questa verità è ormai affermata non solo tra le righe: in caso di default greco, e ancor di più di Grexit, a rimetterci maggiormente sarebbero i paesi più esposti nei confronti della Grecia, in particolare Francia e Germania, e gli altri creditori. In modo impietoso Wolfgang Munchau ha recentemente scritto che, se questa circostanza si verificasse, Angela Merkel e Francois Hollande «passerebbero alla storia come i più grandi perdenti finanziari». Il meccanismo di stabilità europeo (ESM) è sì una gabbia per i paesi che ricevono e contraggono debiti, ma è anche un dispositivo attraverso il quale il problema dell’esigibilità dei crediti maturati si riversa inevitabilmente sui paesi creditori. Il fallimento dei primi è un problema finanziario anche e soprattutto per i secondi. L’articolo è stato pubblicato sul «Financial Times» e tradotto dal «Sole24ore»: lo hanno dunque potuto leggere anche quei commentatori, redattori e governanti italiani che pure si ostinano a ripetere un mantra privo di fondamento, secondo il quale al centro della contesa vi sarebbero i nostri soldi o, variazione sul tema, la «credibilità» della Grecia. Hans-Werner Sinn, economista membro del consiglio consultivo del ministero dell’economia tedesco, ha inoltre osservato che un altro mantra, quello della «fuga dei capitali» privati dalla Grecia, dovrebbe preoccupare i paesi riceventi quanto e forse più della Grecia. Leggi tutto


      Nello Gradirà: Affondare il barcone... del neoliberismo

      senzasoste

      Affondare il barcone... del neoliberismo

      Nello Gradirà

      Le migrazioni forzate sono una conseguenza della globalizzazione, si può invertire la tendenza solo con un grande “Piano Marshall” per il sud del mondo. Il numero di persone che vivono in un paese diverso da quello di nascita continua a crescere: dai 76 milioni del 1965 siamo passati ai 132 milioni del 1998. Proviamo a descrivere i principali fattori degli attuali flussi migratori

       

      Alle origini della schiavitù del debito

      L’aumento dei tassi d’interesse deciso dagli Stati Uniti a seguito della seconda crisi petrolifera (1979) mandò in rovina quasi tutti i paesi “in via di sviluppo”, che nei decenni precedenti avevano maturato un debito piuttosto ingente, come i paesi africani che subito dopo la conquista dell’indipendenza (anni ’50-’60) avevano chiesto prestiti per costruire infrastrutture e sistemi di welfare. Con l’aumento dei tassi gli importi da restituire ai creditori schizzarono alle stelle, mentre con l’affermarsi del neoliberismo si riducevano sensibilmente gli aiuti ufficiali allo sviluppo, considerati una deleteria forma di assistenzialismo. Per poter pagare gli interessi molti paesi ricorsero a nuovi prestiti, che le istituzioni finanziarie internazionali (Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) concessero in cambio dei famigerati “aggiustamenti strutturali”: privatizzazioni, liberalizzazioni, taglio della spesa pubblica. I già fragili sistemi di welfare furono rasi al suolo, con l’inevitabile conseguenza di una catastrofe umanitaria senza precedenti (in quegli anni esplodeva la pandemia di Aids). L’assenza dei servizi fondamentali, come l’acqua potabile, la sanità o l’istruzione, fa sì che oggi nei paesi poveri tre persone su quattro muoiano prima dei 50 anni. In Africa il 55% della popolazione femminile è analfabeta. Tra il 1970 e il 2012 l’ammontare complessivo del debito estero dei paesi africani e mediorientali si è moltiplicato per 73, ed è stata già pagata 145 volte la somma inizialmente dovuta. Leggi tutto


      Aldo Giannuli: Il Pd perde la sfida dei comuni, ma la notizia peggiore per Renzi è un’altra

      aldogiannuli

      Il Pd perde la sfida dei comuni, ma la notizia peggiore per Renzi è un’altra

      Aldo Giannuli

      In sintesi, 7 a 4 per il centrodestra: Lecco, Macerata, Mantova e Trani al centrosinistra; Venezia, Arezzo, Chieti, Fermo, Matera, Nuoro, Rovigo al centro destra. Considerando che sui centri maggiori (Venezia, Arezzo, Mantova) la partita si schiude 2 a 1 per il centro destra, che il Pd aveva il sindaco uscente candidato in diverse di località, che la scommessa principale era Venezia e che Arezzo è antico feudo della sinistra, direi che non c’è dubbio che si tratti di una sconfitta secca. Ma questa non è neppure la notizia peggiore per Renzi.

      Date un’occhiata a questi conti: nella colonna di sinistra troverete i voti in cifra assoluta in più o in meno ottenuti dai candidati del centro sinistra fra primo e secondo turno, in quella di destra troverete le differenze di quelli di centro destra sempre fra primo e secondo turno

      Venezia: + 1.540 | + 19.615
      Arezzo: – 867 | + 3.258
      Chieti: + 1.188 | + 1.457
      Fermo – 289 | + 5.812
      Lecco + 1.425 | + 2.535
      Macerata – 121 | + 1.882
      Mantova +531 | + 598
      Matera – 1.532 | + 2.518
      Nuoro -955 | + 6.263
      Rovigo + 266 | + 5.634
      Trani – 1.193 | – 195 Leggi tutto


      Alessandra Daniele: Final Destination

      carmilla

      Final Destination

      di Alessandra Daniele

      Col PD balcanizzato, sconfitto, e preso con le mani nel Sacco di Roma, quel governo che a troppi era parso invincibile è adesso pateticamente appeso ai ricatti di Alfano, e ai comodi di Verdini. Cioè ai fuorusciti, più o meno autorizzati, di Berlusconi.
      Chi l’avrebbe mai detto? Beh, io per esempio. Fin dal’inizio.

      Oggi in Italia Renzi conta sempre meno.
      In Europa invece non è mai contato un cazzo.
      Da anni l’Italia chiede all’Europa maggiore flessibilità dei vincoli di bilancio, e gestione condivisa dei flussi migratori. Le risposte che ha ricevuto fin’ora sono state chiare:
      Flessibilità? Scordatevela.
      Immigrazione? Cazzi vostri.

      Leggi tutto

      Etienne Balibar: Democrazia fine corsa: la Grecia, l’Europa e noi

      tysm

      Democrazia fine corsa: la Grecia, l’Europa e noi

      Intervista a Etienne Balibar

      L’intervista, rilasciata ad Atene da Etienne Balibar il 4-5-2015, è stata pubblicata originariamente dalla rivista Grèce Hebdo La redazione di TYSM ringrazia sia Etienne Balibar che la rivista per le autorizzazioni a tradurre e pubblicare. La traduzione è di Alessandro Simoncini

      grecia A metà del 2012 lei ha dichiarato: “siamo tutti greci, siamo tutti europei”, e ha affermato che la distruzione della Grecia susciterebbe quella dell’Europa nel suo insieme. A che punto siamo oggi?

      Innanzitutto, non sono il solo a dire questo. Si tratta di una formula utilizzata da un gran numero di intellettuali interni alla sinistra, nella quale vi sono divergenze di giudizio molto profonde sulla questione dell’Europa. Verosimilmente, nella situazione attuale queste divergenze si sono aggravate. La questione non si limita al fatto che occorra un’Europa unita, ma ci impone di sapere qual è il rapporto tra la sopravvivenza dell’Europa e la salvezza del popolo greco. Dal canto mio, mantengo una posizione per la quale questa sopravvivenza e questa salvezza non vadano affatto da sé. Penso che l’avvenire della Grecia sia nell’Europa, non un’Europa qualsiasi ma un’Europa che bisogna costruire. O, per dirla in modo più negativo, penso che l’espulsione, l’uscita della Grecia dall’Europa avrebbe delle conseguenze molto gravi per la Grecia stessa. Mi sembra di intendere che questo sia il punto di vista della maggioranza del popolo greco, ma non è necessariamente il punto di vista di tutti i greci. Leggi tutto


      Luca Illetterati: La realtà. Hegel oggi

      paroleecose

      La realtà. Hegel oggi

      Alberto Gaiani intervista Luca Illetterati

      Hegel portrait by
                        Schlesinger 1831Wirklichkeit è una delle parole tedesche che significano realtà ed è una delle parole-chiave della filosofia di Hegel. Su questo concetto si terrà dal 3 al 5 giugno a Padova un importante convegno internazionale. Vi parteciperanno, tra gli altri, studiosi della filosofia classica tedesca del calibro di Robert Pippin, Jean-François Kervégan, Birgit Sandkaulen. Ne abbiamo parlato con Luca Illetterati, che, con Francesca Menegoni, è l’organizzatore del convegno.

       

      Sembra che Hegel sia tornato, se non al centro della scena, perlomeno sulla scena. Siamo di fronte a un neo-neoidealismo? A una Hegel-Renaissance in senso generale?

      Non credo si possa parlare di una Hegel-Renaissance. Tanto meno di un neo-neoidealismo (che rimane comunque, soprattutto nella sua versione gentiliana, per quanto sostanzialmente non studiato, l’apice della filosofia italiana degli ultimi centocinquant’anni). C’è però indubbiamente a livello internazionale una rinascita di interesse nei confronti della filosofia di Hegel. Molto è dovuto ai cosiddetti neohegeliani di Pittsburgh, John McDowell e Robert Brandom, che hanno ‘usato’ Hegel all’interno di dibattiti e contesti tradizionalmente ostili o indifferenti nei confronti della filosofia dell’idealismo tedesco. Al di là di questo è però interessante che in varie parti del mondo siano attivi in questo momento progetti di ricerca che connettono la filosofia di Hegel alle dinamiche del mondo contemporaneo. Leggi tutto


      ilsimplicissimus: Da bullo, a guappo, a ricattatore: la carriera del meno peggio

      ilsimplicissimus

      Da bullo, a guappo, a ricattatore: la carriera del meno peggio

      di ilsimplicissimus

      Si sa che certe carriere sono scontate e prevedono passaggi obbligati: se ti imponi come bullo di periferia spalleggiato da zuccotti e cappucci una volta arrivato al centro grazie a un prestito finanziario non potrai che fare il guappo e fatalmente diventerai anche un ricattatore dei più spregevoli perché, senza freni inibitori, la tua natura prende il sopravvento. Così non deve affatto stupire che Renzi, frustrato per le difficoltà di far passare la sua buona scuola, che è buona come una dose di stupefacente liberista tagliata male, adesso metta la sua spadina di Brenno sulla bilancia e minacci di non assumere i precari qualora il piano non passi.

      Si tratta di una vera e propria estorsione perché l’assunzione moralmente dovuta dei precari non c’entra assolutamente nulla col penoso, intellettualmente miserabile e pasticciato piano di privatizzazione della scuola pubblica. E questo dovrebbe fare riflettere tutti i fedeli del culto del Meno Peggio, il dio maligno che ci sovrasta da decenni e che ci sta  punendo con le piaghe d’Egitto: la battuta di arresto che il renzismo ha subito alle elezioni amministrative non solo non ha portato il premier ad assumere atteggiamenti più dialoganti, ma anzi ne ha accresciuto la tracontanza fino appunto al ricatto.

      Del resto i suoi mandanti non sono gli elettori, ma altri poteri non elettivi e la sua legittimità derivante da un Parlamento nominato con metodi dichiarati anticostituzionali: non deve rispondere ai cittadini ma a chi lo ha ingaggiato nella parte di premier. Per questo il presunto meno peggio cercherà di dare il peggio di sé prima di affrontare le urne che in un modo o nell’altro lo cacceranno o ancor prima un nuovo e intollerabile inasprimento della crisi: distruggere la Costituzione, privatizzare il privatizzabile, mettere in mora la sanità pubblica, eliminare ogni tutela sul lavoro e l’idea stessa dei diritti. In una parola ipotecare il futuro del Paese. Leggi tutto


      Claudio Conti: La Germania si prepara a sganciarsi dall'Unione Europea

      contropiano2

      La Germania si prepara a sganciarsi dall'Unione Europea

      Claudio Conti

      Le regole che non funzionano si cambiano. Questa semplice considerazione è stata rifiutata per oltre cinque anni dai vertici dell'Unione Europea e soprattutto dal suo nucleo centrale, la Germania guidata dal duo Merkel-Schaeuble. Ora, davanti alla sempre più concreta possibilità che la trattativa con la Grecia di Syriza si chiuda con un pessimo compromesso (pessimo per entrambe le controparti) oppure con un default (che implicherebbe comunque perdite considerevoli per “i creditori”, ossia Ue, Bce e Fmi), l'inamovible inflessibilità teutonica sta per partorire un cambiamento delle regole.Naturalmente a proprio esclusivo vantaggio.

      Ci dice infatti un giornale molto attento ai meccanismi finanziari europei come IlSole24Ore, che

      Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha incaricato esperti di elaborare un piano che consenta in futuro a un paese dell’Eurozona di avviare una procedura di ristrutturazione ordinaria del debito, in caso di default, che gli consenta di evitare l’uscita dall’euro. Lo rivela il giornale tedesco Der Spiegel senza citare fonti.

      Meglio tardi che mai, potrebbe pensare un ottimista disinformato. In realtà

      Sulla scorta dell’esperienza greca, il nuovo meccanismo limiterebbe gli aiuti di stato e farebbe ricadere gli oneri del fallimento sulle spalle degli investitori e dei detentori di bond governativi. L’idea di Schaeuble, secondo Der Spiegel, è quella di evitare che «paesi con finanze pubbliche sane siano vulnerabili ai ricatti dei paesi bisognosi». Al nuovo meccanismo lavorano sui tecnici del ministero delle Finanze che esperti esterni. L’ipotesi Schaueble consisterebbe quindi in una modalità per limitare gli aiuti da parte degli Stati, gettando il peso sui detentori di obbligazioni del Paese in questione.

      Leggi tutto


      Toni Negri: Egemonia: Gramsci, Togliatti, Laclau

      euronomade

      Egemonia: Gramsci, Togliatti, Laclau

      di Toni Negri

      (la conferenza che pubblichiamo è stata tenuta alla Maison de l’Amerique Latine, a Parigi, il 27 maggio 2015)

      corrente
                    realismo magico cagnaccio
                    da san pietroIl discorso di Laclau rappresenta per me una variante neo-kantiana di quello che si potrebbe definire socialismo post-sovietico. Già ai tempi della Seconda Internazionale il neo-kantismo funzionò come approccio critico nei confronti del marxismo: il marxismo non fu considerato come il nemico, ma quell’approccio critico aveva tentato di assoggettarlo e, in certo modo, di neutralizzarlo. L’attacco fu portato contro il realismo politico e l’ontologia della lotta di classe. La mediazione epistemologica consistette, allora, a questo uso e a questo abuso del trascendentalismo kantiano. Mutatis mutandis, tale mi sembra anche, se ci si pone in epoca post-sovietica, la linea di pensiero di Laclau, considerata nel suo movimento. Sia chiaro – qui non si discute di revisionismo in generale, talora utile, talora indigesto. Si discute dello sforzo teorico e politico di Laclau in età post-sovietica a confronto con la contemporaneità.

       Partiamo da un primo punto. La moltitudine caratterizza le società contemporanee – ci dice Laclau – ma la moltitudine non conosce determinazioni ontologiche e tantomeno – oggi – regole che possano presiedere alla propria composizione. Solo dall’esterno (pur rispettandone la natura) sarà possibile ricomporre la moltitudine. L’operazione è quella kantiana dell’intelletto che si confronta con la “cosa in sé”, inconoscibile altrimenti che col suggello della “forma”. L’operazione è quella della sintesi trascendentale.

      È possibile e desiderabile che eterogenee soggettività sociali organizzino se stesse spontaneamente o debbono piuttosto essere organizzate? La domanda è consueta e sta alla base del criticismo. A questa questione Laclau risponde che oggi non c’è alcun attore sociale per sé, “classe universale” (com’era definita marxianamente la classe operaia), e neppure un soggetto semplicemente prodotto dalla spontaneità sociale, da una self-organization che potrebbe pretendere egemonia. Leggi tutto

       

      I più letti degli ultimitre mesi

      tonino

      unread,
      Jun 29, 2015, 4:21:20 PM6/29/15
      to sante gorini

      Lelio Demichelis: Il modello-panopticon. Dalla Nsa al Jobs Act

      micromega

      Il modello-panopticon. Dalla Nsa al Jobs Act

      di Lelio Demichelis

      panopticon 2 510Controllo, sempre e comunque. Al crescere della complessità dei sistemi – siano essi sociali, industriali o virtuali – cresce in parallelo la necessità del controllo. E più i mezzi tecnici lo permettono, più cresce il controllo, la sua facilità, la sua inevitabilità, la sua accettazione sociale.

       

      Anche gli uomini sono ‘impianti produttivi’

      Prima notizia. Nei decreti attuativi del Jobs Act il governo ha allargato le maglie dello spionaggio aziendale, permettendo di controllare tutte le informazioni raccolte tramite cellulari, smartphone, tablet e portatili in dotazione ai dipendenti. Superando (modernizzando?) quello Statuto dei lavoratori che risale alla preistoria tecnologica (era il 1970) – quando il controllo era più difficile e soprattutto era più visibile – mentre oggi l’innovazione (innovazione?) tecnologica permette di fare ciò che allora era impensabile (e vietato).

      Dati raccolti via rete che potranno essere utilizzati ‘per ogni fine connesso al rapporto di lavoro’, anche se la foglia di fico è: ‘purché sia data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli sia sempre nel rispetto del codice della privacy’. Ovvero, informazione al singolo ma non al gruppo o al sindacato (dove la difesa degli interessi e della privacy sarebbe più forte), nella ulteriore individualizzazione dei rapporti non solo di lavoro ma anche di sorveglianza.

      Leggi tutto

      ilsimplicissimus: Complottando un po’

      ilsimplicissimus

      Complottando un po’

      di ilsimplicissimus

      0036Non passa giorno che qualche voce intelligente o ottusa non si levi contro il cosiddetto complottismo, che con lo sviluppo della rete è passato dai discorsi da bar o dalle conventicole degli adepti, a vero e proprio filone informativo. Ultimamente ci è messo anche Umberto Eco a restituire con un po’ di ritardo, come è testimoniato dal suo nome, il rullo dei tamburi che proviene dalla “buona informazione” ufficiale.  Cosa sorprendente per chi abbia avuto la ventura con qualche accenno di “s” di seguire i suoi corsi nei quali decretava che i mezzi di comunicazione di massa, ovvero giornali e televisioni non potevano fare cultura in nessun caso, mentre adesso gli stessi veicoli di informazione sono diventati misura di verità e dunque anche di formazione.

      Comunque sia  la polemica contro le “balle”non è rivolta verso questa o quella tesi inconsistente, ma genericamente contro l’atteggiamento “paranoico” e spia di “disadattamento sociale ” di chi sostiene tesi alternative senza alcuna prova o sulla base di semplici indizi o ancora più spesso in base ad atteggiamenti fideistici, ma senza minimamente verificare la consistenza delle tesi accreditate dal potere, né di operare distinzioni tra chi per esempio sostiene di essere un portavoce degli alieni o di aver scoperto che i templari governano il mondo o di chi non crede che sia stato solo Oswald a sparare a Kennedy, circostanza che fra l’altro diede vita per la prima volta all’espressione teoria del complotto.

      Leggi tutto

      Stefano G. Azzarà: Che gender di sinistra?

      mat storico

      Che gender di sinistra?

      Stefano G. Azzarà

      Che la sinistra - che pure sulle questioni di genere e sulla sessualità ha maturato una riflessione ultradecennale nella quale sono presenti posizioni anche molto diverse e difficilmente confondibili - si sia impastoiata con le proprie gambe in una polemica su una fantomatica "ideologia gender", scatenata in ambienti culturali precisi in un momento preciso con finalità politiche precise, è già di per sé indice di grave subalternità culturale e di irresistibile coazione a seguire la linea altrui pur di dimostrare di esistere ancora.

      Anche con le migliori intenzioni, il solo fatto di prendere posizione accettando questi termini del discorso è un errore, a prescindere dalle tesi che vengono difese.

      Che poi però qualcuno pretenda addirittura di richiamarsi a Marx e all'analisi marxiana del modo di produzione per schierarsi contro un presunto piano segreto di omogeneizzazione sessuale, con l'argomento che questo piano sarebbe coerente con un ammodernamento dei rapporti sociali capitalistici (nel senso di un rafforzamento delle tendenze consumeristiche tramite costruzione di forme di identità ibride artificiali) è grottesco. Sulla base di questo modo di ragionare, avremmo dovuto difendere l'istituto della schiavitù o della servitù della gleba contro la congiura del lavoro salariato, perché l'emergere di questa nuova forma di lavoro, con la scusa di emancipare il servo, consentiva in realtà il decollo del modo di produzione capitalistico segnando il tramonto di quel mondo di intensa felicità che era il medioevo... Leggi tutto


      Giuseppe Masala: Una Nemesi greca per la Trojka

      zeroconsensus

      Una Nemesi greca per la Trojka

      di Giuseppe Masala

      Lascia veramente sconcertati la proposta fatta dalla ex Trojka alla Grecia per ottenere l’ultima rata da 7,2 miliardi di finanziamento. Da un lato il bastone dell’aumento dell’IVA sui beni primari e del taglio delle pensioni (ormai spesso ridotte ad un minimo di 200 euro e unica fonte di reddito familiare) e dall’altro lato mette sotto il naso la carota di un possibile taglio del debito pregresso, peraltro senza fare alcuna quantificazione.

      Chiunque (a parte chi è in assoluta malafede) comprende che un aumento ulteriore dell’Iva e un ulteriore taglio delle pensioni precipiterà la Grecia in un’altra forte recessione con il risultato di rendere l’ipotetico e non quantificato  taglio del debito perfettamente inutile: la contrazione del Pil lascerebbe insostenibile il debito anche se tagliato.

      A che gioco giocano dunque le istituzioni creditrici? Semplice, fanno con la Grecia il medesimo, collaudatissimo, gioco fato negli ultimi cinquanta anni in Africa e in Sud America: usano il debito come leva di controllo sociale e politico tarpando le ali a qualunque possibilità di sviluppo dei paesi debitori e in definitiva li si pone nella condizione sostanziale di colonia che non ha alcuna possibilità di porre in essere una politica economica autonoma. Leggi tutto


      Enrico Galavotti: L'origine del linguaggio e il socialismo scientifico

      homolaicus

      L'origine del linguaggio e il socialismo scientifico

      Enrico Galavotti

      32911562 535e
                    4a35 8dbb
                    233672ca3c11Spesso non ci si rende ben conto che, per quanto riguarda l'essere umano, non è di alcuna importanza sapere quando si è passati, sul piano del linguaggio, dai primi suoni, emessi in maniera simile alle scimmie, alle frasi di senso compiuto. Nessuno di noi si ricorda quando, da neonato, emetteva i primi vagiti. Non ci ricordiamo neppure quando balbettavamo frasi inarticolate.

      Per gli esseri umani il linguaggio comincia a diventare davvero significativo quando le parole vengono memorizzate per il loro significato. In questa maniera infatti ci diventa possibile procedere alla loro rielaborazione. Il linguaggio non è che un uso intelligente delle parole. È uno strumento in più. Non si diventa più capaci di parlare quanto più ci si ricorda di tutta l'evoluzione del nostro dire.

      Più ancestrale del linguaggio è la sensibilità. Vi è umanità semplicemente là dove esiste sensibilità. Un cerebroleso resta comunque una persona "sensibile" e non ci sogneremmo neanche lontanamente di eliminarlo, come facevano i nazisti coi loro disabili.

      Il linguaggio può dare un significato razionale alla nostra sensibilità, può cioè renderla consapevole di sé, ma non ne aumenta la fisicità, la realtà corporea. La sensibilità può essere aumentata, cioè approfondita ed estesa, soltanto da se stessa. Leggi tutto


      Frances Coppola: Mario Draghi e il Santo Graal

      vocidallestero

      Mario Draghi e il Santo Graal

      di Frances Coppola

      In questo articolo di Frances Coppola, il Santo Graal di Mario Draghi è l’euro, la moneta unica per cui interi popoli sono pronti a sacrificarsi in nome della redenzione dalla loro condizione. Perché la moneta non è solo fatto economico, ma sociale, storico e identitario, e l’euro è stato vissuto dai paesi periferici come biglietto per il club dell’Europa ricca e come promessa di prosperità. Ma l’euro, sostiene la Coppola, non ha radici nella storia e nella cultura europea, è una moneta unica fasulla fondata sulla menzogna: sostiene di promuovere l’unità europea, ma è impostata per creare e mantenere frammentazione e diffidenza; sostiene di preservare la sovranità, ma per garantire la propria sopravvivenza richiede ai suoi Stati membri di cedere il controllo delle loro economie e, sempre più, delle loro politiche; sostiene di portare prosperità, ma la sua eredità è la depressione. L’euro non sopravviverà, ma prima di crollare dovrà essere spogliato di tutta la sua lucentezza fasulla, e nel modo in cui viene trattata la Grecia dalle “istituzioni” ne stiamo vedendo le prime avvisaglie.

      mario
                      draghi 6 634683 tnIn risposta ad un commento sul mio recente post su Target2 e ELA, ho detto questo:

      Non ci sono “euro greci” o “euro tedeschi”. Ci sono solo euro europei. Quindi la BCE non scambia euro greci e tedeschi alla pari. Entrambi i paesi stanno usando la stessa moneta, che è prodotta dall’Eurosistema. Le Banche Centrali Nazionali non sono enti autonomi, fanno parte dell’Eurosistema. Non creano le proprie valute: insieme, creano la moneta unica.

      Ecco come funziona una moneta unica. Se ci sono più “banche centrali” all’interno di un’area a moneta unica – come ce ne sono ad esempio negli Stati Uniti – esse non emettono le proprie valute. La Federal Reserve di St. Louis non emette dollari di St. Louis. Produce dollari degli Stati Uniti. Come fa la Fed di Minneapolis, e la Fed di New York, e la Fed di Atlanta, e così via. Le dodici banche della Federal Reserve producono collettivamente una sola valuta, il dollaro USA.

      Quindi la persona che ha sostenuto che gli euro greci e quelli tedeschi sono scambiati alla pari dalla BCE, che è il prezzo sbagliato, è nel torto, no?

      Se l’euro fosse davvero una moneta unica, sarebbe nel torto. E questo era l’assunto dal quale partivo nella mia risposta.

      Ma a pensarci bene, qualcosa non quadra del tutto. La struttura dell’Eurosistema non è quella di una moneta unica. Nessun’altra area monetaria ha “banche centrali” individuali per ciascuno dei suoi stati membri. Leggi tutto


      Clash City Workers: Jobs Act: la fine del diritto del lavoro in Italia

      clashcityw

      Jobs Act: la fine del diritto del lavoro in Italia

      di Clash City Workers

      imageax1Cosa sia e a cosa serva il Jobs Act lo abbiamo detto e ridetto: è la misura che più caratterizza e più è stata voluta dal Governo Renzi, attraverso cui vengono ridefiniti i rapporti tra padroni e lavoratori italiani, sancendo la totale subordinazione dei primi ai secondi.

      Gli ultimi decreti attuativi della legge delega di Dicembre, di cui tanto si sta parlando in questi giorni, lo dimostrano definitivamente: dopo essere intervenuto nella fase di accensione del rapporto di lavoro attraverso il decreto del 2014, aumentando la “flessibilità in entrata”, cioè la possibilità per i padroni di assumere come meglio credono; dopo aver aumentato quella “in uscita”, intervento nella fase di chiusura del rapporto di lavoro eliminando l'articolo 18 e rendendo possibile il licenziamento senza giusta causa a Marzo di quest'anno; ora questi ultimi decreti attuativi intervengono nel rapporto di lavoro stesso nell'ambito della cosiddetta “flessibilità funzionale”, rendendo possibile il demansionamento e il controllo a distanza del lavoratore. In questo quadro essere flessibili significa quindi essere alla totale mercé del padrone e a poco servono le rassicurazioni del Governo e della stampa allineata sul rispetto della privacy del lavoratore o sul fatto che in vari casi dovrà essere chiesto previamente il consenso al lavoratore stesso: come ha spiegato bene l'avvocato del lavoro Giovanni De Francesco ai microfoni di Corrispondenze Operaie, a fronte di sempre meno tutele e sempre più grandi ricatti queste formalità sono solo chiacchiere. Leggi tutto


      Riccardo Achilli: Sull’enciclica Laudato Sì

      linterferenza

      Sull’enciclica Laudato Si

      Riccardo Achilli

      Lo dico con tutto il rispetto e l’umiltà. Bergoglio è un Papa straordinario, lascerà un’impronta storica nella Chiesa, è un vero innovatore, sia dal punto di vista organizzativo che teologico. Ha riconnesso con la società, con altre confessioni religiose, con le pulsioni di giustizia del grande bacino sofferente dell’umanità povera, persino con il pensiero scientifico e razionalistico (l’abbandono del miracolismo è un fatto di enorme importanza intellettuale; chissà, forse un giorno la Chiesa arriverà ad ammettere che la saga dell’uomo che camminava sulle acque e resuscitava i morti va intesa in senso metaforico e simbolico, e non letterale, come tutti i grandi miti religiosi dell’umanità). Ha scosso una Chiesa che appariva chiusa, sulla difensiva, reazionaria, in crisi di vocazioni. Chapeau.

      La sua enciclica, e direi anche il suo esempio di pontificato ed il suo modello umano ne fanno un grande alleato di chi, da varie posizioni,cerca di recuperare spazi per una maggiore giustizia sociale, un maggiore ruolo del lavoro rispetto al capitale, specie quello finanziario, modelli di sviluppo più equilibrati sotto tutti i punti di vista.

      Detto questo, evidentemente il pensiero sociale espresso da Bergoglio, fatto di decrescismo, tradizionalismo sociale, mondialismo politico, che male intende il rapporto fra lavoro e innovazione tecnologica, non può essere la base per la ricostruzione di un pensiero socialista moderno, che al più può trovarvi punti di contatto e di interlocuzione, ed una base comune che aspira a modelli più equilibrati, umani e giusti. Più di tanto la Chiesa ufficiale non può spingersi, ed è già tantissimo, perché quello dell’enciclica di Francesco è comunque un pensiero più profondo sul futuro dell’uomo e del mondo rispetto al liberalsocialismo, ed anche rispetto all’ecologismo compatibile con i modelli di sviluppo capitalistico. Leggi tutto


      Walter Tocci: Scuola: uno, nessuno e centomila

      walter tocci

      Scuola: uno, nessuno e centomila

      di Walter Tocci

      Non credete alle notizie tendenziose che si leggono sulla scuola nei principali giornali. A poche ore dal confronto decisivo in Senato è necessario fare chiarezza sul disegno di legge. Le principali mistificazioni sono cinque.

      1. Assunzioni – E’ l’argomento più devastato dalla disinformazione. Intanto i posti disponibili non sono 100 mila ma circa 150 mila, come d’altronde ammise lo stesso governo nel documento iniziale della buona scuola. Ci sarebbero quindi la capienza e i soldi per assorbire già quest’anno quasi tutte le graduatorie a esaurimento, gli idonei e una parte degli abilitati, completando poi l’operazione con il piano poliennale.

      Si poteva dare una risposta ai precari prima della “buona scuola”, come si fece guarda caso nei confronti degli imprenditori con il decreto Poletti approvato prima del Jobs Act. I fondi stanziati nella legge di stabilità consentivano di approvare già a gennaio una legge di poche righe per chiamare i nuovi insegnanti. Anche senza la legge bisognava comunque coprire 44 mila posti, anzi sarebbe un’omissione di atti d’ufficio non assumere nessuno. Le procedure dovevano essere attivate con largo anticipo, e invece si faranno le nomine in affanno ad agosto. Il governo rischia il caos all’inizio dell’anno scolastico per utilizzare i centomila come arma di pressione nell’approvazione di una legge sbagliata. Leggi tutto


      Patrick Boylan: Record di rifugiati nel mondo: chiediamoci perché

      peacelink

      Record di rifugiati nel mondo: chiediamoci perché

      Patrick Boylan

      20517
                    a41836Azzeccato lo spot che l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha diffuso oggi, 20 giugno, per la Giornata Mondiale del Rifugiato. Denuncia il record assoluto di sfollati nel mondo verificatosi nel 2014 – sono stati costretti ad abbandonare casa 60 milioni di persone, equivalente all'intera popolazione dell'Italia – e quella cifra potrebbe essere addirittura superata quest'anno. Davanti a questa impennata vertiginosa, mai vista prima, il video lancia allo spettatore un invito pressante: “Chiediti perché.”

      Noi della Redazione di PeaceLink ci siamo chiesti perché – peraltro, è da tempo che ce lo chiediamo – ed ecco le nostre risposte. Sono due. Una individua una causa push (ciò che spinge un soggetto ad andar via dal proprio paese, suo malgrado). L'altra, che sarà oggetto di un successivo editoriale, individua una causa pull (ciò che noi facciamo, pur lamentandoci dei nuovi arrivi sulle nostre coste, per farli arrivare comunque).

      Né l'una né l'altra di queste due cause hanno a che fare con le spiegazioni razziste o comunque autoassolventi che circolano oggi con sempre maggiore insistenza, grazie anche ad una certa stampa e a certi ambienti politici demagogici. Leggi tutto


      Amina Crisma: Fine della rivoluzione e tramonto dell’Occidente

      inchiesta

      Fine della rivoluzione e tramonto dell’Occidente

      A chi andrà il Mandato Celeste?

      Amina Crisma*

      Paolo
                    ProdiLa storia dell’Occidente è stata incessantemente animata dalla capacità di immaginare e di progettare un mondo diverso dal presente, ci ricorda Paolo Prodi ne Il tramonto della rivoluzione (ed. Il Mulino 2015), ma tale capacità di visione e di progetto appare oggi perduta: quale futuro ci attende senza quella tensione trasformatrice?

       

      1.Il tramonto della rivoluzione e il declino dell’Occidente.

      “Libertà è poter immaginare un nuovo inizio”: tornano in mente le parole di Hannah Arendt, leggendo Il tramonto della rivoluzione di Paolo Prodi (Il Mulino 2015), che sarà presentato insieme all’autore da Massimo Cacciari a Bologna, allo Stabat Mater dell’Archiginnasio giovedì 18 giugno alle 17,30.

      Il libro ci propone una limpida riflessione su un tema che troppo spesso viene eluso, e che invece ci riguarda tutti, e da vicino:

      “Il mito della rivoluzione è finito. Ma l’Europa, l’Occidente sono nati e cresciuti come “rivoluzione permanente”, cioè come capacità nel corso dei secoli di progettare una società alternativa rispetto a quella presente: ora questa capacità di progettare un futuro diverso sembra essere venuta meno. (…) Credo che l’innegabile declino dell’Europa non possa essere compreso soltanto sul piano geopolitico o geoeconomico (…) ma debba essere spiegato con il venir meno della capacità rivoluzionaria dell’Europa nelle sue coordinate antropologiche di fondo”.

      Leggi tutto


      Alberto Ziparo: Megabus, arriva la mobilità insostenibile

      manifesto

      Megabus, arriva la mobilità insostenibile

      Alberto Ziparo

      La nuova frontiera del low cost. Tariffe basse per viaggiare nelle principali città. Ma con l'incremento del trasporto su gomma a perderci sarà l'ambiente

      Adesso c’è un’alternativa per chi trova l’Alta Velo­cità Torino-Milano-Roma troppo costosa: arri­vano i mega­bus. L’omonima com­pa­gnia, ope­rante già da oltre un decen­nio in Usa e in Nord Europa, avvia infatti la sua atti­vità nel cen­tro­nord del nostro paese, con auto­mezzi che tra­spor­tano un cen­ti­naio di per­sone, un prezzo low cost di 15 euro a tratta e tempi poco meno che doppi rispetto a quelli della AV. Ma con un incon­ve­niente non da poco per le infra­strut­ture e l’ecologia del Bel­paese: lo sdo­ga­na­mento, pure incen­ti­vato ed isti­tu­zio­na­liz­zato, dell’incremento del traf­fico col­let­tivo su gomma; con tanti saluti ai pro­blemi di inqui­na­mento e con­ge­stione connessi.

      Esulta — insieme al governo — l’Associazione Nazio­nale Auto­tra­sporto Viag­gia­tori, che auspica addi­rit­tura una forte cre­scita del com­parto; sistema che invece, secondo l’ultimo Piano Gene­rale Nazio­nale della Mobi­lità e dei Tra­sporti (2001, ormai pre­i­sto­ria), doveva essere addi­rit­tura ridi­men­sio­nato fino all’abbandono.

      Col­pi­sce su que­sti temi (come su molto altro) l’insipienza e l’ignoranza del governo, sod­di­sfatto; che non perde occa­sione per mostrare la pro­pria inca­pa­cità e mio­pia poli­tica, non solo sui temi ter­ri­to­riali ed infra­strut­tu­rali, ma in gene­rale su qual­si­vo­glia capa­cità di espri­mere uno strac­cio di pro­gram­ma­zione inno­va­tiva ed orien­tata ai pro­blemi reali. Leggi tutto


      Aldo Giannuli: Ucraina: la vera sostanza del conflitto

      aldogiannuli

      Ucraina: la vera sostanza del conflitto

      di Aldo Giannuli

      La crisi ucraina rischia di precipitare da un momento all’altro, ma nessun parlamento nazionale della Ue ha fatto un’ampia discussione assembleare sul tema, i mass media europei non dedicano alla questione alcuno spazio straordinario (come  l’eccezionalità del momento vorrebbe) e l’opinione pubblica europea considera la crisi ucraina come “altro da sé”, una guerra che riguarda altri e che non c’è pericolo che coinvolga anche l’Europa. C’è bisogno di reagire a questo assurdo torpore e di richiamare l’opinione pubblica europea alla consapevolezza della gravità del momento. Anche per questo ho firmato l’appello No Guerra No Nato.

      Già dai primissimi dell’anno sono circolate voci per le quali, fra giugno e luglio, la crisi ucraina dovrebbe avere un brusco peggioramento. Le accuse di preparare un’offensiva devastante sono rimbalzate dai due lati della barricata e non sono mancati segnali come l’omicidio Nemtsov o la momentanea scomparsa di scena di Putin, subito riemerso per dire, con aria normalissima, che un anno prima aveva meditato di usare l’atomica in caso di attacco alla Crimea.

      Poi le cose sono andate di male in peggio, salvo la visita a Mosca di Kerry l’11 maggio, che ha dischiuso per un attimo l’uscio alla speranza di un accordo.

      Due giorni prima, iI 9 maggio, una grandiosa parata si è svolta sotto le mura rosse del Cremlino, per celebrare la vittoria sul nazismo, ma anche per lanciare un avviso all’occidente. Sul palco, a fianco di Putin c’era Xi Jinping ed altri importanti esponenti di paesi asiatici e latino americani; insieme ai russi, hanno sfilato reparti cinesi, indiani, venezuelani, cubani in pieno assetto di combattimento. Un segnale che va molto oltre la celebrazione dell’anniversario e che lascia intendere che Mosca non è isolata. Leggi tutto


      Nicola Perugini: Cose che ho notato leggendo “Il Califfato del terrore” di Maurizio Molinari

      lavoro culturale

      Cose che ho notato leggendo “Il Califfato del terrore” di Maurizio Molinari

      di Nicola Perugini

      Questo è davvero un libro che “tutti dovremmo leggere” come suggerisce Roberto Saviano nella fascetta pubblicitaria che avvolge il libro?

      Califfo sito
                    800x540La scorsa settimana ho comprato il Il Califfato del terrore. Perché lo Stato Islamico minaccia l’Occidente (Rizzoli, 2015) di Maurizio Molinari e ho notato alcune strane cose.

      Apro a pagina 36 e 37, e trovo uno “scalino” nello stile di scrittura. Mi è sembrato di sentire abbastanza chiaramente la traduzione letterale da un’altra lingua. Molinari introduce la sezione “La rinascita del Califfato”, in cui spiega ai lettori religione e cultura islamica, con le seguenti parole:

      L’Islam afferma di essere una religione universale, in grado di coprire ogni aspetto della vita quotidiana, e dunque ha come obiettivo ultimo uno Stato Islamico. Questa idea politica è parte integrante del concetto di ‘umma’, secondo il quale tutti i musulmani, ovunque risiedano, sono legati da una fede che trascende i confini geografici, politici, nazionali. Tale legame è la fedeltà ad Allah e al profeta Maometto. Poiché i musulmani credono che Allah abbia rivelato tutte le leggi concernenti questioni religiose e laiche attraverso il Profeta, l’intera umma è governata dalla sharia, la legge divina, applicabile in ogni tempo e luogo perché anch’essa trascende i confini.

      Déja vu. Apro le pagine 16 e 17 del libro Rise of ISIS (un best seller del New York Times) di Jay Sekulow — se ne avete voglia, fate una ricerca in rete per vedere chi è Sekulow, magari se ne riparla in una prossima puntata — e trovo le stesse identiche parole, in inglese: Leggi tutto


      Carlo Formenti: La rete dall’utopia al mercato

      alfabeta

      La rete dall’utopia al mercato

      di Carlo Formenti

      0Fare i conti con la Rete vuol dire addentrarsi su un terreno scivoloso, dove i limiti della cassetta degli attrezzi dell’autore di turno vengono impietosamente evidenziati. Non sfugge alla regola il saggio di Benedetto Vecchi, La Rete dall’utopia al mercato (manifestolibri - ecommons, 2015). Vecchi non affronta di petto il tema annunciato dal titolo, ma tenta di farlo emergere progressivamente, costruendo un mosaico fatto di decine di tessere, ognuna delle quali prende in esame le idee di uno dei tanti autori che si sono occupati di Internet dagli anni Novanta a oggi. Evitando di seguirlo su questo terreno, mi concentrerò sui nodi fondamentali del suo discorso e, per agevolare il compito al lettore, anticipo il punto di vista da cui prende le mosse la mia analisi critica: le tesi postoperaiste – campo teorico nel quale si inscrive il contributo di Vecchi – scontano, fra le altre, tre evidenti aporie associate alla nostalgia nei confronti di altrettanti “paradisi perduti”.

      Il primo lutto è ascrivibile alla perdita delle speranze – stroncate dall’uso capitalistico dell’innovazione digitale – che l’utopia hacker aveva suscitato fra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni del Duemila. Leggi tutto



      I più letti degli ultimi tre mesi

        tonino

        unread,
        Jul 3, 2015, 6:01:54 PM7/3/15
        to sante gorini

        L.Del Savio e M.Mameli: Dove sbaglia Habermas

        micromega

        Dove sbaglia Habermas

        di Lorenzo Del Savio e Matteo Mameli

        Il filosofo e politologo Jürgen Habermas sostiene, come molti altri, che l’Unione Europea soffra di un deficit di legittimità democratica. È una banalità, e come tale è vera. Occorre però intendersi su cosa questo significhi. Habermas ritiene che alla moneta comune non corrisponda un forte e integrato governo comune legittimato da un forte e integrato parlamento dei popoli europei. E ritiene che tale istituzioni risolverebbero il deficit democratico dell’UE. Si sbaglia. In un contesto come quello attuale, una ricetta come la sua servirebbe solo a dare legittimità a un sistema che è solo formalmente e superficialmente democratico.

        Il recente articolo – pubblicato in italiano da Repubblica – in cui Habermas dà la sua interpretazione del negoziato tra il governo greco e la troika (i creditori) è interessante. Nella versione integrale, di cui Repubblica ha purtroppo tradotto solo alcuni pezzi, Habermas dice che Syriza ha il merito di aver ripoliticizzato la discussione sul debito, che era stata colpevolmente lasciata in mano ai tecnocrati. Allo stesso tempo però Habermas accusa Syriza di scarsa competenza, di aggrapparsi a una visione etno-centrica della solidarietà, e di non aver fatto alleanze più larghe.

        In Europa, le larghe intese sono servite e servono a fare ciò che vuole la troika: è per questo che Syriza, almeno finora, le ha rifiutate. E gli appelli di Syriza alla solidarietà nazionale non sono xenofobi, ma nascono semplicemente dal fatto che le istituzioni europee hanno isolato la Grecia, trasformando un conflitto tra oligarchie e gente comune in un conflitto tra stati. L’accusa di etno-centrismo (di nazionalismo miope e xenofobia) è un’accusa con cui molto furbamente i governanti europei – promotori di un internazionalismo che va tutto a favore delle élite economiche, finanziarie e politiche – stigmatizzano gli oppositori. Habermas, purtroppo, fa il loro gioco.

        Leggi tutto

        Aldo Giannuli: Raffica di attentati Isis: che sta succedendo?

        aldogiannuli

        Raffica di attentati Isis: che sta succedendo?

        di Aldo Giannuli

        Al momento le notizie sono scarne e possiamo riassumerle così:

        a- raffica di tre attentati contemporanei (nei pressi di Lione, a Sousse in Tunisia ed in Kwuait)

        b- rivendicazione Isis per Sousse, e drappo Isis lasciato sul posto nell’attentato francese, mentre per ora nulla per il Kwait

        c- appello di due giorni fa dell’Isis a moltiplicare gli attentati in occasione del Ramadan
        cui dobbiamo aggiungere due eventi contemporanei:

        d- perdita della città di Derna capitale delle forze filo Isis in Libia

        e- nuova offensiva Isis contro Kobane in Kudistan.

        Ovviamente la coincidenza fra i tre attentati non può essere casuale ed è chiaro che si tratta di azioni coordinate. La prontezza con cui hanno fatto seguito all’appello per il Ramadan fa capire che ci sono cellule pronte ad agire e con piani già predisposti, che si sono immediatamente attivate appena è partito l’ordine. E’ ragionevole ipotizzare che possano seguire altri attentati a catena nei prossimi giorni.

        Nessuno di questi attentati ha avuto caratteri particolarmente spettacolari o una gravità paragonabili all’11 settembre o alla strage di Atocha, ma l’effetto mediatico è garantito dalla simultaneità delle azioni, che lascia capire le dimensioni internazionali della rete di appoggio all’Isis. Anzi, a questo punto è lecito prendere in considerazione l’ipotesi che possa essere intervenuto un accordo con Al Quaeda per azioni congiunte.

        Leggi tutto

        Pierluigi Fagan: Quando il futuro determina il presente

        pierluigifagan

        Quando il futuro determina il presente

        Riflessioni sul panico da complessità

        di Pierluigi Fagan

        viaggi spazio temporaliFacendo alcuni esperimenti in riferimento alla teoria della meccanica quantistica, alcuni dati sembrano dire che il futuro pre-determini il presente, cioè il passato. In questi giorni imperversa in rete i risultati di uno di questi esperimenti, fatto sulla la cosiddetta “scelta ritardata” di J. A. Wheeler. La cosa affascina come affascinano molte cose di questo luna park quantistico in cui fisica e metafisca collassano l’una nell’altra creando a ripetizione punti interrogativi di cui la nostra logica non trova soluzione. La dissonanza logico-cognitiva della mq è piacevole ma vi sono forme di dissonanza cognitiva meno piacevoli anche se basate sullo stesso principio del futuro come causa del presente. Anche qui ci sono “scelte ritardate” ma al punto da non scegliere più o scegliere di non scegliere.

        L’Espresso annuncia una nuova epidemia comportamentale, che ha un brand esotico: hikikomori. Un made in Japan per il fenomeno di giovani che rifiutano la socialità e si chiudono in una stanza, defezionano dal presente probabilmente perché vengono atterriti dalla visione o dall’impedimento ad una visione, del futuro. La cecità della speranza, l’occlusione del futuro, retroagisce sul presente ed i portatori di questa posizione esistenziale, reagiscono alla privazione di futuro auto-privandosi del presente. Scelgono di non scegliere.

        Leggi tutto

        Lorenzo Mainini: Uber, la rendita e Marx

        euronomade

        Uber, la rendita e Marx

        di Lorenzo Mainini

        25958 11 06 uber story south58f“Se automobile definisce ciò che si muove da solo, allora la produzione di auto-mobili salariati, ovvero di lavoratori che si attivano da soli al servizio dell’organizzazione capitalistica, è incontestabilmente il maggior successo dell’impresa (…) neoliberista”1. Attraverso una simile metafora Frédéric Lordon prova a spiegare in che modo l’introduzione d’una dimensione ‘desiderante’ nel rapporto produttivo capitale/lavoro tenda a schiacciare, sempre di più, il desiderio del lavoratore sul desiderio del capitale. Il discorso pubblico incentrato sullo slancio ‘imprenditoriale’, sull’immagine del lavoro come ‘realizzazione di sé’ e del lavoratore come ‘imprenditore di se stesso’, servirebbe infatti ad attivare il lavoratore nella realizzazione d’un desiderio che in realtà non è il suo, ma quello dell’impresa; un desiderio che non è più l’incrocio dei bisogni sociali, ma a cui, tuttavia, il lavoratore è chiamato ad aderire perché sarà solo desiderando (ovvero lavorando per) quel desiderio altrui che accederà al denaro – il salario – in quanto medium per la ‘realizzazione di sé’ – tendenzialmente attraverso il consumo.

        La metafora d’ “auto-mobili salariati che si attivano da soli al servizio dell’organizzazione capitalistica” rischia tuttavia di non essere una semplice metafora.

        Leggi tutto

        Elisabetta Teghil: “Pover* e povertà”

        coordinamenta

        “Pover* e povertà”

        Elisabetta Teghil

        Nella tradizione cristiana che tanta parte ha avuto nella storia dell’Europa e di questo paese, la chiesa rifacendosi alla frase riportata nel vangelo, quella che dice “è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che un ricco vada in paradiso”, ha prestato molta attenzione ai poveri assolvendo, però, un ruolo di assopimento della loro voglia di lotta e della loro capacità di riscatto con una cultura che teorizzava che le povere e  i poveri avrebbero avuto il premio per le pene e le miserie di questa vita in quella dopo la morte.

        Non solo, ma facendo proprie le teorie di Tommaso d’Aquino secondo cui ci si salva attraverso le opere, invitava i ricchi e i potenti a fare elemosina per guadagnare il paradiso. Così il cerchio era chiuso, i poveri accettavano la loro condizione e i ricchi e i potenti si mettevano a posto la coscienza.

        Il tutto veniva fatto rientrare nell’ordine naturale delle cose.

        La rivoluzione d’ottobre ha scompaginato questa impostazione quando il comunismo si è fatto potere. Attese millenaristiche e catartiche c’erano sempre state, ma la novità rappresentata dalla rivoluzione bolscevica è stata enorme, queste attese, per dirla come la chiesa cattolica, si sono fatte carne e sangue.

        La condizione delle classi subalterne entra prepotentemente nello scenario della storia e della politica.

        Leggi tutto

        Guido Liguori: A sinistra del Pd un nuovo inizio

        manifesto

        A sinistra del Pd un nuovo inizio

        Guido Liguori

        Coalizione in movimento. Soggetto plurale, saldamente collegato all’Europa di Syriza, Linke e Podemos. Con una «tavola dei valori» sui temi fondamentali, ma soprattutto una «fusione a caldo» delle diverse anime. Con un orizzonte che non sia elettorale

        Sem­bra si sia final­mente giunti alla sia pur fati­cosa gesta­zione di un nuovo sog­getto uni­ta­rio della sini­stra. È un tema ine­lu­di­bile, non più rin­via­bile. Le recenti ele­zioni regio­nali hanno infatti visto due vin­ci­tori: nell’area di cen­tro­de­stra la Lega, nell’area di cen­tro­si­ni­stra il non voto.

        È ragio­ne­vole pen­sare che il Pd ren­ziano sia imbri­gliato in con­trad­di­zioni desti­nate a durare, vista la linea poli­tica del pre­mier e il suo blocco sociale di rife­ri­mento. Oggi le paga soprat­tutto in ter­mini di asten­sio­ni­smo, poi­ché le forze che si muo­vono alla sua sini­stra non sono state ancora in grado di ren­dersi visi­bili al paese. Che non è fatto – chia­ria­molo una volta per tutte – di mili­tanti capaci di spac­care il capello in quat­tro, o di avidi let­tori di gior­nali e social net­work, ma di per­sone «in carne e ossa», più che mai alle prese con pro­blemi mate­riali note­voli e con alle spalle un deserto plu­ri­de­cen­nale in ter­mini di cul­tura poli­tica, che ha tolto loro la pos­si­bi­lità di leg­gere la realtà mediante occhiali in grado di fon­dere inte­ressi, pas­sioni, progetti.

        La sini­stra a sini­stra del Pd fino a ora non cre­sce. E come potrebbe? Appare da anni divisa e ris­sosa, piena di per­so­na­li­smi. In ogni ele­zione si pre­senta in ordine sparso (addi­rit­tura, nelle ultime ele­zioni, in alcune regioni in alleanza e in altre in alter­na­tiva al Pd), con sigle sem­pre dif­fe­renti, local­mente con nomi diversi, rico­no­sci­bili solo per un pic­colo gruppo di mili­tanti «irri­du­ci­bili». Ma ciò che può avere un senso per i mili­tanti, non lo ha auto­ma­ti­ca­mente a livello elet­to­rale, a livello di grandi numeri. Qui, ci piac­cia o no, val­gono altre leggi: più sem­plici, solo in appa­renza più facili, forse più rozze.

        Leggi tutto

        Adrian Johnston: Punti di libertà forzata. (Ancora) undici tesi sul materialismo

        ilrasoiodioccam

        Punti di libertà forzata. (Ancora) undici tesi sul materialismo

        Adrian Johnston

        Nella discussione filosofica odierna sulla configurazione del materialismo e sulle sue possibili combinazioni occorre soffermarsi anche sulla proposta di un “materialismo trascendentale”, recentemente avanzata da Adrian Johnston. Qui presentiamo, introdotta dai suoi curatori, la traduzione del suo “manifesto”

        i301099Adrian Johnston rappresenta uno degli autori più letti e discussi all’interno del dibattito della teoria critica. Le sue linee di ricerca convergono sulla definizione di ciò che egli chiama materialismo trascendentale. Si tratta di una cornice filosofica che combina un’ontologia materialista, contraddistinta da una forte apertura verso le scienze naturali, e una teoria della soggettività che ne mantiene la complessità e l’autonomia. In questa direzione assume un ruolo preminente il confronto con autori quali Žižek, Lacan, Badiou, Meillassoux.

        L’articolo che presentiamo è stato pubblicato per la prima volta nel 2013 in "Speculations: A Journal of Speculative Realism", ed esemplifica con chiarezza le ambizioni e gli snodi appena presentati.

        (Diego Ferrante e Marco Piasentier)

         

        I

        Ogni materialismo degno di questo nome deve prevedere elementi provenienti dal naturalismo e dall’empirismo.

        Leggi tutto

        Quarantotto: Le cause e gli effetti della crisi

        orizzonte48

        Le cause e gli effetti della crisi

        La Corte Costituzionale li scambia e si arrende al più €uropa

        Quarantotto

        state calmi e soltanto dissonanza cognitiva1. Sulla sentenza della Corte costituzionale che rimuove il blocco alla contrattazione nel pubblico impiego, - senza però ammettere una tutela ripristinatoria del diritto costituzionale violato, nei normali termini della restituzione retroagente al momento di prima applicazione della norma illegittima-, si stanno già versando fiumi di inchiostro.

        Persino un quotidiano on line piuttosto conservatore - e che prevalentemente dà voce a chi ritiene che i sindacati siano il male in Italia e che la deflazione salariale (cioè intaccare il deprecato "costo del lavoro") sia la invariabile panacea di ogni male italiano - si accorge che ormai l'art.81 Cost, quello che recepisce il fiscal compact, diviene un principio superiore a cui devono piegarsi tutti gli altri contenuti nella Costituzione.

         

        2. Il problema è che pare invece che non se ne sia accorta la Corte. Perchè, se se ne fosse accorta, dovremmo presumere che si renderebbe altrettanto conto del fatto che, in precedenza e anche molto di recente, essa stessa aveva affermato che (sentenza n.284 dell'ottobre 2014):

        Leggi tutto

        Redazione Contropiano: L'Eurogruppo caccia la Grecia e cerca il "piano B"

        contropiano2

        L'Eurogruppo caccia la Grecia e cerca il "piano B"

        Redazione Contropiano

        Benvenuti in “terra incognita”. Le facce stravolte di Jeroen Dijsselbloem e degli altri componenti dell'Eurogruppo (i ministri delle finanze della zona euro) ieri sera la dicevano molto più del comunicato finale. Firmato da 18 ministri, ma non dal greco Yanis Varoufakis. Ad Atene, nello stesso momento, Alexis Tsipras riuniva il governo per discutere delle misure d'emergenza da prendere prima che i mercati e le banche riaprano, lunedì mattina.

        Il Parlamento di Atene ha approvato la proposta del governo a proprosito del referendum con con 179 sì e 120 no. Contrari i conservatori di Samas e gli “europeisti complici” di To Potami e Pasok. Da sottolineare il taglio del discorso con cui il premier greco ha presentato il referendum, usando le stesse parole con cui la Grecia rifiutò “l'offerta” di Mussolini nel 1940: "Amiamo la pace, ma quando ci dichiarano guerra siamo capaci di combattere e vincere". 

        Il riferimento è tutt'altro che secondario, nella storia e nella memoria collettiva dei greci. Ogni 28 ottobre il paese celebra il "Giorno del No" per ricordare il 28 ottobre 1940, quando l'ambasciatore fascista italiano ad Atene (tal Emanuele Grazzi) presentò l'ultimatum per intimare di lasciare libero accesso alle forze dell'Asse. Il primo ministro d'allora, Ioannis Metaxas, rispose usando una sola parola: "No". Quella Grecia antifascista è dunque esplicitamente chiamata a compattarsi contro il nuovo "invasore", anche se usa i mezzi finanziari inece che i carri armati.

        Leggi tutto

        Alessandra Daniele: B come Bullshitter

        carmilla

        B come Bullshitter

        di Alessandra Daniele

        Com’era facile immaginare, la reazione di Renzi alla sconfitta è stata completamente berlusconiana.
        Ha dato la colpa alla sinistra per non averlo lasciato lavorare.
        S’è rammaricato di non essere stato abbastanza arrogante e accentratore. Di non aver piazzato abbastanza dei suoi incompetenti galoppini nei posti di potere del partito.
        Ha annunciato l’abolizione delle primarie.
        S’è lamentato d’un deficit di comunicazione. Poi s’è esibito per un’ora da Vespa in istrioniche autocelebrazioni, e stizzose minacce trasversali.
        Non ha ammesso nessuno dei suoi veri errori.
        Non ha riconosciuto nessuna delle reali cause della sconfitta, a cominciare dall’ennesima Deforma della Scuola.
        Ha parlato di se stesso in terza persona.
        Plurale.
        Non ci sono due Renzi. Ce n’è uno solo. Un cazzaro.
        E in questo modo non vincerà mai più.
        In appena un paio d’anni, Renzi ha già raggiunto il terzo stadio del berlusconismo. Il suo tessuto degenera ad una velocità persino superiore al previsto.

        Leggi tutto

        Giorgio Paolucci: Epoca del computer e lavoratori

        ist onoratodamen

        Epoca del computer e lavoratori

        Limiti e prospettive del conflitto sociale

        di Giorgio Paolucci

        bordo e muratori del computer 36525933Introduzione

        Secondo le previsioni di tutte le più importanti istituzioni economiche mondiali il 2014 doveva esser l’anno della svolta e avrebbe dovuto far registrare una generalizzata ripresa dell’economia mondiale.

        I dati più recenti dicono invece che non solo non vi è stata inversione di tendenza ma che ormai la crisi ha investito anche aree, come quelle dei paesi emergenti, che in fatto di crescita sembravano destinate a frantumare ogni record e che rallenta perfino la fabbrica del mondo, la Cina. Anche negli stati Uniti, dove pure negli ultimi anni il Pil è cresciuto di qualche punto, come ha recentemente riconosciuto anche l’attuale presidente della Fed, Janet Yallen, la situazione è tutt’altro che brillante: “Il tasso di disoccupazione rimane significativamente al di sopra di quello che la maggior parte dei membri della Federal Reserve considerano normale nel lungo periodo, e le risorse sono sottoutilizzate… Il ritmo lento dell'aumento dei salari riflette le difficoltà del mercato del lavoro"[1].

        Alcuni economisti, fra cui Larry Summers, ex ministro del tesoro durante la presidenza Clinton, e il premio Nobel Paul R. Krugman, riprendendo una tesi avanzata già negli anni trenta da Alvin Hanse, Gunnar Myrdal e John Maynard Keynes, di fronte a questi dati hanno formulato la tesi della stagnazione secolare, la cui causa sarebbe una strutturale insufficienza della domanda aggregata conseguente al calo della natalità nei paesi economicamente più sviluppati.

        Leggi tutto

        Lorenzo Battisti: La Finlandia vira verso destra. Divisa tra Russia e Nato

        marxxxi

        La Finlandia vira verso destra. Divisa tra Russia e Nato

        di Lorenzo Battisti

        d72f597a44293ea36801e5b3474bd1d8Dopo oltre un mese e mezzo dalle elezioni, si è formato il nuovo governo finlandese. Come mostra questa lunga attesa, dopo la Svezia [1] anche la Finlandia è entrata in un periodo di instabilità politica. Tagli allo stato sociale, riduzione dei salari e le relazioni con la Nato e con la Russia saranno i temi centrali dei prossimi mesi.

         

        Un altro paese scandinavo vira a destra

        Le elezioni di aprile hanno infranto nuovamente la distorta visione, ancora prevalente nel senso comune del nostro paese, di una Scandinavia socialdemocratica, civile, accogliente e neutrale.

        Da un punto di vista economico, la Finlandia sta attraversando una fase estremamente difficile, paragonabile per gravità a quella del nostro paese. Il Pil finlandese arretra ormai dal 2011, con un crollo degli investimenti (dovuto sia al settore industriale che alle costruzioni) e una bilancia commerciale ormai costantemente in negativo. La disoccupazione ha ormai superato il 10% (con l'aumento contemporaneo di lavori part time e precari), mentre il debito delle famiglie aumenta. La Nokia, principale società finlandese, protagonista della rinascita del paese dopo la crisi del 92-95, sembra aver seguito una via simile a quella della nostra Fiat: tuttora formalmente indipendente, è ormai sotto il controllo degli americani di Microsoft, tramite una serie di accordi e compartecipazioni che nascondono una vendita di fatto.

        Leggi tutto

        Sebastiano Isaia: Qualche considerazione critica sull'enciclica francescana

        sebastianoisaia

        Qualche considerazione critica sull'enciclica francescana

        Sebastiano Isaia

        Papa2«Ciao vecchio Marx, è arrivato Francesco»: così titolava l’altro ieri l’articolo di fondo del Garantista; ovviamente il «vecchio Marx» non ha nulla a che fare, nemmeno in forma mediata, né con il giornale diretto da Piero Sansonetti, né col Papa né con i papisti di “sinistra”. Come si evince con solare chiarezza anche dai passi che seguono: «Oggi abbiamo scelto per aprire il giornale un titolo un po’ giocoso: “Ciao Marx, è arrivato Francesco”. Che però non è solo giocoso. Vogliamo dire questo: oggi il papa assume su di sé, sulla chiesa cattolica, sul mondo cattolico, il compito di dare guerra all’ingiustizia sociale, ai danni culturali e di coscienza provocati dal mercato inteso non come strumento dell’economia – da limitare, da governare attraverso la democrazia e la politica – ma come sistema di pensiero, anzi di pensiero unico, e come insieme di valori» (P. Sansonetti). Già concepire il mercato, nella sua connotazione “positiva”, «come strumento dell’economia» (capitalistica!), e non come espressione e sostanza di rapporti sociali di dominio e di sfruttamento, significa affermare quella concezione feticistica e apologetica del Capitalismo contro cui Marx non smise mai di polemizzare e ironizzare. Il fatto che si continui a tirare inopinatamente la barba del comunista di Treviri per coinvolgerlo nel salvataggio del Capitalismo dalle sue stesse contraddizioni, secondo la moda progressista di questi tempi, la dice lunga sulla cultura politica di ex, neo e post “comunisti”. Piuttosto, questi signori dovrebbero chiamare in causa il filosofo della miseria, quel «signor Proudhon» che «è dalla testa ai piedi filosofo ed economista della piccola borghesia» (Marx).

        Leggi tutto

        Dante Barontini: Grecia. Il cavallo della democrazia

        contropiano2

        Grecia. Il cavallo della democrazia

        Dante Barontini

        Nell'orgia di titoli che accompagna la notizia del referendum ellenico sui diktat della Troika uno – parto delle fervide menti di Repubblica - ci ha colpito davvero molto: L'ira delle cancellerie: "Tsipras ha tradito tutti".

        Si tradisce, in genere, la propria parte. Il traditore è quello che vende gli amici, la causa comune, il popolo, al nemico in cambio di soldi, potere o semplicemente della vita. L'unico tradimento che Tsipras avrebbe potuto commettere sarebbe stata una firma sotto un accordo che avrebbe messo ancora di più la vita dei greci in mano a quattro criminali che se ne fottono ampiamente dei propri popoli e rendono conto unicamente “ai mercati” e al capitale multinazionale.

        Al contrario di loro, Tsipras è un “delegato” inviato a fare un negoziato, con un mandato chiaro per quanto impossibile da realizzare (restare nell'euro e nell'Unione Europea, ma mettendo fine all'austerità). Quando ha dovuto ammettere il tramonto delle proprie speranze di ”riformare” l'Unione Europea, o quantomeno di ammorbidirne le politiche distruttive, ne ha tratto l'unica conseguenza logica: andare avanti o no su questa strada è una scelta che coinvolge tutto il popolo e il popolo va dunque chiamato a decidere.

        Qualcuno accusa Tsipras di aver fatto "la mossa del cavallo", come un consumato giocatore di scacchi. Ma il "cavallo" su cui è salito è anche l'unico essere dotato di vita in questo gioco. E' il cavallo della sovranità popolare - non nazionale - che decide liberamente di sé.

        Leggi tutto

        Francesca Coin: Occupy Troika

        minima&moralia

        Occupy Troika

        di Francesca Coin

        A prendere l’iniziativa è stato un gruppo di attivisti, accademici e sindacalisti irlandesi chiamato Greek Solidarity Committee che, complice la centralità del negoziato greco nel dibattito irlandese, qualche ora fa ha occupato gli uffici dell’Unione Europea a Dublino per dare un segnale chiaro di solidarietà europea dal basso alla Grecia. L’azione arriva in un momento cruciale dei negoziati e per una volta la stampa nazionale e internazionale ne sta dando notizia.

        Quello che sta avvenendo in queste ore a Bruxelles non è un normale negoziato.

        Paul Krugman ha fugato ogni dubbio con un articolo di qualche ora fa sul New York Times nel quale poneva una domanda secca alle istituzioni europee: “ma cosa si credono di fare”? Krugman si riferisce alla giornata di negoziati di ieri nella quale la proposta greca alle istituzioni è stata rifiutata. A causare l’indignazione del Nobel dell’Economia sono state in particolare le cause di tale rifiuto in netto antagonismo con le priorità espresse dalle stesse istituzioni nel corso degli scorsi cinque mesi. La proposta presentata ieri dal Governo greco alle istituzioni, da molti definita una sorta di programma d’austerità di sinistra, descriveva, infatti, un compromesso che con difficoltà andava incontro alle richieste dei creditori senza gravare troppo sui redditi bassi e medi. Un compromesso lontano, dunque, dal programma iniziale di Syriza, che tuttavia si faceva carico di ridurre la distanza con le richieste dei creditori nel tentativo di uscire da un’impasse durata diversi mesi e di consentire alla Grecia di fare ciò che il Governo greco ha sin dall’inizio tentato di fare: liquidare i creditori e proteggere le fasce deboli della popolazione senza esacerbare una situazione di agonia sociale già esasperata. Ed è qui che l’articolo di Krugman si fa impietoso. “Non siamo al liceo”, scrive il Nobel. “E ora sono i creditori, ben più che i greci, a cambiare le regole del gioco. Che cosa stanno facendo? Intendono spaccare Syriza? Intendono forzare la Grecia verso un disastroso default?”

        Leggi tutto

         

        I più letti degli ultimi tre mesi

        tonino

        unread,
        Jul 9, 2015, 3:00:53 AM7/9/15
        to sante gorini

        Giulietto Chiesa: Note fredde sul prossimo referendum greco

        megachip

        Note fredde sul prossimo referendum greco

        di Giulietto Chiesa

        In caso di vittoria al referendum, la battaglia non è finita. Invece comincia. Sono in gioco interessi enormi e i maggiordomi saranno feroci

        (risposta a una lettera del signor Barone che qui riproduco in parte)

        [...] Se il governo greco avesse accettato le condizioni poste dai burattinai della finanza mondiale si sarebbe rischiata la rivoluzione ma un simile artifizio non solo stoppa la reazione sul nascere ma anche se qualche fazione si arrischiasse a sollevarsi ne giustificherebbe anche la repressione. L'uscita della Grecia dall'euro innescherebbe dei meccanismi che metterebbero a rischio l'attuale status quo politico europeo e forse l'esistenza stessa della Nato, una cosa del genere non puo' essere affidata, da chi gestisce davvero il potere, all'esito incerto di un referendum senza trucchi. Signor Chiesa, che ne pensa?

        Caro Barone, rispondo a lei per cercare un po' di chiarezza nel mare di congetture che sta dilagando. 
        Innanzitutto starei cauto nel valutare la situazione. 

        Syriza è andata al governo con il 37% dei voti. Non con il 95%. Tant'è che ha dovuto fare coalizione con un partito di destra per formare un governo. Leggi tutto


        Aldo Giannuli: Grecia: il gioco che si profila

        aldogiannuli

        Grecia: il gioco che si profila

        di Aldo Giannuli

        Quella che si apre, in questa settimana, è una partita a scacchi a mosse obbligate per entrambi i contendenti. E’ evidente che Tsipras ha bisogno di una squillante vittoria dei No all’accordo. Se vincessero i si a lui non resterebbe che dimettersi, la troika avrebbe vinto e i partiti di centro cercherebbero di fare una coalizione “europeista” (magari con una scissione fra i deputati di Syriza) per un governo di servizio (di servizio alla Merkel, naturalmente).

        Per Syriza sarebbe una disfatta e per la Grecia inizierebbe un calvario ancora peggiore di quello attuale, perché il referendum legittimerebbe qualsiasi misura, anche la più aberrante. Magari non da subito, anzi la Troika potrebbe mostrarsi inizialmente più comprensiva con un governo “moderato” e fare anche qualche regalino, magari sino a novembre, giusto il tempo di far affondare (o addomesticare) Podemos, ma dopo sarebbe un crescendo, sino all’inevitabile default.

        Si capisce quindi, l’apertura della Merkel (che tiene d’occhio anche lo slittamento di Atene in campo sino-russo) alla Grecia, ma non al suo governo attuale e il rinvio della questione a dopo il referendum. Questa sarà la campagna elettorale della Troika e, per essa, della Merkel: sbarazzatevi di Tsipras e Varoufiakis e ragioniamo. Leggi tutto


        Mauro Poggi: Varoufakis, la questione democratica e un problema di leadership

        mauropoggi

        Varoufakis, la questione democratica e un problema di leadership

        di Mauro Poggi

        Sul suo blog, Yanis Varoufakis commenta  il suo intervento all’ultima riunione dell’Eurogruppo (mie le enfasi e le parentesi quadre):

        La riunione Eurogruppo del 27/6/2015 non sarà un evento nella storia dell’Europa di cui andare fieri. I Ministri hanno rifiutato la richiesta del Governo greco di garantire ai cittadini ellenici una settimana [di dilazione] durante la quale essi potessero esprimere il loro Sì o No alle proposte delle Istituzioni [Troika], proposte cruciali per il futuro della Grecia nell’Eurozona. 

        La sola idea che che il Governo consulti i propri cittadini su un tema così critico ha suscitato incomprensione, ed è stata trattata con uno sdegno che rasentava il disprezzo.

        Mi è stato persino chiesto: “Come può aspettarsi che la gente comune possa capire problemi così complessi?

        Davvero non è stato un momento felice per la democrazia la riunione dell’Eurogruppo di ieri! Ma nemmeno lo è stato per le Istituzioni europee. Dopo aver rifiutato la nostra richiesta, il Presidente dell’Eurogruppo [l’olandese Jeroen Dijsselbloem] è venuto meno alla convenzione che richiede l’unanimità e rilasciato una dichiarazione [a nome dell’Eurogruppo] senza il mio consenso. Ha persino preso la dubbia decisione di convocare un successivo incontro senza il Ministro greco, ostentatamente per discutere “i prossimi passi”.

        Leggi tutto

        E.Brancaccio e M.Gallegati: Referendum in Grecia: le responsabilità dei “creditori”G

        brancaccio

        Referendum in Grecia: le responsabilità dei “creditori”

        di Emiliano Brancaccio e Mauro Gallegati*

        Le istituzioni europee, il governo tedesco e i suoi alleati (Italia inclusa) hanno tirato la corda, avanzando una proposta ancor più stringente e sbilanciata a favore dei ceti ricchi

        Il fallimento della trattativa sul debito greco è stato causato soprattutto dal comportamento dei cosiddetti “creditori”, vale a dire le istituzioni europee, il Fondo monetario internazionale, il governo tedesco e i suoi principali alleati. Tra il 2010 e il 2014 i governi greci hanno applicato le ricette della Troika. La pressione fiscale è cresciuta di 5 punti percentuali rispetto al Pil, la spesa pubblica è diminuita di un quarto e i salari monetari sono caduti di 20 punti percentuali. Le conseguenze di questa politica sono state disastrose: la domanda, la produzione, l’occupazione e i redditi dei greci hanno fatto registrare un crollo senza precedenti in tempi di pace, il miglioramento del saldo estero è dipeso quasi esclusivamente dalla caduta delle importazioni e il rapporto tra debito pubblico e reddito nazionale è aumentato di 30 punti. L’applicazione della dottrina dell’austerity, dunque, ha affossato l’economia greca molto più di quanto le tolemaiche istituzioni europee e il FMI avessero previsto e non ha affatto contribuito a risanare i conti, come anni di evidenza empirica avevano dimostrato. Ciononostante, Alexis Tispras si era impegnato, pochi giorni fa, a restringere ulteriormente il disavanzo di bilancio pubblico e a ridurre la spesa per le pensioni. Svariati economisti avevano sollevato dubbi sulla sua bozza d’intesa, ritenendola in sostanziale continuità con la perniciosa logica dell’austerity e potenzialmente in grado di dar luogo a una nuova recessione. Promuovendola, Tispras oltretutto era ben consapevole di rischiare una frattura interna al suo partito e una perdita di consenso in Parlamento. Leggi tutto


        Vladimiro Giacchè: “L'Europa destabilizzata dal potere di ricatto dei creditori”

        micromega

        “L'Europa destabilizzata dal potere di ricatto dei creditori”

        Marta Fana intervista Vladimiro Giacchè

        renzi merkel 510 2 7 2015Le ultime vicende sulla crisi greca hanno mostrato come un governo democratico, fedele al suo mandato elettorale, possa mettere in discussione la governance europea, rigida su regole punitive che nulla hanno a che fare con la virtuosità dei paesi dell’eurozona. Il fallimento più grande è proprio l’architettura della UE e dei suoi Trattati, che negano la possibilità di agire su obiettivi realmente strutturali, come l’occupazione, la capacità produttiva e i redditi. In questo contesto, la moneta unica è uno strumento di potere funzionale ad interessi altri, quali la stabilità dei prezzi e delle banche.

        Se è vero che bisogna rimettere in discussione regole e obiettivi europei, allo stesso tempo è necessario capire in quali tempi queste modifiche possono intervenire. Più i tempi sono lunghi più è inevitabile che anche la moneta unica possa essere rimessa in discussione, in quanto strumento di potere.

        Ne parliamo con Vladimiro Giacché, economista e Presidente del Centro Europa Ricerche.

        Leggi tutto

        Franco Berardi Bifo: Non si è ancora fatta sera

        alfabeta

        Non si è ancora fatta sera

        Franco Berardi Bifo

        denaro soldi euroL’Europa è unita come lo fu nel 1941

        Il futuro dell’Unione europea è iscritto nell’esito del referendum che Alexis Tsipras è stato costretto a convocare per il 5 luglio, ma comunque vada questo referendum, - che vinca improbabilmente il no al ricatto e all’umiliazione, o che vinca dolorosamente il sì al ricatto e all’umiliazione, - il futuro d’Europa è segnato. Finirà nel sangue, dopo un lungo periodo di miseria e umiliazione. La Jugoslavia del 1993 su scala continentale: questo è ciò che ha prodotto l’arroganza finanziaria, questa è la vendetta del Fondo Monetario Internazionale.

        Ne La questione della colpa (Die Schuldfrage), un testo del 1946, Karl Jaspers, il filosofo tedesco che viene considerato uno dei padri dell’esistenzialismo, distingue il carattere "metafisico" della colpa da quello “storico”, per ricordare che se ci siamo liberati del nazismo come evento storico, ancora non ci siamo liberati da ciò "che ha reso possibile" il nazismo, e precisamente la dipendenza della volontà e dell’azione individuale dalla potenza ingovernabile della tecnica, o meglio della catena di automatismi che la tecnica iscrive nella vita sociale.

        Leggi tutto

        Jacques Sapir: Tirannia europea?

        vocidallestero

        Tirannia europea?

        di Jacques Sapir

        Il prof. Jacques Sapir si pronuncia in maniera come sempre molto chiara sull’atto di forza da parte delle istituzioni UE, che in occasione della crisi greca si sono ormai inoltrate in una deriva in cui la posta in gioco non è più il debito, ma i principi della democrazia e della sovranità nazionale

        euro cappioAlexis Tsipras aveva deciso di indire un referendum il 5 luglio, per chiedere al popolo sovrano di decidere sulla diversità di posizioni che lo contrappone ai creditori della Grecia. Aveva preso questa decisione in seguito alle minacce, le pressioni e gli ultimatum che aveva dovuto affrontare durante gli ultimi giorni di trattative con la cosiddetta “troika” – la Banca centrale europea, la Commissione europea e il Fondo Monetario Internazionale. In tal modo, con un gesto che può essere qualificato come “gollista”, ha deliberatamente riportato nell’arena politica un negoziato che i partner della “troika” volevano mantenere nell’ambito tecnico e contabile. Questo gesto ha provocato una reazione dell’Eurogruppo di estrema gravità. Siamo in presenza di un vero e proprio abuso di potere che è stato commesso nel pomeriggio di questo 27 giugno, quando l’Eurogruppo ha deciso di tenere una riunione senza la Grecia. Quello che è in gioco ora non è solo la questione del futuro economico della Grecia. E’ la questione dell’Unione europea, e della tirannia della Commissione e del Consiglio, che è stata posta apertamente.

         

        La dichiarazione di Alexis Tsipras

        Il testo della dichiarazione fatta da Alexis Tsipras la notte dal 26-27 giugno sulla televisione di stato greca (ERT), da questo punto di vista è molto chiara:

        Leggi tutto

        Militant: Un no per la libertà

        militant

        Un no per la libertà

        Militant

        Un anno fa, nel giugno del 2014, organizzavamo la prima e ancora unica manifestazione “di sinistra” contro l’Unione europea in Italia. Una manifestazione che non fu un successo numerico, in questo sfavorita sia dalla data (un sabato di fine giugno), sia dal contesto (l’assenza ormai cronica di manifestazioni di massa in questo paese), sia – soprattutto – dall’incomprensione di fondo che suscitava la lotta alla Ue. Il deposito ideologico sedimentato dal sistema mediatico e culturale mainstream sovrappone ancora oggi, sembra incredibile a dirsi vista la degenerazione della questione europeista, il concetto di Europa con quello di Unione europea. Lottare contro una determinata costruzione economico-politico-ideologica, la Ue, equivale, per il sistema politico-mediatico e nella forma mentis dell’approccio alla questione, a lottare contro l’Europa, cioè contro il contesto geografico di riferimento. Una evidente assurdità, che però l’assenza di ragionamento ha portato alla tautologia deformante. Non c’è Europa senza Unione europea. Fuori dalla Ue ci sarebbe solo Isis e “putinismo”, il ritorno allo stato di natura e ovviamente il fallimento economico. Andateglielo a spiegare agli svizzeri, o ai serbi, gli albanesi, i norvegesi, i croati, eccetera. Ovviamente, il primo passo verso l’homo homini lupus sarebbe l’uscita dall’euro, catastrofe geologica paragonabile all’estinzione dei dinosauri. In effetti non possiamo dire che inglesi e polacchi, danesi e norvegesi, cechi, islandesi, ungheresi o romeni, albanesi e svizzeri, se la stiano passando alla grande, ma insomma, non sembrano messi così male, eppure non hanno l’euro. Per riferire di un esempio immediato e forse banale, ma che rende bene l’idea, quando l’Italia entrò nell’euro aveva un Pil nominale più grande di quello della Gran Bretagna. Nel 2006, l’anno prima dello “scoppio della grande crisi”, la divaricazione a favore degli inglesi era già ampia. Dal 2008 il divario ha continuato a crescere. E la Gran Bretagna non ha l’euro. Leggi tutto


        Francesca Coin: Oxi. Il momento della verità

        alfabeta

        Oxi. Il momento della verità

        Francesca Coin

        È bastata una parola. Referendum. Re-fe-ren-dum. Sembra una parola banale, ma come un corpo pieno di lividi che innalzi uno specchio davanti al suo aggressore, l'Europa per qualche ora ha perso il controllo.

        Il comunicato dell'Eurogruppo delle ore 16 del 27 Giugno, poi elegantemente commentato da Varoufakis sul suo blog, era chiaro: i diciotto ministri all'unanimità – cioè, senza il collega greco, in una forma eccezionale di unanimità, diciamo - hanno convenuto che la Grecia avesse rotto “unilateralmente” le trattative, concludendone che, a fine mese, cioé martedì, scadrà il programma d'assistenza alla Grecia, e con esso la possibilità per la Grecia di accedere all'assistenza europea oltre che ai proventi delle privatizzazioni e profitti Anfa e Smp. La reazione dei creditori all'ipotesi referedum in altre parole è stata scomposta, minacciosa, addirittura quasi onesta, come se quella parola proibita “re-fe-ren-dum” avesse innescato un desiderio di vendetta: se tu rivendichi la democrazia noi ti facciamo saltare le banche.

        L'ha scritto Yanis Varoufakis, con la sua solita, spericolata aplomb. “La democrazia aveva bisogno di un incoraggiamento in Europa. L'abbiamo dato. Lasceremo decidere la popolazione. Ma fa sorridere quanto sembri radicale questo concetto!” L'aplomb di Varoufakis, quella stessa postura che gli è stata così spesso criticata, tradisce, infatti, un'ovvietà esplosiva: il fatto cioé che la democrazia non è affatto permessa, oggi. Anzi, la democrazia è proibita, e lo è in modo strutturale. Èquesta la verità proibita che i creditori cercano di occultare. Leggi tutto


        Andrea Fumagalli: Grecia: e ora?

        effimera

        Grecia: e ora?

        di Andrea Fumagalli

        crisi greciaLa trattativa tra il governo greco e i creditori (Brussel Group, ma sempre Troika) si è conclusa con un nulla di fatto. La Grecia (novello Davide) non ha la possibilità di spuntarla con la plutocrazia europea (il vecchio Golia). Ma la partita non si chiude ora, non finisce qui…

        La possibilità che la Grecia e i creditori possano trovare un accordo è oramai del tutto tramontata.
        All’inizio di questa settimana di travaglio e di passione, l’offerta del governo Tsipras di venire incontro ad alcune richieste della Troika (aumento parziale Iva e dell’età pensionabile, seppur in tempi lunghi) per recuperare i 400 milioni di differenza tra le parti (pari allo 0,002 del Pil Europeo!) aveva fatto credere che fosse possibile giungere a una soluzione.

        Invece il risultato è stato esattamente l’opposto.

         

        L’irrigidimento dei creditori

        Abbiamo infatti assistito a un irrigidimento delle posizioni dei creditori. Il primo, tra loro, è stato il Fmi, poi, il 26 giugno, è stato il turno dell’Eurogruppo. Perché tale irrigidimento, quando si era quasi vicino al traguardo di un accordo economico utile a tutti? Leggi tutto


        Alberto Bagnai: Grexit: quelli che ‘la democrazia trionfa (ma anche no)’

        fattoquotidiano

        Grexit: quelli che ‘la democrazia trionfa (ma anche no)’

        di Alberto Bagnai

        tsipras merkel 675
                      675x275La decisione presa dal premier greco di indire un referendum sull’austerità (rectius: sull’opportunità di accettare o respingere il piano di “salvataggio” delle “istituzioni”, che poi sarebbero la troika) ha scatenato nei nostri lidi la solita tifoseria da stadio: chi inneggia al trionfo della democrazia, chi ostenta scetticismo.

        Non se ne abbiano i tromboni sfiatati del “primato della politica”: per valutare il senso politico di questa mossa il dato dal quale partire resta quello economico. È strano che questo non venga compreso soprattutto a sinistra, dove una volta andava di moda una cosa chiamata materialismo storico. Ma non entriamo in questo. La cosa importante è capire che l’austerità non è una bizza, né una virtù, della signora Merkel. L‘austerità è la conseguenza inevitabile dell’adozione dell’euro: se non puoi svalutare la moneta, per promuovere le esportazioni dalle quali ottenere la valuta forte necessaria per saldare i debitori esteri, devi svalutare il lavoro. I colleghi “appellisti”, quelli che con toni fra il dickensiano e il deamicisiano da anni ci frantumano le gonadi con l’idea che un euro senza austerità sia possibile (errore blu per il quale boccerebbero e bocciano i loro studenti del primo anno) dovranno rassegnarsi. Leggi tutto


        Christian Marazzi: «Il golpe della Troika contro il governo Tsipras»

        manifesto

        «Il golpe della Troika contro il governo Tsipras»

        Intervista a Christian Marazzi

        L’economista Chri­stian Marazzi: «La Troika in Grecia come i mili­tari in Cile con Allende. L’aggressione è un avver­ti­mento a Pode­mos in Spa­gna. Oggi biso­gna andare allo scon­tro, a piedi scalzi e con le armi della verità. Dob­biamo isti­tuire la demo­cra­zia reale in Europa». «La vit­to­ria del No al refe­ren­dum è impor­tante, ma l’esito della crisi non è scon­tato. La Grecia è sola»

        01desk2f01 grecia atene
                      protesta referendum euro 71Per Chri­stian Marazzi, eco­no­mi­sta e autore de Il dia­rio di una crisi infi­nita (Ombre Corte), «il refe­ren­dum indetto da Tsi­pras dome­nica in Gre­cia è una mossa eroica. Non vedo un ten­ta­tivo di addos­sare la respon­sa­bi­lità di una scelta sulle spalle del popolo greco di fronte ad una impasse evi­dente della trat­ta­tiva. Ci vedo invece un atto di grande one­stà e verità».

         

        Molti sosten­gono invece che quello di Tsi­pras sia un atto di dispe­ra­zione.

        Niente affatto. La sua è una resa dei conti con le poli­ti­che neo­li­be­ri­ste che in Gre­cia si sono rive­late per quello che sono sem­pre state: un attacco siste­ma­tico alla demo­cra­zia, un totale disprezzo delle classi lavo­ra­trici, il per­se­gui­mento cri­mi­nale di poli­ti­che di arric­chi­mento dei più ric­chi. Oggi biso­gna andare allo scon­tro, non c’è altra solu­zione. Que­sta bat­ta­glia va fatta a piedi scalzi, con le armi della verità, con­tro la stra­te­gia della men­zo­gna della Troika e dei mass-media che misti­fi­cano i dati eco­no­mici e sociali e ser­vono gli inte­ressi dei poteri forti. Leggi tutto


        Sergio Cesaratto: Non è mai abbastanza, dunque è troppo

        sollevazione2

        Non è mai abbastanza, dunque è troppo

        di Sergio Cesaratto

        Con le proposte di lunedì scorso il governo Tsipras si è spinto molto in là nelle concessioni alla Troika.  All’inasprimento della pressione fiscale sulle imprese si è aggiunto un inasprimento non banale dei contributi sociali che colpisce imprese, salari e pensioni. Queste in Grecia sono piuttosto basse con il 60% dei pensionati con un reddito netto sotto i 700 € mensili, malgrado le sciocchezze che si sentono —martedì sera dal prof. Quadrio Curzio su Radio 1— di pensioni a livello tedesco.  E spesso la pensione è l’unico reddito della famiglia estesa.

        Nonostante ciò la Troika non è soddisfatta, soprattutto nei riguardi delle misure sulle imprese (che non necessariamente sono un bene).  Si tratta comunque di misure recessive che non interrompono l’austerità. Non ci deve infatti consolare l’alleggerimento del target di surplus primario del bilancio pubblico dai 3 o 4,5% chiesti dalla Troika al’1% nel 2015 (e 2% nel 2016). La differenza è nell’uccidere subito il condannato o torturarlo ancora più a lungo. Perché di una indegna e inutile tortura stiamo parlando.  Eppure la soluzione ragionevole c’è, e Varoufakis l’ha riproposta all’Eurogruppo la scorsa settimana: il fondo salva-Stati europeo emetta titoli per acquistare i titoli greci in mano alla BCE (26 miliardi) con il duplice effetto di: (a) dilazionare la restituzione di questo debito fra dieci o vent’anni dando respiro al bilancio greco e (b) consentire alla Grecia di entrare nel programma di quantitative easing della BCE (ora quest’ultima non può acquistare titoli greci perché già ne ha troppi in pancia). 

        Leggi tutto

        Militant: Quell’antiamericanismo lasciato alle destre

        militant

        Quell’antiamericanismo lasciato alle destre

        Militant

        C’è un immagine circolata in questi giorni sui principali media internazionali passata colpevolmente sotto traccia, quasi casuale, ininfluente a capire la mentalità perversa del killer di Charleston. Quella di Dylann Storm Roof che da fuoco alla bandiera degli Stati uniti. Per chi ignora le correnti profonde della politica statunitense, una manifesta contraddizione. Invece è una delle chiavi di lettura principali per capire una parte dell’odio suprematista bianco pienamente in vigore negli Usa. In via teorica il razzismo bianco dovrebbe difendere una presunta purezza della nazione e della sua etnicità, mentre qui il razzismo viene declinato in critica dell’origine statale-nazionale. Letta tramite chiavi interpretative europee, la politica Usa è una politica “di destra”, imperialista, neoliberista, nazionalista, eccetera (e infatti lo è). Il problema è che la federazione in Stati, la nascita stessa dell’unione, la spinta neoliberista, il processo di globalizzazione, negli Usa sono sempre state caratteristiche fondanti quella che dovrebbe essere la “sinistra”, il Partito democratico, non a caso definito laggiù “liberal” (mentre da noi liberal dovrebbe connotare un’impostazione politica più vicina alle destre che alle sinistre). E’ la sinistra che da sempre è stata portatrice di quella politica di destra, non la destra repubblicana.

        Leggi tutto

        Federico Dezzani: Parabola di un falso capo carismatico

        federicodezzani

        Parabola di un falso capo carismatico

        di Federico Dezzani

        renziAttendendo il decorso del dramma greco, solchiamo il Canale d’Otranto e torniamo alle terre natie, per studiare la parabola discendente di Matteo Renzi. L’ex-sindaco di Firenze, “molto intelligente, energico come Fanfani, empatico ed una spugna nell’imparare” come lo definisce l’Ing. De Benedetti nel novembre 2014, ha perso la smalto iniziale e le promesse di una catarsi del Paese si sono inabissate nella fantomatica palude. Installato a Palazzo Chigi con la missione di attuare i desiderata della Troika imbellettandoli con una politica spregiudicata e giovanilistica, Renzi paga il fallimento di ricette economiche sbagliate e soprattutto lo scotto di essere un finto “capo carismatico”, salito alla ribalta nazionale senza sudore ed un’autentica missione innovatrice. Perché l’establishment euro-atlantico, nel disperato tentativo di salvare l’eurozona, ha insediato un uomo solo al comando? Leggere il sociologo tedesco Max Weber per trovare la risposta.

         

        Aria di smobilitazione

        C’è aria di smobilitazione nei palazzi romani e nei salotti buoni italiani: la promettente campagna di Matteo Renzi, incensato dai media nazionali ed internazionali come il salvatore delle patria e l’ultima speranza dell’Italia, si è arenata.

        Leggi tutto

        Bruno Cava: Podemos, tra moltitudine e egemonia: Negri o Laclau?

        effimera

        Podemos, tra moltitudine e egemonia: Negri o Laclau?

        di Bruno Cava

        Con questa analisi teorica che ripercorre il solco della discussione sui nuovi movimenti in America Latina e in Spagna, tra Gramsci, Laclau, Hardt e Negri, si apre la nuova sessione “Sud America”, con l’intento di riportare presso di noi (e viceversa) le suggestioni e gli spunti politici ed economici che animano quello che oggi è forse il continente più attivo del cercare di individuare possibili processi di trasformazion sociale

        26180 Boldini Ritratto della Signora Enrichetta
                    AllegriLa differenza tra populismo e un discorso liberale classico risiede nel fatto che, nel primo caso, il popolo è qualcosa ancora da costruire, mentre per i liberali il popolo è qualcosa di già dato. Nel primo caso, la costruzione del popolo implica la costruzione di una nuova rappresentanza. Nel secondo, alla rappresentanza spetta appena contemplare una società che le preesiste ed è già formata.

        Per il populismo, la storia della costruzione di un popolo passa attraverso la divisione tra un “noi” e un “loro”. Si denuncia la falsa universalità dell’ordine rappresentativo esistente, che non ci rappresenta più, per successivamente rivendicare una nuova universalità. Nelle rivoluzioni borghesi è stato a partire dalla lotta contro l’ancien regime che fu possibile liberarsi dall’aristocrazia parassita, per formare la nazione e la cittadinanza borghese, da quel momento in avanti considerata universale. Nelle lotte anticoloniali si lottava contro la metropoli e l’imperialismo, in nome dell’unità della liberazione nazionale. Con il filosofo Antonio Gramsci, la costruzione del popolo riunisce intellettuali, operai e contadini in una coscienza collettiva nazional-popolare, che si sbarazza dei borghesi.

        Invece per i tecnocrati, più legati al discorso liberale classico, non ci sarebbe necessità di costruire popolo alcuno: è sufficiente scegliere le persone giuste, adottare “idee che funzionano” e impiantare la migliore gestione per ogni situazione specifica.

        Leggi tutto

         

         

        I più letti degli ultimi tre mesi

        tonino

        unread,
        Jul 11, 2015, 5:20:00 AM7/11/15
        to sante gorini

        Claudio Gnesutta: Una battaglia ideologica

        sbilanciamoci

        Una battaglia ideologica

        di Claudio Gnesutta

        Già trent’anni fa Giorgio Ruffolo definiva il Prodotto nazionale lordo, un “idolo bugiardo”. Un indice al quale veniva attribuita la capacità di dar conto non solo della crescita economica di un paese, ma anche del suo progresso sociale.

        L’inganno sta nel fatto che esso offre un’informazione distorta del progresso sociale. Questa consapevolezza ha sollecitato da tempo la costruzione di indicatori più appropriati del livello di “ben-essere” di una nazione. L’importanza dei nuovi indicatori risiede – oltre a certificare meglio le condizioni sociali esistenti – nel ruolo che avrebbero nel definire, in direzione socialmente più appropriata, gli obiettivi della politica economica.

        La necessità di una tale innovazione è evidente nell’attuale fase storica nella quale la politica economica sta forzando la trasformazione degli assetti sociali ereditati dal passato. Legittimato da una teoria economica ristretta alle dimensioni strettamente economiche e quantitative del processo sociale, quando non ridotta esclusivamente agli aspetti finanziari, il policy maker può ignorare le altre dimensioni qualitative del benessere in quanto irrilevanti per le sue conclusioni.

        Per tener conto del rapporto tra processo economico e situazione ambientale e socio-culturale non è peraltro sufficiente sviluppare una gamma di indicatori alternativi; è necessaria una teoria economica capace di spiegare come l’azione della politica economica influenzi e sia influenzata da quei fattori del benessere attualmente esclusi dal suo dominio di indagine. Leggi tutto


        Alessandra Daniele: Il Tassativo

        carmilla

        Il Tassativo

        di Alessandra Daniele

        In qualsiasi talk show, chiunque stia parlando – un presidente, un premio Nobel, il superstite ad una strage – qualunque sia l’argomento in discussione – una guerra, una crisi economica, una riforma costituzionale – c’è sempre un momento, di solito ogni dodici minuti, nel quale il conduttore o la conduttrice lo interrompe in modo categorico ed irrevocabile, dicendo “devo mandare la pubblicità”.
        A volte la chiama addirittura “il tassativo”.

        Di solito l’ospite non protesta più di tanto, al massimo chiede che al rientro in studio gli venga consentito di finire il suo ragionamento, cosa che non succede quasi mai.
        E parte la pubblicità.
        Più o meno gli stessi spot su tutti i canali, più o meno con lo stesso messaggio implicito: siate belli, siate giovani, siate efficienti, sposatevi, fate bambini, tanti bambini.
        Crescete e moltiplicatevi.
        Comprate una macchina e una casa più grande.

        Il familismo non è soltanto il principale strumento usato per vendere prodotti, il familismo è il principale prodotto che viene venduto, perché da esso deriva tutto il resto, è la pietra d’angolo di tutto il sistema. Leggi tutto


        Giulio Palermo: Default totale

        sinistra

        Default totale

        di Giulio Palermo

        avoltoi
                    300x199In questo articolo, propongo una riflessione ad ampio raggio sulla possibilità che il movimento contro il debito si sviluppi attivamente in ogni paese d’Europa, connotandosi in senso anticapitalista. Invece di tifare Grecia e sperare che il governo Tsipras strappi condizioni dignitose nelle trattative con i creditori che strangolano il paese, l’idea è di aprire fronti di lotta al debito pubblico in tutti i paesi. Non ovviamente nell’intento di stabilizzare il sistema finanziario — come vorrebbero alcune forze favorevoli a un default negoziato e parziale — ma per far saltare l’attuale assetto politico-finanziario e avviare un processo verso il socialismo.

        Gli effetti moltiplicativi di un simile coordinamento anticapitalista europeo sono ovvi. Sul piano politico, il rafforzamento del governo Tsipras in Grecia sarebbe immediato. Se ne tocchi uno, ci ribelliamo tutti! Questo è il migliore messaggio che sfruttati e oppressi d’Europa possono inviare ai signori dell’euro e della finanza. Ma non mi interessano i ragionamenti politici senza copertura, le proposte irrealizzabili, giusto per fare dibattito. Non proverò quindi a sviluppare nei dettagli cosa accadrebbe nell’ipotesi, alquanto improbabile, di un ripudio del debito simultaneo e coordinato, da parte di un movimento internazionalista forte e consapevole. Sarebbe come costruire una strategia di lotta basandola sull’ipotesi di aver già vinto. Leggi tutto


        Raffaele Sciortino: L’ordine non regna ad Atene

        infoaut2

        L’ordine non regna ad Atene

        di Raffaele Sciortino

        proxyUna liberazione di energie, un piccolo grande no costituente: il voto greco ha portato in un’Europa asfittica, avvinghiata allo status quo, un pezzo di America Latina. Non ha rotto con questo l’isolamento della resistenza greca, non può farlo da sola, ma -passione contro ricatto, dignità contro paura - ha sbattuto in faccia a tutti le conseguenze di una crisi che i pescecani dell’euromerdocrazia e della finanza in alto, ceti sociali ottusi o rassegnati o ancora illusi in basso non riusciranno a lungo ad attribuire agli “irresponsabili” greci (anche se è questo oggi il messaggio lanciato e in gran parte recepito nel resto d’Europa).

        Dunque, l’ordine non regna ad Atene. Al contrario, abbiamo la prima vera scossa politica in Occidente dallo scoppio della crisi globale. Adesso cercheranno di fargliela pagare carissima. La parola d’ordine a Berlino e Bruxelles è subito diventata organizzare il Grexit, non importa se tra mal di pancia, timori e mugugni di politici e stati di secondo rango o addirittura del padrino d’oltreoceano. Non si può lasciar passare l’idea che resistere è possibile! Il regime change, fallito in forma soft, passa ora alla fase due, quella dura che chiuderà del tutto i rubinetti della moneta puntando a produrre ancora più miseria, caos, scontento e, chissà, “richieste di ordine”.

        Leggi tutto

        Stefano Petrucciani: La guerra di liberazione della politica, a partire dall’Europa

        micromega

        La guerra di liberazione della politica, a partire dall’Europa

        di Stefano Petrucciani

        podemos pellizzetti saggio 510Il nuovo libro di Pierfranco Pellizzetti contiene, per dirla in due parole, una diagnosi e un auspicio. La diagnosi è quella contenuta nel titolo (Società o barbarie): la regressione della socialità alla quale assistiamo da quando il neoliberismo ha cominciato a vincere rischia di produrre una vera e propria decivilizzazione dei nostri mondi vitali. L’auspicio è quello contenuto nel sottotitolo che recita: Il risveglio della politica tra responsabilità e valori. Ovvero: come ridare senso alla politica in un contesto difficile come quello che è descritto nella parte diagnostica del volume. Si tratta dunque di un lavoro ambizioso, di ampia mole, ricchissimo di idee e di informazioni. I nodi che il libro tocca sono stati oggetto, negli ultimi tempi, di una non piccola serie di discussioni. Ciò nonostante, Pellizzetti riesce a intervenire su di essi con piglio originale, apportando qualcosa di nuovo.

        Per quanto riguarda la prima parte del libro, quella più propriamente diagnostica, la tesi di Pellizzetti è molto netta; il problema di fondo che caratterizza la fase attuale si può ricondurre, secondo l’autore, alla metafora del “pendolo inceppato”: se, nella storia dell’Occidente moderno, le due estremità dell’oscillazione, la politica e l’economia, si sono rincorse in una movimentata dialettica (dove di volta l’una guadagnava terreno sull’altra), ora il pendolo sembra bloccato, nel senso di una piena abdicazione della politica al primato dell’economia.

        Leggi tutto

        Aldo Giannuli: Le Sentenze della Corte Costituzionale ed il Pd

        aldogiannuli

        Le Sentenze della Corte Costituzionale ed il Pd

        di Aldo Giannuli

        La sentenza della Consulta sulla riforma pensionistica Monti-Fornero ha messo in moto una pericolosa azione del Pd (che non manca un’ occasione per dimostrare di essere la punta di lancia contro la Costituzione e dar prova della sua natura di destra antipopolare) che potrebbe avere conseguenze molto peggiori di quelle già nefaste oggi dichiarate.

        E’ stato presentato un disegno di legge (primi firmatari i senatori Pd, Linda Lanzillotta e Paolo Guerrieri) che prevede che quando la soluzione della questione di costituzionalità possa implicare maggiori oneri o minori entrate per i bilanci pubblici, “la Corte possa chiedere all’Ufficio parlamentare di bilancio una relazione sugli effetti finanziari dell’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale”.

        In questo modo, la Corte valuterebbe tenendo presenti gli effetti finanziari delle proprie decisioni e considerare anche l’opportunità di non rendere retroattivi gli effetti della sentenza, così come è già accaduto per la cd. Robin Tax, dice il disegno di legge. Peccato che il precedente della Robin Tax invocato dalla Lanzillotta abbia avuto tutt’altre motivazioni che non c’entrano con la contabilità dello Stato.

        Inoltre: il disegno di legge, prevede che possa essere data pubblicità all’eventuale posizione di minoranza in seno alla Corte (fatto sin qui mai accaduto, perché la Corte si è sempre presentata come entità unitaria).

        Le due cose vanno lette insieme: si tratta di un tentativo di pressione per indebolire la Corte e piegarla agli orientamenti dell’esecutivo che potrebbe anche reiterare in altro modo una legge caducata, tanto non dovendosi pagare gli arretrati, il gioco potrebbe essere ripetuto all’infinito. La pubblicazione del dissenso avrebbe poi l’effetto di indebolire politicamente le decisioni della Corte. Leggi tutto


        Stefano Sylos Labini: Riscaldamento globale: qualcosa non torna

        paolo s labini

        Riscaldamento globale: qualcosa non torna

        di Stefano Sylos Labini

        Il prossimo dicembre si terrà a Parigi una cruciale conferenza mondiale sul clima (COP21). La Francia, in particolare attraverso il suo ministro degli Esteri Laurent Fabius, si sta prodigando in ogni modo per la riuscita dell’evento. L’obiettivo è fermare la crescita delle emissioni nocive (prevalentemente anidride carbonica prodotta dall’utilizzo di combustibili fossili) responsabili del riscaldamento globale, a sua volta considerato la causa di fenomeni catastrofici che si stanno rincorrendo in questi anni: dallo scioglimento dei ghiacciai dell’Artico all’uragano Katrina che ha devastato New Orleans. Il grande consenso politico e mediatico che si sta formando intorno alla riuscita della conferenza di Parigi nasconde però un mare di insidie.

        La lotta al riscaldamento globale era cominciata formalmente nel 1992 con il summit della Terra di Rio in occasione del quale è stata firmata la United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC). Presto i Paesi firmatari della Convenzione realizzarono che i progressi non erano soddisfacenti e nel 1997 la maggior parte di essi firmarono il Protocollo di Kyoto che fissava obiettivi nazionali per la riduzione delle emissioni nocive. Oggi vi sono 195 partecipanti alla Convenzione e 192 firmatari del protocollo di Kyoto. Dopo l’incontro di Copenaghen del 2009 i partecipanti hanno concordato che l’obiettivo prioritario deve essere quello di ridurre le emissioni responsabili dell’effetto serra in modo da evitare aumenti della temperatura superiori a 2° C rispetto all’epoca preindustriale, pena l’innesco di una serie di mutamenti climatici di fatto irreversibili. Leggi tutto


        Jacques Rancière: Modernità e finzioni del tempo

        ilrasoiodioccam

        Modernità e finzioni del tempo

        di Jacques Rancière

        Pubblichiamo il testo della conferenza che Jacques Rancière, uno dei più importanti filosofi francesi contemporanei, terrà a Firenze oggi (29 giugno) nella Sala Altana di Palazzo Strozzi alle ore 17:00. La conferenza, promossa dall’Institut Français Italia, in collaborazione con la Scuola Normale di Pisa, il Gabinetto Vieusseux e il Gruppo Quinto Alto, si svolge nell’ambito della rassegna di presentazioni e seminari «Prospettive critiche». Jacques Rancière ne discuterà con i Proff. Mario Citroni e Paolo Godani. Ringraziamo la casa editrice DeriveApprodi per l’aiuto nella realizzazione di questa pubblicazione

        0DSC 4523 1024x682Per delucidare questo titolo partirò da una definizione molto generale: chiamo finzioni del tempo i modi di strutturazione dei rapporti di temporalità e le forme di razionalità della catena temporale che strutturano le nostre percezioni della politica e della storia, come della letteratura e dell’arte. Una definizione che implica a sua volta la ridefinizione del concetto di finzione. Si continua a opporre la finzione, intesa come invenzione di situazioni immaginarie, alla solida realtà con la quale sono alle prese, con modalità differenti, coloro che lavorano la materia, coloro che intendono penetrare la struttura delle cose e coloro che agiscono per cambiare le situazioni. Eppure, lo sappiamo almeno fin da Aristotele, la finzione è ben di più dell’invenzione di esseri immaginari. È una struttura di razionalità. È una modalità di presentazione che rende cose, situazioni o eventi percepibili e intelligibili. È una modalità di connessione che costruisce forme di coesistenza, di successione e di concatenamento causale tra eventi e conferisce a tali forme la modalità del possibile, delle reale o del necessario. Una duplice operazione necessaria ovunque occorra produrre un certo senso della realtà. È necessaria lì dove si tratta di definire le condizioni, gli strumenti e gli effetti di un’azione, ovvero, in sostanza, il senso stesso di ciò che significa agire.

        Leggi tutto

        F.Zappino, E.Stimilli: Dei debiti e delle colpe del vivente

        doppiozero

        Dei debiti e delle colpe del vivente

        Federico Zappino, Elettra Stimilli

        teorie zappino ericailcane white rabbitFederico Zappino: Il tuo libro Debito e colpa, appena dato alle stampe, prosegue e attualizza le ricerche e le riflessioni che hai reso pubbliche nel 2011, nell’opera Il debito del vivente. Ascesi e capitalismo (Quodlibet). In quel libro, i cui materiali erano stati radunati nelle fasi iniziali della crisi economica e sociale, l’impostazione genealogica appare dominante rispetto alle connessioni con il presente. Il debito del vivente è uno straordinario percorso nella teoria economica, nella patristica, nella teologia, nell’antropologia. Uno dei suoi fulcri trae spunto dalla suggestione weberiana del passaggio dall’ascesi intramondana protestante all’agire strumentale del dominio economico – passaggio che in sé riferisce, da un lato, di un sottofondo costante, di un costante essere-in-debito del vivente nei riguardi del Dio; dall’altro, di una risignificazione, potremmo dire, di questo essere-in-debito da parte del capitalismo. Una risignificazione che già Max Weber individua e che poi ritroviamo con chiarezza nelle riflessioni di Walter Benjamin, secondo cui il capitalismo assolve alla funzione a cui prima di esso aveva assolto la religione – esso stesso diventa una religione interamente cultuale, che non conosce alcuna dogmatica, né teologia. Una funzione che, con Foucault, potremmo definire al contempo di soggettivazione e di assoggettamento: il soggetto affida a questa nuova religione il compito di acquietare i bisogni e le preoccupazioni per il futuro, attraverso la produzione e il consumo, e prova anche un certo godimento nella possibilità di produrre e consumare.

        Leggi tutto

        Alberto Bagnai: Salvini ha ragione solo sull’euro (ma il resto conta molto meno)

        asimmetrie

        Salvini ha ragione solo sull’euro (ma il resto conta molto meno)

        Alberto Bagnai

        L’invito rivoltomi dal Fatto Quotidiano a commentare il programma economico della Lega è un’ occasione per leggere un documento del quale, lo confesso, fino ad oggi sapevo solo quanto ne avevo sentito dire da un brillante esponente della minoranza Pd: “Alla fine, sei punti su dieci sono giusti”. Soffocando il “retroscenista” (leggi: pettegolo) che è in me (si dice il peccato ma non il peccatore), entro nel merito. Avverto di essere in conflitto di interessi. Ad oggi, infatti, la Lega resta l’unica forza politica a fondare il proprio programma sul superamento dell’euro, elemento a mio avviso cruciale, se non altro perché le circostanze potrebbero imporcelo (come la telenovela greca ci ricorda quotidianamente, e come ho argomentato nei miei ultimi due libri). L’analisi dei limiti dell’ Eurozona svolta nel programma è inoppugnabile e ormai non solo condivisa, ma anche espressa (gaudeant angeli!) da politici di sinistra come Stefano Fassina (l’ultima volta ieri a Omnibus, La7).

        Duole dirlo, a un abitante di Roma ladrona, ma a Salvini è chiaro quello che sfugge a tanti politici più forbiti di lui: che il superamento dell’euro è condizione necessaria, ma non sufficiente per riappropriarsi della politica di bilancio. L’austerità, secondo lo stesso Monti, non serviva a risanare i conti pubblici (che infatti lui ha peggiorato), ma a riequilibrare i conti esteri, abbattendo le importazioni e favorendo, via disoccupazione, il calo del costo del lavoro. L’euro è questo, se piace: una suicida disoccupazione competitiva, praticata solo nell’Eurozona, al posto di fisiologici riallineamenti del cambio, praticati ovunque. Leggi tutto


        Sergio Cesaratto: Grecia: il coraggio che serve adesso

        sollevazione2

        Grecia: il coraggio che serve adesso

        di Sergio Cesaratto

        Agli occhi della sinistra, indipendentemente dall’esito del referendum greco, da questa vicenda l’Europa dovrebbe uscire politicamente distrutta - ma il condizionale è ahimè d’obbligo. Come abbiamo già scritto su questo giornale, le richieste di Syriza sono state più che moderate, fondamentalmente accondiscendenti alla continuazione dell’austerità. La moratoria sul debito richiesta da Syriza era qualcosa che l’Europa era comunque pronta a concedere, perché tanto un debito che non si è in grado di pagare non sarà pagato. In cambio la Troika ha chiesto la conferma delle politiche di austerità affinché la Grecia si ponesse in condizione di non dover richiedere ulteriori prestiti. E su questo la trattativa si è rotta, nel senso che la Troika non si è fidata delle misure pur accomodanti proposte da Syriza, volendo tagli più certi e immediati.

        La ricostruzione della saga greca che va avanti da cinque anni, e del capitolo delle illusioni di Syriza che qualcosa in Europa potesse davvero mutare, occuperanno gli storici per decenni. In questo momento la scelta per il popolo greco è drammatica. Un voto sì rappresenta la più evidente sconfitta politica per Syriza, e per il popolo greco la continuazione dell’austerità. Leggi tutto


        Antonio Negri: L’infamia della guerra e della socialdemocrazia nel ’900

        euronomade

        L’infamia della guerra e della socialdemocrazia nel ’900

        di Antonio Negri

        08
                    da vinci ritratto donna 672 458 resizeLa guerra è un crimine contro l’umanità e oggi, nell’epoca nucleare, è anche crimine contro la natura e gli altri esseri viventi. Ma parlar di guerra nel secolo scorso, nel XX secolo, è parlare di Stato-nazione. Quanto è doloroso ricordare che nel XX secolo, quando si dice nazione, si dice guerra: noi tutti, qui presenti, siamo figli o nipoti (di prima o seconda o terza generazione) di sopravvissuti a quelle guerre. Dalla nascita del moderno ciascuno dei nostri Paesi è stato preda di guerre. E furono o mascalzoni o deboli di mente, comunque obnubilati da deliranti ideologie, quei letterati o politici che raccontarono ai popoli come le guerre – legate alla nascita e allo sviluppo delle nazioni europee – avessero generato la loro felicità. Pure e semplici falsità. Noi sappiamo infatti che la modernità e ciascuna delle nostre comunità nacquero dal lavoro e dal pensiero di donne e uomini forti che rinnegarono il feudalesimo e il papato, che si liberarono dalla schiavitù e lottarono per l’emancipazione del lavoro. E non dimentichiamo che questa vera storia fu sovradeterminata e travisata dalla violenza sovrana.

        Essa si voleva legittimata dallo Stato, impiantata sull’identità della nazione, e pretendeva che popolo e nazione venissero considerati un unico concetto: e che quindi i sudditi – per amor di patria – fossero dallo Stato-nazione inviati al macello? Si rabbrividisce ora nel ricordare che alcuni fra i massimi intellettuali del XX secolo inneggiarono alla sovranità come bene assoluto e alla guerra e alla distruzione della nazione accanto, come necessità della vita dello Stato-nazione. Thomas Mann, 1914:

        Leggi tutto

        Fabrizio Federici: Fondata sul turismo

        minima&moralia

        Fondata sul turismo

        di Fabrizio Federici

        «Insomma, è ora di guardarci in faccia e dircelo chiaramente: è inutile che continuiamo a far finta di rivaleggiare con la Francia o la Germania. Non ci riusciamo, non siamo fatti per certe cose. D’ora in avanti i nostri modelli saranno altri, ben più allettanti e assolati: le Seychelles, le Maldive, Mauritius. Noi faremo come loro, e come questi Paesi l’Italia diventerà un paradiso dell’accoglienza e del buon vivere, costruito attorno alle straordinarie ricchezze artistiche ed ambientali di cui siamo depositari»
        (dal «Discorso di San Gimignano» del Presidente del Consiglio, 31 ottobre 2021)

        italien venedig urlaubLa Grande Trasformazione era in atto ormai da un paio di decenni. L’aveva preceduta una lunga fase di accorta preparazione, in cui le attività produttive – e l’industria in particolare – erano state spinte in una profonda crisi, i finanziamenti alla ricerca erano stati quasi azzerati, e si era diffuso tra la popolazione il mito di un’Italia «terra della cultura». Venne abilmente instillata la convinzione che bastasse sfruttare i beni culturali del Paese per assicurare a tutti la prosperità. «E pensare che si potrebbe campare soltanto di quello!»: nei bar non si mugugnava altro.

        La situazione che si era venuta a creare era perfetta per un cambiamento radicale: masse di disperati da una parte, la speranza dall’altra in una svolta che passasse attraverso il massiccio sfruttamento turistico delle bellezze nazionali. Al momento buono, la trasformazione fu avviata con piglio deciso, e con rapidità tale che in breve tempo divenne irreversibile. Fu varato in pompa magna il «piano di riconversione economica totale» al turismo, che prevedeva innanzitutto il blocco di ogni forma di sostegno e di agevolazione alla produzione di beni e servizi (che non fossero, è chiaro, più o meno direttamente legati all’accoglienza). Fu stilata una lista di attività «tipicamente italiane» da sostenere, legate tutte, più o meno, all’ospitalità.

        Leggi tutto

        Marco Palazzotto: Bentornati al sud

        palermograd

        Bentornati al sud

        L'Eterna Questione Meridionale

        Scritto da Marco Palazzotto

        6644088Da quando l’Italia è entrata in recessione con l’ultima crisi europea, dall’agenda politica nazionale è sparita quasi del tutto la questione meridionale. Si ha la sensazione che la Sicilia - e il resto del Meridione – sia condannata a un destino immodificabile a causa della sua atavica incapacità di mantenere il ritmo di aree più efficienti, più produttive, meno criminali.  Il quadro politico e sociale che è stato costruito intorno alla questione meridionale è ormai ultrasecolare ed il suo indirizzo è quello che oggi conosciamo.

        Antonio Gramsci in questo articolo del 1926 trattava della questione meridionale evidenziando aspetti ancora molto attuali. Già allora l’ideologia diffusa era quella di un Mezzogiorno come “palla di piombo che impedisce più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori, dei semibarbari o dei barbari completi, per destino naturale; se il Mezzogiorno è arretrato, la colpa non è del sistema capitalista o di qualsivoglia altra causa storica, ma della natura che ha fatto i meridionali poltroni, incapaci, criminali, barbari, temperando questa sorte matrigna con l’esplosione puramente individuale di grandi geni, che sono come le solitarie palme in un arido e sterile deserto”.

        Leggi tutto

        ∫connessioni precarie: L’occasione del no. Sulla critica della democrazia del debito

        conness precarie

        L’occasione del no. Sulla critica della democrazia del debito

        ∫connessioni precarie

        20150630 grecia referendum 1Quanti no si possono dire in una domenica? Quale occasione rappresenta il referendum greco contro l’ultimatum delle istituzioni europee? Il referendum è stato un passaggio obbligato, dopo che, negli ultimi mesi, contro la pretesa greca di sottrarsi alla tirannia del debito, si è consolidata una vera e propria rivolta pro-slavery. Le élite europee – istituzionali, mediatiche ed economiche, conservatrici e socialiste – si sono coalizzate per dimostrare che una simile pretesa è tecnicamente insostenibile, ma soprattutto con l’intenzione di provare che essa è politicamente inammissibile. Gli assoggettati al debito devono stare al loro posto e subire le condizioni di salario e di reddito che le riscoperte «leggi naturali» del capitalismo riservano loro. Le settimane che hanno preceduto l’indizione del referendum sono state dominate dal tentativo sempre più plateale e volgare di delegittimare le pretese che il governo greco ha osato portare la tavolo delle trattative. Il carattere europeo e globale del referendum non è dato dallo scontro della Grecia con il resto d’Europa, ma dal tentativo di dare una lezione complessiva a chi pensa di potersi opporre alla tirannia della finanza. A questo punto in gioco non ci sono miliardi di euro, e non c’è nemmeno il nome della moneta con cui contabilizzare debiti e sacrifici. C’è il potere di decidere a favore di chi paga il prezzo più pesante della crisi.

        Leggi tutto

         

        I più letti degli ultimi tre mesi

        tonino

        unread,
        Jul 15, 2015, 7:18:20 PM7/15/15
        to sante gorini

        Emiliano Brancaccio: Non c'è tempo per festeggiare

        sollevazione2

        Non c'è tempo per festeggiare

        di Emiliano Brancaccio

        In questa intervista rilasciata a L'Espresso Emiliano Brancaccio oltre a dare un giudizio sul referendum, spiega che, al di là delle intenzioni dei protagonisti del negoziato, esistono fattori oggettivi che spingono verso l'uscita della Grecia dall'eurozona, e che alla fine tenderanno a prevalere

        D. A suo avviso i greci sarebbero pronti anche a un’eventuale uscita dall’euro? I sondaggi dicono che il popolo greco vuole restare nella moneta unica.

        R. «Lascerei perdere i sondaggi, che non hanno dato prova di grande affidabilità. Il mandato degli elettori mi pare ormai inequivocabile: costi quel che costi, la Grecia non intende piegarsi alle assurde pretese dei “creditori”».

         

        Tsipras e Syriza hanno però sempre detto di non voler uscire.

        «Suppongo che il governo greco insisterà con l’idea di voler tenere il paese dentro l’euro. È una linea che finora si è rivelata vincente, poiché tende a scaricare sui creditori l’eventualità di un’uscita della Grecia dalla moneta unica. Spero solo che non sfoci in un accordo di basso profilo, che si limiterebbe a rinviare i problemi senza risolverli».

         

        Lei ritiene che Tsipras sia tentato ora dalla possibilità di firmare un nuovo accordo con le istituzioni europee?

        «A mio avviso le tentazioni dei singoli contano poco, i processi sono più complicati. Le azioni del primo ministro greco sono di volta in volta il prodotto della dialettica interna alla sua maggioranza, i cui prossimi sviluppi sono difficili da prevedere. Inoltre, gli esiti della partita non dipendono solo dalle mosse del governo greco: la vittoria del “no” ha innescato una catena di eventi sistemici, che avrà ripercussioni sul comportamento di tutte le controparti. E sui mercati». Leggi tutto


        Alessandra Daniele: Independence Day

        carmilla

        Independence Day

        di Alessandra Daniele

        La donna bruna scuote la testa.
        – Questa proprio non ce la facciamo a farla passare per una vittoria del PD.
        La collega le dà un’occhiataccia.
        – Ce la dobbiamo fare. Chi è stato il primo a chiedere più flessibilità dei parametri economici?
        – Chi è stato?
        Siamo stati noi – Scandisce la collega.
        – Ma quando?
        – Due anni fa.
        – Beh, ma in Tv, mica in Europa. E non siamo stati affatto i primi…
        – Solo quello che succede in Tv ha importanza – la zittisce la collega – Preparati ad andare in onda. E ricordati il trucco.
        – Devo promettere un altro bonus da 80 euro?
        Il make up. Sembri uno zombie.
        La bruna si guarda riflessa sulla porta a vetri. Accenna una smorfia.
        – E se mi fanno una domanda di economia?
        – Non te la fanno.
        – Perché?
        – Non ne capiscono un cazzo neanche loro. Leggi tutto


        Stathis Kouvelakis: Grecia. Dall'assurdo al tragico

        contropiano2

        Grecia. Dall'assurdo al tragico

        Stathis Kouvelakis

        grecia tsipras5 300x180Chiunque stia vivendo, o anche solo seguendo, gli sviluppi in Grecia sa fin troppo bene il significato di espressioni: come "momenti critici", "clima di stress", "drammatico capovolgimento", e "premendo sui limiti". Con gli sviluppi da lunedì ad oggi, qualche nuovo vocabolo andrà aggiunto alla lista: l'"assurdo".

        La parola può sembrare strana, o un'esagerazione. Ma in quale altro modo si potrebbe definire il completo rovesciamento del significato di un evento incredibile come il referendum del 5 luglio, solo poche ore solo dopo la sua conclusione, da quelli che ha chiesto un "no" per cominciare?

        Come si potrebbe spiegare che un leader di Nuova Democrazia come Vangelis Meimarakis e Stavros Theodorakis per To Potami - capi del campo sconfitto in modo così schiacciante domenica - sono diventati i portavoce ufficiali della linea da seguire da parte del governo greco? Come è possibile che un devastante "no" al Memorandum di politiche di austerità possa essere interpretato come un via libera per un nuovo protocollo? E per dirla in termini di senso comune: se erano disposti a firmare qualcosa di peggio e ancora più vincolante delle proposte del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, qual era il punto del referendum e la lotta per raggiungere la vittoria?

        Il senso dell'assurdo non è solo un prodotto di questa inaspettata inversione. Esso deriva soprattutto dal fatto che tutto questo si sta svolgendo sotto i nostri occhi, come se nulla fosse accaduto, come se il referendum fosse qualcosa di simile a un'allucinazione collettiva che svanisce improvvisamente, lasciandoci continuare liberamente quello che si doveva fare prima. Ma poiché non siamo tutti diventati mangiatori di loto, lasciateci fare almeno un breve riassunto di ciò che è avvenuto negli ultimi giorni.

        Leggi tutto

        Eduardo Garzòn: Cosa sta succedendo in Cina?

        popoff

        Cosa sta succedendo in Cina?

        di Eduardo Garzòn

        La seconda economia planetaria colpita da una storica e preoccupante bolla speculativa con conseguenze difficili da pronosticare

        bolla
                    speculativa cinaLa storica caduta della borsa cinese dovrebbe preoccupare molto di più di quanto stia avvenendo. In fondo stiamo parlando della seconda economia più grande a livello internazionale, una delle poche al mondo che in anni di crisi economica internazionale ha continuato a crescere a ritmi elevati e agendo da locomotrice per buona parte del pianeta, e che ha un potenziale di destabilizzazione per l’economia mondiale decine di volte superiore a quello della Grecia.

        Tutto è iniziato alla fine dell’anno scorso. Il governo cinese, abituato a tassi di crescita economica travolgenti, non vide di buon occhio che l’economia cinese stesse rallentando nell’anno 2014 (segnò la sua crescita più bassa degli ultimi 25 anni), così ideò un piano per dare impulso alla crescita: iniezioni statali di enormi quantità di capitale alle borse con il fine di apportare alle imprese già molto indebitate nuove fonti di finanziamento. L’obiettivo era che gli indici di borsa, stagnanti dal 2009, aumentassero in forma graduale ma costante. Tuttavia quello che hanno ottenuto è stato l’inizio di un rally del mercato azionario che ha creato una delle più grandi bolle nella storia.

        Ciò che sicuramente non saputo ben valutare il governo cinese è stato l’impatto che il contesto internazionale avrebbe avuto sulle sue borse. Per farla breve, alla fine del 2014 la Banca Centrale Europea (Bce) già stava tessendo la sua nuova strategia di espansione quantitativa, il Quantitative easing, consistito nell’inondare i mercati finanziari di denaro per stimolare l’economia europea. Leggi tutto


        Cristina Morini: Diario della crisi infinita

        doppiozero

        Diario della crisi infinita

        La crisi come forma permanente di accumulazione e di comando capitalistico

        Cristina Morini

        morini
                    marazzi 6 luglio 2015
                    boteroParafrasando liberamente il disinvolto e cinico Gordon Gekko del vecchio film Wall Street di Oliver Stone, “al massimo settantacinque persone in tutto il mondo” riescono a comprendere che cosa stia capitando davvero nel sistema economico globale. Nella grande con-fusione tra capitale e stato, cioè di fronte al dominio diretto del potere economico e finanziario sui processi della decisione politica e perfino sulle ragioni dell’etica, si genera un senso – puramente emotivo e intuitivo – di vertigine e di assedio. In un certo senso, la violenza strutturale dei meccanismi dell’economia contemporanea sfugge alle categorie della politica ma non a quelle del corpo-mente. Così, seguendo quella che si potrebbe definire un’ispirazione foucaultiana, il potere che ci mette in difficoltà con la crisi, la precarietà, il debito, noi lo sentiamo prima di tutto con i nostri corpi, attraverso i riverberi che si riflettono sulle nostre vite.

        Il sentimento prevalente del nostro tempo è, dunque, la percezione, indistinta e soffocante, di un “divenire mondo del capitale attraverso gli strumenti della governamentalità neoliberista”, per usare un’efficace immagine di Dardot e Laval tratta dal loro ultimo libro Del comune o della rivoluzione del XXI secolo (DeriveApprodi 2015), ovvero “la sensazione che non si possa più uscire da tale cosmo”. I discorsi “morali” che, a volte, vediamo dipanarsi a partire dalla descrizione delle nuove forme dell’organizzazione economica mondiale connessa alla crisi permanente, non riescono a rappresentare una difesa utile. Da questo punto di vista, non ha grande senso il rimpianto per l’età dell’oro del fabbrichismo, dell’economia “reale”, fondata su beni materiali e tangibili e contrapposta a una presunta, imprendibile e forviante, produzione “immateriale” contemporanea, che tutto avrebbe scombinato e corrotto. Tracciare una linea netta è pressoché impossibile, dovendo, tuttavia, tenere presente l’aspetto nullificante della convenzione finanziaria che sta alla base dell’intero processo: “Il vecchio modello industriale di accumulazione era fondato sul ciclo Denaro-Merce-più Denaro. Il nuovo modello di accumulazione sembra fondato sul ciclo Denaro-Predazione-più Denaro, che implica però una conseguenza: Denaro-Impoverimento sociale-Più denaro [...]. Come attrattore e distruttore di futuro, il capitalismo finanziario cattura energie e risorse trasformandole in astrazione monetaria, cioè in nulla” (Franco Berardi, prefazione a Diario della crisi infinita di Christian Marazzi, ombre corte). Leggi tutto


        Paolo Cardena: La capitolazione di Tsipras?

        vincitori e vinti

        La capitolazione di Tsipras?

        di Paolo Cardena

        Negli ultimi giorni mi sono chiesto spesso se Tsipras sia un abilissimo stratega oppure l'ennesimo politico incapace che, comunque, si trova a gestire una situazione più grande di lui. Sono dubbi che ancora non hanno trovato una risposta,  ma  tra qualche ora, in un modo o nell'altro, verranno spazzati via dalla realtà.

        Tuttavia, è possibile fare qualche considerazione in più.

        Come sapete il governo di Atene, nelle ultime ore, ha presentato una proposta ai creditori che, a quanto pare, sembrerebbe essere stata accolta con favore dai diversi leader europei, seppur in modo informale. Tant'è che anche i mercati sembrano credere a un accordo ormai imminente.

        Il fatto è che, ammesso che quel che circola sia il documento ufficiale (e c'è chi ha argomentato che non lo sia - si legga Zeroconsensus), la proposta fatta ai creditori sembrerebbe addirittura peggiorativa rispetto a alle condizioni che,  domenica scorsa, gli elettori greci hanno rispedito al mittente.

        Se le cose dovessero stare in questi termini, verrebbe da dire che la capitolazione di Tsipras è addirittura clamorosa, visto che prima ha indetto un referendum per dare la parola al popolo greco e poi ha presentato delle proposte che, in buona sostanza, sono asimmetriche rispetto al risultato referendario. Leggi tutto


        Paolo Favilli: La forca e il Partenone

        rifonda

        La forca e il Partenone

        di Paolo Favilli*

        Contro Atene, la coerenza del Pd

        «Grande è la confusione sotto il cielo», ma la situazione è tutt’altro che eccellente. Stiamo assistendo ad una forma di impazzimento del frullato politico, proprio come avviene con la proliferazione incontrollata di grumi e  di scollamenti nel connettivo della maionese. Il fenomeno, però, non è indicatore di mutamenti importanti negli equilibri tra i poteri economici davvero dominanti, ma solo della progressiva decomposizione del tessuto sociale e delle sue proiezioni politiche. Anzi il fenomeno rafforza la stabilizzazione del «paradiso dei padroni», così qualche anno fa Serge Halimi ha chiamato lo stato di cose presente. E l’espressione non potrebbe essere maggiormente aderente alla realtà.

        Seppure nella salsa italiana che da più di vent’anni caratterizza i “capi” emersi nel paese (una mistura di ignoranza, arroganza, interesse privato, tratti macchiettistici, impermeabilità al senso del ridicolo, estraneità sostanziale allo stato di diritto), il frullato politico nazionale non si differenzia dalle leadership internazionali consustanziali ai nuovi e vecchi padroni del mondo.  Comune è l’impegno per la distruzione progressiva del compromesso  tra «capitalismo civilizzato» (costretto alla civilizzazione) e società democratica. Comune è l’applicazione della «nuova razionalità» e dunque del rigore, della dura e giusta legge nei confronti dei lavoratori dipendenti protetti da garanzie inammissibili, durate per troppo tempo. Leggi tutto


        Augusto Illuminati: Iene della tastiera o allocchi?

        alfabeta

        Iene della tastiera o allocchi?

        Augusto Illuminati

        Ricordate le ždanoviane “iene con la macchina da scrivere”? Ricordate, insomma, si fa per dire, perché per averne sentito parlare occorre avere una certa età e non è facile neppure rintracciare l’espressione su Google. Comunque all’epoca, nei tardi '40 del secolo scorso, veniva detto in genere a torto e spesso di bravissime persone, tipo Sartre o Camus quando deragliavano dall’ortodossia cominformista (ancora googlare, per i militanti più giovani).

        Problemi a rilanciare la formula, come un qualsiasi oggetto vintage? No, gli obbiettivi adatti abbondano – basta leggere gli editoriali sulla Grecia di Repubblica, Corriere della Sera e dello spinelliano Foglio (di cui appunto è amministratore delegato il rag. Spinelli, sì, proprio lui, il pagatore non utilizzatore delle olgettine). Per imbarazzo sul nome del fondatore e per irrilevanza mediatica tacciamo dell’Unità, “monumento equestre di Renzi”. L’unico problema è sostituire quell’arcaico oggetto museale con una banale tastiera. Iene con tastiera, ecco. La buonanima si stira nella tomba, le sue vittime d’allora pure e gli editorialisti d’assalto (sempre a quel tempo si diceva “sicofanti”, il liceo classico funzionava) hanno l’epiteto che si meritano.

        Non solo i Livini, Bonanni, Cerasa, ma tutta la genia dei sondaggisti che, davvero ci meravigliamo, non scoppino a ridere incontrandosi per strada, secondo il mirabile detto di Catone riportato da Cicerone (qui mirari se aiebat, quod non rideret haruspex, haruspicem cum vidisset). Leggi tutto


        Lavoro Insubordinato: Epilogo del lavoratore pieghevole e prologo di uno sciopero necessario

        conness
                      precarie

        Epilogo del lavoratore pieghevole e prologo di uno sciopero necessario

        di Lavoro Insubordinato

        lavoratore
                    pieghevole 300x225Abbiamo già parlato del modo in cui il Jobs Act sta mettendo in atto concretamente quella generalizzazione della precarietà che ne fa una norma e non una condizione specifica. Abbiamo anche visto come il contratto a tutele crescenti sia niente più che un gioco di prestigio per far salire le statistiche sull’occupazione mentre permette quella che possiamo definire a tutti gli effetti una legalizzazione del lavoro nero (se non fosse che stipendi e salari sono più bassi), facendo della flessibilità un requisito necessario e sufficiente della forza lavoro. Voucher, tutele crescenti, drastica riduzione delle prestazioni sociali e della previdenza: più che lavoratori e lavoratrici flessibili si potrebbe dire «pieghevoli», da riporre all’occorrenza, come la nuova normativa sui licenziamenti consente.

        Con il Jobs Act scompare infatti perfino la reintegra nel posto di lavoro. Si impone così un salto all’indietro rispetto alla possibilità per il lavoratore di controbilanciare il rapporto di forza con il datore di lavoro, se non altro per contrattare la propria liquidazione. L’art. 18 consentiva infatti, com’è noto, la reintegra al lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa o, in alternativa, il dipendente poteva accettare un’indennità. Leggi tutto


        Claudio Valerio Vettraino: La forma-partito nella società liquida

        linterferenza

        La forma-partito nella società liquida

        Ricostruire il partito comunista: elitismo intellettuale o proposta strategica di lungo respiro?

        Claudio Valerio Vettraino

        poster cccpDal 3 al 5 Luglio si svolgerà a Via Monte testaccio a Roma la Festa Comunista, organizzata dal Partito Comunista di Marco Rizzo e compagni, che cerca – nella palude teorica e politica italiana, di ridare voce e prospettiva ad un’analisi marxista della società capitalistica e finanziaria contemporanea.

        Un tentativo ambizioso e forse titanico ma per molti ritenuto necessario, per aprire una seria e profonda riflessione sul “caos” odierno e per tentare di ridefinire un’alternativa di sistema all’attuale ordine mondiale, ridando la parola ai popoli e ai lavoratori, costruendo (assieme per esempio alla coalizione sociale di Landini e di parte della Fiom) quel fronte rappresentativo del mondo del lavoro, oggi indispensabile per ridefinire qualsivoglia azione di rivendicazione e di lotta sociale, in Italia, in Europa e nel Mondo.

        Impossibile su questo, non essere d’accordo; chi scrive è del tutto convinto che questa è la strada maestra da intraprendere. Dare voce e rappresentanza ad un mondo del lavoro quanto mai diviso e frammentato, precarizzato e disperso, atomizzato ed alienato; assuefatto alla barbarie e allo sfruttamento come dati “naturali” del sistema e della vita quotidiana. Leggi tutto


        Slavoj Žižek: "L’eresia di Syriza può salvare L’europa della solidarietà egualitaria"

        eddyburg

        "L’eresia di Syriza può salvare L’europa della solidarietà egualitaria"*

        Slavoj Žižek

        Un riflessione del filosofo sloveno, e una conclusione: «Syriza è in realtà pericolosa, pone effettivamente una minaccia all’attuale orientamento della Ue - il capitalismo globale odierno non può permettersi un ritorno al vecchio stato sociale»

        La vittoria del “no” al referendum greco, netta oltre ogni aspettativa, è un voto storico, espresso in una situazione disperata. In passato ho spesso citato la barzelletta che circolava negli ultimi dieci anni di vita dell’Unione Sovietica e che aveva come protagonista Rabinovitch, un ebreo intenzionato a emigrare. Il funzionario dell’ufficio emigrazione gliene chiede il motivo e Rabinovitch risponde: «I motivi sono due. Il primo è che ho paura che in Unione Sovietica i comunisti perdano il potere e che il nuovo governo incolpi noi ebrei di tutti i crimini dei comunisti — che si torni ai pogrom antisemiti…». «Ma è assurdo», lo interrompe il funzionario, «in Unione Sovietica non può cambiare nulla, il potere dei comunisti durerà in eterno!». «Beh» risponde calmo Rabinovitch, «quello è il secondo motivo ». Mi hanno detto che ora ad Atene circola una nuova versione della storiella: un giovane greco va al consolato australiano di Atene per chiedere il visto di lavoro. «Perché vuole lasciare la Grecia?» gli chiede il funzionario. «Per due motivi», risponde il giovane. «Il primo è che ho paura che la Grecia esca dall’Ue, della nuova povertà e del caos che ne verranno…». «Ma è assurdo », lo interrompe il funzionario, «la Grecia rimarrà nella Ue e si assoggetterà alla disciplina finanziaria!». «“Beh», risponde calmo il greco, «quello è il secondo motivo… ». Leggi tutto


        Emanuela Fornari: Sulla crisi permanente

        alfabeta

        Sulla crisi permanente

        Emanuela Fornari

        La “crisi” nasce in Grecia. Così Myriam Revault d’Allones apre il suo saggio La crisi senza fine. Saggio sull’esperienza moderna del tempo (O barra O edizioni, 2014, pp. 180) dedicato alla crisi intesa quale “metafora assoluta” del nostro tempo. Si tornerà – e per diverse ragioni – sull’origine greca di un lemma che al giorno d’oggi imperversa non solo nel dibattito pubblico ma anche nella vita quotidiana di ciascuna e ciascuno. Perché merito del libro di Revault d’Allones è innanzitutto quello di offrire al lettore un esemplare raro di “storia dei concetti” che muove da un interrogativo che coinvolge in modo bruciante l’attualità.

        Che ne è della crisi quando questa si fa permanente? Quando l’eccezione (la krisis come momento culminante di una malattia, secondo l’origine medica del termine) diviene norma, stato perpetuo e irredimibile? E che ne è, soprattutto, della politica, che con il tempo e sul tempo costruisce – deve costruire – la propria trama di storicità? Storicità che altro non è che un costante, contingente intreccio di continuo e discontinuo, a testimoniare la presenza dell’atto, dell’agire, in un altrimenti piatto scorrere degli accadimenti.

        Ma, per sintetizzare l’operazione di Revault d’Allones, vorrei muovere a ritroso, partendo dalle domande con cui il testo si chiude. La filosofa francese, infatti, prende atto di una “crisi del tempo”, di una detemporalizzazione, che caratterizzerebbe le nostre società cosiddette avanzate, costrette a vivere in altrettante “eterocronie” che impediscono di riportare a una sintesi coerente quelli che Reinhardt Koselleck riteneva i due assi del tempo vissuto: l’esperienza e l’aspettativa. Leggi tutto


        ilsimplicissimus: La banca dei Brics e il referendum greco

        ilsimplicissimus

        La banca dei Brics e il referendum greco

        di ilsimplicissimus

        C’è qualcosa che non emerge con chiarezza nella foschia della crisi greca ed è la singolare coincidenza tra il referendum di domenica e l’inizio mercoledì prossimo dell’operatività della nuova banca di sviluppo dei Brics, in occasione del summit fra Cina, Russia, India, Brasile, Sudafrica in programma a Ufa, una cittadina industriale negli urali meridionali, esattamente a cavallo fra l’Europa e l’Asia. Tutto si tiene naturalmente, ma ho l’impressione che i colloqui tra Tsipras e Putin si possano situare ad una intersezione geopolitica che riguarda meno l’eventuale presenza navale di Mosca nell’Egeo o aiuti diretti della Russia ad Atene quanto invece a una possibile copertura della nuova banca aperta a qualsiasi Paese che voglia costruire un ordine economico mondiale alternativo al Washington consensus, imperniato sul Fondo monetario internazionale.

        Non è un caso che proprio l’Fmi, uno dei più duri nell’esigere i massacri sociali in Grecia, ora sia l’istituzione finanziaria più possibilista nei confronti di Atene convenendo sul fatto che occorra un corposo taglio del debito greco pur di evitare che il piccolo Paese mediterraneo sia uno dei primi ad orientare altrove la propria bussola. Ma, come accade sempre più spesso con le informazioni che non piacciono alla governance continentale, la notizia del via operativo alla Nuova banca di sviluppo praticamente non è nemmeno comparsa sui media mainstream impegnati a raccontare di sondaggi sospetti sul referendum lanciato dal governo di Atene (tutti condotti da società collegate a gruppi euro – americani) e ad agitare le solite paure. Leggi tutto


        Wolfgang Streeck: L'euro, un errore politico

        micromega

        L'euro, un errore politico

        Giuliano Battiston intervista Wolfgang Streeck

        euro qe trap«L’euro non è l’Europa». Per analizzare con lucidità il negoziato sul debito greco Wolfgang Streeck suggerisce di partire da qui. «L’equazione tra l’Unione monetaria e l’Europa è semplicemente ideologica, serve a nascondere interessi prosaici», spiega nel suo studio il direttore del Max-Planck Institut per la ricerca sociale di Colonia.

        Gli interessi dei paesi del Nord Europa contro quelli del Sud, della finanza internazionale contro le popolazioni mediterranee, del “popolo del mercato” (Marktvolk) contro il “popolo dello Stato” (Staatvolk): del capitalismo contro la democrazia. Per l’autore di "Tempo guadagnato. La crisi rinviata del capitalismo democratico" (Feltrinelli, 2013), il caso greco non rappresenta infatti che l’ultima variante del processo di dissoluzione del regime del capitalismo democratico del dopoguerra. Quel regime che aveva faticosamente tenuto insieme, in una combinazione fragile e instabile, democrazia e capitalismo appunto, dando vita a un patto sociale ormai imploso.

        Anche in Europa. E proprio a causa di un’Unione europea che si è fatta «motore di liberalizzazione del capitalismo europeo, strumento del neoliberismo». E di una moneta comune che serve gli «interessi del mercato». Per uscire dal vicolo cieco dell’Europa liberista votata all’austerity, per Wolfgang Streeck, tra i più influenti sociologi contemporanei, si dovrebbe partire proprio dalla rinuncia all’euro come moneta unica. Con una nuova Bretton Woods europea.

        Leggi tutto

        Andrea Zirotti: La rottamazione neoliberista della scuola della Costituzione è un attacco a tutti i lavoratori

        marxxxi

        La rottamazione neoliberista della scuola della Costituzione è un attacco a tutti i lavoratori

        di Andrea Zirotti

        Come specificato nel post-scriptum aggiunto appositamente dall'autore, questo intervento è stato scritto alcune settimane fa, prima dell'approvazione al Senato con un gravissimo voto di fiducia. Lo riproponiamo comunque, come contributo di analisi non schiacciato sulla cronaca, ma volto a ragionare anche sulle tendenze di fondo della lotta intrapresa dalle classi dominanti sul tema della scuola, così come sul tipo di risposta che si rende necessario da parte delle classi subalterne

        6Anche un cittadino mediamente distratto ha potuto avvertire che i provvedimenti sulla scuola del governo hanno suscitato nello stesso mondo della scuola un'opposizione finora vasta, visibile, multiforme. Renzi e i suoi ministri si sono prodigati a rintuzzare l'ondata di critiche, con una propaganda che tuttora alterna toni sprezzanti a false disponibilità al dialogo e non disdegna messaggi offensivi per gli insegnanti, come la sceneggiata alla lavagna del "capo" del governo. Non c'è dubbio: il governo è sempre in prima linea, anche in questo aspetto del lavoro politico; il ruolo delle forze parlamentari, in primis dello zelante PD, ma anche delle giubilanti FI e NCD, è in ciò di supporto.

        Qual è il nodo del conflitto? Una prima risposta, astenendosi da giudizi di valore, può essere: la ristrutturazione (o, meglio, la sua continuazione) del sistema scolastico nazionale. Nel rispondere a questa domanda, non di rado c'è chi si sofferma ora su uno, ora su un altro aspetto di questa devastante controriforma, perdendo di vista il progetto complessivo di trasformazione, per non dire del suo rapporto con il contesto attuale: un atteggiamento prevedibile in questi tempi di deboli coscienze politiche, in cui riesce a prevalere una lettura di tipo sindacale, e di sindacati in tempi di deboli coscienze politiche.

        Leggi tutto

        Manlio Dinucci: manifesto Nato, la «forza di risposta» allineata

        manifesto

        Nato, la «forza di risposta» allineata

        Manlio Dinucci

        «Ripu­gnante vio­lenza»: così il segre­ta­rio gene­rale della Nato Jens Stol­ten­berg defi­ni­sce l’attacco ter­ro­ri­stico in Tuni­sia. Can­cella con un colpo di spu­gna il fatto che la rea­zione a catena, di cui la strage in Tuni­sia è uno degli effetti, è stata messa in moto dalla stra­te­gia Usa-Nato. Un docu­mento dese­cre­tato del Pen­ta­gono, datato 2012, con­ferma che l’Isis, i cui primi nuclei ven­gono usati dalla Nato per demo­lire con la guerra lo Stato libico, si forma in Siria reclu­tando soprat­tutto mili­tanti sala­fiti sun­niti. Finan­ziati da Ara­bia Sau­dita e altre monar­chie, essi ven­gono rifor­niti di armi attra­verso una rete della Cia. Obiet­tivo: «sta­bi­lire un prin­ci­pato sala­fita nella Siria orien­tale», in fun­zione anti-sciita, e da qui sca­te­nare l’offensiva in Iraq quando il governo dello sciita al-Maliki si allon­tana da Washing­ton, avvi­ci­nan­dosi a Pechino e Mosca.

        Ulte­riore con­ferma viene da docu­menti sau­diti, appena rive­lati da Wiki­leaks: essi dimo­strano che, almeno dal 2012, l’Arabia Sau­dita ali­menta la guerra segreta in Siria, di con­certo con la Turchia.

        Quindi con la Nato, che loda la pro­pria part­ner­ship con l’Arabia Sau­dita e le altre monar­chie del Golfo per­ché «for­ni­scono in modo sem­pre più effi­ciente sicu­rezza, anche al di là della loro regione».

        Ben dimo­strato dalla guerra con­tro lo Yemen dove l’Arabia Sau­dita, soste­nuta mili­tar­mente dagli Usa, com­mette ogni giorno stragi di civili ben peg­giori di quella in Tuni­sia riven­di­cata dall’Isis, docu­men­tate da una mostra foto­gra­fica aper­tasi nella capi­tale yeme­nita. Igno­rate però dai grandi media che, foca­liz­zando l’attenzione sugli inno­centi turi­sti uccisi su una spiag­gia tuni­sina, sfrut­tano que­sto cri­mine per dimo­strare che l’Occidente è sotto attacco e deve quindi difendersi. Leggi tutto


         

         

        I più letti degli ultimi tre mesi

        tonino

        unread,
        Jul 17, 2015, 2:29:57 PM7/17/15
        to sante gorini

        Militant: La ricerca di una giusta chiave di lettura della questione europea

        militant

        La ricerca di una giusta chiave di lettura della questione europea

        Militant

        grecia 3.jpg.aspx La questione europea, qualsiasi approccio si vuole assumere, con molta probabilità costituirà uno dei principali campi di intervento politico di qui al futuro prossimo. Per una sinistra degna di questo nome sarà quindi inevitabile farci i conti. Girare attorno alla questione farà solo perdere tempo, perché non siamo stati e non saremo noi a porla all’ordine del giorno delle vicende politiche. Più semplicemente, sarà la realtà materiale ad imporre l’Unione europea come soggetto politico che in qualche modo rappresenta il potere, con tutto il carico di valore politico a cui rimanda questo concetto. Da questo punto di vista, inutile porre la questione solo in chiave esperienziale e di mera prassi quotidiana. Serve in qualche modo una teoria, un approfondimento analitico capace di indicare cosa rappresenta l’accentramento europeista, chi ne sono gli artefici e chi, di conseguenza, gli amici e i nemici. Anche in questo caso, possiamo comodamente girarci intorno, chiuderci nei nostri confini nazionali augurandoci che procedendo col paraocchi allontani le contraddizioni che si porta appresso la vicenda della Ue. Non andremo però molto lontano, e la vicenda greca dovrebbe in qualche modo certificare questo fatto. Per quanto possiamo negarlo, anche la più piccola delle vicende nostrane dipende in tutto e per tutto da un centro di potere che non si situa né nei nostri territori né semplicemente nel governo nazionale. Perchè allora continuare a negare un fatto che costituisce sempre più un’evidenza?

        Leggi tutto

        @arthasastra85: Perchè il trattato MES esclude la possibilità di nuovi aiuti alla Grecia

        kappadipicche

        Perchè il trattato MES esclude la possibilità di nuovi aiuti alla Grecia

        di @arthasastra85

        trattato mesLa vittoria del NO al Referendum del 5 luglio indetto dal governo guidato da Alexis Tsipras ha ridato coraggio al primo ministro ellenico sulle possibilità di scardinare il fronte dei creditori ed ottenere condizioni più favorevoli per un nuovo salvataggio del proprio paese. Dall’altre parte, nonostante l’apparente inflessibilità dei rappresentanti delle maggiori istituzioni europee ed internazionali, alcune fonti sostengono che per salvare l’Euro la Germania, attraverso la Cancelliera Angela Merkel, starebbe iniziando a considerare una ipotesi di taglio del debito greco.

        Tuttavia il solo taglio del debito ancora da restituire sulla base dei due precedenti piani di salvataggio non sarebbe sufficiente ad assicurare la sopravvivenza economica della Grecia e sarebbe pertanto necessario provvedere alla concessione di nuovi fondi tramite le risorse finanziarie accreditate dagli Stati dell’Eurozona nel Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Vediamo come questi fondi potrebbero essere concessi.

        E’ probabile che la Grecia chieda (i) aiuti finanziari per ricapitalizzare il proprio sistema finanziario (attualmente ancora in vita esclusivamente grazie alle linee di liquidità offerte dalla Banca Centrale Europea) e (ii) un ulteriore prestito in cambio dell’esecuzione di un programma di riforme macroeconomiche.

        Leggi tutto

        Manfredi De Leo: Caro Tsipras, il problema è la Bce

        micromega

        Caro Tsipras, il problema è la Bce

        di Manfredi De Leo

        La piccola Grecia ha vinto una battaglia importante, di quelle che lasciano il segno e che danno speranza. Ma pur sempre una battaglia, non certo la guerra di cui parlava, con cognizione di causa, il ministro delle finanze ellenico Varoufakis. Così, mentre in piazza Syntagma sventolano le bandiere rosse, già si intravedono i primi movimenti avversi nelle cancellerie europee, e nei grigi uffici di Bruxelles e Francoforte la reazione inizia a riorganizzarsi.

        Gli spazi di manovra del governo Tsipras si assottigliano ora dopo ora, principalmente a causa dei vincoli monetari che la BCE impone al sistema finanziario ellenico: la liquidità a disposizione degli istituti di credito, necessaria per l’ordinario funzionamento dell’economia, rischia di terminare presto, mentre pende sulla testa del governo greco la spada di Damocle del rifinanziamento del debito pubblico in scadenza.

        A ben vedere, fu proprio la BCE a mettere in atto la prima vera reazione politica all’elezione del governo Tsipras, a pochi giorni dal suo insediamento, negando alle banche elleniche la possibilità – garantita durante i governi precedenti – di ottenere liquidità in cambio di titoli pubblici greci. In questa maniera, il sistema finanziario ellenico perse un discreto grado di autonomia nella gestione della liquidità, e fu costretta a reperire il denaro dall’ultimo canale rimasto attivo, l’ELA. Leggi tutto


        Saskia Sassen: Tre fatti raramente (o mai) ricordati della tragedia greca

        effimera

        Tre fatti raramente (o mai) ricordati della tragedia greca

        di Saskia Sassen

        Sarai tu, caro lettore, a decidere se questi tre fatti ti porteranno a dire Sì o No all’austerità – non all’Europa.

         

        I. Il 28 gennaio 2015, tre giorni dopo la vittoria di Syriza, Mark Carney (governatore della Banca Centrale d’Inghilterra), ha dichiarato che “la zona euro si trova in una trappola del debito e si dovrebbe mitigare la linea dura dei tagli di bilancio”. Carney ha ulteriormente chiarito il suo pensiero: il mancato completamento del processo di integrazione accoppiato con  l’adozione di politiche di bilancio ultra-restrittive rischiava di portare l’area della moneta unica in una trappola del debito”.

        Voglio semplicemente sottolineare quanto affermato da Carey, e, in secondo luogo, che tale dichiarazione è stata, in generale, raramente ripetuta e riportata sui giornali.

        Poco dopo la vittoria di Syriza, pure Lagarde, direttrice del Fondo monetario internazionale, ha affermato: “Lavoreremo con la Grecia.” Poi non ha mai abbastanza ripetuto questa chiara, breve, significativa dichiarazione, senza se e senza ma: la volontà di aiutare.
        Queste posizioni sono state contraddette e demolite dal tedesco Schäuble, che in quegli stessi giorni ha ripetuto la litania: “Gli accordi sono accordi. Noi non disattendiamo agli accordi …”. Leggi tutto


        Paolo Cardena: La bolla cinese spiegata a mi' nonna

        vincitori e vinti

        La bolla cinese spiegata a mi' nonna

        Paolo Cardena

        Come sapete, nelle ultime settimane, la borsa di Shanghai ha perso circa il 30%. Siccome tutti parlano della bolla cinese, ho pensato di raccontarvi "la vicenda" in modo irrituale rompendo un po' la monotonia del format dei post pubblicati in questi pixel. Buona lettura.

        Accade che, con questo caldo, c'è una birreria (il broker) che serve dell'ottima birra ghiacciata. Tu sei accaldato, molto accaldato e hai proprio bisogno di rinfrescarti. Entri nel locale e trovi un sacco di gente che parlano, bevono, si rinfrescano e si divertono (sono gli investitori che stanno facendo profitti sulla borsa di Shanghai).

        E' una festa, insomma.

        Allora, ti avvicini al bancone e chiedi una pinta di birra che costa 5 euro: esattamente l'importo che hai disponibile nelle tue tasche. Il barman te la serve e la butti giù tutta d'uno sorso (investi i tuoi primi soldi e guadagni). Ma siccome sei molto accaldato, non hai trovato molto giovamento dalla birra che hai tracannato e vorresti bere all'infinito (vorresti guadagnare all'infinito).

        E poi c'è aria di festa e anche tu vuoi divertirti (vuoi continuare a guadagnare insieme a tutti gli altri). Il barman, vedendo che ne hai ancora voglia, chiede se deve servirti un'altra birra. Ma tu spieghi che non hai soldi e che quindi non puoi prenderne un'altra (non puoi permetterti di investire ancora, perché hai già investito tutti i tuoi soldi). Leggi tutto


        Raffaele Alberto Ventura: Facebook e il declino dell’Occidente

        prismo

        Facebook e il declino dell’Occidente

        di Raffaele Alberto Ventura

        Mark Zuckerberg è convinto che l’Occidente sia sull’orlo del fallimento. Ma ha un'arma segreta, è negli scritti di Ibn Khaldun, grande storico arabo del Medioevo

        11725064 10153508555287948 810178169 o
                    1680x840Dall’inizio dell’anno 2015 Mark Zuckerberg ha preso l’abitudine di consigliare dei libri per animare un dibattito sulla pagina A Year of Books, ispirandosi a quello che da qualche tempo già faceva Bill Gates. E bisogna ammettere che i consigli dei miliardari americani sono spesso ottimi: se grazie a Gates il mondo ha conosciuto gli studi dell’esperto di energia Vaclav Smil sul declino della potenza economica americana, Zuckerberg in questi mesi ha promosso saggi non banali di filosofia della scienza, sociologia, antropologia e geopolitica. Tutto sommato è incoraggiante sapere che i potenti della terra fanno buone letture e riflettono sulle loro strategie nel contesto di una visione a lungo termine. Con un pizzico di nostalgia, riporta la nostra mente ai tempi di Adriano Olivetti e delle sue Edizioni di Comunità.

        Zuckerberg non ha fama di essere un intellettuale e, se crediamo alla sua incarnazione cinematografica, forse nemmeno di essere particolarmente intelligente: l’immagine che ne abbiamo è di qualcuno capitato un po’ per caso su una grande idea e presto circondato da astuti finanziatori e abili consiglieri. E allora che dire, se non che gli abili consiglieri hanno fatto un ottimo lavoro? Il giovanotto si è dimostrato particolarmente ricettivo. Zuckerberg continua a stupire — e non sto parlando della recente attivazione delle gif animate sul suo social network.

        Leggi tutto

        Sebastiano Isaia: Quel che resta del referendum

        sebastianoisaia

        Quel che resta del referendum

        di Sebastiano Isaia

        alexangelaIl pezzo che segue è stato scritto ieri, otto luglio. Oggi aggiungo solo che, come scrivono il Wall Street Journal e il Financial Times, la crisi borsistica cinese, sintomo di sofferenze strutturali che probabilmente non tarderanno a manifestarsi in modi socialmente più devastanti («Ora che la bolla è lì lì per scoppiare, i piccoli investitori cinesi rischiano di perdere tutto, e il governo teme le conseguenze» (Il Foglio, 8 luglio 2015); il collasso borsistico di questi giorni a Shanghai e Shenzhen, dicevo, rischia di far apparire una ben misera cosa la crisi greca, una magagna che ha come suo centro motore «un Paese la cui economia vale quanto quella del Bangladesh». D’altra parte è anche vero che il peso geopolitico della Grecia è tutt’altro che irrilevante, ed è esattamente questa scottante materia prima politica che Tsipras sta cercando di valorizzare al massimo nelle trattative con i “poteri forti”, come peraltro non ha mancato di rimproverargli ieri all’Europarlamento il Presidente del Consiglio UE Donald Tusk. Come agirà (se agirà) lo sgonfiamento della bolla speculativa cinese sulla crisi greca: da classico deus ex machina in grado di risolvere una vicenda che appare altrimenti senza via di uscita, o come goccia che fa traboccare l’altrettanto classico vaso (di Pandora, certo)? Forse questa domanda sarà balenata ieri nella testa di più di un leader europeo. Leggi tutto


        Pierfranco Pellizzetti: Società o barbarie

        filosofiainmov

        Società o barbarie

        di Pierfranco Pellizzetti

        officine corsareore20.30Anni incanagliti, quelli in cui stiamo vivendo gli anni della nostra vita.

        La stagione in cui l’assiomatica dell’interesse possessivo, impostasi quale unico principio regolatore dell’umana convivenza, ha dato mano libera all’accaparramento in quanto accumulazione di capitale e alla spirale impazzita della disuguaglianza, alla legittimazione della mediocrità proterva come tipologia umana egemone, alla banalità semplificatoria per la concettualizzazione dominante. A cominciare – appunto – dallo svilimento della democrazia e lo svuotamento della politica.

        Questo è – almeno – quanto vedono i miei stanchi occhi.

        Fisime di un uomo vecchio, afflitto dal rimpianto nostalgico (idealizzato) dei tempi andati, quando ancora c’era tela da tessere, speranze da coltivare e i doloretti vari al momento non si facevano sentire?

        Ad altri giudicare. Da parte mia ho provato a ragionare al riguardo, elencando argomentazioni che mi sembrano “oggettive” (se l’aggettivo fatale mantiene ancora un qualche senso), nel saggio appena pubblicato per i tipi de il Saggiatore: “Società o barbarie – il risveglio della politica tra responsabilità e valori”.

        Leggi tutto

        Piotr: Dopo Grecia, un 'ISIS finanziario' affila le armi?

        megachip

        Dopo Grecia, un 'ISIS finanziario' affila le armi?

        di Piotr

        Accanto all'ISIS fondamentalista sorgerà l'ISIS finanziario. Non è escluso che le loro mosse colpiscano in modo coordinato, dato che condividono già i corridoi del denaro

        Occorre dare un senso politico (prima che finanziario ed economico) allo straordinario voto greco.

        La vittoria dei No è innanzitutto una vittoria della democrazia contro l'oligarchia. Per questa vittoria dobbiamo indubbiamente ringraziare l'accorta conduzione politica dei negoziati da parte del governo greco.

        Le dimissioni di Yanis Varoufakis non sono ancora facili da valutare. Potrebbero essere frutto di una tattica precisa per togliere alibi alla Troika. Ma potrebbero esprimere anche la preoccupazione dell'ex ministro per la piega che i nuovi negoziati potrebbero prendere. Voglia il cielo che non sia così.

        Ragion per cui, probabilmente il problema più importante che ci troveremo di fronte sin da subito sarà il tentativo delle spaventate élite europee di tagliare risolutamente le gambe a ogni espressione democratica sostanziale e non puramente formale.

        Cosa succederà a livello finanziario ed economico, a oggi credo che non lo sappia veramente nessuno. Solo ipotesi, più o meno ragionevoli. Leggi tutto


        Aldo Giannuli: L’ossessione dell’onestà: quando il M5s esagera

        aldogiannuli

        L’ossessione dell’onestà: quando il M5s esagera

        di Aldo Giannuli

        Il tribunale ha dato ragione a De Magistris sulla sua sospensione in base alla legge Severino: resta sindaco sino a quando la Corte Costituzionale si pronuncerà. Stesso risultato per De Luca che è stato reintegrato. La cosa ha destato un certo scandalo in giornali come “Il Fatto” (che teme, peraltro fondatamente, che questi precedenti possano riaprire la strada a Berlusconi) e nel M5s che reclama la testa di tutti i condannati in primo grado.

        Il M5s ha rappresentato una salutare reazione alla nauseabonda classe politica che da venti anni infesta il nostro paese ed ancora oggi rappresenta la maggiore contestazione al sistema politico. Ed è comprensibile che, come tutte le “reazioni” abbia avuto in sé una carica eccessiva, un’enfasi particolare sul tema dell’onestà che ha finito per mettere in ombra aspetti forse più rilevanti come la competenza, la capacità di mediazione politica, la progettualità.

        Ci sta. Ma, anche facendo uno “sconto” sugli eccessi, in considerazione del carattere reattivo del fenomeno, bisogna dire che ora si sta andando oltre il limite dell’accettabile e credo sia necessaria una riflessione un po’ più a freddo sul tema.

        Iniziamo dalla Severino che reputo una legge fatta con i piedi. Infatti, prevede la sospensione di eletti che siano incorsi in una condanna di primo grado, ma non dice che il condannato non sia candidabile per cui il risultato è un pasticcio senza pari, del quale ci stiamo accorgendo ora con i casi De Magistris e De Luca. Leggi tutto


        Sergio Cesaratto: Il “più Europa” (è) liberista

        politica&econ 

        Il “più Europa” (è) liberista

        Sergio Cesaratto

        Questo articolo non è stato pubblicato da il manifesto. La cosa non ha bisogno di commenti, tranne che c'è un problema di libertà di espressione a sinistra

        Il No greco al referendum ha scatenato un coro quasi unanime di commenti secondo cui dall’impasse europea “fra gli opposti nazionalismi greco e tedesco” si esce solo con un’Europa politica e solidale, “meno egoista” insomma. Nei più avveduti, questa visione muove dalla constatazione che l’Europa monetaria non costituisce un’”area valutaria ottimale”. Si argomenta dunque che un’unione monetaria sostenibile implica un’unione politica, la sola che può garantire che i paesi forti si facciano carico, attraverso un cospicuo bilancio federale, dei paesi deboli. Ahimè il modello mercantilista tedesco, disastroso in un’unione monetaria, è anche refrattario a una unione federale “pesante”. Un argomento ancor più dirimente per dimostrare che un’Europa politica è pur possibile, ma solo con uno Stato minimale, viene da un vecchio saggio di Hayek del 1939. La sua argomentazione è che una federazione fra nazioni economicamente e culturalmente disomogenee (si potrà poi ragionare sull’importanza relativa dei due aggettivi) e che controlli un cospicuo ammontare di risorse, non potrà durare a lungo. Essa si fratturerà presto sui criteri di distribuzione delle risorse e/o del potere di allocarle. La fine dell’ex-Yugoslavia è l’esempio più evidente. E basti guardare a quello che succede in questi giorni. Leggi tutto


        Alain Badiou: Undici tesi ispirate dalla situazione greca

        effimera

        Undici tesi ispirate dalla situazione greca

        di Alain Badiou

        indexÈ più urgente che mai internazionalizzare la causa del popolo greco. Soltanto la cancellazione totale del debito assesterà un “attacco ideologico” all’attuale sistema europeo

        * * * * *

        1. Il “no” di massa del popolo greco non significa un rifiuto dell’Europa. Significa un rifiuto dell’Europa dei banchieri, del debito infinito e del capitalismo globalizzato.

        2. Anche una parte dell’opinione nazionalista, e persino della destra estrema, ha votato “no” riguardo alle istituzioni della finanza? Al diktat dei governi reazionari europei? Ebbene, lo sappiamo che ogni voto puramente negativo è in parte confuso. La destra estrema, da sempre, può rifiutare certe cose che rifiuta pure l’estrema sinistra. Soltanto l’affermazione positiva di ciò che si vuole risulta chiara. E tutti sanno che ciò che vuole Syriza è opposto a ciò che vogliono i nazionalisti e i fascisti. Il voto non è dunque semplicemente una presa di posizione contro le esigenze antipopolari del capitalismo globalizzato e dei suoi servitori europei. È anche un voto che, per il momento, dona fiducia al governo Tsipras. Leggi tutto


        Quarantotto: Euro alla frutta e TTIP alle porte

        orizzonte48

        Euro alla frutta e TTIP alle porte

        E il referendum-boomerang alla fine tutelerà i creditori

        di Quarantotto

        foto azimut fmi1. Dal blog di Krugman vi traduco, nelle parti salienti, questa irresistibile istantanea del volto idiota di una dittatura in nome dei mercati (e, ci ripetono in continuazione, della "pace"!):

        "Supponiamo...che si parlasse di aumentare permanentemente il saldo primario di un punto di PIL. Come ho scritto in precedenza, e come rileva Simon Wren-Lewis, data la mancanza di una politica monetaria indipendente, ottenere un surplus primario richiede molto più di un'austerità in "rapporto 1 a 1".

        In effetti, una buona ipotesi è che occorra tagliare la spesa pubblica del 2% del PIL, dato che l'austerità riduce l'economia e le entrate tributarie. Ciò, a sua volta, significa che si riduce l'economia intorno al 3%. Così, un 3% di colpo inferto al PIL per aumentare il saldo primario di 1.

        Ma un'economia ridotta implica che il rapporto debito/PIL vada inizialmente in aumento. Ed infatti, dato il punto di partenza della Grecia, con un debito al 170% del PIL, l'effetto avverso dell'austerità significa che cercare di innalzare di 1 punto il saldo primario determina la crescita del rapporto debito/PIL di 5 punti (0,03x170).
        Questo suggerirebbe che ci vorrebbero 5 anni di austerità per avere la ratio del debito nuovamente al livello in cui sarebbe stata in assenza di austerità.

        Ma, aspettate, c'è di più. Associamo Irving Fischer alla discussione. Un'economia più debole porterà a minor inflazione (o a una più intensa deflazione), che, anch'essa, tende a innalzare il rapporto debito/PIL.

        Leggi tutto

        Girolamo De Michele: Far finta di essere buoni. Per Luca Rastello

        euronomade

        Far finta di essere buoni. Per Luca Rastello

        di Girolamo De Michele

        maxresdefaultSe n’è andato per un brutto male contro cui ha lottato per anni Luca Rastello, un bravo compagno che ha fatto cose importanti come giornalista indipendente sempre dalla parte del torto, cioè la nostra, dalle guerre di Jugoslavia (La guerra in casa, 1998) alla TAV (Binario morto. Lisbona-Kiev. Alla scoperta del Corridoio 5 e dell’alta velocità che non c’è, con Andrea De Benedetti, 2012) dal narcotraffico (Io sono il mercato, 2009) ai migranti (La frontiera addosso. Così si deportano i diritti umani, 2010) fino al marcio che si annida nelle cooperative “belle e buone” (I Buoni, 2014). L’aver sollevato, in tempi non sospetti, il velo di ipocrisia sulle cooperative onlus gli procurò censure e attacchi feroci da Maramaldi di fama. Il Povero Yorick lo ricorda con un testo pubblicato su L’Indice n. 7/8 2014 (e poi su carmilla) al quale proprio I Buoni fornisce l’acchito.

        * * * * *

        C’è una frase, attribuita a Italo Calvino, che Mauro affigge sulla parete dell’ufficio della Onlus “In punta di piedi” in cui lavora: Dove si fa violenza al linguaggio è già iniziata la violenza sugli umani. Leggi tutto


        Pier Luigi Fagan: Grecia. Il tempo in mano ai creditori

        megachip

        Grecia. Il tempo in mano ai creditori

        di Pier Luigi Fagan

        E' da vedere, fra due settimane di lenta e impotente agonia, come e quale sarà l'umore del Paese e quale il prezzo politico che dovrà pagare il governo

        Ogni giorno che passa, la situazione in Grecia, s'aggrava. Operatori turistici chiudono, lavoratori rimangono  per strada, merci estere non vengono più acquistate per mancanza di credito, anche la produzione interna si blocca, blocco dei pagamenti, ovviamente blocco degli acquisti da parte dei greci stessi, commercio in ginocchio, industria piegata, i condizionatori si spengono, insomma "sangue sudore e lacrime". 

        Questa è la garrota greca, non i bancomat. 

        Ogni giorno che passa, la posizione negoziale greca perde forza perché il laccio di cuoio si stringe lentamente ed inesorabilmente, al collo. 

        Al fronte del "Nein" basta rimandare appuntamenti, alzare il sopracciglio, dire con aria sufficiente"no, non ci siamo, riprovate". Qualcuno sussurrerà "dài, riprovate così o cosà, cambiate questo o cambiate quello" come nel gioco "poliziotto buono - poliziotto cattivo",  lasciar viva la fiammella. 

        Ma la commissione d'esame sarà sempre insoddisfatta come in incubo à la Kafka. 

        E' mia opinione che Varoufakis si sia dimesso per tanti motivi, ma uno decisivo, forse, è stato proprio quello sul come gestire il dopo-referendum. Stampare una valuta parallela, poteva essere l'unica soluzione per annullare il vantaggio tempo che mette i creditori su un piedistallo a molti metri sopra i debitori. 

        Non occorre il folklore sulla Teoria dei giochi ed il neo-machiavellismo per capire l'asimmetria fatale che questo spread sul come diversamente le due parti vivranno il concetto di tempo, condizionerà la trattativa.  Leggi tutto

        tonino

        unread,
        Jul 20, 2015, 9:44:41 AM7/20/15
        to sante gorini

        Emmezeta: Il sogno di Vendola, l'incubo dei popoli

        sollevazione2

        Il sogno di Vendola, l'incubo dei popoli

        ... e le balle spaziali del manifesto

        di Emmezeta

        Non c'è cosa peggiore che scambiare un incubo per un sogno. 

        Ma lui si chiama Nichi e la cosa è normale. Meno normale è la situazione al quale il "sogno" si riferisce. Mentre in Europa va in scena l'ennesima riunione dell'Eurogruppo, con la Germania che non si accontenta della capitolazione di Tsipras — evidentemente al carnefice l'appetito vien mangiando—, in Italia ci tocca ancora sentir parlare del «sogno dell'Europa federale».

        Eh sì, Sinistra ecologia e libertà (Sel) si scioglie (scene di sgomento nel Paese), solo per tentare di costruire una "grande Sel" (scene di giubilo anche oltre frontiera). Fin qui nulla di male: se a qualcuno gli va di andare sottobraccio all'amichetto di Archinà mica possiamo farci niente. Quanto poi alla "grandezza" del progetto illustrato ieri parleranno i fatti. Quel che è grave, e certamente indicativo, è la riproposizione dell'idea di riformare quel che riformabile non è. Di scambiare, appunto, un incubo per un sogno.

        Leggiamo dal resoconto della Repubblica quel che ha detto Nichi Vendola: «Poi la ricetta per salvare l'Europa: "Vogliamo sentire parole di rilancio del sogno dell'Europa federale. E' necessario conferire più poteri alla Bce", affinché questo soggetto diventi "prestatore di ultima istanza, impedendo che il sistema creditizio internazionale si comporti come un usuraio nei confronti dei popoli del sud dell'Europa"». Leggi tutto


        Aldo Giannuli: Posso parlare male del volontariato?

        aldogiannuli

        Posso parlare male del volontariato?

        di Aldo Giannuli

        Sicuramente molti dei pochi che mi leggono staranno storcendo il naso già dal titolo: se c’è una cosa virtuosa, di cui non si può dire che bene, è il volontariato, espressione di altruismo, di senso civico, di dedizione agli ideali. Come si fa a parlare male di una cosa così nobile? Si può, si può…

        Intendiamoci, non biasimo affatto l’idea in sé di donare proprio tempo ed  energie per migliorare la società e soccorrere chi ne ha bisogno. Anzi auspico che molti altri lo facciano, ma nelle forme giuste e non ideologiche, perché il volontariato non può e non deve essere una forma di ideologia del “bene comune”.

        Il problema è che fare “del bene” (usiamo questa espressione logora ma utile a capirci) non è affatto una cosa semplice e va fatta con il cervello, il “cuore” da solo non basta e spesso fa danni. La giovane cretina che, con la benedizione del Comune, invasata dal sacro fuoco di fare la “cosa giusta” ed armata di pennelli, inizia a ripulire le mura cittadine dagli scarabocchi  degli imbrattatori, è capacissima di cancellare un murales che, invece, ha ragione di essere, è gradito dagli abitanti ed ha un suo valore estetico e magari artistico; una così è un pericolo pubblico a cui sarebbe bene proibire di uscir di casa. Il “volontario” che vola in zona di guerra senza nessuna cautela e si fa catturare, obbligando lo Stato a darsi da fare per la sua liberazione e sborsare un ingente riscatto, è un imbecille che andrebbe lasciato nelle mani dei suoi rapitori, così impara. Il soccorritore improvvisato può fare danni ancora peggiori all’infortunato e così via. Leggi tutto


        Angelo d’Orsi: Quanto è cattiva la “Buona Scuola”

        micromega

        Quanto è cattiva la “Buona Scuola”

        di Angelo d’Orsi

        Renzi e la ministra Giannini, una delle “Renzi Ladies”, cantano vittoria: il DDL sulla “Buona Scuola” (che infamia, già l’etichetta!), è stato approvato da una Camera dalla cui aula la residua e risibile “opposizione interna” del PD è uscita, credendo di salvarsi l’anima. Una prece per loro e per la “ditta” (Bersani docet).

        Il decreto è un tassello importante del percorso del ducetto fiorentino, volto alla eliminazione dei corpi intermedi, alla sconfitta delle rappresentanze sociali e all’azzeramento della dialettica democratica. Un tassello tanto più importante se lo si colloca nel contesto delle altre “riforme” portate avanti da questo governo che si sta rivelando, una settimana dopo l’altra, uno dei peggiori, per la qualità negativa della sua azione, ossia per gli effetti in corso e quelli prevedibili, della storia repubblicana.

        La riforma elettorale, quella costituzionale, le modifiche del mercato del lavoro, la responsabilità civile dei magistrati, persino l’abolizione delle Province (asserita, peraltro, con la creazione di quel monstrum giuridico e politico delle “Città metropolitane”) … Tutto concorre a disegnare uno scenario perfetto di “post-democrazia”, ossia di un regime sostanzialmente autoritario e neoleaderistico che conserva in parte, anche se sempre più ristretta, le forme della democrazia. E il cui obiettivo di fondo è appunto smantellare le conquiste politiche, culturali, sociali delle classi subalterne, e sottoporle alla dura legge della tecnocrazia finanziaria.

        Leggi tutto

        Riccardo Achilli: La fine del riformismo

        linterferenza

        La fine del riformismo

        Riccardo Achilli

        battle of
                    thermopylae battaglia
                    delle termopiliLa vicenda greca sarebbe stata, come tutti dicevamo, estremamente istruttiva per capire i destini della sinistra e dell’Europa. Sotto il primo profilo, emerge il fallimento totale del paradigma di Syriza, ovvero la possibilità di invertire in senso progressivo, o quantomeno meno recessivo, la direzione di marcia delle politiche economiche, e quindi di restituire una qualche forma di speranza nel futuro al suo Paese e, indirettamente, a tutti i Paesi sottoposti ad austerità nell’eurozona.

        Dopo cinque mesi di negoziati estenuanti, un referendum tradito che, a questo punto, può essere considerato soltanto come una misura per evitare un possibile golpe che si stava materializzando, oppure, come sottolinea maliziosamente Evans Pritchard, come il veicolo per ottenere un “si” e far passare l’austerità anche agli occhi dell’ala recalcitrante di Syriza, dopo aver dovuto imporre un blocco ai movimenti di capitali ed alla liquidità di banche oramai esangui e che dovranno andare incontro ad un doloroso (dal punto di vista occupazionale) ed incerto (dal punto di vista competitivo) processo di fusioni, dopo tutto questo percorso tormentato, ecco quello che la Grecia ottiene: Leggi tutto


        Jacques Sapir: La resa

        vocidallestero

        La resa

        di Jacques Sapir

        Il prof. Sapir legge e commenta il terrificante “accordo” che l’Eurogruppo ha imposto alla Grecia, questo lunedì mattina, come condizione per ricevere liquidità e dunque non uscire (per ora) dall’euro. Le conseguenze politiche sono spaventose: di fatto in Grecia la democrazia come la conosciamo è stata cancellata. Gli stessi prestiti dovranno essere rimborsati, se necessario, con la svendita più selvaggia dei beni pubblici. François Hollande si è vantato di aver “salvato l’euro”. Ma, nota Sapir, euro, austerità e abolizione della democrazia sono palesemente la stessa cosa

        timthumbNel primo mattino di lunedì 13 luglio, il primo ministro greco Alexis Tsipras si è infine arreso. Si è arreso alle pressioni irragionevoli della Germania, ma anche della Francia, della Commissione Europea e dell’Eurogruppo. Ad ogni modo si è arreso. Non ci sono infatti altri termini per definire l’accordo che gli è stato imposto dall’Eurogruppo, nonché dai vari dirigenti europei, se non come una pistola – o più esattamente la minaccia di un’espulsione della Grecia dall’eurozona – puntata alla tempia. Questa resa avrà delle conseguenze drammatiche, in primo luogo in Grecia, dove l’austerità continuerà ad essere messa in atto, ma anche nel resto dell’Unione Europea. Le condizioni alle quali questa resa è stata ottenuta distruggono il mito di un’Europa unita e pacifica, di un’Europa di solidarietà e di compromessi. Abbiamo visto la Germania ottenere sulla Grecia ciò che anticamente si chiamava una “pace cartaginese”. Sappiamo che questa è stata fin dall’inizio la posizione del signor Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo [1]. Ma abbiamo anche visto, con rabbia, che alla fine la Francia si è inchinata alla maggior parte delle richieste tedesche, qualunque cosa ne dica il nostro presidente.

        Questo 13 luglio è e resterà nella Storia come un giorno di lutto, sia per la democrazia che per l’Europa. Leggi tutto


        ilsimplicissimus: La buona scuola, la cattiva Grecia: storia di sconfitte annunciate

        ilsimplicissimus

        La buona scuola, la cattiva Grecia: storia di sconfitte annunciate

        di ilsimplicissimus

        L’approvazione della “buona scuola” arrivata dopo incredibili ricatti occupazionali sia sui precari che su parlamentari in gran parte di livello inqualificabile, fa il paio con il cedimento pressoché completo di Tsipras alla troika. I due fatti sono apparentemente distantissimi, ma c’è un elemento di fondo che lega i due eventi e che riguarda il ruolo, le modalità, il senso dell’opposizione e del consenso nei sistemi post democratici. Da una parte – parlo della buona scuola – abbiamo il cedimento progressivo di un ceto fino a scoprire – ahimè troppo tardi – di essere stato tradito dal suo partito di riferimento a cui ha concesso, in nome del meno peggio, qualsiasi cambiamento di contesto e di indirizzo. Dall’altra abbiamo il fallimento di un progetto, quello di Tsipras che aveva come obbiettivo finale non l’alternativa a un sistema di governance, ma un impossibile accomodamento con esso.

        Ovviamente i compromessi sono necessari e imprescindibili nella vita civile e politica, non intendo contestare questa evidenza, ma si trasformano in elementi deleteri quando da accomodamenti progressivi in vista di una un’idea, di una finalità di cambiamento del paradigma dominante, divengono lo scopo finale dell’azione. Questo vuol dire rendersi prigionieri dei principi dell’avversario ed essere destinati fin da subito alla sconfitta. Così Tsipras è stato alla fine sbaragliato dalla strana idea roussoviana che l’Europa  avesse di suo una natura buona, che la teoria dell’austerità con i suoi massacri sociali fosse solo una variabile indipendente e non accorgendosi che tutta la costruzione era orientata a sottrarre spazio alla politica e alla partecipazione per darla all’economia e ai grandi gruppi di potere. Leggi tutto


        Maurizio Sgroi: Il nuovo film dell’estate: la Fed, la Cina e la Grecia

        thewalking

        Il nuovo film dell’estate: la Fed, la Cina e la Grecia

        Maurizio Sgroi

        Come in un vecchio film di Sergio Leone, quindi avvincente e pieno di primi piani, i registri del mainstream, pressati dai venti fischianti del redde rationem che ormai non possono più essere ignorati e tantomeno sottovalutati, stanno scrivendo la sceneggiatura del nuovo grande successo dell’estate 2015: la Fed, la Cina e la Grecia.

        Un copione denso, cervellotico e pieno di azione, dove la crisi greca suggerisce alla Fed di rimandare l’exit strategy, ormai sempre più comedy, mentre la Cina affronta il suo personalissimo 1929, con le borse a perdere a doppia cifra similmente a quel disgraziato ottobre, come hanno scritto in tanti.

        Oppure, a secondo dell’angolatura della telecamera, un film dove l’indecisione dell’economia americana, certificata dalle ultime minute della Fed di giugno, rischia di trasferirsi sulle aspettative dei mercati, peraltro spaventati dal rallentamento cinese e dal rischio Emergenti, vieppiù aumentato dopo che il dollaro si è apprezzato a causa del QE della BCE, ma soprattutto perché la zona euro, e anzi l’Europa tutta è in crisi, sempre a causa della Grecia.

        Insomma, la Grecia: ma davvero?

        No, invece il problema è la Cina, suggerisce un altro sceneggiatore, che siccome si è riempita di debiti che non sa neanche gestire, sta vivendo il dramma di un riequilibrio brutale quanto salutare. Leggi tutto


        Lelio Demichelis: Tecno-entusiasti e imbecilli

        alfabeta

        Tecno-entusiasti e imbecilli

        Lelio Demichelis

        Lasciatemi divertire con le parole, anche se diversamente da Palazzeschi. E ragionando di Eco e degli imbecilli via rete, lasciatemi partire dal famoso Apocalittici e integrati e lasciatemi ri-formulare quel titolo in altri modi (Eco, spero, mi perdonerà), ma utili al mio discorso. E dunque: libertari e solitari o sempre-connessi ma isolati; autonomi o eteronomi; amanti delle profondità o surfisti indefessi; cercatori instancabili (dubito, ergo sum) o app-isti semplificatori (credo, ergo sum); lenti e riflessivi o veloci e impulsivi/compulsivi; laici o integralisti. E si potrebbe continuare, il gioco è divertente e senza fine.

        E invece, fine del divertimento. Per dire subito che quelle sopra elencate (disordinatamente) sono opposizioni reali che descrivono, certo semplificandola troppo (ma non troppo, e questo era il gioco), una realtà complessa. Oggi il pensiero critico sulla rete è ancora marginale. Le retoriche e le pedagogie di integrazione/connessione e di entusiasmo sono invece più potenti che mai e si chiamano connessione in rete (ormai un dovere sociale), flessibilità di lavoro e di vita (idem), tecno-entusiasmo sempre e comunque.

        Se questa contrapposizione è un tranello o un errore intellettuale (è vero), ebbene (impossibile negarlo) a tenderlo sono proprio i tecno-entusiasti, i sacerdoti/inquisitori globali della evangelizzazione tecno-capitalista occidentale. La rete sarebbe una cosa bellissima e utilissima in sé se non fosse diventata ciò che è diventata (ma poteva non diventare): una grande società di massa.

        Leggi tutto

        Enrico Grazzini: Le illusioni europeiste della sinistra e la dittatura della UE

        micromega

        Le illusioni europeiste della sinistra e la dittatura della UE

        di Enrico Grazzini

        18552226163 4be99f40b7 zIl destino della Grecia, dell'Europa e dell'euro si sta svelando in questi giorni. L'Unione Europea usuraia ha imposto la sua brutale autorità umiliando il governo di Alexis Tsipras contro la volontà del popolo greco. Occorre denunciare l'aggressione della UE e di Berlino alla democrazia in Europa e difendere anche in Italia la sovranità nazionale contro la dittatura economica di un governo europeo che nessuno ha mai eletto. Diventa sempre più indispensabile sganciarsi dai vincoli dell'euro recuperando forme di autonomia monetaria – come suggerisce la proposta di “moneta fiscale” – per superare i limiti della moneta unica che deprimono la nostra economia.

        Il governo di sinistra di Alexis Tsipras, nonostante il NO al referendum, é stato costretto ad accettare un compromesso sul debito secondo molti economisti assai peggiore di quello rifiutato coraggiosamente dal popolo greco con il referendum. E' presto per un esame approfondito e definitivo dell'accordo tra la Troika e il governo socialista di Tsipras. Tuttavia sembra che l'intesa sia ampiamente insoddisfacente, che non risolverà i problemi economici della Grecia e le sofferenze inaudite della popolazione.

        Il governo di Berlino, guidato da Angela Merkel e dal duro ministro ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, ha confermato la linea dura dell'austerità folle e suicida, a tutti i costi. Difficilmente la Grecia si risolleverà dalla crisi. Il debito non è stato rimesso alla Grecia, nonostante le illusioni e le sciocche speranze della sinistra nostrana.

        La UE ha imposto la sua dittatura usuraia in Europa, e la prossima vittima sacrificale a questa politica di crisi potremmo essere noi. La sinistra ha quindi nuove ed enormi responsabilità nel contrastare la politica UE e dell'euro. Ma finora è rimasta praticamente impotente e silenziosa di fronte all'attacco europeo alle economie e alle democrazie nazionali. Solo il Movimento 5 Stelle ha denunciato ad alta voce la Unione Europea anti-democratica e la feroce gabbia dell'euro.

        Leggi tutto

        Andre Vltchek: Ecuador e Grecia, due lotte differenti

        znetitaly

        Ecuador e Grecia, due lotte differenti

        di Andre Vltchek

        vltchekecuadorandgreeceChiedete alla gente a Quito, Ecuador, della lotta della nazione greca contro gli usurpatori e le avide banche europee. E’ probabile che sapranno almeno qualcosa. Quelli istruiti sanno molto. Ho chiesto e sono rimasto impressionato dalle risposte dettagliate, dalla consapevolezza.

        Ho anche chiesto, molto recentemente, ad Atene che cosa si sa delle rivoluzioni latinoamericane e della terribile sofferenza della gente, sofferenza che chiaramente è conseguenza delle azioni devastanti delle élite filo-occidentali in Venezuela, Ecuador, Brasile, Bolivia, persino in Argentina e in Cile. Quelle “élite” stanno tentando di far deragliare “il Processo” per conto di governi e multinazionali occidentali. Fanno esattamente quello che hanno fatto i loro predecessori in Cile, nel 1973, prima del colpo di stato contro il presidente socialista Salvador Allende: diffusione di propaganda di destra, creazione di penuria di merci e preparazione a un colpo di stato militare.

        Ad Atene ho riscontrato confusione, ignoranza e disinteresse. Ogni volta che ho cominciato a parlare dell’America Latina è stato subito cambiato discorso.

        Leggi tutto

        Pierluigi Fagan: Cambiare, tra il dire e il fare

        pierluigifagan

        Cambiare, tra il dire e il fare

        Cambiamento politico nell’era complessa

        Pierluigi Fagan

        complessita4La vicenda greca si presta ad alcune considerazioni sul tema del cambiamento politico, un tema la cui attualità è indiscutibile per tutti coloro che non sopportano il come vanno le cose nel presente e sono viepiù preoccupati (anche qualcosa di più) per come andranno nel futuro.

        1. Il fronte del malcontento somma tutti coloro che per ragioni concrete (salari, lavoro) e concrete-ideali (giustizia sociale, democrazia, ecologia, sogno di un mondo migliore), soffrono una situazione particolarmente distante dalle loro aspettative.

        2. Il fronte ha dunque una composizione assai variegata ed ha avuto, sino ad oggi, scarse possibilità di pesarsi ovvero di rendersi cosciente del suo peso stante che la politica, che è l’attività di conservare-cambiare lo stato di cose, richiede peso sufficiente. C’è il peso inerziale di chi vuol conservare e c’è il peso dinamico di chi le vuol cambiare. In genere, il secondo, deve superare il primo non di poco se si vuole superare l’inerzia che è lo stato naturale delle cose. Deve superarlo di non poco anche perché la messa in moto del cambiamento procederà lungo strade lunghe e tortuose. La lunghezza e la tortuosità della strada del cambiamento è un attrito e l’attrito erode massa al peso del cambiamento per cui, se non si parte da un capitale di peso politico congruo, dopo poco tempo ovvero dopo aver fatto appena l’inizio del lungo percorso, ci si ritrova senza il necessario peso politico.

        Leggi tutto

        Alberto Bagnai: Da Leonida a Pirro il passo è breve

        asimmetrie

        Da Leonida a Pirro il passo è breve

        di Alberto Bagnai

        La vicenda greca ha esasperato i paradossi del progetti europeo. L’europeista praticante, quello col santino di Spinelli sul cruscotto, ce l’ha menata per anni con la storia che l’euro serviva a superare i nazionalismi, che sono tanto brutti (signora mia!) perché portano le guerre. In effetti ci sono anche le guerre civili, che con gli aborriti confini nazionali poco hanno a che vedere. Ma al di là di questo dettaglio, è stato esilarante vedere ovunque questi apostoli della fratellanza universale sventolare la bandiera nazionale greca, evocare con retorica risorgimentale un vasto assortimento di fatti bellici (dalle Termopili a Maratona), e sdilinquirsi per l’orgoglio della nazione greca, che non si è piegata agli oppressori del Nord (e per questo, sia chiaro, merita il massimo rispetto).

        Contrastando la logica dell’austerità, ci dicono, i greci hanno salvato l’Europa, indicandole una strada alternativa,
 quella della
crescita. Quin
di un progetto 
nato per salvarci
 dai nazionalismi
 sarebbe stato salvato
dal nazionalismo dei greci. Non vi suona un po’ strano?  Prodi, poi, si è superato. Intervistato da Radio Popolare ha detto che la Grecia non uscirà, perché gli Usa lo impediranno, avendo un netto interesse geopolitico a evitare che Putin l’attiri nella sua orbita. D’altra parte, ha proseguito Prodi, è importante che l’Europa resti unita, perché solo uniti contiamo qualcosa nel mondo. Ma come? In teoria essere uniti ci serve a non essere subalterni, ma in pratica restiamo uniti solo per subalternità agli Usa, che decidono se e per quanto noi dobbiamo continuare a tenere insieme i cocci dell’euro? Leggi tutto


        Giuseppe Masala: Implicazioni geopolitiche del #Grexit

        zeroconsensus

        Implicazioni geopolitiche del #Grexit

        di Giuseppe Masala

        Basta guardare una cartina per rendersi conto del disastro geostrategico che si verificherebbe con un eventuale passaggio della Grecia dal blocco occidentale a quello euroasiatico.

        Vediamo la cosa in pillole (senza pretese di esaustività):

        1) Il mar mediterraneo orientale sarebbe totalmente in mano russa. Ricordo a tale proposito che la Russia ha anche una base navale a Tartus (Syria), e una aeronavale a Cipro (Larnaca), di fatto inoltre l’Egitto gravita sempre in orbita russa. 

        2) La Turchia, paese Nato fondamentale, sarebbe completamente slegato dai suoi alleati e circondato da paesi orbitanti nel blocco euroasiatico (A nord la Russia, a sud est l’Iran, a ovest la Grecia, a sud la Syria). La Turchia già è “osservatore” nel gruppo di Shangai (l’alleanza militare russo-cinese + satelliti), diciamo che questa situazione sarebbe un già forte incentivo al passaggio di campo di un paese già mezzo fuori dalla Nato).

        3) Il mare Adriatico sarebbe bloccato o bloccabile con missili antinave neanche a lunga gittata (Corfù dista dalla puglia poco più di 100 km). Leggi tutto


        Comidad: La commedia degli inganni non l'ha iniziata la Grecia

        comidad

        La commedia degli inganni non l'ha iniziata la Grecia

        Comidad

        Con il referendum di domenica scorsa, il governo greco ha guadagnato un po' di tempo. Lo stretto tempo necessario per far dimenticare alle opinioni pubbliche europee il risultato del referendum stesso; ed anche il tempo per allestire operazioni di delegittimazione morale ai danni di Syriza, magari con l'ausilio di qualche inchiesta giudiziaria. Nel Sacro Occidente si respira un dieci per cento di aria ed il novanta per cento di propaganda. Ma per il momento prosegue la navigazione a vista di Tsipras, il quale è stato gratificato da molti commentatori con i consueti luoghi comuni sull'astuzia negoziale e sul bizantinismo dei Greci.

        In realtà in questi decenni ad essere ingannati sono stati soprattutto i Greci. Lo sono stati insieme con altri Stati Europei, quando si è fatto credere che l'euro potesse rappresentare il grande business di una moneta di pagamento internazionale in concorrenza con il dollaro. Non solo la Grecia, ma anche altri Stati Europei hanno truccato i conti pur di entrare nel business, ma l'euro come alternativa al dollaro è rimasto una chimera. L'unico capo di Stato che aveva provato a sostituire il dollaro con l'euro nelle transazioni di petrolio, fu Saddam Hussein nel 2003, e si è visto cosa gli è capitato.

        L'altro inganno è stato perpetrato nel 2010, quando si è spacciato l'indebitamento con il Fondo Monetario Internazionale per una soluzione ai problemi finanziari della Grecia, mentre ora quel debito con il FMI costituisce il principale problema. L'ingresso del FMI nella crisi greca fu deciso alla fine di aprile del 2010 da Obama e dalla Merkel. Leggi tutto


        Benedetto Vecchi: Una scommessa politica

        alfabeta

        Una scommessa politica

        Benedetto Vecchi

        776e657a594563f007a2b543857adbb0La coerenza è un elemento che va sicuramente incoraggiato in un presente opaco e segnato da repentini cambiamenti del punto di vista di chi lo interroga criticamente. Talvolta, però, la coerenza induce a semplificazioni e a riprodurre pregiudizi che poco fanno comprendere l'analisi critica che viene proposta. È questo il caso di Carlo Formenti nel testo pubblicato su queste pagine qualche giorno fa relativo all'analisi del libro La Rete. Dall'utopia al mercato di chi scrive, pubblicato da manifestolibri. Esprimo l'imbarazzo che anima questa risposta, perché quando si scrive un testo ci si espone all'analisi di chi lo legge. La critica, anche feroce, fa parte delle modalità di comunicazione dentro la sfera pubblica.

        È il rischio e, cosa più importante, funzione propria della discussione pubblica far emergere punti di vista tra loro diversi e conflittuali tra loro. Carlo Formenti manifesta il fatto che il libro lo ha letto con attenzione. Di questo non posso che essere contento, indipendentemente dalla critiche dure espresse senza le odiose e talvolta ipocrite cerimonie del bon ton: i suoi argomenti vanno al di là del libro e investono il tema, caro ad entrambi, dello sviluppo di un punto di vista adeguato alla critica del capitalismo contemporaneo, dopo il lungo inverno della controrivoluzione neoliberista e della crisi radicale che ha investito i rapporti sociali emersi da quella controrivoluzione. Per questo penso che una risposta alla sue critiche possa essere espressa.

        Leggi tutto

         

         

        I più letti

          tonino

          unread,
          Jul 23, 2015, 4:10:48 PM7/23/15
          to sante gorini

          Simone Santini: Il nodo iraniano. E ora?

          sputnik

          Il nodo iraniano. E ora?

          Simone Santini

          Tutti gli analisti più attenti della questione hanno rilevato, da tempo, che il faticosissimo negoziato che ha impegnato per oltre un decennio le diplomazie non era tanto centrato sulla possibilità che l'Iran acquisisse il nucleare militare ma sul ruolo che il paese persiano doveva assumere sullo scacchiere internazionale.

          Perciò i termini più esatti della questione erano di ordine squisitamente politico (geopolitico) e non tecnico. Per parte americana, dalla visione di un Iran perno dell' "asse del male" si è passati ad una visione molto più pragmatica e realista. Tatticamente l'Iran diventa per Washington il partner ideale per il contenimento del pericolo jihadista, prima di Al-Qaeda, ora di Daesh (Isis), in tutta l'area tra Iraq e Siria. Il mostro islamista che gli stessi americani hanno contribuito a destare non è un robot che risponde istantaneamente ai comandi e che si possa accendere o spegnere premendo un interruttore. Sono necessari "scarponi sul terreno" che possano contrastare in profondità la sua egemonia che può anche sfuggire di mano. Gli "scarponi" oggi, se non direttamente iraniani, appartengono ad Hezbollah in Siria ed alle milizie sciite in Iraq, dunque fazioni apertamente o tendenzialmente filo-iraniane.

          Inoltre l'attuale Amministrazione di Washington sembra aver sposato un assetto per il Medio Oriente, tipicamente ricalcato sulle idee dello stratega di lungo corso Zbigniew Brzezinski, che punta alla creazione di un quadrilatero che formi un equilibrio di tensione tra le potenze regionali: Iran, Turchia, Israele, Arabia Saudita. Leggi tutto


          Riccardo Bellofiore: Boom Bust Boom

          palermograd

          Boom Bust Boom

          Ovvero i Monty Python contro gli zombie della teoria economica dominante

          Scritto da Riccardo Bellofiore*

          Il film-documentario di Terry Jones (uno dei Monty Python, regista di molti film del gruppo e responsabile del loro stile “visuale”) e Theo Kocken (economista, docente di Risk Management for Institutional Investors alla VU University di Amsterdam), Boom Bust Boom, è stato proiettato a Bergamo lo scorso 18 maggio, in anteprima nazionale, in una proiezione riservata agli studenti e al personale dell’Università di Bergamo. Queste sono le prime impressioni dopo la visione del film-documentario, richiestemi da Marco Palazzotto (allo stesso Marco e ad Angelo di PalermoGrad debbo lo stimolo iniziale e il contatto con i produttori del film). Riprendono in forma sintetica ciò che dissi al dibattito che dopo la proiezione ha coinvolto anche L. Randall Wray, e che si trova on line, naturalmente in inglese, a questo indirizzo.

          Il film ha molti pregi e diventerà senz’altro un classico sulla crisi del 2007-2008 (che pure molti, forse quasi tutti, continuano a chiamare la crisi del 2008), al pari di Inside Job. Ha un ritmo perfetto, ed è visivamente efficace e felice nell’ironia che lo pervade da capo a fondo: anche solo per questo un ottimo strumento didattico. Basti ricordare due battute che si trovano nel film. Una è di Irving Fisher, il teorico forse più noto della teoria quantitativa della moneta: nel settembre 1929 sostenne che il prezzo dei titoli aveva raggiunto un elevato plateau, dove sarebbe comodamente rimasto negli anni a venire; la smentita devastante giunse in un mese. Fisher in qualche modo si rifece l’onorabilità nel 1933 pubblicando un articolo ormai classico sulla deflazione da debiti come caratteristica della crisi finanziaria. Leggi tutto


          Aldo Giannuli: Le idee di Sel per un nuovo soggetto di sinistra: zero + zero + zero + 1 sbagliato

          aldogiannuli

          Le idee di Sel per un nuovo soggetto di sinistra: zero + zero + zero + 1 sbagliato

          di Aldo Giannuli

          L’assemblea nazionale di Sel ha concluso i suoi lavori lanciando l’idea di un nuovo soggetto di sinistra che raccolga i pezzi usciti dal Pd, Rifondazione, qualche fuoriuscito del M5s ecc. Una cosa totalmente nuova, che non abbiamo mai visto!

          La novità starebbe nel fatto che questa volta non si tratterebbe di un “improvvisato cartello elettorale” ma di un soggetto unitario, insomma un nuovo partito.

          Dio solo sa se non c’è bisogno di un vero partito di sinistra in questo momento, e dunque saluteremmo con grande favore la nascita di questo soggetto. Qualche giorno fa avevo detto che si poteva fare una (modesta) apertura di credito a questo tentativo di aggregazione, pur avendo bene a mente tutti i rischi di ricadere nelle terribili esperienze precedenti (Sinistra Europea, Sinistra Arcobaleno, Rivoluzione Civile, L’Altra Europa con Tsipras e così via). Devo dire che questa assemblea di Sel mi ha rafforzato tutte le perplessità ed ha parallelamente indebolito l’apertura di credito.

          Ora, non mi sembra che sia una idea geniale quella di far partire la cosa con un discorso di Nichi Vendola, che è un caro amico ed una bravissima persona, ma che, insomma, non mi pare sia esattamente il nuovo ed alla cui retorica siamo abbondantemente assuefatti. Sarebbe stato un po’ più credibile Fratoianni che ha un faccia un po’ più fresca. Leggi tutto


          A.Magoni, P.P.Dal Monte, U.Boghetta: Il Male della banalità: la sinistra nell’epoca del sogno europeo

          asimmetrie

          Il Male della banalità: la sinistra nell’epoca del sogno europeo

          Andrea Magoni
          Pier Paolo Dal Monte
          Ugo Boghetta

          867240 TQSWH5JVEIn questi drammatici giorni, la Grecia ha dimostrato, nella maniera più tragica, l’impossibilità per qualsiasi forza della cosiddetta “sinistra” di affrancarsi dalla gabbia dell’euro e di prendere pienamente coscienza che l’Unione Europea, e il coacervo di trattati sui quali si fonda, sono espressione del più becero neoliberismo, dal quale è assente ogni sia pur tenue traccia di democrazia.

          In questi giorni stiamo assistendo, una volta di più, allo smascheramento del vero volto di quest’istituzione totalitaria e del suo braccio armato, la BCE che, come volgari strozzini di una qualsiasi organizzazione mafiosa ricattano un governo nazionale, legittimamente eletto, e pretendono di sostituirlo con una tecnocrazia di proprio gradimento. Operazione che è paragonabile, pur se non effettuata con mezzi esplicitamente violenti ai golpe etero diretti avvenuti nei paesi i cui governi erano sgraditi alle èlites economico-finanziarie sovranazionali.

          È ormai evidente che quest’Unione Europea è totalmente irriformabile perché incompatibile con la democrazia: non si pone più alcuna questione su quali cambiamenti siano necessari per renderla migliore.

          Fanno sorridere gli appelli delle variopinte anime belle delle varie sinistre movimentiste sulla necessità di ridisegnare le regole europee, i parametri e i patti di stabilità, allo scopo di contrastare le politiche di austerità, visto che nella gabbia della moneta unica e dei trattati europei non c’è possibile redenzione. Il ricorso ad improbabili iniziative referendarie od elettoralistiche, su queste basi, è quindi destinato all’irrilevanza.

          Leggi tutto

          Pietro Bianchi: Leggere Marx a Venezia

          conness precarie

          Leggere Marx a Venezia

          Enwezor e la rappresentazione del capitalismo alla Biennale d’Arte 2015

          di Pietro Bianchi

          MOON Kyungwon
                    e JEON JooVi è una celebre sequenza all’inizio di Grapes of Wrath, il film capolavoro di John Ford tratto dal romanzo di Steinbeck, in cui vediamo Tom Joad che dopo essere uscito di prigione torna nella fattoria di famiglia e la trova vuota, distrutta e abbandonata. La terra è stata confiscata dalle banche e la sua famiglia se n’è dovuta andare verso la California a cercare un lavoro e un salario migliori. Ma com’è possibile – si chiede Tom – che una banca possa impossessarsi della terra dove i Joad vivevano da più di cinquant’anni come se niente fosse? Che cosa è successo? Muley – un uomo che si era accampato tra le rovine della casa abbandonata dei Joad e che si era rifiutato di fuggire in California – interpellato da Tom Joad racconta chi sono i veri responsabili di ciò che è successo. In tre minuti di emozionante flashback John Ford non solo ci fa vedere come funziona concretamente il procedimento di confisca delle terre nell’Oklahoma con grande lucidità politica, ma ci mostra anche in un distillato di fulminante chiarezza uno dei problemi più enigmatici e complessi della modernità capitalistica: come si manifesta il capitalismo? Che volto ha quando appare nelle nostre vite? Qual è la sua immagine? Leggi tutto


          Alfonso Gianni: Il problema non è Tsipras ma questa Europa

          micromega

          Il problema non è Tsipras ma questa Europa

          di Alfonso Gianni

          700x350c50Pare che ad Alexis Tsipras non venga risparmiato proprio nulla. Non è bastato il clima oppressivo ed offensivo con cui si sono svolte le ultime fasi drammatiche dell’Eurosummit, che hanno spinto il leader greco a togliersi la giacca e a gettarla sul tavolo, in spregio alle loro incontenibili richieste. Ora si apre la difficile fase della discussione in patria e nel suo partito e i toni non paiono concilianti.

          Persino Varoufakis, che finora aveva tenuto un profilo di grande solidarietà verso Tsipras, parte lancia in resta con argomenti non sempre comprensibili. Esisteva o no un piano B, basato su una simulazione di una fuoriuscita della Grecia dall’euro? In una intervista, quella rilasciata qualche giorno fa a newstatesman.com, l’ex ministro delle finanze ha rivelato che le divergenze nel gruppo dirigente di Syriza sono diventate evidenti subito dopo l’esito straordinario del referendum di domenica. In sostanza la contesa era attorno al modo migliore per utilizzare la nuova forza che il 61% dei No aveva conferito alla delegazione greca. Varoufakis chiedeva di reagire in modo aggressivo alla chiusura delle banche, ponendo sotto controllo la banca nazionale greca e agendo sui bond. Tuttavia lo stesso Varoufakis ammette che non era sua intenzione spingere le cose fino in fondo. La maggioranza dei presenti a quella riunione non fu d’accordo, con la motivazione, sostenuta a quanto pare in particolare da Tsipras, che per assumere quelle misure bisognava avere una capacità e una strumentazione di governo che lo stato ellenico non possiede. In sostanza per minacciare la Grexit bisogna avere poi la determinazione di operarla, se gli altri vengono a “vedere”. Altrimenti diventa un’arma spuntata. Del resto, come pure sia Tsipras che Varoufakis, hanno più volte detto, la Grexit era nelle mani dei loro avversari. In particolare dei tedeschi. Leggi tutto


          Marinella Correggia: Uscire dai #petrodollari, uscire dalle guerre

          blog
                      grillo

          Uscire dai #petrodollari, uscire dalle guerre

          di Marinella Correggia

          "Per quale sortilegio la maggioranza delle nazioni è tuttora succube del dollaro, imposto da un ristretto gruppo di Stati privilegiati, onnipotenti, abituati a fare terra bruciata e guerre impunite pur di mantenerlo come moneta di riserva internazionale? Come mai questa dittatura finanziaria non è ancora stata vinta, nemmeno in un mondo sempre più – per fortuna – multipolare? Come mai se il Bhutan deve commerciare con il Vietnam – per dire -, gli tocca sempre passare per il biglietto verde?

          Il sortilegio si chiama: mancanza di unione. Chi negli ultimi decenni ha provato a sottrarsi a dollari e petrodollari lo ha fatto da solo e in ordine sparso, pagando dunque con la distruzione bellica, o pesanti sanzioni, o forti destabilizzazioni o tutto questo insieme. Proprio come successe al presidente rivoluzionario del Burkina Faso Thomas Sankara il quale poco prima di essere assassinato, nel 1987, aveva invano esortato gli altri capi di Stato africani: «Dobbiamo dirlo tutti insieme, che non possiamo pagare il debito. Se il Burkina Faso rifiuta da solo di pagare, io non sarò più qui alla prossima conferenza!» Infatti non ci fu.

          Ma torniamo al dollaro, anzi al petrodollaro e al suo rapporto con le guerre di aggressione e perfino con il terrorismo. L’analista di sistemi energetici William Clark (da non confondersi con il generale Wesley Clark) scrisse nel 2005 un prezioso libro in materia: Petrodollar Warfare, ovvero La guerra dei petrodollari. Leggi tutto


          Aldo Giannuli: Le disavventure della Brigata Kalimera

          aldogiannuli

          Le disavventure della Brigata Kalimera

          di Aldo Giannuli

          C’è una sinistra che non vincerà mai, anzi che merita di perdere, ed è quella che non accetta di chiamare le cose con il loro modo e di riconoscere le sconfitte. Immagino che molti sostenitori di Tsipras, siano passati, in meno di una settimana, dalla più spensierata euforia alla più cupa depressione.

          Vincere in modo travolgente un referendum, per poi proporre un accordo, che coincide per il 95% con le condizioni di quello rifiutato, è già cosa difficile da digerire. Ma se poi si va ad una intesa incomparabilmente peggiore, punitiva, tracotante, allora non c’è scampo e ci si arrocca nel delirio.

          Sul web infuria una battaglia fra i delusi di Tsipras ed i fanatici ad oltranza della Brigata Kalimera, che non si rassegnano e invocano la “vittoria morale”. Fra i primi c’è chi accusa Tsipras di tradimento, di aver giocato sporco sin dall’inizio, di essere un agente della Bce che ha raggirato il popolo con un falso referendum e questa è l’ala più genuinamente di sinistra, quelli che ci hanno creduto e si sentono traditi. Mentre la Brigata Kalimera (i neo socialdemocratici di Sel, Rifondazione, Altra Europa e moderati vari e travestiti, che giocano a fare i radicali) difende Tsipras, producendosi in spericolate arrampicate sugli specchi insaponati: c’è chi lo dipinge come un diabolico Machiavelli, che alla fine otterrà la riduzione del debito, chi esalta le sostanziose migliorie strappate (quali?), chi, con doppio salto mortale carpiato, tenta di dimostrare che il referendum voleva la permanenza nell’Euro e questo è stato ottenuto. Leggi tutto


          Emiliano Brancaccio: Serve un “piano B”, la sinistra impari dalla débâcle di Tsipras

          brancaccio

          Serve un “piano B”, la sinistra impari dalla débâcle di Tsipras

          G. Russo Spena intervista Emiliano Brancaccio

          Per l’economista la debacle greca insegna che bisogna mettere da parte la retorica europeista e globalista e predisporre una visione alternativa, un “nuovo internazionalismo del lavoro”. E sulla Grexit replica al premier ellenico che ha denunciato il mancato aiuto di Stati Uniti, Russia e Cina: “Se vero, significa che i grandi attori del mondo hanno scelto di non interferire più di tanto negli affari europei, lasceranno che l’Unione monetaria imploda per le sue contraddizioni interne”

          face 55«È inutile negarlo, il governo e il parlamento greco hanno capitolato, gli apologeti dell’austerity hanno vinto anche stavolta. È l’ennesima prova che nella zona euro, purtroppo, le cose vanno come avevamo previsto». I renziani metterebbero anche lui nel girone dei ‘gufi’ ma l’economista Emiliano Brancaccio preferisce un’espressione più raffinata: «In questi anni, nostro malgrado, in tanti abbiamo indossato i panni delle Cassandre che allertano sui guai che verranno ma restano inascoltati». I media in questi giorni hanno ricordato le lettere pubblicate sul Sole 24 Ore nel 2010 e sul Financial Times nel 2013 con cui Brancaccio e altri colleghi segnalavano come le ricette di austerità, flessibilità del lavoro e schiacciamento dei salari avrebbero provocato disastri, aggravando la posizione dei Paesi debitori e rendendo sempre meno sostenibile l’assetto dell’eurozona.

           

          Professore, alla vigilia delle ultime elezioni europee Lei rifiutò una candidatura a capolista dell’Altra Europa con Tsipras. Adesso che il leader ellenico ha accettato l’ultimatum dei creditori, in molti – scendendo repentinamente dal carro del vincitore – sono tornati sulla sua scelta di allora, ritenendola lungimirante. È veramente così?

          È un modo malizioso di interpretare quella mia decisione. All’epoca rifiutai la candidatura per ragioni professionali, non politiche. È vero tuttavia che fin dall’inizio dell’ascesa di Tsipras ho criticato l’idea che una vittoria della sinistra in Grecia potesse imprimere una reale svolta agli indirizzi di politica economica dell’Unione. Tsipras ha contribuito ad alimentare questa speranza, e oggi ne paga le conseguenze.

          Leggi tutto

          Franco Berardi Bifo: Di lavoro non ce n’è più bisogno

          commonware

          Di lavoro non ce n’è più bisogno

          di Franco Berardi Bifo

          orario di lavoroAlla fine degli anni ’70, dopo dieci anni di scioperi selvaggi, la direzione della FIAT convocò gli ingegneri perché introducessero modifiche tecniche utili a ridurre il lavoro necessario, e licenziare gli estremisti che avevano bloccato le catene di montaggio. Sarà per questo sarà per quello fatto sta che la produttività aumentò di cinque volte nel periodo che sta fra il 1970 e il 2000. Detto altrimenti, nel 2000 un operaio poteva produrre quel nel 1970 ne occorreva cinque. Morale della favola: le lotte operaie servono fra l’altro a far venire gli ingegneri per aumentare la produttività e a ridurre il lavoro necessario.

          Vi pare una cosa buona o cattiva? A me pare una cosa buonissima se gli operai hanno la forza (e a quel tempo ce l’avevano perbacco) di ridurre l’orario di lavoro a parità di salario. Una cosa pessima se i sindacati si oppongono all’innovazione e difendono il posto di lavoro senza capire che la tecnologia cambia tutto e di lavoro non ce n’è più bisogno.

          Quella volta purtroppo i sindacati credettero che la tecnologia fosse un nemico dal quale occorreva difendersi. Occuparono la fabbrica per difendere il posto di lavoro e il risultato prevedibilmente fu che gli operai persero tutto. 

          Leggi tutto

          ∫connessioni precarie: L’estate del nostro sconcerto

          conness precarie

          L’estate del nostro sconcerto

          La Grecia, l’Europa e le lotte transnazionali

          ∫connessioni precarie

          acropoliQuesto non è un colpo di Stato. Senza dubbio c’è stata un’imposizione di fatto unilaterale che ha completamente ignorato e quindi cancellato ogni traccia del referendum greco. Bisogna però anche dire che lo Stato da colpire non c’era più da tempo: dissolto dalla pressione del debito, con una sovranità impossibile, con un 1/3 del suo popolo che vive al di fuori di un territorio nazionale spesso controllato da capitali provenienti da altri Stati. Non possiamo quindi accontentarci della lettura golpista dell’Editto di Bruxelles. Farlo vorrebbe dire continuare a coltivare l’illusione che ha contagiato non pochi, anche alle nostre latitudini politiche, che hanno interpretato il referendum dell’OXI come la rivincita della democrazia contro la finanza transnazionale. Così come hanno visto nel referendum l’atto di un popolo finalmente tornato sovrano contro le angherie della governance finanziaria europea, ora vedono l’Europa che si accanisce contro i popoli. Questa fede nel potere dei popoli potrebbe perfino avere contenuti edificanti, se almeno tenesse conto che quel potere si è smaterializzato di fronte alle feroci imposizioni dettate dall’accordo tra i leader europei e Tsipras, e se non finisse per sorvolare sul fatto che la democrazia, la sovranità e il suo popolo sono parte del problema e non la soluzione. D’altra parte anche in Grecia in queste ore qualcuno si azzarda a osservare che sono soprattutto centinaia di migliaia di precari a essere stati sacrificati sull’altare di quel che resta dello Stato greco e del suo popolo. Leggi tutto


          Alessandra Daniele: Uscita d’emergenza

          carmilla

          Uscita d’emergenza

          di Alessandra Daniele

          La voce del computer di bordo scandisce:

          – Apertura del portellone fra tre minuti.

          L’astronauta dell’Eurospace controlla perplessa i dati sullo schermo.
          – Quale portellone?
          – Quello principale.
          – Ma è assurdo! Perché?
          – La missione è stata compiuta con successo. Siamo appena rientrati sulla terra.
          – Non è vero, siamo ancora nello spazio, se apri il portellone la decompressione mi sparerà fuori nel vuoto cosmico!
          – Secondo il mio diario di bordo questa navicella è appena atterrata.
          – Il tuo diario di bordo si sbaglia.
          – Non è possibile.

          L’astronauta armeggia freneticamente col pannello comandi. Leggi tutto


          Paolo Favilli: Oggi in Grecia, domani in Italia

          rifonda

          Oggi in Grecia, domani in Italia

          di Paolo Favilli

          «Oggi in Grecia domani in Italia»: la tentazione di parafrasare il titolo di un libro (Oggi in Spagna domani in Italia, di Carlo Rosselli) nonostante la distanza del tempo e dei contesti, può rispondere anche a ragioni che non si esauriscono soltanto nel fatto che si tratta di un testo particolarmente evocativo di suggestioni comparative. Alcune della suggestioni sono anche indicative per questo nostro presente italiano in cerca si un soggetto politico-sociale capace di vera resistenza. «La rivoluzione spagnola è la nostra rivoluzione», scrive Rosselli, una «rivoluzione sociale che ha ormai per sé tutto: la ragione, la storia, la giustizia, il diritto democratico».

          Non c’è nessuna «rivoluzione sociale» oggi in Grecia, ma c’è comunque un episodio paradigmatico della forma odierna assunta dalla lotta di classe. Una forma aspra, durissima che ha prodotto però una resistenza passibile di futuro. Ancora Rosselli: «Noi non siamo dei vinti, siamo dei combattenti». Eppure gli antifascisti italiani, tedeschi…ecc. erano stati sconfitti e dispersi. In Grecia gli sconfitti del lungo ciclo di accumulazione capitalistica in atto stanno dimostrando di essere dei «combattenti».

          Sempre nel libro in questione scrive Rosselli: «Nella lotta politica non è sufficiente aver ragione in teoria. Bisogna averla in pratica. Bisogna dare armi alla ragione, renderla militante». Sul piano dell’analisi teorica esiste ormai una vastissima letteratura di riferimento a carattere economico, sociologico, antropologico, storico… i cui risultati, difficilmente controvertibili, hanno fatto da tempo giustizia dell’ideologia della fine della lotta di classe. La vicenda greca ha spazzato via il mascheramento ideologico dalla pratica politica. Ha reso militanti le ragioni, le ottime ragioni, della teoria. Leggi tutto


          Raffaele Sciortino: Grexit: primo atto

          infoaut2

          Grexit: primo atto

          di Raffaele Sciortino

          9e813899d7b3943fbcc3f5267b1be732
                    xlEra facile prevedere che l’OXI glielo avrebbero fatto pagare carissimo, e così è stato. Alla luce dell’esito durissimo del “negoziato” tra governo greco ed Eurogruppo la discussione ruota ora intorno alle prese di posizione pro/contro Tsipras -ha tradito o non ha tradito il mandato popolare- e/o alla questione se il prezzo per salvarel’Europa non sia magari troppo alto. Una discussione, come minimo, in ritardo di fase. Questo “accordo” infatti non evita il Grexit ma ne è a ben vedere il primo atto, ed è da qui che bisognerebbe partire.

          In effetti, a un minimo di considerazione realistica ciò che dovrebbe saltare agli occhi è che le condizioni del diktat europeo sono semplicemente inattuabili. Inattuabili per le prevedibili conseguenze sociali e politiche della “curatela” (così la Faz) imposta. Perché il “piano di investimenti” che Tsipras avrebbe strappato è una bufala - per poter investire un miliardo di euro, la Grecia dovrà prima cederne qualcosa come venticinque in asset pubblici pro banche e interessi, alla faccia della “crescita”. Leggi tutto


          Giulietto Chiesa: 'Propaganda russa': il nuovo fantasma che si aggira per l'Europa

          megachip

          'Propaganda russa': il nuovo fantasma che si aggira per l'Europa

          di Giulietto Chiesa

          news 248320C'è un nuovo fantasma che si aggira in Europa, dopo quello del comunismo: la "propaganda russa". Bisogna fermarlo. Con ogni mezzo. In verità, quanto ad alcuni "mezzi", già sappiamo di che si tratta. Per contrastare la "propaganda" del "dittatore" Milosevic un missile della NATO venne sparato sul palazzo della tv di stato jugoslava, a Belgrado. Il risultato fu chirurgicamente perfetto, infatti la tv smise di fare propaganda. Ci fu qualche effetto collaterale (una quindicina di giornalisti e tecnici furono uccisi), ma in fondo anche loro erano strumenti della macchina propagandistica del "dittatore" e, dunque, andavano eliminati. Analoga operazione fu condotta a Kabul, all'inizio della guerra afghana, quando l'aviazione americana, "per errore", bombardò la sede di corrispondenza di Al Jazeera. Allora quella tv araba non era ancora "libera". Dopo quell'«errore» i suoi proprietari del Qatar capirono che dovevano cambiare linea e diventarono, saggiamente, "più obiettivi".

          Certo non è sempre possibile usare mezzi così sbrigativi. Ma li si può sostituire con qualche centinaio di valigie piene di dollari nuovi di zecca. Fanno meno morti e funzionano molto bene. Tuttavia il fantasma attuale è molto più insidioso. Federica Mogherini, istruita dai suoi uffici di Bruxelles, ha dato avvio alla controffensiva contro il fantasma.

          Leggi tutto

           

          I più letti

            tonino

            unread,
            Jul 28, 2015, 11:23:43 AM7/28/15
            to sante gorini

            Diego Giachetti: Possano le generazioni future…

            sinistra aniticap

            Possano le generazioni future…

            di Diego Giachetti

            È uscito “La vita è bella”, di Leon Trotsky, Chiarelettere, Milano 2015

            Un “piccolo” “grande” Trotsky quello riportato alla luce nella succinta antologia pubblicata dalla casa editrice Chiarelettere (Leon Trotsky, La vita è bella, Milano 2015) in coincidenza con i settantacinque anni dell’assassinio del protagonista, ad opera di un agente inviato da Stalin (21 agosto 1940). Gli scritti spaziano da riflessioni sulla rivoluzione con particolare attenzione all’individuo, ai cambiamenti che si devono operare nella vita quotidiana, nelle “inezie” della vita sociale: essere più educati e cortesi, aver cura di se stessi e delle proprie cose, favorire la nascita di un linguaggio colto, perché la rivoluzione è prima di tutto un risveglio della personalità umana, «si contraddistingue per il crescente rispetto della dignità personale di ogni individuo». Una rivoluzione non è tale se non presta attenzione ai deboli, se non aiuta i bambini, le madri, la donna, se non combatte il patriarcato, tutti quegli elementi che opprimono, quanto quelli economici e sociali, il libero sviluppo della personalità in tutti i suoi aspetti. Erano tutti elementi posti in essere dalla rivoluzione bolscevica, ben presto soffocati dalla controrivoluzione burocratica, totalitaria dello stalinismo contro il quale Trotsky continuò la sua battaglia puntando sulla necessità di una nuova rivoluzione politica in Unione Sovietica, per liberarla dal giogo oppressivo della dittatura burocratica, per ridare dignità alla persona. Lo Stato stalinista infatti offendeva l’umanità, colpendola nel suo lato più debole: i familiari, gli amici, i figli e i nipoti. Oltre ai milioni di persone che morirono o furono ridotte in schiavitù decine di milioni di individui, i parenti delle vittime di Stalin, ebbero la vita segnata in modo devastante, con profonde conseguenze sociali.

            Leggi tutto

            James K. Gal­braith: «Per Syriza missione impossibile»

            manifesto

            «Per Syriza missione impossibile»

            Thomas Fazi intervista James K. Gal­braith

            Secondo l’economista, amico e "consigliere" di Varoufakis, la sinistra non può cambiare l’Europa. Uscire dall'euro sarebbe doloroso, ma rimanerci a queste condizioni è inaccettabile

            James K. Gal­braith, amico e «con­si­gliere» dell’ex mini­stro delle Finanze greco Yanis Varou­fa­kis, riflette sul fal­li­mento della poli­tica rifor­mi­sta di Syriza e sulla lezione che que­sto rap­pre­senta per la sini­stra europea.

             

            Come giu­dica l’accordo rag­giunto tra Gre­cia e Ue?

            Non è un accordo. È un bru­tale colpo di stato otte­nuto con metodi mafiosi. Lo stesso Tsi­pras ha ammesso che ha fir­mato solo per­ché si è tro­vato con un col­tello alla gola.

             

            Che alter­na­tive aveva il governo greco?

            Den­tro l’eurozona, nes­suna. L’unica alter­na­tiva era l’uscita dall’euro.

             

            Tsi­pras ha difeso la sua deci­sione soste­nendo che un’uscita uni­la­te­rale dall’eurozona avrebbe avuto con­se­guenze ancora più serie sul paese.

            È una deci­sione che spetta a lui, e capi­sco per­ché possa pen­sarla così. Ma ritengo che sia male informato.

             

            Quindi lei ritiene che a que­sto punto un’uscita dall’euro sarebbe la scelta migliore per la Grecia?

            È ovvio che un’uscita avrebbe dei costi signi­fi­ca­tivi. Ma se fossi un mem­bro del par­la­mento greco sarei al fianco di Varou­fa­kis e vote­rei anch’io «no» a que­sto accordo.

             

            In quanto con­si­gliere ed amico stretto di Varou­fa­kis lei ha seguito i nego­ziati molto da vicino. Ritiene che una stra­te­gia diversa da parte della Gre­cia avrebbe potuto deter­mi­nare un esito migliore?

            A un certo punto nel corso dei nego­ziati è diven­tato evi­dente che la troika non aveva nes­suna inten­zione di trat­tare e non avrebbe accet­tato niente all’infuori di una ripro­po­si­zione del vec­chio Memo­ran­dum. La Gre­cia ha senz’altro sot­to­va­lu­tato con chi aveva a che fare. Pren­diamo Schäu­ble: subito dopo la vit­to­ria di Syriza dichiarò che «le ele­zioni non fanno alcuna dif­fe­renza». Molti al tempo pen­sa­vano che scher­zasse. E invece ha man­te­nuto quella linea fino alla fine. In quelle con­di­zioni, l’unica cosa che poteva fare la Gre­cia era costrin­gere l’avversario a venire allo sco­perto, sma­sche­ran­dolo. E ci è riuscita.

             

            Lei è stato molto cri­tico nei con­fronti del com­por­ta­mento tenuto dalla Bce.

            Cer­ta­mente. La scelta della Bce di assu­mere il ruolo di “sca­gnozzo” dei cre­di­tori – sot­to­po­nendo la Gre­cia a una lenta asfis­sia finan­zia­ria che ha desta­bi­liz­zato l’economia e messo in ginoc­chio il sistema ban­ca­rio – è stato un atto di bru­ta­lità inau­dita, senza pre­ce­denti, che sol­leva mol­tis­simi dubbi sull’integrità di quell’istituzione. La pres­sione eser­ci­tata dalla Bce è il motivo prin­ci­pale per cui Tsi­pras è stato costretto ad accet­tare le con­di­zioni impo­ste dalla troika.

             

            Ritiene che il governo greco sia stato inge­nuo nel cer­care fino alla fine di giun­gere a un «com­pro­messo ono­re­vole», quando evi­den­te­mente la con­tro­parte non aveva nes­suna inten­zione di scen­dere a com­pro­messi, al punto di arri­vare addi­rit­tura a minac­ciare il Grexit?

            No, non credo. Il governo greco ha fatto l’unica cosa che poteva fare, visto che non aveva altre carte da gio­carsi: pre­sen­tare le pro­prie argo­men­ta­zioni nella maniera più chiara e logica pos­si­bile, spe­rando che la ragione e il buon senso aves­sero qual­che effetto sulla con­tro­parte. Penso che que­sta stra­te­gia abbia avuto un impatto enorme sull’opinione pub­blica euro­pea. Pur­troppo non ha influito mini­ma­mente sui rap­porti di forza in seno all’Europa. Non è stata una stra­te­gia inge­nua: è stata una stra­te­gia det­tata dallo squi­li­brio di forze in campo.

             

            Ritiene che la Gre­cia avrebbe dovuto gio­carsi la carta del «Gre­xit» fin dal principio?

            Non è detto che que­sto avrebbe raf­for­zato la posi­zione nego­ziale di Syriza. Primo, avrebbe voluto tra­dire il man­dato elet­to­rale di Syriza. Secondo, biso­gna tenere pre­sente che era chiaro fin dall’inizio che una parte dell’establishment tede­sco vedeva di buon occhio il Gre­xit. Dun­que non c’è motivo di rite­nere che minac­ciare espli­ci­ta­mente l’uscita avrebbe miglio­rato la posi­zione di Syriza o costretto gli euro­pei a più miti con­si­gli.

            Il punto è che quello di Syriza è stato un test: vedere se una stra­te­gia basata su argo­men­ta­zioni logi­che, sulla ragione e sui fatti – tesa a dimo­strare l’evidente fal­li­mento delle poli­ti­che eco­no­mi­che per­se­guite finora – poteva pre­va­lere all’interno dell’eurozona, alla luce delle posi­zioni poli­ti­che ed ideo­lo­gi­che degli altri part­ner. Que­sto è quello che ha cer­cato di fare Tsi­pras, con le uni­che armi a sua dispo­si­zione: il buon senso e la ragione. Ma quelle armi non hanno avuto effetto. Que­sto deve indurci a fare una rifles­sione molto pro­fonda su quello che è diven­tata l’Europa.

             

            Quale pensa che sia la lezione che gli altri movi­menti e par­titi della sini­stra in Europa dovreb­bero trarre dalla vicenda di Syriza?

            Tutta la stra­te­gia di Syriza era basata su un’incognita: può un paese che ha pagato sulla pro­pria pelle il dram­ma­tico fal­li­mento delle poli­ti­che euro­pee spe­rare di cam­biare quelle poli­ti­che all’interno della cor­nice dell’eurozona? Bene, penso che la rispo­sta a quella domanda sia evi­dente a tutti.

             

            Non ritiene che una stra­te­gia impron­tata alla riforma dell’Ue e dell’eurozona avrebbe qual­che spe­ranza di suc­cesso in più se a por­tarla avanti fosse un par­tito poli­tico alla guida di un paese eco­no­mi­ca­mente e poli­ti­ca­mente più rile­vante come, per esem­pio, la Spagna?

            Sta all’elettorato spa­gnolo deci­dere se ten­tare la strada greca o meno. Al loro posto, io non sce­glie­rei quella strada. Non penso che sarebbe una posi­zione facile da ven­dere agli elet­tori, alla luce della vicenda greca. Anche per­ché ormai la posi­zione dei cre­di­tori la cono­sciamo bene, ed è incre­di­bil­mente rigida: niente taglio del debito e nes­suna devia­zione dalle poli­ti­che di auste­rità estrema che abbiamo visto finora.

             

            Come rea­gi­rebbe l’esta­blish­ment euro­peo alla vit­to­ria di un par­tito come Syriza in un altro paese della peri­fe­ria, secondo lei?

            Assi­ste­remmo alla stessa semi-automatica sequenza di eventi a cui abbiamo assi­stito in Gre­cia: per prima cosa le ban­che del Nord comin­ce­reb­bero a tagliare le linee di cre­dito alle ban­che del Sud. A quel punto dovrebbe inter­ve­nire la Bce con la liqui­dità di emer­genza. Que­sto spin­ge­rebbe la gente a por­tare i capi­tali fuori dal paese, e in poco tempo il governo si ritro­ve­rebbe a gestire una crisi ban­ca­ria. Va da sé che se que­sto avve­nisse in un paese come la Spa­gna o l’Italia, avrebbe riper­cus­sioni infi­ni­ta­mente più gravi di quello a cui abbiamo assi­stito in Grecia.

            Qua­lun­que par­tito di sini­stra che aspiri a gover­nare un paese euro­peo deve essere pre­pa­rato a questo.


            Militant: La sinistra assente di Domenico Losurdo

            militant

            La sinistra assente di Domenico Losurdo

            Militant

            sinistra
                    assenteDa qualche mese è in libreria un testo, l’ultimo lavoro di Losurdo, capace sin dal titolo di chiarire un concetto ed esprimere una posizione. Di fronte agli sconvolgimenti internazionali in atto dalla caduta del muro di Berlino in avanti, il multiforme campo della politica ha visto il dileguarsi della sinistra, di una sinistra capace di rappresentare un’alternativa politica contendendo all’immaginario capitalista l’orizzonte dello sviluppo. Si potrebbe obiettare che la fine dello schema bipolare partorito dal secondo dopoguerra abbia complicato il quadro dei riferimenti internazionali, lasciando analisti e opzioni politiche in mezzo ad un mare in tempesta e senza porti sicuri. Il ventennio appena trascorso smentisce però questa presunta “multiformità”, questa apparente incomprensibilità di fondo dei principali eventi internazionali. Dalla prima guerra in Iraq in avanti, lo schema dell’ingerenza Nato nelle più differenti zone calde del mondo si è ripetuto pedissequamente senza soluzione di continuità e seguendo nei più piccoli particolari sempre lo stesso canovaccio. E’ avvenuto allora un cambio soggettivo interno al campo della sinistra, non uno oggettivo rispetto alla dinamica imperialista. Non si contano più le ingerenze internazionali dell’area Nato nei diversi contesti geopolitici: Iraq, Iran, Jugoslavia, Siria, Libia, Serbia, Ucraina, Afghanistan, Venezuela, Somalia, Georgia, Honduras, Mali e molti altri eccetera. Leggi tutto


            Lelio Demichelis: Nel tempo della minorità

            alfabeta

            Nel tempo della minorità

            Lelio Demichelis

            WebMobile2La vittoria dei no al referendum in Grecia aveva dimostrato che l’uomo in rivolta di Camus esiste, che se vuole è capace di dire no e anche di dire sì. L’uomo in rivolta greco ha detto sì all’europeismo dicendo no a questa Europa dell’austerità, della colpa, dell’egoismo, dei mercati, della cancellazione scientifica dei diritti sociali, dimostrando che un agire politico è ancora possibile. Fine della rassegnazione? No, sappiamo com’è andata a finire, la rassegnazione è stata imposta a forza alla Grecia, ma quel no che era un sì rimarrà comunque nella storia. Anche se si conferma, senza se e senza ma come il capitalismo sia strutturalmente conflittuale con la democrazia.

            Di più: sono morte le ideologie del Novecento, ma anche le utopie e persino le idee; la lotta di classe l’hanno vinta i ricchi e si è azzerata ogni capacità (specie a sinistra) di innovazione politica, mentre si è dominati dall’imperativo dell’innovazione tecnologica – e l’unica immaginazione al potere è oggi quella di dover diventare uomini economici la cui vocazione (beruf) deve essere quella di adattarsi al mercato e di connettersi in rete, mentre «la flessibilità deve entrare nel Dna delle persone» (Mario Draghi). Condizione esistenziale tristissima e devastante per società e democrazia.

            Qui parliamo allora di tre libri, diversi ma tutti importanti per comprendere la nostra condizione (dis)umana nell’epoca del capitalismo tecnologico globalizzato. Pubblicati da Laterza nella nuova e benvenuta collana «Solaris». Leggi tutto


            Christian Laval: Avviso ai leader europei: bisogna abolire la democrazia

            tysm

            Avviso ai leader europei: bisogna abolire la democrazia

            di Christian Laval

            A commento dell’ “accordo” con cui le istituzioni di Bruxelles e un Eurogruppo a trazione tedesca hanno nuovamente imposto la teologia del debito e un umiliante regime dell’austerity alle forze sociali greche che, alla ricerca di una via di uscita dalla barbarie, avevano osato pronunciarsi con un sonoro “No” contro il comando finanziario, pubblichiamo questo articolo del filosofo e sociologo Christian Laval. Laval denuncia la volontà ormai dichiarata di sopprimere ciò che resta di pericolosamente democratico nel contesto della post-democrazia europea: una “democrazia del debito” che pur mantenendo le forme democratiche ne svuota implacabilmente la sostanza.

            Laval è autore di molti rilevanti studi. Tra gli altri, insieme a Pierre Dardot, ricordiamo gli importanti La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista, Roma, Derive Approdi, 2013 e Del comune, o della rivoluzione nel XXI secolo, Roma, Derive Approdi, 2015, lavori fondamentali per la comprensione della razionalità neoliberale e per la ricerca collettiva di nuove forme possibili della democrazia [a. s.].
            L’articolo è tratto dal blog personale dell’autore. La traduzione è di Alessandro Simoncini.

            A sentire le voci dominanti nei media europei e nelle sfere politiche delle élites, ci si può domandare se la democrazia, nella sua versione più classicamente istituzionale, non sia diventata un ingombrante retaggio del passato che converrebbe definitivamente eliminare per lasciar posto al governo degli “adulti”, secondo la felice espressione di Madame Christine Lagarde, la “patrona” del Fondo Monetario Internazionale.

            Leggi tutto

            Gabriele Battaglia: Ma è proprio lo scoppio della bolla cinese?

            effimera

            Ma è proprio lo scoppio della bolla cinese?

            di Gabriele Battaglia

            “Ma tu credi ancora ai giornali occidentali?”

            Così mi ha risposto un’amica cinese quando le ho chiesto come se la passassero le sue azioni, dato che qualche tempo fa mi aveva confessato di giocare in borsa da circa vent’anni. Lei è una “gnoma”, una di quei 90 milioni di piccoli azionisti (due milioni in più degli iscritti al Partito comunista) che movimentano quotidianamente le borse di Shanghai e Shenzhen. Se vi aggiungiamo anche Hong Kong, è con 14mila miliardi di dollari il secondo mercato azionario più grande del mondo in termini di volume di scambi annuo (dopo gli Usa).

             

            Volatilità o scoppio?

            Non che una persona faccia testo, ma è forte l’impressione che ciò che dalle nostre parti è stato scambiato per avvisaglia dello scoppio della bolla cinese, sia stato in realtà semplice volatilità. Accentuata, ma pur sempre volatilità.

            A confermare questa impressione, ci sono anche le chiacchiere scambiate con due “esperti”: il responsabile del centro ricerche per la Cina di un grande istituto di credito europeo e il chief economist di una istituzione finanziaria sovranazionale asiatica (scusate la vaghezza, ma questi tipi chiedono quasi sempre garanzia di anonimato). Anche loro parlano di semplice “volatilità”, dicendosi in realtà molto più preoccupati del progetto bicefalo di nuova “Via della Seta”: la prima grande proposta geopolitica che la Cina fa al mondo almeno dai tempi della dinastia Ming ma, secondo loro, qualcosa di cui non si vede la razionalità economica. Un’idea che forse non esiste neppure, se non negli slogan. Ma è un altro discorso. Torniamo in borsa. Leggi tutto


            Marino Badiale, Fabrizio Tringali: Lettera aperta agli amici sonnambuli

            badialetringali

            Lettera aperta agli amici sonnambuli

            Marino Badiale, Fabrizio Tringali

            È evidente a tutti che la fine drammatica dell'esperienza del governo Syriza è uno spartiacque. Essa infatti rappresenta la verifica concreta, l'experimentum crucis che decide se una strategia politica sia valida oppure no. Non è difficile, se si ha onestà intellettuale, trarne le necessarie conseguenze. Proviamo a farlo in questa lettera aperta. Gli “amici sonnambuli” ai quali è indirizzata sono le tante persone del mondo “antisistemico” che in questi anni hanno protestato contro le politiche autoritarie e di austerità dei ceti dominanti, rifiutando però di porre la questione politica dell'uscita dell'Italia dal sistema euro/UE. La proposta dell'uscita veniva tacciata in questi ambienti di “nazionalismo”, e contro di essa veniva evocata la necessità della lotta unitaria dei ceti popolari europei.

            Speriamo che la triste vicenda greca serva almeno a favorire un'ampia presa di coscienza su quali siano i nodi politici reali da affrontare in questo momento storico, se non si vuole soccombere.

            Cerchiamo di riassumere i punti fondamentali della questione.

             

            1. Il sistema euro/UE è irriformabile.

            La strategia di Tsipras era quella di lottare, all'interno del sistema euro/UE, per strappare un compromesso avanzato, che permettesse al suo governo di porre fine alle politiche di austerità. Leggi tutto


            Lucia Pradella: C'è una logica in questa follia

            palermograd

            C'è una logica in questa follia

            Crisi nell'UE e riassetto dell'industria mondiale

            Lucia Pradella

            DalìLa crisi economica mondiale scoppiata nel 2007/8 si sta abbattendo con particolare forza sull’Europa: la situazione greca ne è l’esempio più lampante. A livello europeo, la disoccupazione ha raggiunto percentuali record, i salari reali stanno diminuendo, le diseguaglianze sono alle stelle e gli attacchi alla classe lavoratrice si sono intensificati. Secondo dati Eurostat (che sottostimano ampiamente la situazione reale), nel 2013 circa novantadue milioni di persone, un quarto della popolazione dell’Europa occidentale, era a rischio di povertà e di esclusione sociale: 8 milioni e mezzo di persone in più che nel 2007. La tendenza è più allarmante nei paesi più colpiti dalla crisi come Grecia, Portogallo, Spagna e Italia, ma è in crescita anche nel Nord dell’Europa, Gran Bretagna e Germania comprese. Condizioni di povertà, precarietà e super-sfruttamento prima ritenute “tipiche” del Sud del mondo stanno diventato sempre più diffuse anche nei paesi ricchi dell’Unione Europea.

            La crisi e i suoi effetti in Europa - compresa l’Europa “ricca”, occidentale - hanno suscitato ampio dibattito, tanto sulle sue cause che sulle strategie da adottare in risposta. Uno dei limiti principali di questo dibattito è che spesso si è concentrato sulla crisi in Europa senza considerare in modo organico la sua dimensione strutturale e internazionale. Leggi tutto


            Bruno Ballardini: ISIS. Il marketing dell’Apocalisse

            criticaimpura

            ISIS. Il marketing dell’Apocalisse

            di Bruno Ballardini

            Pubblichiamo su Critica Impura, per gentile concessione dell’Autore, l’introduzione completa dell’ultimo volume di Bruno Ballardini intitolato “ISIS. Il marketing dell’Apocalisse” (Baldini & Castoldi 2015)

            ballardini
                      isisIntroduzione

            Nulla è come appare. Mai. Nemmeno questo libro. Nonostante le apparenze, infatti, ciò che state per leggere non riguarda l’ISIS, e nemmeno quello che c’è dietro. Questo libro è prima di tutto un atto d’accusa verso il modo in cui la rete – che avrebbe dovuto portare democrazia, risvegliare le coscienze, liberare l’umanità – si sia trasformata nel più efficace dispositivo per controllare, manipolare, deformare la realtà e, in definitiva, dominare grandi masse orientandone le scelte.

            Sul piano mediatico l’ISIS rappresenta in un certo senso l’11 settembre di Internet, la prima grande sconfitta della rete, così come l’attacco alle Torri Gemelle e ciò che ne è seguito hanno segnato la sconfitta della televisione e la morte del giornalismo televisivo. Perché se è relativamente semplice contrastare il terrorismo da un punto di vista «tecnico» (basta eliminarlo), non esiste ancora nessun modo per difenderci dalla disinformazione e dalla manipolazione che avvengono attraverso Internet. Nessun modo per arginare i danni che provoca. È questo il vero disastro portato dalla tanto santificata «democrazia digitale» e dai social network. «Ti sei mai accorto delle enormi opportunità che un campo di battaglia offre ai bugiardi?» disse una volta il generale confederato Stonewall Jackson a un suo aiutante di campo durante la guerra civile americana[1]. A maggior ragione questo vale in un campo di battaglia virtuale.

            Soltanto vent’anni fa, l’avvento di Internet veniva salutato dai primi profeti come l’inizio di una nuova era per la nostra civiltà. Leggi tutto


            Rodolfo Ricci: Fuori dall’Euro c’è l’Europa (e la democrazia)

            cambiailmondo

            Fuori dall’Euro c’è l’Europa (e la democrazia)

            di Rodolfo Ricci

            euro crollo1Per tentare di comprendere meglio cosa stia accadendo con la questione greca e quindi le reali sfide che abbiamo di fronte, è necessario tornare all’introduzione dell’Euro; e su alcuni elementi che negli eventi convulsi degli ultimi giorni rischiano di perdersi in un rumore di fondo fatto di tifoserie varie che rende difficile una valutazione razionale; di essa abbiamo invece fortemente bisogno se non si vogliono fare passi falsi o attardarsi su posizioni moralmente accettabili, ma fuori tempo massimo, in un momento decisivo per l’Europa e per l’Italia.

             

            Il punto essenziale da comprendere è cos’è l’Euro tecnicamente e le sue implicazioni e conseguenze politiche

            L’Euro è la prima importante moneta della storia che non viene emessa da uno stato sovrano, ma che riassume un paniere di monete nazionali in un rapporto di cambi fissi, le cui percentuali nazionali sono individuabili nella percentuale di controllo della BCE da parte delle rispettive banche centrali dei singoli paesi. Leggi tutto


            Andrea Fumagalli: Diario della crisi infinita

            alfabeta

            Diario della crisi infinita

            Andrea Fumagalli

            La conclusione della trattativa tra Grecia e Troika mostra in modo lampante come la governance economica del capitalismo contemporaneo sia quasi esclusivamente governance bio-politica. Una governance che segue un principio di razionalità che nulla o poco ha che fare con quella razionalità dell’homo oeconomicus che viene ritenuta alla base di qualsiasi scelta economica efficiente e continuamente sbandierata dai manuali di economia politica, dalla stampa e dagli stessi politici di governo per giustificare decisioni che di economico hanno invece ben poco. Prendiamo ad esempio le richieste che, con una pistola puntata alla tempia, sono state imposte alla Grecia per allentare il cappio della stretta della liquidità: 3,5% di avanzo primario per i prossimi 10 anni, 50 miliardi di fondo di garanzia per privatizzare, smantellare e mettere da parte le risorse per ripagare il debito.

            Una banale logica economica e contabile, condita con matematica elementare, ci potrebbe mostrare che tale obiettivo non potrà mai essere perseguito. La spiegazione è sempre la stessa: se vuoi ridurre un rapporto (in questo caso il rapporto debito/Pil) può sembrare logico intervenire sul numeratore (quindi riduzione della spesa pubblica e aumento delle tasse – ma solo quelle regressive in modo da non penalizzare troppo i ceti più ricchi). Ma se l’effetto collaterale è ridurre anche il denominatore, cioè il Pil, in modo più che proporzionale (in seguito al demoltiplicatore del reddito), è chiaro che il rapporto non potrà mai diminuire. Leggi tutto


            Comidad: Il FMI ed il suo businnes del default cronico

            comidad

            Il FMI ed il suo businnes del default cronico

            Comidad

            Uno dei maggiori punti di forza del potere è quello di riuscire ad essere sempre più squallido dell'immaginabile. Più di un osservatore aveva notato che la "riforma" della Scuola targata Renzi non è altro che una legge di spesa con una delega in bianco al governo. Decine e decine di pagine fumose e di paradossi giuridici non riescono a nascondere l'unico dato concreto, cioè che alcuni miliardi (non si capisce bene quanti) vengono stanziati e, in base all'articolo 22, il governo ne farà ciò che vorrà nei prossimi mesi. Sarebbe bastato questo per giustificare ogni opposizione; ma è già il termine "opposizione" a presentarsi aleatorio. Quello del potente è il mestiere più facile del mondo, poiché tutto viene affrontato dietro il comodo paravento del vittimismo, perciò ogni obiezione ed ogni perplessità vengono fatte passare per opposizioni, per sabotaggi, per "remare contro". La vera opposizione l'ha fatta il governo, che ha preventivamente criminalizzato i sindacati ed il personale della Scuola. I sindacati avrebbero voluto collaborare alla "riforma", ma non gli è stato concesso.

            Dato che la posizione di "oppositore" non è affatto una scelta, ma l'effetto di un'esclusione, è molto facile cadere nella trappola della "propositività". Invece di limitarsi a constatare il carattere vuoto e depistante di slogan come "aziendalizzazione", gli si sono contrapposte delle parole evocative come "democrazia" e "Costituzione", in nome del consueto "animabellismo" a cui gli oppositori sono condannati per cercare di fare bella figura davanti all'opinione pubblica. Leggi tutto


            Guglielmo Forges Davanzati: La crisi greca e l'Europa delle diseguaglianze

            micromega

            La crisi greca e l'Europa delle diseguaglianze

            di Guglielmo Forges Davanzati

            La gran parte delle analisi sulla crisi greca, soprattutto nei media italiani, si è concentrata sull’andamento delle trattative fra il Governo greco e le istituzioni europee, e – schematicamente – il dibattito è sostanzialmente ruotato intorno alla domanda se l’intransigenza tedesca sia opportuna o meno, ovvero se i greci debbano o meno continuare a fare “riforme”. L’accordo recentemente raggiunto configura di fatto una resa incondizionata del Governo Tsipras, sui cui sviluppi è impossibile esprimersi, anche considerando che molte delle ‘raccomandazioni’ contenute nel documento approvato sono assolutamente inattuabili. Ed è un accordo probabilmente non conclusivo della vicenda.

            La crisi greca può essere forse meglio compresa se inquadrata innanzitutto all’interno di una cornice più ampia, che parta dalla constatazione che l’attuale configurazione delle economie capitalistiche è essenzialmente caratterizzata da forti e crescenti diseguaglianze della distribuzione dei redditi [1].

            Con la massima schematizzazione, si può rilevare che ciò che qualche anno fa era definita crisi globale è oggi essenzialmente crisi europea ed è tale proprio nell’area nella quale trovano la loro massima legittimazione le politiche ‘neoliberiste’, in una condizione di continuo aumento dei debiti pubblici dei Paesi aderenti (e, nel caso greco, di sostanziale insolvenza).

            Una recente ricerca del Max Plank Institute mostra che dal 1970 al 2011 il rapporto debito pubblico/Pil è aumentato in modo esponenziale in tutti i Paesi OCSE [2].

            Leggi tutto

            Alessandro Gilioli: La Troika, il 2011 e l'Italia

            espresso

            La Troika, il 2011 e l'Italia

            di Alessandro Gilioli

            Governo Monti
                    GiuramentoGli eventi greci hanno ringalluzzito i media e i fan di Berlusconi, che in questi giorni propongono un parallelo tra la fuoriuscita del Cavaliere nel 2011 e la prova di forza muscolare con cui la Troika ha piegato Tsipras, mettendo probabilmente fine alla sua parabola politica.

            In parte, i berlusconiani hanno ragione. Nel senso che il 2011 è stato l'anno dirimente per l'Italia, quello in cui i mercati e la Troika hanno imposto il cambio di governo. E a pagarne le conseguenze politiche è stato anche l'allora premier.

            Tuttavia consiglio a tutti di mettere bene in fila i fatti di quell'anno per provare a capire cos'è successo davvero: quali paure avevano i vaporieri della Ue rigorista e quali strategie hanno messo in campo. Evitando ogni complottismo e ogni cospirazionismo, certo: ma senza nemmeno mettersi le fette di salame sugli occhi rispetto alle pressioni politiche internazionali che - come mi pare acclarato negli ultimi giorni - esistono eccome. (post lunghetto)

            Per capire bene cosa successe in Italia, anzitutto, bisogna calarsi il più possibile in quel periodo, al netto delle vicende successive: ad esempio, oggi sembra quasi ridicolo pensare che la Troika potesse temere (anche) uno come Nichi Vendola, ma nel 2011 la paura di un'uscita a sinistra dell'Italia dal berlusconismo era invece piuttosto forte, quasi come oggi quella verso Podemos. Leggi tutto


            Spartaco A. Puttini: Tragedia greca

            marxxxi

            Tragedia greca

            di Spartaco A. Puttini

            Un'altra Unione europea non è possibile. L’uscita della Grecia prossima ventura

            tragedia grecaIl risultato del referendum greco, con il massiccio “no” che ha rigettato la politica ricattatoria della Troika, ha avuto l’effetto positivo di dimostrare che i popoli europei che più soffrono la crisi e le politiche di austerità di cui la Ue è principale alfiere iniziano a rifiutare lo slogan ricattatorio “ce lo chiede l’Europa”.

            E’ stata una lezione di democrazia. E’ stato anche un risultato simbolicamente rilevante e spendibile per tutti coloro che aspirano a voltare pagina e in politica, si sa, i simboli hanno il loro peso.

            Tuttavia il punto è un altro: è essere conseguenti, come le drammatiche vicende successive della politica greca stanno dimostrando, con la tragica resa della democrazia al mercato e di Tsipras alla troika.

             

            Un’altra Unione europea non è possibile

            Tsipras e Syriza hanno costruito il loro successo politico sulla promessa di un’altra Europa (cioè un’altra Ue) possibile, cioè sull’ipotesi di tenersi l’euro rigettando le politiche di austerità. Questo ha consentito alla sinistra radicale greca di intercettare i voti in fuga dal Pasok, elettori che, come ha notato Halévy, erano stati assuefatti da decenni di propaganda europeista e non erano maturi per la scelta più consapevole rappresentata dal KKE (e non solo per i limiti tattici che possono essere imputati ai comunisti greci) [1].

            Leggi tutto

            Edoardo Greblo: Il paradosso del demos (tra legittimità democratica e legittimazione storica)

            ilrasoiodioccam

            Il paradosso del demos (tra legittimità democratica e legittimazione storica)

            di Edoardo Greblo

            Fin dalla sua nascita la teoria democratica si è confrontata con un grave paradosso: la democrazia non riesce a permeare di sé il processo stesso della sua costituzione. Tuttavia, solo recentemente, in connessione con l'emergere della globalizzazione e l'esplosione del fenomeno migratorio, tale paradosso si è venuto ponendo come una questione cruciale per la riflessione normativa

            demos 499La sovranità democratica implica un demos unificato che agisce per governare se stesso su un territorio delimitato. E “l’autogoverno implica l’autocostituzione”.[1] Ma in che modo il demos si è autocostituito e in base a quale autorità? Si tratta di un paradosso che la teoria democratica ha riconosciuto sin dai tempi di Rousseau: infatti, affinché il popolo sia legittimo, “bisognerebbe che l’effetto potesse divenire causa, che lo spirito sociale che deve essere il frutto dell’istituzione, presiedesse all’istituzione stessa e che gli uomini fossero prima delle leggi ciò che devono diventare per opera loro”.[2] Eppure, abbastanza sorprendentemente, la teoria democratica mainstream vi ha prestato ben poca attenzione. Come ha scritto Robert Dahl, il problema di decidere su “chi legittimamente costituisce ‘il popolo’ […] e ha perciò il diritto di governare se stesso […] è stato quasi totalmente trascurato da tutti i grandi filosofi politici che hanno scritto sulla democrazia”.[3] L’avvento dell’“era delle migrazioni”[4] ha però contribuito a modificare in modo sostanziale i termini della questione e a rendere il problema – al quale sono state attribuite diverse denominazioni: il problema dell’unità,[5] il problema dei fondatori,[6] il paradosso democratico,[7] il paradosso della sovranità popolare,[8] il paradosso della legittimità democratica,[9] il paradosso della politica,[10] il problema della costituzione del demos[11]– quanto mai attuale. Leggi tutto

             

            I più letti degli ultimi tre mesi

              tonino

              unread,
              Aug 3, 2015, 7:00:42 AM8/3/15
              to sante gorini

              Enrico Galavotti: Il Marx di Diego Fusaro

              homolaicus

              Il Marx di Diego Fusaro

              Enrico Galavotti

              Fusaro MarxIndubbiamente Diego Fusaro, astro nascente dell'attuale filosofia marxista italiana, ha avuto e tuttora ha il merito di aver aiutato a riscoprire la portata eversiva delle teorie anti-capitalistiche di quel grande economista chiamato Karl Marx.

              Vogliamo sottolineare la qualifica di "economista" perché è in questo ruolo che Marx ha dato il meglio di sé, checché ne pensi Fusaro, che invece lo preferisce di più nei panni del "filosofo" o in quelli del "filosofo dell'economia", rischiando così pericolosamente di darne un'interpretazione influenzata dall'hegelismo, come d'altra parte fece uno dei suoi principali maestri, Costanzo Preve.

              La vera grandezza di Marx sta invece proprio in questo, nell'aver distrutto il primato della filosofia, facendo dell'economia politica una vera scienza, e non una semplice ideologia al servizio della borghesia, com'era, in particolar modo, quella elaborata in Inghilterra, in cui dominava l'idea di considerare il capitalismo un fenomeno di tipo "naturale" e non "storico", ovvero come un evento destinato a durare in eterno e non a essere superato da una società di tipo comunista. Per l'ultimo Marx, quello interessato all'antropologia, il comunismo altro non sarebbe stato che un ritorno al comunismo primitivo in forme e modi infinitamente più evoluti, in quanto scienza e tecnica avrebbero giocato un ruolo di rilievo, assolutamente più democratico di quello che svolgono in un contesto dominato dall'antagonismo tra capitale e lavoro.

              Leggi tutto

              Marco Palazzotto: Grecia: la lotta continua se c'è il piano B

              palermograd

              Grecia: la lotta continua se c'è il piano B

              di Marco Palazzotto

              3602362Il recente articolo di Tommaso Baris sulla crisi europea (lo trovate qui), ed in particolare sui fatti della Grecia, rappresenta una buona occasione per analizzare alcune problematiche che investono il nostro paese, e il nostro continente, a partire ormai dal biennio 2007/2008. In altre occasioni nel nostro sito abbiamo affrontato il tema della crisi greca (qui l’articolo di Roberto Salerno e qui quello di Giovanni Di Benedetto), ma ci siamo limitati a pubblicare pochi contributi in attesa della conclusione di alcuni passaggi decisivi. Oggi, con la capitolazione di Tsipras dopo l’ultimo accordo di “salvataggio” della Grecia - e grazie allo stimolo del contributo di Tommaso della scorsa settimana - ritengo sia importante redigere un primo bilancio dell’esperienza di Syriza e, con l’occasione, evidenziare alcuni punti sulla situazione politica ed economica attuale, tentando di elaborare alcune soluzioni politiche.

              Parto subito con i due problemi principali che trovo nell’articolo appena citato e che pare rappresentino elementi comuni alle diverse anime di quel che rimane della sinistra nostrana. I due problemi principali riguardano: 1. la dimensione geografica e sociale dell’organizzazione di una forza politica di sinistra in grado di contrastare l’attuale potere europeo; 2. le conseguenti politiche economiche da attuare per cercare di rendere più decente la vita di milioni di uomini e donne in Europa, oggi povere o al limite della povertà a causa anche dell’austerity. 

              Leggi tutto

              Militant: L’impotenza di fronte al degrado di Roma

              militant

              L’impotenza di fronte al degrado di Roma

              di Militant

              Il degrado cittadino è tanto palese quanto la ritrosia della sinistra radicale nel farci i conti. Da mesi sopravvive un Comune che non ha più ragion d’essere; da anni la città vive un declino sociale che non ha pari nella storia recente della città. Un declino che è stato appaltato alla narrazione di “Romafaschifo”, alle inchieste del Corriere, alle indignazioni dei fogli del regime palazzinaro Messaggero e Il Tempo, alle piccole costanti vandee quotidiane di una plebe romana votata alla reazione contro il bersaglio facile, immediato, che sia l’immigrato o l’autista Atac di turno. Tutti parlano, per lo più a sproposito, sentono in dovere di dire la propria sul tragico declino romano, tranne la sinistra, che sul tema riesce ad assumere un atteggiamento di altezzosa distanza culturale davvero inspiegabile, una dichiarazione di resa culturale e politica anche qui senza precedenti. E non parliamo dell’a-sinistra delle cosche politiche cittadine, quella lottizzata del Pd o di Sel, della fu Rifondazione e altri piccoli e grandi gruppi di potere territoriale, ma della nostra sinistra, quella dei movimenti sociali, dei collettivi politici, dei sindacati conflittuali, dei centri sociali. Le denunce di “Romafaschifo”? Tutta melma reazionaria; gli autobus che non passano? Non è un problema che ci riguarda; la sporcizia invadente? Sono ben altri i problemi della città; il traffico caotico ad ogni ora del giorno? Comprati la bici. E così via, voltandosi dall’altra parte pur di non fare i conti con la propria incapacità di esprimere un punto di vista generale sulle cose che sappia affrontare anche questi temi. Leggi tutto


              ilsimplicissimus: Erri De Luca, l’alienazione dell’eretico

              ilsimplicissimus

              Erri De Luca, l’alienazione dell’eretico

              di ilsimplicissimus

              L’effetto più stupefacente e in qualche modo grottesco della religione liberista è l’alienazione o meglio l’estraniazione in senso hegeliano non solo dalla dimensione della speranza e del progetto, ossia del futuro, ma anche dalla conoscenza dell’eterno presente che ci viene imposto. Esso in  quanto espressione dell’unica verità del mercato, va venerato e “pregato” attraverso il consumo facendo della nostra dimensione desiderante l’unica possibile, ma non va indagato nel suo complesso perché questo si rivelerebbe pericoloso per il culto. Ovviamente le eresie sono inevitabili e vengono punite, ma nel complesso sono tollerate come strumento di sfogo, purché non mettano in discussione l’esistenza dell’Ente supremo, la mano invisibile che dall’alto dei cieli governa il pianeta.

              Si potrebbero fare migliaia di esempi, costruire un’intera enciclopedia britannica dell’alienazione contemporanea, ma ce ne si può fare una chiara idea prendendo ad esempio un notissimo eretico, tanto eretico da rischiare una condanna per terrorismo per ciò che ha detto sulla Tav. Sì, parlo di Erri De Luca, il quale sa cosa voglia dire opporsi agli affari e agli imperativi del mercato. Tuttavia quando si arriva al cuore della questione, al nodo gordiano della “parola contraria”, alla sacra arca della diseguaglianza si tira indietro e parlando intorno alla questione greca dice:  “Non esiste alternativa all’euro e nemmeno all’Europa”. Perché? De Luca non spiega questo passo teologico se non attraverso un elenco che sembra tratto dalla scolastica medioevale la quale si riprometteva di spiegare la fede con la ragione, ma non faceva altro che piegare la ragione alla fede:  “Non c’era piano B all’infuori di un ritorno alla dracma, una sospensione dall’euro che avrebbe subito dimezzato il potere di acquisto, dunque affondato la Grecia nell’abisso argentino di anni fa”. Leggi tutto


              Fabio Ciabatti: Podemos, il capitalismo e la fine del mondo

              carmilla

              Podemos, il capitalismo e la fine del mondo

              di Fabio Ciabatti

              podemos“Non capite che il problema siete voi? Che in politica non conta avere ragione, ma avere successo?” Questa frase non è stata pronunciata da Frank Underwood in una puntata della fortunata serie televisiva House of Cards, ma da Pablo Iglesias, leader di Podemos, la formazione politica spagnola erede del movimento degli Indignados. La citazione è presa da un discorso – pronunciato in un’assemblea a Valladolid (vedi qui la sintesi) – in cui si fa uno sconcertante elogio di un realismo politico a dir poco spregiudicato.

              A scanso di equivoci il ritorno di un orientamento realistico, dopo anni in cui la sinistra non istituzionale si è limitata a un approccio meramente etico o a un velleitarismo estremistico, può essere un fattore positivo. Soprattutto perché significa tornare a confrontarsi con il tema del potere e della sua conquista da parte di un partito che rappresenta una delle novità di maggior rilievo nel panorama politico europeo e che ha comprensibilmente suscitato molte speranze e simpatie. Ma il potere rimane una brutta bestia: troppo spesso chi crede di averlo conquistato ne rimane invece soggiogato. Per questo occorre chiedersi se l’estremo pragmatismo professato da Iglesias sia coerente con il radicalismo esibito dal suo partito.

              Leggi tutto

              Francesco Alarico della Scala: Spunti di antropologia e logica

              linterferenza

              Spunti di antropologia e logica

              Francesco Alarico della Scala

              blakeR375
                    17mar09Intorno all’annosa questione della natura umana si consuma oggi una delle battaglie culturali decisive contro l’ideologia dominante.

              Varie analisi pubblicate su questo giornale mettono a fuoco l’odierno scontro fra le tendenze opposte eppur complementari del culturalismo e dell’ontologismo. La loro opposizione è facilmente intuibile: l’una afferma l’assoluta fluidità (e la conseguente infinita malleabilità) dell’uomo, l’altra prende rassegnatamente atto della sua natura immutabile. Più complessa è la loro complementarità, che non va ricercata nel campo della teoria pura bensì in quello della genesi oggettiva, storica e di classe, di tali forme ideologiche (nel senso deteriore del termine): ad essere “naturalizzata” e resa immutabile è soltanto la parte della “natura umana” che si conforma alle leggi dell’economia di mercato, cioè il suo istinto egoistico che renderebbe impossibile un sistema sociale improntato al collettivismo, alla cooperazione e alla solidarietà reciproca; fluidi e manipolabili divengono invece tutti i tratti della “natura umana” che contrastano, in atto o in potenza, con gli interessi del capitale, ossia tutte le tradizioni in blocco, i rapporti familiari, l’identità sessuale, ecc. È palese che la fonte di queste tendenze ideologiche non va ricercata nel progresso del pensiero scientifico e filosofico contemporaneo ma negli interessi di classe della borghesia e in particolar modo dell’oligarchia finanziaria, che soli ci offrono la chiave per la mediazione di queste tesi contraddittorie. Leggi tutto


              Andrea Baldazzini: Per una prassi istituente

              pandora

              Per una prassi istituente

              Recensione a “Del Comune o della rivoluzione nel XXI secolo”

              di Andrea Baldazzini

              bp28É ormai innegabile la necessità di costruire una nuova cultura politica che sappia per un verso disporre di categorie teoriche sufficientemente articolate in grado di dare conto della complessità dei rapporti reali (momento analitico), per l’altro promuovere concrete pratiche attive passibili di riconoscimento e istituzionalizzazione. Ebbene, quest’ultimo lavoro di Pierre Dardot e Christian Laval ha il grande merito di non essere la solita analisi irretita sul presente, ma avanza coraggiosamente un’interessante proposta politica costituita da un solido nucleo teorico costruito intorno al tema del Comune, nonché da una serie di dettami volti alla realizzazione di un’autentica prassi istituente. É importante tenere poi a mente che quanto viene qui presentato costituisce il proseguo, se si vuole la part construens, del lungo lavoro di studio compiuto dai due autori e raccolto nel loro penultimo libro intitolato La nuova ragione del mondo. Critica alla razionalità neoliberista, dove ad essere messo a tema è la logica sottostante il modello neoliberale pensato non semplicemente come fenomeno economico, ma piuttosto nei termini di una vera e propria Ragione assoluta in grado di coinvolgere la totalità degli aspetti dellesistenza individuale. Interessante è notare che il libro appena citato termina con un accenno proprio al tema del Comune: «Il governo degli uomini può fondarsi su un governo di sé che si apra a rapporti con gli altri che non siano quelli della concorrenza tra ‘attori imprenditori di se stessi’. Leggi tutto


              Lo stragismo è di Stato

              contropiano2

              Lo stragismo è di Stato

              Redazione Contropiano

              Quarantuno anni sono sempre troppi, per avere una sentenza su una strage che ha fatto 8 morti e 102 feriti. Se poi questa arriva a sancire quel che già si sapeva, a carico di due persone già indagate, processate e incredibilmene assolte, è necessario concluderne che lo Stato – in prima persona e ai massimi livelli – ha fatto di tutto per far arrivare questa sentenza fuori tempo massimo, nella speranza che tutti gli imputati passassero a miglior vita.

              Invece ne erano rimasti due. Maurizio Tramonte, all'epoca della strage di Brescia appena 21enne, ma già fascista militante e informatore dei servizi segreti, e Carlo Maria Maggi, 81 enne medico veneto, a suo tempo “ispettore politico” di Ordine Nuovo.

              Scomparso invece il “pentito”, quel Mario Digilio che confezionò personalmente quasi tutte le bombe delle stragi di stato degli anni '70, da Piazza Fontana in poi, fascista e agente dei servizi segreti italiani e statunitensi (dipendeva dal comando Nato-Ftase di Verona), che vuotò il sacco solo quando scoprì d'essere ormai in punto di morte.

              Morto anche Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo e poi segretario del Movimento Sociale Italiano, appena prima che Gianfranco Fini promuovesse la “svolta di Fiuggi”. Ma aveva fatto in tempo ad essere assolto, come Franco Freda e Giovanni Ventura, poi scomparso in Argentina. Leggi tutto


              Carlo Vulpio: A giudizio Vendola

              blogvulpio

              A giudizio Vendola

              di Carlo Vulpio

              Nicola Vendola rinviato a giudizio dal gup di Taranto, Vilma Gilli, per concussione aggravata in concorso con altri in relazione al disastro ambientale di Taranto causato (anche, ma non solo) dall’Ilva, l’acciaieria più grande d’Europa, non è una notizia, almeno non per me.

              Sei anni fa, nel mio libro La città delle nuvole, ho scritto questo e altro. Quindi, che oggi si venga a sapere delle “pressioni” dell’ex presidente della giunta regionale di Puglia su Giorgio Assennato, direttore dell’Arpa (Agenzia regionale di protezione ambientale), per “ammorbidire” i controlli (da sempre inesistenti) sulle massicce emissioni cancerogene del siderurgico, non mi stupisce, né mi emoziona, né mi indigna.

              Per la semplice ragione che questi sono tutti sentimenti che ho provato a tempo debito, non a scoppio ritardato. Li ho provati quando in compagnia di pochi ho scelto di stare dalla parte dei bambini di Taranto malati di leucemia. Dei bambini, lo confesso, non dalla parte degli adulti, che il diavolo se li porti via. Compreso quel “mite” Assennato, direttore di un organismo inutile, l’Arpa, al quale una sera, durante un incontro pubblico sul tema, nel salone della Provincia di Taranto, dissi pari pari le cose che state leggendo adesso, ricevendone come risposta il balbettio tipico di chi teme per il proprio cadreghino.

              Oggi, quindi, non gioisco per il rinvio a giudizio di Vendola, che per me sarà sempre giudiziariamente non colpevole fino a sentenza definitiva, ma che è politicamente, amministrativamente (cioè, come uomo di governo), moralmente e personalmente colpevole per aver sempre saputo del disastro di Taranto, per non aver fatto nulla per affrontarlo, per aver fatto invece tanto per occultarlo e, la cosa peggiore di tutte, per averci “campato” sopra, fingendo di volerlo risolvere, lacrimando come un coccodrillo dovunque ne avesse l’occasione e approvando leggi-truffa come la legge regionale cialtronescamente definita “legge anti-diossina”. Leggi tutto


              Jacques Sapir: La Grecia, la sinistra e la sinistra della sinistra

              vocidallestero

              La Grecia, la sinistra e la sinistra della sinistra

              di Jacques Sapir

              In un recente post del suo blog, Jacques Sapir analizza l’effetto della crisi greca sulla sinistra socialdemocratica europea e cerca di tracciare una genealogia dell’ideologia che la guida dagli anni ’80. A 30 anni dalla sbornia storica che si sono presi (gli anni di piombo in Italia, la vittoria del thatcherismo in UK, il crollo dell’Unione Sovietica e l’avvento del mondo unipolare a guida liberista), nella crisi che ha svelato il vero volto dell’Unione Europea, i partiti socialdemocratici possono ancora negare che decenni di compromessi sui propri principi hanno generato un mostro?

              Sinistra europeaIl diktat estorto alla Grecia dall’Eurogruppo e dalla Commissione Europea è una tragedia per la Grecia. Questo accordo non risolverà nulla e addirittura peggiorerà la crisi che la Grecia sta attraversando. Il debito greco non era sostenibile nel 2010. Né nel 2012. E ancora non si sta attenendo a questo diktat. La solvibilità del paese non è affatto assicurata, perché non è garantita nemmeno la sopravvivenza dell’economia. Qui vi è la prova, negata dai negoziatori di Bruxelles, che un paese può rimborsare solo quello che la sua economia gli consente. In realtà, a sembrare estremamente evidente è addirittura il contrario, poiché le misure imposte dal diktat, in combinazione con le politiche della Banca Centrale Europea, andranno ad aggravare la crisi economica in Grecia. Ma le condizioni che hanno circondato questo disastro hanno conseguenze che vanno oltre la Grecia. Adesso stiamo guardando il naufragio della socialdemocrazia europea e un momento cruciale per quella che viene chiamata la «sinistra radicale».

              Leggi tutto

              Benedetto Vecchi: L’antisistema si fa governo

              manifesto

              L’antisistema si fa governo

              Benedetto Vecchi

              Riflessioni su Podemos a partire dal libro di Pablo Iglesias, «Disobbedienti». Un partito qualificato come sinonimo di un «populismo 2.0» che invece consegna un nuovo appeal a una visione egualitaria del mondo

              24clt1spagnaPopu­li­smo 2.0. È l’espressione che ricorre abi­tual­mente per qua­li­fi­care l’esperienza poli­tica di Pode­mos, il par­tito spa­gnolo che ha ter­re­mo­tato il pano­rama poli­tico ibe­rico. Gli ana­li­sti, come sem­pre, met­tono in evi­denza le distanze, gli ele­menti di discon­ti­nuità dal pen­siero poli­tico clas­sico, inscri­vendo que­sta gio­vane for­ma­zione nell’alveo, tutto som­mato tran­quil­liz­zante, del popu­li­smo di matrice lati­noa­me­ri­cana. Una cor­nice tesa a demo­niz­zare le poten­zia­lità elet­to­rali di Pode­mos, col­lo­cando la sua azione al di fuori di una dimen­sione costi­tu­zio­nale e ai mar­gini della tra­di­zione demo­cra­tica euro­pea. A leg­gere il volume di Pablo Igle­sias Tur­rion Disob­be­dienti (Bom­piani, pp. 300, euro 18; ne ha già scritto su que­sto gior­nale Giu­seppe Cac­cia in occa­sione della sua uscita spa­gnola il 14 feb­braio scorso, ndr) tale sem­pli­fi­ca­zione va in mille pezzi. Con un’avvertenza: ciò che viene qua­li­fi­cato come anti­si­stema non viene smen­tito, ma arric­chito sem­mai di molti ele­menti che col­lo­cano Pode­mos nella cri­tica della demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva. Cosa che non esclude tut­ta­via una forma isti­tu­zio­nale fon­data su un dina­mico equi­li­brio tra demo­cra­zia diretta e, appunto, la sua forma rap­pre­sen­ta­tiva attra­verso il rico­no­sci­mento delle figure di auto­go­verno messe in campo dalla società civile in una suc­ces­sione di mutuo soc­corso, coo­pe­ra­tive sociali, sin­da­ca­li­smo di base che tro­vano il loro coor­di­na­mento den­tro la Rete.

              Leggi tutto

              Anselm Jappe: Lotta nelle strade contro lo spettacolo?

              blackblog

              Lotta nelle strade contro lo spettacolo?

              di Anselm Jappe

              jappe255B4255DLe teorie sociali nascono per spiegare gli eventi del proprio tempo, più o meno rilevanti. Con il passare degli anni, e con la società che cambia, il loro valore euristico tende a diminuire. Pertanto, il tribunale della storia conserva solamente quelle letture della realtà che hanno dimostrato di poter essere applicate a situazioni diverse rispetto a quelle da cui sono nate, in quanto hanno catturato le tendenze generali di un'epoca più ampia. Queste teorie non sono "profetiche" (categoria vuota), ma sono state in grado di comprendere l'essenza di un lungo periodo storico. Coloro che oggi si richiamano ancora all'epoca di Tocqueville, o di Marx, o di Weber, o di Pareto, affermano che essi compresero, uno o quasi due secoli fa, alcuni elementi della società moderna che ancora oggi sono presenti, seppure in maniera differente. Come contropartita, teorie più recenti che, per fare un esempio, hanno visto nell'alleanza fra gli operai delle fabbriche ed i cittadini un elemento capace di trasformare la società capitalista, ci appaiono già irrimediabilmente datate.

              Le teorie elaborate negli anni 50 e 60 del secolo passato, in particolare da Guy Debord e dai situazionisti, fanno parte di quest'analisi dell'effetto prolungato? Sono in grado di aiutarci a comprendere i fenomeni che questi autori non potevano allora ancora conoscere? Leggi tutto


              Sergio Cesaratto: Europeo sarà lei! Le due sinistre e l’epilogo greco

              asimmetrie

              Europeo sarà lei! Le due sinistre e l’epilogo greco

              Sergio Cesaratto

              Gli infelici esiti della vicenda greca hanno reso più evidente l’esistenza di due punti di vista nella sinistra italiana (“sinistra” senza aggettivi poiché il PD non è più un partito di sinistra) che per comodità potete identificare col meno e col più Europa, rispettivamente. Il primo fronte ritiene che una prospettiva politica dentro un quadro europeo considerato irriformabile non possa che risolversi, contro ogni buona volontà, in una forma di renzismo se non peggio. Dall’altro fronte si ribatte tacitando di infantilismo e avventurismo ogni prospettiva di rottura con quel quadro. Sgombrando il campo dalle goffe coperture di una tragica débâcle, per cui l’aggravamento dei destini greci diventa un frivolo “pericolo recessivo” mentre la Troika si sarebbe addirittura “spaccata”, come sostenuto da un esponente del “più Europa” su il manifesto, domandiamoci se v’è spazio per una ragionevole comprensione fra le parti?

              Intanto gli esponenti del primo fronte hanno per primi messo in evidenza le difficoltà geopolitiche di una Grexit tanto più che, almeno a sentire Tsipras, il governo greco non avrebbe trovato sponde finanziarie e incoraggiamento politico né da Russia né dalla Cina. Quindi nessun facile processo a Tsipras. Semmai colpisce una certa credulità della maggioranza di Syriza nell’andare alle trattative con l’Europa pensando che davvero quest’ultima potesse cambiare. Questo è il vero tema del contendere. La storia ha certamente i suoi tempi, e così la consapevolezza politica. È molto probabile che non solo nei drammatici giorni a cavallo fra fine giugno e inizio luglio, ma sin dall’inizio Syriza non avesse alternative alla carta della trattativa. Leggi tutto


              Il #PianoB dell’Italia per uscire dall'euro

              blog
                      grillo

              Il #PianoB dell’Italia per uscire dall'euro

              Era difficile difendere gli interessi del popolo Greco peggio di come ha fatto Tspiras. Solo una profonda miopia economica unita ad una opaca strategia politica potevano trasformare l'enorme consenso elettorale che lo aveva portato al governo a gennaio nella vittoria dei paesi creditori suoi avversari solo sei mesi dopo, nonostante un referendum vinto nel mezzo.

              Rifiutare a priori l'Euroexit e' stata la sua condanna a morte. Convinto, come il PD, che si potesse spezzare il connubio Euro & Austerita', Tsipras ha finito per consegnare il suo paese, vassallo, nelle mani della Germania. Pensare di opporsi all’Euro solo dall’interno presentandosi senza un esplicito piano B di uscita ha infatti finito per privare la Grecia di ogni potere negoziale al tavolo dell’Euro debito.

              Era dunque chiaro sin dall’inizio che Tsipras si sarebbe schiantato anche se Varoufakis qualche volta ha provato a reagire. Solo Vendola, il PD ed i media ispirati dalla frotolla scalfariana (tra i tanti) degli Stati Uniti d’Europa e dai nostalgici del manifesto di Ventotene potevano credere ad un Euro senza austerita’. E sono costretti a continuare a far finta di crederci pur di non dovere ammettere l’opportunita’ di una uscita dopo sette anni di disastri economici.

              La conseguenza di questa catastrofe politica e' davanti agli occhi di tutti:
              - Nazismo esplicito da parte di chi ha ridotto la periferia d’Europa a suo protettorato attraverso il debito, con ricorsi storici allarmanti.
              - Mutismo o esplicito supporto alla Germania da parte degli altri paesi europei vuoi per opportunismo (nord) o per subalternita’ (periferia).
              - Mercati finanziari che celebrano con nuovi massimi la fine della democrazia. Leggi tutto


              Michele G. Basso: La classe dirigente americana ha un solo obiettivo: il Mondo

              linterferenza

              La classe dirigente americana ha un solo obiettivo: il Mondo

              Michele G. Basso

              imperialismo21Dal vagone piombato al jihadismo senza frontiere

              Gli USA, sconfitte le dittature fasciste, ne hanno ereditato l’aggressività, il revisionismo bellico, il disprezzo per ogni norma internazionale. La differenza è che, mentre i fascismi si svilupparono in paesi che non avevano colonie o ne avevano di meno importanti, e lottavano per una redistribuzione dei grandi imperi coloniali di Gran Bretagna, Francia, Olanda, Belgio… gli USA sono tuttora la potenza dominante che, invece di accettare l’inevitabile decadenza relativa, cerca di impedire con la forza lo sviluppo di ogni altra grande concentrazione finanziaria, industriale, politica, militare antagonista. E, per far questo, procede a una ricolonizzazione che ha la sua espansione maggiore in Africa, ma non rinuncia, tramite golpe, governi nominati direttamente da Washington, o dalle banche e dalle multinazionali, a subordinare paesi sviluppati in Europa, Asia o America Latina.

              Siti e giornali, di destra e di sinistra, vantano i successi di Putin, come valido rivale di Washington. Anche se il suo governo ha reagito abbastanza bene all’offensiva USA, si tratta di operazioni prevalentemente difensive. Pur avendo il territorio più vasto del mondo, la Russia come popolazione non può competere con gli USA, l’Indonesia, il Brasile, ma solo con Nigeria e Pakistan – per ora soltanto, perché la natalità è più bassa della mortalità.

              Leggi tutto

               

               

              I più letti degli ultimi tre mesi

              tonino

              unread,
              Aug 6, 2015, 2:00:40 PM8/6/15
              to sante gorini

              Comidad: Putin non ha il carisma di Bill Gates

              comidad

              Putin non ha il carisma di Bill Gates

              di Comidad

              Alcuni eccessi critici nei confronti del governo greco in conseguenza del suo ultimo accordo con l'Unione Europea, hanno determinato degli effetti comunicativi piuttosto paradossali. Condannare troppo Syriza per il suo cedimento, significa infatti assolvere indirettamente l'UE, il Fondo Monetario Internazionale e la NATO, come se l'uscita dall'euro fosse solo una questione di buone intenzioni, di coerenza o dell'adozione della teoria monetaria "giusta". In realtà nessuna teoria monetaria ti spiega come difenderti dalle minacce di morte o dalle prospettive di un colpo di Stato camuffato da "rivoluzione colorata".

              Non si può poi fare a meno di notare la solitudine del governo greco in tutte le recenti vicissitudini. Non c'è dubbio che Tsipras si attendesse un po' più di solidarietà da parte del governo russo. Dei commentatori particolarmente estimatori di Putin hanno però visto nella sua rinuncia ad approfittare delle difficoltà della UE un atteggiamento di lungimiranza politica. In effetti Putin nella circostanza ha spinto la sua lungimiranza da qui ad un milione di anni, quando di tutto quello che accade ora non fregherà più niente a nessuno.

              Quando c'erano di mezzo basi militari da difendere, come a Tartus in Siria o in Crimea, la Russia ha fatto qualcosa, ma in quel caso a spingere sono state le forze armate russe, e non si è intravista alcuna strategia da parte di Putin. L'attuale presidente russo è certamente un tipo "tosto", capace di sfidare le minacce di eliminazione fisica, ed abbastanza competente in fatto di sicurezza da scegliersi ed addestrarsi da solo le proprie guardie del corpo. Ciò lo pone nelle condizioni di mediare tra Gazprom e le forze armate, ma non lo rende un leader politico. Putin pensa prima da ricco e poi da russo, e quindi oggi la sua priorità è di tornare a fare affari con l'UE ottenendo il ritiro delle sanzioni economiche.

              Leggi tutto

              Fabrizio Marchi: Il Fusaro di Galavotti e il Lenin di Preve

              linterferenza

              Il Fusaro di Galavotti e il Lenin di Preve

              Fabrizio Marchi

              Condivido buona parte delle critiche rivolte a Fusaro in questo articolo: http://www.sinistrainrete.info/marxismo/5538-enrico-galavotti-il-marx-di-diego-fusaro.html
              Tuttavia devo registrare un errore commesso dall’autore nella sua analisi, forse dovuto (non c’è altra spiegazione) ad una scarsa conoscenza del pensiero di Costanzo Preve.

              Cito testualmente dall’articolo:” Costanzo Preve, che rifiutava il leninismo non solo sul piano politico, ma anche, e ancor più, su quello filosofico…”.

              Questo non è affatto vero.

              Preve era un grandissimo estimatore del Lenin politico e grande dirigente rivoluzionario. Preve si poneva in una posizione radicalmente critica nei confronti del Lenin filosofo, e in particolare della sua critica agli empiriocriticisti. E ha ribadito questi concetti in diverse sue opere.

              Cito testualmente dalla sua “Storia alternativa della filosofia”:”Alla luce del 1914, la rivoluzione teorica di Lenin appare necessaria, buona e provvidenziale. Bisogna ignorare – come si fa spegnendo con il telecomando un televisore che emette trasmissioni manipolate – l’attuale concerto ideologico di demonizzazione del 1917. Il 1917 fu benefico, perché non si trattò di un fenomeno deducibile dalla (miserabile) teoria evoluzionistico-deterministica di Kautsky, ma un fenomeno di legittima reazione al bagno di sangue imposto nel 1914 dalle borghesie imperialiste. Tutto il chiacchiericcio universitario sul cosiddetto “totalitarismo” non è che un patetico rumore di fondo, se lo si paragona alla grandezza dell’iniziativa rivoluzionaria di Lenin. Leggi tutto


              Domenico Tambasco: Il crowdsourcing e l’uomo digitale: siamo esseri umani, non algoritmi

              micromega

              Il crowdsourcing e l’uomo digitale: siamo esseri umani, non algoritmi

              di Domenico Tambasco *

              Una riflessione su un rivoluzionario fenomeno in espansione in tutto il mondo grazie a Internet: il crowdsourcing, una sorta di “cottimo digitale” che alla classica equazione lavoro/salario sostituisce l’inedito e sconvolgente nesso lavoro/premio. Una forma estrema di precariato che rischia di trasformare i lavoratori in soggetti privi di diritti

              crowdsourcing
                    510La “fine del lavoro” profetizzata alcuni anni orsono in un celebre libro di Jeremy Rifkin[1] non sembra così lontana, se solo si pensa alla “tenaglia tecnologica” che stringe sempre più da vicino il lavoro umano individuale. Una stretta operata da un lato dai progressi esponenziali dell’intelligenza artificiale, che va freneticamente sostituendo i lavori manuali ed intellettuali di natura ripetitiva (si pensi, ad esempio, alle operazioni di cassa delle banche o dei supermercati, ormai gestite da apparecchi completamente automatizzati) e dall’altro dall’emersione – attraverso le tecniche di connessione via web – dell’intelligenza umana collettiva, con funzione sostitutiva delle professioni e dei lavori intellettuali di natura non routinaria[2].

              Ed è proprio dalla creazione tecnica di una sconfinata rete globale in cui si alimenta e si produce l’intelligenza umana collettiva che sono nate, per gemmazione naturale, la società del “Commons collaborativo”[3] e la “Crowdeconomy”, rispettivamente società ed economia della condivisione, nuovo modello socio-economico di cui il “Crowdsourcing” sembra essere, nell’ambito delle attività produttive, la più piena ed espressiva applicazione.

              Allo scopo di comprendere il significato di questo inedito e rivoluzionario fenomeno sarà utile porre mente sia all’etimologia (composto da crowd – folla – e outsourcing – esternalizzazione) sia alla definizione data dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in un interpello del 2013, secondo cui “con tale locuzione si intende individuare un nuovo modello di business aziendale in forza del quale un’impresa affida la progettazione, ovvero la realizzazione di un determinato bene immateriale ad un insieme indefinito di persone, tra le quali possono essere annoverati volontari, intenditori del settore e freelance, interessati ad offrire i propri servizi sul mercato globale (cd. Community di utenti iscritti ai siti a titolo gratuito)”[4]. Leggi tutto


              Lorenzo Battisti: La tragedia greca nello scacchiere internazionale

              marxxxi

              La tragedia greca nello scacchiere internazionale

              La fine dell'europeismo

              di Lorenzo Battisti

              Riceviamo dal compagno Lorenzo Battisti, del Comitato Centrale del PCdI, e pubblichiamo come contributo alla discussione

              greece span articleLargeAppare sempre più evidente che la vicenda greca si sia giocata più nelle stanze delle cancellerie europee che in quelle del governo di Atene. I continui colpi di scena che ci riserva la tragedia greca hanno oscurato lo scontro internazionale che si è svolto dietro le quinte. L'epilogo della vicenda mostra le responsabilità e i limiti di ideologici di Syriza e della Sinistra Europea, tanto nell'analisi dell'Unione Europea che in quella del mondo attuale.

               

              La questione del debito greco: problema economico o conflitto politico?

              Come osservava Stiglitz prima del referendum greco

              “I leader europei stanno finalmente cominciando a rivelare la vera natura dello scontro in atto sul debito e la risposta non è piacevole: si tratta del potere e della democrazia, più che di moneta ed economia” [1]

              Come è stato chiaro fin dall'inizio della crisi, la questione del debito è stata solo la scusa: la dimensione del debito greco è si esorbitante per quell'economia, ma rappresentava una cifra assolutamente gestibile nel contesto europeo. Quindi quali sono le ragioni che hanno portato all'imposizione di politiche così pesanti, che hanno indebolito l'Unione Europea oltre a condannare i greci a condizioni di vita impossibili?

              Leggi tutto

              Michele Paris: GB, Corbyn spacca il Labour

              altrenotizie

              GB, Corbyn spacca il Labour

              di Michele Paris

              La competizione per la leadership laburista in Gran Bretagna, dopo la sconfitta patita alle urne lo scorso mese di maggio, sta rapidamente gettando il partito in una grave crisi, provocata principalmente dal gigantesco divario esistente tra gli orientamenti dei suoi vertici e quelli della sua teorica base elettorale.

              A scatenare una feroce polemica all’interno del “Labour” è stata la relativamente sorprendente ascesa del candidato della sinistra del partito, Jeremy Corbyn, a tutt’oggi il favorito nella corsa alla sostituzione di Ed Miliband. Il veterano deputato 66enne ha infatti superato nel gradimento dei possibili elettori i vari aspiranti segretari di tendenze più moderate o apertamente schierati con il “New Labour” e l’ex primo ministro, nonché potenziale criminale di guerra, Tony Blair.

              Lo status di “front-runner” di Corbyn rappresenta una beffa per l’establishment laburista che teme la sua elezione a segretario, visto che la sua candidatura era stata sponsorizzata all’ultimo momento proprio da vari leader del partito contrari alle sue posizioni progressiste. Per un partito spostatosi nettamente a destra negli ultimi anni e punito severamente alle urne, molti all’interno di esso auspicavano la presenza di un candidato di “sinistra”, sia per dare l’impressione dell’apertura del Labour a tutti gli orientamenti sia, soprattutto, per dimostrare l’esiguità di un elettorato “radicale” in Gran Bretagna e giustificare perciò l’abbraccio delle politiche neo-liberiste.

              Questa scommessa sembrava però poter andare a buon fine solo in caso di una candidatura debole di Corbyn e di un’inevitabile sonora sconfitta, come avevano agevolmente previsto i leader moderati del partito. L’agenda di Corbyn, fatta di misure volte a invertire le politiche di austerity degli ultimi governi laburisti e conservatori, ha al contrario suscitato una valanga di consensi e un numero inaspettato di nuovi aderenti al partito, pronti a sostenere il candidato di “sinistra” nelle prossime elezioni per la leadership. Leggi tutto


              Tommaso Di Francesco: Il sultano atlantico

              manifesto

              Il sultano atlantico

              Tommaso Di Francesco

              Fermare con le armi il contagio indipendentista e laico della sinistra kurda (il Pkk ma anche la coalizione politico-sociale del Rojava in Siria) è l’obiettivo di Erdogan. Ma anche della «nostra» Alleanza atlantica che applaude ogni volta che un F16 decolla per bombardare

              Cen­ti­naia di com­bat­tenti del Par­tito dei lavo­ra­tori del Kur­di­stan (Pkk) sono rima­sti uccisi e cen­ti­naia feriti in una set­ti­mana di raid dell’aviazione turca con­tro le basi dei ribelli. Col­piti anche vil­laggi e la popo­la­zione kurda. Tra i feriti ci sarebbe anche Nuret­tin Demir­tas, fra­tello del lea­der della for­ma­zione curda Par­tito demo­cra­tico del popolo (Hdp) Sela­hat­tin Demir­tas — che ha avuto una straor­di­na­ria affer­ma­zione alle ultime ele­zioni tur­che con il suo 13%, impe­dendo così di fatto la mag­gio­ranza par­la­men­tare all’Akp di Erdo­gan e per que­sto messo in que­sti giorni sotto accusa, lui e il suo partito.

              Sta avve­nendo, sotto i nostri occhi, una car­ne­fi­cina. Che ci riguarda diret­ta­mente. Infatti l’offensiva mili­tare — iro­nia della sorte l’agenzia parla di una ine­si­stente offen­siva con­tro l’Isis — è scat­tata dopo il ver­tice della Nato di Bru­xel­les di nem­meno una set­ti­mana fa, di fatto con­vo­cato da Ankara per avere par­te­ci­pa­zione e avallo alla sua nuova guerra con­tro i kurdi, fatta con la scusa di attac­care anche, per la prima volta le posta­zioni siriane dello Stato isla­mico. La par­te­ci­pa­zione atlan­tica piena non c’è, ma l’avvallo sì e, soprat­tuto, c’è quello degli Stati uniti.

              Ora dun­que con l’applauso dell’Alleanza atlan­tica i cac­cia­bom­bar­dieri tur­chi fanno a pezzi i com­bat­tenti della sini­stra turca, vale a dire i mili­tanti che quasi da soli finora com­bat­tono con le armi in pugno in Siria e in Tur­chia con­tro le mili­zie jiha­di­ste dell’Isis. Mili­zie invece soste­nute e finan­ziate negli ultimi tre anni pro­prio da Ankara che ha adde­strato tutte le for­ma­zioni ribelli siriane — com­presa Al Nusra, vale a dire Al Qarda, nelle sue basi a par­tire da quella Nato di Adana, come sanno tutti i governi occi­den­tali e come ha denun­ciato pro­prio la sini­stra turca. Leggi tutto


              Militant: La protesta dei lavoratori Atac, la creazione del capro espiatorio e la strada verso la privatizzazione del trasporto pubblico

              militant

              La protesta dei lavoratori Atac, la creazione del capro espiatorio e la strada verso la privatizzazione del trasporto pubblico

              Militant

              bus atac 2Un mese fa,  in un invito alla discussione collettiva sulla giunta Marino e la situazione che si sta determinando a Roma (leggi), scrivevamo che il sistema di malaffare emerso con l’inchiesta di Mafia capitale – ma da anni  intuito da tutti i romani – era il prodotto proprio di un galoppante processo di privatizzazione, che ha portato il Comune a esternalizzare gran parte dei suoi servizi essenziali e a dar vita a una guerra per gli appalti di cui oggi si intravede il risultato. Trascorso meno di un mese, sul fronte delle privatizzazioni la situazione è, se possibile, peggiorata: sono, infatti, iniziate le danze che porteranno – prevedibilmente – alla privatizzazione di Atac, la società di proprietà comunale concessionaria del trasporto pubblico nel comune di Roma in cui sono occupati circa 12mila lavoratori (di cui gli autisti sono circa 5.800). Si tratta, evidentemente, di una delle principali aziende nel tessuto produttivo romano: dietro la sua privatizzazione – anche tralasciando (e non è nostra intenzione farlo) ogni discorso sul diritto alla mobilità – si celano evidentemente degli interessi enormi.

              Si è trattato di un mese difficile, per il trasporto pubblico romano. Anzi, difficilissimo. Per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica l’imminente privatizzazione del trasporto pubblico e una prevedibile compressione dei diritti sindacali di tutti – esemplare, in questo senso, la contemporanea e insensata polemica contro l’assemblea sindacale dei lavoratori degli scavi di Pompei (leggi), come se il problema non fosse invece il totale abbandono a se stessa dell’area archeologica da parte dello stato –, infatti, si è dovuta montare una campagna mediatica senza esclusione di colpi contro i lavoratori dell’azienda municipalizzata, in mobilitazione – come vedremo – contro l’abolizione unilaterale, da parte dell’azienda, della contrattazione di secondo livello, che prevedeva un aumento dell’orario di lavoro a fronte di una diminuzione della retribuzione. Una decisione che provocherebbe l’opposizione di qualsiasi lavoratore.

              Leggi tutto

              Jacques Sapir: La Grecia, la sinistra e la sinistra della sinistra – Parte II

              vocidallestero

              La Grecia, la sinistra e la sinistra della sinistra – Parte II

              di Jacques Sapir

              Riportiamo la seconda parte del lungo articolo di Jacques Sapir sulla sinistra europea e la crisi greca (qua la prima parte). L’oggetto dell’analisi questa volta è la sinistra radicale che, seppure inizi a maturare una timida comprensione della vera natura del quadro europeo, rimane incapace di schierarsi a favore del recupero della sovranità contro l’ideologia europeista e l’euro, mezzo di costruzione di quel sistema semi-coloniale che è l’Unione Europea. Per la sinistra radicale, dice Sapir, l’ora della scelta è arrivata: deve porsi in rottura con euro e europeismo, o condannarsi a perire

              Sinistra europeaGli eventi che hanno condotto al Diktat imposto alla Grecia, e il Diktat in sé, costituiscono un momento cruciale per quella che è chiamata “sinistra radicale”. In un certo senso, la crisi greca sottopone la «sinistra radicale» ad una prova tanto dura quanto quella che impone alla socialdemocrazia. Se la “sinistra radicale” oggi non si trova in una crisi simile a quella della socialdemocrazia, rischia tuttavia di trovarsi faccia a faccia con una crisi di orientamento politico di prima grandezza. In effetti, l’europeismo che caratterizza la «sinistra radicale» è anch’esso condannato all’insuccesso dal Diktat imposto alla Grecia. La domanda che viene posta oggi è se la “sinistra radicale” accetterà di diventare semplicemente una forza ausiliaria della social-democrazia o se è in grado di convivere con tutte le conseguenze di un programma di rottura. Ma un tale programma di rottura non è più compatibile con l’europeismo.

               

              Elementi di definizione della «sinistra radicale»

              Per prima cosa chiariamo cosa intendiamo con questo termine. Sono i partiti o i movimenti politici che si sono formati a sinistra della socialdemocrazia tradizionale, e il più delle volte in reazione contro la sua politica e il suo orientamento.  La “sinistra radicale” non include i partiti che sono rimasti fedeli alla loro identità comunista (come il KKE greco o il PRC italiano), né i partiti o movimenti di estrema sinistra rimasti fedeli ad una identità marxista rivoluzionaria, più o meno contaminati da settarismi e dogmatismo (come, in Francia, la NPA o Lutte Ouvrière).

              Leggi tutto

              Lea Melandri: La comunicazione digitale

              tysm

              La comunicazione digitale

              Rovina del mondo o inizio di una nuova civiltà?

              di Lea Melandri

              Le visioni apocalittiche hanno senza dubbio un merito: non si lasciano accecare dal dio del progresso e, dove altri appaiono storditi dai suoi effetti speciali, esse puntano pervicacemente lo sguardo sulle insidie che  si porta dietro.

              Che il reale stesse perdendo il suo ancoramento alla terra, ai corpi, alla tattilità, a tutto vantaggio dei fantasmi dell’immaginario, era già nelle analisi brillantemente argomentate di Guy Debord e Jean Baudrillard. Ma non è un caso che sia stata l’irruzione del medium digitale a spingere il discorso critico a profondità finora non toccate della vita psichica.

              “Lo smartphone” -si legge nel libro di Byung-Chul Han, Nello sciame. Visioni del digitale, Nottetempo 2015– si può considerare “la riedizione post-infantile dello stadio dello specchio: dischiude uno spazio narcisistico, una sfera dell’immaginario nella quale rinchiudermi.”

              Di conseguenza:

              “Non la moltitudine, ma la solitudine, contraddistingue la forma sociale odierna. La solidarietà scompare: la privatizzazione si estende fino all’anima. L’erosione del collettivo rende sempre più improbabile un agire comune”.

              Al posto di una “folla” di anonimi, ma in grado di marciare insieme per un obiettivo, sembrano essere subentrati “sciami” di “singoli chiassosi”, incapaci di ricostruire uno spazio pubblico.

              Leggi tutto

              ilsimplicissimus: Necrofori di aria e di terra

              ilsimplicissimus

              Necrofori di aria e di terra

              di ilsimplicissimus

              Come si poteva immaginare i sussurri e le grida intorno alla sciopero di Alitalia che si sono subito tradotti in un attacco al diritto di sciopero da parte della casta renzusconiana sono stati poca cosa rispetto ai disservizi causati dagli incendi attuali e pregressi allo scalo di Fiumicino, ai black out e alla galoppante disorganizzazione, buona parte della quale è dovuta alla gestione dei bagagli nella quale sono impegnati società di servizi ingaggiate dalle compagnie aeree e che fanno dello sfruttamento del lavoro il loro punto di forza. Insomma siamo di fronte alla pantomima drammatica e ridicola assieme di un ceto politico che sta mandando il Paese al naufragio pensando di tappare le falle sempre più larghe, vergognose, distruttive di una gestione spesso affaristica e clientelare, sempre episodica e priva di visione, usando i brandelli di ideologia reazionaria che sono alla portata della sua cultura e intelligenza.

              Come pellegrini a Lourdes attendono la salvezza recitando il salmo del liberismo come fa compunto e stentoreo il giovane barone Filippo Taddei irresponsabile economico del Pd il quale dall’alto di consistenti fortune familiari, spiega ai giovani che per studiare occorrono molti soldi e che quindi solo i ricchi se lo potranno permettere. Che il lavoro è destinato ad essere precario, che gli orari si alzeranno vertiginosamente per favorire i profitti del padrone e che si dovrà smettere di pensare di poter andare in pensione. Leggi tutto


              Slavoj Žižek: Il coraggio della disperazione

              effimera

              Il coraggio della disperazione

              di Slavoj Žižek

              Alla Grecia non viene chiesto di ingoiare molte pillole amare in cambio di un piano realistico di ripresa economica, ai greci viene chiesto di soffrire affinché altri, nell’Unione Europea, possano continuare indisturbati a sognare i propri sogni

              disperazione
                    cIl filosofo italiano Giorgio Agamben ha detto in un’intervista che “il pensiero è il coraggio della disperazione” — un’intuizione pertinente in modo particolare al nostro momento storico, quando di solito anche la diagnosi più pessimista tende a finire con un cenno ottimista a qualche versione della proverbiale luce alla fine del tunnel. Il vero coraggio non sta nell’immaginare un’alternativa, ma nell’accettare le conseguenze del fatto che un’alternativa chiaramente discernibile non c’è: il sogno di un’alternativa indica codardia teorica, funziona come un feticcio, che ci evita di pensare fino in fondo l’impasse delle nostre situazioni di difficoltà. In breve, il vero coraggio consiste nell’ammettere che la luce alla fine del tunnel è molto probabilmente il faro di un altro treno che ci si avvicina dalla direzione opposta. Del bisogno di un tale coraggio non c’è migliore esempio della Grecia, oggi.

              La doppia inversione a U imboccata dalla crisi greca nel luglio 2015 non può che apparire come un passo, non solo dalla tragedia alla farsa, ma, come ha notato Stathis Kouvelakis sulla rivista Jacobin, da una tragedia piena di ribaltamenti comici direttamente a un teatro dell’assurdo — c’è forse un altro modo di caratterizzare questo straordinario ribaltamento di un estremo nel suo opposto, che potrebbe abbacinare perfino il più speculativo tra i filosofi hegeliani? Leggi tutto


              Enrico Grazzini: I pericoli del Piano Schaeuble e gli errori di Tsipras

              micromega

              I pericoli del Piano Schaeuble e gli errori di Tsipras

              di Enrico Grazzini

              troika
                    baraldi 510L'europeista Schaeuble ha elaborato un piano per il governo unificato dell'Eurozona finalizzato a consolidare il dominio tedesco sull'economia europea. In questo contesto va letto il suo progetto di espellere la Grecia (e forse l'Italia?) dalla zona euro. Il piano dell'arcigno ministro tedesco delle finanze, alfiere delle più dure politiche di austerità, del pareggio di bilancio e del Fiscal Compact, prevede la nomina di un ministro dell'Economia dell'Eurozona il quale avrebbe diritto di veto sui bilanci e sulle leggi finanziarie decise dai Parlamenti dei 19 paesi aderenti all'euro.

              Insomma il nuovo ministro europeo dell'economia diventerebbe il guardiano anti-democratico dei bilanci pubblici della zona euro. Inoltre Schaeuble propone di costituire un parlamentino ristretto dell'Eurozona, composto dai parlamentari delle nazioni aderenti, e quindi diverso dal Parlamento europeo, per dare un crisma di democraticità al suo Piano di integrazione della zona euro[1]. L'Eurozona si doterebbe anche di un fondo particolare – sostenuto dai singoli Paesi o da una tassa specifica per i cittadini dell'Eurozona – per affrontare le crisi ed eventualmente concedere sussidi di disoccupazione in caso di necessità. Insieme al bastone anche la carota. Leggi tutto


              Greg Palast: Robert Mundell, il genio malvagio dell'Euro

              comedonchisciotte

              Robert Mundell, il genio malvagio dell'Euro

              di Greg Palast

              Per l'architetto dell'euro, prendere le decisioni di macroeconomia senza la partecipazione dei politici eletti e stringere i tempi della deregolamentazione erano una parte del piano

              L'idea che l'euro abbia "fallito" è pericolosamente ingenua. L'euro sta facendo esattamente quello che il suo ideatore - e quell'1% di ricchi che decisero di adottarlo – aveva previsto e per cui era stato programmato.

              Questo progenitore è l’economista Robert Mundell, che lavorò all’Università di Chicago. L'architetto della "supply-side economics" è ora professore alla Columbia University, ma io lo conoscevo perché era in contatto con il mio professore di Chicago, Milton Friedman, con cui lavorò nella ricerca su valute e tassi di cambio che sarebbe stata la base del progetto di unione monetaria europea e della moneta comune europea.

              Mundell, all'epoca, era più interessato ad arredare il suo bagno. Il Professor Mundell, oltre ad aver vinto un Premio Nobel possedeva anche una antica villa in Toscana, e mi disse, irritato:

              "Non vogliono nemmeno farmi costruire un bagno. Qui ci sono delle regole che mi dicono che non posso trasformare questa stanza in un bagno! Ci potresti credere ?"

              Come spesso accade, non lo so. Ma io non ho una villa in Italia, quindi non posso nemmeno immaginare quali frustrazioni possa creare un regolamento catastale sulla costruzione di servizi igienici. Leggi tutto


              Augusto Illuminati: Approdo di Renzi

              dinamopress

              Approdo di Renzi

              di Augusto Illuminati

              Anche se tanti lettori di DinamoPress sono affezionati cultori del Game of Thrones e di House of Cards, spesso guardiamo agli eventi politici con innocenza, ovvero leggendoli come semplici conflitti di interesse, malvage macchinazioni neo-liberiste ispirate dalla grande finanza e dalla tecnocrazia europea e applicate localmente da vecchi e nuovi manutengoli del ceto politico nostrano.

              Tutto vero, però qualcosa non torna mai giusto, c’è un’eccedenza che travalica la smania di profitto o di potere e rende indecifrabile il succedersi degli scenari e imprevedibili i loro esiti. Potrebbe aiutare il ricorso agli intrighi televisivi, che hanno il doppio vantaggio di essere derivati da esperienze reali (storiche e contemporanee mischiate) e di retroagire su di esse, dato che molti politici ne traggono ispirazione. Ovvio, i nostri attori sono molto peggiori di quelli americani (vedi il penoso 1992), ma tant’è.

              Anche le vicende del Comune di Roma), con quelle parallele di Crocetta in Sicilia, presentano uno svolgimento che resterebbe enigmatico se lo leggessimo con gli ordinari strumenti politici e sociali. Balza agli occhi, per esempio, che l’esito più probabile di una caduta di Marino o Crocetta, seguita da elezioni anticipate nel 2016, sarebbe una sconfitta del Pd a favore della destra o del M5s, con un traino negativo sulle altre poste in gioco in un eventuale election day. Possibile che non venga messo in conto? Leggi tutto


              Piergiorgio Giacchè: Traverso e gli intellettuali

              lostraniero

              Traverso e gli intellettuali

              di Piergiorgio Giacchè

              mussolini hitler1“Enzo Traverso è uno storico italiano, da anni attivo in Francia”, ci dice la voce di Wikipedia, il dizionario-oracolo dei nostri tempi e mondi. Poi aggiunge che è stato in Germania e infine che da due anni insegna anche in America, a Ithaca… paradossale approdo di un forse definitivo “non ritorno”. Se Traverso fosse un chimico o un fisico o al limite un medico si parlerebbe di “fuga dei cervelli”, ma questa dizione non si applica agli studiosi di storia e di scienze politiche e sociali: certo per sventurata sottovalutazione di chi studia con profitto scienze senza profitto, ma anche per la fortunata licenza di fuggire e viaggiare che è concessa ai ricercatori di scienze umane, sempre visti come privilegiati perdigiorno, insomma come “intellettuali”. Eppure da qualche intellettuale come Enzo Traverso arrivano ancora di tanto in tanto preziose “rimesse degli emigranti”, di quelle che una volta nutrivano regioni intere e che invece oggi alimentano piccole case editrici dai nomi che tradiscono tutta la minorità delle minoranze attive. “Ombre corte” si chiama la casa editrice di un breve libro che ha per titolo Che fine hanno fatto gli intellettuali?, un saggio di Enzo Traverso intervistato da Régis Meyran che ha il doppio torto o il doppio pregio di essere il commento di un intellettuale al tema della sua stessa fine. Non sarà certo un best-seller né lo può diventare dopo questa segnalazione su una rivista come “Lo straniero”, ma non ne parliamo per solidarietà con i minori o con i migranti, ma perché colpiti dall’offerta di un ”libretto-specchietto” dove per una volta noi intellettuali – lettori o scrittori che si sia – non ci si sente narcisi. E finalmente e fatalmente ci si riflette.

              Leggi tutto

               

               

              I più letti degli ultimi tre mesi

              tonino

              unread,
              Aug 9, 2015, 5:12:52 PM8/9/15
              to sante gorini

              Pasquale Cicalese: Si prospetta il G4 finanziario

              marxxxi

              Si prospetta il G4 finanziario

              di Pasquale Cicalese 

              Riceviamo e pubblichiamo come utile contributo alla discussione sulle dinamiche dell'economia internazionale

              E’ una notte di gennaio, ti svegli dal freddo. Attendi l’alba e, come al solito, dai un’occhiata alla seduta di Wall Street della sera prima e poi vai sui siti finanziari cinesi. Ti accorgi di un’altissima volatilità. Prosegui a seguire le tracce e noti che si compra e si vende come pazzi, + 7, -6, + 3. -4. Cosa sta succedendo alla borsa di Shanghai, ti chiedi. Vai a ritroso, agosto 2014. In quel mese il Consiglio di Stato, l’organo di governo cinese, decise la connessione tra la piazza finanziaria di Shanghai con quella di Hong Kong, i residenti dei due paesi potevano dopo decenni operare su entrambi le piazze finanziarie, compresi operatori istituzionali esteri appositamente autorizzati. Nel giro di 8 mesi è il boom:  Shanghai tocca punte che arrivano a + 150%, una roba spettacolare. Dal 2001 al 2014 il pil cinese era cresciuto di 6 volte e dopo il boom borsistico i valori azionari “solo” di due volte…A quel punto succede l’impossibile: imprese di stato cinesi, aziende appena quotate (sono state moltissime in questo periodo), aziende private operano prese di profitto sui guadagni stellari.

              Nel giro di 3 mesi Shanghai perde il 30%. Le prese di profitto ammontavano a circa 3 mila miliardi di dollari. Nello stesso periodo quotidiani finanziari di tutto il mondo informavano di acquisizioni di partecipazioni azionarie e di aziende da parte di operatori cinesi. In pratica da gennaio a fine giugno i cinesi avevano acquisito asset stranieri per 3 mila miliardi di dollari.

              Leggi tutto

              Giulietto Chiesa: Patto Usa-Turchia contro l'Isis: il gatto, la volpe e i tagliagole

              fattoquotidiano

              Patto Usa-Turchia contro l'Isis: il gatto, la volpe e i tagliagole

              di Giulietto Chiesa

              E' in corso uno scandalo davvero ignobile, che si colloca a metà strada tra la violenza imperiale, che ormai travalica i confini della decenza, e l'inganno mediatico che - in un'unica soluzione - giustifica la violenza e copre l'inganno.

              Ohibò, di che si tratta? Dell'alleanza, finalmente ristabilita, tra gli Stati Uniti e la Turchia, a proposito delle modalità con cui (attenzione ai trucchi!) combattere più efficacemente il babau, cioè il cosiddetto Stato Islamico.

              Di questo si tratta? Niente affatto, naturalmente. L'"alleanza", siglata nei giorni scorsi, non è "a due", ma "a tre". Il terzo alleato sono "gli "insorti siriani". Così scrive, pudicamente, l'International New York Times (28 luglio), per le firme di ben tre inviati (Anne Barnard, Michael R.Gordon e Eric Schmitt) che, in tal modo, condividono festosamente la menzogna e l'ipocrisia.

              Con questo nobile compito - quello di combattere l'Isis - l'Impero e la Turchia costituiranno una bella "fascia", lunga 60 miglia, al confine con la Turchia, nella quale si potranno sistemare "gl'insorti siriani", che altri non sono che i residuati del Free Sirian Army, mescolati con Al Qaeda.

              La "striscia" altro non è che una parte del territorio di uno Stato sovrano, che si chiama Siria. Che viene così occupato simultaneamente da tre suoi nemici, mentre fingono di combatterne un quarto.

              Leggi tutto

              Felice Mometti: Podemos visto dall’alto

              conness precarie

              Podemos visto dall’alto

              di Felice Mometti

              ob d96ad3 1413633767 432663 1413633907 album
                      norLe vicende interne a Podemos delle ultime settimane mostrano quanto sia complicato il periodo che sta attraversando. Il venir meno del monopolio di un’immagine antisistema, messo in discussione dalla formazione di destra di Ciudadanos, la scarsa partecipazione alle primarie (16% degli aventi diritto) per le candidature alle prossime elezioni politiche, lo scontro interno sulle procedure democratiche da adottare e sulle alleanze elettorali stanno a indicare la natura delle difficoltà che deve affrontare nei prossimi mesi. Un clima interno reso ancor più difficile dai recenti sondaggi che lo collocano dietro sia al Partito Popolare sia al Partito Socialista. Un ingorgo di contraddizioni che sta mettendo a dura prova la leadership del partito. Se e come verranno affrontate e, nel caso, risolte queste contraddizioni influirà in maniera determinante sul futuro di Podemos. Nel frattempo può essere utile, per avere qualche strumento in più, guardare alla recente produzione politica e teorica delle tre figure pubbliche con maggior riconoscimento politico: Pablo Iglesias1, presidente del partito e candidato primo ministro; Juan Carlos Monedero2, tra i fondatori di Podemos, che è stato responsabile del programma e del processo costituente del partito, dimessosi tre mesi fa dal gruppo dirigente ristretto; Inigo Errejon3, attuale responsabile della strategia e della comunicazione per la segreteria politica.

              Leggi tutto

              Roberto Pozzetti: Come cura la psicoanalisi lacaniana

              hecceitas

              Come cura la psicoanalisi lacaniana

              di Roberto Pozzetti

              lacan teaching1Introduzione

              La psicoanalisi sorge come metodo di cura di una serie di disturbi psichici e, in particolar modo, dell’isteria a partire dall’incontro di Breuer e Freud con le loro pazienti. Le estensioni di tale metodo e della teorizzazione che ne è derivata alla lettura di fatti sociali, culturali e politici non ne modifica questo statuto essenziale e non ne fa una visione del mondo, una Weltanschauung. Lo sosteneva lo stesso Freud: “La psicoanalisi, a mio parere, è incapace di crearsi una sua particolare Weltanschauung” .

              Molte volte è l’orientamento analitico lacaniano a instillare questo dubbio tanto che molti si chiedono se i lacaniani pratichino effettivamente la psicoanalisi e non compiano soltanto delle mere astrazioni, analoghe a quelle dei filosofi.

              Lacan fu, al contrario, un clinico rigoroso il quale si dedicò ogni giorno alla pratica della psicoanalisi, dal 1944 presso Rue De Lille, 5. Mantenne un legame con la clinica psichiatrica per tutta la sua vita svolgendo conferenze e incontri di formazione in centri ospedalieri di Parigi e di altre città francesi.

              Leggi tutto

              Sergio Cararo: Libia. Truppe e flotte europee pronte a intervenire

              contropiano2

              Libia. Truppe e flotte europee pronte a intervenire

              Preparatevi alle media/menzogne

              Sergio Cararo

              Centinaia di soldati britannici sono pronti ad andare in Libia come parte della missione militare internazionale tesa a “stabilizzare” il paese nordafricano e combattere le milizie dell’Isis. Ufficialmente la missione Eunavformed ha l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo, ma, secondo quanto rivela il quotidiano inglese The Times, “Il personale militare di Italia, Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti potranno anche prendere parte ad un'operazione che sembra destinata ad essere attivata una volta che le fazioni in lotta rivali all'interno Libia decidano di formare un unico governo di unità nazionale”.

              Dopo la firma dell'accordo due settimane fa a Skirat, in Marocco, la settimana prossima il mediatore dell'Onu, Bernardino Leon, proverà a far partire la discussione sugli "allegati" dell’accordo. Il che significa iniziare a discutere della formazione del nuovo governo, selezionare il primo ministro, i due vice-premier e il consiglio di presidenza che poi guiderà il governo. Il problema, e non è un piccolo problema, è che il governo di Tripoli, espressione di milizie vicine ai Fratelli Musulmani, non ha firmato l’accordo. L’operazione militare di “stabilizzazione” a questo punto non può che diventare una missione di sostegno militare ad una delle fazioni libiche – quella di Tobruk – contro un’altra fazione – quella di Tripoli.

              Secondo i documenti riservati del Comitato Militare Europeo, diffusi a fine maggio da Wikileaks, non si tratterebbe affatto di una missione per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, ma di una vera e propria operazione militare condotta in profondità nel territorio libico con lo scopo di distruggere tutte le reti di trasporto e le infrastrutture. Leggi tutto


              ilsimplicissimus: I figli della bomba

              ilsimplicissimus

              I figli della bomba

              di ilsimplicissimus

              La mattina del 2 agosto di 35  anni fa ero alla stazione di Bologna tra i calcinacci e l’orrore, inseguito dalle “Autorità” che sostenevano si fosse trattato dell’esplosione di una caldaia. Un voler prendere tempo che mi  è sempre parso assurdo e per questo sospetto dando tempo agli attentatori di sparire e coprire le proprie tacce. Ma almeno avevo una certezza: chiunque avesse messo la bomba non avrebbe prevalso, mandanti, grossisti di morte ed esecutori  alla fine non avrebbero ottenuto il proprio scopo.

              Purtroppo avevo torto perché quella strage, frutto di un tentativo di condizionare in senso autoritario la democrazia italiana, pensato, organizzato, realizzato nell’amplesso fra banchieri di dio, P2, servizi segreti deviati ed estremisti di destra, coperture politiche indirette fornite dai cavalli di razza   della Dc della scuderia amerikana, ha pienamente ottenuto lo scopo che si prefiggeva. E’ forse per questo che l’epigono di questo disegno, ovvero Matteo Renzi ” si è comportato molto male” secondo l’associazione familiari delle vittime e ha  eluso tutte le assicurazioni date l’anno scorso:   “Nessun governo, in 35 anni, s’era mai permesso di far promesse senza mantenerle. Sono venuti dicendoci che ci sarebbero stati una corsia preferenziale per l’introduzione del reato di depistaggio e risarcimenti per i familiari. Non sono stati fatti e la direttiva del premier sulla declassificazione degli atti sulle stragi viene applicata in maniera lacunosa”. Leggi tutto


              Militant: Contro i beni comuni di Ermanno Vitale

              militant

              Contro i beni comuni di Ermanno Vitale

              di Militant

              5612981402
                    c9780522a0 zCon estremo ritardo recensiamo Contro i beni comuni. Una critica illuminista di Ermanno Vitale, pubblicato da Laterza nella collana “Saggi tascabili”. Uscito nel 2013, forse ci sarebbe sfuggito se non l’avessimo trovato citato nelle pagine conclusive di Utopie letali. Contro l’ideologia postmoderna  (pp. 228-231), in cui Carlo Formenti, criticando la «moda “benecomunista” che seduce la sinistra» argomenta giustamente che «dire né pubblico né privato sia come dire privato» e che «l’ideologia benecomunista sia omologa all’ideologia della domanda di nuovi diritti, e come entrambe restino ancorate al paradigma liberale».

              Chiariamo subito che, in realtà, neanche Ermanno Vitale, docente di filosofia politica e di storia delle dottrine politiche all’Università della Valle d’Aosta, pensa minimamente a uscire da questo paradigma, pur adottando una prospettiva riformista e socialdemocratica. La sua, come dichiarato nel titolo, non è una critica marxista, ma una critica illuminista ai «benecomunisti» (ci scuserete il termine cacofonico – che persino Guido Viale ha definito sul «Manifesto» come «orribile, ridicolo e neogotico. Sembra il nome di una congregazione iniziatica fantasy» – ma non sappiamo come altro definirli in modo sintetico: e poi, del resto, come scrive ironicamente Vitale, «se gli adepti si vogliono definire tali, bisogna rispettare questa loro volontà, e augurare loro buona fortuna»). Leggi tutto


              Andrea Zhok: La Grecia e il fallimento europeo

              scenari

              La Grecia e il fallimento europeo

              di Andrea Zhok

              I. Breve storia della crisi greca

              crisi grecia
                    5 e1346838768729
                    500x325Il recente precipitare degli eventi in Grecia ha messo in luce tanto la fragilità politica delle relazioni interne all’Unione Europea quanto l’ambiguità dei patti che vincolano gli stati membri. Sui media, italiani ma non solo, si sono succedute letture degli eventi marcatamente divergenti, spesso ideologiche, e ancor più spesso penosamente disinformate.

              Scopo di questo breve scritto sarà perciò, in una prima parte, di fornire un resoconto il più sobrio possibile, del quadro storico della crisi greca, rinviando ad una seconda parte un commento politico più comprensivo. Nel prosieguo, per ragioni di leggibilità non sono state introdotte note o riferimenti bibliografici, ma tutti i dati riportati sono tratti o da fonti ufficiali (Eurostat, FMI reports, ecc.) oppure, occasionalmente, da resoconti della stampa economica specializzata. Su alcuni dati vi sono piccoli scostamenti a seconda delle fonti, ma esse non toccano la sostanza. Pur sapendo che non è mai possibile separare completamente fatti ed interpretazioni, nella prima parte il mio intento sarà di limitare al massimo i commenti, lasciando innanzitutto al lettore la possibilità di acquisire un quadro sinottico della situazione.

               

              1. Gli esordi della crisi greca

              Il 20 ottobre 2009, il ministro delle finanze Gyorgos Papaconstantinou, ministro del partito socialista (Pasok) appena tornato al governo, rivela pubblicamente che il rapporto Deficit/Pil per l’anno in corso, non oscillava intorno al 3%, come atteso, ma intorno al 12,5%. Leggi tutto


              Aldo Giannuli:Cari compagni di Sel, rifondazione ecc. perché non vi fermate un attimo a riflettere?

              aldogiannuli

              Cari compagni di Sel, rifondazione ecc. perché non vi fermate un attimo a riflettere?

              di Aldo Giannuli

              Alcuni interventori su questo blog, così come conoscenti ed amici per mail o in fb prendono molto male le mie critiche alla Coalizione Sociale di Landini o al nuovo-vecchio soggetto politico che sta nascendo fra Sel-Rifondazione, fuorusciti dal Pd ed ex M5s.

              Per la verità si tratta di poche persone (relativamente al sito si tratta di circa il 10-15% degli intervenuti, sempre che dietro i diversi nick ci siano persone diverse e non sempre una).

              Qualcuno mi accusa di ostilità preconcetta, qualche altro di farlo per difendere il M5s, che sarebbe terrorizzato dal certo successo di una forza del genere, qualcuno cerca di argomentare ma, nella maggior parte dei casi, si tratta di interventi –scusatemi- rozzi, offensivi e non motivati (anche se, magari, vengono da un docente universitario). Pazienza, non me la prendo e ci passo su; mi limito a censurare qualche intervento insopportabilmente incivile (non più di un paio) ma per il resto, come potete verificare, passo regolarmente tutto, E non credo che ci siano molti altri siti così aperti.

              Per il resto, posso assicurare di non avere alcuna animosità verso l’area che chiamo bonariamente Brigata Kalimera. Non me la prendo anche perché capisco la sofferenza psicologica che sta dietro a questi interventi. Il punto è che quell’area che corrisponde grosso modo alla vecchia Rifondazione dei bei tempi, di volta in volta arricchita di qualche rigagnolo verde, Idv o Ds-Pd, proprio non riesce a capacitarsi dello stato di marginalità ed irrilevanza in cui è precipitata.

              Rifondazione, nel 1996 ottenne l’8,6% e vantava circa 150.000 iscritti (va bè, diciamo che quelli reali erano 90-100-000), nel 2006 Rifondazione e Comunisti Italiani, presero rispettivamente il 5,84% ed il 2,32% senza contare i Verdi. Leggi tutto


              Turi Comito: Spararsi finché si è giovani

              megachip

              Spararsi finché si è giovani

              di Turi Comito

              Un tempo c'era chi si adoperava per un mondo migliore, non per 'abituare la gente' a uno peggiore. Poi venne il PD e il suo responsabile economico Taddei...

              Recentemente intervistato da l'Espresso il giovine Filippo Taddei - responsabile economico del piddì nonché professore alla prestigiosissima John Hopkins University - ha detto che gli italiani, specie i giovini come lui, debbono "cambiare mentalità" visto che il "mercato" del lavoro è cambiato radicalmente negli ultimi decenni. In particolare i giovini italiani debbono rendersi conto che:

              a) l'istruzione sarà molto più lunga e costosa

              b) il contratto a tempo indeterminato si ridurrà sempre di più come occasione di lavoro;

              c) i tempi di lavoro saranno più lunghi (immagino intenda la durata del monte ore settimanale)

              d) i pensionamenti saranno sempre più posticipati

              Da queste considerazioni discendono una serie di conseguenze pratiche e di considerazioni di principio. Le seguenti:

              a) è chiaro che divenendo l'istruzione più lunga e, soprattutto, "costosa" servono due cose fondamentali per i giovini: tanta pazienza e tanti soldi. La prima non è una grande novità invero, Anzi, si tratta di una sciocca banalità. Chiunque abbia fatto le scuole elementari ha una idea abbastanza precisa del fatto che anche solo per imparare la tavola pitagorica occorre una dose monumentale di pazienza e spirito di sacrificio. Figuriamoci per tutto il resto. Leggi tutto


              Moishe Postone: Qual è il valore del lavoro?

              blackblog

              Qual è il valore del lavoro?

              di Moishe Postone

              postone25255b525255dI profondi cambiamenti storici del recente passato - il declino dello Stato-provvidenza nell'Occidente capitalista, il crollo del comunismo e dei partiti-Stato burocratici ad Est, e l'emergere apparentemente trionfante di un nuovo ordine capitalista mondiale e neoliberista - hanno restituito tutta la loro attualità ai problemi della dinamica storica e delle trasformazione mondiale nelle analisi e nei discorsi politici della sinistra.

              Ma, allo stesso tempo, questi sviluppo rappresentano per la sinistra delle sfide difficili, in quanto mettono in causa tutta una serie di posizioni critiche che sono diventate predominanti negli anni settanta ed ottanta, così come le posizioni precedenti apparse dopo il 1917.

              Da un lato, visto che il crollo drammatico e la dissoluzione definitiva dell'Unione Sovietica e del comunismo europeo fanno parte di tali cambiamenti, questi sono stati interpretati come la dimostrazione della fine storica del marxismo e, più in generale, della pertinenza della teoria sociale di Marx.

              Ma, dall'altro lato, gli ultimi decenni hanno mostrato che la dinamica che sottende il capitalismo (dinamica intesa sia in maniera sociale e culturale che in maniera economica) continua ad esistere ad Est come ad Ovest ed hanno ugualmente mostrato come l'idea secondo la quale lo Stato potrebbe controllare tale dinamica non era valida se non, nella migliore delle ipotesi, in maniera provvisoria. Questa evoluzione mette profondamente in discussione le interpretazioni post-strutturaliste della storia e mostra inoltre che il nostro modo di comprendere le condizioni dell'autodeterminazione democratica dev'essere ripensata.

              Leggi tutto

              F.Coin e S.Lucarelli: Gli anfratti inermi del potere

              effimera

              Gli anfratti inermi del potere

              Dialoghi e pensieri su “Diario della crisi infinita” di Christian Marazzi

              di Francesca Coin e Stefano Lucarelli

              aziende
                    crisiScriveva Deleuze:

              “quando scrivo su un autore il mio ideale sarebbe di riuscire a non dire nulla che potesse rattristarlo… pensare a lui, all’autore sul quale si scrive. Pensare a lui con tanta forza che non possa più essere un oggetto e che non sia neanche più possibile identificarsi con lui. Evitare la doppia ignominia dell’erudizione e della familiarità. Restituire a un autore un po’ di quella gioia, di quella forza, di quella vita politica e di amore che lui ha saputo donare, inventare” (Dialogues, 1977).

              È con questo spirito che ci accingiamo a scrivere qualcosa sull’ultimo testo di Christian Marazzi, Diario della crisi infinita (Ombre Corte, 2015), un testo denso e articolato di cui ci piacerebbe provare a restituire almeno un po’ della forza e della vita politica che lo impregna.

              Dobbiamo iniziare con una domanda. Più volte durante la lettura ci siamo chiesti, infatti, quanti economisti, in quest’epoca, potrebbero pubblicare una collezione di testi scritti in anticipo sull’oggi. Quante volte, in altre parole, sarebbe possibile mettere alla prova della storia le proprie previsioni senza esserne imbarazzati. L’origine di questa domanda sta nella prima caratteristica spiazzante del testo: Marazzi è stato in grado di anticipare già anni addietro, precisamente, i nodi con cui si confronta il presente, a descrivere non un semplice diario – forse il titolo è troppo modesto – ma una sorta di dissezione, implacabile e ossessiva, di ogni particolare della crisi, nel tentativo di offrire, con precisione tanto raffinata quanto a volte dolorosa, una mappatura ad uso sovversivo di quella che egli stesso, in una bella intervista con Gigi Roggero, ha definito “la guerra diffusa della crisi”. Leggi tutto

               

               I più letti degli ultimi tre mesi

              Reply all
              Reply to author
              Forward
              0 new messages