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tonino

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Apr 10, 2015, 1:40:25 AM4/10/15
to sante gorini

Augusto Illuminati: Eatalian Theory

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Eatalian Theory

di Augusto Illuminati

Argomento controverso sul piano filosofico e politico, l'Italian Theory è stata trattata in convegni e in raccolte antologiche (*) preziose dal punto di vista documentario per la ricchezza dei punti di vista e per la loro stessa parziale divergenza, suscitando pertanto ulteriori polemiche in sede accademica e mediatica. Vogliamo quindi affrontare il tema con valutazioni differenziate e in interlocuzione con quanti si riconoscono in quell'operazione e/o ne hanno curato la testimonianza

L’Italian Theory è un’ottima etichetta – tipo il Brunello o la burrata d’Andria – per acchiappare borse doc e post-doc e marchette di visiting professor all'estero, cosa di tutto rispetto in tempi di restrizione drammatica per l’emigrazione accademica di tanti giovani capaci. Fin qui ci sta bene e in bocca al lupo ai ragazzi. Nous sommes tous I.T.

A considerarla, con il dovuto distacco, una categoria storiografica, sorgono però alcune perplessità, derivanti dall’eccessiva eterogeneità dei contributi che spaziano dagli angeli all’immunizzazione, dall’ermeneutica alla rivoluzione, dalla lotta di classe alla contemplazione del tramonto, dal potere costituente all’inoperosità. Un arco di argomenti e intenzioni che eccede di troppo gli spazi di compatibilità caratterizzanti altri indirizzi culturali –che so, l’idealismo tedesco o lo stesso strutturalismo e post-strutturalismo francese, che pure furono movimenti variegati e dissonanti. Ma di tali scrupoli classificatori forse non interessa troppo a nessuno e, d’altronde, come scriveva il saggio Machiavelli nei Ghiribizzi, «ciascuno secondo lo ingegno et fantasia sua si governa». Leggi tutto


Piemme: Ma quale sinistra del PD?

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Ma quale sinistra del PD?

di Piemme

Sento dire che con l'arrivo di Matteo Renzi sarebbe in atto una "svolta genetica del Pd".
E' un'affermazione che fa molto comodo alla cosiddetta "sinistra del Pd", ma è falsa.
Renzi porta solo a compimento una mutazione genetica iniziata con la "Bolognina", ovvero con i funerali del vecchio Partito comunista.

E si sbagliava chi allora sosteneva che il Pci, divenuto Pds,  si era trasformato in un partito socialdemocratico. Quel mutamento era invece più profondo, simboleggiava lo spostamento definitivo di quel gruppo dirigente e del partito nel campo della classe dominante. Una classe dominante che aveva abbracciato da almeno un decennio la visione del mondo liberista e globalista.
Per diventare il referente politico principale della grande borghesia italiana l'ex-Pci doveva quindi accettare il neoliberismo.
E questo in effetti avvenne. Leggi tutto


Stefano Santachiara: Coalizione sociale, tanto fumo e pochi Marx, Rousseau, Garibaldi

stefanosantach

Coalizione sociale, tanto fumo e pochi Marx, Rousseau, Garibaldi

Stefano Santachiara

Alcuni lettori di questo scalcagnato blog senza sponsor, collaboratori e grafica, ha notato che Maurizio Landini, dopo la mia analisi – oggettivamente la prima critica mediatica da sinistra (https://stefanosantachiara2.wordpress.com/2015/03/18/la-discesa-in-campo-di-landini-tra-sociale-etica-e-potere-mediatico/) – avrebbe pensato bene di implementare il suo progetto: http://www.repubblica.it/politica/2015/03/25/news/landini_l_italia_ormai_e_in_svendita_sabato_in_piazza_per_difendere_il_lavoro_e_con_noi_ci_sara_anche_la_camusso_-110425266/. In effetti l’autoproclamatosi leader della ‘Coalizione sociale’, sostenuto da variegato schieramento, ha iniziato ad affiancare alla critiche a Confindustria e a Renzi anche quelle nei confronti della Bce, si è accorto della indispensabilità di una pianificazione industriale, a partire proprio dal settore acciai, e della nocività delle privatizzazioni. Ben venga. Purtroppo non vi sono ancora riferimenti espliciti alla tassa progressiva e costante sui patrimoni e al welfare state universale sul modello francese, ma tant’è. Sui quotidiani sabaudi, La Stampa e Il Fatto Quotidiano, si riporta la notizia dell’incontro di Landini coi 5Stelle e la relativa possibile sintonia su di un non meglio specificato reddito di cittadinanza (Grillo parlò di un sussidio esclusivo, dunque escludente, per chi accetta i primi impieghi offerti, gli altri che non cedono ai ricatti precari dello sfruttamento padronale, invece, saranno sempre out). Leggi tutto


Frédéric Lordon: Marx e Spinoza: paradossi della servitù volontaria

ilrasoiodioccam

Marx e Spinoza: paradossi della servitù volontaria

Frédéric Lordon

Per gentile concessione della casa editrice DeriveApprodi pubblichiamo un’anticipazione del libro di Frédéric Lordon che lo ha reso noto alle cronache intellettuali francesi, vale a dire “Capitalismo, desiderio e servitù. Antropologia delle passioni nel lavoro contemporaneo“, in libreria dall’8 aprile

246 lgIl capitalismo continua a lasciarci perplessi. Non fosse per lo spettacolo a volte così ripugnante, potremmo quasi osservare con ammirazione la sua audace performance che consiste nell’incalzare la massima centrale del corpus teorico che gli serve da ostentato riferimento ideologico. Si tratta del liberalismo, nella fattispecie di quello kantiano, che comanda a ciascuno di agire «in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo»1. Attraverso uno di quei rivolgimenti dialettici dei quali solo i grandi progetti di strumentalizzazione detengono il segreto, si è dichiarato conforme all’essenza stessa della libertà che gli uni fossero liberi di utilizzare gli altri, e gli altri liberi di lasciarsi utilizzare dagli uni in quanto mezzi. Questo magnifico incontro tra due libertà porta il nome di lavoro salariato.

Etienne de La Boétie ci ricorda quanto l’abitudine alla servitù faccia perdere di vista la condizione stessa della servitù. Non perché gli uomini «dimentichino» di essere infelici, ma perché perseverano in questa infelicità come un fatum, rispetto al quale non avrebbero altra scelta se non sopportarlo, oppure come un semplice modo di vivere al quale finiscono per abituarsi.

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Manolo Monereo: Elezioni in Andalusia

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Elezioni in Andalusia

La restaurazione ed i limiti di Podemos

Manolo Monereo

Un commento a tutto campo sui risultati delle elezioni svoltesi in Andalusia il 22 marzo scorso. Le ragioni del successo della candidata del PSOE Susana Díaz [nella foto sotto], il crollo delle destre ed il mancato sfondamento di PODEMOS

andalusia s regionalDeve essere sottolineato più e più volte che la chiave è sempre, tanto più in questi momenti storici, sapere quali sono gli scopi dei dominanti. La questione fondamentale, a mio avviso, è quella di "leggere e interpretare la fase": lotta infaticabile, sistematica e incessante tra passato e futuro, continuità e cambiamento, il restauro dinastico-oligarchico o la rottura plebea-democratica. Tutto il resto, a mio avviso, deve essere letto nel contesto di questo conflitto di classe e, soprattutto, di potere, comprese le elezioni andaluse.

La politica è un'arte, e la strategia è il suo strumento principale. Susana Díaz, la Presidente della Giunta di Andalusia, sapeva quello che faceva quando decise di anticipare le elezioni andaluse: contenere l’avanzata di PODEMOS, distruggere il Partito Popolare e liberarsi della non affidabile Izquierda Unida di Antonio Maíllo. Tutti si sono trovati d'accordo che i risultati elettorali hanno dato ragione a Susana Díaz. Fin qui, tutto normale, prevedibile. Dobbiamo andare oltre.

Ma qual’era la posta in palio delle elezioni andaluse? Dovremmo concentrarci su questo. La Presidente di Andalusia è "organica al potere", ha coscienza di Stato: difende il regime e si oppone con tutte le forze alla rottura democratica.

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Pietro Cataldi: Encomio della scuola pubblica

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Encomio della scuola pubblica

di Pietro Cataldi

22106 456735694380303 866869022 nLe domande di un pastore

Nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, Leopardi affida alla voce di un pastore nomade le grandi domande sul senso della vita e dell’universo. Solo, sotto il cielo stellato, il pastore tenta di spiegare la condizione umana, il ripetersi dell’esistenza di generazione in generazione, il succedersi dei giorni e delle notti, il susseguirsi delle stagioni; cerca di capire il perché del dolore e di quell’inquietudine angosciosa definita dalle parole “tedio” e “fastidio”, un’inquietudine che è infine tutt’uno proprio con il bisogno di senso. La spiegazione è tentata dapprima guardando la vita dal punto di vista della luna, dall’alto, e poi guardandola invece dal punto di vista delle pecore, dal basso. Il punto di vista del pastore è per così dire impregiudicato, e spregiudicato: non ci sono un’ideologia, una religione, un sistema filosofico, una qualunque petizione di principio che impongano una direzione alla ricerca: l’importante è dare un significato alla condizione degli uomini e al rapporto che gli umani hanno con l’universo. Ebbene: Leopardi pone così, con un linguaggio semplice e diretto ma anche con la massima serietà e radicalità, le più grandi questioni filosofiche affrontate nei secoli da tutte le civiltà e tutte le culture.

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Militant: La piazza statica

militant

La piazza statica

di Militant

Che la manifestazione cittadina del 28 febbraio sia riuscita a portare in piazza più gente dell’apparato nazionale Fiom guidato dal lìder maximo Landini la dice lunga sulle potenzialità che avrebbe potuto generare quel metodo sommato a quelle istanze politiche, ennesima occasione sprecata da un movimento incapace di uscire da un certo minoritarismo autocompiacente. Eppure un confronto oggi tra le due piazze appare necessario, per comprenderne i limiti vicendevoli. Nonostante l’evidente sovraesposizione mediatica, la piazza di Landini non è riuscita ad aggregare altro che i “soliti noti”: pensionati, lavoratori a tempo indeterminato, operai Fiom presenti nelle grandi fabbriche, pubblico impiego, ceto medio riflessivo; una piazza al tempo stesso necessaria e statica, “passata” ma ancora decisiva. Una piazza socialmente diversa da un 28 febbraio in cui è stato evidente il protagonismo di una “trasversalità” di classe capace di organizzare tutte le varie forme sociali subalterne al capitalismo neoliberista. La dinamica che però va evitata è la contrapposizione tra la piazza “operaia” e quella “precaria”, non solo perché sarebbe fuorviante e sostanzialmente falsa, ma perché oggi c’è l’assoluta necessità della sintesi tra le due piazze, non della contrapposizione. E’ fuor di dubbio che la piazza di Landini rappresenta un’insieme di soggettività sociali tendenzialmente declinanti e legate ad una forma produttiva-lavorativa precedente all’attuale sistema di rapporti economici ma, è questo il punto, quell’insieme sociale è ancora quantitativamente determinante per ogni sinistra che punti a un discorso sul potere.

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Matteo Volpe: Pop e popolare: un imperdonabile fraintendimento

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Pop e popolare: un imperdonabile fraintendimento

di Matteo Volpe

Secondo alcuni il Festival di Sanremo sarebbe nazional-popolare, fraintendendo completamente la lezione di Gramsci. Parole come “nazionale” e “popolare”, hanno a che fare col sublime della cultura umana e chi li usa a sproposito accostandoli all'”intrattenimento” commette un errore tutt’altro che veniale. “Pop” e “popolare” non sono sinonimi. Il pop (come quello delle canzonette di Sanremo) è quella cultura industriale (cioè prodotto dell’industria culturale) che serve a colonizzare l’immaginario delle masse. Sebbene si rappresenti sotto forma di un messaggio di facile e immediata comprensione, il pop in realtà cela il vero messaggio. Presentandosi sotto le vesti di un’espressività di poche pretese, il cui fine sarebbe soltanto quello di divertire il proprio pubblico, cela a quello stesso pubblico il vero referente, ovvero l’affermazione totalitaria della società massificata. Il pop, contrariamente alle dichiarazioni di certi suoi cultori, non disvela, non chiarifica l’interpretazione, ma la inibisce e infine distrugge il senso. Riducendo tutto al suono e all’immagine (anche la parola) tradisce l’arte e si distacca da essa, la quale invece usa la sensorialità come segno del pensiero, aprendo così le porte alla creatività umana (culturale, sociale, politica); mentre il pop riduce il significato al segno stesso.

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Robert Kurz: La rivoluzione teorica incompiuta

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La rivoluzione teorica incompiuta

Introduzione al libro "Denaro senza Valore"

di Robert Kurz

klimt122Le teorie grandi ed influenti sfociano sempre in scuole di interpretazione e percorrono una storia che va ben al di là delle loro origini, mediando con la storia della società. La teoria di Marx è ormai sedimentata in termini storici; più di 125 anni dopo la morte del suo creatore, ha provato da molto tempo di essere una delle più poderose di tutta la storia del pensiero - seppure non sia disponibile come un "insieme artistico", come Marx avrebbe voluto richiedere alla sua esposizione, ma più come un immenso tronco, costituito da masse di testo a volte eterogenee. Per la sua forma, questa teoria non può essere integrata nelle schematizzazioni del mondo accademico; essa affronta, in termini espitemici, anche la comprensione del cosiddetto metodo scientifico. Marx ha operato una cesura paradigmatica che dev'essere definita come una "rivoluzione teorica", e a ragione. Ma è proprio questo carattere delle riflessioni di Marx che ha dato e continua a dar luogo a dubbi e a conflitti, a causa del fatto che mai nessun "assalto" paradigmatico è stato consumato in una sola volta. Allo stesso modo, la rivoluzione teorica di Marx è, necessariamente, una rivoluzione incompiuta e, in questa misura, non è solo incompleta ma anche passibile, e carente, di interpretazione.

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Spartaco A. Puttini: Siete pronti per la guerra termonucleare globale?

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Siete pronti per la guerra termonucleare globale?

di Spartaco A. Puttini

defcon 06Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica ad oggi, gli Stati Uniti non hanno più trovato un argine che potesse contenere le loro mire, volte ad imporre al mondo un “nuovo ordine” unipolare, ad instaurare quello che definiscono il loro “dominio a pieno spettro”.

Questa situazione è durata fino a che la Russia è tornata a far sentire la propria voce nel contesto internazionale grazie al nuovo corso instaurato dal presidente Vladimir Putin, corso che mira a favorire l’emergere di un equilibrio multipolare nelle relazioni internazionali che sia rispettoso della sovranità dei diversi paesi. La Russia, con le sue iniziative, è dunque tornata ad essere un antagonista strategico degli Stati Uniti. Questo semplice dato di fatto spiega in gran parte il motivo dell’accanimento mediatico contro il leader russo.

Gli Stati Uniti coltivano già da qualche anno l’ipotesi di minacciare una guerra termonucleare globale per piegare i loro avversari diretti: Russia e Cina. Basterebbe forse solo questo a dimostrare il pericolo rappresentato dalla politica statunitense per la pace nel mondo e per la stessa sopravvivenza della razza umana. Guidando la corsa agli armamenti (anche in campo strategico), inseguendo il sogno delle guerre stellari e della militarizzazione dello spazio e dislocando elementi ABM in Europa, gli Usa puntano a costruirsi uno scudo dietro al quale ripararsi per svuotare di significato la capacità di deterrenza atomica russa e cinese.

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Alessandra Daniele: I ragazzi venuti dal Barile

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I ragazzi venuti dal Barile

di Alessandra Daniele

Arroganti, ignoranti, petulanti, incompetenti, cazzari. I trenta-quarantenni della politica italiana, si somigliano tutti così tanto da sembrare fatti in serie, e in un certo senso lo sono.

Sono polli d’allevamento, embrioni clonati tutti dalla stessa matrice berlusconiana della quale hanno le stimmate: opportunismo, egotismo, ghepensimismo (da ghe pensi mi) ma deteriorate dalla deriva genetica. Sono cloni deboli, gusci vuoti, comparse con smanie di protagonismo, resi visibili solo dal nulla che li circonda, e stanno riuscendo nell’impresa apparentemente impossibile di far quasi rimpiangere le rapaci cariatidi che li hanno preceduti, e che in grande misura continuano a manovrarli dietro le quinte.

Perché in realtà non sono affatto l’avanguardia d’una nuova era come cercano maldestramente di far credere, quanto piuttosto gli ultimi rimasugli della precedente scrostati dal fondo del barile.

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Augusto Illuminati: Prolegomeni a ogni futura stasiologia

alfabeta

Prolegomeni a ogni futura stasiologia

Augusto Illuminati

Il suggestivo libretto raccoglie due seminari dell’ottobre 2001, tenuti da Giorgio Agamben presso la Princeton University e dedicati, rispettivamente, a Stasis e Leviatano e Behemot: inserendosi a completamento della seconda sezione del ciclo Homo sacer.

Il primo testo, essenzialmente un commento alla Città divisa di Nicole Loraux, rileva che oggi sono presenti sia una «polemologia» (una teoria della guerra), sia una «irenologia» (una teoria della pace), ma non esiste una «stasiologia», cioè una teoria della guerra civile (stasis). Partendo dalla tesi dell’autrice, secondo cui le guerre civili all’interno delle poleis provengono dalla sfera dell’oikos, del privato-familiare, e si risolvono in nuovi legami conciliativi di tipo quasi parentale e che dunque l’oikos non scompare assorbito nella vita politica, Agamben si domanda perché la famiglia implichi necessariamente il conflitto e quale ruolo giochi nella pacificazione.

La sua risposta tende a collocare la stasis fra città e famiglia, a farne una soglia di indifferenza fra oikos e polis, fra parentela di sangue e cittadinanza, così che essa si produce dentro un campo di tensione fra questi due elementi, mescolando l’intimo e l’estraneo, ciò che è sconsigliato nell’oikos e quanto vale nei rapporti con l’esterno.

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Alberto De Nicola: L’orizzonte delle coalizioni sociali

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L’orizzonte delle coalizioni sociali

di Alberto De Nicola

follaSiamo stati abituati, nel tempo, a pensare che le esperienze di conflitto abbiano origini – e producano effetti – che eccedono il territorio, sociale e geografico, nel quale si collocano. Questa idea ci ha spinto ogni volta a forzare le interpretazioni degli episodi di resistenza e di emersione dei movimenti, vedendo in essi espressioni puntuali di più ampi processi di propagazione, risonanza e traduzione. Il problema della «circolazione delle lotte» vanta, insomma, una lunga storia e tradizione. Senza andare troppo indietro nel tempo, così è stato interpretato politicamente il ciclo dei movimenti globali degli inizi degli anni Duemila, quello dei movimenti studenteschi contro il Bologna Process e il ciclo dei movimenti moltitudinari contro le politiche di austerità che, in particolare nell’Europa del Sud, ha toccato la propria massima intensità nell’anno 2011.

Occorre chiedersi quanto, oggi, il principio della «circolazione» possa essere applicato anche alle fratture istituzionali e alle esperienze di governo che si propongono di contrastare le politiche di austerità in Europa.

Sembrerebbe del resto, che proprio la minaccia di una riproduzione di queste rotture in altri paesi, sia attualmente una delle maggiori preoccupazioni per i poteri costituiti nel continente europeo.

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Pierluigi Fagan: Cosa sta succedendo in Medio Oriente?

pierluigifagan

Cosa sta succedendo in Medio Oriente?

di Pierluigi Fagan

petrolio medio orientePer cercar di mettere ordine nella comprensione dei fatti che stanno accadendo in Medio Oriente, nel mondo arabo e nella penisola arabica, si possono usare varie lenti. Si potrebbe partire dallo Yemen o dagli attentati in Tunisia o dallo Stato islamico e dalla guerra civile siriana. Noi però scegliamo di puntare la lente sull’interesse e sulla strategia del player più importante non solo di quell’area ma del mondo intero: gli Stati Uniti d’America.

Chi scrive ritiene che la strategia generale della geopolitica obamiana sia quella dichiarata e che non vi sia una sottostante contro-strategia “segreta” o un ripensamento della stessa. La strategia omamiana dichiarata è quella che individua il principale problema in Asia, in Cina, da cui consegue una complessa strategia del Pacifico e un auspicato accerchiamento dello spazio di manovra cinese. Il secondo punto, oggi il primo intermini di impegno e di attualità, è la Russia, ovvero tentare un regime-change a Mosca e comunque, prioritariamente, separare Europa e Russia in ogni modo. Questo per il doppio obiettivo di impedire la formazione di un sistema euro-asiatico che taglierebbe fuori l’isola americana  e di contro, creare un solido legame sistemico-esclusivo con l’Europa nella formazione di un sistema occidentale, unico e compatto, ancora in grado di pesare e condizionare gli eventi planetari in termini economici, finanziari, militari e quindi politici.

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tonino

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Apr 14, 2015, 4:11:48 AM4/14/15
to sante gorini

Benedetto Vecchi: Frédéric Lordon e i predatori delle passioni

manifesto

Frédéric Lordon e i predatori delle passioni

Benedetto Vecchi

8703161Fré­dé­ric Lor­don è un socio­logo e eco­no­mi­sta cre­sciuto intel­let­tual­mente quando il Ses­san­totto aveva smesso da tempo i echeg­giare nelle stanze del Cnrs, il cen­tro di ricerce fran­cese dove lavora dopo aver fre­quen­tato l’«Institut supé­rieur des affai­res» e un dot­to­rato presso l’«École des hau­tes étu­des en scien­ces socia­les». Autore di nume­rosi saggi, Lor­don ha fon­dato, assieme ad altri, «Les Éco­no­mi­stes atter­rés», un gruppo di eco­no­mi­sti che prova a ribat­tere punto su punto le tesi neo­li­be­ri­ste. Capi­ta­li­smo, desi­de­rio, ser­vitù è il libro da poco man­dato in libre­ria dalla casa edi­trice Deri­veAp­prodi (pp. 213, euro 16) si pro­pone di svi­lup­pare un’antropologia delle pas­sioni nel lavoro con­tem­po­ra­neo ed è stato salu­tato come un inno­va­tivo ten­ta­tivo di uti­liz­zare la filo­so­fia di Baruch Spi­noza per defi­nire il rap­porto sala­riale nel neo­li­be­ri­smo. A que­sto testo ne è seguito un altro (con la spe­ranza di una sua rapida tra­du­zione), La société des affects : pour un struc­tu­ra­li­sme des pas­sions (Édi­tions du Seuil) dove riprende e svi­luppa molti dei temi pre­senti nel libro da poco pubblicato.

Lor­don ha un volto solare che sprizza iro­nia da ogni poro.

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Pasquale Cicalese: Il trionfo di Marx

marxxxi

Il trionfo di Marx

La banca asiatica come compimento del mercato mondiale

di Pasquale Cicalese

“Quanto più la produzione si basa sul valore di scambio, e quindi sullo scambio,, tanto più importante diventano per essa le condizioni fisiche dello scambio - i mezzi di trasporto e di comunicazione. Il capitale, per sua natura, tende a superare ogni ostacolo spaziale. La creazione delle condizioni fisiche dello scambio - ossia dei mezzi di trasporto e di comunicazione - diventa dunque per esso una necessità, ma in tutt’altra misura diventa l’annullamento dello spazio per mezzo del tempo. Se il prodotto immediato può essere valorizzato in massa su mercati distanti solo nella misura in cui diminuiscono i costi di trasporto, se d’altra parte mezzi di comunicazione e trasporto a loro volta non possono avere altra funzione che quella di essere sfere della valorizzazione, del lavoro gestito dal capitale; se insomma esiste un commercio di massa - attraverso cui viene reintegrato più del lavoro necessario - la produzione dei mezzi di comunicazione e di trasporto a buon mercato è una delle condizioni della produzione basata sul capitale, ed è per questo motivo che il capitale la promuove”. Karl Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica Vol. II, pag. 160, La Nuova Italia 1997.

Chu Enlai era un maestro della diplomazia, ma sembra che abbia cresciuto buoni allievi. L’ultimo è Wang Yi, attuale ministro degli esteri, a capo della diplomazia cinese. Si parla di colloqui segreti con il Vaticano, di probabile adesione dell’Iran, una volta risolto il problema nucleare, alla Sco, ma il vero tocco da maestro è l’adesione della Gran Bretagna alla nascente Banca Asiatica per le Infrastrutture (AIIB). Leggi tutto


ilsimplicissimus: La commedia dell’Iran

ilsimplicissimus

La commedia dell’Iran

di ilsimplicissimus

Il giubilo che si è scatenato dopo il raggiunto accordo di massima sul nucleare iraniano (naturalmente “storico” per media senza storia) ha qualcosa di patetico e grottesco insieme: è l’espressione di un autismo dell’occidente che sta ormai perdendo contatto con la realtà e che procede dentro una narrazione senza finestre come le monadi di Leibniz. Per l’Iran ovviamente si tratta di una buona cosa perché ammesso e non concesso che gli accordi vadano definitivamente in porto e vengano mantenuti nel tempo,  con la fine delle sanzioni si libera uno spazio economico di 800 miliardi di dollari e uno politico di enorme importanza, ma a noi cosa viene in tasca se non la fasulla  e inconsistente rassicurazione che l’Iran non avrà armi nucleari?

Probabilmente la dichiarazione di accordo arriva in un momento in cui l’Iran fa comodo contro l’Isis e simula una rappacificazione col mondo sciita, mentre i veri alleati degli Usa sono i sunniti e permette pure di controbilanciare in qualche modo il peso dell’Arabia Saudita, amica fin che si vuole, ma da tenere comunque a bada. Difficile calcolare quale sarà l’impatto sul caos a tutto tondo provocato in medio oriente.

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Lelio Demichelis: La macchina del potere

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La macchina del potere

Lelio Demichelis

potere
                    europeo europa ue numeriQuella in corso tra Europa tedesca e Grecia non è solo una squallida partita a poker giocata sulla pelle dei greci. È uno scontro tra l’ideologia dell’austerità neoliberista e la difesa della dignità delle persone. È lo scontro tra chi è disposto a far nascere mille populismi e a far morire la Grecia in nome di una pura astrazione numerica e chi rivendica il rispetto del principio di solidarietà, essenziale all’interno di una Unione che rischia invece e sempre più di diventare una dis-Unione.

È soprattutto uno scontro tra poteri e modi di organizzare il potere, che nei giorni scorsi ha conosciuto qualche gentilezza tra Tsipras e la Merkel, ma con il primo che deve cedere molto senza farlo vedere troppo e la seconda che cede poco facendolo pesare invece molto. Già, ma cos’è il potere? E dove si trova? E soprattutto: chi detiene il potere? Il potere è Renzi, è Obama, oppure Putin, la Merkel. Risposta corretta. Ma parziale. Leggi tutto


Felice Mometti: Un diritto alla città oltre i diritti?

conness precarie

Un diritto alla città oltre i diritti?

di Felice Mometti

un
                      diritto alla cittc3a0
                      oltre i diritti 300x185Affrontare il tema dei diritti non è, non è mai stata, una questione semplice. Ancor più se riferita alla città, alla metropoli, al territorio. I rapporti che si determinano tra i contenuti dei diritti, la natura dei soggetti che li rivendicano e le forme assunte dal conflitto per ottenerli, condizionano spesso il senso, la validità e l’efficacia dei diritti stessi. Henri Lefebvre prima e David Harvey poi hanno costituito dei punti di riferimento per molti di coloro che hanno frequentato il campo dei diritti applicati allo spazio urbano o per dirla con Lefebvre alla «società urbana». In entrambi gli autori c’è il tentativo di mettere al centro dell’analisi della produzione capitalistica le contraddizioni spaziali ‒ la loro natura e la loro articolazione interna ‒ che si danno a livello urbano.

 

La logica combinatoria di Lefebvre

Il diritto alla città insieme a La rivoluzione urbana e a La ville et l’urbain, testi pubblicati tra fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, costituiscono il corpus teorico della riflessione di Lefebvre di quel periodo. Un periodo contrassegnato da forti sommovimenti sociali in cui «l’assalto al cielo» sembrava o si immaginava a portata di mano in una serie di paesi tra i quali la Francia. Leggi tutto


Leonardo Mazzei: Medio oriente in fiamme

sollevazione2

Medio oriente in fiamme

L'ordine nel caos

di Leonardo Mazzei

Breve premessa. Mentre scrivevamo questo articolo - dedicato ai tanti sviluppi di quella che chiamiamo Grande Guerra Mediorientale - è arrivata la notizia dell'accordo di Losanna sul nucleare iraniano. Un fatto che potrebbe avere conseguenze geopolitiche di primaria importanza ed un impatto non secondario sui diversi fronti di questa stessa guerra. Su questo torneremo a breve con un articolo specifico

middle east 01. Il Medio Oriente in fiamme

Yarmouk (Damasco), Idlib, Tikrit, Aden: cosa unisce queste città? Certo, in tutte si parla l'arabo e si venera Allah. Ma ora, basta leggere i giornali di ieri, hanno un'altra cosa in comune: in tutte queste città si combatte aspramente, con il cambio della bandiera - magari solo provvisorio - di che le controlla. Quattro battaglie solo nelle ultime 48 ore: un'istantanea da cogliere al volo per cercare di capire qualcosa di più della Grande Guerra Mediorientale che ormai si dispiega apertamente in 4 paesi (Siria, Iraq, Yemen, Libia) ma che ne coinvolge almeno un'altra dozzina.

Per avere un'idea della portata del conflitto in corso, basta pensare alle distanze. Tra Idlib, nel nord ovest della Siria, ed Aden, all'estremità meridionale dello Yemen, ci sono 2.750 chilometri. Grosso modo la distanza che separa Roma da Mosca.

Che questa sia una guerra senza precedenti in Medio Oriente è fuori dubbio. Lo è per il numero dei paesi coinvolti, per gli eserciti (regolari e irregolari) sul terreno, per la vastità dei territori contesi, per la durata del conflitto in alcuni contesti (Siria e Libia in particolare), per gli interessi strategici in gioco (petrolio, ma non solo), per le potenze regionali in campo (Arabia Saudita, Turchia, Iran, Egitto), per il ruolo dell'imperialismo americano e di Israele, per il numero delle vittime e per i milioni di profughi. Leggi tutto


Sergio Cesaratto: L’amaro greco

economiaepolitica

L’amaro greco

Sergio Cesaratto

untitled1Questo giovedì scade la tranche di 460 milioni di euro che la Grecia deve al Fondo Monetario Internazionale. Dopo aver affermato che tale pagamento era alternativo alla erogazione di salari pubblici e pensioni, il governo greco ha successivamente confermato il rispetto della scadenza e, del resto, mai nessun paese ha mancato un pagamento al Fondo. Altri pagamenti incombono inesorabili da maggio in poi, mentre l’Europa non concede l’ultima tranche di 7,2 miliardi dei prestiti concessi nel 2012, non fidandosi della lista di riforme proposta da Tsipras. E comprensibilmente in questa situazione, il governo greco non riesce sempre a offrire un messaggio coerente.

Fra qualche anno gli storici economici registreranno freddamente la crisi greca come l’ennesimo caso di un paese in ritardo economico vittima dell’indebitamento estero, facilitato da quella forma estrema di gold standard che è un’unione monetaria. Come ben messo in luce da un recente paper di due prestigiosi storici economici, Bordo e James, corollari di queste vicende sono il foraggiamento alla corruzione che proviene dalla fase di afflusso dei capitali stranieri, e l’emergere dopo la crisi debitoria di una opposizione “populista” che rivendica la sovranità nazionale a fronte delle misure vessatorie dei creditori. Leggi tutto


Alessandra Daniele: Stracciacult

carmilla

Stracciacult

di Alessandra Daniele

Ogni giorno nuove e bizzarre religioni nascono improvvisamente dai pretesti più vari. Da “Coda”, ottavo episodio della quinta stagione di The Walking Dead, è nato il Bethianesimo.

(Segue spoiler sull’episodio)

Si sa, in qualsiasi zombie story se a un personaggio minore viene improvvisamente data l’occasione di dire o fare qualcosa di rilevante, significa che sta per essere ammazzato.

Quando alla bionda Beth Greene è stata regalata una morte eroica però le sue fans hanno reagito con oltraggiato stupore e inattesa violenza. Non tanto perché affezionate al personaggio in sé (o all’interprete, una trentenne cantante da bar che s’atteggia a Lolita) ma quanto perché speravano di veder realizzate attraverso di lei le loro fantasie su Daryl Dixon, il ruvido arciere idolo del fandom al quale gli autori avevano brevemente affiancato Beth, sempre nell’ottica di darle qualche visibilità prima di ammazzarla.
Dopo la morte di Beth, le bethylers (Beth+Daryl) hanno forsennatamente insultato e minacciato autori, interpreti, produttori e spettatori di The Walking Dead dovunque per settimane. Leggi tutto


Militant: La crescita del capitale

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La crescita del capitale

di Militant

Da qualche tempo, attraverso contorsioni ideologiche ai limiti del credibile, leggiamo di un’Italia e di un’Unione Europea alla fine del tunnel della crisi economica. Grazie alle necessarie riforme sul lavoro e sui bilanci pubblici, i paesi europei starebbero imboccando la strada dell’agognata ripresa produttiva. Una crescita per di più non viziata da politiche di deficit finanziario, ma finalmente in linea con i parametri adeguati ad una crescita responsabile e sostenibile. Sembra una barzelletta ma è davvero il racconto dominante, quello di un sistema economico che ha infine riformato se stesso e che ora può procedere verso le magnifiche sorti e progressive di un mercato libero dai vincoli pubblici. Una versione che però si scontra con la materiale quotidianità nella quale siamo costretti a vivere. Leggi tutto


Comidad: Schizocrazia, risvolto della cleptocrazia coloniale

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Schizocrazia, risvolto della cleptocrazia coloniale

di Comidad

Ha suscitato numerosi sarcasmi la notizia che Matteo Renzi, durante l'ultima riunione della direzione del PD, abbia definito Landini e Salvini come "fenomeni televisivi". Ma qui non si tratta solo della storia del bue che dice cornuto all'asino, in quanto è del tutto confacente all'attuale sistema cleptocratico il fatto che Renzi - o, per meglio dire, la sua squadra di ghost-writer - fagociti e vampirizzi anche le critiche delle opposizioni. Una cleptocrazia tende a derubarti anche del linguaggio.

Qualche giorno fa, in occasione della manifestazione della FIOM e della nuova "Coalizione Sociale" lanciata da Maurizio Landini, lo stesso Landini ha dato voce ad un malcontento comune, affermando che Renzi sarebbe peggiore persino del Buffone di Arcore. Come al solito, la dichiarazione è stata occasione per "dibattiti" e prese di distanze. In realtà questo genere di "graduatorie di demerito" va inquadrato nelle semplificazioni del linguaggio quotidiano, poiché è abbastanza ovvio che anche Renzi rappresenti la continuità con i governi che l'hanno preceduto; così come è ovvio che ciò venga avvertito come un aggravamento della situazione. Comunque una caratteristica accomuna il Buffone ed il Buffoncello: entrambi sono fantocci che non sarebbero mai riusciti ad emergere da una vera lotta politica. Leggi tutto


∫connessioni precarie: Tutto fuorché un evento: il primo maggio e l’Expo

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Tutto fuorché un evento: il primo maggio e l’Expo

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il dito la luna ed expo 300x228Il primo maggio è alle porte e quello stesso giorno apriranno anche le porte di Expo. In nessun caso si tratterà di un evento. Nemmeno se qualcuno volesse prorogare i festeggiamenti al due o al tre maggio.

Expo, che si vende come un’occasione, che deve diventare un’opportunità per rilanciare l’economia, che deve essere un trampolino di lancio per il mondo del lavoro, omette di rivelare un piccolo, evidente dettaglio: per le migliaia di lavoratrici e lavoratori coinvolti questo lancio sarà in realtà un lancio nel vuoto! Infatti, tanto determinata a «nutrire il pianeta», Expo nutrirà al contrario solo se stessa. Linfa vitale per la sua sopravvivenza sarà un concentrato di lavoro precario sfruttato ad hoc e cucinato secondo le meticolose e specifiche ricette ispirate al Jobs Act.

All’atto pratico, l’unica grande opera che produrrà sarà la messa all’opera del lavoro precario, sarà la messa all’opera di chi in mobilità verrà chiamato a dare il proprio contributo, sarà la messa all’opera di un esercito di volontari, di tirocinanti e stagisti e sarà la messa all’opera di quei disoccupati provenienti da tutta Italia ‒ e non solo ‒ che sono il prodotto della precarizzazione e che probabilmente hanno visto in Expo un’occasione d’occupazione. L’occupabilità è la vera parola d’ordine di Expo e l’opportunità la sua copertura. Altro che grande opera insomma: qui il punto è al contrario che un sacco di gente sarà messa all’opera. E alla grande!

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Enrico Grazzini: Il fallimento europeo

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Il fallimento europeo

Sei lezioni dallo scontro tra Atene e Bruxelles

di Enrico Grazzini

merkel tsipras 510 71Le trattative tra il governo greco guidato da Alexis Tsipras e l'Eurogruppo, che riunisce i 19 paesi dell'euro con alla testa il governo di Berlino, sono ancora in corso, e l'esito è aperto: tuttavia si possono già trarre alcune lezioni.

La prima lezione è che la Germania è determinata come sempre, e più di sempre, a imporre la sua rigida austerità, e non deflette di un centimetro dalla sua politica. Rivuole tutti i suoi crediti, irresponsabilmente concessi ai paesi in crisi, anche a costo di ammazzare il debitore. Per la Germania la questione greca è però soprattutto politica: se concedesse credito alla Grecia di Tsipras dovrebbe smettere di imporre a tutti i paesi europei la sua folle politica d'austerità: riduzione accelerata del debito pubblico, taglio al welfare e al costo del lavoro, privatizzazioni. L'Europa degli ideali e della cooperazione, della pace tra i popoli è ormai sepolta: esiste solo una Unione Europea che si schiera con le banche creditrici del nord contro i popoli e le nazioni debitrici del sud. L'Europa è ormai solo una questione di crediti e di debiti. Una questione di soldi. Anche la pietà è morta.

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Marino Badiale: Questo cambia tutto

badialetringali

Questo cambia tutto

di Marino Badiale

Naomi Klein Warsaw Nov.20
                    2008 Fot Mariusz Kubik 05La realtà sociale e culturale del nostro tempo presenta una strana contraddizione: da una parte l'organizzazione capitalistica della società mostra sempre più chiaramente i suoi limiti, la sua incapacità di assicurare la riproduzione sociale in termini sostenibili nel tempo. Appare via via più chiaro il fatto che il modo di produzione capitalistico, giunto alla fase attuale del suo sviluppo, non sa più assicurare i livelli di benessere e i diritti che erano stati garantiti ai ceti subalterni dei paesi occidentali per tutta una fase storica, e che esso, per continuare a sopravvivere, ha avviato pericolosi processi di dissoluzione dei legami sociali e di sconvolgimento di delicati equilibri ecologici. Allo stesso tempo però, e questo è l'altro lato della contraddizione, questi evidenti indizi di inceppamento dei meccanismi autoriproduttivi dell'attuale organizzazione sociale non suscitano un movimento politico che abbia chiara l'esigenza di superamento del capitalismo e sappia articolare tale esigenza inserendosi nelle linee di scontro che le crescenti complicazioni sociali fanno sorgere. Per usare un linguaggio d'altri tempi, crescono le difficoltà oggettive nella riproduzione del meccanismo sociale capitalistico, ma latitano le forze soggettive che dovrebbero iniziare la lunga e difficile lotta per una diversa organizzazione sociale.

Un piccolo esempio di questi problemi è fornito, a mio avviso, dalla pubblicazione in Italia dell'ultimo libro della celebre giornalista canadese Naomi Klein [1] e da alcune delle reazioni che esso ha suscitato. Il libro è interamente dedicato alla tematica del cambiamento climatico. La tesi fondamentale dell'autrice è che l'attuale organizzazione sociale non è ecologicamente sostenibile, e che, se vogliamo utilizzare davvero il poco tempo che ci resta per minimizzare gli sconvolgimenti causati dal cambiamento climatico ormai avviato, sono necessari mutamenti drastici nella società e nell'economia, e in particolare è necessario l'abbandono del modello socioeconomico neoliberista che è stato dominante negli ultimi decenni. Leggi tutto

Stefano Zecchinelli: La rivincita dell’Islam sciita nello Yemen

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La rivincita dell’Islam sciita nello Yemen

Stefano Zecchinelli

“Chi semina discordia fra sciiti e sunniti fa il gioco del colonialismo” sosteneva l’Imam Khomeini. La storia passata e recente sembrerebbe dargli ragione.

Molti analisti in questi giorni hanno denunciato gli interessi economici e geopolitici che stanno dietro l’aggressione saudita allo Yemen ma ben pochi hanno preso in esame la natura sociale della rivolta degli Houthi – il cui nome ufficiale del movimento è “Ansarola” – non  soffermandosi sul suo risvolto democratico e anticolonialista.

 

L’Iran come il nuovo Karl Marx

La frase in oggetto “Iran come nuovo Karl Marx”, non vuole essere uno scherzo; fu pronunciata niente meno che da Condoleeza Rice e possiamo leggerla sul Washington Post del 23 novembre 2012. Definizione emblematica che recentemente Bahar Kimyongur ha così commentato:”Se l’Iran deve essere paragonato a Marx, come afferma il falco dell’imperialismo USA, il regime dei Saud incarna, dal canto suo, fin dalla sua creazione nel 1744, la contro-rivoluzione e la tirannia di Adolphe Tiers, il becchino della Comune di Parigi”. Leggi tutto


Nancy Fraser: “Modaiolo e neoliberista: il femminismo ci ha tradite”

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“Modaiolo e neoliberista: il femminismo ci ha tradite”

F. De Benedetti intervista Nancy Fraser

«Cercare di sfondare il tetto di cristallo non ci salverà». Parola della femminista americana Nancy Fraser, nei giorni in cui persino dalla terra dell’innovazione, la Silicon Valley, arriva l’allarme sessismo. «Lo abbiamo tradito — ci siamo tradite — e non ce ne siamo neppure accorte. Il femminismo è stato rinnegato con campagne social, è diventato mainstream e si è trasformato in brand, come la campagna Lean in di Sheryl Sandberg, direttrice di Facebook. La lotta delle donne si è concentrata sul corpo, l’identità, la conquista dei vertici della società: lavorare per emergere».

Ma a cosa serve che poche sfondino il vetro mentre la maggior parte delle donne lavora in condizioni precarie e l’austerity sferra gli ultimi colpi al sistema di welfare? Il femminismo come ancella del neoliberismo è centro d’attrazione dell’indagine di Nancy Fraser. Professoressa di scienze politiche e sociali alla New School, è nota in Italia per le sue riflessioni sul tema della giustizia sociale: quella politica della rappresentanza in un contesto globale, quella economica della redistribuzione e quella culturale del riconoscimento. Leggi tutto


Alberto Bagnai: "Tanto ormai svalutare è inutile..."

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"Tanto ormai svalutare è inutile..."

Una nota sulla Grecia

di Alberto Bagnai

Si sente dire spesso: "Eh, ma tanto, ormai, svalutare a che serve? Siamo finiti, anche se il prezzo dei nostri prodotti in valuta estera scendesse per effetto di un aggiustamento del cambio, noi ormai siamo estenuati, sfiniti, distrutti, frantumati, poverizzati, annichiliti, sconfitti, inerti... Il nostro apparato produttivo è stato raso al suolo... E allora, le nostre esportazioni non reagirebbero, e la situazione non cambierebbe, semplicemente perché nessuno sta più producendo niente, e quindi, se anche il prezzo di quello che non viene prodotto scendesse, nessuno potrebbe acquistarlo dall'estero, perché nessuno avrebbe prodotto qualcosa da acquistare, dal momento che noi ormai siamo estenuati, sfiniti, distrutti, frantumati, poverizzati, annichiliti, sconfitti, inerti..."

Come sapete, ho ribattezzato questa genia di imbecilli "tantormaisti", dal loro mantra: "tanto, ormai...".

Ora, ci sono i dilettanti, e i professionisti. Il dilettante raglia, al bar. Il professionista va a vedere. Qual è l'esempio di paese che negli ultimi anni ha subito la distruzione più massiccia di base industriale? Verosimilmente il più gran successo dell'euro, la Grecia, almeno a giudicare dalla traiettoria del suo PIL: Leggi tutto


Pier Francesco Zarcone: Yemen: Cominciamo a capirci qualcosa

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Yemen: Cominciamo a capirci qualcosa

di Pier Francesco Zarcone

Ancora una volta i nostri ineffabili media non fanno informazione, cosicché risulta perfettamente inutile ricorrervi per una sia pur minima comprensione degli eventi yemeniti in corso. Basti pensare che si continua a parlare di paese sull'orlo della guerra civile, quando invece essa è in atto da tempo e con esiti territoriali di rilievo, come mostra la cartina in apertura a questo articolo. Inoltre non chiariscono cosa stia accadendo sul terreno e quale efficacia abbiano i bombardamenti sauditi sui "ribelli"; non spiegano quali siano gli interessi politici e strategici dei paesi postisi al fianco dell'Arabia Saudita e come mai questa coalizione (di più che dubbia omogeneità) si sia formata proprio adesso; non chiariscono che costrutto abbia in questo momento l'apertura di un fronte yemenita dispendioso ma soprattutto dispersivo, in ordine allo sforzo che ancora si protrae sul fronte siro-iracheno, né sottolineano il consequenziale dato di fatto che per i governi sunniti (quand'anche alle prese col radicalismo islamico entro i propri confini) il maggior nemico non sia l'Isis.

Improbabili appaiono le cifre fornite riguardo al dispositivo militare dispiegato dai sauditi ai confini yemeniti: 150.000 soldati (quando l'esercito saudita è notoriamente di 75.000 uomini, a cui vanno aggiunti i 100.000 della Guardia Nazionale; e considerato che non risulta esserci stata nessuna mobilitazione di contingenti tratti dai 250.000 riservisti, la conclusione è che sarebbero rimasti a disposizione del governo saudita solo 25.000 uomini attualmente in armi!). Leggi tutto

 

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