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tonino

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Sep 28, 2021, 4:34:05 PM9/28/21
to sante gorini

Mario Menichella: Tutto quello che non vi dicono sulle cure domiciliari precoci per il Covid-19 (e perché lo fanno)

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Tutto quello che non vi dicono sulle cure domiciliari precoci per il Covid-19 (e perché lo fanno)

di Mario Menichella

external content.duckh975In questo articolo scoprirete qualcosa di – per certi versi – rivoluzionario, oserei dire quasi “eversivo” in un mondo in cui l’agenda sanitaria sembra essere dettata più dalle Big Pharma attratte dai lauti guadagni legati ai vaccini che non dai medici che hanno davvero a cuore la vita dei pazienti: vedremo, infatti, che il Covid-19 è una malattia curabile! Sì, lo so, vi chiederete perché nessuno ve lo abbia mai detto, e lo capirete leggendo. E non solo vi sono le terapie domiciliari con la loro elevata efficacia (dell’ordine dell’80-85% nell’evitare le ospedalizzazioni), ma anche la prevenzione quotidiana con certi integratori naturali del tutto innocui, che dai primi studi disponibili in letteratura risultano essere quasi altrettanto efficaci nell’evitare i ricoveri di chi si contagia (ciò non stupisce perché si è ormai capito che il Covid nelle primissime fasi si sconfigge ben più facilmente, senza dover usare dei “bazooka” farmacologici). Ma è proprio quando si passa a un’analisi quantitativa, confrontando diversi scenari, che si comprende l’enorme potenziale di questi due nuovi tipi di approcci, peraltro non più costosi dei vaccini (per i quali si parla di 175 dollari a dose entro pochi anni). Si scopre così che: (1) l’implementazione ufficiale di un “serio” protocollo di cure domiciliari equivarrebbe ad aumentare di ben 25 punti la copertura di una campagna vaccinale del 60% degli over 50, portandola quindi “virtualmente” all’85%; (2) la combinazione di un protocollo di cura domiciliare “vero” (non “aspetta e spera”…) con un mix di integratori naturali avrebbe invece, in termini di ospedalizzazioni evitate, un impatto pari a una vaccinazione dell’86% degli Italiani (o degli over 50, visto che la vaccinazione dei giovani non sposta i risultati). 


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Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni: La cognizione del terrore. Ritrovarci tra noi, ritrovare la fiducia che l’Emergenza pandemica ha distrutto

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La cognizione del terrore. Ritrovarci tra noi, ritrovare la fiducia che l’Emergenza pandemica ha distrutto

di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni *

Trance
            danceQualcosa si muove. Forse perché a scuole aperte la violenza del lasciapassare è più evidente; o perché le piazze del sabato stanno proseguendo e, pian piano, orientandosi; o per l’effetto epistemologico dell’appello dei docenti universitari; o perché i sindacati di base hanno qualcosa da eccepire; o, ancora, perché i collettivi più lucidi hanno unito i puntini e trovato spaventosa la figura che ne esce.

Ai margini dei parchi e delle piazze dove si ci si ritrova per elaborare collettivamente una critica al presente e scambiarsi strategie di resistenza, si avverte anche altro: l’urgenza di fare i conti con una varietà di esperienze intime che molte e molti – e di certo chi scrive – hanno sperimentato negli scorsi mesi e che ora, finalmente, sono dicibili. Spesso sono le donne a parlarne e, riandando al femminismo degli anni Settanta, la cosa non sorprende. In omaggio a quella stagione, proviamo allora a prendere sul serio quel che ci travaglia e leggerlo in termini politici con l’aiuto di una manciata di autori.

 

1. Sentimenti del presente

Ecco un elenco, erratico e ovviamente incompleto, di queste esperienza:

Paralisi cognitiva. Il lasciapassare è una misura sanitaria o una misura repressiva? Come si calcolano i benefici del vaccino sulle diverse fasce di popolazione? Quali costi ha avuto la didattica a distanza? Cosa dicono, esattamente, i numeri e come vengono raccolti? Perché in alcune regioni la pericolosità del virus è (stata) più alta che altrove? Esistono cure primarie efficaci? Cosa rischio a vaccinarmi, cosa a non vaccinarmi? Qual è l’incidenza del long covid? Cos’è successo alla sanità territoriale nella primavera del 2020? E via dicendo. La continua incertezza epistemologica induce in chi l’affronta un senso di inadeguatezza, un sospetto di asinina ignoranza.


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coniarerivolta: PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

coniarerivolta

PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

di coniarerivolta

528condizioniIl cosiddetto Recovery Fund, noto anche come Next Generation EU, attribuisce all’Italia 191 miliardi di euro che saranno trasferiti al Paese tra il 2021 e il 2026, suddivisi in 69 miliardi di euro a fondo perduto e 122 miliardi di euro di prestiti, da rimborsare alle istituzioni europee. Queste risorse vanno a finanziare gli interventi raccolti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

In un mondo dominato dal denaro si sente spesso dire che seguendo i soldi – focalizzando l’attenzione sui soli flussi finanziari – si possono svelare le dinamiche fondamentali della società. Seguire la traccia dei soldi porterebbe dritti al cuore delle meccaniche del sistema. Nel caso del PNRR questa massima perde buona parte della sua credibilità: i soldi del PNRR sono forse la parte meno rilevante del Piano, e proveremo a dimostrarlo concentrando la nostra attenzione sulle centinaia di condizioni a cui è stata subordinata l’erogazione dei fondi. I soldi, insomma, sono solo l’esca, mentre il contenuto politico del PNRR è racchiuso nelle clausole che vanno rispettate per ottenere quelle risorse.

Abbiamo già avuto modo di sottolineare l’assoluta inadeguatezza del finanziamento messo a disposizione dalla Commissione Europea: quei soldi, nonostante le apparenze, sono insufficienti a garantire qualsiasi ripresa. Nel dibattito pubblico, però, si è fatta strada un’idea di apparente buon senso: fossero anche pochi, sono comunque un contributo alla crescita del Paese, ed un contributo finalmente libero dalle condizioni capestro che, nel decennio passato, hanno messo in ginocchio la Grecia e tutti gli altri Paesi che si sono imbattuti nei fatidici “aiuti” europei. Insomma, si dice, il Recovery Fund fornisce finanziamenti incondizionati: niente austerità, solo soldi, perché avremmo dovuto rifiutarli?


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Il Chimico Scettico: Dietro il feticcio, la politica e il potere

ilchimicoscettico

Dietro il feticcio, la politica e il potere

Statece

di Il Chimico Scettico

Rigore è quando arbitro fischia, diceva uno.

L'arbitro, cioè la maggiore agenzia regolatoria occidentale (FDA) non ha ancora fischiato. Ma raramente prende decisioni contrarie a quelle del suo advisory board (recentemente c'è stato un caso clamoroso, quindi chissà https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../un-sistema-che...).

In ogni caso altro che "italiani popolo di allenatori di calcio", sembra che la comunità medica mondiale sia in larga parte costituita da commissioner di FDA in pectore (quando mediamente se volete trovare qualcuno che non capisce un beep di regulatory affairs potete tranquillamente rivolgervi a un medico o a un accademico). Per tacere di quelli a cui pare che un destino cinico e baro abbia sottratto un posto nel comitato tecnico scientifico di AIFA (e in fin dei conti potrebbero pure avere ragione, considerata la qualità di certi componenti di quell'organo).


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Sabato Danzilli: Traverso e Lukács: note per un dibattito

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Traverso e Lukács: note per un dibattito

di Sabato Danzilli

La pubblicazione della nuova edizione inglese di Die Zerstorung der Vernunft (Georg Lukács, The Destruction of the Reason, London, Verso, 2021) merita grande attenzione, perché rende nuovamente disponibile sul mercato anglosassone un testo che, come dimostra la sua traduzione tardiva (la versione di Palmer per Merlin Press, qui ripresa, è soltanto del 1980), non ha mai riscontrato grandi favori, e perché è introdotta da un lungo e interessante saggio di Enzo Traverso. Il suo contributo fornisce molte tracce per una discussione, che si cercherà qui di impostare.

Da storico di grande valore, Traverso si propone nel suo intervento, non a caso intitolato “Dialectic of Irrationalism: Historicizing Lukács The Destruction of the Reason”, di contestualizzare l’opera. Nell’apertura del suo scritto egli afferma in modo perentorio che «è arrivato il tempo di riscoprire La distruzione della ragione, senza dubbio uno dei libri più controversi di György Lukács». L’opera «merita di essere rivalutata oltre la sua aura oscura e demoniaca, e di essere collocata nel posto adeguato nella storia del pensiero critico del XX secolo».


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Mauro Armanino: Distrazioni, matrimoni e democrazia nel Niger

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Distrazioni, matrimoni e democrazia nel Niger

di Mauro Armanino

Niamey, 5 settembre 2021. Qui non ci vacciniamo contro la Covid perché siamo distratti da cose più importanti. Per fortuna che, mancando i vaccini, ce la caviamo egregiamente e nel caso ci ammalassimo, daremmo la priorità ad altre malattie. Quella della fame, che è di gran lunga la più pericolosa e segue a ruota la malaria o paludismo, poi la meningite (ciclica), il colera, per via dell’acqua che ci arriva in casa con i bidoncini gialli, le epatiti e , naturalmente, l’insicurezza dovuta agli attacchi dei Gruppi Armati Terroristi. Se, in ultimo, la malattia tanto propagandata dall’Occidente dovesse arrivare, la curiamo con le medicine esistenti che qui funzionano per grazia ricevuta e scelta intelligente dei malati. Da noi la maggior parte delle nascite avviene per un felice momento di distrazione vissuto insieme e così pure si muore, senza in fondo darci troppo peso, per un’ultima e fatale distrazione. La sabbia stessa, vero paradigma della realtà ambiente, si adagia distrattamente sulle strade, i cortili, le offerte di lavoro, l’opposizione inesistente e financo sulle preghiere che stentano ad innalzarsi, attaccate come sono alla sabbia che, a modo suo, rende gloria al suo inventore.


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Guido Maria Brera: Il sogno dell'occidente è il bunker

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Il sogno dell'occidente è il bunker

di Guido Maria Brera

Mentre nel pieno di una pandemia l’uomo attraversa città deserte e alienate, la North Star Missile Silo annuncia che nuove soluzioni abitative sono finalmente disponibili: a soli 750mila dollari di base d’asta è infatti possibile acquistare come casa un silo costruito interamente sottoterra, reso impenetrabile da tonnellate d’acciaio e dotato di serre idroponiche per la coltivazione, a decine di metri di profondità. Benvenuti nel sogno d’Occidente, benvenuti nella dimora dell’antropocene. Benvenuti nel bunker

«Totò, ho l’impressione che non siamo più nel Kansas.»
Il Mago di Oz

Costruito interamente sottoterra, il silo è una delle strutture più impenetrabili mai realizzate dall’uomo, con le sue oltre seicento tonnellate di acciaio utilizzate per armare il cemento di pareti spesse quasi due metri. Il dépliant informativo avverte poi come i due piani del centro di controllo – accessibili da due rampe di scale in ferro battuto che scendono per sei metri verso il centro della terra –, possano diventare due comodi appartamenti. O, in alternativa, una sede di rappresentanza e una serra idroponica.


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Michele Garau: Il passaporto vaccinale e l’incognita dei conflitti

quieora

Il passaporto vaccinale e l’incognita dei conflitti

Alcune note polemiche a partire da uno scritto di Valérie Gérard

di Michele Garau

19db7e08c9a5ef23afa5c842340c8f0e XLIntervenire sulle recenti mobilitazioni contro il passaporto sanitario, e di rimando sulla questione della campagna vaccinale, è un’incombenza davvero ingrata. Il rischio di trovarsi catturati nella morsa schiacciante di un dispositivo binario, dove le posizioni risultano polarizzate in una secca alternativa senza uscita, è molto alto. La recente pubblicazione, su Qui e ora1, di alcune note scritte da Valérie Gérard, in cui si denuncia l’impianto intrinsecamente reazionario e la base antropologica «ultraliberale» del movimento di protesta che si è dato in Francia, mi ha spinto a cercare di elaborare un parziale punto di vista. La lettura di queste righe mi ha un po’ forzato a formulare delle impressioni che non avevo intenzione di mettere per iscritto, sia per il loro grado di confusione e lacunosità, sia perché mi pare che l’intero dibattito in seno al mondo «antagonista» – nonostante alcuni scritti dall’indubbio interesse teorico – sia pesantemente viziato da questa ansia di posizionarsi unilateralmente su un piano di discorso in cui i livelli più diversi (sanitario, tecnico, politico ed epistemologico) collassano l’uno sull’altro. A questi livelli si interseca inoltre l’approccio, perfettamente legittimo, della valutazione strategica sulle potenzialità conflittuali delle proteste in corso.


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Graziella Molonia: Guerra di classe

lordinenuovo

Guerra di classe

di Graziella Molonia*

industria bangla 660x4002xEsiste una guerra che non è combattuta con armi più o meno convenzionali, che non prevede droni né missili intelligenti, che non ricorre a bombardamenti mirati, che uccide nella legalità entro il quadro dell’ordine democratico. E’ la guerra di classe, a cui i lavoratori sono chiamati a partecipare non da una libera scelta ma dal bisogno e dalla necessità che impongono al lavoratore di doversi scegliere il proprio aguzzino.

Nessuno ha scelto di vivere come schiavo del lavoro salariato, né di dedicare la propria esistenza all’arricchimento di parassiti sociali.

“La fame da lupi mannari di pluslavoro”,1 come la chiama Marx, ha bisogno di sacrificare sempre più lavoratori per saziare il bisogno di realizzare profitti.

“L’economizzazione dei mezzi sociali di produzione, che giunge a maturazione come in una serra soltanto nel sistema di fabbrica, diviene allo stesso tempo, nelle mani del capitale, depredazione sistematica delle condizioni di vita dell’operaio durante il lavoro, dello spazio, dell’aria, della luce e dei mezzi personali di difesa contro le circostanze implicanti il pericolo di morte o antiigieniche del processo di produzione, per non parlare dei provvedimenti miranti alla comodità dell’operaio” 2

Ecco perché, dietro i veli delle garanzie dello stato di diritto, e delle costituzioni democratiche che proliferano nei paesi a capitalismo avanzato, resta, nuda e cruda, la guerra a cui proletari sono costretti nel momento stesso in cui diventano parte, tramite il loro lavoro, del ciclo produttivo.


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Eduardo Piñate: Abbiamo sconfitto l’estrema destra fascista, guidata dall’imperialismo

cumpanis

Abbiamo sconfitto l’estrema destra fascista, guidata dall’imperialismo

Intervista esclusiva per "Cumpanis" al dirigente venezuelano Eduardo Piñate

a cura di Geraldina Colotti

piñate 684x384In questo importante momento di transizione per la rivoluzione bolivariana, che sta dialogando in Messico con l’opposizione golpista, e si prepara alle mega-elezioni del 21 novembre, abbiamo intervistato uno dei suoi quadri politici più rappresentativi, l’ex ministro Eduardo Piñate, membro della Direzione nazionale del Partito Socialista Unito del Venezuela, candidato governatore dello Stato Apure, dov’è nato.

* * * *

D. Sei stato tre anni nell’Esecutivo, in vari incarichi di governo. Anni in cui l’attacco al Venezuela si è intensificato, sia internamente che esternamente. Quali sono state le strategie per contrastare questo attacco e come stanno le cose?

R. In effetti, sono stato poco più di tre anni nell’Esecutivo Nazionale; 2 anni e 11 mesi come ministro del potere popolare per il Processo sociale del lavoro e 3 mesi come ministro del potere popolare per l’Istruzione e vicepresidente settoriale per il Socialismo territoriale e sociale. Ora il compagno presidente Nicolás Maduro mi ha affidato nuovi compiti e responsabilità e io li assumo con l’impegno e l’entusiasmo rivoluzionario di sempre.Durante questo periodo, l’aggressione imperialista contro il Venezuela si è intensificata. Una guerra multifattoriale, totale: economica, politica, sociale, culturale, ideologica, psicologica, mediatica e militare.


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Ciro Bilardi: Sanità: covid e shock economy

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Sanità: covid e shock economy

di Ciro Bilardi

Nel 2007 Naomi Klein scriveva “Shock economy”, sottotitolo “l’Ascesa del capitalismo dei disastri”.

Nel libro la Klein spiega come il neoliberismo sfrutta lo shock generato da avvenimenti catastrofici per imporre la distruzione della sfera pubblica e la privatizzazione di ogni ambito della vita sociale. “Non molto tempo fa” scriveva la Klein “i disastri erano momenti di livellamento sociale, rare occasioni in cui le comunità frammentate mettevano da parte le divisioni e ritrovavano la coesione. Ma oggi, sempre più spesso, i disastri sono l’opposto: ci mostrano in anteprima un futuro crudele e drammaticamente diviso in cui la sopravvivenza si compra con il denaro e la razza”.

Alla fine della seconda guerra mondiale, ad esempio, in Gran Bretagna ci si accorse che le misure di emergenza e di solidarietà sociale adottate nel periodo bellico avevano prodotto un aumento dell’aspettativa di vita.


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Carlo Freccero: "Si è incrinato il patto di lealtà tra istituzioni e popolo"

lantidiplomatico

"Si è incrinato il patto di lealtà tra istituzioni e popolo"

di Carlo Freccero

Su gentile concessione di Carlo Freccero, pubblichiamo nella loro interezza due importanti contributi apparsi ieri sulla stampa nazionale. Si tratta di un articolo scritto per il Fatto Quotidiano e di una lettera inviata a la Stampa, in cui l'Autore motiva la sua decisione di firmare per il referendum sul cosiddetto "Green Pass". "E' giusto che il popolo, l’oggetto di quanto è in divenire, possa, come accade in tutte le democrazie, farsi soggetto e decidere se desidera o meno proseguire per la strada tracciata dalle élite. La risposta verrà dopo. Nella mia testa i referendum sono destinati ad aprire finalmente un dibattito ampio su tutti questi quesiti aperti", sottolinea Freccero.

* * * *

Le élite ci governano con la paura: la sovranità adesso va ridata al popolo

Fatto Quotidiano, 20 settembre 2021

L’ultima volta che mi sono interessato di politica è stato 5 anni fa (2016) durante il dibattito per la riforma della Costituzione, voluta fortemente da Matteo Renzi.


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Palim Psao: Ringraziamo il capitalismo per le forze produttive!!!

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Ringraziamo il capitalismo per le forze produttive!!!

Facciamoci due risate con Anton Pannekoek

di Palim Psao*

«Ora come ora, la precedente, secolare storia della civiltà ci appare come se fosse una necessaria preparazione al socialismo, come una lenta liberazione dal giogo della natura, come un graduale progressivo aumento della produttività del lavoro fino ad arrivare al livello in cui i mezzi di esistenza potranno essere creati per tutti, e quasi senza alcuna sofferenza. È anche questo, pertanto, il merito e la giustificazione del capitalismo: dopo tanti secoli di un lento e inconsapevole progresso, abbiamo imparato a vincere la natura in una breve lotta; sono state liberate le forze produttive e, in fin dei conti, dopo tutto il processo lavorativo è stato trasformato e messo a nudo fino al punto che ha potuto essere afferrato e compreso dalla mente umana; condizione indispensabile per essere padroneggiato.» (Pannekoek, "Prefazione a L'essenza del lavoro intellettuale, di Josef Dietzgen", 1902).


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Andrea Zhok: La recita

andreazhok

La recita

di Andrea Zhok

A breve si riunirà, in forma ormai consuetudinariamente clandestina, la cabina di regia per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Per poter presentare il primo rendiconto e ricevere i primi fondi nel 2022, l'Italia dovrà soddisfare 42 delle 51 condizioni previste negli accordi.

Sono riforme che vanno da una riforma della giustizia, a una revisione delle politiche del lavoro, a una riforma dell'università, ecc..

In tempi normali avrei cercato di approfondire le questioni in oggetto, per vedere cosa si sta preparando, visto che impatterà sul futuro nostro e delle generazioni a venire in maniera potentissima.

Ma oggi, mi chiedo, che senso ha occuparsene?

Che senso ha continuare nella finzione di essere in una democrazia, in un luogo dove esiste un libero dibattito pubblico, giornalistico, accademico, civile?


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tonino

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Sep 30, 2021, 2:35:59 AM9/30/21
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Roberto Finelli: Fortuna e sfortuna dell’ideologia: una breve storia

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Fortuna e sfortuna dell’ideologia: una breve storia

Parte prima

di Roberto Finelli

198hgyd46gi9u1. Una nascita moderna nel tardo Illuminismo francese

Ideologia è un termine polivalente che nella storia della cultura moderna rimanda a una molteplicità di significati opposti al significato proprio dei termini greci antichi, come ιδεολογία e ιδιολωγέω (opinione del singolo, discorso privato). Sia che la si assumi come a) sinonimo di falsa coscienza sociale, o b) di sistema di idee non legate a un interesse per la verità e il confronto scientifico ma al prevalere di passioni e desideri, o c) invece come visione del mondo che dà senso alla vita e all’agire di gruppi e individui, ideologia è termine, nella modernità, sempre legato, a una dimensione di sapere e di agire collettivi e come tale è termine che appartiene sia alle scienze sociali, alla sociologia in primo luogo, che alla filosofia sociale e politica.

Ma proprio per la complessa varietà dei suoi significati ritengo che sia opportuno presentare un resumè della storia delle idee di questo termine, per poter svolgere, con maggiore adeguatezza, delle riflessioni sulla funzione e sulla costellazione attuale di senso che l’ideologia ricopre nel nostro presente.

Il termine ideologia è stato coniato per la prima volta, con un significato prettamente positivo, nell’Illuminismo francese. Destutt de Tracy pubblica nel 1801 Projet d’elèments d’idéologie e definisce l’ideologia come la scienza della formazione delle idee. Le idee, secondo un’ispirazione empiristica alla Locke, derivano dalle percezioni sensibili. La sensazione è il principio di ogni conoscenza, sia del mondo esterno che di ogni esperienza interiore. Per cui anche le forme più elevate del sapere derivano sempre dalle sensazioni. La ideologia è la scienza, “qui traite des idées ou perceptions, et de la faculté de penser ou percevoir” e “qui résulte de l’analyse des sensations”1.


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Francesco Marabotti: L’ombra del neoliberismo

lafionda

L’ombra del neoliberismo

di Francesco Marabotti and L'Indispensabile

meidner1«Com’è potuto avvenire che un intero paese sia senza accorgersene eticamente e politicamente crollato di fronte a una malattia?».[1]

Questa è la domanda che poneva, lucidamente, Giorgio Agamben in un articolo datato 14 aprile 2020, alla quale a mio avviso non è stata ancora data una risposta adeguata.

Come è potuto avvenire – aggiungo io – che si sia passati, a partire dalla proclamazione dello stato di emergenza (il 31 gennaio 2020), in modo così repentino e convulso dalla open society al lockdown? Come è potuto avvenire che dalla libera circolazione delle persone e dei capitali siamo giunti al divieto di spostamento al di fuori del proprio comune e alla certificazione di ogni movimento sul suolo nazionale?

Come siamo potuti passare, chiedo ancora, da “quella gioiosa spensieratezza che sembra divenuta d’obbligo”[2] dell’era pre-covid, al clima di paura, terrore quotidiano e distanziamento sociale che ha reso le nostre esistenze un campo di guerra con “un nemico invisibile”?

Un così radicale capovolgimento è un fenomeno che, a mio avviso, va oltre le sole ragioni medico-scientifiche o tecnico-amministrative. È qualcosa che ci coinvolge in quanto società e direi come civiltà occidentale in toto. La tesi che cercherò di argomentare in questo articolo è che ad essere venuta in luce è l’ombra stessa del neoliberismo o se volete della post-modernità.


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Miguel Martinez: Vie di fuga

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Vie di fuga

di Miguel Martinez

la nuova geolander a spirano 575867.largeI.

La nostra vita è sempre più virtualizzata.

Anzi, la virtualizzazione è ormai una condizione indispensabile per sopravvivere. Non puoi riempire il modulo più semplice, senza dare almeno un indirizzo mail e il numero di un cellulare.

La virtualizzazione assume innumerevoli forme diverse: dalla carta d’identità con il chip elettronico alle istruzioni al drone che porta esplosivi, al navigatore sull’auto…

La cosa fondamentale è capire che queste virtualizzazioni apparentemente diverse, sono separate tra di loro soltanto da un sottile muro di password, o da leggi la cui applicazione è quasi impossibile controllare.

Non possiamo nemmeno contare sul muro della concorrenza, come quello che una volta separava la sfera statunitense da quella sovietica del mondo: Amazon, Google, Facebook/Whatsapp/Instagram, Apple, Samsung, Microsoft sono ciascuno un monopolio nel proprio campo, intimamente legato agli altri monopoli; e tutti sono legati a stati-nazione (USA e secondariamente, Cina) con i propri interessi di dominio militare.

I dati possono scivolare da una categoria all’altra, per negligenza anche nostra, per hackeraggio, per modifica a qualche clausola contrattuale che comunque pochissimi leggono, o magari perché una ditta fallisce e i suoi creditori hanno diritto a spartirsi i capitali, tra cui giocano un ruolo decisivo proprio i dati.


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Rostrum: Transizione ecologica o transizione economica?

circolointernazionalista

Transizione ecologica o transizione economica?

Il proletariato e la questione ambientale

di Rostrum

vignetta9873“Niente è più facile che essere idealisti per conto d’altri. Un uomo satollo può facilmente farsi beffe del materialismo degli affamati, che chiedono un semplice pezzo di pane invece di idee sublimi”.
K. Marx, New York Daily Tribune, 11 maggio 1858

È di pochi giorni fa la notizia che dal prossimo trimestre la bolletta elettrica aumenterà del 40%, dopo che già nello scorso trimestre era aumentata del 20%. Secondo alcune stime, se questo aumento fosse confermato, corrisponderebbe a una spesa di circa 247 euro in più all’anno.

All’origine del rincaro in Europa ci sarebbe in primo luogo l’aumento delle quotazioni delle materie prime combustibili, a seguito di un aumento della domanda di energia provocato da una certa crescita economica globale – dato interessante soprattutto per chi si limita a recitare la formula rituale della “crisi”, come se il solo evocare la parola possa esimere da una concreta analisi strutturale che renda conto della specificità di ogni crisi.

Ma al rincaro contribuirebbero, per circa un quinto del totale, anche l’assolvimento degli obblighi del mercato Ets Ue, ovvero il Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE. In pratica viene fissato un tetto alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema. Il tetto si riduce nel tempo, in modo tale da ridurre, teoricamente, le emissioni totali. Sotto questo tetto, gli impianti acquistano o ricevono quote di emissione che, se necessario, possono essere scambiate, infatti, la limitazione del loro numero totale garantisce che le quote disponibili abbiano un valore.


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Andrea Muni: Appunti e risposte ad alcune FAQ sulle manifestazioni “NO GREEN PASS” di Trieste

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Appunti e risposte ad alcune FAQ sulle manifestazioni “NO GREEN PASS” di Trieste

di Andrea Muni

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            1Lunedì e sabato erano tra le cinque (e poi otto) mila persone che sono scese in piazza nella città di Trieste per protestare contro il Green Pass e contro la dittattura neoliberale a volto scoperto in cui siamo scivolati. Chi scrive è un privato cittadino che non fa parte di alcun partito o associazione (charta sporca a parte), non ha convinzioni esoteriche riguardo a farmaci, salute e cure alternative, né è una persona che ha mai avuto simpatie nazi-fasciste – tutt’altro. Non sono assolutamente contro i vaccini, sarei anzi addirittura favorevole a discutere dell’obbligo per certe fasce d’età (voi avete capito perché non lo fanno l’obbligo? Io no), sono marxista, credo nella ricerca e nell’informazione libera.

Non so se mi fanno più paura quelli che negano il covid o quelli che negano la dittatura neoliberale a volto scoperto in cui siamo scivolati

Scrivo per colmare la totale assenza di informazioni autorevoli su quella che è stata – a detta degli stessi giornali che poi non ne dicono praticamente nulla (fa eccezione l’ottimo pezzo, eccettuati titolo e conclusione, dell’amico Daniele Lettig su “Domani”) – la manifestazione più grande dall’inizio della pandemia. Una manifestazione eguagliata forse solo da quella svoltasi nei giorni precedenti a Firenze in supporto dei lavoratori della GKN. Queste due imponenti e diverse manifestazioni, è lecito sperarlo, sono forse il primo vagito di una lotta globale e su più fronti per i diritti dei lavoratori che vedrà verosimilmente il proprio culmine il 15 ottobre – data dell’annunciata entrate in vigore del Green Pass per tutti i lavoratori.


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Guglielmo Donniaquio ed Eros Barone: Dialogo sulla pandemia e sul giusto modo di combatterla

sinistra

Dialogo sulla pandemia e sul giusto modo di combatterla

di Guglielmo Donniaquio ed Eros Barone

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            paroleGli errori volano come uccelli, ma la verità giace in fondo al pozzo.
Democrito di Abdera

Il dialogo che qui viene riportato si è svolto a Genova, durante un bel pomeriggio di settembre, in un giardino pubblico, dove si sono incontrati per uno scambio di idee tre dotti amici non più giovanissimi, che indicherò con i nomi convenzionali di Tizio, Caio e Mevio, i quali hanno espresso sulla questione della pandemia e sul giusto modo di combatterla posizioni divergenti. È poi opportuno aggiungere quanto segue: Tizio possiede una preparazione specifica sul tema oggetto della discussione, essendo un ricercatore in campo biomedico; Caio insegna filosofia, quindi non è un addetto ai lavori ma, come spesso capita ai filosofi, solo un interessato ai lavori; Mevio, dal canto suo, è un medico di base, ad un tempo pragmatico e dialettico.

Tizio: salve, Caio e Mevio, non ci si vedeva da un bel po’ di tempo! Fa sempre piacere incontrare, nel periodo difficile e tormentoso che stiamo vivendo, i vecchi amici. Vedo però che Caio non indossa la mascherina e, conoscendo la sua assennatezza, ne deduco che la mancanza non è dovuta alla distrazione, ma ad una scelta ben precisa.

Caio: ben trovato, Tizio! Sì, è proprio come tu dici. Sono convinto infatti che della mascherina non vi sia alcun bisogno e che, in generale, la gestione della pandemia da parte dei vari governi italiani sia sempre stata discutibile. All’inizio, scusabile con la sorpresa e l’impreparazione, è divenuta progressivamente, con l’accumularsi di crescenti manchevolezze, sempre meno tollerabile, fino al punto terminale dell’adozione del “green pass”, che ribadisce tutti gli errori fatti prima, li santifica e si avvia ad esiti potenzialmente catastrofici.


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Mario Menichella: Tutto quello che non vi dicono sulle cure domiciliari precoci per il Covid-19 (e perché lo fanno)

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Tutto quello che non vi dicono sulle cure domiciliari precoci per il Covid-19 (e perché lo fanno)

di Mario Menichella

external content.duckh975In questo articolo scoprirete qualcosa di – per certi versi – rivoluzionario, oserei dire quasi “eversivo” in un mondo in cui l’agenda sanitaria sembra essere dettata più dalle Big Pharma attratte dai lauti guadagni legati ai vaccini che non dai medici che hanno davvero a cuore la vita dei pazienti: vedremo, infatti, che il Covid-19 è una malattia curabile! Sì, lo so, vi chiederete perché nessuno ve lo abbia mai detto, e lo capirete leggendo. E non solo vi sono le terapie domiciliari con la loro elevata efficacia (dell’ordine dell’80-85% nell’evitare le ospedalizzazioni), ma anche la prevenzione quotidiana con certi integratori naturali del tutto innocui, che dai primi studi disponibili in letteratura risultano essere quasi altrettanto efficaci nell’evitare i ricoveri di chi si contagia (ciò non stupisce perché si è ormai capito che il Covid nelle primissime fasi si sconfigge ben più facilmente, senza dover usare dei “bazooka” farmacologici). Ma è proprio quando si passa a un’analisi quantitativa, confrontando diversi scenari, che si comprende l’enorme potenziale di questi due nuovi tipi di approcci, peraltro non più costosi dei vaccini (per i quali si parla di 175 dollari a dose entro pochi anni). Si scopre così che: (1) l’implementazione ufficiale di un “serio” protocollo di cure domiciliari equivarrebbe ad aumentare di ben 25 punti la copertura di una campagna vaccinale del 60% degli over 50, portandola quindi “virtualmente” all’85%; (2) la combinazione di un protocollo di cura domiciliare “vero” (non “aspetta e spera”…) con un mix di integratori naturali avrebbe invece, in termini di ospedalizzazioni evitate, un impatto pari a una vaccinazione dell’86% degli Italiani (o degli over 50, visto che la vaccinazione dei giovani non sposta i risultati). 


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Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni: La cognizione del terrore. Ritrovarci tra noi, ritrovare la fiducia che l’Emergenza pandemica ha distrutto

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La cognizione del terrore. Ritrovarci tra noi, ritrovare la fiducia che l’Emergenza pandemica ha distrutto

di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni *

Trance
            danceQualcosa si muove. Forse perché a scuole aperte la violenza del lasciapassare è più evidente; o perché le piazze del sabato stanno proseguendo e, pian piano, orientandosi; o per l’effetto epistemologico dell’appello dei docenti universitari; o perché i sindacati di base hanno qualcosa da eccepire; o, ancora, perché i collettivi più lucidi hanno unito i puntini e trovato spaventosa la figura che ne esce.

Ai margini dei parchi e delle piazze dove si ci si ritrova per elaborare collettivamente una critica al presente e scambiarsi strategie di resistenza, si avverte anche altro: l’urgenza di fare i conti con una varietà di esperienze intime che molte e molti – e di certo chi scrive – hanno sperimentato negli scorsi mesi e che ora, finalmente, sono dicibili. Spesso sono le donne a parlarne e, riandando al femminismo degli anni Settanta, la cosa non sorprende. In omaggio a quella stagione, proviamo allora a prendere sul serio quel che ci travaglia e leggerlo in termini politici con l’aiuto di una manciata di autori.

 

1. Sentimenti del presente

Ecco un elenco, erratico e ovviamente incompleto, di queste esperienza:

Paralisi cognitiva. Il lasciapassare è una misura sanitaria o una misura repressiva? Come si calcolano i benefici del vaccino sulle diverse fasce di popolazione? Quali costi ha avuto la didattica a distanza? Cosa dicono, esattamente, i numeri e come vengono raccolti? Perché in alcune regioni la pericolosità del virus è (stata) più alta che altrove? Esistono cure primarie efficaci? Cosa rischio a vaccinarmi, cosa a non vaccinarmi? Qual è l’incidenza del long covid? Cos’è successo alla sanità territoriale nella primavera del 2020? E via dicendo. La continua incertezza epistemologica induce in chi l’affronta un senso di inadeguatezza, un sospetto di asinina ignoranza.


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coniarerivolta: PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

coniarerivolta

PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

di coniarerivolta

528condizioniIl cosiddetto Recovery Fund, noto anche come Next Generation EU, attribuisce all’Italia 191 miliardi di euro che saranno trasferiti al Paese tra il 2021 e il 2026, suddivisi in 69 miliardi di euro a fondo perduto e 122 miliardi di euro di prestiti, da rimborsare alle istituzioni europee. Queste risorse vanno a finanziare gli interventi raccolti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

In un mondo dominato dal denaro si sente spesso dire che seguendo i soldi – focalizzando l’attenzione sui soli flussi finanziari – si possono svelare le dinamiche fondamentali della società. Seguire la traccia dei soldi porterebbe dritti al cuore delle meccaniche del sistema. Nel caso del PNRR questa massima perde buona parte della sua credibilità: i soldi del PNRR sono forse la parte meno rilevante del Piano, e proveremo a dimostrarlo concentrando la nostra attenzione sulle centinaia di condizioni a cui è stata subordinata l’erogazione dei fondi. I soldi, insomma, sono solo l’esca, mentre il contenuto politico del PNRR è racchiuso nelle clausole che vanno rispettate per ottenere quelle risorse.

Abbiamo già avuto modo di sottolineare l’assoluta inadeguatezza del finanziamento messo a disposizione dalla Commissione Europea: quei soldi, nonostante le apparenze, sono insufficienti a garantire qualsiasi ripresa. Nel dibattito pubblico, però, si è fatta strada un’idea di apparente buon senso: fossero anche pochi, sono comunque un contributo alla crescita del Paese, ed un contributo finalmente libero dalle condizioni capestro che, nel decennio passato, hanno messo in ginocchio la Grecia e tutti gli altri Paesi che si sono imbattuti nei fatidici “aiuti” europei. Insomma, si dice, il Recovery Fund fornisce finanziamenti incondizionati: niente austerità, solo soldi, perché avremmo dovuto rifiutarli?


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Gioacchino Toni: Culture e pratiche di sorveglianza. Internet in ogni cosa

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Culture e pratiche di sorveglianza. Internet in ogni cosa

di Gioacchino Toni

internet
            things«La trasformazione di Internet da rete di comunicazione tra persone a rete di controllo, incorporata direttamente nel mondo fisico, potrebbe essere ancora più significativa del passaggio dalla società industriale alla società dell’informazione digitale»1.

Così si esprime Laura DeNardis, Internet in ogni cosa. Libertà, sicurezza e privacy nell’era degli oggetti iperconnessi (Luiss University Press, Roma 2021), a proposito della portata della funzione di controllo permessa dalla connessione alla rete di oggetti e sistemi al di fuori dagli schermi come veicoli per la mobilità, dispositivi indossabili, droni, macchinari industriali, elettrodomestici, attrezzature mediche ecc… Oltre che con le sofisticate forme di controllo esercitate dalle piattaforme di condivisione di contenuti in rete, ad introdursi nell’intimità degli individui concorrono sempre più oggetti di uso quotidiano in grado di raccogliere e condividere dati personali. Oltre a evidenziare come il cyberpazio premei ormai completamente – e non di rado impercettibilmente – l’universo offline dissolvendo sempre più il confine tra mondo materiale e mondo virtuale, tutto ciò induce a domandarsi se nel prossimo futuro esisterà ancora qualche aspetto privato della vita umana o se invece si stia navigando a vele spiegate verso il superamento stesso del concetto di privacy.

Nel volume DeNardis espone alcuni esempi utili a comprendere come il contraltare del controllo esercitato sugli oggetti connessi ad Internet sia la loro vulnerabilità. Un esempio riguarda la possibilità che estranei da remoto possano accedere e manipolare dispositivi medici dotati di radiofrequenza impiantati nel corpo umano e connessi alla rete.


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Domenico Moro: La riforma del Fiscal Compact è possibile e a chi gioverà?

laboratorio

La riforma del Fiscal Compact è possibile e a chi gioverà?

di Domenico Moro

Fiscal
            compactNel recente incontro dell’Eurogruppo, l’organismo informale che riunisce i ministri delle finanze dell’area euro, è ripresa la discussione sulla possibile modifica delle regole europee che regolano la gestione del deficit e del debito pubblico, in particolare quelle del Patto di stabilità e del Fiscal compact. Si era cominciato ad affrontare il tema nel 2019, ma lo scoppio della pandemia ha interrotto la discussione, anche perché le regole di bilancio europee sono state sospese per permettere agli Stati nazionali e alla Ue di mettere in campo robuste misure di stimolo fiscale, cioè di spesa statale, per contrastare la crisi. La questione della ridefinizione del Patto di stabilità e soprattutto del Fiscal compact si pone anche perché alla fine del 2022 saranno reintrodotte le regole che impongono agli Stati di tenere sotto controllo il debito pubblico e c’è la preoccupazione che la reintroduzione dei vincoli possa minare la ripresa economica.

Il Fiscal compact fu introdotto nel 2012, all’epoca della crisi dei debiti sovrani, per rendere più stringenti le regole europee, che prevedono il mantenimento del rapporto tra deficit pubblico e Pil ad un livello non superiore al 3% e del rapporto tra debito pubblico e Pil a un livello non superiore al 60%. Questi vincoli non sono il frutto di precise analisi economiche, ma il risultato di calcoli politici. Il limite del 3% al deficit fu adottato sulla falsariga dell’esperienza della Francia, dove era stato frutto di semplice convenienza politica.


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Marcello Musto: Il vecchio Karl

 

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Il vecchio Karl

Nicolas Allen intervista Marcello Musto

Gli ultimi anni di vita di Marx spesso vengono trascurati dai suoi biografi, ridotti a una fase di declino intellettuale e fisico. Invece, spiega Marcello Musto, in quel periodo Marx si è cimentato con questioni ancora attuali

marx jacobin italia 1536x560Il lavoro dei suoi ultimi anni di vita, tra il 1881 e il 1883, è uno dei settori meno sviluppati all’interno degli studi su Karl Marx. Questa negligenza è in parte dovuta al fatto che le infermità di Marx in quel periodo gli hanno impedito di scrivere in modo regolare, non ci sono praticamente opere pubblicate risalenti a quella fase.

In mancanza delle pietre miliari che hanno caratterizzato il primo lavoro di Marx, dai suoi primi scritti filosofici ai successivi studi di economia politica, i biografi hanno a lungo considerato quegli ultimi anni come un capitolo minore segnato dal declino della salute e dalla crollo delle capacità intellettuali.

Tuttavia, c’è un numero crescente di ricerche che suggerisce che questa storia non è esaustiva e che gli ultimi anni di Marx potrebbero effettivamente essere una miniera d’oro piena di nuove intuizioni sul suo pensiero. In gran parte contenuti in lettere, quaderni e altri marginalia, gli ultimi scritti di Marx ritraggono un uomo che, lontano da quello che si considerava un declino, ha continuato a lottare con le proprie idee a proposito del capitalismo come modo di produzione globale. Come suggerito dalle sue ultime ricerche sulle cosiddette «società primitive», sulla comune agraria russa del diciannovesimo secolo e sulla «questione nazionale» nelle colonie europee, gli scritti di Marx di quel periodo rivelano in realtà una mente che si interroga sulle implicazioni nel mondo reale e sulla complessità del suo stesso pensiero, in particolare sull’espansione del capitalismo oltre i confini europei.


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Alberto Lombardo: Vladimir Il’ič Lenin

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Vladimir Il’ič Lenin

Cosa sono gli amici del popolo

di Alberto Lombardo

Immagine primo pezzo sezione Scuola quadri. LeninLenin ci ha lasciato tre fondamentali contributi nel campo della filosofia.

Il primo è Cosa sono gli amici del popolo e come lottano contro i socialdemocratici? scritto tra la primavera e l’estate del 1894. In quest’opera Lenin difende l’interpretazione materialistica contenuta nel Capitale contro un filosofo soggettivista. Quindi, un’opera che nasce da un intento fortemente polemico ma molto istruttiva per comprendere non solo lo “scheletro” del testo di Marx, ma soprattutto il metodo e la “carne” storica – come si esprime Lenin – che riveste questo scheletro. Questa precisazione fa comprendere alcuni passaggi che possono sembrare in contraddizione con il pensiero di Engels. In particolare il passo seguente, letto senza il giusto inquadramento storico e soprattutto senza tenere conto dell’avversario contro cui è rivolto, può suscitare un equivoco.

L’idea del determinismo, stabilendo la necessità delle azioni umane, rigettando la favola sciocca del libero arbitrio, non sopprime affatto la ragione, né la coscienza dell’uomo, né l’apprezzamento delle sue azioni. All’opposto, soltanto dal punto di vista del determinismo è possibile dare un apprezzamento rigoroso e giusto, invece di attribuire tutto ciò che si vuole al libero arbitrio. Nello stesso modo anche l’idea della necessità storica non compromette per nulla la funzione dell’individuo nella storia: tutta la storia si compone appunto delle azioni di individui che sono indubbiamente dei fattori attivi.


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Alessandro Baricco: La chiglia che abbiamo costruito

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La chiglia che abbiamo costruito

di Alessandro Baricco

«Stiamo in bilico tra una intelligenza scaduta e un’altra ancora non adulta, che tarda ad arrivare. Anche per questo, oggi, la scelta sul vaccino sta assumendo questi toni drammatici: casca in pieno nel bel mezzo di un solenne crepuscolo degli dei, e diventa così, immediatamente, scena madre di un finale tragico. Difficile mantenere lucidità e misura»

chigliaAlla fine, bisogna annotare, questa storia del Vaccino e del Green pass è diventata una faccenda affascinante. Di per sé sarebbe solo una questione tecnica, una certa soluzione a un certo problema. Ma la verità è che in breve tempo ha finito per diventare una sorta di cerchio magico dove molti sono andati a celebrare i propri riti, chiamare a raccolta il proprio pubblico, risvegliare le proprie parole d’ordine, o anche solo ritrovare se stessi. Da ogni parte ci affrettiamo verso quel luogo del vivere portando la nostra dotazione di pensiero e istinto: lì ci risulta più semplice che altrove riconoscere e pronunciare il nostro modo di stare al mondo. Il risultato è che un problema in fondo squisitamente pratico, oggi ce lo ritroviamo come problema, di volta in volta, politico, economico, medico, filosofico, etico, giuridico. Vorrei essere chiaro: quando un problema lievita così al di là della sua lievitazione naturale non è più un problema che si possa risolvere. Lo si può giusto forzare a una soluzione, sacrificandone alcune parti e lasciandole vagare, irrisolte, per il firmamento del nostro vivere. È uno di quei casi in cui un eccesso di informazioni e di riflessioni dà alla domanda uno statuto per così dire quantistico: qualsiasi risposta è giusta e sbagliata allo stesso tempo. È ormai evidente: chiunque disponga oggi di un’opinione certa sul vaccino, si sta sbagliando.

Quindi bisognerebbe lasciar perdere e tirare la moneta, vaccino sì, vaccino no? Be’, non esattamente. Vincerà una narrazione piuttosto che un’altra, è inevitabile; sarà imprecisa, parziale e vagamente semplicistica, è inevitabile; ma sarà comunque la narrazione che una nostra inerzia collettiva avrà scelto tra le tante disponibili.


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Lettera dei ferrovieri per il lavoro, l'uguaglianza e il pluralismo

sinistra

Lettera dei ferrovieri per il lavoro, l'uguaglianza e il pluralismo

FerroviericontroilfascismoAlla Cortese Attenzione di: Formazioni Politiche Trenitalia S.p.A. Organizzazioni Sindacali

Per conoscenza di: Giornalisti e Stampa

Gentili tutti,

La presente per esprimere innanzitutto solidarietà ai lavoratori e agli studenti colpiti dall'estensione dell'obbligatorietà di certificazione verde avvenuta col D.L. n°111 del 6 agosto 2021.

Vi scriviamo per diffidarVi sin da ora dall'estensione della suddetta certificazione al nostro ambito lavorativo, nonché dall'introduzione di qualsivoglia obbligo vaccinale, invitando le OO.SS. a difendere il lavoro quale valore fondante del nostro sistema giuridico e sociale e il nostro Datore di Lavoro a disapplicare quanto venisse eventualmente stabilito da qualunque norma discriminatoria e lesiva dei diritti naturali degli esseri umani; diritti che secondo una concezione giusnaturalistica del diritto sono da considerarsi pre-politici – ossia acquisiti alla nascita e non tali solo perché riconosciuti e accettati dalle Autorità – e prioritari rispetto alle codificazioni del diritto positivo. Tali principi permeano le Costituzioni nazionali, un documento sovranazionale di estrema importanza come La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che è a sua volta debitrice alle Dichiarazioni maturate in seno alle rivoluzioni borghesi, anch’esse esiti piuttosto recenti di una tradizione molto più antica, consolidatasi, attraverso l’età antica, medievale e moderna, come un cardine della cultura filosofica e giuridica dell’Occidente.


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Andrea Zhok: Alcune riflessioni sul Green Pass

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tonino

unread,
Oct 3, 2021, 6:58:37 AM10/3/21
to sante gorini

Gianni Giovannelli: Draghi ha sempre ragione

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Draghi ha sempre ragione

di Gianni Giovannelli

mario draghi murale 1200x630

El povaro me dise:
son vigliaco, sì, ma ‘scolta: gò la mare vecia,
el pare vecio,
la mugier piutosto zòvene,
e i fioi da mantigner.
Saria la fame.

Giacomo Noventa
(Versi e poesie)
Milano, Edizioni di Comunità , 1956

Il Senato, nella seduta del 15 settembre, ha approvato la conversione in legge del decreto n. 105/2021, su cui il governo, per non correre rischi, aveva chiesto il voto di fiducia; conseguentemente ha trovato conferma la strategia del lasciapassare utilizzato come principale strumento di contrasto del Covid e di regolamentazione dell’emergenza, mettendo a tacere la peraltro tiepida opposizione interna alla maggioranza delle larghe intese. Il giorno successivo il presidente del consiglio ha varato un nuovo decreto legge, trasmettendo il testo al Quirinale per una firma che viene data per scontata, nonostante la delicatezza del contenuto; il nuovo provvedimento non è solo innovativo rispetto alla legislazione europea vigente, ma si caratterizza per una natura a modo suo costituente, con una interpretazione cioè dei precetti costituzionali quanto meno assai disinvolta, certamente fino ad oggi mai percorsa nei paesi dell’Unione.

Il green pass – la certificazione verde europea – assume, con questo decreto, la funzione di un vero e proprio lasciapassare, senza il quale viene inibito d’imperio l’accesso ai luoghi di lavoro, e conseguentemente al reddito.


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Roberto Fineschi: Strutturare i soggetti storici. Un paio di riflessioni a partire da Carducci

la citta
              futura

Strutturare i soggetti storici. Un paio di riflessioni a partire da Carducci

di Roberto Fineschi

La personalità e la parabola politica di Giosuè Carducci è emblematica del complesso rapporto tra intellettuale e movimento politico, continuamente oscillante tra esigenze di autonomia e necessità organiche di un'organizzazione strutturata. Se l'individualismo lirico rischia di sfociare in posizioni idealistiche, l'intellettuale organico può essere schiacciato da meccaniche che ne cancellano l'autonomia

external contenthiu4w3Se le vacanze in Maremma ti portano a Bolgheri e Castagneto, non si può non pensare a Carducci; e se per hobby ti occupi di teoria politica, non puoi non metterti a riflettere su una figura il cui sviluppo politico e intellettuale fornisce spunti interessanti. Innanzitutto bisogna tenere a mente che il nostro è, intellettualmente, un gigante: la sua poesia può piacere o meno o essere più o meno “invecchiata”, ma si tratta di un individuo colto, brillante, audace, reinventore delle metrica classica nella modernità, grande critico letterario. Talvolta non si percepisce fino in fondo la dimensione veramente assoluta di siffatte menti, come quelle di Dante, Leopardi ecc., le cui capacità sono letteralmente sbalorditive; studiare attraverso la poesia il loro lato più umano e intimo occulta talvolta la loro assoluta eccezionalità. Ma non di questo intendo parlare.

Carducci è figlio di un medico mazziniano, democratico radicale, che in prima persona si espone nelle lotte nazionali, ma con una evidente dimensione sociale. Nel ’48 a Castagneto – pure lì c’è la rivoluzione – riesce a mediare tra rivendicazioni contadine e rigidità padronale trovando un compromesso che garantisce una, seppur parziale, redistribuzione delle terre incolte (le “preselle”). Profondamente anticlericale, non teme le conseguenze delle sue prese di posizione e questo porta la famiglia a peregrinare a lungo per l’opposizione dei potentati locali (abbandonano Bolgheri perché durante la notte prendono a fucilate l’abitazione del “mangiapreti”).


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Lelio La Porta: "Lukács chi? Dicono di lui"

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"Lukács chi? Dicono di lui"

Introduzione di Lelio La Porta

In Lukács chi? Dicono di lui, Bordeaux, Roma 2021

FILIPPETTI Eretico futuro PIATTO 768x1195La vita di György Lukács (1885-1971), turbolenta e tempestosa, è stata una di quelle vite che hanno costretto il pensiero a sottomettersi quasi totalmente alle stesse svolte imposte dall’esistenza storica.

Nato da una ricca famiglia ebrea, laureatosi a Budapest nel 1906, Lukács approfondisce gli studi filosofici a Berlino e Heidelberg dove subisce l’influenza del neocriticismo e dello storicismo tedesco e stringe amicizia con Ernst Bloch. A questo periodo risalgono i suoi primi libri in ungherese (La forma drammatica, 1909; Metodologia della storia letteraria, 1910; Cultura estetica, 1911; Storia dell’evoluzione del dramma moderno, 2 voll., 1912) mentre la sua prima raccolta di saggi in tedesco (L’anima e le forme) era apparsa nel 1911. In questo stesso periodo prepara un libro sull’estetica (non portato a termine) e uno su Dostoevskij (non pubblicato, di cui rimangono gli appunti)1. Fra il 1914 e il 1915 scrive La teoria del romanzo. Lo scoppio della Prima guerra mondiale conduce Lukács a quella che sarà la scelta fondamentale della sua vita: l’adesione al marxismo e l’iscrizione al Partito comunista ungherese.

Nel 1919, nella breve esperienza della Repubblica ungherese dei Consigli, fu commissario del popolo all’istruzione e commissario politico della quinta divisione. Conclusasi l’esperienza consiliare, dovette fuggire a Vienna dove, arrestato, scampò all’estradizione richiesta dal governo ungherese grazie all’intervento di un gruppo di intellettuali fra cui Thomas Mann. Sono gli anni in cui vive fra Vienna e Berlino e produce, fra gli altri, una serie di saggi che, rielaborata, comparirà in volume nel 1923 con il titolo Storia e coscienza di classe. Fra il 1924 e il 1926 pubblica uno studio su Lenin2e uno su Moses Hess3. Sulle sue posizioni politiche di quel periodo così scriveva Lukács nella Prefazione del 1967 a Storia e coscienza di classe:


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Piazza San Giovanni riempita dalla “multiforme” protesta contro il Green Pass

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Piazza San Giovanni riempita dalla “multiforme” protesta contro il Green Pass

di Redazione

Sabato pomeriggio Piazza San Giovanni si è riempita di persone apertamente schierate contro la misura del Green Pass. Una manifestazione diversa da altre che hanno avuto una pelosa e strumentale attenzione da parte dei mass media. I nostri lettori sanno quanto su questo aspetto la discussione si stata e sia tuttora complicata e talvolta aspra. Ma i fatti sono fatti e vanno in qualche resocontati.

Pubblichiamo la testimonianza di un compagno che è andato a vedere di persona la manifestazione di Piazza San Giovanni e ne ha fatto un resoconto. Continuiamo a pensare che queste energie dovrebbero e potrebbero essere orientate verso un conflitto che recuperi la sua dimensione di classe – oggi violentemente e apertamente tornata a caratterizzare i rapporti sociali anche nel nostro paese – piuttosto che animare piazze e movimenti su un solo aspetto del rafforzamento del comando del capitale su lavoratrici e lavoratori. E’ vero, talvolta la specificità prevale e coinvolge più del dato complessivo, ma è proprio su questo che il nemico ci trascina continuamente rimanendo al riparo sulle contraddizioni che più teme. Non è e non sarà un discussione facile, ma uscirne in avanti diventa decisivo.


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Francesco Capo: Le notizie false e la macchina del fango sulla manifestazione di S.Giovanni

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Le notizie false e la macchina del fango sulla manifestazione di S.Giovanni

di Francesco Capo

All’indomani della manifestazione “Contro il green pass, per la Libertà e il futuro” arrivano puntuali le notizie false e la macchina del fango dei media main stream.

Hanno prima scritto che i manifestanti erano qualche migliaia. Bastava essere in piazza per rendersi conto che il numero era di gran lunga superiore. Una foto della piazza, scattata dall’alto, che circola su internet, conferma che, ieri pomeriggio, piazza San Giovanni a Roma era piena di manifestanti. Se la capienza massima della piazza è infatti di 256 mila persone, erano almeno in centomila ieri a dire no al lasciapassare verde e a rivendicare le libertà costituzionali.

L’edizione romana del Corriere della sera ha dato unicamente risalto alla presenza di qualche esponente di Forza nuova per attribuire senza remore a tutta la piazza l’epiteto di neofascista. Scrivono addirittura che Giuliano Castellino, il leader di Forza Nuova, è salito sul palco: una totale falsità. Castellino era in piazza, ma gli è stato impedito di parlare sul palco dagli organizzatori.


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Sara Rosemberg: Solito copione contro il Nicaragua

altrenotizie

Solito copione contro il Nicaragua

di Sara Rosemberg

A volte, parlando con amici che sono sopravvissuti agli anni bui del terrorismo di stato in Sud America, ci siamo chiesti come fosse possibile, o come fosse possibile, che alcune persone potessero voltarsi e unirsi ai postulati dei carnefici. È una storia che si ripete, che è accaduta dopo la seconda guerra e che è molto ben documentata nel libro "The CIA and the Cultural Cold War" di Frances Stonor Saunders. La domanda è: si sono trasformati davvero o sono sempre stati "intellettuali" - agenti - della classe dominante?

È quasi banale dire che c'è chi muore con una visione chiara e ampia come il Che e tanti altri, e c'è chi muore senza vedere o voler vedere, perché ha smesso di essere umano, si è venduto, si è rotto, si è perso. E hanno perso se stessi "per una manciata di dollari", negando ciò che è essenziale per gli esseri umani, cioè la loro capacità di amare e di pensare, sentire e immaginare un mondo nuovo. È difficile capire queste persone ed è anche difficile spiegarle a causa del potente signore che è il denaro. Hanno svilito, pervertito tutto in loro: alcuni le loro parole, altri le loro posizioni, le loro pose. Sono quelli della barzelletta di Groucho Marx, quando diceva: "guarda, io ho questi principi, ma se non ti piacciono, ne ho altri".


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Andrea Zhok: C’era una volta la democrazia

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C’era una volta la democrazia

di Andrea Zhok

L’articolo 21 della Costituzione italiana recita:

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”

Da ieri la vicequestore di Roma è sotto procedimento disciplinare, su sollecitazione diretta della ministra protempore degli Interni per aver mosso obiezioni ad una recente legge dello stato, durante una manifestazione pubblica.

NB: Da parte della vicequestore non c’è stato alcun atto contrario ai propri doveri d’ufficio. Era fuori servizio, presente ad una manifestazione come cittadina italiana, ed ha espresso una motivata contestazione ad una legge recentemente approvata. A ciò la ministra ha replicato che si trattava di “affermazioni gravissime” mentre i giornali hanno tempestivamente informato la vicequestore di essere oggetto di una procedura sanzionatoria.


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Marco Craviolatti: Green pass. Compagni, bisogna scegliere: collaborare o disobbedire

sinistra

Green pass. Compagni, bisogna scegliere: collaborare o disobbedire

di Marco Craviolatti*

green pass obbligatorioL’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.
Lorenzo Milani

Disagio, malessere, nella testa e nello stomaco: incontro pubblico tra gi storici Alessandro Barbero e Angelo D’Orsi, ottimo candidato alle elezioni di Torino che ha unificato almeno parte dei comunisti locali. Alle porte del cinema, giovani militanti controllano zelanti i lasciapassare “verdi”, in coda decine di persone, volti noti, la mia “famiglia” ideologica e perfino antropologica, attendono pazienti con il QR pronto, senza un commento, una critica, nemmeno rassegnati, semmai pacificati. Il lasciapassare è la nuova normalità.

Stessa sensazione due giorni dopo a teatro, spettacolo dello stesso D’Orsi e della band Primule rosse sulla vita di Gramsci, lo stomaco si contorce e per un attimo immagino Gramsci lì in coda addomesticato con il lasciapassare in mano. E poi di nuovo al Festival delle migrazioni, dove “nessuno è clandestino”, dove si è solidali con i “sans papier”, ma qui sans papier sei clandestino e non entri. E poi la grigliata alla storica e accogliente Casa del popolo di Chieri, un messaggio: ”mi spiace ma non puoi partecipare. Mi spiace ma queste regole non sono solo individuali e come collettivo non possiamo assumerci le conseguenze di violarle”.


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Domenico Moro: Dopo l'Afghanistan.Riflessioni sull'imperialismo statunitense

laboratorio

Dopo l'Afghanistan.Riflessioni sull'imperialismo statunitense

di Domenico Moro

Ritiro AfghanistanMolti hanno visto nel ritiro dall’Afghanistan una sconfitta degli Usa. Qualcuno ha addirittura paragonato l’Afghanistan al Vietnam. Ma l’Afghanistan è molto diverso dal Vietnam, dove veramente si realizzò una sconfitta dell’imperialismo americano dal punto di vista sia militare sia soprattutto politico. In Afghanistan i talebani non sono stati capaci di scatenare una offensiva del tipo di quella del Tet, lanciata nel 1968 dall’esercito nordvietnamita e dai vietcong, che scosse il morale degli americani e costrinse il presidente Lyndon Johnson a iniziare i colloqui di pace. Né l’Afghanistan ha dato luogo ad un ampio movimento contro la guerra nel cuore stesso degli Usa come quello che si sviluppò all’epoca del Vietnam, coinvolgendo una generazione di americani e facendo da denotatore a una critica del sistema capitalistico statunitense di una entità difficilmente riscontrabile in altri periodi della storia di quel Paese. Soprattutto la guerra del Vietnam segnò una modifica dei rapporti di forza a livello mondiale tra imperialismo e blocco dei paesi socialisti. Il ritiro statunitense dall’Afghanistan, invece, non ha determinato alcun mutamento dei rapporti di forza a livello mondiale tra potenze. In realtà, il ritiro dall’Afghanistan, pensato dalla presidenza Obama e giunto a compimento con quella di Biden, può essere definito come un riposizionamento strategico della politica statunitense. Come dimostrano anche l’ultima riunione della Nato e le nuove alleanze nell’area dell’Indo-Pacifico (Aukus e Quad) gli Usa stanno ridefinendo la loro politica estera, collocandone il baricentro nel contrasto alla Cina e, in misura minore, alla Russia.


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Stefano Tenenti: Scala mobile, questa sconosciuta

cumpanis

Scala mobile, questa sconosciuta

Cronaca di una morte annunciata e soprattutto desiderata

di Stefano Tenenti

“Le politiche economiche degli ultimi dieci anni hanno portato alla disoccupazione e all'impoverimento di molti e agli esiti elettorali, che non solo in Italia, hanno sanzionato le forze politiche tradizionali, responsabili di quelle scelte” Dalla quarta di copertina di Lavoro e Salari un punto di vista alternativo alla crisi di Antonella Stirati

2mjiuvg4wuC’era una volta un tempo nel quale il mondo del lavoro, quello di fabbrica ma anche dei servizi, in definitiva quello dei Lavoratori, godeva della considerazione, oserei dire del rispetto, da parte di una intera società. Rispetto che si addiceva a chi stava sorreggendo, pagando prezzi altissimi, lo sforzo collegato allo sviluppo del Paese così come si andava strutturando nel secondo dopoguerra. Bisogna dire, per onestà intellettuale, che per una certa, non trascurabile fase dell’industrializzazione italiana, anche pezzi rilevanti della pur sgangherata borghesia nostrana, furono in grado di comprendere (obtorto collo) la necessità di poggiare lo sviluppo, dentro il conflitto capitale-lavoro, su solide basi redistributive. Nella fattispecie quelle garantite, oltre che dai Contratti Nazionali di categoria, dal “meccanismo” del quale ci occupiamo in questa sede: la Scala Mobile e il “punto di Contingenza”.

Conviene però precisare, da subito, per non farsi soverchie illusioni, che nel breve volgere di tempo che ci separa da quella stagione i due strumenti sopra citati sono stati largamente sterilizzati.

Il CCNL di categoria è ormai, da anni, diventato un sacco vuoto tanto che i lavoratori più che auspicarne il rinnovo, lo temono. I sindacati concertativi infatti, a partire dall’ormai lontano 1993 con la firma del famoso accordo interconfederale, hanno assunto una posizione ancillare rispetto a Confindustria e barattano, da anni, la loro sopravvivenza con il cedimento totale sul terreno rivendicativo. Si strutturano così, con precise responsabilità i due pilastri propedeutici alla distruzione del welfare e alle conseguenti inevitabili privatizzazioni.


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Enrico Euli: Obbligati a immunizzarci

comuneinfo

Obbligati a immunizzarci

di Enrico Euli

Con l’attuale Green pass il concetto di salute viene ridotto alla capacità di produrre e consumare. Il Covid ha accelerato un processo già in corso, una digitalizzazione totalitaria che stravolge la vita di ogni giorno e la nostra capacità di costruire relazioni. Altro che vaccini, è questo un salto nel buio ignorato anche dai cosiddetti no-vax

Com’era prevedibile, siamo arrivati all’obbligatorietà del Green pass. Va a sommarsi agli altri dispositivi di protezione (e non a sostituirli). E lo si vuole presentare come fonte e garanzia di libertà. Si conferma, e con ancor più rigidità, che la democrazia non può più consistere nella libertà, ma nella liberazione e, in primo luogo, proprio del “liberarsi della libertà”. Ormai infatti la “libertà” non è altro che la “salute”. E la salute non è altro che la capacità di produrre e consumare.

Il Green pass non ha alcun valore sanitario (per questo sarebbe stata sufficiente una certificazione vaccinale): il suo compito è ricattare chi non si sarebbe vaccinato, di controllare chi si è vaccinato, di “tenere aperti” i luoghi della produzione e del consumo, compresi quelli dell’industria culturale, scuola e spettacoli.


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Pier Aldo Rovatti: Quel gesto fenomenologico che ha fatto cultura

autaut

Quel gesto fenomenologico che ha fatto cultura

di Pier Aldo Rovatti

Se mi chiedessero di dire in una battuta che cosa ha prodotto il settantennio di vita della rivista “aut aut”, messa al mondo nel 1951 dal filosofo Enzo Paci e oggi tutt’altro che estinta, risponderei senza esitazione: “il gesto fenomenologico”.

A tale atteggiamento o pratica di pensiero è stato dedicato anche il fascicolo della rivista attualmente in circolazione, in cui si guarda tanto al lunghissimo passato quanto a un futuro ancora da realizzare: sì, perché siamo ancora lontani dall’avere ben compreso questo gesto e dall’essere riusciti a metterlo in atto.

Di cosa si tratta? È un tentativo di dar corpo alla parola “critica”, forse più facile da collegare a quella cultura che voleva prendere distanza dai dogmatismi e dagli ideologismi del ventennio fascista di quanto sia riconoscibile oggi in una situazione nella quale tutti ci riempiamo la bocca di un’idea di democrazia alquanto superficiale e di tanti propositi culturali che spesso risultano vuoti e dai piedi di argilla.


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comidad: La colpevolizzazione agevola gli affari

comidad

La colpevolizzazione agevola gli affari

di comidad

Lo schema di colpevolizzazione è sempre lo stesso, quello che si usa quando un bambino rifiuta un cibo particolarmente nauseante: pensa ai bambini poveri che non hanno da mangiare. Oggi lo schema viene adoperato in modo anche più spudorato e ipocrita verso coloro che non si vaccinano: pensa ai Paesi poveri dove vorrebbero vaccinarsi e non possono (ma quando mai!?). Nel 2011 lo schema di colpevolizzazione fu rilanciato in occasione delle cosiddette “Primavere Arabe”: qui in Occidente avete la democrazia e la disprezzate ed invece nei Paesi poveri la invocano. Si creò così il clima adatto per la prima guerra imperialistica politicamente corretta, addirittura “di sinistra”, cioè l’aggressione contro la Libia in “soccorso” del popolo libico. La sedicente “sinistra” smarriva da allora in poi tutti i suoi punti di riferimento storici, in nome di un’infantilizzazione totale, per cui ogni abuso può essere giustificato con predicozzi morali e con la gratificazione di fare dispetto al cattivo di turno: nel 2011 il dispetto era contro il Buffone di Arcore, ritenuto amico di Gheddafi, oggi è contro Salvini o la Meloni.


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lorenzo merlo: Senza dignità

sinistra

Senza dignità

di lorenzo merlo

Siamo sul fondo del barile a raschiare qualcosa che sia ancora vero, ma non si trovano che tossiche croste di muffe

Senza dignità 1.

La messe di controinformazione, meglio, di giornalismo dal basso, internazionalmente e nazionalmente disponibile, fatto salvo poche e rare eccezioni, è stata ignorata dai grandi media d’informazione.

L’informazione filogovernativa si è autoproclamata la sola attendibile. Lo stimolo al dibattito che sarebbe potuto derivare da una loro più aperta, meglio, giornalistica politica, avrebbe giovato alla cultura italiana, al giornalismo, alla fiducia nelle istituzioni e negli uomini.

Non contenti e sospinti dai ciclostili istituzionali non hanno esitato ad alzare il livello. Se prima ignoravano le voci non allineati sono passati a censurarle e poi a colpevolizzarle.


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tonino

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Oct 5, 2021, 3:08:37 AM10/5/21
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Paolo Favilli: Il Capitale e la storia russa. Un estratto

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Il Capitale e la storia russa. Un estratto

di Paolo Favilli

Segnaliamo l’uscita il 24 settembre dell’ultimo libro dello storico Paolo Favilli, A proposito de Il capitale (Franco Angeli), un lavoro che prova a delineare un itinerario conoscitivo dentro il complesso di relazioni tra “Il capitale” di Karl Marx e i processi storici reali dell’età contemporanea tramite continui rimandi fra presente e passato. Con il permesso dell’autore, che ringraziamo, vi proponiamo un ampio estratto

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              800x6011. Voi non ignorate che il vostro “Capitale” gode di grande popolarità in Russia. Malgrado il sequestro dell’edizione, le poche copie rimaste vengono lette e rilette dalla massa delle persone più o meno istruite nel nostro paese; vi sono uomini seri che le studiano75.

Questo che vi ho appena letto è l’incipit di una lettera che Vera Zasulič, una giovane populista appartenente alla corrente di Zemlja i Volja (Terra e libertà), scrive nel gennaio 1881 a Karl Marx. Sulla lettera e sulla risposta di Marx avremo modo di ritornare tra poco, intanto proviamo a riflettere sui modi della ricezione russa de Il capitale, su alcuni lineamenti del percorso del marxismo nel suo rapporto tanto conoscitivo che politico con la complessa stratigrafia della storia russa e della storia russo-sovietica. Aspetti che si riflettono, e non poco, anche sulla storia dei comunismi nati dall’Ottobre sovietico.

Vi prego di richiamare alla memoria quanto vi ho ricordato all’inizio del Corso a proposito di una studentessa la quale, durante l’esame di Storia contemporanea, ha affermato che Marx era russo. Non mi sono scandalizzato per una risposta così paradossale. Non mi sono scandalizzato per due motivi: il primo riguarda la lunga esperienza professionale di insegnante; chiunque l’abbia condivisa si è sentito dire moltissime bestialità. Il secondo, di qualche interesse nella logica della nostra lezione, perché quella risposta paradossale è un po’ lo specchio del paradosso di una transizione del «marxismo» da complesso di costruzioni teoriche e politiche a Stato marxista.


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Alessandro Visalli: Circa Valérie Gérard, “Tracer des lignes: sur la mobilisation contre le pass sanitaire”

tempofertile

Circa Valérie Gérard, “Tracer des lignes: sur la mobilisation contre le pass sanitaire

di Alessandro Visalli

4 768x512Un interessante dibattito rimbalza sulle colonne di “Sinistra in rete”, attraverso una confutazione sulla quale torneremo[1], muovendo da un libricino[2] disponibile in rete della filosofa francese Valérie Gérard. La Gérard si interroga sulla natura di quel movimento che ogni sabato batte le strade francesi contro il pass sanitario e che apparentemente ha preso la staffetta lasciata dai Gilet Gialli. La tesi della filosofa è che per giudicare un movimento non bisogna tanto prestare attenzione alle idee, quanto ai discorsi ed alle pratiche concrete. Ovvero agli atti ed agli affetti che mette in campo.

La tesi è quindi che il movimento in oggetto ha un segno diverso da quello dei Gilet Gialli, e per alcuni versi opposto (con tutto che alcuni leader dei GG sono presenti). Si tratterebbe infatti di un movimento individualista e iper-liberista. In sostanza la mobilitazione contro il pass sanitario, e contro la “società del controllo”, si muoverebbe in continuità con ambienti che la nostra non esita a chiamare di estrema destra o segue promotori disonesti di trattamenti inefficaci, no-vax, complottisti[3]. Un elemento che seduce la sinistra radicale è la critica del controllo sociale sicuritario, oltre, ed è un altro tema, il tentativo di non lasciare la piazza. O, come scrive, la pretesa di essere l’avanguardia illuminata che guida quelli che non sanno quel che fanno.

Quel che la preoccupa “sono le linee di forza che acquisiscono importanza nel campo politico e quello che questo movimento costituisce e prefigura”. E la diagnosi è impietosa:


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Alessandro Mantovani: Islamismo e liberazione nazionale

rottacomunista

Islamismo e liberazione nazionale

di Alessandro Mantovani

51xkz5pdyNL“…L’Islam vede la religione come un modo di vivere, un insieme di comportamenti, una legge, un ideale politico;[…] Ciò spiega come l’Islam abbia potuto tradursi, e continui a tradursi anche oggi, in un programma di unificazione politica e d’indipendenza nazionale […] la rivoluzione compiuta in nome degli ideali islamici costituisce uno dei fenomeni più grandiosi della nostra epoca.” (Ambrogio Donini, Breve storia delle religioni, Newton Compton, Roma, 1989).

Dicevo nella mia precedente nota sull’Afghanistan che l’opinione secondo cui i Talebani sarebbero “reazionari” ha acquisito anche presso le sinistre rivoluzionarie la solidità di un pregiudizio che non necessita di essere dimostrato. Su cosa si basa (consapevolmente o inconsapevolmente)?

  1. su di un diffuso – ma non comunista né marxista – sentimento anti religioso che denota sudditanza verso il laicismo borghese;

  2. sull’ignoranza del mondo islamico in generale, dell’islamismo radicale in particolare, e del ruolo storico di alcune tra le sue molte correnti nella lotta anti imperialista ed indipendentista dei paesi musulmani in specifico;

  3. sull’idea sommaria che islam, integralismo islamico ed oppressione della donna siano sinonimi;

  4. sull’”universale consenso”, da leghisti a movimentisti, che i talebani siano la peggior versione di tale misoginia di fondo;


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Andrea Zhok: La catastrofe

andreazhok

La catastrofe

di Andrea Zhok

Forse è venuto il momento di riconoscere un semplice fatto: la gestione sanitaria della pandemia da parte delle istituzioni italiane non è stata problematica, non è stata difettosa, è stata semplicemente catastrofica. Nonostante l’abnegazione e la volontà di numerosi medici a 19 mesi dallo scoppio della pandemia di Covid-19 possiamo concludere che fare peggio sarebbe stato assai arduo.

Quest’amara constatazione diviene particolarmente doverosa oggi, nel momento in cui sulla scorta di una ridicola equazione tra “Scienza” e “Istituzioni della politica sanitaria nazionale” si continuano a far passare per verità accreditate nozioni prive di fondamento scientifico, ma gradite agli indirizzi governativi.

Partiamo da qualche dato.

L’Italia ha i peggiori dati al mondo in termini di letalità da Covid.

Diversamente dalla mortalità, che è più soggetta a variabili incontrollabili, il dato della letalità, cioè il rapporto tra il numero delle persone contagiate e il numero delle persone decedute, è un indicatore piuttosto affidabile circa la qualità degli interventi terapeutici messi in campo nei confronti delle persone ammalate.


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Francesco Santoianni: "Tosse e rinite..." Il Corriere della Sera e un disgustoso articolo prepara il terreno per la vaccinazione dei neonati

lantidiplomatico

"Tosse e rinite..." Il Corriere della Sera con un disgustoso articolo prepara il terreno per la vaccinazione dei neonati

di Francesco Santoianni

Davvero disgustoso l’articolo de Il Corriere della Sera “Covid nei bambini, i sintomi: «Tosse e rinite, come l’influenza». Aumentano del 4% i ricoveri dei bimbi da zero a un anno” per spingere innumerevoli genitori a sottoporre i loro bambini, pur affetti da banali sintomi, ai tamponi; tamponi che, in molti casi “scoveranno” un virus ormai endemico nella popolazione ma che comportanno il ricovero. È solo un assaggio di quello che si prospetta nelle prossime settimane per convincere a vaccinare tutti i bambini contro il Covid.

Una campagna già inaugurata dal presidente del Comitato tecnico scientifico che sbandiera la “morte per Covid di 28 pazienti di età pediatrica" guardandosi bene dal dirci di quali gravi patologie fossero già affetti questi “morti per Covid”.

Ma quale rischio corrono bambini ed adolescenti infettati dal virus Sars-Cov-2 (già asintomatico negli adulti nel 90% dei casi)? Autorevoli studi, riportati in questo appello, dimostrano come questo rischio sia irrilevante; stessa conclusione quella dell’Istituto Gaslini di Genova persino in bambini resi immunodepressi a seguito di trapianto risultati positivi al tampone. Di riflesso, quali rischi corrono bambini ed adolescenti vaccinati di sviluppare gravi effetti avversi?


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Umberto Vincenti: Università in declino?

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Università in declino?

di Umberto Vincenti

In questi ultimi mesi ho colto tre voci preoccupate, oltre che critiche, a proposito della condizione in cui versano attualmente le università italiane. Invece i più, mi riferisco particolarmente agli organi accademici di governo, evocano in ogni contesto l’eccellenza delle nostre università: io non la vedo, fatta eccezione per singole strutture e per singoli (non pochissimi, però) docenti. Ma l’eccellenza è nel mainstream italico e la parola è adoperata a vanvera: si pensa che sia idonea all’inganno specie dei clienti-consumatori (e i Rettori sembrano considerare tali anche gli studenti), rivelando non so se più capziosità o inconsapevolezza.

La prima voce è composta: tre voci, di tre neo-diplomate alla Scuola Normale di Pisa. L’attacco è, però, unico: alla retorica dell’eccellenza e alla trasformazione aziendalista delle università italiane. La causa prima della deviazione è individuata, da queste tre giovani, nel trionfo del neo-liberismo a cui abbiamo assistito in questi ultimi decenni in Occidente. Le conseguenze negative sono state parecchie; ma la più grave, e concordo, è da individuarsi nell’incapacità o, comunque, nel disinteresse delle nostre università pubbliche a formare cittadini responsabili.


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Felice Mometti: Qualcosa di nuovo a Occidente. Appunti sulla transizione americana

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              precarie

Qualcosa di nuovo a Occidente. Appunti sulla transizione americana

di Felice Mometti

Jake Sullivan è tra i consiglieri politici più ascoltati di Biden. Prima ancora era stato consigliere politico di Hillary Clinton e di Obama. Nel febbraio dello scorso anno ha pubblicato su «Foreign Policy», tra le riviste di punta dell’establishment democratico, un articolo dal titolo L’America ha bisogno di una nuova filosofia economica, con sottotitolo Gli Stati Uniti non possono avere una buona strategia se sbagliano la politica economica. Era il mese della seconda richiesta (fallita) di impeachment nei confronti di Trump. Le primarie democratiche non erano ancora iniziate e Trump aveva tutti i sondaggi dalla sua parte. L’articolo, che venne poco o nulla considerato, sollevava una serie di questioni che allora non era proprio al centro della riflessione teorico-politica dei think-tank del Partito Democratico. Si sosteneva che dopo quarant’anni di neoliberismo era necessaria una svolta profonda per ristrutturare l’intero modo della produzione e riproduzione sociale, che lo Stato federale doveva essere un attore decisivo negli investimenti in infrastrutture, tecnologie innovative ed istruzione, necessari per indirizzare i flussi delle catene globali del valore.


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Simone Raviola: Pensare tutto, curare nulla. Contro la medicalizzazione del dolore

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Pensare tutto, curare nulla. Contro la medicalizzazione del dolore

di Simone Raviola

IMG 6312 scaledÈ un mondo della morte – un tempo si nasceva vivi e a poco a poco si moriva. Ora si nasce morti – alcuni riescono a diventare a poco a poco vivi.

Roberto Bazlen

Il tempo della cura

Il nome della nostra epoca è “cura”, il suo essere “vita”. Non si tratta di una questione semplicemente sanitaria. Le pieghe attraverso cui la questione si apre e si chiude, si mostra e si cela, sono molteplici. Tuttavia, con metodo e dedizione, è possibile isolare un nodo in cui tutte le fila s’intrecciano trovando il loro senso. La malattia, o disfunzionalità nel lessico della contemporaneità, è condannata a priori; l’invasione di psicofarmarci, terapie, yoga e libri di self help nel mercato dei beni di massa ne è il sintomo più lampante. La cura è oggi l’ennesimo prodotto da consumare, afflitti come siamo dalle perverse e distorte metastasi del desiderio.

«La salute come bene economico», scriveva Gottfried Benn nel 1931, «sei nuovi istituti con uno stanziamento di due milioni di dollari per la ricerca volta a sostenere i vasi e la circolazione sanguigna: un affare economico che permette di rinviare di dieci giorni in media l’inizio dell’inabilità lavorativa e quindi si ammortizza come un investimento al quattro per cento». Quanto conta una malattia? La salute si razionalizza, se ne fa dunque una ratio, un calcolo. Il corpo e la mente vengono messi a rendita, territorio di contesa e di profitto. «Inoltre», continua Benn, «il vago, nervo delle forme di labilità, della frequenza nei bisogni fisici e delle nevrosi intestinali -: mense con alimentazione ricca di calcio, terapia stabilizzante, tutto detraibile dalle dichiarazioni dei redditi come reinvestimento, calcolato dal punto di vista dell’industria, significa un aumento di cavalli vapore del 3,27 per cento».


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Enza Sirianni: Green ferocia

comedonchisciotte.org

Green ferocia

di Enza Sirianni

comedonchisciotte org informazione alternativa g20 1Non ha notato il modo in cui la nostra società s’è organizzata per liquidare la gente? Avrà certo sentito parlare di quei minuscoli pesci dei fiumi brasiliani che attaccano a migliaia il nuotatore imprudente, lo ripuliscono in pochi istanti a piccoli e rapidi bocconi, e lasciano solo uno scheletro immacolato? Ebbene, la loro organizzazione è così.«Volete una bella vita ordinata e pulita? Come tutti?» Uno dice di sì, naturalmente. Vuol dire di no? «D’accordo. Vi ripuliremo. Ecco qua un mestiere, una famiglia, gli svaghi organizzati.» E i dentini rodono la carne fino all’osso. Ma sono ingiusto. Non bisogna dire: la loro organizzazione. É la nostra, in fin dei conti: si gareggia a chi ripulirà l’altro.

Albert Camus , La caduta

Il Capitale, giunto ad una delle fasi peggiori delle sue performances, ha messo a punto le sue strategie per il mondo futuro con una pianificazione subdola in cui il leitmotiv è emergenza.

Oggi è quella del virus Sars- CoV2, domani sarà una nuova peste, dopodomani quella climatico-ambientale o l’app-digitalizzazione per un controllo capillare dei dominati (unità cod-digitali di consumo). Poi andando vedendo. Il resto delle pesanti ingiustizie e dei vistosi squilibri planetari, con oppressione, sfruttamento, marginalizzazione e esclusioni di miliardi di invisibili, non è nell’ Agenda 2030 dei tirannosauri terrestri.

Intanto, per quel che concerne la gestione della “pandemia”, il nostro governo guidato dal Divus Marius, si distingue e primeggia per la compressione dei diritti civili, attuata a suon di dpcm, uno più perentorio e coercitivo dell’altro, in un crescendo ingiustificato dal punto di vista scientifico, ma perfettamente in linea con finalità estrinseche al bene degli italiani e intrinseche al profitto, vera stella polare di tutta la sporca faccenda Covid. La funzione del parlamento? Azzerata.


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Sandro Moiso: Per una critica della società dell’Apocalisse permanente

carmilla

Per una critica della società dell’Apocalisse permanente

di Sandro Moiso

Francesco “Kukki” Santini, Apocalisse e sopravvivenza. Considerazioni sul libro «Critica dell’utopia capitale» di Giorgio Cesarano e sull’esperienza della corrente comunista radicale in Italia (nuova edizione riveduta e accresciuta), Edizioni Colibrì, Milano 2021, pp. 176, 15,00 euro

apocalisse e sopravvivenza santiniCostoro sono nati per una vita che resta da inventare; nella misura in cui hanno vissuto, è per questa speranza che hanno finito con l’uccidersi (Raoul Vaneigem, Banalità di base)

Tornato per un momento dall’esilio sull’isola di Patmos e costretto a posare i piedi nella realtà attuale, l’evangelista Giovanni si stupirebbe certamente nel constatare come l’umanità contemporanea si sia assuefatta a vivere, anche se sarebbe forse meglio dire sopravvivere, in una apocalisse continua: climatica, economica, politica, militare, sanitaria, sociale e ambientale.

Un autentico inferno che, colui che è ancora rappresentato nell’iconografia cristiana come l’aquila, per la sua lungimiranza e profonda capacità visionaria, non avrebbe saputo anticipare nemmeno nei suoi incubi più terribili.

Questa Apocalisse terrena, che non si è ancora sviluppata in alcuna lotta definitiva tra il Bene e il Male, anche se nel corso dei secoli milioni di persona sono morte a causa di crociate politico-militari e religiose che promettevano, da vari e contrastanti punti di vista, il trionfo del primo sul secondo, ha avuto, però e fin dai primi anni Settanta del ‘900, un suo anticipatore, seguito da un ristretto numero di seguaci, in Giorgio Cesarano.

Come afferma Francesco “Kukki” Santini nel riassumerne l’opera di Giorgio Cesarano (1928-1975) intitolata, appunto, Apocalisse e Rivoluzione (con Gianni Collu, come attestava il frontespizio del manoscritto, Dedalo, Bari 1973):


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Pino Cabras: Cosa c'è veramente dietro il caso Morisi?

lantidiplomatico

Cosa c'è veramente dietro il caso Morisi?

Nel Draghistan iniziano a cadere i birilli

di Pino Cabras

A sostegno della piattaforma che sorregge Mario Draghi, che sta riorganizzando il nucleo cesaristico dello Stato con spregiudicata determinazione centralizzatrice, si stanno elevando solide colonne, pronte a sostituire quelle altre colonne deboli come birilli che – proprio da birilli – cadono o sono pronte a cadere. Nel Draghistan non ci sarà molto spazio per inutili orpelli partitici. La repubblica sarà resettata espellendo dal nucleo quel che ancora vorrebbe illudersi di negoziare ancora un po’ del potere dei bei vecchi tempi parlamentari. Draghi, lo abbiamo detto fin da subito, agisce come il “solvente universale” che accelera la liquefazione del sistema partitico e lo mette a cuccia rispetto al vero comando.

Tira ad esempio una brutta aria intorno ai birilli Salvini, Renzi e Conte, lambiti da inchieste che riguardano personalità a loro assai vicine. Si aggiungono a Grillo. Le inchieste hanno sviluppi contemporanei. Se questo non significa per forza una comune regia, segnala comunque l’accelerarsi di una comune crisi: una crisi molto profonda e “di sistema”.


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Andrea Zhok: Anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti

antropologiafilosofica

Anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti

di Andrea Zhok

Lo scorso 8 settembre è morta in provincia di Udine G.L., una ragazza di sedici anni, per un arresto cardiaco all’indomani della seconda dose di Pfizer.

Cinque giorni dopo, il 13 settembre, è morta nell’ospedale di Bari M.E.A. di quattordici anni, entrata in coma un mese prima, all’indomani della seconda dose del vaccino.

In altri periodi quando un adolescente moriva all’improvviso in questo modo, magari in un campo di calcio o in una palestra, la notizia diventava subito nazionale. Si cercava il perché di questo evento scioccante e contro natura.

Non nell’anno due dell’era Covid, dove la pluralità di casi di inspiegabili malori improvvisi piovuti quest’estate in soggetti insospettabili non ha praticamente mai raggiunto la Libera Stampa Nazionale, rimanendo eventi relegati alla cronaca locale.

Le autopsie, ça va sans dire, sanciranno l’assoluta mancanza di connessioni causali. Infatti per certificare la connessione causale attraverso un’autopsia noi dovremmo conoscere il meccanismo organico che produce quell’esito, ma di dà il caso che non lo conosciamo, visto che si tratta di sostanze e nessi nuovi, tutti da esplorare.


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Sara Gandini: C’è un’altra via

comuneinfo

C’è un’altra via*

di Sara Gandini

Chi pagherà in modo sproporzionato le misure di prevenzione sono sempre gli stessi. Secondo un sondaggio aggiornato ad agosto dai ricercatori della University of Southern California su quasi dieci mila soggetti, una famiglia su cinque (18 per cento) considerava seriamente la possibilità di non mandare i figli a scuola a causa dei timori del Covid-19. I numeri peggiorano ancora di più quando il reddito familiare scende. Un terzo delle famiglie che guadagnano meno di 25.000 dollari l’anno ha riferito di avere deciso di non iscriverli o di avere seri dubbi, rispetto a solo il 4 per cento delle famiglie che guadagnano più di 150.000 dollari.

Al solito la dispersione scolastica avviene prevalentemente in determinate classi sociali, e anche le paure non sono equamente distribuite. Tanti altri, preoccupati delle misure di prevenzione che rendono la scuola più simile ad un ospedale che altro, si indirizzano verso l’istruzione parentale, che è cresciuta enormemente con la pandemia. Ma non è che tutto questo fa comodo? Il problema delle classi pollaio verrà magicamente risolto?


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Luca Mercalli: "La crescita verde non esiste. Cingolani se ne faccia una ragione”

micromega

"La crescita verde non esiste. Cingolani se ne faccia una ragione”

Ylenia Sina intervista Luca Mercalli

“La risposta dell’Italia in tema di contrasto ai cambiamenti climatici non è all’altezza della sfida. La questione ambientale è già oggi ben più grave della pandemia. Per il clima non esiste vaccino”.

“Bisogna cambiare paradigma economico: la crescita infinita in un mondo finito non è possibile. Questo, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che è un fisico, dovrebbe saperlo. Però nelle sue politiche non vedo alcuna visione sistemica che metta insieme gli elementi per provare a costruire una svolta”.

Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società meteorologica italiana, non ha dubbi: la risposta dell’Italia in tema di adattamento e contrasto ai cambiamenti climatici non è all’altezza della sfida.

Il Sesto rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc, Intergovenrmental Panel on Climate Change), pubblicato il 9 agosto scorso, è stato più duro dei precedenti nell’imputare alle attività umane la responsabilità dei cambiamenti climatici in corso. Il documento ha inoltre illustrato la possibilità che le temperature aumentino fino a 5,7 gradi entro la fine del secolo in caso di emissioni inquinanti elevate, mentre nello scenario a basse emissioni, quello considerato più favorevole, porterebbe comunque a un incremento tra l’1 e l’1,8 gradi.


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tonino

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Oct 7, 2021, 3:26:13 AM10/7/21
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Nicola Casale: Ancora sulla maledizione pandemica che ha colpito la sinistra di classe (II)

sinistra

Ancora sulla maledizione pandemica che ha colpito la sinistra di classe (II)

di Nicola Casale

peste
            900x600Agli Appunti (https://sinistrainrete.info/societa/21035-nicola-casale-appunti-e-spunti-di-riflessione-sulla-maledizione-pandemica.html) è seguito un articolo sulla contraddizione capitale/natura (https://sinistrainrete.info/societa/21185-nicola-casale-ancora-sulla-maledizione-pandemica-che-ha-colpito-la-sinistra-di-classe-i.html). Nel presente (terzo e ultimo) si esamina un’altra questione che ha avuto diffusione nell’ambito della sinistra di classe (la composita galassia di tendenze antagoniste e/o rivoluzionarie) dinanzi all’evenienza della pandemia, della sua gestione politico-sanitaria e delle proteste di piazza contro lasciapassare e obbligo vaccinale. Entrambi questi articoli sono il frutto di sollecitazioni e osservazioni ricevute da lettori dei primi appunti e di un confronto e suggerimenti da parte di altri compagni che ne hanno discusso prima della pubblicazione. I temi affrontati in questa sede sono particolarmente complessi, e saranno trattati, inevitabilmente, solo per quel che riguarda i loro aspetti essenziali, rinviando, per il resto, a necessari ulteriori approfondimenti che coinvolgano, si spera, una crescente pluralità di militanti anti-capitalisti determinati a non farsi trascinare nella deriva dell’attuale sinistra di classe.

 

Crisi del capitale e totalitarismo

I governi occidentali hanno affrontato l’emergere della pandemia con confusione e approssimazione. Ciò è interpretato nella sinistra di classe come prova che il capitale stia precipitando in crescenti difficoltà, e chi, invece, vi vede la realizzazione di un progetto unitario non coglierebbe la profondità della crisi del capitale, ma che esso si stia addirittura “totalitariamente” rafforzando, mettendo in atto un proprio piano lucidamente perseguito oppure iscritto in un suo moto materialisticamente determinato.


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Eros Barone: Tra delegittimazione e ristrutturazione

sinistra

Tra delegittimazione e ristrutturazione

Una nuova tappa della crisi dello Stato borghese e della società italiana

di Eros Barone

DSCF3671 1536x1229    1.Motus in fine velocior” 1

La recente tornata delle elezioni amministrative segna, per tutte le aree politiche, un vero e proprio salto di qualità nella crisi organica che attanaglia da tempo lo Stato borghese e la stessa società italiana. Così è, a tutti gli effetti, e i risultati elettorali, per chi abbia seguìto le tappe successive di tale crisi, solo in apparenza sono sorprendenti.

Con il dato dei votanti alle Comunali che si attesta al 54,69% questo primo turno delle amministrative costituisce un record per la bassa partecipazione al voto: in pratica un elettore su due non si è recato alle urne. Dal 2010 ad oggi la minore affluenza si era registrata in precedenza solo nel 2017 con il 60,07%, mentre nella tornata di cinque anni fa aveva votato il 61,52% degli aventi diritto e lo scorso anno l'affluenza era stata del 65,62%. Il crollo della partecipazione è spettacolare soprattutto nelle grandi città italiane. Nella capitale la partecipazione dei cittadini al voto è stata del 48, 83, laddove cinque anni fa l'affluenza era stata del 57,03%. Parimenti, è in calo l'affluenza alle elezioni comunali di Milano, dove meno di un elettore su due è andato alle urne, un dato mai verificatosi in città: alla chiusura dei seggi ha votato infatti il 47,6% contro il 54,6% del 2016 quando si votò in un solo giorno. Così pure a Napoli, dove le elezioni fanno segnare un tracollo dell’affluenza alle urne, che si attesta sul 47,19% degli aventi diritto, nel mentre, cinque anni fa, al primo turno aveva partecipato al voto il 54,12% degli elettori. Anche a Torino l’affluenza è rimasta abbondantemente sotto il 50%, facendo così registrare il peggior risultato della storia nel capoluogo piemontese. Un’affluenza del 51,87% segna il dato più basso nella storia delle elezioni comunali di Bologna. Basti pensare che nelle elezioni di cinque anni fa votò il 59,66% degli aventi diritto al primo turno e il 53,17% al ballottaggio. Infine, è risultata del 35,93 l'affluenza alle elezioni suppletive per un collegio parlamentare della Toscana.


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Alberto Rocchi: Il cattivo debito dell’Italia

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Il cattivo debito dell’Italia

di Alberto Rocchi

DSCF3671 1536x1229Vorrei dare una prospettiva, probabilmente falsata e limitata di quello che vedo io quotidianamente, oltre a darvi conto di alcune letture fatte. In particolare vorrei partire da una parola attorno alla quale gira tutto il futuro dei prossimi quattro-cinque anni. Questa parola è debito. In realtà essa già in passato aveva un significato preponderante perché noi stiamo vivendo quella che tanti economisti chiamano la “fase del debito” o anche “l’economia del debito”: è un’analisi che va molto di moda. Entriamo nel dettaglio e chiediamoci perché questa parola, debito, debba avere una connotazione negativa, o per meglio dire quando essa ha una connotazione negativa e quando ne ha una positiva. Evito le discussioni sul rapporto tra economia e religione, anche queste molto di moda (su cui rimando all’intervista a Luigino Bruni, sul numero 85, marzo 2021). Il debito ha una connotazione positiva quando dietro al debito c’è un progetto, un programma di sviluppo. Dal punto di vista economico un debito è una leva, un leverage, serve per portarci da un punto a un altro. Se io faccio debiti per raggiungere un obiettivo sto facendo una cosa buona, non necessariamente cattiva.

Quando si deteriora questa parola? Quando faccio i debiti per coprire i debiti, ma soprattutto quando un debito non è il frutto di uno scambio negoziale equo. Dietro il debito c’è un contratto di finanziamento, tra due soggetti; uno scambio contrattuale che unisce una persona disponibile a prestare denaro a una bisognosa di riceverne. In una visione perfetta del sistema economico questi due soggetti si trovano su una posizione di simmetria, cioè hanno lo stesso potere negoziale. Può succedere che questa simmetria si sposti fisiologicamente a favore di uno o dell’altro: se un debitore è già particolarmente indebitato, avrà difficoltà a contrattare un nuovo prestito; al contrario, se è molto solvibile, sarà lui a poter imporre delle condizioni al suo finanziatore.


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John Pa Ioannidis: Come la pandemia sta cambiando le norme della scienza

effettoseneca

Come la pandemia sta cambiando le norme della scienza

Sconfitta e declino

di John Pa Ioannidis

Imperativi come lo scetticismo e il disinteresse vengono scartati per alimentare una guerra politica che non ha nulla in comune con la metodologia scientifica

IoannidisJohn PA Ioannidis è uno dei massimi esperti di epidemiologia su questo pianeta. Professore di Medicina e Professore di Epidemiologia e Salute della Popolazione, nonché Professore di Scienze Biomediche e Statistica presso la Stanford University. Le sue pubblicazioni complete relative al COVID-19 possono essere trovate qui. E, fra i suoi tanti meriti, c’è quello di non apparire spesso in TV!

Mi è parso il caso di tradurre questo recente articolo di Ioannidis, dove fa un riassunto di come la scienza è uscita con le ossa rotte dall’epidemia del Covid. Distrutta da una combinazione di incompetenza, ignoranza, supponenza, politicizzazione, interessi privati, e, soprattutto, corruzione a tutti i livelli. E questo proprio mentre tutti la osannavano e sostenevano che tutto quello che gli faceva comodo era “Scienza”,

Fa male quasi fisicamente leggere queste note scritte da un grande scienziato come Ioannidis che vede distrutto in breve quello su cui aveva lavorato -- quello su cui tanti scienziati avevano lavorato -- il tentativo di tirar fuori la scienza, quella vera, dalle nebbie della corruzione che l’avevano avvolta e che la stanno avvolgendo sempre di più. Dice Ioannidis “C'è stato uno scontro tra due scuole di pensiero, la salute pubblica autoritaria contro la scienza e la scienza ha perso.”

Riuscirà mai la scienza a riprendersi da questo disastro? Forse si, ma leggete questo pezzo per capire in che condizioni ci siamo ridotti. [Ugo Bardi]

* * * *

In passato avevo spesso ardentemente desiderato che un giorno tutti potessero essere appassionati ed entusiasti della ricerca scientifica. Avrei dovuto essere più attento a quello che desideravo.


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Giulia Dettori e Andrea Cerutti: L’operaismo. Un’antifilosofia della storia

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L’operaismo. Un’antifilosofia della storia

di Giulia Dettori e Andrea Cerutti

Giulia Dettori e Andrea Cerutti si concentrano sugli anni Cinquanta di Mario Tronti, la fase cioè in cui pone le fondamenta della sua riflessione teorica e politica. È il periodo in cui il futuro autore di Operai e capitale fa i conti con la tradizione del marxismo italiano e con la sua impronta idealista, con Gramsci e con la categoria di nazionale-popolare. La polemica con lo storicismo e con la linea Croce-Gramsci-Togliatti rappresenta un passaggio necessario per mettere al centro la negazione senza sintesi del capitale, il rifiuto ad asservirsi alla dialettica progressiva, la rottura. E per aprire Marx all’uso del grande pensiero conservatore. Per dirla con gli autori dell’articolo: «pensiero della crisi + marxismo = operaismo». 

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              f2a42ec785fa4782a2e62c10bbd29a66mv2Che la fede illuministica nel progresso sopravviva in modo quasi ostinato – nonostante le leggi dell’evoluzione abbiano dimostrato che è piuttosto l’interazione, tanto complessa da risultare sconvolgente, tra casualità e adattamento a permettere la sopravvivenza per un certo lasso di tempo – è forse da imputare alla facile attrattiva di un tempo storico lineare e smodatamente ambizioso e alla sua analogia con la scrittura lineare delle culture occidentali. In considerazione di questo è fin troppo semplice trarre l’erronea conclusione naturalistica che tutto ciò che esiste, benché le istanze divine abbiano perso ogni significato, sia frutto di una volontà e abbia un senso. Nella sciocca eppur dominante fantasia di un’evoluzione inarrestabile, l’unica utilità del passato consiste nel sottomettersi al nuovo e nell’immaginare la Storia – sia quella della propria vita, sia quella di una nazione o del genere umano – come un progresso ineluttabile, e comunque non casuale. Tuttavia è dimostrato che la cronologia, l’assegnazione di numeri progressivi per ciascun nuovo arrivo, nella sua logica impotente, rappresenta, come ogni archivista sa, il meno originale di tutti i principi organizzativi, dato che si limita a simulare l’ordine.

(Judith Schalansky, Inventario di alcune cose perdute) 

Nel contesto del processo di destalinizzazione che segue all’«indimenticabile» 1956, con il progressivo affacciarsi in Italia di nuove forme di dominio capitalistico, caratterizzate da fenomeni di razionalizzazione e pianificazione, e dal sorgere di dibattiti sullo statuto teorico del marxismo italiano e sulla sua efficacia nell’interpretare queste profonde mutazioni, Mario Tronti, allora studente universitario di filosofia e membro della cellula giovanile del Pci, inizia a porre le fondamenta della sua successiva riflessione teorica e politica. 


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Michael Roberts: La Fed, i tassi di interesse e la stagflazione

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La Fed, i tassi di interesse e la stagflazione

di Michael Roberts

Stagflazione USA 1970 scaled 1024x768"L'economia ha compiuto dei progressi verso gli obiettivi di occupazione e inflazione e se i progressi continuano in maniera più ampia, come previsto, potrebbe presto essere giustificata una moderazione nel ritmo degli acquisti di asset", hanno affermato i funzionari della Federal Reserve degli Stati Uniti nella relazione sulla politica monetaria di settembre. La Fed ha anche segnalato che gli aumenti del tasso di interesse potrebbero continuare più rapidamente del previsto, con 9 responsabili politici su 18 che prevedono che i costi di finanziamento dovranno aumentare nel 2022. La Fed ha ridotto la sua previsione della crescita del PIL reale per quest'anno al 5,9% dal 7% della sua proiezione di giugno, ma ha innalzato la sua previsione per il prossimo anno al 3,8% dal 3,3% della proiezione di giugno. Più preoccupante per i mercati degli investimenti e per i lavoratori dipendenti, è che quest'anno l'inflazione dovrebbe attestarsi in media al 4,2% prima di tornare al 2,2% l'anno prossimo; e il tasso di disoccupazione rimarrà al di sopra dei livelli pre-pandemia per quest'anno e il prossimo. Il problema più importante per la Fed è se deve smettere di iniettare enormi quantità di denaro nel sistema bancario possibilmente per sostenere gli affari durante la crisi del COVID. Durante la sua riunione, ha chiarito che era imminente un "tapering"1 del suo acquisto mensile di titoli di stato e titoli ipotecari (prossima riunione) e "potrebbe presto essere giustificato" allentare i suoi acquisti di asset. Tuttavia, la Fed è divisa su quando farlo. Il presidente della Fed Powell ha osservato che alcuni partecipanti al FOMC ritengono che i criteri di "sostanziali ulteriori progressi" siano già stati soddisfatti, mentre ha descritto le condizioni del mercato del lavoro come se avessero "quasi soddisfatto" la sua visione di questi criteri.


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Marco Craviolatti: Green pass. Compagni, bisogna scegliere: collaborare o disobbedire

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Green pass. Compagni, bisogna scegliere: collaborare o disobbedire

di Marco Craviolatti*

green pass obbligatorioL’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.
Lorenzo Milani

Disagio, malessere, nella testa e nello stomaco: incontro pubblico tra gi storici Alessandro Barbero e Angelo D’Orsi, ottimo candidato alle elezioni di Torino che ha unificato almeno parte dei comunisti locali. Alle porte del cinema, giovani militanti controllano zelanti i lasciapassare “verdi”, in coda decine di persone, volti noti, la mia “famiglia” ideologica e perfino antropologica, attendono pazienti con il QR pronto, senza un commento, una critica, nemmeno rassegnati, semmai pacificati. Il lasciapassare è la nuova normalità.

Stessa sensazione due giorni dopo a teatro, spettacolo dello stesso D’Orsi e della band Primule rosse sulla vita di Gramsci, lo stomaco si contorce e per un attimo immagino Gramsci lì in coda addomesticato con il lasciapassare in mano. E poi di nuovo al Festival delle migrazioni, dove “nessuno è clandestino”, dove si è solidali con i “sans papier”, ma qui sans papier sei clandestino e non entri. E poi la grigliata alla storica e accogliente Casa del popolo di Chieri, un messaggio: ”mi spiace ma non puoi partecipare. Mi spiace ma queste regole non sono solo individuali e come collettivo non possiamo assumerci le conseguenze di violarle”.


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Domenico Moro: Dopo l'Afghanistan.Riflessioni sull'imperialismo statunitense

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Dopo l'Afghanistan.Riflessioni sull'imperialismo statunitense

di Domenico Moro

Ritiro AfghanistanMolti hanno visto nel ritiro dall’Afghanistan una sconfitta degli Usa. Qualcuno ha addirittura paragonato l’Afghanistan al Vietnam. Ma l’Afghanistan è molto diverso dal Vietnam, dove veramente si realizzò una sconfitta dell’imperialismo americano dal punto di vista sia militare sia soprattutto politico. In Afghanistan i talebani non sono stati capaci di scatenare una offensiva del tipo di quella del Tet, lanciata nel 1968 dall’esercito nordvietnamita e dai vietcong, che scosse il morale degli americani e costrinse il presidente Lyndon Johnson a iniziare i colloqui di pace. Né l’Afghanistan ha dato luogo ad un ampio movimento contro la guerra nel cuore stesso degli Usa come quello che si sviluppò all’epoca del Vietnam, coinvolgendo una generazione di americani e facendo da denotatore a una critica del sistema capitalistico statunitense di una entità difficilmente riscontrabile in altri periodi della storia di quel Paese. Soprattutto la guerra del Vietnam segnò una modifica dei rapporti di forza a livello mondiale tra imperialismo e blocco dei paesi socialisti. Il ritiro statunitense dall’Afghanistan, invece, non ha determinato alcun mutamento dei rapporti di forza a livello mondiale tra potenze. In realtà, il ritiro dall’Afghanistan, pensato dalla presidenza Obama e giunto a compimento con quella di Biden, può essere definito come un riposizionamento strategico della politica statunitense. Come dimostrano anche l’ultima riunione della Nato e le nuove alleanze nell’area dell’Indo-Pacifico (Aukus e Quad) gli Usa stanno ridefinendo la loro politica estera, collocandone il baricentro nel contrasto alla Cina e, in misura minore, alla Russia.


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cumpanis

Scala mobile, questa sconosciuta

Cronaca di una morte annunciata e soprattutto desiderata

di Stefano Tenenti

“Le politiche economiche degli ultimi dieci anni hanno portato alla disoccupazione e all'impoverimento di molti e agli esiti elettorali, che non solo in Italia, hanno sanzionato le forze politiche tradizionali, responsabili di quelle scelte” Dalla quarta di copertina di Lavoro e Salari un punto di vista alternativo alla crisi di Antonella Stirati

2mjiuvg4wuC’era una volta un tempo nel quale il mondo del lavoro, quello di fabbrica ma anche dei servizi, in definitiva quello dei Lavoratori, godeva della considerazione, oserei dire del rispetto, da parte di una intera società. Rispetto che si addiceva a chi stava sorreggendo, pagando prezzi altissimi, lo sforzo collegato allo sviluppo del Paese così come si andava strutturando nel secondo dopoguerra. Bisogna dire, per onestà intellettuale, che per una certa, non trascurabile fase dell’industrializzazione italiana, anche pezzi rilevanti della pur sgangherata borghesia nostrana, furono in grado di comprendere (obtorto collo) la necessità di poggiare lo sviluppo, dentro il conflitto capitale-lavoro, su solide basi redistributive. Nella fattispecie quelle garantite, oltre che dai Contratti Nazionali di categoria, dal “meccanismo” del quale ci occupiamo in questa sede: la Scala Mobile e il “punto di Contingenza”.

Conviene però precisare, da subito, per non farsi soverchie illusioni, che nel breve volgere di tempo che ci separa da quella stagione i due strumenti sopra citati sono stati largamente sterilizzati.

Il CCNL di categoria è ormai, da anni, diventato un sacco vuoto tanto che i lavoratori più che auspicarne il rinnovo, lo temono. I sindacati concertativi infatti, a partire dall’ormai lontano 1993 con la firma del famoso accordo interconfederale, hanno assunto una posizione ancillare rispetto a Confindustria e barattano, da anni, la loro sopravvivenza con il cedimento totale sul terreno rivendicativo. Si strutturano così, con precise responsabilità i due pilastri propedeutici alla distruzione del welfare e alle conseguenti inevitabili privatizzazioni.

 

 

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Andrea Zhok: Alcune riflessioni sul Green Pass

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tonino

unread,
Oct 9, 2021, 6:14:54 AM10/9/21
to sante gorini

Emiliano Brancaccio: Sraffa dopo Graziani

augustograziani

Sraffa dopo Graziani

di Emiliano Brancaccio

L’interpretazione del sistema sraffiano suggerita da Augusto Graziani  può essere intesa non come un’alternativa ma come un possibile complemento delle analisi tradizionali di tipo classico-keynesiano. La chiave di lettura grazianea sembra particolarmente adatta a descrivere la dura realtà del comando capitalistico contemporaneo e pare suggerire una interpretazione dello schema di Sraffa in chiave “rivoluzionaria”, critica verso le concrete possibilità del riformismo politico

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            2 lustracion 21. Vorrei accogliere questo affettuoso invito a ricordare Augusto Graziani soffermandomi su un suo contributo all’alta teoria, in verità poco noto, contenente una peculiare chiave di lettura dell’opera di Sraffa. Il recupero di tale piccolo cimelio teoretico non è motivato da una mera istanza commemorativa. L’ambizione, piuttosto, è di incuriosire i ricercatori più giovani. Ficcati nelle angustie antiscientifiche della valutazione bibliometrica e delle sue fanatiche vestali, c’è ragione di sospettare che ben pochi siano gli studiosi in erba capaci oggi di trovare il tempo di leggere Sraffa, o Graziani. Nell’epoca dell’imperativo di pubblicare il trito pur di non perire, bisogna ammettere che tornare alle innovazioni di quei grandi critici renderebbe la vita accademica oltremodo sofferta. Tuttavia, chi tra i più giovani sia afflitto da una sensazione generale di vacuità delle attuali mode di pensiero, proprio nella riscoperta di quelle sconvolgenti eresie italiane del Novecento potrebbe forse trovare nuove energie per cimentarsi nella competizione scientifica. Nel senso di Lakatos, che è l’unica competizione degna di rispetto.

 

2. Nella prefazione alla sua opera principale, Sraffa precisa che in larga parte di essa non viene considerato alcun cambiamento nel volume della produzione o nelle proporzioni in cui i diversi mezzi di produzione sono usati in ciascuna industria. La scala e la composizione della produzione sono cioè date, dal momento che l’indagine «riguarda esclusivamente quelle proprietà di un sistema economico che sono indipendenti da variazioni nel volume della produzione o nelle proporzioni tra i “fattori” impiegati» (Sraffa 1960). Su tale delimitazione del campo d’indagine ci sono stati alcuni fraintendimenti, soprattutto a opera di economisti neoclassici.


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Alberto Sgalla: Per un’estetica materialistica

cumpanis

Per un’estetica materialistica

Galvano Della Volpe, Banfi, Anceschi e altri

di Alberto Sgalla

amy
            mayfield untitledL’Estetica (dal gr. aisthesis, “sentire, percepire”, aisthetikòs, “sensibile”) indica a partire dal XVIII secolo l’indagine filosofica del bello, si occupa di arte, ma in generale di percezione, può essere considerata una teoria della sensibilità, del piacere del sentire, cioè il piacere provocato dal presentarsi sensibile di oggetti, corpi, eventi, paesaggi. Diciamo che un vestito ci piace, un brano musicale o un film ci commuovono, decidiamo di disporre i mobili in un certo modo, ecc., cioè i nostri comportamenti sono spesso determinati da giudizi estetici, preferenze di gusto, con cui esprimiamo il sentimento di piacere o dispiacere che proviamo per qualcosa che ci entra dentro, ci emoziona, ci fa pensare. Il giudizio estetico è un’esperienza di piacere, che sboccia dall’incontro con qualcosa di bello, senza alcun interesse (ad es. d’utilità per la salute).

La bellezza, che è una proprietà connessa a cose, persone, “è una promessa di felicità”, diceva Stendhal. Bello è ciò che si distacca dall’indistinto del mondo circostante, perché esprime una promessa di renderci felici, è un bene (magari solo per un momento). L’arte può redimere anche il male, le deformità, le sofferenze, facendoli uscire dalla loro bruttezza, può ricercare disarmonie, asimmetrie, eccessi, scendere a profondità non immediatamente visibili, che però non coincidono con l’abisso o il caos.

L’artista è un professionista della bellezza e l’esteta è chi, grazie ad una marcata sensibilità, alla capacità di percepire, di cogliere le sensazioni e i valori, è in grado di valutare la bellezza, in particolare quella artistica. Dunque le arti mettono in mostra (ad es. la complessità spesso dolorosa dei rapporti familiari) e il fruitore dell’opera avverte che l’esperienza estetica è qualcosa d’importante, in quanto lo turba, lo dota di nuove energie, gli dà una visione più profonda di un dato di realtà, lo fa pensare, avverte che I giudizi estetici sono positivi, consistono nell’affermare un valore. Il mondo estetico, scriveva De Sanctis, non è parvenza, ma anzi è esso la sostanza, il vivente.


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Elena Cuomo: Per le strade della disumanizzazione

sinistra

Per le strade della disumanizzazione*

Introduzione

di Elena Cuomo

9788838250965 0 536 0 75Inedite forme di offesa alla dignità umana e di erosione dello sviluppo della vita sfidano la politica: l’umanità è quasi al tracollo.

La contemporaneità declina in diversi non-luoghi la perfetta coesistenza della società del benessere e del disfarsi della pienezza del senso dell’umano. Anche se non di rado si rinvengono diverse tracce nel dibattito contemporaneo a indicare una volontà di ripresa dalla vertigine disumanizzante, che la storia odierna sta incarnando, non è possibile porsi nella condizione dell’attesa e rifiutare la responsabilità di discutere per contribuire, sia pur in minima parte, da uomini e donne di questo tempo a una presa di coscienza collettiva1.

Il progressivo modificarsi del rapporto con se stesso e con gli altri, dalla burocratizzazione che da tempo trasforma gli uomini in funzionari2, fino alla violenza sistematica nei confronti di milioni di esseri umani, appena considerati come corpi, si va consolidando un processo di disumanizzazione che assume il volto della fabbricazione di morte.

Tutto ciò incide con forza sul vissuto quotidiano e riapre la discussione filosofica ed etica proprio sulla specificità dell’umano. Gli esiti della ricerca scientifica e tecnologica e le trasformazioni politiche ed economiche in atto suscitano forti perplessità e richiedono un ripensamento che coinvolga anche la sfera giuridica.

Proprio in ordine alle spinte di adeguamento e armonizzazione delle norme ai mutamenti in atto nei fenomeni sociali con rilievo politico, un gruppo di esperte ed esperti, filosofi della politica, sociologi e giuristi, sta di recente sollecitando in Italia la riapertura della discussione nelle sedi appropriate, circa l’intersezione dello sfruttamento e della tratta di esseri umani, coltivando la consapevolezza che la democrazia non consiste solo nelle procedure che legittimano i poteri pubblici, ma anche nella realizzazione dei valori costituzionali di dignità, libertà e uguaglianza3.


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Edoardo Laudisi: Il "grande balzo in avanti" della tecnocrazia

lantidiplomatico

Il "grande balzo in avanti" della tecnocrazia

di Edoardo Laudisi

Guido, i' vorrei che tu e Lapo e io…” Sono i primi versi del famoso sonetto di Dante indirizzato all’amico poeta Guido Cavalcanti. Certi politici europei devono aver un animo poetico se la Merkel, durante un Cocktail rigorosamente analcolico tenutosi qualche anno fa nella terrazza della cancellaria berlinese, pare abbia sussurrato a un eccitatissimo Mario Monti “Mario, io vorrei che tu (e la Troika)…facessi (-ste) un partito per guidare l’Italia”

Siamo nel 2014 e Mario Monti, accompagnato dal plauso della sinistra, ha appena finito di devastare l’Italia con manovre economiche che l’hanno drenata come un salasso medioevale, lasciandola con più debito, più devastazione sociale e meno ricchezza. Il lavoro è piaciuto a Bruxelles e a Berlino tanto che Mario M. può raccogliere i frutti per i servigi resi. Da Berlino luce verde per un partito tutto suo che dovrà sciogliere nell’acido neoliberista ciò che ancora rimane dello stivale. In una intervista di qualche giorno fa che celebrava l’addio di Angela Merkel alla politica, Mario M. ha ricordato quel momento con tanta nostalgia e un po' d’invidia per l’altro Mario, Mario D. al quale spetterà l’onore di completare il lavoro che lui riuscì solo ad impostare prima di essere ripudiato dagli elettori.


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Carlo Clericetti: Ma guarda, con più deficit il debito cala

soldiepotere

Ma guarda, con più deficit il debito cala

di Carlo Clericetti

Istruttivi i numeri della Nadef (Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza). C’è da rallegrarsi per quella crescita al 6% che supera non di poco le precedenti previsioni, certo. Ma soprattutto si farebbe bene a meditare su quello che ci dicono rispetto alle politiche del passato e alle regole europee di bilancio che le hanno guidate.

Il governo prevede dunque per quest’anno una crescita del 6%, con deficit di bilancio altissimo, il 9,4%. Accipicchia, ma ce lo possiamo permettere con quel debito pubblico che nel 2020 è arrivato al 155,6% del Pil? Dove arriverà quest’anno? E il prossimo?

Beh, quest’anno scenderà, e il prossimo pure. Sono sempre i numeri della Nadef a dircelo. Per quest’anno è stimato al 153,5, per il prossimo al 149,4. Merito di un forte surplus di bilancio? Macché: nel 2022 il deficit sarà ancora del 5,6%, nel 2023 del 3,9 (e il debito scenderà ancora, al 147,9).

Può stupirsene solo chi dimentica che stiamo parlando di un rapporto: non del debito in cifra assoluta (che continuerà a salire), ma del suo rapporto con il Pil. Se il denominatore (il Pil) cresce più del numeratore (il debito), il rapporto ovviamente diminuisce. E come mai avviene questo? Perché la spesa pubblica spinge l’economia, con buona pace degli “austeritari”.


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Federico Fioranelli: Oskar Lange e il socialismo di mercato

cumpanis

Oskar Lange e il socialismo di mercato

di Federico Fioranelli

L’indiscutibile successo del sistema economico cinese ci offre l’occasione di riportare al centro del dibattito economico e politico il pensiero di Oskar Lange, uno dei più grandi economisti marxisti a cui dobbiamo l’elaborazione di un importante modello di “socialismo di mercato”.

Oskar Lange nacque a Tomaszów Mazowiecki, in Polonia, il 27 luglio 1904.

Studiò economia principalmente a Cracovia. Infatti, presso la facoltà di Economia dell’Università di Cracovia, si laureò nel 1926, conseguì il dottorato nel 1928 e, fino al 1937, lavorò anche come ricercatore.

Nel 1937 emigrò negli Stati Uniti, dove acquisì la cittadinanza e giunse ad insegnare economia presso le prestigiose Università di Stanford e di Chicago. In questo periodo, scrisse e pubblicò il celebre saggio Sulla teoria economica del socialismo.

Nel 1944 fece anche un soggiorno in Unione Sovietica su invito di Stalin.

Alla fine della seconda guerra mondiale, Lange tornò in Polonia, dove, per la sua esperienza e il suo prestigio, ottenne il doppio incarico di ambasciatore della Polonia negli Stati Uniti e di delegato della Polonia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.


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Alessandra Ciattini: Si può ancora ragionare sulla pandemia?

la citta
              futura

Si può ancora ragionare sulla pandemia?

di Alessandra Ciattini

I massimi esperti in materia affermano che non abbiamo affrontato in maniera adeguata la pandemia e che se non cambiamo rotta fenomeni di questo genere potrebbero ripetersi

Penso che ormai sia chiaro a tutti che la narrazione ufficiale della pandemia abbia stravinto e che sia persino diventato fastidioso ai più, compreso ai sedicenti oppositori al sistema, sollevare dubbi e riproporre perplessità.

In primo luogo, ricordo che proprio nei giorni passati, nonostante alcuni costituzionalisti avessero manifestato in passato preoccupazioni, la Corte costituzionale ha giudicato non fondate le critiche di incostituzionalità al decreto-legge 19 del 2020, perché al presidente del Consiglio sarebbe stata attribuita con esso solo la funzione attuativa (non legislativa) dello stesso decreto, da esercitare mediante atti di natura amministrativa. Quindi, i numerosi decreti del presidente del Consiglio sarebbero tutti legittimi.

In secondo luogo, l’altro punto della narrazione, ripetuto all’estenuazione da tutti (scienziati, virologi, politici, filosofi), che presenta questi vaccini come la panacea della pandemia, ci ha sbaragliato.


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Carlo Formenti: Il capitalismo sta crollando, ma c'è poco da stare allegri

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Il capitalismo sta crollando, ma c'è poco da stare allegri

Il pessimismo radicale di Wolfgang Streek

di Carlo Formenti

download873dg743E se il capitalismo dovesse crollare prima che (e senza che ciò avvenga per molto tempo) maturino le condizioni perché un nuovo ordine sociale possa prenderne il posto? A porre la domanda è Wolfgang Streeck, sociologo ed economista tedesco erede della Scuola di Francoforte, studioso di spessore, conosciuto soprattutto grazie al saggio Tempo guadagnato (1), un personaggio, insomma, che non sembrerebbe incline a formulare alla leggera ipotesi catastrofiste. Eppure, se gli si chiedesse di commentare l’ironica battuta “il capitalismo ha i secoli contati”, con cui un autorevole economista italiano liquidò le tesi dei teorici del crollo (2), Streeck obietterebbe che “Il fatto che il capitalismo sia finora riuscito a sopravvivere a tutte le previsioni di morte imminente non significa necessariamente che sarà in grado di farlo per sempre”(3).

La citazione è tratta da un libro appena uscito per i tipi di Meltemi (Come finirà il capitalismo. Anatomia di un sistema in crisi) che raccoglie una serie di saggi e articoli accompagnati da una lunga Introduzione. Un’opera in cui l’autore affronta anche alcune questioni di metodo relative alla sua disciplina, sostenendo, in particolare: 1) che il capitalismo non va studiato come un’economia, bensì come una società (dopo che i sociologi hanno a lungo subito l’imperialismo disciplinare degli economisti, argomenta, è giunto il momento di rovesciare il rapporto, perché il capitalismo di oggi non si può capire senza analizzarne le strette relazioni con la totalità delle relazioni sociali di tipo extraeconomico); 2) che il metodo da seguire per imboccare questa via è quello lasciatoci in eredità da Karl Polanyi (4), il quale sosteneva che la minaccia più grave del capitalismo nei confronti delle stesse condizioni di esistenza della società umana consiste nel rischio che “i rapporti sociali che governano la sua economia penetrino e si impossessino di rapporti sociali precedentemente non capitalistici”.


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Erica Fontana: Questa recensione contiene spoiler: La vittima muore

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Questa recensione contiene spoiler: La vittima muore

di Erica Fontana

Recensione di  Una donna promettente, Due estranei e I May Destroy You

promising young woman2Quando film che pretendono di criticare lo status quo vincono agli Oscar, significa che c'è qualcosa sotto. Significa anche che dovremmo vederli.

Il frustrante lavoro di guardare questi film ci dirà poco o niente sulle lotte che pretendono di rappresentare, ma ci darà molti indizi sul modo in cui quelle stesse lotte vengono riassorbite e risignificate. Se non avete ancora visto Una donna promettente e Due estranei non preoccupatevi, ho fatto il duro lavoro per voi per mostrarvi che, nonostante tutti i discorsi emotivi degli Oscar, questi film rafforzino esattamente ciò che pretendono di criticare.

C'è qualcosa di particolarmente insoddisfacente in Una donna promettente. Sarà il fallimento della donna già suggerito nel "promettente" del titolo, o il fatto che le pretese del film di essere un "thriller di vendetta" che "chiede conto alla società" cadano nel vuoto. Ma forse questo doppio fallimento racconta involontariamente una verità; la ripetuta e inappagante affermazione del trauma da parte della protagonista e la totale incapacità del film di essere “thrilling” riflettono il discorso politico dominante, che non fa altro che affermare ripetutamente il nostro essere vittime.

Se non l'avete visto, il film va più o meno così: la protagonista, Cassandra, vendica lo stupro e la successiva morte della sua amica andando ripetutamente nei club, fingendo di essere molto ubriaca, e poi, quando qualche "bravo ragazzo" la porta a casa e comincia a fare sesso con lei, lo affronta. Solitamente questo comporta uno scambio di battute in cui lei fa notare agli uomini che stavano per violentarla. Si fa anche allusione (un segno rosso in un quaderno) al fatto che lei potrebbe essersi impegnata in qualche atto di violenza contro alcuni di loro, anche se non viene mai mostrato.


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Luca Pardi: La crisi climatica e la religione dell’economia della crescita

qualenergia

La crisi climatica e la religione dell’economia della crescita

di Luca Pardi

dead
              end crisi climaLa crisi climatica e ambientale nasce dal resistente consenso per una crescita economica indifferenziata e senza fine. L'inganno delle vie di uscita meramente tecniche. Un articolo di Luca Pardi, co-fondatore di ASPO Italia (Association for the Study of Peak Oil) e primo ricercatore presso il CNR

L’estate appena trascorsa ha avuto il tema dell’ambiente come sottofondo costante.

Le inondazioni, gli incendi, i record di temperatura, una quantità di eventi minori e, alla fine, l’ultimo rapporto dell’ONU sul cambiamento climatico.1

Rapporto che ha fatto notizia, forse, per due giorni. Ma, a parte l’inguaribile tendenza alla superficialità dei media, tendenza che in pochi giorni fa scomparire temi che dovrebbero restare nel dibattito pubblico a favore di notizie “vendibili”, non mi è sembrato di notare fra gli ambientalisti un cambio di marcia oltre le solite lamentele, speranze, “soluzioni”.

La crisi ambientale attuale è determinata, a mio parere, dal raggiungimento dei limiti fisici e cognitivi dell’espansione umana.

I limiti fisici si presentano come un progressivo aumento della viscosità nel flusso di risorse che dall’ecosfera vengono convogliate nell’antroposfera e come progressiva (ed evidente) saturazione degli ecosistemi terrestri e marini con i rifiuti delle nostre attività economiche e sociali. Sul tema delle risorse ho già scritto in passato. 2–5

I limiti cognitivi riguardano principalmente l’incapacità collettiva di vedere i limiti fisici da parte di una maggioranza schiacciante della popolazione umana e dei suoi leader politici. Una combinazione di inganno deliberato e autoinganno giocano un ruolo essenziale in questo contesto perché fanno parte, probabilmente, del nostro bagaglio etologico.


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Salvatore Bravo: Aria di regime

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Aria di regime

di Salvatore Bravo

La rilettura dei classici risulta sempre feconda, con essi si pensa il proprio tempo, lo si razionalizza, si diviene coscienti della condizione storica in cui si è normalmente gettati. la rilettura di Renzo De Felice consente di comprendere la complessità sfuggente del fascismo, ma nel contempo permette la rilettura del presente. In Intervista sul fascismo, Renzo De Felice risponde all’intervistatore che il fascismo sopravvive negli italiani nell’abitudine all’insulto, nell’esemplificazione e nell’uso di stereotipi. L’attuale condizione pandemica confermano le osservazioni dello storico, a cui si potrebbero aggiungere le amare affermazione di Pasolini secondo il quale in Italia il fascismo non è terminato, ma vi è stato il postfascismo. Se si inseguono le constatazioni di De Felice non si può che affermare che in Italia vi è il postfascismo, la democrazia nella prassi quotidiana è largamente negata. La condizione pandemica sta svelando la verità della nazione. L’insulto è la normalità con cui si tacitano i dubbi sulla campagna vaccinale. L’ostracismo nelle reti di Stato pagate con denaro pubblico è quotidiano.


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Piccole Note: USA: comitato FDA contrario alla terza dose di vaccino per gli under 65

piccolenote

USA: comitato FDA contrario alla terza dose di vaccino per gli under 65

di Piccole Note

Il comitato consultivo della Federal Drug Administration, il ministero della Sanità Usa, dopo 8 ore di meeting (qui il video integrale),  ha votato quasi all’unanimità (16-2) contro il programma di vaccinazione di richiamo COVID-19 proposto dall’amministrazione americana, di cui è alfiere il dottor Fauci (CNBC).

I membri del comitato consultivo della FDA, eminenti scienziati americani, sono stati chiamati a esprimersi sul seguente quesito: “I dati sulla sicurezza e l’efficacia relativi allo studio clinico C4591001 supportano l’approvazione di una dose di richiamo di Cominatry [vaccino Pfizer], somministrata almeno sei mesi dopo il completamento della serie primaria, per individui di età pari o superiore a 16 anni?”.

Il comitato ha poi votato all’unanimità un piano alternativo per dare la terza dose solo agli americani più anziani e a quelli ad alto rischio.

Nelle settimane scorse c’è stato un altro segnale della mancanza di unanimità, nei vertici USA, sulla conduzione della pandemia.


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coniarerivolta: Il miele amaro dell’APE

coniarerivolta

Il miele amaro dell’APE

di coniarerivolta

Mancano solo tre mesi al 31 dicembre, eppure il Governo ancora non ha stabilito quale sarà il destino dei pensionati italiani dal 2022, ovvero quando la breve parentesi triennale di quota 100 andrà ad estinguersi.

Le decine di ipotesi vagliate nei mesi scorsi per porre un argine al cosiddetto ‘scalone Fornero’ sono state via via accantonate ed altre sono emerse nel dibattito. Ricordiamo che con quota 100 è stato possibile, dal 2019 al 2021, accedere alla pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi. Come abbiamo avuto modo di spiegare nel dettaglio, questa misura era di per sé assolutamente insufficiente e foriera di pensioni spesso da fame, a causa dell’effetto combinato del sistema contributivo e di stipendi e salari stagnanti da anni. Le cose possono, però, andare peggio. Con il ritorno alla legge Fornero a regime, i lavoratori potranno infatti andare in pensione per vecchiaia a 67 anni (e almeno 20 anni di contributi), oppure tramite la pensione anticipata (evoluzione più restrittiva della storica pensione di anzianità) con almeno 42 anni e 10 mesi di carriera per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, senza requisiti anagrafici.


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Chiara Giorgi: Presente e futuro delle politiche sanitarie

eticaeconomia

Presente e futuro delle politiche sanitarie

di Chiara Giorgi

La pandemia poteva e doveva rappresentare un’occasione fondamentale per porre al centro dell’agenda politica il rilancio, il potenziamento e la riqualificazione del servizio sanitario pubblico; viceversa più segnali indicano come la strada intrapresa sia quella di un suo indebolimento, accompagnato dal rafforzamento delle logiche e dei meccanismi di mercato in direzione di un disegno di privatizzazione della sanità italiana.

D’altronde, proprio la diffusione del Covid-19 ha mostrato come un servizio sanitario pubblico in grado di garantire una copertura universale, finanziato attraverso la fiscalità generale e con una capacità di intervento tanto preventivo, quanto diagnostico-terapeutico, a livello territoriale e a livello ospedaliero, sia l’unica organizzazione capace di affrontare con efficacia un evento come l’attuale infezione da coronavirus (C. Giorgi, F. Taroni)

Tuttavia, proprio la vicenda della pandemia ha mostrato le fragilità del Servizio Sanitario nazionale (SSN), penalizzato da anni di sotto-finanziamento, da tagli alle strutture e al personale, da politiche che hanno pesato in modo negativo sulla tenuta dei servizi territoriali e di prevenzione.


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Visconte Grisi: La medicina del territorio e il Piano nazionale di ripresa e resilienza

ilpungolorosso

La medicina del territorio e il Piano nazionale di ripresa e resilienza

di Visconte Grisi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Visconte Grisi sul ruolo subordinato, se non proprio marginale, che il PNRR del governo Draghi assegna alla spesa sanitaria, e in essa al ruolo ancor più marginale della medicina del territorio – già per quello che riguarda i termini quantitativi (l’entità della spesa prevista). In realtà tutto il PNRR, in perfetta coerenza con le direttive dell’UE racchiuse nelle 528 condizioni (o condizionalità), prevede una molteplicità di “riforme” che vanno sistematicamente nella direzione di spianare il terreno alla furiosa ricerca del profitto, ponendo i bisogni sociali dei proletari (incluso il bisogno di salute) e la spesa sociale tra le “cose” sacrificabili [prosso15].

* * * *

Rispetto al disastro della medicina del territorio, di cui abbiamo parlato più volte, il P.N.R.R. non promette nulla di buono. Per cominciare dall’aspetto quantitativo, la sanità pubblica rimane l’ultima voce del Piano, che prevede un finanziamento totale per la sanità di 20,23 miliardi, un misero 8% del totale, quantificabile in circa 250 miliardi.


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Andrea Zhok: Alcune riflessioni sul Green Pass

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tonino

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Oct 11, 2021, 9:51:17 AM10/11/21
to sante gorini

Ludovico Lamar: Stato, complotto e giostra finanziaria

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Stato, complotto e giostra finanziaria

di Ludovico Lamar

variant med 1200x630 obj20274939La faccia sua era faccia d’uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d’un serpente tutto l’altro fusto.
(Dante, Inferno, XVI, vv. 7/12)

1. I “poteri forti” e il comitato d’affari

Essere critico verso le politiche governative oggi significa essere complottista. La parola complottista viene lanciata contro tutti coloro che pongono a critica le politiche governative “sanitarie" dell’ultimo anno e mezzo, tanto che lo facciano in modo sconclusionato, quanto che lo facciano con una critica seria e motivata sul piano della scienza, del diritto, dell’economia, ecc.

La schiera dei critici alla narrazione pandemica si può identificare in generale con coloro che ritengono che dietro le politiche dei singoli Stati vi siano dei “poteri forti”, in genere economici, mentre la schiera di coloro che appoggiano (integralmente o parzialmente) le politiche dei governi la potremmo identificare in coloro che ritengono che invece lo Stato sia un istituto al di sopra delle classi e autonomo dai poteri economici.

Marx ed Engels, nel 1848, scrissero che “il potere politico dello Stato moderno non è che un comitato, il quale amministra gli affari comuni di tutta quanta la classe borghese”.1 Ancor peggio la sparava Lenin: “La potenza del capitale è tutto, la borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezioni, sono un giuoco di marionette, di pupazzi…”.2 Non c’è dubbio che tali tesi oggi verrebbero tacciate di complottismo proprio perché in sostanza affermano che dietro lo Stato contemporaneo vi sono proprio dei “poteri forti”.


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Michele Castaldo: Mimmo Lucano: parliamone per favore

lacausadellecose

Mimmo Lucano: parliamone per favore

di Michele Castaldo

unnamed984du78Sui media italiani ha fatto un certo “clamore” la sentenza di primo grado nei confronti di Mimmo Lucano da parte del tribunale di Locri che ha addirittura raddoppiato le richieste dell’accusa. Poi però la questione è stata subito accantonata per trattare d’altro. È invece il caso di una riflessione appropriata, perché ricca di spunti su una questione molto importante come quella sull’immigrazione e il rapporto con essa da parte dei militanti di sinistra e di estrema sinistra che per essa si spendono.

Diciamo subito che c’è da più parti molta ipocrisia sulla questione e sbrogliare la matassa è abbastanza complicato proprio perché dietro una cortina fumogena molto spessa si nasconde la vera questione che è rappresentata dalla nuova tratta dei lavoratori di colore che arrivano e vengono da più parti fatti arrivare in Europa e – nello specifico - in Italia, che servono come

l’aria per respirare al nostro capitalismo in crisi per la produzione di merci nei confronti della concorrenza asiatica, oltre che per tentare di risalire la china di un pauroso calo demografico; altro che italianità e stupidaggini simili.

La sentenza che condanna Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi di reclusione, oltre alla restituzione di centinaia di migliaia di euro alle casse dello Stato, è stata commentata, dunque giudicata, in “due” modi, pur trattandosi di un’unica sentenza. Il che la dice lunga sull’uso della legge che “è uguale per tutti”. Ribadiamo ancora una volta, anche in queste note, che i giudici non sono di destra o di sinistra, ma sono degli asserviti a un sistema imperniato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Sicché è un non senso parlare di equità e menare scandalo per una addirittura superiore a quella di certi delitti per mafia. La mafia è funzionale al processo dell’accumulazione, tanto è vero che c’è stata una trattativa con essa da parte dello Stato, che non costituisce reato”.


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Eros Barone: Un conflitto politico-ideologico del 1957

sinistra

Un conflitto politico-ideologico del 1957

Le allegorie marinare di Italo Calvino, di Maurizio Ferrara e di Giorgio Galli

di Eros Barone

header Italo Calvino 1Le fiabe sono vere.

I. Calvino

 

La gran bonaccia delle Antille

di Italo Calvino 1

Dovevate sentire mio zio Donald [Palmiro Togliatti], che aveva navigato con l’ammiraglio Drake [Stalin], quando attaccava a narrare una delle sue avventure.

Zio Donald, zio Donald! – gli gridavamo nelle orecchie, quando vedevamo il guizzo di uno sguardo affacciarsi tra le sue palpebre perennemente socchiuse, – raccontateci come andò quella volta della gran bonaccia delle Antille!

– Eh? Ah, bonaccia, sì, sì, la gran bonaccia… – cominciava lui, con voce fioca. – Eravamo al largo delle Antille, procedevamo a passo di lumaca, sul mare liscio come l’olio con tutte le vele spiegate per acchiappare qualche raro filo di vento. Ed ecco che ci troviamo a tiro di cannone da un galeone spagnolo [la Democrazia Cristiana]. Il galeone stava fermo, noi ci fermiamo pure, e lì, in mezzo alla gran bonaccia, prendiamo a fronteggiarci. Non potevamo passare noi, non potevano passare loro. Ma loro, a dire il vero, non avevano nessuna intenzione di andare avanti: erano lì apposta per non lasciar passare noi. Noialtri invece, flotta di Drake, [il Partito comunista italiano] avevamo fatto tanta strada non per altro che per non dar tregua alla flotta spagnola e togliere da quelle mani di papisti il tesoro della Grande Armada e consegnarlo in quelle di Sua Graziosa Maestà Britannica la Regina Elisabetta [l’Unione Sovietica]. Però ora, di fronte ai cannoni di quel galeone, con le nostre poche colubrine non potevamo reggere e così ci guardavamo bene dal far partire un colpo. Eh, sì, ragazzi, tali erano i rapporti di forza, voi capite.


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Fabio Nobile: Elezioni amministrative: vince Draghi

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Elezioni amministrative: vince Draghi

di Fabio Nobile

Ad una prima lettura dei dati elettorali, si osserva che vengono a maturazione tendenze prevedibili sin dalla vigilia.

In primo luogo, il dato dell’astensionismo che ormai viaggia sopra la soglia del cinquanta per cento dei voti manifesta non solo una distanza dei settori popolari dalla politica e dalla rappresentanza in generale, non solo conferma una volontà insita nel sistema elettorale affinché tale astensionismo possa diventare cronico, ma rende ogni lettura dei dati sul piano politico generale parziale ed estremamente precaria. Questo comporta che un’apparente grande vittoria sia da derubricare ad una discreta affermazione e una grave sconfitta in un significativo passo indietro. Una situazione che lascia spazi continuamente e che ad esempio a Roma ha permesso a Calenda di diventare il primo partito della città. Fuori le organizzazioni si è discusso di Green Pass (anche il nulla di contenuti ha pesato sul non voto) e dentro si sono affilati i coltelli.

Questa grande incertezza e precarietà porta a definire il vero vincitore delle elezioni amministrative ovvero Mario Draghi. Nessuna forza, a parte Fratelli d’Italia, si può dire pronta al voto.


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Gustavo Piga: NADEF: occasione persa

gustavopiga

NADEF: occasione persa

di Gustavo Piga

L’uscita autunnale della NADEF, come ha sottolineato il Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, di solito non costituisce occasione di ampio interesse, semplicemente perché viene a aggiornare solo lievemente gli obiettivi di Governo così come sono stati approvati 6 mesi prima nel DEF, il Documento di Economia e Finanza pluriennale che stabilisce il quadro programmatico di politica fiscale.

Tuttavia in quest’ultimo semestre la crescita economica di tutti i paesi occidentali è stata rivista in maniera decisa al rialzo a causa dei miglioramenti delle prospettive consentite dagli effetti del vaccino. L’Italia, che nel 2021 crescerà del 6% rispetto al 4,5% previsto, non sfugge a questo apparentemente felice destino. Eppur tuttavia tutte le statistiche internazionali ci ricordano del nostro ritardo nel rilancio post-Covid: a fronte (recenti stime Ocse) di un mondo che vede una crescita a fine 2022 del 6,8% rispetto al livello del PIL 2019 (pre-Covid), trascinata dalla prorompente ripresa statunitense (+6,5% grazie alle politiche fiscali veramente espansive di Biden) e rallentata da quella di un’area euro ancora timida (+3,4%), l’Italia è maglia nera con un livello del +1,1%.


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nlp: Amministrative, verso un nuovo grande centro?

codicerosso

Amministrative, verso un nuovo grande centro?

di nlp

Il primo turno delle amministrative di ottobre 2021 ci fornisce dei risultati significativi sia se guardiamo all’amministrazione delle grandi città sia se guardiamo alla quadro nazionale. Dividiamo i due aspetti giusto per capire una serie di passaggi. A livello di voto amministrativo si trattava di un primo turno di elezioni nelle città metropolitane più importanti (Roma, Milano, Torino, Napoli) alla vigilia di passaggi seri per quel tipo di amministrazione. Da una parte si tratta infatti di razionalizzare i bilanci, in un tipo di amministrazione locale che ha subito forti tagli negli ultimi dieci anni, dall’altra si tratta di preparare le condizioni per ricevere i fondi del Recovery (che ha comuni e città metropolitane come “piattaforma” privilegiata per questo genere di progetti pena commissariamento dei fondi). La presenza di personaggi come Gualtieri, ex ministro dell’economia, e Manfredi, ex ministro ed ex rettore della Federico II, e la conferma a candidato di Sala (già commissario Expo) andavano proprio nella dimensione di questo genere di problemi da risolvere. Ogni concezione del territorio, ogni conflitto tra interessi da risolvere, ogni impresa o cordata da accontentare per il centrosinistra deve passare dalla cruna di quel tipo di ago fatto di bilanci da consolidare e di preparazione alla ricezione dei fondi del Pnrr.


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Cristina Quintavalla: Draghi e la pace sociale sono le loro “necessità”

lafionda

Draghi e la pace sociale sono le loro “necessità”

di Cristina Quintavalla

Nei toni tra il blu e il grigio, rivestito e reso presentabile da grandi sartorie e griffes, l’esercito confindustriale marcia unito e fa quadrato attorno al governo Draghi. “Noi imprese non esitiamo a dire che ci riconosciamo nell’esperienza e nell’operato del governo guidato dal presidente Draghi e che ci auguriamo continui a lungo nella sua attuale esperienza”. Ancor più delle molte analisi fatte per smascherare gli interessi di classe che “l’uomo della necessità” ha sempre rappresentato, la lunga reiterata standing ovation tributata al presidente del Consiglio ne ha riconosciuto i meriti maturati in campo nel suo lungo servizio di “salvatore” dei grandi interessi economico-finanziari ed ora più specificamente della patria confindustriale.

E naturalmente allunga la mano, per intercettare i molti miliardi che fluiranno dal governo. Lo sollecita a fare presto, anzi incalza: “SUBITO!”.

Il branco confindustriale pensa che tutto gli sia dovuto, soprattutto il danaro pubblico, come è d’altronde nella sua storia. Pretende di disporre della maggior parte delle risorse del PNRR, pur sapendo che questi fondi di provenienza europei dovranno essere restituiti, direttamente (in quanto debito pubblico) per la parte presa a prestito,o indirettamente (contribuendo al bilancio dell’Unione Europea) per la parte a sovvenzione, attingendo in entrambi i casi alle tasse pagate dai contribuenti italiani.


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Andrea Zhok: Promemoria e segnavia

solonatura

Promemoria e segnavia

di Andrea Zhok

Tre note a margine alla discussione di ieri con gli studenti e il prof. Mattei.

1) Sulla libertà di stampa.

Sembra che alcuni fraintendano quello che sta succedendo negli USA, con l'attacco concentrico di magistratura e congresso a Zuckerberg e alla sua creatura. Ciò che gli viene duramente contestato, con toni apparentemente ultimativi, è di NON ESSERCI ANDATO GIU' ABBASTANZA DURO con il controllo e la censura! Se ricordiamo che il dominio tecnologico sulle piattaforme social in uso in Europa è integralmente americano, credo che si capisca abbastanza bene cosa ci riserva il futuro. Quella di Orwell ci sembrerà una prospettiva venata di bonarietà e ottimismo.

2) Sul ruolo dello stato.

Alcuni sembrano inclini, per l'ennesima volta nella storia recente, a leggere quello che accade lungo l'opposizione tra "interventismo statale" versus "libertà individuale". Questa linea oppositiva è ingenuamente liberale e finisce per essere POLITICAMENTE CATASTROFICA.


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Fabio Ciabatti: Il dialogo rivoluzionario tra i molti mondi che insorgono

carmilla

Il dialogo rivoluzionario tra i molti mondi che insorgono

di Fabio Ciabatti

Massimiliano Tomba, Insurgent Universality: An Alternative Legacy of Modernity, Oxford University Press, New York, 2019, p. 304, € 24,21

M TombaAnche di fronte a una delle sue peggiori débâcle, la precipitosa fuga dall’Afghanistan degli Stati Uniti, l’Occidente non ha rinunciato a propagandare l’idea della sua superiorità. A tal fine i media mainstream di mezzo mondo hanno aperto all’unisono i rubinetti delle lacrime, mostrando improvvisa e soverchiante preoccupazione per la sorte dei poveri afghani e, soprattutto, delle indifese afghane vittime della barbarie fondamentalista, surrettiziamente presentata come unica reale alternativa al dominio occidentale. Peccato che, in quelle terre, la malapianta del fondamentalismo, ben lungi dall’essere il frutto autoctono di un preteso sottosviluppo, fu coltivata proprio dagli Stati Uniti, con l’aiuto dei loro alleati sauditi e pakistani, per infestare il cortile di casa del fu impero sovietico. La realtà dei fatti, però, deve essere rimossa dall’ideologia dominante che deve trasformare una prova contraria in una sorta di prova per assurdo per confermare l’idea di una “storia universale” destinata a viaggiare in un’unica direzione possibile, la modernità capitalistica. Come dimostra il caso afghano, infatti, l’unica alternativa possibile a questo percorso è un’assurda catastrofe.

L’idea di una storia universale, come ci spiega Massimiliano Tomba nel suo libro Insurgent universality. An alternative legacy of modernity (testo che ha avuto una nuova pubblicazione nel 2021 in formato paperback), ha una connotazione eminentemente eurocentrica dal momento che finisce per svalutare ogni possibile traiettoria storica qualitativamente differente da quella percorsa dalla modernità occidentale. Ogni forma sociale non statuale o non capitalistica diventa semplicemente pre-statuale e pre-capitalistica, destinata perciò a scomparire in quanto forma arretrata rispetto alla modernità occidentale.


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∫connessioni Precarie: Sette tesi sul mutamento climatico e il regime ecologico di accumulazione del capitale

conness
              precarie

Sette tesi sul mutamento climatico e il regime ecologico di accumulazione del capitale

di connessioni Precarie

Sette tesiCon questo contributo interveniamo per la prima volta direttamente nel dibattito politico ampio e articolato sugli effetti sociali del mutamento climatico. Da molti anni i movimenti ambientalisti hanno fatto di questa problematica una questione politica fondamentale, ma probabilmente solo oggi è indiscutibile la presenza transnazionale di una generazione in rivolta che in questi giorni si sta organizzando in vista della Cop26 che si terrà a Glasgow nel mese di novembre. Non è un caso che il movimento che in questi anni ha dato vita allo sciopero globale per il clima sia composto prevalentemente da giovani: nella formula ‘giustizia climatica’ c’è la pretesa collettiva di non vedersi rubare il futuro e l’indisponibilità a piegarsi alle promesse di istituzioni scientifiche e politiche nazionali e internazionali ‒ alle quali pure gli stessi giovani si rivolgono ‒ che su quel futuro propongono e pianificano compromessi al ribasso. È d’altra parte evidente che non saranno quelle istituzioni a offrire una soluzione ai cambiamenti in atto, perché stanno già ricostruendo la propria legittimazione proprio in nome di una “transizione ecologica” orientata al profitto. La transizione verde si presenta allora come un campo di battaglia che non può essere praticato da una sola generazione, che ridefinisce i limiti e le possibilità dei movimenti sociali, che reclama in maniera inequivocabile una presa di posizione. Pensare che l’ecologia configuri un nuovo regime di accumulazione del capitale, e con esso una nuova governance ecologica, significa per noi cercare di determinare tanto le forme in cui si stanno riarticolando la produzione e riproduzione sociale di fronte al cambiamento climatico, quanto le linee di frattura lungo le quali è possibile praticare l’iniziativa politica. La difesa della natura non offre immediatamente una possibilità di ricomposizione delle molteplici figure che subiscono in modo diversi gli effetti del cambiamento climatico; al contrario, il modo di accumulazione ecologico produce e riproduce differenze e gerarchie che solcano lo spazio transnazionale che la generazione in rivolta chiama Terra. È in questo spazio e all’interno della transizione verde del capitale che si possono cogliere alcune indicazioni che il nostro ecologismo deve continuare a praticare collettivamente, per affermare con forza il rifiuto di sottostare alle condizioni poste dalle trasformazioni in corso.

* * * *

1. Viviamo in un regime ecologico di accumulazione del capitale, un campo di tensione in cui si producono lotte parziali, non una ricomposizione dell’universale umano


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Sandrine Aumercier: De Virus Illustribus, un anno e mezzo dopo

blackblog

De Virus Illustribus, un anno e mezzo dopo

di Sandrine Aumercier

«Non è la "regolamentazione" dell'economia, a dover essere valutata, ma la sua fine»

devirusIl libro "De virus illustribus" è stato scritto a caldo nel corso del lockdown del marzo-aprile 2020 da quattro persone che partecipano alla corrente teorica conosciuta come la «critica del valore». Penso che siano molti ad essere d'accordo sul fatto che il primo lockdown sia stato qualcosa di eccezionale, di inaudito, di storico. Soggettivamente, molte persone l'hanno vissuto come un momento di stupore: si sono trovati da un giorno all'altro apparentemente liberati dalla pressione di dover lavorare, di correre dappertutto, di essere ovunque contemporaneamente, di moltiplicarsi per stare dietro agli impegni, di consumare, di ottimizzare il proprio rendimento tanto a scuola quanto al lavoro, di occuparsi della propria reputazione, e così via. All'improvviso, le strade erano vuote e si poteva quasi percepire come mezzo mondo fosse stato appena fermato. Assomigliava tutto a un film di fantascienza. Ovviamente, coloro che hanno perso tutto, e la cui vita è diventata ancora più precaria non hanno certo apprezzato allo stesso modo un tale momento. Ma anche per quei privilegiati, cui era stata concessa una sorta di pausa dalla loro frenetica vita (ivi compresa l'introduzione di misure di lavoro a orario ridotto), anche per loro, la sensazione dopo non fu più la stessa, e quella che si è instaurò fu una lunga depressione. Gli episodi successivi non meritano più effettivamente il nome di lockdown, nel senso in cui era stato chiamato la prima volta. Piuttosto, si trattava di semi-confinamenti, di coprifuoco parziali, di proibizioni di uscire che significavano obblighi di lavoro, chiusure che erano allo stesso tempo anche aperture, negoziazioni con la realtà pandemica, inversioni politiche incomprensibili, la maschera da indossare e la maschera da non indossare, una cacofonia europea, ecc. Non sorprende che questa storia, vissuta essenzialmente sugli schermi, abbia finito per colpire il sistema nervoso di tutti e alimentare così un'esplosione di teorie della cospirazione.


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Ugo Bardi: I Limiti della Scienza: Come Dimostrare che le Mascherine Funzionano (Oppure no?)

effettoseneca

I Limiti della Scienza: Come Dimostrare che le Mascherine Funzionano (Oppure no?)

di Ugo Bardi

Una discussione dei limiti della scienza quando si tratta di valutare sistemi complessi che non si prestano a un approccio "Galileiano" di misure in condizioni controllate. Per quanto riguarda le mascherine protettive, con tutta la buona volontà, la scienza non ci può dare risultati certi e validi ovunque, nonostante le affermazioni dei virologi televisivi (vedi anche questo articolo di Scorrano e altri)

Per anni ho seguito il blog di Paolo Attivissimo, "Il Disinformatico" trovandolo spesso utile e informativo. Ho smesso di seguirlo quando Attivissimo se n'è uscito con una frase particolarmente infelice. "La stessa scienza che manda sonde su Marte ci dice di indossare le mascherine antivirus." (cito a memoria).

Sono quelle cose che ti fanno dubitare della logica dell'intero universo. La scienza che manda sonde su Marte non è -- enfaticamente NON è -- la stessa scienza che valuta l'efficacia delle mascherine. Nemmeno per idea. Non ci siamo proprio.

Quando si parla di "Scienza" (quella con la "S" maiuscola) di solito ci si riferisce alle affermazioni dei virologi televisivi i quali, a loro volta, tendono a parlare di una cosa che si chiama "metodo scientifico," quello di Galileo.


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Roberto Fineschi: Una notte al museo? Alta cultura e capitalismo crepuscolare

ilcomunista

Una notte al museo? Alta cultura e capitalismo crepuscolare

di Roberto Fineschi

Il capitalismo crepuscolare utilizza la cultura come una componente accessoria di pacchetti elaborati per fare profitti. Le masse popolari sono storicamente escluse dalla vera cultura, appannaggio esclusivo delle classi dominanti

Le statistiche dell'italico popolo relative a lettura e frequentazione di musei sono, notoriamente, drammatiche. All'italiano medio di arte e cultura importa poco o niente. Dovendo per lavoro andare spesso per musei e facendolo altrettanto per piacere, mi capita, non spesso ma sempre, la seguente tragicomica esperienza: tutti mi si rivolgono in inglese dando per scontato che io non sia italiano. Se è pur vero che sono alto, biondo (ora abbastanza bianco in verità) e con gli occhi azzurri, anche dopo che mi sono palesato per nativo utilizzando l'idioma locale (per giunta con marcato accento toscano), talvolta insistono con l'inglese perché proprio non ci possono credere. In genere mi prendono per inglese o, in subordine, per uno sgarrupato tedesco a seconda di quanto arrivo sudato in biglietteria (nel loro immaginario un inglese è considerato in media più signore). Alcuni si giustificano commentando "mi scusi sa, ma di italiani non se ne vedono mai".


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Daniela Talarico: “L’essenza, per le fondamenta”

cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

Alessandro Testa intervista Daniela Talarico

Daniela Talarico è nata a Torino, dove svolge la professione di avvocato interpretando da sempre la tutela dei diritti con occhio attento agli squilibri sociali e ai rapporti di forza.

Ha maturato soprattutto a partire dal governo Monti una consapevolezza che l’ha portata ad analizzare e approfondire la natura e le dinamiche dell’Unione Europea e del neoliberalismo, analisi che è sfociata nella ricerca di una “casa politica” e quindi, alcuni anni dopo, nella militanza nel Fronte Sovranista Italiano/Riconquistare l’Italia, approdando poi recentemente al Partito Comunista guidato da Marco Rizzo come candidata indipendente al Comune di Torino.

* * * *

Uno dei temi di cui attualmente si parla parecchio è il “sovranismo”. La battaglia culturale e politica infuria, opponendo chi insiste sulla necessità di una prospettiva europeista, e chi invece ribatte che solo il sovranismo potrebbe offrire all’Italia una speranza di uscire dall’interminabile crisi in cui si dibatte. Ma bisognerebbe prima capire qual è la differenza sostanziale tra sovranità e sovranismo…


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Ubaldo Fadini: Filosofia, infine e sempre

tropicodelcancro

Filosofia, infine e sempre

di Ubaldo Fadini

Perché “non farla finita con la filosofia”? Non voglio qui semplicemente rinviare all'impresa, tentata con studiosi di diversa provenienza, che si è concretizzata in un testo che porta appunto quel titolo (Clinamen, Firenze 2021).

Mi interessa infatti soprattutto riflettere sul perché della filosofia nel contesto della “mia” (?) condizione singolare di studioso, del fare una particolare esperienza della “oggettività” che mi riguarda, in un qualche modo...

I tre puntini indicano una condizione incerta, forse un bisogno di sospensione, che affronto tenendo a disposizione alcune pagine di Herbert Marcuse e di Theodor Wiesengrund Adorno che possono essere impiegate per affrontare il tema “classico” della attualità/razionalità della filosofia.

Tema “classico” all'interno di tradizioni di pensiero critico a cui si può far ancora produttivamente riferimento, insieme ad altro: ovviamente per cercare di fare i conti, d'impegnarsi in un vero e proprio a corpo con la contingenza che ci tocca, che investe la nostra sensibilità e intelligenza, ai diversi livelli del loro manifestarsi (sempre più in tenuta di combattimento, mi verrebbe da dire, in condizioni di urgenza e di crescente precarietà nella odierna riformulazione iper-normativa, sotto veste di “controllo”, delle dimensioni dell'esistere individuale e collettivo).


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tonino

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Oct 13, 2021, 2:25:28 AM10/13/21
to sante gorini

Giorgio Parisi: La lotta contro l'ortodossia

fisicamente

La lotta contro l'ortodossia

di Giorgio Parisi

Questo scritto di Giorgio Parisi (caro amico, come del resto Ciccotti e De Maria, oggi Presidente dell’Accademia dei Lincei) compare, come nuovo contributo, su la riedizione de L’Ape e l’Archi tetto. Giorgio Parisi mostra, come sempre, la sua acutezza di analisi che unisce alla capacità di farsi capire. Credo sia molto utile una lettura di questo scritto che dovrebbe accompagnare l’altro, quello di Ciccotti e De Maria. Vi sono molte cose da capire e ripensare dopo tanti anni e tutti gli autori di questi scritti ci aiutano[Roberto Renzetti].

external content.duckducj9875rt3Quando mi fu chiesto di scrivere una presentazione per la ristampa, da tempo attesa, di L’Ape e l’architetto, pensai tra me e me: “Facile: è un libro che conosco perfettamente e che ho letto molte volte. Basta che gli dia uno sguardo veloce, trovo qualche citazione e so già che cosa dire”. Detto fatto: abbastanza velocemente scrissi una prima stesura che cominciava con: “Ricordo quando ho letto questo libro la prima volta: era il 1973 e mi trovavo nel mio ufficio a New York alla Columbia University…”. Tuttavia in un successivo sprazzo di lucidità mi venne lo scrupolo di controllare la data di pubblicazione e con mio grande stupore scoprii che L’Ape e l’architetto era stato stampato per la prima volta nel 1976. Mi domando ancora che cosa avessi letto a New York nel 1973: forse uno dei saggi degli autori che a quel tempo circolava come preprint in forma separata. In ogni caso buttai via quello che avevo scritto e rilessi il libro molto attentamente (come se fosse la prima volta), cercando di non sovrapporre i miei ricordi a quello che leggevo, cercando di capire quale fosse adesso il suo messaggio e quale impressione potesse lasciare al lettore.

Forse la prima sensazione che si ha adesso è di spaesamento. Quando un libro viene scritto – e questo è vero in particolar modo per una serie di saggi – gli autori hanno molto bene in mente il pubblico con cui cercano di comunicare. Una delle preoccupazioni che risultano molto chiare, specialmente nella prima parte di alcuni dei saggi che compongono L’Ape e l’architetto, è dimostrare che le tesi degli autori sono completamente in linea con i testi originali marxiani e ne sono la naturale conseguenza, e che se mostri sacri del marxismo (in un caso anche Lenin) affermano tesi contrarie, sono questi ultimi a uscire dalla corretta strada.


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Camilla Sclocco: Antonio Gramsci e le scienze sperimentali

consecutiorerum

Antonio Gramsci e le scienze sperimentali

di Camilla Sclocco

4jo875r1. Introduzione

Le note dei Quaderni del carcere sulle scienze sperimentali coinvolgono un ampio ventaglio di discussioni particolari. Dalla polemica verso il causalismo meccanicistico alla critica del concetto di previsione come atto conoscitivo, dal rifiuto di elevare il metodo sperimentale a metodologia universale alla polemica con il riduzionismo della scienza agli strumenti materiali, fino alla questione epistemologica dell’esistenza della realtà esterna. Il fil rouge è la critica a Teoria del materialismo storico di Bucharin1, che aveva assunto acriticamente i concetti di causa, legge e previsione delle scienze sperimentali, intese nella loro formulazione positivistica, e le aveva applicate allo studio di una storia come materia autosvolgentesi. Come il recluso sintetizzerà tra il luglio e l’agosto 19322, la conseguenza era la scissione della filosofia della prassi in “una teoria della storia e della politica concepita come sociologia” “da costruirsi secondo il metodo delle scienze naturali (sperimentale nel senso grettamente positivistico)” e in una “filosofia propriamente detta, che poi sarebbe il materialismo filosofico o metafisico”3.

Gramsci affronta le tematiche sulla scienza dal maggio 1930 alla fine del 1932. Inizia a enucleare le questioni nelle prime due serie degli Appunti di filosofia4, per poi ritornavi nella terza e in due note del Quaderno 6. Tra il luglio e il dicembre 1932 rielabora le riflessioni nel Quaderno 11, dove su trenta testi di prima stesura ventitré sono rielaborati nella sezione seconda del quaderno, “Osservazioni e note critiche su un tentativo di ‘Saggio popolare di sociologia”, cinque nella terza, “La scienza e le ideologie scientifiche” e uno nella quarta, “Gli strumenti logici del pensiero5.


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Bergteufel: Qui per restare. Sul green pass e sul suo mondo

ilrovescio

Qui per restare. Sul green pass e sul suo mondo

di Bergteufel

Tratto da: https://bergteufelbz.noblogs.org/post/2021/10/04/qui-per-restare-sul-green-pass-e-il-suo-mondo/

Il testo che segue è la trascrizione di un intervento tenuto domenica 3 ottobre a San Giorio di Susa (TO) nell’ambito di un’iniziativa contro il lasciapassare (vedi locandina). Funzionando come riassunto dei contenuti dell’opuscolo Il mondo a distanza e come rapida ricognizione del mondo di cui il green pass è espressione, abbiamo pensato che potesse essere di qualche utilità e quindi di pubblicarla.

external content.duckduckgo8f 3Il green pass non rappresenta “solamente” un modo particolarmente infame per costringere a sottoporsi alla sperimentazione dei cosiddetti vaccini. Io mi concentrerò, a partire dai contenuti dell’opuscolo Il mondo a distanza, su questo lasciapassare come dispositivo tecnologico di controllo, sul mondo di cui è espressione e sugli scenari che apre. D’altronde il ministro Speranza ne ha parlato come della “più grande opera di digitalizzazione mai fatta”.

Nei pochi mesi trascorsi da quando è uscito l’opuscolo siamo passati dalla farsa dell’app Immuni e dal guardare con inquietudine alla realtà cinese – dove era rapidamente diventato di fatto impossibile circolare senza mostrare continuamente, smartphone alla mano, di essere “puliti”, sulla base del tracciamento dei propri spostamenti e dei possibili contatti con positivi – al trovarci quella realtà materializzata di fronte. La cosa da sottolineare è che il green pass come tipo di dispositivo, lungi dall’essere costitutivamente legato alla fase di emergenza – già ormai permanente – sanitaria, è qui per restare, al di là delle forme specifiche che potrà assumere.


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Elisabetta Teghil: Linee di tendenza

Coordinamenta2

Linee di tendenza

Di patriarcato e capitalismo nella società neoliberista

di Elisabetta Teghil

futuroDedicato alle compagne della coordinamenta
femminista e lesbica e ai nostri dieci anni insieme.

Dicono che l’occhio umano sia fatto per guardare orizzonti lontani. Dicono. E dicono anche che se l’occhio umano guarda sempre per terra o la parete del palazzo di fronte la capacità visiva si atrofizzi notevolmente.

La lotta di classe e di genere è una guerra, lo sapevamo già, ma ora il potere lo ha dichiarato esplicitamente e usa metodi, linguaggi, sistemi e pratiche conseguenti non solo contro tutte/i quelle/i che non si adeguano subito ed esplicitamente ai suoi desiderata ma costruendo per tutti un immaginario sociale in guerra costante.

Per poter agire e rispondere adeguatamente in una guerra bisogna conoscere e analizzare la situazione sul campo ma bisogna anche capire che cosa si propone il nemico. Le linee di tendenza del suo operare. Bisogna guardare lontano.

La società è stata trasformata dalle fondamenta in pochi anni e questo processo ha subito un’accelerazione molto forte negli ultimi tempi, sia con la scusa dell’emergenza Covid-19 sia perchè il cambiamento tecnologico si attua con una velocità fino a poco tempo fa impensabile.

Ci sono alcune scelte-cardine del capitalismo neoliberista per la ristrutturazione della società che ci permettono di capire più di altre le linee di tendenza della costruzione di un sociale funzionale agli obiettivi che il potere si pone.Questi obiettivi non sono poi così nascosti, il capitalismo ha raggiunto un livello di arroganza e di onnipotenza senza pari ma ricordiamoci che per quanta immaginazione possiamo avere il capitale è già più avanti perché da molto tempo la maggior parte della sinistra di classe sembra aver perso le coordinate per analizzare il presente.


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Redazione di Monthly Review: Note sul Rapporto IPCC

antropocene

Note sul Rapporto IPCC

di Redazione di Monthly Review

IPCC2021 3Il 9 agosto 2021, il Gruppo intergovernativo di esperti scientifici sui cambiamenti climatici (IPCC) delle Nazioni Unite ha pubblicato “Cambiamenti climatici 2021: la base della scienza fisica”.

Questa è la Parte I del suo Sesto Rapporto di Valutazione (AR6), redatto dal 1° Gruppo di Lavoro , il quale descrive in dettaglio lo stato attuale del cambiamento climatico. La Parte I del Rapporto generale AR6 sarà seguita da altre due parti aggiuntive. L’uscita della Parte II, redatta dal 2° Gruppo di Lavoro, sul tema "impatti", è prevista per il febbraio del 2022. La Parte III, redatta dal 3° Gruppo di Lavoro, sul tema "attenuazione", dovrebbe uscire nel marzo del 2022.

Il segno di quanto siano diventate serie le questioni - con i colloqui COP26 delle Nazioni Unite sul clima a Glasgow il prossimo novembre, considerati da molti come un ultimo tentativo di raggiungere una soluzione globale a favore dell’umanità - è il fatto che già durante l'estate sono trapelate le prime bozze dei Rapporti Parte II e Parte III. Alla fine di giugno, la parte II di AR6 era pervenuta all'agenzia di stampa francese AFP (Agence-France Presse), che ha in seguito pubblicato un articolo sul Rapporto trapelato (“Crushing Climate Impacts to Hit Sooner than Feared - Impatti climatici schiaccianti colpiranno prima del temuto”.

Giorni prima della pubblicazione della Parte I, la sezione chiave della Parte III, un “Riepilogo per i responsabili politici”, è trapelato da scienziati associati a Scientist Rebellion and Extinction Rebellion Spain. Un articolo che annuncia la fuga di notizie, intitolato “IPCC Sees Degrowth as Key to Mitigating Climate Change” (L'IPCC vede la decrescita come la chiave per mitigare il cambiamento climatico), è stato pubblicato il 7 agosto dal giornalista Juan Bordera e dall'ecologo Fernando Prieto sulla rivista online spagnola Contexto y Acción (CTXT).


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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

Intervista a Carla Filosa

Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie

istockphoto 851154908 170667baD. Lo sviluppo di una società socialista presuppone condizioni oggettive e soggettive ben precise. A tuo avviso, queste condizioni sono presenti oggi o sono ancora molto al di là da venire?

R. Ponendo attenzione alle contraddizioni immanenti al processo di accumulazione, si entra nel cuore della crisi attuale, di massa di plusvalore prodotta che non può essere realizzata, cioè trasformata in profitto. Per questo si licenzia senza grossi intralci normativi, riducendo il più possibile i costi relativi al capitale variabile, cercando contemporaneamente di stabilire accordi vantaggiosi per l’acquisto di materie prime a prezzi minori, e se non è possibile mediante la diplomazia, lo spionaggio o i servizi segreti, si destabilizzano paesi con guerre a bassa intensità o per interposta persona a scopo di rapina delle risorse, come possibile. In altri termini lo sfruttamento lavorativo, mai sufficiente per l’accumulazione di plusvalore, dev’essere integrato con la ricerca delle priorità immediate sulla concorrenza internazionale, nella corsa infinita alla supremazia pena la distruzione o vendita necessitata della propria attività produttiva, o in forma mediata, finanziaria. Il ricorrente fenomeno delle controverse dislocazioni produttive mostra inoltre non solo l’attivazione continua del dumping salariale, ma soprattutto la concorrenza tramite l’uso degli stati nell’ottenimento di facilitazioni fiscali, legislazioni depenalizzanti, fruizione di infrastrutture gratuite, appalti per investimenti a basso rischio, ecc.

Questo per quanto concerne la produzione. Per quanto invece riguarda la distribuzione del valore e plusvalore prodotto, a sfruttamento compiuto, i problemi delle proporzioni tra diversi rami produttivi e delle capacità di consumo delle società cui ci si rivolge (nazionali o estere) consistono nella distribuzione antagonistica, propria del capitale, per cui questa avviene in modo sperequato tra una grande massa di persone e una più ristretta di ceti abbienti.


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Fabio Ciabatti: Il dialogo rivoluzionario tra i molti mondi che insorgono

carmilla

Il dialogo rivoluzionario tra i molti mondi che insorgono

di Fabio Ciabatti

Massimiliano Tomba, Insurgent Universality: An Alternative Legacy of Modernity, Oxford University Press, New York, 2019, p. 304, € 24,21

M TombaAnche di fronte a una delle sue peggiori débâcle, la precipitosa fuga dall’Afghanistan degli Stati Uniti, l’Occidente non ha rinunciato a propagandare l’idea della sua superiorità. A tal fine i media mainstream di mezzo mondo hanno aperto all’unisono i rubinetti delle lacrime, mostrando improvvisa e soverchiante preoccupazione per la sorte dei poveri afghani e, soprattutto, delle indifese afghane vittime della barbarie fondamentalista, surrettiziamente presentata come unica reale alternativa al dominio occidentale. Peccato che, in quelle terre, la malapianta del fondamentalismo, ben lungi dall’essere il frutto autoctono di un preteso sottosviluppo, fu coltivata proprio dagli Stati Uniti, con l’aiuto dei loro alleati sauditi e pakistani, per infestare il cortile di casa del fu impero sovietico. La realtà dei fatti, però, deve essere rimossa dall’ideologia dominante che deve trasformare una prova contraria in una sorta di prova per assurdo per confermare l’idea di una “storia universale” destinata a viaggiare in un’unica direzione possibile, la modernità capitalistica. Come dimostra il caso afghano, infatti, l’unica alternativa possibile a questo percorso è un’assurda catastrofe.

L’idea di una storia universale, come ci spiega Massimiliano Tomba nel suo libro Insurgent universality. An alternative legacy of modernity (testo che ha avuto una nuova pubblicazione nel 2021 in formato paperback), ha una connotazione eminentemente eurocentrica dal momento che finisce per svalutare ogni possibile traiettoria storica qualitativamente differente da quella percorsa dalla modernità occidentale. Ogni forma sociale non statuale o non capitalistica diventa semplicemente pre-statuale e pre-capitalistica, destinata perciò a scomparire in quanto forma arretrata rispetto alla modernità occidentale.


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∫connessioni Precarie: Sette tesi sul mutamento climatico e il regime ecologico di accumulazione del capitale

conness
              precarie

Sette tesi sul mutamento climatico e il regime ecologico di accumulazione del capitale

di connessioni Precarie

Sette tesiCon questo contributo interveniamo per la prima volta direttamente nel dibattito politico ampio e articolato sugli effetti sociali del mutamento climatico. Da molti anni i movimenti ambientalisti hanno fatto di questa problematica una questione politica fondamentale, ma probabilmente solo oggi è indiscutibile la presenza transnazionale di una generazione in rivolta che in questi giorni si sta organizzando in vista della Cop26 che si terrà a Glasgow nel mese di novembre. Non è un caso che il movimento che in questi anni ha dato vita allo sciopero globale per il clima sia composto prevalentemente da giovani: nella formula ‘giustizia climatica’ c’è la pretesa collettiva di non vedersi rubare il futuro e l’indisponibilità a piegarsi alle promesse di istituzioni scientifiche e politiche nazionali e internazionali ‒ alle quali pure gli stessi giovani si rivolgono ‒ che su quel futuro propongono e pianificano compromessi al ribasso. È d’altra parte evidente che non saranno quelle istituzioni a offrire una soluzione ai cambiamenti in atto, perché stanno già ricostruendo la propria legittimazione proprio in nome di una “transizione ecologica” orientata al profitto. La transizione verde si presenta allora come un campo di battaglia che non può essere praticato da una sola generazione, che ridefinisce i limiti e le possibilità dei movimenti sociali, che reclama in maniera inequivocabile una presa di posizione. Pensare che l’ecologia configuri un nuovo regime di accumulazione del capitale, e con esso una nuova governance ecologica, significa per noi cercare di determinare tanto le forme in cui si stanno riarticolando la produzione e riproduzione sociale di fronte al cambiamento climatico, quanto le linee di frattura lungo le quali è possibile praticare l’iniziativa politica. La difesa della natura non offre immediatamente una possibilità di ricomposizione delle molteplici figure che subiscono in modo diversi gli effetti del cambiamento climatico; al contrario, il modo di accumulazione ecologico produce e riproduce differenze e gerarchie che solcano lo spazio transnazionale che la generazione in rivolta chiama Terra. È in questo spazio e all’interno della transizione verde del capitale che si possono cogliere alcune indicazioni che il nostro ecologismo deve continuare a praticare collettivamente, per affermare con forza il rifiuto di sottostare alle condizioni poste dalle trasformazioni in corso.

* * * *

1. Viviamo in un regime ecologico di accumulazione del capitale, un campo di tensione in cui si producono lotte parziali, non una ricomposizione dell’universale umano


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Sandrine Aumercier: De Virus Illustribus, un anno e mezzo dopo

blackblog

De Virus Illustribus, un anno e mezzo dopo

di Sandrine Aumercier

«Non è la "regolamentazione" dell'economia, a dover essere valutata, ma la sua fine»

devirusIl libro "De virus illustribus" è stato scritto a caldo nel corso del lockdown del marzo-aprile 2020 da quattro persone che partecipano alla corrente teorica conosciuta come la «critica del valore». Penso che siano molti ad essere d'accordo sul fatto che il primo lockdown sia stato qualcosa di eccezionale, di inaudito, di storico. Soggettivamente, molte persone l'hanno vissuto come un momento di stupore: si sono trovati da un giorno all'altro apparentemente liberati dalla pressione di dover lavorare, di correre dappertutto, di essere ovunque contemporaneamente, di moltiplicarsi per stare dietro agli impegni, di consumare, di ottimizzare il proprio rendimento tanto a scuola quanto al lavoro, di occuparsi della propria reputazione, e così via. All'improvviso, le strade erano vuote e si poteva quasi percepire come mezzo mondo fosse stato appena fermato. Assomigliava tutto a un film di fantascienza. Ovviamente, coloro che hanno perso tutto, e la cui vita è diventata ancora più precaria non hanno certo apprezzato allo stesso modo un tale momento. Ma anche per quei privilegiati, cui era stata concessa una sorta di pausa dalla loro frenetica vita (ivi compresa l'introduzione di misure di lavoro a orario ridotto), anche per loro, la sensazione dopo non fu più la stessa, e quella che si è instaurò fu una lunga depressione. Gli episodi successivi non meritano più effettivamente il nome di lockdown, nel senso in cui era stato chiamato la prima volta. Piuttosto, si trattava di semi-confinamenti, di coprifuoco parziali, di proibizioni di uscire che significavano obblighi di lavoro, chiusure che erano allo stesso tempo anche aperture, negoziazioni con la realtà pandemica, inversioni politiche incomprensibili, la maschera da indossare e la maschera da non indossare, una cacofonia europea, ecc. Non sorprende che questa storia, vissuta essenzialmente sugli schermi, abbia finito per colpire il sistema nervoso di tutti e alimentare così un'esplosione di teorie della cospirazione.


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tonino

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Oct 16, 2021, 7:20:55 AM10/16/21
to sante gorini

Andrea Zhok: Sul significato politico del Green Pass

solonatura

Sul significato politico del Green Pass

di Andrea Zhok

article landing 22330fb2 47f9 45d4 b283 a9a7eca969bdPer intendere il significato della protesta contro l’imposizione del GP bisogna comprenderne la natura ibrida.

In questa protesta confluiscono due spinte differenti, anche se compatibili.

 

1) Il “dissenso cognitivo”

La prima linea di contestazione è quella legata a ciò che possiamo chiamare uno “scandalo epistemico”, cioè la percezione da parte di un limitato numero di cittadini della crassa inadeguatezza delle motivazioni che dovrebbero giustificare l’introduzione della certificazione verde. Questa inadeguatezza è saltata agli occhi ad alcuni sia sul piano delle motivazioni giuridiche che su quello delle motivazioni sanitarie. Di questo gruppo fanno parte prevalentemente persone che avevano ragioni professionali o personali per approfondire autonomamente la questione, ad esempio perché studiosi o perché chiamati a dover decidere della vaccinazione dei propri figli, ecc.

Qui a muovere il tutto era ed è la chiara percezione che la normativa confluita nell’istituzione del Green Pass fosse incongrua con gli effetti che dichiarava di voler ottenere, fosse sproporzionata e discriminatoria, alimentasse un tipo di intervento sanitario (“il vaccino è l’unica salvezza”) che era dimostrabilmente sbagliato e controproducente.

La controparte di questo gruppo è rappresentato da persone che si sono fidate e si fidano della lezione dei media mainstream e dei resoconti delle autorità scientifiche nazionali, nonostante le massive contraddizioni in cui sono incorse.

Per ovvie ragioni il numero dei “dissenzienti cognitivi” è una esigua minoranza: visto che ogni approfondimento richiede tempo e capacità, chi si affida alle voci ufficiali è strutturalmente maggioranza, da sempre.


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Michele Castaldo: Sui fatti del 9 ottobre a Roma

lacausadellecose

Sui fatti del 9 ottobre a Roma

Note a margine a Green Pass e libero arbitrio

di Michele Castaldo

51572427360 945f373142C’è un fatto nuovo che inquieta il mondo politico, in generale, ma quello di sinistra in particolare, che consiste nell’assalto alla sede nazionale e storica della Cgil di Corso d’Italia durante la manifestazione contro l’obbligatorietà del Green Pass, sabato 9 ottobre a Roma. Che si tratti di un fatto importante è fuori di dubbio. Un fatto che va inquadrato nella dinamica della nuova fase storica e non come codicillo del vecchio ciclo della storia d’Italia e con esso il processo di accumulazione capitalistica, altrimenti rischiamo di catalogare la storia come una coazione a ripetersi e sempre allo stesso modo. Anche perché – si noti il “paradosso” – i manifestanti di Roma hanno assalito la sede della Cgil di Roma mentre a Trieste e a Monfalcone i portuali hanno manifestato contro l’obbligatorietà del Green Pass con cortei e fumogeni, e notoriamente la Cgil è stato da sempre il sindacato con il maggior numero di portuali iscritti rispetto agli altri sindacati.

Sintetizziamo in poche parole gli assalti alle Camere del lavoro del periodo che avviò poi la presa del governo da parte del partito fascista nell’immediato primo dopoguerra del secolo scorso: la Cgil sosteneva le posizioni del Partito Socialista che appoggiava l’Urss contro l’isolamento internazionale che le forze imperialiste cercavano di attuare per strozzare sul nascere la rivoluzione in quel paese che poteva (secondo i migliori auspici degli ideali comunisti del momento) estendersi ad altri paesi. Sicché la lotta – una lotta vera – era tra due tendenze, una era quella che interpretava la necessità di una ripresa nazionale dell’accumulazione capitalistica con lo sguardo verso il nord Africa, mentre l’altra rivolgeva il proprio sguardo all’Internazionalismo proletario interpretato dal Partito socialista italiano che occhieggiava all’Urss e ai paesi rivieraschi del nord Africa ricchi di materie prime di cui l’Italia necessitava.


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Andrea Fumagalli: Il comune e il valore, ovvero il valore del comune: un nodo irrisolto

effimera

Il comune e il valore, ovvero il valore del comune: un nodo irrisolto

di Andrea Fumagalli

Proponiamo qui il saggio di Andrea Fumagalli pubblicato nel volume «Il senso (del) comune. La radicalità del presente e il suo concetto», a cura Pietro Maltese e Danilo Mariscalco, appena pubblicato dalla Palermo University Press nella collana Studi culturali, diretta da Michele Cometa (con interventi di: Danilo Mariscalco, Pietro Maltese, Andrea Fumagalli, Alice Pugliese, Yuri Di Liberto, Luca Cinquemani, Ubaldo Fadini, Nicolas Martino, Claire Fontaine, Laura Strack). Il volume e questo saggio prendono spunto dal convegno organizzato dal Laboratorio «Studi culturali. Vita, politica, rappresentazione» all’Università degli Studi di Palermo il 21 e 22 maggio del 2018.

Il volume verrà presentato domani, sabato 18 settembre alle 12.00 a Palermo (Villa Filippina), nell’ambito del Festival Una marina di libri. Nel ringraziare i curatori e l’editore, l’autore ricorda anche l’indispensabile supporto psichedelico dei The Grateful Dead, The Phish, Jimi Hendrix.

Claire Fontaine In God They Trust 2005 courtesy of
                the artist 1000x750Introduzione

In questo saggio cercheremo di approfondire il nesso tra valore e comune. Quando parliamo di valore, intendiamo il processo di creazione di valore di scambio all’interno di un’economia capitalistica. La creazione di valore – come ci ha insegnato Marx – non si presenta di per sé come valore di scambio: è in primo luogo valore d’uso. È necessario che una certa modalità di organizzazione economica si renda effettiva, grazie all’operare (tra gli altri) di due elementi decisivi: l’esistenza della proprietà privata e un rapporto di separazione tra il lavoro e la macchina, che definisce in continua metamorfosi il rapporto sociale capitale-lavoro. Il connubio tra questi due aspetti origina il sistema capitalistico di produzione, in grado di trasformare la produzione di valore d’uso (che è intrinseco nell’attività umana per soddisfare i propri sogni/bisogni) in valore di scambio. Da un sistema M-D-M si passa così a un sistema D-M-D’.

Se la problematica del valore, quindi dell’accumulazione, è uno dei temi che è stato al centro della critica dell’economia politica mainstream e del capitalismo, non altrettanto si può dire per la tematica del comune, che, solo recentemente, ha attirato l’interesse degli studiosi. In primis, crediamo che sia necessario specificare sin da subito che stiamo parlando del comune al singolare1: un concetto che non ha nulla a che fare con i beni comuni.


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Il chimico scettico: La guerra di chi? E le sue conseguenze

ilchimicoscettico

La guerra di chi? E le sue conseguenze

di Il chimico scettico

"La narrativa dominante è diventata che "siamo in guerra". In guerra, tutti devono eseguire gli ordini. Se a un plotone viene ordinato di andare a destra e alcuni soldati vanno in esplorazione a sinistra, vengono fucilati come disertori. Lo scetticismo scientifico doveva essere eliminato senza fare domande. Gli ordini erano chiari.

Chi ha dato questi ordini? Chi ha deciso che la sua opinione, competenza e conflitti di interesse dovessero comandare?"

(https://www.facebook.com/SaraGandini68/posts/229780289208206)

Ci sono arrivato tardi su questo post di Ugo Bardi che traduce Ioannidis, ma meglio tardi che mai. Potrei aggiungere che le premesse di tutto cio' erano state poste da prima della pandemia, e che tutto questo ha permesso a un po' di truppa appiedata di trovare una nuova bandiera e cercare poi di raccattare qualcuno per guidare l'offensiva...

E arriviamo velocemente alle conseguenze.


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Davide Sabatino: Questo non è un gioco, e non lo è mai stato

lafionda

Questo non è un gioco, e non lo è mai stato

di Davide Sabatino and L'Indispensabile

Il periodo storico che stiamo vivendo è influenzato da una spessa coltre antidemocratica. Ci sono tutti i segni di un passato evidentemente rimosso, di quell’epoca delle ideologie violente che pensavamo di avere archiviato. Invece, un evento invisibile, il virus, è bastato a riportare tutto a galla. Ora sembra che una nuova stagione, più torbida e ambigua di quella appena trascorsa, sia già alle porte. Il clima oscurantista pare aver annebbiato la vista di molti ingenui osservatori, mentre pochi osano dire, come nell’icastica fiaba di Andersen: «Il re è nudo!».

Non c’è da stupirsi, anche questo è un refrain che ritorna sempre in superficie ogni qual volta la storia diventa cieca e si incupisce. Certamente ogni epoca ha la sua peculiarità, perciò i paragoni appaiono sempre un po’ azzardati, ma ciò che rimane invariato è il delirio di onnipotenza, quel piglio prometeico tipico delle visioni totalitarie che oggi si esprime con ancor più forza grazie all’ausilio tecnologico e alla infantilizzazione generale della politica. Per questo viene spesso da domandarsi se esista ancora qualcuno in grado di leggere la storia in questo modo, di fare cioè della vicenda umana una grande opera di psicoanalisi collettiva volta a ricercare cure più precise di quelle fin ora trovate, al fine di evitare facili ricadute nelle solite fughe dalla ragione.


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Geraldina Colotti: La truffa de "i ricchi non rubano perché non ne hanno bisogno" smascherata per sempre

lantidiplomatico

La truffa de "i ricchi non rubano perché non ne hanno bisogno" smascherata per sempre

di Geraldina Colotti

A cinque anni dall’inchiesta sui Panama Papers, che rivelò i patrimoni nascosti da molti straricchi nelle società offshore di Panama, ecco ora lo scandalo dei Pandora Papers. A portarla a termine, lo stesso network di 280 giornalisti investigativi di oltre 100 paesi, l’International consortium of investigative journalists (Icij). Si tratta di una organizzazione no-profit che ha sede negli Stati Uniti e che ingloba varie testate quali il New York Times o il Guardian.

Cinque anni fa era stata una fonte anonima a sottrarre milioni di documenti riservati dallo studio legale panamense Mossack Fonseca e a consegnarli al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung. Questa volta, l’Icij mostra la faccia in ombra del capitalismo globalizzato e della finanza, i suoi meccanismi occulti, gli strumenti, gli intermediari, la ragnatela multinazionale del riciclaggio e i suoi beneficiari.

Considerando i nomi che compaiono nell’inchiesta - oltre 330 politici e funzionari pubblici di più di 90 paesi e territori, fra i quali 35 ex presidenti e attuali capi di Stato, giudici, sindaci e di 100 miliardari -, appare chiara la truffa di chi sostiene che i ricchi non rubano perché non ne hanno bisogno, giacché lo sfruttamento del lavoro e delle risorse, attuato con ogni mezzo possibile per realizzare il massimo del profitto, è nella natura del capitalismo.


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Ferrovieri per la Costituzione: Lettera aperta dei ferrovieri a colleghi e concittadini

sinistra

Lettera aperta dei ferrovieri a colleghi e concittadini

di Ferrovieri per la Costituzione - October 12, 2021

Buongiorno, richiediamo la Vostra cortese attenzione e pazienza.

Facciamo seguito al nostro – più approfondito ma inascoltato – Appello per il Lavoro, l'Uguaglianza e il Pluralismo del 16 settembre scorso.

Per gli effetti del D.L. n° 127, dal 15 ottobre – come moltissimi altri lavoratori, ai quali esprimiamo massima solidarietà – saremo a casa senza stipendio, privati della possibilità di mantenerci e mantenere le nostre famiglie, di realizzarci, di concorrere allo sviluppo del Paese.

"Una vostra scelta", penseranno in molti. Vero, in parte. Ma, per noi, è una scelta morale obbligata. Non per irresponsabile insensibilità nei confronti del bene comune, non per una irrazionale e antiscientifica paura del vaccino (alcuni di noi, peraltro, sono vaccinati), non per il rifiuto categorico di sottoporci a un trattamento sanitario. È "soltanto" perché non possiamo farci estorcere col ricatto l'avallo a un lasciapassare discriminatorio per esercitare un diritto fondamentale costituzionalmente garantito (e – attenzione – potenzialmente estendibile ad altri ambiti). Non possiamo permetterlo, almeno in quella che è formalmente una Repubblica democratica fondata sul lavoro.


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Stefano Oliva: La gioia di resistere

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La gioia di resistere

di Stefano Oliva

Come ci ha insegnato Mark Fisher, uno degli aspetti più sinistri del capitalismo contemporaneo sta nella (apparente) impossibilità di pensarne la fine: sembra che a esso non vi sia alternativa. La mancanza di alternative implica una sorta di naturalizzazione del modello sociale ed economico, che di per sé è ovviamente un prodotto storico; sotto il profilo logico, il capitalismo dà a intendere la propria necessità per dissimulare la contingenza dei suoi esiti.

Se il capitalismo contemporaneo appare incontrovertibile, ciò si deve in primo luogo al fatto che il pensiero neoliberale che lo sorregge non è una teoria politico-economica in senso stretto, «non è una dottrina, ma una funzione interna della razionalità governamentale contemporanea» (p. 29). Questo è il punto d’innesco del saggio di Evelina Praino, L’individualità ai margini dell’impero neoliberale (libreriauniversitaria.it, 2021), che con acume e ricchezza di riferimenti teorici descrive le miserie della soggettività nel sistema neoliberale, ma propone anche un orizzonte di resistenza possibile, indicando concretamente alcuni esempi di prassi che si pongono come esplicita alternativa al modello di razionalità prevalente.


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Niccolò Bertuzzi: Gli utili idioti neofascisti e il futuro delle lotte contro il «green pass»

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Gli utili idioti neofascisti e il futuro delle lotte contro il «green pass»

di Niccolò Bertuzzi*

2021 attacco cgil ansa 1024x614[Riceviamo e pubblichiamo una riflessione a caldo sui fatti di Roma scritta dal sociologo Niccolò Bertuzzi, di cui abbiamo già segnalato alcuni articoli. Di nostro aggiungiamo: ci sono mobilitazioni cittadine contro il lasciapassare in cui i fascisti sono stati emarginati nelle piazze e cacciati dalle assemblee, come è giusto, come vuole il minimo della decenza. È un dato di fatto, questa mobilitazione è molto differenziata e decentrata. Questo è al tempo stesso il suo limite e la sua forza. Ci sono situazioni arretrate in cui i discorsi sono confusi e ambigui, dai cortei partono slogan e canti a nostro avviso ripugnanti e i legami col mondo del lavoro sono labili, e ce ne sono altre più avanzate e interessanti, come quella di Trieste, dove sono attivi collettivi di compagne e compagni, il deprecandissimo ex-leghista ed ex-forzanovista Fabio Tuiach è stato allontanato dall’assemblea cittadina e, soprattutto, la lotta contro il lasciapassare si fa forte del protagonismo dei lavoratori del porto. Sicuramente nemmeno lì è tutto rose e fiori, ma il conflitto, almeno per ora, sembra dispiegato lungo la giusta linea di frattura. Vale la pena tenere d’occhio quel che succede nella città ex-asburgica. Ora: non è detto che Trieste debba essere per forza l’eccezione, la “stranezza”, e Roma la regola, la “normalità”. Forse la situazione romana – che pure, come nota Bertuzzi, non corrisponde in toto alla narrazione mainstream di queste ore – è meno rappresentativa e più peculiare di quanto sembri. Una delle varie malattie dello sguardo da cui dobbiamo curarci è un certo “romacentrismo” propugnato dai media. Come abbiamo detto più volte, ogni problema o questione si capisce meglio dai confini, dalle estremità, e peggio dal “centro”. Quando la realtà viene osservata solo dal “centro” e riportata a forza alla logica del “centro”, il suo resoconto diventa narrazione tossica. In questo caso, la narrazione tossica «chi è contro il green pass è fascista» serve a ostacolare l’evoluzione della lotta, serve a ostacolare chi i fascisti vuole allontanarli. Detto questo, buona lettura. WM].


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Marco Maurizi: L’animale pandemico. COVID-19, crisi della razionalità ed ecosocialismo

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L’animale pandemico. COVID-19, crisi della razionalità ed ecosocialismo

di Marco Maurizi

244255590 243374427745810 2408344476082056920 nAbbiamo il piacere di ospitare questo importante contributo del filosofo italiano Marco Maurizi, pensatore di punta dell’antispecismo italiano ed europeo e autore, tra le altre cose, di testi come Al di là della natura. Gli animali, il capitale e la libertà e Cos’è l’antispecismo politico.

Qui, Maurizi tenta di tracciare un filo rosso che parta dalle derive complottiste che certa “sinistra” ha acriticamente accolto nella lettura dell’attuale crisi pandemica e arrivi alla debolezza – e, oseremmo dire, quasi inesistenza – di un fronte valido capace di rileggere il rapporto tra umano e non umano alla luce della diffusione del Sars-Cov-2.

 

Prima parte. Pandemia e ideologia

 

Un’occasione mancata e un sorprendente riposizionamento politico

La pandemia del Covid-19 avrebbe potuto costituire un’occasione di ripensamento globale sia per quanto riguarda l’organizzazione sociale nel suo complesso che i nostri rapporti con la natura non-umana. Così non è stato. E ciò ha avuto conseguenze impressionanti dal punto di vista politico. La debolezza teorica e organizzativa del fronte socialista e la mancata introduzione di misure solidali a livello planetario è stata, infatti, assieme all’esplosione della pandemia, una delle cause della frammentazione e del radicale riposizionamento del quadro politico cui assistiamo oggi. La mancata risposta socialista alla crisi, infatti, va introdotta come variabile che avrebbe potuto, almeno in parte, evitare l’infiammarsi dello scontro politico nella modalità irrazionale e polarizzata che conosciamo, ovvero di una polarizzazione in gran parte irrazionale.


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Lanfranco Binni: Il caos e la necessità

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Il caos e la necessità

di Lanfranco Binni

Pellizzoni Crisi climatica e nuove mobilitazioni
            ecologiche e1576575939784Un caos apparente (ma non è solo una questione di limitata visione antropocentrica) sta sconvolgendo il mondo. Cause, processi in corso e conseguenze di devastanti cambiamenti climatici, crisi economiche strutturali, strategie sanitarie e militari, malthusiane diseguaglianze sociali, sistemi politici corrotti a difesa di vecchie sporche società, si intrecciano e confliggono in un caleidoscopio impazzito, sbarrato il futuro, negate sorti “magnifiche” e regredite. Saltano le dimensioni temporali e le “progressive” categorie politico-economiche-culturali di “modernità”, “sviluppo”, “crescita”, “speranza” in un futuro migliore. Geopolitica e vita quotidiana dei “soggetti della Storia” (sudditi e ribelli) si intrecciano e si confondono in paesaggi drammatici e instabili, dominati dalla paura e dai condizionamenti di una lugubre sopravvivenza, in attesa di nuovi bombardamenti economici, di nuove catastrofi ambientali, di nuove pandemie. Su questi temi, oggi brutalmente centrali, intervengono numerosi autori di questo numero, tutti accomunati da una profonda e necessaria cognizione del tragico: analisi puntuali e urgenti, senza concessioni a illusori inganni, tenacemente tese a trasformare la comprensione dei dati di realtà (in orizzontale nel mondo globale e in verticale nelle dinamiche biopolitiche) nella necessità di elaborare e sviluppare strategie di radicali “rivolgimenti” e di processi teorico-pratici di liberazione. Nuovi processi in corso, per un altro mondo necessario. Come insegnò Brecht in Me-ti. Libro delle svolte, «Mi-en-leh indicava molte condizioni necessarie per il rivolgimento. Ma non conosceva momenti in cui non vi fosse da lavorare per esso». Brecht scrisse il suo «libretto in stile cinese, di regole di comportamento», durante l’esilio danese tra 1934 e 1937, negli anni di propagazione dell’infezione fascista e della peste nazista in Europa e di preparazione dei grandi massacri della Seconda guerra mondiale. «Me-ti insegnava: I rivolgimenti avvengono nei vicoli ciechi».


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Fabrizio Marchi: Provocazione pianificata?

linterferenza

Provocazione pianificata?

di Fabrizio Marchi

Se fino a ieri avevo qualche perplessità circa la premeditazione degli incidenti avvenuti ieri a Roma provocati da un gruppo di squadristi neofascisti, queste sono svanite nell’arco di meno di ventiquattrore. E’ stato sufficiente rileggere le dinamiche dei suddetti incidenti e soprattutto la reazione di tutto il sistema mediatico per capire che non siamo di fronte ad un fatto casuale. E se anche lo fosse non cambierebbe l’uso strumentale che ne è stato fatto dal sistema mediatico-politico.

Conosco Roma come le mie tasche, è assolutamente impossibile e impensabile che un gruppo di qualche centinaio di persone proveniente da Piazza del Popolo possa arrivare alla sede della CGIL senza essere notato dalla polizia. Semplicemente, non è realistico. Non è realistico che la sede della CGIL sia stata lasciata senza neanche un blindato o almeno un paio di camionette di sorveglianza (stanno normalmente di guardia anche davanti alle ambasciate), non è realistico che questi teppisti siano stati lasciati liberi di inscenare la loro gazzarra pressochè indisturbati per lungo tempo ed è ancora più irrealistico che abbiano potuto bloccare il Muro Torto sempre da Piazza del Popolo, da dove si sono poi diretti verso Corso d’Italia dove c’è appunto la sede della Camera del Lavoro.


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Ian Parker, David Pavón-Cuéllar: Psicoanalisi e rivoluzione

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Psicoanalisi e rivoluzione

Psicologia critica per i movimenti di liberazione

di Ian Parker, David Pavón-Cuéllar

Proponiamo qui l’Introduzione a «Psicoanalisi e rivoluzione», il libro di Ian Parker e David Pavón-Cuéllar, appena pubblicato da ombre corte. Questo saggio, tradotto da Enrico Valtellina e con una Postfazione di Pietro Bianchi, intende collegare la trasformazione sociale con la liberazione personale, mostrando che i due aspetti del cambiamento possono essere intimamente collegati. La critica e quindi la trasformazione della psicoanalisi è un passaggio necessario perché i movimenti di liberazione possano trasformare il mondo

Questo manifesto è rivolto ai movimenti di liberazione per un mondo migliore. È scritto per, e indirizzato a, individui e gruppi che lottano contro la realtà oppressiva, sfruttatrice e alienante del nostro tempo. Riguarda l’interrelazione tra questa miserabile realtà esterna della vita attuale e le nostre vite “interne”, ciò che possiamo chiamare la “nostra psicologia”, ciò che sentiamo nel profondo “dentro di noi”, che sembra rassegnarsi troppo spesso alla realtà o, speriamo, ribellarsi a essa. Abbiamo bisogno di ribellarci, per il bene degli altri e per noi stessi.


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Dante Barontini: Al via l'”autonomia differenziata”, nascosta nella “manovra”

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Al via l'”autonomia differenziata”, nascosta nella “manovra”

di Dante Barontini

Mentre gli imbecilli guardano il dito – ogni giorno ne viene mostrato uno diverso – la luna Draghi inanella una porcata dietro l’altra.

L’ultima novità, accuratamente nascosta da ogni fonte di informazione mainstream, riguarda il vecchio cavallo di battaglia leghista: la cosiddetta “autonomia differenziata”.

Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF) 2021, che contiene l’indicazione dei principali ambiti di intervento della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo. Si tratta di un documento assai rilevante per comprendere il quadro complessivo degli interventi previsti nella prossima legge di bilancio, nonché delle “riforme” in cantiere.

A completamento della manovra di bilancio 2022-2024, il governo dichiara 23 Disegni di legge collegati alla decisione di bilancio. Sono provvedimenti che dovranno esser presi, di cui è per ora ignoto il contenuto tecnico.


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Giuseppe Masala: La guerra invisibile

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La guerra invisibile

di Giuseppe Masala

E se fosse una guerra ibrida?

Da quando è iniziata la crisi in corso con questa strana pandemia mi ritonano alla mente le parole di Frédéric Joliot-Curie: "La guerra futura sarà una guerra invisibile. E' quando i suoi raccolti saranno distrutti, le sue industrie paralizzate, le sue forze umane incapaci di agire che un paese capirà all'improvviso che era in guerra e che la sta perdendo". Parole profetiche che come si vede descrivono quella che oggi chiamiamo guerra ibrida

Tutto è iniziato con una strana pandemia che sembra sempre di più un capolavoro di aequivocatio: protocolli medici ministeriali che sembrano essere fatti apposta per mietere morti tra gli anziani (il famoso "tachipirina e vigile attesa"), intubazioni forse non necessarie, ostracismo se non divieto di fatto di cure precoci che avrebbero salvato vite. Per non parlare poi, della strana operazione di spin sui social network con immagini provenienti dalla Cina e che annunciavano l'apocalisse in arrivo con la gente che crollava a terra all'improvviso. Poi abbiamo scoperto che il Covid non uccide così. Ma tutta roba buona per generare panico e spingerci ad accettare i terribili lockdown che hanno devastato le nostre economie.


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Rolando Vitali: Scritti teorici di Lenin, tra esercizio trasformativo e indagine sulla realtà

manifesto

Scritti teorici di Lenin, tra esercizio trasformativo e indagine sulla realtà

di Rolando Vitali

Saggi. «Quaderni filosofici», da PGreco

L’interesse per questioni filosofiche potrebbe apparire ozioso per un politico, specialmente nella nostra epoca, nella quale ogni rapporto vincolante tra teoria e prassi sembra essersi spezzato. L’astrazione del concetto ci appare quanto di più lontano da quella capacità di interpretare la contingenza e l’immediatezza, propria del politico e dell’uomo d’azione. Non così Lenin, per il quale «l’analisi concreta della situazione concreta non si contrappone alla teoria ‘pura’» ma ne rappresenta, al contrario, «il punto culminante».

L’analisi teorica va quindi di pari passo con l’organizzazione pratica, lo studio dell’intero sociale e della necessità storica con la capacità di cogliere il particolare e la contingenza rivoluzionaria. Successivamente raccolti come Quaderni Filosofici (traduzione di Ignazio Ambrogio, PGreco, pp. 749, € 30,00), gli scritti e le glosse filosofiche di Lenin sono oggi nuovamente disponibili per il pubblico italiano nella loro edizione più completa ed esaustiva e con un’utile introduzione a cura di Roberto Fineschi, che ne ripercorre la genesi e le diverse periodizzazioni.


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Andrea Zhok: Alcune riflessioni sul Green Pass

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tonino

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Oct 19, 2021, 7:30:49 AM10/19/21
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Andrea Del Monaco: Pnrr, chi l’ha visto?

lavoroesalute

Pnrr, chi l’ha visto?

Alba Vastano intervista Andrea Del Monaco*

Intervista ad Andrea Del Monaco, esperto in Fondi Europei. “Per avere i prestiti del Recovery Mario Draghi dovrà fare le “riforme”: non solo quelle buone, ma principalmente (mirando alla contrazione del deficit) il taglio delle pensioni, una nuova tassazione sulle case, nuove privatizzazioni (in primis sanità) e flessibilizzazione ulteriore del lavoro. La Commissione Europea potrà sospendere i pagamenti del Recovery Fund qualora uno Stato Membro non abbia corretto il disavanzo eccessivo o qualora non abbia adempiuto ad un programma di aggiustamento macroeconomico (un memorandum di austerità)”

banksy new brexit dover‘Sono in arrivo dall’Europa miliardi di euro e l’economia italiana ripartirà alla grande’. E’ la storiella che ci raccontano lorsignori, i nostri governanti, dai notiziari mainstream. C’è qualche dubbio che così non sarà. Non sta per scendere dalla slitta Babbo Natale con la gerla piena di doni. Per saperne di più su queste promesse di pioggia di euro e su quanto di vero vi sia nelle news filtrate dai media chiediamo lumi sulla questione ad Andrea Del Monaco, fra i maggiori esperti in fondi europei.

* * * *

Alba Vastano – Il Piano nazionale Ripresa e Resilienza sembra sia in fase di attuazione. Nell’attesa di saperne di più sarà opportuno fare un excursus che ricordi cos’è il Mes e come si è arrivati al Recovery Fund (Next generation Eu).

Andrea Del Monaco – Il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità è un trattato internazionale, sottoscritto nel 2012 (per l’Italia dal Governo Monti) e ratificato alla fine da tutti i 27 gli Stati Membri: non è un trattato europeo perché allora la Gran Bretagna non lo sottoscrisse. Il MES è il terzo degli strumenti creati nella crisi post 2008 e ha “aiutato” Cipro, Grecia e Spagna. De facto è un fondo salva-banche: formalmente ha salvato le banche greche e spagnole, debitrici delle banche francesi e tedesche; sostanzialmente i contribuenti europei, pagando il MES, hanno salvato le banche francesi e tedesche creditrici delle banche greche e spagnole. Il MES e gli altri due strumenti salva-banche sono costati all’Italia 60 miliardi di Euro.


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emmeffe: L’uomo della necessità

malacoda

L’uomo della necessità

di emmeffe

anankeanankeananke 239x300La relazione conclusiva di Carlo Bonomi all’assemblea nazionale della Confindustria del 23 settembre è uno di quei documenti che dovrebbero essere studiati per intero nei manuali di filosofia politica. Ci sono tre tipi di animali politici nella fauna italiana, scrive il Filosofo: l’Uomo della Provvidenza, l’Uomo della Possibilità, infine c’è l’Uomo della Necessità.

L’Uomo della Provvidenza, come è noto, fu Benito Mussolini. In che senso incarnava la figura della Provvidenza? Nel senso che, alla società del periodo, la rivoluzione proletaria sembrava davvero alle porte, serviva un intervento miracoloso, anti-storico, per salvare la borghesia e schiacciare le rivendicazioni operaie. Bonomi finge di non ricordare il sostegno che la sua Confindustria diede all’ascesa del fascismo, schernendosi dietro all’affermazione anti-fascista: «mai più uomini della provvidenza»!

Gli «uomini del possibile» sono quelli che nascono da una società democratica che liberamente sceglie una o l’altra opzione politica. Dove è ancora possibile la scelta. Ma ai padroni non piacciono nemmeno loro, in quanto, spiega il Filosofo, hanno «un occhio sempre mirato al consenso di breve periodo», cercano di «evitare scelte coraggiose», temono eccessivamente «delusione e scontento». Sono «campioni mondiali di un’unica specialità»: «Il calcio alla lattina, il rinvio eterno al futuro di qualunque soluzione efficace».

Infine c’è Lui, l’Uomo della Necessità. «Ecco, Mario Draghi è uno di questi uomini, uomini della necessità». E parte la serenata. Il padrone si mette a recitare la parte del cortigiano, ricorda la lunga disonorata carriera del nostro Presidente del Consiglio, dalla Banca d’Italia al Financial Stability Board, fino ai nove anni al timone della Banca Centrale Europea. Lunga vita all’Uomo della Necessità:


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Alessandro Visalli: Le quattro sfide: clima, energia, pan-sindemia, politica

tempofertile

Le quattro sfide: clima, energia, pan-sindemia, politica

di Alessandro Visalli

riscaldamento climatico cambiamenti climatici pianeta
            terra 720x390La prima sfida: crisi climatica

Viviamo in un mondo in cui abbiamo ormai superato i 7,8 miliardi di abitanti e che cresce del 1,2 % all’anno (quindi raggiungerà gli 8 miliardi nel 2025 e i 9,1 nel 2050); in cui la Cina, con 1,43 miliardi di abitanti è il paese più affollato, seguito dall’India con 1,3 miliardi e –a grande distanza- dagli USA con 329 milioni, poi l’Indonesia. Un mondo in cui la popolazione urbana è, in termini assoluti, più numerosa della popolazione rurale (3,15 miliardi di persone vivono in città), e sarà sempre più così, dato che l’88 % della crescita della popolazione avverrà nelle città dei paesi in via di sviluppo.

Per comprendere i termini del problema che questo semplice fatto provoca si può usare il concetto di “impronta ecologica”[1], potente metafora promossa dal WWF. Si tratta di una semplice applicazione del concetto di “capacità di carico”; molto usato, e talvolta molto criticato, nella pianificazione del territorio.

Nel 2020 l’impronta ecologica mondiale era stimabile in ca 2,7 ha globali pro capite (cioè 18 miliardi di ettari), mentre la biocapacità del pianeta era stimabile in 1,5 ettari pro capite (12 miliardi di ettari). È dagli anni ottanta che l’impronta ecologica ha superato la biocapacità del pianeta ed oggi, come si vede è del 30 % eccedente.

Più in dettaglio, secondo le valutazioni fatte: la Cina e gli USA usano ciascuno il 21 % della biocapacità del pianeta (ma mentre la Cina lo fa con 1,43 miliardi di persone gli USA lo fanno con 304 milioni); l’India ha l’impronta successiva con il 7 % (su una popolazione di 1,3 miliardi).


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Andrea Olivieri: Fronte del porto. L’«anomalia selvaggia» della piazza anti-pass triestina e la lotta di classe

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Fronte del porto. L’«anomalia selvaggia» della piazza anti-pass triestina e la lotta di classe

di Andrea Olivieri

[Quel che sta accadendo con epicentro Trieste, in un’accelerazione che lascia sorpresi molti ma non chi segue la vicenda dal principio, rende necessario chiarire alcuni punti.

Il contagio che dalla piazza anti-lasciapassare triestina sembra estendersi a diversi porti italiani smentisce le letture banali delle mobilitazioni in corso, “letture” funzionali a facili riprovazioni.

Come tutte le altre, anche la piazza anti-pass triestina presenta contraddizioni, ma ha una presenza organizzata di compagne e compagni, ha emarginato e anche cacciato noti fascisti, e soprattutto è caratterizzata da un inequivocabile, visibilissimo protagonismo operaio.

A proposito delle lotte contro il lasciapassare, benpensanti finto-marxisti hanno parlato di «egoismo», «individualismo», «particolarismi», «proteste sterili di piccoli borghesi», ritorno dei «forconi», «fascismo»… Ma se si fosse trattato di particolarismi, di egoismi di categoria, l’altro giorno i portuali triestini – che sono l’anima della piazza, non sono borghesi e possiedono solo la propria forza-lavoro – avrebbero accettato la mediazione governativa e i tamponi gratuiti solo per il loro settore. Invece si sono adirati di fronte a una proposta che avrebbe prodotto l’ennesima discriminazione tra lavoratori, e hanno radicalizzato le loro posizioni.

Da giorni il compagno triestino Andrea Olivieri, autore del libro Una cosa oscura, senza pregio. Antifascisti tra la via Flavia e il West (Alegre, 2019), sta lavorando a un testo ponderato su tutto questo. Gli abbiamo chiesto di anticipare al volo alcune considerazioni, perché ce n’è bisogno ora. Buona lettura. WM]

* * * *

In queste ore la vicenda triestina è salita alla ribalta delle cronache nazionali in seguito alla netta e radicale presa di posizione dei lavoratori – i portuali in testa – contro il lasciapassare ma anche contro la soluzione-tampone (è il caso di dirlo) dei tamponi garantiti dalle aziende.

Per chi è in grado di leggere la situazione senza pregiudizi, il dato è che proprio a Trieste si è determinato un accumulo di rabbia per i provvedimenti anti-pandemici governativi. Solo in parte questa rabbia è il frutto di peculiarità storiche e socio-economiche della città. Che ci sono, sia chiaro, ma in questo momento sembrano incidere solo nell’esprimere meno statolatria e appiattimento ideologico di quanto accade in altre parti d’Italia, e forse anche una concezione della salute collettiva che ha tratto ispirazione dal lavoro di Franco Basaglia, che altrove è andato perso o non è mai stato raccolto.

Quest’accumulo ha portato ripetutamente nelle strade di Trieste decine di migliaia di persone. La sorpresa, o anche lo sconcerto, è però solo di chi in questo ultimo anno e mezzo si è accomodato sul divano o di fronte al pc per interpretare la realtà, come segnalato da Niccolò Bertuzzi, leggendo Repubblica e confrontandosi solo con la propria bolla sociale.

Ieri il Piccolo – che a lungo ha finto di non accorgersi di cosa stava montando in città già dall’estate – proclamava in prima pagina che le persone al corteo di lunedì scorso, il quarto in meno di un mese, erano almeno quindicimila – e millecinquecento al corteo della mattina indetto da Cobas, USB e USI – e snocciolava le varie realtà di lavoratori presenti: portuali, ferrovieri, operai di diverse aziende tra le quali Wärtsilä e Flex, insegnanti… E qui va aggiunto – perché non riconoscibili, dal momento che sono quelli che stanno subendo maggiori pressioni – molti lavoratori della sanità.

Oltre a ricordare che la città conta poco più di duecentomila abitanti – ne ha persi venticinquemila nell’ultimo quarto di secolo, perlopiù per emigrazione – vale la pena tenere presente che i settori produttivi prevalenti in città sono terziario e servizi, quindi di fatto ieri in piazza erano riconoscibili tutte le realtà industriali più importanti – salvo il porto non organizzate perché Cgil, Cisl e Uil si tengono ben alla larga: ho fotografato, ad esempio, uno striscione «METALMECCANICI NO PASS», fatto a bomboletta sopra un lenzuolo, con un bel blocco di tute blu al seguito, per dire della «rappresentanza».

Voglio citare un paio di passaggi di un’intervista sullo stesso giornale a Franco Belci, storico e già segretario locale della Cgil per diversi anni, emblematici secondo me perché pronunciati da chi in teoria avrebbe tutto l’interesse a etichettare la protesta contro il pass come manovrata dai fascisti e, soprattutto, contro i lavoratori. E invece:

Belci, perché una protesta così partecipata anche a Trieste?

«Una partecipazione sorprendente, che si è ripetuta del resto più volte. Non facile da spiegare».

Conta la presenza storica della destra in città?

«[…] A Trieste vedo un’umanità molto varia. Le presenze neofasciste, se mai ci sono, appaiono del tutto minoritarie. Quella triestina è una forma di dissenso trasversale, legata al merito: le scelte del governo sul Green pass».

Chi già in precedenza era in ascolto dei molti segnali di disobbedienza a provvedimenti paradossali e insensati, e ora si è preso la briga di andare in quelle piazze per mapparne la composizione e le strutture di sentimento, in questo momento si chiede solo una cosa: come farà il governo guidato dall’uomo della Provvidenza a rimediare a quello che rischia di essere il più clamoroso passo falso di tutta la gestione pandemica?

Il Coordinamento Lavoratori Portuali di Trieste e Monfalcone ha proclamato il blocco delle attività portuali da venerdì mattina se non verrà ritirato il provvedimento che impone il lasciapassare.

I portuali rinunciano a quella che, secondo molti, sarebbe già una vittoria, ovvero i tamponi gratuiti pagati dalle aziende, per rilanciare e spiegare la cosa più importante: la lotta che hanno deciso di intraprendere, da principio mirata a non lasciare nessuno dei propri compagni di lavoro a casa, nel flusso delle manifestazioni e della mobilitazione comune con altre categorie e realtà cittadine si è trasformata in qualcos’altro, qualcos’altro che li porta a non poter accettare compromessi: «Va tolto l’obbligo di greenpass per lavorare, non solo per i lavoratori del porto ma per tutte le categorie di lavoratori».

Nell’annunciare questa presa di posizione radicale i portuali si assumono un’ulteriore responsabilità, quella di entrare in conflitto, per la prima volta in maniera così dura, con Zeno D’Agostino, dal 2020 presidente dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico orientale. In risposta alla loro mobilitazione, D’Agostino ha dichiarato che un attimo dopo l’inizio dello sciopero si dimetterà, perché verrà meno la sua legittimazione da parte dei lavoratori.

A quest’annuncio i portuali hanno risposto ribaltando la minaccia a quello che dovrebbe essere il suo vero destinatario:

«Deve essere chiaro a tutti che le eventuali dimissioni di D’Agostino sarebbero da imputare totalmente al Governo: è il Governo che ha emesso il ricattatorio decreto Green pass per lavorare che ha suscitato la giusta reazione dei lavoratori; è il governo che invece di porre rimedio al danno fatto stando ad ascoltare i lavoratori, ha voluto scaricare le sue responsabilità su D’Agostino, a cui ha chiesto di trovare un rimedio; ed è sempre il governo che D’Agostino non lo ha voluto nemmeno ascoltare intestardendosi a voler mantenere a tutti i costi in vigore il decreto».

A chi non ci vive o conosce poco Trieste, il suo peso economico e il suo porto, la portata di questo conflitto risulterà forse di scarsa importanza. Ma guarda caso proprio il caso triestino è stato ripreso ieri, a due giorni dall’entrata in vigore del lasciapassare obbligatorio, da tutti i media nazionali, che di colpo si sono resi conto che rischia di accadere qualcosa di enorme. Tanto più che il blocco del porto annunciato per venerdì 15 ottobre potrebbe verificarsi anche in altri scali italiani, da Genova a Gioia Tauro.

I portuali triestini ne sono certi, ritengono di aver scoperchiato il vaso di Pandora di una sequela di provvedimenti insensati e pilateschi, congegnati per scaricare le responsabilità della pandemia sempre verso il basso. E hanno buoni argomenti per sostenerlo, dal momento che, come tutti i lavoratori della logistica, sono tra quelli che, anche nel più duro «lockdown», hanno continuato a lavorare sempre e sanno bene che il fatto di farlo in condizioni che non garantivano nessuna sicurezza è stata la vera norma non scritta della gestione pandemica.

Sui social o a volte anche nelle discussioni su Giap vedo persone spezzare il capello in quattro su ciò che vogliamo, litigare sulle virgole e gli aggettivi di questo o quell’articolo sul Covid, sui titoli e la credibilità di chi l’ha scritto, o sulla scientificità della rivista che lo ospita. E per molte ragioni può essere utile farlo.

Il dato da registrare in questi giorni, tuttavia, è che la rabbia che frettolosamente è stata etichettata di volta in volta come «negazionista», «No Vax», «anarcocapitalista», «fascistoide» e via dicendo sta subendo una curvatura, e anziché incanalarsi solo in direzione di un’indistinta protesta antisistema, contro i vaccini e un generico potere globale, sta affrontando la questione squisitamente materialista e del tutto marxista dei rapporti di produzione e del conflitto tra capitale e lavoro.

Se questo è vero, con l’imposizione del pass Draghi ha fatto un errore madornale.



coniarerivolta: Le Nazioni Unite denunciano lo sfruttamento… in Italia

coniarerivolta

Le Nazioni Unite denunciano lo sfruttamento… in Italia

di coniarerivolta

In un recentissimo rapporto delle Nazioni Unite si possono leggere le seguenti parole: sfruttamento, serie e persistenti violazioni dei diritti umani, condizioni abitative e lavorative disumane, gravi problematiche relative alla salute e la sicurezza sul posto di lavoro, inquinamento ambientale che mette a rischio la salute pubblica. Indovinello: a quale Paese si riferisce il summenzionato rapporto?

  • Una Nazione del Terzo Mondo, dilaniata da una guerra civile
  • Il Venezuela/Cuba
  • L’Italia

La risposta è, ovviamente, la terza. Il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite su impresa e diritti umani ha, infatti, recentemente visitato il nostro Paese, fornendo un quadro desolante, ma per nulla sorprendente per chi vive quotidianamente sulla propria pelle il funzionamento del cosiddetto ‘mercato del lavoro’ italiano.

E così, mentre la stampa italiana si crogiola sui numeri ottimistici della ripresa economica post-pandemia e sul sol dell’avvenire garantito dal rispettato governo Draghi, la durezza più cruda della realtà quotidiana della vita di milioni di persone viene a galla persino attraverso un rapporto delle Nazioni Unite.


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Andrea Zhok: Perchè non vaccinare le fasce meno suscettibili della popolazione può essere un bene pubblico

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Perchè non vaccinare le fasce meno suscettibili della popolazione può essere un bene pubblico

di Andrea Zhok

Nonostante oramai dubiti della permeabilità al ragionamento nelle presenti controversie, questo è l’unico contributo che sono pienamente qualificato a dare, e ci provo ancora una volta, nella speranza di disinnescare il livello di mutua incomprensione (e franco odio) che è oramai emerso.

Se, come probabile, anche un ragionamento pacato come il presente verrà considerato una "violazione agli standard della community", saprò semplicemente che lo spazio per le parole è finito e che siamo in procinto di entrare in un nuovo tipo di regime (per chi sia ancora interessato a seguirmi, mi trasferirò su SFERO).

Bene, provo a venire al punto.

L’argomento più forte che viene agitato contro quella minoranza di persone che non desiderano vaccinarsi (ora; con questi vaccini; con queste informazioni) contro il Sars-Cov-2 è che con il loro comportamento produrrebbero un danno alla salute pubblica. Ci sono molti argomenti che possono essere sollevati e che sono stati sollevati in risposta, ma voglio qui concentrarmi su uno solo, il più tecnico, ma anche a mio avviso il più importante.


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Thomas Fazi: Il green pass come strumento di guerra di classe

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Il green pass come strumento di guerra di classe

di Thomas Fazi

Dal giorno 15 ottobre milioni di lavoratori rischiano di rimanere senza stipendio e/o lavoro (o di dover sborsare 200-300 euro al mese) per il semplice fatto di aver esercitato una libera scelta consentita dalla legge: cioè quella di non vaccinarsi. Una libera scelta - tra l'altro - che non ha nessuna ripercussione sul prossimo.

In primis perché - come ci ricorda l'ANMA, l'associazione nazionale dei medici d'azienda - «allo stato attuale, la possibilità di contagiare e di contagiarsi sussiste indipendentemente dalla condizione vaccinale e/o dal possesso del green pass», e dunque un non vaccinato non rappresenta un rischio apprezzabilmente superiore per un vaccinato di un altro vaccinato. L'ultimo studio in materia ci dice che la contagiosità dei vaccinati, nella più ottimistica delle ipotesi, scende praticamente allo stesso livello dei non vaccinati nel giro di un paio di mesi - mentre il green pass ha una validità di 12 mesi. E questo senza considerare l'uso della mascherina al chiuso, che realisticamente riduce ulteriormente lo scarto già minimo.


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Manlio Dinucci: Esplodono i prezzi nella battaglia del gas

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Esplodono i prezzi nella battaglia del gas

di Manlio Dinucci

L'arte della guerra. La rubrica di geopolitica a cura di Manlio Dinucci

L’esplosione dei prezzi del gas colpisce l’Europa nel momento critico della ripresa economica, dopo i disastrosi effetti dei lockdown del 2020. La spiegazione che ciò è dovuto alla crescita della domanda e al calo dell’offerta nasconde un quadro ben più complesso, in cui svolgono un ruolo primario fattori finanziari, politici e strategici. Gli Stati uniti accusano la Russia di usare il gas quale arma geopolitica, riducendo le forniture per costringere i governi europei a stipulare contratti a lungo termine con la Gazprom, come ha fatto la Germania col gasdotto North Stream. Washington preme sull’Unione europea perché si sganci dalla «dipendenza energetica» dalla Russia, che la rende «ostaggio» di Mosca.

Fondamentalmente per effetto di tale pressione sono calati nella Ue i contratti a lungo termine con la Gazprom per l’importazione di gas russo, mentre sono aumentati gli acquisti sui mercati spot (o cash), dove si acquistano partite di gas che vengono pagate in contanti nell’arco della giornata.


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Mario Porro: Parisi: la fisica per salvare il Pianeta

doppiozero

Parisi: la fisica per salvare il Pianeta

di Mario Porro

e0eef78dd9d32d44cc003860cb65517b xlPrima che il conferimento del premio Nobel lo portasse alla ribalta, Giorgio Parisi aveva ricevuto nel 1992 un altro premio, per alcuni versi ancor più significativo, quello dedicato a Ludwig Boltzmann, il fisico tedesco strenuo difensore dell’atomismo, morto suicida nel 1906. Oltre ad aver dato fondamentali contributi nell’ambito della termodinamica, Boltzmann aveva aperto promosso, insieme a J. W. Gibbs, lo sviluppo della meccanica statistica, lo studio cioè dei fenomeni che coinvolgono grandi numeri, insiemi composti da una molteplicità di elementi in interazione, come le molecole di un gas. Non potendo determinare le singole traiettorie delle molteplici particelle che formano un sistema complesso, si deve ricorrere a metodi probabilistici, un lavoro che ha ricevuto contributi fondamentali dall’avvento dei computer. Non possiamo stabilire con esattezza il prodursi di un evento, come non possiamo prevedere la traiettoria di volo di un singolo storno fra le decine di migliaia che compongono lo stormo svolazzante nei cieli autunnali di Roma (un esempio caro a Parisi); possiamo però indicare la probabilità del prodursi di un processo, indicare la forma che potrebbe disegnare l’apparente caos dello stormo in fuga dagli assalti di un falco.

La “complessità” era diventata oggetto dell’interesse scientifico a partire dagli anni Settanta, anche se gli studi che ne avevano segnato l’inizio erano già emersi con gli articoli del meteorologo Edward Lorenz (occorre ricordare l’“effetto farfalla”?), risalenti al 1963 ma passati quasi sotto silenzio. Anche se c’era chi, come Carlo Emilio Gadda, narratore di dinamiche caotiche, aveva abbozzato, nella Meditazione milanese del 1928, fra mentalità ingegneresca e suggestioni filosofiche, una “teoresi” fedele al “senso della complessità” che rintracciava ovunque nella realtà.


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Bollettino Culturale: Conricerca: uno sviluppo dell'inchiesta operaia

bollettinoculturale

Conricerca: uno sviluppo dell'inchiesta operaia

di Bollettino Culturale

romano alquati worker with boss on kneeSteve Wright ci dice che se il primo tema dell'operaismo era quello dell'autonomia, il secondo riguardava la “possibile utilità della sociologia 'borghese' come mezzo per comprendere la realtà della moderna classe operaia”. La riflessione sulla sociologia, infatti, ha avuto una forte presenza nella ripresa del marxismo italiano del dopoguerra, presenza che si riscontra anche tra i collaboratori dei Quaderni Rossi, che più volte nei loro incontri hanno trattato questo tema. Nel settembre 1964, nella città di Torino, Panzieri presentò un seminario dal titolo “Uso Socialista dell'inchiesta operaia”. Con questo seminario il fondatore dei Quaderni intendeva raggiungere due obiettivi: da un lato, “portare qualche chiarimento al tema «Scopi politici dell'inchiesta»” e dall'altro “la precisazione di un certo metodo di lavoro dei «Quaderni rossi».” Quanto al primo ambito, la domanda centrale di Panzieri potrebbe essere così sintetizzata: è possibile costruire una sociologia del lavoro e dell'industria che non sia al servizio dello sviluppo tecnologico ma delle lotte operaie? Per rispondere, l'autore ricorrerà a una considerazione del lavoro di Marx, confrontandolo con le esperienze degli stessi lavoratori. Panzieri spiega che sebbene Marx abbia affrontato a suo tempo un'economia politica al completo servizio del capitale, il pensatore tedesco, invece di rifiutarla come scienza a causa del suo uso borghese, l'ha sottoposta a critiche. La base di questa critica starebbe nell'”accusa riccamente, se non sempre sufficientemente e persuasivamente, documentata del carattere unilaterale dell'economia politica.”

In questo senso, la critica marxiana indicherebbe non la falsità teorica della scienza economica, ma i suoi limiti: “l'economia politica pretende di chiudere la realtà sociale dentro lo schema limitato di un particolare modo di funzionamento, e assume poi questo modo di funzionamento come il migliore e quello naturale.”


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Giovanni Iozzoli: Immunizzati alla democrazia

carmilla

Immunizzati alla democrazia

di Giovanni Iozzoli

125pp125Un delirio d’impotenza – come una febbriciattola, un malessere, un tremore sottopelle. Tutti in fila, con gli occhi sui cellulari, ciondolando o scuotendo la testa: le badanti moldave, i ragazzini che non potevano più entrare in Polisportiva, gli edili vestiti da cantiere, qualche poliziotto in borghese che ammicca ai colleghi di guardia; poi i facchini, gente degli stabilimenti, un pezzo di classe operaia riottosa che ha aspettato fino all’ultimo. Pochi stranieri, molti meridionali – mi chiedo perché. Qualcuno scuote la testa, qualcuno nasconde i timori ridacchiando col vicino. Un hangar lindo e spettrale ci accoglie, con il solito allestimento scenico di simil-volontari; ormai somigliano a miliziani dalla fedeltà inscalfibile, buoni per ogni causa, dal soccorso pubblico al colpo di Stato. E’ cominciato tutto con il generale Buttiglione in divisa e penna sul cappello; e finisce tutto in hangar, caserme, minacce di apartheid: la campagna militar-vaccinale è partita dalla commedia italiana e culmina nella violazione palese e rivendicata della Costituzione. Chi l’ha detto che in Italia le cose finiscono sempre in burletta? Stavolta è andata alla rovescia: qua qualcuno ha fatto maledettamente sul serio proprio nel finale.

La fila è anonima, composta principalmente da poveri diavoli, gente che deve lavorare, che non può permettersi altre dilazioni. Lo so, è una drammatizzazione della mia fantasia, ma sembriamo bestie al macello, malinconiche e rassegnate. Nessuno dei presenti pare preoccupato all’idea che gli stiano inoculando nanoparticelle o sia in atto uno sterminio pianificato della popolazione – non sembra gente che ha tempo per i complotti. Però condividono tutti una medesima sensazione di sconfitta, di resa, qualcosa che si avverte nell’aria; qualcosa che forse brucia più delle supposte nanoparticelle.


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Edoardo Laudisi: La psicologia delle masse e la violenza dei media

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La psicologia delle masse e la violenza dei media

di Edoardo Laudisi

Come vanno certe cose lo aveva spiegato Freud cento anni fa, nel suo “Psicologia delle masse e analisi dell’io”. La massa ha una capacità cognitiva inferiore del singolo ma una energia emotiva molto superiore. È instabile, imprevedibile e capace di azioni improvvise anche violente. Perché ciò avvenga è fondamentale la figura dell’aizzatore, l’incendiario, la testa calda che faccia scoccare la scintilla. Per appiccare un incendio ne bastano pochi piazzati nei punti giusti. Si tratta di gente preparata, in un certo senso dei professionisti che sanno quello che stanno facendo. Il genere di persona che ha contatti trasversali e di lunga data in vari ambienti; criminali, politici e perfino delle forze dell’ordine. Talvolta anche della magistratura. Non necessariamente contatti di primo livello, bastano dei collegamenti funzionali con gente operativa nei confronti della quale si possa vantare dei crediti, o si abbia dei debiti. Forza Nuova ha il phisique du rôle adatto a ricoprire questo compito delicato che la politica italiana gli affida fin dai tempi di Terza Posizione. Dopotutto restiamo un paese in cui la matrice del potere è essenzialmente mafiosa.


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Francesco Piccioni: Gli “opposti estremismi” in salsa Draghi

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Gli “opposti estremismi” in salsa Draghi

di Francesco Piccioni

Le “stranezze” di questo periodo storico sono davvero tante. Abbiamo piccole mobilitazioni, sicuramente non adeguate alla gravità della situazione.

Alcune sono chiaramente reazionarie – non solo per la visibilissima egemonia fascista, ma per l’irrazionalismo assoluto del “discorso” para-politico – che rovesciano i simboli storici (il green pass equiparato alla stella gialla identificava degli ebrei sotto il nazismo, il nazismo stesso considerato equivalente di ogni altro regime centralizzato, la “resistenza” evocata per sostenere valori opposti, ecc).

Vediamo le forze di polizia – mai come in questa fase in grado di controllare quasi ogni aspetto della vita sociale – prontissima a negare piazze o limitarne gli accessi, ma “stranamente” impreparata a trattenere qualche decina di fascisti ultranoti che si spostano – bastoni alla mano – da Piazza del Popolo a Corso d’Italia, con al fianco altre decine di agenti in assetto antisommossa ma niente affatto “ostili” nei loro confronti.


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Massimiliano: Manifestazione con scontri. Riflessioni critiche su una commedia annunciata

frontiere

Manifestazione con scontri. Riflessioni critiche su una commedia annunciata

di Massimiliano da Campobasso

Se fosse stato un film, quanto avvenuto sabato a Roma sarebbe uno di quei film di natale che, anno dopo anno, venivano riproposti sul grande schermo con (i soliti) due attori protagonisti; sceneggiatura uguale all’anno precedente, piccoli cambiamenti di scena, l’uso della volgarità per strappare qualche sorriso.

I fatti di sabato, e mi riferisco alle violenze culminate con “la presa della CIGL” durante la manifestazione di Piazza del Popolo, erano chiaramente prevedibili.

Nei giorni precedenti, attraverso diversi appelli, il Fronte del Dissenso aveva scoraggiato il recarsi a queste manifestazioni per evitare di aiutare chi, in modo più o meno esplicito, voleva prestare il fianco al governo per disinnescare il successo di quelle organizzazioni che stanno combattendo strenuamente contro il totalitarismo sanitario.

Il Fronte del Dissenso che, nel più assoluto silenzio mediatico, ha organizzato e promosso l’imponente manifestazione di Piazza San Giovanni del 25 settembre scorso.


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Marco Bertorello e Danilo Corradi: L’illusione del miracolo economico

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L’illusione del miracolo economico

di Marco Bertorello e Danilo Corradi

Alcuni economisti mainstream considerano l’attuale ripartenza italiana strutturale. In realtà la nostra economia è fanalino di coda in Europa da 25 anni e l'attuale miglioramento dell'export è favorito principalmente dai bassi salari

Ad agosto abbiamo espresso dubbi rispetto a una tesi che va diffondendosi, sostenuta con particolare enfasi dall’economista Marco Fortis, secondo cui l’attuale ripartenza italiana sarebbe prevalentemente strutturale e non frutto di un rimbalzo. Titolavamo un po’ ironicamente il pezzo «Cercasi disperatamente miracolo economico». Successivamente proprio Fortis rilanciava polemizzando ripetutamente su varie testate con i contenuti del nostro articolo a partire da un pezzo dall’inequivocabile titolo «Cercasi flop disperatamente». Proviamo a tornare sul tema non per fare i «gufi» o i «pessimisti seriali» come pensa Fortis, ma per leggere gli elementi di novità, che pur ci sono, provando a contestualizzarli e valutare se davvero consentono di intravedere una trasformazione nella struttura degli assetti economici nazionali. Andiamo per punti:


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Giorgio Agamben: Intervento al Senato sul certificato verde ‘Green Pass’

movimentolibertario

Intervento del Prof. Giorgio Agamben al Senato sul certificato verde ‘Green Pass’

Alle odierne “Audizioni in videoconferenza sul ddl n. 2394 (d-l 127/21 – estensione certificazione verde COVID-19 e rafforzamento screening)” tra gli altri è stato audito dalla Commissione Affari costituzionali del Parlamento il professor Giorgio Agamben, filosofo e scrittore. Di seguito l'intervento.

Mi soffermerò soltanto su due punti che vorrei portare all’attenzione dei parlamentari che dovranno votare sulla conversione in legge del decreto.

Il primo è l’evidente, e sottolineo la parola evidente, contraddittorietà del decreto in questione.

Voi sapete che il Governo con un apposito decreto legge, il numero 44 del 2021 detto scudo penale (ora convertito in legge), si è esentato da ogni responsabilità per i danni prodotti dal vaccino. E quanto gravi possono essere gravi questi danni risulta dal fatto che l’articolo 3 del decreto in questione menziona esplicitamente gli articoli 589 e 590 del Codice Penale che si riferiscono all’omicidio colposo ed alle lesioni colpose.

E possibile, chiedo, immaginare una situazione giuridicamente e moralmente più abnorme?

Come autorevoli giuristi hanno notato, questo significa che lo Stato non si sente di assumere la responsabilità per un vaccino che non ha terminato la fase di sperimentazione e tuttavia allo stesso tempo cerca di costringere con ogni mezzo i cittadini a vaccinarsi escludendosi altrimenti dalla vita sociale ed ora, con il nuovo decreto che siete chiamati a votare, privandoli persino della possibilità di lavorare.


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Andrea Zhok: Alcune riflessioni sul Green Pass

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tonino

unread,
Oct 19, 2021, 9:05:57 AM10/19/21
to sante gorini

alcune compagne e compagni di Trieste: Un prospettiva sulle mobilitazioni contro il Green Pass a Trieste

ilrovescio

Un prospettiva sulle mobilitazioni contro il Green Pass a Trieste

di alcune compagne e compagni di Trieste

Riceviamo e diffondiamo:

foto865fgPremessa

Scriviamo questo contributo per provare a mettere nero su bianco l’esperienza che stiamo facendo da aprile, ed in particolare nell’ultimo mese e mezzo, all’interno del movimento contro il Green Pass a Trieste, sperando possa essere utile per il dibattito.

Si tratta di un percorso che, per quanto ci è noto, ha acquisito una serie di specificità che lo differenziano da alcune altre piazze calde nel resto d’Italia, o che perlomeno lo smarcano da una lettura univoca, soprattutto adottando un punto di vista militante. Dopo i recenti fatti romani, infatti, è ritornata ad imporsi su tutto il movimento contro il lasciapassare verde l’ombra di un’egemonia fascista o comunque la sua interpretazione come un fenomeno piccolo borghese, assimilabile alle piazze dei commercianti per le riaperture, organizzate nell’ultimo anno e mezzo.

Qua a Trieste, invece, abbiamo intravisto e attraversato delle potenzialità nuove, che danno forma ad un movimento per certi versi assimilabile ai gilet jaunes francesi, con una forte connotazione di classe e ben distante dalle derive destrorse che dominano la narrazione mediatica. Non si tratta di negare l’esistenza – in potenza – anche di queste derive, ma al contrario di aprire la complessità di questo movimento, senza ridurla ad un ammasso confuso di pulsioni egoiste, facile preda di gruppi neofascisti e della destra aperturista.

 

Nascita

Dalla primavera del 2021, e per tutta l’estate, si sono susseguite a Trieste diverse piazze che hanno messo in discussione la “verità sui vaccini” e finanche l’esistenza stessa – o la nocività – del virus Sars-Cov2. Diffuse prevalentemente tramite messaggi nelle chat, queste manifestazioni sono state organizzate, di volta in volta, da gruppi come il Movimento 3v (partito nato per opporsi agli obblighi vaccinali che proprio qua a Trieste ha visto il miglior risultato alle recenti elezioni comunali, guadagnando il 4,5 % dei voti – anche se con affluenza bassissima del 45%), o dall’Associazione Alister, storico presidio locale impegnato nella critica ai vaccini.


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Leo Essen: Fight the FIRE – in memoria di David Graeber

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Fight the FIRE – in memoria di David Graeber

di Leo Essen

PUGNOI

Il 23 settembre, nel primo anniversario della morte di David Graeber, in un incontro promosso dalla Royal Society of Arts di Londra, gli economisti Michael Hudson e Thomas Piketty hanno discusso del debito, un tema caro a Graeber.

Secondo Piketty, in futuro ci sarà di nuovo un altro consolidamento del debito - un massiccio consolidamento del debito.

Come avverrà questo consolidamento?

Nella storia recente, dice Piketty, ci sono due episodi di azzeramento del debito, tutti e due davvero impressionanti.

Il primo si verificò durante la Rivoluzione francese. Il sistema politico (l’amministrazione) non riusciva a far pagare chi avrebbe dovuto pagare le tasse, allora esplose il debito. La rivoluzione fu la soluzione. Essa consolidò il debito, in parte attraverso l’inflazione, in parte attraverso la tassazione. Nello stesso tempo finirono i privilegi fiscali dell’aristocrazia.

Il secondo episodio si verificò dopo la seconda guerra mondiale, tra il 1945 e il 1950. La maggior parte delle economie dei paesi ricchi era gravata da un debito pubblico enorme, ancora più grande di quello di oggi. Alla fine, dice Piketty, si scelse, insieme, di non pagare il debito. Ciò accadde usando diverse strategie – inflazione, cancellazione, etc. La Germania, in particolare, vi riuscì, da una parte, promuovendo una riforma monetaria, e, dall’altra, attraverso una tassazione progressiva dei detentori di ricchezze molto alte. Non era un sistema perfetto, ma, rispetto ad altri modi adottati in passato, dice Piketty, era certamente uno dei modi più equi o, almeno, non iniqui.


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Piotr: Allarme son fascisti

perunsocialismodelXXI

Allarme son fascisti

di Piotr

210250298 08dd2145 3085 46af 8083 1a57ff0e896eAnche l'Huffington Post e il Corriere della Sera, pur adusi a lanciare gridolini alla groupie a beneficio del governo Draghi, se ne sono accorti.

Ecco il vicedirettore dell'Huffington Post:

«A una settimana dal voto, la protesta, entrata in sonno nelle urne, si è rovesciata nelle strade. [...] Diciamoci la verità: una parte del dibattito pubblico, che chiama in causa classi dirigenti e intellettuali, si è illusa del ritorno alla “normalità”, come se tutto fosse finito, in un’orgia di retorica sulla “ripartenza” che oscura il dato di fondo di questa crisi. E cioè che la pandemia non è l’inceppo di un motore da riaccendere, ma la devastazione di un paese da “ricostruire”, con fatica: economicamente, socialmente, moralmente.»

Questo invece è Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera:

«Ma accanto a queste abituali presenze, è comparso qualcosa di diverso. In strada, pronte a fronteggiare i celerini in tenuta antisommossa, c’erano persone a viso scoperto, uomini e donne non più giovani che gridavano esasperati, immobili e quasi indifferenti al getto degli idranti. Presenze quasi “spiazzanti” per chi deve resistere e se del caso caricare. […]  A sostegno, o a rimorchio, di chi potrebbe fomentare e strumentalizzare i disordini c’è una parte di popolazione — minoritaria, ma capace di cambiare volto ai raduni — decisa a non arrendersi alle decisioni del governo. Persone che hanno poco o niente a che fare con le frange violente conosciute, ma che evidentemente sono pronte alla sfida

 

1. Diecimila persone a Roma, cinquemila a Milano, mille a Belluno (Belluno!). E il martedì precedente quindicimila persone a Trieste. Numeri forniti dalle questure. Non passa giorno che migliaia di cittadini italiani non scendano in piazza per protestare contro il green pass draghiano.


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Alessandro Somma: Commissariare il parlamento

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Commissariare il parlamento

di Alessandro Somma

pnrrIl Piano nazionale di ripresa e resilienza e le sue condizionalità

Presentato come un segno della solidarietà e generosità dell’Europa unita, il Pnrr è in verità tutt’altro. In questa prima parte del contributo vedremo perché i soldi di cui si parla sono in realtà pochi e tutti da restituire, per poi illustrare le condizionalità cui sono collegati: innanzi tutto quelle che impongono una sana governance economica, ovvero l’austerità. Nella seconda parte ci dedicheremo alle condizionalità che riguardano la tutela della concorrenza e che comportano liberalizzazioni e privatizzazioni. Concluderemo riflettendo sulla finalità prima del Pnrr: impedire la partecipazione democratica in quanto ostacolo al definitivo consolidamento dell’ortodossia neoliberale.

 

Pochi soldi tutti da restituire

Tra gli strumenti predisposti dall’Unione europea per affrontare la crisi determinata dall’emergenza sanitaria, occupa un posto di rilievo il Next generation Eu: un pacchetto di sovvenzioni e prestiti per 806,9 miliardi di Euro ai prezzi correnti, erogati nell’ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-27 (il cui valore è di complessivi 2018 miliardi). La parte più consistente di questi denari verrà distribuita dal Fondo per la ripresa e la resilienza (Recovery and resilience facility), la cui dotazione ammonta a 723,8 miliardi[1], così suddivisi: 338 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto e 385,8 miliardi in prestiti da restituire.


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Matteo Montaguti: Il Circolo Panzieri di Modena e l’enigma dell’organizzazione

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Il Circolo Panzieri di Modena e l’enigma dell’organizzazione

L’operaismo emiliano dalla fabbrica al territorio

di Matteo Montaguti*

0e99dc ca4d2490be6d4427b301029347731c19mv2La recente scomparsa di Marcello Pergola, protagonista insieme a Paolo Pompei e Guido Bianchini della vicenda dell’operaismo emiliano, può essere l’occasione per ricordare un patrimonio di esperienze per molto tempo relegato ai margini della ricostruzione e della memoria sugli anni Sessanta e Settanta, che solo da poco tempo, grazie all’interesse crescente di giovani ricercatori e iniziative editoriali, comincia a essere riscoperto. Al centro di questo scritto si Matteo Montaguti è infatti il Circolo Panzieri, qui considerato non come luogo fisico ma come percorso politico di una collettività militante, tra le esperienze più significative del «lungo Sessantotto» di Modena. Animato da figure intellettuali dallo spessore di Pompei e Pergola, ha saputo esprimere tratti di originalità politica non solo a livello locale: è stato infatti protagonista, fin dalla seconda metà degli anni Sessanta, di traiettorie di respiro nazionale nell’ambito della costellazione operaista poi cristallizzatasi in Potere operaio, contribuendo a forgiare e sperimentare quel «pensiero del conflitto» ancora oggi preziosamente inattuale.

* * * *

A Paolo Pompei (1937-2003) 
e Marcello Pergola (1933-2021) 

Operaismo sotto la Ghirlandina: breve storia del Circolo Panzieri [1] 

Il primo nucleo di operaisti modenesi, essenzialmente costituito da intellettuali-militanti per la gran parte insegnanti e provenienti dalle file del Psiup, comincia a muovere i primi passi a partire dal 1965, nel tentativo – ancora sotto le rispettive sigle partitiche – di stabilire un approccio diretto con gli operai di alcune fabbriche attraverso l’attività della conricerca, elaborata negli anni precedenti intorno alla rivista «Quaderni rossi».


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Mario Porro: Parisi: la fisica per salvare il Pianeta

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Parisi: la fisica per salvare il Pianeta

di Mario Porro

e0eef78dd9d32d44cc003860cb65517b xlPrima che il conferimento del premio Nobel lo portasse alla ribalta, Giorgio Parisi aveva ricevuto nel 1992 un altro premio, per alcuni versi ancor più significativo, quello dedicato a Ludwig Boltzmann, il fisico tedesco strenuo difensore dell’atomismo, morto suicida nel 1906. Oltre ad aver dato fondamentali contributi nell’ambito della termodinamica, Boltzmann aveva aperto promosso, insieme a J. W. Gibbs, lo sviluppo della meccanica statistica, lo studio cioè dei fenomeni che coinvolgono grandi numeri, insiemi composti da una molteplicità di elementi in interazione, come le molecole di un gas. Non potendo determinare le singole traiettorie delle molteplici particelle che formano un sistema complesso, si deve ricorrere a metodi probabilistici, un lavoro che ha ricevuto contributi fondamentali dall’avvento dei computer. Non possiamo stabilire con esattezza il prodursi di un evento, come non possiamo prevedere la traiettoria di volo di un singolo storno fra le decine di migliaia che compongono lo stormo svolazzante nei cieli autunnali di Roma (un esempio caro a Parisi); possiamo però indicare la probabilità del prodursi di un processo, indicare la forma che potrebbe disegnare l’apparente caos dello stormo in fuga dagli assalti di un falco.

La “complessità” era diventata oggetto dell’interesse scientifico a partire dagli anni Settanta, anche se gli studi che ne avevano segnato l’inizio erano già emersi con gli articoli del meteorologo Edward Lorenz (occorre ricordare l’“effetto farfalla”?), risalenti al 1963 ma passati quasi sotto silenzio. Anche se c’era chi, come Carlo Emilio Gadda, narratore di dinamiche caotiche, aveva abbozzato, nella Meditazione milanese del 1928, fra mentalità ingegneresca e suggestioni filosofiche, una “teoresi” fedele al “senso della complessità” che rintracciava ovunque nella realtà.


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Bollettino Culturale: Conricerca: uno sviluppo dell'inchiesta operaia

bollettinoculturale

Conricerca: uno sviluppo dell'inchiesta operaia

di Bollettino Culturale

romano alquati worker with boss on kneeSteve Wright ci dice che se il primo tema dell'operaismo era quello dell'autonomia, il secondo riguardava la “possibile utilità della sociologia 'borghese' come mezzo per comprendere la realtà della moderna classe operaia”. La riflessione sulla sociologia, infatti, ha avuto una forte presenza nella ripresa del marxismo italiano del dopoguerra, presenza che si riscontra anche tra i collaboratori dei Quaderni Rossi, che più volte nei loro incontri hanno trattato questo tema. Nel settembre 1964, nella città di Torino, Panzieri presentò un seminario dal titolo “Uso Socialista dell'inchiesta operaia”. Con questo seminario il fondatore dei Quaderni intendeva raggiungere due obiettivi: da un lato, “portare qualche chiarimento al tema «Scopi politici dell'inchiesta»” e dall'altro “la precisazione di un certo metodo di lavoro dei «Quaderni rossi».” Quanto al primo ambito, la domanda centrale di Panzieri potrebbe essere così sintetizzata: è possibile costruire una sociologia del lavoro e dell'industria che non sia al servizio dello sviluppo tecnologico ma delle lotte operaie? Per rispondere, l'autore ricorrerà a una considerazione del lavoro di Marx, confrontandolo con le esperienze degli stessi lavoratori. Panzieri spiega che sebbene Marx abbia affrontato a suo tempo un'economia politica al completo servizio del capitale, il pensatore tedesco, invece di rifiutarla come scienza a causa del suo uso borghese, l'ha sottoposta a critiche. La base di questa critica starebbe nell'”accusa riccamente, se non sempre sufficientemente e persuasivamente, documentata del carattere unilaterale dell'economia politica.”

In questo senso, la critica marxiana indicherebbe non la falsità teorica della scienza economica, ma i suoi limiti: “l'economia politica pretende di chiudere la realtà sociale dentro lo schema limitato di un particolare modo di funzionamento, e assume poi questo modo di funzionamento come il migliore e quello naturale.”


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Giovanni Iozzoli: Immunizzati alla democrazia

carmilla

Immunizzati alla democrazia

di Giovanni Iozzoli

125pp125Un delirio d’impotenza – come una febbriciattola, un malessere, un tremore sottopelle. Tutti in fila, con gli occhi sui cellulari, ciondolando o scuotendo la testa: le badanti moldave, i ragazzini che non potevano più entrare in Polisportiva, gli edili vestiti da cantiere, qualche poliziotto in borghese che ammicca ai colleghi di guardia; poi i facchini, gente degli stabilimenti, un pezzo di classe operaia riottosa che ha aspettato fino all’ultimo. Pochi stranieri, molti meridionali – mi chiedo perché. Qualcuno scuote la testa, qualcuno nasconde i timori ridacchiando col vicino. Un hangar lindo e spettrale ci accoglie, con il solito allestimento scenico di simil-volontari; ormai somigliano a miliziani dalla fedeltà inscalfibile, buoni per ogni causa, dal soccorso pubblico al colpo di Stato. E’ cominciato tutto con il generale Buttiglione in divisa e penna sul cappello; e finisce tutto in hangar, caserme, minacce di apartheid: la campagna militar-vaccinale è partita dalla commedia italiana e culmina nella violazione palese e rivendicata della Costituzione. Chi l’ha detto che in Italia le cose finiscono sempre in burletta? Stavolta è andata alla rovescia: qua qualcuno ha fatto maledettamente sul serio proprio nel finale.

La fila è anonima, composta principalmente da poveri diavoli, gente che deve lavorare, che non può permettersi altre dilazioni. Lo so, è una drammatizzazione della mia fantasia, ma sembriamo bestie al macello, malinconiche e rassegnate. Nessuno dei presenti pare preoccupato all’idea che gli stiano inoculando nanoparticelle o sia in atto uno sterminio pianificato della popolazione – non sembra gente che ha tempo per i complotti. Però condividono tutti una medesima sensazione di sconfitta, di resa, qualcosa che si avverte nell’aria; qualcosa che forse brucia più delle supposte nanoparticelle.


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Niccolò Bertuzzi: Gli utili idioti neofascisti e il futuro delle lotte contro il «green pass»

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Gli utili idioti neofascisti e il futuro delle lotte contro il «green pass»

di Niccolò Bertuzzi*

2021 attacco cgil ansa 1024x614[Riceviamo e pubblichiamo una riflessione a caldo sui fatti di Roma scritta dal sociologo Niccolò Bertuzzi, di cui abbiamo già segnalato alcuni articoli. Di nostro aggiungiamo: ci sono mobilitazioni cittadine contro il lasciapassare in cui i fascisti sono stati emarginati nelle piazze e cacciati dalle assemblee, come è giusto, come vuole il minimo della decenza. È un dato di fatto, questa mobilitazione è molto differenziata e decentrata. Questo è al tempo stesso il suo limite e la sua forza. Ci sono situazioni arretrate in cui i discorsi sono confusi e ambigui, dai cortei partono slogan e canti a nostro avviso ripugnanti e i legami col mondo del lavoro sono labili, e ce ne sono altre più avanzate e interessanti, come quella di Trieste, dove sono attivi collettivi di compagne e compagni, il deprecandissimo ex-leghista ed ex-forzanovista Fabio Tuiach è stato allontanato dall’assemblea cittadina e, soprattutto, la lotta contro il lasciapassare si fa forte del protagonismo dei lavoratori del porto. Sicuramente nemmeno lì è tutto rose e fiori, ma il conflitto, almeno per ora, sembra dispiegato lungo la giusta linea di frattura. Vale la pena tenere d’occhio quel che succede nella città ex-asburgica. Ora: non è detto che Trieste debba essere per forza l’eccezione, la “stranezza”, e Roma la regola, la “normalità”. Forse la situazione romana – che pure, come nota Bertuzzi, non corrisponde in toto alla narrazione mainstream di queste ore – è meno rappresentativa e più peculiare di quanto sembri. Una delle varie malattie dello sguardo da cui dobbiamo curarci è un certo “romacentrismo” propugnato dai media. Come abbiamo detto più volte, ogni problema o questione si capisce meglio dai confini, dalle estremità, e peggio dal “centro”. Quando la realtà viene osservata solo dal “centro” e riportata a forza alla logica del “centro”, il suo resoconto diventa narrazione tossica. In questo caso, la narrazione tossica «chi è contro il green pass è fascista» serve a ostacolare l’evoluzione della lotta, serve a ostacolare chi i fascisti vuole allontanarli. Detto questo, buona lettura. WM].


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Marco Maurizi: L’animale pandemico. COVID-19, crisi della razionalità ed ecosocialismo

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L’animale pandemico. COVID-19, crisi della razionalità ed ecosocialismo

di Marco Maurizi

244255590 243374427745810 2408344476082056920 nAbbiamo il piacere di ospitare questo importante contributo del filosofo italiano Marco Maurizi, pensatore di punta dell’antispecismo italiano ed europeo e autore, tra le altre cose, di testi come Al di là della natura. Gli animali, il capitale e la libertà e Cos’è l’antispecismo politico.

Qui, Maurizi tenta di tracciare un filo rosso che parta dalle derive complottiste che certa “sinistra” ha acriticamente accolto nella lettura dell’attuale crisi pandemica e arrivi alla debolezza – e, oseremmo dire, quasi inesistenza – di un fronte valido capace di rileggere il rapporto tra umano e non umano alla luce della diffusione del Sars-Cov-2.

 

Prima parte. Pandemia e ideologia

 

Un’occasione mancata e un sorprendente riposizionamento politico

La pandemia del Covid-19 avrebbe potuto costituire un’occasione di ripensamento globale sia per quanto riguarda l’organizzazione sociale nel suo complesso che i nostri rapporti con la natura non-umana. Così non è stato. E ciò ha avuto conseguenze impressionanti dal punto di vista politico. La debolezza teorica e organizzativa del fronte socialista e la mancata introduzione di misure solidali a livello planetario è stata, infatti, assieme all’esplosione della pandemia, una delle cause della frammentazione e del radicale riposizionamento del quadro politico cui assistiamo oggi. La mancata risposta socialista alla crisi, infatti, va introdotta come variabile che avrebbe potuto, almeno in parte, evitare l’infiammarsi dello scontro politico nella modalità irrazionale e polarizzata che conosciamo, ovvero di una polarizzazione in gran parte irrazionale.


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Lanfranco Binni: Il caos e la necessità

ilponte

Il caos e la necessità

di Lanfranco Binni

Pellizzoni Crisi climatica e nuove mobilitazioni
            ecologiche e1576575939784Un caos apparente (ma non è solo una questione di limitata visione antropocentrica) sta sconvolgendo il mondo. Cause, processi in corso e conseguenze di devastanti cambiamenti climatici, crisi economiche strutturali, strategie sanitarie e militari, malthusiane diseguaglianze sociali, sistemi politici corrotti a difesa di vecchie sporche società, si intrecciano e confliggono in un caleidoscopio impazzito, sbarrato il futuro, negate sorti “magnifiche” e regredite. Saltano le dimensioni temporali e le “progressive” categorie politico-economiche-culturali di “modernità”, “sviluppo”, “crescita”, “speranza” in un futuro migliore. Geopolitica e vita quotidiana dei “soggetti della Storia” (sudditi e ribelli) si intrecciano e si confondono in paesaggi drammatici e instabili, dominati dalla paura e dai condizionamenti di una lugubre sopravvivenza, in attesa di nuovi bombardamenti economici, di nuove catastrofi ambientali, di nuove pandemie. Su questi temi, oggi brutalmente centrali, intervengono numerosi autori di questo numero, tutti accomunati da una profonda e necessaria cognizione del tragico: analisi puntuali e urgenti, senza concessioni a illusori inganni, tenacemente tese a trasformare la comprensione dei dati di realtà (in orizzontale nel mondo globale e in verticale nelle dinamiche biopolitiche) nella necessità di elaborare e sviluppare strategie di radicali “rivolgimenti” e di processi teorico-pratici di liberazione. Nuovi processi in corso, per un altro mondo necessario. Come insegnò Brecht in Me-ti. Libro delle svolte, «Mi-en-leh indicava molte condizioni necessarie per il rivolgimento. Ma non conosceva momenti in cui non vi fosse da lavorare per esso». Brecht scrisse il suo «libretto in stile cinese, di regole di comportamento», durante l’esilio danese tra 1934 e 1937, negli anni di propagazione dell’infezione fascista e della peste nazista in Europa e di preparazione dei grandi massacri della Seconda guerra mondiale. «Me-ti insegnava: I rivolgimenti avvengono nei vicoli ciechi».


 

 

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Andrea Zhok: Alcune riflessioni sul Green Pass

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tonino

unread,
Oct 25, 2021, 2:45:31 PM10/25/21
to sante gorini

Carlo Formenti: Comunismo, democrazia e liberalismo

perunsocialismodelXXI

Comunismo, democrazia e liberalismo

di Carlo Formenti

Note a margine di un libro postumo di Domenico Losurdo e di un’intervista ad Alvaro G. Linera

losurdo
              678x381Nota introduttiva

Nel dibattito teorico interno al campo marxista, la questione del rapporto fra comunismo e democrazia liberale è intricata, controversa e divisiva. Non solo perché eredita le scorie ideologiche di passaggi storici come la rottura fra Seconda e Terza Internazionale, la guerra fredda, la svolta eurocomunista e il crollo dei regimi socialisti, ma soprattutto perché il trionfo del pensiero unico negli ultimi decenni è riuscito, da un lato, a inscrivere nel senso comune l’equazione comunismo=totalitarismo (vedi la delibera del Parlamento Europeo che equipara comunismo e nazismo), dall’altro lato, a liquidare ogni interpretazione alternativa del termine democrazia, ormai univocamente associato ai regimi liberal liberisti dei Paesi occidentali (e ciò malgrado le analisi di autori come Colin Crouch e Wolfgang Streeck (1) abbiano ampiamente descritto il divorzio fra democrazia e liberalismo che si è celebrato dopo la svolta neoliberista).

Liberarsi delle pastoie ideologiche di cui sopra non è semplice, tanto è vero che, anche intellettuali che non rinunciano a indicare nel socialismo l’alternativa a un capitalismo sempre più aggressivo e predatorio, esitano ad assumere posizioni radicali e, di fronte all’offensiva ideologica del nemico di classe, ripiegano su posizioni difensive, come se, per legittimare le proprie idee, dovessero dimostrare che il futuro che prospettano, non solo è compatibile con i principi e i valori liberaldemocratici, ma ne rappresenta addirittura il compimento. Qui non mi confronterò con questi atteggiamenti giustificatori, discuterò invece le più serie motivazioni con cui Domenico Losurdo - in un’opera postuma di recente pubblicazione (2) – argomenta a sua volta che i comunisti non dovrebbero svalutare le conquiste del liberalismo, bensì appropriarsene.


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David Harvey: Nell’Inferno del Capitale

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Nell’Inferno del Capitale

di David Harvey

David Harvey sui debiti di Marx nei confronti di Dante (con una puntata su Shakespeare). E sul nodo fondamentale del rapporto tra liberazione dal lavoro e accettazione del progresso tecnologico

il capitale jacobin italia 1536x560Il centocinquantesimo anniversario della pubblicazione del libro primo del Capitale di Marx (settembre 1867) ha rischiato di provocare una serie di nuove e ingegnose interpretazioni di ciò che Marx stava facendo nel Capitale in generale e nel primo volume in particolare. Una prima scarica di colpi in quella che si annuncia come una grande battaglia per ridefinire l’eredità di Marx, sia intellettuale che politica, è venuta dalla penna del politologo William Clare Roberts, che si cimenta con il magnum opus di Marx dal punto di vista della filosofia politica e della forma linguistica e letteraria. Il libro, Marx’s Inferno: The Political Theory of Capital, è ben ponderato e scritto in modo chiaro.

Le qualità uniche del contributo di Roberts derivano da due innovazioni. In primo luogo, nota un parallelo tra l’organizzazione dei materiali del libro primo del Capitale e l’Inferno di Dante. La discesa nell’inferno del posto di lavoro e la ricerca della redenzione danno forma in modo rilevante alla narrazione di Marx, sostiene.

In secondo luogo, rifiuta l’idea che il Capitale debba essere letto esclusivamente come un saggio di economia politica. Lo tratta invece come un trattato di filosofia politica. A tal fine, si concentra sui rapporti tra Marx e i socialisti utopisti che lo hanno preceduto. Roberts conclude che Marx è andato ben oltre quella tradizione e ha raggiunto una più antica tradizione di repubblicanesimo come non-dominio nella sua ricerca di un’alternativa politica.

Se non altro, questi due punti di vista rendono la lettura fantasiosa e piacevolmente gradevole, anche se alquanto controversa.


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Marinella Correggia: Dieci anni fa l'assassinio di Gheddafi. Una pagina nera della storia d'Italia

lantidiplomatico

Dieci anni fa l'assassinio di Gheddafi. Una pagina nera della storia d'Italia

di Marinella Correggia

720x410jp9754edfLibia, 20 ottobre 2011: le brigate jihadiste appoggiate dalla Nato catturano e assassinano il leader libico Muammar Gheddafi che insieme ai suoi stava cercando di allontanarsi dalla città di Sirte, l’ultima roccaforte, ridotta in macerie da un’azione congiunta Nato-”ribelli” (così venivano definiti i miliziani che pure si erano già rivelati tagliagole fondamentalisti e razzisti – da non dimenticare la deportazione di un’intera città, Tawergha, popolata da libici di origine subsahariana). “We came, we saw, he died - Siamo venuti, abbiamo visto, è morto”: l’allora segretario di Stato Usa Hillary Clinton parafrasava così, ridendo, la nota frase latina attribuita a un altro colonizzatore, Giulio Cesare.

Nel 2011, i cento anni dall’invasione coloniale italiana della Libia furono dunque commemorati con un’ennesima guerra di aggressione iniziata il 19 marzo 2011 nella menzogna, andando avanti per lunghi mesi. Il vergognoso linciaggio di Gheddafi suggellò l’ennesima “missione umanitaria” della NATO, capace di fare più di diecimila morti e di gettare quello che era un relativamente prospero paese in un abisso di miseria, violenza, sopraffazione. Gli effetti a catena in termini di diffusione del terrorismo sedicente islamico si sono visti poi non solo in Libia (ricordiamo le colonne di fuoristrada con la bandiera nera Daesh alla conquista di Sirte) e in Siria (dove tuttora la guerra iniziata nel 2011 non è finita) ma anche in tutta l’Africa subsahariana. Il continente, un tempo esente da questo flagello e portatore di un islam solidale, è ora colpito in pieno non solo nella sua parte occidentale (Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria…) ma giù, fino in Mozambico e Tanzania, con stragi efferate, popolazioni sfollate, fame e miseria aggiuntive.


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Andrea Zhok: L'esperimento

sfero

L'esperimento

di Andrea Zhok

Nel contesto delle discussioni intorno al Green Pass, ci sono amici che non smettono di stupirsi di come spiegazioni, argomentazioni, e soprattutto dubbi di matrice scientifica, giuridica e umana che cerchino di motivare l’avversione al certificato verde vengano nel miglior dei casi perculati, nel peggiore diventino oggetto di aggressione verbale, di ‘shitstorm’, di accuse ad alzo zero di egoismo, ignoranza, inciviltà, ecc.

Il tutto nella più assoluta impermeabilità alle ragioni altrui.

Io ho letto con i miei occhi (e se non lo avessi visto, non ci avrei creduto) discussioni in cui una donna incinta che si preoccupava per gli effetti di una vaccinazione poco sperimentata sul feto, veniva bullizzata verbalmente come fosse una deficiente o come un’ignorante terminale, perché “non capiva che anche l’aspirina ha effetti collaterali”, perché non si “fidava della scienza”, ecc.

Ecco, io credo che in effetti non ci sia poi molto di cui stupirsi.

Ad occhio e croce siamo tutti all’interno di una grande replica dell’esperimento di Zimbardo, docente di psicologia a Stanford.


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Fabrizio Marchi: Ci siamo cascati ancora! 

linterferenza

Ci siamo cascati ancora! 

E risposta ad alcune obiezioni rivoltemi dopo la pubblicazione dell'articolo

di Fabrizio Marchi

La narrazione mediatica dominante è riuscita per l’ennesima volta a dividerci. Del resto è questo che sono chiamati a fare i funzionari della comunicazione, e siccome sono ben pagati per questo lavoro lo fanno con grande solerzia ed impegno.

E la grande maggioranza delle persone ci è cascata con tutte le scarpe. I resistenti al Green pass, sono stati bollati come oscurantisti del basso medioevo, nemici della scienza e dediti a pratiche magico/esoteriche quando va bene, oppure a fascisti provocatori quando va peggio.

D’altro canto c’è da dire che questo movimento di ribellione spontanea, non scevro da profonde contraddizioni ed ambiguità (non mi pare però il caso di fare del “purismo” che suona sempre molto ipocrita e non aiuta a comprendere la realtà…), non è stato capace di dialogare con quell’altra parte maggioritaria di persone – che, di fatto, per convinzione o per rassegnazione, hanno seguito la linea del governo – bollate come greggi belanti di servi sciocchi. Un atteggiamento di immaturità politica che certamente non ha giovato.


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Francesco Sylos Labini: Fisica ed economia: da Newton ai sistemi complessi

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Fisica ed economia: da Newton ai sistemi complessi

di Francesco Sylos Labini

Fisica ed economia si sono spesso intersecate e continuano a farlo anche oggi: prima di arrivare ai contributi del presente è utile capire quello che è avvenuto circa un secolo fa. L’impianto del modello teorico del cosiddetto “equilibrio economico generale” si basa sul lavoro di un ingegnere, Léon Walras, e di un fisico, Louis Jean Baptist Bachelier, i quali, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, hanno costruito l’impianto concettuale dell’economia neoclassica moderna. Entrambi sono stati influenzati dalle grandi idee scientifiche del loro tempo.

Il pilastro fondamentale è fornito dalla analogia con la meccanica newtoniana, capace di spiegare, con precisione ineguagliata all’epoca, le traiettorie dei pianeti nel cielo: nell’Ottocento, la scoperta di Nettuno, matematicamente individuato prima di essere direttamente osservato, ha rappresentato un successo così spettacolare per la teoria di Newton che tutto il resto della scienza, se avesse voluto essere di pari dignità, avrebbe dovuta essere ispirata alla perfezione del moto dei pianeti e dell’orologio celeste newtoniano.


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coniarerivolta: Effetto Draghi: le molte facce dell’austerità

coniarerivolta

Effetto Draghi: le molte facce dell’austerità

di coniarerivolta

Sta aleggiando in Italia la visione secondo cui il premier Mario Draghi, godendo di ampio credito politico internazionale, potrebbe fare “Whatever he wants” in materia di conti pubblici, e stia permettendo all’Italia di rinunciare all’austerità e attuare politiche di bilancio espansive. Sebbene le previsioni sui disavanzi pubblici italiani, riportati del Documento di Economia e Finanza 2021 (DEF 2021) e nella sua nota di aggiornamento (NADEF 2021), sarebbero i più alti a partire dall’inizio degli anni ’90, è utile analizzare con molta attenzione questi dati per giudicare quanto siano davvero espansive le politiche messe in campo dal governo Draghi e se effettivamente l’Italia spenda di più rispetto ad altri paesi europei proprio grazie alla presenza di sua maestà, il presidentissimo Mario Draghi.

Per una questione relativa alla disponibilità dei dati, per poter svolgere un confronto europeo, attualmente si possono avere le previsioni di spesa e di deficit realizzate dalla commissione europea a maggio 2021 relative all’anno in corso.


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coltrone: Cosa dicono davvero quelle manifestazioni no Green Pass?

codicerosso

Cosa dicono davvero quelle manifestazioni no Green Pass?

di coltrane59

Il 15 ottobre ci sono state diverse manifestazioni no green pass in tutta Italia, anche a Livorno dove i portuali non hanno aderito all’invito dei portuali di Trieste a manifestare contro il green pass per tutti i lavoratori italiani e dove i manifestanti hanno chiesto chiarimenti diretti al Sindaco Salvetti. Senza entrare nel merito delle polemiche intorno a Trieste vs Livorno, vax vs novax o green pass vs no green pass, moltiplicate da un’informazione di Tv, giornali e social, veramente scandalosa e fuorviante, alcune questioni si pongono decisamente intorno a questo particolare momento che stiamo vivendo.

 

Il green pass e il lavoro

Il green pass è uno strumento per convincere il maggior numero di persone possibile a vaccinarsi e per arrivare a questo scopo il Governo, con l’approvazione di Confindustria, lo ha reso obbligatorio nei posti di lavoro e non solo in quei luoghi di spettacolo e di ristorazione, come indicato nei primi provvedimenti in materia.


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Jack Orlando: Ti ricordi del 15 ottobre… Due movimenti e un paese in caduta libera

carmilla

Ti ricordi del 15 ottobre… Due movimenti e un paese in caduta libera

di Jack Orlando

external content.986tf34rtyÈ il 15 ottobre del 2011. A Roma. Una turba inferocita devasta il centro storico. Il tentativo di convogliare l’opposizione sociale alle misure di austerity sotto un cartello di compatibilità riformista va in fumo, assieme a un blindato dei carabinieri, in frantumi con la celeberrima madonnina di coccio. L’indignazione ha ceduto il passo alla rabbia. E menomale.

È un biennio movimentato, quello del 2010-2011, in mezza Europa.

Nel portare avanti lo scontro c’è una composizione eterogenea di lavoratori, disoccupati, teppisti, occupanti di casa e democratici arrabbiati, ma soprattutto c’è una grossa componente di giovanissimi, a cavallo tra le scuole superiori e l’università, reduci e colpo di coda dell’Onda studentesca che, nel loro piccolo, hanno appreso l’arte dell’esercizio della forza in piazza, sanno come respirare in mezzo ai gas lacrimogeni, sanno avanzare e indietreggiare, erigere una barricata e disselciare un viale. Una componente che vive quel giorno anche come un salto di qualità, un possibile inizio.

Invece il salto è un inciampo. Si cade a terra tra i distinguo e i “però”, tra le dissociazioni e le dietrologie, tra le scuse al capo dello Stato e il paternalismo forcaiolo dei salotti TV.

Un giorno è poca roba nel grande schema delle cose, eppure quel giorno il mondo guarda Piazza San Giovanni, una festa di fuoco e pietre che volano, i giornali sono in fibrillazione, i commentatori tra lo scatenato e l’attonito, la politica dissimula il brivido sulla schiena con una caterva di contumelie e intimidazioni. La Grande Minaccia, il pericolo per la democrazia, è una gioventù che ha scritto sul suo vessillo di guerra “non chiediamo il futuro ci prendiamo il presente!”.


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Tendenza internazionalista rivoluzionaria: Sull’assalto neo-fascista alla Cgil, il prima e il dopo

ilpungolorosso

Sull’assalto neo-fascista alla Cgil, il prima e il dopo

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

assalto
            alla cgil1. A differenza della vulgata di stato e dell’anti-fascismo democratico (o di stato), la protesta di sabato 9 a Roma ha due aspetti che non coincidono: l’attacco neo-fascista alla sede della Cgil, la grossa folla dei manifestanti.

Che l’attacco fosse preordinato, è ovvio. Sia stato preordinato solo da Forza Nuova o no, l’essenziale è che è stata attaccata la sede della Cgil, non quella di Confindustria o del governo, i due poteri che hanno voluto e imposto il “green pass”.

Perché questo bersaglio? Di sicuro per approfondire la divisione tra i lavoratori iscritti a Cgil Cisl e Uil, in larga maggioranza aderenti al programma di vaccinazione, e i lavoratori non vaccinati, molti dei quali non sindacalizzati. Il “green pass” è il mezzo escogitato dal governo Draghi per spingere questi lavoratori alla vaccinazione così da eliminare ogni intralcio alla “ripresa” e per attizzare la divisione tra lavoratori vaccinati e non vaccinati, attribuendo ai padroni la potestà di licenziare anche per ragioni “sanitarie”. Nell’indicare la Cgil come prima responsabile di questa odiosa misura non sanitaria, i falsari di Forza Nuova hanno cercato di rendere ancora più profondo il solco tra proletari vaccinati e non vaccinati tracciato dal governo.

Ma il disegno politico che li ha portati in questa direzione va ben oltre il contingente della pandemia e del no al “green pass”. Forza Nuova, Casa Pound e altri gruppi della galassia neo-fascista, ciascuno con le sue proprie particolarità, puntano a raccogliere consensi, inquadrare e indirizzare in senso reazionario quelle componenti sociali, anche proletarie, che la crisi globale nella quale siamo immersi ha bastonato e gettato allo sbando, riempiendole di paure per il presente e per il futuro, e di risentimenti nei confronti di chi da tempo li ha abbandonati e traditi.


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Giorgio Gattei: L’anomalia di un pianeta che cresce

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L’anomalia di un pianeta che cresce

Cronache marXZiane n. 5

di Giorgio Gattei

unnamed874fwl1. Come ho raccontato nelle precedenti Cronache marXZiane, sono stato rapito nel 1968 dalla astronave “la Grundrisse” che mi ha trascinato sul pianeta Marx dove ho dimorato per parecchi anni studiandone la complessa composizione geologico-economica, che è fatta di prezzi di mercato (la “crosta”), di prezzi di produzione (il “mantello”) e di un “nucleo” di neovalore-lavoro che è poi la sua eccezionalità. Infine sono andato ad intervistare Saggio Massimo (del profitto) che mi ha parlato di sé e degli altri due Saggi (del pluslavoro e del profitto) che coabitano con lui sul pianeta, ma di cui lui resta il più importante tanto che lo chiamano, non a caso, Saggio Massimo. Al mio ritorno sulla terra non sono però rimasto convinto di quanto mi aveva detto a proposito della sua impossibilità di caduta tendenziale per la propria formulazione algebrica:

max r = R = m / q

dove alla crescita della Composizione del capitale rispetto al lavoro (q = K/L) per la logica necessaria dell’accumulazione del Pluslavoro/Profitto realizzato si oppone un andamento altrettanto a crescere della Produttività del lavoro (m = Y/L: il reddito rispetto al lavoro), essendo di fatto quel pianeta non solo un luogo di detenzione lavorativa, ma pure un posto di creatività ed innovazione che fa sì che il lavoro sia sempre più produttivo. Eppure non ne sono rimasto persuaso perché mi frullavano per il capo due frammenti di pensiero del primo grande “mappatore” del pianeta, quel Karl Marx che poi gli ha dato il nome, secondo cui la possibilità di compensare un andamento con l’altro «ha dei limiti insuperabili: la caduta del saggio profitto può essere ostacolata, ma non annullata» e poi anche che «il vero limite del pianeta è il pianeta stesso», insinuando che doveva esserci anche dell’altro oltre alla indeterminazione di cui si faceva forte Saggio Massimo.


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Norberto Fragiacomo: Il green pass e la lotta dei portuali

linterferenza

Il green pass e la lotta dei portuali

di Norberto Fragiacomo

Segniamoci la data di venerdì 15 ottobre 2021: a partire da l’altroieri una percentuale non irrilevante di cittadini italiani per poter lavorare pagherà – non il pizzo al caporale di turno, bensì il costo dei tamponi necessari a munirsi del famigerato Green pass (costo, fra parentesi, eccezionalmente elevato rispetto agli standard europei).

Cosa pensano i diretti interessati della novità introdotta dal decreto legge settembrino? La mia impressione, basata su colloqui quotidiani, battute e ammiccamenti è la seguente: c’è un’esigua minoranza che approva l’obbligo introdotto dal governo nazionale e attribuisce al certificato verde doti taumaturgiche – quasi l’amuleto cartaceo potesse sconfiggere da solo il virus; la maggioranza, invece, manifesta dubbi e perplessità, ma appare rassegnata a obbedire. Non pochi si stanno vaccinando in extremis: per niente persuasi si adeguano, mentre altri prenotano il test in farmacia. Tutte queste persone non meritano alcun biasimo: chi vive del proprio impiego ha una libertà di scelta puramente teorica.


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Enrico Euli: Dove sta il fascismo?

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Dove sta il fascismo?

di Enrico Euli*

Dal 15 ottobre si potrebbe dire che l’Italia è una repubblica fondata sulla salute. Ma se il lavoro era già da tempo un fondamento retorico – ma perché la Costituzione non parla di una Repubblica fondata sulle persone che lavorano? -, ancor più lo è quello alla salute in un mondo che provoca ogni giorno tumori, inquinamento, dolore e morti proprio al fine di lavorare e produrre senza remore. “Quando mi sono vaccinato mi era stato detto che così avremmo raggiunto l’immunità di gregge – scrive Enrico Euli – Ora dicono che a loro non basta neppure l’80 per cento della popolazione vaccinata. Mi sento fregato…”. Eppure l’Italia è il terzo paese europeo per numero di vaccinati. Il totalitarismo di mercato, lo squadrismo di stato e l’irregimentazione sanitaria possono definirsi forme di fascismo?

Dal 15 ottobre l’Italia è una repubblica fondata sulla salute. Il certificato verde diventa la chiave d’accesso obbligata anche alla possibilità di lavorare. Il diritto al lavoro diviene così secondario rispetto a quello sanitario. Eppure ci sarà stato un motivo per cui il primo stia nell’articolo 1 e l’altro solo al 32. Ma quel motivo è dimenticato oggi.


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Gennaro Zezza: Su “Il mercato rende liberi”

gennaro
              zezza

Su “Il mercato rende liberi”

di Gennaro Zezza

Mauro Gallegati, Il mercato rende liberi. E altre bugie del neoliberismo, Luiss University Press, Roma, 2021, pp.126

Quella che segue è la mia recensione, in pubblicazione su la Rivista Economica del Mezzogiorno.

Per chi non conosce Mauro Gallegati – uno dei maggiori riferimenti internazionali per la letteratura sui modelli ad agenti (agent based models, ABM) – il titolo di questo libro potrebbe far pensare all’ennesimo pamphlet contro gli eccessi del capitalismo finanziario, ed alcuni recensori, alfieri delle virtù dei mercati, hanno infatti lamentato che nel testo non si trovi traccia di una discussione sulla relazione tra mercato e libertà, e neanche si definisca con precisione cosa si intenda per neoliberismo, se non vagamente come quella teoria che “prescrive alle imprese private di creare ricchezza e di lasciare allo Stato l’intervento in economia solo per cercare di risolvere i problemi quando si presentano” (p.18)

Il volume è invece una critica radicale alle teorie economiche su cui si basano le ricette del neoliberismo, che l’A. chiama – a ragione – mainstream, e che fa risalire ai contributi di Arrow e Debreu (p.54).


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Beniamino Callegari, Michelangelo Inverso, Santiago Barbieri: Tutto o niente: società ergodica e confinamento

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Tutto o niente: società ergodica e confinamento

di Beniamino Callegari, Michelangelo Inverso, Santiago Barbieri and Nuova Direzione

Un gas è detto ergodico se, presa una singola particella, in un tempo lungo essa esplorerà o tutto il contenitore nel quale è contenuta, o una parte minima. Non ci devono essere vie di mezzo. Tale concetto ha molte affinità con il modo in cui la nostra società è concepita da una larga fetta delle classi dominanti, come evidenziato dalla pandemia da COVID-19. Iniziamo con alcuni esempi concreti, che serviranno da fondamenta alla nostra riflessione.

La fascia d’età 0-30 anni corre un rischio praticamente nullo di sviluppare sintomi gravi a causa del COVID. In compenso, è probabilmente la fascia che più di tutte ha subito le conseguenze delle restrizioni. Bambini e adolescenti sono stati a lungo privati della frequentazione scolastica, centrale sia da un punto di vista dell’apprendimento che dal lato dello sviluppo della socialità e dell’identità. Lo stesso schema “state a casa e andrà tutto bene” è stato applicato indifferentemente a loro come alle persone più anziane, benché i rischi non fossero gli stessi. Se da un lato ciò è comprensibile nella situazione emergenziale di Marzo 2020, in cui poco si sapeva e si capiva, è invece grave il fatto che le stesse misure siano state riproposte, annacquate nella forma e nei controlli, ma identiche nella cecità alle differenze anagrafiche, nei mesi autunnali e invernali.


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Paolo Favilli: Nella placenta del capitale totale

manifesto

Nella placenta del capitale totale

di Paolo Favilli

Quale sinistra. La comprensione dei mutamenti del capitalismo, delle vere e proprie rivoluzioni del capitalismo che ne evitano il collasso, dei modi in cui agiscono nell’attuale fase, è precondizione essenziale per l’iniziativa politica della sinistra. Iniziativa politica che, nella fase del capitale totale, comporta l’inoltrarsi in itinerari assai difficili, in gran parte inesplorati, i cui esiti non sono garantiti

Sulla consapevolezza che abbiamo del nostro presente circola da tempo una storiella folgorante che mi piace spesso citare. La storiella narra di due giovani pesci che nuotano sereni e spensierati. A un certo punto incontrano un pesce più anziano proveniente dalla direzione opposta. Questo fa un cenno di saluto e dice: «Salve ragazzi! Com’è l’acqua oggi?». I due giovani pesci proseguono per un po’ finché, arrestandosi di colpo, uno guarda l’altro e stupito si domanda: «Acqua? Che cosa diavolo è l’acqua?».


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tonino

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Oct 27, 2021, 11:50:35 AM10/27/21
to sante gorini

Alberto Sgalla: “L’essenza, per le fondamenta”. Contro la gabbia del “biopotere”

cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”. Contro la gabbia del “biopotere”

Alessandro Testa intervista Alberto Sgalla

Alberto Sgalla, nato in Ancona il 24.11.1948, dove vive, già docente di discipline giuridiche-economiche in istituiti tecnici e licei a Varese e Ancona, ha pubblicato in rivista saggi di filosofia politica e 4 romanzi (Il colore del vuoto, ed. Transeuropa 2000; Senza commozione, ed. Pequod 2005; Federico Onori, ed. Cattedrale 2009; Café Le Antille, ed. Italic Pequod 2014). Ha militato nel corso degli anni ‘70 nell’area “operaista”, con un’attenzione al pensiero di Hegel e un’ispirazione leninista.

51gxw6CUyOLCi piacerebbe cominciare quest’intervista chiedendoti una riflessione sullo Stato Postmoderno, sulla sua evoluzione come sovrastruttura e sui suoi legami con la maniera specifica con cui si è evoluto il capitalismo.

Siamo entrati in una nuova epoca, che non è definibile se non con il prefisso post- (postindustriale, postmoderna, postfordita, postumana, postverità eccetera), epoca di transizione da un non-più al trionfo dell’indefinito, del senza-identità, segno del caos della crisi, della società dell’incertezza, dove tutto è cedevole, disperso, movimento che non conduce da nessuna parte, se non all’accumulazione di profitti e poteri privati. Occorre comunque dare significato alle trasformazioni e la critica comunista resta la migliore per capire “lo stato di cose presenti”, critica totale, affermativa, vitale.

Con il postmoderno è avvenuta:

– la marxiana sussunzione reale della società al capitale, che ha completamente assorbito la società in sé, la società informatizzata e automatizzata, la società ridotta a mercato e spettacolo; il capitale non ha più un esterno, non ha niente fuori di sé, si presenta come forza produttiva primaria, separata dal lavoro, che sembra destinato ad uscire definitivamente di scena;

– la modificazione della natura dello sfruttamento dalla quantità alla qualità, con processi di creazione del valore che non trovano più al loro centro il lavoro di fabbrica;

– l’incapacità del capitale di pianificare lo sviluppo inteso come movimento dialetticamente compiuto, il capitale appare come vuoto apparato di costrizione, un parassita della cooperazione del lavoro vivo che si autovalorizza;


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Giorgio Antonangeli: La bolla del consenso

frontiere

La bolla del consenso

di Giorgio Antonangeli

Lutero brucia la bolla papale 600x543Sono tanto semplici gli uomini e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare.

Machiavelli, ‘il Principe’

Oggi come ieri vediamo le stesse dinamiche di potere e consenso: c’è un principe, o più precisamente un viceré, che pare esercitare un potere – proprio o delegato che sia – senza freni o remore. Dall’altro lato ci dovrebbe essere un Popolo i cui sensi però sono stati intorpiditi e ingannati dagli apparati della società dello spettacolo, le cui bocche di fuoco non si sono mai fermate da quando Pasolini denunciò il “genocidio culturale” e le forme di rieducazione delle masse verso l’omologazione totale.

Intanto l’accumulazione capitalista ha seguito la sua parabola: in fase espansiva prometteva un benessere diffuso, sostenuto da un’inondazione di nuovi beni di consumo, sufficiente a far ignorare la progressiva marginalizzazione non solo delle vecchie culture tradizionali, ma anche della nuova concezione di cittadinanza che tra Costituzione e Statuto dei Lavoratori, con enorme fatica si stava affermando: a forza di miraggi le lotte sindacali furono frazionate sempre più, depotenziate a scaramucce e, affinché si potesse vendere il sogno del miracolo americano, venne sviluppato un apparato culturale e mediatico per alimentare il necessario sonno della ragione, o almeno una pennichella, mentre agli inquieti, a chi non prendeva sonno, veniva presentata un’ampia gamma di sfogatoi fra cui scegliere, dall’isolamento in comunità marginali fino alla lotta armata, colore a scelta, tanto è lo stesso: alla faccia di chi usa la parola ‘complottista’ come sinonimo di fuori dal mondo, già nel ‘74 Pasolini riconduceva “le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione” allo stesso “vertice”.


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Alessandro Mantovani: Afghanistan III

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Afghanistan III

L’eredità geo-storica

di Alessandro Mantovani

La prima parte di questo lavoro potrete trovarla qui, la seconda qui

external contenthu8763234"L'Afghanistan è uno di quei luoghi del mondo su cui le persone che meno ne sanno più trinciano giudizi inappellabili" (Thomas Barfield, AFGANISTAN, A CULTURAL AND POLITICAL HISTORY, Princeton & Oxford, Princeton University Press, 2010, p. 274).

"Pochi conflitti sono stati trattati così tanto, fotografati così tanto e studiati così tanto senza facilitare né il processo decisionale né la conoscenza. Con poche eccezioni, gli studi seguono l'evoluzione delle strategie politiche per confermarle, piuttosto che informarle. Inoltre, molti studi sono compiacenti sull'intervento occidentale, demonizzano il movimento talebano e sono impregnati di paradigmi obsoleti e talvolta semplicistici” (Adam Baczco, Lo Stato e la guerra in Afghanistan 1978-2012, Irsem Fact Sheet No. 19, luglio 2012, http://www.defense.gouv.fr/irsem).

Uno degli effetti di vent’anni di presenza occidentale in Afghanistan è stato quello di favorire una pletora di studi su di un paese di cui pochissimo si sapeva, ed ancora poco si sa. Anche se la più parte è come vedremo viziata da una pregiudiziale griglia di lettura “tribalista” ed “etnicista1, non

mancano ovviamente i validi contributi2, in virtù dei quali ho calibrato il tiro rispetto alle mie valutazioni di quindici anni fa3.

A partire dalla destituzione di Daud del 1978, passando per l’invasione russa, la guerra civile, l’effimero primo regime talebano, fino alla sconfitta odierna dell’Occidente, l’Afghanistan ha vissuto un eccezionale periodo di conflitti, riforme e controriforme: non solo distruzione, miseria e morte ma anche, come in tutte le guerre (e le economie di guerra) grandi trasformazioni, di cui il tanto stamburato incremento dell’esportazione dell’oppio non è che un aspetto: dimensioni essenziali di queste trasformazioni l’esacerbazione della questione fondiaria, l’esplosione dell’urbanizzazione e la crescita dell’emigrazione, che verranno trattate in appositi articoli.


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Andrea Zhok: La libertà al di là della retorica della libertà

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La libertà al di là della retorica della libertà

di Andrea Zhok

external content.du9uv64Ieri, stremato dall’ennesimo scempio argomentativo ascoltato nell’ennesima discussione su Green Pass e dintorni avevo pensato di provare a redigere (di nuovo) una sorta di vademecum con domande e risposte, magari solo per un senso di ordine mentale. Tuttavia ho l’impressione che siamo oramai andati oltre il livello in cui questo livello di ragioni poteva avere preminenza. Se non hanno attecchito a sufficienza da due mesi a questa parte, oramai siamo arrivati ad un livello ulteriore.

Sul piano di merito al di là dei mille argomenti di dettaglio in cui ci si può perdere, per stabilire l’illegittimità del Green Pass nella sua versione italiana bastavano due argomenti, semplici, e che chiunque avesse fatto un minimo sforzo di approfondimento poteva acquisire subito.

Per definire sul piano scientifico l’illegittimità del GP basta stabilire che:

1) anche i vaccinati contagiano;[1]

2) nessuno è nella posizione di garantire la piena sicurezza dei preparati da inoculare ora in uso.[2]

Non ci voleva assolutamente niente altro. Ed entrambi i punti sono accertati al di là di ogni possibile dubbio (vedi un po’ di riferimenti in nota).

Il primo punto elimina alla radice la presunzione di dover “tenere alla larga” il non inoculato in quanto potenzialmente lesivo (in effetti non godendo della protezione del farmaco il non inoculato è più facilmente la parte lesa.)


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Gennaro Scala: Il General intellect nella Divina Commedia di Dante

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Il General intellect nella Divina Commedia di Dante

di Gennaro Scala

dantePer quale motivo Dante colloca l'invettiva contro Firenze all'inizio del Canto XXVI dell'erno, qual è il suo rapporto con la parte dedicata ad Ulisse? Considerata l'attenzione di Dante per questi particolari, pensiamo solo alla teoria politica dei due soli posta esattamente al centro della Commedia (Pur. XVI), non può essere casuale che la più dura invettiva contro Firenze sia collocata all’inizio del «canto di Ulisse». Partiremo con questo interrogativo, che mi è servito da orientamento nella labirintica creazione dantesca in cui, tra le figure memorabili della Commedia, si staglia quella di Ulisse, cercando di capire meglio il significato dell'invettiva:

Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande,

che per mare e per terra batti l’ali,

e per lo ’nferno tuo nome si spande!

Com'è noto, i versi richiamano la targa del Palazzo del Capitano del Popolo (Bargello), fatto costruire nel 1255 dal «Governo del primo popolo», in seguito alla sconfitta dei cavalieri ghibelllini. Un passo dell'iscrizione ricalcava quasi alla lettera i versi della Pharsalia di Lucano riguardanti la potenza romana: «que mare, que terras, que totum possidet orbem».

Dante, appartenente all'Arte dei medici e degli speziali (fra le Arti maggiori) fu uno dei sei priori, la massima carica nel governo detto del Secondo popolo di Giano della Bella, che istituì gli Ordinamenti di giustizia che escludevano dal governo della città i “magnati” appartenenti alle grandi famiglie. Gli anni che vanno dal Governo del primo popolo fino alla fine del secolo furono di grandi trasformazioni, videro il rapido ingrandimento della città e il sorgere di una proto-borghesia composta soprattutto da grandi mercanti e imprenditori appartenenti alle Arti maggiori, e artigiani appartenenti alle Arti minori, la «gente nova» dai «subiti guadagni».


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Piero Pagliani: Crisi climatica e scosse telluriche

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Crisi climatica e scosse telluriche

di Piero Pagliani

Schermata del 2021 10 20 16 35 22Sul finire (si spera) della crisi pandemica, Greta Thunberg è tornata a farsi sentire, più arrabbiata che mai. Mi dà l'idea di una creatura che incominciando a ragionare più autonomamente sia uscita fuori dal controllo dei propri occhiuti e interessati creatori. Speriamo che sia così. Fatto è che sta spiazzando i detentori di potere, che sembra stiano capendo in ritardo che la giovane Greta non è probabilmente più quella che se ne andava, con gran tripudio di tutti i media mainstream, a New York su un ecologico catamarano, spartano ma da 4 milioni di euro, messole a disposizione da un ricchissimo principino patron dell'ecologissima Formula 1 a Montecarlo e azionista della società di voli in elicottero del Principato di Monaco (cosa che le fece toccare un minimo locale di credibilità – speriamo che non ripeta più imprese simili e abbia capito che essere un ricchissimo signore di Montecarlo e uno sfruttatore/consumatore estremo di risorse è la stessa cosa, catamarano o non catamarano).

* * * *

Dopo il caldo insistente di questa estate, i meteorologi informano che con molta probabilità avremo un inverno con temperature sotto la media (con ritorno della neve in pianura). Colpa della Niña, cioè del raffreddamento della temperatura delle acque superficiali dell'Oceano Pacifico centrale ed orientale.

Chi è interessato a capire come la Niña e il suo fenomeno opposto, cioè il Niño, o se vogliamo il clima in generale, influenzino le vicende umane, sociali, economiche, politiche e geopolitiche, può leggere con profitto il libro “Olocausti tardovittoriani. El Niño, le carestie e la nascita del Terzo Mondo” (Feltrinelli, 2002) di Mike Davis.


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Alberto Bradanini: "Le prospettive in Afghanistan non sono così funeste come vorrebbe una certa narrativa"

lantidiplomatico

"Le prospettive in Afghanistan non sono così funeste come vorrebbe una certa narrativa"

di Alberto Bradanini

720x410c50Le informazioni che giungono quotidianamente alla nostra attenzione su questo martoriato paese sono frammentate, spesso filtrate o manipolate.

In un mondo ormai orwelliano le parole hanno perso il loro significato proprio. Pace, progresso e libertà si usano per descrivere guerra, distruzione e schiavitù. Occorre muoversi in punta di piedi.

Oggi la conoscenza è ritenuta una facile acquisizione, mentre a uno sguardo attento non può sfuggire che siamo sudditi del regno della manipolazione, i cui pilastri sono costituiti da flash televisivi, articoli sotto dettatura, social network dominanti, inviati improvvisati. Davanti a una narrativa di segno unico, solo una minoranza tenta di uscire dal labirinto visitando biblioteche, librerie o qualche sito politicamente scorretto, sfidando il tedio ancor prima dell’inattendibilità.

Le distorsioni semantiche assumono poi un aspetto ancor più tragico quando si ha a che fare con universi lontani e ignoti come l’Afganistan, di cui ormai parla con dovizia di particolari persino il droghiere sotto casa. Su temi di politica estera, la Grande Menzogna è universale e sistematica.

Giornali e tv dei paesi occidentali attingono le notizie di base (o il silenzio su alcuni eventi, secondo convenienza) da tre agenzie di stampa, Reuters, AP (Associated Press), AFP (Agence France Presse), tutte con base finanziaria e proprietaria a Wall Street, allineate dunque agli interessi imperiali e corporativi americani.

Nel 1848, il Manifesto di Marx ed Engels affermava che un fantasma si aggirava per l’Europa e il suo nome era comunismo. Oggi un diverso fantasma si aggira per il Vecchio Continente (e non solo), e il suo nome non è comunismo, ma più banalmente confusione/impotenza: la nave in cui siamo imbarcati sembra ingovernata e senza meta, sebbene poi così non sia, poiché una potente oligarchia la guida da remoto a tutela di privilegi infiniti, mentre i bisogni dei popoli vengono ancora una volta calpestati.


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Christian Marazzi: La centralità della riproduzione

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La centralità della riproduzione

di Christian Marazzi

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              1cc32404741042e6818e0c818d0c25ddmv2Proseguiamo, con la trascrizione dell’intervento di Christian Marazzi, la pubblicazione dei contributi formativi del modulo «Crisi e riproduzione del capitale» della Summer School organizzata da «Machina» a inizio settembre 2021, promosso congiuntamente dai curatori delle sezioni «transuenze» e «vortex». 

Al centro di questo ciclo di lezioni il rapporto tra continuità e discontinuità del capitalismo nella crisi aperta dallo shock pandemico. Covid 19, questo uno degli assunti del modulo, ha fornito ulteriore evidenza alla centralità odierna della «questione della riproduzione». Ai relatori e alle relatrici (oltre a Marazzi il percorso ha coinvolto Alisa Del Re, Sandra Burchi, Leopoldina Fortunati, di cui saranno prossimamente pubblicati i contributi, oltre agli economisti Fumagalli, Del Prieto e Brancaccio, già pubblicati qui) si è richiesto preliminarmente un inquadramento concettuale, poiché con lo stesso termine (riproduzione) ci si riferisce sovente a livelli del discorso differenti. Tra riproduzione sistemica, sociale, degli individui e delle loro capacità (e aggiungiamo, della specie e degli equilibri ecologici), in una società interamente plasmata dai rapporti capitalistici ci sono evidenti reciproche funzionalità, però vi sono anche aspetti peculiari e specifici.

Qui si parla soprattutto di riproduzione delle persone e della loro capacità di lavorare e dare valore. Il richiamo alla centralità odierna della riproduzione nel circuito della valorizzazione capitalistica potrebbe in questo senso fuorviare. Non dobbiamo scoprirla oggi, dopo cinquant’anni di critica femminista. Si tratta però di leggerne le trasformazioni e le forse inedite prerogative, alla luce delle trasformazioni intervenute nella sfera del produrre, dell’accumulazione, della valorizzazione. Tra le suggestioni a monte del ciclo d’incontri si richiama anche l’ipotesi, formulata da Romano Alquati in un testo del 2002 recentemente pubblicato da DeriveApprodi (Sulla riproduzione della capacità umana vivente), in cui l’autore ipotizzava che la riproduzione della capacità-umana si stesse progressivamente ponendo, per la prima volta, come luogo diretto e principale della valorizzazione capitalistica. 


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Michael Roberts: La Cina è ad un punto di svolta?

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La Cina è ad un punto di svolta?1

di Michael Roberts

external content.duc90856t75Questa settimana si sono aggravati i problemi del debito che affliggono il mercato immobiliare cinese dopo il default di un’altra agenzia immobiliare causato dalle sue obbligazioni e dopo che Evergrande, il gruppo immobiliare più fortemente indebitato al mondo2, ha protratto per un secondo giorno la sospensione delle sue azioni senza dare spiegazioni. Fantasia Holdings, un’agenzia di medie dimensioni, che solo poche settimane fa ha rassicurato agli investitori di non avere "problemi di liquidità", ha dichiarato in una presentazione effettuata in Borsa che lunedì "non ha effettuato il pagamento" di un'obbligazione da 206 milioni di $ in scadenza quel giorno, innescando formalmente un default formale. L'insolvenza si aggiunge ai timori che la crisi di Evergrande possa diffondersi includendo un numero elevato di agenzie immobiliari cinesi, che rappresentano gran parte del mercato obbligazionario asiatico ad alto rendimento.

Il 23 settembre Evergrande non ha pagato degli interessi su un'obbligazione off-shore, innescando una proroga di 30 giorni prima di un default formale, e non ha ancora fatto alcun annuncio in merito. Ma anche prima che la crisi del debito del China Evergrande Group mandasse in tilt il settore immobiliare del paese, le società immobiliari cinesi erano impegnate nel riuscire a guadagnare abbastanza per pagare gli interessi sul loro debito. Alla fine di giugno, secondo i calcoli di Reuters basati sui dati Refinitiv, la quota aggregata di copertura degli interessi dei 21 grandi gruppi immobiliari cinesi quotati a Hong Kong è sceso a 0,94, il peggior risultato da almeno un decennio3.


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Fabrizio Russo: Lo stormo snobbato di cigni neri che popola le catene globali di approvvigionamento 

lafionda

Lo stormo snobbato di cigni neri che popola le catene globali di approvvigionamento 

di Fabrizio Russo

containerIn retrospettiva sembra oggi impossibile che le principali autorità monetarie ed una pletora di osservatori mainstream qualificati non siano riusciti a cogliere, in un tempo peraltro ragionevole e quindi “per tempo”, la progressiva evoluzione delle condizioni di scenario delle principali economie occidentali da sostanzialmente deflattive – caratteristica propagata con forza pervasiva dal lungo processo di globalizzazione – a fortemente inflation-friendly.

Di cosa stiamo parlando? Della serie di eventi che si è stratificata nel giro di una decina di trimestri! Elenchiamoli, in modo sommario, iniziando da uno dei primi seri avvenimenti che hanno intaccato alla base il processo di globalizzazione – che forse sta declinando ma più probabilmente sta solo mutando profondamente – come oggi lo conosciamo: la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, cominciata dall’Amministrazione Trump nel tentativo di ribilanciare lo squilibrio commerciale USA verso l’ormai affermata potenza economico-produttiva asiatica.

Mi permetto di definire questo evento come “serio” perché, sebbene avessi da tempo – anche per formazione accademica – iniziato a riflettere sul tema dell’inflazione, è da quel momento che ho preso seriamente l’ipotesi di una ripartenza sostenuta, del ciclo dei prezzi al consumo, o perlomeno di una loro forte fiammata.

A partire dal luglio 2018 l’introduzione di dazi su diverse produzioni cinesi (inizialmente il 25% su 34 mld di USD in controvalore) ha infatti comportato un immediato aumento dei prezzi lordi all’importazione. L’economia USA all’epoca marciava a velocità ancora sostenuta ed una parte significativa degli aumenti si è riversata sui consumatori finali, come è possibile verificare dal seguente grafico di Goldman Sachs diffuso da CNBC:


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Antonino Morreale: Marx, Il Capitale, I (1-4).

intrasformazione

Marx, Il Capitale, I (1-4).

Una guida per principianti.

di Antonino Morreale

Kandinsky Jaune Rouge Bleu
              1024x659.jpgPremessa

Prendiamo qui in esame il primo libro del Capitale1. Ci occuperemo dei primi quattro capitoli: 1. la merce, 2. il processo di scambio, 3. il denaro, 4. la trasformazione del denaro in capitale.

Quanto basta per entrare appena nell’argomento centrale dell’opera2 . Avremo però modo di esporre alcune questioni essenziali. Marx, infatti, rivendica a questi primi capitoli due dei suoi maggiori contributi alla scienza economica3: la duplice natura del lavoro contenuto nella merce, e la “forma di valore”.

 

1. La circolazione semplice nella “immane raccolta di merci”.

L’ipotesi di questo studio è che i primi quattro capitoli del Capitale possano essere analizzati, senza forzature, come una sola unità. L’unitarietà è data dal livello stratigrafico costruito da Marx, e sul quale ha lavorato, quello della “circolazione semplice delle merci”. Marx dedica molta cura a delimitarlo. Partendo dalla “merce”, ci conduce alla genesi del “denaro”, per giungere fino alla “compravendita della forza-lavoro”, con cui, una netta discontinuità, un” salto”, chiude una storia e ne comincia un’altra.

La ricchezza delle società in cui domina il modo di produzione capitalistico si manifesta fenomenicamente come una “immane raccolta di merci”, la merce singola come sua forma elementare. La nostra indagine comincia perciò con l’analisi della merce”4.

Illimitata in estensione, quindi, ma dallo spessore sottile, appena una “superficie”, quella della circolazione delle merci. E ancora nulla da dire, per ora, su ciò che sta “prima”, il passato precapitalistico; né su quel che sta “sotto”, la produzione; ma, solo la circolazione semplice delle merci nella società capitalistica.


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tonino

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Oct 29, 2021, 10:20:24 AM10/29/21
to sante gorini

Giovanna Cracco: Contro il Green Pass. La posta in gioco: disciplina e sorveglianza

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Contro il Green Pass. La posta in gioco: disciplina e sorveglianza

di Giovanna Cracco

Gli ultimi studi su vaccini, contagiosità e immunità naturale, la blockchain europea del Green Pass con le ‘condizionalità’ che implementa e l’identità digitale, i corpi docili e la disciplina come pratica di potere

hn946tg“Il corpo è anche direttamente immerso in un campo politico: i rapporti di potere operano su di lui una presa immediata, l’investono e lo marchiano, lo addestrano, lo suppliziano, lo costringono a certi lavori, l’obbligano a delle cerimonie, esigono da lui dei segni. Questo investimento politico del corpo è legato, secondo relazioni complesse e reciproche, alla sua utilizzazione economica. È in gran parte come forza di produzione che il corpo viene investito da rapporti di potere e di dominio, ma, in cambio, il suo costituirsi come forza di lavoro è possibile solo se esso viene preso in un sistema di assoggettamento: il corpo diviene forza utile solo quando è contemporaneamente corpo produttivo e corpo assoggettato.” Michel Foucault, Sorvegliare e punire

“Chi non astrae da ciò che è dato, chi non collega i fatti ai fattori che li hanno prodotti, chi non disfà i fatti nella sua mente, in realtà non pensa.” Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione

Ciò che ruota attorno a Covid-19, vaccini e Green Pass andando a investire le sfere politiche, economiche e sociali, è molto ampio. Circoscrivere un’analisi a un focus è inevitabile. Su ciò che è stata la gestione politica della pandemia abbiamo già scritto ad aprile 2020 (1), e con il passare del tempo la situazione non è affatto cambiata. La novità degli ultimi mesi sono i vaccini. Non si intende qui approfondire l’intricata questione – sperimentazione, produzione, brevetti, effetti collaterali, sviluppo alternativo del protocollo per le terapie di cura ecc. – ma la campagna vaccinale italiana e l’introduzione del Green Pass, con la tecnologia blockchain e la rete europea Gateway che lo caratterizzano.

Partiamo dai punti fermi.


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Sandro Moiso: Dare a Cesare quel che è di Cesare

carmilla

Dare a Cesare quel che è di Cesare

(e ai sindacati confederali quel che spetta loro)

di Sandro Moiso

1977.02.17 Cacciata di Lama segretario della Cgil
            dallUniversità 1Poiché siamo abituati a dare a Cesare ciò che è di Cesare e al cielo ciò che gli appartiene, va detto che un merito, per ora forse l’unico, che il movimento No Green Pass può vantare è quello di aver contribuito indirettamente a far sì che, non certo per la prima volta ma in maniera più consistente, i sindacati confederali risplendessero alla luce del servilismo e del collaborazionismo che da sempre ne contraddistingue azione e funzione politica.

Contro la marmaglia ribelle, nei giorni precedenti il 15 ottobre, i media, il PD e il governo stesso si sono sperticati gola e mani nell’esaltazione dell’opera di pacificazione sociale portata avanti da CGIL, CISL e UIL e in particolare dalla figura, ormai prossima alla beatificazione, di Luciano Lama in occasione delle celebrazioni per il centenario della sua nascita.

Mentre si sorrideva, giustamente, della richiesta di Salvini a Draghi affinché il presidente del consiglio contribuisse a riportare la pace sociale in vista delle elezioni amministrative e dei successivi ballottaggi, molti, quasi sempre offuscati da qualsiasi superficiale richiamo alla mistica dell’antifascismo istituzionale, ignoravano o sembravano soprassedere sull’autentica e definitiva dichiarazione d’intenti manifestata dai leader sindacali, “unitari” nel sostenere la necessità di evitare qualsiasi tipo di conflittualità sociale al fine di permettere la ripresa economica promessa dal PNRR.

Certo non è la prima volta che i sindacati della concertazione, uscita pari pari dalla Carta del Lavoro di mussoliniana memoria, chiedono sacrifici e compartecipazione dei lavoratori in nome del supremo interesse nazionale. La storia degli ultimi cinquant’anni ne è piena, ma tale funzione di collaborazione spesso è apparsa più sfumata rispetto alle dichiarazioni attuali.


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Eros Barone: Dalla sinistra senza popolo alla destra muscolare

sinistra

Dalla sinistra senza popolo alla destra muscolare

Note sul processo di fascistizzazione

di Eros Barone

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              10201347Lacroix - Dunque noi avremmo fatto della libertà una puttana! Danton - Del resto cosa ci sarebbe! La libertà e le puttane sono le cose più cosmopolitiche di questa terra.

Georg Büchner, La morte di Danton. 1

   1. Un convitato di pietra: l’astensione

L’affermazione del centrosinistra nella maggior parte delle grandi città (Torino, Milano, Bologna e Roma) ha caratterizzato le recenti elezioni amministrative. Tuttavia, va detto che tale affermazione è il sottoprodotto non di uno smottamento elettorale del blocco di centrodestra, ma della dimensione eccezionale di un'astensione dal voto che ha interessato prevalentemente quei ceti medi produttivi i quali, se si riconoscono nella Lega, non si riconoscono però nella linea perseguita dal suo attuale segretario. Così la scelta di aderire alla maggioranza di governo che sostiene il governo Draghi e dunque di sostenere una politica di unità nazionale ha sicuramente pesato sul voto, potenziando le contraddizioni già esistenti tra la Lega e Fratelli d'Italia sul terreno della lotta per l’egemonia all’interno di una coalizione che vede queste due forze, ad un tempo, alleate e concorrenti. L’analisi dei flussi elettorali dimostra peraltro che Fratelli d'Italia non ha tratto un vantaggio proporzionale dal netto arretramento della Lega, poiché in gran parte il deflusso leghista ha alimentato il ricco serbatoio dell'astensione. Ad ogni modo, è questa la prova che le due principali forze della destra italiana controllano un blocco sociale ed elettorale potenzialmente maggioritario.


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Sergio Scorza: Era meglio morire democristiani?

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Era meglio morire democristiani?

di Sergio Scorza

C’era una volta il Ministero delle partecipazioni statali. Venne istituito alla fine del 1956 su spinta soprattutto di Giovanni Gronchi, un democristiano di sinistra eletto l’anno prima al Quirinale – a sorpresa – con un’operazione condotta da Giulio Andreotti, che proprio di sinistra non era, e soppresso fra il 1993 e il 1994 dal governo più “tecnico” che politico di Carlo Azeglio Ciampi. Il quale fece chiudere materialmente quel dicastero da un altro “tecnico indipendente”, Paolo Baratta.

Eravamo ormai all’epilogo della cosiddetta Prima Repubblica, durante la quale per le partecipazioni statali era passata anche parte del finanziamento illegale della partiti, ma che soprattutto era stato lo strumento principale del controllo pubblico sull’economia e sui servizi pubblici essenziali.

Che potevano così essere accessibili a “prezzi politici” ed ancora alla larga da privati senza scrupoli che hanno come unico fine esclusivo il perseguimento del massimo profitto.

Agli inizi degli anni Novanta, Romano Prodi, presidente dell’IRI, inizia lo smantellamento di un Ente che contava 500.000 dipendenti.


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coniarerivolta: Fan token: il mercato del nulla

coniarerivolta

Fan token: il mercato del nulla

di coniarerivolta

“Lui si era accorto che vendevo l’aria a prezzi altissimi…”

Roberto Vecchioni, Pesci nelle orecchie, Ipertensione, 1975

In un vecchio film di Totò del 1950, Totò sceicco, a un certo punto il principe della risata si trova assetato in un deserto; improvvisamente ecco presentarglisi un venditore di limonata; Totò paga e fa per bere la limonata… ma si scopre che era invece un miraggio e non ha alcuna limonata in mano; eppure, il “miraggio ladro” aveva preso le 50 lire per pagare la limonata!

Nell’economia di oggi stiamo assistendo alla nascita di qualcosa di molto simile al “miraggio ladro” del famoso film di Totò. È infatti sempre più comune da parte di società calcistiche europee, squadre di basket americane, tornei di tennis, ecc., emettere “titoli digitali” detti fan token, vere e proprie criptovalute (rientranti nella categoria degli utility token), che forniscono accesso a beni e servizi legati al club per conto del quale vengono emessi.


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Antonio Di Siena: Euro e Unione Europea. Draghi passa alla devozione mistica

lantidiplomatico

Euro e Unione Europea. Draghi passa alla devozione mistica

di Antonio Di Siena

Dice Draghi che per far parte del suo governo si deve considerare non solo l’euro ma anche la gestione della sua crisi “un grande successo dell’Unione”.

Ora, di come in Italia, negli ultimi vent’anni, siano crollati salari, occupazione, risparmio privato, comparto industriale/manifatturiero e, complessivamente, il benessere e la qualità della vita ne abbiamo già parlato centinaia di volte. Esercizio fra l’altro abbastanza futile, perché la reale condizione del Paese sta sotto gli occhi di tutti.

Il vero elefante nella stanza continua ad essere la Grecia. E non è, da parte mia, questione di pedanteria parlare sempre delle stesse cose. Perché della crisi greca e della sua gestione ne ha parlato indirettamente Draghi stesso, dicendo una cazzata colossale (qualcuno la chiamerebbe un’oscena fake news) che nessuno della libera stampa si è premurato di contraddire.

E allora lo faccio io.

Numeri, dati, statistiche e percentuali ufficiali di quella gigantesca catastrofe umanitaria li ho riportati decine e decine di volte e non li ripeterò. Chi vuole verificarli può sempre acquistare Memorandum.


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Domenico Moro: Riforma UE: scontro tra capitali nazionali e ripresa degli avanzi primari

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Riforma UE: scontro tra capitali nazionali e ripresa degli avanzi primari

di Domenico Moro

A seguito della pandemia sono state sospese le regole europee del Patto di stabilità e crescita che impongono il limite superiore del deficit al 3% sul Pil e quello del debito al 60% del Pil, per permettere agli Stati di far fronte alla crisi più grave dalla fine della Seconda guerra mondiale. Di conseguenza il deficit e soprattutto il debito dei Paesi europei sono aumentati notevolmente. In particolare, il debito pubblico è arrivato nella zona euro a una media del 100% e in Italia al 156% (2020).

La sospensione dei vincoli europei terminerà nel 2022. Questo pone dei seri problemi di gestione del debito europeo. In particolare, crea problemi la regola che impone ai Paesi con debito eccessivo di ridurlo entro venti anni di un ventesimo all’anno per la parte eccedente il 60%. Questo obbligherebbe un Paese come l’Italia a realizzare surplus di bilancio del 6-7% l’anno. In parole più chiare obbligherebbe a tagli draconiani della spesa pubblica e a aumenti notevoli delle tasse, in un periodo in cui l’economia europea deve ancora riprendersi dalla crisi epocale in cui è piombata. Questa cosa non è né fattibile né sensata.


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Se questa è Filosofia

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Se questa è Filosofia

Lettera a Il Fatto Quotidiano in risposta all’articolo "Non solo Agamben"

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa documento, scritto in risposta all’articolo del Fatto citato sopra. Il quotidiano di Travaglio non ha voluto pubblicarlo: chissà perché…

All’attenzione de Il Fatto Quotidiano

Come filosofi, scienziati e intellettuali italiani, manifestiamo il nostro senso di disorientamento per il documento che un centinaio di docenti hanno firmato in contrapposizione a Giorgio Agamben e a quanti condividono la medesima posizione in merito alla questione Green Pass.

Rispondiamo alla lettera dei 100 filosofi analizzando le quattro osservazioni che sono state mosse contro Agamben:

1) I colleghi ci ricordano, giustamente, il contributo della filosofia nei confronti della scienza: un ruolo di critica e di approfondimento che non può mancare di rispetto nei confronti dei risultati scientifici. Sosteniamo questa affermazione in toto. Ciò che però i colleghi omettono è che molti lavori scientifici recenti dimostrano le numerose e pericolose criticità dei cosiddetti vaccini anti-Covid approvati in Italia.


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Gilles Dauvé: Il capitalismo non sarà mai ecologico

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Il capitalismo non sarà mai ecologico

di Gilles Dauvé

«All’interno del discorso politico contemporaneo, l’ecologia è diventata ormai onnipresente: transizione energetica, capitalismo verde, riformismo ecoresponsabile… Ma se in fondo nulla cambia, se i piccoli progressi compiuti ritardano appena il montare dei pericoli, è perché l’incompatibilità tra ecologia e capitalismo non dipende dalla miopia dei suoi dirigenti: più semplicemente, essa è intrinseca alla natura stessa di questo sistema»

rifiuti11. Un’ineluttabile assenza di limiti

Definita «industriale» oppure – oggi – «postindustriale», la società moderna è fatta di imprese, ciascuna delle quali è un polo di valore che cerca di accrescersi mettendo i sistemi industriali al proprio servizio. Il ricercatore può appassionarsi alla scoperta di un nuovo processo di fabbricazione, e l’ingegnere adorare costruire dighe, ma i loro progetti diventano realtà solo se coincidono con l’interesse dell’impresa che li impiega: vendere un prodotto competitivo sul mercato, accumulare profitti, reinvestirli…

« […] lo sviluppo della produzione capitalistica rende necessario un aumento continuo del capitale investito in un’impresa industriale, e la concorrenza impone a ogni capitalista individuale le leggi immanenti del modo di produzione capitalistico come leggi coercitive esterne. Lo costringe ad espandere continuamente il suo capitale per mantenerlo, ed egli lo può espandere soltanto per mezzo dell’accumulazione progressiva. […] Accumulazione per l’accumulazione, produzione per la produzione, in questa formula l’economia classica ha espresso la missione storica del periodo dei borghesi.» (Karl Marx, Il Capitale, Libro I, cap. XXII, p. 727-31).

La prova che viviamo innanzitutto in un mondo capitalistico e non industriale, è che l’ipertrofia industriale, lungi dall’essere un fenomeno autonomo, è sottomessa alle esigenze della valorizzazione del capitale. Poco importa che una fabbrica di automobili, una miniera o un’acciaieria siano ancora funzionanti: se non sono più redditizie, le si chiude. Il borghese non ha il diritto di dormire sugli allori, e un capitalismo stazionario è sinonimo di declino. Da duecento anni, la «megamacchina» si rinnova incessantemente per costruzione, autodistruzione e ricostruzione… Conosciamo il destino della Rust Belt americana, che non significa d’altronde la fine dell’industria in quella regione, da cui proviene ancora il 40% della produzione manifatturiera del paese.


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Matteo Bortolon: Vent’anni dopo l’11/09. Guerre, repressione del dissenso e narrative religiose apocalittiche all’insegna della paura

lafionda

Vent’anni dopo l’11/09. Guerre, repressione del dissenso e narrative religiose apocalittiche all’insegna della paura

di Matteo Bortolon

11settembreyuyfLa quasi coincidenza temporale del ritiro USA dall’Afghanistan e il ventennale degli attentati dell’11 settembre sembra suggerire la chiusura di un ciclo, come ha fatto notare Pino Arlacchi su La Fionda.

Il XXI secolo si è aperto con una cesura di rara accuratezza cronologica: il 2001 marca una discontinuità netta nella storia recente.

Il 7 ottobre i primi bombardamenti sull’Afghanistan inaugurano un ciclo in cui la reazione politico-militare degli USA all’11/09 apre un ventennio nero di guerre, morti e securitarismo, avvelenando l’immaginario di una intera generazione con paure di altri catastrofici attacchi e la previsione di un mondo futuro basato sul paradigma ossessivamente paranoide della sicurezza: controlli invasivi, uomini armati ad ogni passo ed il sospetto di tradimento gettato su chiunque maturasse una forma di opposizione al governo in carica. Nella decade successiva il clima si sarebbe alleggerito con la presidenza Obama ma i fattori di continuità erano troppo forti. Tale ventennio si è davvero esaurito, come suggerisce il ritiro dall’Afghanistan a poca distanza dalla ricorrenza della caduta delle Torri Gemelle?

Per capirlo ricapitoliamo il profilo dei due gruppi al centro di questa storia, che hanno determinato queste dinamiche scrivendo la storia col sangue di molte vittime, per lo più innocenti. Entrambi ambivano a modellare il mondo ma in modo molto diverso rispetto al risultato effettivo. Si tratta degli islamisti radicali e dei neocon americani; ognuno di essi ha cercato di sostituire la costruzione del consenso con abbondanti dosi di una delle risorse più universali e radicate nell’animo umano: la paura.


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Paolo Bellavite: Basta propaganda: siamo seri, almeno coi morti

sfero

Basta propaganda: siamo seri, almeno coi morti

di Paolo Bellavite

697fSi sa che personalmente non sono contrario ai vaccini per partito preso, tanto che ho iniziato la “carriera” di vaccinologo nel 2017 con un libro intitolato “Vaccini sì, obblighi no”. Se dovessi riscriverlo, sceglierei il titolo “Vaccini se, obblighi no”, dove il “se” indica la valutazione accurata dei rischi e dei benefici. Comunque non sono un “novax”, sono solo contrario agli obblighi vaccinali, tomba della scienza e dell’etica medica, e sono contrario alla disinformazione. Non può esservi libertà di scelta se non c’è corretta informazione.

Uno degli argomenti di maggiore interesse per l'opinione pubblica riguarda gli effetti avversi dei vaccini e in particolare la mortalità. Per questo vale la pena commentare un articolo di Antonio Socci, comparso su Libero del 13 Ottobre, intitolato “Ma perché qualcuno ha più paura del vaccino che del COVID? Una riflessione statistica”. Tale articolo è emblematico di quale confusione si possa generare su un argomento così delicato e per questo prendendo spunto da questo ritengo utile trattare in modo tecnico alcuni aspetti della questione. Per brevità, pubblico il testo nel mio fascicolo in “Sfero” in attesa di altre eventuali possibilità di pubblicazione.

Socci analizza il tema delle morti improvvise, che definisce “uno dei temi più diffusi, fra i Novax, forse quello che più alimenta la paura e il rifiuto della vaccinazione”. I cosiddetti “Novax” sono accusati di rilanciare sui socials le notizie di cronaca relative a morti di persone che da pochi giorni hanno fatto il vaccino, come se ciò fosse espressione di ignoranza di statistica. Successivamente, l'autore si lancia in considerazioni tecniche in difesa delle vaccinazioni che lasciano stupiti per la loro scarsa consistenza scientifica.


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Guido Viale: Le ragioni della protesta

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Le ragioni della protesta

di Guido Viale

Tanti e tante tra coloro che scendono in lotta contro il green pass, e non solo a Trieste, sono vaccinati e alcuni hanno anche il gp. Già solo per questa ragione è sbagliato tacciare di egoismo chi si mobilita. I motivi della protesta sono diversi – a cominciare dal rifiuto dell’ordine dall’alto di non turbare in alcun modo l’ordinario svolgimento della produzione e del consumo – e certo non tutti allo stesso modo condivisibili. Ma abbiamo tutti il dovere di esplorarli, anche per reinventare dal basso i concetti di cura e di medicina di comunità

È un errore tacciare di egoismo – o, peggio ancora, di “individualismo piccolo borghese”, proprio di chi si cura solo dei propri interessi, fregandosene degli altri – coloro che si sono mobilitati contro l’imposizione del green pass per accedere al lavoro o coloro che si sono schierati contro l’eventualità di una imposizione dell’obbligo vaccinale per il covid-19.

Caso mai, è vero il contrario: chi si vaccina lo fa innanzitutto per proteggere se stesso (cosa sacrosanta, che non chiamerei mai egoismo). Il fatto che ciò protegga anche le persone con cui si entra in contatto viene dopo.


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Piotr: Libertà è partecipazione (?)

sinistra

Libertà è partecipazione (?)

di Piotr

No, perché non è mica facile non andare a votare. Soprattutto non è bello farlo così, a cuor leggero, o addirittura farsene un vanto. C’è dentro il disagio di non appartenere più a niente, di essere diventati totalmente impotenti

Giorgio Gaber e Sandro Luporini, “Il signor G”.

Giorgio Gaber, come Sandro Luporini, su molte cose aveva la vista lunga, come succede spesso agli artisti ma come succede raramente, sempre più raramente, ai politici.

Chi oggi vince, vince col venti per cento degli aventi diritto al voto. È così. E non è una cosa positiva. C'è chi cinicamente se ne frega e si attacca alla forma per fare tranquillamente i comodi suoi, e chi, invece, crede veramente di avere in tasca una maggioranza. Pochissimi riflettono in modo strutturale su cosa sta succedendo.

Perché la gente non vota? Per dirla in termini molto concisi, perché sa, o sente, intuisce, che ormai vige una forma di neo signoria, di neo oligarchia repubblicana, in cui i partiti sono solo associazioni di podestà, di loro servitori e di loro attendenti, sottoposti a signori che vivono protetti in palazzi inavvicinabili (la crisi attuale, tra terremoti economici e finanziari, sconvolgimenti sociali, guerre mondiali ed epidemie, mi ricorda ogni giorno di più quella europea del XIV secolo).


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Il chimico scettico: Uno strumento sanitario, come no

ilchimicoscettico

Uno strumento sanitario, come no

di Il chimico scettico

"Il possesso del green pass diventa da oggi necessario anche per il diritto a malattia, maternità, assegni per il nucleo familiare e cassa integrazione. Da oggi al 31 dicembre, infatti, i lavoratori privi di «certificazione verde» sono «assenti ingiustificati» al lavoro e, come tali, non godono di alcun diritto né tutela garantiti dal rapporto di lavoro, eccetto quello della conservazione del posto di lavoro."

La natura strettamente sanitaria della disposizione emerge appieno, come quando si parlava di green pass obbligatorio per gli studenti universitari in DAD.

Qua sopra ci sarebbe da parlare dell'anticorpo AZ, o delle possibili vittorie di pirro di Lilly in oncologia, o del mezzo flop dell'inibitore RdRp di Atea/Roche. Temi importanti, molto.

Ma...

Ma l'attualità italiana presenta tutt'altre urgenze: quelle di un provvedimento (il "nostro" green pass) che non ha precedenti nella storia del paese. Niente a che vedere con le vaccinazioni obbligatorie sempre esistite in varie professioni: quante volte è successo che la non ottemperanza implicasse la perdita dello stipendio o della possibilita' di lavorare? Ora, la cosa sarebbe al limite comprensibile (non giustificabile), se fosse una risposta indotta dal panico causato da coperture vaccinali inesistenti a fronte di una protratta emergenza pandemica.


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Vincenzo Vitale: Filosofi e intellettuali contro Agamben

ilparagone

Filosofi e intellettuali contro Agamben

di Vincenzo Vitale

Nulla è più divertente che ascoltare chi, parlando, non sa di cosa parli: e maggiormente quelli che si autodefiniscano “filosofi e intellettuali”, come fanno i cento firmatari di un recente documento che contesta le tesi di Giorgio Agamben e dei suoi “colleghi” ( così li chiamano ), molto critiche su vaccini e green pass.

La prima cosa che diverte è che essi si presentino come filosofi e intellettuali, mostrando di non aver inteso come quella di filosofo non sia una professione – alla stregua di avvocato o ingegnere – ma il modo di ogni essere umano quando si fa delle domande cercando possibili risposte; e come l’intellettuale non sia uno che usa l’intelletto meglio di altri che invece sono mezzi scemi, ma un faticoso e rischioso ruolo sociale che, criticando il potere ( anche perché non si son mai visti intellettuali filogovernativi, tranne quelli “organici” al partito, che però intellettuali non sono ) non richiede intelletto, ma coraggio: ne è paradigma Zola, nel difendere Dreyfus.

Ne viene che costoro non sono filosofi di professione né intellettuali, ma soltanto docenti universitari di discipline filosofiche: il che non è la stessa cosa, ma loro sembrano ignorarlo ( e allora che filosofi sono? ).


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Giulio Di Donato e Sirio Zolea: Per un ecologismo del 99%

lafionda

Per un ecologismo del 99%

di Giulio Di Donato e Sirio Zolea

Nelle settimane scorse molti giovani sono scesi in piazza nel nome dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici. Non ci sfuggono i limiti di una certa narrazione, così come il rischio evidente che certi contenuti vengano strumentalizzati e messi al servizio delle logiche di un sistema in crisi che cerca nuovi canali per rilanciare e rilegittimare sé stesso sia sul fronte produzione-consumo che sul fronte ideologico. C’è pure negli slogan che si sono sentiti un richiamo sinistro alla logica dell’emergenza, puntualmente (chi ne dubitava?) ripreso e rilanciato da Draghi, leader per eccellenza dello stato di eccezione permanente: d’altronde ci appare ormai evidente come la tecnopolitica al governo si serva dell’emergenza come fonte costante di legittimazione. E c’è il dato di una società sempre più sfilacciata e incapace di alimentare attese per il futuro e proprio per questo preda di continue nevrosi collettive d’angoscia, che spesso assumono i tratti dell’ansia apocalittica da fine del mondo.


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tonino

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Nov 3, 2021, 8:32:25 AM11/3/21
to sante gorini

Andrea Del Monaco: L’austerità come ostetrica di nuovi fascismi?

sinistra

L’austerità come ostetrica di nuovi fascismi?

di Andrea Del Monaco*

Con il ritorno alla “Fornero” la UE di Draghi e Scholz assomiglia al Governo Bruning nel 1932. Attenzione al sempiterno ordoliberismo di Hayek

WeimarPer capire il nesso tra l’assalto neofascista di Forza Nuova alla Cgil, le conseguenze dei risultati delle elezioni tedesche, l'abolizione di quota 100, il contestuale ritorno alla riforma Fornero e l’egemonia dell’ordoliberismo di Friedrich Von Hayek, occorre rileggere il Karl Marx de “Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte” partendo dal suo incipit: “Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano per, così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa. Caussidière invece di Danton, Louis Blanc invece di Robespierre, la Montagna del 1848-1851 invece della Montagna del 1793-1795, il nipote invece dello zio.”. Oggi abbiamo le politiche deflattive di Draghi e Scholz invece delle politiche deflattive del cancellere tedesco Bruning. L’assalto squadrista alla Cgil inevitabilmente evoca le distruzioni delle sedi dei sindacati, de L’Avanti, de L’Unità e dei partiti antifascisti dal 23 marzo 1919 (fondazione dei fasci da combattimento) al 24 dicembre 1925 (la prima delle leggi fascistissime che chiude definitivamente la fase dell’Italia liberale). Diversamente dal fascismo, il nazismo arriva al potere in Germania nel 1933. La narrazione dominante spaccia come ragione dell’avvento del nazismo l’iperinflazione durante la repubblica di Weimar negli anni venti. In realtà la causa dirimente dell’avvento di Hitler è la politica di austerità condotta dal cancelliere Bruning tra il 1930 e il 1932: aumento del tasso di sconto, forti riduzioni delle spese dello Stato, aumento dei dazi doganali, riduzione dei salari e dei sussidi di disoccupazione. Cosa accadde? Aumentarono la disoccupazione e le imposte, i tagli al welfare ridussero il tenore di vita dei disoccupati e dei proletari presso cui Bruning divenne impopolare. I socialdemocratici, che avevano espresso il precedente cancelliere Muller fino al 1930, malgrado le politiche di Bruning colpissero i lavoratori, si astennero nel timore che il presidente Hindenburg nominasse un governo di destra.


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Eugenio Pavarani: “La logica interna delle tendenze in atto”

lafionda

“La logica interna delle tendenze in atto”

di Eugenio Pavarani

merkel1Il titolo di questo contributo è ripreso da una riflessione di Massimo Cacciari: “Si fatica a comprendere la nuova situazione culturale e politica in cui viviamo … La funzione del lavoro intellettuale, se mai ve n’è una, non consiste nel fotografare lo stato delle cose, tanto meno nel farne apologia o nel deprecarlo; essa consiste nell’individuare la logica interna delle tendenze in atto e a che cosa queste possano condurre. Spesso tale logica viene oscurata o mistificata da ragioni contingenti di convenienza politica, altrettanto spesso si evita di fare i conti con essa e viene ignorata. Il lavoro critico, senza alcuna presunzione anticipatrice, con sobrietà e freddezza, è chiamato a metterla in luce e a responsabilizzare nei suoi confronti”. (La Stampa, 07.10.2021)

E’ molto difficile e faticoso comprendere in presa diretta la situazione politica, sociale, economica e culturale in cui si vive. Ne dà un’autorevole testimonianza Hans Magnus Enzesberger: “Ai tempi del fascismo non sapevamo di vivere ai tempi del fascismo”.

E ai tempi di oggi? Sappiamo in quali tempi viviamo? Sappiamo “individuare la logica interna delle tendenze in atto e a che cosa queste possano condurre”? Oppure “tale logica – come indica Cacciari – è oscurata da ragioni contingenti di convenienza politica e si evita di fare i conti con essa e viene ignorata”?

* * * *

Nel corso di alcuni seminari ho invitato le persone che mi ascoltavano a porsi queste domande. Ho posto il problema in questo modo: avete davanti a voi il libro di storia del secondo dopoguerra che sarà scritto nel 2050; scorrete l’indice. Il capitolo sui primi tre decenni avrà probabilmente un titolo che è già diffusamente condiviso in letteratura: “I trenta anni gloriosi dello Stato sociale”. Quali titoli avranno i due periodi successivi? quello che termina con la crisi dei subprime e quello contemporaneo. Proviamo a mettere in luce le tendenze in atto che potrebbero dare i titoli ai due periodi.


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Fabio Ciabatti: La storia segue vie diverse, come la rivoluzione

carmilla

La storia segue vie diverse, come la rivoluzione

di Fabio Ciabatti

Umberto Melotti, Marx passato, presente, futuro. Una visione alternativa dello sviluppo storico, Meltemi, Milano 2021, pp. 312, € 20,90

MarxAlgeriIl multiculturalismo è stato una delle ideologie delle classi dominanti durante gli anni rampanti della globalizzazione. Non bisognerebbe dimenticarlo quando ci si accinge a criticare l’idea che la storia sia un percorso unilineare dalle società primitive a quelle più evolute. Certamente questa visione ci può condurre facilmente a una concezione eurocentrica che, volenti o nolenti, finisce per essere di supporto alle politiche colonialiste e imperialiste dell’Occidente. Un relativismo poco accorto, però, ci può portare con altrettanta facilità all’accettazione acritica non solo delle culture “altre”, ma anche degli effettivi sistemi politico-sociali extra-occidentali perché considerati espressioni dirette o indirette di quelle culture. Anche quando questi sistemi colludono di fatto con il dominio imperialistico.

Se vogliamo orientarci in questo orizzonte problematico non possiamo prescindere dal contributo del vecchio rivoluzionario di Treviri. Ma come, si potrebbe obiettare, non fu Marx artefice di una filosofia della storia finalistica e meccanicistica che lascia poco spazio alla pluralità delle traiettorie storiche? Le cose non stanno così secondo Umberto Melotti: “L’unilinearismo costituisce indubbiamente una delle tentazioni del pensiero di Marx, e più ancora di Engels, così come di tutti i sistemi storicistici e positivistici dell’Ottocento. Eppure Marx unilinearista non è”.1 Fu infatti lo stesso Marx a scrivere che “La storia non fa niente, non possiede alcuna ricchezza, non combatte alcuna lotta! È l’uomo, l’uomo reale e vivente, che fa tutto, possiede tutto e combatte tutto”.2 Un pensiero che viene così completato da Melotti: “Come risultato dell’agire degli uomini, la storia non è, né può essere, unilineare sviluppo di un processo finalisticamente necessario, ma è manifestazione multilineare e disgiuntiva di qualcosa di variamente possibile, se pure non privo di senso”.3


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Manlio Dinucci: Miliardi di euro per «innovare» la Nato nucleare

manifesto

Miliardi di euro per «innovare» la Nato nucleare

di Manlio Dinucci

«La Nato è finita in soffitta», scrivevano un mese fa i commentatori politici di svariate testate giornalistiche, dopo che la Francia aveva ritirato l’ambasciatore da Washington il 16 settembre. Era la protesta di Parigi per essere stata esclusa dal partenariato strategico-militare tra Stati uniti, Gran Bretagna e Australia, annunciato il giorno prima, e aver perso un lucroso contratto per la vendita di sottomarini all’Australia, che saranno sostituiti da sottomarini nucleari forniti da Usa e Gran Bretagna.

Una settimana dopo la clamorosa rottura diplomatica, però, il generale francese Lavigne veniva messo a capo del Comando Alleato della Trasformazione, con quartier generale a Norfolk negli Usa, e i presidenti dei due paesi, Biden e Macron, pubblicavano una Dichiarazione congiunta (qui la versione dell’Eliseo, qui quella della Casa Bianca, ndr).

Biden riaffermava «l’importanza strategica dell’impegno francese ed europeo nell’Indo-Pacifico» (la regione che nella geopolitica di Washington si estende dalla costa occidentale degli Usa a quella dell’India).


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Vittorio Gioiello: “L’essenza, per le fondamenta”. Intervista a Vittorio Gioiello

cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”. Intervista a Vittorio Gioiello

La Questione Comunista

di Vittorio Gioiello

Intervista a Vittorio Gioiello, presidente Centro Studi di Politica Internazionale (CESPI). Pubblichiamo l'intervista nella forma di un' unica e complessiva risposta alle nostre domande

Mettere al centro dell’analisi la “questione comunista” comporta la ripresa di una discussione che, in modo non separato ma strettamente interdipendente, conduca l’analisi critica dell’attuale fase cosiddetta “postmoderna”, “postfordista” e “postindustriale” – con tutti i suoi specifici contenuti volti a demistificare la tesi secondo cui, a causa della rivoluzione tecnologica, il lavoro sarebbe ormai obsoleto; il capitale, in quanto transnazionale, sarebbe sempre più “astratto”, e, a sua volta, anche lo stato-nazione sarebbe assorbito in una sorta di empireo, che renderebbe inutile, perché priva di presupposti reali, la lotta sociale e politica sul territorio: discussione che aggredisca la questione del ruolo della soggettività organizzata in questa fase, in cui la cosiddetta sinistra pensa ed opera, non solo in Italia, in termini nettamente più arretrati di quelli assunti a suo tempo dalle socialdemocrazie.

In tale contesto occorre domandarsi perché e come un partito comunista possa e debba rientrare in campo per combattere anzitutto l’ambiguità di una opposizione destra-sinistra, che è il contorno di un’omologazione politico-istituzionale agli interessi di classe del capitalismo internazionale e nazionale.


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Giacomo Rotoli: Sistemi complessi: determinismo o indeterminismo?

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Sistemi complessi: determinismo o indeterminismo?

di Giacomo Rotoli

Dopo l’orgia di virologi e immunologi mediatici sarebbe meglio tornare a parlare seriamente di scienza per non perdersi tra scientismo e anti-scienza. Per questo motivo il mio è un complemento da fisico al bell’articolo di Guido Bonali Sull’ indeterminismo in natura e nella conoscenza della natura sull’Interferenza del 20 ottobre. Avevo intenzione di scrivere un commento ma il commento è diventato troppo lungo e quindi l’ho inviato come articolo, è scritto davvero di getto e quindi vi prego di perdonare qualche imprecisione. Qui solo chiarire per i lettori non proprio fulmini di guerra in fisica alcuni punti, perché filosofi e, purtroppo, anche ricercatori generano, parlando a vanvera, a volte confusione. Lascio a voi rispondere al quesito posto nel titolo per parte mia io credo che la complessità non esclude il determinismo sebbene in senso probabilistico e d’altra parte tutta la scienza moderna da Galileo e Newton fino ad oggi non ha fatto altro che inseguire modelli che prevedessero l’evoluzione futura di un sistema. L’indeterminismo, se lo leggiamo correttamente in termini probabilistici nel senso che non è detto che si realizzi ciò che aspettiamo o auspichiamo, comunque ci da quello spazio in cui può esistere e si esprime il libero arbitrio e in fondo anche la stessa azione politica.


Di seguito le mie considerazioni ispirate dall’articolo succitato:

1. Il caos di cui normalmente si parla in fisica oggigiorno non ha nulla a che vedere col caos primordiale o più genericamente col disordine, infatti è detto “caos deterministico” perché nonostante la traiettoria (cfr. la nota [1] per la terminologia) che compie il sistema sia complicata e ci sembra persino un po folle, caotica insomma, essa è sempre perfettamente prevedibile date le condizioni iniziali;

2. Dove nasce l’indeterminazione? Essa nasce dal fatto che nel mondo reale ogni misura nasce con un errore e quindi anche lo stato iniziale del sistema è affetto da errore, per cui poiché a stati iniziali diversi corrispondono traiettorie anche molto diverse se il sistema è caotico, ne segue che la predizione sullo stato finale del sistema è difficile ed è possibile solo in termini probabilistici. Questo lo vediamo ogni giorno con le previsioni del tempo: esse hanno oggi un limite massimo di accuratezza di circa 6 giorni perché dopo la divergenza delle traiettorie porta a previsioni diverse (detto volgarmente “effetto farfalla” poiché si dice che anche il battito delle ali di una farfalla a Pechino cambia il tempo in Europa) essendo le equazioni che modellano i fluidi viscosi come l’aria, equazioni di Navier-Stokes non-lineari e quindi caotiche. Tuttavia c’è da dire che oggi stiamo molto meglio di quando le previsioni arrivano a soli tre giorni perché lo sviluppo di computer molto potenti permette di seguire l’evoluzione del sistema con una precisione molto più grande che in passato, sviluppando tutte le possibili traiettorie del sistema, ed esistono poi numerosi modelli semplificati di previsione anche a più lungo termine che possono dare informazioni sull’evoluzione del clima anche se sono incerti su tempi e luoghi precisi dei fenomeni;

3. Anche la nozione di “sistema complesso” richiede una precisazione, la complessità spesso deriva da una forma non lineare delle equazioni che ne devono predire il comportamento (ovvero ad esempio la somma di soluzioni non è detto che sia una soluzione), ma per quanto il sistema possa essere caotico non è affatto detto che sia disordinato. Ad esempio nel caso della turbolenza si può avere caos temporale ma non spaziale per cui vi sono strutture spaziali ordinate mentre l’evoluzione nel tempo è caotica, portando ad effetti come l’intermittenza (ovvero il sistema oscilla tra stati differenti in modo imprevedibile se non in termini probabilistici). Spesso è proprio la non linearità ad essere sorgente di un comportamento ordinato ma al tempo stesso complesso nel senso che è un ordine a volte gerarchico che non è riducibile a qualcosa di semplice (si pensi ai frattali che sono oggetti strettamente legati al caos deterministico [2]) si pensi alle onde solitarie (solitoni), che sono onde di una natura particolare in cui la non linearità impedisce la dispersione e quindi la dissoluzione dell’onda, che provengono dalle stesse equazioni che a volte danno un comportamento caotico;

4.Giusto un accenno alla biologia: se essa come appare oggi è veramente fondata sul comportamento di molecole complesse (attenzione qui complesso significa altro che quello inteso prima, parliamo di un numero di atomi relativamente piccolo e la complessità è principalmente nella loro distribuzione spaziale) è necessaria una descrizione quantistica. I fenomeni quantistici, pur avendo al loro interno dei concetti probabilistici, agiscono in direzione opposta al caos deterministico per cui non c’è in generale caos deterministico nei fenomeni quantistici. Ed è inutile pensare che l’indeterminazione quantistica sia sorgente di quell'”indeterminismo” di cui si parla a cena oggi: con tutta la loro indeterminazione i calcoli quantistici sono in grado di calcolare grandezze con la precisione di una parte su un milione o anche di più [3], ed è il motivo per cui il famoso anatema di Einstein contro la meccanica quantistica: “Dio non gioca ai dadi” non ha avuto particolare effetto sulla comunità dei fisici: la meccanica quantistica funziona così bene che nessuno ha cercato di sostituirla con un’altra teoria non probabilistica;

5. Veniamo agli ultimi due punti di cui vorrei parlare: quello che noi vorremmo è predire forse il comportamento dell’individuo o della storia. Sono problemi diversi, di scala molto diversa. Dell’individuo si è già detto nell’articolo di Bonali dell’ordine esistente nel cervello per quanto questo possa essere complesso. E’ noto che esistono circuiti neurali che si producono per effetto dell’ambiente, ad esempio per mezzo dell’assunzione di droghe, per cui il cervello risulta in continua interazione con l’ambiente esterno e da questo forgia una sua immagine del mondo mettendo ordine nei propri neuroni (e un eccesso di ordine nel caso delle dipendenze). Si potrebbe prevedere la sua evoluzione? Difficile, se non sempre in termini probabilistici;

6. Lascio per ultima la storia: Fernand Braudel in una celebre intervista disse che i singoli individui non avevano nessuna possibilità di influenzare i processi storici (lasciando esterrefatti Fanfani e Ingrao che lo ascoltavano). Egli vedeva i processi storici come qualcosa di deterministico sebbene non prevedibile a causa della complessità [4]. Per Karl Marx si può fare lo stesso discorso: determinismo si ma dove andrà il sistema? Meglio forse dargli qualche spintarella allora, forse per tale motivo scrisse il Manifesto. Se non fosse stato così a che serviva scrivere e diffondere le sue idee, sarebbe stato come Hari Seldon lo psico-storiografo autore di una teoria fortemente deterministica della storia protagonista del romanzo di fantascienza Cronache della Galassia di Isaac Asimov [5]: egli comunicò le sue scoperte solo ad un piccolo manipolo di seguaci. Tutto si svolse nel modo in cui aveva previsto fino a secoli dopo le previsioni quando lui era già morto da un pezzo. Ma, e qui viene il bello, entrò in gioco un fattore imprevedibile: un mutante, il Mule, in grado con i suoi poteri mentali di modificare il corso della storia creando quella che matematicamente si potrebbe dire una biforcazione. Come si uscì dall’impero autocratico e malefico del Mule? Beh quei pochi seguaci informati avevano costituito una fondazione (per chi conosce la storia si tratta della c.d. Seconda Fondazione) per controllare l’evoluzione del sistema e come sottoprogetto lo studio dei poteri mentali. Essi fecero fuori il mutante: anche il grande Hari Seldon aveva pensato ad un sistema che evitasse l’indeterminismo. Lasciando perdere questa che è una storiella, mi sovviene che chi si richiama al socialismo e alla lotta di classe appartiene oggigiorno proprio ad un manipolo di seguaci sparsi specialmente in occidente sotto una dittatura di mutanti/falso coscienti (se pensiamo ai vari zerbini femministi non c’è che dire sono stati effettivamente ri-programmati nella psiche). Ma pensiamo un attimo come la storia sia un processo deterministico, non-lineare soggetto a biforcazioni: cosa sarebbe successo se il treno di Lenin fosse deragliato in Germania e lui fosse morto?


Note
[1] Userò nel seguito i seguenti termini che sono usuali nella letteratura scientifica ma nel linguaggio naturale potrebbero essere fraintesi: “sistema” è ciò che è l’oggetto dello studio, normalmente anche un sistema semplice ha delle caratteristiche complesse, quando lo si modella si fa una scelta riduzionista eliminando la descrizione di tutto ciò che non si ritiene rilevante per la previsione che vogliamo fare (ad esempio certamente la temperatura influenza la lunghezza di un pendolo, ma assumendo che essa sia costante possiamo trascurare questo effetto); “modello” è quello che è il risultato della riduzione esso generalmente è descritto da “equazioni” in cui compare la variabile tempo (quando non è descritto da equazioni un modello è ancora oggetto di discussioni e a volte dispute tra gli scienziati, ma oggigiorno esistono equazioni un po per tutto: dai fluidi turbolenti al sistema terra con i suoi abitanti) bisogna tenere sempre a mente che un “modello” non rappresenta integralmente la realtà fisica ma è sempre una sua riduzione; “traiettoria” è il risultato della soluzione delle equazioni (non sempre facile si ricorre ai computer molto spesso ormai), la traiettoria fornisce ad un dato tempo t lo stato del sistema S(t) una volta che siano noto lo stato iniziale S(0) al tempo t=0. Lo stato dipende da cosa è il sistema: può essere la posizione di un pendolo al tempo t anche se questo è soggetto ad un moto caotico, o anche un’insieme di valori che contengono ad esempio le previsioni del tempo per domani in termini di temperatura, vento, umidità, pioggia, etc. oppure lo stato di un sistema sociale: popolazione, risorse, grado di inquinamento, distribuzione della ricchezza, etc.
[2] Proprio Giorgio Parisi dimostrò, insieme a Uriel Frisch, l’esistenza di strutture frattali nei flussi turbolenti. Parisi G. and Frisch U., On the singularity structure of fully developed turbolence, in Turbulence and Predictability in Geophysical Fluid Dynamics and Climate Dynamics, Proceedings of the International School of Physics «E. Fermi», Varenna, Italy, edited by M. Ghil, R. Benzi and G. Parisi, Course LXXXVIII (North-Holland, Amsterdam) 1985, p. 84.
[3] Ad esempio la costante di struttura fine, che è una costante fondamentale che interviene nella fisica delle particelle può essere calcolata per mezzo dell’elettrodinamica quantistica con la precisione di 0.25 parti per miliardo.
[4] A parte i famosi modelli nati dagli studi del c.d. Club di Roma, nati dagli studi di Vito Volterra, esistono anche modelli alternativi di studio dell’evoluzione della popolazione e delle risorse in cui intervengono anche una modellizzazione delle classi sociali. Tutti i modelli però hanno il difetto di essere palesemente dipendenti dalle scelte dei soggetti che ne definiscono la struttura. La scelta di introdurre o no delle strutture di classe è ovviamente soggettiva, un modellista neoliberale non la farebbe pensando più alla società come una raccolta di individui come atomi. Per un aggiornamento su questo tipo di modelli cfr. 2050 Il futuro del nuovo nord, https://www.ibs.it/2050-futuro-del-nuovo-nord-libro-laurence-c-smith/e/9788806198213
[5] Isaac Asimov, Cronache della Galassia, prima ed. italiana 1963.


ilsimplicissimus: I padroni occulti delle notizie

ilsimplicissimus

I padroni occulti delle notizie

di ilsimplicissimus

Per quanto possa sembrare impossibile in un mondo razionale ancora molte persone sostengono la narrativa diffusa dai media e dai governi: SARS-CoV-2 è un virus killer e solo i blocchi e la vaccinazione possono proteggerci. E se questo non funziona è perché il blocco non è stato abbastanza severo e non sono state ancora vaccinate abbastanza persone, oppure c’è bisogno di una vaccinazione di richiamo, anche se non esiste alcuna ragione al mondo perché essa possa cambiare le cose, tanto che in alcuni Paesi già si pensa alla quarta dose e così via: un grande affare perpetuo. Esaminando punto per punto questo universo di asserzioni che ci vengono propinate ci si accorge facilmente che si tratta di sciocchezze che vengono credute solo perché ripetute tutte le ore e tutti i giorni. Ma c’è un altro fatto che aumenta decisamente la forza della narrativa pandemica, ovvero che le notizie sul Covid sonoo simili se non identiche in tutto il mondo: allora deve essere vero. E di fatto questo è l’argomento principe per parecchie persone.


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Maurizio Matteoli: Vaccinare anche adolescenti e bambini?

gocciaagoccia

Vaccinare anche adolescenti e bambini?

di Maurizio Matteoli

D'ora in poi tutti i post sull'argomento saranno preceduti da questo hashtag #SmartProVax con l'intento di creare un punto di aggregazione per tutti coloro che intendono ragionare senza pre-giudizi su Covid-19. Noi che curiamo questa pagina siamo a favore dell'uso del vaccini anticovid ma non rinunciamo a ragionare con senso critico su ogni argomento inclusi i vaccini. Oggi pubblichiamo il contributo di Maurizio Matteoli, pediatra con grande esperienza anche di terapia intensiva

In seguito alla raccomandazione all’unanimità (un solo astenuto) del Comitato Consultivo di Esperti di FDA per l’approvazione del vaccino Comirnaty per i bambini a partire dai 5 anni di età, sento il dovere morale di mettere nero su bianco la mia opinione, anche se, molto probabilmente, sarebbe per me più “conveniente” rimanere in silenzio e non entrare in contrasto con la maggioranza di medici ben più noti e "autorevoli” di me che la indicano come indispensabile per la salute di questa classe di età e per quella della nostra società.

Nella mia qualità di medico che esprime il suo parere in questo ambito, ritengo che i bambini sani di questa età non devono essere vaccinati, così come non andavano vaccinati gli adolescenti sani, che invece lo sono stati. Un errore, e non certo dei genitori che hanno seguito le indicazioni che sono state loro date.


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Andrea Zhok: L’epidemia d’odio, la tecnica e la cultura nell’epoca del Green Pass

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L’epidemia d’odio, la tecnica e la cultura nell’epoca del Green Pass

Silvia D’Autilia intervista Andrea Zhok

248273219 481932392877811 4155998009573330886 nSD: Professor Zhok, lei è stato tra i primi firmatari e promotori dell’appello dei docenti universitari contro il Green Pass, che è oggi arrivato a più di mille professori aderenti. Il vostro dissenso è sia relativo all’adozione di una misura considerata discriminatoria nei confronti di studenti e lavoratori, sia in relazione allo spirito d’inclusione e partecipazione che caratterizza l’università. Dal suo punto di vista, quali conseguenze determinerebbe il perseverare di questa norma o la sua semplice traccia storica nell’ambito della cultura e del diritto allo studio?

AZ: La cultura, che uscirà a pezzi da questa vicenda, quali che ne siano gli esiti, è la cultura civile e democratica. Il decisionismo del governo su una questione delicatissima come questo “certificato di piena cittadinanza” ha prodotto una spaccatura drammatica, una vera e propria epidemia d’odio, da cui temo non ci rimetteremo per anni. Ha dell’incredibile la leggerezza con cui si è messo mano a una norma che:

1) tocca le libertà fondamentali (a partire dall’inviolabilità del corpo proprio, fino al diritto al lavoro e allo studio),

2) lo fa con motivazioni pretestuose (i sondaggi precedenti al GP parlavano di un mero 5% di cittadini pregiudizialmente ostili a vaccinarsi: non c’era nessuna ‘emergenza no-vax’) e

3) scatena simultaneamente incontrollabili istinti atavici come quello dell’autopreservazione (timore del contagio da una parte; timore dell’inoculazione dall’altra).

Di fronte a un tema socialmente, psicologicamente e anche scientificamente così delicato il governo ha ritenuto di procedere come il proverbiale elefante in una cristalleria, portandosi dietro gran parte dell’opinione pubblica in una sorta di riedizione della caccia all’untore.


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Il Rovescio: PNRR: Piano Nazionale di Radiazione di ogni Resistenza (umana)

ilrovescio

PNRR: Piano Nazionale di Radiazione di ogni Resistenza (umana)

di Il Rovescio

vintage 4Pubblichiamo molto volentieri queste preziose riflessioni sulla Sanità 4.0, scritte da una compagna che da trent’anni si occupa di salute (in senso professionale e non solo) ispirandosi alla medicina tradizionale cinese. Dai corpi ai campi, dai laboratori alle strutture sanitarie, l’intreccio tra digitalizzazione e biotecnologie ci sta portando verso un “nuovo ordine sociale” in cui l’umanità stessa viene concepita e trattata come un “prodotto difettoso”. Diventa allora sempre più urgente, secondo l’autrice del testo, pensare e praticare percorsi di autorganizzazione anche in ambito medico. Uno stimolo, insomma, ad aprire un’ampia discussione che coinvolga sia compagne e compagni sia quella parte del personale sanitario che è ancora e vuole restare umana.

* * * *

È ormai evidente che un’emergenza sanitaria reale è diventata il cavallo di Troia attraverso cui limitare in modo sempre più accelerato le libertà individuali e plasmare un nuovo ordine sociale, in cui il valore di ogni specie, compresa quella umana, e del pianeta diventano esplicitamente secondari rispetto alla sopravvivenza ed al funzionamento adattato del sistema.

Premetto che per me è importante in questo momento sottolineare che non si tratta di un banale virus; che si tratti di un prodotto di laboratorio o che sia conseguenza della devastazione ambientale nel suo complesso, è un dato di fatto che esso richiede di essere trattato per tempo ed in modo appropriato, specifico e da persone competenti (ovvero che hanno studiato e praticato la medicina) e che il cosiddetto “long Covid” riguarda il 14% dei contagiati, in proporzione maggiore nelle fasce più giovani, con conseguenze sul lungo termine ancora ignote.


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Bruno Casati: “L’essenza, per le fondamenta”. Intervista a Bruno Casati

cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”. Intervista a Bruno Casati

Dallo scioglimento del PCI all'attuale crisi del movimento comunista italiano

di Bruno Casati*

“Cumpanis” ha posto a Bruno Casati, come ad ogni altro interlocutore/interlocutrice di questo Speciale, “L’essenza, per le fondamenta”, alcune domande, le cui risposte l’Autore ha preferito sintetizzare in questo unico testo

Immagine primo editoriale Interviste Bruno CasatiNegli anni ’80, e men che meno nel decennio precedente, non si ebbe mai la percezione della gravità che, nel PCI, andava ad assumere un doppio fenomeno. Il primo dato dai riformisti che, ancora con Berlinguer vivente, conquistano la maggioranza nella Direzione e nella Segreteria Nazionale del Partito, tanto che Berlinguer opera la “seconda svolta di Salerno”, con cui recupera il rapporto che si era allentato con la base comunista, forzando le regole del centralismo democratico e solo così aggirando il dissenso della Direzione.

Il secondo fenomeno si configura nel manifestarsi, cautamente all’inizio, di una nuova generazione di comunisti. È la leva dei giovani della FGCI degli anni Sessanta che, nell’80, diventati quarantenni alzano la testa. È la loro la prima generazione che non può, ovviamente, disporre del “cursus honorum” dei precedenti gruppi dirigenti del PCI: i fondatori di Livorno, i quadri della clandestinità, poi della Spagna, della Resistenza, del “partito nuovo” di Togliatti e, infine, della “via italiana al socialismo”.

I giovani della FGCI del Sessanta sono, invece, entrati direttamente negli apparati del partito dopo qualche anno di università, taluni, senza aver mai diretto, tutti, una lotta di fabbrica o di territorio. Però sono molto ambiziosi e si propongono di farsi largo nel partito, ma prima devono liberarsi dei padri. L’operazione rasenta l’impossibile fintanto che resta in campo Berlinguer, che avrà pure perso la maggioranza della Direzione ma resta l’ultimo grande dirigente per il quale si possa parlare di “sacralità del capo”. Pertanto, bisogna liberarsi di Berlinguer e della sua intransigenza che lo aveva portato sia alla critica frontale del craxismo che alla denuncia del malcostume interno al partito. I Riformisti filo craxiani che controllano la Direzione, la CGIL e alcune importanti federazioni come quella di Milano, sono d’accordo con i quarantenni rampanti e si apprestano cinicamente a usarli.


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Extinction Rebellion Italia: Unitevi alla ribellione

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Unitevi alla ribellione

di Extinction Rebellion Italia

Il forum dei leader, ministri delle finanze e governatori delle banche centrali, creato nel 1999 dei 20 paesi più industrializzati del mondo è responsabile del 75% delle emissioni globali ed è il principale finanziatore di progetti legati a petrolio, gas e carbone. Gli Stati che lo compongono diffondono il credo mitico della crescita economica infinita, adottano il PIL come unico parametro di misurazione del benessere e trascurano deliberatamente il fatto che il modello da loro imposto si sostenga solo con la depredazione di risorse naturali e l’estrattivismo, con maggiori emissioni di CO2, con programmi neoliberisti e una insopportabile ingiustizia tra paesi poveri e ricchi. Extiction Rebellion chiama alla mobilitazione a Roma, dal 29 al 31 ottobre, contro il Vertice G20, l’ennesimo appuntamento autoreferenziale, tenuto a porte chiuse, dove le maggiori potenze lasciano fuori gli altri 188 Stati del mondo e tutt* noi. Tuttavia, la “società del benessere e dell’opulenza” è in realtà una società profondamente malata. Viviamo in un sistema tossico, mangiamo cibo spazzatura, lavoriamo in ambienti insalubri, respiriamo aria inquinata

Saremo a Roma dal 29 al 31 ottobre 2021 per dire ai Governanti dei Paesi del G20, presenti nella capitale per il Vertice, che sono i primi responsabili della gravità della crisi climatica e ecologica in atto.


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Leonardo Mazzei: Il despota

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Il despota

di Leonardo Mazzei

«Non si torna indietro». Così parlò Mario Draghi il despota, verso le 20 di un martedì qualunque. Il tema erano le pensioni, sulle quali invece si tornerà indietro eccome, esattamente alla Legge Fornero del 2011. Con tanti saluti a Salvini ed ai sindacati che, sembrerebbe quasi incidentalmente, stavano seduti davanti al suo trono. Seduti, o fors’anche inginocchiati come più gli si addice, ma di certo incapaci di toccar palla. Sta di fatto che all’ora di cena il despota si è annoiato di cotanto cincischiare ed ha lasciato quel tavolo cui tanto tenevano coloro che credevano di poter essere i suoi commensali.

Ma come, avrà pensato Landini, son passati solo 15 giorni dal tenero abbraccio davanti alla sede della Cgil e questo già ci mette alla porta? La verità è che Cgil-Cisl-Uil hanno ottenuto esattamente quel che si meritano. Nel 2018 trovarono la maniera di criticare “Quota 100” perché partorita dall’odiato governo gialloverde, mentre adesso si ritrovano in qualche modo a rimpiangerla senza però poterlo dire. Per il despota chiuderli in un angolo è stato un giochino da ragazzi.


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Marco Cattaneo: Per abbassare il debito / PIL occorre spendere DI PIU’

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Per abbassare il debito / PIL occorre spendere DI PIU’

di Marco Cattaneo

Chi segue questo blog sa che abbassare il debito pubblico non è affatto una via per arricchire il paese. Al contrario: il debito pubblico è ricchezza dei cittadini. Deficit e debito vanno gestiti in modo da raggiungere il pieno impiego delle risorse produttive (lavoro e aziende) compatibilmente con la stabilità monetaria ed evitando squilibri nei conti esteri. Ma una volta assicurati questi due obiettivi, il deficit aumenta reddito e risparmio dei privati, e il debito è una forma di impiego del risparmio accumulato. Effetti POSITIVI, non cose di cui preoccuparsi.

Il vincolo di finanza pubblica nasce dall’essersi spossessati – senza alcuna valida ragione economica – della propria moneta. Non da un presunto impoverimento che nascerebbe dal maggior debito.

Ma anche prendendo atto dell’obiettivo – coerente con le “raccomandazioni” UE – di abbassare il debito, o più esattamente il rapporto tra debito pubblico e PIL, lo sforzo rivolto a “risanare i conti pubblici” riducendo spesa e deficit è in realtà, nelle condizioni attuali del nostro paese (condizioni che in realtà durano da svariati lustri) controproducente.


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coniarerivolta: Il Governo programma il ritorno alla legge Fornero: l’attacco alle pensioni è servito

coniarerivolta

Il Governo programma il ritorno alla legge Fornero: l’attacco alle pensioni è servito

di coniarerivolta

Il Governo Draghi si conferma il Governo della Restaurazione, e quale campo migliore per confermarlo se non quello della previdenza sociale? A riprova di ciò, le cronache di questi giorni ci parlano con insistenza della prossima modifica alla legislazione sulle pensioni che anima i dibattiti nella maggioranza. Prima l’ipotesi di ‘quota 102’ estesa ai prossimi anni; poi l’allargamento dell’APE sociale ad una platea più vasta ma pur sempre limitata di lavoratori; ora si torna al balletto delle quote: ‘quota 102’ per il 2022, ‘quota 104’ dal 2023, e poi situazione da valutare per l’anno successivo con sicuro ritorno alla norma dei 67 anni. Numeri e numeretti dietro i quali si cela ormai palesemente la chiara volontà di tornare alla legge Fornero dichiarando però di non volerci tornare. Un giochino ideologico sin troppo plateale per essere creduto anche dai più distratti e dai meno inclini a fare le somme. Il ritorno alla legge Fornero, infatti, è scritto nelle cifre del Documento Programmatico di Bilancio (DPB) inviato a Bruxelles che il Governo non intende smentire. Tali cifre sono talmente esigue (600 milioni per il 2022; circa 500 per i successivi due anni) da mettere nero su bianco che si tratterà dell’ennesima toppa e non di una riforma onnicomprensiva. Il problema, come al solito, è che la toppa è peggio del buco. Vediamo perché.


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Marco Travaglio: U Tiradrittu

fattoquotidiano

U Tiradrittu

di Marco Travaglio

Storia di ordinario Consiglio dei ministri svelata dal Corriere. I capidelegazione dei due partiti più votati, Patuanelli (M5S) e Orlando (Pd), esprimono un sommesso disagio a Draghi per un fatto “mai successo”: devono approvare il Documento programmatico di bilancio “senza che ci sia stato nemmeno distribuito il testo”. A scatola chiusa, come si usa da quando fu posta fine al “vulnus democratico” di Conte e tornò la democrazia con Draghi. Poi Franceschini chiede di rifinanziare il bonus per le facciate. Il premier lo gela: “Le risorse sono finite, se no il sistema salta”. Franceschini fa notare che il Consiglio dei ministri si chiama così perché è un organo collegiale che prima discute e poi decide: “Le riunioni di governo servono proprio a costruire un compromesso”. Ma Draghi, abituato a Bankitalia e alla Bce, dove lui decideva e gli altri obbedivano, stronca sul nascere la rivolta di Spartacus “visibilmente infastidito”, con un perentorio “Eppoi basta”. Il Corriere, per nulla scandalizzato dalla trasformazione del Consiglio dei ministri in Gran Consiglio del Draghismo, censura il pigolio di Franceschini come pericolosa “curvatura politica”: come si permette un politico, per giunta ministro, di fare politica?


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tonino

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Nov 5, 2021, 2:24:11 PM11/5/21
to sante gorini

Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli: Cento miliardi di galassie:

mondorosso

Cento miliardi di galassie

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

 

Per un realismo resiliente della praxis

Introduzione di Alessandro Testa

le stelle strane dell universo piu massiccia speciale
              v8 47477 900x900K. Marx, ottava tesi su Feuerbach: “La vita sociale è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che sviano la teoria verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nell’attività pratica umana e nella comprensione di tale prassi”.

Una battaglia sotterranea infuria da secoli, una battaglia senza quartiere di cui però pochi sono consapevoli, e della quale persino quei pochi “iniziati” avvertono l’esiziale importanza: la battaglia tra idealismo e materialismo. Fanfaluche da filosofi, direte voi cari lettori, divertissements che possono permettersi solamente coloro che “hanno la pancia piena ed i piedi al caldo”, come maliziosamente insinuava Voltaire. Tutt’altro, lasciateci dire.

Se c’è una battaglia fondamentale, una battaglia degna di essere combattuta, è proprio questa. Se non si vincerà questa battaglia, se non si sconfiggerà la tabe sempiterna dell’idealismo, eradicandolo completamente non solo dal panorama filosofico ma, forse più radicalmente, dal comune pensare e soprattutto dalle categorie della scienza e della tecnica, non sarà mai possibile costruire una filosofia della scienza realmente materialista, non sarà mai possibile descrivere la realtà concreta con quei termini materialisti dialettici che, come Engels acutamente sottolineava, non sono altro che la filosofia di Hegel rimessa coi piedi  per terra.

Diceva Sun Tzu: “Conosci il tuo nemico”: da questo vorremmo partire, dall’inquadramento della natura profonda dell’idealismo nelle sue molteplici forme di presentazione, siano esse ontologiche, gnoseologiche, storiche, etiche o politiche, dalla sua sostanziale negazione della realtà materiale, dalla sua affermazione del dominio del pensiero dell’uomo, misura e metro della realtà, dell’idea astratta come dominus e criterio di verità cui la realtà e la materia debbono inevitabilmente sottomettersi.


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Pier Paolo Dal Monte: La politica ai tempi del colera, appunti su teoria e prassi

frontiere

La politica ai tempi del colera, appunti su teoria e prassi

di Pier Paolo Dal Monte

In ictu
            oculiL’articolo di Moreno Pasquinelli, apparso qui l’8 settembre u.s., tratta un tema assai importante, ovvero quello della necessità, delle possibilità e delle condizioni per la creazione di un soggetto politico. Questo tema è particolarmente cogente nella situazione attuale, nella quale la più parte della popolazione è, di fatto, priva di rappresentanza politica. A tal proposito egli elenca alcuni presupposti necessari (anche se non sufficienti).

È evidente a chiunque sia dotato di una seppur minima facoltà di pensiero che il “governo dei tecnici”, o meglio dello specialista in tecnica bancaria, non sia che l’espressione del commissariamento di questo paese da parte di forze che nulla hanno a che fare con il libero esercizio della prassi politica.

Sotto quest’ottica, è facile dare una risposta alla domanda circa la sussistenza della prima delle condizioni che sono elencate nell’articolo in oggetto, ossia se esista «un contesto sociale che “chiede” che un nuovo partito sorga».

Data l’assenza, quasi totale, di forme organizzate di rappresentanza politica, intese come portatrici delle reali istanzi dei cittadini, ci pare che questa precondizione sia soddisfatta.

Le formazioni che, in questo momento storico, pretendono e millantano di ricoprire questa funzione, sono, fondamentalmente, dei meri contenitori di consenso che inscenano una falsa dialettica fatta esclusivamente (quando va bene) di istanze prepolitiche: dalla lotta alla cosiddetta “corruzione”, (in realtà, semplice stigmatizzazione verbale), all’indipendenza della Padania (declinata nella forma, più al passo coi tempi, del regionalismo differenziato); o, ancora, nelle tenzoni posticce sull’immigrazione, sulla moltiplicazione dei generi o sul vangelo secondo Greta, tutte superate dal “grande livellatore” dello stato di eccezione pandemico (che ha preso il posto di quello economico e sarà sostituito da quello climatico).


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Marco Bersani: I ricchi fanno male al pianeta

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I ricchi fanno male al pianeta

di Marco Bersani

A livello globale, il 10% più ricco della popolazione mondiale (771 milioni di individui) emette in media 31 tonnellate di CO2 per persona all’anno ed è responsabile di circa il 48% delle emissioni globali. L’autorevole ricerca che ce lo spiega dimostra anche che nelle nazioni più ricche, le emissioni pro capite della metà più povera della popolazione sono addirittura diminuite dal 1990 ad oggi, mentre si sono moltiplicate esponenzialmente quelle della popolazione abbiente e soprattutto quelle dei super-ricchi. La ricchezza inquina e siamo ben lungi dall’ essere tutti sulla stessa barca, anzi la trasformazione ecologica della società può attuarsi solo attraverso una radicale inversione complessiva della rotta

L’accumulazione di ricchezza in poche mani non produce solo una profonda e drammatica diseguaglianza sociale, dividendo il mondo fra vite degne e vite da scarto. I ricchi fanno anche male al pianeta e sono i principali responsabili della crisi climatica.

Lo studio “Climate change & the global inequality of carbon emissions, 1990-2020”, realizzato dal ‘Laboratoire sur les Inégalités Mondiales dell’École d’économie de Paris’, dimostra oltre ogni evidenza la disuguaglianza globale delle emissioni di gas serra tra il 1990 e il 2019.


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Lorenzo Tecleme: Tre lezioni dal G20 di Roma

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Tre lezioni dal G20 di Roma

di Lorenzo Tecleme*

I cambiamenti arriveranno se riusciremo a imporli, in uno scenario globale cambiato in cui movimenti e convergenze tra forze diverse possono fare la differenza. Appunti a caldo dalla mobilitazione contro i grandi della terra

Da giorni il centro di Roma si sta trasformando in una cittadella blindata. Migliaia di uomini di forze armate e dell’ordine sono chiamati a presidiare il G20, il summit che riunisce le venti principali economie del mondo. Quest’anno la presidenza italiana ha scelto l’immaginifico slogan People, Planet, Prosperity, e si sprecano già i proclami ambiziosi su contrasto a Covid-19 e riscaldamento globale, riduzione delle disuguaglianze, pace.

Ma se dal punto di vista di chi scrive non molto di buono può uscire dal Palazzo dei venti potenti, molto più interessante è analizzare quanto le premesse di questo evento ci dicano sullo stato della politica globale – e sul come fare per cambiarla.

 

Primo, i rapporti di forza contano


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Ernst Lohoff: La prosecuzione socialista dell'Illuminismo borghese

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La prosecuzione socialista dell'Illuminismo borghese

di Ernst Lohoff

XVII Tesi su: L'incanto del mondo. Il soggetto-forma e la storia della sua costituzione - una bozza.

Il movimento socialista, pur ritenendosi un movimento anticapitalista, ha dato tuttavia un contributo assolutamente decisivo all'instaurazione della forma-soggetto della società di mercato. La forma di attività generale della società di mercato ha ottenuto un riconoscimento generale solo a partire dalla pressione del movimento operaio. È avvenuto solo grazie all'apparizione di quest'ultimo, che l'astrazione reale «lavoro» ha ottenuto un riconoscimento in quanto valore dei valori, principio dei princìpi, che si colloca al suo posto centrale per quel che riguarda la costituzione del soggetto. Questo paradosso, possiamo comprenderlo solo grazie al quadro storico specifico del movimento operaio. La generalizzazione e l'onnipresenza della forma-soggetto si fonda sulla riduzione forzata dell'esistenza umana alla forma di attività della società di mercato, si basa sulla prestazione di lavoro. A subire la sorte di dover esistere sotto forma di unità di dispendio energetico fisiologico, non sono state le élite sociali, ma, prima di tutti gli altri, il nascente proletariato industriale, che lo ha vissuto come se fosse stato un disastro impostogli.


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Mauro Armanino: Nel Sahel ( e non solo) i poveri non sono in vendita

sinistra

Nel Sahel ( e non solo) i poveri non sono in vendita

di Mauro Armanino

Niamey, 19 settembre 2021. Invisibili quando conviene, i poveri sono sempre i primi a sparire. Risorgono, quando necessario, attraverso le Grandi Agenzie Umanitarie che, nei loro rapporti finalizzati a ricavare fondi, li rendono occasionalmente importanti. I bambini, da questo punto di vista, rappresentano un bersaglio privilegiato perché, non da oggi, il futuro passa soprattutto attraverso la manipolazione delle loro vite. Secondo una recente dichiarazione dell’Unicef, agenzia onusiana che si occupa dell’infanzia, almeno un milione di bimbi nigeriani non potrà andare a scuola a causa dell’insicurezza in alcune zone del Paese. La stessa agenzia ricorda che, in Nigeria, ci sono stati almeno 20 attacchi contro le scuole e che oltre 1 400 alunni sono stati rapiti e 16 sono morti. Solo dopo aver negoziato i termini del riscatto con le bande criminali all’origine dei rapimenti, i bambini sono stati liberati. Si calcola che circa 200 alunni siano scomparsi dai registri scolastici per sempre.

Quanto al Niger, fatte le debite proporzioni, le cose non vanno meglio. In un rapporto appena pubblicato ad opera dell’ONG Amnesty International, dal titolo eloquente ‘Non possiedo più nulla se non me stessa’, solo nella zona di Tillabéri, almeno 377 scuole della regione sono ormai chiuse e a oltre 31 000 bambini è stato sottratto il diritto all’istruzione.


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Salvatore Bravo: La svolta dell'Eur

sinistra

La svolta dell'Eur

di Salvatore Bravo

E il primo diritto innato del capitale è l’eguale sfruttamento della forza-lavoro

Il 24 gennaio 1978 sulla Repubblica Lama segretario della CGIL dal 1970 al 1986 in un’intervista intitolata “Lavoratori stringete la cinghia” espone la nuova posizione della CGIL coerente con la svolta dell’EUR del 1978. Il sindacato prende atto delle mutate condizioni storiche e scende a compromesso con il modo di produzione capitalistico, usa il linguaggio del capitale, abbandona ogni ipotesi rivoluzionaria e partecipativa per scegliere il compromesso con cui “salvaguardare” i lavoratori e l’occupazione. Ai lavoratori è richiesto il ridimensionamento delle rivendicazioni salariali e sociali per non gravare sui costi dell’azienda, si deve “proteggere l’azienda” per consentire il diritto al lavoro. Operai e impiegati devono, dunque, collaborare col capitalista: è il declino complice dei corpi medi e della democrazia sociale che si realizza senza fraintendimenti con l’abbraccio tra Landini e Draghi. L’abbraccio di Draghi è l’artiglio del dominatore che cala sul dominato, le gerarchie sono visibili nella dinamica di quell’abbraccio. Le premesse erano già scritte nell’intervista a Lama:


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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

I diversi destini del PCC e del PCI all’ombra della fine dell’URSS

Intervista a Fulvio Bellini*

Immagine secondo editoriale Intervista BelliniIl 2021 è stato l’anno di due importanti anniversari: quello della nascita dei partiti comunisti cinese e italiano. Molto si è scritto e dibattuto su questi temi. Qual è la tua opinione?

La prima riflessione sembra banale, ma solo apparentemente: salta all’occhio il destino diametralmente opposto che questi due partiti hanno avuto nel medesimo arco di tempo. Entrambe le organizzazioni politiche sono nate tra mille difficoltà, in Italia a causa del subitaneo avvento del ventennio fascista, in Cina a causa dell’inevitabile avversione delle potenze occidentali che là spadroneggiavano, dell’occupazione giapponese e dell’ostilità del Kuomintang di Chiang Kai-shek. Entrambi i partiti hanno avuto ruoli centrali nelle rispettive guerre di liberazione nazionali, e non si può negare che anche nel dopoguerra, in considerazione dei diversi contesti politici internazionali, e di collocazione rispetto ai propri governi, sia il PCC che il PCI hanno svolto ruoli centrali nella storia dei rispettivi paesi.

Ruoli sempre propositivi, comunque tesi al raggiungimento dell’obiettivo supremo che, a mio avviso, un partito socialista deve avere nella sua azione politica: come viene prodotta la ricchezza e come viene distribuita, che in altri termini possiamo definire come la lotta della supremazia tra il potere economico e quello politico.

La svolta che ha decisamente divaricato la storia dei due partiti è avvenuta certamente agli inizi degli anni Novanta, ed è coincisa con la fine dell’epopea dell’Unione Sovietica. Quell’evento ha determinato due conseguenze opposte: ha segnato la fine del Partito comunista italiano come soggetto politico di massa, mentre ha spronato i comunisti cinesi ad imprimere la svolta che ha portato il gigante asiatico ad essere la grande potenza che oggi conosciamo.


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Domenico Cortese: Il caro-bollette per la ripresa dei profitti e il prezzo dell’energia ostaggio del mercato

lordinenuovo

Il caro-bollette per la ripresa dei profitti e il prezzo dell’energia ostaggio del mercato

di Domenico Cortese

rincaro
            800x485Il rincaro delle bollette di luce e gas rischia di diventare uno dei principali fattori di aumento del costo della vita nel medio periodo per lavoratori e classi popolari. Il rincaro ha un portata ancora incerta in virtù di possibili interventi governativi tutti da analizzare ma ciò che è certo è che le misure non basteranno ad azzerare del tutto i rincari1. Un primo sguardo a questi aumenti può aiutare, pur senza pretesa di esaustività, a inquadrare la dinamica in atto e fornire spunti di indagine sui diversi aspetti.

Il forte aumento dei costi delle materie prime – in continua crescita da inizio 2021 in concomitanza con la ripresa economica dopo i ribassi dovuti la pandemia – nonché la decisa crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2 hanno portato già nel terzo trimestre dell’anno un aumento di circa il 10% della bolletta dell’elettricità2. Un aumento non scongiurato dal contenuto dei provvedimenti di urgenza annunciati dal governo per diminuire la necessità di raccolta degli oneri generali in bolletta, utilizzando parte di quanto ricavato dalle aste del mercato europeo dei permessi di emissione di CO2 o destinando parte delle risorse della legge di Bilancio3. Il rialzo definitivo è stato a luglio del 9,9% per la bolletta dell’elettricità e del 15,3% per quella del gas per le famiglie aderenti al servizio di maggior tutela, che garantisce al consumatore l’erogazione di energia elettrica e gas alle condizioni economiche e contrattuali stabilite dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) e che costituirà un’alternativa al mercato libero fino al primo gennaio 2023.

Le cause e gli effetti di questi aumenti del prezzo dell’energia hanno, entrambi, una connotazione di classe che sfavorisce, come accennato, lavoratori e classi popolari in contrasto con l’aumento dei profitti dei capitalisti (dell’energia e non solo) nel momento del ritorno della crescita economica.


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Andrea Zhok: Il P.U.N. e il suo Duca

lantidiplomatico

Il P.U.N. e il suo Duca

di Andrea Zhok

Per chi non avesse ancora capito la situazione, Mario Draghi è la Troika, entrata da noi su gentile invito, che ora sta governando con un supporto plebiscitario di partiti che costituiscono a tutti gli effetti un Partito Unico Neoliberale.

E' importante capire che questa NON è un'iperbole.

L'agenda che unifica il 100% dei partiti in parlamento (nella misura in cui hanno un'agenda, molti sono là semplicemente perché aspettano il 27 del mese) è legata ad un'idea di Stato il cui unico compito è di ottimizzare le funzionalità di mercato e di introdurre meccanismi di mercato dove ancora non ci sono (e questa è la definizione di stato neoliberale).

Secondo la classica definizione di David Harvey:

il Neoliberalismo è

"una teoria delle pratiche economico-politiche che propone che il benessere umano sia promosso al meglio liberando iniziative e capacità imprenditoriali individuali, entro una cornice istituzionale caratterizzata da forti diritti di proprietà privata, liberi mercati, e libero commercio.


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Dante Barontini: Tutta la manovra per le imprese, contro chi lavora

lantidiplomatico

Tutta la manovra per le imprese, contro chi lavora

di Dante Barontini

Potremmo accontentarci del titolo di un giornale qualsiasi: “Manovra, tutti contenti meno i sindacati”.

Se persino i “complici” di CgilCislUil trovano che questo piatto sia immangiabile, si intuisce subito che per i lavoratori italiani (e i disoccupati, i poveri, i pensionati, ecc) è un disastro.

E teniamo presente che, dopo molti anni, questa volta c’era lo spazio finanziario per una manovra che non fosse il solito “lacrime e sangue”, visto che si poteva mettere tra le entrate sia la prima rata del Recovery Fund (23 miliardi), sia quelle che arriveranno nel 2022 se saranno fatte tutte le “riforme” chieste e imposte dall’Unione Europea. Naturalmente “per i giovani”, ci mancherebbe…

Ma c’è stato spazio anche per un siparietto quasi berlusconiano, con il governo che “si applaude da solo” e lo dice pure in conferenza stampa…

Analizzare la “legge di stabilità” – la legge più importante dello Stato, quella che ogni anno decide su come si reperiscono le risorse pubbliche e come vengono impiegate – è sempre un esercizio complicato.


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Leo Essen: Taiwan e il caso Volkswagen: la guerra fredda dei microchip

lantidiplomatico

Taiwan e il caso Volkswagen: la guerra fredda dei microchip

di Leo Essen

Lotta di potere a Wolfsburg tra Herbert Diess, CEO di Volkswagen, e Daniela Cavallo, Capo del Consiglio di fabbrica di Volkswagen, una delle persone più potenti dell'enorme impero VW (taz.de).

Herbert Diess era pronto per partire per New York, dove aveva in programma un incontro con alcuni investitori e politici (Reuters).

Dopo l’annuncio di 30.000 esuberi, Diess è finito nel mirino dei lavoratori. Cavallo lo tiene sotto tiro. Lo accusa di scarso interesse per i lavoratori.

Nonostante gli Stati Uniti siano il maggiore mercato del Gruppo VW, Diess ha ceduto e ha rinviato la partenza. Voi siete più importanti degli investitori, ha detto sull’intranet aziendale (sueddeutsche.de).

La tregua non è stata un atto di generosità. In Germania vige il principio della codeterminazione. Attraverso il Consiglio, i lavoratori intervengono nelle scelte strategiche della società, possono anche esercitare il diritto di veto in materia di delocalizzazione, chiusure di impianti, fusioni e acquisizioni aziendali.


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Salvatore Bravo: L’anno zero della democrazia

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L’anno zero della democrazia

di Salvatore Bravo

L’anno zero della politica è tra di noi, politica è pluralità, prassi della democrazia nella quale gli avversari nel confronto dispiegano la realtà, in essi lo specchio della verità si frantuma per ricomporsi nel confronto. La democrazia è la ricostituzione del dato, l’esteriorità dei dati si trasforma nella coscienza dei cittadini in consapevolezza della realtà storica e in attività, in cittadinanza che partecipa al cambiamento generale. In questi anni pandemici si è palesato a tutti che la democrazia imperfetta è al limite della dittatura. Il termine pandemia usato in modo continuo è inesatto, poiché pandemia indica un fenomeno epidemico che colpisce tutti nella stessa maniera, fortunatamente i giovani anche se affetti dal virus, in genere, sono asintomatici. La distorsione del linguaggio è il primo segnale della decadenza della democrazia. Il taglio della democrazia si palesa nell’informazione tendenziosa. Per incentivare le vaccinazioni non si fa appello ad una equilibrata informazione, ma si conteggiano nelle TV di Stato e private gli immunizzati. Sappiamo che il vaccino non immunizza, ma diminuisce in molti casi gli effetti dell’infezione: vaccinato può infettarsi e infettare.


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tonino

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Nov 6, 2021, 1:21:45 AM11/6/21
to sante gorini

ilrovescio

Un prospettiva sulle mobilitazioni contro il Green Pass a Trieste

Seconda parte

di alcune compagne e compagni di Trieste

Qui la prima parte

dsgdfDopo i tumultuosi eventi delle ultime due settimane, sentiamo l’urgenza di riprendere il filo dei discorsi che avevamo interrotto alla vigilia del blocco del porto di Trieste [1]. Lo facciamo per condividere elementi e cronache in modo da far emergere le dinamiche che forse potrebbero riproporsi in altri luoghi.

Come avevamo annunciato in quel testo, quello a cui stavamo assistendo era un processo assolutamente grezzo di ricomposizione politica attorno all’opposizione al green pass, non per via culturale (sulla base di schemi e codici prestabiliti), ma per via sociale, con tutte le contraddizioni del caso che stavano venendo alla luce.

I fatti del Porto hanno da una parte arricchito questo movimento e dall’altra gli hanno impresso una direzione particolare, determinata da una serie di fattori esterni alla realtà triestina che vorremmo provare a ricostruire.

Prima di tutto, però, alcune considerazioni, anche di metodo:

a) La violenza dispiegata dalle forze dell’ordine durante lo sgombero del presidio permanente al varco 4 del Porto Nuovo di Trieste sono un fatto inedito, almeno in anni recenti, nella storia di Trieste. Uso di idranti, piogge di lacrimogeni ad altezza uomo (finendo tutti i candelotti disponibili entro il tardo pomeriggio), spinte e manganellate su un ponte: la cifra dell’operazione poliziesca, con un dispiegamento di mezzi e uomini enorme, è la dimostrazione dell’alto valore, non solo simbolico, della piazza triestina, diventata il fronte più avanzato dell’opposizione al green pass (con buona pace di Roma), crediamo per ragioni non casuali e profondamente intrecciate all’evoluzione del movimento triestino.


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Sergio Cesaratto: Patto di stabilità. Il trucco dei falchi per far cadere l’Italia in trappola

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Patto di stabilità. Il trucco dei falchi per far cadere l’Italia in trappola

Lorenzo Torrisi intervista Sergio Cesaratto

Si continua a discutere, ma non in Italia, del futuro della governance europea. Il nostro Paese rischia di rimanere intrappolato in regole all’apparenza convenienti

dombrovskis gentiloni 1 lapresse1280 640x300Nella settimana che si è appena conclusa è tornato a galla il tema del futuro delle regole del Patto di stabilità e crescita al momento ancora sospese. Il quotidiano tedesco Handelsblatt ha pubblicato in esclusiva i contenuti di un documento messo a punto dagli economisti del Mes, nel quale si suggerisce una modifica del parametro debito/Pil per portarlo dal 60% al 100%, lasciando invariato quello relativo al deficit/Pil al 3%.

Per l’Italia si tratterebbe di una modifica positiva? Secondo Sergio Cesaratto, Professore di Politica monetaria e fiscale europea all’Università di Siena, che ha appena pubblicato “Sei lezioni sulla moneta – La politica monetaria com’è e come viene raccontata” (Diarkos), «una proposta del genere potrebbe essere ingannevole in quanto apparentemente più realistica. La riduzione in 20 anni del rapporto debito/Pil sino al 60% prevista dal Fiscal compact del lontano 2012 è rimasta misura inapplicata in quanto irreale.

Essa avrebbe comportato surplus di bilancio primari (surplus una volta pagati gli interessi sul debito) tali da far crollare la domanda interna e l’economia rendendo, peraltro, ancora più lontano quell’obiettivo. La natura surreale del provvedimento l’ha reso lettera morta. Rendendolo apparentemente più realistico lo si vorrebbe rendere operativo. Ma gli effetti drammatici sull’economia sarebbero i medesimi sia che si voglia arrivare al 60% che al 100%. Le regole non vanno ideate a tavolino».

* * * *

Il nostro debito pubblico andrà pur ridotto…

Ci si deve domandare se e quanto è possibile all’Italia ridurre il debito pur mantenendo una stance fiscale espansiva, chiedendosi non solo cosa deve fare il nostro Paese, ma quali politiche devono adottare gli altri Paesi e la Bce per agevolare una comunque lentissima riduzione.


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Mario Barbati: Il compitino tecnocratico di Draghi

micromega

Il compitino tecnocratico di Draghi

di Mario Barbati

Il governo Draghi vara la sua prima legge di bilancio, rompe l’incantesimo con le parti sociali sul tema delle pensioni, alla vigilia del più grande piano d’investimenti pubblici dal dopoguerra. Ma se guardiamo alla sua visione generale della ripresa post-pandemica, non si vedono i segni di un cambiamento sociale, economico e quindi politico

Schermata del 2021 11 05 14 38 52Aumentano il Pil come paradossalmente povertà e lavoro precario. Degli oltre 830mila nuovi posti di lavoro creati nell’ultimo anno il 90% sono a termine, solo l’1% dura più di un anno. Tolto il salario minimo legale dal Pnrr, smantellato il ‘decreto dignità’ che limitava i contratti a termine, vengono messi in discussione i redditi di sostegno e le pensioni ma si omette un contrasto ai 203 miliardi di economia sommersa, che sarebbero decisivi se davvero si volesse attuare una redistribuzione della ricchezza. Rinviata ancora la plastic tax, in omaggio alla transizione ecologica.

Legge di bilancio – Una manovra da 30 miliardi che Draghi definisce “espansiva”. Si alleggerisce la pressione fiscale con 12 miliardi, di cui 8 per il taglio delle tasse su società e persone, senza ripartizioni però che “saranno definite insieme al Parlamento nelle prossime settimane” (dove però la maggioranza di centrodestra più Italia viva sono sensibili alle sirene confindustriali). Rinviata la riforma delle pensioni, quota 102 è solo un compromesso che non risolve una questione che dura da anni e alimenta una narrazione, peraltro falsa, che il lavoro per i giovani si crei innalzando l’età di pensionamento, mettendo lavoratori di diverse generazioni contro.

La riforma degli ammortizzatori sociali affronta la questione dell’universalismo e a suo modo è un intervento storico. Prevede misure protettive nel mondo del lavoro per tutti: cassa integrazione per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti, Naspi allargata ai lavoratori discontinui, ammortizzatori e disoccupazione per autonomi e cococo. Poca però la dote per partire: solo 4,5 miliardi (il ministro Orlando ne aveva chiesti 8).


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Riccardo Zolea: De monetae natura

eticaeconomia

De monetae natura

di Riccardo Zolea

Uno dei pilastri fondamentali della politica economica, su cui si è particolarmente accentrata l’attenzione accademica e dei policy maker nei decenni più recenti, è costituito dalla politica monetaria. Nonostante la centralità della politica monetaria nella gestione dell’economica mondiale, a livello teorico rimangono in campo due impostazioni praticamente opposte sulla natura e sul governo della moneta, la teoria della moneta endogena e la teoria della moneta esogena.

Nell’ambito dell’economia mainstream, quella marginalista, vige sostanzialmente la teoria della moneta esogena, quella solitamente studiata in tutti i manuali di economia monetaria (per esempio: Begg, D., Dornbusch, R., e Fischer, S. (2005) Economia, McGraw-Hill; Abel, A.B., e Bernanke, B.S. (1994) Macroeconomia, Il Mulino; Romer, D. (2013) Short run fluctuations, University of California; ma anche il capitolo 4 dell’ultima edizione, la settima, di Macroeconomics (2017), Pearson, di Blanchard, che appare in contraddizione con quanto spiegato nel capitolo 5).


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Nestor Halak: Aveva ragione Marx

comedonchisciotte.org

Aveva ragione Marx

di Nestor Halak

Aveva ragione Marx. La religione, l’ideologia, il diritto, sono solo sovrastrutture, quello che conta sono i rapporti di produzione e conseguentemente i rapporti di forza. La presente involuzione autoritaria dello stato italiano lo dimostra. Il potere non ha neppure bisogno di cambiare la legge, basta non rispettarla, basta osservarla solo formalmente e contraddirla nella sostanza. Nessuna costituzione, nessun sistema di diritti, nessuna magistratura, nessun garante è in grado di assicurare il rispetto della legge se non ci sono, sottostanti, i rapporti di forza necessari. La prima repubblica non è caduta sotto i colpi dell’inchiesta mani pulite, è stata la caduta della prima repubblica che ha consentito lo sviluppo dell’inchiesta mani pulite.

L’Italia e l’Europa del dopoguerra sono state possibili a causa della divisione del mondo stabilita a Yalta, la sinistra italiana ed europea si reggevano, in ultima istanza, sull’esistenza dell’Unione Sovietica che era la solida forza sottostante, indipendentemente da qualsiasi aiuto concreto. Il welfare europeo è stato possibile perché esisteva lo spauracchio sovietico. I padroni concedevano perché avevano paura dei comunisti e questo ha consentito in occidente il periodo più florido dell’umanità dalla fine del paleolitico.


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Antonio Cerquitelli: Alienazione

kriticaeconomica

Alienazione

di Antonio Cerquitelli*

Tra i concetti che Karl Marx ha consegnato al dibattito politico, quello di alienazione merita di sicuro un posto privilegiato. Il problema dell’alienazione, così come Marx lo ha ricevuto in eredità dal suo maestro degli anni giovanili di studio, Ludwig Feuerbach, rimandava in realtà ad un ambito prettamente religioso: stava ad indicare quel processo di impoverimento spirituale causato dal fatto che gli individui, nel corso della storia, avevano assegnato gli attributi specifici del genere umano, il Gattungswesen, a Dio, non avendo consapevolezza che tali predicati appartengono naturalmente a loro stessi e non ad una divinità trascendente.

Marx si appropria strumentalmente di tale concetto e, combinandolo con le categorie dell’economia politica, trasforma l’alienazione in una potente critica della società capitalistica, togliendola dalle carte della tradizione filosofica e permettendole di prendere vita attraverso le lotte operaie dei decenni successivi. Tuttavia, la questione dell’alienazione pare non intrecciarsi più con le problematiche del lavoro contemporaneo. Non se ne parla più nel dibattito politico, né come strumento di lotta politica, né come fenomeno sociale.


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Stefano De Matteis: Da Scarpetta a Martone

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Da Scarpetta a Martone

di Stefano De Matteis

Per entrare nella vita che Mario Martone porta sullo schermo a partire dalla biografia di Eduardo Scarpetta e della sua dinastia, realizzata con attori eccellenti, ambientazioni puntuali, ricostruzioni precise a ricreare il mondo e la vita teatrale napoletana di fine Ottocento, conviene forse cominciare dalle date e dal contesto.

Il successo dell’attore e commediografo napoletano si può far risalire almeno alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento. Da allora ottenne un sempre maggior riconoscimento, che non fu solo locale, anche se da Napoli partì il suo trionfo. Rinnovò la farsa, riscrisse la commedia adeguandola alle mode dell’epoca e, come regista ante litteram, diede un ruolo nuovo all’attore, al capocomico e soprattutto al pubblico. La sua fu un’operazione molteplice, come ha spesso sottolineato Eduardo De Filippo: volle riformare il teatro non solo come edificio, ma anche come pratica recitativa e come relazione con il pubblico mettendo in atto una pedagogia estesa e complicata. E ci vollero anni per realizzarla. Inizialmente si affermò grazie a un particolare artificio comunicativo: fece leva sulla materia viva degli attori che si erano formati alla scuola di Antonio Petito, sul loro corpo agente in scena, sulle loro voci modulate e corali, come se si trattasse di una memoria vissuta e vivente che poteva modellare e riadattare.


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Salvatore Bravo: Libertà e padroni dell’ordine del discorso

sinistra

Libertà e padroni dell’ordine del discorso

di Salvatore Bravo 

Dopo i 50 mln di euro del 2020 sono a disposizione delle emittenti Tv e radiofoniche altri 20 mln da distribuire a TV e radio che mandano in onda gli spot governativi sulla campagna anticovid. Nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana del 16 ottobre 2021 sono esposti i criteri per accedere alla mangiatoia governativa. Gli spot hanno, di solito, quali protagonisti vip e star televisive che usano il loro “capitale fiducia” per invitare a vaccinarsi. La guerra è guerra, per cui ogni mezzo è utilizzato a sostegno delle tesi governative. Sollevare dubbi in un momento di “fluide certezze scientifiche” è, oggi, più che lecito per capire il tempo presente. Parafrasando Hegel si potrebbe affermare che la democrazia è il proprio tempo appreso nel pensiero, attività concettuale difficile in un periodo in cui non esiste opposizione in parlamento: a coloro che comparano la situazione attuale con il fascismo bisognerebbe ricordare che il fascismo nella sua prima fase aveva in parlamento la sua opposizione, e successivamente essa fu clandestina e orchestrata all’esterno dai partiti in esilio. Oggi domina un’inquietante pensiero unico che si raccoglie intorno al freddo focolare degli emissari delle banche. Il sistema bancocentrico ha come principio la sola legge del denaro.


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Alessandro Barile: La questione nazionale e la sinistra sovranista

materialismostorico

La questione nazionale e la sinistra sovranista

di Alessandro Barile (Sapienza Università di Roma)

Note attorno al libro di Michael Löwy, Comunismo e questione nazionale. Madre- patria o Madre terra?, Meltemi, Milano 2021

2012 02 05 questione nazionaleNecessario corollario del fenomeno populista dell’ultimo decennio è la questione nazionale. In qualche modo l’uno spiega l’altra e viceversa: difficile stabilire i confini, ragionare sui nessi causali, e lo scivolamento (più o meno lento, forse non inevitabile) del populismo in sovranismo esplicita il legame unificando i due concetti. Il populismo organizza in posizione politica una pulviscolare richiesta di maggiore “protezione sociale”, sia questa declinata in senso progressivo (ovvero “dal basso” delle popolazioni impoverite contro “l’alto” dei mercati globali), o in senso regressivo (recupero o difesa di un’identità da usare contro minacce esterne alla comunità locale e “sovrana”). Non per caso allora dalla crisi dei mutui sub-prime, l’ascesa di Syriza e Podemos e l’affermazione del Movimento 5 stelle in Italia (fenomeni originati in un arco di tempo che va dal 2008 al 2013), le scienze sociali e il mercato editoriale sono stati invasi da pubblicazioni attorno al tema della sovranità nazionale1. Dove è andata a situarsi in tempi di globalizzazione ed europeismo? Se una certa rassegnazione teleologica considerava inevitabili tanto questa globalizzazione quanto questo europeismo, cosa è successo quando ambedue questi processi storici sono entrati in una crisi strutturale e a quel punto considerata, altrettanto finalisticamente, come “irreversibile”? Dopo la globalizzazione non poteva che esserci un ritorno alla nazione, veniva affermato con la sicurezza di chi andava sostituendo Marx con Polanyi, così credendo di aver risolto le presunte aporie della teoria marxista. Sempre non a caso il marxismo di questo decennio è andato in confusione. Perché se la recessione economica sembrava continuare a confermare le previsioni marxiane sull’inevitabilità della crisi, il riaffacciarsi della questione nazionale ha presentato questi problemi su di un terreno scivoloso e ambiguo, collegato ad una delle principali “zone di discomfort” del pensiero marxista.


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Andrea Zhok: Credere nella scienza

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Credere nella scienza

di Andrea Zhok

Screenshot 2021 11 04 at 18 08 31 Credere nella scienza
            SferoSe c’è una cosa che può mettere a repentaglio ogni residua salute mentale è sentire i supporter del Green Pass che rivendicano di parlare a nome della “Scienza”.

Ora, si può comprendere, psicologicamente, che qualcuno abbia l’incontenibile desiderio di credere alle rassicurazioni del governo per immaginare un “ritorno alla normalità” e che perciò sia disposto a credere a qualunque cosa pur di scrollarsi di dosso la vicenda pandemica.

Che questa spinta psicologica conduca a un abbassamento delle difese critiche è umano, dannoso per sé e per gli altri, ma umano.

Ma rivendicare di essere “dalla parte della scienza” contro, si suppone, il “pregiudizio antiscientifico”, questo è semplicemente troppo.

A ben veder chi prende queste posizioni di solito si esprime dicendo di “Credere nella scienza”, e già l’uso delle parole qui è significativo. Ciò che qui viene invocato sotto il nome della “Scienza” ha più l’aspetto di una versione aggiornata del vitello d’oro: un idolo enigmatico cui prosternarsi e tributare onori nella più perfetta passività. La Scienza sembra essere immaginata come dispensatore di verità rivelate, erogate da una sorta di clero remoto, etereo, neutrale e biancovestito. Della natura reale della scienza, della sua tormentata storia, del fatto che essa debba tutte le sue qualità migliori all’adozione di un metodo critico, che include fallibilità, apertura alla libera discussione e consolidamento solo nel lungo periodo, di tutto ciò non sembrano sapere nulla.

Ecco, se già sentire parlare di “fede nella scienza” appare un ossimoro indigeribile, sentirla invocare a sostegno del Green Pass è cosa da uscirne pazzi.


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Maxi Nieto: Il ritorno della politica di classe

cumpanis

Il ritorno della politica di classe

di Maxi Nieto

Da “El Viejo Topo”, 23 ottobre 2021. “Cumpanis”, nello spirito di collaborazione e scambio reciproco di articoli e saggi con la prestigiosa rivista spagnola “El Viejo Topo”, pubblica questo interessante Prologo di Maxi Nieto al libro di Jesús Rodríguez Rojo Las tareas pendientes de la clase trabajadora (I compiti futuri della classe operaia). A cura di Liliana Calabrese

piano economico e composizione di classeParlare oggi, a braccetto con Marx, di classi sociali, rivendicandone la centralità per l’analisi sociale contemporanea, costituisce una via privilegiata di accesso alla comprensione teorica del modo di produzione capitalistico come vera totalità strutturale – con una propria logica di funzionamento e leggi oggettive del movimento –, e con esso anche alla precisa conoscenza della sua manifestazione attuale, già pienamente globalizzata. E rappresenta quella via privilegiata di discernimento teorico perché, in tempi di regressione sociale globalizzata e di ricomposizione politica delle forze sociali in conflitto, l’analisi di classe ha oggi più che mai l’inestimabile virtù di delimitare con chiarezza e immediatezza i campi di confronto del mondo nel dibattito che attraversa tutte le scienze sociali interessate all’emancipazione umana, schematicamente, e in definitiva, tra marxismo e post-marxismo, rivela direttamente le implicazioni e le potenzialità politiche di ciascuno.

A differenza di quanto accade con gli approcci sociologici all’uso (a cui partecipano anche i molti vari rappresentanti del post-marxismo che egemonizza il pensiero di sinistra degli ultimi quattro decenni), le classi sociali nella ricerca di Marx non forniscono una mera rappresentazione tassonomica delle stratificazione nelle economie in cui dominano i rapporti di produzione capitalistici, una classificazione che coesisterebbe senza poter rivendicare alcuna preminenza teorico-politica con molte altre linee di frattura e di ordinamento sociale.


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Teodoro Dario Togati: La politica monetaria com’è e come viene raccontata

economiaepolitica

La politica monetaria com’è e come viene raccontata

Il nuovo libro di Sergio Cesaratto

di Teodoro Dario Togati

Il nuovo libro di Sergio Cesaratto (Sei Lezioni sulla Moneta, Diarkos, Reggio Emilia, 2021, € 20) è senza dubbio assai stimolante e rappresenta un vero tour de force, per la notevole quantità di informazioni e spunti di analisi che offre. Ha almeno tre pregi evidenti.

Il primo è che il libro centra quella che appare come la sua principale mission: riesce a catturare l’attenzione anche del giovane lettore – che probabilmente si perderebbe davanti al ricchissimo materiale proposto — per via dei continui rimandi all’attualità e lo stile divulgativo che definirei coinvolgente, brillante, ‘militante’ e provocatorio, molto lontano dall’analisi ‘tecnica’, paludata dei tradizionali manuali di economia monetaria. In particolare, facendo tesoro anche della precedente fortunata esperienza editoriale dell’autore (mi riferisco al libro Sei lezioni di economia, tradotto di recente anche in inglese), il libro introduce il giovane lettore ad interpretazioni alternative di ‘fatti monetari’, apparentemente tecnici e ‘oggettivi’. Questo risultato è assai notevole nell’attuale contesto di omologazione culturale e didattica (alludo ad esempio al fatto che l’economia viene studiata attraverso gli stessi manuali in tutto il mondo), che fatalmente toglie spazio al sapere critico.


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Il Chimico Scettico: Strane vicende

ilchimicoscettico

Strane vicende

di Il Chimico Scettico

Quella che è stata messa su con il green pass all'italiana e i suoi annessi e connessi è una macchina incredibilmente stupida (e profondamente ingiusta).

Per esempio io, con ciclo vaccinale completo all'estero con uno dei vaccini approvati da EMA, ad alcuni pezzi dello stato italiano risulto non vaccinato (ad altri sì). Dei colleghi con prima dose di vaccino fatta nella nazione di provenienza e seconda in UK sono riusciti in tempi piuttosto brevi ad avere il riconoscimento dell'avvenuta vaccinazione anche a casa loro. In Italia invece ci sono stati problemi seri per chi ha fatto la prima dose in una regione e la seconda in un' altra.

Ma 'sta roba andrebbe difesa COMUNQUE e militarmente, per principio, secondo alcuni.

La vicenda del prof. Camperio Ciani da questo punto di vista è notevole. In agosto il professore invitava il rettore dell'università a licenziarlo se il green pass fosse diventato obbligatorio per esercitare l'insegnamento:

"Collega Rettore,

(non uso superlativi per cio’ che segue),


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Sergio Scorza: Pensioni: il lavoro infame di CgilCislUil

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Pensioni: il lavoro infame di CgilCislUil

di Sergio Scorza

Per quanto riguarda le pensioni l’impegno del governo e ritornare in pieno al sistema contributivo”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri che ha approvato la legge di bilancio.

E come al solito, su un tema delicato qual’è quello delle pensioni perché va ad incidere sulle condizioni di vita di decine di milioni di persone, assistiamo, per l’ennesima volta, alle indecenti sceneggiate delle tre maggiori confederazioni sindacali.

Si, perché, a proposito delle manovre in corso, in questi giorni, sulle pensioni, andrebbe ricordato ai più giovani che l’idea di cambiare il metodo di calcolo da “retributivo” a “contributivo” con la legge Dini del 1995, in vigore dal 1° gennaio 1996, fu dei proprio dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil.

Una legge che segnò la fine del sistema previdenziale italiano solidale che garantiva pensioni dignitose a tutti. Basti dire che la proposta di Berlusconi di 2 anni prima che prevedeva “soltanto” di diminuire il coefficiente di ogni anno di anzianità, era, senza alcun dubbio, migliore.


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coniarerivolta: Riforme oggi, e austerità dietro l’angolo

coniarerivolta

Riforme oggi, e austerità dietro l’angolo

di coniarerivolta

Anche stavolta, il tempo poteva essere galantuomo, ma non lo è stato. Mentre assistiamo ad un decisivo cambio di passo nel percorso di riforme in chiave neoliberista, le ultime notizie sul fronte dell’entità del sostegno pubblico all’economia non lasciano particolari dubbi su quale sarà l’atteggiamento dell’esecutivo Draghi in tema di politiche di bilancio per i prossimi anni. Come nostro solito, procediamo per gradi e cerchiamo di comprendere cosa sta accadendo in questi mesi concitati del primo, si spera, post-pandemia.

La crisi sanitaria ed economica generata dalla diffusione del Coronavirus e amplificata da un sistema sanitario a dir poco inadeguato a reggerne l’impatto, ha portato con sé la più grave perdita di reddito e di occupazione registrata negli ultimi 50 anni: una caduta del PIL di circa 10 punti nel 2020, associata a circa 1 milione di posti di lavoro persi nel nostro Paese (specialmente donne). Nei giorni più feroci del lockdown, ha iniziato ad aleggiare, in Italia e non solo, l’idea di un ritorno alla centralità dello Stato nell’economia, di un keynesismo non solo di facciata ma fatto di importanti, cospicui e rapidi interventi in campo economico volti a sostenere redditi e occupazione e a permettere al Paese di risollevarsi dalla crisi.


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Gandolfo Dominici: La vera genesi del "Green Pass" del Draghistan

lantidiplomatico

La vera genesi del "Green Pass" del Draghistan

di Gandolfo Dominici*

Il Draghistan - fu Repubblica Democratica Italiana fondata sul lavoro (R.I.P.) - è l’unico Paese al mondo ad avere denominato il lasciapassare Covid “green pass” e ad averlo applicato a tutti i lavoratori. Vedremo a breve come, già nella denominazione, quest'azione di Governo tradisca - con tutta evidenza - l'intento di addolcire la polpetta avvelenata ribattezzandola attraverso una classica operazione di green-washing.

 

Cosa è il green pass in Draghistan?

Il Covid Certificate nasce con lo scopo dichiarato di facilitare gli spostamenti dei cittadini dell’Unione Europea tra i vari stati. In Draghistan, però, esso è utilizzato a scopo dichiaratamente discriminatorio al fine di ottenere l’obbedienza dei sudditi ai precetti politico-sanitari del governo.

Poco importa che ciò sia in palese violazione del considerando 36 del Regolamento UE 953/2021, la cui traduzione in italiano dell’ultima frase (e solamente in italiano!) era stata inizialmente “omessa” (per una svista! Sic!).


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J. Furnam, G. Winant: Stati Uniti. Un’ondata di mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici

ilpungolorosso

Stati Uniti. Un’ondata di mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici

E’ l’inizio di una fase post-pandemica?

di J. Furnam, G. Winant

Riprendiamo dal sito statunitense The Intercept. Una versione in francese di questo articolo è sul sito www.alencontre.org

stati uniti scioperi ottobre 2021Un materiale interessante che, insieme con i due testi sulla massa dei lavoratori che si sono dimessi in questi mesi dal proprio lavoro o si rifiutano di tornare ad un lavoro quale che sia, aiuta a comprendere come al declino storico dell’imperialismo statunitense corrisponda un degrado nelle condizioni medie di salario, negli orari di lavoro e nelle prestazioni di welfare che pare inarrestabile, con una stratificazione di condizioni accentuata tra anziani e giovani. E come si stia da qualche mese innescando una reazione operaia e proletaria che, incoraggiata dalla riduzione dei tassi di disoccupazione prodotta dalla ripresa economica in corso, prende due forme differenti: un’ondata nuova di scioperi e di mobilitazioni, un’altrettanto nuova ondata di dimissioni volontarie dai posti di lavoro – due fenomeni che giustamente in un articolo su Counterpunch Sonali Kolkhatar collega.

Questa duplice reazione sta assumendo dimensioni tali da imporsi anche al dibattito politico interno al partito democratico, che da un lato vuole presentarsi, con Biden, come il partito più sensibile alle istanze dei lavoratori e dei sindacati, e dall’altro disattende regolarmente le illusioni che crea con le proprie promesse – ad esempio il trio Biden/Jellen/Pelosi ha già lasciato cadere il tema del salario minimo, mentre delle misure di riforma e riduzione dei poteri della polizia non c’è traccia. Nel corso di questa esperienza i proletari statunitensi, così come la grande massa dei partecipanti al movimento Black Lives Matters, dovranno convincersi che il solo modo per realizzare le loro aspirazioni è assumersi autonomamente questo compito, che non può essere delegato a nessun Biden né a nessun Trump – e comporta la lotta per la distruzione del sistema sociale capitalistico, prima che questo distrugga le precondizioni di una formazione sociale nuova, senza sfruttamento e senza oppressione.

* * * *


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Sebastiano Isaia: La deriva antiscientifica…

sebastianoisaia

La deriva antiscientifica…

di Sebastiano Isaia

dervOccorre contrastare la deriva antiscientifica
che si registra un po’ ovunque, anche nel
nostro Paese, sia pure in piccole dosi, per
fortuna. Una deriva antiscientifica che mira
a bloccare il futuro e porta a ricondurre tutto
al passato (Sergio Mattarella).

L’attenzione generale è tutta concentrata sulla questione vaccinale e sulle politiche pseudo sanitarie (vedi Green Pass) che ne discendono. Fin dall’inizio della crisi sociale che chiamiamo Pandemia chi scrive si è invece posto l’obiettivo di mettere in luce le cause strutturali più importanti di questa crisi, che possiamo riassumere come segue: sfruttamento capitalistico degli individui e della natura (*), distruzione degli ecosistemi, globalizzazione ed estrema velocizzazione dei traffici (spostamento di persone e di merci), fragilità dei sistemi sanitari incapaci di generare profitti (vedi la sanità pubblica finanziata con la fiscalità generale), natura profondamente e necessariamente irrazionale (e quindi ostile all’umanità e alla natura) della Società-Mondo che ci “ospita”, e altro ancora riconducibile più o meno direttamente alla natura capitalistica di questa società.

Oggi dire scienza significa dire Capitale, e difatti senza un grande investimento capitalistico la scienza non avrebbe potuto produrre vaccini in così poco tempo e in così grande quantità. Investimento che come sappiamo è stato ben remunerato, com’è necessario che sia in regime capitalistico. Come ha scritto l’apologeta del capitalismo Franco Debenedetti sulla scia di Milton Friedman, «la società assegna all’impresa una e una sola missione: produrre ricchezza», cioè Fare profitti (Marsilio, 2021), che poi è la sola etica che conosce l’impresa capitalistica.


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Gabriele Zuppa: La banalità del male pubblico: il caso Barbero

gazzettafilosofica

La banalità del male pubblico: il caso Barbero

di Gabriele Zuppa

È con la superficialità degli atteggiamenti quotidiani, con la banalità – per dirla con Hannah Arendt – della polemica meschina che danneggiamo quel confronto dialettico e veramente scientifico in cui consiste innanzitutto una democrazia

Quanto non sentiamo ripetere da giornalisti e politici della disinformazione che circola incontrollata nei social? Ma da cos'è veicolata la disinformazione se non dall'accontentarsi della prima cosa che capita – magari perché l'ha detta “uno dei nostri” –, dalla sbrigatività di giudizio, dalla scarsa attitudine all'approfondimento, dalla conseguente mancanza di familiarità con la complessità, dalla seduzione dello slogan e simili?

Ecco che la terza domanda retorica vien da sé: non sono queste caratteristiche proprie di giornalisti e politici? Ogni volta che mi son messo a condurre una piccola indagine, quest'anno, mi sono imbattuto in fake news: dai Måneskin ai vaccini ad Alessandro Barbero con le sue ultime considerazioni sulle disuguaglianze di genere.


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Pietro Bottazzi: Bitcoin: un’utopia libertaria o uno strumento nelle mani della finanza globale?

lafionda

Bitcoin: un’utopia libertaria o uno strumento nelle mani della finanza globale?

di Pietro Bottazzi

E’ notizia recente che lo stato di El Salvador ha legittimato l’utilizzo del bitcoin sul territorio nazionale come mezzo di pagamento – accanto alla valuta ufficiale che è il dollaro statunitense -, primo stato al mondo ad aver reso legale la criptomoneta nel proprio sistema economico e finanziario[1]. Già da tempo nei paesi che si distinguono per una scarsa diffusione di infrastrutture bancarie, o in cui vi è poca o nessuna possibilità di accesso al credito, le persone utilizzano le valute digitali come surrogato delle monete ufficiali per le necessità quotidiane. [2]

Cosa si sta definendo di nuovo nell’ambito monetario a livello globale, tale che i regolatori istituzionali sono costretti a muoversi allertati dalle percentuali altissime di sviluppo di questa tecnologia?

Il mondo dei bitcoin è complesso e per capirlo occorre creare un distinto quadro d’insieme, non facile da abbracciare in un colpo solo.

Giova chiedersi innanzitutto: il bitcoin è una moneta?


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Miguel Martinez: Miracoli in vista

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Miracoli in vista

di Miguel Martinez

Due chicche dal sito di Repubblica riassumono bene l’approccio attuale alla questione ambientale. Ricordando che “ambiente” vuol dire semplicemente tutto ciò che ci circonda, il che non è poco.

 

MIRACOLO UNO

Cop26 – 10. Sos clima, obiettivo: vivere green al 100%

Guardare un cielo limpido con occhiali da sole fatti con materiale riciclato. Non vedere allagamenti e alberi abbattuti se invece della pioggia autunnale arriva un tornado. Muoversi con bus e auto che non inquinano. Non è un’utopia, basterebbe raggiungere gli obiettivi principali del piano per la transizione ecologica. L’Italia, con l’Unione europea, ha concordato infatti cinque macro-obiettivi per la transizione ecologica: neutralità climatica; azzeramento dell’inquinamento; adattamento ai cambiamenti climatici; ripristino della biodiversità e degli ecosistemi; transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia.

Questi l’inquinamento non è che lo riducono, lo azzerano.


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comidad: La grandeur dell'Italietta si chiama emergenzialismo

comidad

La grandeur dell'Italietta si chiama emergenzialismo

di comidad

I media mainstream hanno catalogato la sentenza della Corte Costituzionale polacca, sulla superiorità dell'ordinamento statuale rispetto a quello comunitario, nell’ambito dell’orrido “sovranismo”. Altri commentatori, meno ufficiali, hanno invece sottolineato, con più fondatezza, il doppiopesismo della Commissione europea, che non ha assunto atteggiamenti sanzionatori quando analoghe sentenze sono state emesse dalla Corte Costituzionale tedesca.

Occorre però considerare la diversità dei contesti e delle motivazioni delle rispettive sentenze. La Corte tedesca si è sempre mossa nei canoni classici del gioco delle parti, opponendo una sorta di resistenza di principio prima al MES, e poi al nuovo corso della BCE nel senso dell’inondazione di liquidità monetaria. Di fatto, in entrambi i casi la Corte tedesca, mentre impartiva lezioncine e imponeva paletti, non bloccava un bel nulla, poiché sia la scelta del MES, sia il nuovo corso della BCE, hanno favorito gli interessi tedeschi. Definire la Corte tedesca una sorta di filodrammatica dell'orgoglio germanico, non è spregiativo ma solo realistico.


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tonino

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Nov 8, 2021, 3:22:51 AM11/8/21
to sante gorini

Gianni Fresu: La dialettica tra “vecchio e nuovo”. Gramsci e la marcia dell’universalità nelle note di Domenico Losurdo

materialismostorico

La dialettica tra “vecchio e nuovo”. Gramsci e la marcia dell’universalità nelle note di Domenico Losurdo

di Gianni Fresu (Universidade Federal de Uberlândia/Università di Cagliari)

Losurdo inscrive la transizione di Gramsci dal liberalismo al comunismo critico nella lunga marcia dell’univer- salità, in quella interminabile dialettica tra vecchio e nuovo all’interno della quale si situano contraddizioni e salti qualitativi immanenti al divenire storico. Le prospettive di trasformazione radicale della società, attorno all’idea di integrale emancipazione umana, sarebbero uno sviluppo del principio di universale dignità dell’uomo (in contrapposizione al particolarismo giuridico aristocratico-feudale) al centro dei rivolgimenti politici di fine Settecento e inizio Ottocento. Gramsci non intende fare del socialismo un becchino della società borghese ma il suo erede. In tal senso si pone in termini dialettici, concependo l’avvento del nuovo ordine come superamento del vecchio, non come la sua semplice negazione. Così, anche in una fase storica segnata dalla grave crisi del libera- lismo italiano, disposto a mettere da parte le proprie istituzioni e i suoi valori ideali pur di impedire il cambia- mento dell’ordine sociale, Gramsci concepisce il socialismo all’interno di un processo ascendente e progressivo apertosi con la distruzione del vecchio ordine feudale, trovando in Hegel il filosofo che con maggior sistematicità ha saputo concettualizzare il trapasso dal vecchio Stato patrimoniale per caste chiuse al moderno Stato etico

36154303z   1. Tra rivoluzione e restaurazione.

Occupandosi di singoli autori o di intere tradizioni filosofiche, Domenico Losurdo non ha mai confinato le proprie ricerche a uno specifico campo disciplinare, né limitato le sue riflessioni all’insieme degli avvenimenti immediatamente riconducibili all’argomento trattato. Al di là del concepire il marxismo come visione unitaria e autosufficiente del mondo, i suoi studi sono caratterizzati da un approccio complesso che chiama in causa questioni estremamente articolate di carattere filosofico, storico, giuridico, sociale, economico e politico. In tal senso, per comprendere in profondità le sue riflessioni su Antonio Gramsci è necessario inserirle all’interno del discorso complessivo sviluppato da Losurdo nella sua vasta e ricca produzione intellettuale, avendo ben chiara la natura organica e unitaria delle battaglie filosofiche e politiche di cui è stato protagonista. All’interno di questo percorso intellettuale, Losurdo ha costantemente sottolineato l’importanza della filosofia di Hegel per comprendere premesse e eredità delle due più grandi rotture della storia moderna e contemporanea: la Rivoluzione francese e la Rivoluzione russa. Ciò ha significato anche porre in evidenza la stretta relazione tra dimensione teoretica e finalità normative nelle argomentazioni concettuali utilizzate dal vasto fronte ideologico contrappostosi alla funzione storica assolta prima dai giacobini e poi dai bolscevichi1.


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Sandro Moiso: L’anno degli anniversari. 1961 – 2021: Origine e funzione della forma partito

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L’anno degli anniversari. 1961 – 2021: Origine e funzione della forma partito

di Sandro Moiso

barricata Apparentemente è cosa da poco, un testo comparso su «Il Programma comunista» n° 13 del 1961, e molti si chiederanno perché dedicargli un anniversario. Il testo in questione, redatto da Jacques Camatte, militante francese della Sinistra Comunista, di cui si narra fu lo stesso Amadeo Bordiga a insistere per la sua pubblicazione sull’organo quindicinale del Partito Comunista Internazionale potrebbe, però, rivelarsi ancora utile per l’attuale disordinato, carente e, talvolta, asfittico dibattito sulle forme organizzative che molti militanti antagonisti da tempo cercano di sviluppare o perseguire intorno alle odierne realtà di lotta.

Si è ritenuto pertanto utile farne una sintesi commentata su queste pagine, pur tenendo conto della distanza temporale e di linguaggio che separa il presente dal tempo in cui Origine e funzione della forma partito fu concepito. La lettura che se ne darà non terrà conto dei riferimenti specifici alle controversie dell’epoca (sia sociali che interne al Partito Comunista Internazionale), né tanto meno ai numerosi riferimenti alle polemiche con il movimento anarchico dell’epoca in cui Marx scriveva e ancora di quella in cui il testo fu elaborato da Camatte.

Ma ora si aprano le danze, affermando fin da subito che l’ABC del partito rivoluzionario non inizia da Lenin.

Il testo, infatti, costringe il lettore a misurarsi con le formulazioni riguardanti il problema organizzativo espresse principalmente da Marx ed Engels nel corso della loro vita e della loro lunga militanza nelle file della lotta di classe per l’abolizione del modo di produzione vigente.


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Alessandro Mantovani: La politica della rabbia

iltascabile

La politica della rabbia

Una conversazione di Franco Palazzi con Alessandro Mantovani*

Schermata 2021 11 02 alle 12.37.44 1Quando Alessandro Magno si accorse che tra i personaggi illustri di Corinto, l’unico che non si era presentato per omaggiarlo era il filosofo Diogene di Sinope, andò lui stesso a cercarlo. Trovatolo disteso al sole, l’imperatore si offrì di esaudire qualunque richiesta e così il filosofo rispose che, sì, Alessandro poteva fare qualcosa per lui: spostarsi, dal momento che gli stava facendo ombra.

Questo celebre episodio narrato da molti storici antichi è passato alla storia come emblematico nella comprensione di quel poco della filosofia cinica che è sopravvissuto alla storia. Proprio in questa corrente, tesa al primato della vita pratica su quella teorica, l’autore del Tascabile Franco Palazzi rintraccia la radice di un atteggiamento antagonistico che fa dell’oppressore il bersaglio della rabbia e di un’irriverenza dissacrante in grado di produrre una postura radicale dell’agire politico.

La politica della rabbia. Per una balistica filosofica è un saggio che si prefigge di risemantizzare la rabbia all’interno del discorso politico. A partire dal modello dei cinici rintraccia tre modelli coerenti con questa prospettiva (Valerie Solanas, Malcom X e Audre Lorde) e passa poi a definire e individuare come una prassi rinnovata della rabbia esista oggi e possa esistere nel futuro, calcando le orme di movimenti contemporanei, in particolar modo quello femminista di Non Una di Meno.

* * * *

Nel tuo saggio scrivi che la filosofia intrattiene una relazione “mancata” con la rabbia, da sempre indagata “con la lente della condotta morale individuale, senza interrogarsi sulle implicazioni più propriamente politiche”; eppure il tuo testo – il cui intento è peraltro sbilanciare il rapporto tra teoria e prassi in favore di quest’ultima – è puntellato di riferimenti teorici a Benjamin, Foucault, Cartesio e altri. Perché oggi necessitiamo di una filosofia della rabbia?


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Marino Badiale: Riflessioni sul PCI

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Riflessioni sul PCI

di Marino Badiale

VECCHIA SEDE DEL PCI1. Introduzione.

Questo intervento espone alcune riflessioni su aspetti di fondo della storia del Partito Comunista Italiano. Si tratta di temi sui quali sono andato interrogandomi a lungo, in parte per motivi legati alla mia storia personale. Le tesi che esporrò hanno carattere ipotetico, e sottolineo questo aspetto: esse andrebbero intese come stimoli a discussioni e ricerche di tipo storico, finalizzate a corroborarle o limitarne la validità o confutarle.

La discussione svolta in questo articolo non riguarda l’intera storia del PCI, ma si concentra su quel periodo nel quale esso è effettivamente un agente storico fondamentale nella costruzione dell’Italia attuale. Si tratta del periodo che va dal 1943 (con l’inizio della Resistenza) agli anni Settanta. I pochi accenni ai primi vent’anni di vita del Partito serviranno solo per segnalare alcuni aspetti rilevanti per le mie argomentazioni. Per quanto riguarda invece la parte finale della storia del PCI, cioè gli anni Ottanta, ritengo che essa non apporti nessuna autentica novità: come cercherò di argomentare più avanti, il declino del PCI inizia negli anni Settanta e si esprime nella disgraziata politica del “compromesso storico” che il partito sceglie allora di perseguire. Gli anni Ottanta, con la scomparsa finale del partito comunista in quanto tale, sono solo la stanca conseguenza delle scelte precedenti.

 

2. Quale doppiezza?

Il periodo sul quale mi concentrerò, dall’inizio della Resistenza agli anni Settanta, è quello nel quale il PCI si radica nella realtà del nostro paese, acquista un seguito di massa e diventa il primo partito della sinistra italiana, caratteristica che, mi pare, distingue il nostro paese da ogni altro paese occidentale.


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Biagio Carrano: Facebook che diventa Meta e il lato oscuro del digitale

lafionda

Facebook che diventa Meta e il lato oscuro del digitale

di Biagio Carrano

metaverso facebook open 1280x720 1Chi crede che Zuckerberg con Meta voglia farci dimenticare i suoi problemi di credibilità, magari facendoci tornare a giocare con gli avatar come su Second Life, ha capito poco delle strategie del colosso di Menlo Park.

La creazione di Meta Platforms Inc. sottende invece il tentativo di giungere a una radicale trasformazione della condizione umana come è stata definita dall’uso della scrittura ad oggi, negli ultimi 5500 anni. Come la scrittura ha rappresentato un salto nella capacità dell’homo sapiens sapiens di comprendere se stesso, pensare il mondo e relazionarsi con esso, allo stesso modo la visione e gli obiettivi di Zuckerberg come di gran parte dei teorici della Silicon Valley, dalla Singolarità di Raymond Kurzweil, director of engineering in Google, alle prospettive transumaniste diffuse da filosofi come Nick Bostrom, non riguardano più lo sviluppo di imprese enormemente profittevoli, ma la pretesa di imporre un nuovo salto antropologico, la definizione di una nuova condizione umana basata su nuove tecnologie che definiranno non più una totalità organica, ma una totalità digitalizzata. Si arriva così alla sussunzione totale dell’essere umano in un infosistema pervasivo, ubiquo, ad altissima densità sensoriale, “collassato” come quando in astrofisica si ha un enorme addensamento di particelle subatomiche, perché, spiega il filosofo Cosimo Accoto, risultato di “operazioni di sensing, networking, mining, sorting e rendering che evocheranno di volta in volta anche ambienti sintetici saturanti ad alta e altra dimensionalità (x-reality)”.


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Mario Tronti: Politica e Destino

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Politica e Destino

di Mario Tronti

Il 6 dicembre 2001 Mario Tronti teneva la lectio magistralis con cui lasciava l’Università di Siena. Un’ultima, straordinaria lezione, su un grande tema. Politica e Destino: «due maiuscole, due sostantivi, un rapporto alla pari, un conflitto sul campo, e non c’è soluzione, né definitiva né provvisoria». La lezione è stata successivamente rielaborata in forma scritta, pubblicata nel volume Politica e Destino (Luca Sossella, 2006), che raccoglie anche altri contributi. La riproponiamo per la sua inattualità, cioè per la sua capacità di un’azione sul tempo, contro il tempo e per un tempo a venire. Da qui, da questi problemi e riflessioni, bisogna passare per pensare e ripensare l’agire politico

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            362da89672f048d59159390f21d0902amv2Noi moderni preferiamo dire con Napoleone: il destino è la politica...
Johann Wolfgang Goethe

Il destino è solo il nemico e l’uomo gli sta ben di contro come forza che lo combatte.
il giovane Hegel

Hölderlin chiama «senza destino» gli dei beati.
Walter Benjamin

L’idea di destino richiede un’esperienza vissuta e non quella dello scienziato, richiede una forza di visione e non un calcolare, profondità non intellettualismo.
Oswald Spengler

[…] quello che noi chiamiamo destino esce dagli uomini, non entra in essi da fuori.
Rainer Maria Rilke

Chi esce dal proprio destino senza farvi ritorno vedrà morta la propria anima.
Chuang-tzû

Queste sono parole dette, che poi sono state scritte. Rimane come una esitazione nella forma, che si scioglie leggendo-ascoltando. Adoro scrivere quasi quanto odio parlare. E tuttavia la frase di Max Weber: io sono nato per la tribuna e per i giornali, mi ha sempre intrigato. Ogni pensatore politico è stretto dentro questo paradosso. Il suo scrivere è un parlare per l’agire. Due occhi aperti sul proprio tempo: uno che bada alla logica del discorso, l’altro attento alle conseguenze delle parole. Convinzione e responsabilità in divergente accordo.


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Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli: Cento miliardi di galassie:

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Cento miliardi di galassie

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

 

Per un realismo resiliente della praxis

Introduzione di Alessandro Testa

le stelle strane dell universo piu massiccia speciale
              v8 47477 900x900K. Marx, ottava tesi su Feuerbach: “La vita sociale è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che sviano la teoria verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nell’attività pratica umana e nella comprensione di tale prassi”.

Una battaglia sotterranea infuria da secoli, una battaglia senza quartiere di cui però pochi sono consapevoli, e della quale persino quei pochi “iniziati” avvertono l’esiziale importanza: la battaglia tra idealismo e materialismo. Fanfaluche da filosofi, direte voi cari lettori, divertissements che possono permettersi solamente coloro che “hanno la pancia piena ed i piedi al caldo”, come maliziosamente insinuava Voltaire. Tutt’altro, lasciateci dire.

Se c’è una battaglia fondamentale, una battaglia degna di essere combattuta, è proprio questa. Se non si vincerà questa battaglia, se non si sconfiggerà la tabe sempiterna dell’idealismo, eradicandolo completamente non solo dal panorama filosofico ma, forse più radicalmente, dal comune pensare e soprattutto dalle categorie della scienza e della tecnica, non sarà mai possibile costruire una filosofia della scienza realmente materialista, non sarà mai possibile descrivere la realtà concreta con quei termini materialisti dialettici che, come Engels acutamente sottolineava, non sono altro che la filosofia di Hegel rimessa coi piedi  per terra.

Diceva Sun Tzu: “Conosci il tuo nemico”: da questo vorremmo partire, dall’inquadramento della natura profonda dell’idealismo nelle sue molteplici forme di presentazione, siano esse ontologiche, gnoseologiche, storiche, etiche o politiche, dalla sua sostanziale negazione della realtà materiale, dalla sua affermazione del dominio del pensiero dell’uomo, misura e metro della realtà, dell’idea astratta come dominus e criterio di verità cui la realtà e la materia debbono inevitabilmente sottomettersi.


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Pier Paolo Dal Monte: La politica ai tempi del colera, appunti su teoria e prassi

frontiere

La politica ai tempi del colera, appunti su teoria e prassi

di Pier Paolo Dal Monte

In ictu
            oculiL’articolo di Moreno Pasquinelli, apparso qui l’8 settembre u.s., tratta un tema assai importante, ovvero quello della necessità, delle possibilità e delle condizioni per la creazione di un soggetto politico. Questo tema è particolarmente cogente nella situazione attuale, nella quale la più parte della popolazione è, di fatto, priva di rappresentanza politica. A tal proposito egli elenca alcuni presupposti necessari (anche se non sufficienti).

È evidente a chiunque sia dotato di una seppur minima facoltà di pensiero che il “governo dei tecnici”, o meglio dello specialista in tecnica bancaria, non sia che l’espressione del commissariamento di questo paese da parte di forze che nulla hanno a che fare con il libero esercizio della prassi politica.

Sotto quest’ottica, è facile dare una risposta alla domanda circa la sussistenza della prima delle condizioni che sono elencate nell’articolo in oggetto, ossia se esista «un contesto sociale che “chiede” che un nuovo partito sorga».

Data l’assenza, quasi totale, di forme organizzate di rappresentanza politica, intese come portatrici delle reali istanzi dei cittadini, ci pare che questa precondizione sia soddisfatta.

Le formazioni che, in questo momento storico, pretendono e millantano di ricoprire questa funzione, sono, fondamentalmente, dei meri contenitori di consenso che inscenano una falsa dialettica fatta esclusivamente (quando va bene) di istanze prepolitiche: dalla lotta alla cosiddetta “corruzione”, (in realtà, semplice stigmatizzazione verbale), all’indipendenza della Padania (declinata nella forma, più al passo coi tempi, del regionalismo differenziato); o, ancora, nelle tenzoni posticce sull’immigrazione, sulla moltiplicazione dei generi o sul vangelo secondo Greta, tutte superate dal “grande livellatore” dello stato di eccezione pandemico (che ha preso il posto di quello economico e sarà sostituito da quello climatico).


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Fulvio Bellini: “L’essenza, per le fondamenta”

cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

I diversi destini del PCC e del PCI all’ombra della fine dell’URSS

Intervista a Fulvio Bellini*

Immagine secondo editoriale Intervista BelliniIl 2021 è stato l’anno di due importanti anniversari: quello della nascita dei partiti comunisti cinese e italiano. Molto si è scritto e dibattuto su questi temi. Qual è la tua opinione?

La prima riflessione sembra banale, ma solo apparentemente: salta all’occhio il destino diametralmente opposto che questi due partiti hanno avuto nel medesimo arco di tempo. Entrambe le organizzazioni politiche sono nate tra mille difficoltà, in Italia a causa del subitaneo avvento del ventennio fascista, in Cina a causa dell’inevitabile avversione delle potenze occidentali che là spadroneggiavano, dell’occupazione giapponese e dell’ostilità del Kuomintang di Chiang Kai-shek. Entrambi i partiti hanno avuto ruoli centrali nelle rispettive guerre di liberazione nazionali, e non si può negare che anche nel dopoguerra, in considerazione dei diversi contesti politici internazionali, e di collocazione rispetto ai propri governi, sia il PCC che il PCI hanno svolto ruoli centrali nella storia dei rispettivi paesi.

Ruoli sempre propositivi, comunque tesi al raggiungimento dell’obiettivo supremo che, a mio avviso, un partito socialista deve avere nella sua azione politica: come viene prodotta la ricchezza e come viene distribuita, che in altri termini possiamo definire come la lotta della supremazia tra il potere economico e quello politico.

La svolta che ha decisamente divaricato la storia dei due partiti è avvenuta certamente agli inizi degli anni Novanta, ed è coincisa con la fine dell’epopea dell’Unione Sovietica. Quell’evento ha determinato due conseguenze opposte: ha segnato la fine del Partito comunista italiano come soggetto politico di massa, mentre ha spronato i comunisti cinesi ad imprimere la svolta che ha portato il gigante asiatico ad essere la grande potenza che oggi conosciamo.


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Domenico Cortese: Il caro-bollette per la ripresa dei profitti e il prezzo dell’energia ostaggio del mercato

lordinenuovo

Il caro-bollette per la ripresa dei profitti e il prezzo dell’energia ostaggio del mercato

di Domenico Cortese

rincaro
            800x485Il rincaro delle bollette di luce e gas rischia di diventare uno dei principali fattori di aumento del costo della vita nel medio periodo per lavoratori e classi popolari. Il rincaro ha un portata ancora incerta in virtù di possibili interventi governativi tutti da analizzare ma ciò che è certo è che le misure non basteranno ad azzerare del tutto i rincari1. Un primo sguardo a questi aumenti può aiutare, pur senza pretesa di esaustività, a inquadrare la dinamica in atto e fornire spunti di indagine sui diversi aspetti.

Il forte aumento dei costi delle materie prime – in continua crescita da inizio 2021 in concomitanza con la ripresa economica dopo i ribassi dovuti la pandemia – nonché la decisa crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2 hanno portato già nel terzo trimestre dell’anno un aumento di circa il 10% della bolletta dell’elettricità2. Un aumento non scongiurato dal contenuto dei provvedimenti di urgenza annunciati dal governo per diminuire la necessità di raccolta degli oneri generali in bolletta, utilizzando parte di quanto ricavato dalle aste del mercato europeo dei permessi di emissione di CO2 o destinando parte delle risorse della legge di Bilancio3. Il rialzo definitivo è stato a luglio del 9,9% per la bolletta dell’elettricità e del 15,3% per quella del gas per le famiglie aderenti al servizio di maggior tutela, che garantisce al consumatore l’erogazione di energia elettrica e gas alle condizioni economiche e contrattuali stabilite dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) e che costituirà un’alternativa al mercato libero fino al primo gennaio 2023.

Le cause e gli effetti di questi aumenti del prezzo dell’energia hanno, entrambi, una connotazione di classe che sfavorisce, come accennato, lavoratori e classi popolari in contrasto con l’aumento dei profitti dei capitalisti (dell’energia e non solo) nel momento del ritorno della crescita economica.



J. Furnam, G. Winant: Stati Uniti. Un’ondata di mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici

ilpungolorosso

Stati Uniti. Un’ondata di mobilitazioni di lavoratori e lavoratrici

E’ l’inizio di una fase post-pandemica?

di J. Furnam, G. Winant

Riprendiamo dal sito statunitense The Intercept. Una versione in francese di questo articolo è sul sito www.alencontre.org

stati uniti scioperi ottobre 2021Un materiale interessante che, insieme con i due testi sulla massa dei lavoratori che si sono dimessi in questi mesi dal proprio lavoro o si rifiutano di tornare ad un lavoro quale che sia, aiuta a comprendere come al declino storico dell’imperialismo statunitense corrisponda un degrado nelle condizioni medie di salario, negli orari di lavoro e nelle prestazioni di welfare che pare inarrestabile, con una stratificazione di condizioni accentuata tra anziani e giovani. E come si stia da qualche mese innescando una reazione operaia e proletaria che, incoraggiata dalla riduzione dei tassi di disoccupazione prodotta dalla ripresa economica in corso, prende due forme differenti: un’ondata nuova di scioperi e di mobilitazioni, un’altrettanto nuova ondata di dimissioni volontarie dai posti di lavoro – due fenomeni che giustamente in un articolo su Counterpunch Sonali Kolkhatar collega.

Questa duplice reazione sta assumendo dimensioni tali da imporsi anche al dibattito politico interno al partito democratico, che da un lato vuole presentarsi, con Biden, come il partito più sensibile alle istanze dei lavoratori e dei sindacati, e dall’altro disattende regolarmente le illusioni che crea con le proprie promesse – ad esempio il trio Biden/Jellen/Pelosi ha già lasciato cadere il tema del salario minimo, mentre delle misure di riforma e riduzione dei poteri della polizia non c’è traccia. Nel corso di questa esperienza i proletari statunitensi, così come la grande massa dei partecipanti al movimento Black Lives Matters, dovranno convincersi che il solo modo per realizzare le loro aspirazioni è assumersi autonomamente questo compito, che non può essere delegato a nessun Biden né a nessun Trump – e comporta la lotta per la distruzione del sistema sociale capitalistico, prima che questo distrugga le precondizioni di una formazione sociale nuova, senza sfruttamento e senza oppressione.

* * * *


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Sebastiano Isaia: La deriva antiscientifica…

sebastianoisaia

La deriva antiscientifica…

di Sebastiano Isaia

dervOccorre contrastare la deriva antiscientifica
che si registra un po’ ovunque, anche nel
nostro Paese, sia pure in piccole dosi, per
fortuna. Una deriva antiscientifica che mira
a bloccare il futuro e porta a ricondurre tutto
al passato (Sergio Mattarella).

L’attenzione generale è tutta concentrata sulla questione vaccinale e sulle politiche pseudo sanitarie (vedi Green Pass) che ne discendono. Fin dall’inizio della crisi sociale che chiamiamo Pandemia chi scrive si è invece posto l’obiettivo di mettere in luce le cause strutturali più importanti di questa crisi, che possiamo riassumere come segue: sfruttamento capitalistico degli individui e della natura (*), distruzione degli ecosistemi, globalizzazione ed estrema velocizzazione dei traffici (spostamento di persone e di merci), fragilità dei sistemi sanitari incapaci di generare profitti (vedi la sanità pubblica finanziata con la fiscalità generale), natura profondamente e necessariamente irrazionale (e quindi ostile all’umanità e alla natura) della Società-Mondo che ci “ospita”, e altro ancora riconducibile più o meno direttamente alla natura capitalistica di questa società.

Oggi dire scienza significa dire Capitale, e difatti senza un grande investimento capitalistico la scienza non avrebbe potuto produrre vaccini in così poco tempo e in così grande quantità. Investimento che come sappiamo è stato ben remunerato, com’è necessario che sia in regime capitalistico. Come ha scritto l’apologeta del capitalismo Franco Debenedetti sulla scia di Milton Friedman, «la società assegna all’impresa una e una sola missione: produrre ricchezza», cioè Fare profitti (Marsilio, 2021), che poi è la sola etica che conosce l’impresa capitalistica.


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tonino

unread,
Nov 10, 2021, 1:16:23 AM11/10/21
to sante gorini

Jean-Marie Harribey: La “crescita verde” è contro la natura, un saggio di Hélène Tordjman

ilpungolorosso

La “crescita verde” è contro la natura, un saggio di Hélène Tordjman

di Jean-Marie Harribey

Riprendiamo e traduciamo dai siti di Alternatives économiques e Alencontre un’interessantissima recensione critica di J-M. Harribey ad un’opera di H. Tordjman contro la mercificazione della natura, da poco uscita in Francia. (Avremo modo di tornare a ragionare sulle intuizioni e le contraddizioni di autori quali Illich o Ellul, ai quali Tordjman si ispira.)

glasgow 2La nostra collega e amica Hélène Tordjman ha appena pubblicato La croissance verde contre la nature. Critique de l’écologie marchand (Crescita verde contro la natura. Critica dell’ecologia di mercato), La Découverte, 2021. Questo libro sarà un punto di riferimento perché raccoglie una documentazione molto aggiornata sulla concettualizzazione e lo smantellamento della natura da parte di un capitalismo sull’orlo dell’asfissia planetaria, per la natura ma anche per l’uomo. Ora che la crisi ecologica è chiara, che non si discute più del riscaldamento globale e che aumentano gli allarmi sulla perdita di biodiversità, si potrebbe pensare che sia stato detto tutto. Forse, ma riunire in un volume una sintesi così dettagliata, precisa e piena di riferimenti sia sui molteplici attacchi alla natura sia sulle false soluzioni che vengono presentate, è un grande successo.

 

Una critica della mercificazione della natura

La questione generale di fondo che il libro mette in luce è che intraprendere la strada di una risposta di mercato alla crisi ecologica non può avere altro effetto che approfondirla. Il libro è strutturato in sei capitoli, più una densa conclusione che è, di fatto, un settimo capitolo. Su questo tornerò.

Fin dal primo capitolo, l’autrice mette alla prova il progetto di realizzare nanotecnologie, biotecnologie, scienze dell’informazione e della conoscenza (in sigla, NBIC) delle “tecnologie capaci di aumentare le prestazioni umane” (p. 21).


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Alan Milchman: La forma del valore, la reificazione e la coscienza del lavoratore collettivo

blackblog

La forma del valore, la reificazione e la coscienza del lavoratore collettivo

di Alan Milchman (Mac Intosh) 1940-2021

milchmanLa teoria critica di Marx ha svelato un modo di produzione, una civiltà, basata sul valore, che egli ha descritto come una «forma squilibrata» o «perversa» [verrückte Form], nella quale i rapporti sociali tra le persone sono invertiti e appaiono come relazioni tra cose. A produrre e riprodurre questa forma squilibrata, è il lavoro astratto della classe operaia. Come sostiene Max Horkheimer nel 1937, in "Teoria tradizionale e teoria critica": «Attraverso il proprio lavoro, gli esseri umani riproducono [erneuern] una realtà che li rende sempre più schiavi» [*1] È stato Georg Lukács, nel suo saggio "Reificazione e coscienza del proletariato", che fa parte della collezione "Storia e coscienza di classe" (1923), a elaborare per primo una teoria della reificazione attraverso cui gli effetti della forma valore - quella forma perversa - e il feticismo della merce che ne è parte integrante, si impadroniscono della società. La conclusione cui arriva Lukács, ancora prima che fossero stati pubblicati molti dei vasti manoscritti "economici" di Marx, è una svolta teorica, su cui il marxismo, in quanto critica negativa del capitalismo, è ancora basato. Come ha sostenuto Lukács, in maniera convincente: «Come il sistema capitalistico si produce e riproduce continuamente ad un grado sempre più alto, così nel corso del suo sviluppo, la struttura della reificazione si insinua sempre più a fondo, in modo denso di conseguenze, nella coscienza degli uomini fino a diventare suo elemento costitutivo.» [*2] Tuttavia, il concetto di reificazione di Lukács implicava anche la pretesa che il proletariato, in quanto identico soggetto-oggetto, avrebbe potuto sfuggire alla schiavitù della reificazione; cosa che Horkheimer avrebbe in seguito sottolineato.


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Paolo Berdini: ‘Andrà tutto bene se poi facciamo il socialismo’

lavoroesalute

‘Andrà tutto bene se poi facciamo il socialismo’

Alba Vastano intervista Paolo Berdini

Intervista a Paolo Berdini sulle recenti amministrative a Roma e sulle politiche nazionali. “Sono convinto che è proprio all’interno delle città che emergeranno con ancora maggior forza le disuguaglianze sociali. Le politiche di privatizzazione del governo Draghi troveranno piena applicazione nel campo dei servizi urbani che –in ossequio alle direttive europee- verranno posti in concorrenza e, di fatto, privatizzati”

immagine
              2nju42Passata questa tornata elettorale delle amministrative che vede la disfatta delle liste di sinistra radicale in quasi tutte le città in cui si è votato. Roma in primis, dove si riaffaccia superbamente l’area Pd e prende il Campidoglio. La giunta Gualtieri apporterà dei cambiamenti positivi per risollevare dalle macerie strutturali la città ridotta alle ceneri, fra crateri e cinghiali erranti per le vie, fra rifiuti e bus medievali? Con l’urbanista Paolo Berdini, candidato sindaco per la lista ‘Roma ti riguarda’, sfioriamo le cause della disfatta elettorale, ma spostiamo poi l’attenzione argomentando sulle politiche nazionali e sulle prossime ‘batoste’, che dobbiamo prepararci a digerire, da parte del cosiddetto “governo dei migliori”.

* * * *

Alba Vastano: Una breve analisi sulla sconfitta elettorale. Quali le motivazioni e le responsabilità?

Paolo Berdini: Il segnale più allarmante che è venuto dalle urne riguarda l’assenza di radicamento delle idee della sinistra nelle periferie urbane e nelle aree interne del paese. Trenta anni di dominio economico e culturale del neoliberismo hanno aumentato –lo dicono tutte le inchieste sociali- le disuguaglianze sociali e le distanze tra le aree centrali e le periferie. La risposta è stata inequivocabile: le periferie non sono andate a votare. Evidentemente la nostra proposta di costruire politiche di uguaglianza non è stata giudicata credibile.


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Joseph A. Ladapo e Harvey A. Risch: I vaccini anti-Covid sono più rischiosi di quanto finora pubblicizzato?

milanofinanza

I vaccini anti-Covid sono più rischiosi di quanto finora pubblicizzato?

di Joseph A. Ladapo e Harvey A. Risch

Alcuni scienziati hanno sollevato la preoccupazione che i rischi per la sicurezza dei vaccini Covid-19 siano stati sottovalutati. Ma la politica dell'inoculazione di massa ha relegato i loro dubbi alla periferia del pensiero scientifico. Per ora

Un aspetto notevole della pandemia di Covid-19 è stato quanto spesso idee scientifiche impopolari, dalla teoria della fuga del virus dal laboratorio cinese all'efficacia delle mascherine, siano state inizialmente respinte, persino ridicolizzate, solo per riemergere più tardi nel pensiero tradizionale. Le differenze di opinione sono state talvolta radicate nel disaccordo sulla scienza sottostante. Ma la motivazione più comune è stata di tipo politico.

La prossima inversione di marcia del pensiero comune potrebbe essere imminente. Alcuni scienziati hanno sollevato la preoccupazione che i rischi per la sicurezza dei vaccini Covid-19 siano stati sottovalutati. Ma la politica della vaccinazione di massa ha relegato le loro preoccupazioni alla periferia del pensiero scientifico. Per ora.


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Patrizio Paolinelli: L’indifferenza di genere

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L’indifferenza di genere

di Patrizio Paolinelli

Secondo il premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, gli Stati Uniti sono la società più diseguale dell’occidente grazie a trent’anni e passa di politiche neoliberiste. L’aumento delle disuguaglianze sociali e il relativo impoverimento di larghe fasce della popolazione è talmente evidente che non si può più nascondere con gli artifici degli istituti di statistica, la complicità della stampa, i profeti della civiltà digitale. Per le élite dominanti si è dunque posto il problema di come ovviare a una situazione sempre meno occultabile e foriera di estese proteste sociali. La soluzione è stata trovata nel rilancio in grande stile della narrazione sulla parità di genere.

Le donne sono così diventate la categoria-chiave per veicolare in tutto l’occidente un’idea di giustizia sociale senza intaccare il modo di produzione che genera l’ineguaglianza e la conseguente divisione in classi. Si tratta di un paradosso. Ma è un paradosso che funziona. Come? Attraverso la propaganda, l’informazione, la comunicazione. Da qui l’enfasi mediatica sull’ineguaglianza di genere. Una narrazione molto efficace e da qualche tempo quotidianamente presente nell’agenda nel discorso pubblico confezionata dal sistema dei media.


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Dante Barontini: Quei contafrottole “green” di Repubblica

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Quei contafrottole “green” di Repubblica

di Dante Barontini

Le fake news sono veramente un problema serissimo. E anche l’ideologia (“falsa coscienza”, mistificazione, non una qualunque indispensabile “concezione del mondo”), uno dei mali peggiori che possano affliggere il “discorso pubblico”.

Due mali cancerogeni che diventano cicuta pura quando vengono diffusi da una “fonte prestigiosa” dell’informazione mainstream, quella che si presenta al mondo come “professionale”.

Scorrendo, come tutti, la pagina online di Repubblica, stamattina, siamo rimasti colpiti da un titolo davvero shock: “Generazione inquinata: baby boomer responsabili del più grande spreco della storia. E il confronto con i ragazzi di oggi è impietoso”.

Tra di noi ci sono sia “boomers” – nati tra il 1950 e il 1964, grosso modo, ossia i figli del boom economico e quindi anche della natalità, nel secondo dopoguerra – sia o soprattutto gente molto più giovane. E tutta questa differenza generazionale in materia di sensibilità ambientale, sinceramente, non l’avvertiamo.


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nlp: Draghi e l’esaurirsi della democrazia in Italia

codicerosso

Draghi e l’esaurirsi della democrazia in Italia

di nlp

Aristotele nella Politica individua le forme più comuni di costituzione in oligarchica e democratica classificando anche le tipologie di costituzione per lui esistenti, sia in senso oligarchico che democratico. Pone inoltre un problema che, da solo, ha fatto la stessa storia della filosofica politica ovvero quello delle trasformazioni delle costituzioni e quindi dei regimi democratici. Di fronte al dibattito politico sulle modalità di definitiva collocazione di Mario Draghi nelle istituzioni italiane c’è quindi, ricordando che anche le democrazie cambiano, da chiedersi davvero verso quale ulteriore trasformazione si stia avviando la democrazia in Italia.

E il modo con il quale si sta cercando di collocare Draghi non fa pensare tanto a un nuovo spostamento in senso oligarchico dell’asse democratico della costituzione italiana quanto al fenomeno dell’esaurimento della democrazia in Italia che, come tutti i fenomeni storici, ha radici piuttosto lunghe essendo uno dei frutti velenosi della fine degli anni ’70. Certo, una delle trasformazioni più recenti della democrazia deliberativa istituzionale in Italia, quella di essere strutturata attraverso cartelli elettorali liquidi e pensati solo per l’allocazione di corto respiro delle quote di potere ottenute, già faceva pensare all’esaurimento del fenomeno democratico istituzionale, e quindi del relativo regime, nel nostro paese.


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Andrea Zhok: La Catastrofe: i numeri della gestione della pandemia in Italia

lantidiplomatico

La Catastrofe: i numeri della gestione della pandemia in Italia

di Andrea Zhok

Forse è venuto il momento di riconoscere un semplice fatto: la gestione sanitaria della pandemia da parte delle istituzioni italiane non è stata problematica, non è stata difettosa, è stata semplicemente catastrofica. Nonostante l’abnegazione e la volontà di numerosi medici a 19 mesi dallo scoppio della pandemia di Covid-19 possiamo concludere che fare peggio sarebbe stato assai arduo.

Quest’amara constatazione diviene particolarmente doverosa oggi, nel momento in cui sulla scorta di una ridicola equazione tra “Scienza” e “Istituzioni della politica sanitaria nazionale” si continuano a far passare per verità accreditate nozioni prive di fondamento scientifico, ma gradite agli indirizzi governativi.

Partiamo da qualche dato.

L’Italia ha i peggiori dati al mondo in termini di letalità da Covid.

Diversamente dalla mortalità, che è più soggetta a variabili incontrollabili, il dato della letalità, cioè il rapporto tra il numero delle persone contagiate e il numero delle persone decedute, è un indicatore piuttosto affidabile circa la qualità degli interventi terapeutici messi in campo nei confronti delle persone ammalate.


coniarerivolta: La manovra di Draghi: l’emergenza non passa, l’austerità resta

coniarerivolta

La manovra di Draghi: l’emergenza non passa, l’austerità resta

di coniarerivolta

manovraconfIl Consiglio dei Ministri del 28 ottobre scorso ha approvato il disegno di legge di bilancio (DLB) per il 2022, il più importante atto di politica economica di un Governo. Dopo mesi di elucubrazioni sulla “vera natura” di una compagine governativa che unisce praticamente tutto l’arco parlamentare, da LeU alla Lega, guidata da una equipe di cosiddetti tecnici siamo alla prova dei fatti. La legge di bilancio, infatti, ci dice, senza possibilità di equivoci, quale sarà la posizione del Governo nei principali campi dell’organizzazione sociale ed economica del Paese per il prossimo anno.

Studiare una legge di bilancio significa concentrare l’attenzione su due aspetti dell’intervento pubblico in economia: da un lato, l’ammontare delle risorse stanziate; dall’altro, come e dove queste sono allocate. Il primo aspetto si studia attraverso la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) e il Documento Programmatico di Bilancio (DPB), che stabiliscono il perimetro della manovra – il DLB – in termini di saldi di bilancio pubblico. Il secondo aspetto, il contenuto della manovra, si evince dalla legge di bilancio, un provvedimento appena definito nei suoi aspetti salienti (con il relativo disegno di legge, per l’appunto), ma che sarà oggetto di numerose revisioni da qui alla fine dell’anno nel suo iter parlamentare.

Il primo aspetto da analizzare è dunque il suo peso specifico: a prescindere dal contenuto delle misure fiscali, il Governo decide di spendere molto o poco? Rispondendo a questa domanda, saremo in grado di valutarne, a grandi linee, l’impatto macroeconomico, cioè il suo effetto sulle grandezze aggregate dell’economia, in primis il PIL e l’occupazione.


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Roberto Artoni: Il “modello” dietro la legge di bilancio del governo Draghi

sbilanciamoci

Il “modello” dietro la legge di bilancio del governo Draghi

di Roberto Artoni

Dall’analisi della Nadef, risulta chiara l’impostazione del governo Draghi basata sulla crescita del settore privato o meglio ispirata al modello della “supply side economics” che tanti danni ha causato in Italia fino alla pandemia

legge di bilancio
            2022Negli anni ’60 e ‘70 del secolo scorso la Relazione annuale della Banca d’Italia era oggetto di attenta analisi da parte di illustri economisti: si voleva enucleare il “modello” analitico alla base delle scelte dell’istituto di emissione. Senza pretendere di giungere allo stesso livello di approfondimento, non è forse inutile tentare di evidenziare le linee essenziali dei documenti programmatici alla base del disegno di legge di previsione del bilancio dello Stato per il triennio 2022-202.

Conviene partire dagli obiettivi dell’azione di finanza pubblica chiaramente enunciati nella premessa alla Nadef 2021 (pag. V):

la strategia di consolidamento della finanza pubblica si baserà principalmente sulla crescita del PIL stimolata dagli investimenti e dalle riforme previste dal PNRR. Nel medio temine sarà altresì necessario conseguire adeguati avanzi primari. A tal fine, si punterà a moderare la dinamica della spesa pubblica corrente e ad accrescere le entrate fiscali attraverso il contrasto all’evasione. Le risorse di bilancio verranno crescentemente indirizzate verso gli investimenti e le spese per ricerca, innovazione e istruzione.

Tutto ciò trova conferma nel quadro programmatico di finanza pubblica. All’elevato indebitamento indotto dalla pandemia (9,4% in termini di Pil nel 2021) dovrebbero seguire anni di aggiustamento che nel 2024 ridurrebbero lo squilibrio al 3,3%. Tutti i saldi di finanza pubblica migliorerebbero sensibilmente. Il saldo primario dovrebbe essere nel 2024 marginalmente negativo (-0,8) contro il 6% del 2021. Il rapporto debito prodotto dovrebbe scendere di quasi dieci punti rispetto al massimo raggiunto nel 2020 (155,6). Il riequilibrio dovrebbe poi proseguire negli anni successivi, quando si manifesteranno pienamente, nelle valutazioni del governo, gli effetti del Pnrr, sia per gli interventi diretti, sia per le riforme annunciate in molti settori della vita nazionale.


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Cristina Quintavalla: Il lavoro offeso. Lottiamo per la dignità

lafionda

Il lavoro offeso. Lottiamo per la dignità

di Cristina Quintavalla

portuali23L’esercito francese aveva subito la più cocente delle sconfitte: l’imperatore Napoleone III era stato catturato, l’esercito prussiano era giunto sino a Parigi e aveva imposto una resa disonorevole alla Francia imperiale, che pure sembrava proiettata grazie a vent’anni di fasti e successi verso l’egemonia del continente europeo.

Il governo Thiers, nel mezzo di una devastante crisi economica, sociale, politica, chiese proprio al nemico prussiano di liberare 100.000 prigionieri di guerra per disporre delle forze necessarie per reprimere la Comune di Parigi e dare la caccia ai comunardi. Proprio così: fu ricercata un’ intesa col nemico, che aveva così sprezzantemente umiliato e messo in ginocchio la Francia, contro i lavoratori francesi in lotta.

Nemico sui campi di battaglia, ma alleato contro la classe proletaria in quella che fu definita “la settimana di sangue”, nel corso della quale fiumi di sangue irrorarono le strade parigine e la più vile caccia all’uomo fu perpetrata. La mattanza presentò il suo conto: 20.000 i morti , 7500 le condanne ai lavori forzati e le deportazioni.

Si tratta di una delle pagine più efferate della storia, ma che dovrebbe rimanere scolpita nelle nostre menti, quasi una bussola, soprattutto per coloro che si illudono sulla possibilità di conciliare gli interessi contrapposti di classi contrapposte. Di chi si illude di stringere patti sociali, accordi nel mutuo interesse, di chi farnetica di “pace sociale”, di presunte/sedicenti regole della democrazia, volte solo a camuffare la legalità borghese.


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Umberto Vincenti: Sovranità popolare. Dimenticata o mai esistita

lafionda

Sovranità popolare. Dimenticata o mai esistita

di Umberto Vincenti

Chi crede nella sovranità popolare deve guardare con coraggio al fondo del sistema di potere che ci governa: mi riferisco alle regole che hanno instaurato, alimentato, irrobustito una combinazione che potremmo chiamare statutaria, una mistura formidabile, e paralizzante, tra ordine nazionale e ordine europeo. In entrambi, seppur con diversa forma e intensità, è sotteso un progetto – realizzato – di elusione della sovranità popolare.

L’impressione – anzi, qualcosa di più – è questa. A guardarla, liberandosi della retorica che l’ammanta da una parte e dall’altra, questa combinazione statutaria, che ci sottomette, pare un meccanismo praticamente perfetto per blindare il potere presso chi già ce l’ha (e non lo vuol perdere). Essa ha assicurato decenni di governo, ai vari livelli, ai partiti che fecero parte del Comitato di liberazione nazionale. Non vi è stato un presidente della Repubblica che non fosse legato, direttamente (quasi sempre) o indirettamente, a uno di quei partiti. Ottimi testimoni i nostri due ultimi presidenti: Napolitano, ex PCI, e Mattarella, ex DC; ora entrambi – e non sembra del tutto casuale – del PD, nei fatti l’unico partito che si possa intestare l’eredità di uno (anzi, di due) dei Partiti del CLN. Aggiungo che questo è il partito che più di ogni altro ha difeso – e difende – la Costituzione più bella del mondo.


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Leonardo Mazzei: Proposta di colpo di stato

sollevazione2

Proposta di colpo di stato

di Leonardo Mazzei

Ormai non ci sono più freni. Al nuovo duce tutto è dovuto. Ed i suoi scagnozzi non stanno più nella pelle.

Segnalando l’attuale china verso un regime dispotico così ho scritto la settimana scorsa: «La discussione pubblica si riduce ad un’invocazione a Lui, le principali cariche dello Stato spettano a Lui, e peccato che non possa stare contemporaneamente a Palazzo Chigi ed al Quirinale!».

Era un’esagerazione? Evidentemente no, se il tirapiedi in capo, al secolo Giorgetti Giancarlo da Cazzago Brabbia, si è permesso di dichiarare che «Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale».

Et voilà! Ecco la soluzione! Perché perdere tempo in tanti discorsi? Mica possiamo aspettare una modifica costituzionale alla francese, che poi magari gli italiani ce la bocciano. Meglio, molto meglio, attuarlo al volo quello stravolgimento. Il momento è favorevole – ecco a cosa serve lo stato d’emergenza infinito alimentato a Covid – e bisogna coglierlo al volo.


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Francesco Piacitelli: Il tesoro dell’Afghanistan ed il ruolo cinese

kriticaeconomica

Il tesoro dell’Afghanistan ed il ruolo cinese

di Francesco Piacitelli

Con il https://www.kriticaeconomica.com/occupazione-afghanistan-economia/">collasso del protettorato americano, dopo quasi vent’anni l’Afghanistan torna nelle mani dei Taliban, che lo gestiranno fintanto che avranno il consenso del potere tribale locale. Il vuoto lasciato dai Paesi occidentali, in ogni caso, verrà presto riempito da altri attori, prima fra tutti la Cina.

Il Dragone, infatti, ha grande interesse che il nuovo Emirato stabilizzi l’area e, soprattutto, alla possibilità di estendere la propria egemonia sul paese centroasiatico. Prima di tutto, Pechino ha necessità che il caos non si affacci nuovamente sulla regione e destabilizzi il canale commerciale che collega lo Xinjiang al porto di Gwadar. L’infrastruttura portuale, che nei piani cinesi dovrebbe divenire la prossima Dubai, è il fiore all’occhiello del corridoio Cina-Pakistan (Cpec), su cui il governo di Pechino ha investito diverse decine di miliardi di dollari.

Il riconoscimento e la sponsorizzazione del nuovo regime Taliban, inoltre, permettono alla Repubblica popolare di proiettarsi come potenza di riferimento nel continente asiatico.


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Piccole Note: Assalto a Capitol Hill: la controversia che sconvolge l'America

piccolenote

Assalto a Capitol Hill: la controversia che sconvolge l'America

di Piccole Note

L’America sta vivendo un conflitto interno come mai prima d’ora, con lo scontro destra-sinistra arrivato al parossismo dopo l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio, data epifanica che ha inciso non poco sulla storia recente.

Da allora, lo scontro tra l’establishment, che ha sostenuto il cambio di guardia alla Casa Bianca, e i sostenitori di Trump si è acceso al calor bianco, con le testate alternative della destra a bombardare su vari fronti e la controparte a controbattere usando le tante modalità che può permettersi il sistema.

Una delle tante controversie su cui i contendenti incrociano le spade riguarda proprio l’assalto a Capitol Hill, oggetto di due inchieste parallele, svolte dalla magistratura e da una commissione parlamentare.

Al contempo, alcune testate alternative che fanno riferimento ai repubblicani hanno avviato inchieste giornalistiche, usando anche delle inchieste ufficiali.


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Andrea Muratore: Da Wallerstein a de Benoist: la globalizzazione alla prova dei suoi critici

osservatorioglobalizzazione

Da Wallerstein a de Benoist: la globalizzazione alla prova dei suoi critici

di Andrea Muratore

Il connubio tra scienze sociali e globalizzazione ha proceduto sulla scia di una precisa periodizzazione cronologica. I processi storici hanno conosciuto una repentina accelerazione nel mondo globalizzato: modifiche importanti nei modi di vita delle persone, dei rapporti economici e dei rapporti tra le nazioni hanno preso piede in pochissimi anni.

A partire dagli Anni Sessanta e Settanta sociologi, storici, politologi ed economisti iniziarono a tematizzare il fenomeno “globalizzazione”, a causa dell’incedere di nuove tematiche categorizzate per la prima volta da Marshall McLuhan, che nel 1964 di fronte all’incedere del progresso tecnologico teorizzò il “villaggio globale”, un mondo ristretto dalla velocizzazione dei processi di comunicazione.

Dopo la caduta del Muro di Berlino e del bipolarismo il dibattito si ampliò. La contrapposizione USA-URSS aveva caratterizzato l’ordine delle cose a livello planetario, dividendo nei due blocchi l’egemonia internazionale; caduto il sistema comunista il dibattito sulla globalità prese inesorabilmente piede.


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tonino

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Nov 12, 2021, 3:51:02 AM11/12/21
to sante gorini

Il Rovescio: Sulla nave dei folli

ilrovescio

Sulla nave dei folli

di Il Rovescio

unnamedkjgh764dMai come in questo periodo ci sentiamo come il mozzo di cui parlava Theodore Kaczynski nel suo racconto La nave dei folli. La storia è nota. La nave – metafora della società tecno-industriale – sta procedendo verso degli iceberg su cui è destinata a frantumarsi. Il mozzo lancia l’allarme ai suoi compagni di viaggio, cercando di far capire loro che cambiare rotta è l’unica scelta che contiene tutte le altre (dove approdare e come cambiare i rapporti tra l’equipaggio; insomma quelle questioni di libertà, uguaglianza e solidarietà che si pongono agli umani fin da quando esistono il dominio, la gerarchia, lo sfruttamento). Il resto dell’equipaggio elenca i problemi a suo avviso ben più gravi e urgenti da risolvere: le differenze di salario, il razzismo, il sessismo, l’omofobia e la brutalità verso gli animali. Insistendo sul fatto che per cambiare la vita sulla nave è necessario che una nave ancora esista – e cioè che la priorità di cambiare rotta fa diventare secondarie tutte le altre giuste rivendicazioni – il mozzo diventa l’oggetto degli strali incrociati da parte dell’equipaggio: reazionario, specista, omofobo, sessista! Gli insulti risuonano ancora mentre la nave si frantuma contro gli iceberg e si inabissa.

Come nel precedente La società industriale e il suo avvenire (il cosiddetto manifesto di Unabomber, la cui paternità, a onor del vero, Kaczynski non ha né smentito né rivendicato) e nei successivi Colpisci dove più nuoce e Anti-tech revolution, la parte presa di mira è soprattutto la sinistra, rappresentata fino al parossismo dall’equipaggio della nave. Data la sua natura “sovra-socializzata”, riformista e progressista, la sinistra è condizionata secondo Kaczynski a diventare la principale stampella del tecno-capitalismo, il quale nasconde i propri programmi di disumanizzazione attraverso le sue seducenti promesse di superamento di ogni limite e di espansione dell’Io. Dire che ci siamo in pieno è oggi persino banale.


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Marco Montanaro: Mark Zuckerberg nel metaverso

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Mark Zuckerberg nel metaverso

di Marco Montanaro

metaverso 640x420Dovremmo esser grati ogni volta che altri esseri umani ci permettono di essere altrove grazie alle loro opere. Poeti, artisti, musicisti, registi, sceneggiatori. Da qualche decennio però il nostro altrove preferito è creato anche, forse soprattutto, da ingegneri, sviluppatori, CEO di piccole aziende divenute poi gigantesche, più importanti di interi stati e continenti.

Poco meno di trent’anni fa, l’altrove digitale si presentava come un carnevale notturno in cui si indossavano maschere – i nickname – e costumi piuttosto pittoreschi – gli avatar – per ballare in feste sconosciute e sovvertire, potenzialmente, le regole della vita di ogni giorno. Era tutto lentissimo, nettamente separato dalla nostra esperienza quotidiana da interfacce fisiche, prima ancora che virtuali, piuttosto ingombranti: modem, schermi e cassettoni di computer fissi, mouse, tastiere e tanti, tantissimi cavi.

Sul finire degli anni ’90 abbandonai i videogiochi, la mia primissima esperienza d’altrove digitale, per gettarmi a capofitto in quella prima internet di siti, forum, chat d’ogni sorta. Online potevi conoscere un sacco di gente, per quanto in incognito, che non avresti mai potuto incontrare nella vita reale. Persone verso cui, a parte rarissimi casi, non avevi alcuna responsabilità – proprio come in un videogioco.

Quella internet era molto utile in provincia, dove tutto sembrava distante dai centri della vita contemporanea, per sentirsi vivi. Per sentirsi vivi era fondamentale – nonché meraviglioso – smettere di essere sé stessi con la propria forma fisica, la propria faccia, i propri pensieri, la pesantezza della vita d’ogni giorno.


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Carlo Formenti: Storia dell'utopia neoliberale

perunsocialismodelXXI

Storia dell'utopia neoliberale

Con qualche considerazione finale sulle sinistre hayekiane

di Carlo Formenti

4386Quinn Slobodian è autore di un libro (Globalists. La fine dell’impero e la nascita del neoliberalismo, Meltemi editore) che mi è parso la più esaustiva e intrigante analisi che mi sia capitato di leggere sull’evoluzione delle teorie neoliberali nei sessant’anni che vanno dalla fine della Prima guerra mondiale alla riforma del GATT e alla successiva nascita del WTO. Slobodian ricostruisce le principali varianti teoriche di questa corrente di pensiero, i loro rapporti reciproci, l’influenza che hanno esercitato su governi nazionali e istituzioni economiche e accademiche internazionali; infine cerca di spiegare i motivi che ne hanno favorito il trionfo sul keynesismo e altre scuole di pensiero a partire dalla crisi degli anni Settanta.

Dalla lettura di questo lavoro si esce liberati da alcuni luoghi comuni. Come quello secondo cui il neoliberalismo sarebbe un paradigma socioeconomico relativamente recente, che avrebbe fatto il proprio esordio in occasione del colloquio Lippmann tenutosi a Parigi nel 1938, per poi consolidarsi con la fondazione della Mont Pelerin Society, avvenuta nel 1947. È vero che il termine neoliberalismo fu adottato per la prima volta nel 1938, tuttavia un gruppo organizzato di individui che condividevano un preciso insieme di principi, valori e idee all’interno di un comune quadro di riferimento intellettuale esisteva già da almeno vent’anni, per la precisione a partire dalla fine della Prima guerra mondiale, allorché nacque quella Scuola di Vienna che perfezionerà poi la propria visione attraverso la Scuola di Ginevra. Queste persone – Fra gli esponenti più noti figurano i nomi di von Mises, von Hayek, Ropke, Robbins, Haberler, Heilperin, Petersmann – condividevano un punto di vista preciso sulle linee generali da seguire per dare vita a un nuovo ordine mondiale, a partire dalla necessità di difendere l’economia globale dagli “eccessi” di una democrazia che rischiava di metterla in crisi, lanciando una sfida che il liberalismo classico non era in grado di gestire.


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Marco Bersani: L’assalto ai servizi pubblici local

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L’assalto ai servizi pubblici locali

di Marco Bersani

Non c’è alcun bisogno di governare Comuni e città, ci pensa il mercato. Il disegno di legge sulla concorrenza regala aai soliti interessi speculativi un nuovo bastimento carico di privatizzazioni. È un attacco feroce e determinato ai diritti delle persone, ai beni comuni e alle comunità locali portato da un governo che non ha mai fatto mistero di essere al servizio dei grandi interessi finanziari e che ha preteso un Parlamento embedded per poter avere mano libera su tutte le scelte fondamentali di ridisegno della società

Era atteso da tempo. Faceva parte delle stringenti “condizionalità” richieste dalla Commissione Europea per accedere ai fondi del Next Generation Eu. Era uno degli assi portanti per i quali Draghi è stato definito da Confindustria “l’uomo della necessità”. Era fortemente voluto dalle lobby finanziarie. Ed è arrivato. Il disegno di legge sulla concorrenza e il mercato. Un nuovo bastimento carico di privatizzazioni.

Mentre i media mainstream ancora una volta dirottano l’attenzione (colpiti i tassisti, risparmiati i concessionari degli stabilimenti balneari etc.) nessuno mette l’accento sulla sostanza del provvedimento, concentrata nell’art. 6: la privatizzazione dei servizi pubblici locali e la definitiva mutazione del ruolo dei Comuni.


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Sulla Breccia: Sulla guerra e i disertori

Coordinamenta2

Sulla guerra e i disertori

di Sulla Breccia

E così alla fine Confindustria ha tolto la maschera.

“Se questa è una guerra, questi sono dei disertori. Anche in guerra c’è chi diserta perché ha paura, ma viene preso, messo al muro e fucilato. Qua non dobbiamo fucilare nessuno, ma dobbiamo far pesare su questi la loro diserzione”. Sono le parole, tra i risolini degli astanti, del presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti, intervenuto a margine della conferenza stampa organizzata dalla Regione FVG sulla situazione sanitaria dell’area, che vede un aumento esponenziale dei contagi, in particolare nella provincia triestina.

Di guerra si era parlato proprio in merito agli interventi di Confindustria nell’esercitare pressioni sul governo (o – riformulando – nel dettare la linea alle autorità) nel corso delle prime ondate della pandemia: ne era uscita un’inchiesta in due puntate (prima e seconda) in cui si mostravano le posizioni dell’associazione degli industriali totalmente indifferenti alla salute dei lavoratori e delle lavoratrici e invece unicamente orientate alla strenua difesa delle linee produttive e dei suoi profitti.


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Salvatore Tinè: Metafisica del comunismo

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Metafisica del comunismo

di Salvatore Tinè

Isaiah Berlin, Karl Marx, Adelphi, Milano 2021

Apparso per la prima volta nel 1939 il libro di Isaiah Berlin su Karl Marx non è soltanto una brillante biografia intellettuale e politica dell’autore de Il capitale (1867), ma anche una chiara ed efficace sintesi del suo pensiero, ricostruito non solo e non tanto nella sua complessa e difficile evoluzione interna ma anche e soprattutto nel suo fondamentale e sempre vivo rapporto con le grandi correnti filosofiche, sociali e politiche del XIX secolo destinate a segnare la storia della civiltà e della cultura europee. Certo, Berlin non trascura affatto di ricostruire la genesi e il rapporto indissolubile della ricerca teorica del giovane Marx e perfino del primo delinearsi della sua dottrina scientifica e “sistematica” con la concreta storia sociale del movimento dei lavoratori e in particolare con le più avanzate forme di coscienza e di organizzazione, sia di tipo rivendicativo e sindacale che di tipo politico e rivoluzionario, che esso viene via via elaborando nel lungo ciclo di lotte di classe degli anni trenta e quaranta dell’Ottocento, particolarmente in Francia e in Inghilterra.


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Piccole Note: Auto green: le batterie esauste le spediamo in Africa?

piccolenote

Auto green: le batterie esauste le spediamo in Africa?

di Piccole Note

Uno dei fronti più caldi del green sono le emissioni inquinanti prodotte dalle automobili. Problema di facile risoluzione, a detta di certo utopismo green: basta produrre automobili elettriche. È così facile che i potenti della terra, che ancora non hanno adottato tale risoluzione, sono dei criminali, secondo certo estremismo.

In realtà tanto facile non è, come spiegava un servizio della BBC dell’aprile scorso: sebbene le automobili elettriche siano già in circolazione, né le industrie automobilistiche né quelle preposte allo smaltimento dei rifiuti sono ancora in grado di far fronte al problema posto dall’esaurimento delle batterie.

Certo, alcune industrie automobilistiche hanno iniziato a riciclare, ma si è ancora ai primi passi, dato che tante sono le criticità poste dal procedimento. La Wolkswagen, che viene indicata come front runner di questa corsa, ha dedicato a tal fine, a febbraio dello scorso anno, l’impianto pilota di Salzgittee.


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Maurizio Matteoli: Il dottor Stranamore

gocciaagoccia

Il dottor Stranamore

Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba

di Maurizio Matteoli, pediatra

Ribadisco ancora una volta la mia posizione, che molti già conoscono, unicamente per dare una risposta preventiva ai tanti che sicuramente mi accuseranno di essere un no-vax: sono favorevole all’uso dei vaccini nella popolazione anziana e nei fragili e a tutte le iniziative per incentivarla, sono neutrale rispetto al loro uso nella popolazione adulta, bene informata, su base volontaria, sono contrario al loro utilizzo negli adolescenti e nei bambini sani.

Fatta questa premessa, vi faccio partecipi di alcune mie considerazioni.

I vaccini che stiamo utilizzando da circa 10 mesi (eh sì, non dimentichiamoci che il tempo non è molto) hanno tutti ricevuto l’approvazione, anche definitiva in qualche caso, in base ai trials che le aziende produttrici hanno presentato, dimostrandone efficacia e assenza di rischi, ai vari enti regolatori.

Prendiamo adesso in esame i quattro vaccini in uso nel mondo occidentale.

Astra Zeneca. Era il vaccino su cui l'Italia aveva deciso di puntare. Abbiamo smesso di usarlo dopo aver cambiato più volte le raccomandazioni di somministrazione. Sono stati riportati alcuni, troppi, casi di trombosi ed almeno un decesso, oltretutto di una giovane che poco o nulla rischiava in caso di contagio da Sars Cov 2.


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Fabio Vighi: Il Covid lungo dei banchieri centrali

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Il Covid lungo dei banchieri centrali

di Fabio Vighi

Kandinskij Composizione IVPer tutta la vita le pecore hanno paura del lupo, ma poi vengono mangiate dal pastore.
Proverbio africano

La gestione sanitaria del COVID-19 ci appare oggi, essenzialmente, come sintomo della degenerazione del capitale finanziario. Più in generale, è il sintomo di un mondo che, non essendo più in grado di riprodursi estraendo profitto dal lavoro umano, si affida a una logica compensativa di doping monetario perpetuo. La ‘pandemia’, in altre parole, è la leva di comando delle stampanti di denaro in mano alle banche centrali (Federal Reserve in testa). Se la contrazione strutturale dell’economia del lavoro finisce giocoforza per gonfiare il settore finanziario, la volatilità di quest’ultimo può essere contenuta solo attraverso emergenze globali, propaganda di massa, e sottomissione agli imperativi della biosicurezza. Come uscire da questo circolo vizioso?

A partire dalla terza rivoluzione industriale (microelettronica negli anni ’70), il capitalismo automatizzato (ovvero a sempre più alta ‘composizione organica’, per dirla con Marx) ha gradualmente distrutto il lavoro salariato quale sua propria sostanza. Da tempo abbiamo superato il punto di non ritorno, per cui molto più lavoro viene eliminato di quanto ne venga riassorbito. A causa dell’incremento esponenziale del progresso tecnologico, il capitale è dunque sempre più impotente rispetto alla sua missione storica di spremere plusvalore dalla forza-lavoro. Con l’arrivo dell’intelligenza artificiale (quarta rivoluzione industriale), ci troviamo di fronte a una vera e propria mission impossible – game over.


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Alessandro Visalli: Circa “La questione comunista”, inedito di Domenico Losurdo

tempofertile

Circa “La questione comunista”, inedito di Domenico Losurdo

di Alessandro Visalli

la
            questione comunistaA giugno 2018 Domenico Losurdo ci lasciava. Sulla sua scrivania, racconta Giorgio Grimaldi, riposava un testo uscito dalla stampante ed in corso di preparazione. Nelle diverse versioni in esso troviamo due indici e le tracce di un progetto ambizioso. Si trattava nel suo complesso di una trilogia sul comunismo della quale la prima parte era uscita nel 2017, per Laterza, sotto il nome di “Il marxismo occidentale[1], la seconda era appunto “La questione comunista[2], e la terza, ancora nella mente dell’autore e quindi persa per sempre, doveva trovare forma in un testo sul comunismo cinese.

I sottotitoli recitavano, rispettivamente, “Come nacque, come morì, come può rinascere” (il marxismo occidentale), nel libro del 2017, e “Storia e futuro di un’idea” (comunista), in questo. I contenuti del terzo libro, indispensabile per comprendere la parabola dell’impresa tentata da Losurdo, si potrebbero intuire dal progetto del capitolo 4, presente nell’Indice 1 del secondo libro, che ne trattava[3]. Leggendolo troviamo, all’avvio del progetto di capitolo, una frase di enorme peso: niente di meno che “Pensare la Cina [significa] pensare il postcapitalismo”. Proseguendo, scopriamo che questo implica ragionare sulle nozioni di ‘capitalismo autoritario’, anziché ‘democratico’ (quale è l’uno e quale l’altro? Potrebbe non essere scontato[4]); ma anche individuare la differenza cruciale tra la ‘espropriazione politica’, e quella ‘economica’; quindi di ‘economia di mercato non capitalistica’, o di ‘socialismo riformato’; infine comprendere se si è davanti una forma di ‘capitalismo di Stato’ o dello ‘stadio iniziale del socialismo’. Ancora, ragionare sui sindacati (dei padroni i dei lavoratori); l’eguaglianza (‘più perfetta’, o ‘rozza’, anziché ‘radicale’). Infine, nei capitoli finali progettati nell’Indice 1, vediamo che pensare la Cina ed il postcapitalismo significa anche trarre conclusioni su ‘politica ed economia’ guardando a ‘la Cina e il mondo’; ovvero che si tratta di inquadrare il tema in una cornice geopolitica realista, cara al nostro.


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Riccardo Evangelista: La pianificazione economica: storia e attualità di un dibattito

kriticaeconomica

La pianificazione economica: storia e attualità di un dibattito

di Riccardo Evangelista*

PIXNIO 265160 1200x630 1 1024x5381) Le origini della controversia

Era il 1920 quando l’economista austriaco Ludwig von Mises dava alle stampe un ambizioso articolo intitolato Il calcolo economico in un’economia socialista. Inizialmente confinato a una discussione teorica nell’area germanofona e ritenuto poco più di una voce fuori dal coro della montante insoddisfazione verso il laissez faire, il saggio godette di una rinnovata fama quando venne tradotto in inglese dal suo allievo di maggior arguzia, Friedrich von Hayek, per essere ripubblicato nel 1935 in un volume collettaneo dal titolo Collectivist Economic Planning.

L’obiettivo esplicito del testo, di cui il saggio d’apertura di Mises costituiva il principale riferimento teorico, era di mettere in guardia la società europea (in particolare gli accademici, secondo gli autori molto sensibili alle mode intellettuali) da un’illusione ritenuta deleteria: che un’economia a totale o prevalente proprietà pubblica dei mezzi di produzione potesse funzionare in maniera razionale, garantendo un utilizzo efficiente delle risorse e maggiore giustizia sociale. Gli argomenti sostanziali della critica alla pianificazione economica rimarranno gli stessi anche negli sviluppi successivi del dibattito, che vedrà come principali protagonisti Lionel Robbins e lo stesso Hayek, contrapposti a Maurice Dobb e Oskar Lange. I primi si adopereranno per riaffermare le virtù irrinunciabili del mercato, i secondi tenteranno una difesa della pianificazione scientificamente rigorosa, pur confutando le tesi liberiste austriache da riferimenti teorici opposti.

Nonostante il dibattito sia stato oggi quasi dimenticato, le ragioni che l’hanno mosso e le questioni che solleva riemergono nell’attualità tra le manifestazioni sintomatiche del neoliberismo.


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Manlio Dinucci: Le nuove armi finanziarie dell’Occidente

manifesto

Le nuove armi finanziarie dell’Occidente

di Manlio Dinucci

Nuove armi si stanno aggiungendo all’arsenale delle politiche economiche e finanziarie dell’Occidente. Per comprenderne la natura e portata, occorre partire da quelle sinora usate: le sanzioni – compresa quella più pesante, l’embargo – attuate soprattutto da Stati uniti e Unione europea contro interi Stati, società e persone.

Fondamentale è comprendere il criterio con cui vengono decise: Usa e Ue decretano a loro insindacabile giudizio che uno Stato o altro soggetto ha commesso una violazione, stabiliscono la sanzione o l’embargo totale, e pretendono che gli Stati terzi lo rispettino, pena ritorsioni.

Nel 1960 gli Stati uniti imposero l’embargo a Cuba che, liberatasi, aveva violato il loro «diritto» a usare l’isola come proprio possedimento: il nuovo governo nazionalizzò le proprietà delle banche e multinazionali Usa che controllavano l’economia cubana.

Oggi, 61 anni dopo, l’embargo continua, mentre le compagnie Usa richiedono rimborsi per miliardi di dollari. Nel 2011, in preparazione della guerra Usa-Nato contro la Libia, le banche statunitensi ed europee hanno sequestrato 150 miliardi di dollari di fondi sovrani investiti all’estero dallo Stato libico, di cui successivamente è sparita la maggior parte.


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Guido Maria Brera: Cronache anticapitaliste

idiavoli

Cronache anticapitaliste

di Guido Maria Brera

A dispetto del titolo, “Cronache anticapitaliste” di David Harvey è un gioiello argomentativo attualissimo e necessario, capace di traghettare le battaglie contro lo sfruttamento dell’essere umano e del pianeta in una cornice pratica e tutt’altro che ideologica, radicale, sì, ma calata nella più assoluta contemporaneità

Cronache anticapitaliste (Feltrinelli, 2021), l’ultimo libro di David Harvey, potrebbe apparire come un volume “inattuale”, che evoca titoli e slogan vetusti, analisi e categorie politiche fuori tempo massimo. E invece non è così: il libro – un volumetto breve e ficcante – non rientra affatto nel vizio di retrotopia (quella che Bauman spiega essere l’inverso dell’utopia, cioè un’utopia rivolta all’indietro, regressiva) ma è al contrario un gioiello argomentativo attualissimo e necessario, capace di traghettare le battaglie anticapitaliste in una cornice pratica e tutt’altro che ideologica, radicale, sì, ma calata nella più assoluta contemporaneità.

Le possibilità che il capitalismo scompaia sono le stesse che ha un meteorite di colpire e distruggere un pianeta, ha detto una volta Fredric Jameson, ed è proprio questa ineluttabilità che secondo Harvey ci deve spingere a lottare contro le modalità predefinite in cui siamo ingabbiati e a trovare nuove soluzioni più adeguate all’intera collettività.


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comidad: L’emergenzialismo ha il cuore a sinistra e il portafoglio a destra

comidad

L’emergenzialismo ha il cuore a sinistra e il portafoglio a destra

di comidad

L'emergenza è la droga del potere. In Italia il sistema di potere, non solo il ceto politico ma l’intero establishment, è da trent'anni drogato di emergenza e deve sostenersi con dosi sempre maggiori della sua droga. Come la “controcultura” degli anni ’60 cantava le lodi e le virtù della marijuana e dell’allucinogeno LSD, anche i nostri attuali drogati di emergenza, come Prodi e Monti, celebrano le virtù salvifiche della loro droga, con il condimento delle proprie personali allucinazioni sul futuro dell'Europa. I nostri drogati di emergenza sono quindi diventati anche spacciatori di emergenzialismo in campo internazionale, acquisendo peso e protagonismo, permettendosi persino di dettare le scadenze agli altri Paesi.

L’emergenza consente di attuare un golpismo permanente, scavalcando il sistema giuridico-istituzionale e le resistenze sociali, creando al tempo stesso euforia in gran parte della popolazione, con tanto di attese palingenetiche da una parte e di aspirazioni al regolamento di conti dall’altra. Per dirla alla Ennio Flaiano, l’emergenza ha il cuore a sinistra e il portafoglio a destra.


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Guido Salerno Aletta: RCEP, un mondo Pacifico

teleborsa

RCEP, un mondo Pacifico

di Guido Salerno Aletta

Dentro la Cina, fuori gli USA e niente Europa

Il prossimo 1° gennaio entra in vigore RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) che mette insieme le economie di 15 Paesi dell'area del Pacifico, che rappresentano 3 miliardi di abitanti: sono un terzo sia della popolazione che del PIL mondiale.

E' il primo trattato multilaterale di liberalizzazione degli scambi a cui gli Usa non partecipano, ma di cui fa parte la Cina che invece era esclusa dalla proposta alternativa (TPP) che era stata sostenuta dagli USA.

Come se non bastasse, questo trattato si interseca con la recente azione angloamericana volta a mettere sotto pressione la Cina con l'alleanza militare denominata Aukus (Australia, UK, USA): al RCEP, infatti, ha aderito in extremis anche l'Australia, nonostante nei suoi confronti la Cina abbia messo in atto una sorta di boicottaggio delle esportazioni di carbone. Canberra non vuole tirarsi fuori dalle più strette relazioni che si realizzeranno tra i Paesi dell'area, come invece ha fatto l'India che si era già ritirata da tempo dalle trattative.


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Maurizio Rainisio: "Studi insufficienti e rischi sconosciuti. Attenzione al vaccino sui bambini"

bussolaquotidiana

"Studi insufficienti e rischi sconosciuti. Attenzione al vaccino sui bambini"

Costanza Signorelli intervista Maurizio Rainisio

Ottenuta l'approvazione del farmaco, gli Stati Uniti stanno per iniziare la vaccinazione di massa sui bambini. In Italia il via libera è atteso con sollecitudine dal governo che ha dichiarato di voler partire subito a dicembre. "Ad oggi i dati non giustificano questa emergenza", dichiara l'epidemiologo Rainisio. "Occorre maggior attenzione e prudenza: gli studi sul farmaco sono attualmente insufficienti, non si conoscono abbastanza i rischi. Inoltre vaccinare un bambino per proteggere un altro soggetto è un principio eticamente inaccettabile"

A partire dai primi di novembre gli Stati Uniti inizieranno una campagna vaccinale di massa sui bambini dai 5 agli 11 anni. La Food and Drug Administration, ovvero l'ente governativo preposto alla regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha infatti appena autorizzato il vaccino nella fascia d'età suddetta.

In Italia invece l'Ema (Agenzia Europea per i medicinali) non ha ancora dato il via libera al farmaco, che però è atteso con sollecitudine dal governo il quale ieri, nella persona del ministro della salute Roberto Speranza, ha dichiarato come priorità di avviare subito la vaccinazione dei bambini: "Il mio auspicio è a dicembre. Lavoreremo con i pediatri per tranquillizzare le famiglie".


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tonino

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Nov 14, 2021, 1:14:33 PM11/14/21
to sante gorini

Introduzione all’edizione in lingua inglese di Nietzsche: il ribelle aristocratico, di Domenico Losurdo

materialismostorico

Introduzione alledizione in lingua inglese di Nietzsche: il ribelle aristocratico, di Domenico Losurdo*

di Harrison Fluss (St. John’s University and Manhattan College)

nietzscheDopo aver descritto la lunga ricezione di Nietzsche da Emma Goldman a Stanley Cavell, Jennifer Ratner-Rosenhagen conclude il suo American Nietzsche in sintonia con una lettura pragmatica dell’opera del filosofo: non esiste un’unica comprensione corretta di Nietzsche, non più di quanto vi sia un autentico approccio filosofico. Ciò che definisce Nietzsche – se mai qualcosa può definirlo – è la fondamentale «indeterminatezza, il prospettivismo e l’eterogeneità» che sono al centro della sua filosofia e che lo rendono decisamente congeniale alle tradizioni americane del liberalismo e del pluralismo1. Nietzsche, quindi, sarebbe americano quanto la apple pie.

Ciò che Ratner-Rosenhagen ignora, tuttavia, sono le altre dimensioni del pensiero di Nietzsche; dimensioni piuttosto rilevanti per la storia di un Nietzsche americano. I giudizi del filosofo tedesco sulla razza, la schiavitù e l’abolizionismo non sono tenuti in considerazione, dal momento che anche l’americanismo che Ratner-Rosenhagen ci presenta risulta completamente decontestualizzato. Si tratta di un americanismo dal quale sono state espunte tutte le incongruenze e i paradossi più evidenti e che è incarnato, ad esempio, dal precursore americano di Nietzsche, il liberale Ralph Waldo Emerson. RatnerRosenhagen inizia la sua narrazione proprio con l’amore di Nietzsche per Emerson ma a questo proposito andrebbe notato come Nietzsche non leggesse soltanto l’Emerson individualista ma anche l’Emerson elitista e adoratore degli eroi2. Nietzsche si definiva a volte «un liberale» ma era anche un teorico che promuoveva la gerarchia e l’ordine castale [rank-ordering]3. Come possono convivere, allora, i valori in apparenza progressisti del liberalismo e del pluralismo con la politica elitista promossa da Nietzsche? In effetti, come possono questi valori autoritari essere ritenuti compatibili con quell’immagine di un Nietzsche anti-fondazionalista che conclude il libro di Ratner-Rosenhagen?


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Andrea Olivieri: Gli strange days di Trieste contro il green pass. Il racconto di una lotta sbalorditiva

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Gli strange days di Trieste contro il green pass. Il racconto di una lotta sbalorditiva

Prima puntata

di Andrea Olivieri*

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              DaysDa settimane Andrea Olivieri, ricercatore e scrittore, cammina o si sposta in moto da un luogo all’altro della sua città, di giorno e di sera, attraversa cortei e assemblee di piazza, ascolta le persone più diverse nelle situazioni più diverse, mobilita la propria memoria di ex-lavoratore del porto e di attivista, butta giù appunti su appunti, raccoglie storie. Sta interrogando un Evento, e prima ancora un sito.

Perché Trieste? Perché proprio lì è cresciuta in modo tumultuoso una piazza anti-green pass così diversa dalle altre? Energie si sono accumulate “di nascosto” finché la città dalla «scontrosa grazia» – città poco italiota e molto mitteleurobalcanica, misconosciuta al resto del Paese – non ha prodotto una rottura nell’apparire normato di una società piegata dall’emergenza Covid. Una mobilitazione di massa dai caratteri inediti che ha sorpreso l’Italia – paese regolarmente ignaro o dimentico della “faglia” al proprio confine orientale – e che ci parla dei conflitti futuri, delle lotte post-pandemiche.

È quest’ultimo aspetto a farne un Evento, per chi lo ha vissuto in tutta la sua contraddittorietà e per chi lo ha seguito e cerca di trarne lezioni. Come scrisse di un altro Evento – si parva licet – il filosofo Alain Badiou, «non è solo l’intensità eccezionale del suo sorgere che conta – il fatto che si tratti di un episodio violento e creatore d’apparire – ma il fatto che, nella durata, questo sorgere, benché dileguato, abbia disposto come gloriose e incerte le sue conseguenze. Gli inizi sono misurati dalla loro possibilità di ricominciare».

Questa è la prima puntata del reportage di Andrea. Ce ne saranno due ma forse tre. Diciamo «reportage» perché riporta e fa rapporto (in ogni accezione del termine), non per affibbiargli un genere. È un testo ibrido: cronachistico, saggistico, lirico, psicogeografico, sociologico, teso a quel difficile esercizio che è la storia del presente. Sconsigliamo di ingurgitarlo al volo: merita attenzione, tempo dedicato.


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Paolo Cacciari: L’economia e l’ultimo giro di giostra

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L’economia e l’ultimo giro di giostra*

di Paolo Cacciari

253611349 101594140Perfino alla conferenza di Glasgow parlano di apocalisse climatica eppure non cambia nulla. Secondo Paolo Cacciari i motivi principali dell’inerzia e dell’ignavia dei principali governi del mondo sono due: «Da una parte la capacità delle lobby dell’industria dei fossili è ancora fortissima. Dall’altra la classe politica dirigente ha una paura matta di compiere scelte che potrebbero apparire “impopolari”. Preferiscono rischiare le catastrofi piuttosto che chiedere al loro elettorato di ridurre l’uso di aerei e crociere low cost, suv a diesel, il consumo di hamburger, vestiti e scarpe d’importazione, smartphone e altre cianfrusaglie inutili e dannose. Soprattutto non sanno come fare a continuare a “far girare” l’economia senza incrementare il volume e la velocità delle produzioni di merci… Ma è esattamente questa la sfida che i paesi industrializzati devono affrontare. Per farlo serve un “cambio di paradigma”, come si suol dire. Una riconsiderazione in radice delle teorie e delle pratiche economiche…»

* * * *

Siamo stati abituati a pensare che l’economia sia solo una e che sia anche l’unica modalità d’azione possibile per soddisfare i nostri bisogni. L’economia viene presentata come la disciplina (scientifica e pratica) che ci addestra ad “ottenere di più con meno”. Si dice che un sistema economico è efficiente quando massimizza i risultati con il minimo dispendio di energie fisiche. Tutto giusto, razionale e convincente. A patto però di chiarire bene e preliminarmente il contenuto dei termini dell’equazione. Quali sono i risultati che si vogliono raggiungere? Ovvero, quali sono i bisogni che si intendono soddisfare e a beneficio di chi? E poi: quali sono i mezzi che si intendono utilizzare? Quali le forze che si vogliono mobilitare?


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Michele Castaldo: A margine della Cop26 di Glasgow

lacausadellecose

A margine della Cop26 di Glasgow

di Michele Castaldo

"Quel che per te hai voluto per gli altri non desiderare"

Schermata del 2021 11 12 15 38 42Il famoso detto « Quel che per te non vuoi per gli altri non desiderare », attribuito a Gesù dall’evangelista Matteo, un principio di corretta reciprocità, ripreso da filosofi e poeti, sta subendo una metamorfosi in questi giorni con il G20 di Roma e la Cop26 di Glasgow che possiamo parafrasare così: “ Quel che per te hai voluto per gli altri non desiderare ”.

Cerchiamo di capire di cosa si tratta esattamente e da quali necessità, innanzitutto, nasce questa volontà dell’Occidente che nasconde non poche problematiche prossime venture per l’insieme dei rapporti sociali fra gli umani e di questi con il restante di tutte le altre specie che abitano questo sfortunato pianeta.

Di recente a Roma, nell’edificio detto La Nuvola di Fuksas all’Eur si sono svolti i lavori del G20, quelli formali e apparenti, perché – come si sa – quelli veri si svolgono altrove, nelle segrete stanze, dove gli occhi indiscreti del popolo non potranno mai arrivare. Ma la forza delle contraddizioni è ben più potente della capacità di contenimento delle pareti dei palazzi e tossisce, trova il modo di rumoreggiare e arrivare all’esterno e invitare chi è disposto ad ascoltare, a riflettere.

Il recente premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi ha rilasciato una intervista al Corriere della sera all’indomani della Cop26 di Glasgow, nella quale usa parole che suonano come macigni per un sistema sociale sempre più in crisi. Come si sa il Parisi non è un rivoluzionario e men che meno comunista, ma conosce la profondità del buon senso, quel buon senso d holbachiano tanto difficile da capire da chi è abituato a inseguire le lepri delle leggi impersonali dell’accumulazione capitalistica.


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Salvatore Tinè: La Rivoluzione d’Ottobre, oggi

marx xxi

La Rivoluzione d’Ottobre, oggi

di Salvatore Tinè

Ringraziamo Salvatore Tinè per questo importante scritto sull’ottobre ’17

Schermata del 2021 11 12 15 13 53La Rivoluzione d’Ottobre ha segnato certamente l’inizio di una nuova epoca della storia umana. Neanche più di trent’anni dopo la fine del primo stato socialista della storia sorto da essa possiamo dire che tale epoca si sia conclusa. La vittoria del potere sovietico nell’ottobre del 1917 in Russia e poi il conseguente gigantesco tentativo di costruzione di una nuova società ,fondata non più sui principi dell’anarchia del mercato e dello sfruttamento del lavoro salariato ma su quelli di una regolazione sociale, secondo un piano, dei processi collettivi di produzione e di riproduzione sociali, che avrebbe scandito il processo di costruzione del socialismo in URSS lungo l’intero arco del cosiddetto “secolo breve”, ha mostrato all’intera umanità, sul piano della storia reale, la possibilità oggettiva, concreta, di costruire una società radicalmente diversa e alternativa al sistema capitalistico, una volta distrutto il potere politico della borghesia e conquistata la direzione politica dello stato da parte della classe operaia e della sua avanguardia, il partito comunista. Soltanto dopo la vittoria dei bolscevichi le idee del socialismo e del comunismo si sono effettivamente trasformati, da prospettive lontane e indeterminate, in un possente movimento storico reale in una forza materiale destinata a segnare una svolta nella svolta nella storia del mondo e a mutarne per sempre natura e struttura.

Non a caso, la rivoluzione d’ottobre ha rappresentato un avvenimento di enorme importanza non solo nella storia del movimento operaio e rivoluzionario dell’Europa occidentale e orientale ma anche in quella della lotta di liberazione sociale e nazionale dei popoli oppressi contro il colonialismo e l’imperialismo che ha così radicalmente trasformato la struttura del mondo nel corso del secolo scorso e segnato di fatto alcune premesse fondamentale dell’odierna fase storica.


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Enrico Grazzini: La sfida strategica sulla moneta digitale: le monete globali dei colossi del web e le Central Bank Digital Currencies

economiaepolitica

La sfida strategica sulla moneta digitale: le monete globali dei colossi del web e le Central Bank Digital Currencies

di Enrico Grazzini

dollaLa moneta sta conoscendo un cambiamento epocale. A parte qualche eccezione, prima o poi la moneta di carta diventerà un oggetto da collezione. La nuova moneta diventerà completamente digitale, fatta di bit immateriali e intangibili. Già ora i pagamenti per il commercio elettronico vengono effettuati on line in maniera facile e conveniente con smartphone, personal computer, tablet, carte con chip. Sul piano tecnico ed economico le monete digitali offrono numerosi e sostanziali vantaggi: meno costi di produzione e di distribuzione rispetto alle banconote, più facilità e immediatezza d’uso, possibilità di regolare istantaneamente le transazioni, minori costi per commercianti e cittadini, possibilità di tracciare tutte le transazioni (anche se questo solleva immensi problemi di privacy) e quindi di contrastare efficacemente l’evasione fiscale, la criminalità, il riciclaggio e il terrorismo.

Il passaggio inevitabile dalla moneta cartacea a quella digitale modificherà certamente gli scenari competitivi attuali: non si sa se negli anni prevarranno le società globali del web, come Facebook o Alipay, o invece le banche centrali nazionali e i sistemi bancari tradizionali su base nazionale. La competizione potrebbe essere di tutti contro tutti: non solo i grandi oligopolisti della rete contro i sistemi bancari nazionali e gli stati sovrani, ma eventualmente anche le banche centrali nei confronti delle banche commerciali nazionali.

Si apriranno nuovi scenari concorrenziali per aggiudicarsi il potere sulle nuove monete e il potere sui clienti e sui loro dati. Il passaggio dalla moneta cartacea a quella digitale potrebbe fare fare un salto di qualità decisivo verso la privatizzazione del sistema monetario internazionale: o potrebbe al contrario aprire le porte alla moneta pubblica digitale nazionale.


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Il Rovescio: Sulla nave dei folli

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Sulla nave dei folli

di Il Rovescio

unnamedkjgh764dMai come in questo periodo ci sentiamo come il mozzo di cui parlava Theodore Kaczynski nel suo racconto La nave dei folli. La storia è nota. La nave – metafora della società tecno-industriale – sta procedendo verso degli iceberg su cui è destinata a frantumarsi. Il mozzo lancia l’allarme ai suoi compagni di viaggio, cercando di far capire loro che cambiare rotta è l’unica scelta che contiene tutte le altre (dove approdare e come cambiare i rapporti tra l’equipaggio; insomma quelle questioni di libertà, uguaglianza e solidarietà che si pongono agli umani fin da quando esistono il dominio, la gerarchia, lo sfruttamento). Il resto dell’equipaggio elenca i problemi a suo avviso ben più gravi e urgenti da risolvere: le differenze di salario, il razzismo, il sessismo, l’omofobia e la brutalità verso gli animali. Insistendo sul fatto che per cambiare la vita sulla nave è necessario che una nave ancora esista – e cioè che la priorità di cambiare rotta fa diventare secondarie tutte le altre giuste rivendicazioni – il mozzo diventa l’oggetto degli strali incrociati da parte dell’equipaggio: reazionario, specista, omofobo, sessista! Gli insulti risuonano ancora mentre la nave si frantuma contro gli iceberg e si inabissa.

Come nel precedente La società industriale e il suo avvenire (il cosiddetto manifesto di Unabomber, la cui paternità, a onor del vero, Kaczynski non ha né smentito né rivendicato) e nei successivi Colpisci dove più nuoce e Anti-tech revolution, la parte presa di mira è soprattutto la sinistra, rappresentata fino al parossismo dall’equipaggio della nave. Data la sua natura “sovra-socializzata”, riformista e progressista, la sinistra è condizionata secondo Kaczynski a diventare la principale stampella del tecno-capitalismo, il quale nasconde i propri programmi di disumanizzazione attraverso le sue seducenti promesse di superamento di ogni limite e di espansione dell’Io. Dire che ci siamo in pieno è oggi persino banale.


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Marco Montanaro: Mark Zuckerberg nel metaverso

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Mark Zuckerberg nel metaverso

di Marco Montanaro

metaverso 640x420Dovremmo esser grati ogni volta che altri esseri umani ci permettono di essere altrove grazie alle loro opere. Poeti, artisti, musicisti, registi, sceneggiatori. Da qualche decennio però il nostro altrove preferito è creato anche, forse soprattutto, da ingegneri, sviluppatori, CEO di piccole aziende divenute poi gigantesche, più importanti di interi stati e continenti.

Poco meno di trent’anni fa, l’altrove digitale si presentava come un carnevale notturno in cui si indossavano maschere – i nickname – e costumi piuttosto pittoreschi – gli avatar – per ballare in feste sconosciute e sovvertire, potenzialmente, le regole della vita di ogni giorno. Era tutto lentissimo, nettamente separato dalla nostra esperienza quotidiana da interfacce fisiche, prima ancora che virtuali, piuttosto ingombranti: modem, schermi e cassettoni di computer fissi, mouse, tastiere e tanti, tantissimi cavi.

Sul finire degli anni ’90 abbandonai i videogiochi, la mia primissima esperienza d’altrove digitale, per gettarmi a capofitto in quella prima internet di siti, forum, chat d’ogni sorta. Online potevi conoscere un sacco di gente, per quanto in incognito, che non avresti mai potuto incontrare nella vita reale. Persone verso cui, a parte rarissimi casi, non avevi alcuna responsabilità – proprio come in un videogioco.

Quella internet era molto utile in provincia, dove tutto sembrava distante dai centri della vita contemporanea, per sentirsi vivi. Per sentirsi vivi era fondamentale – nonché meraviglioso – smettere di essere sé stessi con la propria forma fisica, la propria faccia, i propri pensieri, la pesantezza della vita d’ogni giorno.


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Carlo Formenti: Storia dell'utopia neoliberale

perunsocialismodelXXI

Storia dell'utopia neoliberale

Con qualche considerazione finale sulle sinistre hayekiane

di Carlo Formenti

4386Quinn Slobodian è autore di un libro (Globalists. La fine dell’impero e la nascita del neoliberalismo, Meltemi editore) che mi è parso la più esaustiva e intrigante analisi che mi sia capitato di leggere sull’evoluzione delle teorie neoliberali nei sessant’anni che vanno dalla fine della Prima guerra mondiale alla riforma del GATT e alla successiva nascita del WTO. Slobodian ricostruisce le principali varianti teoriche di questa corrente di pensiero, i loro rapporti reciproci, l’influenza che hanno esercitato su governi nazionali e istituzioni economiche e accademiche internazionali; infine cerca di spiegare i motivi che ne hanno favorito il trionfo sul keynesismo e altre scuole di pensiero a partire dalla crisi degli anni Settanta.

Dalla lettura di questo lavoro si esce liberati da alcuni luoghi comuni. Come quello secondo cui il neoliberalismo sarebbe un paradigma socioeconomico relativamente recente, che avrebbe fatto il proprio esordio in occasione del colloquio Lippmann tenutosi a Parigi nel 1938, per poi consolidarsi con la fondazione della Mont Pelerin Society, avvenuta nel 1947. È vero che il termine neoliberalismo fu adottato per la prima volta nel 1938, tuttavia un gruppo organizzato di individui che condividevano un preciso insieme di principi, valori e idee all’interno di un comune quadro di riferimento intellettuale esisteva già da almeno vent’anni, per la precisione a partire dalla fine della Prima guerra mondiale, allorché nacque quella Scuola di Vienna che perfezionerà poi la propria visione attraverso la Scuola di Ginevra. Queste persone – Fra gli esponenti più noti figurano i nomi di von Mises, von Hayek, Ropke, Robbins, Haberler, Heilperin, Petersmann – condividevano un punto di vista preciso sulle linee generali da seguire per dare vita a un nuovo ordine mondiale, a partire dalla necessità di difendere l’economia globale dagli “eccessi” di una democrazia che rischiava di metterla in crisi, lanciando una sfida che il liberalismo classico non era in grado di gestire.


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tonino

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Nov 16, 2021, 8:28:09 AM11/16/21
to sante gorini

Appello: Unità per il Partito Comunista in Italia

lantidiplomatico

Appello: Unità per il Partito Comunista in Italia

720x410c50Siamo comuniste e comunisti.

Il possente vento reazionario, conservatore, nichilista che si è levato in questi ultimi decenni in Italia non ha mutato la nostra coscienza politica, non ci ha sospinti nella passività e nell’individualismo.

Non ci siamo arrese, non ci siamo arresi.

I grandi valori della lotta contro la guerra, dell’uguaglianza, della solidarietà, l’orrore dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla donna, tutto ciò che filosoficamente e politicamente è sintetizzabile nella gloriosa parola “comunismo”, segnano e segneranno per il domani la nostra vita, il nostro pensiero, il nostro impegno.

Siamo compagne e compagni italiani.

Non ci siamo mai pentiti della nostra scelta di vita.

Siamo convinti sostenitori della Rivoluzione d’Ottobre, della sua vittoria sul nazifascismo, di tutti i grandi moti rivoluzionari, antimperialisti e anticolonialisti che dall’Ottobre sono scaturiti; il movimento anti-colonialista in Africa e in Asia, la Rivoluzione Cinese, la Rivoluzione Cubana, la lotta per l’indipendenza del popolo coreano, le conquiste sociali e civili in Occidente su spinta del movimento operaio, la vittoria del popolo e del Partito Comunista del Vietnam, il grande e decisivo ruolo del Partito Comunista del Sud Africa nella lotta vincente contro l’apartheid, di ogni grande lotta di liberazione che il movimento comunista mondiale, nel suo insieme, ha condotto e tuttora, con grande energia, conduce su scala planetaria.


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Andrea Zhok: La cultura della cancellazione: atto finale

antropologiafilosofica

La cultura della cancellazione: atto finale

di Andrea Zhok

colomboAccade alle volte che, parlando con amici, taluni si rammarichino del tempo e delle energie che vengono consumate nel seguire l’attuale vicenda gravitante intorno alla certificazione verde. A loro avviso chi se ne occupa starebbe cadendo in un’operazione di distrazione di massa, mentre il governo metterebbe mano alle questioni che contano.

Ora, questa tesi ha dei meriti. In particolare ricorda che il nucleo degli interessi delle élite economiche, che ci guidano per interposto governo, non sta né nella questione sanitaria, né nell’implementazione della certificazione in questione. Questi sono mezzi, non fini.

Tuttavia credo anche che questa tesi sia in ultima istanza profondamente erronea.

Queste obiezioni ripercorrono reiterate discussioni avute negli anni, nei lustri, scorsi, in cui simile rammarico andava invece ad altre questioni, che parimenti incontravano il loro sostanziale disinteresse: le questioni relative al cosiddetto “politicamente corretto”.

Anche lì l’idea era che prendere quei temi troppo sul serio fosse una perdita di tempo, una distrazione, una caduta nel sovrastrutturale, laddove la sostanza dell’analisi economica andava perduta di vista.

Ciò che – certamente per limiti personali – non riuscivo a far intendere allora è che il cuore problematico nell’espansione di quell’orientamento culturale (il “politically correct” con i suoi addentellati) doveva essere inteso come una questione di metodo, a prescindere dalle specifiche questioni in oggetto, dalle specifiche richieste, dagli specifici divieti.


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levboban: La necessità come spettro del possibile

circolointernazionalista

La necessità come spettro del possibile

di levboban

Dal saggio La scienza probabilistica della rivoluzione, in appendice al testo di Roman Rosdolsky. Il ruolo del caso e dei «grandi uomini» nella storia

mouigy4dCome scriveva Robert Havemann, al di là delle interpretazioni idealistiche che se ne danno

la meccanica quantistica non contesta che tutti i fatti, anche se il loro attuarsi non è completamente determinato da fatti precedenti, hanno pur sempre una causa dimostrabile. Nulla avviene in mancanza assoluta di cause. Nei fatti si può sempre dimostrare una catena causale. Non si tratta di chiedersi se questa catena può essere dimostrata, ma se la catena causale già accertata sia l’unico nesso possibile. [1]

Havemann, sulla scorta di Hegel, ci fornisce una interessantissima spiegazione del concetto di necessità, che crediamo trovi conferma nelle moderne scoperte della fisica

Ciò che è reale deve essere possibile. La cosa sembra ovvia. Ma Hegel [dice]: se un fatto è possibile, possiamo definirlo possibile solo se può accadere o può anche non accadere. La parola “possibile” ha in sé un singolare grado d’incertezza, dovendo significare che questa cosa può bene accadere, ma non deve accadere. Hegel conclude: i fatti reali sono caratterizzati dal fatto che, in quanto possibili, essi sono solamente fatti che possono accadere o anche non accadere, e al loro posto possono subentrare altri fatti, ugualmente possibili. Hegel dice poi: le possibilità realmente esistenti nella natura non sono casuali. Ciò che è possibile, è determinato per necessità. Le leggi del mondo e dei fenomeni stanno nel possibile. L’impossibile è distinto dal possibile per necessità assoluta, senza alcuna casualità. [2]

Ciò significa che il necessario è lo spettro del possibile; e il caso? Qual è il suo ruolo?

Havemann prosegue:

Hegel dice: il possibile è determinato per necessità. Esso è stabilito secondo leggi. Scoprire le leggi che determinano il reale significa conoscere ciò che è possibile. Hegel ne conclude: ma se una cosa è determinata secondo legge e per necessità soltanto come una cosa possibile, allora essa nella realtà può apparire solo casualmente. Poiché, come semplice possibile, può accadere o non accadere, essa, se accade, non accade per necessità ma solo casualmente. [3]


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Carlo Clericetti: Privatizzazione dei servizi, un furto senza destrezza

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Privatizzazione dei servizi, un furto senza destrezza

di Carlo Clericetti

Il ddl sulla concorrenza disegna un settore pubblico a cui è praticamente vietato gestire qualsiasi cosa, anche i monopoli naturali. Ma il sistema delle concessioni è strutturalmente più costoso della gestione pubblica e praticamente ingestibile: i controlli, nella pratica, sono impossibili. E allora perché? Per ideologia e per favorire un capitalismo al riparo dalla concorrenza

Il provvedimento sulla concorrenza è pessimo quanto ci si poteva aspettare. Disegna un settore pubblico a cui è praticamente vietato gestire qualsiasi cosa, anche i monopoli naturali. Il suo compito deve essere esclusivamente quello di stabilire le regole e controllare: poco importa che l’esperienza abbia dimostrato chiaramente che questo surrogato del mercato non ha funzionato quasi mai, è costoso e può portare a disastri come quello del Ponte Morandi. E quando accadono, con un rovesciamento della logica, si dà la colpa allo Stato “che non ha controllato”.

L’affidamento ai privati della gestione di servizi tradizionalmente forniti dal settore pubblico (che per semplificare chiameremo Stato, anche quando si tratta di altre sue articolazioni come ad esempio i Comuni, le Regioni, le Authority) è motivato essenzialmente da due variabili.


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Salvatore Bravo: I filosofi e l’idra del dominio

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I filosofi e l’idra del dominio

di Salvatore Bravo

La verità si svela nel tempo, ci sono filosofi che vivono e pensano il travaglio del proprio tempo storico, hanno il coraggio di “pensare il noto del proprio tempo” e di non arretrare. Concettualizzare il proprio tempo è attività filosofica e politica, il filosofo pensa il proprio tempo per astrarne l’universale concreto, per porre in tensione universale e particolare.

Senza verità non vi è filosofia, non vi è filosofo: non resta che un accademico uso di linguaggi specialistici che non comportano effetti trasformativi della realtà sociale.

Senza verità non vi è politica, ma solo conservazione e comportamento ideologico. La filosofia è giudizio riflettente che prepara la prassi, la trasformazione di sé e del contesto sociale. La prassi necessita della teoria: si costituisce così una relazione feconda tra teoria e prassi che conduce alla responsabilità politica. La prassi filosofica è vita comunitaria che ha cura del singolo nella comunità, in modo che le soggettività possano vivere pienamente la propria indole singolare senza scindere la relazione con l’universale. L’attività filosofica è, dunque, dialettica, deve attraversare la contraddizione del proprio tempo, deve ricondurre alla pubblica ragione ciò che la pigrizia emotiva e cognitiva rimuovono in nome del quieto vivere.


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comidad: La guerra per il Quirinale e per l'autonomia differenziata

comidad

La guerra per il Quirinale e per l'autonomia differenziata

di comidad

L'emergenza è il doping del potere, ma anche l’emergenzialismo permanente ha i suoi inconvenienti. I “costituzionalisti” come Cassese e Zagrebelsky ci hanno fatto sapere che tutte le garanzie legali possono essere azzerate in base ad espedienti retorici come il richiamo alla “solidarietà” o al “giuridico indifferenziato”, perciò non ci sono più regole a cui riferirsi, solo arbitrio dispotico. Ma se si dichiara che non ci sono più regole da violare caso per caso, allora quello che chiamiamo “Stato” non può neanche più barare: è infatti la legalità a determinare la possibilità di quella rendita di posizione che è l’illegalità, principalmente l’illegalità di Stato. Se scompare il miraggio della legalità, il baro per antonomasia, lo Stato, non può più ingannare nessuno.

Con candore estremo la commissione parlamentare antimafia ci ha comunicato che i lockdown hanno determinato una concentrazione forzosa di capitali a favore del crimine organizzato; e quindi anche della finanza globale, dato che i proventi della criminalità mafiosa, per potersi “lavare”, devono rientrare nei circuiti finanziari internazionali.


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Nadia Netti: Com'era verde la mia COP26

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Com'era verde la mia COP26

di Nadia Netti

L'argomento che gli Stati Uniti e altri Paesi ricchi hanno sostenuto questa settimana è che l'obiettivo principale degli investimenti pubblici sul clima dovrebbe essere quello di trasformare i progetti climatici estremamente necessari in investimenti redditizi, assumendosi il rischio che le aziende private non sono disposte a correre per salvare il mondo. Il vero obiettivo della "transizione ecologica" non è mai stato ridurre le emissioni, bensì generare elevati rendimenti dalle attività a minori emissioni.

Il settore privato è già sulla buona strada per risolvere la crisi climatica.

Questo, almeno, è ciò di cui i funzionari dell’amministrazione Biden che partecipano alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, o COP26, questa settimana stanno cercando di convincersi mentre in casa affrontano la sconfitta legislativa Delle proposte di spesa per il clima della Casa Bianca.

Cedendo all’ottimismo, l’inviato internazionale per il clima John Kerry ha fatto esplicito riferimento al ruolo di mero operatore derisking che lo Stato assumerebbe per agevolare gli investimenti, ruolo molto ben descritto dalla professoressa Daniela Gabor, secondo i dettami di quello che lei stessa definisce il Wall Street Consensus.


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Mike Watson: Per una flânerie memetica

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Per una flânerie memetica

Intervista a Mike Watson nel segno di Mark Fisher

Eudald Espluga intervista Mike Watson

In occasione della pubblicazione del nuovo libro di Mike Watson «Memeing of Mark Fisher» (Zero Books, 2021), proponiamo un’intervista all’autore realizzata da Eudald Espluga. In questo libro Watson fa incontrare la Scuola di Francoforte con le teorie di Mark Fisher, con l’obiettivo di costruire un movimento politico e culturale di sinistra, all’altezza delle trasformazioni tecnologiche, percettive ed emotive del mondo contemporaneo. L’intervista è stata tradotta per noi da Emanuele Riccomi

Vorrei partire da una domanda per capire meglio come sia nato questo libro: quando e perché ti sei interessato ai meme su Mark Fisher?

Ho conosciuto il lavoro di Mark Fisher quando scriveva sul suo blog K-Punk, prima ancora che pubblicasse Realismo capitalista. Era molto aperto a collaborare e a dialogare con chiunque lavorasse per una politica socialista e ha incoraggiato molti giovani in quel periodo. La maggior parte di questi confronti e di questi scambi avveniva online sia attraverso il suo blog sia tramite email e pagine Facebook di meme. C’era una comunità di teorici che usava molto i blog e questo sistema ha consentito a tante persone di conoscerne le idee e di confrontarsi direttamente con studiosi come Fisher stesso.


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Marzia Maccaferri: Gramsci globale

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Gramsci globale

di Marzia Maccaferri*

L'autore italiano più citato al mondo ha violato l'ortodossia marxista e problematizzato il rapporto tra cultura e potere, tra politica ed economia, tra rivoluzione e restaurazione. Ecco come il suo pensiero si è diffuso in tutto il pianeta

gramsci jacobin italia 1536x560Antonio Gramsci non ha bisogno di presentazioni. Il pensatore politico antifascista è uno degli autori italiani più citati – sicuramente il marxista italiano più citato di sempre – e uno dei filosofi marxisti più celebrati del Novecento.

Gran parte del fascino di Gramsci risiede nella storia della sua vita e della sua morte prematura, divisa tra lotta politica e impegno intellettuale, tra la prigione di Benito Mussolini e le occupazioni di fabbrica, e nel suo status unico all’interno della tradizione marxista. Gramsci ci ha lasciato trentatré quaderni, scritti a mano in carcere e pieni di oltre duemila riflessioni, annotazioni, allusioni e traduzioni. Alla sua leggenda duratura contribuiscono anche la natura frammentaria delle sue opere e il destino avventuroso, persino misterioso, del recupero e della pubblicazione dei taccuini da parte del Partito comunista italiano all’inizio della Guerra fredda.

Gramsci è stato il primo marxista a sostenere che la cultura non è semplicemente espressione delle relazioni economiche sottostanti ma, soprattutto, uno degli elementi dell’egemonia, che ha descritto come il processo di costante rinegoziazione del potere e dell’ideologia mutevole che definisce la politica moderna e le società capitalistiche. La sua analisi raffinata del potere sociale come elemento più complesso di una semplice questione di dominio e subordinazione, in cui le istituzioni e la produzione culturale di massa popolare e letteraria giocano un ruolo sottile, ha potuto funzionare in tutto il mondo, dall’India all’Argentina, dalla Spagna e al continente africano e dagli Stati uniti alla Gran Bretagna.


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Franco Romanò: La speranza possibile: riflessioni rapsodiche sulle Tesi di Benjamin

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La speranza possibile: riflessioni rapsodiche sulle Tesi di Benjamin

di Franco Romanò

oipLe tesi sulla storia sono un testo estremo, scritto di getto, eppure in sintonia con una riflessione che viene da lontano: il biennio 1939-40 offrì al filosofo l’occasione propizia per renderle pubbliche. Perché riprenderle oggi? Anche noi ci troviamo in un passaggio epocale e da questa considerazione è nata l’idea di una riflessione su di esse, cercando di leggerle per così dire contropelo, cioè dal lato che sembra più improbabile per uno scritto così estremo e disperato: il lato della speranza1.

Benjamin parte da una critica radicale dello storicismo.

Dalla Tesi settima. Traduzione da L’ospite ingrato. Foustel de Coulange raccomanda, allo storico che vuole rivivere un’epoca, di togliersi dalla testa tutto ciò che sa del corso successivo della storia. Meglio non si potrebbe designare il procedimento con il quale il materialismo storico ha rotto. È un procedimento di immedesimazione emotiva. La sua origine è l’ignavia del cuore, l’acedia, che dispera d’impadronirsi dell’immagine storica autentica, che balena fugacemente. Per i teologi del Medioevo era il fondamento della tristezza. La natura di questa tristezza diventa più chiara se ci si chiede con chi poi propriamente s’immedesimi lo storiografo dello storicismo. La risposta suona inevitabilmente: con il vincitore. … L’immedesimazione con il vincitore torna perciò sempre a vantaggio dei dominatori di turno … Chiunque abbia riportato fino ad ora vittoria partecipa al corteo trionfale in cui i dominato ridi oggi passano sopra quelli che oggi giacciono a terra. Anche il bottino, come si è sempre usato, viene trasportato nel corteo trionfale. Lo si designa come il patrimonio culturale. Esso dovrà tener conto di avere nel materialista storico un osservatore distaccato … Tutto ciò deve la sua esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che l’hanno fatta, ma anche al servaggio senza nome dei loro contemporanei.


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Matteo Bortolon: Crisi del Covid-19, finanza, oligarchia: appunti per una battaglia antiegemonica

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Crisi del Covid-19, finanza, oligarchia: appunti per una battaglia antiegemonica

di Matteo Bortolon

Bevilacqua primo articoloLa necessità di individuare la traiettoria strategica del sistema dominante in relazione agli sviluppi della crisi del COVID-19 è una urgenza improrogabile. La misura delle mutazioni in atto è tale da far parlare di una Grande Trasformazione quale fu individuata da Polanyi negli anni Quaranta. Anche se tale valutazione fosse esagerata, per comprenderne la reale portata occorre una visione critica rigorosa e razionale, capace di costruire un posizionamento forte contro le manovre dell’oligarchia al comando.

Ci sono pochi dubbi che il mondo della finanza e dell’economia siano al centro di esse. Ovviamente la gestione della pandemia poteva essere assai diversa, sia in termini di scelta nelle misure di contenimento che di preferenza rispetto agli interessi da tutelare. In effetti, se le modalità differiscono grandemente da Stato a Stato, il tentativo di salvare gli interessi dominanti è generale, lasciando sul campo un amplificazione della diseguaglianza, come riporta senza eufemismi la stessa Banca dei Regolamenti Internazionali. Tale generalità tuttavia va tenuta assieme alla forte rivalità geopolitica, commerciale e militare fra le maggiori potenze – senza esclusione di colpi, fra cui golpe, dislocazioni di truppe e vere e proprie operazioni belliche – il che rende abbastanza improbabile una strategia unitaria che possa sussumere e bypassare i differenti interessi nazionali. Ma allora quali sono i tratti comuni?

 

Il peso della finanza

Da diversi anni una pubblicistica militante denuncia la “dittatura della finanza”, ed i guasti da essa provocati. Si tratta di una ampia letteratura che spazia da complottismi abbastanza arditi ad analisi sociologiche più sottili, generalmente incentrati sulle figure apicali delle dinamiche di accumulazione finanziaria che intascano fantastici guadagni acquisendo un potere fuori da controlli democratici: hedge fund, equity, fondi pensione, fondi-avvoltoio, investitori internazionali e banche di investimento.


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Riccardo Petrella: La nuova conquista coloniale della vita è cominciata

antropocene

La nuova conquista coloniale della vita è cominciata

di Riccardo Petrella

Una “rivoluzione” perversa. Il 7 dicembre scorso è toccato alla compagnia privata che gestisce la Borsa di Chicago di dare l’avvisaglia aprendo all’acqua in California, per la prima volta, un prodotto finanziario speculativo, un “futures”. Essendo l’acqua buona per usi umani considerata oramai un elemento naturale vitale sempre più scarso, la finanza è intervenuta allo scopo, hanno detto, di “governare “ la penuria idrica assicurando alle imprese grandi utilizzatrici d’acqua (imprese agricole, viticultori, bevande dolci/gassate….) la disponibilità d’acqua grazie alla selezione degli usi operata dal prezzo dell’acqua stabilito dalla speculazione (com’è il caso del petrolio, dell’oro, del grano….).

A metà ottobre 2021, prima della tenuta della COP15 sulla biodivesità e la conservazione della natura e a pochi giorni prima dell’inizio (3 novembre) della COP26 sul clima e l’ambiente, i gestori della Borsa di Wall Street a New York hanno lanciato una nuova categoria di attivi finanziari sull’insieme degli elementi della natura. Stesso scopo, stessa pretesa: vista la degradazione della natura, la drastica riduzione della biodiversità, i rischi di ulteriore rarefazione massiccia delle “risorse” naturali per l’economia e la “crescita economica”, la finanza mondiale privata si dà il ruolo di “salvatrice” assumendo la responsabilità di regolare in maniera efficace e sostenibile, dicono, la gestione del mondo naturale attraverso la sua appropriazione/monetizzazione.


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Marco Bersani: Assalto alla democrazia

comuneinfo

Assalto alla democrazia

di Marco Bersani

Il pranzo è servito e il governo Draghi – non contento di aver imposto un Parlamento embedded, totalmente allineato alle sue scelte politiche sul post pandemia – prova a risolvere anche l’altro polo del problema, rappresentato dal conflitto sociale. Saranno vietati i cortei nei centri storici delle città, in tutte le vie dei negozi e in prossimità dei punti sensibili. E, come se non bastasse, laddove non ci siano «particolari esigenze e garanzie» – chi le stabilisce? – saranno vietati i cortei in quanto tali e permesse solo manifestazioni statiche e sit-in. La pandemia ha messo in evidenza tutte le contraddizioni e la generale insostenibilità di un modello di società basato sull’economia del profitto. Il governo Draghi si è imposto il compito di proseguire con quel modello costi quel che costi

Come nel più prevedibile dei copioni di teatro, dopo aver sapientemente preparato il terreno per un paio di mesi, il cerchio si chiude e il governo Draghi-Lamorgese porta l’affondo finale: nell’Italia della ripresa-resilienza sarà vietato manifestare.

L’esito è stato preparato attraverso diverse tappe.

La prima avviene il 9 ottobre, quando una “sconsiderata” gestione dell’ordine pubblico a Roma permette un assalto di gruppi neofascisti alla sede nazionale della Cgil, dopo averlo annunciato due ore prima dal palco di Piazza del Popolo.


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Il Pungolo Rosso: Il “governo dei migliori” poliziotti

ilpungolorosso

Il “governo dei migliori” poliziotti

di Il Pungolo Rosso

Con la benedizione del gran sacerdote Mattarella, è arrivato il divieto dei cortei nel centro delle città, sotto o vicino ai palazzi del potere, che vanno blindati dalla protesta sociale, e operaia in particolare. La cosa era nell’aria da giorni. Per l’esattezza dal venerdì 15 ottobre quando per la prima volta dal loro inizio, le proteste “no green pass” erano state rafforzate, e in parte cambiate di segno, da primi contingenti di operai e proletari organizzati di alcuni porti del Nord, dell’Elettrolux di Susegana e di altre fabbriche del Triveneto e dell’area torinese, di diversi magazzini della logistica. Fino a quel momento prima le manifestazioni “no vax”, poi quelle “no green pass” erano state lasciate libere di fare questo e quello, come non è successo una sola volta, fosse pure per sbaglio, alle dimostrazioni dell’opposizione di classe. Libere perfino di assaltare e semi-sfasciare la sede centrale della CGIL, col cortese accompagnamento della polizia di stato.

Ma il pericolo di vedere bloccata, anche solo in piccolissima parte, la produzione e la circolazione delle merci da settori della “classe indispensabile” – questo no! E tanto più in una protesta contro uno strumento divisivo e repressivo quale il lasciapassare finto-sanitario.


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Anna Lombroso: Da oggi è vietato essere cittadini

ilsimplicissimus

Da oggi è vietato essere cittadini

di Anna Lombroso

Più di 200 contagiati a Trieste dopo le proteste al porto, i commercianti furenti a Milano paralizzata dai cortei da 16 sabato di fila e Roma ancora sotto choc per le manifestazioni di un mese fa con l’attacco alla sede dalla Cgil”. Così la stampa motiva la stretta del Viminale sulle manifestazioni ‘no pass’: “Concessi solo sit-in e fuori dai centri storici“, si legge in una nota del sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia. “Vista la risalita dei contagi saranno anche intensificati i controlli sul Green pass. Vanno mantenute le misure di prevenzione in atto e le persone devono essere incentivate a vaccinarsi… Ne va della salute pubblica e dell’economia del Paese“.

Di fronte al grido di dolore della Confcommercio: persi 10 milioni per via dei teppisti nel quadrilatero della moda a Milano e all’allarme di Riccardi in visita pastorale nei lazzaretti friulani, saranno dunque proibiti i cortei nei centri storici delle città, in tutte le vie dei negozi e in prossimità dei punti sensibili e laddove non ci siano “particolari esigenze e garanzie” la Ministra Lamorgese indica come alternativa dadaista manifestazioni statiche e sit-in post futuristi affrancati dai miti del moto e della velocità.


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Franco Berardi Bifo: Squid Age?

operaviva

Squid Age?

di Franco Berardi Bifo

Quando un virus si diffuse dapprima nella biosfera umana mutando rapidamente in info-virus e infettando mese dopo mese la psicosfera, pensammo dapprima che l’epoca neoliberale fosse prossima alla conclusione. Gli umani stavano affrontando un nemico comune cui la privatizzazione della sanità aveva aperto le porte, e questo predisponeva gli umani ad una certa solidarietà. Era un’illusione. Quando il vaccino è comparso sulla scena, l’affratellamento scomparve e la razza dominante si impadronì del siero salvatore. Il vaccino che a noi del nord del mondo viene imposto come lasciapassare per il ristorante e per il lavoro, viene però negato a chi non ha i soldi per pagarselo, nel sud del mondo.

Le grandi compagnie farmacologiche, sostenute dal ceto politico occidentale moltiplicano i loro profitti grazie al sequestro di un bene comune che è stato finanziato dagli stati, prodotto da lavoratori salariati della ricerca, e appropriato abusivamente dalle agenzie finanziarie che possiedono le azioni di Big Pharma.


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tonino

unread,
Nov 20, 2021, 3:33:19 AM11/20/21
to sante gorini

cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta” 

Lotta antimperialista e Internazionale comunista

Alessandro Testa intervista Epiro 1940

Con lo pseudonimo Epiro 1940 ha risposto alle domande di "Cumpanis" un noto docente, saggista ed analista geopolitico ed economico italiano

Immagine primo Editoriale Intervista Demostenes
              Floros 1020x1024D. In questa fase storica, stiamo assistendo all’esplodere di innumerevoli contraddizioni in seno al capitalismo, contraddizioni di quelle che Lenin definì magistralmente “l’imperialismo, fase suprema del capitalismo”. Dal tuo punto di vista, quali sono i punti salienti della situazione odierna per ciò che concerne la situazione politico-economica?

R. In primo luogo, credo sia importante riportare la definizione di Imperialismo che Vladimir Ilic Uljanov, detto Lenin, diede nel 1916: “stadio monopolistico del capitalismo”.

Ad essa, il padre della rivoluzione bolscevica associò cinque tesi:

I. La concentrazione della produzione e del capitale (il secondo è l’aspetto preponderante) con conseguente formazione dei monopoli;

II. La fusione del capitale bancario col capitale industriale (con tendenziale prevalenza del primo sul secondo) e conseguente creazione di una oligarchia finanziaria;

III. Il prevalere dell’esportazione di capitali su quella delle merci;

IV. La nascita di associazioni monopolistiche transnazionali;

V. La ripartizione della terra tra le più grandi potenze capitalistiche (aspetto militare).

A mio avviso, tutti i “cinque i principali contrassegni” suggeriti al tempo da Lenin mantengono tutt’ora la loro validità, anche se andrebbero profondamente aggiornati in base alla realtà attuale.

Desidero suggerire qualche spunto di riflessione in merito alla centralizzazione della produzione e del capitale in questa fase di ripresa del processo di accumulazione dopo le crisi del 2007-09 e 2020, se non altro per le implicazioni politiche che ne conseguono.


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Gianfranco Ferraro: Città e villaggi globali: la globalizzazione come utopia

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Città e villaggi globali: la globalizzazione come utopia

di Gianfranco Ferraro

Pubblichiamo l’articolo di Gianfranco Ferraro dal titolo “Città e villaggi globali: la globalizzazione come utopia” uscito nel n. 5/2021 della nostra rivista semestrale

Schermata 2021 11 14 alle 15.16.26Abstract: La storia delle globalizzazioni è da sempre intrecciata ad una utopia. La globalizzazione imperialistica dell’impero portoghese a quella del sebastianismo, la globalizzazione imperialistica francese a quella dell’universalismo, la globalizzazione imperialistica inglese a quella del mercato liberale. Ogni globalizzazione ha rappresentato d’altro canto la propria utopia attraverso una città, generalmente la città capitale dell’impero, che si fa città-mondo, e sul cui modello pretende di plasmare lo stesso mondo globalizzato su cui esercita il suo potere. Se l’archetipo storico di questo legame tra città globale e globalizzazione è Roma, ogni impero ha tentato di fare della propria capitale il modello sul quale disegnare la sua forma di globalizzazione. L’attuale processo di globalizzazione economica non sembra fuoriuscire troppo da questa tradizione, pur con una importante novità: essendo una globalizzazione multicentrica, non vi è una sola città che si fa mondo, ma una pluralità di città, connesse tra loro e omogenee nella forma. La stretta connessione tra queste città globali, così come lo sviluppo di tecnologie comunicative digitali costituiscono, infine, l’utopia realizzata di un «villaggio globale», secondo l’espressione di Marshall Mac Luhan. Analizzare l’utopia dell’attuale processo di globalizzazione significa, pertanto, comprendere il legame tra le sue città globali e la forma del mondo interconnesso come villaggio globale.

* * * *

Globalizzazione, mondializzazione, glomerizzazione

Due processi, su tutti, appaiono come i più rilevanti degli ultimi trent’anni: da una parte lo sviluppo accelerato di forme di trasporto che, a un costo ridotto rispetto a quello che dovevano sostenere altre generazioni, consentono di connettere località distanti in poche ore di volo; dall’altro lo sviluppo delle reti di comunicazione digitale, che permettono di informare e comunicare in tempo reale, velocizzando scambi economici e comunicazioni.


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Antonio Miglieruolo: Louis Althusser: affabulatore, filosofo e militanteMauro

labottegadelbarbieri

Louis Althusser: affabulatore, filosofo e militante

di Mauro Antonio Miglieruolo

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L’interesse personale sui lavori di Louis Althusser (nato nel 1918 nei pressi di Algeri, morto a Parigi nel 1990) è data dai compiti che, in quanto filosofo e militante, si era proposto ed è riuscito a realizzare. È la necessità di questi compiti che lo determina in quanto intellettuale. Riuscire a farsi comprendere: il rigore e la precisione dei concetti, fa tutt’uno con lo stile scelto per esprimerli. L’emergenza di tale necessità valorizza Althusser in quanto filosofo ma un filosofo del tutto particolare. Perché il problema (suo e nostro) non è di produrre (o leggere) filosofia, ma di prendere posizione in filosofia; nonché di fornire – a chi legge – gli strumenti affinché a sua volta possa prendere posizione in filosofia. Che per Althusser è lo stesso che prendere posizione all’interno della lotta fra le classi, la filosofia essendo uno dei tanti terreni su cui borghesia e proletariato si affrontano in vista di scontri a un livello sempre più alto.

Essendo il suo scopo immediatamente politico il linguaggio, di conseguenza, è il più semplice che possa sussistere (senza impoverire i concetti elaborati). Collocandosi con coerenza ed efficacia all’interno della combinazione della triade “precisione, chiarezza, rigore logico” le sue pagine diventano perciò accessibili a chiunque sia in possesso della cultura media degli acculturati (quali quelle che può fornire la frequentazione di una scuola secondaria, più qualche lettura marxista); nonché a chiunque provi l’urgenza di capire e abbia la caparbietà necessaria per affrontare le piccole fatiche che comporta leggerle: chiunque abbia la voglia di farlo nonostante non si tratti di pagine volutamente e apertamente ludiche; essendo comunque consapevole che al termine della lettura, nonostante i numerosi distinguo, gli incisi e le sottigliezze teoriche (che Althusser non si risparmia e non ci risparmia) si finirà con il venirne comunque a capo. Il complotto verrà smascherato, l’assassino assicurato alla legge.


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Giovanni Andreozzi: Hegel dopo Losurdo: libertà e ontologia dell’essere sociale

materialismostorico

Hegel dopo Losurdo: libertà e ontologia dell’essere sociale

di Giovanni Andreozzi (Università di Urbino)

 1478421496 carlomattioli1. Losurdo e Hegel

È possibile parlare, a proposito di Domenico Losurdo, di una filosofia della storia. Questa non è ovviamente intesa come una secolarizzazione della storia della provvidenza, o come spinta messianica dell’apocalissi e dell’apocatastasi, ma, in senso hegelo-marxiano, come un’interpretazione tesa a restituire la complessità del reale, nel leggere insieme piano storico e piano teoretico-culturale-politico.

Come nota giustamente Azzarà, «il retroterra delle produzioni sul liberalismo e sul nesso tra liberalismo e conservatorismo va rinvenuto negli studi che Losurdo aveva condotto per lunghi anni sulla filosofia classica tedesca»1. È nella lettura comparativistica della storia della filosofia, in ispecie della storia della filosofia del XVII e XVIII secolo, che Losurdo individua, da parte della filosofia classica tedesca, l’elaborazione di quelle categorie universali (in primis la libertà) volte alla comprensione della realtà e delle sue trasformazioni.

La lettura comparatistica non è una semplice prova di cultura storica; ancor meno un diletto che Losurdo troverebbe nelle sue innumerevoli digressioni, talvolta anche cronachistiche. Il metodo comparatistico, uno stile presente in tutte gli studi di Losurdo, indica piuttosto lo sforzo concreto di mettere in esame continuo i presupposti dell’analisi. Ciò non solo per evitare conclusioni frettolose ma anche per mostrare come ogni autore possa assumere atteggiamenti diversi nel corso della propria vita e come questi cambiamenti non siano semplici scelte soggettive ma vadano inquadrate anch’essi nella concreta situazione storica.

Uno tra i molti esempi è l’atteggiamento che Hegel assume nei confronti di Federico II. Per comprendere questo atteggiamento è necessario, seguendo il ragionamento di Losurdo, compiere qualche considerazione preliminare sulla concezione hegeliana della monarchia.


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Sebastiano Isaia: Il virus e la nudità del dominio II /2021

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Il virus e la nudità del dominio II /2021

di Sebastiano Isaia

priv«Io, d’altra parte, vorrei cogliere l’occasione per chiedere espressamente svantaggi sociali per tutti coloro che rinunciano volontariamente alla vaccinazione. Che l’intera Repubblica punti il dito contro di loro» (Nikolaus Blome, Der Spiegel).

«Il senso comunitario delle masse abbisogna, per essere compiuto, dell’ostilità contro una minoranza estranea, e la debolezza numerica di questi esclusi invita all’opprimerli» (S. Freud, Mosè, il suo popolo e la religione monoteistica, 1938).

Tanto per esser chiari!

Non sono né un anti No Vax né un anti Sì Vax: sono un anticapitalista. Sono cioè soprattutto un nemico di questa Società-Mondo che ha generato la crisi sociale che chiamiamo Pandemia e che ha creato le condizioni perché divampasse la miserabile guerra tra No Vax e Sì Vax (due facce della stessa disumana medaglia), tra malati e non malati, tra giovani e vecchi, tra lavoratori del pubblico impiego (“garantiti” per definizione) e lavoratori delle aziende private, tra chi lavora e chi non lavora, e così via lungo faglie e micro faglie sociali e generazionali. È la guerra di tutti contro tutti. Da questa prospettiva chi spara a palle incatenate contro i No Vax piuttosto che contro i Sì Vax mi appare politicamente, intellettualmente e umanamente inconsistente e per molti versi anche ridicolo. In conclusione, il mio nemico è il rapporto sociale capitalistico di dominio e di sfruttamento, non il No Vax o il Sì Vax, vittime entrambi di condizioni sociali altamente disumane, ostili (anche alla nostra salute fisica e psichica) e irrazionali – nonostante il gran uso che questa società fa della tecnoscienza.

Personalmente mi sono vaccinato non per il bene di un’astratta (e dunque inesistente) umanità, e, ancor meno, per il bene del Paese (cioè delle classi dominanti), ma per non ammalarmi e per non contagiare, almeno in forma grave, gli altri, a cominciare dalle persone a me care.


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Bollettino Culturale: La lettura negriana della rivoluzione keynesiana

bollettinoculturale

La lettura negriana della rivoluzione keynesiana

di Bollettino Culturale

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            keynesNel modo di produzione capitalistico il fordismo si è combinato con il taylorismo, sebbene non siano la stessa cosa. Quest'ultimo può essere definito come una tecnica per razionalizzare il processo lavorativo con un effettivo guadagno di produttività attraverso la scomposizione e massificazione della forza lavoro. Utilizza la semplificazione dei compiti del lavoratore e la loro esecuzione sotto forma di gesti e movimenti ripetuti. Associato al taylorismo, il fordismo si affermò dando origine a quello che Antonio Gramsci definì “un nuovo tipo di lavoratore”.

Con il consolidamento del fordismo, il proletario divenne l'operaio senza attributi, con la funzione di integrarsi nel movimento della macchina, incapace di riconoscersi nel risultato del suo lavoro e con pochissima capacità di intervenire nel processo produttivo. D'altra parte, è stato catturato da un'intera rete di relazioni sociali volte a tenerlo assoggettato al nuovo metodo di produzione non solo per coercizione, ma attraverso il suo consenso.

In “Americanismo e fordismo” Gramsci ha affrontato riccamente il tema, cogliendo l'ampiezza della trasformazione sociale operata dal fordismo. Ha analizzato un insieme di fattori esistenti per l'emergere dell'allora nuovo metodo di produzione e il suo momento di implementazione in America, che rivisiteremo qui in alcuni punti.

In primo luogo, ha evidenziato l'importanza della composizione della popolazione americana che ha messo a disposizione del sistema fordista un grande esercito industriale di riserva.

L'introduzione del fordismo in America è stata facilitata, secondo il pensatore italiano, dall'assenza di una maggiore complessità nella divisione in classi.


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Giuseppe Longo: La pandemia ed il «techno-fix»

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La pandemia ed il «techno-fix»

di Giuseppe Longo*

Riassunto: La pandemia era una eventualità annunciata. Le sue cause possibili erano conosciute: nicchie ecosistemiche distrutte, diversità biologica in diminuzione, abuso delle manipolazioni genetiche. Ma ormai, prende piede il mito che un’innovazione tecnica vaccinale costituisca la sola risposta da dare alla crisi dell’ecosistema e delle strutture sanitarie, di cui questa pandemia è un sintomo

Il mondo, gli esseri umani, le nostre vite sono state sconvolte da una pandemia… attesa. Infatti, è dal 1993 che gli esperti segnalano una “epidemia di epidemie”. Un libro, ben documentato, del 20151 e numerosi articoli hanno successivamente aggiornato i dati su tale fenomeno, che può essere riassunto in questo grafico:

imm.longo

Cosa è successo negli ultimi cinquant'anni, dopo un secolo di riduzione estremamente significativa del numero di epidemie, in particolare – ma non solo – in Europa? Un raddoppiamento della popolazione mondiale ed un aumento di otto o nove volte delle epidemie, ben monitorate sin dalla fine del XIX secolo. Circa il 70% di queste recenti epidemie sono il risultato di “zoonosi”, cioè sono causate da microrganismi che passano dagli animali agli esseri umani.


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Leo Essen: Il prezzo. Iliénkov e Marx

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Il prezzo. Iliénkov e Marx

di Leo Essen

evald ilyenkov by mary skies d9p2azcNella Critica dell’economia politica Marx presenta una serie di equazioni (1Q di ferro = 2 di oro; 1x di caffé = 1 di oro; eccetera), e dice che in questa serie, il ferro, il caffè, eccetera, appaiono l’uno all’altro come materializzazioni di lavoro uniforme, cioè di lavoro materializzato in oro, lavoro in cui siano cancellate (ausgelöscht) in pieno tutte le particolarità dei reali lavori. Come materializzazione uniforme dello stesso lavoro manifestano una sola differenza, di carattere quantitativo, ossia appaiono come grandezze di valore differenti.

È evidente che le differenze dei lavori effettivi che fanno del caffè e del ferro valori-uso apprezzabili non possono essere cancellate, non possono essere spazzate via. Queste differenze devono essere negate, ma allo stesso tempo mantenute.

Il valore-scambio delle merci, dice Marx, espresso in tal modo come equivalente generale e allo stesso tempo come grado di questa equivalenza in una merce specifica, oppure in un’unica equazione fra le merci e una merce specifica, è il prezzo.

Il prezzo esprime sia l’equivalente generale, sia il grado dell’equivalenza. L’equivalente generale è ciò che è comune sia al caffè sia al ferro. Questo comunità, dice Iliénkov, non è quella della classe o dell’universale.

L’universale, dice Iliénkov, nel senso stretto della parola, è ciò che è comune a tutte le merci. Tutte hanno in comune di rappresentarsi in oro – in una quantità determinata di oro. Tuttavia, dice, l’universale non è affatto la reiterata ripetizione, in ogni singolo oggetto, preso separatamente, di una somiglianza che si presenta come connotato comune ed è fissata da un segno.


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Riccardo Barbero:Il futuro come merce: Luciano Gallino e la critica del finanzcapitalismo

volerelaluna

Il futuro come merce: Luciano Gallino e la critica del finanzcapitalismo

di Riccardo Barbero

gallino e1636620113985 348x215Negli ultimi anni del suo lavoro di studioso Luciano Gallino ha scritto tre libri sul tema della finanza speculativa: nel 2011 Finanzcapitalismo, in cui fin dal titolo ha coniato questo neologismo che ha avuto fortuna, nel 2013 Il colpo di Stato di banche e governi, e due anni dopo, qualche mese prima di lasciarci, Il denaro, il debito e la doppia crisi, indirizzato ai suoi nipoti.

 

1. La critica alla finanziarizzazione che Gallino sviluppa può essere messa in relazione con due aspetti importanti: la crisi ambientale e il processo di svalorizzazione del lavoro. Il motore della finanziarizzazione dell’inquinamento ambientale venne creato dal Protocollo di Kyoto del 1997, entrato in vigore nel 2005 e prorogato fino alla fine del 2020. L’idea di fare delle emissioni un commercio, riguardante soprattutto la CO2, nasce dallo squilibrio esistente fra i paesi che, in rapporto alla popolazione e al grado di industrializzazione, inquinano tanto e quelli che inquinano poco. Il Protocollo di Kyoto ha fissato un valore massimo per le emissioni di CO2 consentite entro una certa data, differente per ciascun paese. Un paese inquinatore, ovvero la sua industria, aveva quindi la scelta fra investire molto, anche in termini di tempo, allo scopo di ridurre le emissioni mediante tecnologie appropriate per portarle al limite stabilito, oppure “comprare” certificati autorizzanti l’emissione di tot tonnellate/anno di CO2 da un altro paese che era al di sotto del limite fissato dal Protocollo. In questo modo si sono viste compagnie aeree e fabbriche di SUV pubblicizzare la loro “lotta al cambiamento climatico”. È stato – scrive Gallino – come riproporre la vendita delle indulgenze del Medioevo.


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Giorgio Bellucci: Un viaggio nell’ “autocoscienza” del pensiero critico

materialismostorico

Un viaggio nell’ “autocoscienza” del pensiero critico

Recensione di Giorgio Bellucci

Riccardo Bellofiore, Smith Ricardo Marx Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica, Rosenberg & Sellier, Torino 2020, pp. 398, € 22.80, ISBN 9788878858442

arimg.ashxLa pubblicazione di Smith Ricardo Marx Sraffa va senz’altro considerata un atto di coraggio. Ciò va detto pure per la casa editrice Rosemberg & Sellier e per la collana diretta da Rino Genovese. In generale si può dire che il saggio di Riccardo Bellofiore risponde alla necessità di contrastare la scomparsa del pensiero critico in economia.

«L’egemonia del mainstream neoclassico-liberista, tende sempre più a marginalizzare la tradi- zione di studi marxisti (ma anche neoricardiani, istituzionalisti, post-keynesiani) che sono stati prodotti da economisti italiani nella seconda metà del novecento… mentre da un po’ d’anni l’Italia è un importatore netto di teorie economiche» (Forges Davanzati, La scomparsa del marxi- smo nella didattica e nella ricerca scientifica in economia politica in Italia, “Materialismo Storico”, n° 1-2 2016).

Forges Davanzati ha mille ragioni. Ritengo, tuttavia, che l’avanzata del mainstream a livello generale abbia ancora, in parte, a che fare con quell’aristocraticismo elitario che ha impedito ai post-keynesiani di contrastare efficacemente l’egemonia del monetarismo friedmaniano. A parte gli indubbi meriti di fondo, pare a me che anche il saggio in questione non sfugga del tutto a questo limite. Possiamo dire che l’articolazione del testo di Bellofiore ne fa una spacie di viaggio nell’ “autocoscienza” dell’economia critica italiana e non solo. C’è un filo rosso che percorre il libro: il rapporto Sraffa–Marx e il tentativo di inserire (attraverso gli Sraffa Paper) l’economista di Cambridge in un certo tipo di interpretazione di Marx.

Il fiume carsico di questa riflessione, che a tratti si inabissa e a tratti riemerge, si svolge in parallelo con i classici premarxisti (Smith e Ricardo). E’ su questo crinale che si sviluppa la parte più cospicua dell’approccio di Bellofiore ai temi in oggetto.


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lundimatin#311: Un capitalismo di sorveglianza?

effimera

Un capitalismo di sorveglianza?

di lundimatin#311

Capitalismo di sorveglianzaPubblichiamo una recensione, uscita il 1 novembre 2021, del volume The Age of surveillance di Shoshana Zuboff (Il capitalismo della sorveglianza, Luiss University Press, Roma, ottobre 2019). La riprendiamo e traduciamo da lundimatin#311, [1]. L’autrice, nata nel 1951, è un’accademica statunitense che dal 1981 insegna stabilmente presso Harvard Business School. Si tratta di una delle prime donne a essere entrata in ruolo in tale contesto. La testata lundimatin, attiva dal 2014, si schiera nell’ambito della sinistra radicale francese. Questa recensione costituisce un commento redazionale, come conclusione di un dibattito interno alla struttura

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Quando uscì, due anni or sono, L’età del capitalismo di sorveglianza fu quasi unanimemente salutato dalla sinistra occidentale come il manuale di riferimento per comprendere l’evoluzione capitalistica degli ultimi venti anni. Diverse critiche le sono state tuttavia rivolte per via di una posizione riformista in fondo piuttosto ingenua (NT: ciò è frequente fra gli accademici statunitensi): c’era stato un capitalismo buono, sino agli anni ‘90, ma fu pervertito da un mostro, il capitalismo della sorveglianza che impera da due decenni. Queste critiche sono certamente giuste, ma ciò non toglie che l’inchiesta di Zuboff è forte, coerente; per questo le dedichiamo una discussione approfondita nella rubrica cyber-filo-tecnica (https://lundi.am/cybernetique).

Sulla copertina dell’edizione francese (ripresa pure nell’edizione italiana), in basso a sinistra, spicca un elogio di Naomi Klein, che non esita ad affermare il libro è un atto digitale di autodifesa. In basso a destra della stessa copertina si legge anche un “Acclamato dal New York Times, dal Financial Times, dal Guardian e da Barack Obama”.


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Tendenza internazionalista rivoluzionaria: La CGIL di Landini esclude lo sciopero generale. E l’opposizione in CGIL che fa?

ilpungolorosso

La CGIL di Landini esclude lo sciopero generale. E l’opposizione in CGIL che fa?

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

j98fIl virtuosismo dei burocrati sindacali è illimitato. Per cui sono anche capaci di proclamare uno sciopero pro forma allo scopo di dimostrarne l’inutilità, o proclamarlo per lavarsi la coscienza (che resta tuttavia sporchissima), come nel caso delle tre ore di sciopero contro la famigerata legge Fornero nel 2012, che colpì sui denti – con un solo colpo di mazza – gli operai e i proletari sulla via della pensione e i giovani in attesa di un posto di lavoro.

Bene. Il governo Draghi ha deliberato di ripristinare appieno la legge Fornero, dopo i 3 anni di “quota 100”, il formidabile rimedio escogitato da Salvini che è stato in realtà un bluff ed anche una beffa perché, visto il basso assegno pensionistico che comportava, è servito più ai funzionari statali di medio-alto livello, a quanti potevano vantare una continuità di lavoro e contribuzione elevata, ai professionisti che hanno incassato la pensione da insegnanti, a artigiani e commercianti, che agli/alle operai/e usurati/e dal lavoro di fabbrica, sulle cui spalle è ricaduto il costo della misura. Appena arrivato l’annuncio del ritorno alla Fornero, fuoco e fiamme verbali da Landini&Co., che hanno ventilato l’ipotesi (estrema) di uno sciopero generale, o comunque di una iniziativa di lotta; mentre l’opposizione in CGIL si è mossa subito per reclamare lo sciopero generale, definendo un “suicidio” l’eventuale immobilità delle centrali sindacali. Ed in effetti, rispetto a quota 100 (62 anni d’età e 38 di contributi), la penalizzazione è di ben 5 anni (67 anni di età o 42 e 10 mesi di contributi), il che significa in media 8.500 ore di lavoro in più.

In pochi giorni il fuoco landiniano si è rivelato – come ci aspettavamo – un fuoco fatuo. È naufragata subito, così, l’illusione ottica creatasi in alcuni (gli incalliti illusionisti del manifesto, ad esempio) sul rilancio della CGIL come sindacato conflittuale contro una Confindustria in pieno assetto di guerra, con addirittura la speranzella che dopo il sabato 16 ottobre di piazza san Giovanni almeno la CGIL potesse arrivare al rifiuto del patto sociale strangolatorio proposto da Draghi.


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tonino

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Nov 22, 2021, 1:58:15 AM11/22/21
to sante gorini

giap3

Gli strange days di Trieste contro il green pass. Il racconto di una lotta sbalorditiva

Seconda puntata

di Andrea Olivieri*

stargate 1Dopo la prima puntata del suo reportage ibrido e perturbante – che è stata pubblicata anche in francese su Lundi Matin – con questa seconda (di tre che saranno) Andrea Olivieri si addentra nel vivo delle contraddizioni, raccontando l’incredibile 16 ottobre al varco 4 del porto di Trieste. La giornata dell’iper-spettacolarizzazione, dell’invasione di troupes televisive e ambigui personaggi. Il momento in cui tutto è parso dileguarsi e i caca-sentenze-preventive già esultavano per aver avuto ragione…

E invece no. Citando ancora una volta Alain Badiou: «per impedire questo genere di disastro è necessario che la forza d’esistenza nell’apparire del sito compensi il suo dileguare». È necessario, cioè, che l’evento di una sollevazione popolare inattesa abbia più forza della sua rappresentazione – a colpi di montesani e madonne e leader “carismatici” e ospitate nei tolksciò – in quello che Andrea chiama giustamente «metaverso». Il metaverso esiste già, non è una promessa di Zuckerberg.

Dopo la “ripartenza”, avvenuta soprattutto grazie all’impegno del Coordinamento No Green Pass, Andrea racconta la violenza dello sgombero e l’intera giornata del 18, tra manovre da politicanti nel “salotto buono” della città e scontri e nubi di lacrimogeni nelle vie della Trieste proletaria, tra la gente con cui, inutile girarci intorno, bisogna stare. [WM]

* * * *

9. Prologo al caos

La mattina di sabato 16 ottobre mi presento al varco piuttosto presto, per vedere che aria tira dopo la prima notte, poi dovrò andarmene a lavorare. Ai gate Stefano Puzzer, appena arrivato anche lui, si sta lamentando con alcuni dei presenti per qualche cartaccia e mozziconi di sigaretta rimasti là davanti dalla sera prima. – Muli, qua xe pien de scovaze –, dice sconsolato, – no se pol veder. Poi recupera una scopa e inizia a pulire.


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Rogney Piedra Arencibia: La rivincita di Engels

materialismostorico

La rivincita di Engels*

di Rogney Piedra Arencibia - Queen’s University at Kingston, CA

marx e engels«A Friedrich Engels, che ha sbagliato molte volte ma sulle cose importanti ha avuto ragione.»
(R. Levins & R. Lewontin, The Dialectical Biologist, 1985)

L’affare Engels”

Sono note le posizioni anti-engelsiane sostenute da figure del marxismo occidentale come Avineri1, Schmidt2, Colletti3 e Kohan4 ma presenti anche nel giovane Lukács5, posizioni che si richiamano spesso ad autori del calibro di Kojéve, Sartre6, Hippolyte e Merleau-Ponty7 e che si esprimono per lo più nel tentativo di separare8 e contrapporre i due fondatori del marxismo. È una contrapposizione che, secondo Levine9, avrebbe dato luogo a due scuole di pensiero inconciliabili: l’engelsismo e il marxismo (autentico), la prima delle quali si sarebbe infine convertita nel marxismo ortodosso di stampo sovietico, meccanicista e ingenuo10. Ne consegue – implicitamente ma anche esplicitamente – che in ultima istanza è proprio ad Engels che andrebbero ricondotti i difetti reazionari della II e III Internazionale11, la povertà intellettuale della socialdemocrazia tedesca e la crudeltà del bolscevismo12, fino al “monologo” dottrinario dei partiti comunisti verso le masse13 e addirittura al collasso dell’URSS14!

L’antiengelsismo si contraddistingue però anche per il rifiuto della dialettica della natura, dal momento che, già secondo il giovane Lukács, «solo la conoscenza della società e degli uomini che la vivono è filosoficamente importante»15. «Il marxismo non deve parlare delle leggi della natura», perché «Il marxismo, come scienza, è scienza della società»16. Da qui l’idea semplicistica che la natura e le scienze che la studiano siano esterne al marxismo; e che chiunque si (intro)metta in questioni di dialettica della natura non potrà che approdare ai risultati di Lysenko, il quale «finì a tagliare la coda ai topi per dimostrare che alla lunga sarebbero nati senza»17.


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Veronica Marchio: La società del gioco lavorativo. A proposito del libro di Alquati sulla riproduzione

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La società del gioco lavorativo. A proposito del libro di Alquati sulla riproduzione

di Veronica Marchio

0e99dc
              b4a0cc9d4316432a820d9eb005624543mv2Sulla riproduzione della capacità umana vivente. L’industrializzazione della soggettività (DeriveApprodi 2021) non è certo un libro facile da recensire, si tratta più che altro di una mappa di ragionamenti, legati a doppio filo con le riflessioni che l’autore, Romano Alquati, ha prodotto negli anni precedenti alla scrittura di questo testo, rimasto per lungo tempo inedito. Scritto ormai vent’anni fa, ciò che maggiormente va messa in evidenza è la grande capacità anticipatoria delle analisi della tendenza capitalistica e quindi anche delle possibilità di modificare quella tendenza. Veronica Marchio ci offre qui una sua lettura del modello alquatiano e un’indispensabile guida per orientarsi nella complessità del libro. 

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Sulla riproduzione della capacità umana vivente. L’industrializzazione della soggettività (DeriveApprodi 2021) non è certo un libro facile da recensire, si tratta più che altro di una mappa di ragionamenti, legati a doppio filo con le riflessioni che l’autore, Romano Alquati, ha prodotto negli anni precedenti alla scrittura di questo testo, rimasto per lungo tempo inedito. È stato scritto ormai vent’anni fa e ciò che maggiormente va messa in evidenza è la grande capacità anticipatoria delle analisi della tendenza capitalistica e quindi anche delle possibilità di modificare quella tendenza oggi.

Non è un libro facile da recensire, dicevamo, perché la difficoltà non sta solo nel capire e seguire i discorsi, intricati e spesso incompleti o solo abbozzati, ma soprattutto nel rielaborarli e nell’ipotizzare delle domande politiche, oltre che teoriche. Il tema è quello della messa a valore capitalistica della riproduzione delle capacità umane, un processo «baricentrico» del capitalismo dei nostri giorni che è necessario interrogare politicamente per abbozzare delle potenzialità di produzione di soggettività antagonista.


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Maria Rita Gismondo: Lo stato d’emergenza serve solo alla politica per avere mano libera

 affaritaliani

Lo stato d’emergenza serve solo alla politica per avere mano libera

Antonio Amorosi intervista Maria Rita Gismondo

Direttrice del Sacco di Milano: "Conosciamo il virus e sappiamo contenerlo. Ormai la paura serve alla politica, pandemia colta come opportunità da qualcuno"

Covid. La direttrice dell'ospedale Sacco di Milano, Maria Rita Gismondo, spiega perché si potrebbe tornare alla normalità.

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Come pensa si evolverà la situazione nelle prossime settimane, dottoressa (Maria Rita Gismondo è direttrice del laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano)?

Nelle prossime settimane ci sarà un incremento dei contagi perché sta nella natura della stagionalità del virus. Ma i ricoveri si dovrebbero mantenere sotto una certa soglia. Dovrebbe essere così altrimenti perché ci siamo vaccinati? Perché abbiamo fatto i lockdown e usato tutte le misure di contenimento?


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coniarerivolta: L’odiosa riforma del Reddito di Cittadinanza: meno soldi e più condizioni

coniarerivolta

L’odiosa riforma del Reddito di Cittadinanza: meno soldi e più condizioni

di coniarerivolta

Il disegno di Legge di bilancio (DLB) è stato presentato venerdì in Parlamento. Nei giorni passati sono uscite diverse bozze non ufficiali e, in base a quelle, è stato possibile farsi un’idea, di certo non piacevole, degli orientamenti del Governo. Adesso, però, il testo è quello definitivo. Di particolare importanza è la riforma del Reddito di Cittadinanza (RdC), che si trova all’articolo 21 del DLB. Sappiamo, infatti, che negli ultimi tempi si sono susseguiti diversi attacchi a questa misura, pur minima, di sostegno al reddito. Renzi ha sottolineato senza vergogna che la gente deve soffrire, ha denominato con sprezzo il RdC reddito di criminalità ed ha annunciato un referendum abrogativo della misura che si è rivelato fallimentare. A chiedere lo scalpo del RdC è anche la Lega, che pure votò a favore del RdC quando era al governo nel Conte-I e nelle aule parlamentari. Ma erano altri tempi. Il Salvini del Governo Conte-I non è il Salvini del governo Draghi. Quest’ultimo è così contrario al RdC che ha addirittura annunciato un emendamento alla Legge di bilancio per abrogarlo e adesso propone un’estensione verso l’alto del regime forfettario per le partite IVA volto ad abbassare le tasse ai più ricchi andando a pescare le risorse, guarda caso, proprio dalla dotazione del fondo per il RdC.


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comidad: Bobby Jr. ci ricorda le gerarchie internazionali

comidad

Bobby Jr. ci ricorda le gerarchie internazionali

di comidad

Nel 1925, in un discorso alla Camera, il “fascista critico” Massimo Rocca ammonì Mussolini circa i rischi dell’instaurazione in Italia di una dittatura formale, che sarebbe stata vista all’estero come una sfida ideologica. Poi le cose andarono come andarono e Rocca fu costretto all’esilio, salvo poi aderire nel 1943 alla Repubblica Sociale. L’analisi di Rocca aveva comunque un fondamento: sino al 1925 il fascismo era stato interpretato dalle cancellerie straniere come un regolamento di conti interno, quindi considerato con occhio benevolo. Il tentativo fascista di irreggimentare la popolazione avrebbe invece ben presto messo in allarme i governi stranieri, che avrebbero compreso che l’oligarchia italiana si stava preparando ad una competizione imperialistica più accentuata. Le aspirazioni imperialistiche delle oligarchie comportano infatti un inasprimento dell’oppressione di classe.

In questa fase c’è, pur nella diversità del contesto, qualche analogia col passato. Il tentativo dell’oligarchia italiana di formalizzare il regime emergenzialista in un nuovo modello di “governance”, pare stia cominciando a suscitare sospetti all’estero.


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Alessandro Porto: Quello che non torna

lafionda

Quello che non torna

di Alessandro Porto

L’arrivo dell’autunno ha portato con sé una prevedibile ricrescita dei contagi in tutta Europa e il continente è stato proclamato nuovamente epicentro della pandemia dall’OMS[1]. Questo nonostante i tassi di vaccinazione tra i più alti al mondo. La ricrescita dei contagi è imputabile all’allentamento delle misure restrittive e da qui possiamo dedurre che queste saranno a breve reintrodotte. In Italia lo stato di emergenza verrà inevitabilmente prorogato ancora, per legittimare quei provvedimenti altrimenti inapplicabili, oltre la durata costituzionalmente prevista e oltre il limite concesso dalla nostra Costituzione anche per le proroghe. Quello che mi preme comprendere, dalla mia giovanile ignoranza, è come determinare quando questa emergenza finirà e quando si potrà di conseguenza tornare al mondo prepandemico. Non in termini sanitari, sia chiaro: esistono specifiche competenze per valutare i fattori epidemiologici e di conseguenza considerare la pericolosità del virus esauritasi o meno, ma poiché il virus non può scomparire per azione di un vaccino che ne annulli la trasmissione[2] e né pare destinato a cessare la sua propagazione grazie ad un naturale decorso della pandemia, a causa della produzione di varianti[3], dobbiamo dedurne che l’emergenza non potrà mai rientrare. Vale a dire: lo stato di emergenza verrà prorogato continuamente e senza termine se ci affidiamo esclusivamente ai parametri di valutazione sanitari attualmente in vigore.


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Senza Tregua: A Roma e Torino le università reprimono il dissenso

senzatregua

A Roma e Torino le università reprimono il dissenso

di Senza Tregua

In università è vietato alzare la testa. Questo è il messaggio che arriva da Roma e Torino, dove nella giornata di ieri le forze dell’ordine sono state schierate contro gli studenti. La Sapienza di Roma – la più grande università d’Europa – in occasione della “Giornata internazionale dello studente” ha organizzato una conferenza dal titolo L’Università di oggi e di domani!. A prendere la parola sono stati Maria Cristina Messa, Ministra dell’Università e della Ricerca, Elena Bonetti, Ministra per le Pari opportunità, il cardinale Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica della Santa Sede, e monsignor Carlo Giuliodori, Presidente della Commissione Episcopale per l’Educazione cattolica, l’Università e la Ricerca. Nessuno spazio di intervento per la comunità studentesca. Così, studenti e studentesse e diverse organizzazioni universitarie hanno organizzato una contestazione per gridare la loro indignazione contro l’ennesima discussione inerente il proprio futuro, senza però il loro diretto coinvolgimento. Nel momento in cui il presidio si è trasformato in un corteo diretto alla Facoltà di Economia, sede dell’incontro, le forze dell’ordine hanno impedito con la forza ai manifestanti di entrare in ateneo.


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CoScienze Critiche: Dubbi sui vaccini ai bimbi

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Dubbi sui vaccini ai bimbi

di CoScienze Critiche

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata dall’associazione CoScienze critiche, con la quale i promotori rispondono al Professor Carlo Federico Perno, intervistato da HuffPost. L'associazione CoScienze Critiche ha lanciato negli scorsi giorni l’appello contro il Green Pass sottoscritto da diversi professori universitari

61965fcf21000024916ff8adCome accademici e come genitori non possiamo che esternare la nostra contrarietà e preoccupazione per le parole del Professor Carlo Federico Perno dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

La questione parte dalla recente autorizzazione negli USA da parte della Food and Drug Administration (FDA) all’uso in emergenza del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. Il Prof. Perno, intervistato dall’Huffington Post il 3 novembre, sostiene che i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni devono essere vaccinati anche in Italia e rassicura i genitori che il vaccino è sicuro e necessario. Il professore si spinge ben oltre, sostenendo la vaccinazione per tutti i bambini, anche per i più piccoli di 0-5 anni.

Il ragionamento alla base delle rassicurazioni del Prof. Perno è articolato su tre piani. Il primo riguarda i motivi che dovrebbero spingere alla vaccinazione. Il pediatra fa riferimento in modo generico a statistiche internazionali e alla sua esperienza di ricoveri all’ospedale Bambino Gesù e afferma che la vaccinazione serve per preservare i bambini dal virus, poiché non sono immuni al Covid. Quando si sostiene una vaccinazione dell’intera popolazione, e soprattutto per i bambini, è necessario essere accurati. Guardiamo quindi i dati da vicino.

Dal report dell’Istituto Superiore di Sanità del 20 ottobre 2021 si rileva che in Italia, nella fascia di età 0-5, il numero complessivo di casi positivi al test RT-PCR per il Sars-Cov-2 è pari 138.167, con una percentuale di decessi dello 0,00008%; per la fascia di età 6-10 anni il numero di positivi è 179.660 con una percentuale di decessi dello 0,00003%. Considerando l’intera popolazione 0-19 anni, essa è pari a circa 10.600.000 bambini/ragazzi (dati ISTAT) e i casi positivi rilevati fino a ottobre 2021 sono circa 770.000, con 35 decessi da inizio pandemia.


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Liberiamo l’Italia: Tesi sul cybercapitalismo

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Tesi sul cybercapitalismo

di Liberiamo l’Italia

Preceduta dalle conferenze dei Comitati Popolari Territoriali, si è svolta il 13 e 14 novembre 2021 la II. Conferenza nazionale per delegati di Liberiamo l’Italia. Tra i documenti discussi e approvati le Tesi sul cybercapitalismo, approvate all'unanimità

93629813 2091481284330354 2876092414173380608 nIl tornante storico

1. Con il crollo dell’Unione Sovietica l’élite americana (sia neocon che clintoniana) scatenò un’offensiva a tutto campo per trasformare l’indiscussa preminenza degli U.S.A. nei diversi campi — economico, finanziario, militare, scientifico, culturale — in supremazia geopolitica assoluta. L’offensiva si risolse in un fiasco. Invece del nuovo ordine monopolare sorse un disordinato e instabile multilateralismo.

2. La grande recessione economica che colpì l’Occidente, innescata dal disastro finanziario americano del 2006-2008, fu un punto di svolta dalle molteplici conseguenze. Indichiamo le principali: (1) il “capitalismo casinò” — contraddistinto dalla centralità della finanzia predatoria: accumulazione di denaro attraverso denaro saltando la fase della produzione di merci e di valore — dimostrava di essere una mina vagante per il sistema capitalistico mondiale; (2) il modello economico neoliberista, quello che aveva consentito la metastasi della iper-finanziarizzazione, esauriva la sua spinta propulsiva ; (3) la globalizzazione liberoscambista a guida americana giungeva al capolinea sostituita da una “regionalizzazione” delle relazioni economiche mondiali e dalla rinascita di politiche protezionistiche; (4) la Cina, uscita dallo sconquasso come principale motore del ciclo economico mondiale, occupava il ruolo di nuovo alfiere della globalizzazione; (5) una profonda scissione maturava in senso alle élite occidentali: la crisi di egemonia delle frazioni mondialiste alimentava il fenomeno del populismo. Così ci spieghiamo la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, l’avanzata dirompente di nuove forze politiche “sovraniste” in diversi paesi europei (Italia in primis), la Brexit.


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Domenico Cortese: GKN, controllo dei capitali, nazionalizzazioni

lordinenuovo

GKN, controllo dei capitali, nazionalizzazioni

di Domenico Cortese

La lotta alle delocalizzazioni come presa di coscienza delle contraddizioni dello stato borghese

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            660x4002xIl fenomeno delle delocalizzazioni di realtà storicamente centrali in diversi distretti industriali del Paese si configura, nella cornice dei mesi della ripresa economica dopo il periodo emergenziale della pandemia, come una cartina di tornasole sia del reale indirizzo che i proprietari di capitali vogliono dare a questa ripresa sia della reale natura politica delle misure che sono nel tempo state prese e che saranno, probabilmente, prese, per affrontare la questione. È urgente, perciò, un’analisi tecnica delle motivazioni alla base del fenomeno e, di conseguenza, del contesto giuridico e politico in cui esso ha luogo. Gli interessi di classe a fondamento di determinate scelte legislative e motivazioni possono essere smascherati soltanto se la classe lavoratrice ricorre a rivendicazioni che mettono in evidenza le contraddizioni dei meccanismi alla base delle delocalizzazioni; parallelamente, un concreto miglioramento delle condizioni dei lavoratori può avvenire soltanto se queste rivendicazioni sono costruite attraverso la cristallizzazione di un fronte unitario di lotta ben strutturato e coordinato.

 

Le leggi e le proposte di ieri e di oggi. Come le rivendicazioni dei lavoratori Gkn possono essere uno strumento per mettere in luce le contraddizioni nei partiti borghesi

La chiusura di siti produttivi e funzionanti allo scopo di risparmiare sul costo del lavoro o, come nel caso di Campi Bisenzio, di speculare sulle plusvalenze prodotte dal momentaneo snellimento di costi e investimenti, non riguarda ovviamente oggi soltanto la Gkn. La multinazionale Timken sta chiudendo lo stabilimento, portando di recente 106 dipendenti a scioperare. Quest’ultimo caso si aggiunge alle altre procedure aperte solo negli ultimi mesi, come quella della Giannetti Ruote di Ceriano Laghetto (Monza). Senza dimenticare la vertenza Whirlpool a Napoli, i cui 340 lavoratori hanno appena ricevuto le prime lettere di licenziamento dopo che il tribunale di Napoli ha respinto il ricorso per condotta antisindacale dell’azienda.


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Alessandro Testa: G20 di Roma e Cop26 di Glasgow

cumpanis

G20 di Roma e Cop26 di Glasgow

Il mondo visto con gli occhi dei padroni

di Alessandro Testa

Si sono da poco tenuti il G20 di Roma ed il COP26 di Glasgow, ove i grandi ed i potenti della terra hanno discusso, con volti seri e compiti, della necessità di ridurre il riscaldamento globale – molta meno enfasi é stata data ad altri, e forse ancor più pressanti, problemi ambientali quali l’inquinamento chimico, il problema degli OGM, e molti altri ancora – ed hanno convenuto, con gran risalto mediatico, di porsi l’ambizioso obiettivo di azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C, mobilitando per questo almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima.

Se non stessimo trattando di un tema drammatico, un tema che pone all’orizzonte la catastrofe climatica e l’estinzione della vita sulla terra, ci sarebbe da ridere. Dopo secoli di spietato sfruttamento delle risorse ambientali, dopo secoli di inquinamento sfrenato (vengono alla mente certi “cieli fumosi di Londra” di ottocentesca memoria), dopo decenni di sordità assoluta da parte di governi ed istituzioni sovranazionali di fronte alla montante onda di preoccupazione e protesta, come mai in pochi mesi assistiamo a tutto questo attivismo, a tutta questa “buona volontà”?


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Vincenzo Comito: La “finanza verde”: molta finanza e poco verde

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La “finanza verde”: molta finanza e poco verde

di Vincenzo Comito

Tagliare le emissioni inquinanti a zero per il 2050: è l’obiettivo della Glasgow Financial Alliance for Net Zero cui partecipano 450 tra banche, assicurazioni, fondi di investimento. Ma i criteri sono molto opachi e la finanza verde appare come un grande greenwashing

 

Sarebbero necessarie grandi risorse finanziarie

Nelle ultime settimane, come è noto, nel mondo si è discusso e scritto molto sulle questioni ambientali, in particolare in occasione dei recenti e poco soddisfacenti incontri del G20 e del COP26 ad esse dedicati.

Mentre alcuni temi fondamentali, quali ad esempio quello del ruolo dell’agricoltura nell’aumento dei livelli di inquinamento o quelli dei problemi dell’acqua e degli oceani, sono stati sostanzialmente e inspiegabilmente trascurati in tali sessioni, si è parlato invece molto di altri; tra questi anche il possibile contributo della finanza alla mitigazione della crisi climatica, contributo che appare certamente e potenzialmente fondamentale.


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Piccole Note: Il summit Biden - Xi e l'arresto di Bannon

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Il summit Biden - Xi e l'arresto di Bannon

di Piccole Note

L’incontro tra Biden e Xi, tenutosi ieri in forma virtuale, è durato tre ore. E forse l’importanza del summit sta tutta in questa durata, che evidenzia la volontà dei due leader di dialogare su tutto. Riferiamo, in estrema sintesi, il resoconto del Washington Post.

 

I temi del summit

I due presidenti hanno discusso a fondo della controversia sul Mar cinese meridionale, sul quale Pechino chiede un’influenza che gli Usa e i suoi alleati regionali negano.

Quindi di Taiwan, con Biden che ha riaffermato che si atterrà alla tradizionale politica di “Una sola Cina”, in opposizione agli ambiti Usa che ne alimentano l’indipendentismo, e con Xi che ha ribadito la volontà cinese di riportare l’isola sotto il controllo di Pechino, ma in maniera “pacifica”.

Inoltre, hanno discusso dello Xinjiang, con Biden che ha rimproverato il suo interlocutore per i diritti umani degli uiguri che sarebbero negati e Xi a ribadire che Pechino non tollererà nessuna interferenze nei suoi affari interni.


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Patrizio Paolinelli: La protesta sociale al tempo della pandemia

patriziopaolinelli

La protesta sociale al tempo della pandemia

Intervista a Patrizio Paolinelli

La pandemia in corso ha avuto e sta continuando ad avere un devastante impatto sia sul fronte della produzione economica sia su quello della riproduzione sociale. Patrizio Paolinelli si è occupato della relazione tra questi due fronti in un agile libro intitolato Rabbia. Polemos e il Leviatano, (Asterios, Trieste, 2021, 62 pp., 5,90 euro). Si tratta di uno studio sulla protesta sociale durante il primo anno di pandemia.

Dopo una lunga assenza dalla società italiana Polemos è tornato nelle piazze e ha dato voce a una pluralità di soggetti profondamente scontenti per l’imposizione del confinamento, della quarantena, del coprifuoco, dei divieti per gli spostamenti e così via. Parliamo di una molteplicità di soggetti economici (in particolare legati al terziario), di intellettuali, studenti, parenti degli anziani decimati nelle case di riposo e altri ancora.

La parte più consistente del libro è costituita da 6 interviste a testimoni privilegiati: tre sindacalisti (Cgil, Cisl, Uil), un economista, uno storico dell’economia e un ex ministro.Gli scopi dell’analisi di Paolinelli sono essenzialmente due: verificare come hanno reagito gli italiani allo stravolgimento della vita quotidiana e al precipitare delle condizioni di materiali di vita. Lo incontriamo per fare il punto della situazione.


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Antonio Martone: L’ultimo frammento. Dall’individuo al flusso di byte

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L’ultimo frammento. Dall’individuo al flusso di byte

di Antonio Martone

È quasi un luogo comune la convinzione secondo cui viviamo in una società fatta di individui: una società, dunque, individualistica. Credo tuttavia vi siano varie ragioni per sostenere che oggi il concetto di individuo, oltre a quello parallelo di individualismo, siano in fondo superati. Il modello tecnocapitalistico agisce in maniera tale da trasformare gli “individui” in una componente perfettamente integrata all’interno di una massa liscia e compatta, senza differenze interne che non siano apparenti. Ciò che rimane del “sociale” trasforma il singolo nell’appendice di un grande apparato di cui, in fondo, nessuno sa niente.

Come avviene tutto questo? In virtù di quale processo si procede alla cancellazione delle dotazioni tradizionali dell’individuo, ossia una soggettività formata da un passato e volta verso un pro-getto futuro, una volontà individuale e la possibilità irrinunciabile di trasformazione della propria identità? Il sistema contemporaneo è assai complesso e dispone di strumenti sofisticati e decisamente pervasivi. Ho già trattato la questione in un quadro teorico più ampio e articolato all’interno di un volume appena uscito (Antonio Martone, NoCity. Paura e democrazia nell’età globale, Castelvecchi, Roma 2021). Qui potrò soltanto far riferimento a qualche elemento particolarmente macroscopico.


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tonino

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Nov 24, 2021, 4:55:41 PM11/24/21
to sante gorini

Carlo Formenti: La lunga marcia verso il socialismo

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La lunga marcia verso il socialismo

di Carlo Formenti

Una guida per ragionare sullla rivoluzione cinese senza pregiudizi eurocentrici

maoNota introduttiva

A dare la misura dell’incomprensione occidentale nei confronti della realtà cinese è un curioso paradosso: mentre gli intellettuali liberali si arrovellano sui motivi per cui la crescita economica non si sia portata dietro – come speravano e ritenevano inevitabile – la caduta dei comunisti e la transizione a un regime liberal democratico, ragion per cui considerano la Cina come la più grave minaccia alla sopravvivenza del capitalismo, gli intellettuali marxisti (o sedicenti tali) danno per scontato che in Cina non esista più – se mai è esistito – un regime socialista, ritengono che quel Paese rappresenti oggi la seconda potenza capitalistica mondiale e pensano che il dissidio ideologico con l’Occidente mascheri un conflitto interimperialistico. Questa cecità simmetrica replica il doppio abbaglio sulla caduta del regime sovietico: Fukuyama e soci vi scorgevano la conferma della superiorità del capitalismo sull’utopia social comunista, le “nuove sinistre” replicavano che in Russia il socialismo non esisteva più da decenni (per alcuni dalla morte di Lenin per altri da quella di Stalin).

Nel campo del marxismo occidentale le voci fuori dal coro, libere da dogmatismi dottrinari e pregiudizi eurocentrici, sono rare. Penso, per citarne alcune, a economisti come Samir Amin, Giovanni Arrighi e Vladimiro Giacché (1), a filosofi come Domenico Losurdo (2), a storici come Rita di Leo (3) o, a un livello più militante e limitandomi al contesto italiano, a formazioni politiche e associazioni culturali come il Partito Comunista di Marco Rizzo e le riviste Marx21 e Cumpanis. In precedenti lavori ho cercato di dare una serie di indicazioni bibliografiche (4) utili per fare piazza pulita della selva di luoghi comuni che ingombrano la discussione sul tema.


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Paolo Bartolini e Lelio Demichelis: Conversazione/intervista con Paolo Bartolini e Lelio Demichelis, autori di Vita lucida

utopia21

Conversazione/intervista con Paolo Bartolini e Lelio Demichelis, autori di Vita lucida

di Fulvio Fagiani

25sostituiscelargeimagePaolo Bartolini e Lelio Demichelis, autori del libro ‘La vita lucida’, si confrontano su potere e tecno-capitalismo, rassegnazione e istantaneità, pessimismo dell’intelligenza e vie d’uscita, divario tra consapevolezza e azione e crisi del paradigma occidentale, ’68 e dialogo tra culture.

Nel seguito D) segnala una mia domanda o commento, RB) la risposta di Paolo Bartolini, RD) la risposta di Lelio Demichelis.

* * * *

D) Mi ha molto interessato il secondo capitolo del vostro libro ‘La vita lucida’1 dedicato al potere ‘nella sua forma/norma tecno-capitalista’. Vi chiedo di riassumere il vostro modo di vedere il potere, con attenzione particolare alla ‘sottomissione di sé al potere’ di cui parla Lelio e alla ‘strategia senza strateghi’ secondo Miguel Benasayag (che ha scritto la Postfazione al libro), che mi pare abbia fondamento anche se in contraddizione con un quadro globale segnato da una grande concentrazione di potere sia politico che economico, cha farebbe pensare ad una ‘strategia con strateghi’.

RB) Qualche mese dopo aver scritto le mie parti del dialogo con Lelio, mi sono stupito nel leggere il libro di Carlo Sini ‘Del viver bene’2 per la prima volta, riscontrando una sorprendente prossimità con quanto avevo provato ad esprimere avvalendomi di altri riferimenti. Dalla mia prospettiva di analista biografico a orientamento filosofico, mi interrogo sulla questione del potere in chiave soprattutto antropologica e psicologica, perché mi interessa domandarmi come il potere riesca a conquistare le anime delle persone. Il sortilegio del potere è la capacità non solo di sottometterle, ma di metterle al lavoro per il tornaconto del sistema.


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Francesco Prandel: “Lo dice la scienza”

lafionda

“Lo dice la scienza”

di Francesco Prandel

La scienza è l’avventura umana che consiste nell’esplorare i modi di pensare il mondo, pronti a sovvertire qualunque certezza abbiamo avuto fin qui: è una fra le più belle avventure umane.

Carlo Rovelli

Alzi la mano chi, negli ultimi mesi, non ha mai sentito, letto o pronunciato il titolo di questo articolo. Certo, non perché il mio scritto sia sulla bocca di tutti, ma perché di scienza, ultimamente, ci siamo riempiti la bocca tutti quanti. Così, dopo quarant’anni che – in un modo nell’altro – me ne occupo, mi sono assunto la bega di domandare “che cos’è la scienza”. Una domanda che fa pure da titolo a un testo di Carlo Rovelli, edito da Oscar Mondadori nel 2014. Un testo a mio avviso straordinario che, di questi tempi, qualcuno dovrebbe rileggersi. Soprattutto chi parla di scienza a decine di milioni di persone. E ancor più coloro i quali, in nome della scienza, stanno decidendo le sorti di un intero Paese.

Dice il più noto dei nostri fisici teorici: “questa mi sembra la caratteristica centrale del pensiero scientifico. Ciò che più ci appare ovvio del mondo può essere falso. Il pensiero scientifico è un’esplorazione continua di modi nuovi per concettualizzare il mondo. La conoscenza nasce da un atto di ribellione, rispettosa ma profonda, contro il sapere del presente.”


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Giuseppe Amata: Alcune riflessioni sull’interazione tra evoluzione della natura ed evoluzione della specie umana attraverso il lavoro

marx xxi

Alcune riflessioni sull’interazione tra evoluzione della natura ed evoluzione della specie umana attraverso il lavoro

di Giuseppe Amata

1. Si parla e si scrive molto negli ultimi mesi (oltre a quanto si è detto nelle Conferenze internazionali), di “transizione ecologica”, “transizione energetica”, “irresponsabilità dei governi cinese e indiano” per la ritardata chiusura delle centrali a carbone, come se tutto il problema dell’inquinamento termico, ambientale e territoriale (le tre “forme” di inquinamento stanno in interazione, nel senso che una influenza le altre) fosse solo quello (ci siamo mai chiesti, ad esempio, qual è in estate l’effetto del riscaldamento termico delle città dovuto agli impianti di aria condizionata?) ai fini della riduzione delle emissioni di CO2 e SO2 per diminuire l’effetto serra ed evitare il riscaldamento globale non superiore a 1,5 C entro il 2050. E non si analizzano, invece, le cause profonde che lo hanno scatenato.


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ilsimplicissimus: Bruxelles–Berlino: il folle asse del freddo

ilsimplicissimus

Bruxelles–Berlino: il folle asse del freddo

di ilsimplicissimus

Dopo lo scatenamento del covid e il senso di impunità e di onnipotenza che la capacità di creare pressoché dal nulla una pandemia ha generato nelle elite occidentali, la follia più totale sembra essersi impadronita della governance europea e in particolare di quella tedesca che sta cercando con incredibile pervicacia la distruzione del Paese: nonostante le riserve di gas siano al 75 per cento della quantità ottimale, Berlino sta facendo di tutto per evitare che il gar russo fluisca attraverso il North Stream 2, mentre l’informazione sta diffondendo l’idea che la carenza dipenda da Mosca e da Putin che negano il gas esercitando l’ormai collaudata disponibilità alla menzogna totale, messa a punto durante la pandemia. E’ assurdo, ma quante cose sono capaci di credere i nostri concittadini, quanti asini vedono volare tutti i giorni sopra le loro teste? Pensate che dopo anni e anni di costruzione e di contratti la Germania o meglio la Bundesnetz agentur,( si scrive tutto attaccato, ma io comincio a seguire le indicazioni della commissione tedesca sulla lingua che ha deciso di limitare l’unione di più parole) ovvero il regolatore delle reti energetiche tedesche, ha scoperto all’improvviso che la società svizzera Nord Stream 2 AG incaricata di gestire il “traffico” del gas non soddisfaceva le condizioni per essere un “operatore indipendente” e poteva essere certificata solo se era “organizzata in una forma giuridica secondo il diritto tedesco”.


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Eugenio Serravalle:Vaccini Covid ai bambini: "Impossibile al momento quantificare il rischio miocardite"

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Vaccini Covid ai bambini: "Impossibile al momento quantificare il rischio miocardite"

F.Santoianni intervista Eugenio Serravalle (pediatra e presidente di ASSIS)

Vaccini ai bambini per raggiungere l’agognata “immunità di gregge” (impossibile ad ottenersi con questi vaccini e questo virus) e per abbindolare milioni di genitori giustamente recalcitranti a ipotecare il futuro dei loro piccoli con un vaccino del quale sono ignoti gli effetti a medio e lungo termine, mentre in Gran Bretagna, Germania, Olanda, Belgio, Irlanda… strutture governative sconsigliano le vaccinazioni per gli under 18, in Italia si ricorre al terrorismo mediatico per imporre i vaccini anche ai bambini. E ora, dopo l’allarme “virus sinciziale” e “tosse e rinite”, è la volta della Sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C).

Su questo e su altro abbiamo intervistato il dottore Eugenio Serravalle, Pediatra specializzato in Pediatria Preventiva e Puericultura e Patologia Neonatale e Presidente di ASSIS (Associazione di studi e informazione sulla Salute).

* * * *

Al di là della pretesa di vaccinare tutti per ottenere una immunità di gregge, si fa sempre più pressante la campagna mediatica per far vaccinare bambini ed adolescenti in quanto il virus Sars Cov-2 rappresenterebbe per essi un grave pericolo.


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coniarerivolta: Il prezzo della crisi: cosa fare contro il carovita?

coniarerivolta

Il prezzo della crisi: cosa fare contro il carovita?

di coniarerivolta

bollette11C’è una domanda che continuiamo a porci, incessantemente, da qualche mese: la crisi è davvero alle spalle? Certo, nel 2021 le cose stanno andando un po’ meglio, poiché l’epidemia, grazie soprattutto alla campagna vaccinale, si attesta su numeri molto più bassi rispetto a quelli dello scorso anno. Di conseguenza, il mancato ricorso a misure draconiane per contenere i contagi, quali i famigerati lockdown, ha fatto sì che l’economia abbia tirato qualche boccata d’ossigeno. Tuttavia, a ben guardare gli ultimi dati sulla disoccupazione, la povertà, la disuguaglianza e lo sfruttamento, dovremmo dare, oltre ogni ragionevole dubbio, una risposta negativa alla domanda di apertura: la crisi è tutt’altro che finita, e le politiche messe in campo da Governi e Unione europea si sono rivelate largamente insufficienti a fronteggiare un anno e mezzo di emergenza sanitaria, economica e sociale.

Nonostante ciò, dalle pagine de La Stampa ha recentemente fatto capolino un contributo di Carlo Cottarelli, personaggio che è spesso apparso sulle pagine di questo blog, purtroppo non per prendersi i nostri applausi. C’è un aspetto dell’attuale situazione economica che preoccupa il nostro: un aumento troppo sostenuto dei prezzi. Il tema non può che essere caro, e altrettanto preoccupante, anche per il nostro universo di riferimento. Sono molte le categorie che hanno ben ragione di preoccuparsi del carovita: lavoratori (precari e non) con salari da fame, pensionati che percepiscono mensilità indecorose, disoccupati che non sanno come sbarcare il lunario perché non hanno un reddito, e più in generale tutti coloro che si trovano in una condizione economica non agiata, sono tutti soggetti che vedono nell’aumento dei prezzi una dolorosa perdita di potere d’acquisto – e quindi di consumo e di benessere.


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Gilles Dauvé: Il fallimento dell’ecologia politica

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Il fallimento dell’ecologia politica

di Gilles Dauvé

IV episodio della serie: Pommes de terre contre gratte-ciel, apparso su ddt21.noblogs.org, gennaio 2021

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            j96001Sebbene sotto molti aspetti confliggano, ecologisti di governo, ecologisti dei «piccoli passi», ecosocialisti ed ecologisti radicali hanno un punto in comune. Che ambiscano a un incarico ministeriale, fondino una cooperativa di consumo bio, scrivano il programma per una futura «vera sinistra» o tentino di fare dell’ecologia la leva di un sovvertimento della società, tutti mettono la «questione ecologica» al centro del mondo attuale, come se oggi essa costringesse a ridefinire ciò che il capitalismo è, e in cosa consista la sua necessaria e possibile trasformazione. Tutti si vogliono allo stesso modo realisti, e si vantano di agire senza accontentarsi delle sole parole.

 

  1.   1. Il liberismo in bicicletta

A partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, negli Stati Uniti, si è fatto avanti un ecologismo composito, incoraggiato dal bestseller di Rachel Carson, Primavera silenziosa (1962), che denunciava la strage di uccelli provocata dai pesticidi. Nel 1970 fu organizzata la prima «Giornata della Terra», più una celebrazione ufficiale che un’azione militante. Successivamente, in nome della difesa dei consumatori, Ralph Nader1 si candiderà quattro volte alla presidenza degli Stati Uniti.

In Francia, il primo partecipante ambientalista alle elezioni presidenziali del 1974, René Dumont, insisteva soprattutto sull’incapacità del capitalismo di sopprimere la fame, la sovrapproduzione e l'eccessivo consumo di energia. Secondo costui, la linea di frattura sociale non opponeva borghesi e proletari, bensì consumatori dei paesi ricchi e masse diseredate del Terzo Mondo, nelle quali si incarnavano i veri proletari moderni.


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Paolo Becchi: Kant col green pass?

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Kant col green pass?

di Paolo Becchi

L’Europa si prepara a fronteggiare la quarta ondata della pandemia. In tale preoccupante contesto il “Diario della crisi” rimane aperto alla discussione, ospitando testi che esprimono una pluralità di posizioni, anche molto problematiche, con il rinnovato invito ad ampliare e allargare le prospettive della riflessione

87a72099ffdf58f8548c1fad1f88bfe5 LDa un punto di vista schiettamente giusfilosofico e argomentando in senso kantiano - ci sono certo altri approcci - si potrebbe dire che il singolo individuo non può mai essere ridotto a mero mezzo, neppure per raggiungere uno scopo benefico come la difesa della salute pubblica. L’”imperativo categorico” non lascia dubbi.

Sotto questo profilo, dunque, non è legittimo il diritto di imporre una generalizzata vaccinazione coatta, vale a dire senza un consenso libero e informato degli interessati. Con una eccezione, che anche Kant sarebbe disposto a sottoscrivere. Se il pericolo di contagio fosse infatti talmente grande da mettere in pericolo l’esistenza di una intera comunità, allora, in questo specifico caso, lo “stato di necessità” giustificherebbe l’obbligatorietà della vaccinazione e persino l’uso della forza per imporla. Ma è questa l’attuale situazione?

Insomma, l’obbligo vaccinale di cui si parla oggi è proporzionato al pericolo reale?

Nonostante i decessi che ci sono stati, non ci sembra questo il caso. E quindi dovrebbe valere l’imperativo categorico kantiano.

Si potrebbe avanzare una obiezione con riferimento ad alcune professioni per le quali in linea di principio non andrebbe escluso un obbligo vaccinale. Penso al personale ospedaliero e sanitario in genere. La missione del medico è quella di curare e se possibile di guarire, non di rischiare di diffondere malattie. Anzi semmai è proprio lui che nell’ esercizio della professione dovrebbe essere disposto ad assumersi personalmente dei rischi. Nessuno è obbligato a fare il medico ma se lo fa ha un’etica professionale che deve rispettare.


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Matteo Bortolon: Far pagare le cure ai non vaccinati: eticamente distorsivo e politicamente aberrante

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Far pagare le cure ai non vaccinati: eticamente distorsivo e politicamente aberrante

di Matteo Bortolon

Il ministro Speranza alcuni giorni fa si è pronunciato negativamente sulla proposta di escludere dalle cure garantite per diritto i non vaccinati da covid-19, con una tassatività che si spera seppellisca questo dibattito surreale.

A prescindere dall’opinione che si ha in merito ai vaccini e alla relativa obbligatorietà, tali argomenti vanno respinti in blocco in quanto non solo contrari alla Costituzione ma in base alla loro sostanziale infondatezza. Va considerato il fatto che “far pagare le cure” significa togliere il diritto a riceverle. Alcune stime calcolano il costo della terapia intensiva nell’ordine di 2.800,00 € al giorno, e subordinarla al suo pagamento significa negarla a vastissimi strati popolari. Non è far pagare un ticket, insomma. Con questo la discussione potrebbe chiudersi, perché è evidente che una misura così abnorme e sproporzionata di negare le cure volte a garantire l’integrità psicofisica e magari la vita, cioè un diritto fondamentale, sulla base di un comportamento – che è peraltro consentito dalla legge – sarebbe assolutamente impensabile. Ma dato che è stata affermata da persone delle istituzioni – horribile dictu – e rilanciata – forse provocatoriamente – da qualche magistrato dotato di visibilità, è meglio prenderla di petto e capire perché non solo è insostenibile ma recherebbe danno agli stessi obiettivi di tutela della salute.


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Salvatore Bravo: L’era del gabbiano

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L’era del gabbiano

di Salvatore Bravo

Filippo Facci definisce i non vaccinati “armi batteriologiche che camminano” e ne propone l’arresto. A queste affermazioni se ne potrebbero aggiungere innumerevoli, vi sono virologi che hanno proposto di far pagare le cure agli ammalati, se si ascoltano le TV statali e private si incita al terrore, i non vaccinati sono indicati come la causa della recrudescenza del virus. Sono i sintomi di una democrazia che ha perso il suo fondamento essenziale: la ragione pubblica come condizione imprescindibile per trascendere posizioni ideologiche, pregiudizi e chiusure private. La malattia si diffonde con la paura che si trasforma in terrore e angoscia, su di essa si innesta la società dello spettacolo, l’abitudine a forme di narcisismo deteriore, la ricerca spasmodica del “mezzo” più efficace per essere al centro dello spettacolo favorisce forme parossistiche di narcisismo deleterie. Siamo dinanzi al capitalismo che divora le istituzioni come le persone. Simili affermazioni vengono evidenziate dai mezzi di comunicazione, non solo perché coerenti con gli ordini delle oligarchie con annesse strategie di dominio, ma anche in quanto il declino del logos democratico, della parola che argomenta e problematizza è stata sostituita dal sensazionalismo irrazionale: si grida sempre più forte in modo da poter apparire, i messaggi non sono filtrati dalla razionalità, ma usati per l’attenzione mediatica.


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Mauro Armanino: Le tre frontiere del Sahel

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Le tre frontiere del Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 24 ottobre 2021. …’E’ la zona, oggi, nella quale abbiamo più vulnerabilità, dove le popolazioni sono veramente nel bisogno, spogliate di tutto, con persone sfollate e dove i bisogni sociali sono enormi. Pertanto il programma che abbiamo lanciato è destinato a dotare le popolazioni di dispensari, scuole e, cosa ancora più importante, di pozzi’, spiega Mikailou Sidibé, capo del dipartimento strutture del G5 Sahel. Sidibé allude a un finanziamento del governo tedesco che, nel quadro del G5 Sahel (forza congiunta di militari della Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Chad), darà la priorità alle popolazioni vittime del terrorismo. La zona scelta è quella del Liptako-Gourma chiamata delle ‘tre frontiere’: Burkina- Mali-Niger, dove la presenza dei gruppi terroristi accentua la povertà e l’insicurezza. In realtà le tre frontiere sono altre!

La prima è quella dell’ipocrisia bellico-umanitaria e che consiste, come da copione di un film già visto altrove, nel preparare il terreno alla creazione del caos, facilitarne il mantenimento e infine arrivare, tramite gli attesi finanziamenti, come i salvatori della patria. Fuochisti e pompieri a seconda delle convenienze, per ‘attirare’ fondi, finanziamenti per progetti di sviluppo.


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Diego Fusaro: Insetti come alimenti: il pensiero unico arriva in tavola

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Insetti come alimenti: il pensiero unico arriva in tavola

di Diego Fusaro

Si sta già da qualche tempo delineando una nuova inquietante tendenza a sdoganare gli insetti come nuovo pasto per i popoli europei. Addirittura, vi sono master e corsi universitari dedicati al tema, come se fosse la cosa più ovvia e magari anche positiva al mondo. E i rotocalchi di ortodossa fede neoliberale fanno a gara nel dare entusiasticamente la notizia che, presto, sulle nostre tavole arriveranno gioiosi larve e insetti.

Il problema mi pare possa affrontarsi da una duplice e sinergica prospettiva, culturale e socio-economica. Sul versante culturale, stiamo assistendo ai processi di disidentificazione, vale a dire di distruzione delle identità culturali e financo gastronomiche dei popoli. Come ho cercato di sottolineare nel mio libro Difendere chi siamo, il nichilismo della globalizzazione mercatista mira a produrre il vuoto identitario e culturale, vale a dire il piano liscio ideale per lo scorrimento accelerato e onnidirezionale delle merci.


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Marinella Correggia: India. Storica vittoria del movimento dei contadini

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India. Storica vittoria del movimento dei contadini

Una svolta epocale. Forse

di Marinella Correggia

Prima, storica vittoria di un grande movimento, quello degli agricoltori indiani, che andrà studiato per le sue modalità (pacifiche), le sue dimensioni (oceaniche), la sua costanza (quotidiana), e un contesto interamente sfavorevole (la crisi sanitaria).

Il Samyukt Kisan Morcha (Skm, Fronte unitario contadino), coordinamento di quaranta organizzazioni contadine, ha potuto annunciare che il 19 novembre 2021, «nel 358esimo giorno di una lotta che ha visto gli agricoltori uniti, perseveranti e pacifici per il ripristino della democrazia nel paese», si è verificata una «storica prima vittoria» per l’abrogazione di tre leggi – approvate in fretta nel 2020 , che liberalizzavano il mercato agricolo a favore delle grandi imprese e a tutto scapito del mondo rurale. Infatti, a sorpresa, il primo ministro ha annunciato che le leggi in questione saranno cancellate.

All’annuncio ha fatto seguito l’esultanza composta dei contadini mobilitati da novembre 2020 alle porte di New Delhi (Singhu border).


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tonino

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Nov 26, 2021, 10:39:52 AM11/26/21
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Andrea Zhok: Probabilità e dogmatismo aggressivo

sfero

Probabilità e dogmatismo aggressivo

di Andrea Zhok

Schermata del 2021 11 24 14 44 09Nell'intento di mantenere forme di confronto civile in una situazione che sta travalicando da tempo civiltà e decenza, propongo di riflettere sull’attuale vicenda della strategia pandemica a partire dal problema generale dell’idea di probabilità.

È possibile, almeno in parte, descrivere le attuali divergenze tra chi accondiscende all’inoculazione, per sé e/o per i propri figli, e chi non lo fa, in termini di diversità nella valutazione di probabilità.

In una valutazione costi-benefici relativi ad una certa azione noi siamo chiamati a giudicare alcuni scenari possibili, attribuendovi un valore, e poi a considerare la probabilità che questo scenario si presenti.

La questione che dobbiamo affrontare innanzitutto è: esiste un modo in cui possiamo fissare queste probabilità in modo definito ed obiettivo?

Per fissare le idee è utile rimandare alle tre principali concezioni esistenti della probabilità (versione un po’ semplificata, non me ne vogliano matematici e statistici).

In primo luogo abbiamo la concezione classica o logicista della probabilità, definita come rapporto tra casi positivi (realizzazioni) e casi possibili. Questa definizione è perfettamente chiara e idealmente predittiva: di principio un dado ideale a sei facce ha una probabilità di 1/6 che ciascuna faccia appaia verso l’alto in ciascuno lancio.

Il problema di questa concezione è che funziona in modo rigoroso solo nei limiti in cui abbiamo a che fare con entità ideali, con enti matematici, ma nel mondo reale non fornisce nessuna garanzia. Nessun dado reale è davvero perfettamente uniforme dal punto di vista dell’omogeneità del peso, dei materiali, degli attriti, e per verificare se davvero un certo dado materiale sia all’altezza del dado ideale l’unica cosa da fare è svolgere un gran numero di lanci, controllando se la distribuzione delle occorrenze delle diverse facce sia equilibrata.


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Michele Castaldo: Una sporca manovra euroccidentale

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Una sporca manovra euroccidentale

di Michele Castaldo

polonia migranti bielorussia scontro Che succede con i migranti al confine tra la Polonia e la Bielorussia, una delle tante tragedie in un mondo sempre più caotico come quello attuale? Riuscire a capire cosa si muove veramente dietro i fatti che ci vengono sbattuti in faccia è sempre più complicato. Insomma quali sono le necessità che sprigionano la forza che produce tante infamie come quelle di migliaia di persone che vengono respinte da due confini e lasciate soffrire e per alcune addirittura morire?

Romano Prodi, che si è battuto per l’Unione europea e la globalizzazione come un vero alfiere, ha il pregio della sintesi oltre che della chiarezza: « I migranti usati per il duello sull’energia. ». Cerchiamo perciò di capire perché c’è un duello per l’energia e in che modo questo viene fatto vivere sulla pelle dei migranti.

Cominciamo col dire, per amore della verità, che i migranti che sostano al confine tra la Bielorussia e le barriere di Polonia e Lituania non sono come quelli che arrivano con i gommoni sulle nostre coste e molti muoiono annegati nel Mediterraneo senza mai riuscire a sbarcare. Si tratta di ceti sociali per lo più piccolo borghesi che dalla Siria, dall’Afghanistan, dal Sudan, soprattutto dal Kurdistan iracheno, arrivano in Bielorussia con visti turistici per poi transitare in Europa attraverso la porta di confine della Polonia. Di che meravigliarsi? Gli affari sono affari e le strade si trovano sempre. La storia economica degli ultimi cinquecento anni almeno è una storia ricca di contrabbando di ogni tipo, per ogni merce, perché dovrebbe meravigliare che si contrabbandi anche della merce umana da parte di ambasciate e agenzie viaggi? Le leggi sono fatte per essere aggirate.

Ma perché a un certo punto quello che filava liscio come l’olio diviene un fatto eclatante saltando alla ribalta e ponendo una serie di interrogativi ai quali è tanto difficile rispondere?


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Alfonso Gianni: L’Europa dopo Angela Merkel

alternative

L’Europa dopo Angela Merkel

di Alfonso Gianni

indexjkuo8y43Le elezioni tedesche del 26 settembre sono probabilmente destinate a cambiare le cose più in Europa che non in Germania. Un acuto osservatore della situazione internazionale, come Lucio Caracciolo, intervenendo in un webinar il giorno dopo, le ha persino definite come le più importanti elezioni italiane degli ultimi tempi.

Naturalmente questo non significa che nel grande paese tedesco tutto possa rimanere come prima. Sarebbe impossibile in ogni caso. Per quanto Olaf Scholz, il candidato socialdemocratico uscito vincitore dalla tenzone elettorale fosse da tempo “volato sul nido del cuculo”, ossia avesse moderato le proprie posizioni da non renderle così diverse dalla politica incarnata da Angela Merkel, con sempre maggiore evidenza man mano che si avvicinava le urne. Malgrado che sotto i suoi manifesti di propaganda affissi in tutto il paese vi fosse il singolare – ma fortunato – slogan “Sa fare la Cancelliera”. Malgrado che la sua postura, perfino la posizione delle mani durante i dibattiti televisivi fossero stati studiati appositamente per richiamare la figura della Merkel, fino a dar vita al neologismo “merkelare” riferito all’insieme delle sue parole e dei suoi comportamenti. Malgrado tutto ciò, i sedici anni nei quali Angela Merkel ha ricoperto il ruolo di Cancelliera sono per chiunque irripetibili e neppure imitabili se non nel tragitto di una pur lunga campagna elettorale. Che tale è stata se non si considerano i tempi formalmente e strettamente destinati ad essa, ma quelli del lungo addio all’alta carica da parte della Merkel.

Il suo cancellierato ha aperto e probabilmente concluso un’epoca. Nel 2005 la Germania era considerata dai mass media internazionali più autorevoli come il grande malato d’Europa, sia per i costi della riunificazione tedesca che, e soprattutto, per la recessione nel quale il paese entrò nel 2003.


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Mauro Armanino: Figli, figliastri e commercianti nel Niger

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Figli, figliastri e commercianti nel Niger

di Mauro Armanino

Niamey, 14 novembre 2021. Nel Paese il potere l’hanno loro, i commercianti di mercanzie e di vite umane. Dalle elezioni presidenziali e legislative all’adesione alla Zona di Mercato Africano Libero, Zlecaf in un acronimo improbabile, tutto passa dalle mani e soprattutte dalle borse dei mercanti. Un caso particolare di questa egemonia, che si conferma tramite scelte politiche e la dimissione in blocco della classe intellettuale nigerina, è appunto l’ambito dell’educazione scolastica. Lo smantellamento graduale, coerente e sistematico dell’impianto educativo è iniziato, al dire dei più, coi ‘Piani di Aggiustamento Strutturale’, i PAS negli anni ’80. La batteria di misure economico-ideologiche per ‘normalizzare’ i Paesi troppo ‘nazionalisti’ ed autonomi rispetto alla narrazione dominante ha colpito il Niger e altri Paesi dell’Africa subsahariana. Tra i settori colpiti si noterà la scuola.

La deriva dell’educazione formale ha gradualmente prosperato e le scuole statali, che si erano complessivamente distinte negli anni post indipendenza, hanno visto confiscato il loro ruolo trainante e la qualità dell’insegnamento. Il peso delle scuole private è andato crescendo fino a costituire ciò che in definitiva si voleva dall’inizio e cioè la creazione di una classe subalterna di marginali che non potranno mai scalzare le elite dal potere.


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Davide Sabatino: L’ingenuità che plaude alla tecnopolitica

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L’ingenuità che plaude alla tecnopolitica

di Davide Sabatino and L'Indispensabile

Ecco a voi la “nuova normalità”[1]!

Quando si raggiunge quella che in psicologia viene chiamata dissonanza cognitiva, all’interno non solo della psiche del singolo individuo ma della maggioranza che compone l’anima di gruppo di una società, basta un nonnulla per far venir meno ogni ragionevole comprensione della realtà circostante. La lucidità della logica più elementare è messa da parte, e ciò che si diffonde rapidamente è un atteggiamento di drastico rifiuto di mettersi a ragionare. È questo ciò che sta accadendo ultimamente: una perdita di pazienza che si unisce al senso di rinuncia per sfinimento.

A distanza di quasi due anni dall’inizio della crisi sanitaria, trasformatasi subito in opportunità per il potere dominante di accelerare i lavori per l’introduzione di nuove modalità di dominio e controllo, ci ritroviamo con una popolazione gravemente anestetizzata, frammentata e privata di qualsiasi riferimento politico in grado di dare risposte rassicuranti nei confronti di uno stato di emergenza che pare proprio essere la nostra “nuova normalità”. Si dirà che questo tipo di ragionamento appartiene alla sfera del complottismo, dato che oramai ogni approccio critico verso chi gestisce il potere, sia esso un regime tecnocratico più o meno velato o un sistema finanzcapitalistico basato sugli introiti delle multinazionali (anche quelle del farmaco), è considerato demagogico, infantile e delirante.


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Antonella Stirati: "Il conto dell'inflazione lo pagheranno dipendenti e pensionati"

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"Il conto dell'inflazione lo pagheranno dipendenti e pensionati"

Adriano Bonafede intervista Antonella Stirati

Per l'economista di Roma Tre però "la fiammata inflazionistica sembra destinata a rientrare"

Europa più 4,1 per cento, Italia più 3. È tornata l’inflazione. C’è da preoccuparsi? E chi, soprattutto, deve temere per la tenuta del proprio potere d’acquisto? «Prima di tutto occorre attenzione nel maneggiare questi dati. Oggi I’Istat ci dice che i prezzi sono aumentati a ottobre 2021 sull’anno precedente del 3 per cento. Ma nel corso del 2020 i prezzi hanno subito varie oscillazioni, anche in negativo. Tra ottobre 2019 e oggi, cioè in due anni, i prezzi al consumo sono cresciuti in tutto di 2,8 punti. Una crescita maggiore che negli anni precedenti il 2019, ma ancora molto contenuta. L’Istat indica con chiarezza che ciò è dovuto ai prezzi dei beni energetici e delle relative bollette: al netto dell’incremento di questi ultimi l’inflazione ‘di fondo’ si attesta intorno a un punto percentuale». Antonella Stirati, professore ordinario di Economia politica a Roma Tre, invita alla prudenza, «ma certo, con l’inflazione, anche con questa inflazione per ora non preoccupante, alcune classi sociali sono più colpite, altre meno, altre addirittura ci guadagnano».

* * * *


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Piccole Note: Financial Times: è inutile inseguire il miraggio dello zero-Covid

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Financial Times: è inutile inseguire il miraggio dello zero-Covid

di Piccole Note

In un articolo del 14 novembre dal titolo “I Paesi zero-Covid sono finite in un vicolo cieco” il Financial Times analizza l’efficacia delle politiche di chiusura (lockdown) nel contenimento della pandemia di Covid-19 e ne trae una conclusione: sono state utili per guadagnare tempo nei mesi scorsi, ora non più.

“L’idea di fondo è che l’eliminazione del Covid semplicemente non è possibile. Anche con un’efficace campagna vaccinale, la variante Delta è semplicemente troppo contagiosa e troppo radicata in tutto il mondo. Non importa quante volte un paese elimini la malattia, tornerà e continuerà a tornare. In questa fase, quindi, le chiusure di frontiera e blocchi draconiani servono semplicemente rinviare il momento in cui Covid-19 diventerà inevitabilmente endemico in un Paese, pur limitando la libertà dei cittadini”.

“Tali restrizioni non possono impedirne la diffusione per sempre. Guadagnare tempo aveva senso durante l’attesa dei vaccini. Ma ora guadagnare tempo non fa guadagnare nulla”.


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Elena Camino: COP26 e i militari a Glasgow

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COP26 e i militari a Glasgow

di Elena Camino

SCV15001 015 1536x1229La guerra incrementa l’effetto serra

Molti gruppi di attivisti e associazioni impegnate nella difesa dell’ambiente, della pace e dei diritti umani avevano alimentato le aspettative pubbliche su un tema centrale – ma complesso e sottostimato – della ‘lotta’ al cambiamento climatico: il ruolo e le responsabilità degli apparati militari nelle trasformazioni in atto sul nostro pianeta. I profughi fuggono dai teatri di guerra per non essere feriti o uccisi. Ma non solo. È chiaro che la guerra fa male direttamente anche ai sistemi naturali, che sono la principale fonte di sostentamento per tutti i viventi – compresi gli umani. Bombardare, minare, inquinare terreni agricoli, mari, falde, boschi riduce la produttività agricola, produce carestie e fame; obbliga intere popolazioni ad abbandonare i luoghi in cui vivevano e a migrare in cerca di luoghi in cui continuare a sopravvivere. Dunque, la violenza diretta contro le persone e la distruzione delle fonti di sussistenza sono gli aspetti più evidenti degli effetti negativi della guerra sull’ambiente e sulle comunità. L’uso delle armi contribuisce all’effetto serra sia nel ridurre la produzione di ossigeno di aree coltivate e boschi, sia nell’aumentare le emissioni di CO2 prodotte da incendi, bombardamenti, distruzioni di impianti industriali ecc. Inoltre ogni guerra scatena nuovi conflitti e provoca migrazioni, in una spirale perversa.

 

Anche preparare la guerra produce CO2

Un secondo aspetto, meno ovvio e – soprattutto – a lungo censurato, è l’insieme dei danni socio-ambientali che il sistema militare in generale causa (indipendentemente dalle azioni di guerra) con tutte le sue strutture e funzioni: dalla produzione di armamenti agli aspetti logistici (costruzione di strade, caserme, mezzi di trasporto), dai centri di formazione e addestramento alle strutture di ricerca, alla costruzione e mantenimento di basi militari e poligoni di esercitazioni. È un mondo nel mondo, con milioni di persone su tutto il pianeta impegnate al servizio della distruzione e della morte.


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Sandro Moiso: Le trame e l’ordito della repubblica

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Le trame e l’ordito della repubblica

di Sandro Moiso

Elio Catania, Confindustria nella repubblica (1946-1975). Storia politica degli industriali italiani dal dopoguerra alla strategia della tensione, Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2021, pp. 360, 24,00 euro

libro confindustria nella repubblicaCome afferma Aldo Giannullli nella sua prefazione al testo di Elio Catania, recentemente edito da Mimesis: «Nella storia della Prima Repubblica, c’è una lacuna piuttosto vistosa che riguarda uno dei soggetti più importanti: la storia della Confindustria». Ma se è vero che anche altre associazioni come Confcommercio, Confagricoltura, Abi o Confapi, solo per citarne alcune, non sono state oggetto di una attenta ricerca e ricostruzione storica, è anche vero che il ruolo politico ed economico giocato dalla prima all’interno della storia italiana del ‘900 è indiscutibilmente assai più rilevante. Soprattutto, a detta dello stesso Giannulli, per la forte influenza costantemente esercitata «sulle scelte politiche di governo e non solo in materia di politica economica e sindacale, ma anche in politica estera e più in generale sull’indirizzo politico complessivo del governo – soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta».

La ricerca di Catania, pur ripercorrendo a grandi linee la storia dell’associazione degli industriali dalle sue origini fino al Fascismo e alla Repubblica, si sofferma, in particolare, proprio sul ruolo svolto dalla stessa nella fase in cui era al massimo del suo potere. Potere di cui si servì innanzitutto per ostacolare in ogni modo l’ascesa economica, politica e sociale della grande massa dei lavoratori.

E per fare ciò, sia come singoli gruppi imprenditoriali sia come associazione, minacciò più volte, oppure rasentò, lo sbocco del colpo di Stato, finanziando o incoraggiando, indirettamente o direttamente, la destra eversiva di stampo dichiaratamente fascista.


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Thomas Fazi: Il partito degli "austriaci"

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Il partito degli "austriaci"

di Thomas Fazi

Si moltiplicano le sollecitazioni da parte dei poteri costituiti (con Confindustria in prima fila) a «fare come in Austria»: ossia forme di lockdown specifici per i non vaccinati (che, secondo Brunetta, andrebbero «discriminati» ed «esclusi dalla vita sociale») e magari anche introduzione dell'obbligo vaccinale.

Cerchiamo allora di mettere in fila qualche punto per capire l'assurdità di tale posizione.

Come si può vedere nella prima immagine, in Italia ad oggi è "completamente vaccinato" l'85 del per cento della popolazione al di sopra dei 12 anni. Nelle fasce a rischio (over-60) questa percentuale supera il 90 per cento e a breve arriverà al 100 per cento, ma in realtà anche nelle altre fasce (sorprendente il dato della fascia 20-29) si registrano tassi di vaccinazione altissimi.

In questo contesto, quale sarebbe il senso dell'accanimento contro i non vaccinati? Che la vaccinazione di massa non serva a contenere la diffusione del virus è ormai evidente: come evidenziato da un recente studio dell'"European Journal of Epidemiology", e come riportato dal "Sole 24 Ore" (figura 2), infatti, i dati dimostrano che non vi è alcuna correlazione tra tasso di vaccinazione e aumento dei casi di Covid-19.


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Pasquale Cicalese: Le virtù del welfare. Una riscoperta forse tardiva…

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Le virtù del welfare. Una riscoperta forse tardiva…

di Pasquale Cicalese

Ci sono sommovimenti in Occidente. Spuri, ancora non decisivi, ma che incominciano a fare opinione.

Un trittico di giornate da incorniciare: venerdì notte il Congresso americano ha approvato un pacchetto welfare decennale da 1.600 miliardi di dollari, con spese per alloggi popolari, asili gratuiti, spese per istruzione, centralizzazione acquisti farmaci del sistema Medicare, bonus per polizze sanitarie.

Domenica è la volta dell’ex direttore di Repubblica, Verdelli, che su Il Corriere analizza la povertà lavorativa estremamente diffusa con salari bassissimi per tutti, citando le parole di Mattarella, di cui ho reso conto in questa bacheca.

Ieri mattina alle 6, prima di andare a lavorare, sono catturato dall’editoriale dell’ex direttore guerrafondaio atlantista Ezio Mauro, di Repubblica, “La rivincita del Welfare“.

Cito alcuni passaggi: “siamo davanti ad una resurrezione del Welfare; (…) Oggi c’è anche la consapevolezza che il Welfare è uno strumento di governo delle società complesse perché costituzionalizza il bisogno e l’insicurezza, ammortizza la lotta di classe, obbliga lo Stato a rivelare una sua dimensione sociale. (…)


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Il Paragone: I bambini contagiano gli adulti? Ecco lo studio internazionale che fa chiarezza

ilparagone

I bambini contagiano gli adulti? Ecco lo studio internazionale che fa chiarezza

di Il Paragone

Il governo italiano in questi giorni si sta accanendo sempre di più sui bambini. Pur di vaccinare anche loro si stanno inventando di tutto: prima hanno detto che sono loro la causa della quarta ondata; poi hanno sostenuto che i più piccoli (che inizialmente non si contagiavano) ora contagiano i più grandi (vaccinati) che finiscono in terapia intensiva e muoiono; nel mentre pensano di non far entrare a scuola gli alunni non vaccinati. Insomma, un vero disastro, l’ennesimo, fondato sul nulla, senza alcune base scientifica a confermare le loro tesi scellerate. Fortunatamente, però, in altre parti del mondo gli studi li fanno e i dati li leggono. E da un recentissimo studio curato da Jonas F. Ludvigsson, e pubblicato dal National Center for Biotechnology Information degli Stati Uniti, emerge che la verità è evidentemente un’altra.

L’autore dello studio, il dottor Jonas F. Ludvigsson (Dipartimento di Epidemiologia Medica e Biostatistica, Karolinska Institutet, Stoccolma Svezia, Dipartimento di pediatria, Ospedale universitario di Orebro, Orebro Svezia, Divisione di Epidemiologia e Salute Pubblica, Scuola di Medicina, Università di Nottingham, Regno Unito, Dipartimento di Medicina, Columbia University College of Physicians and Surgeons, New York), non uno Speranza qualsiasi, ha sostenuto: “La pandemia di coronavirus 2019 (COVID-19) ha colpito centinaia di migliaia di persone. I dati sui sintomi e sulla prognosi nei bambini sono rari”.


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Giorgio Riolo: Cop 26: i grandi assenti

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Cop 26: i grandi assenti

di Giorgio Riolo

L’ipocrisia e la retorica al potere. Debito ecologico, debito coloniale e malsviluppo, i grandi assenti nei vertici mondiali sul clima

Leonardo Boff è stato tra i fondatori della Teologia della Liberazione. Nel 1984 subì il “processo” in Vaticano, a opera del Sant’Uffizio allora diretto da Joseph Ratzinger, con papa Wojtyla regista dell’offensiva contro la Teologia della Liberazione, considerata «irruzione del marxismo e del comunismo dentro la Chiesa cattolica».

Una volta dismesso il saio di francescano è diventato uno dei più attenti e più efficaci critici del malsviluppo. La dimensione sociale e la dimensione ambientale sempre presenti nella sua critica e nelle sue proposte alternative al corso dominante capitalistico su scala mondiale.

In un recente articolo ha parlato dei grandi assenti alla COP26 di Glasgow, la Terra e la Natura. Così, da lui ispirati, usiamo la stessa metafora a proposito di altri grandi assenti.


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Nov 28, 2021, 11:55:41 AM11/28/21
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Sabato Danzilli: György Lukács, Dialettica e irrazionalismo

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György Lukács, Dialettica e irrazionalismo

Recensione di Sabato Danzilli

György Lukács, Dialettica e irrazionalismo. Saggi 1932-1970, a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano pp. 200, € 18, ISBN 9788883512537

147229 mdQuesta raccolta di saggi di György Lukács curata da Antonino Infranca ha il merito di riunire testi poco noti e finora difficilmente reperibili dedicati a uno dei temi fondamentali del pensiero lukacsiano: la contrapposizione tra pensiero dialettico e filosofia irrazionalistica. Com’è noto, Lukács dedica nel 1954 all’argomento un’opera quale La distruzione della ragione. Qui il filosofo ungherese combatte le tendenze della filosofia borghese post-hegeliana che fanno del movimento storico oggettivo una categoria secondaria e subordinata rispetto alla coscienza soggettiva. Si tratta di una descrizione necessariamente generica, che racchiude però il moto di pensiero che sta alla base dell’opera e della stessa categoria di «irrazionalismo» nelle sue declinazioni storiche.

Il testo curato da Infranca è composto da nove saggi, tutti precedenti l’ampio volume del 1954, con l’eccezione dell’ultimo. Il motivo di questa collocazione cronologica non è casuale ed è spiegato bene dalla prefazione del curatore: se nel periodo giovanile di Lukács l’affermazione del carattere progressivo della dialettica, contrapposta, come in Storia e coscienza di classe, alle «antinomie del pensiero borghese», riguarda essenzialmente il problema dell’attualità della rivoluzione, gli scritti degli anni ’30-’40 sono inseriti nel contesto completamente mutato della resistenza all’avanzata nazifascista. Infranca pone l’accento sul carattere politico ed etico di questa lotta, che viene intesa come una vera e propria battaglia per il futuro dell’umanità. La rivendicazione del carattere progressivo della filosofia dialettica assume il significato di una difesa di tutte le conquiste sociali e culturali del movimento che si richiama a questa grande tradizione.


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Sergio Messina: Pluriverso

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Pluriverso

di Sergio Messina

Ecologie della trasformazione, rubrica a cura di Emanuele Leonardi

pluriversoUna delle sfide più importanti dell’umanità contemporanea è quella di sapersi orientare in un mondo a crescente complessità. Ancor più difficoltoso risulta definire linee di azione e di trasformazione comuni che facciano capo a differenti contesti geografici ed esistenziali, i quali tuttavia condividono o possono condividere orizzonti di ricerca-azione trasversali.

Uno degli strumenti basilari che consente di porre in essere tale impegnativo percorso (che investe tanto il piano individuale, quanto quello collettivo) è l’individuazione di parole-chiave sia per il presente, sia per l’avvenire. Parole-chiave che sono state spesso dispiegate attraverso la costruzione di un dizionario, il quale si differenza dalle enciclopedie perché mentre queste ultime assumono una funzione teorica e conoscitiva per una determinata branca del sapere o dello stesso sapere universalmente inteso, il primo costituisce una cassetta degli attrezzi immediatamente operativa.

Ciò che di primo acchito balza agli occhi è che Pluriverso (Orthotes Editrice) è un dizionario elaborato sulla falsariga di precedenti lavori (ad esempio il Dizionario dello sviluppo, curato da Wolfgang Sachs, Staying Alive: Women, Ecology and Development di Vandana Shiva, sulla decrescita progettato da Giacomo D’Alisa, Federico Demaria e Giorgio Kallis, ecc.) ma con la differenza che esso rappresenta ancor più marcatamente un quadro non solo di concetti in senso lato ma anche di realtà viventi, di azioni e strategie collettive, di risorse valoriali e politiche che si pongono in alternativa allo spazio-tempo liscio e atonale del neoliberismo.


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Joseph Confavreux e Fabien Escalona: Tre anni dopo cosa resta dei “gilet gialli”

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Tre anni dopo cosa resta dei “gilet gialli”

di Joseph Confavreux e Fabien Escalona

Schermata del 2021 11 27 12 08 59Francia, perché l’impennata dei prezzi non porta a un’esplosione sociale? Non c’è un legame meccanico tra un contesto e una mobilitazione. Inchiesta di Mediapart 

La primavera sarà calda, l’autunno sarà turbolento, l’inverno sarà incessante… Così come la retorica militante ha spesso cercato di mobilitare le sue truppe annunciando in anticipo movimenti che non sempre si sono verificati, sembra difficile spiegare l’assenza di mobilitazione quando il contesto sembra prestarsi ad essa.

La coincidenza tra i prezzi della benzina più alti che mai e il terzo anniversario della rivolta dei “gilet gialli” solleva domande sulle ragioni dell’attuale apatia sociale: la prospettiva delle elezioni presidenziali e il confronto elettorale? Specificità della mobilitazione delle rotonde troppo inedite? La portata della repressione è stata realizzata? Assenza strutturale di correlazione tra mobilitazioni sociali e condizioni socio-economiche? Effetti di coda lunga dell’epidemia di coronavirus?

Quando, il 17 novembre 2018, il movimento dei Gilet Gialli è emerso, ha colto di sorpresa gli osservatori e le autorità. Questi ultimi riuscirono a spegnerlo solo dopo molti mesi, ricorrendo contemporaneamente a un’intensa repressione e a varie procedure pseudo-deliberative. All’epoca, l’annuncio di un aumento della tassazione sul carburante ha fornito la scintilla per la mobilitazione, che è stata originale nella sua forma, nella sua sociologia e nei suoi metodi di azione. Più in generale, la questione dei vincoli di spesa è stata al centro della conversazione nazionale.


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Alessandro Di Battista: Cosa hanno in comune Pfizer, Moderna, J&J con le principali industrie d'armi al mondo?

 lantidiplomatico

Cosa hanno in comune Pfizer, Moderna, J&J con le principali industrie d'armi al mondo?

di Alessandro Di Battista

Sapete cos'hanno in comune Pfizer, Moderna, J&J con le principali industrie d'armi al mondo ed i colossi del web? Semplice, i fondi di investimento!

Molti di voi conosceranno BlackRock, la più grande società di investimento del pianeta, ma i fondi finanziari che, di fatto, scegliendo dove investire condizionano le nostre vite, sono molti.

I primi tre investitori istituzionali di Pfizer sono fondi. Vanguard Group. possiede l'8,19% delle azioni, BlackRock il 7,32% e State Street Corporation il 5%. Lo stesso vale con Moderna: Vanguard ha il 6,7% e BlackRock il 6,63%.

Considerate che BlackRock gestisce un patrimonio di quasi 8000 miliardi di dollari, più del PIL di Giappone, Germania, Francia o Gran Bretagna. Solo USA e Cina hanno un PIL superiore ad 8000 miliardi di $.

Anche i primi due azionisti istituzionali di Johnson & Johnson sono fondi di investimento. Ancora una volta Vanguard Group. e BlackRock rispettivamente con l'8,8% ed il 7,4% delle azioni.


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Giorgio De Girolamo: L’avvento della meritocrazia

kriticaeconomica

L’avvento della meritocrazia

di Giorgio De Girolamo

“Il ritmo del progresso sociale dipende dal grado in cui il potere si accoppia all’intelligenza”. È su questo dogma che si fonda la costruzione della società meritocratica perfetta, che Michael Young, dal lontano 1958, proiettato in un immaginario e distopico 2033, dipinge ai nostri occhi. Con questo saggio, dal titolo “L’avvento della meritocrazia” (anche se più esaustivo degli scopi dell’autore è l’originale: “The Rise of Meritocracy 1870-2033: An Essay on Education and Equality”), Young, sociologo britannico e dirigente del partito laburista nel secondo dopoguerra (fino al 1950), introduce nel linguaggio politico e mediatico una parola tanto longeva quanto pericolosa.

Ma cosa intendeva davvero Young per “meritocrazia“? È un concetto assimilabile a quello oggi sovente rievocato?

 

La meritocrazia di Young

La meritocrazia di Young è una classe, e non una casta, al potere. La classe dei meritevoli coincide con la classe dei più intelligenti e dei più capaci.


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Pierluigi Fagan: Quando abbiamo smesso di credere nella cultura?

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Quando abbiamo smesso di credere nella cultura?

di Pierluigi Fagan

Post per chi ha più di sessanta anni in quanto fa riferimento a situazioni sociali che vissute, hanno un sapore diverso da quello dei fatti che si apprendono intellettualmente

Berlusconi accusava i “comunisti” o la “sinistra” (ma lui usava “comunisti” sapendo che provocava più ribrezzo) di aver monopolizzato alcune istituzioni sociali tra cui la “cultura”. Era vero.

La mia generazione è nata in un ambiente in cui la massa gravitazionale della cultura era di sinistra, comunista (in varie versioni e tonalità), socialista, progressista, democratica. Qualcuno era anche anarchico. Dati di fatto dicono che tale massa critica monopolizzava il cinema, la radio, la musica, l’arte, i giornali, le case editrici, la scuola e parte dell’università. Ma poi si estendeva anche alla magistratura, in parte alla polizia, forse qualcuno anche nell’esercito e molto nell’amministrazione burocratica dello Stato. La massa era data a livello di individui ma anche partiti e soprattutto sindacati. Addirittura, alcuni artisti o intellettuali sono diventati di destra solo perché quella era l’unica altra opzione disponibile per chi non era di “sinistra” ed hanno coltivato un certo rancore anche perché erano pur sempre lavoratori, lavoratori ostracizzati in base al non allineamento di pensiero.


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lorenzo merlo: L’onda lunga

sinistra

L’onda lunga

di lorenzo merlo

Nel gioco “unisci i puntini” compare una figura che mai si vede finché si guardano i singoli passaggi.

Si può credere che le autorevoli voci scientifiche, filosofiche e della società civile contrarie al vaccino come sola risoluzione del problema del Covid-19, sostenitrici delle cure domestiche, ipotizzanti di una regia extra sanitaria, intenta alla rivisitazione socio-economica del mondo e alla riduzione della popolazione, non siano giunte al tavolo del Governo? Dei Governi?

Tendenzialmente no.

C’è allora da presumere che i Governi che promuovono l’emergenza ad oltranza e l’attuato stato socio-sanitario, siano marionette dirette a distanza da fili digitali dall’ignoto IP.

C’è da domandarsi cosa sia stato promesso ai passacarte della Stampa per disporre della loro quasi bulgara sottomissione.

È un’elementare premessa per arrivare a riconoscere che il problema inquinamento-ambiente-economia-demografia non poteva essere altrimenti risolto se non con strategia scacchistica.


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Carlo Formenti: Prefazione al volume I delle opere di Costanzo Preve

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Prefazione al volume I delle opere di Costanzo Preve

di Carlo Formenti

Costanzo Preve: Opere di Costanzo Preve. Vol. 1: Il nemico principale, Inschibboleth , 2021

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            DSCF1951In questa Prefazione mi occuperò del primo dei testi riuniti in questo volume, (Finalmente! L’atteso ritorno del nemico principale. Considerazioni politiche e filosofiche). Nella parte iniziale di tale testo leggiamo la seguente citazione: “Il nemico principale è sempre quello che è insieme più nocivo e più potente. Oggi è il capitalismo e la società di mercato sul piano economico, il liberalismo sul piano politico, l’individualismo sul piano filosofico, la borghesia sul piano sociale, e gli Stati Uniti d’America sul piano geopolitico”. Il brano è tratto da un articolo del filosofo francese di destra Alain de Benoist. Una scelta che appartiene al repertorio di gesti provocatori che ha caratterizzato l’ultima stagione produttiva di Costanzo Preve.

Non ho mai avuto modo di conoscere Preve di persona, né di parlargli. L’unico rapporto che ho avuto con lui è stato nelle vesti di caporedattore del mensile “Alfabeta”(ruolo che ho svolto negli anni Ottanta), quando Preve ci venne proposto come collaboratore da Francesco Leonetti. Non sono quindi in grado di stabilire se le provocazioni in questione nascessero dall’irritazione e dal disgusto nei confronti di una sinistra in avanzata fase di decomposizione sul piano politico, ideologico e filosofico (per cui Preve gioiva malignamente nell’evidenziare che, per leggere certe verità, si era ormai costretti a rivolgersi altrove), oppure se – almeno nel caso in questione – il fatto di potersi rispecchiare in una serie di affermazioni che riteneva condivisibili prevalesse sull’appartenenza ideologica del loro autore.

Sciogliere questo dubbio mi sembra francamente secondario rispetto a un dato di fatto: i detrattori di Preve si sono concentrati esclusivamente sulla fonte della citazione, ignorandone completamente il contenuto (per tacere del modo in cui Preve lo interpreta e approfondisce).


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Sebastiano Isaia: Il senso della scienza per il dominio di classe

sebastianoisaia

Il senso della scienza per il dominio di classe

di Sebastiano Isaia

catasJoachim Sauer, marito della Cancelliera tedesca Angela Merkel e chimico quantistico di fama internazionale, si dice «dispiaciuto di quella parte di popolazione tedesca che semplicemente ignora la realtà per ragioni illogiche, come chi non crede nei vaccini», e non riesce a capire perché così tante persone «non vogliono dare retta alla razionalità scientifica, non trovano l’ingresso nel mondo razionale» (La Stampa). Ma non è che è proprio la realtà della società capitalistica (mondiale, non solo tedesca o europea) a essere palesemente e grandemente illogica e irrazionale, nonostante il larghissimo uso che essa fa della scienza e della tecnica? Non è che siamo in presenza di una scienza e di una tecnologia al servizio, fondamentalmente, del Capitale e non dell’Umanità? E ancora, chi ci assicura che lo “zoccolo duro” di chi continua a non fidarsi della scienza, nonostante «lo sviluppo dei vaccini rappresenti», sempre secondo il nostro chimico quantistico, «una grande vittoria della scienza», non sia in realtà l’espressione, una delle tante e certamente oggi quella più eclatante e difficile da accettare per la massa dell’opinione pubblica, di una sfiducia assai più diffusa nei confronti della Civiltà capitalistica? Una sfiducia, beninteso, istintiva, “a pelle”, ossia non elaborata concettualmente e non compresa nelle sue reali cause.

Queste domande interrogano, io credo, soprattutto l’anticapitalista, il quale oggi si trova nella tristissima condizione, che peraltro ha radici storiche e sociali tutt’altro che misteriose e incomprensibili (vedi la catastrofe stalinista e le continue rivoluzioni economico-sociali capitalistiche), di non avere alcun tipo di influenza nemmeno sulla parte più disagiata e offesa dell’umanità, quella che da una rivoluzione sociale avrebbe tutto da guadagnare e nulla o pochissimo da perdere.


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Leo Essen: Che cos’è il «Rifiuto del Lavoro»? Mario Tronti

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Che cos’è il «Rifiuto del Lavoro»? Mario Tronti

di Leo Essen

rif75d32Nel 1962, sul numero 2 dei Quaderni Rossi, Tronti scrive un saggio destinato a fare epoca: La fabbrica e la società. In esso sono generalizzate alcune indicazioni contenute nei capitoli 13 e seguenti del primo libro del Capitale.

Nel capitolo sulle Macchine, Marx dice che la rivoluzione nel modo di produzione di una sfera dell’industria porta con sé la rivoluzione del modo di produzione nelle altre sfere. Questo vale in primo luogo per quelle branche dell’industria che sono sì isolate a causa della divisione sociale del lavoro, cosicché ognuna di esse produce una merce indipendente, ma tuttavia s’intrecciano l’una con l’altra come fasi d’un processo complessivo. Così la filatura meccanica rese necessaria la tessitura meccanica, e l’una e l’altra insieme resero necessaria la rivoluzione chimico-meccanica della candeggiatura, della tintura e della stampatura dei tessuti. Così d’altra parte la rivoluzione nella filatura del cotone rese necessaria l’invenzione del gin per la separazione delle fibre del cotone dal seme, con il che divenne possibile finalmente la produzione su larga scala com’è ora richiesta. La rivoluzione nel modo di produzione dell’industria e dell’agricoltura rese necessaria, in ispecie, anche una rivoluzione nelle condizione generali del processo sociale di produzione, cioè nei mezzi di comunicazione e di trasporto. Come i mezzi di comunicazione e di trasporto di una società il cui pivot erano la piccola agricoltura con la sua industria domestica ausiliaria e l’artigianato urbano, non potevamo più soddisfare affatto le necessità produttive del periodo manifatturiero con la sua divisione allargata del lavoro sociale, la sua concentrazione di mezzi di lavoro e operai, e i suoi mercati coloniali, e quindi vennero di fatto rovesciati; così i mezzi di comunicazione e di trasporto tramandati dal periodo della manifattura si trasformarono presto in impacci insopportabili per la grande industria, con la sua febbrile velocità di produzione, con la sua produzione su vastissima scala, con il costante lancio di grandi masse di capitale e di operai da una sfera all’altra della produzione e con i nuovi nessi da essa creati sul mercato mondiale.


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Guido Cappelli: Ferita a morte. I transumanisti stracciano il tema di maturità

comedonchisciotte.org

Ferita a morte. I transumanisti stracciano il tema di maturità

di Guido Cappelli*

Mi chiedo che cos’altro ancora devono farci, quanto ancora devono sbeffeggiarci per farci svegliare. La notizia è recentissima: la prova scritta di maturità, il celebre “tema d’italiano”, è in coma profondo. Coma indotto, coma farmacologico, eutanasia: è ovvio. E il colmo della beffa è che il metodo è tipico del regime autoritario: se lo fanno chiedere da fantomatiche “forze sociali” che a gran voce esigono… quello che vogliono loro! Eseguono ordini o, se si preferisce, implementano un’Agenda: sono schiavi; ma dentro la propria sfera di competenza – cioè l’Italia, cioè noi – il loro è un potere quasi illimitato, e si stanno abituando in fretta e con gusto a esercitarlo.

Il pretesto, il cavallo di Troia è sempre lo stesso da quasi due anni a questa parte: Covid. Testualmente: “non consentirebbero ai maturandi di stare in totale sicurezza”: dobbiamo diventare bestioline incapaci di esprimersi, altrimenti ci viene la febbre! “In totale sicurezza” – così dice il ministro della (d)istruzione, l’indegno valvassore della tecnocrazia cyber- e post capitalista. Facciamogli caso, prendiamolo in parola, non lasciamoci sfuggire queste smargiassate benché indegne di esser prese sul serio. Guardiamole in faccia: sicurezza da che cosa? Cosa mai vuole insinuare questo tono paternalista? L’elisir di lunga vita? Lo scudo galattico? L’inconsistenza infantiloide di queste pagliacciate brilla in tutta la sua sfacciatezza al solo rivolgergli lo sguardo.


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Mario Lombardo: Nord Stream 2, l'harakiri dell’Europa

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Nord Stream 2, l'harakiri dell’Europa

di Mario Lombardo

La stupidità dei politici e dei burocrati europei ha fatto segnare nuovi picchi questa settimana con la decisione di sospendere l'approvazione del gasdotto Nord Stream 2 nel pieno della crisi energetica che sta interessando il continente. L’infrastruttura, da tempo al centro di un’accesa disputa di carattere soprattutto strategico, dovrebbe raddoppiare le forniture di gas naturale dalla Russia alla Germania, con evidenti vantaggi per quest’ultimo paese e il resto di un’Europa costretta a fare i conti con scorte ridotte all’osso e prezzi in sensibile aumento.

Lo stop al processo di certificazione del Nord Stream 2 è arrivato quando gli innumerevoli ostacoli alla finalizzazione del progetto, di proprietà del gigante russo Gazprom e a cui partecipano varie compagnie energetiche europee, sembravano essere finalmente superati. Nel mese di luglio, anche il governo americano aveva ufficialmente rinunciato a imporre sanzioni punitive per fermare il completamento dei lavori, preferendo evitare uno scontro frontale con l’alleato tedesco.

Il completamento dell’opera era avvenuto a settembre, ma da più parti erano emerse resistenze e tentativi di boicottarne l’entrata in funzione nonostante il gasdotto risponda indubitabilmente alle esigenze energetiche della Germania e dell’Europa nel suo insieme.


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Francesco Bercic: Il crampo moralista: un’ombra che avvelena (da sempre) il dibattito politico del Paese

chartasporca

Il crampo moralista: un’ombra che avvelena (da sempre) il dibattito politico del Paese

di Francesco Bercic

Dopo il curioso epilogo dell’iter parlamentare del DDL Zan, con gli applausi scroscianti a Palazzo Madama di buona parte del centrodestra all’esito del voto segreto, sembra essersi rafforzata nel nostro Paese la convinzione secondo cui fra la rappresentanza partitica e il cosiddetto “Paese reale” – l’amalgama non ben definito che dovrebbe sintetizzarsi nella collettività tutta – fra la politica e la società dunque, esista una profonda discrasia, una lacerazione irrimediabile e preoccupante. Tesi rafforzata dai dati di astensionismo alle recenti votazioni comunali, che certificherebbero un disinteresse capillare, se non una vera e propria delegittimazione dei partiti stessi. La sicumera e la iattanza con cui tale idea viene suggerita – non solo nelle stories Instagram dei più svariati influencer (penso al coinvolgimento di Fedez nella vicenda Zan), ma anche fra gli opinionisti della primissima ora (e penso a Tomaso Montanari, che l’ha replicata poche settimane fa a “Otto e Mezzo”) – non sembra lasciar spazio a equivoci. Questi personaggi, di ogni colore e parte politica, paiono tutti dire qualcosa del tipo: “guardate cos’è la politica! cos’è diventata, quanto si allontana dalla (nostra) idea di giustizia…”. Ma è davvero così?


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Aldo Zanchetta: Scienza e anti-scienza

sollevazione2

Scienza e anti-scienza

di Aldo Zanchetta

Sul Notiziario ANSA del 19 novembre leggo queste parole pronunziate dal Capo dello Stato Sergio Mattarella in occasione dell’iniziativa “I giorni della Ricerca” promossa dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro:

«Non si è esaurito il nostro dovere è di responsabilità, soprattutto verso i più deboli. Siamo riusciti a realizzare una ripresa economica e i vaccini sono stati la nostra difesa, hanno consentito le riaperture. La ricerca è stata un grande esempio di collaborazione mondiale. Abbiamo visto una larga adesione alla campagna vaccinale che ha visto la quasi totalità degli italiani vaccinarsi per proteggere se stessi e gli altri» … «I vaccini sono stati la nostra maggior difesa, salvate vite e consentito le riaperture ed è merito della ricerca» … «La scienza è chiamata ancora ad intervenire, La pandemia ha prodotto pesanti conseguenze nella lotta contro il cancro». Anche per questo bisogna condurre la battaglia contro l’antiscienza … perché ci sono nuclei che propagano l’antiscienza: è una sfida nei luoghi della modernità, occorre affrontarla e vincerla, ne va della prosecuzione di un percorso virtuoso». (grassetto mio).


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Sergio Bologna: Due libri, un solo autore

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tonino

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Nov 30, 2021, 2:02:37 AM11/30/21
to sante gorini

Fabio Ciabatti: L’opera aperta di Marx: un pensiero della totalità che non si fa sistema

carmilla

L’opera aperta di Marx: un pensiero della totalità che non si fa sistema

di Fabio Ciabatti

Paolo Favilli, A proposito de “Il Capitale”. Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea, Franco Angeli, Milano 2021, Edizione Kindle, pp. 535, € 35,99

escher 3Marx non può essere considerato un classico. Sono troppe le passioni che ancora suscita la lettura dei suoi scritti per la radicalità della loro critica al sistema capitalistico. Ma c’è di più. Marx rimane un nostro contemporaneo per il carattere aperto della sua opera che, ancora oggi, ci consente di dipanare il filo dei suoi ragionamenti in molteplici direzioni utili per indagare le radici del nostro presente, anche al di là degli originari programmi di ricerca del rivoluzionario tedesco. Per comprendere questo carattere di apertura, sostiene Paolo Favilli nel suo ultimo libro A proposito de “Il capitale”, bisogna prendere in considerazione il rapporto tra la teoria marxiana e la storia, in un duplice senso. Da una parte bisogna comprendere fino in fondo la “fusione chimica” tra due dimensioni teoriche, quella economica e quella storica, che si intrecciano profondamente nella sua opera e in particolare ne Il capitale; dall’altra occorre capire come le vicende storiche concrete, e in particolare quelle del movimento operaio, abbiano inciso sulla ricezione, l’interpretazione e l’utilizzo del testo marxiano.

Per quanto riguarda il primo punto, bisogna partire dal fatto che per Marx dietro a ogni categoria, anche la più astratta, c’è sempre una realtà concreta storicamente determinata, mai una realtà universale e eterna. La ricerca della logica specifica dell’oggetto specifico non può prescindere da un’incessante messa a punto degli strumenti concettuali che, per essere adeguati, devono con continuità consumare produttivamente una grande quantità di dati empirici.

D’altra parte Marx non è certo un empirista. Il capitale è, senza dubbio, un lavoro pensato attraverso la categoria di totalità anche se, ed è questo il punto su cui insiste l’autore, non si chiude mai nella costruzione di un sistema. L’opera del rivoluzionario tedesco è un “non finito” che combina Prometeo e Sisifo.


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Panagis Polykretis: Vaccini anticovid in bambini e adolescenti

lindipendente

Vaccini anticovid in bambini e adolescenti

La doverosa analisi dei benefici, paragonati ai rischi

di Panagis Polykretis*

vaccino
            bambiniPer vaccinarsi contro il covid-19 i cittadini devono firmare un modulo di consenso informato. Tuttavia mi chiedo quanto il consenso sia veramente informato, quando i mass media continuano a mostrare solamente un lato della medaglia. Uno degli aspetti che mi ha inquietato maggiormente durante questa pandemia, è stato proprio il potere mediatico di persuasione delle masse. Da questa influenza non sono sfuggite neanche molte persone appartenenti all’ambiente scientifico, che considerano i mass media come un’entità superiore e inconfutabile, una specie di “bocca della verità” capace di fargli dimenticare quello che hanno imparato sui testi. Questo può diventare estremamente pericoloso, perché come diceva Platone: “Chi racconta le storie, governa la società”.

Mi è capitato di ascoltare alla radio un famoso giornalista italiano, co-conduttore di una trasmissione che conta milioni di ascoltatori. Egli continuava a ripetere che i vaccini contro il covid-19 hanno meno effetti collaterali dell’aspirina e canzonava con fare disgustoso tutti coloro che esitano a vaccinarsi. L’opinione di questa persona (senza alcuna formazione nel campo medico-scientifico), come di tante altre come lui, può influenzare una grandissima quantità di cittadini. Lo scopo di questo articolo dunque, è quello di presentare dati provenienti da studi scientifici che i mass media non riporterebbero facilmente, affinché il consenso del soggetto che si sottopone a vaccinazione sia pienamente informato. Invito i lettori a documentarsi il più possibile da fonti attendibili e verificare qualsiasi notizia essi ricevano, perché solo quando si ha una visione completa e non unilaterale, si riesce a valutare con criterio.


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Silvia D'Autilia: Super Green Pass: salvare le coscienze e boicottare la festa

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Super Green Pass: salvare le coscienze e boicottare la festa

di Silvia D'Autilia

“Con il Super GreenPass possiamo salvare il Natale” titolano oggi i giornali, all’indomani della stretta ulteriore del Green Pass emanato dal governo di Mario Draghi. Chi pensa di rinvenire ancora qualcosa di squisitamente sanitario in queste manovre e in questo cappio che si fa sempre più stretto attorno alla Costituzione non nutre probabilmente abbastanza amore per l’analisi delle parole e per l’implicazione dei concetti sottesi. Ebbene, a meno che, per effetto di qualche ulteriore ignoto decreto emanato nello svuotamento ormai pressoché totale del Parlamento, non siano stati conferiti al premier anche funzioni di natura spirituale e religiosa, è impossibile non leggere in questo lessico intenzioni e urgenze di natura strettamente produttiva.

A dirla tutta, è da circa due anni che il ritornello della salvaguardia delle festività viene recitato dalla nuova tecnopolitica filantropica e umanitaria, la stessa che, senza prendersi minimamente briga di potenziare il welfare sanitario e assistenziale fino a un livello degno di un paese che dice di voler “combattere con ogni mezzo la pandemia”, introduce però misure sempre più in contraddizione con la vecchia tradizione costituzionale.


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Manlio Dinucci: All’armi, il nemico è alle porte

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All’armi, il nemico è alle porte

di Manlio Dinucci

Il segretario generale della Nato Stoltenberg ha incontrato il presidente Draghi, il 17 novembre a Roma, per affrontare «le attuali sfide alla sicurezza», provenienti dal «rafforzamento militare della Russia in Ucraina e attorno ad essa». Stoltenberg ha ringraziato l’Italia perché «contribuisce alla nostra presenza nella Regione Baltica con il pattugliamento aereo e sue truppe».

L’Aeronautica militare italiana – specifica il Ministero della Difesa – ha schierato nell’aeroporto di Ämari in Estonia caccia F-35A del 32° Stormo di Amendola e caccia Eurofighter Typhoon del 4° Stormo di Grosseto, 36° Stormo di Gioia del Colle, 37° Stormo di Trapani e 51° Stormo di Istrana (Treviso).

Quando aerei russi volano nello spazio aereo internazionale sul Baltico, in genere diretti all’exclave russa di Kaliningrad, i caccia italiani ricevono dal comando Nato l’ordine di decollo immediato su allarme e in pochi minuti li intercettano. Scopo ufficiale di tale operazione è «preservare lo spazio aereo alleato». Scopo reale è far apparire la Russia come una potenza minacciosa che si prepara ad attaccare l’Europa.


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Redazione de l'AntiDiplomatico: Sputnik molto più efficace dei vaccini mRNA

lantidiplomatico

Sputnik molto più efficace dei vaccini mRNA

Pubblicato lo studio su 18.600 sanmarinesi

di La Redazione de l'AntiDiplomatico

Nella Repubblica di San Marino un dato che evidenzia come alle nostre autorità poco interessa l'efficacia dei vaccini, facendo prevalere scelte politiche dettate da oltreoceano.

Infatti, il Fondo sovrano russo in conferenza stampa con l'Istituto Gamaleya, citati anche dal Resto del Carino, ha presentato una serie di dati sulla vaccinazione con lo Sputnik V a San Marino.

Si parla di un'efficacia all'80% contro l'infezione dal sesto all'ottavo mese dopo la seconda dose. Un risultato più duraturo, secondo il team Sputnik, rispetto ai vaccini mRNA. Lo studio si basa, hanno spiegato, sui dati di oltre 18.600 sammarinesi che hanno completato il ciclo vaccinale con il siero russo. Il Fondo sovrano ora punta sullo Sputnik Light come booster a dose unica e annuncia una versione del vaccino per adolescenti e una nasale da commercializzare nel 2022.

Se tanto si preme con appelli e pubblicità coinvolgendo attori, cantanti e ogni genere di saltibanco affinché ci sia più vaccinazioni, allo stesso tempo, perché non si dà la possibilità ai cittadini di poter scegliere, non solo se fare o meno il vaccino, ma la libertà di scegliere quale fare, sia russo, cinese, cubano e via di seguito?


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Igor Giussani: Lettera aperta al Dottor Spada su Covid, novax e green pass

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Lettera aperta al Dottor Spada su Covid, novax e green pass

di Igor Giussani

Egregio Dottor Spada,

seguo la pagina Facebook ‘Pillole di ottimismo’, di cui Lei è diventato il principale animatore, fin dalle origini e, malgrado alcune divergenze di tipo ideologico-culturali (penso a certe affermazioni di stampo tardo-positivista che mi è capitato sovente di leggere), ho sempre apprezzato il tentativo suo, del dott. Silvestri e degli altri collaboratori di fornire un quadro sulla pandemia decisamente più ponderato e meno isterico rispetto alla consueta narrazione massmediatica.

Chi le scrive si è già sottoposto alla doppia somministrazione del vaccino anti-Covid (e si accinge alla terza) non perché lo ritenga una panacea miracolosa, bensì una risorsa, per quanto limitata e non priva di criticità, per prevenire le forme sintomatiche più gravi del contagio da Covid-19. Ritengo in sostanza che i benefici superino i rischi, per quanto forse eccessivamente sottovalutati. Non posso pertanto essere tacciato di simpatie verso l’antivaccinismo.

Sono rimasto molto incuriosito dal post da Lei pubblicato in data 19 novembre dove, nel consueto commento giornaliero dei dati pandemici, si è lasciato andare a una riflessione sui no-vax a suo giudizio più ‘benevola’ e ragionevole rispetto all’opinione generale dei follower della pagina:


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Alessandro Mangia: Trattato del Quirinale. “Non si sa nulla perché è l’ultima privatizzazione del ’92”

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Trattato del Quirinale. “Non si sa nulla perché è l’ultima privatizzazione del ’92”

Federico Ferraù intervista Alessandro Mangia

Il giorno 26 Draghi e Macron firmano il Trattato del Quirinale. Ecco le vere “condizionalità” politiche di una trattativa condotta a fari spenti

“È purissimo XVIII secolo”, il Trattato del Quirinale, “un trattato il cui testo non è stato visto da nessuno, di cui non si può parlare, ma che si sa sarà comunque firmato”. Tutto legittimo. E la ratifica? È allora che si giocherà il ruolo del parlamento? “Si crede che tutti i trattati debbano passare per il parlamento e il parlamento abbia il controllo totale sul potere estero del governo. Non è vero”, spiega Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano, al quale abbiamo chiesto delucidazioni su questa pagina apparentemente così misteriosa della nostra politica. “Il potere estero è concentrato al Quirinale ed è esercitato d’intesa con il governo. Il parlamento insegue la lepre, anzi, due”. Questo dice il diritto. La storia e le azioni degli uomini raccontano il resto.

* * * *

La sorprende che il parlamento non sappia nulla?


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Andrea Olivieri: Gli strange days di Trieste contro il green pass, terza e ultima puntata

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Gli strange days di Trieste contro il green pass, terza e ultima puntata

Come il potere ha reagito a una lotta sbalorditiva

di Andrea Olivieri*

La prima puntata è qui; la seconda qui

15ottobre1Ed eccoci all’ultima puntata del reportage di Andrea Olivieri, dove il racconto della lotta si protende fino all’oggi. Qui Olivieri descrive tre diversi cospirazionismi – uno solo potenziale, gli altri due pienamente operativi e in apparenza opposti ma complementari – e intanto racconta la reazione delle autorità a una lotta che le ha colte alla sprovvista, la controffensiva ideologica a difesa della narrazione dominante sulla pandemia, e soprattutto la campagna diffamatoria – martellante e violenta – secondo cui sarebbe stata la mobilitazione contro il green pass a far risalire la curva dei contagi.

Questa campagna non era fondata su evidenze scientifiche bensì su pesanti omissioni, ed è servita a giustificare provvedimenti che hanno limitato drasticamente il diritto di manifestare. Già. Tutto accade talmente in fretta da rendere necessario fare memoria storica dopo poche settimane. È partita da Trieste – dalla controinsurrezione preventiva di cui Andrea ci racconta – la reazione a catena che ha portato prima a vietare i cortei, poi al «supergreenpass» e ai nuovi obblighi e restrizioni di questi giorni. Ma la terza puntata non si limita a mostrare questo: prima di congedarsi da lettrici e lettori, Olivieri mette insieme importanti spunti su quel che la lotta triestina dice riguardo alle tendenze in atto e, plausibilmente, ai conflitti futuri. Infine, complici i gruppi Nicoletta Bourbaki e Alpinismo Molotov, dalla città si sale in Carso, per sentieri che ricordano lotte più antiche, tanto “spurie” al proprio inizio quanto ispiranti nei loro sviluppi e fondative nei loro esiti. Buona lettura [WM].

* * * *

17. Golpe

I complotti esistono, e io ci credo. Come ci credono tutti.


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Mauro Casadio: Hic Rhodus hic salta, il bivio dell’imperialismo europeo

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              com

Hic Rhodus hic salta, il bivio dell’imperialismo europeo

di Mauro Casadio - Rete dei Comunisti

ursula
            esercitoIl Forum della RdC che si è tenuto a Bologna il 20 e 21 Novembre ha cercato di focalizzare l’evoluzione che sta avendo L’Unione Europea, da quello che abbiamo definito a suo tempo un “polo” imperialista, cioè una forma inedita di relazioni in Europa che si basava sostanzialmente su un’area economico finanziaria, che oggi sta mutando la propria funzione.

Abbiamo detto da “Polo a Superstato” proprio per delineare un percorso che non è definibile a priori e che, rispettando obiettivi e funzioni di un’effettiva area imperialistica moderna, sta dandosi una strutturazione storicamente originale in rapporto a quelli che sono gli Stati europei affermatisi tra l’800 ed il ‘900 in modo esplicitamente imperialista.

Il percorso e l’analisi a cui abbiamo fatto riferimento nelle nostre elaborazioni non è quello che si manifesta periodicamente in momenti di conflitto o di omogeneità tra gli Stati della UE, a causa delle loro differenze di storia, dimensione e di peso politico, ma le tappe che nell’andare del tempo si sono consolidate e che sono oggi alla base degli ulteriori possibili balzi in avanti che questa inedita costruzione istituzionale può fare.

L’accordo di Maastricht nel ‘92, la nascita dell’Euro ai primi anni del 2000, il superamento della crisi finanziaria del 2007/2008, l’uscita dell’Inghilterra come “longa manus” degli USA in Europa, il ruolo attivo della BCE di Draghi con i Quantitative Easing, l’attuale Recovery Fund come ristrutturazione industriale continentale sono i pilastri di una costruzione sui quali è difficile pensare che si possa tornare indietro nonostante le difficoltà, comunque sempre contingenti, data anche la nuova condizione nelle relazioni internazionali.


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coniarerivolta:La riforma fiscale del Governo Draghi: cambiare poco per cambiare male

coniarerivolta

La riforma fiscale del Governo Draghi: cambiare poco per cambiare male

di coniarerivolta

regaloconfDa mesi ormai si parla con toni da grande attesa dell’imminente riforma fiscale studiata dal governo Draghi. Nel suo discorso programmatico in Senato del 17 febbraio scorso, Mario Draghi spese parole enfatiche, ma assai vaghe nei contenuti, per annunciare le intenzioni di intervenire in modo energico sul fisco: “in questa prospettiva” affermava Draghi, “va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività”.

Delle intenzioni trasformatrici espresse durante il discorso di insediamento cosa troviamo nell’attuale legge finanziaria in via di approvazione? Sostanzialmente nulla e sicuramente nulla di buono. La proposta, più o meno definita nei contenuti generali, è quella di andare a limare lievissimamente uno o due aliquote Irpef ed andare a ridurre l’Irap per le imprese, per un costo complessivo di circa 8 miliardi di euro. Per capire la direzione degli interventi proposti occorre fare un passo indietro e capire da dove veniamo.

Anni e anni di riforme involutive dagli anni ’80 ad oggi hanno portato ad una diminuzione continua del carico fiscale sui redditi da capitale e in generale sul reddito dei più ricchi. Una tendenza che si è articolata lungo due direzioni: da un lato la riduzione delle tipologie di reddito incluse nella base imponibile Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche), con la previsione di regimi separati e agevolati per una parte cospicua dei redditi da capitale (reddito delle società di capitali, rendite finanziarie, rendite immobiliari); dall’altra una drastica riduzione della progressività in seno all’Irpef. Quest’ultima imposta, che ormai colpisce quasi esclusivamente redditi da lavoro e da pensione e solo in piccola parte i redditi da capitale (profitti della piccola e talvolta media impresa), è passata dai 32 scaglioni del lontano 1974 ai 5 attuali, con un differenziale ridottissimo tra prima e ultima aliquota e tra primo scaglione e ultimo scaglione di reddito ad esse associati.


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Sonia Bibbolino: Lettera ai “compagni”

offline

Lettera ai “compagni”

di Sonia Bibbolino

È da tanto che ci penso a scrivere questa lettera e credo che sia ormai giunto il momento, perché sono stufa e sto bollendo di rabbia. Tanto so che non ve ne fregherà una mazza di quello che scrivo io, ed è anche giusto così, ma serve a me perché non ce la faccio più a tenermi tutto dentro.

Mi dispiace dirvelo, ma voi siete fuori dalla storia, siete destinati a finire nel nulla, a dissolvervi nel vuoto assoluto. Il mondo sta andando da una parte e voi neanche lo guardate passare, vi girate direttamente dall’altra parte, spettatori indifferenti di un film dell’orrore che in verità non è un film ma la cruda realtà. Indifferenza disarmante, e per questo sarete giudicati, voi che vi riempite tanto la bocca di frasi fatte, balbettìo da televisione che suona ormai come banale retorica non dissimile da quella della sinistra democratica che governa insieme a lega e compagnia bella.

Voi che avete appoggiato, fin dall’inizio, questi governi di criminali, anzi, menomale che non c’eravate voi al potere, sennò a quest’ora eravamo finiti tutti nei gulag. E li avete appoggiati perché hanno a cuore la nostra salute!! Ma cos’è una barzelletta del Vernacoliere? Siete usciti tutti ora dal Bubbocine? Hanno a cuore la nostra salute? Ma avete presente di chi si sta parlando?


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Nicolai Caiazza: Considerazioni attorno al libro "Economia della rivoluzione"

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Considerazioni attorno al libro "Economia della rivoluzione"

di Nicolai Caiazza

Raccontare la storia considerando gli avvenimenti immersi nelle condizioni dell’epoca

“Economia della rivoluzione” è il titolo di un volume pubblicato nel 2017 a cura di Vladimiro Giacchè ed è costituito da una selezione di interventi di Lenin in materia economica oltre a una introduzione dello stesso Giacchè.

Il momento cruciale della politica della rivoluzione russa ebbe luogo dopo il fallimento della prima fase della rivoluzione conosciuto come il “comunismo di guerra”, allorquando il partito comunista dovette cambiare corso, riconoscendo i propri errori come espresso da Lenin stesso.

“Se avete presente le dichiarazioni...che il nostro partito ha fatto dalla fine del 1917 all’inizio del 1918 vedrete che anche allora noi pensavamo che lo sviluppo della rivoluzione, lo sviluppo della lotta, avrebbe potuto seguire sia un cammino breve sia un cammino lungo e difficile. Ma nella valutazione del possibile sviluppo la maggior parte di noi...muoveva dal presupposto, forse non sempre apertamente espresso, ma sempre tacitamente sottinteso, che si sarebbe passati direttamente alla edificazione del socialismo.”


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Stefania Maurizi: La vendita di Tim è la più grande cessione di sovranità della storia italiana

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La vendita di Tim è la più grande cessione di sovranità della storia italiana

di Stefania Maurizi

L’operazione TIM-KKR è la più grande cessione di sovranità e di diritti umani e civili nella storia della nostra Repubblica. Parola di Stefania Maurizi, giornalista investigativa, che ha lavorato sui documenti WikiLeaks e Snowden files.

Riproduciamo, vista la stringente attualità e dimensione strategica della questione, una serie di tweet della giornalista Stefania Maurizi

Partiamo da questo articolo di 2 giorni fa di Carlo Bonini per Repubblica: https://t.co/6qUaUcMWCg?amp=1

Bonini scrive che è attraverso TIM che l’Italia può interloquire “su base paritaria con i 5Eyes”,l’alleanza di intelligence più potente del mondo. In parte è vero.

E’ assolutamente vero che l’alleanza di intelligence tra Stati Uniti e Italia passa attraverso tanti fattori, tra cui, quello decisivo sono i cavi sottomarini a fibra ottica su cui viaggiano tutte le comunicazioni, quindi transazioni economiche, etc

Ma, contrariamente a quanto scritto da Carlo Bonini , l’Italia NON interloquisce AFFATTO su base paritaria con i 5Eyes, l’Italia è “Tier B”, cioè un partner di serie B. Come l’abbiamo scoperto? Grazie ai file top secret di Snowden.


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comidad: L’oligarchia nostrana tra megalomania e avarizia

comidad

L’oligarchia nostrana tra megalomania e avarizia

di comidad

L’Italietta è troppo angusta per le ambizioni esagerate dell’oligarchia nostrana, di qui il suo europeismo sfrenato, la sua aspirazione di spingere e di condizionare la sorte dell’UE, a volte nascondendosi all’ombra della Germania, a volte agendo allo scoperto. Il governo italiano è stato il primo del Sacro Occidente a puntare sull’emergenza pandemica come occasione di grandeur, secondo la tesi dello stesso Romano Prodi. Il risultato è stato un altro tassello nell’edificio dei vincoli europei, cioè la nascita di un altro super-MES, il Recovery Fund. Non importa se, a dispetto della propaganda ufficiale, i soldi del Recovery sono pochi, perché i vincoli sono invece illimitati.

Il governo Conte bis è stato il primo al mondo ad imporre il lockdown, ed anche nella vicenda del Green Pass, si è visto come l’Italia sia stata ancora una volta la prima a voler imporre ai propri cittadini il certificato sanitario, quindi la prima a stringere ferrei rapporti d’affari con le multinazionali del digitale. Solo che non lo ha fatto “alla tedesca”, distribuendo tamponi gratuiti a tutti, senza discriminare tra vaccinati e non vaccinati, in modo da imporre il controllo (ora sanitario, domani fiscale) rassicurando la popolazione.


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Leo Essen: La bolla Elettrica: non si tratta di un gioco a somma zero

lantidiplomatico

La bolla Elettrica: non si tratta di un gioco a somma zero

di Leo Essen

Il 31 agosto del 2018 il Nasdaq Composite fissa il suo record annuale a 8.109 punti. Questa mattina, 23 novembre 2021, dopo due anni di pandemia, l’indice segnava 16.410 punti.

La famosa bolla dot-com, in tempi record, lo aveva sollevato a vette importanti: 4.720 punti. Nel 1993, anno di apertura di Internet (www), stazionava intorno a 720 punti.

Ci sono titoli che hanno realizzato guadagni superiori alla media. Tesla, per esempio, ad agosto 2018 valeva appena 60 USD, il 5 novembre 2021 era quotata a 1.222 USD.

Per avere qualche termine di paragone, è sufficiente guardare General motors che vale 62, Ford 274, Microsoft 335, IBM 117.

Rivian Automotive, che ha una storia brevissima, l’11 luglio valeva 70, il 14 luglio valeva 130.

Sono i miracoli della tecnica – e della speculazione di borsa.

Nel 1998 John Cassidy chiese a Paul Samuelson, decano degli economisti made in Usa, cosa pensasse dell’ascesa dei prezzi del Nasdaq.


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Luca Cimichella: Il "fascismo buono" degli antifascisti

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tonino

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Dec 2, 2021, 2:22:12 AM12/2/21
to sante gorini

Marco Cerotto: Una riflessione su Panzieri e Tronti

machina

Una riflessione su Panzieri e Tronti

di Marco Cerotto

Su Panzieri e Tronti si è scritto molto, così come su quella straordinaria esperienza rivoluzionaria che prende il nome di operaismo e che ha avuto in «Quaderni rossi» una decisiva fase di incubazione. Tuttavia, è importante – non solo dal punto di vista storiografico, ma anche per il presente – ripercorrere ancora una volta i passaggi teorici e le scelte strategico-politiche che hanno definito quella stagione seminale, che ha coniugato una radicale rilettura di Marx con dei nuovi cicli di lotta. È il complesso compito che si assume in questo saggio per «Machina» Marco Cerotto, studioso in particolare della biografia teorico-politica di Raniero Panzieri.

filekj9p878ewsdfy«Le affinità incominciano a diventare interessanti nel momento in cui producono delle separazioni»

(J. W. Goethe, Le affinità elettive)

L’incontro di due anime diverse per un nuovo corso teorico-politico

Bisogna riconoscere che oramai su Panzieri e Tronti si è scritto in abbondanza, soprattutto sulle assonanze teoriche che li hanno condotti alla fondazione della prima rivista del neomarxismo italiano, i «Quaderni rossi» (1961), ed è stata quindi enfatizzata l’attenzione sui contributi teorici che hanno indagato l’evoluzione del neocapitalismo italiano, della nuova classe operaia e delle prospettive che sollecitavano a intraprendere delle importanti scelte politiche. Si è scritto tanto anche sulle dissonanze teorico-politiche tra i due, quando, dopo la rivolta di piazza Statuto nel 1962, Tronti e il suo gruppetto, quello dei «filosofi», in sintonia con quello «interventista», furono protagonisti della rottura della redazione dei «Quaderni rossi» per fondare «Classe operaia» (1964).

Eppure, risulta di straordinaria importanza ripercorrere ancora una volta i passaggi teorici e le scelte strategico-politiche che hanno definito quella florida stagione del neomarxismo italiano, la cui eredità teorica è rintracciabile in quell’immensa produzione critica e in quelle precise indicazioni politiche che hanno concorso a influire e a influenzare le successive pratiche di lotta sperimentate dalla galassia della sinistra italiana durante gli anni Sessanta e Settanta.


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Alain Bihr: L’ecologia di Marx (alla luce della Mega-2)

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L’ecologia di Marx (alla luce della Mega-2)

di Alain Bihr

saitoIl libro di K. Saito, La nature contre le capital. L’écologie de Marx dans sa critique inachevée du capital (La natura contro il capitale. L’ecologia di Marx nella sua critica incompiuta del capitale), appena uscito per le edizioni Syllepse e Page Deux (in traduzione dall’originale in lingua tedesca delle Edizioni Campus Verlag, 2016), è un libro importante. Perché consente di fare piena luce su quello che fino ad una ventina d’anni fa era considerato un ossimoro: appunto l’ecologia di Marx. Non si contano, infatti, le critiche rivolte al Moro per avere assorbito dal pensiero borghese un vero e proprio “feticismo delle forze produttive” e del loro sviluppo, per aver dato prova di un “prometeismo antropocentrico” contenente uno sguardo strumentale e un’attitudine dominatrice nei confronti della natura. Accuse che non sono del tutto prive di fondamento se riferite a singoli aspetti o momenti dell’indagine di Marx, ma risultano alla fine contraddette e smentite in modo decisivo dal filo rosso che Saito (dopo Burkett, Foster ed altri) ricostruisce con grande rigore, a partire dai Manoscritti economico-filosofici del 1844 per arrivare all’enorme massa dei “cahiers de lecture de Marx consacrés aux sciences de la nature” (biologia, chimica, botanica, geologia, mineralogia, etc.) redatti in buona parte negli ultimi dieci-quindici anni della sua vita e resi finalmente pubblici grazie alla nuova edizione delle opere complete di Marx ed Engels in corso (la cd. MEGA-2). Ne viene fuori la dimostrazione che la critica ecologica di Marx, progressivamente affinata sulla base dei contributi di Liebig, Fraas e di altri studiosi della natura, in quanto comporta l’analisi delle correlazioni tra le forme economico-sociali e il mondo materiale concreto, è parte integrante della sua critica dell’economia politica e del modo di produzione capitalistico. E che tale critica mette capo alla convinzione che la natura nel suo insieme, come mondo fisico-materiale, oppone resistenza al capitale, alla immodificabile pretesa del capitale di accumulare indefinitamente profitti saccheggiando al tempo stesso il lavoro vivo e la natura non umana.


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Giancarlo Scarpari: Fascismo in America?

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Fascismo in America?

di Giancarlo Scarpari

Robert
            KaganRobert Kagan, uno dei “falchi” della destra repubblicana, nel 2004 aveva spiegato all’Europa, poco convinta della scelta fatta dal suo paese di promuovere una nuova guerra contro l’Iraq, che l’America aveva invece tutto il diritto di farla, perché era stata minacciata dal terrorismo internazionale e perché Saddam Hussein aveva tentato di dotarsi di armi di distruzione di massa.

Sorvolando sulle premesse, Kagan aveva illustrato nel suo libro (Il diritto di fare la guerra, Milano, Mondadori, 2004) i fondamenti della dottrina Bush sulla legittimità della guerra preventiva, dottrina che lui stesso aveva elaborato nella primavera del 2000, un anno prima dell’attacco alle Torri gemelle, in un saggio scritto in collaborazione con William Kristol (Present Danger). In quel libro, l’autore aveva ricordato, a chi sosteneva che il diritto internazionale vietava questo tipo di guerra, che nel nuovo disordine mondiale il sistema vestfaliano non aveva più alcuna ragione di esistere («la proliferazione di armi di distruzione di massa ha reso troppo rischioso il temporeggiare»); e aveva, anzi, manifestato il proprio stupore per le reazioni che quella dottrina aveva suscitato nel «paradiso geopolitico europeo», visto che quell’idea non era affatto nuova: già Kennedy, al tempo della “crisi dei missili”, aveva minacciato un attacco preventivo contro lo Stato cubano e, negli anni ottanta, dopo l’attentato di Beirut nei confronti di una caserma di marines, il segretario di Stato Schultz aveva invocato, questa volta pubblicamente, la necessità di promuovere un’azione preventiva contro il terrorismo internazionale; e nessuno in Europa, in quelle occasioni, aveva avuto nulla da ridire.


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Il Pedante: Un trionfo triste

ilpedante

Un trionfo triste

di Il Pedante

diegoriveraApprendo che in Alto Adige, dove già la primavera scorsa si sperimentava un «Corona pass» in anteprima nazionale, da oggi si applicheranno regole molto più stringenti alle famiglie che scelgono formare i propri figli secondo i principi dell'istruzione «parentale». Cittadino anch'io dell'epoca che giura di non muover dito senza i conforti delle «evidenze» scientifiche, ho cercato nella ragguardevole letteratura sul tema a quali gravi tare culturali, affettive e sociali andrebbero incontro i piccoli homeschooler. Ma non ho trovato nulla del genere, anzi. In compenso ho letto negli stessi giorni una raffica di titoli-fotocopia sulle scuole «clandestine» in cui troverebbero rifugio «soprattutto famiglie no mask» e che starebbero proliferando in tutto il Paese, con in testa l'ex provincia asburgica.

Quanti sono i pargoli così barbaramente «tolti dalla nostra società»? A occhio e croce, meno degli articoli in cui se ne parla. Nella provincia autonoma dove il fenomeno è più diffuso si tratterebbe di 544 (cinquecentoquarantaquattro) bambini: lo 0,7% della popolazione scolastica. Ma la deputata bolzanina e totiana Michaela Biancofiore non ha dubbi: è un «boom» a cui «stiamo assistendo inermi», un proliferare di azioni «che minano la cultura, la coesione sociale, l’ordine pubblico (sic) e la salute». Su che basi lancia queste accuse, quali le fonti, le testimonianze? Non lo dice. L'«involuzione culturale» degli scolari «sottratti alla socializzazione» è «evidente» a lei - e tanto ci basti.

In un'altra era geologica del nostro sentire avremmo apprezzato l'ironia di multare chi definisce «clandestini» le persone che si introducono illegalmente nel nostro Paese e di accettare invece che lo si dica di chi esercita un'attività prevista dalla legge, nel rispetto della legge. Ma oggi sembra tutto normale. Sarebbe legale anche occupare le piazze per manifestare il proprio dissenso, ma da quando lo fanno anche i «no green pass» sono diventate «sempre più tossiche per la nostra democrazia», spiega un senatore orgogliosamente antifascista.


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Enrico Gatto: Il Problema

sinistra

Il Problema

Breve compendio critico dell'ideologia neoliberale

di Enrico Gatto, 30 dicembre 2018

Neoliberal RevolutionTenerli sotto controllo non era difficile. Perfino quando in mezzo a loro serpeggiava il malcontento (il che, talvolta, pure accadeva), questo scontento non aveva sbocchi perché privi com’erano di una visione generale dei fatti, finivano per convogliarlo su rivendicazioni assolutamente secondarie. Non riuscivano mai ad avere consapevolezza dei problemi più grandi.

George Orwell, 1984 (1949)

Il neoliberismo, che è la base economica del moderno capitalismo assoluto (speculativo- finanziario), va necessariamente compreso per inquadrare le attuali dinamiche socio-politico- economiche – soprattutto occidentali ma che si ripercuotono ovunque – e poiché è la scaturigine del cosiddetto Pensiero Unico (che sostiene, precipuamente, il primato dell'economia sulla politica).

In parole povere si tratta della dottrina economica (cui corrisponde, ovviamente, un'inscindibile ideologia politica: il neoliberalismo) all'origine di tutti i nostri problemi. Semplificando, altro non è che la coronazione di un progetto di restaurazione del potere da parte della "classe dominante" (una rivoluzione passiva detta con Gramsci) risalente già agli anni venti del novecento (fondamentale fu, successivamente, il colloquio Walter Lippmann) ma iniziato ad attuarsi negli anni settanta (dal memorandum di Powell); è la reazione delle élite alla minaccia bolscevica e alla perdita di potere e ricchezza subita nell'età contemporanea e soprattutto nei trenta gloriosi quando le Costituzioni "socialiste" – apertamente avversate nel 2013 da JP Morgan – associate alle politiche economiche keynesiane avevano portato benessere ai popoli e forza alle democrazie (tanto che nello studio Crisi della Democrazia del 1975 commissionato dalla Trilaterale – della quale fecero poi parte Draghi, Prodi, Monti, Letta – si parlava della necessità di apatia e spoliticizzazione delle masse e di indebolimento del sindacato a causa di un pericoloso "eccesso di democrazia" da risolvere anche con l'introduzione di tecnocrazie).


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Fabio Ciabatti: L’opera aperta di Marx: un pensiero della totalità che non si fa sistema

carmilla

L’opera aperta di Marx: un pensiero della totalità che non si fa sistema

di Fabio Ciabatti

Paolo Favilli, A proposito de “Il Capitale”. Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea, Franco Angeli, Milano 2021, Edizione Kindle, pp. 535, € 35,99

escher 3Marx non può essere considerato un classico. Sono troppe le passioni che ancora suscita la lettura dei suoi scritti per la radicalità della loro critica al sistema capitalistico. Ma c’è di più. Marx rimane un nostro contemporaneo per il carattere aperto della sua opera che, ancora oggi, ci consente di dipanare il filo dei suoi ragionamenti in molteplici direzioni utili per indagare le radici del nostro presente, anche al di là degli originari programmi di ricerca del rivoluzionario tedesco. Per comprendere questo carattere di apertura, sostiene Paolo Favilli nel suo ultimo libro A proposito de “Il capitale”, bisogna prendere in considerazione il rapporto tra la teoria marxiana e la storia, in un duplice senso. Da una parte bisogna comprendere fino in fondo la “fusione chimica” tra due dimensioni teoriche, quella economica e quella storica, che si intrecciano profondamente nella sua opera e in particolare ne Il capitale; dall’altra occorre capire come le vicende storiche concrete, e in particolare quelle del movimento operaio, abbiano inciso sulla ricezione, l’interpretazione e l’utilizzo del testo marxiano.

Per quanto riguarda il primo punto, bisogna partire dal fatto che per Marx dietro a ogni categoria, anche la più astratta, c’è sempre una realtà concreta storicamente determinata, mai una realtà universale e eterna. La ricerca della logica specifica dell’oggetto specifico non può prescindere da un’incessante messa a punto degli strumenti concettuali che, per essere adeguati, devono con continuità consumare produttivamente una grande quantità di dati empirici.

D’altra parte Marx non è certo un empirista. Il capitale è, senza dubbio, un lavoro pensato attraverso la categoria di totalità anche se, ed è questo il punto su cui insiste l’autore, non si chiude mai nella costruzione di un sistema. L’opera del rivoluzionario tedesco è un “non finito” che combina Prometeo e Sisifo.


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Panagis Polykretis: Vaccini anticovid in bambini e adolescenti

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Vaccini anticovid in bambini e adolescenti

La doverosa analisi dei benefici, paragonati ai rischi

di Panagis Polykretis*

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            bambiniPer vaccinarsi contro il covid-19 i cittadini devono firmare un modulo di consenso informato. Tuttavia mi chiedo quanto il consenso sia veramente informato, quando i mass media continuano a mostrare solamente un lato della medaglia. Uno degli aspetti che mi ha inquietato maggiormente durante questa pandemia, è stato proprio il potere mediatico di persuasione delle masse. Da questa influenza non sono sfuggite neanche molte persone appartenenti all’ambiente scientifico, che considerano i mass media come un’entità superiore e inconfutabile, una specie di “bocca della verità” capace di fargli dimenticare quello che hanno imparato sui testi. Questo può diventare estremamente pericoloso, perché come diceva Platone: “Chi racconta le storie, governa la società”.

Mi è capitato di ascoltare alla radio un famoso giornalista italiano, co-conduttore di una trasmissione che conta milioni di ascoltatori. Egli continuava a ripetere che i vaccini contro il covid-19 hanno meno effetti collaterali dell’aspirina e canzonava con fare disgustoso tutti coloro che esitano a vaccinarsi. L’opinione di questa persona (senza alcuna formazione nel campo medico-scientifico), come di tante altre come lui, può influenzare una grandissima quantità di cittadini. Lo scopo di questo articolo dunque, è quello di presentare dati provenienti da studi scientifici che i mass media non riporterebbero facilmente, affinché il consenso del soggetto che si sottopone a vaccinazione sia pienamente informato. Invito i lettori a documentarsi il più possibile da fonti attendibili e verificare qualsiasi notizia essi ricevano, perché solo quando si ha una visione completa e non unilaterale, si riesce a valutare con criterio.


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Carlo Formenti: Prefazione al volume I delle opere di Costanzo Preve

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Prefazione al volume I delle opere di Costanzo Preve

di Carlo Formenti

Costanzo Preve: Opere di Costanzo Preve. Vol. 1: Il nemico principale, Inschibboleth , 2021

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            DSCF1951In questa Prefazione mi occuperò del primo dei testi riuniti in questo volume, (Finalmente! L’atteso ritorno del nemico principale. Considerazioni politiche e filosofiche). Nella parte iniziale di tale testo leggiamo la seguente citazione: “Il nemico principale è sempre quello che è insieme più nocivo e più potente. Oggi è il capitalismo e la società di mercato sul piano economico, il liberalismo sul piano politico, l’individualismo sul piano filosofico, la borghesia sul piano sociale, e gli Stati Uniti d’America sul piano geopolitico”. Il brano è tratto da un articolo del filosofo francese di destra Alain de Benoist. Una scelta che appartiene al repertorio di gesti provocatori che ha caratterizzato l’ultima stagione produttiva di Costanzo Preve.

Non ho mai avuto modo di conoscere Preve di persona, né di parlargli. L’unico rapporto che ho avuto con lui è stato nelle vesti di caporedattore del mensile “Alfabeta”(ruolo che ho svolto negli anni Ottanta), quando Preve ci venne proposto come collaboratore da Francesco Leonetti. Non sono quindi in grado di stabilire se le provocazioni in questione nascessero dall’irritazione e dal disgusto nei confronti di una sinistra in avanzata fase di decomposizione sul piano politico, ideologico e filosofico (per cui Preve gioiva malignamente nell’evidenziare che, per leggere certe verità, si era ormai costretti a rivolgersi altrove), oppure se – almeno nel caso in questione – il fatto di potersi rispecchiare in una serie di affermazioni che riteneva condivisibili prevalesse sull’appartenenza ideologica del loro autore.

Sciogliere questo dubbio mi sembra francamente secondario rispetto a un dato di fatto: i detrattori di Preve si sono concentrati esclusivamente sulla fonte della citazione, ignorandone completamente il contenuto (per tacere del modo in cui Preve lo interpreta e approfondisce).


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Sebastiano Isaia: Il senso della scienza per il dominio di classe

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Il senso della scienza per il dominio di classe

di Sebastiano Isaia

catasJoachim Sauer, marito della Cancelliera tedesca Angela Merkel e chimico quantistico di fama internazionale, si dice «dispiaciuto di quella parte di popolazione tedesca che semplicemente ignora la realtà per ragioni illogiche, come chi non crede nei vaccini», e non riesce a capire perché così tante persone «non vogliono dare retta alla razionalità scientifica, non trovano l’ingresso nel mondo razionale» (La Stampa). Ma non è che è proprio la realtà della società capitalistica (mondiale, non solo tedesca o europea) a essere palesemente e grandemente illogica e irrazionale, nonostante il larghissimo uso che essa fa della scienza e della tecnica? Non è che siamo in presenza di una scienza e di una tecnologia al servizio, fondamentalmente, del Capitale e non dell’Umanità? E ancora, chi ci assicura che lo “zoccolo duro” di chi continua a non fidarsi della scienza, nonostante «lo sviluppo dei vaccini rappresenti», sempre secondo il nostro chimico quantistico, «una grande vittoria della scienza», non sia in realtà l’espressione, una delle tante e certamente oggi quella più eclatante e difficile da accettare per la massa dell’opinione pubblica, di una sfiducia assai più diffusa nei confronti della Civiltà capitalistica? Una sfiducia, beninteso, istintiva, “a pelle”, ossia non elaborata concettualmente e non compresa nelle sue reali cause.

Queste domande interrogano, io credo, soprattutto l’anticapitalista, il quale oggi si trova nella tristissima condizione, che peraltro ha radici storiche e sociali tutt’altro che misteriose e incomprensibili (vedi la catastrofe stalinista e le continue rivoluzioni economico-sociali capitalistiche), di non avere alcun tipo di influenza nemmeno sulla parte più disagiata e offesa dell’umanità, quella che da una rivoluzione sociale avrebbe tutto da guadagnare e nulla o pochissimo da perdere.


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Leo Essen: Che cos’è il «Rifiuto del Lavoro»? Mario Tronti

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Che cos’è il «Rifiuto del Lavoro»? Mario Tronti

di Leo Essen

rif75d32Nel 1962, sul numero 2 dei Quaderni Rossi, Tronti scrive un saggio destinato a fare epoca: La fabbrica e la società. In esso sono generalizzate alcune indicazioni contenute nei capitoli 13 e seguenti del primo libro del Capitale.

Nel capitolo sulle Macchine, Marx dice che la rivoluzione nel modo di produzione di una sfera dell’industria porta con sé la rivoluzione del modo di produzione nelle altre sfere. Questo vale in primo luogo per quelle branche dell’industria che sono sì isolate a causa della divisione sociale del lavoro, cosicché ognuna di esse produce una merce indipendente, ma tuttavia s’intrecciano l’una con l’altra come fasi d’un processo complessivo. Così la filatura meccanica rese necessaria la tessitura meccanica, e l’una e l’altra insieme resero necessaria la rivoluzione chimico-meccanica della candeggiatura, della tintura e della stampatura dei tessuti. Così d’altra parte la rivoluzione nella filatura del cotone rese necessaria l’invenzione del gin per la separazione delle fibre del cotone dal seme, con il che divenne possibile finalmente la produzione su larga scala com’è ora richiesta. La rivoluzione nel modo di produzione dell’industria e dell’agricoltura rese necessaria, in ispecie, anche una rivoluzione nelle condizione generali del processo sociale di produzione, cioè nei mezzi di comunicazione e di trasporto. Come i mezzi di comunicazione e di trasporto di una società il cui pivot erano la piccola agricoltura con la sua industria domestica ausiliaria e l’artigianato urbano, non potevamo più soddisfare affatto le necessità produttive del periodo manifatturiero con la sua divisione allargata del lavoro sociale, la sua concentrazione di mezzi di lavoro e operai, e i suoi mercati coloniali, e quindi vennero di fatto rovesciati; così i mezzi di comunicazione e di trasporto tramandati dal periodo della manifattura si trasformarono presto in impacci insopportabili per la grande industria, con la sua febbrile velocità di produzione, con la sua produzione su vastissima scala, con il costante lancio di grandi masse di capitale e di operai da una sfera all’altra della produzione e con i nuovi nessi da essa creati sul mercato mondiale.


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Lettera dagli “Studenti contro il Green pass”

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tonino

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Dec 4, 2021, 4:39:17 AM12/4/21
to sante gorini

Fabrizio Capoccetti: Come «spiegare» il popolo neoliberale. La politica al tempo della sua polverizzazione

lafionda

Come «spiegare» il popolo neoliberale. La politica al tempo della sua polverizzazione

di Fabrizio Capoccetti

spiegare il popolo[…] come nello Judo la migliore risposta ad una mossa dell’avversario non è mai quella di rifiutare il contatto ma di riprenderlo a nostra volta, di riutilizzarlo a nostro vantaggio come base d’appoggio per la mossa seguente (Michel Foucault, 1975)

In alto, invece, l’anima canta la gloria di Dio, percorrendo le sue stesse pieghe senza mai giungere a svilupparle interamente, «poiché esse vanno all’infinito» (Gilles Deleuze, Leibniz et le Baroque, 1988)

Se si vuole avere ragione del neoliberalismo bisogna smettere di contrapporsi ad esso: ciò non significa convalidare il noto detto thatcheriano «There is no alternative», quanto piuttosto denunciarne l’assoluta mendacità, non più, però, da un punto di vista morale (spesso scambiato per politica, quella stessa politica ridotta a morale che rappresenta il più riuscito successo del neoliberalismo[1]), ma da un punto di vista dell’azione che perverte il discorso, che agisce parlando un altro linguaggio senza cambiare discorso, che parla facendo dire allo stesso discorso cose diverse. Non si tratta, dunque, di abbandonarsi all’ordine neoliberale come se non ci fosse nulla da fare, ma di fare in modo che il neoliberalismo non abbia più nulla da dire su quello che lo si costringerà a fare rendendolo disfunzionale.

Occorre concepire il terreno ontologico della lotta politica come la sostanza riletta da Deleuze che interpreta il pensiero di Leibniz[2]. La sostanza è infinita, ma è infinita in due modi, o meglio, vi sono due infiniti: quello della materia e quello dell’anima: la sostanza è fatta di pieghe, ed è sempre una piega a dividere i due infiniti.


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Leonardo Bianchi: Complotti!

idiavoli

Complotti!

di Leonardo Bianchi*

Dai Protocolli dei Savi di Sion alla pandemia, passando per QAnon e l’assalto al Congresso degli Stati Uniti. “Complotti!” di Leonardo Bianchi costruisce un quadro organico delle teorie del complotto, spiegando come e perché nascono e si diffondono, cosa rivelano della società in cui viviamo

joiuvgefL’idea generale sul complottismo è che si tratti di un fenomeno estremamente marginale, alimentato da un manipolo di pazzoidi. Una convinzione che conforta la maggior parte delle persone: noi non siamo come loro. Ma la realtà è un’altra, che i complottismi affondano le loro radici in un lontano passato e le dispiegano nella contemporaneità a un livello più trasversale di quanti si pensi. Chiunque – in una o più fasi della sua vita – ha creduto ad almeno una favola cospirazionista: in gergo, è finito «nella tana del Bianconiglio».

Già autore di La Gente (Minimum Fax, 2017), Leonardo Bianchi – uno degli indagatori più autorevoli sul tema, una delle voci più credibili del giornalismo italiano per rigore e capacità d’analisi – in Complotti! Da QAnon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto (Minimum Fax, 2021) costruisce un quadro organico delle teorie del complotto scavando a fondo e decostruendo in superficie, per spiegare come e perché nascono e si diffondono. Soprattutto: cosa rivelano della società in cui viviamo.

Su gentile concessione di autore e casa editrice, che ringraziamo, pubblichiamo di seguito un estratto da Complotti!

Il libro inoltre sarà presentato dall’autore insieme a Christian Raimo martedì 7 dicembre h.18 presso la Sala Venere di Più Libri Più Liberi (la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria che si terrà a Roma, al Convention Center - La Nuvola di viale Asia 40, dal 4 all’8 dicembre 2021).

* * * *

Introduzione: dentro la tana del Bianconiglio

Sebbene le definizioni si sprechino, ormai il campo è stato sufficientemente circoscritto in decenni di studi e pubblicazioni.


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Carlo Bordoni: La distruzione della ragione

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La distruzione della ragione

di Carlo Bordoni

L’Europa è attraversata da una ventata di irrazionalismo. Assistiamo al crollo delle idee illuministe che avevano forgiato un mondo, quello occidentale, aperto alla ragione e confortato dalla luce della scienza

Che cosa succede in Europa? Ma si potrebbe ugualmente chiedere che cosa succede nel mondo occidentale? Sembra sia attraversato da una ventata di irrazionalismo. La pandemia è più un’occasione che una causa, e l’aggressività, la rabbia, la violenza emergenti appaiono come il frutto di un atteggiamento sopito che attendeva solo la classica goccia che fa traboccare il vaso per manifestarsi.

Non c’è neppure una ragione politica. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi di una recrudescenza di fascismo, fornita dai sovranismi, dall’odio razziale e dalla chiusura delle frontiere, mentre alcuni gruppi consistenti accusano gli Stati che restringono le libertà e obbligano a mostrare il green pass, applicando in tal modo uno stringente controllo di massa.

Secondo Charles Tilly c’è il timore che una volta emanate disposizioni restrittive dei diritti democratici per ragioni d’emergenza (come nel caso del Covid-19), le restrizioni rimangano attive e si trasformino in una significativa riduzione di democrazia. Quella che si definisce infatti un processo di “de-democratizzazione”.


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Maurizio Franzini: Il consumismo e il nuovo potere: il tormento di Pasolini

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Il consumismo e il nuovo potere: il tormento di Pasolini

di Maurizio Franzini

Nella seconda metà degli anni Sessanta l’Italia completò la sua transizione da società rurale a società dei consumi. Rispetto al decennio precedente il reddito della famiglia media crebbe considerevolmente e così i suoi consumi che cambiarono profondamente anche nella composizione: se nei primi anni Cinquanta più della meta della spesa per consumo era destinata a beni che si potevano considerare essenziali (soprattutto alimentari e bevande) un decennio dopo quella quota era scesa a circa il 35%. Questa contrazione derivava dalla crescente importanza di beni che si potevano considerare superflui, la cui proliferazione è una delle cifre distintive del consumismo.

Ma la novità non era soltanto economica, non si trattava soltanto di consumismo così inteso. Cambiavano i valori e i comportamenti sociali, cambiavano le forme e le manifestazioni del potere. Pier Paolo Pasolini anticipò quasi tutti nell’individuare questi cambiamenti; lo sguardo lucido che posò su di essi gli restituì una profonda preoccupazione che espresse, anche con toni accorati, in una serie di interventi della prima metà degli anni Settanta. Quelli a cui mi riferirò sono ora raccolti in due volumi: Scritti corsari e Lettere luterane.


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Piccole Note: Covid-19: omicron, la variante dell'11 novembre

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Covid-19: omicron, la variante dell'11 novembre

di Piccole Note

La variante omicron del Covid-19 è arrivata come una mazzata per il mondo, proprio quando sembrava che il peggio fosse alle spalle. Infatti, come segnalava l’articolo del Financial Times che abbiamo rilanciato, si iniziava a prendere coscienza che il pianeta non poteva più vivere di restrizioni tanto invasive ed era arrivato il momento di trovare un modo di convivere col virus.

Il fatto che a scrivere ciò fosse il giornale della City – insieme a tanti altri segnali che andavano in questa direzione (vedi ad esempio la recente intesa Biden-Xi sulla necessità di “porre fine alla pandemia“) – aveva aperto uno spiraglio.

Un sollievo, però, subito incrinato dall’allarme sulla nuova ondata che si stava abbattendo sull’Europa, con stime dell’Oms che prospettavano oltre due milioni di morti nel Vecchio Continente.

E, però, sembrava che il mondo potesse ancora reggere all’urto. Pur riproponendosi misure restrittive, sembrava che si potessero evitare chiusure draconiane in stile prima ondata.

Ma è arrivata l’omicron e tutto è tornato buio. come evidenzia il subitaneo crollo delle Borse internazionali. Anche la data della prima emersione della nuova variante porta inscritto il sigillo dell’infausto: è stata scoperta in Botswana l’11 novembre, per poi diffondersi in Sudafrica.


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Gianluca Sorrentino: Sachertorte

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Sachertorte

di Gianluca Sorrentino

In questi ultimi giorni abbiamo assistito alla solita “infodemia” generata a seguito della scelta del governo austriaco di introdurre restrizioni ai soli cittadini non vaccinati, decisione che ha prodotto una fibrillazione nel panorama politico europeo ed italiano. In questa ultima settimana abbiamo assistito al “concerto” di molti presidenti di regione e di alcuni esponenti politici sulla impellente richiesta di introdurre misure restrittive anche da noi sul modello austriaco. Richieste gelate dallo stesso governo: il Ministro degli affari regionali, Mariastella Gelmini ha infatti dichiarato che l’attuale esecutivo non intende applicare misure simili, in virtù del consistente tasso di vaccinati. (1)

Per comprendere meglio quale sia effettivamente la misura introdotta dal governo austriaco del cancelliere Schallenberg va analizzato brevemente il quadro epidemiologico e vaccinale.

Negli ultimi trenta giorni in Austria si è registrato un aumento dei nuovi casi per Covid-19, con un picco, al 16 novembre, di 16.717 contagi giornalieri, e un incremento maggiore nella fascia “5-14” anni.


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Piero De Chiara: Società pubblica della rete intelligente

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Società pubblica della rete intelligente

di Piero De Chiara

Un grande progetto pubblico che risponda alle domande occupazionali e ai vincoli finanziari e usi la rete e il digitale per un grande piano di cura del territorio

No, stavolta non possiamo cavarcela maledicendo il lungo elenco di errori lontani e recenti di azionisti, manager e governi; le scalate a debito, le buonuscite milionarie dei capi d’azienda, le cordate do ut des costruite a tavolino a palazzo Chigi, la riduzione inesorabile della occupazione e del perimetro aziendale.

Stavolta siamo arrivati al capolinea e, anche se TIM è forse il caso più grave, non c’è nessuna impresa di telecomunicazioni in Europa che sia in grado di resistere allo spostamento di ricavi e di valore dai servizi di rete a quelli che si svolgono sopra la rete e sono interamente capitalizzati dagli Over the top.

E siccome purtroppo non è alle viste una azienda di dimensione europea, l’unica necessaria e sufficiente per negoziare i prezzi di accesso alla rete degli OTT, occorre prendere in considerazione in Italia anche soluzioni di politica industriale non ancora sperimentate all’estero.


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Paolo Rabissi: Quattro righe e due versi per l’operaismo, una memoria di poca Storia

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Quattro righe e due versi per l’operaismo, una memoria di poca Storia

di Paolo Rabissi

Tra memoria e Storia il resoconto di un 'quadro intermedio' della nascita di Potere operaio, 1969-1970

schermata 2021 11 19 alle 18.11.41…se poi mi chiedi che sorte ha avuto la mia scrittura in versi nel periodo della nostra partecipazione a ‘La classe’ e alla nascita di ‘Potere Operaio’, la risposta è molto semplice, quella della talpa ( decisamente contestuale al ‘ben scavato…’, assunto dagli operaisti!). E come altrimenti? Non credere che io l’abbia sotterrata subito. Vero è che Oreste[1], appena sbarcato a Milano e appena conosciuti i miei (tiepidi) tormenti letterari in prosa, mi propose di aggiustare la faccenda con un semplice “… dopo i tuoi Proust Musil Kafka Joyce ecc che romanzi si possono ancora scrivere?” Ma lui veniva dalla rivista “Quindici” dove con Balestrini la decostruzione dei linguaggi compresi quelli poetici, era sin troppo avanzata. Il mio vero tormentone era in realtà quello dei versi. Sicché in una delle occasionali riunioni a casa nostra, più o meno primavera ’69, approfittando di un momento favorevole, ho letto davanti a tutti quelli che c’erano dei versi di cui non ricordo quasi nulla tranne di averci prospettato una sorta di molteplicità dei percorsi che ritenevo avessimo davanti a rivoluzione imminente. L’accoglienza fu tiepida, Sergio[2] col quale avevo un po’ più di confidenza, abbozzò un sorrisino. Toni invece non ebbe alcuna esitazione e mi rispose argomentando intorno alla sua decisa simpatia verso l’Uno e non verso il molteplice. Tanto bastó, dopo quell’exploit la mia scrittura in versi l’ho davvero sotterrata. So quando è riemersa. Quando mi resi conto che il progetto che mi aveva legato direttamente all’operaismo milanese per me era concluso, dopo una stagione non brevissima, alla fine del 1970.

La riassumo qui oggi, a ottantun’anni suonati, per tanti di quei motivi che non ha senso provare ad enumerarli. Scelgo però il più vicino nel tempo. E’ stata la storia di Potere operaio dello storico, ex-militante di Potere operaio, Marco Scavino,[3] consigliatomi da Sergio, a spingermi a scrivere. Delle memorie personali, si sa, occorre avere la giusta diffidenza, il tempo sovrappone e sovrappone. Personalmente godo però di due vantaggi. Anzitutto quanto scrivo è filtrato anche dalla memoria di Adriana, mia compagna dal ’66. Inoltre ho conservato e salvato dalle vicende una delle mie agende del ’69-’70.


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Nicola Casale: No pass, fascismo, fascisti

ilrovescio

No pass, fascismo, fascisti

di Nicola Casale

Riceviamo e pubblichiamo molto volentieri queste dense riflessioni di Nicola, già autore degli Appunti sulla maledizione pandemica, usciti in tre puntate anche sul nostro sito. Benché egli usi linguaggio e categorie diversi dai nostri, le sue riflessioni si segnalano per la pregnanza (e la salutare controtendenza) con cui colgono la natura radicale, inedita e totale del terreno su cui si gioca la scommessa rivoluzionaria oggi. Buona lettura

lasciapassare 300x205 1Tra i motivi più gettonati nella sinistra antagonista per prendere le distanze dal movimento contro il green pass (Gp) è che si tratta di un movimento egemonizzato dai fascisti, oppure di essere destinato a esserlo. La prima è semplicemente falsa, e chi abbia solo incidentalmente messo il naso nelle manifestazioni ha potuto verificarlo agevolmente. La seconda rientra, ovviamente, nel novero delle possibilità, al pari di altre di carattere diverso e persino antitetico. Che le mobilitazioni abbiano, in particolare dal 15 ottobre, un carattere prevalentemente proletario, con lavoratori di ogni settore, dipendenti o autonomi, apre, oggettivamente, alla possibilità che prevalga al loro interno un indirizzo classista, ma ciò non è un predestinato automatismo autoavverantesi per il semplice dato della composizione sociale. Dipende da un insieme di fattori, interni ed esterni al movimento, sui quali anche i fascisti possono, a determinate condizioni, giocare un proprio ruolo attingendo all’esperienza storica del mussolinismo e alla sua capacità di inquadrare il proletariato in quanto produttore, alla pari del capitalista nazionale, con un suo preciso ruolo nel sostegno della nazione e della sua economia (e adeguati riconoscimenti economico-sociali e politici).

È utile, perciò, ricordare i presupposti su cui il fascismo costruì il suo consenso anche in consistenti settori del proletariato, ma, non di meno, è necessario chiedersi se determinati processi sono destinati a riprodursi con le stesse modalità. E, primieramente, è necessario chiedersi cosa fu il fascismo.


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Jehu: Ancora sul problema della trasformazione...

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Ancora sul problema della trasformazione...

di Jehu

Heinrich1Nel 2013, Michael Heinrich ha scritto un saggio su quello che lui considerava fosse l'errore di base della teoria del valore del lavoro di Marx:

«Nella prima metà del XIX secolo, era diventato chiaro che le crisi economiche periodiche fossero una componente inevitabile del capitalismo moderno. Nel Manifesto Comunista, esse venivano considerate come una minaccia all'esistenza economica stessa della società borghese. Le crisi assunsero per la prima volta uno speciale significato politico per Marx nel 1850, quando egli tentò un'analisi più approfondita delle rivoluzioni fallite del 1848-1849. In quel periodo, egli considerava la crisi del 1847-1848 come il processo decisivo che aveva portato alla rivoluzione, e da questo trasse la conclusione per cui: "Una nuova rivoluzione è possibile solo come conseguenza di una nuova crisi. Essa è ad ogni modo altrettanto certa di questa crisi".

Negli anni successivi, Marx attese con ansia una nuova crisi profonda, che finalmente arrivò nel 1857-1858: tutti i centri capitalistici sperimentarono una crisi. Mentre Marx osservava attentamente la crisi e la analizzava in numerosi articoli per il New York Tribune, allo stesso tempo tentava anche di elaborare la sua critica dell'economia politica, che aveva progettato da anni. Il risultato di tutto questo fu il manoscritto senza titolo che è conosciuto oggi come i Grundrisse.

Nei Grundrisse, la teoria della crisi porta l'impronta dell'atteso "diluvio" di cui Marx scriveva nelle sue lettere. In una prima bozza della struttura del manoscritto, le crisi arrivano alla fine dell'introduzione, dopo il capitale, il mercato mondiale e lo stato, laddove Marx crea una connessione diretta con la fine del capitalismo: "Crisi. Dissoluzione del modo di produzione e della forma di società basata sul valore di scambio".


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Andrea Zhok: Pragmatismo tecnocratico e inattualità della filosofia

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Pragmatismo tecnocratico e inattualità della filosofia

di Andrea Zhok

Per la prima volta nella storia dei finanziamenti nazionali nessun PRIN (Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale) è stato finanziato per l’area filosofica. I progetti di quest’area rappresentavano il 10% dei progetti presentati, ma sono stati bocciati tutti.

Al netto del dispiacere per i mancati finanziamenti, credo che ci si possa compiacere di questo evento almeno per il suo contributo a fare chiarezza.

Si tratta di una scelta che si inquadra perfettamente nell’atmosfera del nuovo pragmatismo emergenziale, che non ha più tanto tempo da perdere con le apparenze.

Dopo tutto, come ha detto il ministro Cingolani, basta studiare quattro volte le guerre puniche. Ci vogliono più conoscenze tecniche.

Questo nuovo “pragmatismo” sta rapidamente dismettendo tutti gli orpelli, tutti i passati omaggi alla Costituzione, ai diritti, alla libertà di pensiero ed espressione, e sta andando rapidamente al cuore del progetto tecnocratico contemporaneo, senza più infingimenti. L’imperativo è la rapidità d’esecuzione previa cancellazione di controlli, pratiche di mediazione, tempi di riflessione.


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coniarerivolta: Draghi taglia e l’Europa loda (ma non basta…)

coniarerivolta

Draghi taglia e l’Europa loda (ma non basta…)

di coniarerivolta

Come prevedibile, anche in queste settimane il ‘Governo dei migliori’ guidato da Mario Draghi sta proseguendo pedissequamente nel percorso di riforme previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): a fronte di poche risorse elargite dall’Unione Europea, largamente insufficienti a far ripartire un’economia falcidiata dalla crisi, il Governo ha accettato la via della piena adesione alle condizionalità europee, definitivamente istituzionalizzate attraverso l’accordo alla base del programma Next Generation EU. Rispetto alle 528 condizioni negoziate dall’Italia con la Commissione per accedere alle venti tranche di finanziamento previste dal suddetto programma, il Governo sta infatti lavorando di buona lena all’implementazione delle riforme strutturali richieste. Tra queste, ha già portato a casa: il decreto sulla concorrenza, che spiana la strada alla cessione dei monopoli naturali ai privati; una riforma delle pensioni che prevede il ritorno alla Legge Fornero; il depotenziamento del reddito di cittadinanza, che indebolisce ulteriormente la posizione contrattuale dei lavoratori; dulcis in fundo, la prima fase della riforma fiscale, che cambia poco per cambiare male, lasciando intaccati la scarsa progressività del sistema e i privilegi dei redditi da capitale (redditi d’impresa e rendite finanziarie).


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Il Rovescio: Viva la sollevazione nelle Antille

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Viva la sollevazione nelle Antille

di Il Rovescio

In un contesto di manifestazioni, scioperi e scontri in ogni parte del mondo, merita uno sguardo particolare ciò che sta accadendo in Martinica e in Guadalupa. Lì, ben più che nelle piazze europee, si concentrano sulla stessa linea del fronte gestione dell’epidemia, situazione sociale, misure militari, tecno-industria e lascito storico del colonialismo. E proprio perché nelle colonie, come è stato detto, la civiltà capitalistica si aggira nuda, dalle Antille in rivolta arriva il più preciso rapporto sul presente stato delle cose. A ragion veduta le televisioni e i giornali nostrani non ne parlano.

Gli scioperi e i primi blocchi contro l’obbligo vaccinale – imposto al personale sanitario e ai pompieri – e contro il lasciapassare sanitario hanno agglutinato attorno a quei “no” la rabbia di vasti settori della popolazione locale. I blocchi-presìdi davanti agli ospedali, animati dal preponderante protagonismo femminile, si sono estesi dalla metà di novembre ad altri punti delle città; gli sbarramenti hanno cominciato a prendere fuoco con l’arrivo della gioventù. L’introduzione governativa del coprifuoco (misura che nella “nuova normalità pandemica” non possiamo più riferire alle sole colonie…) ha poi letteralmente acceso le polveri, riempiendo di collera anche le notti, con saccheggi di negozi e agguati armati contro le squadre speciali di poliziotti e gendarmi inviate da Parigi.


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Eleonora Piergallini: Metaverso: la follia irreversibile

piccolenote

Metaverso: la follia irreversibile

di Eleonora Piergallini

Sul Metaverso, la nuova frontiera della tecnologia, abbiamo scritto in altra nota. Ci ritorniamo per riportare quanto scrive Louis B. Rosenberg su BigThink, in un articolo interessante quanto inquietante.

Rosenberg, ingegnere informatico e CEO della Unanimous AI, un’azienda californiana che si occupa di intelligenza artificiale, sa bene cos’è il Metaverso, avendoci lavorato per anni, da cui l’interesse per quanto scrive: “Personalmente, trovo tutto ciò terrificante. La realtà aumentata cambierà tutti gli aspetti della società e non necessariamente in modo positivo”.

“Lo dico in quanto pioniere nel campo dell’Agumented Reality (AR). Trent’anni fa ho partecipato in qualità di ricercatore a un progetto pionieristico condotto dall’Air Force Research Laboratory (AFRL) con il sostegno dell’Università di Stanford e della Nasa. Durante l’esperimento, chiamato progetto Virtual Fixtures, gli utenti hanno avuto la possibilità di interagire con una realtà mista, fatta di oggetti reali e virtuali”. […].

 

La realtà aumentata, ma virtuale

“La ricerca è stata un successo, e ha dimostrato che è possibile aumentare le prestazioni umane fino a oltre il 100 per cento rispetto ad ora se si combinano il reale e il virtuale in un’unica realtà”.


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Thomas Fazi: Vaccinare i bambini?

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Vaccinare i bambini?

di Thomas Fazi

L’altro giorno il “Corriere della Sera” riportava a caratteri cubitali che il team di Milena Gabanelli ha analizzato i dati ed è giunta ad una conclusione inequivocabile: per quanto i rischi di complicazioni gravi da Covid nei bambini tra i 5 e gli 11 anni siano bassissimi e di fatto statisticamente in inesistenti – 44 su 100.000 ricoverati e 1 su 100.000 in terapia intensiva, mentre i decessi sono 0 virgola qualcosa (e riguardanti quasi sempre bambini che presentavano altre patologie molto gravi) –, «anche [in questa fascia di età] i benefici [della vaccinazione] superano i rischi», dice la Gabanelli.

In molti si saranno fermati al titolo e avranno pensato: «Perbacco, se lo dice anche la Gabanelli, nota proprio per il suo approccio lucido e scientifico alle cose, allora deve essere vero: corro a vaccinare mio figlio!». Qualcun altro, però, sull’uscio di casa, potrebbe essere stato colto da un dubbio amletico e potrebbe essersi chiesto: «Ma come fanno a conoscere quali sono i rischi da vaccino per la fascia d’età 5-11 anni?». E allora, magari, avrebbe continuato a leggere l’articolo per trovare una risposta a questa domanda. E avrebbe scoperto che... non lo sanno.


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tonino

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Dec 6, 2021, 12:03:33 PM12/6/21
to sante gorini

Militant: Clima, Storia e capitale, alcune riflessioni a partire dal libro di Dipesh Chakrabarty

militant

Clima, Storia e capitale, alcune riflessioni a partire dal libro di Dipesh Chakrabarty

di Militant

come pensano le foreste eduardo kohnCrediamo che “Clima, Storia e Capitale”, il libro di Dipesh Chakrabarty recentemente pubblicato dai tipi di Edizioni Nottetempo, anche se alcune delle tesi che vi sono sostenute ci risultano tutt’altro che condivisibili, rappresenti comunque un ottimo spunto per tornare a ragionare intorno a un tema che, se per un lato non può più essere rimosso (almeno a parole) dalle agende della politica mainstream, dall’altro non può nemmeno essere ignorato da chi quotidianamente lotta per un’alternativa di società. La lettura dei due saggi in esso contenuti ci ha permesso inoltre di approfondire e chiarire alcune delle perplessità generate dall’uso sempre più in voga di un termine come Antropocene che, come avevamo provato ad argomentare in un altro post, se pure scientificamente sempre più preciso, rischia paradossalmente di depoliticizzare la questione del cambiamento climatico. Infatti, se ormai è un dato di fatto incontrovertibile che l’Antropocene sia diventato “un” tema centrale, se non “il” tema centrale, della contemporaneità, meno netta è invece la consapevolezza su quali ne siano state le cause socio-economiche e, soprattutto, quale sia la soluzione praticabile e quali i soggetti sociali potenzialmente mobilitabili. E il fatto stesso che ci si attardi ancora a ragionare sulla possibilità di una transizione a un (im)possibile capitalismo green o a sperare in interventi significativi da parte di quegli stessi governi che sono tra le cause del problema ne è forse la dimostrazione più lampante.

Proviamo quindi a prendere in prestito le parole dei due prefatori come punto di partenza per descrivere ciò che ci sembra sia ormai sotto gli occhi di tutti:

gli spettri che fino a qualche anno fa sembravano solo una lugubre e vaga minaccia che pendeva sui futuri dei nostri pronipoti sono apparsi nel nostro quotidiano con una velocità che forse in pochi si aspettavano.


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Alessandro Ugo Imbriglia e Italo Di Sabato: Il capro espiatorio e la logica dell’emergenza

comuneinfo

Il capro espiatorio e la logica dell’emergenza

di Alessandro Ugo Imbriglia e Italo Di Sabato

police ge6db1594d 1280“Un buon capro espiatorio vale quasi quanto una soluzione”
(A. Bloch)

L’ossessione infinita per i numeri del contagio ha schiacciato le timide proteste per il divieto di cortei, ma ha anche oscurato l’assetto non più solo poliziesco ma marcatamente militare precipitato su Roma in occasione del G20. Il conflitto sociale, dunque, viene gestito a partire da una logica preventiva e la militarizzazione del territorio diventa ordinaria. Del resto in Italia l’allarmismo emergenziale ha una lunga storia (lotta al terrorismo, alla droga, alla mafia, alle tifoserie violente, ai migranti). Di certo quanto avviene mostra la profonda crisi di legittimità dello Stato, che non solo scarica sui cittadini le difficoltà della gestione sanitaria, ma cerca legittimazione alimentando la propria bulimia di controllo. “L’agire del potere risponde, anzitutto, a una necessità assoluta: legittimare la propria espansione – scrivono Alessandro Ugo Imbriglia e Italo Di Sabato -, e, conseguentemente, garantire la propria esclusiva conservazione…”

* * * *

L’11 novembre, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, come noto, ha emanato una direttiva per limitare le manifestazioni pubbliche. La ministra, nelle dichiarazioni che hanno accompagnato il provvedimento, ha detto che il disagio causato alle attività commerciali nei centri storici motivasse ampiamente il divieto dei cortei. Per i prossimi mesi, il governo Draghi vieterà, nei centri urbani, i cortei, tutti i cortei. Chiunque voglia manifestare la propria indignazione, nei confronti delle misure adottate dalle forze governative, non potrà farlo nei centri delle città, né a ridosso dei cosiddetti obiettivi sensibili, i quali, tra l’altro, corrispondono, il più delle volte, ai responsabili che hanno determinato le condizioni per cui si manifesta.

Il conflitto sociale viene gestito a partire da una logica preventiva. Non c’è alcuna soglia di tolleranza per le lotte sociali.


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comidad: Per far continuare il PEPP facciamo un altro bel lockdown

comidad

Per far continuare il PEPP facciamo un altro bel lockdown

di comidad

I media sono impegnati su dilemmi decisivi per le sorti dell’umanità, come stabilire se la perplessità del professor Crisanti sul battesimo dei bambini col sacro siero vada considerata un’eresia o addirittura apostasia. Nel frattempo hanno giustamente un posto secondario nei media scadenze come la fine, nel marzo prossimo, del piano straordinario di acquisti per l’emergenza pandemica da parte della Banca Centrale Europea, il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme). Per la verità la gran parte dell’opinione pubblica non sa neppure cosa sia il PEPP e che ruolo abbia svolto in questi ultimi due anni.

Il PEPP iniziò nel marzo del 2020, nel periodo dei lockdown. La politica delle chiusure si è poggiata su due pilastri: la digitalizzazione e le iniezioni di liquidità monetaria da parte della BCE. Quel poco di libertà che ci veniva concesso non era dovuto a chimere come la democrazia e i diritti costituzionali, bensì al fatto che non c’erano ancora gli strumenti tecnici e finanziari per incatenarci tutti. Senza le attuali tecnologie digitali infatti i lockdown sarebbero stati impossibili, per cui se il Covid fosse arrivato venti anni fa i governi o sarebbero stati costretti a potenziare le strutture sanitarie (invece di smantellarle), oppure, più probabilmente, avrebbero fatto finta di nulla. Alcuni pensano che le pressioni della lobby del digitale siano state persino decisive nell’attuare la scelta dei lockdown prima e del Green Pass poi, ma queste sono le solite fantasie complottiste.


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Franco Bifo Berardi: Rassegnatevi

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Rassegnatevi

di Franco Bifo Berardi

Disfattismo di massa, diserzione e sabotaggio: proposta per una strategia paradossale della rassegnazione (in attesa delle Comunità Autonome Operative per la Sopravvivenza)

 

Il Covid lungo della mente sociale

Nelle ultime pagine del suo libro La peste, Camus racconta il festoso ritorno alla vita della città di Orano dopo l’estinguersi dell’epidemia. Oggi, nell’autunno del 2021, all’orizzonte non si vedono segni di una festa imminente. Al contrario sembra che i segnali del disagio psicosociale si approfondiscano, e se nell’assenza di luoghi di incontro qualcuno si azzarda a organizzare un rave party rischia di essere aggredito come untore.

All’inizio del flagello il cretinismo pubblicitario diceva: ne usciremo migliori. Con ogni evidenza è vero il contrario: nervosismo generalizzato, razzismo rampante, violenza predona delle grandi corporazioni, diseguaglianza galoppante. L’avidità proprietaria di Big Pharma ha impedito la produzione locale dei vaccini e il risultato è Omicron. I vecchi bianchi si sono iniettati le terze dosi che sarebbero dovute andare ad altri, ma il virus è più furbo e si prepara ad ammazzarne qualche altro milione, magari anche me.


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Presidium del Comitato Centrale del PC Russo: "Curare un'infezione senza provocare malattie sociali"

lantidiplomatico

"Curare un'infezione senza provocare malattie sociali"

di Presidium del Comitato Centrale del PC Russo

Riceviamo questo comunicato del Partito comunista russo su lasciapassare sanitario e vaccinazione obbligatoria e volentieri pubblichiamo, anche alla luce di quanto emerge da questa intervista

La pandemia Covid-19 continua esacerbare la crisi socio-economica del paese. La Russia capitalistica non era preparata a combattere l’infezione dal nuovo coronavirus. La situazione è una diretta conseguenza della politica di distruzione dell’assistenza sanitaria di base, chiusura delle strutture sanitarie, carenza cronica di personale medico, anni di tagli ai fondi per i programmi sociali, corruzione e banale negligenza. Tutti questi fallimenti non hanno protetto efficacemente la Russia dalle nuove minacce nel campo della salute e della sicurezza epidemiologica.

Le informazioni allarmanti sulle vittime della pandemia ricordano sempre di più i rapporti dalle zone di guerra, con diverse migliaia di morti e feriti. La società è divisa e indignata, irritata e spaventata. I cittadini hanno sempre meno fiducia nello Stato. Non credono nella capacità delle autorità di trovare la migliore via d’uscita, di fermare il flusso di malattie e morti. I fallimenti nella lotta contro la pandemia accelerano il declino dell’autorità del governo.


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Riccardo Leoncini: Quanto inquina una e-mail?

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Quanto inquina una e-mail?

di Riccardo Leoncini

La diffusione dell’elettrico sta vivendo una sorta di seconda rivoluzione industriale. Infatti, l’unione di motori elettrici con sistemi informatici dotati di intelligenze artificiali rende possibile gestire sistemi complessi in maniera efficiente ed efficace. Ci apprestiamo a vivere una transizione verde incardinata su processi di miniaturizzazione e di dematerializzazione, che ci metteranno a disposizione tecnologie pulite e rispettose dell’ambiente. Questa rivoluzione verde ad alto contenuto tecnologico è quanto mai importante, poiché preannuncia un ridisegno qualitativamente rivoluzionario del paesaggio tecnologico in cui ci apprestiamo a vivere, le cui ricadute economiche, sociali e culturali sono potenzialmente inimmaginabili.

Tuttavia, occorre anche evidenziare che un modello di questo tipo sembra ignorare una serie di costi (impliciti ed espliciti) di cui occorre essere ben consci nel momento in cui siamo chiamati a decidere quale strada intraprendere per costruire un sistema tecno-economico rispettoso dell’ambiente.


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Andrea Zhok: Identikit del No-Vax o del come costruire un capro espiatorio

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Identikit del No-Vax o del come costruire un capro espiatorio

di Andrea Zhok

Schermata del 2021 12 04 19 37 45Tra le operazioni più sconcertanti avvenute in questi ultimi mesi si distingue per infamia la costruzione mediatica della categoria “No Vax”, che è stata estesa fino ad abbracciare tutti coloro i quali sono restii a sottoporre sé o i propri figli alle attuali inoculazioni anti-Covid.

Ora, la categoria “No Vax” era emersa in passato con riferimento a vaccini tradizionali, e, a torto o a ragione, era stata utilizzata dai media per identificare individui genericamente avversi alla pratica della vaccinazione in quanto tale. Essendo difficilmente dubitabile che varie vaccinazioni in passato, a partire dall’antivaiolosa, abbiano dato un importante contributo alla salute pubblica, si è costruita così un’idea del “No Vax” come un soggetto irrazionale, che si muove secondo un’agenda antiscientifica.

Nella fase più recente è avvenuto un salto di qualità nell’utilizzo della categoria, che si è trasformata in un termine pesantemente denigratorio e sprezzante, rivolto a persone che a questo punto non erano semplicemente definite dalla loro “ignoranza” ed “antiscientificità”, ma anche dal loro “egoismo”, perché, si diceva: non vaccinandosi mettevano a repentaglio l’immunità di gregge; o non vaccinandosi avrebbero diffuso il virus; o non vaccinandosi avrebbero occupato le terapie intensive. Che la prospettiva dell’immunità di gregge sia svanita da tempo, che anche i vaccinati diffondano il virus, e che anche i vaccinati occupino letti di terapia intensiva sono fatti che non sembrano aver sortito alcun effetto sull’opinione pubblica, la quale, aizzata quotidianamente, ha creato uno stigma feroce nei confronti dei non vaccinati, secondo il classico canone dell’“untore”.


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Simone Lanza: Accelerazione e alienazione nell’epoca del distanziamento

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Accelerazione e alienazione nell’epoca del distanziamento

di Simone Lanza

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            1082x1536La velocità è una caratteristica della modernità che David Harvey ha descritto con la categoria di compressione spazio-temporale: “Gli orizzonti temporali del processo decisionale privato e pubblico si sono avvicinati, mentre le comunicazioni via satellite e i minori costi dei trasporti hanno reso possibile e sempre più agevole la diffusione immediata delle decisioni in uno spazio sempre più grande e variegato”. A causa della compressione spazio-temporale viviamo in un mondo sempre più piccolo proprio perché sempre più veloce: oggi è possibile viaggiare da Londra a New York in otto ore anziché in tre settimane. Il mondo del cavallo è stato sostituito prima da quello delle navi a vapore e poi da quello degli aerei.

Questa idea delineata nel saggio La crisi della modernità (1989) non ha trovato molti sviluppi se non recentemente, nei contributi del sociologo tedesco di ispirazione francofortese Hartmut Rosa, in particolare in Accelerazione e alienazione (2010). La tesi di Rosa è semplice ma saggiamente e sinteticamente argomentata: la vita moderna è in costante accelerazione; “la società moderna non è regolata e coordinata da regole e normative esplicite, ma dalla silenziosa forza normativa delle leggi temporali, che si manifestano nella forma di scadenze di consegna, scansioni e confini temporali (…) le forze dell’accelerazione sebbene inarticolate e completamente depoliticizzate, tanto da sembrare date dalla natura stessa, esercitano una pressione uniforme sui soggetti moderni che sfocia in qualcosa di simile a un totalitarismo dell’accelerazione”.

Si può parlare di accelerazione in tre sensi: accelerazione tecnologica, accelerazione sociale e accelerazione della vita. L’accelerazione tecnologica è la compressione spazio-temporale dovuta alla velocizzazione di trasporti, internet e nuove tecnologie, etc.


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Ferdinando Pastore: L’antifascismo fatalista

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L’antifascismo fatalista

di Ferdinando Pastore

Sono sempre stato affascinato da come l’ideologia neoliberale abbia persuaso gran parte della popolazione, della cultura (accademica e non), degli sfruttati stessi ad abbracciare con enfatica partecipazione gli imperativi di comando che schiacciano gli stessi individui a condizioni oppressive, omologanti e a una capacità critica ridotta ormai a infantilismo cognitivo. L’attenzione è caduta sui meccanismi pedagogici della dottrina neoliberale che ha puntato, riuscendoci, a rendere allettanti determinate coordinate comportamentali ispirate all’identificazione dell’idea di progresso con i meccanismi evolutivi del mercato.

Questa visione del progresso è in primis un fattore che riguarda l’essere umano che nell’individualizzazione dei rapporti sociali si conforma a metodi valutativi standardizzati riproducendo nella propria esistenza le medesime dinamiche commerciali dell’impresa. Questo bagaglio di informazioni, di stimoli, di spinte ha contribuito – forse più della propensione al consumo – a rendere del tutto impolitica la società che è stata privata in questo modo di quei legami di interdipendenza capaci di strutturare le lotte collettive e di articolare i corpi intermedi, insomma di fortificare la democrazia formale borghese attraverso una prassi democratica sostanziale capace di incidere sull’indirizzo politico anche fuori dalle istituzioni.


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Savino Balzano: Draghi e il ministro banderuola: puntano tutto sul lavoro precario

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Draghi e il ministro banderuola: puntano tutto sul lavoro precario

di Savino Balzano

Una notizia (orribile) che non deve passare sotto traccia.

Con ordine: il lavoro interinale (oggi si dice in somministrazione) consiste in un rapporto a 3 (lascio a voi la battuta): lavoratore, datore di lavoro (agenzia di somministrazione) e utilizzatore. Una schifezza che andrebbe semplicemente abolita: le persone vengono assunte dalle agenzie e poi somministrate (affittate, prestate) a degli utilizzatori, che le adoperano come fossero cacciaviti.

Introdotto nel ’97 col famoso “Pacchetto Treu”, consolidato (introducendolo persino a tempo indeterminato, dalla “Legge Biagi” del 2003). In soldoni: centro-sinistra e centro-destra concordi nell’investire nell’interinale.

Il “Decreto Dignità” aveva limitato a 24 mesi il periodo massimo di somministrazione presso l’utilizzatore. La logica era semplice: il peggiore dei rapporti di lavori “atipici” non può essere adoperato per troppo tempo. La precarizzazione nella posizione della lavoratrice o del lavoratore è massima.


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Manlio Dinucci: Dove ci porta l’asse Roma-Parigi

manifesto

Dove ci porta l’asse Roma-Parigi

di Manlio Dinucci

Il Trattato del Quirinale promosso dal presidente della Repubblica Mattarella, firmato il 26 novembre dal presidente del Consiglio Draghi e dal presidente della Repubblica Macron, è un trattato politico a 360 gradi con cui Italia e Francia «s’impegnano a sviluppare il loro coordinamento e a favorire la sinergia tra le rispettive azioni a livello internazionale», attuando «partnership industriali in specifici settori militari» e altri programmi che comportano oneri finanziari per lo Stato.

Per essere ratificato dal Presidente della Repubblica, il Trattato avrebbe dovuto essere prima autorizzato dal Parlamento in base all’Art. 80 della Costituzione, secondo cui «le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono oneri alle finanze».

Il testo del Trattato è invece rimasto segreto, al di fuori di una ristretta cerchia di governo, finché non è stato pubblicato dopo la firma (pdf qui).


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Manfredo di Porcia: Il silenzioso gigante europeo dei semiconduttori: viaggio alla scoperta di ASML

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Il silenzioso gigante europeo dei semiconduttori: viaggio alla scoperta di ASML

di Manfredo di Porcia

Viaggio alla scoperta di ASML, il colosso olandese dei semiconduttori che può a ben diritto essere ritenuta l’azienda più strategica d’Europa. Tecnica, economia e politica di un gigante sconosciuto ai più che ad oggi è però il gruppo col più alto valore nel Vecchio Continente

La litografia ultravioletta estrema (EUVL) è una tecnica di produzione delle componenti elettroniche più sofisticate come processori e memorie. Fabbricare queste componenti, presenti in dispositivi come telefoni e computer, richiede la cooperazione di un enorme numero di competenze umane e di aziende. Una di queste, l’olandese ASML, è diventata negli ultimi anni leader di mercato della litografia ultravioletta, generando enormi profitti e qualche preoccupazione politica. Per capirne l’ascesa e il suo ruolo nel grande gioco dei semiconduttori è bene iniziare capendo cosa effettivamente accade in uno dei loro macchinari.

Una sferetta di stagno liquido viene sparata a 70 metri al secondo dentro il collettore. La sfera, larga inizialmente 30 micrometri, viene colpita una prima volta da un laser a CO2 che la deforma in un disco da 400 micrometri.


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Massimiliano Piccolo: La divinazione neo-liberale. Risposta a Marco Revelli

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La divinazione neo-liberale. Risposta a Marco Revelli

di Massimiliano Piccolo

L’ideologia non è mai un prodotto di “scarto”, c’è quindi sempre qualche buon motivo per intervenire su temi importanti – ma soprattutto utili – per l’orientamento e la formazione di intere generazioni all’interno di un paese.

Perché significa intervenire sul futuro e capire che se domani sarà il frutto di quanto si fa oggi (l’effetto di una causa si potrebbe dire), questa non sarà una chiacchiera da indovini, ma l’elementare fila indiana del prima e del poi.

Ed è soprattutto da questo punto di vista che l’intervento su La Stampa di Torino, apparso online a firma di Marco Revelli, dal titolo Bobbio, le ambiguità del socialismo, oltre a suscitare qualche perplessità scientifica sull’utilizzo più o meno appropriato di alcune categorie storiografiche e politologiche, non fa un buon servizio didattico/pedagogico.

In buona sostanza, l’articolo finisce per fornire legna ad un revisionismo tanto di maniera quanto pericoloso: quello degli opposti estremismi e dei totalitarismi, quello per cui in uno sciagurato secolo quale sarebbe stato il Novecento, nazismo e comunismo sarebbero stati la stessa cosa.


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tonino

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Dec 12, 2021, 1:29:56 PM12/12/21
to sante gorini

Marco Riformetti: I “fatti di Aigues-Mortes” tra nazionalismo e socialismo

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I “fatti di Aigues-Mortes” tra nazionalismo e socialismo

di Marco Riformetti

pogrom italianiIl presente contributo prende spunto da un’opera che lo studioso Enzo Barnabà ha dedicato ai cosiddetti “fatti di Aigues-Mortes” del 1893 (Barnaba [1994], Barnaba [2009]) che consistettero nel linciaggio di una decina di operai italiani emigrati in Francia. Si tratta di fatti abbastanza noti che al tempo ebbero vasta eco (almeno in Italia) ed il cui studio è certamente utile anche per sviluppare una riflessione sull’attualità e sulle conseguenze del nazionalismo.

 

Il contesto e i fatti in breve

Francia, fine ‘800. L’emigrazione italiana costituisce il 24% dell’intera emigrazione in Francia e circa lo 0,7% dell’intera popolazione presente sul suolo francese [1]. Gli italiani, come accade normalmente a tutte le comunità immigrate, sono concentrati in alcune aree del paese come il Midi – il Mezzogiorno – e il confine orientale.

L’emigrazione italiana in Francia è per la gran parte stagionale ed è alimentata da contadini che sono stati espulsi dalla ristrutturazione delle campagne del Nord Italia, ma non sono stati integrati nello sviluppo industriale. Sono giovani disposti per necessità a spostarsi da un luogo ad un altro e da un mestiere ad un altro, accettando spesso salari più bassi [2], vivendo in baracche e spezzandosi la schiena con giornate lavorative massacranti senza opporre che una scarsa resistenza alle richieste padronali; per questa ragione vengono spesso accusati di essere un fattore di indebolimento del movimento operaio autoctono.

In questo contesto lo sviluppo della solidarietà tra lavoratori francesi e lavoratori italiani è molto difficile ed ha buon gioco la propaganda nazionalista nel cercare di spingere i lavoratori francesi contro i lavoratori italiani e più in generale la Francia contro l’Italia, rea di aver sottoscritto un patto con Germania e Austria dalla chiara matrice anti-francese, la cosiddetta Triplice Alleanza.


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Carlo Clericetti: Come cambiare le regole europee

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Come cambiare le regole europee

di Carlo Clericetti

L’Ue ha aperto una consultazione pubblica sulla riforma, a cui tutti possono partecipare. La formulazione delle domande non depone a favore di un cambio di mentalità: eppure le ultime due crisi hanno mostrato che è proprio questo che serve. Alcune proposte per far tesoro delle lezioni del passato

hugeulL’Unione europea ha aperto una consultazione pubblica sulla riforma delle regole che si è data da Maastricht in poi. Con la pandemia sono state sospese e così resteranno anche nel 2022, ma nel 2023 si prevede di riattivarle. Non esattamente le stesse: anche se c’è ancora chi vorrebbe rispristinarle tali e quali – e questo la dice lunga sulla capacità di comprensione delle dinamiche economiche di una parte della cosiddetta “classe dirigente” – la maggioranza ha finalmente capito che quelle regole hanno funzionato male, per usare un gentile eufemismo. Se poi vogliamo dirla più chiaramente, alcune di esse sono demenziali e gli economisti che le hanno inventate – e magari ancora le sostengono – dovrebbero quantomeno ammettere pubblicamente l’errore, come qualcuno ha fatto.

Chiunque può partecipare alla consultazione, fino a fine anno, collegandosi a questo link. Una grande iniziativa di democrazia teorica. Per considerarla effettiva, bisognerebbe sapere chi leggerà quelle proposte (sempre che qualcuno le legga) e se sarà data la stessa attenzione a chi, tra le qualifiche tra cui scegliere, si definisce “cittadino europeo” o invece “banca centrale”.

Si deve rispondere a 11 punti, ognuno dei quali si conclude con una domanda. Ma la maggior parte potrebbe essere semplicemente accorpata al primo punto, la cui domanda finale esprime lo spirito con cui si affronta questa riforma e definisce l’orizzonte entro cui si muove chi ha preparato il questionario, che evidentemente nemmeno concepisce che si possa pensare a qualcosa di diverso. La domanda è: “Come si può migliorare il quadro di riferimento per garantire finanze pubbliche sostenibili in tutti gli Stati membri e per aiutare a eliminare gli squilibri macroeconomici esistenti ed evitare che ne insorgano di nuovi”?


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Fernanda Mazzoli: Catastrofismo. Amministrazione del disastro e sottomissione sostenibile

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Catastrofismo. Amministrazione del disastro e sottomissione sostenibile

di Fernanda Mazzoli

Tutta la vita della società industriale divenuta globale si annuncia ormai come un’immensa accumulazione di catastrofi

Ci sono libri la cui qualità ed importanza – in termini di capacità di leggere la realtà con lenti lucide ed originali, offrendo al lettore una visione delle cose che rovescia i capisaldi delle opinioni correnti – sono inversamente proporzionali alla loro notorietà e diffusione. Paradosso solo apparente e piuttosto scontato di un mercato editoriale che misura la qualità in base al presenzialismo mediatico degli autori e all’adeguamento al pensiero dominante che, di questi tempi, veste progressista e fa l’occhiolino al bene comune, il quale, per una svista della logica e della storia, è andato a cacciarsi sotto l’ombrello protettore dei miliardari filantropi, dei finanzieri divenuti salvatori della patria e dei grands commis ai vertici degli organismi internazionali. Così, un libro poco conosciuto e ancor meno citato come quello scritto a quattro mani da René Riesel e da Jaime Semprun, Catastrophisme, administration du désastre et soumission durable,1 dovrebbe, invece, essere uno dei testi di riferimento ineludibili per chiunque voglia comprendere il presente – tra minacce di catastrofe sanitaria e ricorso ad un’emergenza divenuta ordinaria amministrazione – senza piegarsi sotto le forche caudine dell’informazione di regime, della narrazione mainstreem e delle troppo facili semplificazioni offerte dagli adepti delle teorie complottiste.


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Maria Morigi: Capire la Cina, una recensione all’ultimo libro di Adriano Màdaro

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Capire la Cina, una recensione all’ultimo libro di Adriano Màdaro

di Maria Morigi

Premetto che conosco abbastanza la Cina, ne ho studiato e scritto, ma in questo momento sento urgente il bisogno di resistere alla dilagante propaganda anti-cinese e di contrastare le ben armate schiere atlantiste, composte da esportatori di democrazia: incredibili personaggi mentitori di professione e volonterosi ‘diritto-umanisti’ che mai hanno messo piede in Cina. E allora aderisco al partito minoritario d’opinione “Fermate il soldato Rampini”, perché non mi diverte affatto girare per canali televisivi o social che propongono con insistenza la terrificante immagine di una Cina nemica e antagonista, pronta ad impossessarsi del potere mondiale. In realtà, la lettura di Capire la Cina può essere un valido aiuto per chi desidera conoscere e avvicinarsi a quel grande Paese, senza idee pre-confezionate e pre-giudizi.

Al mio primo viaggio in Cina del 2009 non avevo aspettative né preconcetti ma qualche idea perfettibile e migliorabile. Ciò mi ha consentito di ‘esplorare’ e non confondere opinioni personali e realtà. Mi riconosco così nell’obiettività di Adriano Màdaro nel descrivere le differenze di civiltà, e ho potuto verificare anche i miei limiti di comprensione.


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Claudio Conti - Guido Salerno Aletta: Si balla sul barile, occhio all’equilibrio…

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Si balla sul barile, occhio all’equilibrio…

di Claudio Conti - Guido Salerno Aletta

Si fa presto a dire “transizione ecologica”… Ma tra il dire e il fare non basta mettere qualche “comunicatore certificato” (un giornalista mainstream, insomma), perché la realtà geofisica e “il mercato” dominato da interessi privati non obbediscono ai “buoni propositi”.

La questione energetica è il cuore di quella ecologica, per un sistema industriale basato da oltre due secoli sull’uso di fonti fossili altamente inquinanti (carbone, petrolio, gas). “Cuore” in senso fisiologico, perché per fare il “trapianto” verso un sistema fondato invece su energie rinnovabili servono molte cose che non ci sono. Alcune perché proprio non esistono ancora, altre che vengono semplicemente ignorate o addirittura combattute per interessi economici privati.

Rientrano nella prima categoria molte “fonti alternative”, che possiamo distinguere in “fintamente greeen” – come l’idrogeno, che va prodotto e non può essere “estratto” – e “insufficienti” (per esempio l’idroelettrico). La quantità di energia ricavata al momento da fonti fossili è tale da non poter essere sostituita in tempi rapidi da altre fonti indisponibili nelle stesse dimensioni.


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Davide Simone e Francesca Capelli: I cannibali, le politiche d’emergenza e la Finestra di Overton

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I cannibali, le politiche d’emergenza e la Finestra di Overton

di Davide Simone e Francesca Capelli

Come si arriva al Male Assoluto? A piccoli passi. Le riflessioni che vi proponiamo sono legate alla teoria della Finestra di Overton (forse a sua volta ispirato dalla famosa storiella della rana bollita) che mostra come sarebbe possibile manipolare l’opinione pubblica per farle non solo accettare, ma anche sostenere e difendere, qualsiasi idea, pur se una volta ritenuta esecrabile e intollerabile. Con una piccola premessa: il concetto di Male Assoluto può avere due significati. Quello di male infinito, che non ammette limitazioni, costrizioni relativamente a se stesso e alle condizioni in cui si esercita. Ma l’etimologia latina ab solutum indica anche l’idea di un male sciolto da qualsiasi referente oggettivo. Non c’è un vantaggio pratico nell’applicarlo nell’esercizio quotidiano (qual era il vantaggio per il tedesco medio nello sterminio di milioni di ebrei? Cosa toglie agli eterosessuali il fatto che le coppie gay possano sposarsi?) e solo la sospensione del pensiero può consentirlo. Proprio perché, come dice Hannah Arendt, il pensiero non ha a che vedere con la conoscenza, ma con la capacità di distinguere il bene dal male. Scegliendo il primo.


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Giorgio Gattei: Sraffa sul pianeta Marx. Cronache marXZiane n. 6

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Sraffa sul pianeta Marx. Cronache marXZiane n. 6

di Giorgio Gattei

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            1114x5571. Piero Sraffa (1898-1983) è stato certamente l’astronomo più chiacchierato (a favore o contro) della seconda metà del Novecento. Educato alla migliore ortodossia astronomia geocentrica, ne aveva subito compreso le manchevolezze, considerando che sul pianeta Marx non può certo valere quella “sovranità del consumatore” tanto decantata dai suoi insegnanti: ma quando mai se i prezzi vengono imposti dalle imprese sulla base dei costi di produzione e i clienti li subiscono a colpi di pubblicità? Lui non era propriamente un marxziano, ma preferiva immaginarsi come un «uomo venuto dalla luna» che, sulla base delle merci consumate e prodotte, sarebbe stato capace di «dedurre a quali prezzi le merci possono essere vendute se il tasso di profitto dev’essere uniforme e il processo di produzione deve essere ripetuto. Le condizioni dello scambio sono interamente determinate dalle condizioni della produzione». Ed è stato sulla base di questo convincimento che egli si era rivolto, per lo studio di quel nuovo pianeta comparso nella costellazione dell’Economia che poi si sarebbe chiamato “pianeta Marx”, agli astronomi “classici” come l’Adam Smith della Ricchezza delle stelle o il David Ricardo dei Principi di economia celeste per finire, come d’obbligo, alla “mappatura integrale” che ne aveva proposto l’astronomo indipendente Karl Marx in Il pianeta. Critica della astronomia politica dandogli così il proprio nome. Tuttavia Marx l’aveva osservato soltanto al telescopio (che allora erano pure difettosi), così che all’esame in quella “mappa” per Sraffa c’era fin troppa “metafisica”, le distanze chilometriche calcolate non erano precise se non addirittura errate e c’erano pure larghi spazi bianchi sui quali si sarebbe potuto scrivere, alla maniera dei cartografi antichi, “Hic sunt leones”.


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Andrew Ross: Dimissioni o rifiuto? Il nuovo veto del lavoro

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Dimissioni o rifiuto? Il nuovo veto del lavoro

di Andrew Ross*

Articolo di Andrew Ross sulla “grande fuga” dal lavoro negli Usa

hiring 0Un nuovo spettro perseguita i paesi ricchi: lo spettro di un'acuta carenza di manodopera.

Sulla scia della pandemia, in tutta Europa e Nord America i datori di lavoro si stanno strappando i capelli per trovare i lavoratori di cui hanno disperatamente bisogno. Reclutarli e tenerseli stretti, dicono, è più difficile tra i blue-collar e nei lavori manuali dei servizi.

Da un lato, non c'è nulla di nuovo in questa dinamica. Gli imprenditori da sempre si lamentano quando non riescono a occupare mansioni per i quali offrono salari inferiori agli standard (accettabili). Il problema è tipicamente la paga insufficiente, e non la scarsa offerta di lavoro, e quindi ci aspetteremmo di vedere questa "carenza" risolta quando i salari offerti saranno aumentati. Nel caso più recente, tuttavia, non abbiamo osservato il tipo di crescita salariale sostanziale che di solito si verifica per rimediare al problema. La sua assenza indica che non si tratta di una carenza classica. Né c'è un grande divario tra le offerte di lavoro e il numero di coloro che, secondo i dati ufficiali, stanno cercando un impiego. Semmai, questi ultimi sono di più, dato che i sondaggi ufficiali sottovalutano abitualmente i disoccupati nell’ordine dei milioni.

Quindi sta succedendo qualcos'altro.

Una delle interpretazioni più diffuse a spiegare la carenza di manodopera negli Stati Uniti riguarda le donne uscite in massa dal lavoro durante la pandemia, le quali non sarebbero tornate ai propri impieghi a causa della mancanza di assistenza a prezzi accessibili per i propri figli. Ci sono, tuttavia, poche prove a sostegno di questa tesi. Le donne con figli sono rientrate nella stessa percentuale di quelle senza.


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Carla Filosa, Gianfranco Pala e Francesco Schettino: Epidemia di sovrapproduzione

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Epidemia di sovrapproduzione

di Carla Filosa, Gianfranco Pala e Francesco Schettino

[Pubblichiamo di seguito un estratto della “Premessa” di Crisi globale. Il capitalismo e la strutturale epidemia di sovrapproduzione (Lad, 2021, pp. 210, € 15,00). Il volume affronta da un punto di vista teorico le moderne crisi capitalistiche con riferimento alle dinamiche valutarie transnazionali criticando gli approcci sottoconsumisti e neoclassici. In questo contesto gli autori mettono in discussione l’immagine dello shock pandemico come circostanza esterna alla dinamica dell’accumulazione, esplicitando le modalità con le quali tale evento viene utilizzato per comprimere quote di ricchezza sociale destinate alle classi lavoratrici.]

La “missione” del capitale, o più precisamente la necessità di sviluppare incessantemente le forze produttive che la storia sembra avere affidato a questo modo di produzione, presenta sempre più chiaramente l’insieme delle sue contraddizioni. L’allevamento intensivo di animali – come anche lo sfruttamento progressivo e senza remore delle risorse naturali senza ritegno a sconvolgere gli ecosistemi del pianeta – è dettato sicuramente dall’aumento della popolazione mondiale e dallo sviluppo sempre più veloce della molteplicità dei suoi bisogni, ma l’uso tecnologico e organizzativo di questo processo, dettato dal dominio delle cose, è dovuto al perseguimento del fine “miserabile” e contraddittorio della produzione di plusvalore, quale unico fine di questo sistema.


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Sandokan: Censis, chi spaventa chi?

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Censis, chi spaventa chi?

di Sandokan

“La società irrazionale”. Il CENSIS ha dato questo sorprendente titolo al suo ponderoso Rapporto annuale 2021. Nell’incipit del riepilogo, ad uso e consumo dei media, leggiamo infatti: “L’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale”.

Un rapporto che merita di essere letto e studiato ritengo, perché, da punto di vista empirico e sociologico, getta un fascio di luce abbagliante sul declino in cui è rimasto intrappolato il capitalismo italiano da quando si è gettato nel vortice della globalizzazione neoliberista e, soprattutto, da quando si è inginocchiato ai piedi dell’euro-germania.

Il Rapporto segnala infatti che gli italiani sono non solo più poveri e scontenti, sono consapevoli che sarà sempre peggio:

«Per due terzi (il 66,2%) nel nostro Paese si viveva meglio in passato: è il segno di una corsa percepita verso il basso. Per il 51,2%, malgrado il robusto rimbalzo del Pil di quest’anno, non torneremo più alla crescita economica e al benessere del passato.


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Guy Van Stratten: Super green pass e controllo dei corpi

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Super green pass e controllo dei corpi

di Guy Van Stratten

“Il corpo è una realtà bio-politica; la medicina è una strategia bio-politica”

(M. Foucault)

In questo articolo cercheremo di proporre una lettura, il più possibile razionale e distaccata, delle dinamiche che stanno dietro all’introduzione del green pass e, più recentemente, del cosiddetto “super green pass”, introdotto in occasione delle festività natalizie, che tende a escludere chi non si è vaccinato da svariati spazi della vita civile e quotidiana. Per farlo, come altre volte, non possiamo che rifarci alla “cassetta degli attrezzi” offerta da Michel Foucault utilizzandola nel modo più ‘neutro’ possibile, senza forzare in alcun modo il pensiero dello studioso né cercare, a ogni costo, di adattarlo – se così si può dire – alla delicata situazione contemporanea. Le osservazioni che seguono, infatti, non pretendono di avere la verità in tasca né di dire, dall’alto di uno scranno: “Le cose stanno così”. Sono, invece, appunto, delle osservazioni che, utilizzando come guida il pensiero di Foucault, intendono sollevare delle domande e porsi in discussione nonché, naturalmente, offrirsi a qualsiasi critica.


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Michele Michelino: La scienza, la medicina, la giustizia sono neutrali?

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La scienza, la medicina, la giustizia sono neutrali?

di Michele Michelino*

La scienza, la medicina, la giustizia sono neutrali, al di sopra delle parti o al servizio del potere? Alcune semplici riflessioni

Il profitto è la molla, il fondamento e l’obiettivo di tutta la società capitalista. Per i borghesi, i padroni, il profitto viene prima di tutto, prima della salute e della vita del proletariato e delle masse popolari. Pagare gli scienziati, i tecnici, per ricerche finalizzate a realizzare il massimo profitto in ogni campo economico della società e una delle spese necessarie per il capitale.

Nello stesso tempo ostacolare, nascondere gli studi di scienziati indipendenti, senza conflitti d’interessi, sulla salute, sugli inquinanti e cancerogeni, sulle malattie, è da sempre l’obiettivo dei padroni delle industrie multinazionali e della società capitalista/imperialista.

La scienza e la medicina del capitale sono funzionali alle esigenze e agli interessi del sistema.

La storia dell’amianto e del cloruro di vinile monomero che tanti morti hanno causato, lo dimostrano.


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Salvatore Bravo: Scienza e referendum

sinistra

Scienza e referendum

di Salvatore Bravo

Il vaccino anticovid è stato il referendum vinto dalla scienza, così si esprime il Presidente della Repubblica italiana. L’esemplificazione è il male dei nostri giorni, il male non è profondo, solo il bene lo è precisava Hannah Arendt. I referendum notoriamente si vincono apponendo sulla scheda elettorale una croce sul sì o sul no, il vaccinarsi corrisponde al “sì”, il non vaccinarsi al “no”. Il referendum è stato vinto dalla scienza, perché il numero dei vaccinati si avvia verso il 90%. I passaggi sono semplici ed elementari e nella loro scheletrica evidenza si rendono spendibili per la propaganda. Il messaggio spot “arriva”, se reso astratto e ”depurato” dalle incrostazioni storiche e dai dubbi dialettici. Il referendum obiettivamente è stato vinto, ma la qualità della vittoria determina se il risultato è autentico. L’adesione alla vaccinazione è stata favorita dal greenpass e dal ricatto che notoriamente ha indotto la maggioranza della popolazione ad accalcarsi negli Hub vaccinali.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Dec 14, 2021, 4:33:45 PM12/14/21
to sante gorini

Tendenza internazionalista rivoluzionaria: Un no rafforzato ad un “green pass” rafforzato

ilpungolorosso

Un no rafforzato ad un “green pass” rafforzato

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

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            1020x533IlSole24Ore WebNei mesi scorsi ci siamo schierati prima contro il decreto Draghi che ha stabilito l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario, poi contro l’istituzione del cd. “green pass”.

Oggi, davanti all’istituzione del “super green pass” e dell’obbligo vaccinale per gli insegnanti e il personale scolastico, ribadiamo con ancora maggior convinzione la nostra posizione. E torniamo a denunciare che questo strumento amministrativo e di propaganda, inefficace nel contrasto del Covid-19 (anzi, per più versi, perfino pericoloso), serve esclusivamente alla divisione e alla repressione dei lavoratori, scaricando sui singoli non vaccinati (in primo luogo sui proletari scettici sul vaccino, spaventati, disinformati o più semplicemente impossibilitati a vaccinarsi), e sul loro insieme, la responsabilità dei disastri prodotti da stato e padroni, prima e durante la fase pandemica, prima e dopo la campagna di vaccinazione.

Proprio mentre scriviamo ci arrivano da diversi ospedali del Veneto i primi segni di crisi dei reparti di terapie intensive a cui manca anzitutto il personale e, in secondo luogo, i posti-letto attrezzati per far fronte anche a questa moderata ripresa dei contagi; questo, nonostante l’inesauribile campagna pubblicitaria di Zaia&Co. sull’efficienza della struttura sanitaria veneta – che invece è rimasta esattamente quella che era due anni fa, e senza quel pugno di medici e di infermieri assunti a termine al culmine della diffusione del virus, e poi rimandati a casa.

La disinformazione di stato sui numeri dei contagiati (mentre si continua a non fare assolutamente nulla sul tracciamento) serve a rimuovere la discussione pubblica sulle cause di un disastro sanitario che è anzitutto italiano, europeo, occidentale, attraverso uno spot ossessivo sul vaccino come unica soluzione miracolosa alla pandemia e sul “greenpass” quale misura necessaria al suo contenimento.


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Gloria Zazio e Nuova Direzione: Se l’opposizione alla DAD è stata miope

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Se l’opposizione alla DAD è stata miope

di Gloria Zazio e Nuova Direzione

49724385896 262cf9e497 cLa situazione emergenziale indotta dalla pandemia da COVID-19 ha avuto tra le sue, forse inaspettate, conseguenze la ritrovata centralità della scuola nel dibattito pubblico italiano, dopo decenni di presenza intermittente e di complessiva scarsa considerazione.

Dalla fine di febbraio 2020, periodo nel quale la scuola è stata oggetto dei primi, caotici e contraddittori provvedimenti di chiusura adottati per contrastare la pandemia[1], ad oggi, quando il ritorno alla didattica in presenza è malamente (e fragilmente) puntellato solo su Green Pass e vaccini, l’attenzione per il tema della scuola non è mai scemato, e occupa anzi una posizione di rilievo su tutti i principali canali di informazione.

Come spiegare tale cambiamento? Da un lato è sembrato che, finalmente, in larga parte dell’opinione pubblica maturassero una nuova consapevolezza del ruolo della scuola nella società, e una conseguente sincera preoccupazione per le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria alle lezioni in presenza. D’altro canto, però, non ci si può sottrarre all’impressione che il tema della scuola sia stato spesso fortemente strumentalizzato e, brandito dall’una o dall’altra delle forze politiche, sia servito indifferentemente a sostenere la totale imperizia o l’abilità del Governo nella gestione della pandemia.

In particolare, la complessità delle questioni inerenti alla scuola è stata, nella maggior parte dei casi, volutamente ridotta alle contrapposizioni apertura e chiusura, presenza e distanza. Sull’onda lunga delle polemiche che hanno accompagnato la ripresa della scuola a settembre 2020, le nuove restrizioni imposte nell’ottobre scorso, tra cui la sospensione delle lezioni in presenza, hanno dato avvio ad una disputa feroce.


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Nuova Direzione: Atto di accusa

nuovadirezione

Atto di accusa

Sull'operato antidemocratico ed autoritario del governo Draghi e sulle ricadute di tale operato sull'intera società

di Nuova Direzione

Sulla base dei SINTOMI attuali quali:

  • il divieto spesso violento di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione;
  • l’utilizzo della pratica del confino atto ad escludere dalla socialità chi non è uniformato;
  • l’asservimento di tutto l’apparato informativo alle logiche governative;
  • le volontà maldestramente celate di imporre un cesarismo da stato emergenziale che mina le basi stesse della nostra Costituzione;
  • I deliberati e proditori interventi atti ad acuire le frizioni sociali sia nei luoghi di Lavoro, sia in ogni altro luogo della vita civile; per meglio reprimere il dissenso, le rivolte operaie e sopprimere così ogni conflitto sociale che dovesse insorgere;
  • La subordinazione dei presidi sociali di base (Scuola, Scienza, Sanità, Lavoro, Politica, Affetti) alle logiche liberali del massimo profitto.

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Mattia Marasti: Il centro non reggerà: la sinistra alla prova della pandemia

kriticaeconomica

Il centro non reggerà: la sinistra alla prova della pandemia

di Mattia Marasti

Uno degli insegnamenti politici che possiamo trarre dalla pandemia è l’ormai manifesta incompatibilità tra la realtà e il paradigma che ha dominato la sinistra occidentale negli ultimi trent’anni. Quello che è stato definito Terza Via o liberismo di sinistra appare oggi inutile per capire e, ancora di più, per risolvere i problemi che affronta la nostra società.

Per comprendere questo cambio di rotta è necessario rivolgere lo sguardo al passato, in particolare alla congiuntura storica degli anni ’70. A seguito della Seconda Guerra Mondiale, i governi degli Stati occidentali applicarono politiche interventiste in grado di garantire una crescita economica inclusiva ed egualitaria. Tali iniziative, seppur anticipate negli anni ’30 dal programma dell’amministrazione Roosevelt , affondano le proprie radici nella vittoria del partito laburista alle elezioni britanniche del 1945, un momento magistralmente catturato dal documentario “The Spirit of ’45” di Ken Loach.

A guidare l’azione del governo fu il cosiddetto Rapporto Beveridge: stilato da un parlamentare ed economista di ispirazione liberale (oggi sembrerebbe un paradosso), consigliava la creazione di un welfare state inclusivo che garantisse standard di vita superiori rispetto a quelli precedenti alla guerra.


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Luca Fantuzzi: Qual è il peggior tradimento del proprio Paese? E perché proprio gli IDE?

losmemorato

Qual è il peggior tradimento del proprio Paese? E perché proprio gli IDE?

di Luca Fantuzzi

Mi spiegava Calenda che l'Italia cresce poco perché è poco attrattiva verso i capitali esteri. Servono gli IDE (Investimenti Diretti)! Senza IDE siamo perduti! Altro che golden power, altro che cordate italiane! Provinciali! Incompetenti! Stiamo perdendo il treno dell'internazionalizzazione, restiamo attaccati a un modello vecchio di piccola impresa non scalabile! Camioni di faldoni! (Ah no, questo non è Calenda, ma insomma potrebbe essere suo degno sodale).

Ora, come ognun sa, il sullodato Calenda ha sempre ragione, per cui anch'io voglio dare il mio contributo spiegando al rozzo volgo cosa siano esattamente questi "Investimenti", e come funzionino. Tuttavia, poiché non sono un economista (e meno male), mi limiterò a raccontare un apologo edificante, ovviamente di fantasia, che - pertanto - non si è svolto recentemente, men che meno da qualche parte nel ricco nord della Penisola. Non essendo assolutissimamente vero, potremmo quantomeno dire che è ben trovato.

Dunque. Immaginate una start-up nel campo delle scienze della vita, creata da qualche brillante giovanotto appena uscito dall'università e da qualche suo professore, un po' meno giovane ma ugualmente intelligente.


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Salvatore Bravo: Supergreenpass

sinistra

Supergreenpass

di Salvatore Bravo

Il sei dicembre 2021 entra in vigore il super greenpass, si tratta di un’autentica rivoluzione reazionaria, in quanto i diritti sono concessi nello stile della costituzione ottriata e flessibile. Con un colpo di spugna il governo ha eliminato i diritti costituzionali conquistati dal popolo con la resistenza per inaugurare una nuova fase regressiva della democrazia. Dal sei dicembre vige un nuovo stato di diritto, in cui i cittadini non sono eguali davanti alla legge, ma si conquistano i diritti con l’obbedienza: diritti a punti o se si vuole a livelli. Vi sono tre livelli di cittadinanza: i senza grennpass, coloro che hanno il greenpass minimo e i supercittadini con il super grenpass. Cittadinanza a fasce di livello che mette in atto una discriminazione legalizzata. Il diritto allo studio è in realtà sospeso, gli studenti per poter arrivare nelle scuole devono dotarsi di greenpass.

Se uno Stato impedisce l’istruzione introduce una discriminazione inaudita: si neutralizza la formazione personale, si sottrae la possibilità di educarsi, si insegna che non tutti possono nei fatti entrare in classe. Gli studenti imparano che i diritti sono concessioni temporanee e che la formazione può essere espletata solo con l’obbedienza.


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Leopoldo Salmaso: Via maestra o assedio di mercanti? Sulla vaccinazione a tappeto anti-Covid dell'Africa

lantidiplomatico

Via maestra o assedio di mercanti? Sulla vaccinazione a tappeto anti-Covid dell'Africa

Marinella Correggia intervista Leopoldo Salmaso

Premessa

105400432 ecccae99 362e 4b47 b671 964d8b9d3c96Davvero la vaccinazione anti-Covid19 a tappeto (con dosi di richiamo viste le varianti) del 70% dei cittadini di ogni paese (obiettivo Oms) è la via maestra alla salute, un obiettivo sacrosanto, una gara di bontà ed equità per il benessere di tutti, il cammino verso la giustizia da sempre negata? Davvero raggiungere con la vaccinazione anti-Covid19 anche l’ultima ragazzina sulla Terra è il nuovo sol dell’avvenire e il bene comune più grande? Davvero one size fits all, taglia unica? O al contrario per molti paesi e popoli, affetti e afflitti da emergenze e secolari sfruttamenti, ma molto meno toccati dall’attuale pandemia in termini di morti e malati gravi, la somministrazione di massa di varie dosi di vaccino sarebbe uno sforzo immane, distraente e rischioso, perfino se le dosi arrivassero tutte gratis (e non scadute…), perfino se i monopoli relativi alla proprietà intellettuale fossero sospesi?

Avvertenza: ci rivolgiamo alle persone mosse da un’antica solidarietà e senso di giustizia nei confronti dei paesi africani e in generale dei popoli del Sud del mondo, ai quali dobbiamo la restituzione di un altissimo debito coloniale e post coloniale. E ricordiamo i principi della Dichiarazione di Alma Ata, nell’allora Urss, sulla salute per tutti (1978) (https://www.who.int/publications/almaata_declaration_en.pdf).

Il primo ad essere intervistato per l'AntiDiplomatico è Leopoldo Salmaso, medico specialista in malattie infettive e sanità pubblica, già responsabile dell’Unità operativa malattie infettive Ulss 16 Padova, già esperto del ministero affari esteri in Tanzania.

* * * *

1) La corsa a vaccinare l’Africa può essere vista come un assedio di mercanti? Oppure come un generoso sforzo di equità? In fondo nel mese di settembre i leader dei paesi più ricchi si sono impegnati a sostenere l’accesso equo ai vaccini con finanziamento, doni di dosi, e aumento della produzione globale per permettere l’equo accesso.


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Tania Scacchetti e Andrea Garnero: La Cgil e il Salario minimo legale. Un dibattito

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La Cgil e il Salario minimo legale. Un dibattito

Emanuele Caon, Mattia Cavani e Anna Soru discutono con  Tania Scacchetti e Andrea Garnero

Da tempo all’interno di Officina Primo Maggio e Acta si discute di Salario minimo legale. Per questo il 30 settembre 2021 abbiamo deciso di organizzare un dibattito in videochiamata tra Tania Scacchetti, referente sul Salario minimo legale per la Segreteria nazionale Cgil, e Andrea Garnero, economista dell’Ocse, attualmente in sabbatico di ricerca, che da tempo svolge un lavoro di ricerca e divulgazione sul tema. Per OPM e Acta hanno partecipato al dibattito anche Emanuele Caon, Mattia Cavani e Anna Soru

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              minimoCavani: Uno dei motivi che ci ha spinto a organizzare questo dibattito è stato chiarire la posizione della Cgil sul Salario minimo legale (Sml). Dunque, la Cgil è favorevole alla sua introduzione?

Scacchetti: È una domanda complessa. Per rispondere cominciamo a capire perché, in un paese con una così ampia copertura contrattuale, abbia preso piede un dibattito del genere. Direi che possiamo individuare quattro ragioni principali: 1. l’aumento delle disuguaglianze e la crescita della povertà di chi lavora, secondo i nostri dati ci sono quasi 9 milioni di lavoratori e lavoratrici “in disagio” per diverse ragioni (part time involontario, bassi salari etc.); 2. la crescente mobilità del lavoro e del capitale che aumenta il rischio del dumping e rende fragile il sistema contrattuale locale che si trova a misurarsi con dinamiche internazionali del sistema delle imprese; 3. la diffusione di forme di lavoro più precario e meno sindacalizzato; 4. l’indebolimento delle rappresentanze associative. Mancano norme che diano attuazione all’articolo 39 della Costituzione regolando la rappresentanza, dando efficacia generale ai Ccnl, e riducendo la proliferazione contrattuale – un pezzo consistente della quale è determinata da nascita di organizzazione sindacali e datoriali non particolarmente rappresentative.

Siamo tra i pochi paesi europei senza un Sml insieme a Svezia, Austria, Danimarca e Cipro ma siamo anche privi di meccanismo generalizzato di efficacia erga omnes dei Ccnl. Ciononostante il tasso di copertura contrattuale è importante e in teoria copre la totalità dei lavoratori dipendenti.


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Commissione medico-scientifica indipendente: 16 motivi per dire No, non avere fretta di vaccinare tuo figlio

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16 motivi per dire No, non avere fretta di vaccinare tuo figlio

di Commissione medico-scientifica indipendente

Questa la posizione sulle vaccinazioni antiCovid pediatriche della Commissione Medico-Scientifica indipendente (costituita da Paolo Bellavite, ematologo; Marco Cosentino, farmacologo; Vanni Frajese, endocrinologo; Alberto Donzelli, esperto di igiene e medicina preventiva; Patrizia Gentilini, oncologa; Eugenio Serravalle, pediatra)

Vaccinazioni pediatriche antiCovid-19: Il 2 dicembre dal Corriere della Sera il professor Michele Dallapiccola ha posto una domanda pubblica: “Per quale ragione non dovrebbero essere vaccinati?”. Eccone sedici, che noi della Commissione Medico-Scientifica (CMS) indipendente vogliamo discutere con il CTS governativo.

* * * *

1. Non c’è alcuna emergenza Covid tra i bambini. Se sono contagiati dal SARS-CoV-2 sono in genere asintomatici o con sintomi lievi.

2. Non c’è aumento di mortalità per Covid tra i bambini. L’aumento delle infezioni tra i bambini non ha causato un aumento di mortalità. Da 0 a 19 anni l’ISS ha registrato finora 35 morti, cioè ~20 casi/anno, che – su 10.431.663 bambini/ragazzi 0-19 anni (ISTAT) – significa 1 decesso ogni 522.000 bambini/anno, cioè 0,19 decessi su 100.000, 125 volte meno dei 2.505 bambini morti in media ogni anno nel quinquennio 2015-2019.


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Tagliare la strada al pilota automatico

bergteufel

Tagliare la strada al pilota automatico

Il testo che segue è la trascrizione di un intervento a due iniziative contro il lasciapassare dei giorni scorsi a Trento e Rovereto

Alcuni indizi significativi dello scenario che si avvicina a grandi passi: il ministro Speranza ha parlato del green pass come della «più grande opera di digitalizzazione mai fatta». Fra i propositi usciti dal G20 di Roma, c’era quello di ridurre a 100 giorni i tempi di sviluppo dei “vaccini” per le «nuove pandemie»: si dà quindi per scontato che ce ne saranno, e giustamente, non avendo alcuna intenzione di mettere in discussione il sistema industriale che le produce (distruzione degli ecosistemi, commercio mondiale, vita in ambienti tutt’altro che salubri ecc.). E infatti, di fronte alla variante Omicron si annuncia l’arrivo di vaccini «aggiornati» a tempo di record. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, oltre a grandi opere che non lasciano certo intravedere ripensamenti rispetto alla follia sviluppista che ha condotto alla pandemia (come la circonvallazione ferroviaria di Trento legata al TAV del Brennero), gran parte delle risorse (anche di quelle dedicate alla sanità!) sono destinate alla digitalizzazione e alle infrastrutture di cui necessita, rete 5G in testa.


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nlp: Censis, la società italiana è irrazionale?

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Censis, la società italiana è irrazionale?

di nlp

Con l’uscita del cinquantacinquesimo rapporto Censis sullo stato del paese sono emerse anche le consuete anticipazioni sui media.  Si tratta di un genere di marketing che, in passato, ha rappresentato la fortuna dell’istituto una volta diretto da Giuseppe De Rita e che ha di fatto imposto il rapporto Censis come il documento ufficiale sullo profilo sociologico del paese come la relazione di fine maggio del governatore della Banca d’Italia lo è sul piano finanziario.

Nel corso degli anni il Censis ha proposto, con alterna fortuna,  formule di lettura sullo stato del paese che oscillavano tra la ricerca degli elementi di vitalità della società italiana e quelli di critica al corto respiro dei comportamenti sociali analizzati. Quest’anno la tradizionale formula di successo, anticipare i temi guida del rapporto sui media, ha funzionato grazie all’evidenziazione di un tema sostanzialmente nuovo: l’irrazionalità di parte della società. Secondo il rapporto Censis infatti, una parte della società italiana, è in preda a un irrazionalismo “magico-religioso” che la porta a contestare l’uso dei vaccini in epoca di pandemia e, in parte, persino a considerare come seria l’ipotesi della terra piatta. Questo fenomeno, assieme all'”inverno demografico”, ovvero l’invecchiamento della popolazione,  secondo il Censis mina seriamente la coesione sociale.


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Günter Kampf: La stigmatizzazione dei non vaccinati è ingiustificabile

gocciaagoccia

La stigmatizzazione dei non vaccinati è ingiustificabile

di Günter Kampf

Coloro che affermano che i cittadini non vaccinati dovrebbero essere trattati diversamente dai cittadini vaccinati possono farlo, ma non in nome della scienza medica.

Günter Kampf, professore associato all'Institute for Hygiene and Environmental Medicine dell'University of Medicine Greifswald, ha scritto un articolo importante pubblicato su The Lancet, una delle più prestigiose riviste scientifiche di medicina del mondo.

Di seguito la traduzione

Ribadendo la nostra posizione #SmartProVax

Negli Stati Uniti e in Germania, funzionari di alto livello hanno usato il termine "pandemia dei non vaccinati", suggerendo che le persone che sono state vaccinate non sono rilevanti nellla diffusione di SARS-Cov2. Questa frase da potrebbe aver incoraggiato uno scienziato ad affermare che "i non vaccinati minacciano i vaccinati per il COVID-19" [1]. Ma questa visione è troppo semplicistica.

Vi sono prove crescenti che gli individui vaccinati continuano ad avere un ruolo rilevante nella trasmissione.


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tonino

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Dec 15, 2021, 3:46:11 AM12/15/21
to sante gorini

Gandolfo Dominici: L'"Apartheid" del Draghistan: benvenuti nella post-democrazia totalitaria

lantidiplomatico

L'"Apartheid" del Draghistan: benvenuti nella post-democrazia totalitaria

di Gandolfo Dominici[1]

720x410c50Lo scorso 24 Novembre abbiamo appreso dalla conferenza stampa di Super Mario Draghi, Gran Sultano del Draghistan, che con il Super Green Pass questo Natale non sarà normale per tutti i sudditi, ma solo per quelli vaccinati.

L’Amato Leader ha anche espresso l’auspicio (eventuale) che il prossimo Natale si potrebbero riammettere all’interno della società i sudditi esclusi, sempre a condizione che si comportino bene e diano segni di pubblica e sincera conversione.

Gli fa eco l’araldo Bruno Vespa che intervistato su Mediaset - divenuta, per l'occasione, rete amica e non più rivale - dichiara perentorio che: “Per diventare cittadini di serie A bisogna vaccinarsi”.

Ovviamente poco importa il dettato dell’art. 3 della Costituzione della (fù) Repubblica Italiana che prescrive testualmente (grassetto nostro):

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Influenti testate internazionali tra cui Politico.eu[2], Zeit[3] e Washington Times[4] hanno recentemente citato il Draghistan definendolo come una critica da parte di una “rumorosa minoranza di intellettuali” per poi concludere che, comunque, la maggioranza degli italiani sostiene l’operato di super Mario Draghi.


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Leonardo Mazzei: Vaccini, la propaganda e la realtà

sollevazione2

Vaccini, la propaganda e la realtà

di Leonardo Mazzei

capro espiatorio 1024x585Ogni settimana un giro di vite. Ogni giorno che passa una nuova proposta di restringimento delle libertà. Ogni minuto del teatrino della (dis)informazione ufficiale occupato da una caccia alle streghe che sarebbe perfino comica ove non fosse anche tragica. La ragione di questo accanimento è semplice: tanto più cresce l’evidenza del flop della strategia vaccinale, tanto meno la si vuole ammettere. Eccoci così arrivati al paradosso dello scarso funzionamento di un vaccino imputato a chi ha deciso di non farselo! Come ha ben scritto Andrea Zhok, con la costruzione mediatica della figura criminalizzante del “no vax”, i non vaccinati sono diventati il capro espiatorio cui attribuire ogni colpa.

Quando si fermeranno? Siamo ormai così abituati al peggio che questa domanda risuona perfino banale, mal posta e fuori luogo. Non si fermeranno mai, qualora si affermasse la sinistra profezia di Klaus Schwab. Più precisamente, non si fermeranno finché non verranno fermati. Ma la lotta sarà lunga e difficile e, come ha scritto Moreno Pasquinelli: “Per adesso hanno vinto loro”.

Sappiamo bene come le misure governative non abbiano alcuna funzione sanitaria, volendo invece sviluppare un nuovo modello di controllo politico e sociale. Tuttavia, l’ossessione liberticida a cui stiamo assistendo viene giustificata proprio come l’unica via di salvezza per uscire dall’epidemia. La concatenazione logica di questo ragionamento è quanto mai semplice: primo, il virus è un mostro in grado di sterminarci; secondo, solo il vaccino può fermarlo; terzo, solo un lasciapassare sempre più stringente può convincere gli ultimi riottosi alla sacra e risolutrice puntura.

Il Mostro, il Bene e il Male: questi sono i tre ingredienti tipici di una narrazione che vorrebbe essere edificante quanto definitiva. Tralasciando qui ogni considerazione sulla malattia, che esiste ma non è la peste e neppure la Spagnola, è chiaro come questo racconto si regga fondamentalmente sul secondo elemento: il “Bene” rappresentato dal vaccino, unico strumento in grado di sconfiggere il “Mostro”.


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Carlo Di Mascio: Pashukanis e l'estinzione del diritto

sinistra

Pashukanis e l'estinzione del diritto

di Carlo Di Mascio

unnamiuobuo567edE’ da come viene affrontato il tema dell’estinzione del diritto che si può comprendere fino a che punto un giurista è veramente vicino al marxismo e al leninismo.

E. B. Pashukanis, Economia e regolamentazione giuridica (1929)

1. Premessa1

E’ più o meno nota la drammatica vicenda filosofica ed esistenziale di Evgeny Pashukanis2, il quale, nella Russia sovietica tra gli anni 20 e 30 del Novecento - in perfetta sintonia con l’impianto marxista-leninista, e in distonia con quello stalinista mirato, dopo la seconda metà degli anni 30, al massimo rafforzamento del diritto e dello Stato - tenta di spiegare attraverso la sua opera più significativa, La Teoria generale del diritto e il marxismo del 1924, la correlazione esistente fra lo Stato, il moderno diritto formale astratto ed i rapporti sociali capitalistici, e ciò partendo dal presupposto fondamentale secondo cui la forma specifica della regolamentazione giuridica capitalistica ha origine dalla forma-merce, nonché dalla conflittualità degli interessi privati. Pashukanis, in netta antitesi con un certo marxismo ortodosso, ribadisce che Stato e diritto non sono la stessa cosa, né tantomeno possono più essere collegati o dedotti dalla proprietà privata, bensì dalla merce che, in quanto rapporto sociale, intende privilegiare solo valori di scambio per il mercato e non valori d’uso per i bisogni sociali e che, conseguentemente, nel capitalismo può esistere solo un diritto, quello “privato”, rispetto al quale quello “pubblico” rappresenta solo un’abile finzione borghese. Esiste dunque una concatenazione indissolubile tra la forma-merce e la forma giuridica, nel senso che la prima non fa che materializzare la seconda, dato che il capitalismo, universalizzando tutto quanto è legato alla merce, ne impone la sua forma al lavoro salariato, e ciò in particolare perché giunge a concepire ogni individuo come soggetto giuridico, un soggetto cioè uguale ad altri e libero di operare come meglio crede nel mercato, ma di fatto ridotto dal rapporto di produzione capitalistico a mera funzione nella produzione, e quindi nello sfruttamento.


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Joe Galaxy: The Great Reset: un libro per tutti e per nessuno

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The Great Reset: un libro per tutti e per nessuno

di Joe Galaxy

chessboard“Ci dominate per il nostro bene” disse con un filo di voce. “Credete che gli esseri umani non siano adatti a governarsi da soli, perciò…”

-George Orwell, 1984

Si può dire, in fondo, che il motto del liberalismo sia “vivere pericolosamente”. Vale a dire che gli individui sono messi continuamente in stato di pericolo o, meglio, che sono posti nella condizione di esperire la loro situazione, la loro vita, il loro presente, il loro avvenire, ecc., come fattori di pericolo… Si pensi, ad esempio, alla campagna sulle casse di risparmio dell’inizio del XIX secolo, alla comparsa della letteratura poliziesca e dell’interesse giornalistico per il crimine a partire dalla metà del XIX secolo, si pensi a tutte le campagne riguardanti la malattia e l’igiene, si consideri tutto ciò che accade intorno alla sessualità e alla paura delle degenerazione: degenerazione dell’individuo, della famiglia, della razza, della specie umana; insomma dappertutto si può vedere questa stimolazione del timore del pericolo, che è in qualche modo la condizione, il correlativo – psicologico, culturale, interno – del liberalismo. Niente liberalismo senza cultura del pericolo… Libertà economica, liberalismo nel senso che ho appena detto, e tecniche disciplinari sono strettamente connesse

-Michel Foucault, La questione del liberalismo

E poi bisognerebbe riflettere su quelli che, incapaci (a loro merito) di stare nell’ossessivo discorso maggioritario, ma drasticamente privi di strumenti critici, sono caduti (a loro rischio) in alter-narrazioni tossiche. Non sorprende, d’altronde, che dopo decenni di banalizzazione della lingua, di colonizzazione dell’immaginario e di guerra alla complessità, le più sciape storie dell’orrore possano suonare credibili. Da un certo punto di vista, questi nuovi “credenti” rappresentano una catastrofe e una fatica di Sisifo per chi, oltre a non stare nella narrazione maggioritaria, deve poi anche smarcarsi da questa galassia. Ma c’è qualcosa che va osservato e, se possibile, contattato: la qualità umana di chi trova così atroce quel che va accadendo, da ipotizzare che possa esser giustificato solo da qualcosa di altrettanto atroce


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Gaia Giuliani: Dalle distopie dell’Antropocene alle utopie della cura

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Dalle distopie dell’Antropocene alle utopie della cura

di Gaia Giuliani

Pubblichiamo il presente articolo che riassume l’introduzione al volume Monsters, Catastrophes and the Anthropocene. A Postcolonial Critique pubblicato da Gaia Giuliani nel 2021 per i tipi di Routledge e uscito nel numero 5/2021 della nostra rivista

Schermata 2021 12 02 alle 17.36.14Il tempo in cui viviamo[1] 

Viviamo in un’epoca di mostri e catastrofi, sospinti in un ciclo distopico senza fine. Il finis mundi si avvicina sempre di più e diventa gradualmente l’unica lente attraverso la quale l’Europa e l’Occidente danno un senso al ‘nostro’ tempo. ‘Noi’ temiamo le invasioni, uno stato permanente di terrore e la catastrofe ambientale finale – il ‘nostro mondo’ trabocca di caos e minaccia l’ordine che garantisce la nostra sicurezza, il benessere, la sostenibilità e il Progresso. Come nell’Apocalisse di San Giovanni, la fine del mondo come ‘noi’ lo conosciamo cancellerà il Tempo e lo Spazio, danneggerà irrimediabilmente il corpo umano, riportando la violenza selvaggia che era stata espulsa dallo spazio della ragione. Ciò che è in pericolo è l’essenza stessa degli umani, lasciati senza protezione ed esposti alla barbarie, alle epidemie e ai disastri naturali contro i quali occorre mettere confini, muri, colonie, spazi segregati, identità più spesse e leggi marziali: faremo di tutto per fermare la diffusione del caos e tenerlo ‘fuori’, anche se questo significa sacrificare alcuni per il bene dei molti. Alcuni stanno già pagando il prezzo più alto, ma non possono essere aiutati – la loro stessa mancanza di conoscenza li rende vulnerabili al disastro. Se riusciamo a tenerci a distanza di sicurezza da rifiuti tossici, virus, inquinamento ambientale, guerre e altri effetti nocivi dello stesso capitalismo neoliberale di cui beneficiamo, la parte migliore dell’umanità sarà al sicuro.

La mobilità indisciplinata dal Sud al Nord del mondo, il terrorismo organizzato dopo l’11 settembre e la crisi ambientale in continua evoluzione hanno scatenato un complesso insieme di ansie, paure e discorsi apocalittici.


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Paolo Bartolini: L’irrazionalismo che fa comodo

sinistra

L’irrazionalismo che fa comodo

A partire dall'ultimo rapporto del CENSIS

di Paolo Bartolini

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            6e241a1cf7 oLa gran cassa della comunicazione mediatica ha dato risalto agli esiti di un recente rapporto del Censis, che evidenzierebbero la presenza di sacche di irrazionalismo abbastanza diffuse nel tessuto sociale del nostro Paese. Ecco allora che scopriamo di vivere gomito a gomito con sedicenti terrapiattisti, con nemici dei vaccini e del progresso scientifico, con negazionisti più o meno espliciti del Covid-19.

Dinnanzi a questi risultati potremmo reagire in due modi altrettanto superficiali, cioè privi di filosofica attenzione agli eventi che si stanno dipanando dinnanzi ai nostri occhi negli ultimi due anni. Il primo modo è quello di chi interpreta i dati emersi come la conferma alla propria sensazione di essere accerchiato da tribù di sconsiderati trogloditi, prigionieri di un regressivo pensiero magico, indubbiamente individualisti e fascisti. Si noterà che questo profilo si attaglia perfettamente al nemico pubblico no-vax costruito negli ultimi mesi per dirottare lo sdegno e la rabbia dell’opinione pubblica su un’entità nebulosa e polimorfa, talmente generica da poter assumere in un baleno le fattezze del tuo vicino di casa. Il secondo modo, simmetrico e complementare, immagina che questi studi sociologici abbiano solo il fine di indurre le istituzioni a inasprire le restrizioni – già notevoli – nei confronti di scettici e antagonisti che contestano i vaccini e/o il Green Pass. Per costoro chiunque la pensi diversamente mente sempre, è un venduto, un nemico del popolo e così via. Sarebbe assurdo negare la realtà: nella galassia dei critici verso la gestione dell’emergenza vi sono anche umani disabituati al ragionamento rigoroso, inclini ad abbracciare fantasie sciocche e caricaturali.


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Tendenza internazionalista rivoluzionaria: Un no rafforzato ad un “green pass” rafforzato

ilpungolorosso

Un no rafforzato ad un “green pass” rafforzato

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

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            1020x533IlSole24Ore WebNei mesi scorsi ci siamo schierati prima contro il decreto Draghi che ha stabilito l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario, poi contro l’istituzione del cd. “green pass”.

Oggi, davanti all’istituzione del “super green pass” e dell’obbligo vaccinale per gli insegnanti e il personale scolastico, ribadiamo con ancora maggior convinzione la nostra posizione. E torniamo a denunciare che questo strumento amministrativo e di propaganda, inefficace nel contrasto del Covid-19 (anzi, per più versi, perfino pericoloso), serve esclusivamente alla divisione e alla repressione dei lavoratori, scaricando sui singoli non vaccinati (in primo luogo sui proletari scettici sul vaccino, spaventati, disinformati o più semplicemente impossibilitati a vaccinarsi), e sul loro insieme, la responsabilità dei disastri prodotti da stato e padroni, prima e durante la fase pandemica, prima e dopo la campagna di vaccinazione.

Proprio mentre scriviamo ci arrivano da diversi ospedali del Veneto i primi segni di crisi dei reparti di terapie intensive a cui manca anzitutto il personale e, in secondo luogo, i posti-letto attrezzati per far fronte anche a questa moderata ripresa dei contagi; questo, nonostante l’inesauribile campagna pubblicitaria di Zaia&Co. sull’efficienza della struttura sanitaria veneta – che invece è rimasta esattamente quella che era due anni fa, e senza quel pugno di medici e di infermieri assunti a termine al culmine della diffusione del virus, e poi rimandati a casa.

La disinformazione di stato sui numeri dei contagiati (mentre si continua a non fare assolutamente nulla sul tracciamento) serve a rimuovere la discussione pubblica sulle cause di un disastro sanitario che è anzitutto italiano, europeo, occidentale, attraverso uno spot ossessivo sul vaccino come unica soluzione miracolosa alla pandemia e sul “greenpass” quale misura necessaria al suo contenimento.


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Gloria Zazio e Nuova Direzione: Se l’opposizione alla DAD è stata miope

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Se l’opposizione alla DAD è stata miope

di Gloria Zazio e Nuova Direzione

49724385896 262cf9e497 cLa situazione emergenziale indotta dalla pandemia da COVID-19 ha avuto tra le sue, forse inaspettate, conseguenze la ritrovata centralità della scuola nel dibattito pubblico italiano, dopo decenni di presenza intermittente e di complessiva scarsa considerazione.

Dalla fine di febbraio 2020, periodo nel quale la scuola è stata oggetto dei primi, caotici e contraddittori provvedimenti di chiusura adottati per contrastare la pandemia[1], ad oggi, quando il ritorno alla didattica in presenza è malamente (e fragilmente) puntellato solo su Green Pass e vaccini, l’attenzione per il tema della scuola non è mai scemato, e occupa anzi una posizione di rilievo su tutti i principali canali di informazione.

Come spiegare tale cambiamento? Da un lato è sembrato che, finalmente, in larga parte dell’opinione pubblica maturassero una nuova consapevolezza del ruolo della scuola nella società, e una conseguente sincera preoccupazione per le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria alle lezioni in presenza. D’altro canto, però, non ci si può sottrarre all’impressione che il tema della scuola sia stato spesso fortemente strumentalizzato e, brandito dall’una o dall’altra delle forze politiche, sia servito indifferentemente a sostenere la totale imperizia o l’abilità del Governo nella gestione della pandemia.

In particolare, la complessità delle questioni inerenti alla scuola è stata, nella maggior parte dei casi, volutamente ridotta alle contrapposizioni apertura e chiusura, presenza e distanza. Sull’onda lunga delle polemiche che hanno accompagnato la ripresa della scuola a settembre 2020, le nuove restrizioni imposte nell’ottobre scorso, tra cui la sospensione delle lezioni in presenza, hanno dato avvio ad una disputa feroce.


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Leopoldo Salmaso: Via maestra o assedio di mercanti? Sulla vaccinazione a tappeto anti-Covid dell'Africa

lantidiplomatico

Via maestra o assedio di mercanti? Sulla vaccinazione a tappeto anti-Covid dell'Africa

Marinella Correggia intervista Leopoldo Salmaso

Premessa

105400432 ecccae99 362e 4b47 b671 964d8b9d3c96Davvero la vaccinazione anti-Covid19 a tappeto (con dosi di richiamo viste le varianti) del 70% dei cittadini di ogni paese (obiettivo Oms) è la via maestra alla salute, un obiettivo sacrosanto, una gara di bontà ed equità per il benessere di tutti, il cammino verso la giustizia da sempre negata? Davvero raggiungere con la vaccinazione anti-Covid19 anche l’ultima ragazzina sulla Terra è il nuovo sol dell’avvenire e il bene comune più grande? Davvero one size fits all, taglia unica? O al contrario per molti paesi e popoli, affetti e afflitti da emergenze e secolari sfruttamenti, ma molto meno toccati dall’attuale pandemia in termini di morti e malati gravi, la somministrazione di massa di varie dosi di vaccino sarebbe uno sforzo immane, distraente e rischioso, perfino se le dosi arrivassero tutte gratis (e non scadute…), perfino se i monopoli relativi alla proprietà intellettuale fossero sospesi?

Avvertenza: ci rivolgiamo alle persone mosse da un’antica solidarietà e senso di giustizia nei confronti dei paesi africani e in generale dei popoli del Sud del mondo, ai quali dobbiamo la restituzione di un altissimo debito coloniale e post coloniale. E ricordiamo i principi della Dichiarazione di Alma Ata, nell’allora Urss, sulla salute per tutti (1978) (https://www.who.int/publications/almaata_declaration_en.pdf).

Il primo ad essere intervistato per l'AntiDiplomatico è Leopoldo Salmaso, medico specialista in malattie infettive e sanità pubblica, già responsabile dell’Unità operativa malattie infettive Ulss 16 Padova, già esperto del ministero affari esteri in Tanzania.

* * * *

1) La corsa a vaccinare l’Africa può essere vista come un assedio di mercanti? Oppure come un generoso sforzo di equità? In fondo nel mese di settembre i leader dei paesi più ricchi si sono impegnati a sostenere l’accesso equo ai vaccini con finanziamento, doni di dosi, e aumento della produzione globale per permettere l’equo accesso.


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Tania Scacchetti e Andrea Garnero: La Cgil e il Salario minimo legale. Un dibattito

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La Cgil e il Salario minimo legale. Un dibattito

Emanuele Caon, Mattia Cavani e Anna Soru discutono con  Tania Scacchetti e Andrea Garnero

Da tempo all’interno di Officina Primo Maggio e Acta si discute di Salario minimo legale. Per questo il 30 settembre 2021 abbiamo deciso di organizzare un dibattito in videochiamata tra Tania Scacchetti, referente sul Salario minimo legale per la Segreteria nazionale Cgil, e Andrea Garnero, economista dell’Ocse, attualmente in sabbatico di ricerca, che da tempo svolge un lavoro di ricerca e divulgazione sul tema. Per OPM e Acta hanno partecipato al dibattito anche Emanuele Caon, Mattia Cavani e Anna Soru

salario
              minimoCavani: Uno dei motivi che ci ha spinto a organizzare questo dibattito è stato chiarire la posizione della Cgil sul Salario minimo legale (Sml). Dunque, la Cgil è favorevole alla sua introduzione?

Scacchetti: È una domanda complessa. Per rispondere cominciamo a capire perché, in un paese con una così ampia copertura contrattuale, abbia preso piede un dibattito del genere. Direi che possiamo individuare quattro ragioni principali: 1. l’aumento delle disuguaglianze e la crescita della povertà di chi lavora, secondo i nostri dati ci sono quasi 9 milioni di lavoratori e lavoratrici “in disagio” per diverse ragioni (part time involontario, bassi salari etc.); 2. la crescente mobilità del lavoro e del capitale che aumenta il rischio del dumping e rende fragile il sistema contrattuale locale che si trova a misurarsi con dinamiche internazionali del sistema delle imprese; 3. la diffusione di forme di lavoro più precario e meno sindacalizzato; 4. l’indebolimento delle rappresentanze associative. Mancano norme che diano attuazione all’articolo 39 della Costituzione regolando la rappresentanza, dando efficacia generale ai Ccnl, e riducendo la proliferazione contrattuale – un pezzo consistente della quale è determinata da nascita di organizzazione sindacali e datoriali non particolarmente rappresentative.

Siamo tra i pochi paesi europei senza un Sml insieme a Svezia, Austria, Danimarca e Cipro ma siamo anche privi di meccanismo generalizzato di efficacia erga omnes dei Ccnl. Ciononostante il tasso di copertura contrattuale è importante e in teoria copre la totalità dei lavoratori dipendenti.


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Marco Riformetti: I “fatti di Aigues-Mortes” tra nazionalismo e socialismo

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I “fatti di Aigues-Mortes” tra nazionalismo e socialismo

di Marco Riformetti

pogrom italianiIl presente contributo prende spunto da un’opera che lo studioso Enzo Barnabà ha dedicato ai cosiddetti “fatti di Aigues-Mortes” del 1893 (Barnaba [1994], Barnaba [2009]) che consistettero nel linciaggio di una decina di operai italiani emigrati in Francia. Si tratta di fatti abbastanza noti che al tempo ebbero vasta eco (almeno in Italia) ed il cui studio è certamente utile anche per sviluppare una riflessione sull’attualità e sulle conseguenze del nazionalismo.

 

Il contesto e i fatti in breve

Francia, fine ‘800. L’emigrazione italiana costituisce il 24% dell’intera emigrazione in Francia e circa lo 0,7% dell’intera popolazione presente sul suolo francese [1]. Gli italiani, come accade normalmente a tutte le comunità immigrate, sono concentrati in alcune aree del paese come il Midi – il Mezzogiorno – e il confine orientale.

L’emigrazione italiana in Francia è per la gran parte stagionale ed è alimentata da contadini che sono stati espulsi dalla ristrutturazione delle campagne del Nord Italia, ma non sono stati integrati nello sviluppo industriale. Sono giovani disposti per necessità a spostarsi da un luogo ad un altro e da un mestiere ad un altro, accettando spesso salari più bassi [2], vivendo in baracche e spezzandosi la schiena con giornate lavorative massacranti senza opporre che una scarsa resistenza alle richieste padronali; per questa ragione vengono spesso accusati di essere un fattore di indebolimento del movimento operaio autoctono.

In questo contesto lo sviluppo della solidarietà tra lavoratori francesi e lavoratori italiani è molto difficile ed ha buon gioco la propaganda nazionalista nel cercare di spingere i lavoratori francesi contro i lavoratori italiani e più in generale la Francia contro l’Italia, rea di aver sottoscritto un patto con Germania e Austria dalla chiara matrice anti-francese, la cosiddetta Triplice Alleanza.


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Carlo Clericetti: Come cambiare le regole europee

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Come cambiare le regole europee

di Carlo Clericetti

L’Ue ha aperto una consultazione pubblica sulla riforma, a cui tutti possono partecipare. La formulazione delle domande non depone a favore di un cambio di mentalità: eppure le ultime due crisi hanno mostrato che è proprio questo che serve. Alcune proposte per far tesoro delle lezioni del passato

hugeulL’Unione europea ha aperto una consultazione pubblica sulla riforma delle regole che si è data da Maastricht in poi. Con la pandemia sono state sospese e così resteranno anche nel 2022, ma nel 2023 si prevede di riattivarle. Non esattamente le stesse: anche se c’è ancora chi vorrebbe rispristinarle tali e quali – e questo la dice lunga sulla capacità di comprensione delle dinamiche economiche di una parte della cosiddetta “classe dirigente” – la maggioranza ha finalmente capito che quelle regole hanno funzionato male, per usare un gentile eufemismo. Se poi vogliamo dirla più chiaramente, alcune di esse sono demenziali e gli economisti che le hanno inventate – e magari ancora le sostengono – dovrebbero quantomeno ammettere pubblicamente l’errore, come qualcuno ha fatto.

Chiunque può partecipare alla consultazione, fino a fine anno, collegandosi a questo link. Una grande iniziativa di democrazia teorica. Per considerarla effettiva, bisognerebbe sapere chi leggerà quelle proposte (sempre che qualcuno le legga) e se sarà data la stessa attenzione a chi, tra le qualifiche tra cui scegliere, si definisce “cittadino europeo” o invece “banca centrale”.

Si deve rispondere a 11 punti, ognuno dei quali si conclude con una domanda. Ma la maggior parte potrebbe essere semplicemente accorpata al primo punto, la cui domanda finale esprime lo spirito con cui si affronta questa riforma e definisce l’orizzonte entro cui si muove chi ha preparato il questionario, che evidentemente nemmeno concepisce che si possa pensare a qualcosa di diverso. La domanda è: “Come si può migliorare il quadro di riferimento per garantire finanze pubbliche sostenibili in tutti gli Stati membri e per aiutare a eliminare gli squilibri macroeconomici esistenti ed evitare che ne insorgano di nuovi”?


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Giorgio Gattei: Sraffa sul pianeta Marx. Cronache marXZiane n. 6

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Sraffa sul pianeta Marx. Cronache marXZiane n. 6

di Giorgio Gattei

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            1114x5571. Piero Sraffa (1898-1983) è stato certamente l’astronomo più chiacchierato (a favore o contro) della seconda metà del Novecento. Educato alla migliore ortodossia astronomia geocentrica, ne aveva subito compreso le manchevolezze, considerando che sul pianeta Marx non può certo valere quella “sovranità del consumatore” tanto decantata dai suoi insegnanti: ma quando mai se i prezzi vengono imposti dalle imprese sulla base dei costi di produzione e i clienti li subiscono a colpi di pubblicità? Lui non era propriamente un marxziano, ma preferiva immaginarsi come un «uomo venuto dalla luna» che, sulla base delle merci consumate e prodotte, sarebbe stato capace di «dedurre a quali prezzi le merci possono essere vendute se il tasso di profitto dev’essere uniforme e il processo di produzione deve essere ripetuto. Le condizioni dello scambio sono interamente determinate dalle condizioni della produzione». Ed è stato sulla base di questo convincimento che egli si era rivolto, per lo studio di quel nuovo pianeta comparso nella costellazione dell’Economia che poi si sarebbe chiamato “pianeta Marx”, agli astronomi “classici” come l’Adam Smith della Ricchezza delle stelle o il David Ricardo dei Principi di economia celeste per finire, come d’obbligo, alla “mappatura integrale” che ne aveva proposto l’astronomo indipendente Karl Marx in Il pianeta. Critica della astronomia politica dandogli così il proprio nome. Tuttavia Marx l’aveva osservato soltanto al telescopio (che allora erano pure difettosi), così che all’esame in quella “mappa” per Sraffa c’era fin troppa “metafisica”, le distanze chilometriche calcolate non erano precise se non addirittura errate e c’erano pure larghi spazi bianchi sui quali si sarebbe potuto scrivere, alla maniera dei cartografi antichi, “Hic sunt leones”.


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Andrew Ross: Dimissioni o rifiuto? Il nuovo veto del lavoro

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Dimissioni o rifiuto? Il nuovo veto del lavoro

di Andrew Ross*

Articolo di Andrew Ross sulla “grande fuga” dal lavoro negli Usa

hiring 0Un nuovo spettro perseguita i paesi ricchi: lo spettro di un'acuta carenza di manodopera.

Sulla scia della pandemia, in tutta Europa e Nord America i datori di lavoro si stanno strappando i capelli per trovare i lavoratori di cui hanno disperatamente bisogno. Reclutarli e tenerseli stretti, dicono, è più difficile tra i blue-collar e nei lavori manuali dei servizi.

Da un lato, non c'è nulla di nuovo in questa dinamica. Gli imprenditori da sempre si lamentano quando non riescono a occupare mansioni per i quali offrono salari inferiori agli standard (accettabili). Il problema è tipicamente la paga insufficiente, e non la scarsa offerta di lavoro, e quindi ci aspetteremmo di vedere questa "carenza" risolta quando i salari offerti saranno aumentati. Nel caso più recente, tuttavia, non abbiamo osservato il tipo di crescita salariale sostanziale che di solito si verifica per rimediare al problema. La sua assenza indica che non si tratta di una carenza classica. Né c'è un grande divario tra le offerte di lavoro e il numero di coloro che, secondo i dati ufficiali, stanno cercando un impiego. Semmai, questi ultimi sono di più, dato che i sondaggi ufficiali sottovalutano abitualmente i disoccupati nell’ordine dei milioni.

Quindi sta succedendo qualcos'altro.

Una delle interpretazioni più diffuse a spiegare la carenza di manodopera negli Stati Uniti riguarda le donne uscite in massa dal lavoro durante la pandemia, le quali non sarebbero tornate ai propri impieghi a causa della mancanza di assistenza a prezzi accessibili per i propri figli. Ci sono, tuttavia, poche prove a sostegno di questa tesi. Le donne con figli sono rientrate nella stessa percentuale di quelle senza.


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Piotr: Allarme son fascisti

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Andrea Zhok: Incubo orwelliano

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tonino

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Dec 17, 2021, 1:26:34 PM12/17/21
to sante gorini

Il Rovescio: Vaccini al popolo?

ilrovescio

Vaccini al popolo?

di Il Rovescio

avorio
            1536x1328Al di là del titolo, ovviamente in linea col sensazionalismo che deve accompagnare tutta la narrazione pandemica, è uscito negli scorsi giorni un articolo piuttosto interessante sulla mancata vaccinazione di massa in Africa (Quel miliardo di dosi in frigo che ha condannato l’Africa, “La Repubblica”, 28 novembre 2021). Se non crediamo che possa scuotere i militanti di sinistra più imbolsiti che si mobilitano contro i brevetti dei “vaccini” biotecnologici, può forse suggerire qualcosa a chi rischia di somigliargli.

Se si pensa al contesto africano, non è strano che le inoculazioni nel continente nero abbiano raggiunto a malapena il 6 per cento di quanti lo abitano. Con una popolazione mediamente molto giovane, e un’aspettativa di vita che arriva – quando va bene – a settant’anni, il Covid in Africa non si è quasi sentito. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, che si rifà ai dati dell’OMS, le vittime nel continente del morbo più mediatizzato della storia ammonterebbero a circa 135.000 persone (altre stime le danno a oltre 200.000). Difficile che numeri simili possano destare preoccupazione, su una popolazione di oltre 1 miliardo e 300 milioni di persone. Non è perciò strano che le vaccinazioni contro una malattia che ammazza mediamente persone piuttosto anziane, in Africa non sfondino. Se poi si pensa che gli africani hanno ben altri problemi (tra malattie decisamente più pericolose, squadroni della morte o mancanza di acqua potabile, solo per dirne alcuni) la conclusione da banale si fa scontata, e non sarebbe lecito attendersi nulla di diverso: la stragrande maggioranza degli africani vive nell’indifferenza in materia di Covid.

A detta di “Repubblica” ci sarebbe però anche dell’altro. I cosiddetti “vaccini” si scontrerebbero in Africa con una forte diffidenza, dovuta, ça va sans dire, alla «disinformazione» e al «complottismo» disseminati dai social, che anche a quelle latitudini farebbero danni a una corretta informazione scientifica.


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Giandomenico Scarpelli: La ‘Ricetta senza ingredienti'

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La ‘Ricetta senza ingredienti'

Riflessioni sulla funzione di produzione e le risorse naturali in margine all’esame di economia di mia figlia

di Giandomenico Scarpelli

Autore di questo articolo in due puntate è Giandomenico Scarpelli. Un dirigente della Banca d’Italia nella quale si è occupato principalmente del collocamento dei titoli di Stato, delle operazioni di politica monetaria e di sistema dei pagamenti. Ha pubblicato, tra l’altro, La ricchezza delle emozioni. Economia e finanza nei capolavori della letteratura, (Carocci, 2015)]. A titolo personale si è sempre interessato di questioni ambientali, ed in particolare di economia ecologica, studiando in particolare l’opera di Nicholas Georgescu-Roegen e Herman E. Daly. N.B. Le opinioni espresse in questo articolo sono del tutto personali e non impegnano in alcun modo l’Istituto di appartenenza

ecosytem and economy«Un’assurdità, tuttavia, non cessa di essere un’assurdità quando si sono svelate le apparenze ingannevoli che la rendevano plausibile».
John Stuart Mill, Principi di economia politica (1848)

Premessa

Qualche tempo fa mia figlia mi ha chiesto di aiutarla a preparare l’esame universitario di economia politica. Ho accettato di buon grado sia per rendermi utile sia per rinfrescare qualche concetto offuscatosi nella mia mente a causa del tempo trascorso dai miei studi di teoria economica. In questa occasione ho “ripassato” la funzione di produzione e ho così rammentato le critiche che alcuni economisti eterodossi hanno rivolto a questo strumento analitico per la mancata o errata considerazione delle risorse naturali. In questo articolo cercherò di sintetizzare queste critiche e svolgerò alcune riflessioni personali sul tema.

 

La funzione di produzione tradizionale: sembra proprio che manchi qualcosa

Com’è noto la funzione di produzione nella sua formulazione corrente indica la quantità di prodotto che un’azienda può fabbricare utilizzando diverse quantità dei fattori di produzione, lavoro e capitale. Se pensiamo ad esempio ad una fucina, questo strumento analitico rappresenta il fatto intuitivo che più sono i fabbri che vi lavorano (il fattore lavoro) e più sono le incudini, i magli e gli altri attrezzi a loro disposizione (il fattore capitale), più oggetti di ferro e di altri metalli saranno prodotti (almeno fino ad un certo punto, oltre il quale i rendimenti dei fattori diventeranno decrescenti).


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Alba Vastano: Il pensiero critico e la rana di Chomsky

lavoroesalute

Il pensiero critico e la rana di Chomsky

di Alba Vastano

“Ragionare significa tacitare le emozioni e gli impulsi per fare spazio alle idee, soprattutto,a una discussione ordinata che le analizzi e ne determini il valore, aprendo nuove strade alla nostra convivenza “ (Ermanno Bencivenga)

immagine 10Stiamo attraversando l’era delle catastrofi, alcune annunciate, altre imprevedibili. Dai cambiamenti climatici causa inquinamento da emissioni, alle migrazioni sempre più frequenti, provocate da guerre infinite, soprusi, terrore e violenze che stritolano la vita di poveri esseri umani, costretti a tentare l’incognito, anche a rischio di perderla la vita, ma con un barlume di speranza di viverne una migliore di là dal mare. La xenofobia radicata come un germe velenoso, ostile e cinico ad accogliere chi riesce a salvarsi dal mare. E poi la fame, solo in alcuni luoghi della Terra, mentre in altri luoghi il cibo sovrasta le nostre pinguedini. Nel 2050 si prevedono nove miliardi di persone sul Pianeta, ma le risorse naturali, aria acqua e cibo si avviano verso l’estinzione. E per chiudere questo triste elenco di catastrofi attempate è piombata sulla nostra vita una pandemia causata da un virus che ha stroncato milioni di persone.

Sulle cause di tutte queste catastrofi possiamo proclamarci incolpevoli? Non lo siamo. Le catastrofi accennate ce le siamo procurate tutte e gli effetti più devastanti avremmo potuto evitarle. Se non è possibile evitare uno tsunami, un terremoto, un’esondazione, sebbene se ne possano attutire per tempo gli effetti devastanti mettendo in sicurezza i territori, le altre catastrofi come: inquinamento, razzismo e disuguaglianze sì, possiamo evitarle. Abbiamo ancora qualche chance per allungare i tempi della fine delle risorse del Pianeta, ma dovremmo provare ad attivare sin da oggi una risorsa che appartiene ad ogni umano. Una risorsa che ci connota come privilegiati nella vita sul Pianeta, ma una risorsa che abbiamo da troppo tempo accantonato.


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Daniel Wedi Korbaria: La guerra di Joe Biden in Etiopia

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La guerra di Joe Biden in Etiopia

di Daniel Wedi Korbaria

“Quando un uomo con il fucile incontra uno con la pistola quello con la pistola è un uomo morto!” recitava la battuta di un film di Sergio Leone che, adattata a questa storia, si trasformerebbe in “quando un giornalista bianco incontra un professore nero…”

È incredibile come sia facile per un giornalista occidentale che voglia scrivere un articolo infame su qualche leader africano riuscire sempre a trovare un africano ben disposto a prestargli il suo volto nero di modo che non possa venire accusato di razzismo nonostante i toni troppo paternalistici! C’è sempre, per usare le parole di Malcolm X, il solito “negro da cortile” disposto a tradire i suoi fratelli rimasti nei campi di cotone. Ma quel che è peggio è che il giornalista lo trovi di alto rango, un po’ colto e con una cattedra accademica.

Il protagonista di questa storia è il Professor Uoldelul Chelati Dirar, professore associato di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Macerata che, in un’intervista a Panorama1 del 26 novembre 2021, mentre io mi trovavo ancora in Eritrea, racconta qualcosa di inverosimile sull’attuale situazione nel Corno d’Africa.


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Piero Bevilacqua: Un nuovo laboratorio politico?

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Un nuovo laboratorio politico?

di Piero Bevilacqua

Una riflessione politica in due tempi. Primo tempo. Nel recente Consiglio dei ministri, com’è noto, la proposta di Draghi di esentare dal taglio dell’Irpef i redditti al di sopra dei 75000 €, per un contributo di solidarietà alle fasce più basse, è stata respinta. Nonostante l’iniziativa partisse dall’auterovolissimo presidente del Consiglio, la destra ufficiale ha fatto muro insieme alla destra mascherata di Italia viva. Il Pd, il partito che la pubblica vulgata definisce (per pura inerzia) di sinistra, ha abbozzato.

Quando si tratta di redistribuire la ricchezza in Italia gran parte del ceto politico solleva al cielo gli scudi e non si passa. Basta tirare fuori lo spaventevole termine di patrimoniale e tutto si blocca. Quell’episodio tuttavia non è che un frammento della storia d’Italia degli ultimi 20 anni, nel quale si riassume la causa delle cause del declino italiano e la pietrificazione del sistema politico. La disuglianza sociale, alimentata e resa cronica dal sistema fiscale, non è solo un’espressione di ingiustizia, ma blocca e fa regredire l’intero apparato pubblico del paese.Mentre la ricchezza privata delle famiglie si accresce e permane la più elevata al mondo- come ricorda periodicamente la Banca d’Italia – il paese lesina risorse pubbliche alla scuola, all’Università, ai comuni, alla sanità, alla Pubblica Amministrazione, al territorio, al Mezzogiorno.


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Giorgio Cattaneo: Ma il PD vuole il male dell’Italia?

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Ma il PD vuole il male dell’Italia?

di Giorgio Cattaneo

Dico il PD ma potrei scrivere “l’establishment europeista”. Quest’ultimo ovviamente non si identifica totalmente con il PD, che però ne costituisce il nocciolo, il “nucleo duro”. Quindi scrivo PD, che è anche una comoda (in quanto sintetica) sigla identificativa.

Allora, la mia opinione non è che il PD voglia il male dell’Italia. Sono convinto che il PD sia composto da gente mediamente e prevalentemente per bene. Non da serial killer, non da sociopatici.

Semplicemente, il PD desidera il bene dell’Italia, ma lo desidera come obiettivo subordinato, non come obiettivo prioritario.

L’obiettivo prioritario è la cessione di poteri all’Unione Europea. Che ha il non sgradito effetto collaterale, beninteso, di garantire incarichi e carriere agli esponenti del PD ("non sgradito" da loro stessi, s’intende).

Un obiettivo subordinato non è un obiettivo di poca importanza. Ha solo il difetto di essere, inevitabilmente, messo da parte quando entra in conflitto con l’obiettivo prioritario.


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Fabio Vomiero: Ma che cosa significa per la scienza avere a che fare con i "sistemi complessi" ?

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Ma che cosa significa per la scienza avere a che fare con i "sistemi complessi" ?

di Fabio Vomiero

StickBombQui accanto una "stick bomb" fatta con degli stecchetti tipo quelli del gelato. Questo arnese ha un comportamento non lineare, tipico dei sistemi complessi. Dimostra che un sistema non deve necessariamente essere complicato per essere complesso. (UB)

Che si stesse vivendo un periodo di grande fermento e fecondità nell'ambito di tutta quella ricerca scientifica che si occupa principalmente dello studio della cosiddetta "complessità", era cosa abbastanza nota ed evidente già da tempo, tanto che il Nobel per la fisica assegnato a Giorgio Parisi per i suoi studi sui vetri di spin e su altri sistemi complessi e agli altri due fisici dell'atmosfera per le loro ricerche sulla modellistica del clima, non costituisce affatto una sorpresa.

E' oramai da qualche decina d'anni, infatti, che anche la scienza, così come tutte le attività umane, si è venuta a trovare nel mezzo di un rapido processo di evoluzione e di maturazione che l'ha portata ad essere oggi un qualcosa di molto diverso da quello che era soltanto qualche anno o secolo fa, avendo spostato gradualmente il proprio interesse dallo studio dei sistemi fisici classici (meccanica, termodinamica, elettromagnetismo) allo studio dei sistemi appunto complessi che riguardano più concretamente la vita di tutti i giorni, ecosistemi, sistemi biologici, sociali ed economici, clima, per esempio.


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Maurizio Brotini: La crepa nel muro

lafionda

La crepa nel muro

di Maurizio Brotini

Il solo annuncio da parte di Cgil e Uil dello sciopero generale di 8 ore da farsi il 16 dicembre con manifestazioni a Roma, Milano, Bari, Palermo e Cagliari ha scatenato conservatori e reazionari di ogni risma.

“Non si disturbi il santo natale degli acquisti”, “ma c’è la pandemia signora mia”, “ma come, adesso che c’è la ripresa”, “attività antipatriottica” ,“sabotatori”, l’”irritazione” di Draghi, “stupito” per giunta, la Commissione contro il diritto di sciopero che dice non si può scioperare, perché verrebbe meno “l’oggettiva rarefazione” degli scioperi medesimi.

Il PD ed i suoi dirigenti, quelli “di sinistra”, in ambasce, gli altri schierati con la Cisl.

Ma cosa ci dice questa risposta scomposta se non del ruolo politico che ancora hanno le mobilitazioni e uno strumento antico come lo sciopero?

Così assordante era stata la grancassa sulla scomparsa della classe operaia e dei lavoratori che in molti ci avevano creduto.


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Sergio Cesaratto: Quei sussidi italiani alla Germania

politicaecon

Quei sussidi italiani alla Germania

di Sergio Cesaratto

sussidi italia germaniaL’Italia ha pagato certe sciagurate politiche della BCE – influenzate da Berlino, potenza dominante in Europa – con decine di punti di debito/PIL in più e trovandosi ancor più povera, mentre la Germania simmetricamente ci guadagnava.

* * * *

Già nella prima edizione delle Sei lezioni di economia denunciavo l’enorme risparmio nella spesa per interessi che il governo tedesco lucrava dalla fuga di capitali dai titoli di stato italiani verso quelli tedeschi, considerati più sicuri.[1] Un istituto tedesco aveva all’epoca quantificato tale risparmio in 100 miliardi di euro. Nell’edizione inglese del 2020 citavo l’autorevole membro tedesco del consiglio esecutivo della BCE, Isabel Schnabel che quantificava nel febbraio 2020 i risparmi di spesa per Berlino in 400 miliardi di euro dal 2017. Questo non solo, naturalmente, in seguito alla fuga dai titoli italiani, che si era progressivamente calmata dal celebre intervento di Draghi del 2012, ma soprattutto per le misure di acquisto di titoli pubblici avviata dalla BCE dal marzo 2015. Questi acquisti erano soprattutto indirizzati a mettere in sicurezza i titoli ad alto debito, come quelli italiani. Ma poiché la BCE deve agire erga omnes, ad avvantaggiarsene furono, ancora una volta, anche i titoli tedeschi. Insomma, vantaggi dalle disgrazie altrui, magari non espressamente cercati, ma comunque evidenti. Disgrazie nei confronti delle quali non si è però innocenti, se è vero che Berlino è stata la principale ispiratrice delle disgraziate politiche fiscali e dell’inazione della BCE sino alla Presidenza Draghi nel 2011, ma nei fatti anche oltre continuando a frenare l’azione della banca centrale.


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Michael Roberts: Il tasso di profitto degli Stati Uniti nel 2020

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Il tasso di profitto degli Stati Uniti nel 2020

di Michael Roberts

falling
            pricesAncora una volta, è arrivato il momento di guardare cosa sta succedendo al tasso di profitto sul capitale negli Stati Uniti. Lo faccio ogni anno e i dati ufficiali degli Stati Uniti, per misurare il tasso di profitto fino al 2020 compreso, l'anno del COVID, sono ora disponibili. Come ho già detto, ci sono molti modi per misurare il tasso di profitto (per i vari modi, vedi http://pinguet.free.fr/basu2012.pdf) "alla Marx". Io preferisco misurare il tasso di profitto guardando il plusvalore totale prodotto in un'economia rispetto al capitale privato totale impiegato nella produzione; per avvicinarsi il più possibile alla formula originale di Marx di s/C+v, dove s = surplus; C = capitale costante; che dovrebbe includere sia il capitale fisso (macchinari ecc.) che quello circolante (materie prime e componenti intermedi); e dove v = salari, o costi dei dipendenti. I miei calcoli possono essere replicati e controllati facendo riferimento a un eccellente manuale che spiega il mio metodo, gentilmente compilato da Anders Axelsson dalla Svezia, e che si può leggere qui.

Definisco il mio calcolo come una misura di «tutta l'economia», in quanto per calcolare il plusvalore si basa sul reddito nazionale totale, una volta tolto il deprezzamento e retribuzione dei dipendenti; sulle proprietà fisse private non residenziali nette, per il capitale costante (e questo esclude le abitazioni e i beni immobili); e sulla retribuzione dei dipendenti, per il capitale variabile. Ma come detto sopra, il tasso di profitto può essere misurato solo sul capitale aziendale, o vale a dire, solo sul settore non finanziario del capitale aziendale. I profitti possono essere misurati sia prima che dopo la tassazione; mentre la parte fissa del capitale costante può essere misurata sia sulla base del «costo storico» (ossia, il costo originale di acquisto) che su quella del «costo attuale» (quanto vale ora, o quanto costerebbe sostituire il bene ora).


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Sebastiano Isaia: Come stabilizzare lo stato di emergenza facendo di esso la "nuova normalità”

sebastianoisaia

Come stabilizzare lo stato di emergenza facendo di esso la "nuova normalità”

di Sebastiano Isaia

covid7643Nell’articolo pubblicato ieri Angelo Panebianco si poneva il problema di come stabilizzare (eterizzare?) nel modo migliore possibile (cioè senza creare eccessive e laceranti tensioni nel tessuto sociale e in quello istituzionale del Paese) l’attuale stato di emergenza. In una forma più cauta e “centrista” (qualcuno potrebbe anche dire “cerchiobottista”) Panebianco riprende i temi svolti più criticamente e “sinistramente” in questi mesi da intellettuali come Giorgio Agamben e Massimo Cacciari, accusati dall’opinione “mainstream” di portare acqua al mulino di complottisti e No Vax, di essere dei “cattivi maestri”, insomma di nuotare contro gli interessi generali del Paese – magari!

Scrive Panebianco (mi scuso in anticipo per la lunghezza della citazione): «Si comincia a prendere atto che l’eccezione potrebbe diventare regola, che saremo comunque minacciati a lungodal Covid. Quindi dobbiamo chiederci come tutelare il più possibile il sistema delle libertà nel medio-lungo termine senza compromettere la nostra capacità di impedire una nuova diffusione del virus. […] Che succede se la minaccia alla vita delle persone non scompare rapidamente, se la condizione di pericolo che all’inizio appariva come un fatto contingente, presto superabile, diventa permanente o tale da accompagnare l’esistenza di quelle democrazie per molto tempo? Come impedire che, nel lungo periodo, quella condizione di pericolo finisca per minacciare sul serio le libertà dei cittadini? Nelle situazioni di emergenza, si tratti di guerre, catastrofi naturali, pandemie, vengono presi, necessariamente, provvedimenti che implicano – talvolta in misura minima, talvolta più estesa – restrizioni della libertà personale.


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commissione università del FGC: PNRR e alloggi universitari: anche il diritto allo studio diventa occasione di profitto

senzatregua

PNRR e alloggi universitari: anche il diritto allo studio diventa occasione di profitto

A cura della commissione università del FGC

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è il piano del Governo Draghi, diviso in sei missioni, relativo all’utilizzo dei fondi stanziati dall’Unione Europea tramite il Next Generation EU. Tra investimento di fondi pubblici per internazionalizzazioni, transizione ecologica e transizione verso l’industria 4.0 possiamo vedere come i principali beneficiari di questo piano siano le imprese private. Stiamo parlando di un vero e proprio investimento pubblico, nel bel mezzo della crisi dovuta alla pandemia del Covid-19, fatto su misura per i padroni. È in questa logica, quella di un piano utile all’interesse padronale, che bisogna inquadrare il PNRR.

In particolare, la missione 4 riguarda l’istruzione, l’Università e la Ricerca. Essa ha in ballo 30 miliardi di euro di fondi solo per il 2021, una cifra sostanziosa che le imprese non vedono l’ora di accaparrarsi, esattamente come con tutte le altre voci. C’è in particolare un settore che può stuzzicare il loro interesse però, e si trova nella Riforma 1.7 all’interno della missione in questione: essa prende in considerazione gli alloggi universitari, con l’obiettivo dichiarato da parte del governo di triplicare il numero di posti alloggio esistenti portandoli da 40mila a oltre 100mila entro il 2026. L’intento potrebbe sembrare nobile e funzionale al diritto allo studio, ma non è così.


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Alessandro Di Battista: "Si aspetta la morte di Assange per fare l'elogio di un defunto che non può più nuocere ai potenti"

lantidiplomatico

"Si aspetta la morte di Assange per fare l'elogio di un defunto che non può più nuocere ai potenti"

di Alessandro Di Battista

Quest'uomo, da quasi 10 anni, non vede la luce del sole. Pensateci un istante. Pensate a dove eravate 10 anni fa e a cosa stavate facendo. Ebbene da allora Assange non ha più libertà. A volte mi stupisco che sia ancora vivo. Giorni fa ha avuto un ictus (per fortuna lieve) dovuto alle disumane condizioni di vita oltre che al dolore per essere in prigione senza aver commesso alcun delitto.

Assange non ha ammazzato nessuno. Semmai ha mostrato gli assassinii commessi in nome della democrazia. Assange non ha corrotto nessuno. Semmai ha svelato casi di corruzione internazionale. Assange non ha preso i nostri soldi, semmai ci ha mostrato dove miliardi e miliardi delle nostre tasse siano finiti: nelle guerre senza fine. Come quella in Afghanistan. Guerre nate non per esser vinte ma solo per esser combattute decenni interi per la gioia dei produttori di armi. Eppure Assange è in carcere. E temo ci morirà in carcere. Se ciò dovesse avvenire i principali responsabili saranno i giornalisti silenti. Gli ignavi della carta stampata. Gli editorialisti incapaci di abbandonare la loro comfort zone. Sono loro i più grandi sicari della libertà di stampa. Più dei politici, più dei potenti, più della CIA, più del Pentagono. Sono loro i più grandi traditori di Assange.


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Savino Balzano: Due nuovi protocolli sullo smart working: va peggio ai lavoratori del settore privato

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Due nuovi protocolli sullo smart working: va peggio ai lavoratori del settore privato

di Savino Balzano

A brevissima distanza l’uno dall’altro sono stati varati due importanti documenti in materia di smart working. Il primo riguarda la declinazione del lavoro agile nella pubblica amministrazione: Schema di Linee guida in materia di lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, del decreto del Ministro per la pubblica amministrazione recante modalità organizzative per il rientro in presenza dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni(30 novembre 2021).Il secondo riguarda il settore privato: Protocollo nazionale di lavoro in modalità agile (7 dicembre 2021).

Per quanto entrambi i documenti presentino dei punti deboli decisamente evidenti, nondimeno i contenuti sono differenti e uno dei due risultati è marcatamente peggiore dell’altro.

Vi risparmio la disamina di apertura di entrambi i testi: la solita cascata di retorica secondo cui il mondo è cambiato, la crisi sanitaria ci ha dimostrato come certe cose siano possibili e necessarie, i cambiamenti (imminenti e ovviamente ineluttabili) ci renderanno tutti migliori e felici.

Andiamo al dunque.


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Paolo Bellavite: Studio sull’importanza della terapia precoce di COVID-19

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Studio sull’importanza della terapia precoce di COVID-19

di Paolo Bellavite

Ho avuto il piacere di collaborare con un team di ricercatori capitanato dal prof. Serafino Fazio in uno studio retrospettivo sulla cura domiciliare del COVID-19, di cui qui riferisco in sommi capi i contenuti e i risultati.

Lo studio è stato pubblicato in anteprima l'8 dicembre 2021 dalla rivista peer-review “Medical Science Monitor” col titolo Retrospective Study of Outcomes and Hospitalization Rates of Patients in Italy with a Confirmed Diagnosis of Early COVID-19 and Treated at Home Within 3 Days or After 3 Days of Symptom Onset with Prescribed and NonPrescribed Treatments Between November 2020 and August 2021 (Studio retrospettivo sugli esiti e sui tassi di ospedalizzazione di pazienti in Italia con diagnosi confermata di COVID-19 precoce e trattati a casa entro 3 giorni o dopo 3 giorni dall'insorgenza dei sintomi con farmaci di prescrizione e non di prescrizione tra novembre 2020 e agosto 2021).


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Piotr: Allarme son fascisti

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Lettera dei ferrovieri per il lavoro, l'uguaglianza e il pluralismo

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tonino

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Dec 21, 2021, 3:55:57 AM12/21/21
to sante gorini

Giuseppe Longo: La pandemia ed il «techno-fix», seconda parte

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La pandemia ed il «techno-fix», II parte

di Giuseppe Longo*

isolamento sociale coronavirusIn una precedente nota (qui), ho sottolineato la necessità di una riflessione sulle cause possibili di questa pandemia, che vanno cercate, pensando anche al futuro, in una preoccupante crescita delle epidemie a partire dagli anni ‘70 (si tratta di “zoonosi” al 70%, indotte da deforestazioni e dal calo della biodiversità, v. (Morand, Figuié, 2016) li’ citato), nonché fra le possibili fughe accidentali di laboratorio. Anche questa seconda osservazione era basata sull’esperienza storica: la moratoria del 2014 negli USA di alcuni tipi di manipolazioni genetiche su microorganismi, a seguito di numerose conseguenze incontrollate, alcune gravissime, moratoria sospesa nel 2017 (v. riferimenti nella prima nota). Queste conoscenze possono comunque guidarci nell’azione, anche prima di capire l’origine di questa specifica pandemia, estensione al mondo di una epidemia fra le tante. Aggiungevo poi il rilievo della catastrofe sanitaria, anche quella annunciata.

 

Vaccini ed immunità

Ricordiamoci, in primis, che siamo sotto un regime di approvazione provvisoria dei vaccini, sia per la FDA che l’EMA. Questo è dovuto alla diversità dei virus, una diversità evolutiva, e, quindi, dei vaccini, ognuno da analizzare per le sue caratteristiche. Si prenda il caso di due straordinari successi, i vaccini contro il vaiolo e la poliomielite. Il primo rende il vaccinato immune: non è portatore del virus. La relativa stabilità evolutiva del virus ha permesso così di sradicarlo dalla specie umana (dichiarazione OMS, 1986).


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Sara Gandini: La rincorsa verso il rischio zero

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La rincorsa verso il rischio zero

di Sara Gandini

coronavirus g85037673b 1920 1536x723Dopo quasi due anni di convivenza con il virus possiamo rifiutare la metafora della guerra, tanto cara a buona parte della politica istituzionale e ai grandi media? Possiamo leggere quanto avviene con il pensiero critico femminista? Abbiamo tempo per chiederci, prima di tutto per i più giovani, che mondo è quello in cui l’eros di fatto viene bandito perché il corpo dell’altro è sempre considerato potenzialmente contagioso? Siamo diventati consapevoli che la scienza non è mai neutra? Si può aver paura delle derive paternaliste che portano a imporre dall’alto misure a volte insensate perché tanto i cittadini non capiscono e non sono mai capaci di agire responsabilmente? Possiamo smettere di alimentare l’infinita rincorsa verso il rischio zero, soprattutto nelle scuole, con condizioni che potrebbero essere prolungate per anni? Scrive Sara Gandini: “È fondamentale cambiare la narrazione della pandemia. Sars-cov2 è un virus, non è un nemico invisibile che può colpire ovunque e chiunque allo stesso modo. Chi cerca di tenere senso critico sulla gestione della pandemia non è un negazionista e chi propone il Green Pass non è un nazista, lo dico, sebbene io non sia d’accordo con questa misura…”

* * * *

“La guerra è una delle poche attività umane a cui la gente non guarda in modo realistico; ovvero valutandone i costi o i risultati. In una guerra senza quartiere, le risorse vengono spese senza alcuna prudenza. La guerra è pura emergenza, in cui nessun sacrificio sarà considerato eccessivo” [Susan Sontag1]

Io ho avuto paura, durante tutta la pandemia, e ho tuttora paura, ogni volta che scrivo. Non ho paura del virus ma dell’aggressività delle persone. Ho paura di chi si sente in guerra e ti mette dall’altra parte della barricata. Di chi ha fretta di decidere e non ha tempo di discutere. C’è a rischio la vita, dicono. E così tutto vale.


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Pier Giorgio Ardeni: Un’altra narrazione è necessaria

lafionda

Un’altra narrazione è necessaria

di Pier Giorgio Ardeni

89050 grunge flags italian italy flag 2560x1707 h
              1110x460 cQuesta storia recente: la politica si è smarrita

Questa era smarrita testimonia ormai con evidenza del tratto fosco che la nostra epoca ha assunto, di decadenza e passaggio. A Roma e a Glasgow, I «grandi del mondo» a confronto senza una prospettiva comune, incapaci di scelte che richiederebbero condivisione e decisione, davanti alle ferite del mondo. Il progresso tecnologico – mai come oggi tanto potente quanto fragile, perché guidato dalla ricerca dell’efficienza (del più con meno), in nome del «benessere» – appare impotente, se spogliato dal «motore» del mercato. E incapace di riparare i suoi stessi danni, provocati dall’idea che la natura, il pianeta, potesse essere «sfruttata» inesauribilmente. E la politica, che non sa più coniugare il dominio dei forti – del più «avanzato» sul più «arretrato» – con l’emancipazione dei deboli, è inerte.

La sinistra, emersa nel Novecento sulla spinta del movimento operaio e dei movimenti di liberazione, dopo aver progressivamente abbandonato l’idea di un «mondo senza classi» – plasmata sul modello sovietico che dalla curvatura staliniana in avanti era apparso vieppiù improponibile – e dopo aver convintamente sposato la prospettiva democratica, ha finito per stingersi di ogni coloritura, senza più vedere nella trasformazione la sua ragione di esistere, facendo di democrazia liberale e un capitalismo ben temperato con lo Stato del welfare i pilastri della sua azione. Il mondo, però è cambiato. Il capitalismo predatorio della globalizzazione ha portato il conflitto di classe su un altro piano, le «classi» stesse essendo mutate, e la pendenza neo-liberista ne ha segnato il definitivo dominio, cui gli antagonismi si oppongono esplodendo caotici e indeterminati. Senza trovare più nella sinistra il loro riferimento.


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Pierluigi Fagan: La modifica del panorama ideologico di un'epoca

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La modifica del panorama ideologico di un'epoca

di Pierluigi Fagan

Post di teoria politica, quindi di interesse per pochi

In questo post ragioneremo con Gramsci, useremo cioè una struttura del suo pensato per pensare a nostra volta.

Questa fruttifera relazione tra strutture del pensiero venne resa immagine immortale da Giovanni di Salisbury (XII secolo), il quale però la riferiva come detto del suo maestro ovvero Bernardo di Chartres: “siamo come nani montati sulle spalle di giganti”.

L’immagine ha un implicito di “vedere più lontano” o “vedere da più in alto”. Ma al di là della formulazione che ne diede Bernardo, cattura una dinamica delle relazioni tra strutture del pensiero, una dinamica che, sempre in analogia, assomiglia a quella che in chimica si chiama “funzione catalitica”. La funzione catalica opera nelle trasformazioni chimiche (crea del nuovo dal vecchio) ed è svolta da una sostanza o complesso di sostanze che partecipano al processo, con ruolo necessario, senza però venire incluse nell’esito finale. Così, strutture di pensiero che aspirano al nuovo, usano quelle consolidate e più strutturate del vecchio, vi si appoggiano, le usano, per sottrazione o addizione o riformulazione.


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Roberto Paura: La coscienza è sovrastimata, è ora di pensare l’impensato

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La coscienza è sovrastimata, è ora di pensare l’impensato

“L’impensato” di N. Katherine Hayles affronta il rapporto tra vita naturale e artificiale

di Roberto Paura

Katherine Hayles: L’impensato. Teoria della cognizione naturale, Traduzione di Silvia Dal Dosso, Gregorio Magini effequ, Firenze, 2021, pp. 391, € 19,00

Stiamo vivendo una nuova età dell’oro nella ricerca sull’intelligenza artificiale, che di anno in anno e spesso di mese in mese sforna nuovi eccitanti prodigi, nuovi potentissimi software di natural language processing in grado di imitare il linguaggio e il modo di pensare umano, nuovi campioni artificiali di ogni gioco immaginabile. Un’età dell’oro mossa da un’incrollabile determinazione e ambizione, quella di pervenire a un’intelligenza artificiale autocosciente, meglio ancora a una superintelligenza artificiale cosciente a cui affidare i destini dell’umanità, affinché possa elevarci allo stadio successivo della nostra evoluzione, verso la trascendenza identificata nella Singolarità tecnologica vaticinata dai profeti del transumanesimo. Anche se non bisogna necessariamente coltivare una simile fede escatologica per lavorare nell’ambito della ricerca sull’IA, di fatto questa convinzione è sottesa agli sforzi che si concentrano sul modo di rendere gli algoritmi non solo in grado di apprendere da soli (obiettivo già da tempo conseguito), ma di sviluppare un pensiero autoriflessivo. È, in estrema sintesi, la convinzione secondo cui intelligenza e coscienza si equivalgono e non possa esistere l’una senza l’altra.


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nlp: Inflazione o deflazione? Domande serie per l’Italia del 2022

codicerosso

Inflazione o deflazione? Domande serie per l’Italia del 2022

di nlp

Il tasso di inflazione tendenziale negli Stati Uniti è arrivato a novembre al 6,8%, mentre la crescita dei prezzi ha sfiorato il cinque per cento attestandosi al 4,9%. Se i dati più recenti non attirano l’attenzione della politica italiana allora basta aggiungere che si tratta dei nuovi massimi rispettivamente da 40 e 30 anni a oggi. Su questi temi il dibattito economico e politico, globale non solo americano, si è da tempo attestato sulla questione se questo genere di tassi di inflazione rappresenti un fatto transitorio o meno. Si tratta di una questione strutturalmente seria così, dal punto di vista politico, diventa essenziale capire quali sono le alternative in campo nel caso prevalesse, a livello globale, uno scenario inflattivo o uno deflattivo. Certo, negli ultimi anni, anche dopo la grande iniezione di liquidità da parte delle più importanti banche centrali per risolvere una serie impressionante di crisi (da Lehman, al debito sovrano europeo, alla bassa crescita) l’inflazione è rimasta bassa, persino sotto l’obiettivo delle banche centrali, assieme alla crescita e, questione non da poco, all’aumento esponenziale del debito globale.


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Vincenzo Comito: Le vie della seta occidentali

sbilanciamoci

Le vie della seta occidentali

di Vincenzo Comito

Per rispondere alla Belt and Road Initiative messa in campo anni fa da Pechino, ora anche Washington e Bruxelles annunciano iniziative per aiutare i paesi in via di sviluppo a ammodernare le infrastrutture, anche di adattamento climatico. Ma non sono chiari progetti e fondi effettivamente impegnati

 

Oltre la BRI

Da quando Joe Biden è stato eletto presidente degli Stati Uniti, la sua ossessione anticinese non ha conosciuto respiro e si sta trascinando dietro, sia pure con qualche borbottio, anche i paesi dell’UE.

Vogliamo in queste note esaminare un poco da vicino in particolare una delle più significative iniziative che vanno nel senso citato, quella messa in campo di recente per contrastare in qualche modo la nuova Via della seta cinese.

La Belt and Road Initiative, varata diversi anni fa dalla Cina ha presentato, come tutte le costruzioni umane, certamente dei problemi, fortemente amplificati nelle dichiarazioni dei governi e negli articoli della stampa occidentali, ma complessivamente è stata un successo di rilevanti dimensioni ed è stata accolta molto positivamente da decine di governi dei paesi in via di sviluppo ed anche da qualche paese a medio reddito.


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Salvatore Bravo: Oblio della parola

sinistra

Oblio della parola

di Salvatore Bravo

L’Europa non ha un’anima, ha solo il pareggio di bilancio nei suoi obiettivi. L’anima l’ha persa nel conteggio del plusvalore. L’omogeneità e la sterilità creativa sono i due volti della dimenticanza della cura dell’anima e del porsi in ascolto con il logos della profondità insondabile. Nel contatto tra le forme passionali dell’anima, simbolizzate nel mito dell’auriga alata dal cavallo bianco e dal cavallo nero con il logos, l’auriga, vi è la grandezza dell’Europa. La cura dell’anima è stata la forza creatrice capace di trarre dalla profondità concreta e storica della soggettività l’universale condiviso con cui fondare comunità di pensiero. La decadenza dell’Europa è nella dimenticanza dell’anima, nella sua caduta a semplice presenza “ontica”. Il silenzio della parola è indifferenza verso la cura della propria anima e dell’altrui. Senza la reciprocità dell’ascolto non vi è mondo condiviso, ma solo l’intercosalità che riduce la vita a rapporto mercantile. Le parole tacciono dietro il peso delle transazioni, senza le parole l’anima è solo un fondo oscuro senza forma, in cui disperdersi. La disperazione dell’europeo medio è il silenzio nel quale non vi è ascolto di sé, e dunque si è incapaci di comunicare.


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Tendenza internazionalista rivoluzionaria: Sullo sciopero generale indetto da CGIL e UIL

ilpungolorosso

Sullo sciopero generale indetto da CGIL e UIL

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

external contkuoewo6entjpegE allora, a meno di una revoca dell’ultimissimo momento a fronte di concessioni insignificanti da sbandierare come conquiste dovute alla minaccia dello sciopero, il prossimo 16 dicembre si terrà lo sciopero generale convocato da CGIL e UIL.

Se così sarà, siamo stati smentiti, ed è bene riconoscerlo. Forse, però, è altrettanto vero affermare che non siamo stati smentiti.

Partiamo dalla smentita.

Avevamo predetto che non ci sarebbe stato alcuno sciopero generale indetto dalla CGIL: “Né sulle pensioni, né contro i licenziamenti. Né contro la disoccupazione, né contro il carovita e l’assalto a quel che resta di pubblico e di non totalmente aziendalizzato nei servizi pubblici. Né per protestare contro la strage di morti sul lavoro, né contro il discriminatorio “green pass”. Né per denunciare l’esistenza in tanti luoghi e settori di una Textprint in via di estensione con orari di lavoro fino a 12 ore (formalizzati anche in alcune Usl del Veneto). Né contro le ripetute violenze della polizia e dei carabinieri ai picchetti e le restrizioni al diritto di manifestare. Né per l’insulto di un PNRR che incentiva ulteriormente l’aziendalizzazione della sanità e l’allontanamento di ogni rapporto personale tra medico e paziente. Né per protestare contro il balzo in avanti (+8%) delle spese militari mentre si ritorna a lesinare sulla spesa sociale. Né – ovviamente – per tutti questi temi assieme. Niente di niente, ad eccezione di qualche sciopero di settore obbligato, una tantum, e rigorosamente separato da ogni altra vertenza.”


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Leo Essen: La Polemologia di Potere Operaio. Bifo Contro il lavoro

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La Polemologia di Potere Operaio. Bifo Contro il lavoro

di Leo Essen

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«Contro il lavoro», pubblicato da Franco Berardi (Bifo) nel 1970, è un’ottima sistematizzazione delle idee di Potere Operaio (operaismo). Si tratta di idee che hanno preso piede per la prima volta nelle riflessioni di Tronti pubblicate a partire del 1962 sui Quaderni Rossi.

Sono trascorsi 60 anni, per una corretta comprensione dei temi trattati è importante collocare queste idee nel loro periodo. Inoltre, bisogna tenere conto di due importanti temi che si imposero con forza negli anni Cinquanta: 1) il capitalismo monopolistico come forma di proto-socialismo, e 2) l’automazione come elemento dinamico del neo-capitalismo.

Nel 1942, in un libro che, qualche anno dopo negli USA, sarebbe diventato un best seller, Schumpeter dice, in primo luogo, che il Big Business, anche dal punto di vista della borghesia, è più efficiente della libera concorrenza. Agendo nelle condizioni proprie dello sviluppo capitalistico il regime della concorrenza perfetta crea sperperi (distruzione creatrice). L’azienda compatibile con la concorrenza perfetta è in molti casi inferiore come efficienza interna, specialmente come efficienza tecnica. La concorrenza perfetta, dice, è non soltanto impossibile, ma inferiore, e non ha nessun titolo per esser elevata a modello di efficienza.

Il Big Business è superiore, permette quelle economie di scala in grado di finanziare volumi di capitale costante necessari per implementare sistemi integrati di automazione.

In secondo luogo, dice Schumpeter, la moderna società per azioni (il big business), pur essendo un prodotto del processo capitalistico, socializza la mentalità borghese; riduce sempre più il campo d’azione del movente borghese; non solo, ma tende a intaccarne le basi.


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David Wengrow: La storia dell’umanità ci insegna a immaginare l’alternativa

effimera

La storia dell’umanità ci insegna a immaginare l’alternativa

Jade Lindgaard intervista David Wengrow

Pubblichiamo un’intervista di Jade Lindgaard, redattore di Médiapart, a David Wengrow, sul libro di David Graeber & David Wengrow, The Dawn of Everything: A New History of Humanity, Penguin Books Ltd, 2021. L’intervista, che si è svolta a Parigi il 21 novembre 2021, è stata pubblicata su Mediapart il 27 novembre scorso. Ne proponiamo la lettura in italiano perché presenta il nuovo libro del rimpianto David Graeber, che ci ha lasciati improvvisamente nel 2020[1]. Si tratta di un testo affascinante che merita molta attenzione e plauso. V’è però una lacuna: la ricostruzione storica millenaria che i due autori propongono sembra ignorare un aspetto cruciale e cioè che il dominio di alcuni uomini sulla maggioranza degli altri esseri umani ha origine con l’impadronirsi da parte di tali uomini delle capacità di costruirsi e usare armi in grado di uccidere animali e umani. È questo “potere militare” che permette loro di assoggettare le donne e gli uomini non aggressivi e non abili all’uso delle armi e quindi di relegarli alla condizione di dominati[2]. In altre parole, il potere militare – cioè il potere di dare la morte – può essere considerato all’origine dell’accumulazione del potere economico e politico. Traduzione di Turi Palidda.

Graeber
              1200x600Per migliaia di anni gli umani hanno sperimentato infinite variazioni di forme di potere. Potere a volte precario, a volte matriarcale, a volte autoritario e brutale, ma a volte anche egualitario e relativamente libero, anche su larga scala, scrivono David Graeber e David Wengrow in un libro che sembra una bomba. Si tratta di una compendio molto ricco, di portata politica esplosiva. In The Dawn of Everything: A New History of Humanity, David Graeber e David Wengrow, rispettivamente antropologo e archeologo, tracciano la genealogia dell’organizzazione dominante delle società contemporanee: lo stato-nazione, con forti disuguaglianze e una distribuzione gerarchica del potere, una buona dose di violenza e crudeltà, un’economia definita dalla proprietà privata. Tornando alla domanda posta da Jean-Jacques Rousseau nel 1755 su “l’origine e la base delle disuguaglianze tra gli uomini”, scoprono fino a che punto la filosofia dell’Illuminismo fosse segnata dai pensieri indigeni del Nord America.

Lo shock di questa rivelazione storica li mette sulla traccia che lavoreranno insieme per quasi dieci anni: non esisteva un periodo benedetto in cui i cacciatori-raccoglitori vivevano in piccole comunità libere ed egualitarie. Ma per quanto possiamo tornare indietro nella storia degli esseri umani, hanno sperimentato varie forme di organizzazioni di potere: potere a volte stagionale, a volte matriarcale, a volte autoritario e brutale, ma a volte anche egualitario e relativamente libero, anche su grandi scale urbane.


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Michele Paris: Assange, il funerale della democrazia

altrenotizie

Assange, il funerale della democrazia

di Michele Paris

La notizia, resa nota nel fine settimana, dell’episodio ischemico sofferto da Julian Assange durante un’udienza lo scorso mese di ottobre ha ingigantito il senso di disgusto provocato dalla vergognosa sentenza, pronunciata venerdì dall’Alta Corte britannica, con cui è stato dato il via libera all’estradizione negli Stati Uniti del fondatore di WikiLeaks. Contro l’appello del governo di Washington vi era semplicemente una montagna di elementi che un tribunale anche solo passabilmente democratico avrebbe preso in considerazione. Al contrario, la farsa giudiziaria della persecuzione di Assange si è avviata verso l’epilogo peggiore per fare della sua vicenda un esempio in grado di scoraggiare qualsiasi futura rivelazione dei crimini dell’imperialismo americano.

A raccontare del grave problema di salute avuto da Assange è stata la compagna, Stella Moris, in un’intervista al quotidiano Daily Mail. Il giornalista australiano era stato vittima di quello che i medici hanno descritto come una “mini ischemia” o “attacco ischemico transitorio” mentre assisteva in video-conferenza al dibattimento per la sua estradizione il 26 ottobre scorso. Alcuni di coloro che avevano assistito alle udienze in quel periodo hanno raccontato in effetti di un Assange visibilmente sofferente e che faticava anche solo a rimanere cosciente o seduto sulla propria sedia.


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coniarerivolta: La disuguaglianza è una scelta politica

coniarerivolta

La disuguaglianza è una scelta politica

di coniarerivolta

Il 7 dicembre scorso è stato rilasciato il World Inequality Report per il 2022, un rapporto che traccia il quadro della disuguaglianza di reddito e ricchezza a livello internazionale. La situazione che emerge è quella di un mondo caratterizzato da diseguaglianze feroci, sia tra Paesi che all’interno dei Paesi. In altre parole, le disparità di reddito e ricchezza sono forti e persistenti sia tra Nord e Sud del mondo, sia tra individui all’interno di ciascuna economia nazionale. Niente di nuovo sotto il sole, purtroppo.

Partiamo da una prima fotografia globale, facendo tuttavia una preliminare distinzione. Con il termine ‘ricchezza’ intendiamo l’ammontare di risorse che, in un determinato momento, un soggetto possiede. Con il termine ‘reddito’ intendiamo invece l’ammontare di risorse che, in un preciso intervallo di tempo (generalmente, un anno), giunge nelle mani di un soggetto per effetto del proprio apporto al processo produttivo: un lavoratore, ad esempio, riceverà come reddito il salario derivante dal proprio lavoro; un capitalista riceverà il profitto derivante dalla propria attività d’impresa; il proprietario di un immobile locato percepirà come reddito i canoni di affitto dell’inquilino.


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Il Chimico Scettico: La variante "Fine di Mondo"

ilchimicoscettico

La variante "Fine di Mondo"

di Il Chimico Scettico

Si cominciò con la variante inglese (che avrebbe dovuto sterminare i perfidi albionici). Poi ci furono quella sudafricana e quella brasiliana, e qua sarebbe oppurtuno fare un certo ragionamento, un ragionamento che in giro non ho mai letto.

Vi ricordate la prima ondata di COVID19? In Cina non sembrava proprio che colpisse prevalentemente gli anziani. In Iran stesso film. Ma da noi, se i dati di ISS fanno testo, il tasso di malattia grave e decessi negli under 65 fu bassissimo.

Con la variante brasiliana stessa storia: laggiù un disastro, in Europa no (e non e'che da noi non sia arrivata).

E Delta? In India sappiamo quel che è successo. Mi ricordo chi profetizzava la strage degli innocenti, quando sarebbe arrivata in occidente, ma non è andata precisamente così.

E oggi siamo a Omicron.

Nel diluvio di "forse" "si stima" "è possibile che" etc a Fauci è scappato che Omicron potrebbe provocare una patologia più leggera. Apriti cielo: i commenti indignati per quel condizionale si sono sprecati.


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Antonio Rei: Gli aghetti della bilancia

altrenotizie

Gli aghetti della bilancia

di Antonio Rei

In periodo d’aghi di pino, nella politica italiana è un pullulare di nanetti che si considerano aghi della bilancia. Ora per il Quirinale, domani per le politiche. Lo saranno davvero? Probabilmente no, ma l’inconsistenza dei grandi partiti permette ai lillipuziani di mettere in scena una commedia niente male. Del resto, definirsi “ago della bilancia” è da sempre il modo migliore per distrarre l’opinione pubblica dalla propria insignificanza.

In teoria, i numeri per risultare decisivi i partitini li avrebbero eccome, visto che – sommati – contano qualcosa come 110 parlamentari. Il problema è che sommarli non ha alcun senso, perché il campo politico di cui parliamo è tutto fuorché coeso. Le sigle in gioco sono una dozzina e le più importanti sono due Ego organizzati in forma pseudo-partitica. Il primo è Italia Viva, che ha smesso di fingersi di centrosinistra e pianta radici ogni giorno più profonde a destra (al Senato i renziani fanno gruppo col Psi, perché – ogni tanto è bene ricordarlo – in Italia i socialisti sono a destra). L’altro è Azione, che come simbolo ha la A degli Avengers e come leader Carlo Calenda. Di base, gli azionisti somigliano molto ai renziani, ma attraversano uno stadio evolutivo precedente: fanno ancora finta di dialogare con il Pd, anche se nel loro cuore vorrebbero interloquire solo con Confindustria.


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Fernanda Mazzoli: Un silenzio assordante

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Un silenzio assordante

di Fernanda Mazzoli

Un insegnante umiliato difficilmente potrà trasmettere agli studenti il coraggio delle proprie idee e l’amore per la verità che non è fattore normativo autoritario, ma intima coerenza tra vita e pensiero.

Dietro la troppo facile divisione tra sì vax e no vax, vero tributo al riduzionismo del pensiero ad opera del circo mediatico, quello che si sta delineando è un fenomeno gravissimo che riguarda le stesse strutture della politica: la messa a punto di una cittadinanza condizionata.

Lo svilimento dei docenti è una tessera importante di quel puzzle disegnato dalle riforme degli ultimi venticinque anni, tendenti a fare della scuola una formidabile fabbrica di consenso sociale.

Può darsi che io sia un soggetto in preda a credenze irrazionali, ma qualcosa non mi torna nelle misure messe in atto in ambito scolastico per arginare la pandemia da Covid 19.

Credevo di trovare, già a settembre, classi sdoppiate o meno affollate, mi aspettavo l’installazione in ogni aula di sanificatori d’aria, contavo su un raddoppiamento o almeno un incremento dei trasporti pubblici. È arrivata, invece, a dicembre la sospensione dall’insegnamento e dallo stipendio dei docenti e degli Ata che hanno scelto di non vaccinarsi.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Dec 21, 2021, 4:02:37 AM12/21/21
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Gianni Giovannelli: San Giorgio e il Draghi (Addavenì San Giorgio)

effimera

San Giorgio e il Draghi (Addavenì San Giorgio)

di Gianni Giovannelli

San Giorgio e il drago Raffaello Sanzio analisi
            WashingtonEcco la fiera con la coda aguzza
Che passa i monti, e rompe i muri e l’armi:
Ecco colei che tutto il mondo appuzza!
Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;
E accennolle che venisse a proda,
Vicino al fin dei passeggiati marmi.
E quella sozza immagine di froda
Sen venne, e arrivò la testa e il busto;
Ma in su la riva non trasse la coda.
La faccia sua era d’uomo,
Tanto benigna avea di fuor la pelle;
E d’un serpente tutto l’altro fusto.
(Dante, Inferno, canto XVII)

Prologo

Nel 1969, un po’ a sorpresa, la chiesa cattolica decise di declassare San Giorgio; ora, nella liturgia, la memoria a lui dedicata è solo facoltativa, non più obbligatoria. La ragione del provvedimento trova la sua radice nell’assenza di fonti storiche certe che lo riguardino e possano essere di supporto al culto dei fedeli. Esiste infatti unicamente una Passio Sancti Georgii che riporta dati biografici e descrive episodi significativi della sua vita; ma già nel 496 il Decretum Gelasianum aveva bollato l’opera come apocrifa. Per quanto ne sappiamo nacque in Cappadocia e morì giovane, nel 303, in Anatolia; oggi sarebbe un suddito del perfido Erdogan, tiranno poco incline a trattar bene tipi come lui. Ma anche sotto Diocleziano non gli andò meglio, e ci rimise la testa. Nonostante la degradazione pontificia, il culto di San Giorgio gode ancora di ottima salute presso tutte le chiese cristiane, d’oriente e d’occidente; l’indipendentismo popolare catalano, durante le proteste, invoca a gran voce Jordi chiedendo la sua protezione contro la monarchia spagnola. In Inghilterra e in Portogallo, a Genova Ferrara e Reggio Calabria, in centinaia di località dei cinque continenti, il 23 aprile si festeggia questo battagliero tropeoforo (il vittorioso), patrono di chi si batte contro i soprusi.


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Toby Green: Covid, il fallimento della sinistra

gruppogocciagoccia

Covid, il fallimento della sinistra

di Toby Green* e Thomas Fazi

blog10Durante le varie fasi della pandemia globale, le preferenze delle persone in termini di strategie epidemiologiche si sono sovrapposte strettamente al loro orientamento politico. Da quando Donald Trump e Jair Bolsonaro hanno preso posizione contro i lockdown, nel marzo 2020, buona parte delle persone di sinistra, “radicale” o moderata che sia, si sono prodigate per aderire pubblicamente al lockdown quale strategia per la mitigazione della pandemia – e ultimamente alla logica dei lasciapassare vaccinali.

Ora, mentre i paesi di tutta Europa sperimentano restrizioni sempre più severe per i non vaccinati, i commentatori di sinistra – di solito così accesi nella difesa delle minoranze discriminate – si contraddistinguono per il loro silenzio. Come scrittori che si sono sempre posizionati a sinistra, siamo disturbati da questa svolta degli eventi. Non c’è davvero nessuna critica progressista da fare sulla messa in quarantena di individui sani, quando le ultime ricerche suggeriscono che c’è una differenza irrisoria in termini di trasmissione tra vaccinati e non vaccinati? A ben vedere, però, la risposta della sinistra al Covid appare come parte di una più profonda crisi della politica e del pensiero di sinistra – una crisi che va avanti da almeno trent’anni. Quindi è importante identificare il processo attraverso il quale questa crisi ha preso forma. Nella prima fase della pandemia – la fase dei lockdown – sono stati coloro che propendevano verso la destra culturale ed economica ad essere più propensi a sottolineare i danni sociali, economici e psicologici derivanti dalle chiusure. Nel frattempo, l’iniziale scetticismo di Trump nei confronti del lockdown ha reso questa posizione insostenibile per la maggior parte di coloro che propendono verso la sinistra culturale ed economica.


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Silvia D'Autilia: La pretesa obbedienza morale a un sistema immorale

lafionda

La pretesa obbedienza morale a un sistema immorale

di Silvia D'Autilia

summersunIl 15 dicembre 2021, secondo quanto previsto dal D.L. n.172 dd. 26-11-2021, entrerà in vigore l’obbligo vaccinale per le categorie professionali del comparto scuola e forze dell’ordine, pena la sospensione dello stipendio. Ebbene, che il contenimento della pandemia avrebbe traghettato verso dimensioni nuove della vita, della politica e della socialità non avevamo dubbi; certo, mai avremmo immaginato mediante il dispiegamento di una simile ipocrisia.

 

Ipocrisia dei media

Hanno scritto e riscritto: “è boom di prenotazioni”, “successo enorme della campagna vaccinale”, “le somministrazioni procedono spedite”, “file di pentiti all’hub”, omettendo però il dato più importante: le barbare modalità con cui, per una fascia di popolazione, hanno raggiunto questi traguardi, ovvero minacciando letteralmente una fetta di lavoratori di revocare d’emblée i personali meccanismi di sopravvivenza minima. L’entusiasmo giornalistico avrebbe potuto essere appena appena lecito e tollerabile se riferito a una crescita delle somministrazioni a posteriori di un disteso clima culturale e mediatico di confronto, discussione e chiarimento dei dubbi di indecisi, riluttanti, renitenti, pardon “no-vax”: categoria sociale à la page per raccogliere soggetti animati da multiformi istinti irrazionali, antiscientifici, terrapiattisti, anarchici, estremisti e analfabeti. (In meno di 60 anni, è completamente sfumato tutto lo sforzo storico e filosofico profuso da Michel Foucault per dimostrare la facilità con cui il potere stigmatizza ed emargina parti della società di cui di volta in volta e di epoca in epoca non sa letteralmente che farsene, ma pazienza!).


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comidad: La porta girevole del disordine finanziario

comidad

La porta girevole del disordine finanziario

di comidad

I nessi tra fisco e libertà civili sono familiari alla storiografia, dato che le maggiori rivoluzioni, da quella inglese, a quella americana a quella francese, sono state originate da questioni fiscali. Oggi ci è anche più chiaro che, se certe libertà ci venivano concesse, non era per la nostra bella faccia, ma perché ogni limitazione alla libertà di movimento causava un calo della produzione e dei consumi, e quindi del gettito fiscale per lo Stato. L’arrivo del Quantitative Easing (la produzione illimitata di moneta da parte delle banche centrali a fini di acquisto di titoli pubblici e privati) ha comportato una minore dipendenza dello Stato dalle entrate fiscali, e perciò ha reso possibile la stretta su libertà che sembravano ovvie e acquisite. Prima del Quantitative Easing sarebbero state impensabili limitazioni alla libertà di circolazione come il lockdown ed il Green Pass. C’è quindi qualcosa di peggio persino del fisco, ed è appunto il QE, tramite il quale le oligarchie che occupano quell’astrazione giuridica detta “Stato” possono spiazzare tutte le resistenze sociali.


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Flavio Pintarelli: Fenomenologia dell’operaio digitale ai tempi dello smartworking

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Fenomenologia dell’operaio digitale ai tempi dello smartworking

di Flavio Pintarelli

La pandemia ha avuto tra i suoi effetti quello di accelerare un ampio numero di fenomeni che, in modo più o meno sotterraneo, si stavano strutturando nella nostra società. Il lavoro da remoto è uno di questi, di certo tra quelli quantitativamente più rilevanti. All’inizio di marzo dello scorso anno, quando Giuseppe Conte annunciò il lockdown nazionale, furono diversi milioni i lavoratori che dovettero ridisegnare in modo radicale le loro routine intorno alle nuove misure previste dall’emergenza. All’improvviso, una modalità di lavoro che fino a quel momento era stata soprattutto un’opzione limitata a persone con problemi di salute, tecnici informatici, manager di medio-alto livello e liberi professionisti diventava esperienza quotidiana per una fetta molto ampia di lavoratrici e lavoratori, soprattutto nel settore del terziario avanzato ma, seppure limitatamente ad alcune funzioni, anche in altri comparti (si pensi per esempio al lavoro amministrativo e di segreteria in tutti i settori della manifattura).


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Paolo Di Remigio e Fausto Di Biase: Sapere, ugualitarismo, differenza

sollevazione2

Sapere, ugualitarismo, differenza

Una risposta al prof. Cappelli

di Paolo Di Remigio e Fausto Di Biase

L’articolo del prof. Cappelli[1] critica con veemenza la decisione del ministro Bianchi di eliminare anche quest’anno il tema di maturità che «è stato per decenni la prova principale nella scuola italiana». A noi la sua critica sembra giusta ma, nonostante i suoi accenti accorati, impari rispetto allo stato di cose. Di fatto vale per il tema ciò che si può dire dell’esame di maturità e della stessa scuola italiana: non esiste più da un quarto di secolo. Nel trasformare la scuola in un istituto assistenziale e l’esame in una cerimonia di promozione universale, la riforma Berlinguer sostituì il tema, cioè il breve titolo che invitava il candidato ad esporre le sue conoscenze, con una larga fornitura di pattume giornalistico, che il candidato si limitava a parafrasare fingendo di scrivere saggi brevi, articoli di giornale. La formula era coerente con la concezione tuttora vigente per cui la nuova scuola considera zavorra le conoscenze e si guarda bene dal farle apprendere, mirando piuttosto alle pure competenze, al saper fare.


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coltrane59: Varianti, vaccini e Green Pass per sempre. Se il virus non ci lascia più

codicerosso

Varianti, vaccini e Green Pass per sempre. Se il virus non ci lascia più

di coltrane59

Nel dicembre 2020 abbiamo scritto un articolo sulla città che verrà e su quella che vorremmo dopo questo virus, ponendo la domanda: “Ma finito questo momento drammatico cosa rimarrà delle nostre città? Cosa capiremo da questa grande lezione storica? Che tipo di memoria collettiva potrà nascere da queste rovine umane e culturali?”

Dopo un anno ancora di pandemia, terza ondata e quarta ondata, terze dosi dei vaccini , deliri no vax, varianti a ripetizione, super green pass e manifestazioni varie potremmo dire che il COVID sembra non lasciarci più e che quelle città che dovevano arrivare sembrano ancora molto lontane.

Inoltre la scienza, il sapere, la politica e l’etica non ci danno una mano come dovrebbero. Perché?

 

Virus e scienza

In questa miriade di informazioni, dati, polemiche e virologi da spettacolo difficile capirci qualcosa, difficile definire un limite tra quello che possiamo scrivere e quello che dobbiamo fare, difficile distinguere ciarlatani, politici inguardabili e agenti prezzolati dalle case farmaceutiche. Nemmeno la scienza sembra aiutarci.


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Ugo Bardi: Il Covid-19 si trasmette via aerosol: Quali le conseguenze per controllare la diffusione dell’epidemia?

gruppogocciagoccia

Il Covid-19 si trasmette via aerosol: Quali le conseguenze per controllare la diffusione dell’epidemia?

di Ugo Bardi*

Roberto Burioni si è accorto recentemente che il virus del Covid “si trasmette principalmente per aerosol” (1), arrivando parecchio in ritardo a dire una cosa che era nota da decenni. Purtroppo, la scienza, e non solo quella medica, è diventata così vasta e complessa che sembra un paziente con l’Alzheimer: si dimentica cose ben note. Se cercate su “Google Scholar,” troverete circa 145.000 articoli scientifici pubblicati negli ultimi decenni che menzionano la trasmissione via aerosol dei virus. Di questi, 22.000 sono stati pubblicati negli ultimi due anni. Con tutte le cautele del caso, possiamo dire che è ben noto che la via principale di trasmissione dei virus respiratori è per diffusione in aria in forma di aerosol (2).

A proposito del Covid, potete leggervi un review di Heneghan e altri (3) come pure le dichiarazioni della OMS del Luglio del 2020 (4). Sembra chiaro che non è un’eccezione alla regola generale della trasmissione via aerosol dei virus respiratori. Questo ha delle conseguenze pratiche importanti. Per capire quali, per prima cosa dobbiamo spiegare che cos’è esattamente un aerosol.


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Noi non abbiamo patria: Riot, operaio nero e operaio bianco, classe e razzismo

noinonabbiamopatria

Riot, operaio nero e operaio bianco, classe e razzismo

di Noi non abbiamo patria

iamaman 1Nel mese di settembre Calusca City Lights (Archivio Primo Moroni) e radiocane.info hanno realizzato un progetto editoriale presentando una raccolta di testi inediti provenienti dagli Stati Uniti come testimonianze e riflessioni sul movimento di sollevazione che si è dato nel nome di George Floyd del 2020.

La raccolta ha come titolo Riots! George Floyd Rebellion 2020. Fatti, testimonianze e riflessioni edito da Edizioni Colibrì.

Il lavoro è davvero prezioso, perché troppo poco si è riflettuto e troppo spesso male circa gli avvenimenti che dall’omicidio di George Floyd il 25 maggio 2020 hanno infiammato gli Stati Uniti d’America in più di 100 città (nelle maggiori grandi città, nelle aree peri urbane suburbs e fino alle più piccole contee rurali ed exurbs) ed hanno visto il dispiegamento della Guardia Nazionale in più di 30 città, l’uso militare della polizia federale e del DHS, ed una mobilitazione attiva di ampi settori sociali che si sono contro mobilitati a difesa della supremazia bianca, della polizia e delle proprietà private minacciate. I fatti testimoniati e riflettuti proposti da questo lavoro editoriale di raccolta gettano uno squarcio sul “movimento reale che abolisce lo stato di cose presente” che si prospetta per il futuro, che, per quanto ritiene questo blog, esso mette alla prova la teoria rivoluzionaria del passato ereditata dalle varie interpretazioni del “Marx-pensiero” in special modo su razzismo, schiavitù ed il rapporto tra proletariato di colore e bianco.


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Giovanni Iozzoli: La notte della Repubblica

carmilla

La notte della Repubblica

di Giovanni Iozzoli

notte
            889955A che punto della notte siamo? Nell’oscurità più nera e fredda, che precede l’alba livida? O solo nel mezzo di un buio fitto, denso, che pare eterno: il buio come nuovo presente, nuova forma delle cose.

Sono quasi due anni che questo paese vive dentro uno stato d’emergenza formalmente dichiarato e le forze di governo stanno dibattendo sull’eventualità di una ulteriore proroga – dibattito che si intreccia con quello sulla elezione del nuovo presidente della repubblica. Lo stato d’emergenza è il liquido amniotico dentro cui qualsiasi governo ama sguazzare; in quella beatifica condizione il consenso parlamentare si addensa compatto intorno agli esecutivi; si possono finalmente bypassare leggi, procedure e persino principi costituzionali, mediante semplici strumenti amministrativi. Tutto può essere deciso, tutto può essere ratificato senza lungaggini, seccature e inutili finzioni di dibattito. Chi aveva mai sentito parlare dei DPCM, prima di Conte? Eppure mediante questo tipo di atti si sono proclamati mesi di coprifuoco, come in tempo di guerra. Per non parlare di appalti e affidamenti di servizi – che in epoca di PNRR rappresentano l’unica e ultima ragion d’essere degli ectoplasmi affaristici che i tg ancora definiscono “partiti”. Lo stato d’emergenza poi – ça va sans dire – è l’ideale modello di gestione di ogni conflitto sociale o opposizione reale: manganelli mediatici e manganelli reali diventano dispositivi legittimi, coerenti e funzionali, contro cui pochissimi osano protestare.

Sabato 11 dicembre – alla vigilia dell’anniversario di piazza Fontana – Milano ha celebrato il suo primo week end senza manifestazioni in centro; bottegai e cultori accaniti dello shopping, il giorno dopo hanno esultato a mezzo stampa: per 20 settimane di fila avevano dovuto subire l’invasione di torme indocili, spesso giovanili e periferiche, poco coordinate ma creative e parecchio tenaci.


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George Monbiot: Fermiamo il capitalismo che sta uccidendo il pianeta

antropocene

Fermiamo il capitalismo che sta uccidendo il pianeta

di George Monbiot - The Guardian

bicchiereC’è un mito sugli esseri umani che resiste a ogni evidenza, cioè che mettiamo sempre la nostra sopravvivenza al primo posto. Questo è vero ma per altre specie, che quando si trovano di fronte a una minaccia imminente, come l’inverno, investono grandi risorse per evitarla o sopportarla: migrando o andando in letargo, per esempio. Per gli esseri umani la questione è diversa.

Di fronte a una minaccia imminente o cronica, come il collasso climatico o ambientale, sembra che facciamo di tutto per compromettere la nostra sopravvivenza. Ci convinciamo che non è così grave, o addirittura che non sta succedendo niente. Raddoppiamo la distruzione, sostituendo le nostre auto ordinarie con dei suv, lanciandoci verso l’oblio con un lungo viaggio in volo, bruciando tutto quanto, in un ultimo accesso di frenesia. In fondo alla nostra testa c’è una vocina che ci sussurra: “Se la situazione fosse davvero così grave, qualcuno ci fermerebbe”.

Quando ci occupiamo di questi problemi, lo facciamo in modi meschini, simbolici, comicamente inadeguati alla gravità della nostra situazione. È impossibile ravvisare, nella nostra reazione a ciò che sappiamo, il primato del nostro istinto di sopravvivenza.

 

Reazione a catena

Sappiamo che le nostre vite dipendono totalmente da sistemi naturali complessi: l’atmosfera, le correnti oceaniche, il suolo, le reti biologiche del pianeta. Le persone che studiano i sistemi complessi hanno scoperto che questi si comportano in modi coerenti.


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Pasquale Cicalese: La (vera) lotta di classe prossima ventura

pianocontromercato

La (vera) lotta di classe prossima ventura

di Pasquale Cicalese

Copione già visto: rapinatori contro ladri. Sai quanti dossier ci sono in giro tra le forze dell’ordine?

Basta tirarne fuori qualcuno e il gioco è fatto, polli da spennare c’è ne sono a iosa, in questo paese definito dall’Ocse tra i più corrotti al mondo. Che ci possiamo fare? Questo offrono la borghesia italiana e il blocco dominante. Ma per il resto non vedo grandi differenze tra “er Batman” e l’offerta di 45 milioni fatta da Mediobanca a Ligresti per vendere Fonsai al (fu) mondo della cooperazione. E allora, cosa sta succedendo? Negli ultimi vent’anni, parte della classe dirigente se ne è accorta con notevole ritardo.., il blocco dominante ha fatto emerite cavolate, non più sostenibili nella tempesta della crisi di sovrapproduzione che attanaglia parte del mondo e soprattutto il nostro paese. Una di queste è la riforma del Titolo V della Costituzione, preceduta dal decreto legislativo n° 112/98 (cosiddetto Bassanini bis).

E che è successo? Un autentico delirio: la politica energetica, infrastrutturale, industriale e le sovvenzioni alle imprese sono state tutte regionalizzate, una parcellizzazione delle risorse che ha provocato un autentico cortocircuito.


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Anna Pulizzi: L’Italia di Caporetto

ilsimplicissimus

L’Italia di Caporetto

di Anna Pulizzi

Torna l’Italia di Cadorna. O forse non se n’è mai andata, a giudicare dall’atteggiamento delle sue classi dirigenti di fronte a quella che ci si arrabatta ogni giorno per far passare come un’emergenza epocale. Piace molto all’attuale narrazione tratteggiare l’odissea covid con i caratteri di una guerra, il cui fronte non è riproducibile su una carta geografica e le cui trincee sono ovunque, cosa che chiama i governi a scelte strategiche riguardanti in questo caso la profilassi. Abbiamo notato come da due anni a questa parte il governo reciti un duplice copione in cui mentre interpreta la parte dello scalmanato pusher di sieri soprannominati vaccini, induce la popolazione ad auto-colpevolizzarsi in maniera illogica e immotivata. Anche la finalità è doppia, perché da un lato l’esecutivo vuole mostrarsi ligio alle aspettative di profitto del gran mondo finanziario che ha trovato una nuova gallina dalle uova d’oro nell’industria farmaceutica, mentre dall’altro intende assicurarsi che l’inefficacia delle misure adottate sia imputabile solo al popolo, così come gli inutili e sanguinosi assalti in stile Cadorna servivano per coprire l’incompetenza dei comandi accusando la truppa di codardia di fronte al nemico.


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Michelangelo Severgnini: Libia. Ma quali elezioni, il fronte sud dell'UE pronto alla guerra

lantidiplomatico

Libia. Ma quali elezioni, il fronte sud dell'UE pronto alla guerra

di Michelangelo Severgnini*

Mettiamo le cose in chiaro una volta per tutte: in Libia la partita non è politica, è militare.

Chi pensava che le elezioni del 24 dicembre prossimo avrebbero stabilito chi dovesse guidare il Paese nei prossimi anni è solo un illuso.

Noi lo ripetiamo dal marzo scorso, da quando cioè l’attuale premier Abdul Hamid Dabaiba si era insediato con la promessa di traghettare il Paese fino alle elezioni.

Niente di più falso, niente di più improbabile.

Alla Turchia, che ormai occupa la Tripolitania dal gennaio 2020 controllando militarmente porti e la base di al-Waityah, serviva un burattino come Dabaiba che preservasse gli “accordi” di cooperazione che garantivano la presenza militare turca.

Parlare di elezioni serviva solo a prendere altro tempo e soddisfare qualche anima pia sempre pronta a credere alle favole.


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Sara Gandini: Serena Tinari, In difesa della ragione

gruppogocciagoccia

Serena Tinari, in difesa della ragione

di Sara Gandini

La grande giornalista d’inchiesta Serena Tinari ha ricevuto l’importante premio premio “In difesa della Ragione” che il CICAP* assegna a chi si è distinto per il proprio impegno nella diffusione del pensiero critico e scientifico. Freelancer dal 2015, si è distinta per il rifiuto del sensazionalismo, aspetto che si è rivelato cruciale durante la pandemia.

Ecco la mail con chi mi dà questa bella notizia e mi dice di essere felice di comparire sul nostro blog gocciaagoccia.net.

“Cara Sara, a settembre il CICAP mi ha assegnato il suo annuale premio “In difesa della ragione”. Ho spedito loro un acceptance speech filmato qui in Svizzera, perché per motivi familiari non riuscivo a scendere a Padova per ritirare il premio. Ci hanno messo un po’, ma da alcuni giorni è su Internet. Ho pensato che magari ti può interessare. Nell’introduzione ho dedicato il premio a mio marito e “agli esperti e alle esperte – quelle vere” – e proprio a te pensavo. ”Sul giornalismo e la scienza in modalità pandemica”: Un diluvio quotidiano di numeri e grafici. Virologi elevati a star televisive. E centinaia di migliaia di articoli scientifici pubblicati a ritmi vertiginosi. 


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Rostrum: Asinesco, troppo asinesco

circolointernazionalista

Asinesco, troppo asinesco

di Rostrum

Quando leggiamo le massime aforistiche del sazio, ma arrabbiatissimo, piccolo-borghese Friedrich Nietzsche a proposito della “morale degli schiavi” e quella “dei signori”, quando leggiamo delle sue avvelenate equiparazioni tra il cristianesimo e il socialismo, ci viene in mente che innegabilmente, fino alla fine del III secolo dopo Cristo, il cristianesimo rappresentò una potente sovversione delle concezioni pagane circa la naturalità, giustezza ed eternità delle disparità tra gli uomini. Esso sorse da sètte egualitaristiche nell’ambito del giudaismo e si diffuse tra gli oppressi dall’ineguaglianza strutturale della società pagana. Per la prima volta un sistema di pensiero (benché in forma religiosa) rifiutava di considerare una certa parte dell’umanità (gli schiavi ad esempio) come “strumento parlante” e riconosceva la comune natura di tutti gli uomini. È vero che questo riconoscimento spesso (ma non sempre) si limitava a proclamare l’uguaglianza delle sole anime, come figlie del dio e nel regno dei cieli, ma era indubbiamente un passo in avanti, soprattutto perché le prime sètte cristiane si aspettavano l’avvento del Regno a breve, e proprio sulla terra.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Dec 23, 2021, 9:04:19 AM12/23/21
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Elisabetta Frezza: Euro, mercati… e conformismo

asimmetrie

Euro, mercati… e conformismo

di Elisabetta Frezza

Testo integrale dell’intervento a Lo Stato delle cose. Euro, mercati, democrazia, Conferenza internazionale organizzata da a/simmetrie, Associazione italiana per lo studio delle asimmetrie economiche, Centro Congressi Serena Majestic, Montesilvano (Pescara), 17 ottobre 2021

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            sitopiccolo 4.pngIl conformismo (tema delle riflessioni dell’anno passato) è uno degli antecedenti più rilevanti dell’attuale stato delle cose. Ovvero, l’attuale stato delle cose dipende per molta parte dalla estensione dell’habitus conformista, penetrato fin dentro il nostro DNA – e non soltanto in senso figurato.

Un anno fa, da questa stessa postazione, parlavo di scuola, che è sempre una formidabile lente di ingrandimento dei fenomeni che investono la società. Un luogo, e un tema che, per motivi di famiglia, mi trovo a esplorare da anni; da anni toccando con mano i tanti e ingravescenti segni esteriori di una degenerazione che, per la sua sistematicità e implacabilità, non può che essere il frutto di una ponderata regia, al servizio della quale si è schierato un imponente esercito di esecutori, più o meno consapevoli.

Di questo processo stiamo ora vedendo l’epilogo. Un epilogo degno del teatro dell’assurdo e infatti, giunti al punto in cui siamo giunti, dovrebbe essere proprio l’assurdo la chiave ideale per leggere infallibilmente la realtà delle cose.

C’è dunque del metodo nella follia lucida e ostinata che da tempo ispira lo stravolgimento, più ancora che di un modello di istruzione – che pure ci apparteneva, ed era un modello di riconosciuto valore – del senso stesso dell’istruzione. Il ganglio più vitale, più delicato, più prezioso di ogni società organizzata, perché riguarda il suo futuro.

Clive Staples Lewis, quello del regno di Narnia e del leone Aslan, ha dipinto con chiarezza preveggente la differenza tra “vecchia e nuova educazione”. Era il 1943 quando scriveva:


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Gioacchino Toni: Culture e pratiche di sorveglianza

carmilla

Culture e pratiche di sorveglianza

Costruzione identitaria e privacy tra rassegnazione digitale e datificazione forzata

di Gioacchino Toni

digit
            guernicaRiferendosi all’età contemporanea, le scienze sociali tendono ad assegnare una certa importanza al ruolo dei social media nella “costruzione del sé”, nella “costruzione antropologica della persona”. Nel recente volume di Veronica Barassi, I figli dell’algoritmo. Sorvegliati, tracciati, profilati dalla nascita (Luiss University Press, 2021) [su Carmilla], l’autrice evidenzia come, nell’era del capitalismo della sorveglianza, con la possibilità offerta dalle piattaforme digitali di raccontare storie personali negoziando la posizione che si occupa in società, sorgano alcune importanti questioni su cui vale la pena riflettere.

Innanzitutto si opera nell’impossibilità di controllare il contesto in cui le informazioni personali vengono condivise e ciò, sottolinea la studiosa, determina il collasso dell’integrità contestuale, dunque la perdita di controllo nella costruzione del sé in quanto non si padroneggiano più le modalità con cui ci si presenta in pubblico. Si tenga presente che alla creazione dell’identità online concorrono tanto atti coscienti (materiali caricati volontariamente) che pratiche reattive (like lasciati, commenti ecc.) spesso in assenza di un’adeguata riflessione.

Nel costruire la propria identità online si concorre anche alla costruzione di quella altrui, come avviene nello sharenting, ove i genitori, insieme alla propria, concorrono a costruire l’identità online dei figli persino da prima della loro nascita. In generale si può affermare che manchi il pieno controllo sulla costruzione della propria (e altrui) identità online visto che si opera in un contesto in cui ogni traccia digitale può essere utilizzata da sistemi di intelligenza artificiale e di analisi predittiva per giudicare gli individui sin dall’infanzia.


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Marcello Tarì: «Per un catechismo rivoluzionario»

quieora

«Per un catechismo rivoluzionario»

Su La communion qui vient (Paris, ed.Seuil 2021).

di Marcello Tarì

Pentecoste Di Stasio 965x1200No, non è al catechismo di Necaev, il manifesto russo del nichilismo rivoluzionario, che gli autori de La communion qui vient [La comunione che viene] si riferiscono, quando viene evocato a mo’ di slogan in un punto cruciale del testo. Per capirlo è sufficiente guardare al sottotitolo del libro: Carnets politiques d’une jeunesse catholique [Quaderni politici di una gioventù cattolica]. Invece è certo che il titolo gioca sul richiamo a un altro testo, pubblicato sempre in Francia quindici anni fa e che divenne anch’esso una specie di catechismo rivoluzionario per le giovani generazioni. Sto parlando ovviamente di quello a firma del Comitato Invisibile, L’insurrezione che viene.

La sua diffusione andò infatti oltre l’interesse strettamente politico-culturale, fu piuttosto un fenomeno di costume che influenzò un certo modo di pensare la vita e la politica nel contesto del presente ordine del mondo e credo sia esattamente questo il motivo del libro appena uscito, cioè mettere in discussione i modi di vita e le politiche attuali proponendo qualcos’altro. Anzi, in questo caso qualcosa di veramente Altro. La communion qui vient è però anche una citazione di un altro importante piccolo volume uscito nella sua prima edizione nel lontano 1990, cioè La comunità che viene di Giorgio Agamben, nel senso che uno degli argomenti principali affrontati dal libro è la critica politica del concetto di comunità al quale viene preferito, appunto, quello di comunione.

L’obiettivo di questo testo non è diverso da quello che animava quello del Comitato Invisibile, cioè dare una forte scossa a un ambiente, in questo caso quello cattolico, mentre nel caso precedente si trattava di quello della sinistra radicale, ma entrambi hanno l’ambizione di rivolgersi a tutta la società indicando alcune piste teoriche e organizzative.


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Dante Barontini: Alta velocità, si va a Parigi! Ah, ma la linea già c’è?

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Alta velocità, si va a Parigi! Ah, ma la linea già c’è?

di Dante Barontini

Esultate, gente, esultate! E’ stata inaugurata la linea ferroviaria alta velocità da Milano a Parigi!

“Dal 18 dicembre i treni Frecciarossa 1000 percorrono la tratta da Milano Centrale a Parigi Gare de Lyon”. In sole sette ore, comodamente seduti e senza la paura di cadere dal cielo, lascerete la Madunina e vedrete la Torre Eiffel. E naturalmente viceversa.

La strategia commerciale di Trenitalia si conferma anche su questa tratta, con alcuni (pochissimi) posti venduti a soli 29 euro, se potete prenotare mesi prima.

Tutto bello, efficientissimo, modernissimo, rassicurante e promozionale. Si omette in genere di ricordare che un treno sulla stessa linea c’era già, il francese Tgv, che parte da e arriva proprio a Milano… Ma non fa niente, la concorrenza è l’anima del capitalismo, no?

Il lettore, e ancor più il telespettatore, assiste soddisfatto, pensando a quando potrà farsi il suo viaggetto low cost…

A noi, che siamo viaggiatori ansiosi di pagare poco, ma anche un po’ attenti alla geografia, viene in mente una domanda: ma che strada fa, questo Frecciarossa ad alta velocità?


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Francesco Barbetta: Come liberare il XXI secolo

effimera

Come liberare il XXI secolo

di Francesco Barbetta

Una recensione al libro Reddito di base. Liberare il XXI secolo, di Andrea Fumagalli, Sandro Gobetti, Cristina Morini e Rachele Serino, Momo Edizioni, 2021

Reddito di base. Liberare il XXI secolo scritto da Andrea Fumagalli, Sandro Gobetti, Cristina Morini e Rachele Serino è un libro estremamente utile per il nostro tempo. In primo luogo perché il tema del reddito di base è emerso con forza negli ultimi due anni a causa dell’impatto della pandemia sulla vita di milioni di persone nel mondo. In particolare, in Italia, si è discusso spesso nei movimenti della possibilità di estendere, senza condizionalità, il Reddito di Cittadinanza. Il tema di cui parla il libro, quindi, rientra a pieno titolo in un possibile programma su cui far convergere le forze ed opporsi al governo e al tipo di società che potrebbe emergere al termine di questa pandemia.

In secondo luogo, il testo ha il grande merito di tirare le somme intorno al dibattito sul reddito di base.


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Francesco Maringiò: Democrazia liberale e democrazia socialista

marx xxi

Democrazia liberale e democrazia socialista

di Francesco Maringiò

Nei giorni 4-5, 9-10 e 14-15 dicembre, si è tenuto a Pechino (ed online per gli ospiti stranieri) un Forum internazionale sulla democrazia, promosso dall’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, dal China Media Group e dall’Ente cinese per la pubblicazione in lingue estere di Pechino. Questo simposio, dal titolo: “Forum internazionale sulla Democrazia: i valori umani condivisi” ha visto la partecipazione di importanti intellettuali e funzionari governativi cinesi, assieme a giornalisti, esperti e studiosi internazionali.

L’evento assume una significativa importanza, dato che tratta un tema nevralgico del dibattito politico internazionale.

Per l’Italia hanno preso parte Romeo Orlandi, presidente di Osservatorio Asia (qui il video del suo intervento: https://bit.ly/3EVDmRI) e Francesco Maringiò, il cui intervento integrale è qui riprodotto.

Nei paesi a capitalismo maturo la configurazione dell’organizzazione del governo assume una formula che viene definita col termine di democrazia liberale, per quanto tale affermazione può essere considerata a tutti gli effetti un vero e proprio ossimoro, dal momento che allude alla fusione fra due tradizioni politiche che erano state a lungo distinte o addirittura opposte: quella di un liberalismo che per lo più non era democratico e quella di una democrazia che tendenzialmente non era liberale.


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Vaccinazione di massa dei bambini sani contro la Covid-19, che fretta c’è?

gruppogocciagoccia

Vaccinazione di massa dei bambini sani contro la Covid-19, che fretta c’è?

(…)

La solidarietà sociale da parte chi ha meno di 12 anni rasenta l’ideologia. Il vaccino non va fatto ai bambini per impedirgli di contagiare gli adulti, ma solo se sono fragili» scrive Francesco Vaia Direttore Spallanzani, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, sul suo profilo Facebook.

Qualche settimana fa un gruppo di esperti ha creato il blog gocciaagoccia.net, coniando l’hashtag #smartProVax. Credono nella medicina personalizzata che tiene conto dei rischi, che non sono uguali per tutti. «Dobbiamo rimettere al centro la relazione di fiducia medico-paziente, e non dare messaggi neutri e uguali per tutti» sostiene Sara Gandini, epidemiologa biostatistica, docente all’Università Statale di Milano. «Sono felice della possibilità di poter vaccinare anche i minori ma ho dubbi rispetto alla vaccinazione di massa dei bambini sani. Dovrebbe essere incentivata in chi è più vulnerabile per età, sesso o patologie. Agli altri dovrebbe essere lasciata libera scelta».


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Damiano Mazzotti: La filosofia politica della grande paura. Come mantenere la razionalità

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La filosofia politica della grande paura. Come mantenere la razionalità

di Damiano Mazzotti

Ermanno Bencivenga: La grande paura, Gingko Edizioni , 2021

Ermanno Bencivenga è un filosofo molto conosciuto, lavora negli Stati Uniti e ha pubblicato “La grande paura”, un saggio quasi censurato che dimostra la sua grande responsabilità di illustre cittadino. Lo studioso italoamericano analizza in modo molto razionale, limpido e scorrevole l’eccessivo allarmismo mediatico e l’ambigua gestione politica dell’emergenza sanitaria legata al nuovo Coronavirus (Gingko Edizioni, Verona, 2021, 126 pagine, euro 17; ha scritto più di 60 libri).

La premessa del professor Bencivenga è molto lineare: l’attuale deriva sociale legata all’emergenza sanitaria e parasanitaria “ha avuto un impatto paragonabile a una guerra mondiale” e “ha accelerato un processo di imbarbarimento della nostra umanità che era già in corso ma, in questa brusca accelerazione, ha acquisito una tragica evidenza” (prologo). La mente dei cittadini e di troppi professionisti della sanità e dei media è stata circondata dalla ragnatela quasi invisibile dell’ideologia assolutista del neoliberismo finanziario, che opera in modo conscio e inconscio, diretto e indiretto.


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Marco Valente: I Mostri del Liberismo e come combatterli

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I Mostri del Liberismo e come combatterli

di Marco Valente

im out of bed rat 620x430La recente condanna di Amazon da parte dell’anti-trust italiano (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) è qualcosa di più di una grande multa, equivalente a circa il 10% del fatturato annuo della multinazionale nel nostro paese. E’, in primo luogo, la dimostrazione dettagliata ed evidente del perché la retorica del liberismo come unica forma efficiente di organizzazione economica si fonda su un grande equivoco. In secondo luogo l’indagine dell’Autorità ha esposto in maniera limpidissima il dilemma dei governi rispetto alle grandi imprese del web: come limitarne il potere senza perdere gli enormi vantaggi che offrono. In questo articolo riassumiamo come le politiche liberiste orientate a favorire la concorrenza continua anno creato delle condizioni esattamente opposte a quelle desiderate: monopoli inattacabili da qualsiasi concorrente. Vedremo anche come la Cina gestisce il problema e concludiamo con una proposta di regolamentazione che ottiene il risultato di favorire la vera concorrenza senza perdere i vantaggi forniti dalle grandi piattaforme.

 

Efficienza e concorrenza: una falsa associazione

Ormai da decenni è universalmente accettato, anche dai movimenti politici che si autodichiarano “di sinistra”, una visione economica del mondo secondo la quale la libera concorrenza garantisce sempre e comunque il risultato più efficiente in qualsiasi contesto. La concorrenza fra imprese garantisce che le imprese sopravvissute adotteranno le pratiche produttive più efficienti. La concorrenza tra lavoratori garantisce che i redditi saranno adeguati al loro apporto alla produzione.


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Andrea Fumagalli: Prove di dispotismo italiano

effimera

Prove di dispotismo italiano

La farsa della riforma fiscale e l’inflazioni da profitti

di Andrea Fumagalli

Luigi XIV stile Re Sole VelvetMAGIl dispotismo politico-economico

Il primo paradosso, di natura economico-politica, è che il dispotismo politico, oggi rappresentato dal governo Draghi, non è più semplicemente una conseguenza del dispotismo economico ma ne è regia. Se ai tempi di Renzi l’approvazione del Jobs Act rientrava nella logica di accondiscendenza della politica ai poteri forti economici, oggi assistiamo, paradossalmente, a un ritorno della “politica” ma intesa, sia chiaro, come dirigismo e accentramento del potere, indipendente da altre componenti, in teoria fondamentali, della società cosiddetta “democratica”. Ciò avviene in contemporanea (e grazie) al completo svilimento delle prerogative parlamentari come organi legislativi e deliberativi. Dopo trent’anni, arriva così a compimento un processo che rende reale l’esistenza di un autoritarismo elitario, che vede nei “governi tecnici” il perfetto strumento di attuazione del dispotismo; nel decreto legge la sua pratica legislativa; nella figura del premier l’incarnazione (quasi mistica) della governance politico-economica. Il parlamento, ridotto di numero per volere degli italiani e già da anni semplice organo di ratifica, perde così anche i suoi ultimi ruoli formali.

Tale transizione ha avuto il suo battesimo nella presentazione del PNRR nello scorso luglio. Reso noto tre giorni prima della scadenza per l’invio a Bruxelles, Camera e Senato lo approvano senza la men che minima discussione. Ma non basta. La versione finale e ufficiale inviata in Europa incorpora delle modifiche rispetto al testo presentato al parlamento. E non si tratta solo di modifiche formali, dal momento che in quest’ultima versione scompare ogni riferimento, precedentemente presente (seppur in modo vago), alla necessità di introdurre un salario minimo orario in Italia, sul modello tedesco. Il parlamento non ha dunque neanche ratificato il testo finale, in un silenzio quasi totale.


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Sandro Moiso: La lunga notte del capitale

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La lunga notte del capitale

Leopardi, la natura e il senso ultimo della lotta di classe

di Sandro Moiso

L’intervento seguente è dedicato a Emilio Scalzo, militante No Tav, e al coraggio e alla dignità con cui affronta una persecuzione poliziesca e giudiziaria che da sola basterebbe a dimostrare l’illusorietà di ogni promessa di giustizia e rispetto dei diritti in una società il cui ordinamento è rivolto soltanto all’accumulazione del capitale

capitalism is not workingPer chiudere l’anno con una serie di considerazioni che possano servire ad inquadrare fatti recenti e pensieri lontani nel tormentato cammino della lotta contro l’attuale modo di produzione, occorre tornare ad uno scrittore ancora troppo poco compreso, sia dal dal punto di vista filosofico che politico, nonostante il suo nome sia pur sempre considerato di grande rilevanza culturale: Giacomo Leopardi.

Un autore “classico” che, nonostante lo sforzo di aggiornamento fatto con il bel film del 2014 di Mario Martone e interpretato da Elio Germano, Il giovane meraviglioso, viene ancora troppo spesso definito semplicemente pessimista piuttosto che, come sarebbe più corretto, materialista.

Ma se qualcuno chiede cosa può ancora insegnarci, oggi, lo scrittore-filosofo di Recanati, la prima cosa che occorre sottolineare è l’atteggiamento che lo scrittore assunse nei confronti della Natura “matrigna”.

Stiamo attenti: matrigna e non nemica, una differenza non di poco conto, poiché nel primo caso si tratta di una madre acquisita che deve distrattamente occuparsi di creature non volute né, tanto meno, volutamente cercate; mentre nel secondo caso opererebbe per colpire volontariamente l’uomo, danneggiarlo, farlo soffrire di proposito e, soprattutto, con un cosciente e ben definito proposito.

Secondo Leopardi, se la Natura risulta nemica all’uomo questo è dovuto soltanto al carico di illusioni con cui l’Uomo interpreta la propria condizione esistenziale.

Ciò potrebbe sembrare un tema distante da quelli riguardanti la lotta di classe, eppure, eppure…


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Marco Ferri: Mission accomplished

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Mission accomplished

di Marco Ferri

Entro Natale, Draghi porta a termine le 51 riforme previste dal Pnrr che consentono all’Italia di ricevere la seconda rata di 20 miliardi di euro.

L’atlantista ed europeista ha compiuto la missione.

A questo punto Draghi può anche ascendere al Colle, trionfando alla prima votazione. Ormai la politica economica e sociale italiana è incardinata su montanti prestabiliti, nessun governo può modificare la corsa delle ante, che sono spalancate per i capitali, che sono invece chiuse a chiave per la redistribuzione della ricchezza, l’unica prospettiva che avrebbe avuto la possibilità di modificare i livelli alti di disuguaglianza, tra i più alti in Europa.

Tanto più se a controllare che nessun governo forzi quella porta ci va proprio lui, cioè quello che l’ha disegnata, costruita, messa in opera.

Il disegno restauratore della borghesia italiana ha trovato nella pandemia una locomotiva che ha accelerato nei fatti il viaggio della controriforme costituzionali, cosicché non è più compito dello Stato “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” (Art.3).


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Moishe Postone: "Spectres of Marx" di Derrida

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"Spectres of Marx" di Derrida

di Moishe Postone

Un estratto dalla recensione critica del libro di Derrida scritta da Moishe Postone

In "Spettri di Marx", Jacques Derrida riconosce l'importanza di una critica del capitalismo attuale, così come riconosce la forza dell'analisi di Marx. Ma essendo fin troppo consapevole delle insidie associate al marxismo tradizionale, egli sembra anche pensare che l'unica scelta rimasta sia quella di giustapporre semplicemente un'analisi marxista a quello che è il suo proprio approccio "spettrale". Per poter presentare un approccio teorico alternativo, ho bisogno di delineare brevemente gli elementi di una lettura di Marx che è molto diversa dall'interpretazione tradizionale che troviamo alla base dell'approccio di Derrida. Scopo di questa lettura non è "difendere" Marx dalla critica di Derrida, bensì fornire le basi per una teoria critica che permetta sia una comprensione socialmente e storicamente più adeguata della nuova situazione mondiale, sia soddisfare l'intento critico del concetto di spettralità di Derrida e la sua critica del marxismo tradizionale.


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Piccole Note: Come Big Pharma finanzia e forgia la politica Usa

piccolenote

Come Big Pharma finanzia e forgia la politica Usa

di Piccole Note

Le Case farmaceutiche Usa, tra cui le aziende produttrici di vaccini, sono entrate a gamba tesa nelle elezioni presidenziali americane del 2020, con lauti finanziamenti ad alcuni candidati, in particolare democratici.

A rivelarlo è The Intercept, che spiega come tale forma di lobbismo sia sempre esistita in America – da noi si chiamerebbero tangenti ma là va così -, ma era sempre stata limitata a donazioni tramite i Pac (Political action comitee) che hanno l’obbligo di renderle pubbliche.

Nelle ultime elezioni, invece, sono fluite attraverso i gruppi “dark money”, che drenano denaro privato per conto di partiti e candidati nel più assoluto anonimato. È quanto emerge dalle “ultime dichiarazioni fiscali della Biotechnology Innovation Organization (BIO), che fa opera di lobbyng per conto di Moderna, Pfizer, Johnson & Johnson e altre importanti aziende biotecnologiche coinvolte nell’attività di trattamento del virus Covid-19″.

“BIO – dettaglia The Intercept – è da lungo tempo l’organismo con cui l’industria biotecnologica influenza Capitol Hill e più recentemente è diventata il volto pubblico dell’industria dei vaccini durante la crisi di Covid-19”.


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Sebastiano Isaia: La pandemia come crisi sociale capitalistica

sebastianoisaia

La pandemia come crisi sociale capitalistica

di Sebastiano Isaia

L’esperienza della guerra, come l’esperienza
di qualsiasi crisi nella storia, come qualsiasi
grande disastro o qualsiasi svolta nella vita
della persona, mentre istupidisce e abbatte gli
uni, educa e tempra gli altri (Lenin, 1915).

Gli Stati dei Paesi capitalisticamente più avanzati (a cominciare dalla Cina e dagli Stati Uniti) hanno investo a fondo perduto nello sviluppo dei vaccini anti-Covid nel tentativo, peraltro riuscito, di stabilizzare il quadro sociale minacciato da un gigantesco potenziale “oggettivamente” catastrofico. Anche questa volta il processo sociale oggettivo ha dimostrato che la catastrofe sociale non si trasforma deterministicamente in una rivoluzione sociale, tutt’altro, come attesta il rafforzamento nella coscienza delle masse subalterne del principio di autorità incarnato dallo Stato e da tutte le istituzioni che sono in qualche modo al suo servizio – istituzione scientifica compresa, ovviamente.

Ma questa drammatica realtà non solo non è una prova della inutilità degli sforzi intesi a far crescere un punto di vista rivoluzionario su quanto accade nel mondo, ma ne attesta piuttosto l’importanza, la necessità e l’urgenza sia sul piano sociale (attualità) che su quello storico (prospettiva).


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Kim Moody: L'interruzione della supply chain arriva "just in time"

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L'interruzione della supply chain arriva "just in time"

di Kim Moody

Abbiamo tradotto questo interessante articolo apparso su Labor Notes scritto da Kim Moody che riflette sulle recenti interruzioni della supply chain andando al di là della semplice constatazione dei limiti "logistici" delle catene di distribuzione delle merci. Oltre la cornice ideologica che i propugnatori del capitalismo di piattaforma ribadiscono continuamente l'intero sistema di valorizzazione si regge sull'intensificazione dello sfruttamento e dell'abbattimento dei tempi di non-lavoro. Ecco ciò su cui poggia il just in time, e perchè oggi mostra i segnali di una crisi su scale inedite

Uno spettacolo globale si è svolto a marzo quando la gigantesca nave portacontainer Ever Given, diretta a Rotterdam dalla Malesia, è rimasta bloccata nel Canale di Suez per sei giorni,fermando 150 navi in un giorno e sostenendo il traffico marittimo ad un costo stimato di $ 1 miliardo (£ 750 milioni).

Ma lo snafu Ever Given non è stato un incidente isolato. Dall'altra parte del mondo, all'inizio di novembre circa 77 navi portacontainer erano bloccate in mare fuori dai porti di Los Angeles e Long Beach, mentre quasi un terzo delle navi in banchina ha dovuto aspettare cinque giorni o più per essere scaricate.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Dec 27, 2021, 9:18:56 AM12/27/21
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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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Rassegnatevi/2

di Franco «Bifo» Berardi

È tempo di accompagnare il collasso, assecondare il caos: perché resistere può rallentare la catastrofe, ma non può fermarla

bifo imgL’opzione nucleare

La variante Omicron gli sta bene come un vestitino nuovo ai torvi vecchi bianchi che hanno voluto tenersi per sé tutte le fialette. Così il virus ha circolato liberamente nelle zone in cui la privatizzazione del sapere bio-tecnico rende inaccessibile il vaccino. E il virus è tornato più vispo che mai. Non tanto cattivo, però, a quanto pare: la variante Omicron è piccola piccola come il nome suggerisce, e non fa molto male; anche se tutto il sistema dei media ha ripreso a suonare la grancassa del terrore sanitario, anche se si sono bloccati i viaggi da molti paesi a molti paesi, in due settimane pare che questa variante circoli veloce, ma non ammazzi molti umani sul pianeta.

In compenso molti umani si ammazzano fra loro.

Alla High School di Oakland il quindicenne Ethan Crumbley ha ucciso a fucilate quattro suoi colleghi adolescenti. E Thomas Massie, membro del Congresso americano ha pubblicato una foto dell’intera famiglia con l’albero di Natale. Tutti i sette biondi grassocci familiari (moglie e figli) sorridono felici e imbracciano mitragliatrici e fucili di precisione. Il rappresentante del Kentucky ha commentato con la spiritosa scritta “Santa, bring ammo!”: Babbo Natale, portaci delle munizioni.

Il Presidente di quel popolo armato fino ai denti minaccia la Russia dell’opzione nucleare (i giornali la chiamano così) che consiste nell’escludere la Russia da SWIFT, codice di accesso al sistema finanziario internazionale. Timidamente l’Europa si accoda e sussurra: la Russia pagherà care le conseguenze di un’invasione dell’Ucraina.

Non so se Putin ha intenzione di mandare le truppe a Kiev durante il prossimo inverno. So che possiede il rubinetto del gas e potrebbe chiuderlo lasciando l’Europa al gelo, così vediamo come va a finire.


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Adelino Zanini, Ubaldo Fadini: Introduzione a «Lessico postfordista»

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Introduzione a «Lessico postfordista»

di Adelino Zanini, Ubaldo Fadini

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              3163078c1dd14ce99f577938fa2f47e9mv2Nel gennaio 2001 usciva per Feltrinelli la prima edizione di Lessico postfordista, a cura di Adelino Zanini e Ubaldo Fadini; dopo pochi mesi, a maggio, era già necessaria una ristampa. Il volume, con oltre sessanta voci e l’impegno di una cinquantina di autori e autrici, si proponeva di costituire – come recita il sottotitolo – un «dizionario di idee della mutazione», che ruotava attorno a una categoria ormai consolidata in diversi ambiti di ricerca, il postfordismo appunto. La sua origine e diffusione, tuttavia, è legata innanzitutto alle elaborazioni sulle trasformazioni dell’organizzazione produttiva e del lavoro della «scuola regolazionista» francese e di quel filone proveniente dall’operaismo che, negli anni Novanta, darà vita alla fondamentale stagione teorico-politica di riviste come «Luogo comune», «DeriveApprodi», «Futur antérieur» e successivamente «Multitudes». Anche l’anno di pubblicazione, il 2001, ha un evidente valore simbolico: è infatti l’anno della mobilitazione contro il G8 di Genova, punto culminante di quel movimento no global che, a dispetto dei cantori delle magnifiche sorti e progressive del capitalismo-mondo, dimostrava che in realtà la storia non si è mai chiusa. Non è un caso che il volume ebbe grande circolazione tra le nuove generazioni di militanti e attivisti, e al contempo un significativo riscontro sui media mainstream: fu ad esempio recensito su «Il Sole 24 Ore», «Repubblica» vi dedicò un paio di pagine, mentre Francesco Alberoni sulla prima del «Corriere della sera» lo indicava – insieme a Empire di Negri e Hardt – come un testo di riferimento per comprendere l’«egemonia del neomarxismo rivoluzionario» sui nuovi movimenti. Insomma, sono davvero molte le ragioni per rileggere l’introduzione al volume scritta da Zanini e Fadini che qui riproponiamo, non solo per ripercorrere i tratti centrali delle elaborazioni sul postfordismo, ma anche per ripensare alle aporie di quella mutazione irrisolta. 


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Michael Roberts: Il dilemma dei banchieri centrali

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Il dilemma dei banchieri centrali

di Michael Roberts 

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            1346378991"L'inflazione che abbiamo ottenuto non era affatto quella che stavamo cercando ", ha detto il presidente della Federal Reserve statunitense Jay Powell nella sua conferenza stampa dopo che il Comitato di politica monetaria della Fed ha deciso di accelerare il "tapering" dei suoi acquisti di Titoli di stato a zero entro marzo 2022 e ha segnalato che subito dopo inizierà ad aumentare il tasso di interesse di riferimento (il tasso dei "Fed funds") da zero.

Cosa intendeva Powell con "non era l'inflazione che stavamo cercando"? Non si riferiva solo al livello del tasso di inflazione. L'inflazione dei beni di consumo e dei servizi negli Stati Uniti è ora molto più alta delle previsioni fatte a settembre dalla Fed durante la sua ultima riunione, ed è quella che viene chiamata "inflazione di base", che esclude l'aumento dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari. A novembre l'inflazione complessiva ha raggiunto il 6,5%, il tasso più alto da quasi 40 anni.


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Manlio Dinucci: «Mossa aggressiva» russa: Mosca propone la pace

manifesto

«Mossa aggressiva» russa: Mosca propone la pace

di Manlio Dinucci

L'arte della guerra. La Federazione russa propone agli Usa un trattato e un accordo per disinnescare le tensioni tra le due parti

La Federazione Russa ha consegnato agli Stati Uniti d’America, il 15 dicembre, il progetto di un Trattato e di un Accordo per disinnescare la crescente tensione tra le due parti. I due documenti sono stati resi pubblici, il 17 dicembre, dal Ministero degli Esteri russo. La bozza di trattato prevede, all’Art. 1, che ciascuna delle due parti «non intraprenda azioni che incidono sulla sicurezza dell’altra parte» e, all’Art.2, che «si adoperi per garantire che tutte le organizzazioni internazionali e alleanze militari a cui partecipa aderiscano ai principi della Carta delle Nazioni Unite».

All’Art. 3 le due parti si impegnano a «non utilizzare i territori di altri Stati allo scopo di preparare o effettuare un attacco armato contro l’altra parte». L’Art. 4 prevede, quindi, che «gli Stati Uniti non stabiliranno basi militari nel territorio degli Stati dell’ex Urss che non sono membri della Nato», ed «eviteranno l’adesione di Stati dell’ex Urss alla Nato, impedendo una sua ulteriore espansione ad Est».


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Sara Gandini, Maddalena Loy, Daniele Novara: Dicembre 2021, Italia ancora in DAD

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Dicembre 2021, Italia ancora in DAD

Eppure la situazione è migliore di quella dell’anno scorso…

di Sara Gandini*, Maddalena Loy**, Daniele Novara***

Cosa sta succedendo nella scuola italiana dopo quasi due anni di pandemia?L’anno scolastico 2020-2021 è stato molto burrascoso, e a farne le spese sono stati soprattutto i ragazzi e le loro famiglie. Nonostante un protocollo molto restrittivo rispetto alle scuole europee, diverse Regioni italiane hanno chiuso le scuole anche in assenza di situazioni epidemiologiche preoccupanti, in forma “precauzionale”, con ordinanze volte a “prevenire la diffusione del contagio”. Tali misure sono state impugnate da diversi comitati di genitori.

Grazie alle relazioni scientifiche redatte da alcuni scienziati, tra cui quelli del Comitato Scientifico e Giuridico “Goccia a Goccia”, sia i ricorsi al Tar che al Consiglio di Stato sono stati vinti. Diversi studi internazionali (a cominciare dal nostro, pubblicato su Lancet Regional Health il 26 marzo 2021 – 1) hanno mostrato sin da ottobre 2020 che la scuola è uno dei setting di contagio più sicuri.Le meta-analisi condotte su tutti gli studi pubblicati riguardo alle scuole hanno dimostrato che i giovani trovati positivi hanno il 74% in meno di probabilità rispetto agli adulti di favorire la diffusione virale, e che i minori sono il 40% significativamente meno suscettibili al contagio rispetto agli adulti (2).


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Gennaro Imbriano: Il dubbio come fonte della democrazia costituente

lafionda

Il dubbio come fonte della democrazia costituente

di Gennaro Imbriano

Si procederà per slogan, per “tesi”, sette per la precisione, molto secche e immediate.

1. Il dubbio è il metodo della critica. Come uomini moderni dovremmo saperlo da tempo. Contro i miti delle certezze incondizionate, il pensiero critico moderno ha sempre ritenuto che non vi fosse nulla di insindacabile e di indicibile. Sarebbe persino troppo semplice – ma forse oggi non scontato – evocare i nomi di Descartes, di Hume, dello stesso Kant, come esponenti di una attitudine che è moderna e scientifica proprio perché non è mitico-religiosa, in quanto sottopone a dubbio e revisione costante il dato positivo, che è in quanto tale una ipostatizzazione sempre suscettibile di essere aggiornata e aggredita dalla critica.

2. Il dubbio è il metodo della scienza e della filosofia della scienza. La critica che rivendica il suo rapporto costitutivo con il dubbio non è mitologia o anti-scienza. È semmai antiscientismo, anti-positivismo, difesa della dimensione autenticamente critica della ricerca scientifica. Questo dovrebbe essere scontato per quanti si richiamano alla tradizione dell’illuminismo e del razionalismo, sino alle configurazioni più avvertite del pensiero dialettico e della biopolitica.


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Gustavo Esteva: Tempo di catastrofe

comuneinfo

Tempo di catastrofe

di Gustavo Esteva

In Occidente, la giustizia è raffigurata come una donna bendata, per alludere alla sua presunta imparzialità. Montesquieu ha dato un’altra interpretazione. Era necessario mettere bende sull’immagine che rappresenta la giustizia in modo che non vedesse gli orrori che sarebbero stati commessi durante lo stato di eccezione. Questa è la prospettiva attuale, scrive Gustavo Esteva. Non si riferisce affatto solo al Messico, ma denuncia che la brutalità che rende oggi il suo paese il più violento del mondo sarà ora realizzata legalmente e in nome delle illusioni dello sviluppo. L’alleanza tra il grande capitale transnazionale, il governo messicano e alcuni attori locali promuove i megaprogetti con un obiettivo preciso: colonizzare il Sud-Est. Non si tratta solo di investimenti da “proteggere”. Come ha detto il direttore del progetto principale, ci vorrà un genocidio: liquidarli per quello che sono per trasformarli in qualcosa di meglio. Consapevole di questa prospettiva, il governo annuncia che la realizzazione dei progetti sarà garantita dalle forze armate.

* * * *

Non possiamo lasciarci ingannare. Abbiamo ricevuto un avvertimento esplicito. È essenziale prenderlo sul serio per resistere a ciò che implica e sopravvivere.


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Simone Valeri: Nessuno ne parla, ma l’inquinamento da Pfas in Veneto è ormai un allarme globale

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Nessuno ne parla, ma l’inquinamento da Pfas in Veneto è ormai un allarme globale

di Simone Valeri

La questione è così seria che l’Alto Commissariato dell’Onu ha spedito una delegazione in Veneto, per tastare con mano la situazione e fare chiarezza sulle cause dell’inquinamento diffuso. Una missione vera e propria, svoltasi tra il 30 novembre e il 13 dicembre, finalizzata a comprendere se la gestione dell’emergenza abbia violato i diritti umani. Dopotutto, poche settimane fa, il ricercatore del CNR che ha seguito la questione aveva definito senza mezzi termini la situazione veneta: «Il più grande inquinamento Pfas d’Europa per importanza ed estensione. Probabilmente il più grande anche del mondo se escludiamo la Cina». Stiamo parlando dell’inquinamento delle acque da parte di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas). Una vicenda di gravissimo allarme per l’ambiente e la salute umana, che da tempo scuote la popolazione veneta e sarebbe alla base di patologie molto pericolose . Un quadro che dovrebbe preoccupare anche i media ed occupare le prime pagine, eppure nessuno o quasi ne parla.


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Giorgio Agamben: La costituzione e lo stato di eccezione

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La costituzione e lo stato di eccezione

di Giorgio Agamben

Intervento al convegno degli studenti veneziani contro il greenpass l’11 novembre 2021 a Ca’ Sagredo

voltairenet.org 1 1 26 0d81bVorrei riprendere, per cominciare, alcuni punti che avevo provato a fissare qualche giorno fa per cercare di definire la trasformazione surrettizia, ma non per questo meno radicale, che sta avvenendo sotto i nostri occhi. Credo che dobbiamo innanzitutto renderci conto che l’ordine giuridico e politico in cui credevamo di vivere è completamente mutato. L’operatore di questa trasformazione è stato, com’è evidente, quella zona di indifferenza fra il diritto e la politica che è lo stato di emergenza.

Quasi vent’anni fa, in un libro che cercava di fornire una teoria dello stato di eccezione, avevo costatato che lo stato di eccezione stava diventando il sistema normale di governo. Come sapete, lo stato di eccezione è uno spazio di sospensione della legge, quindi uno spazio anomico, che si pretende però incluso nell’ordinamento giuridico.

Ma guardiamo meglio che cosa avviene nello stato di eccezione. Dal punto di vista tecnico, si ha una separazione della forza-di-legge dalla legge in senso formale. Lo stato di eccezione definisce, cioè, uno “stato della legge” in cui da una parte la legge teoricamente vige, ma non ha forza, non si applica, è sospesa e dall’altra provvedimenti e misure che non hanno valore di legge ne acquistano la forza. Si potrebbe dire che, al limite, la posta in gioco nello stato di eccezione è una forza-di-legge fluttuante senza la legge. Comunque si definisca questa situazione – sia che si considera lo stato di eccezione come interno o che lo si qualifichi invece come esterno all’ordine giuridico – in ogni caso essa si traduce in una sorta di eclissi della legge, in cui, come in un’eclissi astronomica, essa permane, ma non emana più la sua luce.


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Giovanna Cracco: L’egemonia pandemica

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L’egemonia pandemica

di Giovanna Cracco

Gramsci e i concetti di ‘egemonia’, ‘intellettuale organico’ e ‘crisi di autorità’ per comprendere ciò che accade: milioni di persone hanno abdicato alla logica per leggere la realtà e la maggior parte dell’informazione e della cultura italiana (scienza compresa) si presta a essere strumento di propaganda, rinunciando alla propria deontologia

ajeet mestry UBhpOIHnazM unsplash“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.”

Antonio Gramsci, L’Ordine Nuovo, 1919-1920

Due domande ricorrono di continuo nella mente.

La prima: com’è possibile che milioni di persone abbiano cessato di utilizzare la logica per leggere la realtà, abbiano abdicato alla razionalità che collega fra loro dati, numeri e fonti, e continuino a prestare fede a una classe dirigente che sta gestendo una pandemia con contraddizioni continue, incongruenze, illogicità e affermazioni che la stessa realtà si occupa di smentire dopo pochi giorni (1). È un fatto che non si può spiegare con la semplice capacità di persuasione di una propaganda martellante: c’è altro.

La seconda: com’è possibile che, per la maggior parte, l’informazione e la cultura italiana (anche la scienza è cultura), si prestino da due anni a essere strumento di propaganda senza opporre alcun ragionamento, critica, contestualizzazione agli atti del potere politico; rinunciando non solo alla propria deontologia – i mestieri di giornalista e di medico implicano una responsabilità legata all’etica – ma non temendo nemmeno di apparire stolte marionette; certi dunque che nessun cittadino, un giorno, chiederà loro conto di ciò che stanno facendo.

Sono due domande che scomodano Gramsci e i suoi concetti di ‘egemonia’ e di ‘intellettuale organico’; e un fatto, su tutti, ha rivelato oltre quale limite questa situazione si è spinta. Il 27 novembre scorso il senatore a vita ed ex Presidente del Consiglio, Mario Monti, è ospite alla trasmissione In onda su La7: le sue affermazioni hanno fatto il giro della Rete, quindi sono ormai note. Ma partiamo comunque dalle parole (i corsivi sono miei).


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Lelio Demichelis: Critica della (s)ragione strumentale/calcolante-industriale

economiaepolitica

Critica della (s)ragione strumentale/calcolante-industriale

di Lelio Demichelis

unnameds64s“Ormai solo un Dio ci può salvare”: è una delle risposte – forse la più famosa (e dalle molte interpretazioni possibili) – date da Martin Heidegger nella sua intervista del 1966 a Der Spiegel e pubblicata nel 1976 solo dopo la sua morte per volontà dello stesso filosofo (Heidegger, 1987: 140). Qui invece, da laici e da illuministi diciamo che solo un’altra ragione – umanistica, riflessiva e sostenibile, quindi non solo diversa ma radicalmente opposta alla razionalità strumentale/calcolante-industriale-capitalista dominante da tre secoli – ci può salvare.

 

Uscire dalla razionalità strumentale/calcolante-industriale

E per salvarci (dalla crisi ambientale e da quella sociale), questa nuova ragione deve permetterci soprattutto di riprovare a immaginare – sono passati giusto vent’anni dalla oscena macelleria messicana che lo stato italiano praticò deliberatamente e scientemente a Genova nel 2001 contro i no-global e le loro idee – che un altro mondo sia davvero possibile: un mondo altro dal tecno-capitalismo, altro dall’accumulazione tecno-capitalista, altro dallo sfruttamento dell’uomo permesso dalle nuove tecnologie, altro dallo sfruttamento della biosfera per profitto privato. Con un’economia altra rispetto a quella anch’essa dominante.

Un tornare a immaginare/pensare ancora più necessario quando, come accade da tempo in una sorta di crescendo rossiniano, troppi scienziati (in questo forse non casualmente alleati/allineati con l’ideologia neoliberale e soprattutto con quella tecnologica che ci porta a delegare la nostra vita a un algoritmo e a percepirci come non responsabili di ciò che facciamo), troppi scienziati vogliono farci credere che il libero arbitrio non esiste e che siamo governati da forze deterministiche cieche (cfr., Internazionale nr.1416), alle quali possiamo/dobbiamo solo adattarci senza avanzare critiche e progetti alternativi – e che anche questa economia e questa tecnica sono quindi il nostro destino.


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Andrea Zhok: Uscire dall'illusione

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Uscire dall'illusione

di Andrea Zhok

Nel valutare la presente crisi credo sia giunto il momento di abbandonare l’approfondimento degli aspetti sanitari. Ciò che è necessario sapere per farsi un’idea è oramai disponibile per chiunque voglia ricercarlo, al di là della fabbrica di menzogne rappresentata dall’informazione mainstream. Esistono gruppi e siti che hanno pubblicato documentazione ufficiale e studi scientifici più che sufficienti per districare i punti più controversi. Chi non abbia ritenuto di cercarli e di riflettervi sopra ha fatto una scelta politica, anche se crede di essersi “affidato alla scienza”. Chi di fronte alle infinite giravolte e contraddizioni di questi mesi, ha deciso comunque di fidarsi degli esperti filogovernativi promossi da TV e giornali, ha preso una decisione di carattere politico, non scientifico: ha scelto che delegare il proprio giudizio al potere costituito sia di per sé una cosa buona, raccomandabile.

Cercare di convincere queste persone sul piano dell’argomentazione scientifica è inutile, perché è all’opera un bias cognitivo che assume la voce ufficiale come comunque maggiormente accreditata, quale che sia il contenuto. E questo, di nuovo, è qualcosa che non c’entra nulla con la scienza o con la ragione, ma con una preliminare delega all’autorità costituita.


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Massimiliano Ay: Elezione di Boric in Cile: illudere è sbagliato, disilludere anche!

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Elezione di Boric in Cile: illudere è sbagliato, disilludere anche!

di Massimiliano Ay

Leggo su Facebook dibattiti infiniti fra compagni su quanto di sinistra – più o meno estrema – sia il neo-eletto presidente del Cile Gabriel Boric. Le discussioni sono sempre utili, per carità, ed evitare di credere che Boric sia il nuovo Salvador Allende è corretto. Ma i comunisti sanno che c’è tempo e tempo, modo e modo, per discuterne. Sminuire la vittoria di Boric – con una postura marxista-leninista dura e pura – oggi, adesso, è un errore politico e non ha nulla a che fare con un’attenta e distaccata analisi materialista dialettica. In questo momento è anzi un atto disfattista che umilia il sentimento popolare che, sul piano di massa (e non di nicchia), ha cercato il cambiamento contro gli eredi del fascismo di Pinochet e che si sta riversando proprio in queste ore nelle piazze di Santiago. E’ giusto non illudere, ma è sbagliato disilludere e non stare nelle contraddizioni che oggi esprime quella parte di società cilena, di classe operaia, di movimento studentesco, che vuole un’alternativa.

Chi è Boric? Iniziamo col dire che non è un socialdemocratico, perlomeno non nel senso della Bachelet: il Partito Socialista del Cile, infatti, prima lo ha avversato e solo al secondo turno, dopo un accordo che ne moderava il programma presidenziale, si è deciso finalmente ad appoggiarlo.


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Giorgio Cattaneo: La politica “che non sa dare risposte”

bastaconeurocrisi

La politica “che non sa dare risposte”

di Giorgio Cattaneo

Mi fanno sorridere le affermazioni che si leggono / sentono tutti i giorni, in merito ai successi di Mario Draghi. I quali successi sarebbero l’indicazione che “la politica non sa dare risposte, ci è voluto un non politico per ottenere dei risultati”.

Sui risultati in effetti sarebbe lecito smorzare un po’ gli entusiasmi (come, bisogna riconoscere, Draghi stesso non manca di fare).

Il PIL nel 2021 è rimbalzato, ma ha recuperato solo in parte il calo del 2020. E il rimbalzo l’hanno fatto due cose: le riaperture e la liquidità immessa nel sistema economico con i vari DL ristori, sostegni ecc. Inclusa la molto significativa, anche se parziale, applicazione della Moneta Fiscale attuata con il Bonus 110.

Tutte cose che, è corretto ammettere, aveva avviato e in larga misura attuato il governo Conte 2.

Lasciamo poi perdere il PNRR e il Recovery Fund. Non solo perché anche quelli sono stati varati durante il governo precedente, ma anche e soprattutto perché da lì sono arrivati pochissimi spiccioli – sostanzialmente a debito e fortemente vincolati e condizionati – che, è lecito sospettare, all’economia italiana faranno più male che bene. E che comunque non hanno avuto impatto sui risultati 2021.


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Dante Valitutti: Brevi note sullo stato di eccezione pandemico

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Brevi note sullo stato di eccezione pandemico

di Dante Valitutti

Da più di un anno conosciamo una crisi istituzionale piuttosto evidente, che è di fatto favorita anche (se non soprattutto) dalle misure prese in vista del contenimento del virus covid-19 e delle sue varianti, crisi contraddistinta da pulsioni (semi)presidenzialiste e da richiami forti all’uomo solo al comando.

In questo quadro ci sovvengono le categorie classiche della riflessione giuridico-politica. Una tra queste, probabilmente decisiva per capire la fase di passaggio che viviamo, è quella legata alla eccezione, categoria emersa a livello teorico, quasi pleonastico qui ricordarlo, nelle pagine schmittiane degli anni ’20 e ’30 dello scorso secolo.

Ebbene, la decisione ultima del Consiglio dei ministri di proroga dello stato di emergenza fino al 31 marzo 2022, decisione assunta quasi fosse un inevitabile corollario delle strategie di contenimento pandemico, dimostrerebbe ancora una volta la fecondità euristica delle tesi del giurista di Plettenberg, ovvero quanto il nostro, segnato dalla minaccia del virus, sia, più di tutti, il tempo dell’eccezione. Argomento, quest’ultimo, ‘arato’ da tanti in verità.


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Francesca Serra: Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali?

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Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali?

di Francesca Serra

Gli intellettuali: che rompicapo. Se non ci fossero, andrebbero inventati. Ma quando ci sono, ci piacerebbe ogni tanto staccare loro la spina. Non perché dicano cose che non vogliamo sentirci dire, secondo uno dei loro maggiori miti di nobiltà. Ma perché piangono sempre sulla loro estinzione. È più forte di loro, per un semplice motivo: l’intellettuale moderno nasce brandendo la spada contro la propria epoca, nella misura in cui quest’ultima ha spalancato le porte a una cultura degradata e massificata. In altre parole, non esiste intellettuale senza lotta contro la sparizione che minaccia la sua specie. La sua forza simbolica si fonda su una primordiale immagine di fragilità: quella di un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. O se preferite quella di un pezzo di cristalleria in balia degli elefanti.

Inoltre, non si può non ricordare che sono tutti maschi. E questo non li turba minimamente. Nelle 300 pagine dell’ultimo libro di Franco Brevini intitolato Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali? La crisi dell’autorità culturale (Cortina), che vi consiglio di leggere se volete capire qualcosa della turbolenta storia degli intellettuali, non c’è una riga che problematizzi la presenza o meno di intellettuali donne. Questo lo dico subito, per levarci il pensiero. E perché non scrivo da un luogo intellettuale neutro.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Dec 28, 2021, 3:33:30 AM12/28/21
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Mario Bonanno: Zombi. La progenie afasica del Capitale

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Zombi. La progenie afasica del Capitale

di Mario Bonanno

heamosoo kim 0mj0F86aKfs unsplash

 

“La postmodernità significa molte cose diverse per molte persone diverse. Può significare un edificio che ostenta arrogantemente gli ‘ordini’ che prescrivono cosa si adatta a cosa e cosa deve essere tenuto rigorosamente fuori per preservare la logica funzionale dell’acciaio, del vetro e del cemento. Significa un’opera di immaginazione che sfida la differenza tra pittura e scultura, stili e generi, galleria e strada, arte e tutto il resto. Significa una vita che assomiglia sospettosamente a un serial televisivo, e un docudramma che ignora la tua preoccupazione di mettere da parte la fantasia rispetto a ciò che ‘è realmente accaduto’. Significa licenza di fare tutto ciò che si può desiderare e il consiglio di non prendere troppo sul serio ciò che si fa. Significa la velocità con cui le cose cambiano e il ritmo con cui gli stati d’animo si succedono l’un l’altro in modo da non avere il tempo di ossificarsi nelle cose. Significa rivolgere la propria attenzione in tutte le direzioni contemporaneamente, in modo che non ci si possa fermare su nulla per molto tempo e che nulla possa essere guardato da vicino. Significa un centro commerciale traboccante di merci il cui uso principale è la gioia di acquistarle; e un’esistenza che sembra una reclusione a vita nel centro commerciale. Significa l’esilarante libertà di perseguire qualsiasi cosa e la sconcertante incertezza su ciò che vale la pena perseguire e in nome di cosa la si dovrebbe perseguire.”

Zygmunt Bauman


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Gigi Roggero: Pensare con il martello

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Pensare con il martello

di Gigi Roggero

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              0723636dedf64e0080e754348c8c88b4mv2È fresco di stampa La rivoluzione in esilio. Scritti su Mario Tronti, a cura di Andrea Cerutti e Giulia Dettori (Quodlibet). Il volume è costituito da una raccolta di saggi da parte di figure di differente formazione che analizzano degli aspetti particolari dello straordinario percorso teorico-politico dell’autore di Operai e capitale. Proponiamo qui lo scritto di Gigi Roggero, dall’esemplificativo titolo Pensare con il martello, e dall’esemplificativa conclusione: «Abbiamo l’impressione di non vederla, eppure la tigre è lì, sempre pronta a balzare. Non in un imprecisato futuro, ma contro un presente determinato. Scommettiamo su una profezia, la forza di vedere quello che gli altri non vedono, la volontà di dire quello che gli altri rifiutano di ascoltare, il progetto di scomporre il tutto del capitale per ricomporre e dunque trasformare radicalmente i frammenti della nostra parte. In questa notte apparentemente senza stelle, il nostro noi si forma riconquistando la capacità di afferrare le tracce dell’aurora». 

* * * *

«As a first objection, we might ask who said that human civilisation is indeed capital’s dearest concern». Tradurre significa tradire, si dice. Questo non è un tradimento linguistico per rendere comprensibile il pensiero. Questo è un tradimento del pensiero per rendere malleabile il linguaggio. Invece no, il pensiero è proprio quello: «Ma prima di tutto, chi vi dice che ci sta a cuore la civiltà dell’uomo?». La liquidazione definitiva del lessico umanitario universalista viene qui ritradotta in quel lessico. Per essere chiari: la responsabilità non è del lavoratore che ha tradotto Operai e capitale. La responsabilità è dell’industria che quel lavoro comanda. Quando Lenin arriva in Inghilterra, l’Inghilterra tenta di edulcorare Lenin, di depoliticizzarlo, di svuotarlo. Il pensiero debole è sempre uno strumento al servizio del pensiero dominante.


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Roberto Finelli: Critica, capitale e totalità

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Critica, capitale e totalità

di Roberto Finelli

2021.12.20. NUMERO 10Critica e totalità sono due categorie che entrano nella cultura moderna come intrecciate e inscindibili solo con la filosofia di Hegel. Già Kant, com’è ben noto, aveva fatto della critica la modalità fondamentale di una filosofia che, rinunciando alle astrazioni di una metafisica ontologica dell’Essere o della Realtà Oggettiva, indagasse di fondo le strutture invarianti e trascendentali della soggettività. Ma è propriamente con Hegel che, a partire dalla tesi secondo cui «il vero è l’intero», la critica diventa fattore intrinseco della costruzione di una totalità, giacchè solo attraverso il progressivo autotoglimento di visioni fallaci e parziali si raggiunge la verità di un intero: attraverso cioè la dialettica dell’autocritica e dell’autocontraddizione in cui non può non cadere qualsiasi pretesa di un lato solo particolare o di una configurazione parziale di valore come l’intero. Il finito si toglie da sé medesimo, perché, non riuscendo alla fin fine a coincidere e a consistere solo con sé stesso, è costretto, per necessità interiore, a negarsi e a trapassare in altro.1 La critica qui, ancor più che in Kant, non rimanda più ad alcun osservatore o giudice esterno ma è il giudizio che la realtà stessa produce su sé medesima, in un’autonegarsi attraverso contraddizione, che dovrebbe garantire insieme verità del sapere ed emancipazione dell’agire. Solo che Hegel per dare continuità ai diversi passaggi dialettici ha dovuto forzare, almeno a mio avviso, la natura della negazione, assolutizzandola e ipostatizzandola, fino ad estremizzarla in un puris- simo negativo, che non nega alcunché di determinato fuori di sé, ma alla fine null’altro che il proprio negare. Estenuando, con ciò, il nesso fondamentale genialmente istituito tra critica e totalità nella chiusura, invece, di una metafisica immanente del nulla/negazione.


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John Pilger: Il sequestro giudiziario di Julian Assange

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Il sequestro giudiziario di Julian Assange

di John Pilger – Counterpunch*

Guardiamoci, se ne abbiamo il coraggio, e vediamo quel che avviene di noi
Jean-Paul Sartre

Le parole di Sartre dovrebbero riecheggiare nelle nostre menti dopo la grottesca decisione dell’Alta Corte britannica di estradare Julian Assange negli Stati Uniti dove affronterà “una morte vivente”. Questa è la sua punizione per il crimine di giornalismo autentico, accurato, coraggioso e vivo.

Errore giudiziario è un termine inadeguato in queste circostanze. Ci sono voluti solo nove minuti venerdì scorso ai cortigiani dell’ancien regime britannico per accogliere l’appello statunitense e ribaltare il verdetto di gennaio in cui il giudice della Corte Distrettuale riconosceva nel monte di prove l’evidenza dell’inferno in terra che attende Assange oltre l’Atlantico: un inferno in cui, è sapientemente previsto, troverà un modo per togliersi la vita.

Volumi di testimonianze di persone autorevoli, che hanno esaminato e analizzato Julian, che hanno diagnosticato il suo autismo e la sua sindrome di Asperger e hanno rivelato che era già arrivato a un soffio dal suicidarsi nella prigione di Belmarsh, l’inferno della Gran Bretagna, sono stati ignorati.


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Sergio Scorza: Ita. Piovono pietre, ma non per i sindacalisti complici

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Ita. Piovono pietre, ma non per i sindacalisti complici

di Sergio Scorza

Dal “mandiamoli via tutti” all’infornata di vecchi sindacalisti, l’inversione di rotta operata da #Ita Airways nel giro di due mesi ha dello spettacolare. Tanto da assomigliare ad una manovra di emergenza.

Secondo quanto risulta al Fatto, dopo aver rivisto in meglio le sue condizioni contrattuali e aver aderito al Contratto collettivo di categoria, la compagnia nata dalle ceneri della vecchia Alitalia si appresterebbe ad assumere una lunga lista di piloti e comandanti appartenenti soprattutto a #Cisl e #Uil ma anche a #Cgil, #Ugl ed #Anpac.

Molti dei nomi sono quelli dei protagonisti degli infiniti accordi e accordicchi che hanno lastricato il percorso dell’ex compagnia verso il baratro, via crucis costata ai contribuenti 13 miliardi di euro.

Circostanza curiosa: di fronte alla richiesta di verifica, Uil e Cisl hanno smentito le prossime assunzioni. L’azienda le ha viceversa confermate. Secondo quanto risulta al Fatto molti di questi ex piloti #Alitalia stanno già partecipando ai corsi di aggiornamento svolti da Ita.


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Gabriele Guzzi and L'Indispensabile: Non salvate il "natale"

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Non salvate il "natale"

di Gabriele Guzzi and L'Indispensabile

È ormai il secondo anno che sentiamo l’espressione: “bisogna salvare il natale”. La curva dei contagi cresce, quella delle ospedalizzazioni anche. Bisogna mettere in atto una strategia per evitare il peggio, migliorare la condizione sanitaria. Questo significa “salvare il natale”. Sembra, tutto sommato, un’espressione innocente, anche giustificata, e infatti è la seconda volta che giornalisti, politici, preti, cantanti, la utilizzano senza suscitare alcuna reazione. Se i contagi aumentano, bisogna correre a porre in salvo la dolce festività.

Se ci riflettiamo bene, tuttavia, quest’espressione contiene in sé qualcosa di bizzarro. Come potremmo noi salvare il Natale? Sarà, semmai, per chi crede, il Natale a salvare noi. Come potremmo, con un piano pandemico che tra l’altro ogni anno produce risultati controversi, porlo in salvo? È semplicemente impossibile. Allora, questa frase così innocente celerà un altro significato, forse molto più sottile e pericoloso.

Dovremmo indagare meglio il senso che in questa espressione viene dato alle parole “natale” e “salvare”.


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Redazione de l'AntiDiplomatico: Le email che inchiodano Fauci: "diffamare" gli scienziati anti-lockdown

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Le email che inchiodano Fauci: "diffamare" gli scienziati anti-lockdown

La Redazione de l'AntiDiplomatico

Vietato discutere la giustezza o l’effettiva utilità dei lockdown imposti nel 2020 allo scoppio della pandemia. Questa sembra essere la parola d’ordine negli Stati Uniti, ma la situazione non è diversa in tanti altri paesi.

Gli studiosi che hanno provato a riflettere sull’argomento sono stati fortemente attaccati, anche utilizzando argomentazioni fallaci o poco aderenti al metodo scientifico.

Dal 2 al 4 ottobre 2020, l'American Institute for Economic Research ha ospitato una piccola conferenza per scienziati per discutere i lockdown dettati dal Covid-19. Appena quattro giorni dopo, il dottor Francis Collins, direttore in pensione del National Institutes of Health (NIH), ha definito i tre scienziati presenti come "epidemiologi marginali”.

Martin Kulldorff di Harvard, Sunetra Gupta di Oxford e Jay Bhattacharya di Stanford, tutti rinomati scienziati, vennero definiti "epidemiologi marginali" solo perché avevano avuto l’ardire di riflettere sull’utilità dei lockdown. Insomma, venivano attaccati perché stavano facendo quello che dovrebbe fare ogni scienziato. Studiare e riflettere, ma da quando c’è il Covid pare non sia più così in ambito mainstream.


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Vittorio Agnoletto: "Media e scienza sono al servizio di Big Pharma e politica"

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"Media e scienza sono al servizio di Big Pharma e politica"

Lorenzo Zacchetti intervista Vittorio Agnoletto

Dura presa di posizione del medico: "Al di là dei conflitti di interesse, c'è dietro l'idea che i cittadini siano bambini incapaci di decidere"

La scienza si è messa al servizio della politica e i media mainstream assomigliano a megafoni delle case farmaceutiche. Una presa di posizione molto dura, che non arriva da un alfiere del fronte No Vax, ma da un medico molto stimato come Vittorio Agnoletto, docente di Globalizzazione e Politiche della Salute all’Università degli Studi di Milano. Già presidente nazionale di LILA (Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS), nonché portavoce del Genoa Social Forum al G8 del 2001, Agnoletto è anche conduttore di “37, 2°”, che va in onda su Radio Popolare.

Proprio nel corso di una diretta sull’emittente milanese, Agnoletto ha parlato del complesso rapporto tra politica, scienza e informazione nell’era del Covid-19: “Il primo errore è stato confondere le aree di intervento dell’informazione, della scienza e della politica. La scienza è importante, ma deve rimanere nel suo ruolo.


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Gilles Dauvé: Ecologia… borghese

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Ecologia… borghese

di Gilles Dauvé

III episodio della serie: Pommes de terre contre gratte-ciel, apparso su ddt21.noblogs.org ; dicembre 2020

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            00oi5r1Per quanto una piccola minoranza di dirigenti politici di questo mondo ostenti il proprio scetticismo riguardo ai cambiamenti climatici, la maggior parte di essi pretende di essere ecologista: all’ONU, in Vaticano, a Davos, all’università e nei media, dalla destra – incluse certe tendenze dell’estrema destra – all’estrema sinistra… tutti ecologisti. L’ecologia è parte integrante dell’ideologia dominante del XXI secolo.

 

1. Grida d’allarme e consenso

Nel 1961, l’Europa occidentale, alla quale si unirono successivamente anche il Giappone e gli Stati Uniti, si era data un organismo incaricato di promuovere il mercato, la produttività e il liberismo: l’OCSE.

Nel 1972, il «Rapporto Meadows», richiesto dal Club di Roma, che rappresentava un largo ventaglio delle élite economiche, politiche e scientifiche occidentali, metteva in evidenza le conseguenze che lo scarto crescente (e inevitabile) tra l’incremento demografico e la diminuzione delle risorse disponibili, avrebbe provocato. I limiti dello sviluppo1 fu un bestseller mondiale.

Nel 1988, la creazione di un organo di riflessione sui problemi ecologici, il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC), segnala un rovesciamento di prospettiva. La preoccupazione prioritaria non è più la mancanza di risorse (di risorse fossili, in particolare), ma il fatto che le si sfrutti troppo e che si mettano in pericolo gli equilibri indispensabili tanto alla natura quanto alla perpetuazione del mondo capitalistico.


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Roberto Buffagni: Sulle strategie di approccio alla pandemia da Coronavirus: tiriamo le fila

italiaeilmondo

Sulle strategie di approccio alla pandemia da Coronavirus: tiriamo le fila

di Roberto Buffagni

agcm convienesaperlo 696x430 696x280Cari amici vicini & lontani,

proviamo a tirare le fila di questo enorme pasticcio.

Premessa: lo scritto che segue è interamente congetturale. Non ho informazioni privilegiate, non ho competenze epidemiologiche o scientifiche, non ho il numero di telefono del Fato. Come tutti ho osservato gli eventi, e sulla base delle mie esperienze e riflessioni mi sono fatto un’idea di come e perché le cose sono andate così. Ho cercato di mettermi nei panni di chi ha preso le decisioni rilevanti e di chi vi reagiva, di comprenderne le motivazioni, e di individuare le principali dinamiche psicologiche e sociali che ci hanno condotti qua, a questo tragicomico casino. Quindi, tutto ciò che segue è congettura, e l’esposizione di fatti e loro cause che propongo è soltanto verisimile: verisimile secondo me, ovviamente. Vedete voi se siete d’accordo, in tutto o in parte. Benvenuta ogni critica espressa in forma cortese.

Nel marzo 2020, all’esordio dell’epidemia, ho scritto un breve articolo, I due stili strategici di gestione dell’epidemia a confronto1, che con mio grande stupore ha avuto circa un milione (sì, avete letto bene) di letture e una miriade di citazioni sulla stampa, e persino in articoli scientifici.

In estrema sintesi, affermavo che le due polarità di approccio strategico all’epidemia erano:

Stile 1. Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati e si sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione, nessun sistema sanitario essendo in grado di prestare cure ospedaliere all’alto numero di malati che ne abbisognano.


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Giacomo Turci e Mattia Giampaolo: Egemonia: un asse della politica rivoluzionaria

lavocedellelotte

Egemonia: un asse della politica rivoluzionaria

di Giacomo Turci e Mattia Giampaolo

Il concetto di egemonia è tutt’oggi ben presente nel discorso pubblico, in vari contesti, nelle letture dei conflitti fra Stati o classi sociali, nelle analisi che riguardano i rapporti di potere. Esso ha avuto un certo “rinascimento” anche grazie al rinnovato riferimento ad Antonio Gramsci nelle analisi delle dinamiche politiche di questo primo scorcio di secolo. I marxisti di oggi hanno tutto il diritto e l’interesse a fare proprio ed utilizzare questo concetto come uno degli assi di una politica rivoluzionaria nel XXI secolo, riprendendo il filo della lotta per una egemonia proletaria, condotta da Gramsci e altri importanti marxisti. Il seguente articolo, a partire da questa ottica, offre una breve introduzione al tema e alla sua elaborazione nell’ambito del marxismo, in particolare del pensiero di Gramsci.

gramsci87454Il “rinascimento” dell’egemonia. Sì, ma quale?

Gli effetti della crisi del consenso neoliberale su scala globale, intaccato dalla colossale crisi del 2008, dall’indebolimento del ruolo degli USA come “poliziotto del mondo” e dall’evidente fallimento generale della promessa di un’epoca di pace e benessere, hanno incluso anche una riemersione e un recupero di concetti e pensatori “antagonisti” del passato che si davano perlopiù per sorpassati, o che erano stati neutralizzati politicamente con successo, facendone delle icone inoffensive per l’equilibrio della società borghese nel nostro secolo.

Tra questi c’è stato sicuramente Antonio Gramsci, il cui “ritorno”, non solo in Italia, nelle analisi intorno alle dinamiche politiche che si sono succedute in questo primo ventennio del ventunesimo secolo è stato significativo. Analisi che hanno visto una quantità notevole di processi di lotta di classe, ribellione, nuova soggettivazione della classe operaia e dei ceti popolari, addirittura processi rivoluzionari in un quadro ben diverso da quello della “fine della storia” descritta da Francis Fukuyama nel 1992, quando il crollo dell’URSS incoraggiava i difensori del capitalismo a teorizzare la fine definitiva di una qualsiasi alternativa ad esso.

Nonostante il ‘ritorno di Gramsci’ in epoca recente abbia gettato le sue basi proprio dalla crisi della finanza globale e alla crisi di consenso post-2008, tuttavia, già a partire dagli anni Settanta, Gramsci veniva ripreso per spiegare, e a volte giustificare, le svolte riformiste dei vari PC o, in ambito accademico per applicarlo, in molti casi meccanicamente, in diversi ambiti del sapere.

In epoca più recente, soprattutto lo studioso Peter Thomas (2009), nel suo tentativo di riportare il pensiero di Gramsci all’interno del dibattito accademico, parlava di ‘Gramscian Moment’.


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Pierluigi Fagan: Verso un grande disincanto?

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Verso un grande disincanto?

di Pierluigi Fagan

Il grande sociologo Max Weber condensò nel concetto di “disincanto” il cambio di atteggiamento tra uomini e mondo che segnò il passaggio dal medioevo al moderno. Col termine s’intendeva il “superamento di un’illusione”, nella fattispecie il superamento di un complesso di credenze magiche e subordinanti in favore di un più attivo ruolo dell'intenzionalità umana potenziato da razionalità e conoscenza.

Trasformando l’espressione di Lenin “un passo avanti e due indietro”, potremo provare a pensare queste rotture di bolle incantanti ed incatenanti, come “un passo avanti, uno indietro ed uno di lato”. Il passo avanti è la rottura dell’incantamento precedente. Il passo indietro è il venirsi a formare un nuovo incantamento come se questa posizione “magica” dell’essere umani prescindesse dal contenuto specifico, si può diventar soggetti ad incantamento anche di ciò che ha disincantato dal precedente incantamento. Ad esempio, dalla sostituzione della fede nella mano di Dio alla fede nella mano invisibile che riassume il passaggio tra medioevo e moderno, si finisce col ripristinare un incantamento per quanto si credesse di essersi disincantati.


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Lorenzo Palaia: Non siamo legni storti

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Non siamo legni storti

di Lorenzo Palaia

Le culture politiche, dice un mio amico, si compongono di elementi i quali si aggregano e disaggregano secondo le condizioni storiche. La svolta autoritaria di molti Stati dell’Europa centro-occidentale sta dimostrando proprio questo, soprattutto per quanto concerne la composita area politica della sinistra. In essa si vedono separarsi, più che in altri campi, almeno due sensibilità che fanno capo a due filoni di pensiero politico paralleli: quello sullo Stato, seguendo il processo moderno che ha portato all’assolutismo di ancien régime (finalizzato a spegnere il vecchio policentrismo dei ceti e delle giurisdizioni territoriali e cittadine) e che ha prodotto la riflessione sulla sovranità, sull’interesse e sulla ratio Status, sulla dottrina dell’equilibrio ecc. (in poche parole l’odierna scienza politica e delle relazioni internazionali); quello sull’emancipazione del popolo e della sua entrata al potere, di cui certamente il movimento dei lavoratori (con tutte le sue componenti: anarchiche, social-comuniste, cattoliche, populiste ecc.) è stato la massima espressione, ma che era già venuto alla luce con la rivoluzione francese e poi con i movimenti nazionali. Una branca questa che non ha avuto l’onore della sistematizzazione accademica.


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Franco Piperno: In morte di Renzo Alzetta, filosofo della natura

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In morte di Renzo Alzetta, filosofo della natura

di Franco Piperno

Un mese fa, era metà di novembre, giorno più giorno meno, un po’ prima dell’alba, la campana ha suonato per il più caro tra i nostri fratelli fisici: un suono breve e discreto, e Renzo moriva, sereno nel sonno. Per la verità, il Nostro era un fisico nel significato inattuale, premoderno del termine – cioè un filosofo della natura. In una epoca nella quale le università, come i centri di ricerca, sono affollati da specialisti di scienze peregrine; dove la divisione del lavoro ha rotto definitivamente l’unità e l’autonomia della conoscenza, finendo con l’assumere, fuori tempo massimo, la forma della fabbrica fordista. Infatti, la tecno-scienza assegna alla scienza un ruolo servile, un mero mezzo per moltiplicare a dismisura i dispositivi tecnici secondo le scelte del complesso militare-industriale, che abbisogna non di lavoro cognitivo ma di Fach-Idiot, idioti specializzati che sanno tutto su niente. In una epoca così fatta, da rasentare l’incubo, inciampare in un vero fisico, in Renzo Alzetta, è un evento certo possibile ma improbabile. Io l’ho conosciuto nella seconda metà degli anni Sessanta, del secolo appena trascorso, alla Scuola Internazionale di Fisica di Trieste, diretta allora dal fisico pachistano Salem, Nobel per la fisica.


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Andrea Del Monaco e Gregorio De Falco: L'autonomia differenziata e la Prussia in Italia temuta da Piersanti Mattarella

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L'autonomia differenziata e la Prussia in Italia temuta da Piersanti Mattarella

di Andrea Del Monaco e Gregorio De Falco

Draghi riprende il progetto avviato da Gentiloni (tramite tre accordi, con Fontana, Bonaccini e Zaia) che aggraverebbe enormemente il divario Nord/Sud

Il Governo Draghi riprende il progetto di autonomia differenziata che era stato avviato dal Governo Gentiloni tramite tre accordi, uno con il presidente lombardo Fontana, uno con il presidente emiliano Bonaccini e un altro con il presidente veneto Zaia: l’obiettivo di tali accordi è trattenere i tributi dei veneti in Veneto, dei lombardi in Lombardia, degli emiliani in Emilia Romagna.

Il governo ha collegato alla Nadef un DDL per l’attuazione della autonomia differenziata e ha inserito nella Legge di Bilancio 2022 ben 4 articoli (43, 44, 45, 179) che fanno riferimento ai Livelli Essenziali di Prestazione (LEP). Tali articoli fanno credere che lo Stato abbia identificato gli obiettivi dei vari servizi ed abbia già determinato i costi medi dei LEP, creando così l’illusione che si possano ripartire le risorse secondo il principio di solidarietà previsto dall’articolo 2 della Costituzione.


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Pasquale Cicalese: Hausmanizzazione monetaria e lotte di barricate

pianocontromercato

Hausmanizzazione monetaria e lotte di barricate

di Pasquale Cicalese

La pratica imperiale dell’haussmanizzazione nella Parigi post Comune del 1871 consisteva nello sventramento dei quartieri proletari finalizzato ad impedire un qualsiasi ritorno di lotte di barricate. Partendo dal concetto urbanistico e storico-sociale si può trovare un’analogia dal lato monetario. Le due date sono il 1971 e il 1972. Con la prima Nixon suggella lo sganciamento del dollaro dall’oro e l’inaugurazione della “fiat money”, la moneta fiduciaria, con la Federal Reserve impegnata nella dollarizzazione del mondo e nella ultraquarantennale pratica di asset inflation, vale a dire gonfiamento del valori dei titoli di carta, che siano azioni, bond o bolle edilizie. Nessuno ferma questa pratica, né la crisi borsistica del 1987, né il crollo della new economy del 2000, né il grande crack del 2007. Imperterrita, la Riserva Federale continua a dollarizzare il pianeta e a gonfiare corsi azionari, posticipando il momento del redde rationem ma provocando una forte inflazione degli asset, temperata dalla deflazione salariale a cui segue la pratica del ricorso a debito.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Dec 30, 2021, 3:51:12 AM12/30/21
to sante gorini

Raffaele Sciortino: Oltre Biden. Quale secondo tempo del neopopulismo?

infoaut2

Oltre Biden. Quale secondo tempo del neopopulismo?

di Raffaele Sciortino

Pubblichiamo di Raffaele Sciortino un paragrafo sull’attuale situazione interna statunitense tratto da un lavoro di prossima pubblicazione sullo scontro Usa/Cina. È il seguito dell’articolo “Dopo Trump?” sulle elezioni presidenziali di un anno fa

e90e1d0886736a85568dac1b372ad7e2 XLBiden eredita un paese oltremodo polarizzato e sfiduciato, nonché ancora sotto la minaccia di una pandemia tutt’altro che superata sia per l’insufficienza del solo rimedio vaccinale a ovviare a una condizione a dir poco precaria della salute della popolazione proletaria1 sia per la persistente opposizione ad esso di parte della base elettorale trumpista. Al contempo, uscita non certo fortissima dal voto per il Congresso, l’amministrazione democratica deve fronteggiare una dura offensiva politica di altri centri di potere, come la Corte Suprema e singoli Stati a maggioranza repubblicana, su temi sensibilissimi quali il diritto all’aborto o le politiche sull’immigrazione.

Ma è sul fronte delle misure economiche, all’uscita dal primo anno di pandemia, che Biden deve intervenire urgentemente e in modo massiccio. Per non rimanere indietro rispetto agli interventi di Trump - quasi quattro trilioni di dollari nel solo 2020 tra helicopter money (denaro a pioggia) per tutti i contribuenti, finanziamenti a fondo perduto, crediti di imposta, detrazioni fiscali e garanzie sui prestiti alle imprese anche medio-piccole, varie indennità di disoccupazione insieme a una moratoria dei pignoramenti e degli sfratti per i ceti medio-bassi, senza contare il quasi raddoppio del bilancio della Federal Reserve al fine di mantenere liquidi i circuiti finanziari. Ma anche per cogliere il momento e tentare di rinsaldare con un piano di riforme il tessuto connettivo di una società che rischia di frantumarsi e balcanizzarsi. Di un possibile, nuovo New Deal si parla negli Stati Uniti per lo meno dalla presidenza Obama, a ridosso della crisi del 2008. Non ne è uscito niente di sostanziale, e qui sta certamente una delle ragioni di fondo dell’ascesa del trumpismo. È la volta buona con Biden? Non è così sicuro.


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Michele Castaldo: Una fase complessa

lacausadellecose

Una fase complessa

di Michele Castaldo

affresco riproduzione grande melozzo da forli angelo
            musicante Scrivo queste note col cuore e con la mente, come volessi indirizzarle a un compagno che la pensa diversamente sulla crisi, sulla fase e sulla pandemia.

Capisco l’amarezza di tanti compagni e non solo, più che giustificata, per mille e più ragioni; se però questa si tramuta in astio nei confronti di chi è costretto ad agire diversamente, come chi deve sbarcare il lunario esibendo il green pass della vaccinazione, non ci aiuta a ragionare in modo equilibrato, mentre abbiamo bisogno di molta pazienza, freddezza e lucidità.

Qui di seguito cerco di chiarire il senso della complessità che do alle questioni della fase, e di un punto di vista di natura teorica e politica rispetto ad essa. Si può essere d’accordo o meno, ma ciò non dovrebbe costituire un muro tale da non riuscire nemmeno ad ascoltarsi.

Oggi di fronte a un caos mondiale non possiamo avere la presunzione di pensare che tutti aspettino il nostro intervento e la nostra linea politica per dargli una soluzione rivoluzionaria. In queste note sarò ancora una volta chiaro e limpido, senza allungare troppo il brodo come sono costretti a farei i mestieranti del centrismo politico o i filosofi furbacchioni.

 

  1. Pandemia. Abbiamo o possiamo avere dei pareri discordi. Per me esiste, non sono in grado di quantificarne la profondità. Ma ritengo che questa sia arrivata come effetto del modo di produzione capitalistico. Ed essa rappresenta una mazzata tra capo e collo per l’insieme del sistema e lo sta obbligando a correre ai ripari nel tentativo di evitare la catastrofe generale. L’esempio più chiaro non ci viene dall’Italia, dall’Europa o da tutto l’Occidente, ma dalla Cina che fu costretta a un lockdown totale per una popolazione di 60 milioni di abitanti, cioè la stessa quantità del popolo italiano, in una zona molto simile al nostro nord-est.


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Paolo Cacciari: Essere in comune

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Essere in comune

di Paolo Cacciari

10428471 734433286637607 6151556929901130737 nLa crisi ecologica è nella sua essenza una questione etica di giustizia, in cui quelli che sono in alto tentano di mettere i ceti popolari contro la transizione ecologica (lo fa, ad esempio, il ministro Cingolani quando dice “sarà un bagno di sangue” e quando parla di “ambientalisti radicali chic, oltranzisti ed ideologici”). Che fare? Non basta rafforzare il sistema dei trattati multilaterali introducendo clausole vincolanti, spiega Paolo Cacciari, occorre “sottrarre agli stati la sovranità sull’utilizzo delle risorse naturali e cederla alle comunità locali insediate, agli abitanti dei luoghi, ai popoli indigeni…”. Significa, ad esempio, ri-territorializzare le attività economiche a cominciare dalla produzione del cibo. Ma questo può realizzarsi solo sulla base dell’esistenza di una comunità umana capace, per dirla con Jean-Luc Nancy, di “essere-in-comune”, una comunità in cui prevale la condivisione sul possesso e la convivenza sul dominio.

* * * *

La crisi ecologica, o, per dire meglio, il progressivo deterioramento degli spazi abitabili del pianeta e quindi la riduzione delle condizioni di sopravvivenza per porzioni sempre più grandi di popolazioni animali, genere umano compreso, rendono evidenti in modo clamoroso almeno due questioni politiche fondamentali: le differenti responsabilità storiche e morali delle società umane operanti nei diversi paesi; la sopravvenuta irrilevanza del principio organizzativo-giuridico del modello dello stato nazionale.

Pensiamo al diossido di carbonio. Il tempo di permanenza e di decadimento di una molecola di CO2 emessa in atmosfera varia da un minimo di trent’anni (metà delle quantità emesse) a cento anni (un terzo) e, per alcune frazioni, fino a oltre mille anni (vedi il documentato sito www.climalteranti diretto da Stefano Caserini).


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Nil Malyguine: NATO e Russia sull’orlo della guerra?

sinistrach

NATO e Russia sull’orlo della guerra?

di Nil Malyguine

Nelle ultime settimane da parte dei vertici di NATO, Stati Uniti, Unione Europea, persino del G7, si susseguono su base giornaliera gli avvertimenti e le minacce di “gravi conseguenze” alla Russia qualora dovesse invadere l’Ucraina. Fondando le proprie affermazioni su “rapporti dell’intelligence americana”, ovviamente tenuti segreti, si sostiene che la Russia stia preparando un’operazione militare su vasta scala, tanto da giustificare minacce di sanzioni “mai viste” e invocare un rafforzamento della NATO nella regione. La tensione è alle stelle e forse per la prima volta da molti anni uno scontro diretto tra Russia e NATO non appare inverosimile. Le responsabilità non sono però da ricercare dove vengono indicate dai media occidentali: la regia del possibile scontro si trova infatti a Washington e non a Mosca.

 

Putin vuole invadere l’Ucraina?

O almeno questo è quanto i mass media stanno ripetendo da settimane. Per sostenere tali affermazioni, si indicano le truppe che Mosca starebbe continuando ad ammassare al confine con l’Ucraina.


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Matteo Masi: Mario Draghi: la menzogna come metodo di governo

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Mario Draghi: la menzogna come metodo di governo

di Matteo Masi

Come si suol dire: 3 indizi fanno una prova. E questi 3 indizi, sul fatto che il metodo di governo di Mario Draghi sia la menzogna, li abbiamo tutti.

Ma andiamo con ordine.

Il primo indizio lo abbiamo avuto in relazione alla valutazione sull’impatto dell’introduzione del green pass sul lavoro. Secondo Draghi infatti la misura avrebbe comportato una impennata delle prime dosi, ma come fa notare Pagella Politica in un suo articolo: «I numeri sulle somministrazioni di prime dosi sono via via calate da metà settembre a inizio ottobre, per poi registrare un leggero aumento a ridosso del 15 ottobre. ». E come possiamo vedere dal grafico elaborato sempre da Pagella Politica (sotto) non si capisce dove sarebbe questa impennata, anzi si vede come addirittura la media di somministrazione di prime dosi sia andata costantemente calando dall’introduzione del green pass in poi. Nello stesso articolo si evidenzia anche come Draghi abbia inventato una correlazione tra l’introduzione del green pass sul lavoro e morti e ospedalizzazioni:


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Tomaso Montanari: Il Natale e la speranza: attendersi l’inatteso

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Il Natale e la speranza: attendersi l’inatteso

di Tomaso Montanari

Confesso che, negli ultimi tempi, non di rado mi sorprendo a pensare che la principale ragione per cui deve esserci una vita oltre la vita è che tutta questa mostruosa ingiustizia non può averla vinta. Non se ne riesce a sostenere nemmeno la vista, e ogni sforzo per combatterla pare destinato al fallimento. Così, lo ha scritto Max Horkheimer, la teologia è «la speranza che, nonostante tutta questa ingiustizia che caratterizza il mondo, non possa avvenire che l’ingiustizia possa essere l’ultima parola». Una visione altissima, vertiginosa: ma che fa correre almeno due rischi. Il primo è di collocarsi senza tentennamenti tra i giusti: assolti, e anzi giudicanti. Il secondo è di perdere ogni fiducia, e dunque ogni impegno, nella lotta quotidiana per la giustizia sulla terra.

È proprio il Natale, invece, a restituirci quella fiducia, grazie alla rinnovata forza con cui ci fa aderire a questo mondo: per quanto orribile, sfigurato, osceno. E tuttavia degno di fiducia, e di speranza.


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Michele Michelino: La scienza e la medicina del capitale

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La scienza e la medicina del capitale*

di Michele Michelino

Nella guerra di classe fra borghesia e proletariato un ruolo importante è quello combattuto in campo culturale, medico, scientifico

Le guerre di classe contro il proletariato e le nazioni oppresse per sfruttare più intensamente lavoratori e popoli non si combattono solo con le bombe, i missili, gli eserciti e con lo Stato di polizia che garantisce ai potenti il proprio dominio. I borghesi stanno usando la pandemia Covid 19 per uscire dalla crisi ancora più forti e potenti e ci dicono che tutto finirà bene se seguiamo le loro decisioni.

Governi, multinazionali e Confindustria sostengono che il vaccino ci libera dal pericolo mortale, che i nemici sono gli untori, quelli che non si vaccinano. Davanti alla pandemia e alla paura di infettarsi e morire molti (anche fra i “compagni”) che sostengono a parole la lotta di classe contro il sistema capitalista, invece di lavorare per unire la classe su posizioni anticapitaliste/antimperialiste nello scontro di classe fra borghesi e proletari che hanno interessi inconciliabili, sono passati a sostenere armi e bagagli la posizione dei padroni e ad alimentare la divisione nella classe sfruttata.


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Franco Rossi e Andrea Vitale: Il documentario grida vendetta

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Il documentario grida vendetta

di Franco Rossi e Andrea Vitale

È meglio dirlo subito, il lungo documentario su Sergio Marchionne, andato in onda in prima serata venerdì 17 dicembre su RAI3, grida vendetta. Sia chiaro, qui non si vuole entrare nel merito del giudizio, che nella trasmissione emerge, sull’uomo Marchionne, e non perché il nostro non sia ben diverso, anzi! Per noi è stato un nemico dichiarato degli operai, che, per la tenacia con cui, servendo gli interessi degli azionisti, ha perseguito l’obiettivo di raggiungere la massima sottomissione possibile degli operai, non merita neanche da morto l’onore delle armi. La verità è che a noi un giudizio sulle persone non interessa. Se scegliessimo questo piano di confronto, pur avendo motivi solidissimi per farlo, cadremmo nella trappola di scegliere fra il padrone buono e quello cattivo, come quando negli anni ’60 si contrapponeva alla figura di Vittorio Valletta, quello dei reparti confino e dei licenziamenti politici per gli operai combattivi, la figura dell’imprenditore “illuminato” Adriano Olivetti, senza comprendere che la comune preoccupazione di entrambi era di ottenere il massimo profitto e che le diverse modalità di approccio con gli operai fra i due erano determinate dalle diverse condizioni in cui questo obiettivo era per loro conseguibile. Ci pensò lo sviluppo impetuoso delle lotte operaie alla fine degli anni ’60 a spazzare via questo tipo di illusione.


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Carlo Formenti: Sulla composizione di classe

cumpanis

Sulla composizione di classe

Composizione socioeconomica e composizione sociopolitica. Questioni di metodo

di Carlo Formenti

Con questo intervento di Carlo Formenti si apre il dibattito sul tema della composizione di classe lanciato dall'articolo di Alessandro Testa, della redazione di "Cumpanis", nel numero scorso del nostro giornale

IMMAGINE PRIMO PEZZO SEZIONE SCUOLA QUADRI FORMENTIProvo a rilanciare gli stimoli che ci ha offerto Alessandro Testa con il suo articolo sul tema della composizione di classe. In questo intervento mi concentrerò su alcune questioni di metodo che considero decisive per dire qualcosa di sensato in merito. Testa parte da un dato di fatto: le mutazioni del modo di produzione capitalistico dai tempi di Marx a oggi sono tali e tante che il modello “classico”, fondato sull’opposizione bipolare capitale-lavoro, non è più una chiave interpretativa sufficiente: il secondo fattore del binomio è talmente cambiato (il che vale anche per il primo, ma indentificare le classi dominanti è relativamente più facile) che solo un’accurata indagine scientifica può aiutarci a darne un’adeguata rappresentazione “oggettiva” (il significato delle virgolette si capirà più avanti). Dopodiché aggiunge che, a rendere ulteriormente difficile l’impresa, contribuisce il fatto che la comunità scientifica che potrebbe realizzarla – fondi, ricercatori, istituti universitari, ecc. – è totalmente controllato da élite economiche, politiche e accademiche che non hanno alcun interesse a promuoverla (anzi hanno interesse a impedire che ciò avvenga, o a indirizzare la ricerca verso falsi obiettivi). Posto che l’osservazione è corretta, mi viene da osservare che, per quanto utile, il contributo di analisi empirica che ci potrebbe arrivare dalla ricerca accademica, qualora potessimo disporne, potrebbe integrare ma non rimpiazzare l’analisi teorica di un partito rivoluzionario.

Sono convinto che uno degli errori più gravi del marxismo dogmatico e accademico sia stato attribuire alle scienze sociali borghesi pari dignità rispetto alle scienze naturali, e ciò in particolare in campo economico, al punto che molti intellettuali marxisti – o sedicenti tali – hanno finito per convertirsi in altrettanti esperti di economia politica, dimenticando che l’intento di Marx non era fondare una nuova economia politica, bensì gettare le fondamenta di una critica dell’economia politica, scoprire, cioè, non le leggi dell’economia capitalistica, bensì le “leggi” della lotta di classe.


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Avis de tempêtes: Il dado è tratto

finimondo

Il dado è tratto

di Avis de tempêtes

riscaldamento globale terra AdobeStock 170021331 kIxH
            835x437IlSole24Ore WebIl mondo accelera. Ciò che resiste si fa calpestare dal gran balzo in avanti. Se diventa ogni giorno più evidente che il cambiamento climatico è diventato irreversibile, la pressione nelle caldaie dello scafo infernale di questa civiltà-Titanic aumenta, alimentata dall'illusione che un crescendo tecnico possa ripristinare gli equilibri turbati. Da parte dei ribelli, si tarda ancora troppo ad affrontare questa realtà ed a trarne le debite conseguenze, magari provvisorie, per il nostro agire e le nostre prospettive di lotta. Tuttavia i giochi sono fatti ed è a partire da qui che dovremmo riflettere.

 

Troppo tardi

Se mai è esistita una qualche possibilità di far deviare il treno dall'espansione industriale attraverso una decisione politica del gestore della rete per invertire, o perlomeno rallentare il processo del cambiamento (una convinzione illusoria, dato che la sopravvivenza della mega-macchina non può essere disgiunta dalla crescita produttiva), essa si trova ormai alle nostre spalle. Nessuna misura, per quanto totalitaria o faraonica, potrà disinnescare questo processo già molto avanzato. Il cambiamento climatico è un fatto; la sola cosa che resta aperta alla speculazione (e qualsiasi approccio scientifico che pretenda di elaborare un modello preciso e globale del fenomeno non può che rimanere cieco — una deformazione professionale, probabilmente — davanti all’assoluta impossibilità di prevedere un fenomeno di tale ampiezza, di tale grandezza, da fattori tanto vari quanto ignoti), è il suo ritmo, le sue conseguenze immediate e, a medio termine, ciò che accadrà dopo il tracollo degli eco-sistemi locali.


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Andrea Muni: Fallimento, depressione e dittatura neoliberale. Disperata ‘Lettera aperta’ alla nostra generazione

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Fallimento, depressione e dittatura neoliberale. Disperata ‘Lettera aperta’ alla nostra generazione

di Andrea Muni

silvia letteraNon è necessario fare ricorso alla forza per costringere il condannato alla buona condotta, il pazzo alla calma, l’operaio al lavoro, lo scolaro all’applicazione, l’ammalato all’osservanza delle prescrizioni […]. Colui che è sottoposto a un campo di visibilità, e che lo sa, prende a proprio conto le costrizioni del potere; le fa giocare spontaneamente su se stesso; inscrive in se stesso il rapporto di potere in cui gioca simultaneamente entrambi i ruoli [di vittima e carnefice], diviene il principio stesso del proprio assoggettamento. Il potere esterno tende all’incorporeo, e più si avvicina a questo limite, più i suoi effetti sono costanti, profondi, acquisiti una volta per tutte: una perpetua vittoria che evita lo scontro fisico e gioca sempre d’anticipo. (M. Foucault, Sorvegliare e punire – Il panoptismo)

Meglio Kleist, Sacher-Masoch e Sofocle per questi tempi bui, lasciate stare Netflix e Zerocalcare

Amici, amiche, esiste un antidoto alla nostra proverbiale depressione generazionale: si chiama lotta, si chiama (al limite) vanità della causa persa: alzare la testa davanti ai soprusi come l’Antigone di Sofocle, il Michael Kohlhaas di Kleist, la Madre di dio di Sacher-Masoch; alzarla come le miriadi di donne e uomini infami e reali che hanno lottato e lottano per la giustizia sociale nelle sollevazioni popolari di tutto il mondo.

Per non morire dentro bisogna combattere nel reale i soprusi e le umiliazioni che patiamo e che spesso siamo costretti a perpetrare. Non possiamo più accontentarci di rimuoverli. In modo diverso e più perverso delle generazioni che ci hanno preceduto, la nostra pare infatti aver scambiato le vessazioni cui è sottoposta per i propri più alti ideali, averne fatto una vera e propria Sindrome di Stoccolma, averle letteralmente introiettate come super-io. E questo nonostante Nietzsche nella Genealogia e Freud nel Disagio, per tacere di Marx, stiano lì da un secolo e più a spiegarci che la Morale di una società, in ultima analisi, non è altro che l’introiezione, il “rovescio della fodera”, della violenza disciplinare istituzionalmente e collettivamente subita dai suoi membri. Ma a quale “disciplina” siamo stati così traumaticamente formati? Riusciamo ancora a vederlo?


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Elisabetta Teghil: “L’assoluta centralità della lotta al green pass e al controllo sociale”

Coordinamenta2

“L’assoluta centralità della lotta al green pass e al controllo sociale”

di Elisabetta Teghil

Avremmo dovuto riprenderci la notte e invece ci siamo ritrovate sole con le telecamere/Quattro passi, Note sul femminismo nella fase neoliberista del capitale 

Solo immaginando ciò che non esiste possiamo analizzare ciò che è, poiché per comprendere ciò che è ci si deve chiedere come ciò esista./Christine Delphy, Pensare il genere: problemi e resistenze.

Non esiste nessun ambito in cui attualmente sia possibile portare avanti una rivendicazione di qualsiasi tipo senza impostare per prima cosa nello specifico la presa di distanza esplicita nei confronti del controllo sociale.La nuova fase del capitalismo si esprime nella pretesa di impossessarsi di ogni aspetto della nostra vita, anche il più privato, e di ottenere asservimento volontario e dedizione assoluta.

Il Bene non può essere ovviamente che l’esistente ordinato ed obbediente al quale la scienza e l’ingegneria sociale conferiscono il fascino di un teorema immutabile e indiscutibile. La società civile cessa di mettere in discussione l’applicazione di questo teorema, rinuncia ad ogni interpretazione conflittuale. Il massimo del diritto civile e sociale viene a coincidere con il massimo del dovere, con la sottomissione incondizionata alle scelte e agli interessi del capitale.


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Enrico Gatto: Il Problema

sovranitapopolare

Il Problema

di Enrico Gatto

Tenerli sotto controllo non era difficile. Perfino quando in mezzo a loro serpeggiava il malcontento (il che, talvolta, pure accadeva), questo scontento non aveva sbocchi perché privi com’erano di una visione generale dei fatti, finivano per convogliarlo su rivendicazioni assolutamente secondarie. Non riuscivano mai ad avere consapevolezza dei problemi più grandi.

George Orwell, 1984 (1949)

Il neoliberismo, che è la base economica del moderno capitalismo assoluto (speculativo­finanziario), va necessariamente compreso per inquadrare le attuali dinamiche socio-politico­economiche – soprattutto occidentali ma che si ripercuotono ovunque – e poiché è la scaturigine del cosiddetto Pensiero Unico (che sostiene, precipuamente, il primato dell’economia sulla politica).

In parole povere si tratta della dottrina economica (cui corrisponde, ovviamente, un’inscindibile ideologia politica: il neoliberalismo) all’origine di tutti i nostri problemi.


comidad: La fiaba vittimista del sedicente liberismo

comidad

La fiaba vittimista del sedicente liberismo

di comidad

Tra i rituali della Commissione Europea c’è la sceneggiata della “persecuzione” di qualche multinazionale del digitale. Stavolta è toccato ad Amazon, a cui è stata inflitta una multa di oltre un miliardo. Molti commentatori hanno già notato che la cifra è irrilevante a fronte dei profitti di Amazon, ma c'è anche da osservare che una multa può essere impugnata ed il suo pagamento effettivo diventa del tutto aleatorio. Se la Commissione avesse voluto fare un po’ più sul serio, avrebbe emanato una direttiva per indurre gli Stati a tassare Amazon e le altre multinazionali del digitale per i sovrapprofitti realizzati grazie alla rendita di posizione acquisita con i lockdown; ed una tassa non poteva essere impugnata.

Ciò non vuol dire che l’azione della Commissione Europea sia del tutto ininfluente, dato che ha consentito ad Amazon ed ai cori dei suoi cantori di esibirsi nel consueto repertorio vittimistico, versando calde lacrime sul “libero mercato” intralciato con lacci e lacciuoli dal potere politico intossicato da velleità socialiste. La barzelletta in circolazione è che Amazon abbia costruito il suo impero sulla “soddisfazione del consumatore”, come se non si sapesse già come verrà trattato il consumatore quando Amazon avrà fatto fuori gli ultimi concorrenti e consolidato la sua posizione di monopolio.


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Affari Italiani: Altamedica: "72% dei positivi è vaccinato, mRNA inefficace"

affaritaliani

Altamedica: "72% dei positivi è vaccinato, mRNA inefficace"

di Affari Italiani

"In Italia, la principale strategia per prevenire la diffusione del virus è focalizzare l'attenzione e le restrizioni nei confronti delle persone non vaccinate"

"Sbagliato e pericoloso parlare di pandemia dei non vaccinati ed emanare nuove restrizioni solo per colpire i non vaccinati".

Tra giugno e novembre 2021 il Laboratorio Altamedica di Roma ha rilevato 866 nuovi casi di Covid-19 mediante analisi Rt-Pcr in tempo reale. Di questi, 623 (72%) erano vaccinati (496 completamente e 127 parzialmente con Biontech/Pfizer BNT162b2, Moderna e Astrazenca) e 243 (28%) non vaccinati.

Tra i casi di positivi vaccinati, il 59% (368) erano donne e il 41% (255) uomini. Il 31% (191) delle persone vaccinate era asintomatico e il 69% (432) sintomatico; il 7% (43) era ricoverato in ospedale e l'1% (7) deceduto.

Tra le persone che non erano state vaccinate, il 67% (162) era sintomatico, il 12% (3) ricoverato in ospedale e il 2% (5) deceduto. E’ quanto emerge da uno studio condotto dall’Istituto di Ricerca e Diagnostica Altamedica di Roma, sottoposto al Journal of Medical Virology.


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Salvatore Bravo: Saverio Merlino e l’integralismo ideologico

sinistra

Saverio Merlino e l’integralismo ideologico

di Salvatore Bravo

L’integralismo ideologico è una forma di esemplificazione dei dati e delle visioni prospettiche. L’esodo dagli integralismi ci restituisce una visione articolata della realtà storica e dei progetti politici. Non vi sono paradigmi valevoli per sempre e che possono semplicemente essere applicati ad ogni contesto storico. L’integralismo settario esemplifica e cade nell’irrazionale, poiché assimila ogni contesto a principi teoretici indiscutibili. La complessità esige la duttilità del logos capace di scorgere le differenze e specialmente di mediare la realtà effettuale con i principi e i fini dei progetti politici. Il settarismo, inoltre, è incapace di cogliere le innumerevoli variabili con cui deve confrontarsi per progettare nella concretezza. Si cade in forme di purismo narcisistico che rischiano di essere distruttive per il progetto politico e per gli esseri umani. Saverio Francesco Merlino è un esempio di intellettuale, di anarchico socialista che ha scorto la complessità, ma ha subito la violenza degli ideologici dell’esemplificazione. I suoi testi semisconosciuti sono granai contro il semplicismo ed il settarismo ideologico.


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Andrea Zhok: La libertà al di là della retorica della libertà

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tonino

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Jan 1, 2022, 1:48:15 PM1/1/22
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“L’essenza, per le fondamenta”

Intervista a Federico Fioranelli

IMMAGINE QUARTO EDITORIALE FIORANELLIAi suoi tempi, l’approccio di Marx all’economia e la sua critica all’economia politica fu senz’altro rivoluzionario. Potresti dirci se reputi che il pensiero economico di Marx sia valido ancor oggi?

Tutte le riflessioni di Karl Marx sono indispensabili per comprendere il funzionamento e le contraddizioni del modo di produzione capitalistico e, quindi, del mondo in cui viviamo.

Vi sono tuttavia alcuni aspetti dell’analisi marxiana che mostrano più di altri in modo chiaro e lampante i loro agganci con il presente.

Il primo è sicuramente quello che spiega l’origine del profitto, cioè lo sfruttamento del lavoratore.

Marx mostra che il modo di produzione capitalistico non è un processo del tipo M D M (dove M indica la merce e D il denaro), in cui la moneta serve solo all’intermediazione nello scambio delle merci, ma un processo del tipo D M D’, in cui si cede denaro per avere altro denaro e lo scopo è conseguire un profitto. Questo profitto si può però realizzare solo perché vi è una merce, la forza lavoro, che è fonte di valore.

Per forza lavoro, Marx intende la porzione del tempo di vita che il lavoratore, in cambio del salario, si trova costretto a vendere al capitalista per un motivo molto semplice: sopravvivere; dato che solo apparentemente il salariato esercita una libera scelta nel momento in cui cede la propria forza lavoro e che lo scambio sul mercato del lavoro, a differenza di tutti gli altri che avvengono all’interno del sistema economico, non è uno scambio tra pari, il capitalista può permettersi di pagare un salario più basso del valore che il lavoratore produce.


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Bollettino Culturale: La composizione organica del capitale dal punto di vista dei lavoratori

bollettinoculturale

La composizione organica del capitale dal punto di vista dei lavoratori

di Bollettino Culturale

botero uomo e donnaPer Marx, il capitolo ventitreesimo del primo libro del Capitale mira ad esaminare "come l’aumento del capitale influisca sulle sorti [e sulla composizione] della classe operaia”. Quindi, anche se il titolo di questo capitolo è “La legge generale dell’accumulazione capitalistica”, non sono solo le leggi dello sviluppo del capitale che sembrano interessare il pensatore tedesco, ma soprattutto la classe operaia, il suo destino e il rapporto che mantiene con lo sviluppo capitalistico. Tuttavia, nell'intraprendere la sua indagine, Marx prende come linea guida la composizione del capitale e le alterazioni che subisce durante il processo di accumulazione.

“La composizione del capitale va considerata secondo il carattere duplice e contrapposto del lavoro rappresentato nelle merci.”

In primo luogo “dal lato del valore” ed in questo caso “si determina mediante la proporzione in cui il capitale si suddivide in capitale costante (ossia il valore dei mezzi di produzione, ossia le macchine, le materie prime...) e in capitale variabile (ossia il valore della forza di lavoro, ossia il monte salari).” In altre parole, "dal lato del valore" la composizione del capitale è definita come il rapporto tra le parti costante e variabile del capitale, che è comunemente rappresentato dall'espressione 𝑐/𝑣 (dove c rappresenta il capitale costante e v rappresenta il capitale variabile). Questa proporzione viene chiamata da Marx “composizione di valore del capitale”. In secondo luogo abbiamo la composizione del capitale “dal lato della materia”. “Essa opera nel processo di produzione, ogni capitale si suddivide in mezzi di produzione e in forza di lavoro vivente, e questa composizione si determina mediante il rapporto fra la massa dei mezzi di produzione utilizzati e la quantità di lavoro necessaria per il loro utilizzo.”


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Gerardo Lisco: “Le radici della disuguaglianza”. L’emergere dell’Individualismo proprietario

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Le radici della disuguaglianza”. L’emergere dell’Individualismo proprietario

di Gerardo Lisco

71jUaOZtJjLPARTE I

Hobbes, Rousseau.

Il lavoro si ripromette di indagare il tema a partire da il libro “ Le radici della disuguaglianza del filosofo della politica Antonio Martone. Il saggio individua le “radici della disuguaglianza” nel pensiero moderno, attraverso l’analisi di alcuni autori che per ciò che hanno scritto e sostenuto sono da considerare come una sorta di ideal-tipo della “modernità”.

Gli autori presi a riferimento abbracciano un arco di tempo che va dagli inizi del 600 alla fine dell’800: T. Hobbes, J.J. Rousseau, A. de Tocqueville, M. Stirner e F. Nietzsche. Passiamo dall’Assolutismo di Hobbes all’idea Democratica di Rousseau, dall’analisi critica della nascente Liberal-Democrazia americana di Tocqueville per concludere con Stirner e Nietzsche, i quali analizzano in profondità categorie quali Democrazia, Socialismo, Liberalismo e ne mettono a nudo le contraddizioni creando i presupposti per la critica alle ideologie e aprendo la strada al post-modernismo e all’egemonia dell’individualismo e del totalitarismo liberal-capitalista contemporaneo. In modo particolare questi ultimi due autori, con le loro potenti critiche, sono riusciti a produrre l’effetto contrario rafforzando ciò che intendevano combattere.

Ragionare sulle origini della disuguaglianza attraverso l’analisi delle riflessioni degli autori presi a riferimento non può prescindere dal contesto storico nel quale ciascuno di essi è vissuto e nel quale ha operato. T. Hobbes è il primo ad essere messo sotto osservazione. Riferendosi ad Hobbes e al concetto di uguaglianza proprio della trattazione del filosofo inglese, Martone parla di un’“uguaglianza omicida” ossia l’idea che l’homo homini lupus non sia altro che l’uguaglianza nell’essere potenzialmente omicida dell’altro uomo, motivata dalla naturale spinta alla sopravvivenza. L’uguaglianza è un dato naturale per cui tutti gli uomini sono uguali.


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Leonardo Mazzei: Fallimento vaccinale

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Fallimento vaccinale

di Leonardo Mazzei

Il 15 dicembre i nostri giornaloni si crogiolavano beatamente del presunto “vantaggio” italiano sul resto d’Europa. Draghi l’epidemiologo, degno successore del Mussolini contadino, lo aveva calcolato in venti giorni o giù di lì.

Secondo costoro, i minori contagi rispetto agli altri paesi europei erano il frutto dell’italico successo vaccinale, un primato da sbandierare ogni dì. Un “vantaggio” da preservare a suon di obblighi e divieti, di sospensioni dal lavoro, di Green pass rafforzato e terze dosi a gogò. Adesso, che di giorni ne son passati solo 10, quel vantaggio è già sfumato del tutto. L’Italia è nelle stesse condizioni della Germania, della Francia e della Gran Bretagna.

Era difficile prevederlo? Assolutamente no. Bastava osservare le curve dei diversi paesi per capirlo, per comprendere in primo luogo la loro assoluta indifferenza alle percentuali di vaccinazione. Solo i pennivendoli che conosciamo potevano scambiare una banale sfasatura temporale per un vantaggio strategico dovuto al sacro siero.


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Sergio Porta: A cosa serve il panico?

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A cosa serve il panico?

di Sergio Porta

L’obbligo di tampone per poter accedere agli eventi natalizi anche per le persone vaccinate ha sorpreso molti. Ma appare sempre più evidente come siano diverse le ragioni, nessuna delle quali medica e tutte invece strettamente inerenti l’esercizio del potere, spiega Sergio Porta su Goccia e goccia, per le quali la protezione focalizzata (inclusa la protezione vaccinale), così come i trattamenti medici a domicilio e il rafforzamento del sistema sanitario nazionale – sia nella sua parte territoriale che in quella ospedaliera -, sarebbero stati ostacolati in tutti i modi dal potere. Così è stato e per questo ci siamo andati a sfasciare sullo scoglio del panico e del massimalismo tecno-scientista: “Le conseguenze di questo naufragio saranno inimmaginabili…

La sola idea che si valutasse l’obbligo di tampone per poter accedere agli eventi natalizi anche per le persone vaccinate ha sorpreso molti, inclusi alcuni scienziati al di sopra di ogni sospetto. Strenui sostenitori dell’ecumenismo vaccinale forzato esteso anche ai bambini, essi ora parlano di professionisti del panico, politici paurosi e calcolatori e media catastrofisti che vivono solo di brutte notizie. Non si può – dicono – mandare messaggi sbagliati al popolo. A cosa serve il panico?


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Eros Cococcetta: Chi sono i proprietari delle note case farmaceutiche che producono i vaccini?

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Chi sono i proprietari delle note case farmaceutiche che producono i vaccini?

di Eros Cococcetta

Da un po’ di tempo mi è venuta la curiosità di sapere chi sono i proprietari di queste ormai famosissime case farmaceutiche americane che hanno inondato tutti gli Stati del mondo con i loro vaccini di nuova generazione.

Quindi sto parlando di: – Pfizer – Moderna – Johnson & Johnson.

Inoltre, per motivi che spiegherò a breve, ho esteso la ricerca anche a:  -Alphabet, proprietaria di Google, proprietaria di Youtube -Facebook.

Ebbene tutte queste società sono di proprietà di BlackRock, Vanguard Group e State Street, quali azionisti di maggioranza, più altre società finanziarie “minori” americane (fonte: Sole 24 Ore, Corriere della Sera[1] e Yahoo Finanza).

Anche la società biofarmaceutica svedese-britannica AstraZeneca[2] è presidiata massicciamente da Vanguard e Wellington (collegata a Vanguard) e partecipata, tra le altre, da Goldman Sachs e Bank of America.


Soltanto BlackRock, che è la più grande società d’investimento del mondo, gestisce risparmi e asset finanziari per 8.676 miliardi di dollari a fine dicembre 2020[3] (circa 7.230 Mld di euro), che è più del PIL di Germania, Francia e Italia messe insieme, sempre a dicembre 2020, pari a 8.343 Mld di dollari (fonte: Trading Econimics).

In Italia ha importanti partecipazioni in Unicredit, Intesa SP, MPS, Atlantia e altre società.

Perciò BlackRock è stata anche definita la “banca mondiale ombra” o “roccia invisibile”.

La “Trinità che comanda il mondo”, come l’ha definita Franco Fracassi in un famoso video di ME+ di luglio 2019[4], dove Fracassi dice, tra l’altro, che:

– nel 2021 (che ormai sta finendo), questi tre fondi di investimento gestiranno insieme una massa di denaro – denaro vero non denaro farlocco della finanza – pari a 25.000 Miliardi di Euro, che equivale ad un terzo dell’intero reddito (PIL) del pianeta.

– Inoltre i principali azionisti di BlackRock sono Vanguard e State Street, i principali azionisti di Vanguard sono BlackRock e State Street e i principali azionisti di State Street sono BlackRock e Vanguard. “E’ come Dio, uno e trino”; questa unica società, che poi sono tre, tra due anni (cioè oggi) avrà la proprietà di un terzo dell’intero pianeta.

Tra parentesi (si fa per dire) segnalo che la “Triade” (come preferisco chiamarla laicamente) possiede anche la Apple, la Microsoft, Amazon, Tesla e Netflix, solo per parlare delle più grandi e note società del mondo.

Questo tanto per chiarire con quale gigante finanziario-economico abbiamo a che fare.

A questo punto, però, mi sorge un dubbio. Ma non è che le famose “regole della community” tanto care a Facebook e Youtube, che oscurano con grande solerzia chi parla male dei vaccini sperimentali Pfizer e Moderna, hanno qualcosa a che fare con la tutela degli interessi economici della Triade o “Trinità che comanda il mondo”?

Da questo quadro, molto positivo per la grande finanza ma molto negativo per i lavoratori, potrebbe sembrare che per gli Stati e i popoli ormai i giochi sono fatti, nel senso che il neoliberismo sotto forma di “finanzcapitalismo” ormai domina incontrastato in quasi tutto il mondo, compresa l’Europa targata BCE – Euro – Commissione Europea (un’altra triade). Ma in realtà è così solo nella misura in cui i popoli e gli Stati restano dormienti e anestetizzati da questa situazione e asserviti alle teorie neoliberiste[5], che sinteticamente potrebbero essere chiamate anticostituzionaliste.

Non è mai troppo tardi per un risveglio che deve basarsi su un ritorno importante dello Stato all’economia, come vuole la nostra Costituzione (artt. 1, 2, 3 e 4 Cost.): diritto al lavoro per tutti i cittadini e dovere dello Stato di assicurare la piena occupazione. Se lo Stato “promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” (art. 4), ossia il diritto al lavoro, non può estraniarsi dall’economia, come vorrebbero i liberisti e la Commissione europea (es. divieto di aiuti di Stato, rapido ritorno all’equilibrio di bilancio nel 2023, mantenimento di un elevato tasso di disoccupazione intorno al 10 – 11%, in modo da evitare aumenti dell’inflazione e dei salari [6]), ma deve intervenire in modo massiccio nella realtà economica e sociale del Paese. Ciò anche tenuto conto dell’alto livello di disoccupazione esistente, del livello spesso troppo basso di stipendi e pensioni e delle mille cose che lo Stato e gli enti locali devono fare e/o sistemare: sanità, scuola, lavori pubblici, infrastrutture, servizi pubblici, pensioni, assistenza sociale, sistemazione del territorio dai dissesti idrogeologici, zone terremotate, sicurezza pubblica, edilizia pubblica, viabilità, ecc..

Ma tutte queste belle cose non si possono fare con una moneta a debito per di più emessa da un ente esterno allo Stato, ma richiedono necessariamente il recupero della Sovranità monetaria nazionale, cosa che può essere fatta anche restando nella UE, come dimostrano gli otto Stati appartenenti alla UE che hanno mantenuto la propria moneta.

Tanto per scomodare un uomo che in economia era sicuramente ferrato e che di certo non può essere accusato di essere un comunista, J. M. Keyenes sosteneva che[7]:

  • il mercato assomiglia molto ad un gioco d’azzardo;
  • il capitalismo, quando viene lasciato a sé stesso, è soggetto a squilibri gravi e imprevedibili;
  • il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non produce i beni necessari. Inoltre spreca una quantità enorme di risorse nella lotta per la concorrenza;
  • il capitalismo è un cavallo imbizzarrito da domare;
  • nel lungo periodo non ci sarà nessun riequilibrio automatico e poi “nel lungo periodo saremo tutti morti”;
  • lo Stato deve guidare l’economia attraverso precise politiche monetarie e fiscali poiché i mercati non sono sempre in grado di raggiungere equilibri efficienti da soli, ma anzi il più delle volte falliscono. La disoccupazione di massa ne è l’esempio più evidente.
  • lo Stato perciò dovrebbe fare ciò che l’economia privata, da sola, non riesce a fare, ossia i lavori pubblici come antidoto alla crisi: strade, ferrovie, case. Oggi potremmo aggiungere: banda larga, assetto del territorio, energie verdi. Tutti questi investimenti pubblici non solo aumenterebbero la domanda, ma occuperebbero anche direttamente centinaia di migliaia o milioni di persone. E’, in effetti, la ricetta che il Presidente Roosevelt applicò per affrontare e superare la Grande Depressione iniziata nel 1929.

L’alternativa tra la visione costituzionale dello Stato, chiaramente keynesiana in economia, e quella neoliberista è l’alternativa tra uno Stato che funziona e che si preoccupa del benessere dei suoi cittadini e uno Stato che non riesce neppure a garantire l’ordinaria amministrazione e l’unica cosa che può garantire è la trasformazione della nazione in una terra di conquista per le multinazionali [8], nonché alta disoccupazione, povertà generalizzata e crescente e fuga all’estero dei nostri ragazzi.

Valutate un po’ voi cosa ci conviene.


Note
[1] https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/02/02/pfizer-blackrock-facebook-banche/ https://www.corriere.it/video-articoli/2018/05/07/cos-davvero-blackrock-roccia-invisibile-che-governa-mondo/2a7fb442-51d8-11e8-b9b9-f5c6ed5dbf93.shtml
[2] https://www.ilmessaggero.it/mondo/covid_vaccino_astrazeneca_colosso_farmaceutico-5452098.html
[3] https://www.corriere.it/pianeta2020/21_marzo_01/cari-amici-vi-scrivo-cosa-vuol-dire-l-italia-lettera-larry-fink-f08bc2e0-7460-11eb-88fd-12da203c2b8b.shtml
[4] https://www.youtube.com/watch?v=VVPirGVbSUc
[5] La visione neoliberista si basa essenzialmente sulla teoria malthusiana – darwiniana del mors tua vita mea: il più forte vince e va avanti e il perdente si estingue. La visione della nostra Costituzione, all’opposto si basa sull’incontro delle grandi culture cattolica e socialista, ossia sui fondamentali principi di fratellanza e di solidarietà sociale ed economica e quindi sul principio del vita tua vita mea.
[6] rispettivamente NAIRU e NAWRU, vedasi: https://scenarieconomici.it/il-pil-potenziale-nairu-e-nawru-incongruenze-e-forzature-nei-metodi-utilizzati-dal-governo-della-ue/
[7] https://keynesblog.files.wordpress.com/2020/04/keynesismo_def.pdf in https://keynesblog.com/uscire-dalla-crisi-con-keynes/
[8] Certamente le élite finanziarie e le multinazionali non si preoccupano di aumentare l’occupazione o i salari dei lavoratori o di migliorare la sanità pubblica e la scuola pubblica, anche perché loro gestiscono cliniche e scuole private.


Agata Iacono: Gli ultimi 2 studi Nature e The Lancet che fanno crollare (definitivamente) tutta la propaganda Covid di 2 anni

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Gli ultimi 2 studi Nature e The Lancet che fanno crollare (definitivamente) tutta la propaganda Covid di 2 anni

di Agata Iacono

78.313 casi e 202 morti: il dato più alto della cosiddetta quarta ondata è avvenuto nella giornata di ieri.

Anche questa volta non è andato tutto bene e le previsioni ottimistiche del governo dei "migliori" si sono rivelate il più grave fallimento da quando è stata dichiarata la Pandemia.

Tra disdette, voli cancellati e locali pubblici e privati chiusi per mancanza di personale (positivo o in quarantena per contatto), file interminabili per tamponi (ormai fuori controllo ogni possibilità di prenotazione, oltre l'inverosimile la speculazione sui prezzi dei tamponi, miliardi di euro buttati per fare tamponare i ligi plurivaccinati...), vaccinati con terza dose costretti a casa e non sempre asintomatici la situazione è fuori controllo. Se a Palazzo Chigi non ci fosse Draghi si chiederebbero le dimissioni per incompetenza al primo ministro in carica.

Non potendo più dare la colpa ai "no vax" sta letteralmente crollando tutto l'impianto di menzogne su cui si è retto il regime liberticida "d'emergenza" dell'ultimo anno.


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Alessio Mannino: “Una poltrona per due”, una risata vi impoverirà

kriticaeconomica

“Una poltrona per due”, una risata vi impoverirà

di Alessio Mannino

Ma quale Gesù Bambino con Maria, il bue e l’asinello (Giuseppe onesto artigiano, poverino, è sempre stato poco più di una comparsa). Quale Santa Claus alias san Nicola di Bari. E Dio, il vecchio Dio “geloso”, sullo sfondo anche Lui, nascosto dietro i regali sotto l’alberello luccicante. Per gli adoratori di Mammona, cioè per quasi tutti, il Natale non si officia alla Messa della Vigilia, perché a quell’ora danno “Una poltrona per due” (Trading places, nel titolo originale).

La commedia del 1983 diretta da John Landis – che non ringrazieremo mai abbastanza, più che altro, per averci dato “Animal House” e “The Blues Brothers” – ha assunto l’importanza di meme natalizio per eccellenza, appuntamento sacro del piccolo schermo per grandicelli più che per piccini, dato che i pargoli di oggi non sanno manco chi sono, Eddie Murphy e Dan Aykroyd.

Non interessa qui l’analisi critica del testo cinematografico: il film è un bel film, divertente, con scene particolarmente indovinate (la pantomima in costume sul treno è da spanciarsi), altre meno (lo stupro da parte del gorilla è rasoterra), con una succulenta Jamie Lee Curtis in topless a renderlo vieppiù appetitoso, ma complessivamente non è niente di speciale. E allora? Com’è che si è ritagliato un posto da classico di Natale? E perchè doverne parlare?


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Tendenza internazionalista rivoluzionaria: La sporca caccia al dragone

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La sporca caccia al dragone

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

Contro la campagna commerciale, diplomatica, politica, ideologica e militare anti-cinese

6409875 1 1024x654Trent’anni dopo la celebrazione della fine della Guerra Fredda e l’inizio di un nuovo secolo americano, siamo nel pieno di una nuova Guerra Fredda? Sì e no, nel senso che potrebbe anche diventare una guerra rovente …

Il clima delle relazioni internazionali è già da diversi anni segnato dal crescente confronto USA/Cina, con il quale l’imperialismo americano cerca di contenere e bloccare l’ascesa della potenza cinese, con armi economiche, diplomatiche e militari.

Noi denunciamo le iniziative di guerra economica messe in atto dai vari imperialismi occidentali contro la Cina, siano esse volte a colpire l’economia cinese, il suo interscambio commerciale o ad impedire l’accesso alle tecnologie più avanzate, e le vere e proprie provocazioni militari ad opera di Stati Uniti e alleati, che sono non solo minacce, ma preparazioni militari per una possibile guerra contro la Cina.

In particolare, nei paesi europei alleati degli USA nella NATO, è in corso un dibattito sull’atteggiamento da tenere nei confronti della Cina, in una difficile e spesso impossibile mediazione tra gli interessi economici a commerciare con e investire in Cina, un mercato enorme, la rivalità diretta tra le vecchie potenze imperialiste europee e il rampante capitalismo cinese per l’influenza sulle aree ex coloniali, e la forte pressione USA, soprattutto tramite la NATO, per allineare i paesi europei sulla politica di “confronto” verso la Cina (e la Russia).


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Sergio Marotta: Il Diritto al servizio del capitale. Note a margine di un libro di Katharina Pistor

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Il Diritto al servizio del capitale. Note a margine di un libro di Katharina Pistor

di Sergio Marotta

Screenshot internazionel ferrara 2021Che cos’è il «codice del capitale»?

Ormai anche nella patria del capitalismo contemporaneo, gli Stati Uniti d’America, c’è chi si interroga sulla necessità di tornare a riflettere sulla natura, sul significato e sul ruolo del diritto nella nostra epoca. Lo fa con grande intelligenza la comparatista Katharina Pistor in un libro uscito nel 2019 nella versione originale per i tipi di Princeton University Press e qualche mese fa nell’edizione italiana con il titolo Il codice del capitale. Come il diritto crea ricchezza e disuguaglianza (con postfazione di Francesco Di Ciommo, Sergio Di Nola e Massimiliano Vatiero, Luiss University Press, Roma 2021).

La tesi di fondo della studiosa tedesca che insegna “Comparative Law” alla Columbia Law School è espressa con estrema chiarezza sin dalle prime pagine e resta il filo costante dell’intero volume: «In questo libro sostengo che il capitale viene codificato nella legge, che gli avvocati sono signori del codice, e che gran parte dei signori del codice provengono da un solo sistema giuridico: la common law. Se questo è vero, è ora di rimettere mano al dibattito sull’impatto dei sistemi giuridici»[1].

I nove capitoli di cui si compone il libro sono costruiti con l’intento di dimostrare il fondamento di questa tesi, di rintracciarne le antiche origini, risalenti all’età medievale, e di descriverne i successivi sviluppi fino al diritto commerciale e finanziario dei nostri giorni.

L’ottavo capitolo apre lo sguardo verso un possibile futuro del diritto messo a dura prova dai nuovi codici digitali. L’ultimo capitolo, dal titolo suggestivo Il capitale impera secondo la legge, è dedicato all’elaborazione di possibili rimedi da poter utilizzare per superare le terribili distorsioni prodotte dal codice del capitale che sono ormai tutte dispiegate chiaramente innanzi ai nostri occhi.


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Moreno Pasquinelli: Agamben o la fuga dal mondo

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Agamben o la fuga dal mondo

di Moreno Pasquinelli

Stelios Faitakis12«Vano è il desiderio di prevalere sugli uomini della perdizione prima del giorno della vendetta […] Occorre separarsi dai malvagi e attendere che scenda su di loro il giudizio di Dio»

Rotoli di Qumrȃn. Regola della Comunità, x, 17-20

Ogni vero movimento di massa è, non fosse che per le sue dimensioni, collettore di disparati bisogni e pulsioni sociali. Questo dato, sebbene fosse camuffato dalla preponderanza egemonica della componente socialista e anticapitalista, era vero anche nel ‘900. Nel nuovo secolo, venuta meno quella preponderanza egemonica, i movimenti di massa sono caratterizzati anche dalla più complessa pluralità ideologica. Essi sono dunque doppiamente eterogenei.

 

Le filosofie politiche dei “no-vax”

Prendiamo ad esempio il movimento contro il green pass. Fenomeno tipicamente italiano — conseguenza del fatto che l’Italia è assurto a principale banco di prova del great reset —, esso è fuoco di resistenza al regime change e moto di rifiuto della dittatura tecno-sanitaria, ergo un movimento politico di massa. Una composizione sociale quanto mai poliedrica — esso mobilita infatti cittadini appartenenti alle più diverse classi e categorie sociali —, si specchia con una composizione ideologica altrettanto frammentata.

Il Rapporto CENSIS 2021 volendo catturare gli aspetti ideologico-culturali salienti del movimento è giunto a conclusioni caustiche: esso sarebbe anzitutto caratterizzato da “irrazionalità, pensiero magico, superstizioni antimoderne, speculazioni complottiste” e via contumeliando.


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Pasquale Cicalese: La Cina cambia il terreno di gioco dell'economia globale

pianocontromercato

La Cina cambia il terreno di gioco dell'economia globale

di Pasquale Cicalese

Dieci anni fa, il grande economista Marcello De Cecco ebbe a dire che in futuro lo yuan, la divisa cinese, difficilmente avrebbe avuto un ruolo internazionale, stante l’enorme surplus della bilancia commerciale assieme al surplus delle partite correnti.

Quest’ultimo presentava un dato mostruoso allora: 10,1% rispetto al Pil. Il modello a cui si riferiva de Cecco era la Gran Bretagna della fine Ottocento/prima decade del Novecento. La sterlina dominava il mondo grazie al deficit delle partite correnti, attutito dall’enorme surplus che la Gran Bretagna aveva allora con la colonia India.

De Cecco era dell’idea che per essere valuta internazionale occorreva aprire il mercato e avere deficit di bilancia commerciale, vale a dire più import che export, e avere deficit di partite correnti. La richiesta della valuta di tale paese sarebbe stata, per questa ragione, significativa.

Il modello inglese è stato implementato in Usa negli ultimi 50 anni con il predominio del dollaro, contraltare dell’enorme debito estero e del deficit delle partite correnti.


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Sara Gandini: Due anni di campagna di terrore

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Due anni di campagna di terrore

di Sara Gandini

Ci sarebbe una discussione scientifica e politica da alimentare con domande e molto senso critico. Sono utili le mascherine all’aperto? È efficace e giusto trattare in modo autoritario e paternalistico le persone comuni? Perché la pandemia viene ancora gestita senza tenere conto delle differenze tra i soggetti e i fattori di rischio, quando da decenni si parla di medicina e prevenzione personalizzate? Come mai in vari paesi europei hanno sospeso il vaccino Moderna per i giovani (sotto i 30 o sotto 18), sulla base di un eccesso di miocarditi, e in Italia non se ne parla? Ma, soprattutto, ha senso questa logorante campagna di terrore che imperversa in Italia ormai da quasi due anni, grazie a buona parte della politica istituzionale, ai grandi media e ai virologi star? È servita e serve a ridurre la mortalità?

* * * *

Lavoro da vent’anni in ambito di prevenzione oncologica che è sempre più orientata nella direzione di una prevenzione personalizzata, alla luce del dato che la prevenzione secondaria in ambito oncologico, come gli screening di prevenzione, possono avere effetti collaterali indesiderati e per questo vengono proposti non a tutta la popolazione ma differenziando sulla base delle diverse fasce di rischio.


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Antistasis & Biccalinna: Dietro lo scudo di Athena

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Dietro lo scudo di Athena

Militari e sanità, una riflessione

di Antistasis & Biccalinna

L’operazione Athena consiste nella messa a disposizione di strutture e personale militare per processare e all’occorrenza effettuare i tamponi per il monitoraggio del Covid19 negli istituti scolastici, andando anche ad effettuarli a domicilio.

L’intento esplicito è di evitare la messa in quarantena preventiva di intere classi e scongiurare un ritorno alla Didattica a Distanza.

Sono coinvolte otto regioni dello Stato italiano, tra cui la Sardegna con il centro di medicina legale di Cagliari.

La decisione di avvalersi dell’esercito ricade formalmente sull’Azienda Sanitaria Locale che ne deve fare richiesta alla Regione, a sua volta in contatto con il commissario straordinario per l’Emergenza, ovverosia il generale Figliuolo. Al momento si sa dai mezzi di informazione di laboratori mobili attivi in Lombardia e in Abruzzo.

Non si tratta di una novità assoluta, dato che la gestione statale dell’epidemia e lo stato d’emergenza degli ultimi due anni hanno visto un impiego copioso dei militari anche nell’ambito sanitario.


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Igor Giussani: Istantanee dal 2021: Covid, Kabul e COP26

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Istantanee dal 2021: Covid, Kabul e COP26

di Igor Giussani

Il mio ultimo contributo per il 2021 su DFSN intende soffermarsi brevemente su tre fatti che hanno segnato l’anno che sta volgendo al termine: la perdurante epidemia da coronavirus, la riconquista di Kabul per opera dei talebani e la conferenza sul clima COP26 di Glasgow.

 

Pandemia

L’anno scorso, di questo periodo, ci si preparava al Natale all’insegna della presunta ‘sobrietà’ a causa delle pesanti restrizioni imposte per contenere la pandemia, tuttavia si era in trepida attesa dei vaccini anti-Covid, di cui era imminente l’arrivo anche in Italia e, che nei mesi precedenti, erano stati propagandati con efficienza contro il contagio superiore al 90%, annunci a cui erano seguiti immediati rialzi in Borsa dei titoli azionari delle relative aziende produttrici.

In primavera, la politica del premier britannico Boris Johnson della ‘dose unica’ veniva sbandierata quale rimedio geniale che stava mettendo alle corde un coronavirus oramai prossimo all’estinzione: si era scontrato con la “potenza della scienza”, come diceva qualcuno, e sembrava destinato a sparire dalla cronache con la stessa rapidità con cui ci era entrato.


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Mariano Bizzarri: La strana “rivoluzione” contenuta nei vaccini a mRna di Pfizer e Moderna

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La strana “rivoluzione” contenuta nei vaccini a mRna di Pfizer e Moderna

di Mariano Bizzarri

Vaccini o farmaci? Le caratteristiche dei vaccini a MRna fanno di Pfzer e Moderna delle terapie geniche preventive, ossia farmaci somministrati a persone sane

Il dibattito che a tratti emerge sulla stampa riguarda un tema capzioso e complesso: i nuovi vaccini anti-Covid – Pfizer e Moderna – sono realmente tali o rientrano nel novero delle nuove terapie geniche?

La domanda riveste interesse non solo accademico, ma anche giuridico. Un vaccino – in prima approssimazione – è prodotto allo scopo di procurare un’immunità acquisita attiva contro un particolare tipo di infezione, per la quale non si dispone di trattamenti efficaci. Un farmaco, invece, è un prodotto – di origine naturale o sintetica – che interviene sulla biochimica dell’organismo, capace di indurre modificazioni funzionali attraverso un’azione fisica o chimica.

È opportuno sottolineare che i vaccini vengono somministrati a persone sane con l’obiettivo di conseguire un beneficio futuro (azione di profilassi). I farmaci vengono prescritti a persone malate con l’obiettivo di conseguire un risultato immediato.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Jan 4, 2022, 3:17:03 AM1/4/22
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Roberto Fineschi: Chi critica la critica? Alla ricerca di soggetti storici

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              ingrato

Chi critica la critica? Alla ricerca di soggetti storici

di Roberto Fineschi

S CL2321
              11921    I. Per una definizione meno vaga del concetto di “critica” attraverso Marx

Nel mondo anglosassone e non solo, la popolarità del termine “critica” è tale che sulla “critical theory” si possono trovare in libreria dizionari, glossari, antologie.1 Sfogliando le pagine di queste pubblicazioni, tuttavia, talvolta si resta un po’ disorientati vedendo accostati autori assai lontani tra di loro, al punto che è difficile scovare un tratto comune, se non in un generico atteggiamento anti-mainstream. Che cosa sia mainstream resta d’altra parte non chiaramente espresso. Ovviamente, non si intende qui liquidare il contributo di autori assai importanti; si tratta piuttosto di prendere atto che questo galassia pare riconducibile a una qualche unità solo per via negativa, un criterio di distinzione/identificazione troppo generico e, da sempre, potenzialmente foriero di accostamenti pericolosi.2

Un tentativo di ricostruzione della storia del termine andrebbe ovviamente molto al di là dei limiti di questo contributo, in questa prospettiva però si può forse fare qualche considerazione di carattere generale a partire dall’autore che meglio conosco, vale a dire Karl Marx. È noto, infatti, che molte delle sue opere contengono la parola “critica” addirittura nel titolo3 e che l’ambiente della “critica critica”, come sarcasticamente Marx la defi e nel sottotitolo della Sacra famiglia, rappresentò il contesto culturale nel quale avvenne la sua formazione e dal quale prese successivamente le distanze. La tesi da indagare, che qui si espone solo come spunto di ricerca da approfondire, è che il termine venga utilizzato in una maniera analoga a quella che si confi ura nell’ambito della metodologia storico-critica dell’esegesi biblica tedesca degli anni trenta e quaranta dell’ottocento grazie a interpreti come Strauss, Bruno Bauer, ecc.4


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Paolo Ferrero: Il caso italiano

sulatesta

Il caso italiano

Editoriale di Paolo Ferrero

sgatti GKN 1024x768 1024x585Con questo numero di “Su la testa” cerchiamo di dare un contributo alla comprensione della realtà del nostro Paese, con particolare attenzione alla condizione “materiale e spirituale” del popolo italiano.

Non vi troverete quindi i pensieri delle élite – che occupano la totalità dello spazio pubblico e colonizzano il senso comune – ma alcuni spunti per capire meglio la situazione in cui viviamo, nei suoi aspetti problematici e nelle sue potenzialità.

Così, accanto all’analisi degli elementi strutturali del Paese troverete anche riflessioni su immaginari, aspettative e comportamenti degli strati popolari.

Riteniamo infatti, che per comprendere il contesto in cui facciamo politica, non sia sufficiente guardare ai dati economici e produttivi, ma sia necessario cogliere i protagonisti nella loro complessità.

In primo luogo, perché i rapporti sociali di produzione vanno ben al di là del puro dato economico e riguardano l’esercizio del potere, il senso comune, la cultura, le identificazioni, le narrazioni egemoniche.

In secondo luogo perché la classe degli sfruttati non può essere desunta semplicemente dall’osservazione del capitale: come ci ha ricordato Raniero Panzieri, la classe ha una sua dinamica soggettiva che va compresa attraverso l’inchiesta. In altre parole il materialismo che Marx ci ha insegnato non ha nulla a che vedere con l’economicismo o con il determinismo: è un metodo dialettico e scientifico di analisi della società nella sua totalità, finalizzato alla comprensione del reale, delle effettive dinamiche sociali.


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lorenzo merlo: La società offensiva

sinistra

La società offensiva

di lorenzo merlo

Troppe persone, troppa informazione, troppo individualismo, troppa disgregazione, una sola miccia. Meglio fare attenzione

98765rtuLa stirpe

Si va di fretta. Era ieri il tempo del capitalismo finanziario – che da poco aveva mandato al macero, quantomeno culturale, quello storico, effettivamente ormai anziano – e strane avanzate cinesi lo hanno obbligato ad alzarsi – nonostante i consigli di Mr Lehman e dei suoi fratelli – dagli allori. Una sveglia piuttosto dura, da scuola ufficiali, gli è entrata nel cervello. E si è effettivamente svegliato. E dato da fare. Da dove sennò il globalismo economico? Bella idea, ma ancora carente. Ancora troppo lassista: non aveva dato il giusto peso inerziale implicito nelle nazioni, nelle tradizioni locali. L’ordoliberismo era servito su tutti i tavoli dell’Occidente (in senso lato). Sembrava a basta. E invece no. Oppure, non da solo. Il suo gemello meno appariscente porta ancora il nome dell’avo, ma ha doti tutte sue. È il capitalismo della sorveglianza. Doti nascoste, esattamente come è nascosta alla maggioranza la sua modalità di azione. Anzi, di coercizione. Una vera magia. Un incantesimo che ci fa credere sia bene per noi ciò che serve a lui per prosperare. E, se già non in atto, con propaggini fino a dentro di noi.

Così, in men che non si dica, il capitalismo che era cosa solo violenta e problema solo proletario, si è evoluto in umiliante per tutti e offensivo per la politica e la società. Politica in senso gramsciano, democratico, di una volta. Non quella di oggi, attrezzo di servizio del liberismo.

 

At TENTI aaa… Est!

L’excursus appena riassunto permette di osservare – come fosse ancora necessario – i segni del suo corso. Dai rubinetti della grande diga del pensiero unico sono sgorgati vari regali: la riduzione del welfare, l’abbattimento dell’articolo 18, la determinazione a digitalizzare, la diffusione del 5G, la precarietà come valore alla libera iniziativa, le privatizzazioni.


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Geminello Preterossi: Fuga dalla libertà

lafionda

Fuga dalla libertà

di Geminello Preterossi

fugaDallaLibertaNon voglio parlare della Grande Mistificazione. Bugie, contraddizioni, opacità, presunte verità “scientifiche” spacciate per assoluti indiscutibili e poi rinnegate (facendo finta di niente) sono squadernate davanti a noi. Del resto, la neolingua del potere – e della pseudoscienza fattasi potere – è eloquente. Chiunque abbia occhi per vedere non può non chiedersi perché stia accadendo tutto questo. Quali siano le cause di questa cieca e furente isteria fomentata dall’alto, nel seno dell’Occidente, e in particolar modo nel centro dell’Europa.

Voglio parlare della fuga dalla libertà, che è anche fuga dalla giustizia e dalla democrazia. Come chiariva Piero Calamandrei, sulla rivista Il Ponte, nel 1945: “La giustizia sociale non è pensabile se non in funzione della libertà individuale”. L’Evento che in questi giorni, in virtù del nichilismo in atto, non può essere realmente celebrato, ma solo rinnegato dalle istituzioni (tra cui la Chiesa stessa), proprio in quanto “forza del passato”, attraverso una via complessa, fatta di contaminazioni e transiti post-tradizionali, serba una promessa di liberazione forse non esaurita. Grazie a un lascito teologico-politico in perenne dialettica, contraddittoria ma generativa, con la modernità, il principio della soggettività, l’idea stessa di una mitigazione post-sacrificale del potere. L’Incarnazione come premessa dell’autoaffermazione del soggetto, che deve però rimanere capace di trascendere l’immanenza materiale degli interessi, la pretesa di assolutezza dell’economicismo. Il neoliberismo (esiste, eccome se esiste…) ha generato la perversione di quella spinta – di per sé legittima – auto-affermativa, creando le condizioni di un nuovo asservimento di massa, algoritmico. È di questa estremizzazione perversa che occorre liberarsi, perché distruttiva.


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Lorenzo Lodi: La Cina è un paese imperialista? Le implicazioni di una 'classificazione'

lavocedellelotte

La Cina è un paese imperialista? Le implicazioni di una 'classificazione'

di Lorenzo Lodi

Cina
              1152x675Gli sviluppi della pandemia di Covid–19 hanno intensificato il clamore mediatico e accademico relativo allo scontro Stati Uniti-Cina, sulla scia di una retorica che tende a dipingere quest’ultima come una potenza imperialista. Questo termine viene utilizzato soprattutto con intenti propagandistici, volti a demonizzare il gigante asiatico, in quanto attore sempre più aggressivo sul piano geopolitico. Quando invece la definizione viene utilizzata ‘scientificamente’, essa si limita a constatare la crescente influenza economica e diplomatica cinese in Asia e Africa, che fa il paio con l’affermazione della Cina come seconda potenza mondiale per prodotto interno lordo e aspirante rivale degli USA nei settori high-tech (5G, intelligenza artificiale, auto elettrica ecc.). Caratterizzare in maniera approfondita il significato dell’ascesa geopolitica ed economica cinese è però necessario per costruire una strategia rivoluzionaria internazionalista.

* * * *

Introduzione

Scopo di questo articolo non è tanto confrontare la Cina con gli altri attori globali tramite indicatori quantitativi di influenza economica, militare e diplomatica, senza cogliere l’essenza sociale ed economica delle relazioni internazionali. L’obiettivo è invece quello di contribuire al dibattito nella sinistra radicale e nel marxismo attorno ai seguenti quesiti: in che senso si può parlare di imperialismo? La Cina è un paese imperialista? Non si tratta, sia chiaro, di una questione classificatoria: la natura imperialista o meno di un paese non coincide necessariamente con la sua potenza, ma si intreccia con essa definendone le possibilità di sviluppo. Fornire una caratterizzazione precisa della Cina può dunque aiutarci a capire la specificità delle tensioni geo-politiche e di classe che il suo tentativo di scalare le gerarchie mondiali comporta, come cercheremo di argomentare nell’ultimo paragrafo.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Jan 6, 2022, 6:03:15 PM1/6/22
to sante gorini

Marco Gatto: Always Totalize!

ospite
              ingrato

Always Totalize!

Perché abbiamo ancora bisogno della totalità (e della dialettica)

di Marco Gatto

Platon et Aristote par Della Robbia détailI.

In uno scritto autobiografico del 1977, Cesare Cases ripercorreva le tappe filosofiche che lo avevano condotto alla Perdita della totali- , al tracollo della fiducia nei confronti di ricostruzioni sistematiche e di narrazioni universali: «crollata questa fede, sono crollate anche le mie presunzioni teoriche»,1 egli confessava. E nello stesso tempo quest’ammissione rappresentava un rilancio, perché, al netto della sconfitta, restava ferma, persino negli scritti più brevi e occasionali, «un’inclinazione al compiuto, al conchiuso, un’inclinazione […] di per sé antiavanguardistica, ma di un antiavanguardismo consapevole dell’impossibilità di fare la cosa chiusa»,2 in larga parte proveniente, si potrebbe aggiungere, dalla lunga frequentazione di Cases con i pensatori novecenteschi dell’Intero, Lukács su tutti.3 La pervasiva e capitalistica «frammentazione della vita», dialetticamente legata alla «nostalgia della totalità»,4 secondo la lezione proveniente dall’autore di Teoria del romanzo (1920),5 rendeva per Cases posticcia, all’altezza degli anni Settanta del secolo scorso, qualsiasi tensione universalizzante, ma poneva forse in rilievo (ancora per poco) la possibilità di tenere avvinti la parte e il tutto, il particolare e il totale, prima che si scivolasse storicamente (e drammaticamente) nella dittatura ideologica del primo polo sul secondo. Cases, quasi da post-lukacsiano, si schierava con Adorno e con la «sua critica allo spirito hegeliano di sistema».6 «Non è che il desiderio di totalità sia in sé malvagio – continuava il grande germanista –, ma è prematuro, poiché in realtà la totalità esiste», ed è quella del capitalismo e delle sue forme sociali, e pertanto «ogni tentativo di tipo hegeliano di irreggimentare il mondo in sistema finisce per consegnarlo all’esistente».7 L’apertura di una breccia nella costrittiva totalità del capitalismo diventava, pertanto, l’obiettivo di una critica che non poteva rischiare di riprodurre, nelle sue movenze totalizzanti, i meccanismi egemonici dell’avversario.


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Massimo De Angelis: Guarda in alto, non solo la cometa

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Guarda in alto, non solo la cometa

di Massimo De Angelis

d88ed56Don’t look up è un film interessante per diversi motivi. Il principale, secondo Massimo De Angelis, ha a che fare con il possibile destino dei nostri sforzi di cambiare il mondo e di comunicare l’urgenza di questo cambiamento, ma anche di fare di questa comunicazione uno strumento di azione comune e collettiva. Non basta cominciare a guardare in alto per vedere la cometa in picchiata sulla Terra (il cambiamento climatico più della pandemia), c’è da riconoscere e sovvertire in basso l’ordine gerarchico della società nella quale il profitto viene prima di tutto.

****

Il film Don’t look up è come uno specchio che riflette la coscienza del mondo, uno specchio che ci mostra attraverso quali meccanismi perversi sia possibile che la potenza collettiva accumulata in trecento anni di sviluppo economico si trasformi in impotenza collettiva nella salvaguardia della riproduzione sociale a fronte di una grave minaccia. E questo non per mancanza di conoscenza o tecnologia, ma semplicemente per il modo in cui il nostro mondo è organizzato.

Nel film, la questione della riproduzione sociale è posta dalla minaccia di una cometa gigantesca destinata a colpire la terra, con conseguenze catastrofiche per tutta la vita sul pianeta. Non credo siano concepibili emergenze più gravi della minaccia imminente dell’estinzione di massa (lontana poco più di sei mesi), e sebbene nelle intenzioni del regista il film voglia evocare altre reali minacce alla riproduzione sociale, a cominciare dal cambio climatico, quest’ultima non si presenta ai nostri occhi con lo stesso grado e intensità di catastrofismo di una gigantesca cometa che colpisce il nostro pianeta.


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Perry Anderson: Il Consiglio europeo

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Il Consiglio europeo

di Perry Anderson

L’intervento che segue, a firma di Perry Anderson (storico accademico e saggista britannico), è stato pubblicato sulla London Review of Books, Volume 43, n. 1, gennaio 2021 (1) e affronta, da un punto di vista storico, le cinque istituzioni principali dell’Unione europea: la Corte di Giustizia, la Commissione, il Parlamento, la Bce e il Consiglio. Dopo aver pubblicato la parte relativa alla Corte di Giustizia (2), alla Commissione (3), al Parlamento e alla Bce (4), chiudiamo con il Consiglio europeo e le conclusioni su economia, euro, diritti, democrazia

39854reIl Consiglio europeo comprende capi di governo che godono di maggioranze in veri e propri parlamenti, frutto di elezioni significative. Come tale, è diventato la massima autorità dell’Unione. The Passage to Euro- pe di Van Middelaar è in gran parte la storia della sua ascesa a questa posizione, ed è giustificata la sua affermazione che il Consiglio è ora il principale motore dell’integrazione europea. Quello che non fa è guardare sotto il cofano. Che tipo di veicolo sta avanzando? È questo il soggetto della più fondamentale di tutte le opere sulla Ue dell’ultimo decennio, European Integration di Christopher Bickerton, il cui titolo anodino, condiviso da decine di altri libri, nasconde la sua distinzione, che si concretizza nel sottotitolo che fornisce la sua argomentazione: “Dagli Stati nazionali agli Stati membri”.

Tutti hanno un’idea di cosa sia uno Stato-nazione, e molti sanno che 27 Paesi (dopo l’uscita del Regno Unito) sono Stati-membri dell’Unione Europea. Qual è la differenza concettuale tra i due? La definizione di Bickerton è succinta. Il concetto di Stato-membro esprime un cambiamento fondamentale nella struttura politica dello Stato, con i legami orizzontali tra i dirigenti nazionali che hanno la precedenza sui legami verticali tra i governi e le loro società. Questo sviluppo lo ha colpito per la prima volta, spiega, al momento del referendum irlandese sul Trattato di Lisbona.


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Salvatore Palidda: Le guerre dei ricchi

comuneinfo

Le guerre dei ricchi

di Salvatore Palidda

Dal 2008 i ricchi sono sempre più ricchi ma è da quarant’anni che sono in guerra contro i poveri. Nuovi dati dimostrano che la pandemia ha ulteriormente accentuato questo processo: anche in Italia il numero di individui con un patrimonio investibile di un milione di dollari è cresciuto rispetto al 2019. Stati e media sono gli strumenti privilegiati di questa feroce aggressione pianificata, alimentata anche razzismo, sessismo e discriminazioni. “La guerra contro i poveri fa parte di un’economia politica che di fatto è più che mai criminale – scrive Salvatore Palidda – perché produce effetti devastanti in tutti i campi e rischia di condurre alla guerra planetaria…”

In un articolo pubblicato su Le Monde del 2022/01/01 l’economista Jeffrey Sachs sostiene che gli Stati Uniti sono diventati un paese di ricchi, per ricchi e da quarant’anni in guerra contro i poveri. In realtà questo vale un po’ sia per i paesi cosiddetti ricchi in Europa, in Nord America, più il Giappone, l’Australia, gli Emirati, l’Arabia Saudita, Israele e Corea del Sud.

Le conseguenze della gestione della crisi del 2007-2008 hanno costantemente fatto aumentare la ricchezza dei più ricchi del mondo e la povertà di almeno 150 milioni le persone che, inoltre, nel 2021 vivono in condizioni di estrema indigenza (secondo le stime della Banca Mondiale).


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Alda Teodorani: Dottor Psycho

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Dottor Psycho

di Alda Teodorani

Avevo sedici anni quando il mio medico, in seguito a una serie di analisi riguardanti la funzionalità renale e che poi si rivelarono errate, mi inviò a fare una visita da un primario ospedaliero.

L’uomo mi fece entrare nel suo studio, chiuse la porta a chiave e mi fece spogliare completamente; quindi, mi si avvicinò e senza dire una parola si chinò e mi baciò il seno. Fu un gesto talmente veloce, decontestualizzante e assurdo da lasciarmi allibita al punto che non ebbi nemmeno la forza di parlare. Poi fui ricoverata, non vidi più quel “professore”, raccontai la cosa al mio medico il quale disse che mi stavo inventando tutto. Stop. Ero troppo piccola per dirlo a qualcun altro ed ero sicura che se lo avessi riferito ai miei avrebbero sostenuto che era colpa mia.

Da allora – e prima di allora, poiché io credo che mia mamma soffrisse di una leggera forma di sindrome di  Münchhausen per procura – ho avuto a che fare con molti medici.

Alcuni furono sprezzanti, come se la malattia fosse una colpa. Altri saccenti e taciturni, quasi che la malattia non mi riguardasse e solo da loro potesse provenire la Verità assoluta.


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Agata Iacono: Istituto Koch: il 96% positivi Omicron in Germania sono vaccinati

lantidiplomatico

Istituto Koch: il 96% positivi Omicron in Germania sono vaccinati

Game over Super GreenPass

di Agata Iacono

Il rapporto proviene dall'Istituto più prestigioso europeo - l'Istituto Koch di Berlino - redatto con la prestigiosa collaborazione dell'istituto epidemiologico Pasteur di Parigi ed è stato pubblicato oggi 30 dicembre. E' presto diventato "virale" in tutto il mondo, ma non nella stampa mainstream sempre grazie a quella rete che subisce un attacco liberticida senza precedenti in questo periodo.

Il rapporto, in estrema sintesi, rileva come il 95,58% dei casi di Omicron in Germania abbia completato il ciclo sperimentale vaccinale - e il 28% abbia addirittura la "terza dose". Solo il 4,42% con positività da variante omicron non è vaccinato. In Germania è stato vaccinato ben il 73,9% della popolazione con prima dose, il 70,9 % con seconda dose e il 37,3 % ha già ricevuto la terza dose.

In pratica tutte le misure come il Super Green Pass dei "migliori" che voleva contenere i casi obbligando la vaccinazione in modo surrettizio crollano in modo miserrimo.

La narrazione a supporto della folle gestione del Draghistan implode con i numeri del più prestigioso istituto di epidemiologia d'Europa.


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Guido Cappelli: Piccola archeologia della catastrofe

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Piccola archeologia della catastrofe

Postille a Di Remigio e Di Biase

di Guido Cappelli

Ho letto con una certa intima soddisfazione l’articolo Il sapere, ugualitarismo, differenza, uscito su questo sito lo scorso 15 dicembre, a firma di Di Remigio e Di Biase e come replica a un mio precedente intervento, in cui criticavo in modo piuttosto acceso la soppressione della prova scritta dall’esame di maturità. L’ho letto con piacere non solo per i toni civili di un franco dibattito (la qual cosa, checché se ne dica, resta rara avis, in tempi di social rabbiosi e decibel fuori controllo), ma anche perché, lungi dal percepirlo come una critica, mi è parso un’integrazione, un arricchimento, un approfondimento di quanto proponevo nel mio contributo: si tratta infatti di una densa, documentata “archeologia del disastro” della scuola italiana, che chiama in causa gli errori della sinistra e in particolare del Pci a partire dagli anni settanta, una vera e propria resa ideologica che gli autori sintetizzano graficamente: “Proprio nel momento in cui lasciavano i lavoratori esposti alla pressione neoliberale, gli ex-comunisti lenivano i propri sensi di colpa restando fedeli a sé stessi nell’unico campo in cui era loro consentito.


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Rsu Fiom-Cgil Contact Center GSE: Sosteniamo la resistenza delle lavoratrici e dei lavoratori del GSE in sciopero

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Sosteniamo la resistenza delle lavoratrici e dei lavoratori del GSE in sciopero

di Rsu Fiom-Cgil Contact Center GSE

“La nostra è una storia di appalti e subappalti che per anni ci hanno sballottato da un’azienda a un’altra, passando da concordati, fallimenti e affitti di ramo di azienda… Un’incredibile storia di matrioske e scatole cinesi in cui le aziende private intascavano soldi pubblici, senza di fatto metterci nulla, mentre intanto i lavoratori venivano mantenuti in uno stato di costante precarietà che gli impediva anche di vedersi riconoscere il corretto inquadramento contrattuale, in quanto le aziende fallivano di continuo” (Collettivo GSE)

Pubblichiamo le dichiarazioni del Collettivo lavoratori del GSE –gestore servizi energetici in Italia- allo scopo di sostenerli nella loro lotta, diffondendo i motivi dello sciopero in corso.. I lavoratori sono il core business del GSE, quarto ente in Italia e destinatario di un’ingente quantità di fondi del Pnrr. I lavoratori della GSE da 14 giorni sono in sciopero per gli ammortizzatori sociali e chiedono che vengano rilanciate le assunzioni, mentre da oltre 10 anni passano di appalto in appalto, perdendo ogni volta buona parte dei diritti e salario. La loro lotta dura da troppo tempo e non si ferma qui.

Di seguito la loro voce e la vicenda.


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Assemblea militante: Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia

sinistra

Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia

di Assemblea militante

dhl set2Quello che segue è un testo frutto dell’elaborazione collettiva e condivisa di un gruppo di compagni, provenienti da diverse realtà territoriali e da diverse esperienze politiche pregresse, sebbene tutte riconducibili alla sinistra classista. Nel corso di questi mesi siamo stati attivi nelle mobilitazioni contro la gestione autoritaria della pandemia e abbiamo promosso proprie iniziative per estendere e qualificare in senso classista il movimento in corso.

Dallo scambio iniziale di materiali e di esperienze si è creato un circuito di confronto che ha cercato di mettere a fattor comune le pratiche e le riflessioni maturate nel corso di quest’attività. Il testo vuole essere un contributo per estendere ancora di più questo confronto ad altri compagni che in questi mesi hanno maturato un giudizio simile al nostro sulla vicenda della pandemia e un invito a unirsi a noi (nel caso si riconoscano in esso) in questo circuito che abbiamo chiamato Assemblea Militante, per sottolineare che il nostro non vuole essere un consesso di pura discussione ma di impegno attivo e possibilmente coordinato e condiviso.

Siamo convinti che, anche se il movimento dei mesi scorsi vive una fase di difficoltà, esso sia un interessante banco di prova per le caratteristiche con cui si ripresenterà lo scontro tra le classi e la lotta anticapitalistica nel prossimo futuro. Inoltre riteniamo che il movimento stesso non abbia esaurito tutte le sue potenzialità e che nei prossimi mesi, anche per la pervicacia e la manifesta irrazionalità delle misure imposte dal governo, esso sarà costretto a ritornare in campo.

Siamo altresì convinti che la vicenda della pandemia abbia rappresentato uno spartiacque per tanti compagni che hanno dovuto assistere al fallimento delle varie sigle della cosiddetta sinistra antagonista sindacale e politica che nella stragrande maggioranza si sono adeguate alla narrazione dominante sul tema della pandemia diffusa dalle istituzioni e dai mass media, assumendo posizioni politiche di piena subalternità alla suddetta narrazione.


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Fosco Giannini: Il Partito che vogliamo

cumpanis

Il Partito che vogliamo

di Fosco Giannini

Immagine Secondo Editoriale Giannini 1

 

“Nessun modo migliore può esistere di commemorare il quinto anniversario della Internazionale comunista, della grande associazione mondiale di cui ci sentiamo, noi rivoluzionari italiani, più che mai parte attiva e integrante, che quello di fare un esame di coscienza, un esame del pochissimo che abbiamo fatto e dell’immenso lavoro che ancora dobbiamo svolgere, contribuendo così a chiarire la nostra situazione, contribuendo specialmente a dissipare questa oscura e greve nuvolaglia di pessimismo che opprime i militanti più qualificati e responsabili e che rappresenta un grande pericolo, il più grande forse del momento attuale, per le sue conseguenze di passività politica, di torpore intellettuale, di scetticismo verso l’avvenire.

Questo pessimismo è strettamente legato alla situazione generale del nostro paese; la situazione lo spiega, ma non lo giustifica, naturalmente. Che differenza esisterebbe tra noi e il Partito socialista, tra la nostra volontà e la tradizione del Partito socialista, se anche noi sapessimo lavorare e fossimo attivamente ottimisti solo nei periodi di vacche grasse, quando la situazione è propizia, quando le masse lavoratrici si muovono spontaneamente per impulso irresistibile e i partiti proletari possono accomodarsi nella brillante posizione della mosca cocchiera?

Così scriveva Antonio Gramsci all’inizio di un suo articolo (“Contro il pessimismo”) su “L’Ordine Nuovo” del 15 marzo 1924.

Nuvolaglia di pessimismo, passività politica, torpore intellettuale, scetticismo verso l’avvenire: non si addicono perfettamente, queste denunce di Gramsci del ’24, alla condizione politica, esistenziale, psicologica di una parte sicuramente non irrilevante dei comunisti italiani di questa nostra fase, siano essi iscritti ai loro partiti che comunisti senza tessera e organizzazione, cellule comuniste dormienti?


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Fabio Ciabatti: La dialectica interrupta del Censis, la verità dell’irrazionalismo e l’immaginario

carmilla

La dialectica interrupta del Censis, la verità dell’irrazionalismo e l’immaginario

di Fabio Ciabatti

follia 1024x1024 768x768“La fuga nell’irrazionale è l’esito di aspettative soggettive insoddisfatte, pur essendo legittime in quanto alimentate dalle stesse promesse razionali”. Questa affermazione contenuta nell’ultimo rapporto del Censis sembra catapultarci direttamente nella dialettica dell’illuminismo di Horkheimer e Adorno. E non è tutto. “L’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale”, denuncia l’istituto di ricerca, utilizzando un’argomentazione dal vago profumo di materialismo storico per spiegare questo sinistro fenomeno: il rifiuto di scienza, medicina, innovazioni tecnologiche, che in passato hanno costruito il nostro benessere, “dipende dal fatto che siamo entrati nel ciclo dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali. Questo determina un circolo vizioso: bassa crescita economica, quindi ridotti ritorni in termini di gettito fiscale, conseguentemente l’innesco della spirale del debito pubblico, una diffusa insoddisfazione sociale e la ricusazione del paradigma razionale”.1

Gli estimatori della scuola di Francoforte non devono però eccitarsi troppo. Se quella del Censis è dialettica è senz’altro una dialectica interrupta perché, semplificando al massimo, l’antitesi tra razionale e irrazionale non prospetta alcun tipo di sintesi, di superamento dei due termini della contraddizione. L’irrazionalismo viene evocato solo come momento fallace per confermare la bontà del suo opposto, la razionalità dominante. Che le cose stiano effettivamente così lo possiamo intuire quando leggiamo che a fare da contraltare all’onda di irrazionalità c’è “una maggioranza ragionevole e saggia”. Un’ulteriore conferma viene dal fatto che l’irrazionalismo si esprimerebbe nell’opposizione alle politiche governative: “Le proposte razionali che indicano la strada per migliorare la situazione vengono delegittimate a priori per i loro supposti intendimenti, con l’accusa di favorire interessi segreti e inconfessabili.


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Salvatore Palidda: Il nucleare “verde” e l’energia di transizione

lafionda

Il nucleare “verde” e l’energia di transizione

di Salvatore Palidda

La Commissione europea si appresta a classificare il nucleare come energia verde. Parallelamente definirà il gas “energia di transizione”, a seguito dei negoziati con la Francia e la Germania.

Nel consiglio europeo del 21 e 22 ottobre, i capi di Stato e dei governi europei avevano fatto pressione sulla Commissione per decidere, a fine novembre, della sorte che si sarebbe riservata al nucleare e al gas nella tassonomia, cioè nella classificazione delle attività economiche in funzione delle loro emissioni di CO2 e delle loro conseguenze sull’ambiente. Ursula von der Leyen, la presidente dell’esecutivo comunitario, aveva promesso che sarebbe stata cosa fatta prima del successivo incontro del 16 dicembre. Invece non è stato così; Angela Merkel, che aveva gestito il dossier dopo che i Ventisette l’hanno criticata non ha smesso di rimandare il suo arbitraggio, e ormai si deve aspettare gennaio. Se tutto va come previsto, la Commissione presenterà il suo progetto il 18 gennaio.

Ricordiamo che i paesi europei hanno deciso il raggiungimento dalla neutralità carbone nel 2050, mentre la dipendenza dal gas russo inquieta e i prezzi dell’energia esplodono; si tratta di una posta in gioco cruciale.


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cedric durand and Cecilia Rikap: Il capitalismo dei monopoli intellettuali: la sfida del nostro tempo

eticaeconomia

Il capitalismo dei monopoli intellettuali: la sfida del nostro tempo

di cedric durand and Cecilia Rikap

Scientia potentia est – sapere è potere. Il vecchio adagio ha acquisito una connotazione sinistra con l’allarmante dominio delle Big Tech nell’economia e nella società nel suo complesso. Il Corporate Europe Observatory ha recentemente rivelato che tale settore rappresenta oggigiorno di gran lunga il principale lobbista delle istituzioni dell’Unione Europea.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg di quello che Ugo Pagano chiama “il capitalismo dei monopoli intellettuali” e sul quale ha scritto anche sull’ultimo numero del Menabò. La conoscenza, che dovrebbe essere un bene pubblico (ossia non rivale e non escludibile), è stata appropriata privatamente dalle grandi imprese come capitale: la quota di beni intangibili (intangible assets) tra le società incluse nell’indice S&P 500 è passata dal 17% nel 1975 al 90% nel 2020.

Per Pagano, la drammatica espansione dei diritti di proprietà intellettuale “comporta la creazione di un monopolio legale che può essere potenzialmente esteso all’intera economia globale”. La sua presa di posizione contro un modello che tutela con forza la proprietà intellettuale riecheggia la posizione tradizionale di quegli economisti che trattano la conoscenza come un bene gratuito. Friedrich Hayek, per esempio, sosteneva:


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Carlo Clericetti: Piano Draghi-Macron, una conversione a metà

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Piano Draghi-Macron, una conversione a metà

di Carlo Clericetti

Un link nell’articolo sul Financial Times firmato dai due leader rimanda a una proposta più particolareggiata su come riformare le regole europee. Che contiene novità importanti rispetto a quelle ora sospese, e sicuramente le migliora. Ma ignora questioni non meno rilevanti

Tutti i media hanno parlato dell’articolo sul Financial Times firmato da Mario Draghi e dal presidente francese Emmanuel Macon. Una mossa importante, certo per i contenuti: il debito va ridotto, ma non aumentando le tasse o tagliando la spesa; la politica fiscale è fondamentale “per proteggere le nostre persone e trasformare le nostre economie”; il Next Generation EU “è stato un successo” e “offre un utile modello per il futuro”; soprattutto, le regole europee vanno cambiate.

Ma è altrettanto importante il fatto che i due leader abbiano voluto far sapere in modo così evidente che la vedono nello stesso modo. Scrive l’agenzia Ansa: “Fonti dell’Eliseo spiegano che il testo di Draghi e Macron è stato condiviso con altri capi di stato e di governo Ue” e che “hanno consultato diversi leader, in particolare il cancelliere tedesco Olaf Scholz”. Solo loro due, però, hanno firmato. Forse un modo per rimarcare che quella è la posizione del secondo e terzo paese più importanti dell’Ue e dunque nella discussione non se ne potrà prescindere, e forse perché non coincide esattamente con quello che pensa il leader del Paese più importante, la Germania.


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Gian Marco Martignoni: «L’ultimo miglio»

labottegadelbarbieri

«L’ultimo miglio»

di Gian Marco Martignoni

Gian Marco Martignoni sul viaggio di Angelo Mastrandrea nel mondo della logistica e dell’e-commerce in Italia fra Amazon, riders, portaconteiner, magazzinieri e criminalità organizzata

Vengono i brividi nel leggere le inchieste di Angelo Mastrandrea in L’ultimo miglio (Manni pagine; pagine 170, euro 14). Tanto che l’economista marxista Joseph Halevi, studioso a Sidney dei processi legati alla globalizzazione, ha parlato senza peli sulla lingua di ritorno a un “Medioevo capitalista”. I cinque capitoli che compongono questo libro disvelano perfettamente le brutali condizioni di lavoro e di vita di coloro che permettono l’indispensabile movimentazione (non solo ai colossi del settore) di merci di ogni tipo.

Il viaggio di Mastrandrea nella penisola non poteva che iniziare con Amazon, la multinazionale che nel nostro Paese dalla fine del 2010 ha aperto 27 magazzini ben suddivisi sul territorio, arrivando in breve tempo a occupare 9500 dipendenti, mentre ne annovera 560.000 in tutto il mondo. In particolare sono stati posti sotto osservazione il magazzino di Passo Corese, ubicato nell’alto Lazio (che nei picchi di ordinazione sfiora i 3000 occupati) e quello di Castel San Giovanni in provincia di Piacenza.


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Salvatore Bravo: Democrazia e giudizio qualitativo

sinistra

Democrazia e giudizio qualitativo

di Salvatore Bravo

La democrazia sociale è integrazione delle diversità sulla comune natura del logos. Vi sono tra gli esseri umani indubitabili differenze individuali ed etniche, ma le differenze non sono confini invalicabili, il logos è la comune natura che consente di calcolare soluzioni di compromesso, in quanto al di là delle differenze vi è una comune natura umana concreta con i suoi autentici bisogni: cibarsi, avere un tetto, vestirsi, curarsi, essere riconosciuti al di là dei ruoli sociali, comunicare la processualità della propria identità e il bisogno di essere parte di una comunità che convergono verso la possibilità del compromesso. Si tratta di riconoscersi “umani” nella concretezza dell’immanenza in cui l’esperienza individuale si materializza. Le distanze possono restare, ma accanto ad esse vi sono innumerevoli punto di contatto. L’integrazione non può avvenire in modo automatico, la tolleranza, termine non felice per esprimere l’integrazione comunitaria, non si realizza senza sviluppo della sovrastruttura. Senza educazione non è possibile il percorso che porta alla comunità democratica. L’educazione non è una scienza sperimentale, per cui i risultati non sono assicurati, poiché agisce e si configura all’interno di innumerevoli variabili tra cui il sostrato storico e comunitario e l’indole personale.


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Piotr: Allarme son fascisti

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tonino

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Jan 8, 2022, 2:45:50 AM1/8/22
to sante gorini

Giorgio Cesarale: Negatività, totalità e nuove forme della critica

ospite
              ingrato

Negatività, totalità e nuove forme della critica

di Giorgio Cesarale

Die Brucke e1607710800359Il Novecento ha voluto realizzare l’idea, ha detto Alain Badiou, ma per realizzarla, si potrebbe aggiungere, ha anzitutto provato a cambiarla.1 Esso è stato infatti un secolo rivoluzionario non solo dal punto di vista sociale e politico o da quello artistico e scientifico, ma anche da quello filosofico. Forme, contenuti, risultati dell’impresa filosofica moderna sono rimasti “spiazzati” da un discorso nuovo, caratterizzato dalla radicale ricombinazione dei materiali consegnati dalla tradizione. Se si dà infatti uno sguardo alla costellazione filosofica del Novecento, dall’ermeneutica alla fenomenologia passando per il pragmatismo e la filosofia analitica, ci si accorge che ciascuna di queste correnti ha inteso effettuare una svolta, capace di proiettare la filosofia fuori da una situazione considerata ormai priva di sbocchi, di ogni autonoma possibilità rigeneratrice. Sennonché, dire “filosofia moderna” significa anche dire, come è noto, “critica”. A quale destino si è perciò dovuta sottoporre la critica, tipico manufatto del pensiero europeo sette-ottocentesco, entro il contesto filosofico novecentesco? È una domanda cruciale, per l’insieme delle implicazioni che reca con sé, e non è perciò un caso che attorno a essa si sia venuta componendo una vasta e articolata riflessione. A tal proposito, la nostra convinzione è che, malgrado le sue difficoltà, tale riflessione debba proseguire, sebbene si tratti di volgerla verso margini inesplorati, o non esplorati con sufficiente energia, come sta peraltro accadendo nel dibattito che su questo tema si sta svolgendo sulle colonne dell’«Ospite ingrato». Le notazioni che seguiranno cercheranno di conferire a questa convinzione un profilo più preciso.


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Marcello Musto: Alienazione, storia di un concetto

jacobin

Alienazione, storia di un concetto

di Marcello Musto

Il rapporto tra lavoro e sfruttamento, tra attività creatrice e oggetti prodotti, è centrale nell'analisi di Marx e nella sua idea di superamento del capitalismo

alienazione jacobin italia 1536x560Da quando sono stati pubblicati per la prima volta negli anni Trenta, i primi scritti di Karl Marx sull’alienazione sono serviti come pietra di paragone radicale nei campi del pensiero sociale e filosofico, dando vita a consensi, contestazioni e dibattiti. Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, Marx sviluppò per la prima volta il concetto di lavoro alienato, spingendosi oltre le nozioni filosofiche, religiose e politiche esistenti di alienazione per collocarlo nella sfera economica della produzione materiale. Si è trattato di una mossa rivoluzionaria e l’alienazione è stato un concetto che Marx non ha mai messo da parte e che avrebbe continuato a perfezionare e sviluppare nei decenni successivi. Sebbene i teorici sul tema dell’alienazione abbiano, per la maggior parte, continuato a fare uso dei primi scritti di Marx, è nell’opera successiva che Marx fornisce un resoconto più completo e sviluppato dell’alienazione, nonché una teoria del suo superamento. Nei taccuini dei Grundrisse (1857-58), così come in altri manoscritti preparatori de Il Capitale (1867), Marx propone una concezione dell’alienazione che trova storicamente fondamento nella sua analisi dei rapporti sociali sotto il capitalismo. Se questo importante aspetto della teoria di Marx è stato finora sottovalutato, resta la chiave per comprendere cosa intendesse il Marx maturo per alienazione – e contribuisce a dare gli strumenti concettuali che saranno necessari per trasformare il sistema economico e sociale dell’ipersfruttamento in cui viviamo oggi.

 

Una lunga traiettoria

Il primo resoconto sistematico dell’alienazione è stato fornito da Hegel ne La fenomenologia dello spirito (1807), dove i termini Entausserung («alienazione»), Entfremdung («straniamento») e Vergegenständlichung (letteralmente: «oggettivazione») sono stati usati per descrivere il divenire altro da sé dello Spirito nel regno dell’oggettività.


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Paolo Bellavite: Covid: ricoveri abbattuti drasticamente se curata entro tre giorni. Lo studio italiano che lo dimostra

percorsidiriequilibrio

Covid: ricoveri abbattuti drasticamente se curata entro tre giorni. Lo studio italiano che lo dimostra

Valentina Bennati intervista Paolo Bellavite

ba91d739a6f6e7897bda304eaef779aeCi sono medici che hanno riposto ogni fiducia solo nel “vaccino” e altri che, invece, in questi ultimi 20 mesi hanno lavorato, e molto, per curare i malati ed evitare che giungessero troppo aggravati in ospedale. Dalla loro esperienza – che ha dimostrato che, se si interviene nella fase iniziale con terapie appropriate, di COVID si può guarire tranquillamente a casa – è nato uno studio, ora a disposizione della comunità scientifica.

Pubblicato in anteprima l’8 dicembre dalla rivista peer-review ‘Medical Science Monitor’ con il titolo “Retrospective Study of Outcomes and Hospitalization Rates of Patients in Italy with a Confirmed Diagnosis of Early COVID-19 and Treated at Home Within 3 Days or After 3 Days of Symptom Onset with Prescribed and NonPrescribed Treatments Between November 2020 and August 2021 (Studio retrospettivo sugli esiti e sui tassi di ospedalizzazione di pazienti in Italia con diagnosi confermata di COVID-19 precoce e trattati a casa entro 3 giorni o dopo 3 giorni dall’insorgenza dei sintomi con farmaci di prescrizione e non di prescrizione tra novembre 2020 e agosto 2021)”, il lavoro ha, come prima firma, quella del professore Serafino Fazio, componente del Consiglio Scientifico del Comitato Cura Domiciliare COVID-19, già professore di medicina Interna all’Università di Napoli. I co-autori sono Paolo Bellavite (già professore di Patologia generale alle Università di Verona e di Ngozi-Burundi), Elisabetta Zanolin (Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica dell’Università di Verona), Peter A. McCullough (Department of Cardiology, Truth for Health Foundation, Tucson, AZ, USA) che ha sottoscritto lo schema terapeutico del Comitato Cura Domiciliare COVID-19, Sergio Pandolfi (Neurochirurgo – Ozonoterapeuta, Docente al Master di II° livello in ossigeno-ozono terapia Università di Pavia) e Flora Affuso (ricercatrice indipendente).


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Marco Cattaneo: Regole fiscali UE: complicare per non risolvere

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Regole fiscali UE: complicare per non risolvere

di Marco Cattaneo

Pochi giorni fa, è uscito sul Financial Times un articolo a firma congiunta Draghi – Macron: argomento, la necessità di modificare il Patto di Stabilità e Crescita dell’Unione Europea.

La proposta Draghi-Macron dovrebbe trovare la sua applicazione tecnica in un paper redatto a otto mani da Francesco Giavazzi, Veronica Guerrieri, Guido Lorenzoni e Charles-Henri Weymuller. Paper il cui link fa bella mostra di sé a fianco dell’articolo Draghi-Macron, nella medesima pagina del sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Beh, senz’altro qualcun altro (oltre a me) si prenderà la briga di leggerlo, approfittando anche del tempo libero tra Natale e Capodanno (chi non scia e chi non fa vacanze in posti esotici, quanto meno – in questo possono essere “d’aiuto” le restrizioni Covid, che non inducono a grandi spostamenti).

Io l’ho letto dicevo, e la lettura non mi ha confortato. Dove è andata a finire la volontà di semplificare regole e meccanismi ? qui abbiamo: la creazione di una European Debt Management Agency che dovrebbe assorbire l’incremento di debito pubblico generatosi durante la pandemia (ma forse anche durante la crisi Lehman 2008-9); l’estrapolazione dal calcolo del deficit di quelle che verrebbero considerate “spese per il futuro”; la separazione del debito in componenti “a rientro veloce” e “a rientro lento”; la distinzione tra investimenti green e tutto il resto; e altre amenità.


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Anna Pulizzi: I pupari del Quirinale

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I pupari del Quirinale

di Anna Pulizzi

Il presidente della Repubblica è sempre stato cooptato tra i membri di quel consesso, abitualmente denominato ‘casta’, che è il bersaglio prevalente della sfiducia popolare. Tutti i presidenti sono venuti finora da lì, mentre si sussurra che il prossimo potrebbe invece provenire dal mondo dell’alta finanza, o per meglio dire dal suo sottobosco di mezzani, manutengoli, vili affaristi.

Però non appena uno di costoro viene nominato primo cittadino, nell’immaginario collettivo viene cinto in automatico di un alone di prestigio e di superiorità morale. Egli allora cessa di essere un rappresentante della ‘politica zozza’, come lo era stato fino al termine dello spoglio delle schede nel Parlamento riunito in seduta congiunta per divenire all’istante garante di una serie di cose che comprendono il rispetto del dettato costituzionale e l’unità del Paese.

E poiché nella percezione popolare il prescelto abita in luoghi dove gli schizzi di palta così comuni nel mondo dei suoi sodali non possono giungere, ecco che si ritiene naturale possa godere di una serie di tutele, guarentigie e poteri non certo irrilevanti: può sciogliere una delle Camere o entrambe, sentiti i loro presidenti (dove “sentiti” può significare che occorre il loro consenso ma forse anche no).


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Monica Gandhi e Leslie Bienen: Con l’avvento della Omicron, il numero di casi di COVID-19 non ha più lo stesso significato

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Con l’avvento della Omicron, il numero di casi di COVID-19 non ha più lo stesso significato

di Monica Gandhi e Leslie Bienen

Gli Stati Uniti hanno finalmente intrapreso un graduale processo di accettazione sul fatto che il COVID-19 diventerà endemico – cioè che sarà sempre presente nella popolazione – grazie alle proprietà intrinseche del virus (capacità di infettare gli animali, alta trasmissibilità, lunghi periodi di infettività, sintomi simili ad altri patogeni), e così rimarrà per il futuro. Tuttavia, Gli Stati Uniti hanno una “cassetta degli attrezzi” per affrontare in maniera adeguata questa realtà.

La possibilità di vaccinarsi si sta ampliando man mano a ulteriori fasce di popolazione, e i boosters sono a disposizione di ogni adulto che lo richieda. A breve saranno approvati due farmaci antivirali che si sono dimostrati efficaci nel prevenire ospedalizzazioni e decessi nelle persone infettate di recente dal COVID-19. Ci sono anche i trattamenti con anticorpi monoclonali per quelle persone il cui Sistema immunitario non sviluppi una risposta soddisfacente all’infezione. Il CDC – Center for Disease Control degli Stati Uniti – ha comunicato questo importante cambio di passo riconoscendo che l’immunità di gregge non è raggiungibile. Con questa ammissione da parte della più importante agenzia di salute pubblica americana, anche le politiche di contrasto al virus devono cambiare.


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Rosso Malpelo: Coviretto

letadeldisordine

Coviretto

di Rosso Malpelo

Gli italiani sono in maggioranza un popolo retrivo e conservatore, i governi che riescono ad esprimere sono quasi sempre reazionari anche quando si fregiano dell’appellativo progressista. Molto probabilmente il motivo risiede nel profondo disprezzo che essi nutrono per i loro compatrioti, persino quando li divide una semplice contrada. In definitiva gli italiani si dispregiano e per reazione hanno sviluppato nel tempo una esterofilia sconfinata che li porta ad obliare la propria lingua, ad apprezzare acriticamente i governanti altrui ed a prendere per buona qualunque ricetta politica ed economica proveniente dall’estero anche quando palesemente volta a limitare la sovranità italiana per appropriarsi delle italiche ricchezze (che non son poche). Inoltre hanno partorito il mito dell’uomo forte al comando.

Ecco perché molto spesso ad ogni cambio di governo si ha la sensazione di essere passati dalla padella alla brace e quasi tutti sono disposti ad ammettere che “si stava meglio quando si stava peggio”. Gli italiani hanno inventato il fascismo, che con il loro consenso ha creato l’impero di cartapesta e poi s’è lanciato nella catastrofe della seconda guerra mondiale.


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Salvatore Bravo: Iperstoria

sinistra

Iperstoria

di Salvatore Bravo

La filosofia è ricerca della verità, essa è storica, perché è nella storia e risponde alle sollecitazioni materiali della stessa, ma pur essendo parte integrante degli eventi storici, discerne nella storia con il suo metodo d’indagine olistico e dialettico il contingente dal necessario. La filosofia non è ideologia, perché ha quale obiettivo l’universale e non il particolare (ideologia). Filosofare non è un atto descrittivo che registra l’accadere, ma concetto che diviene prassi nella critica qualitativa. Negli ultimi decenni la filosofia sembra aver “dimenticato” la passione per la verità per rendersi organica al mercato. La filosofia adattiva è parte del sistema, lo descrive ed indica la fatalizzazione del tempo storico. L’infosfera è la nuova via all’adattamento capitalistico sostenuto dalla filosofia accademica, parte dal postulato che il digitale è il nuovo ambiente dell’essere umano, si consuma una nuova cesura nella storia, si passa dalla storia all’iperstoria. Il digitale è presentato come una realtà oggettiva, un nuovo realismo tecnologico (ICT) che crea il mondo, il suo ambiente e gli esseri umani. Dietro l’impalabile presenza dell’interconnessione digitale non vi è che il digitale, scompaiono le strutture economiche e ideologiche, pertanto l’iperstoria viene a noi nel segno del destino.


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Marco Mamone Capria: Considerazioni sul primo anno di una strana campagna vaccinale

sinistra

Considerazioni sul primo anno di una strana campagna vaccinale

di Marco Mamone Capria

njksnvlnDobbiamo pianificare la libertà, e non solo la sicurezza, se non altro perché solo la libertà può rendere sicura la sicurezza.
Karl R. Popper
“Più della stessa cosa” è una delle più efficaci ricette per un disastro che si sono evolute sul nostro pianeta
P. Watzslavick

Introduzione‌

C’è bisogno di dire altro sulla campagna vaccinale anti-covid-19? Secondo me tutto ciò di essenziale che doveva essere detto per orientare i cittadini a una decisione razionale lo è già stato da un anno o quasi (da me e da altri).

Eppure in ogni ora del giorno e della notte i principali media e i nostri presunti rappresentanti politici continuano instancabilmente a dire – no, non occasionali inesattezze, ma il contrario della verità. E la verità è che siamo testimoni di un gigantesco fallimento di misure sanitarie, che era prevedibile, era stato previsto e, come vedremo, è tacitamente ammesso anche dalle autorità, ma che soggetti economici e politici capaci di influenzare il governo e il sistema dei media in Italia e nel resto del mondo cosiddetto “sviluppato” volevano e sono riusciti a imporre a una cittadinanza terrorizzata.

I principali media, con il conforto di istituti che stanno dilapidando sconsideratamente la propria reputazione – come il Censis («Da oltre 50 anni interpreti del Paese») –, cercano di rappresentare quello che si potrebbe più realisticamente descrivere come il conflitto tra una maggioranza di illusi e ossequiosi alle direttive del governo e una minoranza (ma crescente) di resistenti all’inganno, come la riedizione di un mitico conflitto tra scienza e antiscienza – la scienza essendo, per fortunatissima coincidenza, rappresentata dalla suddetta maggioranza. Insomma, dopo essere stati ammorbati per due anni con il vaniloquio che «la scienza non è democratica», scopriamo adesso che la verità scientifica è... ciò in cui crede la maggioranza.


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Alberto Bradanini: La nascita dell’alleanza Australia-Gran Bretagna-Stati Uniti (Aukus) e la guerra fredda americana contro la Repubblica Popolare Cinese

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La nascita dell’alleanza Australia-Gran Bretagna-Stati Uniti (Aukus) e la guerra fredda americana contro la Repubblica Popolare Cinese

di Alberto Bradanini

shutterstock 1189670563Il tema è complesso, lo spazio limitato per definizione e alcuni passaggi appariranno apodittici. D’altro canto, tale percorso guadagna in limpidezza e posizionamento, specie quando si ha a che fare con temi cruciali come la pace, la guerra e il futuro del mondo.

Già nel V secolo a.C., Confucio aveva rilevata la necessità di procedere a una rettificazione dei nomi. Se questi sono manipolati e non riflettono la realtà – egli rimarcava – il loro uso è fonte di malintesi, un dialogo autentico tra gli uomini diviene impossibile e la vita sociale ne risente in profondità.

Giacomo Leopardi osservava al riguardo: “I buoni e i generosi sogliono essere odiatissimi perché chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina. Cosicché, mentre chi fa male ottiene ricchezze e potenza, chi lo nomina è trascinato sui patiboli, essendo gli uomini prontissimi a soffrire qualunque cosa dagli altri o dal cielo, purché a parole ne siano salvi”.

In un suo scritto, Malcom X afferma che “se non si fa attenzione, i media ci fanno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”. E questo vale anche per le nazioni.

Semplificando un po’, ma a vantaggio della chiarezza, gli Stati Uniti, a partire da Reagan essenzialmente – alla luce di un relativo ridimensionamento sulla scena mondiale – hanno gradualmente imposto una militarizzazione delle relazioni internazionali (colpi di stato, invasioni, sanzioni e interferenze di vario genere, in Europa un azzardato avanzamento della Nato verso Est, in violazione degli accordi a suo tempo definiti tra Bush padre e Gorbaciov, e via dicendo).


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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

Intervista a Rolando Giai-Levra

IMMAGINE TERZO EDITORIALE Giai LevraD. Non si può parlare di comunismo senza parlare di classe operaia: Vorresti dirci qualcosa sulla storia del movimento operaio in Italia, sulle sue lotte e sulle sue conquiste?

Lo sviluppo della lotta fra le classi ha generato una classe formidabile e generosa, quella operaia, che Marx-Engels-Lenin indicavano come la classe che, liberando se stessa dalla schiavitù del lavoro salariato, libererà tutta l’umanità dall’oppressione e dallo sfruttamento capitalistico. È la classe che Gramsci definiva classe dei produttori in grado di produrre una grande ricchezza sociale, più di quanto necessita alla sua riproduzione; quindi, caratterizzata da un alto carattere sociale, di dimensione internazionale e che nel sistema dei rapporti di produzione si trasforma in profitto di cui si appropriano i capitalisti, tramite il loro potere politico borghese. Questa è la condizione materiale in cui si genera e si sviluppa la contraddizione fondamentale di classe e il conflitto tra capitale e lavoro, tra salario e profitto.

In questo processo storico, la classe operaia italiana ha dimostrato di saper affrontare situazioni complesse e difficili, andando oltre i confini della lotta di resistenza (sindacale) contro lo sfruttamento della classe capitalista, ponendo una questione centrale relativa al controllo e alla gestione del lavoro e della produzione in fabbrica. La prima esperienza storica è stata quella del biennio rosso del 1919/1920 in cui gli operai con i propri Consigli di Fabbrica sostenuti dai comunisti dell’“Ordine Nuovo”, passarono all’occupazione delle fabbriche, anche con le armi, per sottrarle al controllo dei capitalisti. Questa esperienza fallì per il boicottaggio del riformismo italiano, in quel momento annidato nel P.S.I. che egemonizzava anche la direzione della CGIL. La seconda esperienza storica è stata quella del grande movimento dei Consigli di Fabbrica nato nei primi anni ‘60 con le lotte degli elettromeccanici e dei tessili, fino a raggiungere un elevato livello politico nel 1969 in grado di controllare l’organizzazione del lavoro e della produzione in fabbrica.


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Sara Gandini: Non siamo uguali, evitiamo quindi messaggi e regole indirizzate a tutti. Serve questa infinita conta dei casi?

gruppogocciagoccia

Non siamo uguali, evitiamo quindi messaggi e regole indirizzate a tutti. Serve questa infinita conta dei casi?

di Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica

Tenere conto delle differenze è un sapere che viene da lontano che va recuperato in ogni singola situazione, sia di prevenzione che di cura.

Non siamo tutti uguali e questo conta.Stralci dall’articolo pubblicato ieri sul Il Fatto Quotidiano, che ringraziamo per l’ospitalità.

“Senza il supporto di evidenze scientifiche chiare, all’inizio dell’emergenza furono prese alcune decisioni, come la chiusura delle scuole. Si sapeva poco del virus, e quindi occorreva decidere e fare in fretta. Ma questo schema di comportamento si è ripetuto anche nell’autunno 2020, con la seconda ondata. Hanno ricominciato a chiudere le scuole sostenendo che non ci fossero dati sufficienti o affidabili per mantenerle aperte, estrapolando analisi da dati del passato nonostante ci fossero già dati disponibili: ma con il passare del tempo, non avere dati ha iniziato ad essere un alibi perfetto….Ogni volta tutto il sapere acquisito viene rimesso in discussione, forse alla rincorsa del rischio zero.


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Francesco Piccioni - Guido Salerno Aletta: Tra Stato e mercato, la Cina e l’Occidente neoliberista

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Tra Stato e mercato, la Cina e l’Occidente neoliberista

di Francesco Piccioni - Guido Salerno Aletta

Uno degli elementi più negativi nel pensiero comunista europeo degli ultimi 30 anni è sicuramente rappresentato da una concezione astratta del “socialismo”. Ridotto a una serie di princìpi totalmente indipendenti dalla realtà storica, validi in modo identico per qualsiasi formazione sociale (europea, asiatica, africana o americana), pressoché impossibili da rispettare concretamente. Una sorta di paradiso originario collocato nel lontano futuro anziché nel passato remoto.

Una volta identificato il “socialismo” con questo mondo ideale (variabile a seconda delle preferenze individuali, per di più) è inevitabile che il confronto con le esperienze concrete sia sempre negativo.

Ricordiamo che la definizione di Marx era molto più laica: da ognuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo il suo lavoro. Che è certamente una formulazione astratta, ma che descrive un criterio invece che una serie di “istituti” teoricamente caratterizzanti una formazione sociale “socialista” (inevitabilmente varianti a seconda del livello di sviluppo di un certo paese, le tradizioni locali, le culture, ecc). L’”eguaglianza” – per esempio – in condizioni di povertà o di relativo benessere generale, in pace o in guerra, ecc, può significare cose molto diverse.


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Angelo Baracca: Conquiste che stiamo perdendo

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Conquiste che stiamo perdendo

di Angelo Baracca

L’articolo di Paolo Cacciari Cinquant’anni buttati pubblicato su Comune [e anche qui] e dedicato all’emersione della cultura ecologista negli anni Settanta, ha attirato moltissime attenzioni. Angelo Baracca, fisico e storico, racconta come in realtà quegli anni le lotte eco-pacifiste hanno saputo allargare lo sguardo ecologista sotto tanti punti di vista: per usare un’immagine potremmo dire che, ad esempio, hanno affiancato il “rosso” al “verde”, aggiungendo cioè il complesso contributo del conflitto tra coloro che sono in alto e coloro che sono in basso. E oggi? “Una cosa che sembra essersi perduta – aggiunge Baracca – è la connessione fra ambiente e guerra: sia Greta e i Fridays for Future, che Extinction Rebellion hanno trascurato, se non ignorato, l’impatto delle guerre, dei militari e degli armamenti sull’ambiente e le loro pesantissime emissioni climalteranti…”

L'amara ricostruzione di Paolo Cacciari del patrimonio di elaborazione dagli anni ’60 – ’70 che sembra essersi perduto (Cinquant’anni buttati) è molto accurata e completa, ma dalla mia intensa esperienza nei movimenti a partire dalla contestazione studentesca e dall’Autunno Caldo (avevo trent’anni ed ero da poco laureato in Fisica) essa racconta solo una parte della storia: non è per un’astratta critica, poiché la ricostruzione di Cacciari è comunque molto importante, ma per un intento costruttivo e di completezza (per quanto possibile) della memoria storica che voglio brevemente discutere e ricostruire un’altra parte, che presumibilmente non sarà l’unica.


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Ferdinando Pastore: Il PD, un partito nemico dei lavoratori

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Il PD, un partito nemico dei lavoratori

di Ferdinando Pastore

Delle nuove misure del Governo, una serie di confusi e rabberciati provvedimenti privi di una visione complessiva, tendenti sempre alla colpevolizzazione dell’essere umano e mai alla protezione di beni pubblici universali, colpisce il concepimento del Super Green Pass.

Questo non è stato esteso ai lavoratori per il veto della Lega e per i dubbi dei 5Stelle. Al contrario il Partito Democratico non avrebbe battuto ciglio. Quindi si apprestava ad accogliere uno strumento di divisione della classe lavoratrice, unico vero scopo del Green Pass, proprio quando gli stessi lavoratori sono impegnati da mesi in lotte che trovano, dopo tanti anni di arrendevolezza, uno spirito di conflittualità generalizzato.

Nessun cenno, al contrario, sulla necessità di rendere gratuiti e più fruibili i tamponi molecolari, i soli oggi capaci di individuare in tempi brevi la formazione del virus. In grado insomma di monitorare realmente la situazione dei contagi. Si prosegue quindi nella consueta strategia, dimostratasi fallimentare, di puntare esclusivamente sulla campagna vaccinale, che non prevede alcun investimento pubblico in termini infrastrutturali e di occupazione.


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Coordinamento No Green Pass Napoli: Ma com’è che sono schierati con Draghi e Speranza tanti militanti della “sinistra antagonista”?

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Ma com’è che sono schierati con Draghi e Speranza tanti militanti della “sinistra antagonista”?

di Coordinamento No Green Pass Napoli

Magari, ve lo spiego un’altra volta. Qui (dopo avervi già raccontato di tanti dei suddetti militanti ridottisi a fare i piazzisti dei vaccini cubani somministrati anche ai bambini di due anni) ripubblico il comunicato del Coordinamento No Green Pass Napoli a proposito della sbalorditiva manifestazione “Non teniamo più un euro: tamponi e ffp2 gratuiti!”

Comunicato Coordinamento No Green Pass Napoli

Il 4 gennaio si terrà, davanti alla Prefettura di Napoli, una manifestazione, indetta dal Movimento di Lotta – Disoccupati “7 Novembre”, lanciata con lo slogan “Non teniamo più un euro: tamponi e ffp2 gratuiti!”

Il Coordinamento No Green Pass – Napoli, pur esprimendo piena solidarietà a tutti coloro che protestano contro la folle gestione dell’emergenza Covid, non può fare a meno di evidenziare come la richiesta di tamponi e ffp2 gratuiti (finora incapaci a impedire nuove ondate di contagi) rischi di riproporre lo stesso discutibile slogan “tu ci chiudi, tu ci paghi” che ha scandito le prime grandi manifestazioni di protesta a Napoli che, con questa impostazione politica, hanno consolidato la narrativa governativa secondo la quale l’unica soluzione per uscire dall’incubo Covid sia l’adozione di misure sempre più divisive e restrittive, unitamente a una campagna vaccinale condotta in modo indiscriminato e brutale, anche di fronte a dati che dovrebbero suggerire una franca riflessione e un differente approccio.


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tonino

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Jan 10, 2022, 3:25:05 AM1/10/22
to sante gorini

Igor Giussani: Il nucleare e le verità degli influencer

apocalottimismo

Il nucleare e le verità degli influencer

di Igor Giussani

DUFER AVVOCATO ATOMOIl video di Rick Dufer ‘La Verità sul Nucleare: Ambiente, Scienza ed Energia‘, pubblicato su YouTube il 6 novembre scorso e divenuto abbastanza virale (circa 95.000 visualizzazioni mentre sto scrivendo), si sarebbe potuto ragionevolmente intitolare ‘Quando clickbaiting, bias, ideologismo, cherrypicking, whishful thinking e tutte quelle brutte cose che rimproveriamo sempre agli altri le facciamo noi, allora diventano ottima e corretta informazione’.

Non si può definire altrimenti questa lunga intervista totalmente ‘sdraiata’ con Luca Romano (meglio noto sul Web come ‘L’avvocato dell’Atomo’), dove il liberal tecno-ottimista DuFer lascia campo libero al suo interlocutore senza il minimo contraddittorio per snocciolarci niente meno che la ‘Verità’, ossia un’ora e mezza di propaganda sapientemente ondeggiante tra enfasi delle (presunte) virtù del nucleare e demonizzazione delle rinnovabili.

La mia intenzione originaria era di ribattere colpo su colpo, tramite un articolo o un video reaction, ma le manipolazioni sono talmente tante che ogni tentativo si è rivelato un’impresa titanica. Dopo lunga (quasi due mesi) e sofferta riflessione sul da farsi, ho preferito rimandare alcune questioni a una fonte spesso accusata di essere ‘di parte’ ma che, per esaustività e ricchezza di informazioni, non ha eguali: mi riferisco al The World Nuclear Industry Status Report 2021 (WNISR2021). In particolare per quanto concerne i seguenti punti:

  • costi e tempistiche del nucleare: nel video vengono spacciati per attuali quelli relativi al programma francese (completato in massima parte a fine anni Ottanta), totalmente anacronistici a causa dei maggiori livelli di sofisticazione tecnica e degli standard di sicurezza odierni. Del resto, le descrizioni rose e fiori dell’Avvocato cozzano decisamente con le pessime condizioni economiche in cui versa attualmente il colosso energetico transalpino EDF e con il fallimento in cui è incorsa AREVA (vedi qui), che spiegano invece perché il direttore tecnico di Rwe Power Nuclear definisca l’atomo “un business economicamente morto”;

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Jack Orlando: Fanon l’inattuale

machina

Fanon l’inattuale

Rileggere I dannati della terra nelle metropoli del «primo mondo»

di Jack Orlando

Tornare a Fanon, ancora e ancora, per leggere la violenza nelle metropoli postcoloniali.

La violenza della razzializzazione, sempre attuale, e la violenza rivoluzionaria che si declina per smantellare le gerarchie sociali e della razza. Un tema, quest’ultimo, che gli scritti dello psichiatra martinicano continuano a illuminano con una radicalità potente e irrinunciabile. Jack Orlando ne ripercorre gli insegnamenti cogliendo l’urgenza politica di mettere a lavoro Fanon nel presente.

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              c720ccd8663d415ba65626dfc65e5e69mv2Nel 1961, nella intemperie della guerra di liberazione algerina, Frantz Fanon scrive un testo, I dannati della terra, destinato da subito a diventare una pietra miliare nella formazione politica, non solo dei militanti delle lotte di liberazione del terzo mondo ma per tutta la componente antagonista e rivoluzionaria della stagione Sessanta/Settanta.

È abbastanza noto il forte influsso che ebbe questo scritto sul movimento afroamericano. Preso a modello dal Black Panther Party che ne coniugò gli assunti con quelli di Malcolm X e della pedagogia maoista del Libretto Rosso, fu punto di partenza per l’elaborazione di una teoria del colonialismo interno che avrebbe poi influenzato tutto il pensiero nero radicale, di lì a venire: una prima emersione esplicita del problema coloniale dentro le metropoli occidentali e la risposta dei subalterni in seno agli Stati Uniti.

Nel medesimo frangente storico, anche in Italia ed Europa, il pensiero di Fanon entra in contatto con l’esperienza concreta di formazioni politiche rivoluzionarie come i NAP in Italia e la tedesca RAF, per citare due esempi. Pure in assenza di una centralità della linea del colore, come negli USA, Fanon riesce comunque a entrare nelle pieghe del discorso radicale; senz’altro per l’importanza del concetto di «imperialismo» ma soprattutto per la capacità di inanellare un rosario teorico che muovendosi dalla dimensione macroscopica dei fenomeni sociali, arriva giù in fondo al cuore dell’esperienza psichica e individuale del subalterno. In questo senso, la violenza è l’elemento che caratterizza e accomuna su scala globale, a differenti sfumature, l’universo capitalista e Fanon sa offrire lo sguardo e le parole per coglierne la portata.


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Chi ha paura del vaccino?

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Chi ha paura del vaccino?

di Maddalena Loy, giornalista, Elena Dragagna, avvocato, Maria Luisa Iannuzzo, medico legale, Maurizio Rainisio, statistico, Francesca Capelli, sociologa e scrittrice, Remo Bassini, scrittore e giornalista, Thomas Fazi, giornalista e saggista, Gilda Ripamonti, giurista, Marilena Falcone, ingegnere, Maria Sabina Sabatino, storica dell'arte, Luciana Apicella, giornalista, Elena Flati, nutrizionista, Ugo Bardi, chimico, Maurizio Matteoli, pediatra, Clementina Sasso, astrofisica, Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica

ippocrate11Il dibattito pubblico si sta infiammando sempre di più intorno al tema della campagna di vaccinazione.

Esattamente un anno fa l'Italia aveva chiarito la propria posizione ufficiale: il vaccino sarebbe stato gratuito e non obbligatorio (1). Tuttavia, alcuni rappresentanti delle istituzioni avevano già allora più o meno esplicitamente anticipato che la volontarietà della vaccinazione sarebbe stata condizionata dal raggiungimento della cosiddetta “immunità di comunità”, o di gregge. Qualora questa non fosse stata raggiunta, compatibilmente con i tempi di distribuzione del vaccino, si sarebbero verificate, a dir loro, le condizioni per promuovere l'obbligo vaccinale o, in alternativa, gli incentivi alla vaccinazione (2).

Questa seconda alternativa, definita “spinta gentile” (in inglese, “nudge”) avrebbe portato ad alcune iniziative come l'istituzione di un “passaporto vaccinale” così da “consentire” ai vaccinati di tornare a partecipare pienamente alla vita pubblica (prendere un treno o un aereo, assistere a un concerto) o addirittura ottenere una riduzione nei tempi di accesso a prestazioni sanitarie non salvavita (3). Il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, dichiarò per primo: "La Campania darà una card a tutti i cittadini vaccinati. Ci auguriamo che i cittadini la possano esibire per andare al cinema, al ristorante con più tranquillità avendo la certificazione di avvenuta vaccinazione” (3bis).

Tra i due estremi di chi attendeva con trepidazione l'arrivo del vaccino e chi, dall'altra parte, rifuggiva non soltanto l'obbligo vaccinale ma il vaccino stesso (i cosiddetti “no-vax”) è da sempre esistita una vasta zona grigia che si è sempre posta domande.


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Andrea Zhok: Cosa possiamo fare?

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Cosa possiamo fare?

di Andrea Zhok

article landing 9f1376c4 2c3e 4b24 8a6a 83577b1a7f3bGli ultimi mesi hanno visto un’accelerazione dei processi di dissoluzione dei paradigmi democratici e dei diritti costituzionali inedita nella storia della Repubblica. Che di questa situazione una parte ampia della popolazione italiana non abbia alcuna contezza va registrato con rammarico, ma non può essere un motivo per rimanere alla finestra.

 

A) Qual è la situazione in cui ci troviamo?

Riassumiamo quanto accaduto negli ultimi mesi sotto il profilo democratico.

• Con la Certificazione Verde si è istituito di fatto un trattamento sanitario obbligatorio sotto mentite spoglie, in violazione dell’articolo 32 della Costituzione.

• Le massive proteste di piazza che si sono succedute per mesi in decine di città italiane sono state ignorate dall’esecutivo e rimosse dalla vista e dal giudizio dai media, salvo nelle occasioni in cui era possibile stigmatizzarne qualche eccesso. L’unica risposta alla protesta di milioni di persone è stata ad un certo punto l’imposizione di un divieto di manifestare, in violazione sostanziale dell’articolo 17 della Costituzione.

• Intanto su molti manifestanti, identificati nel corso di eventi pacifici, senza che gli venisse ascritto alcun reato, hanno iniziato a piovere provvedimenti di DASPO urbani, annuali o triennali.

• Per rendere facile l’operatività dei controlli e l’implementazione del sistema certificativo da inizio ottobre è stata modificata la normativa sulla Privacy, scavalcando il Garante e legittimando di default il trattamento dei dati personali da parte dell’amministrazione pubblica, ogni qualvolta venga dichiarato che tale trattamento avviene per ragioni di pubblico interesse.


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Nico Maccentelli: La variante cinese

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La variante cinese

di Nico Maccentelli

MV5BMjY3Njk4MjYtYTBiMC00OWEyLWE1NDItNDM0Y2M1OTJkZjliXkEyXkFqcGdeQXVyNjI5NTk0MzE.
              V1 768x1024“Uno degli elementi più negativi nel pensiero comunista europeo degli ultimi 30 anni è sicuramente rappresentato da una concezione astratta del “socialismo”. Ridotto a una serie di princìpi totalmente indipendenti dalla realtà storica, validi in modo identico per qualsiasi formazione sociale (europea, asiatica, africana o americana), pressoché impossibili da rispettare concretamente. Una sorta di paradiso originario collocato nel lontano futuro anziché nel passato remoto.”

Inizia così un articolo di Contropiano a firma di Francesco Piccioni su un pezzo di Guido Salerno Aletta, dal titolo: Tra stato e mercato la Cina e l’Occidente neoliberista, attaccando praticamente chi riguardo la Cina di oggi non ripone fiducia nelle “magnifiche sorti” del suo inesistente socialismo.

In realtà l’articolo in questione inizia con un falso storico-temporale che occulta e separa dalla questione cinese odierna un tema fondamentale per tutto il movimento comunista novecentesco e odierno: la lotta contro il revisionismo e ciò che differenzia una sinistra rivoluzionaria da questo. Altrimenti la storiella della “concezione astratta del socialismo” non reggerebbe. E il falso è nella datazione dei 30 anni.

E in realtà non sono 30, bensì 60 anni che questo dibattito divide il movimento comunista, sin dai tempi in cui il maoismo ha rappresentato nello scontro politico con il togliattismo la linea di demarcazione tra una visione rivoluzionaria e una revisionista. E fu proprio la politica rivoluzionaria maoista a fare da incipit a gran parte delle lotte di liberazione antimperialista e alle sinistre rivoluzionarie dalle campagne alle metropoli.


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Vincent Bevins: Il metodo Giacarta

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Il metodo Giacarta

Nicola Tanno intervista Vincent Bevins

Intervista a Vincent Bevins, che in un libro ricostruisce la storia dei massacri di cui si resero responsabili gli Stati uniti in Indonesia, America Latina e nel mondo. In nome dell'anticomunismo si spianava la strada al dominio del capitalismo

indonesia jacobin italia 1536x560Il genocidio indonesiano del 1965-66 resta uno dei buchi neri della memoria collettiva. A differenza di altri esecrabili crimini del Novecento, nella cultura popolare non esiste una conoscenza profonda dell’assassinio di circa un milione di militanti del Partito Comunista Indonesiano (Pki) né delle relative responsabilità degli Stati Uniti d’America. Allo stesso tempo, neanche la sinistra ha introiettato l’avvenimento nella sua memoria storica, né per denunciarlo né per trarne insegnamenti.

A differenza di altri crimini commessi in nome dell’anticomunismo, come quelli commessi in Cile e Argentina, è mancato un momento di riflessione politica sull’ascesa e la caduta del più grande partito comunista del Novecento dopo quelli sovietico e cinese. La storia del Pki viene perlopiù ignorata così come quella dell’importante ruolo dell’Indonesia nel primo ventennio del secondo dopoguerra. Sotto la guida di Sukarno, infatti, l’arcipelago asiatico fu il promotore del movimento dei paesi non allineati che si riunì a Bandung, sull’isola di Java, nel 1955 e che si proponeva di cambiare le regole della politica internazionale al di fuori dei blocchi. La fine di Sukarno e del Pki è anche un caso da manuale di come la Guerra Fredda sia stata vinta dagli Stati Uniti soprattutto attraverso il terrorismo di Stato a colpi di guerra psicologica, bombe e stermini dei militanti di sinistra.

Proprio della dimensione internazionale del genocidio indonesiano tratta il lavoro di Vincent Bevins Il Metodo Giacarta. La crociata anticomunista di Washington e il programma di omicidi di massa che hanno plasmato il nostro mondo (2019), che recentemente è stato tradotto da Einaudi. Mentre negli ultimi anni sono stati diversi i lavori che hanno spiegato dettagliatamente come si è arrivati al massacro e le sue conseguenze per l’Indonesia (per esempio quello di Geoffrey Robinson, già intervistato da Jacobin Italia), il testo di Bevins – ex-corrispondente del Los Angeles Times – si focalizza sulle cause e le conseguenze internazionali del massacro e su come esso abbia seguito uno schema che si è ripetuto identico in molte parti del mondo.


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Giorgio Cesarale: Negatività, totalità e nuove forme della critica

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              ingrato

Negatività, totalità e nuove forme della critica

di Giorgio Cesarale

Die Brucke e1607710800359Il Novecento ha voluto realizzare l’idea, ha detto Alain Badiou, ma per realizzarla, si potrebbe aggiungere, ha anzitutto provato a cambiarla.1 Esso è stato infatti un secolo rivoluzionario non solo dal punto di vista sociale e politico o da quello artistico e scientifico, ma anche da quello filosofico. Forme, contenuti, risultati dell’impresa filosofica moderna sono rimasti “spiazzati” da un discorso nuovo, caratterizzato dalla radicale ricombinazione dei materiali consegnati dalla tradizione. Se si dà infatti uno sguardo alla costellazione filosofica del Novecento, dall’ermeneutica alla fenomenologia passando per il pragmatismo e la filosofia analitica, ci si accorge che ciascuna di queste correnti ha inteso effettuare una svolta, capace di proiettare la filosofia fuori da una situazione considerata ormai priva di sbocchi, di ogni autonoma possibilità rigeneratrice. Sennonché, dire “filosofia moderna” significa anche dire, come è noto, “critica”. A quale destino si è perciò dovuta sottoporre la critica, tipico manufatto del pensiero europeo sette-ottocentesco, entro il contesto filosofico novecentesco? È una domanda cruciale, per l’insieme delle implicazioni che reca con sé, e non è perciò un caso che attorno a essa si sia venuta componendo una vasta e articolata riflessione. A tal proposito, la nostra convinzione è che, malgrado le sue difficoltà, tale riflessione debba proseguire, sebbene si tratti di volgerla verso margini inesplorati, o non esplorati con sufficiente energia, come sta peraltro accadendo nel dibattito che su questo tema si sta svolgendo sulle colonne dell’«Ospite ingrato». Le notazioni che seguiranno cercheranno di conferire a questa convinzione un profilo più preciso.


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Marcello Musto: Alienazione, storia di un concetto

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Alienazione, storia di un concetto

di Marcello Musto

Il rapporto tra lavoro e sfruttamento, tra attività creatrice e oggetti prodotti, è centrale nell'analisi di Marx e nella sua idea di superamento del capitalismo

alienazione jacobin italia 1536x560Da quando sono stati pubblicati per la prima volta negli anni Trenta, i primi scritti di Karl Marx sull’alienazione sono serviti come pietra di paragone radicale nei campi del pensiero sociale e filosofico, dando vita a consensi, contestazioni e dibattiti. Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, Marx sviluppò per la prima volta il concetto di lavoro alienato, spingendosi oltre le nozioni filosofiche, religiose e politiche esistenti di alienazione per collocarlo nella sfera economica della produzione materiale. Si è trattato di una mossa rivoluzionaria e l’alienazione è stato un concetto che Marx non ha mai messo da parte e che avrebbe continuato a perfezionare e sviluppare nei decenni successivi. Sebbene i teorici sul tema dell’alienazione abbiano, per la maggior parte, continuato a fare uso dei primi scritti di Marx, è nell’opera successiva che Marx fornisce un resoconto più completo e sviluppato dell’alienazione, nonché una teoria del suo superamento. Nei taccuini dei Grundrisse (1857-58), così come in altri manoscritti preparatori de Il Capitale (1867), Marx propone una concezione dell’alienazione che trova storicamente fondamento nella sua analisi dei rapporti sociali sotto il capitalismo. Se questo importante aspetto della teoria di Marx è stato finora sottovalutato, resta la chiave per comprendere cosa intendesse il Marx maturo per alienazione – e contribuisce a dare gli strumenti concettuali che saranno necessari per trasformare il sistema economico e sociale dell’ipersfruttamento in cui viviamo oggi.

 

Una lunga traiettoria

Il primo resoconto sistematico dell’alienazione è stato fornito da Hegel ne La fenomenologia dello spirito (1807), dove i termini Entausserung («alienazione»), Entfremdung («straniamento») e Vergegenständlichung (letteralmente: «oggettivazione») sono stati usati per descrivere il divenire altro da sé dello Spirito nel regno dell’oggettività.


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Paolo Bellavite: Covid: ricoveri abbattuti drasticamente se curata entro tre giorni. Lo studio italiano che lo dimostra

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Covid: ricoveri abbattuti drasticamente se curata entro tre giorni. Lo studio italiano che lo dimostra

Valentina Bennati intervista Paolo Bellavite

ba91d739a6f6e7897bda304eaef779aeCi sono medici che hanno riposto ogni fiducia solo nel “vaccino” e altri che, invece, in questi ultimi 20 mesi hanno lavorato, e molto, per curare i malati ed evitare che giungessero troppo aggravati in ospedale. Dalla loro esperienza – che ha dimostrato che, se si interviene nella fase iniziale con terapie appropriate, di COVID si può guarire tranquillamente a casa – è nato uno studio, ora a disposizione della comunità scientifica.

Pubblicato in anteprima l’8 dicembre dalla rivista peer-review ‘Medical Science Monitor’ con il titolo “Retrospective Study of Outcomes and Hospitalization Rates of Patients in Italy with a Confirmed Diagnosis of Early COVID-19 and Treated at Home Within 3 Days or After 3 Days of Symptom Onset with Prescribed and NonPrescribed Treatments Between November 2020 and August 2021 (Studio retrospettivo sugli esiti e sui tassi di ospedalizzazione di pazienti in Italia con diagnosi confermata di COVID-19 precoce e trattati a casa entro 3 giorni o dopo 3 giorni dall’insorgenza dei sintomi con farmaci di prescrizione e non di prescrizione tra novembre 2020 e agosto 2021)”, il lavoro ha, come prima firma, quella del professore Serafino Fazio, componente del Consiglio Scientifico del Comitato Cura Domiciliare COVID-19, già professore di medicina Interna all’Università di Napoli. I co-autori sono Paolo Bellavite (già professore di Patologia generale alle Università di Verona e di Ngozi-Burundi), Elisabetta Zanolin (Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica dell’Università di Verona), Peter A. McCullough (Department of Cardiology, Truth for Health Foundation, Tucson, AZ, USA) che ha sottoscritto lo schema terapeutico del Comitato Cura Domiciliare COVID-19, Sergio Pandolfi (Neurochirurgo – Ozonoterapeuta, Docente al Master di II° livello in ossigeno-ozono terapia Università di Pavia) e Flora Affuso (ricercatrice indipendente).


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sinistra

Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia

di Assemblea militante

dhl set2Quello che segue è un testo frutto dell’elaborazione collettiva e condivisa di un gruppo di compagni, provenienti da diverse realtà territoriali e da diverse esperienze politiche pregresse, sebbene tutte riconducibili alla sinistra classista. Nel corso di questi mesi siamo stati attivi nelle mobilitazioni contro la gestione autoritaria della pandemia e abbiamo promosso proprie iniziative per estendere e qualificare in senso classista il movimento in corso.

Dallo scambio iniziale di materiali e di esperienze si è creato un circuito di confronto che ha cercato di mettere a fattor comune le pratiche e le riflessioni maturate nel corso di quest’attività. Il testo vuole essere un contributo per estendere ancora di più questo confronto ad altri compagni che in questi mesi hanno maturato un giudizio simile al nostro sulla vicenda della pandemia e un invito a unirsi a noi (nel caso si riconoscano in esso) in questo circuito che abbiamo chiamato Assemblea Militante, per sottolineare che il nostro non vuole essere un consesso di pura discussione ma di impegno attivo e possibilmente coordinato e condiviso.

Siamo convinti che, anche se il movimento dei mesi scorsi vive una fase di difficoltà, esso sia un interessante banco di prova per le caratteristiche con cui si ripresenterà lo scontro tra le classi e la lotta anticapitalistica nel prossimo futuro. Inoltre riteniamo che il movimento stesso non abbia esaurito tutte le sue potenzialità e che nei prossimi mesi, anche per la pervicacia e la manifesta irrazionalità delle misure imposte dal governo, esso sarà costretto a ritornare in campo.

Siamo altresì convinti che la vicenda della pandemia abbia rappresentato uno spartiacque per tanti compagni che hanno dovuto assistere al fallimento delle varie sigle della cosiddetta sinistra antagonista sindacale e politica che nella stragrande maggioranza si sono adeguate alla narrazione dominante sul tema della pandemia diffusa dalle istituzioni e dai mass media, assumendo posizioni politiche di piena subalternità alla suddetta narrazione.


Fosco Giannini: Il Partito che vogliamo

cumpanis

Il Partito che vogliamo

di Fosco Giannini

Immagine Secondo Editoriale Giannini 1

 

“Nessun modo migliore può esistere di commemorare il quinto anniversario della Internazionale comunista, della grande associazione mondiale di cui ci sentiamo, noi rivoluzionari italiani, più che mai parte attiva e integrante, che quello di fare un esame di coscienza, un esame del pochissimo che abbiamo fatto e dell’immenso lavoro che ancora dobbiamo svolgere, contribuendo così a chiarire la nostra situazione, contribuendo specialmente a dissipare questa oscura e greve nuvolaglia di pessimismo che opprime i militanti più qualificati e responsabili e che rappresenta un grande pericolo, il più grande forse del momento attuale, per le sue conseguenze di passività politica, di torpore intellettuale, di scetticismo verso l’avvenire.

Questo pessimismo è strettamente legato alla situazione generale del nostro paese; la situazione lo spiega, ma non lo giustifica, naturalmente. Che differenza esisterebbe tra noi e il Partito socialista, tra la nostra volontà e la tradizione del Partito socialista, se anche noi sapessimo lavorare e fossimo attivamente ottimisti solo nei periodi di vacche grasse, quando la situazione è propizia, quando le masse lavoratrici si muovono spontaneamente per impulso irresistibile e i partiti proletari possono accomodarsi nella brillante posizione della mosca cocchiera?

Così scriveva Antonio Gramsci all’inizio di un suo articolo (“Contro il pessimismo”) su “L’Ordine Nuovo” del 15 marzo 1924.

Nuvolaglia di pessimismo, passività politica, torpore intellettuale, scetticismo verso l’avvenire: non si addicono perfettamente, queste denunce di Gramsci del ’24, alla condizione politica, esistenziale, psicologica di una parte sicuramente non irrilevante dei comunisti italiani di questa nostra fase, siano essi iscritti ai loro partiti che comunisti senza tessera e organizzazione, cellule comuniste dormienti?


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Fabio Ciabatti: La dialectica interrupta del Censis, la verità dell’irrazionalismo e l’immaginario

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La dialectica interrupta del Censis, la verità dell’irrazionalismo e l’immaginario

di Fabio Ciabatti

follia 1024x1024 768x768“La fuga nell’irrazionale è l’esito di aspettative soggettive insoddisfatte, pur essendo legittime in quanto alimentate dalle stesse promesse razionali”. Questa affermazione contenuta nell’ultimo rapporto del Censis sembra catapultarci direttamente nella dialettica dell’illuminismo di Horkheimer e Adorno. E non è tutto. “L’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale”, denuncia l’istituto di ricerca, utilizzando un’argomentazione dal vago profumo di materialismo storico per spiegare questo sinistro fenomeno: il rifiuto di scienza, medicina, innovazioni tecnologiche, che in passato hanno costruito il nostro benessere, “dipende dal fatto che siamo entrati nel ciclo dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali. Questo determina un circolo vizioso: bassa crescita economica, quindi ridotti ritorni in termini di gettito fiscale, conseguentemente l’innesco della spirale del debito pubblico, una diffusa insoddisfazione sociale e la ricusazione del paradigma razionale”.1

Gli estimatori della scuola di Francoforte non devono però eccitarsi troppo. Se quella del Censis è dialettica è senz’altro una dialectica interrupta perché, semplificando al massimo, l’antitesi tra razionale e irrazionale non prospetta alcun tipo di sintesi, di superamento dei due termini della contraddizione. L’irrazionalismo viene evocato solo come momento fallace per confermare la bontà del suo opposto, la razionalità dominante. Che le cose stiano effettivamente così lo possiamo intuire quando leggiamo che a fare da contraltare all’onda di irrazionalità c’è “una maggioranza ragionevole e saggia”. Un’ulteriore conferma viene dal fatto che l’irrazionalismo si esprimerebbe nell’opposizione alle politiche governative: “Le proposte razionali che indicano la strada per migliorare la situazione vengono delegittimate a priori per i loro supposti intendimenti, con l’accusa di favorire interessi segreti e inconfessabili.


 

 

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tonino

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Jan 15, 2022, 7:43:55 AM1/15/22
to sante gorini

Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi / 3

neronot

Rassegnatevi / 3

L’indignazione fa male alla salute, la volontà non può nulla. E allora? Passivismo unica via!

di Franco «Bifo» Berardi

BIFO COVER 5Indignatevi! è il titolo di un libro di Stéphane Hessel (2010) che ebbe una certa influenza negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2008, quando il movimento Occupy tentò di opporsi all’arroganza del ceto dominante e all’impoverimento che venne imposto alla società per ripagare il debito delle banche.

Ci indignammo in gran numero e marciammo nelle vie di New York, di Genova, del Cairo e di Hong Kong, ma l’automa finanziario prevalse, e la logica degli algoritmi costrinse i lavoratori a rinunciare a ogni residuo governo politico sulle vicende dell’economia. 

L’estate greca del 2015 fu il momento culminante dell’indignazione, ma anche dell’impotenza: il 62% degli elettori disse No alle ingiunzioni della finanza centrale europea, ma due giorni dopo Alexis Tsipras fu costretto a firmare l’imposizione depredatrice, e a quel punto tutti capimmo che la democrazia era finita proprio dove 25 secoli fa l’avevano inventata.

Da allora abbiamo continuato a indignarci, ma l’indignazione impotente fa male alla salute. E la salute della società è andata di male in peggio, soprattutto quella mentale. 

So che non è possibile liberarsi della rabbia con un gesto di volontà, ma è utile sapere che da decenni l’equilibrio mentale della popolazione è corroso dal combinato disposto di indignazione per l’intollerabile, e inesorabilità dell’impoverimento e dell’umiliazione prescritti dalla logica degli algoritmi finanziari. 

Poiché la volontà non può nulla contro un sistema di automatismi astratti, è utile elaborare la rabbia perché evolva in estraneità e quindi autonomia.


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Gianandrea Gaiani: Tra maccartismo vaccinale e deriva illiberale chi valuta il rischio strategico?

analisidifesa

Tra maccartismo vaccinale e deriva illiberale chi valuta il rischio strategico?

di Gianandrea Gaiani

green
            pass ansaIn un editoriale intitolato “L’impatto della vaccinazione di massa: scommessa al buio?” pubblicato su Analisi Difesa l’8 agosto 2021, venne posta l’attenzione sul rischio strategico legato a vaccinazioni sperimentali di massa: un tema rimasto inspiegabilmente al di fuori dal pur ampio (anche se schizofrenico) dibattito sul contrasto al Covid.

In quell’articolo venne posto il focus sui rischi legati ai possibili effetti negativi su vasta scala dei vaccini sperimentali, effetti che neppure i produttori erano e sono in grado di valutare nel tempo, ma anche sulle prospettive politiche e sociali legate alle discriminazioni dei cittadini e dei lavoratori, le false informazioni utilizzate per indurli ad accettare la vaccinazione sperimentale, la fitta selva di limitazioni alle libertà individuali imposte con cadenza ora divenuta ravvicinata quanto isterica.

Dopo quasi un anno di “maccartismo vaccinale” e di assurda contrapposizione tra “pro-vax” e “no-vax”, che ha portato a tensioni e spaccature sociali e a una deriva autoritaria che non hanno eguali nella storia recente della Repubblica e dell’Europa, i fatti sembrano purtroppo confermare le valutazioni espresse in quell’editoriale.

Incredibile che nessuno prenda in considerazione il rischio che l’uso di massa di vaccini sperimentali possa minare le fondamenta stesse della società e della Nazione.

In un contesto di sperimentazione di sieri di tipologia mai utilizzata in precedenza e di cui le stesse aziende produttrici non sono in grado di valutare le conseguenze nel tempo né di assumersene la responsabilità, inocularli a gran parte della popolazione espone l’Italia, e tutte le nazioni che utilizzano su vasta scala quei tipi di vaccini, a un rischio strategico di portata mai vista fino ad oggi.


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Yascha Mounk: Omicron è l’inizio della fine

comuneinfo

Omicron è l’inizio della fine

di Yascha Mounk*

Tutti noi in questo momento conosciamo più di una persona con il Covid. Ma ci sono alcune ragioni concrete per credere che stiamo per vivere la fine della pandemia come fenomeno sociale

Sembra che tutti quelli che conosco abbiano il Covid. Nei primi mesi della pandemia, la maggior parte dei miei amici hanno evitato il contatto diretto con il virus. Forse erano più attenti, o forse sono stati solo fortunati. Quale che sia la ragione, oggi la loro buona sorte sembra averli abbandonati. Sette cari amici recentemente mi hanno detto di essere risultati positivi. Molti altri hanno il sospetto di avere il Covid, ma non riescono a fare il test. Per fortuna tutti hanno sintomi decisamente lievi (senza dubbio in parte perché sono tutti vaccinati e non sono categorie ad alto rischio).

Quello che capita nella mia cerchia di amici sembra corrispondere a quanto sta accadendo in Sudafrica, il primo Paese in cui Omicron è stata identificata. Il numero di casi aumenta velocemente, mentre quello dei decessi sembra farlo molto più gradualmente, ciò che potrebbe indicare che Omicron è più contagiosa ma causa malattia meno grave rispetto alle precedenti varianti. Tuttavia, i segnali provenienti da altri luoghi sono più preoccupanti, e anche un ceppo significativamente meno letale potrebbe causare molti morti se la diffusione è particolarmente rapida.


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Savino Balzano: Papa Francesco e la "sinistrucola"

lantidiplomatico

Papa Francesco e la "sinistrucola"

di Savino Balzano

Due sono le cose che mi hanno colpito recentemente in merito alle dichiarazioni del Santo Padre: le sue parole, ovviamente, ma anche (e forse soprattutto) quelle di chi lo ha criticato.

Ora, premettiamo una cosa: il fatto che Francesco sia diventato il nuovo punto di riferimento della sinistra del paese è, a mio avviso, assolutamente indicativo del grado di decadenza che la nostra politica ha raggiunto. Il fatto che la sinistra non riesca a trovare altri punti di riferimento, altri contenuti, altre parole d’ordine, rispetto a quelle pronunciate dal capo della Chiesa a me lascia decisamente perplesso. Basta fare un giro la sera attorno al colonnato del Bernini per cogliere la contraddizione esistente tra le frasi pronunciate e la disperazione di chi è costretto a dormire per strada, con tanto di tende e cartoni per coprirsi. Storia vecchia.

Il Papa si è incazzato con i giovani: «le coppie non vogliono più figli, ma hanno cani e gatti. Questo toglie umanità». Un’uscita semplicemente inaccettabile, figlia dell’anomia nella quale ormai siamo precipitati, indifferente alla condizione di prostrazione che molte donne e molti uomini vivono nel nostro tempo, soprattutto i più giovani.


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Davide Rossi: Cento miliardi di galassie, dentro cui leggere il dovere all’impegno per la comunità umana

sinistrach

Cento miliardi di galassie, dentro cui leggere il dovere all’impegno per la comunità umana

di Davide Rossi

La bellezza e la complessità dell’ultima pregevolissima fatica del gruppo di scrittura collettiva formato da Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli rende ardua una sintesi, anche solo abbozzata, dei tanti temi trattati, piuttosto apre scenari pieni di ricordi per chi, credendo nella concretezza della realtà materiale, non disegna il confronto con l’assoluto, riassunto nel titolo: “Cento miliardi di galassie – Per un realismo resiliente della praxis”. Valga poi come ulteriore premessa che gli autori non hanno desiderio di contestare le tante dimensioni spirituali che afferiscono al sentimento dei singoli e dei popoli, quanto piuttosto muovere una critica serrata a quell’idealismo che è servito da paravento per contestare e frenare, lungo il XIX secolo, l’ascesa delle masse popolari e il loro riconoscersi nella realtà fattuale e materiale, anzi, di più, queste preziose pagine ci confermano, ancora una volta come l’idealismo si sia fatto prima strumento dell’affermazione della borghesia e poi come questa, proprio in ragione della sua opposizione all’affermazione del proletariato, abbia saldato con la reazione i suoi destini contrastando il marxismo.


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lorenzo merlo: Viva la guerra

sinistra

Viva la guerra

di lorenzo merlo

Possiamo girarci intorno. Possiamo aver paura di parlarne. Possiamo credere che le cose stiano diversamente. Possiamo convincerci dell’assurdità che comporta. Possiamo perfino dire che la storia insegna per sottoscrivere che la guerra è male. Ma, liberi da ideologie e dal loro ontologico moralismo, la sola osservazione possibile che possiamo fare sulla storia è che essa, certamente, si ripeterà. Non è vero che la cosa sola certa è che moriremo. È di pari verità che, finché gli uomini si identificheranno nei sentimenti che provano, la storia si ripresenterà nell’eterno ritorno dell’identico. La storia è sentimento e i sentimenti sono solo due. Se non escogitiamo come fare per divenire amore, l’equilibrio, per quanto momentaneo, ce lo renderà solo l’odio.

Non c’è pace in territorio di pace. La pace richiede la consapevolezza e la pratica dell’evoluzione spirituale. Diversamente, quella ottenuta per consuetudini morali, è falsa. Vera perché non impiega le armi che condanna. Ma falsa perché ne impiega di ogni altro tipo. La progressiva coercizione dei pensieri, dei diritti, messa in campo da anni, ne è un campione esistente.


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Salvatore Bravo: Radicalità e agorafobia intellettuale

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Radicalità e agorafobia intellettuale

di Salvatore Bravo

La casa editrice Petite Plaisance continua nell’azione meritoria di pubblicare i testi di Costanzo Preve. Uno degli ultimi testi ripubblicati “Le avventure dell’ateismo” è un testo breve e prezioso per orientarsi in una realtà storica sempre più liquida e caratterizzata dalle campagne informative di Stato sempre più coincidenti con gli interessi oligarchici del grande capitale.

Nel testo Costanzo Preve chiede al lettore di trascendere categorie e stereotipi politici consegnati alla storia per mettersi in ascolto del presente. Senza comprensione del passato politico della sinistra il futuro non si apre dinanzi a noi. Il passato va trasformato in esperienza per decodificare il presente e riorganizzare il futuro. Senza la capacità critico-filosofica di tenere assieme i tre segmenti: presente, passato e futuro non vi è politica e non vi è speranza.

L’attualità si connota per l’azione critica del cattolicesimo reazionario che ha in Monsignor Viganò il punto di riferimento. Si susseguono in rete gli appelli critici del Monsignore che uniscono la critica alla chiesa di Bergoglio sempre più alleata ed integrata con la globalizzazione alla critica al nuovo reset globale.


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Joseph Halevi e Peter Kriesler: Michal Kalecki e il marxismo economico del ‘900

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Michal Kalecki e il marxismo economico del ‘900

di Joseph Halevi e Peter Kriesler (1)

Michal
            KaleckiI quindici anni che vanno dalla fine del XIX secolo allo scoppio della prima guerra mondiale, formarono forse il periodo più ricco nella storia dell’economia marxiana. Questa ricchezza – magistralmente presentata e resuscitata da Paul Sweezy nel suo insuperabile classico (1942) The Theory of Capitalist Development (1951 edizione italiana) – era stata molto stimolata dalla natura non unicamente accademica del dibattito. I partecipanti, provenienti dall’Europa di lingua tedesca e dall’impero zarista, che in quegli anni includeva anche la Polonia, si sforzavano di capire le dinamiche di accumulazione del capitale in un contesto che sicuramente non era quello di Marx. Il principale sviluppo tra il periodo in cui scriveva Marx e quello dei dibattiti russo-tedeschi fu il cambiamento della natura del sistema capitalista. Il riferimento è alla forza della concorrenza come intesa da Marx quando scriveva:

Inoltre, lo sviluppo della produzione capitalistica rende costantemente necessario aumentare la quantità del capitale investito in una data impresa industriale, e la concorrenza fa sì che le leggi immanenti della produzione capitalistica siano sentite da ogni singolo capitalista, come leggi coercitive esterne. Essa lo costringe ad estendere costantemente il suo capitale per conservarlo, ma egli non può estenderlo se non per mezzo dell’accumulazione progressiva (tradotto da: Karl Marx, Il Capitale, Vol. 1, cap. 24, https://marxists.architexturez.net/archive/marx/works/1867-c1/ch24.htm, visitato il 3/12/20021).

Questa legge coercitiva della concorrenza si manifesta attraverso la “Legge generale dell’accumulazione capitalistica” che Marx sviluppa nel capitolo 25 del primo volume del Capitale(edizione di Mosca) dandogli il medesimo titolo. La legge consiste nel fatto che: (a) il tasso di profitto e il tasso del salario si muovono, l’uno rispetto all’altro, rigorosamente in direzione inversa, (b) tutto il plusvalore viene automaticamente investito indipendentemente dal fatto che il suo ammontare sia alto o basso.


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Sergio Bianchi: La pattumiera della storia

machina

La pattumiera della storia

di Sergio Bianchi

A introduzione del corso su Gli autonomi Le storie, le lotte, le teorie (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/gli-autonomi-le-storie-le-lotte-le-teorie), pubblichiamo il Prologo di Sergio Bianchi all’omonimo libro (Vol. I). 

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              32dd93c79f994faf82648b0933bf1738mv2«Estremisti», «violenti», «provocatori», «mestatori», «prevaricatori», «squadristi», «diciannovisti», «fiancheggiatori», «terroristi». Questi sono solo alcuni degli epiteti coniati nel corso degli anni Settanta da illustri opinionisti, intellettuali, dirigenti di partito e di sindacato per definire gli autonomi, una variegata area di rivoluzionari attivi in quegli anni nel nostro paese.

Il giorno 7 aprile 1979 un’imponente iniziativa giudiziaria accusò decine di dirigenti e militanti autonomi di essere a capo di tutte le organizzazioni armate attive in Italia e il cervello organizzativo di «un progetto di insurrezione armata contro i poteri dello Stato».

Il «teorema Calogero», dimostratosi col tempo del tutto infondato, fece da iniziale supporto ad arresti di massa, detenzioni preventive nei carceri speciali, processi durati anni e condanne a lunghe pene.

Ma gli autonomi erano davvero solo quel coacervo di estremismo irrazionale, violento e disperato così come risulta dalle cronache istituzionali dell’epoca?

Non vi è dubbio che la demonizzazione mediatica e la criminalizzazione giudiziaria ebbero la meglio nel consegnarli alla storia successiva con questo drastico giudizio. Resta però il fatto che a trent’anni da quegli eventi nessuno ha voluto o è riuscito a narrare che cosa è stata realmente l’area dell’autonomia operaia, quali sono state cioè le sue origini, le sue basi teoriche, le sue linee politiche e le sue pratiche conseguenti, le sue differenze dai gruppi extraparlamentari e da quelli che animarono la lotta armata.

I «vincitori», protagonisti residui ed epigoni del sistema dei partiti che governarono allora la cosiddetta Prima repubblica, non hanno ovviamente oggi alcun interesse nel promuovere una revisione di quel giudizio. I «perdenti», quelli non direttamente annientati, hanno nei decenni trascorsi adottato un profilo perlopiù silente, forse per effetto dell’interiorizzazione catastrofica di una sconfitta vissuta non solo sul piano politico ma anche su quello, ben più delicato, dell’esistenza nel suo complesso.


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Andrea Cavazzini: Totalità, critica e mediazione

ospite
              ingrato

Totalità, critica e mediazione

Dalla crisi del marxismo all’ultimo Fortini

di Andrea Cavazzini

external content.np94sd9lUna discussione su totalità, critica e mediazione è senz’altro un’occasione importante per riprendere questi concetti e riformularne la genealogia e le implicazioni.

Mi pare che si possa iniziare cercando di situare il problema della totalità (e quindi del pensiero dialettico) nella storia discontinua e contraddittoria del movimento comunista, nelle sue crisi e nella sua dissoluzione alla fi del Novecento. Non mi pare necessario insistere sulle ragioni di considerare questa storia come una storia provvisoriamente conclusa: questa constatazione mi sembra non dover essere associata né alla disperazione né all’euforia, ma credo sia imposta dal bilancio della fi del Novecento, a trent’anni dalla dissoluzione dell’URSS e a quarantacinque dalla fi della Rivoluzione Culturale. In compenso, il problema resta interamente aperto rispetto alla possibilità di individuare e riconoscere un’eredità possibile di questa sequenza storica.

Un recupero o un rilancio delle categorie intellettuali associate al marxismo dovrebbero, in qualche modo, farsi carico della storia attraverso cui tali categorie arrivano fino a noi, e del modo in cui le nostre attuali forme di comprensione del mondo dipendono anche da questa storia, dalle riscritture, dalle cancellazioni e dalle deformazioni che essa ha imposto ai concetti e ai discorsi che oggi si offrono alla nostra interpretazione e ai nostri eventuali riusi. Nessun confronto con il pensiero o la teoria di Marx e della tradizione marxista può evitare di costruire una teoria della ricezione che dia un senso non apologetico o metaforico al termine “tradizione”: con ciò’ si vuol dire che l’insieme o gli insiemi di concetti di volta in volta designati da locuzioni come “critica dell’economia politica”, “materialismo storico”, “pensiero dialettico”, eccetera, non possono essere considerati come trasparenti, dati ad una lettura oggettiva, disponibili per un’appropriazione immediata che trascuri o rimuova le storie di cui essi sono i sintomi.


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Andrea Zhok: La spallata

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La spallata

di Andrea Zhok

L’elezione di Mario Draghi alla Presidenza della Repubblica sancirebbe in Italia un passaggio ad un presidenzialismo de facto senza legittimazione popolare (si potrebbe usare un’altra definizione politica per questa fattispecie). Il progetto, piuttosto trasparente e supportato da autorevoli testate giornalistiche, è quello di una Presidenza della Repubblica che di fatto sceglie il proprio successore alla Presidenza del Consiglio nel novero dei propri portavoce o plenipotenziari. E se le prossime elezioni non porteranno ad uno sconvolgimento rispetto alle forze attualmente in parlamento, questo modello potrà vedersi riconfermato anche per la prossima legislatura.

È utile vedere questo passaggio alla luce di quanto sta accadendo negli altri principali paesi europei.

In Francia Macron è dato per favorito alle prossime elezioni presidenziali, per una riconferma. Come in Italia per Draghi, anche in Francia l’apparato mediatico mainstream ne sostiene la candidatura, per quanto in Francia un’opposizione sostanziale esista ancora e sia battagliera.


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Marco Cattaneo: Ma quali riforme strutturali!

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Ma quali riforme strutturali!

di Marco Cattaneo

L’elenco delle baggianate euriste che si sono lette e ascoltate in questi anni è decisamente moooooolto lungo, però in posizione alta nella classifica c’è quella secondo cui “l’euro non c’entra, l’Italia ha un problema di produttività, lì bisogna intervenire: con le riforme strutturali”.

Le fantomatiche riforme strutturali, lo dicevo parecchio tempo fa ma rimane totalmente vero oggi, non si è mai capito quali dovrebbero essere, salvo precarizzare il lavoro, tagliare il welfare state e comprimere verso il basso retribuzioni e diritti.

Tutto questo non ha risolto nessun problema dell’economia italiana (anzi) e in particolare non ha fatto assolutamente nulla di positivo per la produttività (ri-anzi).

Tuttavia la litania eurista rimane la stessa: la medicina ha fatto male “quindi” aumentiamo le dosi, perché “evidentemente” non se ne è assunta abbastanza. L’eventualità che sia sbagliata la cura non è contemplata.

La stagnazione della produttività del lavoro in Italia parte esattamente con l’aggancio all’euro.


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Eleonora Piegallini: Il Green Pass e il Capitalismo di sorveglianza 2.0

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Il Green Pass e il Capitalismo di sorveglianza 2.0

di Eleonora Piegallini

Il passaporto vaccinale, o green pass, è ormai una realtà in molti Paesi. Le problematiche che da mesi vengono sollevate da attivisti, politici e gente comune sono varie e, a fronte del dato, ossia che ad oggi il passaporto vaccinale potrebbe restare nelle nostre vite a lungo, dovremmo iniziare ad interrogarci sui rischi che comporta tale controllo capillare dei cittadini.

 

Le Big Tech spingono per un green pass perenne

Problemi di privacy, rischio di uso improprio dei dati anagrafici, informazioni sensibili nelle mani di aziende tecnologiche e dello Stato (che, peraltro, come hanno dimostrato gli ultimi due anni, intrattengono relazioni non proprio trasparenti), sono solo alcune delle criticità poste dall’introduzione di tale ,misura. E, come si legge in un recente articolo apparso su The Intercept, “L’evidenza supporta i sospetti dei più critici”.

Infatti, continua The Intercept,“ogni governo che introduce un passaporto vaccinale giura che l’uso che se ne fa è su base volontaria e che nessuna informazione personale non necessaria sarà conservata.


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Cattive ragazze: Di nuovo Dad?

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Di nuovo Dad?

di Cattive ragazze*

L’appello lanciato da alcuni presidi per il posticipo della riapertura delle scuole ha avuto una risonanza enorme sui grandi media. Molti e molte lo trovano inaccettabile per diverse e robuste ragioni. Il collettivo Cattiveragazze, tra gli altri, si chiede quanti dirigenti in questi due anni hanno chiesto spazi alternativi, più grandi, per le attività didattiche, ma anche quanti dirigenti hanno fatto ammenda per avere, negli anni passati, devastato le scuole dividendo le aule pur di avere altri studenti nel loro portafoglio. “La DAD – ricordano in un messaggio prezioso diffuso in rete – non ha efficacia formativa ed è deleteria per la socialità delle studentesse e degli studenti (piccoli e grandi). Alcuni istituti di ricerca privati vicini a Confindustria ne hanno valutato il costo economico, noi il costo umano, sulle vite delle studentesse e degli studenti…”

Leggiamo con sconforto l’appello lanciato dai Presidi per il posticipo della riapertura delle scuole (firmato anche da alcuni dirigenti scolastici del nostro territorio). La richiesta di tornare alla DAD ci sembra inaccettabile, la loro lettura dei dati pandemici strumentale e scorretta, la loro attenzione alla Scuola assolutamente in linea con quanto dicono di denunciare.

Solo alcune considerazioni:

1) I Presidi chiedono «una programmata e provvisoria sospensione delle lezioni in presenza (con l’attivazione di lezioni a distanza) per due settimane». Perché non una sospensione da recuperare a giugno in presenza, quando al solito la curva dei contagi decresce, magari rinviando gli esami?

2) Il problema è il personale non in regola con la vaccinazione obbligatoria e il personale positivo al COVID. Ma questo personale non ci sarà neanche per la DAD.


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Pier Paolo Caserta: Le cose, le parole e le vocali

linterferenza

Le cose, le parole e le vocali

di Pier Paolo Caserta

Quanti difendono le ragioni della “grande battaglia” dell’asterisco e della schwa argomentano che il linguaggio si evolve e non c’è nulla di strano, dunque, nell’accogliere un cambiamento doveroso e “inclusivo”. Una risposta seria e scientificamente ponderata è arrivata di recente da alcuni linguisti dell’Accademia della Crusca. In sintesi, gli studiosi hanno fatto notare che certamente la lingua si evolve e cambia, ma non su ordinazione!

Altri chiamano in causa il relativismo linguistico per sottolineare come le scelte codificate nella lingua non siano affatto neutre, perorando, dunque, la causa del cambiamento.

Nella sua duplice componente, culturale e linguistica, il relativismo moderno asserisce che ogni sistema di pensiero è relativo alla particolare cornice culturale all’interno della quale viene formulato e non può quindi essere considerato valido in assoluto.

Negli scritti di B.L. Whorf, linguista americano attivo nella prima metà del Novecento, questo principio prende esplicitamente la forma di una riabilitazione delle culture extra-europee, che l’antropologia di quel periodo, influenzata dal neopositivismo (oggi di ritorno) e fedele a una concezione lineare del progresso, inteso ingenuamente come sviluppo da una condizione peggiore ad una migliore, considerava ancora come uno stadio primitivo dell’evoluzione dell’uomo.


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Fabio Vighi: Il Covid lungo dei banchieri centrali

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tonino

unread,
Jan 16, 2022, 2:41:34 AM1/16/22
to sante gorini

carmilla

Culture e pratiche di sorveglianza

Il nuovo ordine mediale delle piattaforme-mondo

di Gioacchino Toni

digital identity 66Attorno alla metà degli anni Dieci del nuovo millennio è emersa con forza l’importanza che nell’odierna economia globale sta assumendo il cosiddetto Platform Capitalism – analizzato pionieristicamente da studiosi come Nick Srnicek1 –, cioè quella particolare forma di business ruotante attorno al modello delle piattaforme web rivelatosi il paradigma organizzativo emergente dell’industria e del mercato grazie alla sua abilità nello sfruttare pienamente le potenzialità della cosiddetta quarta rivoluzione industriale.

Se c’è un settore in cui emerge con chiarezza l’importanza assunta da tale modello questo è il comparto dei media ed è proprio a questo che si riferisce il volume di Luca Balestrieri, Le piattaforme mondo. L’egemonia dei nuovi signori dei media (Luiss University Press, 2021), in cui vengono descritte le trasformazioni culturali e industriali dei media che il “centro del mondo” – che, attenzione, significa certo Stati Uniti ma anche Cina – sta imponendo alle sue periferie.

In generale, quando si parala di “piattaforma” si fa riferimento a «uno spazio per transizioni o interazioni digitali che crea valore attraverso l’effetto network, il quale si manifesta tramite la produzione di esternalità positive» (p. 14). Visto che la creazione di valore deriva soprattutto dalla conoscenza dei clienti e del mercato, diventa fondamentale la capacità di estrazione e di interpretazione dei dati comportamentali dei consumatori.

Essendo la piattaforma a organizzare i flussi di informazione all’interno del network, la sua forza risiede proprio in questa sua capacità di connettere e ottimizzare gli scambi di informazioni tra gli elementi che coinvolge che prima erano invece disseminati lungo una filiera lineare.


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Pier Giorgio Ardeni: Facciamo uno sforzo e guardiamo oltre la narrazione dominante

lafionda

Facciamo uno sforzo e guardiamo oltre la narrazione dominante

di Pier Giorgio Ardeni

pensiero dominanteUn recente articolo di Piero Bevilacqua sul manifesto del 6 gennaio 2022 – «Il mondo senza natura degli intellettuali no vax» – merita alcuni commenti, che possono essere un’occasione per allargare il ragionamento e guardare oltre la narrazione dominante. Perché sono molteplici i termini della questione che negli ultimi mesi sono andati confondendosi e oggi, di fronte alle ultime iniziative governative, alcuni punti vanno riaffermati con più chiarezza. E perché, inoltre, questa invettiva continua contro chi si oppone ai provvedimenti di legge o semplicemente li contesta va depurata di tutti i pregiudizi e gli argomenti pretestuosi che hanno accomunato i «no-vax» a chi, più articolatamente, ha criticato la generale impostazione della lotta alla pandemia.

Bevilacqua si scaglia contro «le sortite anti-green pass, e sostanzialmente anti-medicalizzazione (anti-vaccini), di filosofi noti e prestigiosi come Giorgio Agamben e Massimo Cacciari» e di «un giurista di rango come Ugo Mattei». Al di là delle sue valutazioni personali sulle posizioni di Agamben, che Bevilacqua definisce «enormità», ciò che il suo pezzo vuole prendere di mira «è la cultura di fondo, l’implicito “inconscio filosofico” su cui si reggono le posizioni di questi studiosi, che non differiscono in nulla rispetto alle vulgate popolari dei no vax di strada». Che le posizioni di Agamben e Cacciari non siano «no-vax», ma specificamente contro il green pass, è noto e non tanto perché limiterebbero la libertà di spostamento ma perché discriminatorie. Tuttavia, Bevilacqua le critica perché tacerebbero sul «fatto che lo spostamento degli individui, in quanto esseri sociali, comporta relazioni e vicinanza con gli altri ed è quindi il vettore unico e universale della trasformazione di una malattia virale in una pandemia planetaria.


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Dario Salvetti: Dalla coincidenza alla convergenza

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Dalla coincidenza alla convergenza

Lotta operaia e giustizia climatica alla GKN

di Dario Salvetti

gknIncontro con Emanuele Leonardi e Mimmo Perrotta

Il 23 dicembre 2021 un nuovo proprietario ha acquistato la Gkn di Campi Bisenzio, la fabbrica di semiassi per autoveicoli occupata dagli operai dal 9 luglio, a seguito dell’annuncio da parte della precedente proprietà – il fondo di investimenti britannico Melrose – della chiusura e del licenziamento di tutti i dipendenti. L’arrivo di un nuovo proprietario rappresenta certamente un importante risultato della mobilitazione, che si poneva in primo luogo l’obiettivo della salvaguardia dei posti di lavoro. Tuttavia, il futuro dello stabilimento resta incerto, a partire da quale sarà la sua destinazione produttiva.

[cronistoria minimale:

9 luglio

24 luglio

11 agosto

18 settembre]

Durante questi mesi di intensa mobilitazione, il collettivo operaio, con il supporto di ingegneri ed economisti solidali, ha elaborato – e continua a elaborare – proposte per un nuovo piano industriale, nell’ambito di un Polo Pubblico della Mobilità Sostenibile. I dettagli del PPMS non sono ancora interamente noti. La sua valenza politica, invece, è evidentissima: si tratta di pensare la necessaria pianificazione ambientale con le teste degli operai, non su di esse. E vale davvero la pena di sottolineare che tale riflessione si fonda su un rapporto finalmente costitutivo tra sapere operaio ed ecologia politica. Il punto di partenza è che non si può parlare di transizione ecologica senza indicare con chiarezza


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Franco Romanò: Sraffa e il valore

poliscritture

Sraffa e il valore

di Franco Romanò

sraffa y gramsciEsergo

“Tutte le epoche in regresso e in dissoluzione sono soggettive, mentre tutte le epoche progressive hanno una direzione oggettiva.” W. Goethe nei colloqui con Eckermann

«La posizione consapevole significa che lo scopo precede il risultato. Questo è il fondamento dell’intera società umana» (14). 14 Ont. II, p. 739. Lukacs

Sraffa dopo Graziani di Emiliano Brancaccio

L’interpretazione del sistema sraffiano suggerita da Augusto Graziani può essere intesa non come un’alternativa ma come un possibile complemento delle analisi tradizionali di tipo classico-keynesiano. La chiave di lettura grazianea sembra particolarmente adatta a descrivere la dura realtà del comando capitalistico contemporaneo e pare suggerire una interpretazione dello schema di Sraffa in chiave “rivoluzionaria”, critica verso le concrete possibilità del riformismo politico.

 

Premessa

Il punto di partenza scelto, per ricostruire l’opera di Piero Sraffa, sono Le note di lettura sulle teorie avanzate del valore. Si tratta del resoconto trascritto delle sue lezioni, alternate da altre note e riflessioni. Si tratta di un corpus fortemente magmatico, spesso colloquiale, non sempre chiaro. Il testo su cui ho lavorato è quello che si trova in rete a questo link:

Sraffa Papers Trinity 2.0 Arrangement D2/4 Lecture Notes on the Advanced Theory of Value, 1928-31. Arrangement and Transcriptions by Scott Carter*


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Massimo De Minicis, Silvia Donà: Lavoro materiale o virtuale? Luoghi e tempi nel lavoro nelle Platform work

economiaepolitica

Lavoro materiale o virtuale? Luoghi e tempi nel lavoro nelle Platform work

di Massimo De Minicis, Silvia Donà

Premessa

total mobilization
            v6Il 9 dicembre, per la prima volta nel contesto comunitario, è stata presentata una proposta di regolazione delle diverse tipologie di lavoro realizzato attraverso piattaforme digitali (location based e on web based). La Commissione Europea ha presentato, così, una proposta di direttiva[1]che affronta tre aspetti irrisolti del lavoro su piattaforma: l’errata classificazione dello status occupazionale dei lavoratori coinvolti; la correttezza, trasparenza e responsabilità della gestione algoritmica; l’attuazione e il rafforzamento delle regole da applicare[2]. La direttiva esprimendosi su questi tre punti fondamentali, sembra orientarsi verso l’approccio del governo spagnolo attuato per la sola riclassificazione dei rider delle location based Platform. La Spagna ha riconosciuto nel 2020, infatti, una presunzione di lavoro dipendente per tale tipologia di attività lavorativa, ed è la piattaforma che deve confutare, caso per caso, attraverso una descrizione concreta della prestazione lavorativa, se quella riclassificazione dello status occupazionale è errata[3]. La proposta della direttiva della Commissione Europea non definisce, così, una fattispecie giuridica innovativa e speciale per i lavoratori delle piattaforme, ma attuando un approccio fondato sul “primacy of fact”, richiama una corretta classificazione tra quelle esistenti. La presunzione di subordinazione si basa sulla definizione di criteri atti a verificare, essenzialmente, se la prestazione lavorativa è sottoposta ad un controllo, monitoraggio e valutazione da parte dell’algoritmo. Al verificarsi di due tra i diversi criteri indicati[4]il lavoratore può essere riclassificato come dipendente, con tutte le tutele previste per tale tipologia di lavoro (assicurative, previdenziali e assistenziali).


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi / 3

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Rassegnatevi / 3

L’indignazione fa male alla salute, la volontà non può nulla. E allora? Passivismo unica via!

di Franco «Bifo» Berardi

BIFO COVER 5Indignatevi! è il titolo di un libro di Stéphane Hessel (2010) che ebbe una certa influenza negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2008, quando il movimento Occupy tentò di opporsi all’arroganza del ceto dominante e all’impoverimento che venne imposto alla società per ripagare il debito delle banche.

Ci indignammo in gran numero e marciammo nelle vie di New York, di Genova, del Cairo e di Hong Kong, ma l’automa finanziario prevalse, e la logica degli algoritmi costrinse i lavoratori a rinunciare a ogni residuo governo politico sulle vicende dell’economia. 

L’estate greca del 2015 fu il momento culminante dell’indignazione, ma anche dell’impotenza: il 62% degli elettori disse No alle ingiunzioni della finanza centrale europea, ma due giorni dopo Alexis Tsipras fu costretto a firmare l’imposizione depredatrice, e a quel punto tutti capimmo che la democrazia era finita proprio dove 25 secoli fa l’avevano inventata.

Da allora abbiamo continuato a indignarci, ma l’indignazione impotente fa male alla salute. E la salute della società è andata di male in peggio, soprattutto quella mentale. 

So che non è possibile liberarsi della rabbia con un gesto di volontà, ma è utile sapere che da decenni l’equilibrio mentale della popolazione è corroso dal combinato disposto di indignazione per l’intollerabile, e inesorabilità dell’impoverimento e dell’umiliazione prescritti dalla logica degli algoritmi finanziari. 

Poiché la volontà non può nulla contro un sistema di automatismi astratti, è utile elaborare la rabbia perché evolva in estraneità e quindi autonomia.


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Gianandrea Gaiani: Tra maccartismo vaccinale e deriva illiberale chi valuta il rischio strategico?

analisidifesa

Tra maccartismo vaccinale e deriva illiberale chi valuta il rischio strategico?

di Gianandrea Gaiani

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            pass ansaIn un editoriale intitolato “L’impatto della vaccinazione di massa: scommessa al buio?” pubblicato su Analisi Difesa l’8 agosto 2021, venne posta l’attenzione sul rischio strategico legato a vaccinazioni sperimentali di massa: un tema rimasto inspiegabilmente al di fuori dal pur ampio (anche se schizofrenico) dibattito sul contrasto al Covid.

In quell’articolo venne posto il focus sui rischi legati ai possibili effetti negativi su vasta scala dei vaccini sperimentali, effetti che neppure i produttori erano e sono in grado di valutare nel tempo, ma anche sulle prospettive politiche e sociali legate alle discriminazioni dei cittadini e dei lavoratori, le false informazioni utilizzate per indurli ad accettare la vaccinazione sperimentale, la fitta selva di limitazioni alle libertà individuali imposte con cadenza ora divenuta ravvicinata quanto isterica.

Dopo quasi un anno di “maccartismo vaccinale” e di assurda contrapposizione tra “pro-vax” e “no-vax”, che ha portato a tensioni e spaccature sociali e a una deriva autoritaria che non hanno eguali nella storia recente della Repubblica e dell’Europa, i fatti sembrano purtroppo confermare le valutazioni espresse in quell’editoriale.

Incredibile che nessuno prenda in considerazione il rischio che l’uso di massa di vaccini sperimentali possa minare le fondamenta stesse della società e della Nazione.

In un contesto di sperimentazione di sieri di tipologia mai utilizzata in precedenza e di cui le stesse aziende produttrici non sono in grado di valutare le conseguenze nel tempo né di assumersene la responsabilità, inocularli a gran parte della popolazione espone l’Italia, e tutte le nazioni che utilizzano su vasta scala quei tipi di vaccini, a un rischio strategico di portata mai vista fino ad oggi.


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Michele Castaldo: Note di commento al documento di Assemblea militante

lacausadellecose

Note di commento al documento di Assemblea militante

di Michele Castaldo

159226Scrivo queste note con qualche difficoltà perché si tratta di discutere di un documento, Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia, prodotto dai compagni costituitisi in Assemblea militante, un gruppo di compagni di vecchia data e per lo più di storica conoscenza, nei confronti dei quali c’è stima e affetto per un passato di comune militanza. Perché con qualche difficoltà, perché le questioni sono spinose e nel maneggiarle ci si punge. Tralascio quello che non serve per focalizzare alcuni punti, la cui natura teorica ha immediati risvolti politici, come i compagni correttamente indicano fin dal titolo del testo in questione.

Va innanzitutto detto che lo spirito del documento è tutto improntato a un intervento politico sul problema, dunque a non subire passivamente le iniziative dei vari poteri economici, scientifici, politici, culturali e governativi su una questione storica molto complessa. Dunque la critica – se tale è – deve tener conto dell’intento, che volge verso un’azione contro l’insieme dell’impalcatura di potere che da questa pandemia si è costruita.

Inutile nascondersi dietro un dito, bisogna avere nervi saldi e mantenere un necessario equilibrio per evitare le esagerazioni che renderebbero vano lo sforzo che si vuole profondere.

Scrivono i compagni: « Tutti questi morti, e sono la stragrande maggioranza, non hanno niente a che vedere con la diffusione del virus, ma con la strategia di “contrasto” (per non dire di aggravamento) messa in atto dal governo e dai suoi “esperti” selezionati. Si è trattato di una vera e propria strage di Stato di cui forse nessuno renderà mai conto, realizzata proprio in nome della difesa della salute pubblica ».


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Dante Barontini - Guido Salerno Aletta: Venti anni di euro. Chi ci ha guadagnato?

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Venti anni di euro. Chi ci ha guadagnato?

di Dante Barontini - Guido Salerno Aletta*

venti euro guadagnatoA sentir parlare di debito pubblico, il lettore medio cattolico si fa la croce pensando al terrore che gli ispirano i Cottarelli e i Draghi di turno.

Quelli che si sentono “di sinistra” ma non fanno lo sforzo di concepire la società e le classi come un insieme organico, percorso da una feroce lotta di classe, si limitano a far spallucce considerandolo un falso problema oppure una “scusa” con cui i governanti di turno fottono i cittadini, i lavoratori, ecc.

Il che ha un suo fondo di verità, ma solo se si guarda alla superficie del problema.

Sentir parlare di moneta, di tassi di interesse, ecc, per di più in relazione al debito pubblico, provoca reazioni di fuga ancora più rapide. Eppure tutta la gestione politica dell’economia – nazionale o continentale che sia, visto che l’Unione Europea scrive ormai la parte essenziale della legislazione macroeconomica e fiscale dei singoli paesi – passa inevitabilmente per il debito pubblico e la moneta.

Il solo fatto di non averne più una propria, e condividere invece quella “comunitaria” (che è ben diverso da “comune”), ha prodotto una lunga seria di problemi che hanno un riflesso immediato sulla vita quotidiana di tutti noi. Soprattutto per quelli che di moneta in tasca ne hanno poca.

Su questi punti la destra italica, espressione fondamentalmente di una borghesia piccola e media – con scarsa o nulla proiezione internazionale e persino nazionale (a carattere locale, insomma) – ha battuto per anni. Facendo infine identificare la critica dell’euro come “causa” dei molti peggioramenti avvenuti nella condizione di quella classe smandrappata.


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Diego Ortolani Delfino: Cile, tra paura e speranza

euronomade

Cile, tra paura e speranza

di Diego Ortolani Delfino

Cile“Oggi in Cile la speranza ha vinto sulla paura”, ha detto la sera di domenica 19 dicembre Gabriel Boric nel suo primo discorso da presidente eletto, davanti a una gigantesca moltitudine di circa 500mila persone che riempiva l’Alameda, dal palco montato per l’occasione fino a Piazza Dignità, così ribattezzata dal popolo a partire dalla ribellione dell’ottobre 2019, a dieci isolati da lì. Si lasciava alle spalle, segnato anch’esso dalla paura, quasi un mese di campagna elettorale per il ballottaggio contro l’ultadestrista José Antonio Kast, una figura politica caratterizzata dalla rivendicazione di pinochetismo, neoliberalismo, xenofobia, patriarcato e omofobia: il Bolsonaro cileno.

Figlio di un militare nazista, Kast aveva riunito per la sua candidatura al secondo turno tutte le destre, dalla più reazionaria fino alle sedicenti “moderna”, liberale o “sociale”, che non hanno esitato, avendo perso il proprio candidato al primo turno, a cadere tra le sue braccia praticamente senza condizioni, di fronte alla minaccia “del comunismo” che secondo lui rappresentava Boric. Kast aveva fatto campagna elettorale, fin dall’inizio, agitando questo spauracchio e tutti i soliti atavismi reazionari, oltre a sventolare la bandiera della “libertà”, nome che danno all’anarcocapitalismo fondamentalista di mercato che invocano le nuove ultradestre, in questa nostra era di crisi permanente e impazzita dell’accumulazione del capitale.

Per questa contesa finale, come era logico, Kast ha cercato di trasmettere la “moderazione” e lo spostamento verso il “centro” tipici dei ballottaggi delle democrazie neoliberali occidentali (e in generale, di tutto il loro sistema politico in un qualsiasi momento dei loro rituali sempre più vuoti, fino all’irruzione ora di queste novità).


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Roberto Artoni: Debito-Pil, il nodo irrisolto

sbilanciamoci

Debito-Pil, il nodo irrisolto

di Roberto Artoni

Il peggiorare del rapporto tra debito pubblico e Pil dipende più dalla bassa crescita che dai saldi di spesa. Serve un quadro europeo per la gestione del debito che eviti attacchi speculativi e lasci spazio a politiche espansive

grattacielo.1020x680Sembra esistere un grande consenso sulla necessità di procedere ad una profonda revisione delle regole europee di bilancio, ancora in vigore anche se temporaneamente sospese. Richiamando i termini essenziali, le regole europee prevedono che l’obiettivo di un rapporto fra debito pubblico e prodotto interno, posto al 60%, debba e possa essere raggiunto limitando l’indebitamento annuale al 3%, perseguendo il pareggio del bilancio strutturale (stimato sulla base del prodotto potenziale al netto del ciclo di ogni paese) e vincolando la crescita della spesa pubblica, opportunamente definita, alla crescita del prodotto potenziale.

La pandemia ha reso inapplicabili, al di là di quanto già non lo fossero, queste regole: nel 2020, due anni fa, 10 paesi registravano disavanzi superiori al 3% e 14 superavano la soglia canonica del rapporto debito prodotto. In questo quadro, anche per effetto di una forte caduta dei livelli di attività in tutti i paesi, è stata attivata la clausola generale di salvaguardia, che ha consentito la sospensione dei vincoli di bilancio pubblico nel 2021. La sospensione è stata prorogata per il 2022, anche se sono rimaste in vigore le procedure per la valutazione dei disavanzi successivi. Il problema dell’adozione di nuove regole o del ripristino di quelle vecchie si pone dunque per il 2023.

Il sistema di regole vigenti è giudicato eccessivamente complesso, per il progressivo accumularsi di norme e di eccezioni, e poco trasparente, per il ricorso a stime di grandezze non osservabili e difficilmente quantificabili come il prodotto potenziale. Ne derivano, come da tempo sottolineato, elementi di arbitrarietà nei processi decisionali dell’Unione.


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Carlo Formenti: Cuba al bivio

perunsocialismodelXXI

Cuba al bivio

Un libro a più voci sulla crisi cubana

di Carlo Formenti

gettyimages 1233929294Cuba 11J. Protestas, respuestas, desafíos, curato da Julio Carranza Valdés, Manuel Monereo Pérez e Francisco Lopez Segrera ed editato dalla ELAG (Escuela de Estudios Latinoamericanos y Globales) e dalla rivista argentina Pagina 12 è un libro (uscito nel dicembre scorso) che prende spunto dalle manifestazioni di protesta che si sono svolte in alcuni quartieri dell’Avana e in altre città cubane l’estate scorsa, per analizzare le difficoltà che il Paese socialista caraibico si trova a fronteggiare a causa della crisi pandemica e del concomitante inasprimento del bloqueo imposto dall’amministrazione degli Stati Uniti (voluto da Donald Trump e confermato dal neopresidente democratico Joe Biden). Il libro si articola in 16 capitoletti firmati da altrettanti autori (economisti, sociologi, politologi ed esponenti di altre discipline) ed è dedicato ad uno di essi, il sociologo e storico della Rivoluzione cubana Juan Valdés Paz, venuto a mancare lo scorso ottobre. In appendice il testo di un discorso tenuto dal Presidente Miguel Diaz Canel il 18 luglio 2021 e alcune interviste a intellettuali ed artisti, nonché a giovani studenti che hanno partecipato alle proteste.

I punti di vista espressi dagli autori nei sedici testi raccolti nel volume sono articolati e differenziati, per cui è praticamente impossibile riassumere il contenuto del libro. Ho quindi deciso di non stendere un banale elenco delle varie posizioni, bensì di concentrare l’attenzione sui sei contributi che mi sono parsi più stimolanti, raggruppando i temi che vi sono trattati in tre aree: (1) ricostruzione degli adempimenti del regime nei primi trent’anni di vita e delle cause che, a partire dagli anni Novanta, rischiano di metterli a rischio; e valutazione di quali riforme economiche (2) e politiche (3) potrebbero consentire di superare la crisi.


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Carlo Di Mascio: Pashukanis e l'estinzione del diritto

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tonino

unread,
Jan 19, 2022, 4:29:52 AM1/19/22
to sante gorini

Tendenza internazionalista rivoluzionaria: L’ultima mossa di Draghi & Co. per coprire una gestione criminale e fallimentare della pandemia

ilpungolorosso

L’ultima mossa di Draghi & Co. per coprire una gestione criminale e fallimentare della pandemia

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

disegno manifestazioneCome prima, peggio di prima

Il governo Draghi che in un intero anno non ha fatto nulla per rafforzare le strutture sanitarie con massicce assunzioni di medici e infermieri; che ha deliberato, anzi, la loro ulteriore riduzione di qui al 2026, relegando la sanità all’ultimo posto nelle poste di spesa del PNRR; che non ha fatto un passo per apprestare un protocollo di terapie adeguate ai primi sintomi e per aiutare i medici di famiglia nella loro attività; che non ha messo mano al piano di prevenzione finito nei cassetti da 15 anni; che non ha mosso un dito per potenziare al massimo i trasporti pubblici urbani e interurbani; che non ha preso alcun provvedimento per sdoppiare le classi pollaio; che non ha imposto alle aziende alcuna seria misura di prevenzione dei contagi; che ha progressivamente rinunciato ad ogni tracciamento della diffusione del virus; che ha ridotto i giorni di quarantena; che ha consentito all’Inps di non considerare più la quarantena fiduciaria come malattia; questo governo ha infine trovato la magica soluzione per stroncare la riaccensione della pandemia in corso: obbligare gli over-50 a vaccinarsi.

Ciò, a fronte di un tasso di vaccinazione del 94% per gli over-80, del 92% degli over-70, del 90% per gli over-60, dell’86,5% degli over-50, ed in presenza di una nuova variante (la omicron) che secondo diversi studi buca gli attuali vaccini. Lo ricordiamo tutti: all’inizio l’informazione ufficiale utilizzava la scarsa conoscenza su contagi e immunità per propagandare la certezza che si sarebbe raggiunta l’immunità di gregge con il 70-80% dei vaccinati; ora perfino la soglia 90% è ritenuta insicura.


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Paolo Maddalena: La Costituzione, un faro al lumicino

lavoroesalute

La Costituzione, un faro al lumicino

Alba Vastano intervista il professor Paolo Maddalena*

Intervista al professor Paolo Maddalena, vice presidente emerito della Corte Costituzionale. “I danni che Draghi sta apportando all’economia italiana sono incalcolabili. Si pensi che egli non si preoccupa dei licenziamenti che stanno avvenendo in massa e, come già detto, ha addirittura ritenuta legittima l’ infausta e incostituzionale “delocalizzazione di impresa”. In proposito ricordo che l’art. 41 della Costituzione sancisce che “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla libertà , alla sicurezza, alla dignità umana” (Paolo Maddalena)

L3DIviQ9Immensa confusione e sconcerto dilaga nel mondo, specie in quest’ultimo (auspicabile) e un po’ disperato colpo di coda della pandemia che imperversa ormai da un biennio, limitando di fatto la normalità della vita di tutti i popoli. In Italia, di ora in ora, riceviamo, tramite i monitor sempre connessi, le ultime news che ci informano di nuove direttive governative a tutela della salute pubblica. Direttive che, solo l’attimo seguente, vengono smentite o aggiornate. Si percepisce chiaramente che la bussola che dovrebbe indicare l’iter maggiormente utile per limitare i danni, derivanti dal diffondersi del virus, è stata smarrita e noi, marinai senza capitani affidabili, presi da smarrimento per la perdita del pensiero critico, siamo costretti a fidarci di chi ha fallito o ad adottare il faidate. In realtà la bussola c’è, ma chi dovrebbe farne il primo strumento di orientamento nella rotta da seguire, non trova o non vuole trovare il Nord. E ha fatto impazzire l’ago. Sta ancora a noi, riprendendoci la facoltà del pensiero autonomo e critico, riportare l’ago della bussola sul Nord. Là dove è posizionato da ben 76 anni il faro che illumina il nostro cammino: La Costituzione. Un faro ridotto al lumicino, per incapacità dei governanti che si sono succeduti, di applicarne correttamente le leggi.

Ne parliamo con un grande giurista e costituzionalista, il professor Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte costituzionale, autore del saggio “La Rivoluzione costituzionale”, sua ultima opera ( http://www.blog-lavoroesalute.org/la-rivoluzione-costituzionale/).

* * * *

Alba Vastano: Professore, siamo ormai a ridosso delle elezioni del Presidente della Repubblica. Con lei, illustre Costituzionalista, prima di parlare degli aspetti politici che circondano questo avvenimento importante, parliamo di Costituzione.


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Moreno Biagioni: Multinazionali, poteri forti locali, movimenti alternativi territoriali 

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Multinazionali, poteri forti locali, movimenti alternativi territoriali 

(ovvero come liberarsi dall’abbraccio soffocante delle multinazionali)

di Moreno Biagioni

index9865ruL’influenza delle multinazionali in Toscana

In Toscana, in particolare nell’area Firenze/Pisa, si sta verificando sempre più spesso quanto sia nefasta l’influenza, il potere, la possibilità di incidere sulla vita delle persone che abitano un determinato territorio, da parte delle multinazionali, cioè di questi modernissimi “padroni del vapore” che risultano lontani e inafferabili – in quanto privi di quella “corporeità” che caratterizzava in buona parte le controparti padronali di un tempo -.

Soffermiamoci, a titolo esemplificativo, su alcuni casi.

La vertenza GKN innanzitutto: le sue maestranze hanno come avversaria la finanziaria Mellrose, che ha licenziato con una mail, dalla sua sede inglese, senza alcun confronto preventivo, oltre 400 lavoratori (soltanto una dura lotta, che ha coinvolto l’intera società, non solo fiorentina, e su cui torneremo in seguito, ha impedito i licenziamenti immediati).

La ragione di questo comportamento è che Mellrose ritiene opportuno delocalizzare la produzione in un paese in cui le retribuzioni e i diritti di chi lavora sono minori. E’ necessario quindi opporsi alle delocalizzazioni (e nel contempo, con una visione “internazionalista”, sempre più necessaria, sostenere l’impegno dei lavoratori del paese in cui si vuole delocalizzare per maggiori retribuzioni e diritti).


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Francesco Principessa: Gkn: quali lezioni trarre

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Gkn: quali lezioni trarre

di Francesco Principessa

Quando si discute di politica economica in Italia, si nota subito l’assenza della politica industriale. Negli ultimi trent’anni, si è assistito alla privatizzazione di molte imprese pubbliche, non sempre rivelatesi efficaci, e a un sostanziale arretramento dello Stato nell’economia, accompagnato da un processo di erosione delle conquiste sociali e di polarizzazione della ricchezza e del potere. La vicenda della Gkn ha dimostrato che gli strascichi delle politiche neoliberali possono generare delle reazioni e far emergere elementi di novità.

Prima che lo stabilimento venisse rilevato da Francesco Borgomeo, il Collettivo operaio Gkn di Campi Bisenzio ha svolto un incredibile lavoro politico. Fra le altre cose, è stata elaborata una puntuale proposta economica per il governo italiano: la costituzione di un polo di innovazione tecnologica e sociale che sappia raccogliere intorno a sé il mondo dell’industria, dell’accademia e delle migliori forze civiche del nostro paese.


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comidad: Col pretesto dell'obbligo vaccinale l'agenzia delle entrate gestisce il green pass

comidad

Col pretesto dell'obbligo vaccinale l'agenzia delle entrate gestisce il green pass

di comidad

La lobby farmaceutica non aveva certo bisogno dell’obbligo vaccinale, poiché quel 10% della popolazione negatosi al sacro siero è ampiamente compensato dal susseguirsi delle dosi di richiamo, che si avviano a diventare trimestrali. Anzi, con l’obbligo vaccinale si rischia di scoperchiare una voragine di potenziali contenziosi giudiziari. Non che ci sia da farsi illusioni sulla magistratura, Corte Costituzionale compresa.

La normativa varata dal governo è talmente ambigua da non prevedere una procedura chiara per adempiere specificamente all’obbligo, con la prospettiva di ritrovarsi davanti il caro vecchio “consenso informato” da sottoscrivere. Ancora una volta si tratterebbe di estorsione di consenso e non di un obbligo giuridicamente inequivocabile. Non contento di aver stracciato ciò che rimaneva della Costituzione (del resto ci aveva già provveduto il governo Conte bis), il governo Draghi ha fatto strame della nozione stessa di legislazione, riconfermando che lo Stato, il pubblico e il privato sono astrazioni pseudo-giuridiche che coprono altre gerarchie sociali, cioè lobby e cosche d’affari.


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Marinella Correggia: Israele, Pfizer e la saga delle tante dosi ai tempi di Omicron

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Israele, Pfizer e la saga delle tante dosi ai tempi di Omicron

Senza dimenticare il Cts, l’Oms, l’Ema...

a cura di Marinella Correggia 

Il Ceo della multinazionale, Albert Bourla, ha dichiarato pochi giorni fa ( (1)): «Due dosi del vaccino offrono tutt’al più una protezione molto limitata. Tre dosi una protezione ragionevole contro ospedalizzazione e morte. Meno contro l’infezione» e dunque «lavoriamo a una nuova versione che sarà pronta a marzo». Sottolineando che ci sono due certezze: «Una prima è che il virus non andrà via e presumiamo che resti per un decennio. Sarà endemico ovunque, ha e avrà la capacità di creare varianti quindi vivrà, in un modo o nell'altro, insieme al genere umano per gli anni a venire. La seconda certezza che abbiamo è che la protezione immunitaria con le varianti che conosciamo e ora pare anche con Omicron, è di durata breve, sia con il vaccino che con l’infezione naturale: pochi mesi, sempre meno».

E nel paese apripista della vaccinazione con il prodotto di Pfizer, le misure sanitarie anti-Covid conoscono repentine evoluzioni. Ecco qua.

21 dicembre 2021: Israele propone una quarta dose di vaccino anti-Covid per gruppi ritenuti a rischio (2). La decisione è spiegata con la diffusione della variante Omicron. e sulla base del fatto che l’immunità legata alla terza dose decade velocemente, come è stato il caso per la seconda.


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Pietro Salemi: Stay human?

lafionda

Stay human?

di Pietro Salemi

Compagni progressisti, il nome ‘compagni’ non so chi ve l’ha dato, ma in fondo vi sta bene, tanto ormai è squalificato.

Compagni progressisti, ricordo ancora le manifestazioni per i porti aperti, ricordo quando indossavate le “Orange vest” e quando protestavate contro Salvini al grido di “Restiamo umani”. Mi piaceva la vostra opposizione a politiche migratorie de-umanizzanti, mi piaceva il vostro interesse per il rispetto dei diritti umani.

Tuttavia, mi piaceva meno il fatto che il vostro interesse finiva una volta raggiunta la banchina di un porto italiano, mi piaceva di meno il fatto che non avevate alcun dress code per protestare contro il caporalato, lo sfruttamento di manodopera a basso costo e l’arruolamento spesso forzoso (per assenza di alternative legali) di quegli esseri umani nella fila della criminalità organizzata.

Però, in cuor mio, continuavo a coltivare la speranza che voi, compagni progressisti, sareste stati quelli che si sarebbero eretti a baluardo dei diritti fondamentali e del rispetto della dignità umana, allorché la Storia ci avesse posto al bivio della barbarie.


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John P.A. Ioannidis: Omicron, l’epidemiologo Usa: “Ha tutte le caratteristiche di un’ondata endemica, alcuni paesi sono fuori dalla pandemia”

fattoquotidiano

Omicron, l’epidemiologo Usa: “Ha tutte le caratteristiche di un’ondata endemica, alcuni paesi sono fuori dalla pandemia”

Peter D'angelo intervista John P.A. Ioannidis*

"Vedremo dei picchi di casi, ma i vaccini attuali più l'immunità da infezioni precedenti continuano a funzionare abbastanza bene per salvare vite tra gli anziani e tra i vulnerabili che sono più a rischio"

“Basta panico, fa bene chi esce. Dobbiamo vivere normalmente”. Così Sergio Abrignani, immunologo del Cts che ipotizza un “picco a gennaio, poi sarà come l’influenza per circa il 90% della popolazione vaccinata”. I dati su Omicron pubblicati dalla Berkeley, l’Università della California, parlano di una letalità inferiore del 91%, rispetto a Delta. Per comprendere al meglio cosa ci aspetterà nei prossimi mesi ilfattoquotidiano.it ha intervistato, John P.A. Ioannidis, epidemiologo e professore di Medicina all’Università di Stanford, con indice di affidabilità tra i più alti in assoluto (h-index 222). Lo scienziato ritiene che la la variante rilevata per la prima volta in Botswana e Sudafrica abbia “tutte le caratteristiche di un’ondata endemica”.

* * * *

La variante Omicron, dovrebbe raggiungere il suo picco nelle prossime settimane. Il vaccino “aggiornato” (quelli attuali sono sulla Spike del ceppo di originario di Wuhan) potrebbe essere disponibile a marzo-aprile. Le mutazioni corrono più veloci del vaccino, quali strategie alternative ci sono? Antivirali precoci?


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Fabio Vighi: Varianti e inflazione: cronaca di una demolizione controllata

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Varianti e inflazione: cronaca di una demolizione controllata

di Fabio Vighi

1540993247548.jpg una batosta da 625 euro a famiglia
            dall inflazioneDopo quasi due anni, eccoci di nuovo qua. Mascherine, distanziamenti, quarantene, restrizioni, lavoro a distanza (per chi ancora ce l’ha), bombardamenti mediatici a tappeto, assolutismo vaccinale e, immancabile, l’ombra lunga di devastanti lockdown – già caldamente sponsorizzati, tra gli altri, dal Fondo Monetario Internazionale. Ma questa volta con l’aggiunta di fiammate inflattive che svalutano il denaro e bruciano i risparmi, spingendo una parte sempre più ampia di popolazione nella spirale del debito e della povertà.

 

Iniezioni monetarie

A nostro avviso, la funzione profonda dell’emergenza sanitaria può essere compresa se inserita nel contesto macro di pertinenza, ovvero la crisi terminale del modo di produzione capitalistico. La sequenza causale ci pare la seguente: implosione economica – strumentalizzazione pandemica – emergenza democratica. Se dovesse andare a compimento, il cambio di paradigma in atto ci condurrebbe dritti a un modello apertamente autoritario di capitalismo implosivo, sostenuto da allarmi globali spesso sproporzionati rispetto alla minaccia reale. Come dimostrato dalla creazione del capro espiatorio ‘no vax’, il potenziale della propaganda è virtualmente illimitato. Per la prima volta nella storia dell’umanità, la colpa di un trattamento che non funziona nelle modalità millantate viene affibbiata a coloro che non lo usano.

Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli del fatto che l’attuale violenza ideologica è un riflesso quasi pavloviano rispetto all’incombere del collasso economico. Stiamo naufragando in una crisi di sistema che nel 2008 ha assunto per la prima volta un carattere terminale.


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Lelio La Porta: Enrique Dussel, Cinque tesi sul populismo

azioni
              parallele

Enrique Dussel, Cinque tesi sul populismo

di Lelio La Porta

Enrique Dussel: Cinque tesi sul populismo, Castelvecchi 2021, EAN:9788832904086, p. 64, € 9

xul solarEnrique Dussel, introdotto e tradotto da Antonino Infranca, propone un saggio recente, breve, ma ricco di implicazioni destinate ad una discussione ponderata: Cinque tesi sul populismo1.

I lemmi che l’autore pone al centro dell’attenzione, a ben vedere, sono quelli che occupano le menti delle intellighenzie del mondo intero rispetto al fenomeno che appare nel titolo del libro: rappresentanza, partecipazione, ingovernabilità, democrazia, Costituzione, neoliberismo, globalizzazione, leadership, popolo, popolare; in ultimo, un termine, interpellazione, che può apparire un neologismo, in quanto ci è più familiare l’interpellanza, ma che, nella terminologia dusseliana riveste il significato del riconoscimento da parte del popolo, nel momento in cui rivendica i propri diritti, di possedere e mettere in pratica l’«autocoscienza della propria esistenza come attore collettivo»2, come chiarisce Infranca.

Le cinque tesi di Dussel possono essere sintetizzate nel modo seguente: 1) il populismo, in America latina, ha connotato positivamente i regimi che hanno avuto inizio dalla rivoluzione messicana del 1910 e si sono poi diffusi nel Continente; 2) il populismo, sempre in America latina, ha assunto un significato denigratorio nei confronti di quei governi che si sono opposti alle direttrici di controllo economico dettate dagli Usa a partire dal 1989; 3) populismo non significa né popolare né popolo; 4) con le parole dell’autore, «la democrazia reale si collega all’organizzazione effettiva della partecipazione politico-popolare»3; 5) in che modo vada esercitata la leadership onde evitare avanguardismo o dittature carismatiche.


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Paolo Di Marco: La dolorosa nascita dell’economia

poliscritture

La dolorosa nascita dell’economia*

di Paolo Di Marco

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            del trabajo cmo surge en qu consiste ventajas y desventajas1- l’invenzione di Adam Smith

‘Il fattore cruciale è la capacità del denaro di trasformare la moralità in una questione di impersonale aritmetica-e così facendo, di giustificare cose che altrimenti sembrerebbero scandalose od oscene’..:.e questa quantificazione è strettamente intrecciata alla violenza, quella stessa da cui originano stato e mercato.

Graeber, David. Debt (p.29). Melville House.

Cercando di liberarci dai luoghi comuni che hanno finito per occupare abusivamente la nostra visione del mondo, e in particolare quella dell’economia, ci imbattiamo subito in chi quella teoria ha fondato collo scopo precipuo di liberare la mente dei propri concittadini da un’errata concezione del denaro.

Quello che sembrava allora ovvio era che il denaro coniato dalle reali zecche lì stesso si originasse, quindi dallo stato e dal sovrano in prima istanza. E ciò che Adam Smith si accingeva invece a dimostrare era come il denaro fosse il frutto del lavoro e dell’attività imprenditoriale in primis, e che il compito del governo era solo quello di assicurare la quantità necessaria di conio, lasciando all’industria la libertà di fare il proprio mestiere senza vincoli dannosi.

Così nel 1776 il professore di Filosofia Morale di Glasgow inventò l’economia, vuoi come disciplina vuoi come attività umana. Il procedimento richiama altri già visti recentemente (come Rousseau): si ipotizza una natura umana la cui precipua caratteristica è la propensione allo scambio: tutto è scambio, a cominciare dall’originario baratto dei primitivi fino alla logica e alla conversazione. È questa spinta allo scambio che a sua volta genera la divisione del lavoro, responsabile di tutto il progresso umano e della civilizzazione.(v. 4).


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Luca Grecchi: Enrico Berti. Un ricordo filosofico e umano

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Enrico Berti. Un ricordo filosofico e umano

di Luca Grecchi

Con Enrico Berti ci ha lasciato il 5 gennaio 2022 uno dei maggiori storici della filosofia, in particolare del pensiero di Aristotele, nonché uno dei pochi filosofi rimasti, in grado di argomentare in maniera chiara, solida ed originale importanti posizioni teoretiche, illuminando insieme la cultura antica e la realtà del nostro tempo.

Per un bilancio complessivo della sua opera molti saggi, nei prossimi mesi, seguiranno; io stesso sono stato subito incaricato, dalla rivista Humanitas, di redigere un suo profilo. Quanto mi preme fare ora però, nella immediatezza della notizia della sua morte, è realizzare un piccolo ricordo personale, un po’ per consolarmi della perdita di un amico, e un po’ per mettere in risalto, per quanto in maniera sintetica, il valore dello studioso e della persona. Sono felice, peraltro, di avere ricordato più volte a Enrico, negli ultimi tempi, quando si lamentava delle sue peggiorate condizioni di salute – cosa che con gli amici più giovani, per pudore, non faceva – l’importanza di ciò che aveva realizzato nella sua vita, sia come pensatore che come educatore, essendo egli stato un costante sostegno ed un esempio per molte generazioni di studiosi.


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Giuliano Garavini: La privatizzazione della ricerca: soldi statali, profitti alle imprese

fattoquotidiano

La privatizzazione della ricerca: soldi statali, profitti alle imprese

di Giuliano Garavini

Da Big Tech a Big Pharma - Le innovazioni nate in azienda sono l’eccezione, la regola è che le multinazionali si appropriano di idee nate nel pubblico ricavandone rendite finanziarie

Viviamo in un film di fantascienza nel quale tutto, dalle alluvioni alle pandemie, appare minaccioso. Si diffonde la convinzione che, per riequilibrare il rapporto incrinato con l’ecosistema, sia necessario trasformare il nostro modello industriale e di consumi. La transizione dalle energie fossili è solo un aspetto dell’epocale trasformazione necessaria. La miscela salvifica è oggi individuata nel supporto pubblico a ricerca ed investimenti privati. Eppure, quando i cittadini si accorgono di come cospicue risorse pubbliche si traducano in enormi profitti privati – come nel caso dei vaccini di Pfizer e Moderna – si alimenta la diffidenza verso la scienza le autorità pubbliche. In un libro recente, “La privatizzazione della conoscenza”, l’economista Massimo Florio espone con lucidità il meccanismo attraverso il quale l’impresa privata – nel settore biomedico, dell’energia e del digitale – si appropria delle conoscenze generate dalla ricerca pubblica per trasformarle in rendite finanziarie, protette da inattaccabili posizioni di oligopolio.


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Lorenzo Palaia: 2023: ultima fermata

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2023: ultima fermata

di Lorenzo Palaia

Se Draghi verrà eletto al Quirinale ci troveremmo in una situazione simile a quella in cui si trovarono gli aventiniani durante il secondo ministero Mussolini, dopo l’uccisione di Matteotti, meno cruenta ma altrettanto drammatica. Purtroppo per noi però qui i parlamentari che si ritirerebbero sull’Aventino sono ben pochi. Mettendo insieme i 37 deputati di Fratelli d’Italia con i 16 di Alternativa si arriverebbe a 53, più forse qualche altro sparso, su un totale di 629. Tra i senatori va persino peggio: oltre ai 21 di Fd’I, 2 di Italexit, 1 di Pap, 1 del PC (potrei dimenticarne qualcuno). Il Governo Draghi ha una maggioranza che forse neanche Mussolini al tempo aveva. E non è un Esecutivo di emergenza bensì di normalizzazione, ormai in carica da un anno.

A questo punto le contromosse vanno prese seriamente e a prescindere dallo scenario. Se Draghi dovesse andare al Colle ci troveremmo un Paese così asservito all’equilibrio euroatlantico che nessun partito e nessun Esecutivo potrebbero aspirare a interpretarlo secondo gli interessi nazionali (figuriamoci sganciarsene).


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Andrea Crisanti: "Basta con questi vaccini"

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"Basta con questi vaccini"

Crisanti contro le iniezioni ogni 4 mesi

Dario Martini intervista Andrea Crisanti

«Questa maratona vaccinale è sbagliata. Fare vaccini ogni quattro mesi ha un costo sul nostro sistema immunitario. Non è una cosa buona». Il professore Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, non usa tanti giri di parole per dire come la pensa. In questi giorni milioni di italiani si pongono la stessa domanda. Farà male ripetere tutte queste iniezioni nel giro di così poco tempo? Mentre corre la campagna delle terze dosi, già si parla del nuovo siero contro Omicron che sarà pronto a marzo. E dopo la quarta dose, ci toccherà fare anche la quinta? Crisanti si sottrae a questa logica: «La corsa alle varianti a cui stiamo assistendo è legata alla poca efficacia nel tempo di questi vaccini. Serve una strategia diversa».

* * * *

Professore, cosa intende?

«Significa che bisogna investire in vaccini diversi, di seconda generazione, che abbiano una durata maggiore. Non è possibile imporre questa maratona vaccinale a un’intera popolazione ogni quattro mesi. Nel lungo termine non è sostenibile».


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Salvatore Bravo: Mandeville regna in Europa

sinistra

Mandeville regna in Europa

di Salvatore Bravo

In Austria si incentiva la terza dose con premi da cinquecento euro da spendere per la spesa. Non è un dato secondario per comprendere la visione dell’essere umano dell’Europa unita. Il neofeudalesimo liberista ha la sua visione dell’essere umano: l’umanità è motivata solo dal calcolo in denaro. Sarebbe il caso di usare il termine neofeudalesimo liberista, poiché il liberismo presuppone la pluralità di soggetti in competizione e uno Stato minimo e neutro che non entra nella vita dei cittadini. Siamo di fronte, invece, a poche multinazionali che detengono il potere economico e politico al punto da usare gli Stati per i loro interessi oligarchici. Siamo in pieno neofeudalesimo con i popoli ridotti a plebe consumante. Se per incentivare la terza dose si fa leva su un buono da cinquecento euro e non sull’informazione, è evidente il disprezzo verso l’umanità: il popolo è trattato come plebe a cui si offre l’incentivo economico, perché incapace di comprendere il significato scientifico e politico della campagna vaccinale. La plebe non ha progetti politici, la temporalità dei servi è limitata alla crapula immediata, pertanto si offre un incentivo che svela la visione antropologica del neofeudalesimo.


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tonino

unread,
Jan 20, 2022, 12:11:01 PM1/20/22
to sante gorini

Vladimiro Giacché: È la contraddizione che muove il mondo

asimmetrie

È la contraddizione che muove il mondo

di Vladimiro Giacché

Testo della lectio al convegno Euro, mercati, democrazia e… conformismo EMD 2020, svoltosi a Montesilvano (PE) nei giorni 17 e 18 ottobre 2020

EgaIkRrWkAIkliw.jpg large1. Una fine e un inizio

«La fine di qualcosa»: così il grande pianista canadese Glenn Gould, rivolgendosi al pubblico prima dell’inizio di uno dei suoi più straordinari concerti, definì la musica di Bach. Il pensiero di Hegel rappresenta l’ultimo grande tentativo sistematico della storia della filosofia, un’ambizione che già la generazione di filosofi successiva abbandonò. Da questo punto di vista la filosofia hegeliana è davvero anch’essa «la fine di qualcosa». Ma d’altra parte è innegabile che il pensiero di Hegel abbia esercitato un’enorme influenza sui filosofi successivi. Alcuni aspetti della sua filosofia hanno esercitato un potente influsso sulla storia – non soltanto del pensiero – sino ai giorni nostri. La filosofia di Hegel è quindi sia una fine che un inizio. Per questo motivo, e per un motivo più importante: perché, come vedremo più avanti, nel suo pensiero la fedeltà alla tradizione filosofica, la continuità rispetto a essa, si unisce a un forte elemento di rottura, nientemeno che rispetto a un principio cardine della tradizione filosofica quale quello di identità.

Il pensiero di Hegel, al pari di quello di tutti i grandi pensatori, fa parte del patrimonio culturale dell’umanità. Allo stesso modo di un monumento storico, di un dipinto, di un brano musicale. In quanto tale, fa parte di una storia. Ma il suo significato non si esaurisce in essa, eccede ogni interpretazione – e proprio per questo è in grado di parlare a generazioni diverse, di divenire alimento di un nuovo pensiero. Il pensiero di Hegel fa parte anche di noi, perché è inserito nella tradizione culturale in cui noi stessi pensiamo. Talvolta ridotto a frammenti, a singoli concetti, a frasi isolate, ma comunque già presente in noi inconsapevolmente anche prima dell’inizio di ogni lavoro interpretativo.


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Gilles Dauvé: La fine del mondo non avrà luogo

illatocattivo

La fine del mondo non avrà luogo

di Gilles Dauvé

[VI episodio della serie: Pommes de terre contre gratte-ciel, apparso su ddt21.noblogs.org; marzo 2021]

Image 001«L'apocalisse di cui vi si dice non è quella vera». (Armand Robin, Poèmes indésirables, 1943-‘44)

Il catastrofismo, che – come abbiamo visto nell'episodio precedente – a volte può tingersi di marxismo, ha il vento in poppa: un mondo sull'orlo del collasso ci sta travolgendo, è urgente agire... o forse no, se è già troppo tardi. Ma di quale collasso stiamo parlando?

 

1. Collassato

Il collasso è un'immagine che colpisce: qualcosa o qualcuno crolla. Ma l'estinzione o la scomparsa di una società, più che coincidere con uno shock o una rottura, avviene dopo un declino generalmente accompagnato da una trasformazione di lungo periodo, che spesso si estende su un arco di diversi secoli, ed è raro che la decomposizione non sia anche una ricomposizione.

«Non è perché le “risorse” stanno diventando più scarse e (quasi) tutte le attività saranno rilocalizzate radicalmente, che le attuali strutture organizzative delle nostre società scompariranno, e che il produttivismo si arresterà. A questo proposito, la rappresentazione del “picco” (che in realtà è più simile a un plateau) della produzione di combustibili fossili comporta un grosso difetto. Viene sottinteso, e a volte esplicitamente affermato, che la rarefazione di queste energie causerebbe il collasso del capitalismo. Ma la scarsità non porta alla fine dei rapporti di produzione (al contrario). Il produttivismo andrà fino in fondo, fino all'ultima goccia, se avrà campo libero. Non ci sarà una fine meccanica del capitalismo [...], ci sarà “solo” una riallocazione delle “risorse” disponibili […] e una maggiore intensità nei rapporti di sfruttamento e nell'estrazione delle materie prime. [...] L'elettricità non scomparirà, i tagli di corrente saranno sporadici. Internet non si spegnerà da un giorno all'altro: una parte della popolazione si troverà scollegata, con un accesso alla rete sempre più oneroso.» (Jérémie Cravatte)


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Alastair Crooke: Pandemia e strategia economica: una trama inestricabile

theunconditional

Pandemia e strategia economica: una trama inestricabile

di Alastair Crooke

Benedetto Cristofani handelsblatt corona bull
            cristofaniTre anni fa, parlando degli sforzi per far rientrare in patria dall’Asia i posti di lavoro persi dai colletti blu americani, avevo detto ad un professore americano dell’US Army War College di Washington che questi posti di lavoro non sarebbero mai ritornati. Erano perduti per sempre.

Il professore aveva replicato che era proprio così, ma che ero io a non capire il punto. L’America non si aspettava, né voleva, che ritornasse in patria la maggior parte di quei banali posti di lavoro dell’industria manifatturiera. Avrebbero dovuto rimanere in Asia. Le élite, aveva continuato, volevano solo i posti di comando del settore tecnologico. Volevano la proprietà intellettuale, i protocolli, le metriche, il quadro normativo che avrebbe permesso all’America di caratterizzarsi ed espandersi nei prossimi due decenni di evoluzione tecnologica globale.

Il vero dilemma però, secondo lui, era: “Cosa bisognerebbe fare di quel 20% della forza lavoro americana che non sarà più necessaria, che non servirà più per il funzionamento di un’economia a base tecnologica?”

In effetti, quello che il professore aveva sottolineato era solo uno dei tanti aspetti di un dilemma economico fondamentale. Negli anni settanta e ottanta le aziende statunitensi si erano impegnate a delocalizzare in Asia il costo del lavoro. In parte per tagliare le spese e aumentare la redditività (e così era stato) ma anche per una motivazione più profonda.

Gli Stati Uniti sono sempre stati un impero espansionistico, sempre alla ricerca di nuove terre, di nuovi popoli e delle loro risorse umane e materiali da sfruttare. Il movimento in avanti, la continua espansione militare, commerciale e culturale è la linfa vitale di Wall Street e della sua politica estera.


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Francesco Fistetti: Losurdo e la filosofia tra Lenin ed il marxismo

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Losurdo e la filosofia tra Lenin ed il marxismo

di Francesco Fistetti

A giugno del 2018 veniva a mancare Domenico Losurdo, uno dei massimi filosofi politici italiani, pugliese (era nato a Sannicandro di Bari nel 1941), le cui opere sono tra le più tradotte al mondo (dall’Europa agli Stati Uniti e al continente latino-americano), compreso il suo ultimo testo, Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere, edito da Laterza l’anno prima della morte.

Si era laureato con Pasquale Salvucci nel 1963 all’università “Carlo Bo” di Urbino, dove ha insegnato Storia della filosofia nella Facoltà di Scienze della Formazione, ricoprendo anche la carica di direttore dell’Istituto di Scienze Filosofiche e Pedagogiche. Figura complessa di studioso militante, non esita a prendere posizione in Italia contro lo scioglimento del Pci e, sul piano internazionale, a schierarsi contro le cosiddette guerre umanitarie promosse, in nome dell’“esportazione della democrazia”, dagli USA e dall’Occidente. Polemista agguerrito, combatte su più fronti: dalla controversia sul revisionismo storico (da E. Nolte a F. Furet) al dibattito sul totalitarismo (da K. Popper a H. Arendt).


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Marco Cosentino: "Il Covid non è curabile..."

lantidiplomatico

"Il Covid non è curabile..."

di Marco Cosentino*

Non è curabile da un sistema sanitario spolpato e ridotto all'osso in nome di un malinteso e strumentale efficientismo aziendalista.

Non con medici di base cui è permesso seguire 1500-2000 persone. Assistiti, li chiamano. Ma che assistenza ricevono 2000 persone da una persona sola?

E questo in regime ordinario. Perchè invece il covid è una malattia d'altri tempi, di quelli nei quali il medico stava al letto del paziente tenendogli il polso, ascoltato il respiro, osservando le mucose rosee o cianotiche.

Col covid non te la cavi con una ricetta di statine o antiipertensivi. Dieci pazienti col covid ti riempiono una giornata di 48 ore. Ha ragione il mio amico fraterno primario ospedaliero: le cure ci sono ma non c'è chi le possa dispensare e applicare.

Eppure sarebbe bastato volerlo, così come si è voluto militarizzre un apparato di vaccinazioni in serie, almeno due terzi delle quali, ai giovani e ai sani, non hanno alcun significato medico.


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Salvatore Bravo: RAI e pluralismo

sinistra

RAI e pluralismo

di Salvatore Bravo

La RAI lancia, come ogni anno, la sua campagna abbonamenti. È il servizio pubblico per eccellenza, in quanto, in teoria, consente a chi non ha voce e potere economico di esprimersi, di contestare e proporre. Senza libertà di parola che la RAI dovrebbe attuare non vi è democrazia, ma oligarchia, pertanto la RAI dovrebbe essere servizio pubblico e non di Stato. Servizio pubblico è dare voce ad ogni cittadino con un’informazione libera ed imparziale. Quest’ultima è un ideale e una pratica “umanamente conseguibile” attraverso la visibilità alle minoranze. Spetta ai cittadini informati, elaborare socraticamente il concetto ed eventualmente schierarsi in modo ragionato e razionale. La RAI non dovrebbe essere TV di Stato, ovvero mezzo mediatico al servizio dei potenti di turno, ma servizio pubblico. Se ogni anno i cittadini della Repubblica pagano l’abbonamento TV è per usufruire della libera ed imparziale informazione che consolida la vita democratica. La RAI è di tutti come la scuola o il servizio sanitario, è uno dei presidi della democrazia. Garantisce la crescita etica e culturale dei cittadini nel rispetto delle differenze. Essa dovrebbe realizzare pienamente l’articolo 211 della Costituzione. Nel codice etico del marzo 2020 così si legge:


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Il Chimico Scettico: Vaccini mRNA e miocarditi nei giovani

ilchimicoscettico

Vaccini mRNA e miocarditi nei giovani

di Il Chimico Scettico

https://www.facebook.com/SaraGandini68/posts/288190840033817

Magari non ve ne ricordate, ma quando la campagna di vaccinazione italiana è cominciata è cominciata con la parola d'ordine "non esistono vaccini di serie b": un vaccino anticovid vale l'altro. Probabilmente in qualche manuale di comunicazione delle pandemie sta scritto così e sta scritto che è la cosa giusta da dire. Ma i dati di autorizzazione dicevano diversamente. E quando col vaccino AZ in primavera vennero fuori casi di trombosi del seno venoso cerebrale e trombi in presenza di piastrinopenia (nonché decessi) in giovani donne, ma non solo, fu un coro di "correlation is not causation" (la cosa "giusta" da dire, ancora). Peccato che questi effetti collaterali siano poi stati attestati dalle autorità di diversi paesi europei e poi da EMA (al che ricordo impagabili dissertazioni su rischio di trombosi nei voli aerei e nelle donne che prendono anticoncezionali).

Per l'ennesima volta, pressoché impossibile ricavare da trial su decine di migliaia di soggetti eventi con una frequenza di unità su centomila.


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Barbara Stiegler: Il “pass” viola i principi fondamentali della nostra Repubblica

lafionda

Il “pass” viola i principi fondamentali della nostra Repubblica

di Barbara Stiegler

Da quindici anni insegno etica e salute pubblica a medici e infermieri che vengono a formarsi all’università. Insieme, cerchiamo di capire perché il “consenso libero e informato” si è affermato come la chiave di volta dell’etica biomedica.

Perché compensa l’asimmetria potenzialmente pericolosa tra pazienti (o soggetti sani in una sperimentazione) e il potere medico. Perché può essere libero solo se viene accolto senza ricatti, minacce o pressioni psicologiche di alcun tipo – condizione essenziale perché non venga “estorto”. Perché di conseguenza non si può mai subordinare l’accesso alle cure all’accettazione del trattamento proposto e perché un paziente che si rifiuta di prestare il proprio consenso non può essere, con questo pretesto, escluso dal sistema assistenziale. Perché più in generale, e contrariamente alle ultime accuse di Emmanuel Macron che violano tutti i principi del nostro contratto sociale, i diritti del cittadino non possono, in alcun modo, essere condizionati dall’invocazione di doveri precedenti. Perché infine la raccolta dei consensi vieta qualsiasi ricorso all’argomento dell’autorità del tipo: “Obbedisci, perché sono io – o meglio le autorità sanitarie – che so cosa è bene per te!”


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Paolo Cornetti e Thomas Fazi: Il nuovo ruolo del Presidente della Repubblica, da garante della Costituzione a garante dei trattati europei

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Il nuovo ruolo del Presidente della Repubblica, da garante della Costituzione a garante dei trattati europei

di Paolo Cornetti e Thomas Fazi

SavonaMattaCome è ormai risaputo, il 24 gennaio terminerà il mandato settennale di Sergio Mattarella e il Parlamento italiano e i rappresentanti regionali saranno chiamati allo scrutinio segreto per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Malgrado questo evento non abbia ottenuto grandi attenzioni al di fuori del nostro paese, la scelta che ne conseguirà sarà determinante per tutto il continente europeo.

Generalmente, si ritiene che il presidente abbia un ruolo puramente cerimoniale e simbolico, e in effetti per la maggior parte della vita repubblicana è stato effettivamente così. D’altronde dovremmo essere una democrazia parlamentare, con il governo che si regge sulla fiducia delle Camere elette dal popolo.

Eppure, nella sua veste ufficiale di “garante” o “guardiano” della Costituzione, il presidente della Repubblica detiene un potere notevole. I governi, infatti, devono ottenere la sua “approvazione”, in quanto egli nomina (o “approva”) il Presidente del Consiglio e gli altri ministri. Inoltre, tutte le leggi approvate dal Parlamento devono essere firmate dal Presidente della Repubblica, il quale ha anche il potere di sciogliere le Camere, per esempio a seguito di una crisi di governo. Ciò significa che il Colle detiene a tutti gli effetti la capacità di decidere se indire nuove elezioni o meno.

Ma i poteri presidenziali non finiscono qua, dal momento che la carica più alta dello Stato ha la facoltà di ratificare i trattati internazionali, è comandante in capo delle Forze Armate e Presidente del Consiglio superiore della magistratura. Infine, non molti ne sono a conoscenza, ma il Presidente della Repubblica può esercitare la sua influenza anche attraverso le strutture tecnocratiche del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in particolare l’onnipotente Ragioneria Generale dello Stato e la Banca d’Italia.


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Alberto Prunetti: Ritorno a Reims

jacobin

Ritorno a Reims

di Alberto Prunetti*

Recensendo «Retour à Reims (Fragments)» Alberto Prunetti avverte il rischio che le storie working class vengano neutralizzate. Eppure queste biografie operaie aiutano a liberarsi dalle zavorre che ci portiamo dietro

working class jacobin italia 1536x560Da un po’ di giorni ricevevo inviti a guardare il documentario francese Retour à Reims (Fragments) di Jean-Gabriel Périot. E sempre mi sottraevo. Ho un rapporto complesso, di attrazione e distanziamento, con l’opera di Didier Eribon a cui il documentario si ispira esplicitamente. Quando la lessi la prima volta mi ritrovai risucchiato in quelle pagine, assediato da flashback della mia infanzia. Quello che mi allontanava però dal memoir di Eribon era la mia traiettoria personale: per me gli studi non erano stati un elemento di mobilità sociale. Dopo la laurea non avevo fatto alcun dottorato, non ero entrato nel mondo della classe media intellettuale ma ero andato a lavorare in pizzerie e ristoranti per dieci anni. Avevo anche pulito merda di cavalli in resort di lusso in Italia. Non ero insomma un transfuga di classe e la classe media si guardava bene dall’accogliermi tra le sue braccia. Anzi, mi sfruttava alacremente.

Certo, me n’ero andato dalla mia città natale, con il suo altoforno che languiva e gli alti tassi di disoccupazione. Ma ero rimasto nella classe lavoratrice, saltando dalla padella alla brace, finendo a pulire cessi a Bristol, senza prendere nessun ascensore sociale. E quando ho provato a raccontare le mie disavventure working class in Gran Bretagna, un giornale conservatore, il Daily Mail, mi ha descritto come un «very sweary, grizzled old Italian Lefty», ossia un «volgare sinistrorso attempato», con il sottinteso che gente come me non dovrebbe scrivere libri ma stare al suo posto, a condire pizze con l’ananas e il prosciutto cotto.


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Michele Di Mascio: Mea culpa, mea maxima culpa.... ovvero, chi o cosa ha ritardato la ricerca sulle profilassi antivirali per il Covid-19?

sinistra

Mea culpa, mea maxima culpa.... ovvero, chi o cosa ha ritardato la ricerca sulle profilassi antivirali per il Covid-19?

di Michele Di Mascio

wired
              placeholder dummyI.

Poiché da svariato tempo si discute in variegata misura di profilassi anti-Covid preventiva1, è bene cominciare rapidamente ad interrogarsi su come tende a porsi una certa comunicazione scientifica attraverso i media con riferimento a tale suddetta eventualità.

È un esercizio credo che potrebbe aiutare ad evidenziare alcuni fattori eziologici alla base dello scetticismo diffuso verso le istituzioni, fenomeno certamente noto alle democrazie, ma reso più visibile ed esasperato, attesa l’ineluttabile dinamica di un fenomeno così drammatico e che riguarda indistintamente ciascuno di noi. Per fare un primo esempio, ho assistito ad una trasmissione televisiva nel mese di Novembre in cui si è discusso della vaccinazione nella fascia d’età dai 5 agli 11 anni. Si ѐ parlato del numero di morti da Covid negli USA in questa fascia e dell’importanza di prevenire anche una singola morte, ma nessuno ha fatto riferimento, almeno una volta durante l’intera trasmissione, a quale numero corrispondano i morti per influenza nella stessa fascia d’età.

Questo fatidico numero avrebbe fornito una più corretta contestualizzazione dell’informazione, per così consentire di elaborare prima di tutto la magica definizione di “ritorno alla normalità”, soprattutto quando si discute di un paese complesso come gli Stati Uniti di oltre 300 milioni di abitanti, e di quali principi etici e costituzionali vanno invocati per supportare tale intervento.

Orbene, indipendentemente dal nostro punto di vista sull’utilità o meno di questa contromisura (la vaccinazione anti-Covid nei bambini), l’enfasi che io vorrei porre ѐ sugli attributi minimi di logica, efficienza e trasparenza che ogni comunicazione tra istituzioni e cittadino dovrebbe possedere, perché la loro assenza ѐ ciò che genera quel senso di insoddisfazione, soprattutto in quella parte della popolazione che ha maggiori strumenti per farsi un’idea (si pensi a chi ha in famiglia un medico; alla coinquilina che fa la biologa, che conosciamo da anni e del cui punto di vista ci fidiamo).


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Andrea Zhok: La meritocrazia sanitaria

andreazhok

La meritocrazia sanitaria

di Andrea Zhok

L’altro giorno a Piazza Pulita (La7) Pierluigi Bersani, ex segretario del Partito Democratico ed ex ministro della Repubblica, ha affermato:

“Finché c’è posto per curare, bene. Se non ci fosse più posto, non sta fuori un malato di tumore o di leucemia perché qualcuno dice che il vaccino è roba da ridere. Questo bisogna che lo diciamo.”

L’affermazione di Bersani non è in verità niente di nuovo in questo tetro periodo della storia repubblicana, avendo avuto più volte occasione di udire minacce o raccomandazioni circa l’appropriatezza dell’idea che un cittadino che abbia scelto di non sottoporsi all’attuale vaccinazione anti-Covid non meriti di essere curato, o solo in subordine a tutti gli altri. Ma per quanto non nuova, e per quanto tinteggiata retoricamente con un contrasto ben scelto – malato oncologico vs. l’ignobile Franti che ride del vaccino – questa affermazione, pronunciata con tono torvo e ammonitore da uno dei leader storici di ciò che una volta si diceva “sinistra” rappresenta un salto di qualità. Se qualcuno avesse avuto bisogno di conferma del mutamento antropologico ed etico avvenuto nella “sinistra” in era neoliberale, questa affermazione suona come la sua conferma tombale.


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Norberto Fragiacomo: Altro che bluff, è la mossa del cavallo!

linterferenza

Altro che bluff, è la mossa del cavallo!

di Norberto Fragiacomo

Non può meravigliare nessuno che, a ottantacinque anni suonati, Silvio Berlusconi seguiti a “far politica” esclusivamente pro domo sua: è questo lo schema cui si è attenuto sin dai giorni ormai lontani della discesa in campo. Per lui l’interesse pubblico non conta niente, dovendosi conformare alle personali esigenze di un imprenditore corsaro.

Destano però un’involontaria ammirazione l’audacia (rectius: sfrontatezza) e il perfetto tempismo con cui l’ex cavaliere e “utilizzatore finale” si è lanciato nella corsa al Quirinale, spiazzando i c.d. avversari e soprattutto i sodali. Per capire il significato del suo azzardo occorre tener presenti alcuni dati di fatto. In apparenza il nostro non è mai stato così debole e marginale: l’età avanzata, il declinare delle forze e una FI ridotta al lumicino e in procinto di sfaldarsi sembrano evidenti svantaggi, malamente compensati da una conversione all’europeismo che è mera scelta tattica di sopravvivenza. All’interno di un centrodestra dato in continua crescita Berlusconi interpretava, nell’opinione degli osservatori, il ruolo di (logoro) vaso di coccio stretto fra due di ferro… eppure – e forse anche per questo – dall’improvvisa mossa del cavallo egli non ha nulla da perdere, e parecchio se non tutto da guadagnare.


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Daniela Poli: Una risposta a Piero Bevilacqua

theunconditional

Una risposta a Piero Bevilacqua

di Daniela Poli

Buongiorno Piero,

seguo da tanto tempo il tuo lavoro di grande lucidità e spessore e in molti casi mi trovo d’accordo con quanto scrivi. Non amo molto replicare, sia per carattere, sia perché scrivere per me è faticoso, ma questa volta lo faccio.

Talvolta scorro i documenti che invii e in questi giorni sono stata attratta dall’articolo che hai pubblicato sui no-vax .[1]

Ho letto e sono rimasta molto colpita, ma ho esitato a rispondere, stavolta non per reticenza o difficoltà, ma perché la tua replica al bel documento di Giudo Viale e soprattutto i commenti dei tanti membri dell’Officina mi hanno sconfortato. Dai diversi scritti sembra che non ci sia desiderio di capire le ragioni dell’altro (ma siamo sicuri che sia proprio altro?) ma soltanto di separare “il noi dal voi”, di chiudersi in una zona confortevole fatta di certezze in cui è chiaro in partenza ciò che è bene e ciò che è male. Credo viceversa che in questa come in altre situazioni complesse sia utile fare un’operazione umile, ma necessaria, per comprendere fenomeni nuovi, e cioè mettersi in discussione, prendere in considerazione i propri limiti e le proprie umane paure, così come quelle degli altri.


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Leonardo Lugaresi: Cosa sta facendo il covid, per colpa nostra. Una testimonianza dalla scuola

leonardolugaresi

Cosa sta facendo il covid, per colpa nostra. Una testimonianza dalla scuola

di Leonardo Lugaresi

Ho appena letto, sulla pagina Facebook dell’amico Domenico Fabio Tallarico, insegnante, un resoconto di quella che lui giustamente chiama una giornata di ordinaria follia nella scuola. Conoscendolo, so che la testimonianza è fededegna, e del resto credo che molti altri che lavorano nella scuola potrebbero portarne di simili. La riporto integralmente perché mi pare molto eloquente. Credo che documenti in modo impressionante uno dei tanti danni prodotti dall’avere – tutti quanti, perché in questo nessuno può chiamarsi fuori, ma le responsabilità non sono tutte uguali, e i conti prima o poi bisognerà farli – impostato l’intera gestione della pandemia su una politica della paura (e dell’ostilità, che ne è la figlia) e non della prudenza. L’ignoranza e il disprezzo delle virtù cardinali è un peccato che la nostra società sta scontando tragicamente.

* * * *

Giorni di ordinaria follia nella scuola

Quelli che stiamo vivendo sono ormai giorni di pura follia, che gli adulti hanno trasmesso (peggio del virus) ai nostri ragazzi. Un esempio…


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Isabella Consolati: Nei magazzini di Amazon tra lavoratori e robot

conness
              precarie

Nei magazzini di Amazon tra lavoratori e robot

di Isabella Consolati

Sono ventotto i nuovi magazzini Amazon inaugurati in Italia tra il 2020 e il 2021: in soli due anni il colosso di Seattle ha raddoppiato gli impianti, segnando un picco di crescita mai raggiunto da quando, nel 2011, ha aperto il primo centro di smistamento a Castel San Giovanni (PC). Di crisi in crisi, approfittando prima delle conseguenze del crash finanziario del 2008 e della precarizzazione a cui il jobs act ha dato il via libera e poi della situazione pandemica, Amazon ha trasformato la geografia della logistica anche in Italia. Altrettanto velocemente sono cresciute a livello globale le denunce sulle pessime condizioni di lavoro nei magazzini e nel delivery e, da entrambi i lati dell’Atlantico, si sono moltiplicate le lotte e i tentativi di organizzazione a livello non solo nazionale. Il libro di Alessandro Delfanti – The Warehouse. Workers and Robots at Amazon (London, Pluto Press, 2021, pp. 179), una preziosa incursione nel mondo per lo più invisibile che rende possibili le consegne a domicilio – esce dunque in un momento particolarmente propizio.


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tonino

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Jan 22, 2022, 3:15:33 AM1/22/22
to sante gorini

coniarerivolta: Un’altra Europa con Giavazzi

coniarerivolta

Un’altra Europa con Giavazzi

di coniarerivolta

dramacrNegli ultimi giorni del 2021, il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron hanno preso carta e penna e scritto una lettera al Financial Times, dall’altisonante titolo “Le regole fiscali dell’Unione Europea vanno riformate, se vogliamo mettere in sicurezza la ripresa”. Una lettura superficiale della missiva potrebbe far pensare a un attacco, garbato ma fermo, ai cosiddetti ‘falchi’ che, appena passata la tempesta della pandemia, vorrebbero un ripristino rapido dell’austerità imposta dal Patto di Stabilità e Crescita, sospeso negli ultimi due anni e che tornerà in vigore a partire dal 2023. Una sorta di manifesto politico della nuova Europa che verrà, forgiata nella solidarietà degli ultimi due anni e negli enormi, ci dicono Draghi e Macron, sforzi messi in campo per arginare le conseguenze economiche della pandemia.

La lettera è, in massima parte, deliberatamente vaga e generica, limitandosi ad una enunciazione di principi che ruota intorno alla constatazione che le regole fiscali europee, imperniate sul Patto di Stabilità e Crescita, vanno aggiornate e riformate, alla luce del nuovo scenario globale e delle molte sfide che ci aspettano.

Come dicevamo, la lettera è sì generica, ma è anche particolarmente esplicita nel delineare l’orientamento strategico di un pezzo di padronato europeo, in particolare su come usare l’architettura dell’UE per riprendere a macinare profitti: alle soglie del terzo anno di emergenza sanitaria, l’economia è rallentata in misura talmente violenta che si rende necessario un deciso intervento pubblico, per rimettere in moto la produzione e ridare vigore agli utili, messi a repentaglio dalla mazzata che la pandemia ha inferto al potere d’acquisto di milioni di persone.


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Ian Angus: Il capitale contro i beni comuni/3

antropocene

Il capitale contro i beni comuni/3

di Ian Angus

stampa"Il capitale contro i beni comuni" è una serie di articoli sul primo capitalismo e l'agricoltura in Inghilterra.

In questa terza parte si discute dei riformatori protestanti del XVI secolo che si opposero alla crescente spinta verso la privatizzazione della terra.

La prima parte ha discusso il ruolo centrale della proprietà condivisa e dei diritti comuni alle risorse nell'agricoltura pre-capitalista. Nel 1400 quel sistema cominciò a mostrare le prime crepe, iniziando la transizione dal feudalesimo al capitalismo.

La seconda parte ha discusso i processi conosciuti come "enclosure". Alla fine del 1400, i proprietari terrieri cominciarono a sfrattare i piccoli fittavoli per aumentare i profitti, spesso creando grandi allevamenti di pecore. Nel 1530 questo cambiamento fu intensificato quando Enrico VIII si impadronì delle vaste terre della chiesa e le vendette a investitori che imposero affitti più gravosi e con una durata temporale minore. Le due trasformazioni gemelle che Marx chiamò accumulazione originaria - la terra rubata che diventa capitale e i produttori senza terra che diventano lavoratori salariati - erano ben avviate quando migliaia di contadini si ribellarono ai cambiamenti nel 1549.

 

Contro l'enclosure: gli uomini del Commonwealth

Devo minacciar loro la dannazione eterna, siano essi gentiluomini o qualunque cosa siano, che non cessano di unire casa a casa, e terra a terra, come se solo loro dovessero acquistare e abitare la terra." - Thomas Cranmer, Arcivescovo di Canterbury, 1550 [1].


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Tiziano Bonini: IA: né intelligente, né artificiale

doppiozero

IA: né intelligente, né artificiale

di Tiziano Bonini

61cwldgme6lIl Palaquium gutta è un albero che si trova principalmente in Malesia e produce un lattice naturale bianco latte, chiamato guttaperca. Alla fine del 19° secolo, questo albero, finì per essere il centro del più grande boom tecnologico dell’epoca vittoriana. Era stato da poco inventato il telegrafo e il mondo aveva appena iniziato ad essere connesso da chilometri di cavi elettrici per la comunicazione in tempo reale, tramite codice Morse. Nel 1848 lo scienziato inglese Michael Faraday pubblicò uno studio su The Philosophical Magazine sulle potenzialità del lattice di Palaquium gutta come isolante elettrico. Da quel momento, la guttaperca divenne un materiale preziosissimo, perché fu vista come la soluzione al problema dell’isolamento dei chilometrici cavi telegrafici che dovevano resistere alle condizioni ambientali del fondo degli oceani. Con la crescita del business globale dei cavi sottomarini, crebbe anche la domanda di tronchi di gutta di palaquium. Lo storico John Tully descrive come i lavoratori locali malesi, cinesi e dayak fossero pagati una miseria per i pericolosi lavori di abbattimento degli alberi e di raccolta del lattice. Il lattice veniva lavorato e poi venduto attraverso i mercati commerciali di Singapore al mercato britannico, dove veniva trasformato in chilometri di guaine per cavi elettrici sottomarini.

Una palaquium gutta matura poteva produrre circa 300 grammi di lattice. Ma nel 1857, il primo cavo transatlantico era lungo circa 3000 km e pesava 2000 tonnellate – richiedeva quindi circa 250 tonnellate di guttaperca. Per produrre una sola tonnellata di questo materiale erano necessari circa 900.000 tronchi d'albero. Le giungle della Malesia e di Singapore furono spogliate, e all'inizio del 1880 la palaquium gutta si estinse.


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Carlo Formenti: La rabbia americana e la pazienza cinese

perunsocialismodelXXI

La rabbia americana e la pazienza cinese

di Carlo Formenti

Giacomo Gabellini: Krisis. Genesi, formazione e sgretolamento dell'ordine economico statunitense, Mimesis , 2021

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              1233929294Per chi voglia approfondire i motivi che hanno innescato la Guerra Fredda fra Stati Uniti e Cina, un recente saggio di Giacomo Gabellini (Krisis. Genesi, formazione e sgretolamento dell’ordine economico statunitense, Editore Mimesis) è una lettura a dir poco preziosa. Si tratta di un lavoro corposo, corredato da un’ampia mole di analisi, informazioni e notizie di carattere storico, economico e geopolitico che attraversa un secolo abbondante di storia – dalla seconda metà del secolo XIX a oggi – per descrivere ascesa, consolidamento e crisi dell’egemonia americana. Ricostruirne tutti i contenuti sarebbe impossibile senza scrivere decine di pagine, per cui mi accontento qui di illustrarne alcuni passaggi. Il testo che segue è organizzato in due sezioni: la prima dedicata al percorso evolutivo dell’imperialismo Usa, la seconda alla sfida lanciatagli dall’emergere della Cina come potenza globale. Le due sezioni non rispecchiano il peso reciproco che l’autore attribuisce agli argomenti in questione, nel senso che al secondo ho dedicato più spazio rispetto a quello concessogli dall’autore: la metà della recensione a fronte di un’ottantina di pagine sulle 400 del libro.

 

I. Storia di un ciclo egemonico

Il paradigma teorico che inspira il saggio di Gabellini è quello tracciato dallo storico Fernand Braudel (e arricchito dall’economista Giovanni Arrighi). Braudel, ricorda Gabellini, riteneva che le fasi di espansione finanziaria siano il sintomo che preannuncia la fine di un ciclo egemonico e la conseguente riconfigurazione del quadro geopolitico mondiale.


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Nico Maccentelli: Althusser, quel filoso… vietico

carmilla

Althusser, quel filoso… vietico

di Nico Maccentelli

AlthusserPer Marx edito da Editori Riuniti (1973), è una raccolta di saggi di Luis Althusser che in questo caso non tratterò come filosofo, bensì nella sua dimensione politica dell’epoca, quando l’URSS, nel bene e nel male, rappresentava un’alternativa di carattere socialista al sistema capitalista per una bella fetta di umanità. Ho sempre pensato che questa questione non vada trattata con le sole lenti dell’ideologia, né per essere esegeti di quell’esperienza, né per demonizzarla a priori. Sulle lenti di una analisi politica c’è ancora molto da fare. Quello che però qui mi interessa è vedere l’impostazione althusseriana di quegli anni (stiamo parlando degli anni ’60, fino alla metà) in merito a questa questione. Per questo, dei saggi contenuti in questo pregevole libro da bancarella (trovato fortuitamente), mi interessa affrontare solo il capitolo relativo all’URSS, ossia al socialismo reale e all’analisi di classe che Althusser ne trae, per formulare il concetto di “umanesimo socialista”.

Luis Althusser è stato un grande intellettuale e filosofo marxista, che tuttavia risentì sul piano dell’analisi concreta del socialismo dei limiti che l’intellettualità come la militanza comuniste dell’epoca avevano.

Riporto due sue frasi che riguardano la sua adesione al passaggio kruscheviano allo “Stato di tutto il popolo”, che si sarebbe poi cristallizzato nella Costituzione Sovietica del 1977:

«L’Unione Sovietica, impegnata oggi sulla via che dal socialismo (a ciascuno secondo il suo lavoro) la porterà al comunismo (a ciascuno secondo i suoi bisogni), lancia la parola d’ordine: tutto per l’Uomo, e affronta temi nuovi: libertà dell’individuo, rispetto della legalità, dignità della persona.1

(…)

Per più di quaranta anni, in URSS, attraverso lotte gigantesche, l’«umanismo socialista», prima di esprimersi in termini di libertà della persona, si è espresso in termini di dittatura di classe. La fine della dittatura del proletariato apre nell’URSS una seconda fase storica.


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Malcolm Kendrick: Non fare cose tanto per fare, piuttosto non fare niente!

theunconditional

Non fare cose tanto per fare, piuttosto non fare niente!

di Dr. Malcolm Kendrick

francesco ciccolella
                FCiccolella Editorial 164Qui di seguito, trovate un articolo del Dr. Malcolm Kendrick, medico scozzese. La sua specialità è la cardiologia, ma io lo definirei semplicemente un genio della medicina. Non sto esagerando: come definite voi un “genio”? Io direi “qualcuno che capisce cose che gli altri non capiscono.” Ma aggiungerei anche “e che riesce a spiegare agli altri quello che ha capito.”

Secondo questa definizione, Kendrick è effettivamente un genio; non perché ha inventato cure miracolose (quelli che lo fanno, di solito fanno più danni che altro), ma perché è in grado di spiegare cose utili a quelli che ne hanno bisogno: il primo dovere di un medico, come dice in questo testo, citando William Osler. “Uno dei primi doveri del medico è quello di educare le masse a non prendere medicine.” Se masticate bene l’inglese, leggetevi il suo libro “The Clot Thickens” (letteralmente, “il grumo si inspessisce” https://drmalcolmkendrick.org/books-by-dr-malcolm-kendrick/the-clot-thickens/ ). Nel libro, spiega il meccanismo delle malattie cardiocircolatorie in un modo talmente brillante e chiaro che cambierà la vostra vita per sempre (questo se siete possessori di un apparato cardiocircolatorio, se siete dei bot, non vi interessa)

Qui, Kendrick rivede un po’ tutta la storia del COVID19 e fa una critica devastante della massa di errori, fesserie, calcoli sbagliati e disastri vari che hanno punteggiato la storia della gestione dell’epidemia negli ultimi due anni. E’ un po’ lungo, ma vale la pena di leggerlo anche solo per come descrive il disastro delle mascherine in termini di “bioplausibilità” – il concetto che se una cosa sembra plausibile, allora deve essere vera. Sicuro, come no?

Non vi dico altro, prendetevi una mezz’oretta di tempo e leggetevelo. Imparerete molte cose.

(Prof. Ugo Bardi)


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Paolo Cornetti e Thomas Fazi: Il nuovo ruolo del Presidente della Repubblica, da garante della Costituzione a garante dei trattati europei

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Il nuovo ruolo del Presidente della Repubblica, da garante della Costituzione a garante dei trattati europei

di Paolo Cornetti e Thomas Fazi

SavonaMattaCome è ormai risaputo, il 24 gennaio terminerà il mandato settennale di Sergio Mattarella e il Parlamento italiano e i rappresentanti regionali saranno chiamati allo scrutinio segreto per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Malgrado questo evento non abbia ottenuto grandi attenzioni al di fuori del nostro paese, la scelta che ne conseguirà sarà determinante per tutto il continente europeo.

Generalmente, si ritiene che il presidente abbia un ruolo puramente cerimoniale e simbolico, e in effetti per la maggior parte della vita repubblicana è stato effettivamente così. D’altronde dovremmo essere una democrazia parlamentare, con il governo che si regge sulla fiducia delle Camere elette dal popolo.

Eppure, nella sua veste ufficiale di “garante” o “guardiano” della Costituzione, il presidente della Repubblica detiene un potere notevole. I governi, infatti, devono ottenere la sua “approvazione”, in quanto egli nomina (o “approva”) il Presidente del Consiglio e gli altri ministri. Inoltre, tutte le leggi approvate dal Parlamento devono essere firmate dal Presidente della Repubblica, il quale ha anche il potere di sciogliere le Camere, per esempio a seguito di una crisi di governo. Ciò significa che il Colle detiene a tutti gli effetti la capacità di decidere se indire nuove elezioni o meno.

Ma i poteri presidenziali non finiscono qua, dal momento che la carica più alta dello Stato ha la facoltà di ratificare i trattati internazionali, è comandante in capo delle Forze Armate e Presidente del Consiglio superiore della magistratura. Infine, non molti ne sono a conoscenza, ma il Presidente della Repubblica può esercitare la sua influenza anche attraverso le strutture tecnocratiche del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in particolare l’onnipotente Ragioneria Generale dello Stato e la Banca d’Italia.


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Alberto Prunetti: Ritorno a Reims

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Ritorno a Reims

di Alberto Prunetti*

Recensendo «Retour à Reims (Fragments)» Alberto Prunetti avverte il rischio che le storie working class vengano neutralizzate. Eppure queste biografie operaie aiutano a liberarsi dalle zavorre che ci portiamo dietro

working class jacobin italia 1536x560Da un po’ di giorni ricevevo inviti a guardare il documentario francese Retour à Reims (Fragments) di Jean-Gabriel Périot. E sempre mi sottraevo. Ho un rapporto complesso, di attrazione e distanziamento, con l’opera di Didier Eribon a cui il documentario si ispira esplicitamente. Quando la lessi la prima volta mi ritrovai risucchiato in quelle pagine, assediato da flashback della mia infanzia. Quello che mi allontanava però dal memoir di Eribon era la mia traiettoria personale: per me gli studi non erano stati un elemento di mobilità sociale. Dopo la laurea non avevo fatto alcun dottorato, non ero entrato nel mondo della classe media intellettuale ma ero andato a lavorare in pizzerie e ristoranti per dieci anni. Avevo anche pulito merda di cavalli in resort di lusso in Italia. Non ero insomma un transfuga di classe e la classe media si guardava bene dall’accogliermi tra le sue braccia. Anzi, mi sfruttava alacremente.

Certo, me n’ero andato dalla mia città natale, con il suo altoforno che languiva e gli alti tassi di disoccupazione. Ma ero rimasto nella classe lavoratrice, saltando dalla padella alla brace, finendo a pulire cessi a Bristol, senza prendere nessun ascensore sociale. E quando ho provato a raccontare le mie disavventure working class in Gran Bretagna, un giornale conservatore, il Daily Mail, mi ha descritto come un «very sweary, grizzled old Italian Lefty», ossia un «volgare sinistrorso attempato», con il sottinteso che gente come me non dovrebbe scrivere libri ma stare al suo posto, a condire pizze con l’ananas e il prosciutto cotto.


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Mea culpa, mea maxima culpa.... ovvero, chi o cosa ha ritardato la ricerca sulle profilassi antivirali per il Covid-19?

di Michele Di Mascio

wired
                placeholder dummy

Prologo

Attraverso un dialogo immaginario tra madre e figlia[ref1], si dipana il racconto dell’angoscia famigliare alla notizia di positività al SARS-CoV-2 di una delle due, scandito dalla loro navigazione frenetica online per rispondere alla domanda…e adesso cosa bisogna fare? Ma ѐ saltando da un sito all’altro che le due realizzano che altre domande restano senza risposta..

Come mai le prime due pillole per le profilassi anti-Covid da fare a casa (Molnupiravir e Paxlovid) sono giunte al traguardo insieme, visto che una delle due pillole, il Molnupiravir, esisteva già da diversi anni prima della pandemia?

Come mai lo studio di fase uno del Molnupiravir (lo studio di tosssicità fatto su 120 volontari sani per il costo di un appartamento nella periferia di Washington) ѐ stato postato online a distanza di un anno dall’inizio della pandemia, senza far troppo rumore, quando nel frattempo diversi studi sui vaccini e gli anticorpi monoclonali avevano già completato, sotto i fari dei media accesi giorno e notte, la fase uno, due e tre?

Come mai nessuno ha pensato nella decade precedente di trasformare il Remdesivir (un farmaco simile al Molnupiravir ma, al contrario di quest'ultimo, disponibile solo nella sua versione endovena) in farmaco da somministrare in pillola o in una via alternativa di somministrazione per poterlo utilizzare, all’occorrenza, a casa e non in ospedale?

Quante vite sarebbero state risparmiate, quante terapie intensive sarebbero state evitate e che effetto una profilassi antivirale da fare a casa avrebbe avuto se disponibile sin dai primi giorni del contagio?


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tonino

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Jan 24, 2022, 11:49:48 AM1/24/22
to sante gorini

Marcello Tarì: Lenin in Inghilterra, Krahl in Italia1

quieora

Lenin in Inghilterra, Krahl in Italia1

di Marcello Tarì

Questo articolo mi è stato domandato tempo fa da Meike Gerber, Julian Volz e Emanuel Kapfinger per il volume “Für Hans-Jürgen Krahl. Beiträge zu seinem antiautoritären Marxismus” che esce in questi giorni in Germania per la casa editrice Mandelbaum Verlag in onore e memoria del leader francofortese del SDS scomparso a soli 27 anni nel 1970. Il volume tratta i temi centrali delle sue ricerche come l’analisi di classe, il suo confronto con Adorno, la mediazione di teoria e pratica, la dialettica e quindi la ricezione internazionale e la rilevanza contemporanea dell’approccio antiautoritario di Krahl. L’articolo è una breve rassegna ragionata della ricezione della sua opera in Italia a partire dal 1968 e nella sua versione tedesca è arricchito da una bibliografia e alcune note esplicative per il pubblico tedesco. Hanno partecipato al volume Pauline Corre-Gloanec, Samuel Denner, Andreas George, Meike Gerber, Emanuel Kapfinger, Robin Mohan, Alexander Kluge, Hermann Kocyba, Hans-Jürgen Krahl, Marcello Tarì, Julian Volz e Frieder Otto Wolf

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            1024x758La ricezione italiana delle idee di Hans-Jürgen Krahl fu non solo immediata rispetto alla loro formulazione, ma quasi contemporanea a quella della Scuola di Francoforte da parte del grande pubblico. Sebbene infatti alcuni dei lavori di T.W. Adorno fossero stati pubblicati in italiano a partire dalla metà degli anni ’50 – ma Dialettica dell’illuminismo appare in traduzione italiana solamente nel 1966 – fino al ’68 le idee della scuola francofortese non ebbero grande circolazione oltre il ristretto circolo di specialisti e studiosi, soprattutto per via dello stretto controllo del Partito Comunista sul dibattito teorico che al tempo era ancora dominato dallo storicismo nella sua variante specificamente italiana. Quindi, la cosa abbastanza curiosa che accadde è che la conoscenza della Scuola di Francoforte da parte del grande pubblico fu contemporanea a quella della sua critica da sinistra operata dal movimento studentesco tedesco. Non per caso, a parlare per primi di Krahl in Italia furono due giovani ricercatori italiani che si trovavano a studiare la Teoria Critica a Francoforte durante il ’68 e che ovviamente partecipavano alla ribellione in corso, la quale era una rivolta contro la società capitalista ma anche nei confronti dell’ortodossia marxista-leninista e dello storicismo (e il moralismo) italiano.


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Carlo Formenti: Rileggere Marx con gli occhi di Lukàcs

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Rileggere Marx con gli occhi di Lukàcs

di Carlo Formenti

gyorgy
              lukacs“Ombre rosse”, che sarà a giorni in libreria per i tipi di Meltemi, è un saggio atipico rispetto ai miei libri precedenti, nella misura in cui prende di petto alcuni nodi teorico-filosofici che altrove erano appena abbozzati, o rimanevano sullo sfondo rispetto all’analisi sociologico-politica. L’esigenza di imbarcarmi in questa impresa è nata un paio d’anni fa, subito dopo l’uscita di un volumetto (1) che conteneva la registrazione di una lunga conversazione fra chi scrive e Onofrio Romano, nel corso della quale tentavamo di capire di quali limiti la teoria marxista dovrebbe sbarazzarsi per riacquistare tutto il suo potenziale rivoluzionario. L’intento non era, come troppo spesso capita, riscoprire l’autentico pensiero di Marx per contrapporlo alle falsificazioni degli epigoni. “Il punto di vista adottato dagli autori di questo libro, scrivevamo, è diverso: partendo dal presupposto che l’originario corpus teorico marxiano - accanto a straordinari elementi di attualità sia sul piano teorico che su quello politico - contiene tesi datate, incomplete e contraddittorie, assume che non lo si possa contrapporre né separare dai tentativi storici di calarlo nella realtà. Pensiamo che sia più utile cercare di capire quali concetti - presenti tanto in Marx quanto nelle varie tradizioni marxiste, anche se con diverse sfumature – vadano aggiornati o addirittura archiviati, in quanto non servono più alla trasformazione rivoluzionaria dell’esistente, se non rischiano di contribuire alla sua conservazione.”

Nella nostra conversazione venivano indicati una serie di punti di criticità: in particolare, affermavamo la necessità:

1) di problematizzare la visione ottimista secondo cui, una volta superata l’estraneità del lavoratore al prodotto del proprio lavoro attraverso il processo di ri-appropriazione dei mezzi di produzione, si passerà automaticamente dal regno della necessità al regno della libertà;

2) di criticare l’ideologia progressista che accomuna certe parti delle opere di Marx al culto liberale della missione “civilizzatrice” della società capitalista;


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Wu Ming: Il Passante «green». Una civica e coraggiosa colata d’asfalto

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Il Passante «green». Una civica e coraggiosa colata d’asfalto

di Wu Ming

 

Schermata 2022 01 14 alle 18.48.36Cinque anni fa, insieme a Wolf Bukowski, abbiamo condotto un’inchiesta in sette puntate sul «Passante di Bologna», ovvero l’allargamento a 16/18 corsie del nastro autostradale che attraversa la periferia del capoluogo emiliano, a poco più di tre chilometri dalle Due Torri.

I primi tre articoli vennero pubblicati sul sito di Internazionale, con le foto di Michele Lapini, nel dicembre 2016. Gli altri quattro qui su Giap, tra gennaio e marzo 2017.

Non si trattò di un lavoro fatto solo sulle carte: assistemmo agli incontri del farlocchissimo «percorso partecipativo», ci intrufolammo alle cerimonie di presentazione del progetto, incontrammo le persone che abitano a ridosso dell’opera, organizzammo iniziative e camminate a tema.

 

Una sera di gennaio

L’11 gennaio 2017 illustrammo la prima parte della nostra ricerca al centro sociale Làbas, nell’ex-caserma Masini, tra le altre cose un luogo di memoria, dove furono rinchiusi e torturati diversi partigiani.

Non eravamo habitués di quello spazio e per la prima volta contribuivamo a riempirlo, per dare un segnale in un momento critico. Fioccavano le minacce di sgombero, di svendita dell’immobile da parte della proprietà – Cassa Depositi e Prestiti – e di speculazione edilizia in tandem con l’amministrazione. Non passava giorno senza che sulla stampa si leggesse di future, mirabili «riqualificazioni». L’allora sindaco Merola parlava di un albergo di lusso e di nuovi parcheggi. Fermare quei progetti e fermare il Passante per noi erano la stessa lotta, contro il partito dell’asfalto e del cemento-e-tondino.


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I Diavoli: Fascismo mainstream

idiavoli

Fascismo mainstream

di I Diavoli

«Un nuovo fascismo sarà la forma di governo che ci accompagnerà dal nostro presente fino alla catastrofe ecologica?». Se lo chiede Valerio Renzi nel suo ultimo libro “Fascismo Mainstream”. E considerando le risposte reazionarie dei governi globali a crisi sociale e catastrofe climatica, la domanda appare lecita

«Un nuovo fascismo sarà la forma di governo che ci accompagnerà dal nostro presente fino alla catastrofe ecologica?». Se lo chiede Valerio Renzi nel suo ultimo libro, Fascismo Mainstream (Fandango Libri 2021). E la domanda non sembra affatto campata in aria, soprattutto a ben vedere le deboli e vacue risposte dei governi globali al dramma dell’emergenza climatica, e le crudeli e disumane risposte degli stessi a quei fenomeni migratori di massa che spesso e volentieri nascono proprio dai disastri ecologici.

La stessa domanda se l’era posta qualche anno fa Peter Frase nel suo Quattro modelli di futuro (Treccani 2019) in cui combinando automazione e crisi climatica l’autore individuava quattro possibili sistemi sociali ed economici a venire: il comunismo (abbondanza e uguaglianza), il renditismo (abbondanza e gerarchia), il socialismo (scarsità e uguaglianza) e lo sterminismo (gerarchia e scarsità).


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coniarerivolta: Donne e lavoro, la ripresa delle disuguaglianze

coniarerivolta

Donne e lavoro, la ripresa delle disuguaglianze

di coniarerivolta

C’è un mito che aleggia sulle nostre vite, dall’ormai lontano marzo 2020: la pandemia, una sciagura biblica che ha luogo nei tempi moderni, colpirebbe trasversalmente e indistintamente tutti. Una piaga che non si fermerebbe davanti a nulla e a nessuno, affliggendo in egual modo ricchi e poveri, uomini e donne, bianchi e neri. A distanza di ormai due anni dall’inizio dell’emergenza, stiamo scoprendo, dati alla mano, che le conseguenze della crisi da Covid sono tutt’altro che simmetriche.

Non è questa la sede per parlare delle possibili differenze negli effetti del virus in termini di letalità, sebbene sia ormai assodato che il Covid abbia conseguenze più gravi nelle fasce meno abbienti della popolazione, spesso maggiormente affette da patologie pregresse e malcurate proprio a causa del disagio economico in cui si trovano. Pur non trascurando la rilevanza di questo aspetto, stiamo qui facendo riferimento alle dimensioni sociali ed economiche della crisi. Abbiamo già visto come durante le fasi più acute dell’emergenza, quelle dei lockdown totali o parziali (per intenderci, da marzo a luglio 2020) i paperoni d’Italia e del mondo hanno visto aumentare sensibilmente la loro ricchezza: in piena emergenza sanitaria, mentre si moriva perché in ospedale mancavano i posti letto e i respiratori, mentre lavoratori e disoccupati faticavano ad arrivare alla fine del mese, qualcuno si arricchiva sensibilmente.


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Salvatore Bianco e Fabrizio Venafro: Brevi annotazioni per un discorso critico sulla Dad

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Brevi annotazioni per un discorso critico sulla Dad

di Salvatore Bianco e Fabrizio Venafro

Pare sia il maleficio del nostro tempo quello di trasformare ogni campo di discussione possibile in un campo di battaglia di persistente reciproca delegittimazione. Ebbene, il dibattito sulla Dad non sembra sottrarsi a questo genere di contrapposizioni sterili e irriflesse. Anche chi dice di essere favorevole alla scuola in presenza non sfugge a questa sorta di incantesimo e si limita ad enunciare un dogma privo di alcuna valida giustificazione argomentativa. Eppure basterebbe partire dalla radice greca del termine scuola, scholé, come avevano provato a fare tra un’ondata pandemica e l’altra un gruppo di prestigiosi intellettuali italiani[1], per scoprire che si tratta di quella dimensione specifica e particolarissima di tempo libero, sottratto per principio alle necessità utilitaristiche dei saperi banausici. Per i Greci, era quello il tempo propizio alla paideia, intesa come formazione spirituale totale dell’uomo, il cui significato trasmigrerà in buona parte nella nostra nozione moderna di educazione, dal verbo latino edùcere che significa condurre su, sollevarsi, trarre maieuticamente da sé mediante uno sforzo[2]. Dunque, da questi primi elementi introduttivi si comprende già bene come in gioco ci sia molto di più di una semplice istruzione, intesa come mera trasmissione di nozioni e cognizioni in vista di uno scopo.


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Sara Gandini e Clementina Sasso: Niente sport per i non vaccinati. Ancora una volta manca il senso della misura

fattoquotidiano

Niente sport per i non vaccinati. Ancora una volta manca il senso della misura

di Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica, e Clementina Sasso, astrofisica

C’è una cosa che più di altre è mancata in questi due anni di pandemia: si tratta del senso della misura. Un senso della misura che, in un evento come quello rappresentato da un’emergenza sanitaria globale, dovrebbe guardare principalmente alla solidità delle valutazioni scientifiche, mentre troppo spesso si è sconfinati nel campo dell’ideologia e dell’etica: come era immorale passeggiare da soli in epoca di lockdown duro – per rispetto a chi soffriva, non perché ciò costituisse un ostacolo alla guarigione o potesse in alcun modo alleviare sofferenza e morti – così oggi diventa immorale l’essere sprovvisti di vaccinazione, indipendentemente dall’età e da valutazioni sui rischi del singolo individuo – sesso, abitudini sociali, etc. – che dovrebbero invece costituire il pilastro di una medicina personalizzata, insieme alla valutazione del rapporto rischi/benefici di ogni misura di prevenzione, che fino a qualche tempo fa era invece un metro fondamentale.

Ecco perché lasciano esterrefatti le disposizioni contenute nell’ultimo decreto legge del Governo Draghi circa la necessità di esibire il Super Green Pass (derivante da vaccinazione o da guarigione) a partire dai 12 anni per l’accesso a palestre, piscine, centri e impianti sportivi, sia al chiuso che all’aperto.


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Salvatore Bravo: Presidentessa donna

sinistra

Presidentessa donna

di Salvatore Bravo

Nelle TV generaliste si ripete l’appello ad eleggere una Presidente della Repubblica, al punto che in una TV si è ribadito il concetto in modo pleonastico: presidentessa donna. La saga della chiacchiera gira a vuoto e mette in scena un’altra puntata dell’eterna simulazione a cui il neoliberismo nella sua fase apicale e decadente ha abituato il popolo ridotto a spettatore della tragicommedia in corso. L’ex ministro dell’istruzione Vittoria Fedeli ha dichiarato:

È una forza del Paese -ha concluso Fedeli- avere donne con prime responsabilità nei punti più alti della rappresentanza politica. Quello che non può succedere dal mio punto di vista, come da quello di molte donne e uomini Democratici, è scegliere due uomini per la presidenza della Repubblica e per la presidenza del Consiglio. No al monopolio maschile delle prime responsabilità”.

In una nazione “normale”, si chiederebbe l’elezione alla presidenza della Repubblica, il cui fine è rappresentare tutti i cittadini, di un “cittadino” di ferma fede costituzionale. In un momento storico nel quale sono riapparse discriminazioni e si mette la museruola ai dissenzienti, una figura credibile e politicamente all’altezza potrebbe essere il collante istituzionale di una nazione divisa ed impaurita. Il politicamente corretto nel suo vuoto concettuale evita di affrontare il problema sulla qualità della politica per soffermarsi sulla numerazione dei Presidenti “tutti maschi” e sull’assenza di figure femminili.


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Domenico Moro: L’integrazione continentale dell'industria bellica e l'imperialismo europeo

laboratorio

L’integrazione continentale dell'industria bellica e l'imperialismo europeo

di Domenico Moro

Complesso
            militare industrialeLa crisi è sempre una spinta a centralizzare i capitali, cioè a unire capitali diversi sotto una medesima direzione, attraverso processi di fusione e acquisizione di imprese. Infatti, mettere insieme più imprese comporta un risparmio di costi, grazie alla realizzazione di migliori economie di scala, e permette alle imprese di allargare e meglio presidiare il proprio mercato di sbocco, creando oligopoli. In questo modo, il capitale combatte la caduta tendenziale dal saggio di profitto. Dal momento che oggi, in un’epoca di globalizzazione, le imprese operano su scala mondiale o almeno continentale, le fusioni e le acquisizioni avvengono soprattutto attraverso le operazioni cosiddette cross-border, cioè oltre i confini nazionali, con la creazione di oligopoli su scala europea e mondiale. Per quanto riguarda il capitale italiano si sta assistendo a un ulteriore salto di qualità del suo livello di internazionalizzazione, che passa attraverso un processo di integrazione con altri capitali, in primo luogo quello francese e quello tedesco. Questo è particolarmente evidente anche nel settore dell’industria della difesa, che, a causa della sua natura strategica per lo Stato, è di particolare importanza per i risvolti politici e geostrategici e per le implicazioni riguardo al processo di integrazione politica europea, nonché per definire il ruolo e le caratteristiche della formazione economico-sociale italiana a partire dalla struttura del capitale industriale italiano.

Cominciamo dal quadro generale. Le attività di fusione e acquisizione (M&A, Merger and Acquisition), che hanno visto protagoniste le imprese italiane, hanno raggiunto nel 2021 un nuovo record.


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Geraldina Colotti: I tentacoli della Nato dall’Europa all’America Latina

lantidiplomatico

I tentacoli della Nato dall’Europa all’America Latina

di Geraldina Colotti

720x410c50Spesso, e comprensibilmente, si domanda agli analisti internazionali se vi sarà un cambiamento nella politica estera degli Stati Uniti a seconda che alla Casa Bianca governi un presidente repubblicano o uno democratico. Premesso che, per un marxista, è sempre buona norma sfuggire i manicheismi e guardare alla situazione concreta nei suoi rapporti di classe, determinati storicamente, rilevare che, a livello internazionale, l’essenza della politica estera nordamericana non presenta discontinuità effettive, non è una presa di posizione ideologica.

“Tutto cambia perché niente cambi” è uno schema che ben si attaglia alla strategia Usa nel mondo. Sia esso ammantato da una ruspante retorica trumpista o da un più persuasivo “multilateralismo” alla Biden, alla base del modello politico nordamericano nel mondo resta l’idea fondante della supremazia armata. Un paradigma che si alimenta e alimenta gli interessi del complesso militare industriale, supportato, rilanciato e attualizzato dai suoi motori ideologici, scuole di pensiero e media.

Su questa base, gli Usa si credono i gendarmi del mondo, legittimati a una corsa agli armamenti per proteggersi da un sempiterno pericolo, sia all’interno che nelle proprie zone di influenza, che perciò brulicano di basi militari a stelle e strisce. Un apparato che necessita, di tanto in tanto, di mettersi alla prova, per dimostrare agli alleati-sudditi che vale la pena pagare per garantirsi la pace mediante il prestigio vicario di quella supremazia armata.


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Gigi Roggero: Dove non è il luogo e quando non è il momento

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Dove non è il luogo e quando non è il momento

Lenin, Luxemburg, i populisti: lotta di classe e sviluppo del capitalismo

di Gigi Roggero

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              638bc177a04f48c4804f4fe673a1faa6mv2Il saggio di Gigi Roggero che pubblichiamo per la prima volta in italiano, suddiviso in due parti, è stato scritto nel 2012 per un volume curato dagli studiosi militanti della rivista polacca «Praktyka Teoretyczna». Come indicato nel sottotitolo, viene trattato il rapporto critico tra Lenin, Luxemburg e i populisti russi rispetto alla questione dello sviluppo del capitalismo. Più precisamente, da un lato viene tratteggiata in chiave genealogica la polemica di Lenin contro i populisti dell’ultimo decennio dell’Ottocento, sbiaditi eredi di una grande tradizione rivoluzionaria; dall’altro, vengono analizzate le ricchezze e i vicoli ciechi della lettura luxemburghiana dell’accumulazione del capitale. Lungi dall’essere un tema di semplice interesse storiografico, la tensione dell’intero testo è volta all’evidenziazione dell’attualità e della posta in palio politica di quel dibattito apparentemente remoto.

* * * *

Nel settembre 1870 Marx definì l’insurrezione una follia. Quando però le masse si sollevano, Marx vuole marciare con loro, imparare insieme con loro nel corso della lotta, e non solo declamare istruzioni burocratiche. Egli comprende che il tentativo di determinare in anticipo le prospettive con assoluta precisione sarebbe ciarlataneria o sconfortante pedanteria. Al di sopra di tutto egli pone il fatto che la classe operaia fa di propria iniziativa, eroicamente, con abnegazione, la storia universale.

(V.I. Lenin, Prefazione alla traduzione russa delle lettere di K. Marx a L. Kugelmann)

La sera m’aveva avvolto nel vivifico umore delle sue lenzuola crepuscolari, la sera mi aveva posato le palme materne sulla fronte rovente. Io leggevo ed esultavo, ed esultando, spiavo la misteriosa curva della retta di Lenin.

(I. Babel’, L’Armata a cavallo)


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Ferdinando Pastore: Potere al Popolo (PaP) e Paolo Maddalena

linterferenza

Potere al Popolo (PaP) e Paolo Maddalena

di Ferdinando Pastore

Le forze politiche che in questi anni si sono trovate all’opposizione del sistema neo-liberale, quindi non tanto di uno specifico governo, ma di tutto l’impianto ideologico sottostante l’impalcatura della Governance dei mercati, per la prima volta sono riuscite ad esprimere un nome unitario per la Presidenza della Repubblica. Il fatto non è così scontato come apparentemente potrebbe apparire. Quell’area politica, poco rappresentata in Parlamento, conta su forze eterogenee, non tutte provenienti dalla tradizione socialista o comunista. Molte di esse fanno riferimento a quel radicalismo costituzionale che si è sviluppato nella coscienza popolare a seguito della sempre più invasiva gestione del Paese da parte delle istituzioni sovranazionali.

Con i suoi vincoli di bilancio e monetari, con le sue determinazioni di dottrina in netto contrasto con l’ispirazione sociale della Costituzione. In particolare l’accordo si è trovato sul Prof. Paolo Maddalena, ex Giudice della Corte Costituzionale. In questi anni Maddalena si è contraddistinto per le sue coraggiose prese di posizione, in netta controtendenza con il sapere giuridico dei nostri tempi, sempre accomodante con lo spirito di costituzionalizzazione del diritto privato.


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nlp: Sud America: vinci le elezioni? E’ guerra finanziaria contro la tua moneta

codicerosso

Sud America: vinci le elezioni? E’ guerra finanziaria contro la tua moneta

di nlp

Qualche giorno fa la banca mondiale ha fatto ufficialmente notare come almeno 70 paesi a basso reddito , a causa dell’esplosione del debito, rischino di entrare in un serio stato di paralisi economico-sociale entro uno-due anni. Le conseguenze sociali, se non saranno prese misure serie di salvataggio, saranno simili a quelle di un conflitto.

Questo è uno degli aspetti dell’economia di questi anni – tra crisi covid ed esplosione del debito dei paesi emergenti – del quale merita notare una particolarità: nei paesi del Sudamerica dove la sinistra ha vinto le elezioni la moneta va veramente male.

Diamo un’occhiata a questo grafico del Financial Times:


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Agata Iacono: Gli errori elementari nei dati ISS e una certezza che viene dalla Spagna: il fallimento totale dei vaccini a mRNA

lantidiplomatico

Gli errori elementari nei dati ISS e una certezza che viene dalla Spagna: il fallimento totale dei vaccini a mRNA

di Agata Iacono

Riportato copia incolla da tutte le agenzie e i media il rapporto ISS di ieri farebbe ridere, se non facesse davvero innervosire.

Titolo a caso tra i tanti uguali di Repubblica: "Iss, tasso in intensiva 26,7 casi ogni 100mila per i non vaccinati e 0,9 per chi fa fatto la terza dose".

L'articolo poi recita "coerentemente": "Il Report dell'Istituto superiore di sanità evidenzia anche che il vaccino è efficace al 98% contro malattia grave con il booster. Per il presidente della Federazione degli ordini dei medici servono "chiusure selettive e mirate". E aumentano casi tra gli operatori sanitari: 12mila in una settimana".

Se la matematica non è un'opinione, come invece sembrano diventate la scienzah e l'epidemiologia alla Giufà, i conti non tornano.

Secondo l'istituto superiore di sanità, quindi, e secondo i sudditi di Repubblica, in Terapia i ricoverati con seconda dose sono quindi 72.400 su 100.000.

Il 72,4 %.


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Marco Gatto: Per Lukács

ospite
              ingrato

Per Lukács

di Marco Gatto

Si è da poco chiuso un anno lukacsiano. Il cinquantesimo anniversario della morte ha visto sorgere, anche nel nostro paese, più di un’iniziativa di commemorazione (convegni, seminari, libri). Simili ricorrenze si portano dietro sempre un sentimento di nostalgia. Nel caso del più grande critico letterario marxista del Novecento, si aggiungono il disappunto di vederlo spesso ridotto a figura vetusta di un secolo ormai lontano e l’amarezza per l’oblio a cui è destinato anzitutto nella “sua” Ungheria.

Aveva probabilmente ragione un sibillino Cesare Cases, che nel 1985 (a cento anni dalla nascita dell’autore di Teoria del romanzo), introducendo le pagine di Su Lukács. Vicende di un’interpretazione, confessava:

Ha luogo oggi un processo esattamente inverso a quella «appropriazione dell’eredità» di cui parlava Lukács (qui del resto in armonia con l’ufficialità socialista). Non c’è nessuna eredità, tutto è morto ma si disseppellisce periodicamente e si rianima con una trasfusione di sangue (sintetico, naturalmente) perché l’umanità abbia uno spettacolo in più, attinto a un passato che aveva di meglio da offrire. Forse nel 2018 si realizzerà il comunismo per festeggiare il secondo centenario della nascita di Marx, ma durerà un anno solo perché poi ricorrerà quello di qualche reazionario. Così temo che dopo una ventina di congressi e una cinquantina di pubblicazioni si tornerà a non parlare più di Lukács.1


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“Fermate la follia di vaccinare tutti per una malattia che non uccide quasi più"

byoblu

“Fermate la follia di vaccinare tutti per una malattia che non uccide quasi più"

Intervento del prof. Christian Perronne al Parlamento di Lussemburgo

Il 12 gennaio scorso il Parlamento di Lussemburgo, che sta discutendo sull’introduzione dell’obbligo vaccinale per i cittadini con più di 50 anni, ha ascoltato il professor Christian Perronne, medico e docente universitario francese specializzato in malattie infettive, ex presidente della Commissione malattie infettive del Consiglio superiore della sanità pubblica francese (il video dell’intervento integrale). In questa funzione, per quindici anni, il professor Perronne ha consigliato diversi governi francesi sulla gestione delle crisi sanitarie e dell’epidemie. Per anni è stato anche presidente del Comitato tecnico sulle vaccinazioni, dunque è l’uomo che ha presieduto la politica vaccinale della Francia.

Non sono un no vax, ma un convinto sostenitore dei benefici delle vaccinazioni”, ha dichiarato il professore dinanzi ai deputati lussemburghesi.

In questa crisi abbiamo calpestato la scienza e il diritto”, ha detto l’infettivologo, che ha denunciato i conflitti di interesse degli esperti governativi con l’industria farmaceutica.


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tonino

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Jan 26, 2022, 7:29:46 AM1/26/22
to sante gorini

Sebastiano Taccola: Il Capitale, per molti e non per pochi

 

jacobin

Il Capitale, per molti e non per pochi

di Sebastiano Taccola

Roberto Fineschi riesce a tenere insieme complessità e divulgazione della teoria di Marx, disegnandola come una «cassetta degli attrezzi» per analizzare il modo di produzione capitalistico

marx jacobin italia 1 1536x560Negli scorsi anni, anche grazie alle celebrazioni del bicentenario della nascita, in Italia (e nel mondo) si è assistito a un intensificarsi delle pubblicazioni su Karl Marx. Testi nuovi e di carattere diverso – divulgativo e scientifico, ammesso che sia possibile fare una distinzione netta tra questi due piani – hanno riportato Marx e il marxismo sugli scaffali delle novità delle nostre librerie e biblioteche. Una simile vitalità ha probabilmente un valore duplice: da un lato, ha rappresentato un’espressione dell’esigenza di un «ritorno a Marx» fortemente avvertita con la crisi economica del 2007-2008; dall’altro lato ha tentato di dare nuovi spunti critici in grado di entrare in sinergia con i fermenti del presente e dare loro nuova forza. 

Se all’estero sono stati soprattutto studiosi come David Harvey o Michael Heinrich a tentare di riportare all’attenzione del grande pubblico la teoria dell’autore del Capitale, in Italia, invece, c’è stata più timidezza (con alcune eccezioni, come ad esempio il Karl Marx di Marcello Musto e la Storia del marxismo curata da Stefano Petrucciani). Del resto, gli addetti ai lavori conoscono bene la difficoltà di sciogliere e rendere comprensibili i nodi e i passaggi più complessi della teoria marxiana del Capitale, pur essendo altrettanto consapevoli della necessità di compiere questo lavoro. Non si tratta tanto di divulgare Il capitale di Marx, ma di operare nelle maglie della società e della cultura contemporanee per radunare un nuovo pubblico per quest’opera: un’opera di scienza, le cui categorie possono aiutarci a spiegare la riproduzione e l’ampliamento delle più diverse forme di sfruttamento oggi in atto. Le sfruttate e gli sfruttati non mancano. Si tratta di tentare di tessere i fili nella direzione giusta.


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Alessandro Visalli: Poche note sulla questione delle classi

cumpanis

Poche note sulla questione delle classi

di Alessandro Visalli

Tema della "composizione di classe": dopo gli interventi, nei numeri scorsi di "Cumpanis", di Alessandro Testa e Carlo Formenti, pubblichiamo questo articolo di Alessandro Visalli, architetto, docente all' Università degli Studi "La Sapienza" di Roma

laclasseoperaia. Locandina.1In questo breve intervento sarà prodotta qualche divagazione a partire dai numerosi stimoli che derivano dai lavori di Alessandro Testa, “La lotta di classe oggi: tra teoria del valore ed organizzazione del lavoro”, e Carlo Formenti, “Composizione socioeconomica e composizione sociopolitica, questioni di metodo”.

Il mio omonimo Alessandro Testa parte dal concetto di “lotta di classe” (formula composta che, come proveremo ad argomentare, è utile pensare come inerente non già al suo apparente oggetto, ‘classe’, quanto al sostantivo ‘lotta’), e lo collega a modalità ‘tipiche’ del capitalismo e ‘specifiche’ del modo in cui questo crea il ‘valore’. Ovvero, in altri termini, a come questo organizza il lavoro a partire da specifici rapporti sociali.

Per entrare subito nel tema si può prendere un esempio. Come sottolineato anche da Carlo Formenti nel secondo capoverso la giusta istanza di analisi rigorosa dei mutati termini di formazione del lavoro e della classe consente, nella sua formulazione, al lettore meno attento di scivolare sul rischio sempre presente di oggettivare la ‘classe’. Accade perché viene auspicata una ‘analisi scientifica’ di essa. Sovrapponendo con ciò la confusa incertezza su cosa si intenda esattamente con ‘scienza’ a quella su cosa sia la ‘classe’ e quale materialmente sia. Intendiamoci, Testa fa bene a dirlo. Una ricerca sistematica, razionale, ben fatta, della sociologia e socioantropologia delle relazioni e rapporti sociali e dell’organizzazione del lavoro è utile e necessaria. Ma il lemma della (o delle) “lotte di classe”, o della/e lotta/e della/e classe/i è guidato dal sostantivo ‘lotta’ (e dal verbo “lottare”) e non dall’oggetto ‘classe/i”. Esiste quindi un limite insuperabile alla sua oggettivazione come conoscenza data.


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Francesco Maria Pezzulli: L’università indigesta 2

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L’università indigesta 2

Nota sui professori

di Francesco Maria Pezzulli

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                90f0e1d94ac345c58058c4495ec2b14bmv2Il tema delle «industrie riproduttive» costituisce uno dei nuclei centrali delle elaborazioni contenute in Transuenze, sono diversi, infatti, i contributi che abbiamo proposto, tra cui un articolo di Francesco Pezzulli sulla condizione studentesca nell’Università trasformata dalle riforme (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/l-universit%C3%A0-indigesta-note-da-un-inchiesta). Nell’articolo odierno riprendiamo le riflessioni dello stesso autore che, in questo caso, si concentra sull’esercizio dell’attività di docenza e sul ruolo dei professori, sempre di più indirizzati dalle disposizioni normative e dai criteri di valutazione industriale introdotti con le riforme.

* * * *

In una intervista del 2016, un Professore dell’Università di Bologna racconta che la scelta di dare alle stampe il suo ultimo libro sulla nuova università, l’ottimo Universitaly. La cultura in scatola, è dovuta a «un senso di tradimento dell’idea di cultura e alla sensazione molto concreta di perdere il significato stesso del mio lavoro». Più avanti, dei colleghi dice di essere colpito soprattutto dal fatto:

che tanta rassegnazione, indifferenza, conformismo, opportunismo, pigrizia o vigliaccheria si manifestino proprio in persone che dovrebbero dedicare la loro vita alla ricerca, al sapere critico, alla decostruzione dei luoghi comuni, guidati da facoltà ingovernabili come la curiosità, l’ironia, l’autonomia del pensiero e del giudizio. Lo dico a ragion veduta, senza chiamarmi fuori, con l’esperienza di chi ha vissuto in prima persona queste «passioni tristi», come le chiamerebbe Spinoza, e che ha cercato quotidianamente di scacciarle dal suo animo con battaglie incerte e sfiancanti[1].

L’osservatorio è privilegiato, la Direzione di un Dipartimento universitario alle prese con l’applicazione delle normative introdotte dalle ultime Riforme. Una posizione fondamentale assunta nel momento in cui tutto stava cambiando: il raddoppio dei Titoli, la moltiplicazione dei Corsi di Laurea e degli Insegnamenti, l’organizzazione in «moduli» di questi ultimi, la definizione degli indirizzi, l’applicazione di criteri standard di valutazione e monitoraggio, eccetera.


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comidad: La bolla finanziaria della BCE ha gonfiato la bolla emergenziale

comidad

La bolla finanziaria della BCE ha gonfiato la bolla emergenziale

di comidad

Cos’avranno provato i no-vax quando l’anestesista Mario Riccio ha minacciato di non curarli? Probabilmente lo stesso dispiacere che proveresti se il dottor Hannibal Lecter non ti invitasse a pranzo con lui. Circola un aneddoto sull’infanzia di Mario Riccio: “Mamma, mamma, voglio ammazzarli tutti!”. “Allora studia Medicina, figlio mio”.

Al di là dell’aneddotica, più o meno apocrifa, certe dichiarazioni non fanno altro che alimentare la sfiducia in un sistema sanitario già screditato. La sensazione è che criteri terapeutici selettivi siano già in uso, non solo tra vaccinati e non vaccinati, ma anche tra ricchi e poveri, come dimostra la storia dei monoclonali riservati ai VIP. Il sentimento comune va ormai ben oltre le consuete recriminazioni sui tagli alla Sanità, in quanto c’è la percezione che i protocolli terapeutici non siano stabiliti dalla “Scienza” ma dal governo, dietro la foglia di fico di comitati tecnico-scientifici nominati dallo stesso governo. Infatti già si constata una diffusa tendenza a sottrarsi all’ospedalizzazione, e non per inseguire “terapie alternative e naturali”, bensì per curarsi da soli con quegli antibiotici e quel cortisone che sino a due anni fa i medici di base somministravano a fiumi. La corsa a procurarsi l’azitromicina, un farmaco screditato dall’AIFA come cura del Covid, rappresenta un indizio del fatto che gran parte della pubblica opinione crede più ai protocolli terapeutici di qualche anno fa che a quelli attuali.


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Ilaria Bifarini: Tutti gli elementi per una tempesta perfetta

ilariabifarini

Tutti gli elementi per una tempesta perfetta

Marta Moriconi intervista Ilaria Bifarini

La mia intervista a Marta Moriconi per Lo SpecialeGiornale del 17 gennaio

Il blackout energetico è stato ipotizzato molto fino a novembre, ora non se ne sta parlando più di tanto. Esiste davvero questa eventualità?

Dopo un allentamento di tensione durante il periodo estivo, in cui i coronavirus hanno scarsa circolazione, di nuovo tutta l’informazione è tornata a focalizzarsi sulla pandemia, sul bollettino del Covid, sulle continue restrizioni, l’estensione dell’utilizzo del Green Pass e il paventato obbligo vaccinale. Ormai avere una visione misurata e reale di ciò che accade nel mondo e nelle nostre vite è pressoché impossibile. Il rischio di blackout, al contrario, è più attuale che mai, tanto che in questi giorni a lanciare l’allarme è stato lo stesso Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. A settembre a paventare il pericolo era stata la famosa banca d’affari Goldman Sachs che, in fatto di previsioni, si mostra molto attendibile.

 

Che possibilità ci sono che coinvolga solo noi? O pensa che riguarderebbe tutta l’Europa?


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Fulvio Perini: Tutele del lavoro: la Spagna volta pagina

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Tutele del lavoro: la Spagna volta pagina

di Fulvio Perini

Il 31 gennaio 2021 sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale spagnola le nuove norme che regoleranno i rapporti di lavoro, la contrattazione collettiva e le politiche attive del lavoro e di integrazione ai redditi in caso di riduzione dei tempi di lavoro. Vengono così cancellate le peggiori norme introdotte dal Governo Rajoy alcuni anni or sono. Succede in Spagna dove c’è un governo del socialista Pedro Sánchez con ministro del lavoro Jolanda Díaz di Izquierda Unida. In Italia, invece, tra i primi atti del Governo del neoliberale Mario Draghi e del ministro del lavoro neoliberale Andrea Orlando si sono cancellate le norme sul blocco dei licenziamenti e modificate in peggio le norme del cosiddetto “decreto dignità” liberalizzando, con limiti ridicoli, gli abusi del contratto a termine. L’altra differenza importante è stata l’unità e la determinazione dei due più importanti sindacati dei lavoratori, le Comisiones Obreras (CCOO) e la Unión General de Trabajadores (UGT).

Le nuove norme – frutto di un accordo tra i sindacati dei lavoratori e le associazioni degli imprenditori, perseguito dal Governo spagnolo avviando un tavolo di confronto (mesa del diálogo social) – entreranno in vigore tra tre mesi per il contratto a termine e tra sei mesi per il contrato de obra, il nostro contratto di prestazione occasionale.


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Sandor Kopacsi: Su “Democrazia sotto assedio” di Brancaccio

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Su “Democrazia sotto assedio” di Brancaccio

di Sandor Kopacsi

Mi hanno consigliato, e io come sempre obbedisco ai consigli di lettura, di leggermi l’ultima fatica del prof. Brancaccio “Democrazia sotto assedio”. L’ho trovato interessante ma difficile da interpretare. Per certi versi è un meta-libro, nel senso che rinvia spesso senza dire nulla di particolarmente nuovo (anzi è proprio esplicitamente un rimando ad altri lavori dell’autore), ma allora, viene da dire: qual è il senso dell’opera? Mantenere sempre caldo il ferro battendolo in continuazione con nuove pubblicazioni?

Ad ogni modo, veniamo subito alle cose che ho trovato migliori. Innanzitutto, Brancaccio non casca nella trappola campista tipica della sinistra italiana oggi, in cui o sei un fan della BCE o sei un sovranista che vuole affondare i barconi dei migranti. È spiegato molto bene come questa dicotomia sia del tutto falsa e sia solo un modo con cui la sinistra italiana si fa dominare da questo o quel pezzo della classe dominante.


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Todd Hayen: Com'è possibile che persone in apparenza normali arrivino a desiderare la morte della gente?

sinistra

Com'è possibile che persone in apparenza normali arrivino a desiderare la morte della gente?

di Todd Hayen - psicoterapista

Intervento segnalato da Andrea Zhok su Facebook

Qualche settimana fa, tre amici su Facebook mi avevano fatto sapere che desideravano la mia morte.

Uno di loro, in realtà, non lo conoscevo. Aveva dato di matto quando avevo suggerito, con calma, che esistevano valide opzioni di trattamento per la Covid. Aveva risposto: “Esci dalla mia vita! Spero che tu prenda la Covid e muoia!”

Gli altri due amici erano persone che avevo conosciuto al college, 45 anni fa, uno era il mio compagno di stanza del primo anno e l’altro mi aveva fatto conoscere la mia prima moglie. Il primo mi aveva suggerito di dimostrare la teoria di Darwin e di morire per il virus, l’altro, praticamente, aveva solo detto che, da egoista non vaccinato che nega la scienza, mi meritavo quello che stava arrivando.

I volenterosi carnefici della Covid.

So che Facebook non è certo il luogo ideale dove fare discorsi ragionevoli. Come psicologo, tuttavia, lo trovo un campione interessante di un certo tipo estremo di pensiero e di comportamento.


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Franco Romanò: Piero Sraffa, la sfinge marxiana

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Piero Sraffa, la sfinge marxiana

di Franco Romanò

Piero Sraffa Sergio Tumi Ñángara MarxPerché tornare a occuparsi di un uomo enigmatico e di un economista per lungo tempo dimenticato? Tanto più che la teoria economica appare ostica ai più. Cercherò di dirne le ragioni, evitando il più possibile argomenti troppo specifici.

Nel mondo rovesciato in cui ci capita di vivere, sono sempre più numerosi gli articoli e i saggi critici sull’andamento dell’economia e sulla teoria economica medesima, scritti da uomini di potere. Uno in particolare mi ha colpito perché al centro del suo discorso compare una metafora poco usuale in un uomo e mi piace pensare che senza il femminismo di mezzo, non gli sarebbe venuta in mente. Tanto più che Giandomenico Scarpelli, un dirigente della Banca d’Italia che si occupa di collocazione dei titoli di stato, è ritornato a occuparsi di teoria economica per aiutare la figlia a sostenere gli esami universitari. Al centro del suo discorso c’è una mirabolante cucina: il forno è acceso e va a mille, i fuochi pure, le pentole sono già pronte e così tutti gli accorgimenti tecnici più sofisticati; solo che non c’è più nulla da cucinare e infatti nel titolo del suo saggio l’economia odierna diventa una Ricetta senza ingredienti. Ecco, una prima risposta al quesito che ho proposto posto all’inizio potrebbe essere questa: perché l’economia di Sraffa, parte dagli ingredienti per arrivare alla cucina.

In economia esiste prima di tutto una sostanza fisica: il grano, per esempio, oppure la tela, le stoffe e tutto ciò che serve per riprodurre la vita di ogni giorno, che richiede cura e attenzione, oggi come migliaia di anni fa. Tale sostanza fisica si estende poi alle costruzioni, alle case e a quello che nel gergo economico si definisce infrastruttura: le strade, i ponti, le ferrovie, i beni che permettono di vivere.


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Cuba al bivio

di Carlo Formenti

A proposito del libro Cuba 11J. Protestas, respuestas, desafíos, curato da Julio Carranza Valdés, Manuel Monereo Pérez e Francisco Lopez Segrera ed editato dalla ELAG (Escuela de Estudios Latinoamericanos y Globales) e dalla rivista argentina Pagina 12

IMMAGINE SECONDO PEZZO SEZIONE SCUOLA QUADRI. Cuba
                FormentiCuba 11J. Protestas, respuestas, desafíos, curato da Julio Carranza Valdés, Manuel Monereo Pérez e Francisco Lopez Segrera ed editato dalla ELAG (Escuela de Estudios Latinoamericanos y Globales) e dalla rivista argentina Pagina 12 è un libro (uscito nel dicembre scorso) che prende spunto dalle manifestazioni di protesta che si sono svolte in alcuni quartieri dell’Avana e in altre città cubane l’estate scorsa, per analizzare le difficoltà che il Paese socialista caraibico si trova a fronteggiare a causa della crisi pandemica e del concomitante inasprimento del bloqueo imposto dall’amministrazione degli Stati Uniti (voluto da Donald Trump e confermato dal neopresidente democratico Joe Biden). Il libro si articola in 16 capitoletti firmati da altrettanti autori (economisti, sociologi, politologi ed esponenti di altre discipline) ed è dedicato ad uno di essi, il sociologo e storico della Rivoluzione cubana Juan Valdés Paz, venuto a mancare lo scorso ottobre. In appendice il testo di un discorso tenuto dal Presidente Miguel Diaz Canel il 18 luglio 2021 e alcune interviste a intellettuali ed artisti, nonché a giovani studenti che hanno partecipato alle proteste.

I punti di vista espressi dagli autori nei sedici testi raccolti nel volume sono articolati e differenziati, per cui è praticamente impossibile riassumere il contenuto del libro. Ho quindi deciso di non stendere un banale elenco delle varie posizioni, bensì di concentrare l’attenzione sui sei contributi che mi sono parsi più stimolanti, raggruppando i temi che vi sono trattati in tre aree: (1) ricostruzione degli adempimenti del regime nei primi trent’anni di vita e delle cause che, a partire dagli anni Novanta, rischiano di metterli a rischio; e valutazione di quali riforme economiche (2) e politiche (3) potrebbero consentire di superare la crisi.


Nico Maccentelli: Collettivismo… forzato?

carmilla

Collettivismo… forzato?

di Nico Maccentelli

271930578 10159588992607863 6185366117339393023 nUna delle critiche più ricorrenti che gran parte della sinistra, dagli euroglobalisti a certi “antagonisti”, rivolge a chi va in piazza contro il green pass e l’obbligo vaccinale è quello di essere individualista, individui che pensano solo a se stessi, a cui non frega nulla della pandemia e che quindi non hanno alcuna responsabilità per la salute pubblica, senza una visione collettiva della società. Articolando questa critica su un piano più teorico, i “no vax” sarebbero degli autentici esegeti del liberalismo borghese. Ma è davvero così?

Il movimento no green pass nel suo complesso, dunque, per chi sbandiera modelli di collettivismo da realismo socialista sarebbe dunque espressione di tante ambizioni e rivendicazioni individualistiche. Di fatto i nostri “collettivisti responsabili” tirerebbero fuori niente po’ po’ di meno che John Stuart Mills (1806-1873) il filosofo ed economista britannico che con la sua visione utilitaristica sarebbe il padre del liberalismo moderno, ossia la libertà e l’autonomia dell’individuo in opposizione allo Stato e al suo potere di controllo sociale e sulle individualità.

In pratica rivendicare una libertà (non la libertà totale, questo è il primo enunciato truffaldino dei nostri) come quella di dissentire, di avere dubbi e quindi di non accettare il ricatto statale di questo tipo di vaccinazione, sarebbe una rivendicazione di tipo liberale borghese. Si potrebbe già replicare col fatto che la questione in realtà è sul terreno dell’efficacia immunizzante o meno di questi vaccini e che è evidente che se da un vaccino dipendesse la vita di tutti il discorso cambierebbe. Quindi, altra replica elementare sarebbe sul carattere teleologico di tale scienza, questa sì non certo neutrale e del tutto liberal borghese, tutt’altro che finalizzata al bene comune, ma ai lauti profitti di multinazionali come la Pfizer: la multinazionale farmaceutica con il record di risarcimenti miliardari per farmaci nocivi (affidereste mai vostro figlio undicenne a un pedofilo?).


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Dante Barontini: Sul Quirinale l’ultima “resistenza reazionaria” prima della resa

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Sul Quirinale l’ultima “resistenza reazionaria” prima della resa

di Dante Barontini

Seguiamo con molto moderato interesse il caos intorno all’ormai prossima elezione del nuovo presidente della Repubblica. Pur sapendo, e avendo scritto più volte, che la partita verte intorno a un solo problema: questo paese è di fatto governato da “istituzioni sovranazionali”, sia politiche (Nato, Unione Europea) che finanziarie (“i mercati” e grandi gruppi multinazionali).

Queste “istituzioni” pretendono che al vertice del potere politico nazionale ci sia un “garante” dei patti sottoscritti (i trattati europei, fondamentalmente; la “fedeltà alla Nato” non è infatti in discussione per nessuna delle fazioni che si stanno accapigliando).

C’è infatti da assicurare che il “percorso” delineato dal Recovery Fund da qui al 2026 – e pienamente accolto nel Pnrr del governo in carica – venga seguito senza deviazioni rilevanti o comunque tali da mettere in pericolo gli equilibri continentali.

Per quanto politicamente smandrappata, infatti, l’Italia resta la terza economia UE e un suo “sbarellamento” avrebbe conseguenze molto pericolose per tutta la costruzione continentale, proprio nella fase in cui questa cerca di darsi un assetto assai più “operativo” su tutti i piani (dal protagonismo geostrategico alla costruzione di un “esercito europeo”, dall’intervento neocoloniale in Africa alla “competizione” sui mercati internazionali).


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Fabrizio Verde: Sputnik e vaccini mRNA (fallimentari): crollano tutti i castelli di carta

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Sputnik e vaccini mRNA (fallimentari): crollano tutti i castelli di carta

di Fabrizio Verde

I vaccini mRNA utilizzati in Italia e in tutto l’occidente hanno mostrato di «funzionicchiare» poco nel limitare i contagi, mentre la variante cosiddetta Omicron riesce a ‘bucarli’. Questo ci mostra la realtà con persone contagiate anche dopo 3 dosi di vaccino. Notizie di tale tenore arrivano anche dal paese topo di laboratorio della Pfizer, Israele, dove il ministro della Difesa Gantz, già vice Primo Ministro del governo Netanyahu, è stato contagiato addirittura dopo la quarta dose.

Si conferma il flop vaccinale in relazione alla protezione dal contagio. Anche la quarta dose viene bucata dal virus. Con il lancio della campagna vaccinale della quarta dose in Israele si è registrato il 19 gennaio un nuovo record di contagi giornalieri: 71.593 nuove infezioni e 526 pazienti che versano in gravi condizioni.

Uno studio condotto dallo Sheba Hospital di Tel Aviv dimostra che l’inoculazione della quarta dose di vaccino a mRNA garantisce solamente una difesa alquanto limitata contro la variante Omicron.

Su 274 sanitari vaccinati - 154 con Pfizer e 120 con Moderna - dopo aver ricevuto 3 dosi di vaccino Pfizer, lo studio clinico ha mostrato aumento degli anticorpi solo leggermente superiore alla terza dose che non ha impedito la diffusione della variante Omicron.


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Marco Bertorello: La mano visibile

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La mano visibile

di Marco Bertorello

Sia in termini sanitari che strettamente economici, lo stato è tornato a essere centrale. Ma soltanto per soccorrere il mercato, rendendo sopportabili i suoi limiti intrinseci

La virulenza della crisi economica, conseguenza di quella pandemica, ha messo in evidenza, semmai la crisi finanziaria del 2008-2012 non fosse stata sufficiente, la mancata autosufficienza dei meccanismi di mercato. I blocchi produttivi prima e quelli sociali dopo hanno lasciato all’asciutto interi settori di popolazione a livello globale. Al contempo i vari sistemi sanitari si sono rivelati inadeguati a fronteggiare una pandemia che da tempo veniva temuta dagli studiosi maggiormente accorti. I vari casi di Sars, Ebola, influenza suina nel loro rimanere circoscritti ad alcune aree di mondo non occidentale avevano illuso che anche questa volta fossimo di fronte a un problema dalle dimensioni circoscritte. Questa crisi, invece, ha prodotto un segno negativo nella crescita economica a livello mondiale, cosa che non era accaduta neppure nel 2009 (quando i principali paesi asiatici avevano compensato i dati di quelli occidentali).


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Vincenzo Comito: Gli scambi commerciali e le tensioni est-ovest

sbilanciamoci

Gli scambi commerciali e le tensioni est-ovest

di Vincenzo Comito

Gli scambi commerciali nel 2021 segnano il passo per difficoltà legate al Covid e problemi logistici ma la bilancia commerciale del mondo pende sempre in favore della Cina. Peserà ancora di più ora che è in vigore il trattato Rcerp

Introduzione

Gli scambi commerciali internazionali sono andati incontro negli ultimi tempi a diverse importanti difficoltà, dallo scoppio del Covid, ad alcuni rilevanti problemi logistici, in parte, ma solo in parte, da attribuire ancora al Covid. Bisogna fare poi riferimento alle tensioni politiche in atto tra alcuni paesi, in particolare tra Cina e Stati Uniti da una parte, tra la stessa Cina e l’India dall’altra; alla fine, le cifre mostrano risultati piuttosto riflessivi per il 2021 e di certo lontani come dinamica da quelli che si potevano registrare solo qualche anno fa.

Può essere di un certo interesse, in tale quadro, cercare di fare il punto su alcuni aspetti recenti della questione per quanto riguarda la Cina, in relazione da una parte ai risultati appena pubblicati e relativi al 2021 per tale paese, dall’altra in particolare alla situazione di due grandi accordi commerciali che lo riguardano, il primo quello concluso a suo tempo con l’amministrazione Trump, il secondo, quello relativo all’Asia – il Rcerp – che è partito operativamente in questi giorni.


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Guido Salerno Aletta: Se l’Inflazione diventasse Super Green

teleborsa

Se l’Inflazione diventasse Super Green

Cambierebbero i modelli di crescita e di competizione

di Guido Salerno Aletta

Non esiste uno strumento più convincente del prezzo di una merce: quando è basso, siamo tutti ovviamente più disposti a comprarla. Tutto dipende, in fondo, dalla disponibilità di denaro che abbiamo e dalle alternative di impiego, per consumi o per risparmio: questioni di cui gli economisti discutono da secoli.

C'è un punto di convergenza, oggi, tra le istanze di coloro che sostengono la necessità di ridurre il "consumo" di ambiente perché la natura, il Pianeta Terra, non riesce a rinnovare le risorse che vengono progressivamente prelevate dall'Uomo per produzione e consumi.

L'aria, l'acqua, i minerali sono risorse finite. Un terreno coltivato senza sosta si isterilisce, ha bisogno di sempre più concime, ma ad un certo punto diviene completamente inerte, rimane solo sabbia e pietra.

Il paradigma della sostenibilità ambientale comporta dunque un limite alla crescita, allo sfruttamento illimitato delle risorse naturali. C'è naturalmente il tema demografico: più la popolazione aumenta, più aumenta il consumo delle risorse naturali.


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tonino

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Jan 28, 2022, 3:10:50 AM1/28/22
to sante gorini

 

Gioacchino Toni: Culture e pratiche di sorveglianza. In balia dell’Incoscienza Artificiale e dell’algocrazia

carmilla

Culture e pratiche di sorveglianza. In balia dell’Incoscienza Artificiale e dell’algocrazia

di Gioacchino Toni

copertinamno7t«Il punto è che non esiste una protesi cerebrale artificiale che sia intelligente; il calcolo senza significato può al massimo esprimere l’ossimoro dell’“intelligenza incosciente” […] La perdita di conoscenza e di autonomia fanno parte di un processo iniziato nel Ventunesimo secolo, nel corso del quale stiamo invertendo il rapporto gerarchico tra noi e le macchine. Oggi siamo sempre più portati a mettere in dubbio la risposta a una nostra domanda dataci da una persona, oppure quella di un assistente virtuale?» Massimo Chiariatti

«gli algoritmi sono pur sempre progettati da esseri umani, sono opachi, ossia poco trasparenti, e perseguono non solo obiettivi di efficienza, ma ancor più di profitto. Quando imparano dall’esperienza, poi, tendono a replicare i pregiudizi umani» Mauro Barberis

Nonostante si tenda a pensare all’Intelligenza Artificiale antropomorfizzandola, come se si trattasse di una macchina in grado di prendere “sue” decisioni ponderate, questa si “limita” a elaborare una mole di dati non governabile dagli esseri umani e a farlo con una velocità altrettanto al di sopra dalle loro possibilità. Per gestire le informazioni disponibili l’essere umano ha sempre teso a esternalizzare alcune funzioni del suo cervello estendendole nello spazio e nel tempo; sin dalla notte dei tempi l’umanità ha fatto ricorso a protesi tecnologiche per superare i suoi limiti fisici e cognitivi ma giunti alla digitalizzazione delle informazioni queste sono talmente aumentate che per la loro gestione si è resa necessaria una tecnologia sempre più sofisticata e performante soprattutto in termini di velocità di elaborazione.


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Sebastiano Isaia: La relazione capitale-lavoro come rapporto di classe

sebastianoisaia

La relazione capitale-lavoro come rapporto di classe

di Sebastiano Isaia

kpÈ il capitale che impiega il lavoro. Già questo rapporto,
nella sua semplicità, è personificazione delle cose e
reificazione delle persone. In questo modo, il capitale
diventa un essere incredibilmente misterioso (K. Marx).

La relazione Capitale-Lavoro è in primo luogo e fondamentalmente un rapporto di classe, non un fatto meramente economico che si esaurisce sul mercato del lavoro o dentro il luogo di lavoro. Quella relazione, che caratterizza la società capitalistica, presuppone e pone sempre di nuovo l’esistenza del rapporto capitalistico di produzione, il quale si fonda sulla separazione dei produttori diretti (i lavoratori) dai mezzi di produzione e, quindi, dal prodotto del loro lavoro. I lavoratori posseggono solo la loro capacità lavorativa, che essi offrono sul mercato del lavoro al miglior offerente per riceverne in cambio un salario; i mezzi di produzione (macchine, edifici, materie prime, ecc.) e i mezzi di sussistenza comprati dai lavoratori con il salario ricevuto sono invece di esclusiva proprietà del Capitale – non importa in quale forma giuridica esso si presenti dinanzi al lavoratore: capitale privato, capitale pubblico, azionario, “misto” pubblico-privato, cooperativistico, e quant’altro.

Riprendendo ironicamente la celebre frase di Proudhon («La proprietà è un furto»), Marx definisce la proprietà specificamente capitalistica nei termini di un «furto di lavoro altrui». «La proprietà di capitale possiede la qualità di comandare sul lavoro altrui» (1).

Apro una piccola parentesi a proposito della fenomenologia giuridica del Capitale. Nel Manifesto del partito comunista del 1848, Marx ed Engels scrivono: «I comunisti possono riassumere la loro dottrina in quest’unica espressione: abolizione della proprietà privata» (2).


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David Pavón: Marx e Freud in Lacan: dall'inestricabile intreccio alla perfetta compatibilità

blackblog

Marx e Freud in Lacan: dall'inestricabile intreccio alla perfetta compatibilità

di David Pavón

marx e
            freudSembra che, politicamente, Jacques Lacan sembra sia stato un conservatore. Di certo non era un comunista, e nemmeno un socialista. Ha deriso a più riprese sia gli intellettuali marxisti che gli attivisti di sinistra. Quando era giovane, dichiarò di essere un sostenitore della monarchia, e partecipò alle riunioni di un'organizzazione di estrema destra, l'Action Française. Anni dopo, in piena maturità, ha ammesso di aver votato a destra, per Charles de Gaulle. Sebbene di destra e ostile al marxismo, Lacan ha sempre mostrato grande interesse, e un'ammirazione quasi fervente per Marx. Non ha mai smesso di leggerlo, e di riferirsi a lui con passione. È vero che a volte lo ha criticato, ma più spesso ha riconosciuto i suoi grandi meriti, i suoi successi e le sue scoperte. Inoltre, ha ampliato molte delle sue idee usandolo ripetutamente in quella che è stata la sua interpretazione del pensiero freudiano. Negli scritti di Lacan, e nel suo insegnamento orale, Marx non smette di continuare a incontrare Freud. Gli incontri, tanto frequenti quanto consistenti, profondi e significativi, a volte danno luogo a relazioni strette che organizzano internamente la teoria lacaniana. Tuttavia, quale che sia il grado di citazione di Marx messo in atto da Lacan, appare chiaro che a lui non viene conferito lo stesso posto di Freud. Lacan non adotta il punto di vista di Marx. Non si considera un suo seguace.

Lacan si attiene a Freud. È a lui che aderisce. Si considera un freudiano, non un marxista, e di certo non un freudo-marxista. La sua visione del freudo-marxismo non è per niente positiva. Lo descrive, nelle sue stesse parole, come se si trattasse di un groviglio inestricabile, come se fosse il «vicolo cieco», o «senza soluzione».


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Ferdinando Pastore: Educare allo schiavismo

linterferenza

Educare allo schiavismo

di Ferdinando Pastore

C’è qualcosa di ancor più malsano nella riforma che ha dato vita all’alternanza scuola/lavoro, rispetto alle precedenti, seppur anch’esse indirizzate alla privatizzazione, di fatto, dell’istituzione scolastica. Già allora si programmò il progressivo disfacimento del significato pubblico dell’educazione, la svalutazione di quei valori formativi legati un tempo a un’idea di cultura collettiva e storica. L’autonomia scolastica volle spezzettare l’intero ordinamento per esaltare la dinamica di concorrenza tra le varie unità che si dovevano uniformare al modello aziendalistico.

Quell’autonomia quindi non prevedeva, né si curava di prevedere, un impianto etico, sociale e culturale dell’insegnamento, che veniva immiserito dai vademecum di valutazione sull’efficienza. Questa trasformazione ha premiato, anno dopo anno, gli insegnanti meno motivati culturalmente, quelli che si sono conformati in maniera congeniale al mandato imprenditoriale della didattica. La scuola è diventata un percorso formativo quasi sensoriale, un’esperienza di vita assimilabile alla metafora del viaggio che arricchisce interiormente gli individui in vista della prestazione.


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Marco Villoresi: Splendori politici e miserie scientifiche del Green Pass

theunconditional

Splendori politici e miserie scientifiche del Green Pass

di Marco Villoresi

Il tempo, si dice, è galantuomo. E la verità è figlia del tempo. Il Green Pass, come sappiamo, è entrato in vigore il 6 agosto 2021. Per valutarne la fondatezza scientifica, offro una breve sintesi storica. A beneficio di tutti, spero. Ma in particolare, di coloro che, conoscendo poco o male i dati, hanno avuto anche scarso riguardo alla scansione temporale degli avvenimenti. Dico subito, però, che i dati che adesso rimetterò in fila erano chiari da sempre. E a disposizione di chiunque. Bastava prenderli in considerazione, con scrupolo e onestà. Dissociandosi dalla strumentalizzazione politica. Ed è grave che dati così chiari siano stati misconosciuti da coloro che vengono stipendiati per osservare, studiare ed esercitare un disinibito spirito critico. E, di conseguenza, per promuovere la consapevolezza culturale e civile dei cittadini.

Torniamo alla scorsa estate. Israele, come noto, è il laboratorio della Pfizer: da lì, con buon anticipo, giungono le informazioni sui vaccini a mRNA. Con giubilante cinguettio urbi et orbi, il 15 giugno Roberto Burioni asserisce che la terra di Israele è “libera dal Covid […] grazie ai vaccini”.


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Il Chimico Scettico: Covid e modelli (per l'ultima volta, sul serio)

ilchimicoscettico

Covid e modelli (per l'ultima volta, sul serio)

di Il Chimico Scettico

Parlare di pandemia e modelli nel 2022 per me non ha ormai alcun senso. Tra i buffoni che producono buffonate, magari dicendo "Oh, non e' una previsione questa, solo un esercizio teorico" e i blasonati che continuano imperterriti a sfornarne, dopo due anni e performance che sono state quelle note, è inutile discuterne ancora, se non un'ultima volta.

L'articolo linkato merita di essere letto da capo a fondo. Quanto in media i modelli SAGE abbiano funzionato si vede benissimo dall'immagine sotto. E veniamo al punto cruciale:

"Le difese dei modelli Sage lasciano molte domande senza risposta. Se i modelli sono solo "illustrativi" e non predicono, perché sono stati riassunti e presentati ai ministri in questo modo?

“Senza interventi in aggiunta alle misure già in atto i modelli indicano un picco di almeno 3000 ospedalizzazioni al giorno in Inghilterra".

E perché questi scenari sono stati descritti come probabili?


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coniarerivolta: La riforma fiscale di Draghi: per gli ultimi il solito nulla

coniarerivolta

La riforma fiscale di Draghi: per gli ultimi il solito nulla

di coniarerivolta

Se vi è un provvedimento che, più ancora di altri, dà la piena misura del carattere regressivo del governo Draghi, questo è senza dubbio la riforma dell’Irpef approvata nel mese di dicembre. La versione definitiva varata è, per alcuni aspetti, persino peggiore delle bozze che circolavano sino a pochi giorni prima della definitiva presentazione. Vediamo in breve cosa è cambiato e chi guadagna dalla nuova situazione.

L’Irpef, imposta sul reddito delle persone fisiche, è l’imposta che colpisce i redditi della stragrande maggioranza dei residenti in Italia, colpendo tutti i redditi da lavoro dipendente, autonomo, da pensione e i redditi delle imprese individuali e delle società di persone. Nel corso del tempo l’Irpef (istituita nel lontano 1974) ha drasticamente perso progressività, con una fortissima riduzione sia del numero di scaglioni sia della distanza tra il primo e l’ultimo, ed ha ridotto il perimetro delle tipologie di reddito che colpisce. Ad oggi, infatti, sono esclusi dall’Irpef i redditi delle società di capitali soggetti all’imposta proporzionale IRES e la variegata pletora di redditi finanziari e immobiliari soggetti ad aliquote agevolate separate, nonché i redditi da lavoro autonomo fino a 65.000 euro annui, che godono di un regime forfettario.


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Paolo Bartolini: Lasciar passare la ristrutturazione del sistema?

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Lasciar passare la ristrutturazione del sistema?

di Paolo Bartolini

Un rappresentante dell'OMS lascia intendere che forse, con la diffusione massiva della variante Omicron (per fortuna meno nociva delle precedenti incarnazioni di SARS-Cov-2), stiamo per uscire dalla pandemia. Nonostante questo servirà una costante attenzione data la versatilità del virus in questione.

Se potessimo mettere da parte l'isteria e ragionare pacatamente troveremmo che l'esito auspicato - la fine di questa emergenza - non riuscirà a cancellare facilmente le conseguenze psicosociali e biopolitiche innescate dall'approccio governativo alla crisi. Ma facciamo un passo dopo l'altro.

Intanto bisogna riconoscere che i benvenuti vaccini hanno confermato la loro utilità nel difendere i soggetti più fragili. Eliminare i brevetti, rendere pubblici i dati relativi ad eventuali effetti collaterali e ripensare in senso democratico la "filiera" di produzione/distribuzione sono temi fondamentali, che non devono impedirci di constatare i rischi di ogni produzione accelerata di un farmaco poi approvato in via emergenziale.


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Stefano G. Azzarà: Presidenza della Repubblica: verso una democrazia postmoderna

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Presidenza della Repubblica: verso una democrazia postmoderna

di Stefano G. Azzarà

Il percorso verso il superamento della Costituzione repubblicana è segnato e si intravvedono già i contorni della Repubblica presidenziale. Accuratamente nascosto sotto l’altezzoso sorriso Ancien Régime di Mario Draghi o magari sotto quello più rassicurante di qualche democristiano, c'è l'approdo a una democrazia postmoderna che si instradi sui binari di una forma flessibile di bonapartismo plebiscitario mediatico

Schermata
            del 2022 01 26 12 19 30Dopo l’inevitabile sceneggiata con la quale in questi giorni, a partire da Silvio Berlusconi, tutti gli attori sul palcoscenico hanno cercato di alzare il proprio prezzo e riacquisire una centralità politica spendibile nel prossimo futuro, è probabile che questa settimana Mario Draghi venga eletto presidente della Repubblica, poco conta se alla prima o dopo la quarta votazione. Del resto, questa non sarebbe affatto una sorpresa: nonostante la suspense o la fumisteria creata più o meno ad arte dalle ambizioni personali di qualcuno, arrivato fuori tempo massimo, questo esito sarebbe esattamente quanto era risaputo sin dall’inizio, ovvero da quando l’ex presidente della Banca d’Italia e poi della BCE è stato nominato premier da una vasta coalizione di unità nazionale, dopo che Renzi aveva staccato la spina al governo PD-M5S. E, si può dire, sarebbe esattamente ciò per cui quella nomina era a suo tempo avvenuta e quanto il sistema industriale dei media – impegnatissimo h.24 a fare il tifo per lui e a spianargli la strada delegittimando ogni alternativa – ha sempre dato per scontato.

Non si tratta di una scelta irrilevante e da valutare nichilisticamente con senso di sufficienza, sia chiaro. I gruppi economici dominanti sono alle prese con il serissimo problema di una crisi organica della loro egemonia, che è logora e fa acqua da tutte le parti. E se vogliono recuperare quei pezzi di ceti medi e classi subalterne che si sono sottratti al loro controllo ideologico diretto durante la lunga fase della crisi economica e dell’impauperimento generalizzato, devono a ogni costo ricostruire almeno parzialmente il blocco sociale messo in discussione dalla rivolta populista (abilmente cavalcata dai settori outsider interni al medesimo mondo industrial-finanziario) e dargli un barlume di plausibilità e coesione.


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di Noi non abbiamo patria

Le crescenti preoccupazioni delle soggettività della necessità del modo di produzione capitalistico

bacteriaChe cosa ne è del progresso della medicina? In fondo [clicca qui] a questa introduzione c’è un articolo apparso sul The Economist del 21 Gennaio 2022 dal contenuto davvero allarmante (e con accenti anche sciovinisti nei confronti dei paesi dell’Asia). Il cosiddetto progresso capitalistico, il cui sviluppo della accumulazione comportava progresso tecnico e miglioramento delle condizioni di vita, seppur in maniera diseguale e combinata, ora tornano indietro come un boomerang con tutte le contraddizioni nefaste rafforzate di questo modo di produzione. La resilienza della vita alle malattie ed ai patogeni batterici o virali è in regresso. Quanto predisposto da decenni di progresso medico scientifico non sta producendo più i risultati auspicati ed anzi appare essere esso stesso fattore di concausa ed origine di una nuova emergenza sanitaria.

Le organizzazioni sanitarie del Pakistan, India e Bangladesh si trovano a fronteggiare infezioni batteriche che risultano resistenti ai farmaci antibiotici ed antimicrobici con esiti fatali. Ma sono questi stessi antibiotici ed antimicrobici usati in agricoltura o negli allevamenti intensivi ad aver prodotto dei super batteri veicolati da super microrganismi davvero resilienti ai farmaci che hanno curato malattie fatali per l’uomo negli anni ’50, ’60 e ’70 e che ora non stanno salvando più le vite come in precedenza. Le infezioni batteriche già conosciute da decenni di esperienza medica appaiono decisamente più resistenti agli antibiotici determinando un impegno sanitario quintuplicato per le cure ospedaliere e farmacologiche, e un gran numero di morti imprevisto.


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Temps Critiques: Valore-lavoro e il lavoro come valore

archeologiafil

Valore-lavoro e il lavoro come valore

di Temps Critiques

Il saggio Sur la valeur-travail et le travail comme valeur è stato originariamente pubblicato su Temps critiques, 15 Novembre 2021 ed è consultabile su Sur la valeur-travail et le travail comme valeur. Successivamente è stato ripubblicato su Lundimatin #313 e in versione inglese in Ill Will, 29 Dicembre 2021, consultabile su Labor Value and Labor as Value. Di seguito la traduzione a cura di J. Cantalini.

6872c3893ac5058b505224cac9dd8089 XL«Questo sono io» Il discorso performativo del Potere

Con i suoi attacchi contro assistenzialismo e reddito garantito, il discorso pronunciato da Macron il 9 novembre 2021 sul valore-lavoro (o sul lavoro “come valore”) è stato, in prima battuta, poco più di un revival di ciò che Jospin[1] aveva già detto nel 1998 durante il mouvement des chômeurs (movimento dei disoccupati), conclusosi nel 2001 con la creazione di un bonus assunzioni, che si sarebbe gradualmente trasformato in premio di produzione dopo il 2006; e poi, una replica di quello di Sarzoky sul «lavorare di più, guadagnare di più», pronunciato a proposito dell’introduzione di straordinari esentasse. Ciononostante, le misure adottate o proposte oggi (premi di produzione, “indennità inflazione”) contraddicono quanto dichiarato inizialmente da Macron, in quanto investono sull’individuo-consumatore bisognoso piuttosto che sull’individuo produttivo e creativo. In altre parole, non è il valore del lavoro e il conseguente salario («il potere del lavoro» secondo la dichiarazione rilasciata a Le Monde l’11 novembre da Aurélien Purière, direttore della Sécurité sociale) che il governo sta tentando di migliorare, ma il potere d’acquisto stesso, senza che intervenga il minimo cambiamento nel rapporto di potere tra capitale e lavoro. È da questo che dipende l’assenza di pressioni sul capitale e di aumento dello SMIC[2], mentre compaiono solo calcoli sofisticati, a quanto pare troppo complessi persino per il ministro del Lavoro Bruno Le Maire, cosa che il Presidente intende chiarire[3]. A livello più generale, è la stessa logica che è stata applicata durante il movimento dei Gilet jaunes, ossia la previsione di un bonus suppletivo al premio di produzione e un bonus concesso a titolo eccezionale dal governo Macron.


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Andrea Zhok: Il lasciapassare verde: tramonto o alba?

sfero

Il lasciapassare verde: tramonto o alba?

di Andrea Zhok

È noto come la Commissione Europea avesse progettato sin dal gennaio 2018 l’implementazione di un pass sanitario per i cittadini UE (vaccination passport for EU citizens). L’intento dichiarato concerneva la mobilità tra paesi dell’UE e la “road map” che era stata proposta aveva il 2022 come data di implementazione definitiva.

Il fatto che questo progetto fosse inteso soltanto come limitazione agli spostamenti tra paesi non deve trarre in inganno circa la radicalità del progetto. Infatti è da tempo che le normative europee non contemplano alcuna distinzione netta tra la mobilità interna a ciascuno stato dell’UE e la mobilità tra stati, e dunque un passaporto vaccinale che potesse porre limitazioni alla mobilità tra stati implica di principio una legittimazione generale a porre limitazioni ad ogni mobilità territoriale, a qualunque livello.

È anche interessante notare che la proposta del 2018, una volta resa pubblica e commentabile dalla cittadinanza venne subissata da una debordante quantità di critiche, al punto che i commenti pubblici sulla pagina dedicata nel sito della Commissione Europea vennero bloccati nel marzo 2018.


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Pasquale Cicalese: La ristrutturazione del capitale italiano

pianocontromercato

La ristrutturazione del capitale italiano

di Pasquale Cicalese

L’avvento di Mario Draghi segna l’inizio della ristrutturazione del capitale italiano che si rafforza nei mercati asiatici, specie in Cina (nel 2021 ha esportato per una cifra record di 30,3 miliardi di dollari), e nel Mediteranneo, con il record assoluto di export pari a 510 miliardi di euro, superando il record del 2019. E’ anche l’anno della rivincita del capitale industriale sul capitale commerciale, dopo 50 anni.

L’industria, quasi tutta, ha recuperato i livello precedenti, ora c’è il caro energia, toglierà margini, produzioni e pil, ma la prospettiva è ormai certa. La fonte di valore, l’industria appunto, riconquista la propria centralità, superando come livelli di capitale industriale la Francia. Segno di questa vitalità è l’M&A, vale a dire le operazioni di acquisizione e fusioni transnazionali (Draghi è l’agente del capitale transnazionale, che guida, attraverso i suoi strateghi – mai sottovalutarli – il processo).

Riporto qui di seguito parte di un report.


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Paolo Favilli: Neoliberisti con i neoliberisti, socialisti con i socialisti

rifonda

Neoliberisti con i neoliberisti, socialisti con i socialisti

di Paolo Favilli

Pietro Nenni, nella seconda metà degli anni Sessanta, utilizzava l’espressione «comunisti con i comunisti, socialisti con i socialisti», per sottolineare la differenza teorico-politica con la sinistra socialista dei Lucio Libertini e dei Vittorio Foa e fare chiarezza sulla prospettiva strategica del Psi.

In un contesto affatto diverso, con soggetti politici affatto diversi, rimane tuttavia la stessa necessità di fare chiarezza sulle incerte prospettive di una sinistra che non vuole definirsi tale solo «per simmetria».

Sia sul piano teorico che su quello politico la «sinistra per simmetria» è componente rilevante della costellazione «neoliberista».

Il neoliberismo, a differenza del liberismo del laissez faire, non ha dei rapporti economici una concezione naturalistica, e considera la dinamica delle relazioni di mercato come il frutto di una costruzione politico-culturale, dunque di un processo normativo. Il percorso legificante del trattato europeo di «stabilità» e «governance» (fiscal compact) è, a proposito, di una perfezione esemplare.


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Alba Tecla Bosco: Lo sguardo della maestra Anna e la salute che non ci permettono più di coltivare

sinistra

Lo sguardo della maestra Anna e la salute che non ci permettono più di coltivare

di Alba Tecla Bosco

Anna percorre in bicicletta i cinque chilometri di tragitto verso la sua scuola nel bosco. Ogni giorno.

Non è la bambina di una fiaba. Non è la scolaretta di qualche villaggio povero. E’ una maestra. Insegna in una grande città italiana. E pedala per abitudine pluridecennale.

La novità di questi tempi è che, dal suo sellino, Anna ha cominciato a guardare con altri occhi gli autobus che le passano accanto. Si è detta: “Se un giorno, per via della pioggia o del freddo, non avessi voglia di usare la bici, ebbene lì non potrei salire”.

Non siamo all’epoca di Rosa Parks e del resto Anna è bianca e italiana. Ma dal 10 gennaio 2022 (in virtù del decreto n.229 del 30 dicembre 2021), su bus, metrò, treni, corriere - insomma tutti i veicoli del trasporto pubblico che ritenevamo un diritto essenziale -, si sale solo con il “certificato verde rafforzato”. Occorre al viaggiatore la vaccinazione “aggiornata” (alla terza dose se la seconda è avvenuta prima degli ultimi 4 mesi) oppure una dichiarazione di guarigione.


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Marco Cattaneo: La sovranità nella terra di nessuno

bastaconeurocrisi

La sovranità nella terra di nessuno

di Marco Cattaneo

Sono molto in sintonia con questo commento di Jean-Paul Fitoussi, formulato al termine di un articolo in cui Milano Finanza gli chiedeva (unico non euroausterico, a fianco di Codogno, Cottarelli e Gros…) un’opinione sul progetto franco-italiano di riforma del patto di stabilità:

“Se vogliamo risolvere i problemi dell’Europa bisogna comunque andare oltre i contenuti tecnici e occuparci innanzitutto del problema della sovranità. È solo a questa condizione che la scelta potrebbe prevalere sulla regola e la democrazia sulla tecnocrazia”.

Qui sta il nocciolo della questione. La UE e in particolare l’Eurozona sono in una situazione infernale perché la sovranità è stata tolta agli Stati senza attribuirla a nessun’altra istituzione democratica. In altri termini, non si sa dove stia: è finita nella terra di nessuno.

Gli europeisti, perlomeno alcuni di loro, ammettono pure che è vero, ma la soluzione unica accettabile a loro avviso è “completare l’opera”, cioè realizzare l’unione politica.

Ma come è possibile realizzare un’unione politica se non c’è desiderio di arrivarci, da parte della maggioranza dei cittadini dei vari Stati ?


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tonino

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Jan 30, 2022, 7:06:54 AM1/30/22
to sante gorini

Claudia Cipriani: Quello che potremmo diventare

comuneinfo

Quello che potremmo diventare

di Claudia Cipriani

protesta 1536x866Sono in tanti a considerare il green pass come la sintesi di tutta la strategia che il governo ha adottato dall’inizio della pandemia: addossare le responsabilità ai cittadini. Per questo c’è chi si chiede come mai molti a sinistra lo hanno giustificato senza avere neanche la curiosità di osservare da vicino un movimento complesso che si oppone al governo Draghi. «Bisognerebbe guardare positivamente al fatto che persone che non si sono mai occupate di politica sentono oggi il bisogno di prendere posizione – scrive Claudia Cipriani, documentarista – Ammetto che io stessa spesso in quelle piazze mi ci sono ritrovata un po’ a disagio perché accanto a chi teneva un cartello con la scritta “Ora e sempre resistenza”, c’era magari quello con l’icona di un santo. Per la prima volta però ho vissuto cortei eterogenei, dove persone di provenienza culturale e politica diversa si sono trovate insieme. È una cosa che non avevo mai visto e mi ha fatto riflettere…». Per chi protesta il re è nudo. Per dirla con Foucault, oggi l’obiettivo non è scoprire che cosa siamo ma rifiutare quello che siamo e «immaginare e costruire ciò che potremmo diventare».

* * * *

In questi ultimi due anni mi tormenta una domanda che non ho mai fatto a mia nonna. Lei fu un’adolescente durante gli anni del fascismo, della guerra, e mi raccontò di come fosse spesso triste, cupa, di come tutto ciò che le accadeva intorno le sembrasse assurdo e ingiusto. “Ma gli altri, quelli che invece andavano avanti come sempre, come facevano?”. Ecco, è questa la domanda che vorrei farle, adesso che purtroppo non c’è più. So che i paragoni con quel periodo fanno arrabbiare molti, ma d’altronde viviamo da più di due anni in uno stato d’emergenza e abbiamo subito per mesi il coprifuoco, provvedimento che non si aveva dai tempi della seconda guerra mondiale. Io più che altro, ancora oggi, dopo tanti mesi, mi chiedo come facciano molte persone a far finta che sia tutto normale.


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Matteo Di Lauro: Politica, miti e realtà delle privatizzazioni in Italia

kriticaeconomica

Politica, miti e realtà delle privatizzazioni in Italia

di Matteo Di Lauro

Ciampi Amato 1200 1024x538Il milieu ideologico delle privatizzazioni

Dagli anni ‘90 il clima culturale si è fatto ostile alle ideologie politiche e alle posizioni di parte. La democrazia non andrebbe più intesa come scontro tra ideali diversi, ma si ridurrebbe a un presunto “governo dei migliori”, dove le uniche qualità che contano sono la competenza e l’onestà.

Inutile dire che una persona può essere competente ed onesta, fermo restando il carattere politico delle sue idee. Dietro una scelta squisitamente tecnica si nasconde comunque una visione del mondo, degli obiettivi di lungo periodo e una qualche gestione di parte del conflitto distributivo.

Come sappiamo, in economia politica non esistono scelte squisitamente tecniche, ma sempre delle policy a favore o a sfavore di una certa classe sociale. In politica non esistono scelte neutre: è per questo che il tentativo, sia mediatico sia accademico, di ricondurre qualsiasi presa di posizione politica ad un presunto criterio tecnico scientifico ha fatto degenerare profondamente il dibattito pubblico in questo paese.

Ne è un esempio la riforma dell’IRPEF di Draghi, che, per quanto vanti un carattere tecnico scientifico, nasconde dietro di sé intenti chiaramente politici: una politica di classe.

Per questo, applicare un criterio puramente tecnico all’analisi delle riforme ha poco senso, senza prima aver esplicitato la propria posizione circa i possibili conflitti distributivi che scaturiscono dalla riforme stesse. Da qui, l’impossibilità di avere un esito win-win: qualcuno ci perde sempre.

Inoltre, si constata in modo del tutto singolare che, da quando la politica ha iniziato ad essere pervasa dal mito dell’onestà e della competenza, chi ha perso di più sono state le classi subalterne. Strano. Non sarà mai che gli onesti e competenti alla Draghi siano classe dominante e seguano una propria agenda politica a difesa dei propri interessi?


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Manlio Dinucci: L’Europa in trincea contro il nemico inventato

manifesto

L’Europa in trincea contro il nemico inventato

di Manlio Dinucci

Il Dipartimento di Stato, «quale misura precauzionale contro una possibile invasione russa dell’Ucraina», ha ordinato l’evacuazione dei familiari e di una parte del personale dall’Ambasciata Usa a Kiev, che con 900 funzionari è tra le maggiori in Europa, e ha elevato a livello 4 di rischio, il massimo, l’avvertimento ai cittadini statunitensi di non andare in Ucraina. Subito dopo il Foreign Office ha annunciato, con la stessa motivazione, il ritiro del personale dall’Ambasciata britannica a Kiev. Queste operazioni di guerra psicologica, miranti a creare allarme su una imminente invasione russa dell’Ucraina e delle tre repubbliche baltiche, preparano una ulteriore e ancora più pericolosa escalation Usa-Nato contro la Russia.

La Casa Bianca ha annunciato che il presidente Biden sta considerando di «dispiegare diverse migliaia di soldati Usa, navi da guerra e aerei nei paesi Nato del Baltico e dell’Europa Orientale». Si prevede che inizialmente arriveranno 5.500 soldati Usa che, unendosi ai 4.000 già in Polonia e seguiti da altre migliaia, estenderanno al Baltico il loro schieramento permanente, come ha richiesto la Lettonia.


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Alessandro Guerriero: Il sistema pensionistico è sostenibile se lo è anche il mercato del lavoro

kriticaeconomica

Il sistema pensionistico è sostenibile se lo è anche il mercato del lavoro

di Alessandro Guerriero

Vi proponiamo un resoconto dell’evento “Mercato del lavoro e sistema pensionistico: criticità e prospettive” organizzato dall’Università degli studi Roma Tre, facoltà di Economia. L’intervento integrale è disponibile sulla pagina YouTube della facoltà

Nel dibattito economico mainstream sembra che la questione dell’insostenibilità del sistema pensionistico italiano si possa risolvere soltanto tagliando le pensioni a chi ha lavorato per anni e anni. Spesso economisti e politici hanno risollevato lo scontro generazionale tra giovani e anziani, affermando che bisognerebbe togliere ai secondi per dare ai primi.

Per fortuna esiste una risposta differente rispetto a questa: una risposta nella quale piuttosto lo scontro diventa di classe. Secondo questa differente visione, se il sistema pensionistico è in affanno, è perché da anni in Italia esiste la convivenza dannosa di salari bassi e disoccupazione alta.

Una possibile spiegazione dell’insostenibilità delle pensioni che va in questo senso è stata affrontata dal Presidente dell’Inps Pasquale Tridico in una conferenza presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tre, dal titolo “Mercato del lavoro e sistema pensionistico: criticità e prospettive”.


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Enzo Pennetta: Il prossimo virus

criticascient

Il prossimo virus

di Enzo Pennetta

Bill Gates ci avverte: il prossimo virus sarà più letale. Un identikit.

Non perde occasione per dirlo, attenzione al prossimo virus perché sarà più letale oltre che più contagioso e manco a dirlo, inevitabile.

Bill Gates ha rilasciato un’intervista riportata dal Corriere della Sera con il titolo: Bill Gates e la profezia sul Covid: «Prepariamoci a virus più letali», in cui afferma:

Rischiamo che una pandemia ancora peggiore del Covid-19 si presenti a breve, e per questo ha invitato i governi mondiali a fare quello che non hanno fatto sette anni fa: prepararsi.

Ma perché dovremmo rischiare una nuova pandemia a distanza così ravvicinata?

Non c’è motivo di pensarlo, le zoonosi con la mutazione di un virus che passa da una specie all’altra sono rare, inoltre come spiegato precedentemente, un virus molto letale uccidendo il corpo su cui viaggia non va molto lontano, tutte le epidemie con queste caratteristiche, come ad esempio Ebola si sono fermate nella zona in cui sono esplose.


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Peter Doshi: Vaccini e cure Covid-19: dobbiamo avere i dati grezzi, ora

vocidallestero

Vaccini e cure Covid-19: dobbiamo avere i dati grezzi, ora

di Peter Doshi

Peter Doshi, professore all'Università del Maryland ed editore associato del British Medical Journal, (che già aveva denunciato con forza la mancanza di trasparenza nelle sperimentazioni alla base dei vaccini Covid e soprattutto la sparizione del gruppo di controllo, vedi qui  e qui) in questo nuovo articolo sul BMJ ricorda come lo scandalo del Tamiflu sembrava aver insegnato a caro prezzo l'importanza della trasparenza dei dati sulla cui base si impostano le politiche sanitarie. Dopo un decennio, ci troviamo di fronte alla stessa opacità e collusione delle autorità di regolamentazione, cosa assolutamente intollerabile tanto più quando si tratta di politiche sanitarie imposte a livello di massa

I dati dovrebbero essere pienamente e immediatamente disponibili per un controllo pubblico

Un decennio fa, nel mezzo di una diversa pandemia, dalle pagine di The BMJ emerse che i governi di tutto il mondo avevano speso miliardi per accumulare antivirali per l'influenza che non avevano dimostrato di ridurre il rischio di complicazioni, ricoveri ospedalieri o morte.


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lorenzo merlo: Poker d’assi

sinistra

Poker d’assi

di lorenzo merlo

Sempre più persone trovano indigesto il menu governativo

Screditare. Deridere. Colpevolizzare. Censurare. Se ci fossero le carte da gioco governative, questi sarebbero i quattro semi del mazzo.

Ora che stanno emergendo collegamenti che le sinapsi imbambolate di molti prima non potevano portare alla consapevolezza, la partita di narrazioni in corso si dimostra gestita da un banco barato.

Nonostante le censure e il dileggio per un banale dissenso, per una elementare critica, che fin dalla prima ora i cosiddetti “ciarlatani”, “terrapiattisti”, “terroristi”, “indegni di cure” e “di parola”, “apoti” perfino, hanno denunciato, a partire dai primi tempi della protopandemia, la maggioranza delle persone non ha avuto lo spirito necessario per avvertire lo stridore di fondo della gestione governativa messa in campo.

Non si tratta di negare il diritto di sorpresa – che tutte le reazioni ammette – a chi si è trovato di fronte allo tsunamico problema dell’infettività del virus.


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Carlo Di Mascio: Lenin e la pratica filosofica

sinistra

Lenin e la pratica filosofica*

di Carlo Di Mascio

lenin
                filosoficosLa verità non sta all’inizio, ma alla fine, o, più esattamente, nella continuazione. La verità non è l’impressione iniziale
Lenin, Quaderni filosofici

Bisogna ribadire ‘ad nauseam’ […] il fatto che l’idealismo di Hegel non implica la tesi secondo la quale lo scibile è posto da un ‘io’, vale a dire da un sé che è l’essenza di ogni autoscienza, o addirittura da un isolato soggetto-coscienza.
Hans-Friedrich Fulda, Dialektik in Konfrontation mit Hegel

I.

Louis Althusser, nel suo Lenin e la filosofia, analizzando la distanza tra Lenin e la filosofia ufficiale, quella professorale, accademica, distanza che tende ad annullarsi ogni volta che la filosofia si trova costretta a fare i conti con l’urgenza dell’azione politica e della sua inesorabile relazione con essa, commentava come Lenin, «un naïf e un autodidatta in filosofia […] semplice figlio di maestro, piccolo avvocato diventato dirigente rivoluzionario», avesse avuto l’ardire di confrontarsi con la filosofia ufficiale e tutto questo con l’obiettivo preciso di promuovere «una pratica veramente cosciente e responsabile della filosofia»1. Ora, tuttavia, ciò che maggiormente colpisce di questa premessa è il fatto che Lenin, con tutte le inadeguatezze del caso, abbia inteso occuparsi – in un momento storicamente decisivo, connotato dalle conseguenze del fallimento rivoluzionario del 1905, dal disorientamento «ideologico» di molti intellettuali marxisti del tempo2, dalla singolare parabola della Seconda Internazionale, dal 1889 sino al suo crollo nel 19143, nonché dall’avvicinarsi di un conflitto mondiale e di una rivoluzione proletaria inevitabile – proprio di filosofia, ed in particolare tra il 1908 e il 19164, pur riconoscendo a più riprese, come sottolineato in una lettera a Gorki del 7 febbraio 19085 di non essere un filosofo, di essere impreparato, ma purtuttavia di non fare filosofia come quelli che la fanno di professione, i quali, invece, si limitano a «ruminare nella filosofia.


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Fabio Mini: Usa, Cina e futuro del sistema dollaro

lantidiplomatico

Usa, Cina e futuro del sistema dollaro

L'intervista al gen. Mini sui libri di Qiao Liang

Claudio Gallo* intervista il generale Fabio Mini

0 76755Qiao Liang è un ex generale maggiore dell'aviazione dell'Esercito Popolare di Liberazione diventato celebre nel 1999 con il libro Guerra senza limiti (LEG Edizioni, 2001) di cui è coautore insieme con il collega Wang Xiangsui. Con gli usuali occhiali ideologici, i media occidentali hanno presentato lo studio come l'annuncio di un nuovo tipo di guerra che la Cina stava progettando contro l'America. Gli autori affrontavano il concetto di conflitto asimmetrico, prefigurando in qualche modo eventi che sarebbero accaduti di lì a poco, come l'attacco dell'11 settembre.

Qualche anno fa, Qiao ha scritto un nuovo libro, L’arco dell’impero, ancora tradotto dalla LEG (Libreria editrice goriziana). E’ la prima edizione in una lingua occidentale ed è stata curata dal generale Fabio Mini, già capo di stato maggiore del Comando NATO del Sud Europa nel 2000-2001 e comandante della Forza internazionale in Kosovo (KFOR) a guida NATO dal 2002 al 2003. Mini aveva introdotto in Italia anche Guerra senza limiti: la sua prefazione italiana è stata tradotta e inclusa nella seconda edizione cinese.

Il nuovo lavoro di Qiao è uno studio sulla superpotenza americana. Spiega il suo incredibile successo e le possibili ragioni del suo declino. Secondo Qiao, gli Stati Uniti hanno superato la logica imperiale colonialista dell’Impero britannico del XIX secolo adottando un rivoluzionario sistema di dominio economico, che ha raggiunto il suo apice con la fine gli accordi di Bretton Woods del 1971. Il potere del dollaro come moneta universale sostiene il primo impero finanziario della storia. The City Upon a Hill dei Padri Pellegrini, l'immagine dell'eccezionalismo americano amata da Reagan, è, in realtà, la Zecca sulla Collina. Con questa "economia finanziaria coloniale", la ricchezza americana è pagata dal resto del mondo.


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Andrea Muni: Morire in ‘Alternanza’. Dittatura neoliberale e pedagogia auto-imprenditoriale

chartasporca

Morire in ‘Alternanza’. Dittatura neoliberale e pedagogia auto-imprenditoriale

di Andrea Muni

[L’industrialismo rappresenta] una continua lotta, un processo initerrotto, spesso doloroso e sanguinoso, di soggiogamento degli istinti a sempre nuove, più complesse e rigide norme e abitudini di ordine, di esattezza, di precisione […]. Ma ogni nuovo modo di vivere, nel periodo in cui si impone il nuovo contro il vecchio, non è sempre stato forse – per un certo tempo – il risultato di una compressione “meccanica”? […] Finora tutti i mutamenti del modo di essere e di vivere sono avvenuti per coercizione brutale, cioè attraverso il dominio di un gruppo sociale su tutte le forze produttive della società: la selezione o “educazione” dell’uomo adatto ai nuovi tipi di civiltà, cioè alle nuove forme di produzione e di lavoro, è avvenuta con l’impiego di brutalità inaudite, gettando nell’inferno delle sottoclassi i refrattari e i deboli, o eliminandoli del tutto.

(A. Gramsci, “Americanismo e fordismo”- 1934, in Quaderni del carcere, tomo III)

Dopo la morte di Lorenzo Parrelli venerdì scorso, si sono succedute febbrilmente accorate e sacrosante reazioni contro il PCTO, l’attuale nome dell’Alternanza scuola/lavoro. Su Lorenzo è caduta una putrella, una trave di metallo, che lo ha ucciso durante il suo ultimo giorno di stage. Tranquilli, bimbi e bimbe di Draghi, ovviamente – per lavorare, aveva il Green Pass. Il grottesco della realtà supera ormai ogni fantasia possibile.


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ilsimplicissimus: Tamiflu, la truffa di prova prima dei vaccini

ilsimplicissimus

Tamiflu, la truffa di prova prima dei vaccini

di ilsimplicissimus

Il British medical Journal, la più antica tra le riviste medica e tutt’ora una delle più quotate, sta richiedendo a gran voce che siano finalmente disponibili i dati grezzi delle sperimentazioni dei vaccini a mRna. In un mondo normale questo sarebbe il minimo sindacale, ma invece le aziende produttrici dei sieri genici fanno un’accanita resistenza e dicono di non poter presentare questi dati prima di diversi anni facendo intuire che lo schema utilizzato e osannato da un’informazione truffaldina è lo stesso del famigerato Tamiflu, un farmaco che si rivelò non solo inutile, ma molto pericoloso e tirato fuori in occasione della peste suina del 2009. E’ la stessa rivista inglese a proporre questo paragone, anzi a riproporlo visto che ne aveva già parlato a fine 2020 interpretando la precedente vicenda come un tentativo di infopandemia andata a vuoto. La storia cominciò nella primavera del 2009 quando in un crescendo di allarmi lanciati dall’informazione e rimbalzati attraverso le burocrazie sanitarie si creò il panico tra la gente per la cosiddetta influenza suina (cosidetta perché in realtà si sarebbe dovuta chiamare americana rispetto all’origine, ma questo non era davvero “geopoliticamente corretto”) e il tutto sfociò nel luglio dello stesso anno quando l’Oms dichiarò la pandemia sulla base di pure ipotesi dei soliti esperti avvertendo che “ben 2 miliardi di persone potrebbero essere infettate nei prossimi due anni – quasi un terzo della popolazione mondiale”.


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Peter Genito: Quella violenza non la dimenticheremo mai

nazioneindiana

Quella violenza non la dimenticheremo mai

di Peter Genito

A quasi due anni dal primo lockdown. Senza esser complottisti né negazionisti

Mi rivolto, dunque siamo” (A. Camus)

Timore, paura, terrore. Ma siamo sicuri che la nostra paura sia del virus? Siamo sicuri che sia stato così sin dall’inizio? E non di chi, in quel momento e ora, comandava e comanda il gioco? Di chi, in quel momento e ora, faceva e fa la narrazione? Di chi da anni ci sorvegliava ed è pronto a braccarci oggi, se non ci crediamo? È la violenza del potere, che impaurisce. Per questo, siamo tutti ligi e obbedienti. Sull’attenti e pronti a battere i tacchi e signorsì all’ennesimo, demenziale decretino?

Fu forte, fortissima, quella violenza fin dall’inizio, fin dal primo lockdown totale. L’elicottero sopra la testa in piazza Duomo a Milano, che ti inseguiva mentre eri a piedi. Un clima di stato d’assedio, militari ovunque in anfibi mitra e tuta mimetica, camionette nelle stazioni in ogni città. È lì che si è capito che c’era in atto qualcosa di ‘grandioso’. La caccia ai runner sulle spiagge. La colpevolizzazione e criminalizzazione dei comportamenti più normali.


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Mauro Armanino: Cronache di sabbia dal Sahel

sinistra

Cronache di sabbia dal Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 9 gennaio 2022. I tre sono spariti nel nulla. Studenti della scuola media superiore, erano andati a passare qualche giorno di vacanza in famiglia nel villaggio natale di Ngoula. il ritorno a scuola, questo lunedì, è stato fatale. Uno dei quattro amici è riuscito a fuggire e gli altri tre, da allora, sono nelle mani di sconosciuti, presunti djihadisti che controllano la regione. Prima di raggiungere il villaggio di Djayeli, situato a circa 20 kilometri da Ngoula, sono stati rapiti e al momento non si hanno notizie. Inesistenti prima e invisibili dopo, perché figli di contadini, nascosti dal grande pubblico e cittadini di seconda categoria perché poveri. La zona è la stessa nella quale, nel mese di settembre del 2018, era stato portato via Padre Pierluigi Maccalli, missionario. Saranno forse rilasciati tra qualche tempo o allora verrà loro proposto di unirsi alle forze combattenti nella zona delle ‘Tre Frontiere’, Niger , Burkina Faso e Mali. Potrebbero scomparire per sempre, così come altre decine di rapiti attorno al lago Tchad, dove Boko Haram, Stato Islamico e banditismo, sono accomunati dalle stesse strategie terroriste.


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Sergio Marotta: L’oligarchia del mondo: l’80% del capitale azionario globale è controllato dal 2% degli azionisti

corriere

L’oligarchia del mondo: l’80% del capitale azionario globale è controllato dal 2% degli azionisti

di Sergio Marotta

Emiliano Brancaccio non è uno che le manda a dire: il suo ultimo libro Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico (ed. Piemme) è un riuscito mix tra una cinquantina di lezioni brevi, di grande attualità, sugli errori ed orrori della politica economica contemporanea; una seconda parte che tratta la questione del lavoro nel quadro internazionale e i nuovi rapporti tra mercato e pianificazione; mentre la terza parte è un approfondimento sui rischi di un cortocircuito tra le tendenze del capitalismo e la tenuta delle democrazie liberali, a partire da un dibattito tra l’autore e Daron Acemoglu, uno dei più citati economisti a livello mondiale. Come scrive nella prefazione Americo Mancini, caporedattore del GR1 RAI, «Emiliano Brancaccio è un eretico pericoloso, proprio perché convincente. Ribelle a ciò che è largamente condiviso nel dibattito politico ma che spesso, come lui dimostra, non trova conferma nell’evidenza scientifica».

Il libro di Brancaccio ha una tesi centrale: la legge di centralizzazione del capitale di cui parlava Karl Marx è una tendenza non solo economica ma anche politica e «la spaventosa concentrazione del potere economico nelle mani di una ristretta oligarchia plasma a sua immagine l’intero sistema dei rapporti in cui viviamo».


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tonino

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Feb 2, 2022, 2:45:06 AM2/2/22
to sante gorini

Michele Castaldo: Note di commento al documento Collettivismo … forzato? di Nico Maccentelli

lacausadellecose

Note di commento al documento Collettivismo … forzato? di Nico Maccentelli

di Michele Castaldo

liberalismoPremetto che non conosco Nico Maccentelli, dunque la discussione verte solo su quello che scrive nel documento che qui commento. Lo faccio nel solito stile: senza lasciare nulla fra le righe perché la fase – come ho scritto più volte – è complessa e le questioni sono spinose e perciò difficili da affrontare.

Nico Maccentelli difende in modo indistinto « chi va in piazza » dalle critiche « degli euroglobalisti e “antagonisti” » circa il carattere individualistico delle proteste contro il green pass e l’obbligatorietà del vaccino. Non appartenendo a nessuna delle due categorie ideologiche, politiche e culturali menzionate, mi sono posto il problema nei seguenti termini: qual è la causa che muove le persone che sono scese in piazza e in quale prospettiva si muove un simile movimento? Dunque niente di ideologico preventivo, innanzitutto perché si è trattato, e si continuerà a trattare, di movimenti compositi, e, per chi ha un minimo di conoscenza delle dinamiche sociali della storia, quello che è composito è destinato a scomporsi e frantumarsi, dunque non a stabilizzarsi. Pertanto l’avvertenza nei confronti di Nico Maccentelli e di tante altre brave persone che si vogliono cimentare su questo terreno, è bene tenerla presente.

Chiarito che si è trattato, e si tratterà ancora, di movimenti compositi, cerchiamo di chiarire contro cosa sono scesi in piazza, il che è presto detto, cioè contro la vaccinazione obbligatoria, ma in modo particolare contro il green pass. Siamo però già a una equiparazione di due rivendicazioni differenti, una di sostanza, la vaccinazione, l’altra di forma, il modo di applicare la vaccinazione, ovvero l’obbligatorietà addirittura con l’introduzione del green pass.


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Avis de tempetes: Rinnovamento industriale

ilrovescio

Rinnovamento industriale

di Avis de tempetes

ekologicheskie krizisi i katastrofi ponyatie
            klassifikaciya osnovnie prichini i istoriyaIn questi giorni qualche timido fiocco sta imbiancando le pianure, le foreste e le colline di Belgrado est. Il termometro stenta a salire sopra lo zero nella capitale serba. In questo secondo fine settimana di gennaio sono previste nuove giornate di azione contro il progetto di apertura della più grande miniera di litio d'Europa (58.000 tonnellate all'anno), lanciato dal gruppo anglo-australiano Rio Tinto. Da diversi mesi migliaia di persone partecipano a manifestazioni, ma soprattutto a blocchi stradali in tutto il paese. La devastazione ambientale programmata da questo progetto minerario nella valle di Jadar è l'innesco di una «rivolta ecologica» che a poco a poco sta minacciando la stabilità del regime autocratico. E se le massicce proteste non hanno dato luogo ad ostilità più accese in un Paese particolarmente devastato dall'inquinamento industriale, il governo serbo comincia tuttavia a ritenere più prudente sospendere temporaneamente l'arrivo del colosso minerario Rio Tinto.

All’indomani di queste giornate d’azione, e mentre un pugno di attivisti lanciavano uova contro l'ufficio informazioni di Rio Tinto a Loznica, un illustre industriale francese è intervenuto a Parigi durante una piccola cerimonia organizzata nei palazzi del Ministero dell'Economia. Quel 10 gennaio, Philippe Varin ha solennemente consegnato alle autorità il suo rapporto sulla sicurezza della fornitura all’industria di materie prime minerali. Varin vanta un nutrito palmares: ha cominciato la sua carriera di industriale nei gruppi siderurgici, per diventare in seguito direttore del gruppo PSA Peugeot Citroën di cui ha guidato la ristrutturazione industriale, e poi passare al gruppo nucleare Orano (ex-Areva), di cui ha diretto la ristrutturazione in qualità di presidente del consiglio di amministrazione; sua la responsabilità della chiusura del cantiere del reattore nucleare EPR in Finlandia.


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Paolo Virno: Filosofia e politica

machina

Filosofia e politica

Marco Mazzeo intervista Paolo Virno

0e99dc
              54be262549b7412fbb1e58ef777d444bmv2Dal tuo primo libro, Convenzione e materialismo, che risale al 1986 (riedito poi da DeriveApprodi nella nuova edizione del 2011), e anche dai tuoi primi scritti più politici negli anni Settanta, fino a quest’ultimi libri, Dell’impotenza (Bollati Boringhieri 2021) e ora Negli anni del nostro scontento (pubblicato in questi giorni da DeriveApprodi) è stata percorsa una lunga strada. Potresti ricordarne le tappe principali? (cosa che equivale a raccontare la storia della tua vita in un modo o nell’altro).

Ho cominciato a occuparmi sistematicamente di filosofia in seguito a una sconfitta politica. Parlo della sconfitta dei movimenti rivoluzionari che gremirono la sfera pubblica in Occidente tra la morte di John Kennedy e quella di John Lennon, dunque dall’inizio degli anni Sessanta alla fine del decennio successivo. Quei movimenti, che provarono orrore per il socialismo reale e si augurarono fin dal principio lo scioglimento del Pcus, avevano utilizzato Marx al di fuori e contro la tradizione marxista, mettendolo in contatto diretto con le lotte di fabbrica e la vita quotidiana delle società pienamente sviluppate. Un Marx letto insieme a Nietzsche e a Heidegger, posto a confronto con Weber e Keynes. Tuttavia, nel momento della sconfitta, quando l’intero panorama sociale fu sconvolto dall’iniziativa capitalistica, ci sembrò naturale saggiare i limiti, e mettere a nudo le omissioni, di questo nostro Marx. Ecco, per me il vagabondaggio filosofico è iniziato chiedendomi: quale teoria della conoscenza, quale etica, quale filosofia del linguaggio si possono desumere da Marx, senza che però egli le abbia mai sviluppate?

Il mio primo libro, Convenzione e materialismo, scritto tra il 1980 e il 1985, affronta con evidente povertà di mezzi questioni filosofiche niente affatto stagionali: il rapporto tra intelletto astratto e sensi, la genesi del singolare dall’impersonale, il radicamento dell’istanza etica nel funzionamento del linguaggio.


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comidad: La reductio ad mendicum grazie ai soldi della BCE

comidad

La reductio ad mendicum grazie ai soldi della BCE

di comidad

Nel novembre del 2020 i media ci ammonirono di non credere alle fake news diffuse da Guido Bertolaso sui 2000 euro in più che fruttava a ogni ospedale la degenza di un malato di Covid. Si trattava effettivamente di una bufala, dato che, in base a ciò che dice la Gazzetta Ufficiale, l’incremento tariffario stanziato dal governo è di 3713 euro se il ricovero del paziente Covid avviene esclusivamente in area medica, mentre è addirittura di 9697 euro se il paziente risultato positivo al tampone transita in terapia intensiva. Non c’è quindi da sorprendersi se diventano pazienti Covid anche i ricoverati per un’unghia incarnita. Chi parla di teorie del complotto evidentemente non sa che il denaro modifica la percezione della realtà e ti fa vedere le cose come vuole lui, lasciandoti in premio una tranquilla coscienza.

La droga Covid riduce tutti a mendicanti in attesa dei “ristori” del governo. I soldi promessi non sono neppure tanti ma l’emergenza ha “educato” migliaia di piccole imprese prostrate dalle chiusure forzate, dagli ostacoli frapposti da Green Pass e dagli aumenti delle bollette a subire tutto stendendo la mano in attesa della mancia salvifica.


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Il Paragone: Gismondo, attacco durissimo a Speranza: “Scelte sbagliate, metà dei contagi è colpa sua"

ilparagone

Gismondo, attacco durissimo a Speranza: “Scelte sbagliate, metà dei contagi è colpa sua"

di Il Paragone

Un attacco durissimo, quello lanciato da Maria Rita Gismondo, direttore del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano, contro il ministro della Salute Roberto Speranza. Accusato, senza troppi giri di parole, di aver commesso “errori evitabili” nella gestione della pandemia e addirittura indicato come “responsabile di almeno la metà dei contagi”.

In una lunga intervista rilasciata a Panorama e riportata dal Secolo d’Italia, Gismondo ha messo nel mirino “l’enfasi catastrofista che ha creato un danno psicologico, sociale ed economico assolutamente paragonabile a quello della pandemia”. La dottoressa ha riconosciuto come “abbiamo sbagliato tutti nell’emergenza”, sottolineando però come alcuni errori in particolare “restino inaccettabili”. Per esempio, “sono stata sempre contraria al Green pass. Piuttosto, il governo doveva avere il coraggio di imporre l’obbligo”.


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Nico Maccentelli: La guerra alle porte

nicomaccentelli

La guerra alle porte

di Nico Maccentelli

Mentre nei vari paesi europei ferve un’opposizione popolare alle varie restrizioni mediante pass, e mentre in Italia le sinistre si spaccano proprio su questa questione, arrivano venti di guerra dal fronte orientale, in Ucraina.

Le frizioni tra Usa e Russia stanno precipitando e la NATO sta inviando truppe nell’area, consiglieri USA, britannici e canadesi lungo il confine con le Repubbliche autonome di Donetsk e Lugansk, armi all’esercito ucraino, rafforzando la presenza militare occidentale anche nei paesi baltici.

In specifico lo stato dell’arte è che gli USA puntano forzare la mano e inviano altri 8500 militari in Est Europa, mentre Francia e Germania frenano e si fanno mediatori di trattative tra Russia e Ucraina. Il governo ucraino da parte sua dice che la presenza di 100 militari russi al confine non è una novità e anche l’UE per boce di Borrell giudica eccessivo il ritiro di diplomatici di USA, UK e Australia da Kiev e di non drammatizzare la situazione.


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coniarerivolta: L’alternanza scuola-lavoro e le mille facce dello sfruttamento

coniarerivolta

L’alternanza scuola-lavoro e le mille facce dello sfruttamento

di coniarerivolta

21 gennaio 2022: uno studente di 18 anni è morto sul lavoro, in una fabbrica. Quello che può sembrare l’incipit di un enigma, di un indovinello, è in realtà la cruda realtà. Una realtà spietata e ingiusta, fatta di molteplici antagonisti e tante vittime protagoniste, lavoratori presenti e futuri, immolati sull’altare del profitto.

Lorenzo stava lavorando in fabbrica nell’ambito della famosa “Alternanza Scuola-Lavoro”. Lavorare non dovrebbe essere il termine da usare, perché Lorenzo era uno studente e in fabbrica avrebbe dovuto – in teoria – migliorare la sua formazione, non lavorare, ma è il termine adatto a questa vicenda. Alla sua e a quella di tanti altri studenti che si trovano dove non dovrebbero.

Introdotta dal Governo Renzi nel 2015 nell’ambito della riforma denominata “Buona Scuola”, l’Alternanza Scuola-Lavoro viene spacciata come un mezzo per favorire l’approccio dei giovani al mercato del lavoro, migliorarne l’occupabilità, aumentarne le competenze, ridurne il rischio di disoccupazione. Le menzogne e l’approccio classista trasudano da tutti i pori e ci conducono a riflessioni che coinvolgono la scuola, il mercato del lavoro e il funzionamento di un’economia capitalistica in toto.


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Guido Salerno Aletta: Compiti a Casa, per Bruxelles e Francoforte

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Compiti a Casa, per Bruxelles e Francoforte

Dopo trent'anni di Maastricht, venti di Euro e dieci di Fiscal Compact

di Guido Salerno Aletta

E' ora di cambiare strada: quello che l'Italia doveva e poteva fare l'ha fatto.

E' l'Europa che traccheggia, senza una vera strategia.

Non veniteci a fare ancora la predica sul rapporto debito/PIL dell'Italia, schizzato a livelli terrificanti per colpa della pandemia e degli aiuti concessi alle famiglie ed alle imprese. E' cresciuto come in tutti gli altri Paesi del mondo, di una ventina di punti percentuali. Partivamo dal 140% e siamo nuovamente in orbita.

Chi oggi minaccia nuovi sfracelli, il ritorno dello spread a massacrarci ha in testa un solo processo: tenere l'Italia con un costo del lavoro misero, con le imprese a farsi competizione tagliando i salari, i costi operativi e gli investimenti, schiacciandola in basso nella catena del valore.

Bisogna intendersi bene: l'Italia è uscita dal gorgo della insostenibilità dei conti con l'estero, nonostante la disciplina dell'euro che da vent'anni non consente svalutazioni, avendo ridotto le importazioni all'osso ed il costo del lavoro.


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Fabio Nobile: Mattarella bis:la soluzione comoda

laboratorio

Mattarella bis:la soluzione comoda

di Fabio Nobile

L’esito dell’elezione del Presidente della Repubblica ad un occhio attento poteva risultare già prevedibile all’indomani della famosa conferenza stampa senza veli in cui Draghi ha chiaramente messo sul tavolo la sua di candidatura. Un’ambizione che, peraltro, era più di un’ipotesi non appena “super Mario” aveva fatto il suo ingresso a Palazzo Chigi. La sua investitura quale garante, o commissario, dell’establishment euro atlantico aveva ed ha nei due ruoli apicali della Repubblica il punto di approdo, almeno nelle intenzioni, non di breve periodo. Una scelta che nasce non solo dalla evidente debolezza del sistema politico italiano ma dal combinato disposto di questo assunto con il terremoto globale in cui è immerso anche il nostro Paese.

Non c’è dubbio, però, che la sua eventuale elezione a Presidente, con il PD quale maggiore sponsor parlamentare, non avrebbe garantito automaticamente un governo con la stessa maggioranza, con la conseguente possibilità dello scioglimento anticipato delle Camere.


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Massimo Mugnai: Logiche Relazioni

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Logiche Relazioni

Lucia Olivieri e Osvaldo Ottaviani dialogano con Massimo Mugnai

DiderotMassimo Mugnai è professore emerito presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha insegnato Filosofia e Storia della logica dal 2002, dopo aver insegnato nelle Università di Bari e Firenze. Nella sua lunga attività di ricerca si è occupato di storia della logica, del rapporto tra logica e metafisica e della filosofia di Leibniz, del quale è considerato uno dei massimi esperti a livello internazionale. Tra i suoi lavori sull’argomento, ricordiamo i volumi: Leibniz e la logica simbolica (1973), Astrazione e realtà. Saggio su Leibniz (1976), Leibnizs Theory of Relations (1992), Introduzione alla filosofia di Leibniz (2001). Insieme a Enrico Pasini, ha curato e tradotto la più ampia silloge di scritti leibniziani attualmente disponibile in italiano (Scritti filosofici, 3 voll., 2003). È membro della “Leibniz Gesellschaft” di Hannover e fa parte del comitato scientifico di Studia Leibnitiana e The Leibniz Review. Tra le sue pubblicazioni più recenti, vanno menzionati i volumi Possibile/Necessario (2013), Il mondo capovolto. Il metodo scientifico nel “Capitale” di Marx (2021), e la curatela dei testi leibniziani: Dissertation on Combinatorial Art (2020, con Han van Ruler e Martin Wilson) e General Inquiries on the Analysis of Notions and Truths (2021). Per una discussione recente dei lavori leibniziani di Mugnai si rimanda anche all’articolo di Richard T. W. Arthur, Massimo Mugnai and the Study of Leibniz («The Leibniz Review», 23, 2013).

* ** *

In un contributo di qualche anno fa1 hai parlato di Leibniz come di un “logico del Novecento”. È soltanto un modo paradossale di dire che la riscoperta della logica lei- bniziana data dai lavori di Louis Couturat ai primi del Novecento o c’è qualcosa di più, nel senso che nei suoi scritti di logica Leibniz ha effettivamente anticipato temi e soluzioni della logica moderna (da Boole a Gödel)?

“Logico del Novecento” è una caratterizzazione che intende cogliere entrambi gli aspetti che avete menzionato. È un dato di fatto che soltanto col libro di Couturat (La logique de Leibniz, 1901) e con la pubblicazione degli Opuscules et fragments inédits (1903), sempre a cura di Couturat, è sorto l’interesse per la logica di Leibniz.


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Ashley K. Fernandes: Perché così tanti medici diventarono nazisti?

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Perché così tanti medici diventarono nazisti?

Nella risposta, e nelle sue conseguenze, un bioeticista può trovare delle lezioni di morale per i medici di oggi

di Ashley K. Fernandes*

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            doctorsUn articolo segnalatomi tempo fa (mi scuso, ma non ricordo più da chi) e che può essere molto utile da leggere oggi nel Giorno della Memoria, per tenere a mente quello che è stato l'importante ruolo dei medici e degli scienziati nelle atrocità naziste. Quando la scienza perde il suo legame con l'etica e la filosofia morale, non ha più una bussola che la guida e può facilmente invertire quello che sarebbe il suo scopo originario, a favore della persona umana

Questo saggio è scritto dal punto di vista di un medico, un docente della materia e un bioeticista che trova nel deplorevole coinvolgimento dei medici nella Shoah un'opportunità per evidenziare delle lezioni morali sempre valide per la professione medica. Medicina e diritto sono intimamente legati tra loro e, a partire dalla professionalizzazione della medicina negli Stati Uniti e in Europa nella seconda metà dell'Ottocento, lo sono ancora di più. Una disciplina che collega entrambi è la filosofia morale; poiché tanto la legge quanto la medicina implicano la ragione e la volontà orientate al bene della persona. Quindi, la storia dell'Olocausto è una tragedia che si è svolta a causa della corruzione della filosofia morale prima, della medicina e del diritto in secondo luogo.

Perché questo è importante? Il motivo è che c'è chi si oppone all'applicazione ai giorni nostri delle lezioni apprese dagli orrori della medicina nazista. Alcuni dicono che la “medicina nazista” non fosse vera medicina o scienza: non possiamo nemmeno chiamare “medicina” ciò che facevano i nazisti, poiché la medicina contiene in sé un presupposto di rigore e benevolenza. Questa è un'obiezione che sento da scienziati medici, che indicano le garanzie rappresentate dal Codice di Norimberga (1947), dalla Dichiarazione di Helsinki (1964) e dal Rapporto Belmont (1978) come prova della natura radicalmente diversa della scienza odierna. Ma questo argomento è circolare.


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Carlo Musilli: La Caporetto del Kingmaker

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La Caporetto del Kingmaker

di Carlo Musilli

Chi abbia vinto non è chiaro, ma sullo sconfitto non ci sono dubbi. Matteo Salvini ha gestito la partita del Quirinale come peggio non avrebbe potuto e ora si ritrova senza coalizione, in un partito che gli chiede di cambiare rotta. Nei panni (o nella felpa) del “Kingmaker”, il leader leghista si è prodotto in una serie di bluff senza senso. Innanzitutto, ha assicurato che “per la prima volta in 30 anni” il centrodestra avrebbe avuto “i numeri” per eleggere il Presidente della Repubblica. Poi ha promesso “candidature di altissimo profilo”. Infine, ha garantito che Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia avrebbero votato in modo compatto “dall’inizio alla fine”.

Dopo gli annunci, però, è entrata in gioco la realtà. E questo non è mai un bene per Salvini, che - oltre a macinare propaganda incitando all’odio contro i disperati - non sa fare proprio nulla. Lo ha dimostrato anche stavolta con un bel filotto di disastri.

Prima la rosa dei tre nomi (Moratti, Pera e Nordio), bruciati alla velocità della luce e mai sottoposti alla prova del voto.


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Leonardo Mazzei: Buffonata di stato

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Buffonata di stato

di Leonardo Mazzei

Al peggio non c’è limite. Questo lo sappiamo da tempo. Idem per le giravolte dei politicanti d’accatto che popolano i palazzi romani. Tuttavia, la rielezione di Sergio Mattarella fu Bernardo supera ogni immaginazione. Costui, sempre ritratto con l’aureola del santo dal giornalismo più servile della Via Lattea, ha ripetuto per un anno intero la sua contrarietà al doppio mandato. E lo ha fatto (per una volta, giustamente) in nome di quella Costituzione che con il voto di ieri è stata nuovamente stuprata. Forse la coerenza non sarà la prima delle virtù, ma se almeno un minimo di decenza vi fosse Mattarella non sarebbe tornato lì dove risiede da sette anni.

Il suo bis ci parla di un sistema marcio, che non ha esitato ad ibernarsi pur di conservarsi. E’ lo stesso sistema che vorrebbe farci vivere in uno stato d’emergenza senza fine, in una società senza diritti, in una nazione popolata da zombi spaventati e governata da personaggi oscuri che nessuno ha eletto.

Mattarella deve stare al Quirinale, perché Draghi deve continuare ad operare da Palazzo Chigi. Questa è la vera ratio del voto della vergogna di un parlamento alla frutta.


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Franco Bifo Berardi: Un concerto di cigni starnazzanti (e neri)

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Un concerto di cigni starnazzanti (e neri)

di Franco Bifo Berardi

Crisi russo-ucraina, declino USA, depressione, eventi impensabili: a che serve l’ottimismo quando la prospettiva è il caos?

bifo cignoStento a crederci. Forse c’è qualcosa che non funziona più bene nella mia testa: quel che accade non riesco a spiegarmelo.

In Italia non se ne parla neanche, siamo impegnati a eleggere l’uomo della Goldmann Sachs oppure un altro chissenefrega. Ma quello che sta accadendo alla frontiera orientale del continente è la situazione più prossima alla guerra atomica che io abbia visto in vita mia. Avevo undici anni ai tempi della crisi dei missili per Cuba, e ricordo che non si parlava d’altro. Oggi nessuno parla più con nessuno, zitti e Mosca. A proposito, ricapitoliamo i fatti.

Quando Biden parlò alla nazione in agosto, quando disse “war in Afghanistan is over” mentre i suoi collaboratori afghani si accalcavano all’aeroporto, rincorrevano gli aerei in partenza, si attaccavano alle ali e cadevano giù da mille metri di altezza, pensai: quest’uomo è finito, ma il problema è che gli Stati Uniti d’America saranno ora costretti a fare i conti con se stessi.

Dopo due catastrofiche guerre concluse in modo ignominioso, con l’Iraq trasformato in terreno di guerra perenne, consegnato in parte all’arcinemico iraniano, e l’Afghanistan restituito ai talebani, pensavo che il ceto dirigente americano avrebbe preso per lo meno una pausa di riflessione.

Per qualche ragione che fatico a capire, Biden ha invece pensato che, perdute due guerre regionali contro nemici militarmente primitivi, il solo modo per ristabilire l’onore dell’America e per recuperare l’appoggio del suo popolo che si prepara a nuove elezioni, era lanciare una guerra contro un regime granitico nel suo nazionalismo, e dotato di un arsenale atomico che può annientare il genere umano.


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Redazione de l'AntiDiplomatico: Servizi Segreti e Quirinale. Il no alla Belloni e il "precedente" Mattarella (poco conosciuto)

lantidiplomatico

Servizi Segreti e Quirinale. Il no alla Belloni e il "precedente" Mattarella (poco conosciuto)

di Redazione de l'AntiDiplomatico

Sergio Mattarella è stato rieletto alla presidenza della Repubblica. Lo spettacolo triste e decadente di quel poco che resta dei partiti italiani si è finalmente concluso. C’è chi dice, forse a ragione, come l’arrivo di Draghi al Quirinale sia stato ritardato di un anno e mezzo; e chi che Mattarella, al contrario di Napolitano, concluderà effettivamente il secondo settennato.

Conta poco. Che dalla caduta del governo Conte II su iniziativa di Renzi (e Gianni Letta) ci sia un patto di ferro tra l’attuale presidente del Consiglio e il rieletto Presidente della Repubblica è noto. Le sorti del paese per i prossimi sette anni sono già segnati.

A proposito di Renzi. Anche in questa elezione (rielezione) del Presidente della Repubblica si conferma – al pari chiaramente di quel Pd che solo 2 mesi fa presentava a firma Parrini-Zanda una ddl per la non rieleggibilità formale del Capo dello Stato – il peggio che la politica italiana oggi sa offrire. E la media come potete capire è già molto bassa di partenza.


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Francesco Piccioni: L’avatar è ancora Mattarella

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L’avatar è ancora Mattarella

di Francesco Piccioni

Il nipote del principe di Salina sarebbe rimasto molto deluso. La sua massima – «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» – è stata rovesciata come un guanto: non si è fatta neanche la finta di cambiare nulla, e Mattarella rimane al suo posto.

Ma non tutto è rimasto come prima…

Il caos senza senso che per 15 giorni ha avvolto i tentativi di eleggere un nuovo presidente della Repubblica rivelano un ordine sottostante, comprensibile anche senza farsi aiutare da Giorgio Parisi, massima autorità mondiale in quel ramo.

Procediamo perciò con ordine.

 

Il custode degli assetti di potere

Nemmeno per un attimo la scelta del Presidente è mai stata una questione di nomi o “di genere”. Il ruolo che viene svolto sul Colle non ha da decenni più nulla a che vedere con quello “notarile” affidatogli dalla Costituzione. E del resto la stessa Carta è stata stravolta in più pilastri – dall’autonomia regionale all’obbligo di pareggio di bilancio – al punto da mostrare contraddizioni interne irrisolvibili in punta di diritto.


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Marco Pondrelli: Il Presidente che verrà. Editoriale

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Il Presidente che verrà. Editoriale

di Marco Pondrelli

Oggi pubblichiamo il primo editoriale del sito marx21, è una rubrica che abbiamo pensato per offrire il nostro punto di vista sugli avvenimenti della settimana. Spesso pubblichiamo articoli che sono un ‘contributo alla discussione’ o che in ogni caso rappresentano un tentativo di analisi su di un determinato avvenimento e che non sempre rappresentano il punto di vista della redazione. L’editoriale vuole essere qualcosa di diverso, vuole rappresentare la posizione politica del sito marx21. Dovendo affrontare gli ultimi accadimenti la nostra attenzione è caduta sull’elezione del Presidente della Repubblica.

Dopo l’inelegante (per usare un eufemismo) auto candidatura di Draghi si potrebbe dire che è lui ad uscire sconfitto, ma l’appuntamento con il Quirinale è probabilmente solo rinviato. Ad uscire sconfitta dall’elezione di Mattarella è la politica, non è complottismo dire che la decisione è stata presa dal grande capitale e dai poteri forti che chiedono continuità e stabilità. Mattarella vuole dire proseguire con il governo Draghi e quindi con la politica ‘europeista’ ed ‘atlantista’.


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Potere al Popolo!: Contro Draghi, contro Mattarella!

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Contro Draghi, contro Mattarella!

di Potere al Popolo!

Alla fine il nome scelto è quello di Mattarella.

Dopo una settimana in cui è stata messa in scena tutta l’inconsistenza dell’espressione poltica della classe dirigente di questo Paese, la vendetta dei partiti contro Draghi è una lancia smussata.

Incapaci di proporre un nome in grado di mettere in discussione la catena di comando che negli ultimi 12 mesi ha tenuto le redini del paese, con un Parlamento ridotto a ratificare scelte assunte altrove, falcidiate dalle proprie contraddizioni interne e nelle rispettive coalizioni, le maggiori forze politiche riescono nel disperato tentativo di riprendersi il centro della scena solo ricompattandosi attorno all’usato garantito.

Dopo Re Giorgio, la formula del doppio mandato presidenziale diventa prassi consolidata e questa elezione si conferma un passo ulteriore della torsione costituzionale di fronte alla quale da mesi portiamo avanti una campagna poltica nazionale, che non finirà certamente con questa nuova puntata della messa in scena istituzionale.


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Marco Palladino: Questo paese è una città in fiamme

theunconditional

Questo paese è una città in fiamme

di Marco Palladino

Siamo andati oltre la nausea. Oltre ogni immondizia immaginabile. Questa politica e queste istituzioni, offenderebbero una discarica. Gente che fa solenni promesse, poi smentite senza vergogna. Come succede ormai da tempo, vincono gli usurpatori e gli occupanti stranieri. Grazie a dei veri e propri maggiordomi, che non sanno neanche offrire uno spettacolo accettabile.

Il timone è saldamente in mano ai “mercati” che dal giorno del Britannia, ci tengono in scacco. Questo all’apice. Nei piani sottostanti, quelli dei luogotenenti, una guerra tra bande da fare invidia alla Chicago del 1929.

Come dimostra la vicenda Belloni, responsabile dei servizi, lanciata vincente ieri sera e impallinata immediatamente in primis da Renzi. Illuminante lo scontro acceso tra quest’ultimo e il re della maratone televisive, che ha sfiorato l’offesa personale. Una mattanza che ha operato persino all’interno delle singole formazioni politiche: Conte contro Di Maio, Salvini contro Giorgetti. Per il bene dell’Italia, statene certi.


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Marco Di Mauro: Quirinale: è Mattarella bis

comedonchisciotte.org

Quirinale: è Mattarella bis

di Marco Di Mauro

Alla fine Don Sergio, dopo sette fumate nere, si è dovuto immolare ad altri sette anni al servizio del Bilderberg

Altri sette, lunghissimi anni… è stata l’elezione della massima carica dello stato più grottesca della storia italiana. Don Sergio, che tutto voleva tranne che passare altri sette anni a eseguire gli ordini del Bilderberg, alla fine è stato costretto a concedere il bis. Draghi, dobbiamo dirlo, ci ha provato, aveva dato il suo diktat: o me al Colle e un mio uomo a palazzo Chigi, o cade il governo. Ma stavolta, per un rigurgito di libertà o forse perché far colonizzare ai “tecnici” tutte le massime istituzioni italiane sarebbe stato davvero troppo, il parlamento non c’è stato. Herr Mario dovrà accontentarsi della botte piena, ma la moglie ben lucida, a ricordargli che al drago si obbedisce fin quando le vecchie caste hanno la garanzia di pappatoria: e anche Don Sergio si è dovuto decidere, dopo ben sette fumate nere.


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Aldo Maria Valli: Romanzo Quirinale / E Goldman Sachs disse: “Draghi al Colle adesso no. Deve completare il lavoro al governo. Ci vuole un Mattarella bis”

aldomariavalli

Romanzo Quirinale / E Goldman Sachs disse: “Draghi al Colle adesso no. Deve completare il lavoro al governo. Ci vuole un Mattarella bis”

di Aldo Maria Valli

Qualche giorno fa, nel tentativo di capire qualcosa in quel guazzabuglio che sta diventando la scelta del nuovo presidente della Repubblica, abbiamo consigliato di dare un’occhiata a che cosa si dice al di là dell’oceano, negli Usa, perché, che ci piaccia o no, l’Amico americano ha sempre una certa influenza (eufemismo) sulle cose italiane.

E la soluzione prospettata dall’Amico americano è piuttosto chiara: l’ideale sarebbe avere mister Mario Draghi sia a palazzo Chigi sia al Quirinale, perché solo Super Mario può garantire la stabilità politica e la credibilità necessarie all’Italia per rassicurare gli investitori e portare a termine il lavoro di attuazione del Recovery Plan.

Tuttavia, siccome clonare Draghi non si può, ecco l’idea: lasciare mister Mattarella al Quirinale ancora per un paio d’anni, per traghettare poi mister Draghi sul Colle più alto una volta stabilizzata la situazione politica.


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Augusto Illuminati: Cometa in arrivo, non basta guardare in alto

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Cometa in arrivo, non basta guardare in alto

di Augusto Illuminati

Dopo un mese di convulsioni e una sequela di fallimenti fragorosi della strategia salviniana, sotto la pressione determinante dell’imminente e più appassionante Festival di Sanremo, i Grandi Elettori hanno alfine deciso … di lasciare tutto come prima, Mattarella riluttante ma poi non troppo al Quirinale, Draghi logorato e scontento a Palazzo Chigi.

Tutto come prima, allora?

Non esattamente.

Innanzitutto, il ceto politico italiano ha dato una pessima prova di sé – di stupidità pazzesca, non di ferocia criminale. Il che è quasi peggio. Per fortuna che nel Paese c’è di meglio, abbiano visto operai e studenti in lotta per la propria vita e i propri diritti. Il futuro e la realtà ci sono ancora.

Poi abbiano assistito al crollo del centro-destra come formazione omogenea, come corrispondenza di un’operazione politica ai sondaggi che tuttora lo danno vincente. Al momento non c’è un Trump e Berlusconi è l’ombra di se stesso, per il combinato disposto del logoramento umano e sanitario e della fine del suo tempo.


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Giuseppe Masala: Sergio II: il parere del popolo minuto annullato dalle elite dominanti

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Sergio II: il parere del popolo minuto annullato dalle elite dominanti

di Giuseppe Masala

Inutile girarci attorno, il grande vincitore dell'elezione presidenziale è il PD e il suo Segretario Letta Jr.

Hanno affondato tutti, perchè il Quirinale non si cede, anche se non hanno i voti.

Il perdente assoluto è Matteo Salvini, questo è chiaro.

Sia chiaro, il PD non è un partito politico, ovvero una comunità di donne e uomini accomunati da un idea. Il PD è semplicemente il nuncius dell'élite dominante: Confindustria, Associazione Bancaria, alte burocrazie dello stato, Unione Europea, Nato...cito in ordine sparso non per importanza.

Semplicemente queste élites hanno detto che il parere del popolo minuto non conta un cazzo sul Quirinale che controlla magistratura, forze armate, servizi segreti e da le carte per fare il governo (si lo so, la costituzione formale non dice questo, ma nella seconda repubblica quella sostanziale sì).


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Feb 3, 2022, 5:46:33 PM2/3/22
to sante gorini

Nicoletta Cocchi: Io, terrapiattista femminista

comuneinfo

Io, terrapiattista femminista

di Nicoletta Cocchi

C’è chi pensa che non siano sufficienti finora le letture femministe della pandemia, proprio ora che i corpi sono al centro di decisioni a qualsiasi livello. Certo, alcune analisi hanno mostrato come la pandemia abbia ulteriormente penalizzato la vita delle donne e aumentato le violenze in tutte le loro forme, ma anche come il covid sia per alcuni aspetti una crisi della cura. E rispetto al green pass? E sul bisogno di riappropriarsi della medicina? E sui diversi dispositivi autoritari approvati, soprattutto in Italia? Un contributo di Nicoletta Cocchi, ricercatrice e traduttrice femminista

242073100 1748252228699285 1449877660569251708 nDa due anni m’interrogo come molte altre su quello che sta accadendo alle nostre vite e alle scelte che siamo chiamate a fare sui nostri corpi cercando di darmi risposte posizionate, incarnate, alias femministe. Fin dall’inizio dell’emergenza ho cercato di non oppormi aprioristicamente alle difficili scelte dei nostri governi, ma di fronte ai tanti divieti, prescrizioni, recinzioni e gabbie fisiche e mentali che si alternavano a misure di allentamento per poi tornare con una presa sempre più totalitaria sulle nostre vite, il mio atteggiamento è cambiato. Ogni mia previsione, anche la più distopica, si verificava regolarmente.

Allora come oggi mi guardo intorno, m’informo cercando fonti attendibili, parlo e discuto con vicine/i, amiche femministe e non, dosando le parole in acrobatiche conversazioni per non infilarmi in contrapposizioni prive di soluzioni, cerco dati, prove, tento ragionamenti. Quando, non più tardi di qualche mese fa, la presunta nuova normalità sembrava essersi imposta, ho avuto la certezza che qualcosa si era irrimediabilmente rotto, e gli ultimi decreti che entreranno in vigore in questi giorni mi danno la conferma che così è. Sono tra coloro che hanno scelto di non vaccinarsi, dunque non partecipo a convegni, incontri in librerie, non frequento biblioteche e nemmeno più l’associazione di donne che ho frequentato per anni, e naturalmente non vado al ristorante e al cinema.


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Melinda Wenner Moyer: Generazione COVID: la pandemia sta influenzando il cervello dei bambini?

ilcomunista

Generazione COVID: la pandemia sta influenzando il cervello dei bambini?*

di Melinda Wenner Moyer

124947491 0da63144 eef8 436b 8f24 239e7c092693Come molti pediatri, Dani Dumitriu era in allerta per il possibile impatto dell’arrivo del coronavirus SARS-CoV-2 nei suoi reparti, ma si era sentita sollevata quando la maggior parte dei neonati del suo ospedale che erano stati esposti al COVID-19 sembravano stare bene. Conoscendo gli effetti di Zika e di altri virus, che possono causare difetti alla nascita, i medici erano attenti a questo tipo di problemi.

Tuttavia erano seguiti a ruota gli indizi di una tendenza più sottile e insidiosa. Dumitriu e il suo gruppo al NewYork-Presbyterian Morgan Stanley Children's Hospital di New York avevano a disposizione dati sullo sviluppo infantile raccolti in due anni: dalla fine del 2017, avevano analizzato la comunicazione e le capacità motorie dei bambini fino a sei mesi. Pensando che sarebbe stato interessante confrontare i risultati dei bambini nati prima e durante la pandemia, Dumitriu aveva quindi chiesto al suo collega Morgan Firestein, ricercatore post-dottorato alla Columbia University di New York, di valutare se ci fossero differenze nello sviluppo neurologico tra i due gruppi.

Pochi giorni dopo, Firestein ha chiamato Dumitriu in preda all’agitazione. "Ha detto qualcosa come: Siamo in crisi, non so che cosa fare, perché non solo siamo di fronte a un effetto della pandemia, ma è un effetto significativo", ricorda Dumitriu che rimase sveglia quasi tutta la notte a esaminare i dati. I bambini nati durante la pandemia avevano ottenuto, in media, un punteggio più basso nei test di motricità grossolana (o abilità grosso-motoria), motricità fine e capacità di comunicazione rispetto a quelli nati prima (entrambi i gruppi sono stati valutati dai loro genitori usando un questionario standard). E non importava se il loro genitore naturale era stato infettato dal virus o no; sembrava esserci qualcosa che riguardava l'ambiente stesso della pandemia. Dumitriu era sbalordita. "La sensazione era: oh, mio Dio. Stiamo parlando di centinaia di milioni di bambini." 


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Raffaele Scolari: Note sul pessimismo climatico

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Note sul pessimismo climatico

di Raffaele Scolari

pessimismPrendo spunto da due testi pubblicati recentemente su climalteranti.it. Il primo è una recensione del nuovo libro di Michael Mann, La nuova guerra del clima, in cui il climatologo americano, oltre a mettere in guardia contro le nuove forme di negazionismo camuffato, pone in risalto la pericolosità di visioni “eccessivamente cupe del nostro futuro”. Il secondo articolo verte sulla COP 26 di Glasgow e sui risultati che essa potrà produrre. Anche in questo caso vi è una sorta di messa in guardia: contro “una visione semplicistica del negoziato sul clima”. Secondo questo post, la contrapposizione “successo vs. fallimento” è fuorviante, perché ignora sia la complessità delle trattative sia i risultati intermedi che, come in occasione di passate edizioni, possono essere ottenuti e che comunque, ai fini di una efficace lotta contro i cambiamenti climatici, sono molto importanti.

Qui di seguito intendo, se non proprio mettere in guardia contro queste e altre simili messe in guardia, presentare alcune riflessioni critiche al loro riguardo. Per cominciare una nota sul titolo del saggio di Mann: considero l’impiego della metafora della guerra in riferimento al riscaldamento globale come problematico e opinabile, e comunque contradditorio rispetto al dichiarato intento di denunciare i facili allarmismi e pessimismi. Data la natura dell’oggetto in questione, il clima mondiale, se di guerra si tratta, quella contro il Climate change deve o dovrà necessariamente assumer l’aspetto di una guerra totale, contro un nemico assai potente e da tempo conosciuto, e in cui nessuno potrà risparmiarsi. Sennonché il nemico non risiede dall’altra parte della frontiera o del mare, bensì è in mezzo a noi, nelle nostre distese metropolitane, nei gangli del potere politico ed economico e pure nelle nostre menti e abitudini, talché se proprio si vuol ricorrere alla metaforica bellica, meglio sarebbe parlare di “nuova guerra civile del clima”.


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Sandro Mezzadra: Il modello cinese e lo spazio del conflitto

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Il modello cinese e lo spazio del conflitto

di Sandro Mezzadra

Una lettura importante, sotto la lente dell’attualità, del libro di Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino, Mimesis, 2021. Si tratta di una nuova edizione del volume dopo la prima pubblicazione italiana, da tempo esaurita, uscita per Feltrinelli nel 2008 (la prima edizione in inglese è del 2007)

511bfRls3SL. SX329 BO1204203200 Adam Smith a Pechino, di Giovanni Arrighi (2007), è un libro ormai classico. La scomparsa del suo autore solo due anni dopo la pubblicazione mette ancora più in risalto la creatività e l’apertura delle analisi presentate in questo volume, che si muovevano certo all’interno della cornice della “teoria del sistema mondo” e del lavoro dello stesso Arrighi nei decenni precedenti, ma con elementi di significativa innovazione. È dunque meritoria l’iniziativa della casa editrice Mimesis, che propone una nuova edizione del libro, arricchita di una prefazione di Salvo Torre e di una postfazione di Andrea Fumagalli. Rileggere Adam Smith a Pechino nel tempo della pandemia, e mentre tensioni crescenti segnano i mutamenti dell’ordine e del disordine mondiale, getta nuova luce su alcune delle tesi di fondo di Arrighi. Ne proporrò naturalmente una lettura selettiva, isolando alcune questioni che mi sembrano particolarmente importanti.

Adam Smith appare qui un pensatore lontano dall’immagine abituale di apologeta di un capitalismo in pieno sviluppo. Certamente teorico di una società di mercato, Smith considera tuttavia “lo sviluppo economico come processo inserito (embedded) in uno specifico ambito geografico, sociale e istituzionale e che in tale ambito trova anche i propri limiti”. Il capitalismo, definito da Arrighi a partire dallo stretto nesso tra capitale e Stato (tra accumulazione illimitata di capitale e accumulazione illimitata di potere) assume nella prospettiva di Smith caratteri profondamente “innaturali”. E si dispiega storicamente attraverso un “ciclo delle egemonie” che, nel passaggio di testimone dalla Repubblica di Genova ai Paesi Bassi, dall’Inghilterra agli USA, ne articola e garantisce l’estensione globale. Marx e Braudel, Schumpeter e Wallerstein sono i principali riferimenti teorici di Arrighi, che propone qui in forma sintetica i lineamenti di un’analisi sviluppata altrove in modo più ampio (in particolare in Il lungo ventesimo secolo, del 1994).


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Gigi Roggero: Dove non è il luogo e quando non è il momento (seconda parte)

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Dove non è il luogo e quando non è il momento (seconda parte)

Lenin, Luxemburg, i populisti: lotta di classe e sviluppo del capitalismo

di Gigi Roggero

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            52a1d6e5a3da4e979de7f6d91ecacbbfmv2Il saggio di Gigi Roggero che pubblichiamo per la prima volta in italiano, suddiviso in due parti, (qui la prima parte) è stato scritto nel 2012 per un volume curato dagli studiosi militanti della rivista polacca «Praktyka Teoretyczna». Come indicato nel sottotitolo, viene trattato il rapporto critico tra Lenin, Luxemburg e i populisti russi rispetto alla questione dello sviluppo del capitalismo. Più precisamente, da un lato viene tratteggiata in chiave genealogica la polemica di Lenin contro i populisti dell’ultimo decennio dell’Ottocento, sbiaditi eredi di una grande tradizione rivoluzionaria; dall’altro, vengono analizzate le ricchezze e i vicoli ciechi della lettura luxemburghiana dell’accumulazione del capitale. Lungi dall’essere un tema di semplice interesse storiografico, la tensione dell’intero testo è volta all’evidenziazione dell’attualità e della posta in palio politica di quel dibattito apparentemente remoto.

* * * *

2. Il mercato mondiale è ancora sempre in formazione?

Anche in questo caso, la contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione, interamente dentro al rapporto di capitale (ciò che faceva dire a Marx che «la vera barriera della produzione capitalistica è il capitale stesso»), è stata decentrata e trasformata in una dicotomia tra interno ed esterno. Dicotomia che, si badi bene, quando Luxemburg scriveva era indubbiamente radicata nella realtà, ma la cui tendenziale scomparsa – come lo scenario attuale dimostra – non avrebbe significato il crollo del capitalismo. Eppure, secondo Luxemburg, è questo il vicolo cieco di Marx, ciò che rende la sua astrazione del sistema capitalistico irrealizzabile nella sua forma pura: «Una volta raggiunto il risultato finale – che rimane tuttavia una costruzione teorica –, l’accumulazione diventa impossibile: la realizzazione e capitalizzazione del plusvalore si trasforma in un problema insolubile.


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Michele Castaldo: Note di commento al documento Collettivismo … forzato? di Nico Maccentelli

lacausadellecose

Note di commento al documento Collettivismo … forzato? di Nico Maccentelli

di Michele Castaldo

liberalismoPremetto che non conosco Nico Maccentelli, dunque la discussione verte solo su quello che scrive nel documento che qui commento. Lo faccio nel solito stile: senza lasciare nulla fra le righe perché la fase – come ho scritto più volte – è complessa e le questioni sono spinose e perciò difficili da affrontare.

Nico Maccentelli difende in modo indistinto « chi va in piazza » dalle critiche « degli euroglobalisti e “antagonisti” » circa il carattere individualistico delle proteste contro il green pass e l’obbligatorietà del vaccino. Non appartenendo a nessuna delle due categorie ideologiche, politiche e culturali menzionate, mi sono posto il problema nei seguenti termini: qual è la causa che muove le persone che sono scese in piazza e in quale prospettiva si muove un simile movimento? Dunque niente di ideologico preventivo, innanzitutto perché si è trattato, e si continuerà a trattare, di movimenti compositi, e, per chi ha un minimo di conoscenza delle dinamiche sociali della storia, quello che è composito è destinato a scomporsi e frantumarsi, dunque non a stabilizzarsi. Pertanto l’avvertenza nei confronti di Nico Maccentelli e di tante altre brave persone che si vogliono cimentare su questo terreno, è bene tenerla presente.

Chiarito che si è trattato, e si tratterà ancora, di movimenti compositi, cerchiamo di chiarire contro cosa sono scesi in piazza, il che è presto detto, cioè contro la vaccinazione obbligatoria, ma in modo particolare contro il green pass. Siamo però già a una equiparazione di due rivendicazioni differenti, una di sostanza, la vaccinazione, l’altra di forma, il modo di applicare la vaccinazione, ovvero l’obbligatorietà addirittura con l’introduzione del green pass.


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Avis de tempetes: Rinnovamento industriale

ilrovescio

Rinnovamento industriale

di Avis de tempetes

ekologicheskie krizisi i katastrofi ponyatie
            klassifikaciya osnovnie prichini i istoriyaIn questi giorni qualche timido fiocco sta imbiancando le pianure, le foreste e le colline di Belgrado est. Il termometro stenta a salire sopra lo zero nella capitale serba. In questo secondo fine settimana di gennaio sono previste nuove giornate di azione contro il progetto di apertura della più grande miniera di litio d'Europa (58.000 tonnellate all'anno), lanciato dal gruppo anglo-australiano Rio Tinto. Da diversi mesi migliaia di persone partecipano a manifestazioni, ma soprattutto a blocchi stradali in tutto il paese. La devastazione ambientale programmata da questo progetto minerario nella valle di Jadar è l'innesco di una «rivolta ecologica» che a poco a poco sta minacciando la stabilità del regime autocratico. E se le massicce proteste non hanno dato luogo ad ostilità più accese in un Paese particolarmente devastato dall'inquinamento industriale, il governo serbo comincia tuttavia a ritenere più prudente sospendere temporaneamente l'arrivo del colosso minerario Rio Tinto.

All’indomani di queste giornate d’azione, e mentre un pugno di attivisti lanciavano uova contro l'ufficio informazioni di Rio Tinto a Loznica, un illustre industriale francese è intervenuto a Parigi durante una piccola cerimonia organizzata nei palazzi del Ministero dell'Economia. Quel 10 gennaio, Philippe Varin ha solennemente consegnato alle autorità il suo rapporto sulla sicurezza della fornitura all’industria di materie prime minerali. Varin vanta un nutrito palmares: ha cominciato la sua carriera di industriale nei gruppi siderurgici, per diventare in seguito direttore del gruppo PSA Peugeot Citroën di cui ha guidato la ristrutturazione industriale, e poi passare al gruppo nucleare Orano (ex-Areva), di cui ha diretto la ristrutturazione in qualità di presidente del consiglio di amministrazione; sua la responsabilità della chiusura del cantiere del reattore nucleare EPR in Finlandia.


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Paolo Virno: Filosofia e politica

machina

Filosofia e politica

Marco Mazzeo intervista Paolo Virno

0e99dc
              54be262549b7412fbb1e58ef777d444bmv2Dal tuo primo libro, Convenzione e materialismo, che risale al 1986 (riedito poi da DeriveApprodi nella nuova edizione del 2011), e anche dai tuoi primi scritti più politici negli anni Settanta, fino a quest’ultimi libri, Dell’impotenza (Bollati Boringhieri 2021) e ora Negli anni del nostro scontento (pubblicato in questi giorni da DeriveApprodi) è stata percorsa una lunga strada. Potresti ricordarne le tappe principali? (cosa che equivale a raccontare la storia della tua vita in un modo o nell’altro).

Ho cominciato a occuparmi sistematicamente di filosofia in seguito a una sconfitta politica. Parlo della sconfitta dei movimenti rivoluzionari che gremirono la sfera pubblica in Occidente tra la morte di John Kennedy e quella di John Lennon, dunque dall’inizio degli anni Sessanta alla fine del decennio successivo. Quei movimenti, che provarono orrore per il socialismo reale e si augurarono fin dal principio lo scioglimento del Pcus, avevano utilizzato Marx al di fuori e contro la tradizione marxista, mettendolo in contatto diretto con le lotte di fabbrica e la vita quotidiana delle società pienamente sviluppate. Un Marx letto insieme a Nietzsche e a Heidegger, posto a confronto con Weber e Keynes. Tuttavia, nel momento della sconfitta, quando l’intero panorama sociale fu sconvolto dall’iniziativa capitalistica, ci sembrò naturale saggiare i limiti, e mettere a nudo le omissioni, di questo nostro Marx. Ecco, per me il vagabondaggio filosofico è iniziato chiedendomi: quale teoria della conoscenza, quale etica, quale filosofia del linguaggio si possono desumere da Marx, senza che però egli le abbia mai sviluppate?

Il mio primo libro, Convenzione e materialismo, scritto tra il 1980 e il 1985, affronta con evidente povertà di mezzi questioni filosofiche niente affatto stagionali: il rapporto tra intelletto astratto e sensi, la genesi del singolare dall’impersonale, il radicamento dell’istanza etica nel funzionamento del linguaggio.


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Fabio Nobile: Mattarella bis:la soluzione comoda

laboratorio

Mattarella bis:la soluzione comoda

di Fabio Nobile

L’esito dell’elezione del Presidente della Repubblica ad un occhio attento poteva risultare già prevedibile all’indomani della famosa conferenza stampa senza veli in cui Draghi ha chiaramente messo sul tavolo la sua di candidatura. Un’ambizione che, peraltro, era più di un’ipotesi non appena “super Mario” aveva fatto il suo ingresso a Palazzo Chigi. La sua investitura quale garante, o commissario, dell’establishment euro atlantico aveva ed ha nei due ruoli apicali della Repubblica il punto di approdo, almeno nelle intenzioni, non di breve periodo. Una scelta che nasce non solo dalla evidente debolezza del sistema politico italiano ma dal combinato disposto di questo assunto con il terremoto globale in cui è immerso anche il nostro Paese.

Non c’è dubbio, però, che la sua eventuale elezione a Presidente, con il PD quale maggiore sponsor parlamentare, non avrebbe garantito automaticamente un governo con la stessa maggioranza, con la conseguente possibilità dello scioglimento anticipato delle Camere.


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Carlo Musilli: La Caporetto del Kingmaker

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La Caporetto del Kingmaker

di Carlo Musilli

Chi abbia vinto non è chiaro, ma sullo sconfitto non ci sono dubbi. Matteo Salvini ha gestito la partita del Quirinale come peggio non avrebbe potuto e ora si ritrova senza coalizione, in un partito che gli chiede di cambiare rotta. Nei panni (o nella felpa) del “Kingmaker”, il leader leghista si è prodotto in una serie di bluff senza senso. Innanzitutto, ha assicurato che “per la prima volta in 30 anni” il centrodestra avrebbe avuto “i numeri” per eleggere il Presidente della Repubblica. Poi ha promesso “candidature di altissimo profilo”. Infine, ha garantito che Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia avrebbero votato in modo compatto “dall’inizio alla fine”.

Dopo gli annunci, però, è entrata in gioco la realtà. E questo non è mai un bene per Salvini, che - oltre a macinare propaganda incitando all’odio contro i disperati - non sa fare proprio nulla. Lo ha dimostrato anche stavolta con un bel filotto di disastri.

Prima la rosa dei tre nomi (Moratti, Pera e Nordio), bruciati alla velocità della luce e mai sottoposti alla prova del voto.


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Leonardo Mazzei: Buffonata di stato

sollevazione2

Buffonata di stato

di Leonardo Mazzei

Al peggio non c’è limite. Questo lo sappiamo da tempo. Idem per le giravolte dei politicanti d’accatto che popolano i palazzi romani. Tuttavia, la rielezione di Sergio Mattarella fu Bernardo supera ogni immaginazione. Costui, sempre ritratto con l’aureola del santo dal giornalismo più servile della Via Lattea, ha ripetuto per un anno intero la sua contrarietà al doppio mandato. E lo ha fatto (per una volta, giustamente) in nome di quella Costituzione che con il voto di ieri è stata nuovamente stuprata. Forse la coerenza non sarà la prima delle virtù, ma se almeno un minimo di decenza vi fosse Mattarella non sarebbe tornato lì dove risiede da sette anni.

Il suo bis ci parla di un sistema marcio, che non ha esitato ad ibernarsi pur di conservarsi. E’ lo stesso sistema che vorrebbe farci vivere in uno stato d’emergenza senza fine, in una società senza diritti, in una nazione popolata da zombi spaventati e governata da personaggi oscuri che nessuno ha eletto.

Mattarella deve stare al Quirinale, perché Draghi deve continuare ad operare da Palazzo Chigi. Questa è la vera ratio del voto della vergogna di un parlamento alla frutta.


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Massimo Mugnai: Logiche Relazioni

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Logiche Relazioni

Lucia Olivieri e Osvaldo Ottaviani dialogano con Massimo Mugnai

DiderotMassimo Mugnai è professore emerito presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha insegnato Filosofia e Storia della logica dal 2002, dopo aver insegnato nelle Università di Bari e Firenze. Nella sua lunga attività di ricerca si è occupato di storia della logica, del rapporto tra logica e metafisica e della filosofia di Leibniz, del quale è considerato uno dei massimi esperti a livello internazionale. Tra i suoi lavori sull’argomento, ricordiamo i volumi: Leibniz e la logica simbolica (1973), Astrazione e realtà. Saggio su Leibniz (1976), Leibnizs Theory of Relations (1992), Introduzione alla filosofia di Leibniz (2001). Insieme a Enrico Pasini, ha curato e tradotto la più ampia silloge di scritti leibniziani attualmente disponibile in italiano (Scritti filosofici, 3 voll., 2003). È membro della “Leibniz Gesellschaft” di Hannover e fa parte del comitato scientifico di Studia Leibnitiana e The Leibniz Review. Tra le sue pubblicazioni più recenti, vanno menzionati i volumi Possibile/Necessario (2013), Il mondo capovolto. Il metodo scientifico nel “Capitale” di Marx (2021), e la curatela dei testi leibniziani: Dissertation on Combinatorial Art (2020, con Han van Ruler e Martin Wilson) e General Inquiries on the Analysis of Notions and Truths (2021). Per una discussione recente dei lavori leibniziani di Mugnai si rimanda anche all’articolo di Richard T. W. Arthur, Massimo Mugnai and the Study of Leibniz («The Leibniz Review», 23, 2013).

* ** *

In un contributo di qualche anno fa1 hai parlato di Leibniz come di un “logico del Novecento”. È soltanto un modo paradossale di dire che la riscoperta della logica lei- bniziana data dai lavori di Louis Couturat ai primi del Novecento o c’è qualcosa di più, nel senso che nei suoi scritti di logica Leibniz ha effettivamente anticipato temi e soluzioni della logica moderna (da Boole a Gödel)?

“Logico del Novecento” è una caratterizzazione che intende cogliere entrambi gli aspetti che avete menzionato. È un dato di fatto che soltanto col libro di Couturat (La logique de Leibniz, 1901) e con la pubblicazione degli Opuscules et fragments inédits (1903), sempre a cura di Couturat, è sorto l’interesse per la logica di Leibniz.


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Franco Bifo Berardi: Un concerto di cigni starnazzanti (e neri)

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Un concerto di cigni starnazzanti (e neri)

di Franco Bifo Berardi

Crisi russo-ucraina, declino USA, depressione, eventi impensabili: a che serve l’ottimismo quando la prospettiva è il caos?

bifo cignoStento a crederci. Forse c’è qualcosa che non funziona più bene nella mia testa: quel che accade non riesco a spiegarmelo.

In Italia non se ne parla neanche, siamo impegnati a eleggere l’uomo della Goldmann Sachs oppure un altro chissenefrega. Ma quello che sta accadendo alla frontiera orientale del continente è la situazione più prossima alla guerra atomica che io abbia visto in vita mia. Avevo undici anni ai tempi della crisi dei missili per Cuba, e ricordo che non si parlava d’altro. Oggi nessuno parla più con nessuno, zitti e Mosca. A proposito, ricapitoliamo i fatti.

Quando Biden parlò alla nazione in agosto, quando disse “war in Afghanistan is over” mentre i suoi collaboratori afghani si accalcavano all’aeroporto, rincorrevano gli aerei in partenza, si attaccavano alle ali e cadevano giù da mille metri di altezza, pensai: quest’uomo è finito, ma il problema è che gli Stati Uniti d’America saranno ora costretti a fare i conti con se stessi.

Dopo due catastrofiche guerre concluse in modo ignominioso, con l’Iraq trasformato in terreno di guerra perenne, consegnato in parte all’arcinemico iraniano, e l’Afghanistan restituito ai talebani, pensavo che il ceto dirigente americano avrebbe preso per lo meno una pausa di riflessione.

Per qualche ragione che fatico a capire, Biden ha invece pensato che, perdute due guerre regionali contro nemici militarmente primitivi, il solo modo per ristabilire l’onore dell’America e per recuperare l’appoggio del suo popolo che si prepara a nuove elezioni, era lanciare una guerra contro un regime granitico nel suo nazionalismo, e dotato di un arsenale atomico che può annientare il genere umano.


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Ashley K. Fernandes: Perché così tanti medici diventarono nazisti?

vocidallestero

Perché così tanti medici diventarono nazisti?

Nella risposta, e nelle sue conseguenze, un bioeticista può trovare delle lezioni di morale per i medici di oggi

di Ashley K. Fernandes*

nazi
            doctorsUn articolo segnalatomi tempo fa (mi scuso, ma non ricordo più da chi) e che può essere molto utile da leggere oggi nel Giorno della Memoria, per tenere a mente quello che è stato l'importante ruolo dei medici e degli scienziati nelle atrocità naziste. Quando la scienza perde il suo legame con l'etica e la filosofia morale, non ha più una bussola che la guida e può facilmente invertire quello che sarebbe il suo scopo originario, a favore della persona umana

Questo saggio è scritto dal punto di vista di un medico, un docente della materia e un bioeticista che trova nel deplorevole coinvolgimento dei medici nella Shoah un'opportunità per evidenziare delle lezioni morali sempre valide per la professione medica. Medicina e diritto sono intimamente legati tra loro e, a partire dalla professionalizzazione della medicina negli Stati Uniti e in Europa nella seconda metà dell'Ottocento, lo sono ancora di più. Una disciplina che collega entrambi è la filosofia morale; poiché tanto la legge quanto la medicina implicano la ragione e la volontà orientate al bene della persona. Quindi, la storia dell'Olocausto è una tragedia che si è svolta a causa della corruzione della filosofia morale prima, della medicina e del diritto in secondo luogo.

Perché questo è importante? Il motivo è che c'è chi si oppone all'applicazione ai giorni nostri delle lezioni apprese dagli orrori della medicina nazista. Alcuni dicono che la “medicina nazista” non fosse vera medicina o scienza: non possiamo nemmeno chiamare “medicina” ciò che facevano i nazisti, poiché la medicina contiene in sé un presupposto di rigore e benevolenza. Questa è un'obiezione che sento da scienziati medici, che indicano le garanzie rappresentate dal Codice di Norimberga (1947), dalla Dichiarazione di Helsinki (1964) e dal Rapporto Belmont (1978) come prova della natura radicalmente diversa della scienza odierna. Ma questo argomento è circolare.


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Claudia Cipriani: Quello che potremmo diventare

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Quello che potremmo diventare

di Claudia Cipriani

protesta 1536x866Sono in tanti a considerare il green pass come la sintesi di tutta la strategia che il governo ha adottato dall’inizio della pandemia: addossare le responsabilità ai cittadini. Per questo c’è chi si chiede come mai molti a sinistra lo hanno giustificato senza avere neanche la curiosità di osservare da vicino un movimento complesso che si oppone al governo Draghi. «Bisognerebbe guardare positivamente al fatto che persone che non si sono mai occupate di politica sentono oggi il bisogno di prendere posizione – scrive Claudia Cipriani, documentarista – Ammetto che io stessa spesso in quelle piazze mi ci sono ritrovata un po’ a disagio perché accanto a chi teneva un cartello con la scritta “Ora e sempre resistenza”, c’era magari quello con l’icona di un santo. Per la prima volta però ho vissuto cortei eterogenei, dove persone di provenienza culturale e politica diversa si sono trovate insieme. È una cosa che non avevo mai visto e mi ha fatto riflettere…». Per chi protesta il re è nudo. Per dirla con Foucault, oggi l’obiettivo non è scoprire che cosa siamo ma rifiutare quello che siamo e «immaginare e costruire ciò che potremmo diventare».

* * * *

In questi ultimi due anni mi tormenta una domanda che non ho mai fatto a mia nonna. Lei fu un’adolescente durante gli anni del fascismo, della guerra, e mi raccontò di come fosse spesso triste, cupa, di come tutto ciò che le accadeva intorno le sembrasse assurdo e ingiusto. “Ma gli altri, quelli che invece andavano avanti come sempre, come facevano?”. Ecco, è questa la domanda che vorrei farle, adesso che purtroppo non c’è più. So che i paragoni con quel periodo fanno arrabbiare molti, ma d’altronde viviamo da più di due anni in uno stato d’emergenza e abbiamo subito per mesi il coprifuoco, provvedimento che non si aveva dai tempi della seconda guerra mondiale. Io più che altro, ancora oggi, dopo tanti mesi, mi chiedo come facciano molte persone a far finta che sia tutto normale.


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Matteo Di Lauro: Politica, miti e realtà delle privatizzazioni in Italia

kriticaeconomica

Politica, miti e realtà delle privatizzazioni in Italia

di Matteo Di Lauro

Ciampi Amato 1200 1024x538Il milieu ideologico delle privatizzazioni

Dagli anni ‘90 il clima culturale si è fatto ostile alle ideologie politiche e alle posizioni di parte. La democrazia non andrebbe più intesa come scontro tra ideali diversi, ma si ridurrebbe a un presunto “governo dei migliori”, dove le uniche qualità che contano sono la competenza e l’onestà.

Inutile dire che una persona può essere competente ed onesta, fermo restando il carattere politico delle sue idee. Dietro una scelta squisitamente tecnica si nasconde comunque una visione del mondo, degli obiettivi di lungo periodo e una qualche gestione di parte del conflitto distributivo.

Come sappiamo, in economia politica non esistono scelte squisitamente tecniche, ma sempre delle policy a favore o a sfavore di una certa classe sociale. In politica non esistono scelte neutre: è per questo che il tentativo, sia mediatico sia accademico, di ricondurre qualsiasi presa di posizione politica ad un presunto criterio tecnico scientifico ha fatto degenerare profondamente il dibattito pubblico in questo paese.

Ne è un esempio la riforma dell’IRPEF di Draghi, che, per quanto vanti un carattere tecnico scientifico, nasconde dietro di sé intenti chiaramente politici: una politica di classe.

Per questo, applicare un criterio puramente tecnico all’analisi delle riforme ha poco senso, senza prima aver esplicitato la propria posizione circa i possibili conflitti distributivi che scaturiscono dalla riforme stesse. Da qui, l’impossibilità di avere un esito win-win: qualcuno ci perde sempre.

Inoltre, si constata in modo del tutto singolare che, da quando la politica ha iniziato ad essere pervasa dal mito dell’onestà e della competenza, chi ha perso di più sono state le classi subalterne. Strano. Non sarà mai che gli onesti e competenti alla Draghi siano classe dominante e seguano una propria agenda politica a difesa dei propri interessi?


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Carlo Di Mascio: Lenin e la pratica filosofica

sinistra

Lenin e la pratica filosofica*

di Carlo Di Mascio

lenin
              filosoficosLa verità non sta all’inizio, ma alla fine, o, più esattamente, nella continuazione. La verità non è l’impressione iniziale
Lenin, Quaderni filosofici

Bisogna ribadire ‘ad nauseam’ […] il fatto che l’idealismo di Hegel non implica la tesi secondo la quale lo scibile è posto da un ‘io’, vale a dire da un sé che è l’essenza di ogni autoscienza, o addirittura da un isolato soggetto-coscienza.
Hans-Friedrich Fulda, Dialektik in Konfrontation mit Hegel

I.

Louis Althusser, nel suo Lenin e la filosofia, analizzando la distanza tra Lenin e la filosofia ufficiale, quella professorale, accademica, distanza che tende ad annullarsi ogni volta che la filosofia si trova costretta a fare i conti con l’urgenza dell’azione politica e della sua inesorabile relazione con essa, commentava come Lenin, «un naïf e un autodidatta in filosofia […] semplice figlio di maestro, piccolo avvocato diventato dirigente rivoluzionario», avesse avuto l’ardire di confrontarsi con la filosofia ufficiale e tutto questo con l’obiettivo preciso di promuovere «una pratica veramente cosciente e responsabile della filosofia»1. Ora, tuttavia, ciò che maggiormente colpisce di questa premessa è il fatto che Lenin, con tutte le inadeguatezze del caso, abbia inteso occuparsi – in un momento storicamente decisivo, connotato dalle conseguenze del fallimento rivoluzionario del 1905, dal disorientamento «ideologico» di molti intellettuali marxisti del tempo2, dalla singolare parabola della Seconda Internazionale, dal 1889 sino al suo crollo nel 19143, nonché dall’avvicinarsi di un conflitto mondiale e di una rivoluzione proletaria inevitabile – proprio di filosofia, ed in particolare tra il 1908 e il 19164, pur riconoscendo a più riprese, come sottolineato in una lettera a Gorki del 7 febbraio 19085 di non essere un filosofo, di essere impreparato, ma purtuttavia di non fare filosofia come quelli che la fanno di professione, i quali, invece, si limitano a «ruminare nella filosofia.


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Fabio Mini: Usa, Cina e futuro del sistema dollaro

lantidiplomatico

Usa, Cina e futuro del sistema dollaro

L'intervista al gen. Mini sui libri di Qiao Liang

Claudio Gallo* intervista il generale Fabio Mini

0 76755Qiao Liang è un ex generale maggiore dell'aviazione dell'Esercito Popolare di Liberazione diventato celebre nel 1999 con il libro Guerra senza limiti (LEG Edizioni, 2001) di cui è coautore insieme con il collega Wang Xiangsui. Con gli usuali occhiali ideologici, i media occidentali hanno presentato lo studio come l'annuncio di un nuovo tipo di guerra che la Cina stava progettando contro l'America. Gli autori affrontavano il concetto di conflitto asimmetrico, prefigurando in qualche modo eventi che sarebbero accaduti di lì a poco, come l'attacco dell'11 settembre.

Qualche anno fa, Qiao ha scritto un nuovo libro, L’arco dell’impero, ancora tradotto dalla LEG (Libreria editrice goriziana). E’ la prima edizione in una lingua occidentale ed è stata curata dal generale Fabio Mini, già capo di stato maggiore del Comando NATO del Sud Europa nel 2000-2001 e comandante della Forza internazionale in Kosovo (KFOR) a guida NATO dal 2002 al 2003. Mini aveva introdotto in Italia anche Guerra senza limiti: la sua prefazione italiana è stata tradotta e inclusa nella seconda edizione cinese.

Il nuovo lavoro di Qiao è uno studio sulla superpotenza americana. Spiega il suo incredibile successo e le possibili ragioni del suo declino. Secondo Qiao, gli Stati Uniti hanno superato la logica imperiale colonialista dell’Impero britannico del XIX secolo adottando un rivoluzionario sistema di dominio economico, che ha raggiunto il suo apice con la fine gli accordi di Bretton Woods del 1971. Il potere del dollaro come moneta universale sostiene il primo impero finanziario della storia. The City Upon a Hill dei Padri Pellegrini, l'immagine dell'eccezionalismo americano amata da Reagan, è, in realtà, la Zecca sulla Collina. Con questa "economia finanziaria coloniale", la ricchezza americana è pagata dal resto del mondo.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Feb 5, 2022, 4:46:15 PM2/5/22
to sante gorini

Scienze sociali e gestione pandemica: un invito al dibattito

tuttaunaltrastoria

Scienze sociali e gestione pandemica: un invito al dibattito

APRI QUESTA PAGINA per la lista delle adesioni o per aderire a questo invito (non è necessario essere affiliati a un’università o centro di ricerca). Per discutere, rispondere o mandare un abstract scrivi a cont...@tuttaunaltrastoria.info

Estrattivismo e pandemiaSiamo un gruppo di scienziate/i sociali, appartenenti a diverse discipline, indipendenti o variamente inquadrati nelle università italiane o estere. Ciascuno di noi è quindi professionalmente abituato ai tempi lunghi della ricerca, alla verifica dei dati e delle fonti, alla responsabilità autoriale, al rigore argomentativo e al confronto con i colleghi. Siamo abituati anche a riconoscere i limiti, gli errori, le storture e la piattezza di narrazioni basate sull’uso opportunistico dei dati, sulla riduzione della complessità e su contrapposizioni manichee – che si tratti della versione mainstream o di narrazioni complottiste.

Proprio per la valenza critica e anti-egemonica delle nostre discipline, riteniamo che oggi chi le pratichi non possa eludere quantomeno una discussione aperta e franca sulle politiche autoritarie, discriminatorie e arbitrarie con cui il governo italiano, e non solo, sta affrontando la diffusione del Covid-19. Siamo coscienti del fatto che gran parte dei nostri colleghi e colleghe, implicitamente o esplicitamente, non abbiano considerato un problema il fatto che il governo abbia puntato esclusivamente sulla campagna vaccinale come via di uscita dalla pandemia. I vaccini anti-Covid sono utili per diminuire l’incidenza di morte e forme gravi di malattia per le persone anziane e/o con maggiori rischi; ma gran parte delle scelte politiche adottate in questi due anni hanno ignorato gli effetti sociali, politici e culturali delle misure prese in nome della salute pubblica.

L’intreccio fra pandemia e gestione della pandemia sta erodendo in profondità il mondo intorno a noi, irrigidendo la struttura delle soggettività che lo abitano e lacerando la trama relazionale fra umani, così come fra umani e non-umani, nonché i rapporti di fiducia e riconoscimento reciproco che chiamiamo “società”. Questa disgregazione avviene proprio quando l’enormità del collasso climatico richiederebbe all’umanità intera di mettere da parte divergenze, conflitti e interessi specifici, nel tentativo di evitare insieme una catastrofe ecologica. Non esprimerci a riguardo significherebbe colludere con la distruzione in corso.


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Sandro Moiso: Gli altri volti della Rivoluzione: considerazioni di un antimarxista

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Gli altri volti della Rivoluzione: considerazioni di un antimarxista

di Sandro Moiso

Diego Gabutti, Mangia ananas, mastica fagiani. Vol.I – Dal Manifesto del partito comunista alla Rivoluzione d’Ottobre, WriteUp Books, Roma 2021, pp. 484, 28,00 euro

Lasciate oltrepassare al vostro pensiero i limiti di questo mondo, perché vada a contemplarne un altro completamente nuovo, che farò nascere in sua presenza negli spazi immaginari. (Descartes, Le Monde de M. Descartes ou le Traité de la lumière)

mangia anans mastica fagianiPer chi, come il sottoscritto, crede che il politico costituisca principalmente null’altro che uno dei tanti territori dell’immaginario, non è difficile condividere l’idea di Diego Gabutti che anche la Storia non sia altro che un aspetto, forse il più antico e meglio conservato, della narrazione letteraria e che come tale vada trattata.

I due aspetti, il politico come una delle tante espressioni dell’ immaginario e la Storia come uno dei generi letterari possibili, si intrecciano profondamente infatti nella monumentale opera in due volumi, di cui si recensisce qui il primo, dedicata alla ricostruzione dei percorsi del marxismo e delle sue rivoluzioni attraverso aforismi letterari e filosofici, recensioni di saggi e di romanzi, divertite e divertenti analisi di testi che da sempre dovrebbero costituire il “canone” marxista, che si accavallano nelle sue pagine, non concedendo al lettore un attimo di tregua (ma in compenso regalandogli numerosi motivi per sorridere oppure riflettere su “verità” date troppo spesso per scontate).

Un’opera che se, nei suoi tratti essenziali, potrà infastidire più di un lettore, da un altro lato potrebbe rivelarsi davvero necessaria e stimolante in ambienti sinistresi in cui, ancora e forse soprattutto oggi, il dibattito sul fallimento delle rivoluzioni novecentesche rifiuta troppo spesso il peso avuto nello stesso dall’autentica controrivoluzione staliniana e dagli eccessi ideologici, che ebbero però risvolti drammatici nelle scelte politiche, sociali e culturali che ne derivarono, di coloro che dissero di ispirarsi a Marx e ancor più al marxismo-leninismo (non importa qui se di stampo bolscevico o maoista). Una sinistra che, fingendo si averlo digerito e superato, così come aveva già fatto il PCI nei confronti dello stesso retaggio storico, ogni qualvolta si approccia allo stalinismo afferma che ormai qualsiasi diatriba che lo riguardi è un fatto meramente ideologico. Appartenente ad un passato ormai morto e sepolto.


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Roberto Artoni: Passo d'addio

moneta e
              credito

Passo d'addio

di Roberto Artoni

cover 2Abstract. Nelle scuole di danza il passo d’addio è il saggio finale che chiude il periodo di formazione dei giovani ballerini, ormai pronti a intraprendere la carriera professionale. Nel mio caso il passo d’addio ha un significato del tutto diverso: è il momento finale di una lunga esperienza, rappresentando la presa d’atto dell’itinerario culturale che è stato seguito nel corso di cinque decenni.

 

Quadro iniziale

Se torno indietro alla fine degli anni ’60, i riferimenti sono agevolmente sintetizzabili. Da un lato, la microeconomia con i due teoremi dell’economia del benessere e, dall’altro, la macroeconomia nella versione IS-LM, fissata nei suoi termini essenziali da Hicks e Modigliani.

Ovviamente, la sistemazione della microeconomia, per le condizioni molto stringenti che garantivano l’efficienza nella produzione e nello scambio e per la indeterminatezza distributiva, lasciava ampio spazio per ulteriori approfondimenti e articolazioni. Per quanto mi riguarda, il primo approfondimento è stato il teorema di impossibilità di Arrow. Il teorema, sulla scia di Sen, è stato da me interpretato come la dimostrazione che al di fuori di giudizi di valore (le comparazioni interpersonali di utilità) in una società articolata in gruppi sociali non è possibile, se si escludono soluzioni dittatoriali, individuare un assetto distributivo appropriato e condiviso.

La macroeconomia, come veniva allora impostata, portava a sua volta ad attribuire la responsabilità della disoccupazione alla rigidità dei salari.


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Claudio Conti: Germania in retromarcia, l’export oriented non funziona più

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Germania in retromarcia, l’export oriented non funziona più

di Claudio Conti

E’ una sorpresa solo per chi crede alle favole dell’ordoliberismo, ripetute da oltre venti anni su tutti i media come “verità scientifica”: la Germania, campione del bilancio in ordine, dei bassi salari e dei mini-job, tutta “orientata all’esportazione” e perciò modello di firerimento della politica monetaria della Bce nonché delle “raccomandazioni imperative” dell’Unione Europea… è rientrata in crisi.

Momentaneamente, certo, perché nel quarto trimestre del 2021 il prodotto interno lordo tedesco è diminuito dello 0,7% rispetto al terzo trimestre del 2021, in base al dato destagionalizzati dell’ufficio statistico Destatis pubblicato peggio del -0,3% atteso dagli economisti.

Ma anche la “ripresa” era stata molto momentanea: in pratica solo nel trimestre corrispondente all’estate. Di solito quello meno brillante, data la chiusura per ferie di parecchie attività, non compensata da afflussi turistici particolari.

Per l’istituto di statistica è tutta colpa della pandemia, che ha imposto nuove restrizioni (e qualche lockdown, mirato però soltanto ai non vaccinati, che in Germania sono davvero tanti, ancora).


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Fabrizio Marchi: Nulla deve cambiare affinchè tutto resti come è

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Nulla deve cambiare affinchè tutto resti come è

di Fabrizio Marchi

“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.

Questa la celebre frase pronunciata da Tancredi, il nipote prediletto del principe Fabrizio Salina, nel celebre romanzo “Il Gattopardo”, di Tomasi di Lampedusa.

Nel caso della rielezione di Mattarella a Presidente della Repubblica potremmo invece dire “che nulla deve cambiare affinché tutto resti così come è”.

Devo dire che è anche abbastanza deprimente commentare un evento così piatto e scontato, che si è consumato in un clima di generale indifferenza da parte di tutti, con l’eccezione, ovviamente, degli “addetti ai lavori” preoccupati per le conseguenze politiche e per le ricadute personali dovute alla possibile elezione di Draghi alla Presidenza della Repubblica.

La soluzione escogitata (e ampiamente prevedibile) in fondo accontenta un po’ tutti o quasi tutti, e comunque è quella che fa sicuramente meno danni per la gran parte degli attori sulla scena. Compresa e forse soprattutto Giorgia Meloni, che finge di sbraitare ma è forse quella più contenta perché così può continuare a recitare la parte dell’unica leader di una forza di opposizione, succhiare consensi alla Lega e agli ex elettori del M5S e candidarsi alle prossime elezioni politiche come leader indiscussa del centrodestra.


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Giuseppe Sottile: Hic Rhodus, hic salta!

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Hic Rhodus, hic salta!

di Giuseppe Sottile

Sono milioni i morti causati dall’inquinamento atmosferico e dal riscaldamento globale, una quota di questi sono bambini con precoci problemi alle vie respiratorie. Altrettanti quelli che ogni giorno muoiono sulle strade mentre vanno o tornano dal lavoro, oltre a quelli che sul lavoro muoiono. Ma si contano i cinque milioni per Covid e li si ricordano ogni giorno sui mass-media, onde vantare il soccorso delle "magnifiche sorti e progressive".

I primi non fanno testo, poiché di fatto mettono in discussione il sistema del lavoro-capitale, i secondi, invece, "naturalizzano" la patologia (un virus, niente che sembra abbia a che fare col mostruoso regime alimentare da cui le epidemie originano) e consentono il solito sporco affare che consegue alle patologie create dal sistema industriale capitalistico. L'uno sostiene l'altro, che poi il risvolto sanitario diretto prenda una forma pubblica o privata, non ha alcuna importanza.

Il nostro modus vivendi è immagine e somiglianza dei rapporti sociali, il residuo naturale ci aiuta a decifrare il grado di follia a cui siamo giunti. La polemica vax - no vax, green pass - no green pass, in tal senso, è puramente ideologica, serve spontaneamente al sistema per consolidare la "farmacolizzazione" dei nostri corpi e nel contempo per darsi una patina di liberalità.


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Lelio Demichelis: La vita agra 4.0

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La vita agra 4.0

di Lelio Demichelis

“Come qualcuno forse ricorderà, in quegli anni si parlava moltissimo di automazione, di produttività, di seconda rivoluzione industriale e di relazioni umane. Pareva che tutti i rapporti, produttivi e umani, dovessero cambiare, mentre poi hanno ricominciato – e forse non avevano mai smesso – a prendere gli operai, senza tante inutili storie, a calci nel culo”.

È un brano tratto da La vita agra, romanzo ampiamente autobiografico di Luciano Bianciardi, uscito da Rizzoli nel 1962, prezzo: 1.800 lire – con dedica al nobile amico Carlo Ripa di Meana (e ora in edizione Feltrinelli). Rileggendolo (il brano e l’intero romanzo), sembra la descrizione delle retoriche del management anche di oggi (le relazioni umane…) e in fondo basta sostituire quarta a seconda rivoluzione industriale per avere la descrizione del mondo anche di oggi, perché ciò che descriveva allora Bianciardi è anche l’oggi; perché sempre e da sempre il tecno-capitalismo ama ingannarci offrendosi come sempre nuovo e diverso (nuove merci, nuove tecniche di marketing e di organizzazione scientifica del lavoro, la nuova quarta rivoluzione industriale, la nuova Fabbrica 4.0 che è in realtà il vecchio taylorismo ma digitale, il nuovo smart/home-working che non è diverso dal lavoro a domicilio descritto da Marx, con un pc invece di un telaio) – un nuovo che in realtà è sempre il vecchio tecno-capitalismo.


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Marco Di Geronimo: Dalla crisi economica all’entropia sociale

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Dalla crisi economica all’entropia sociale

“Come finirà il capitalismo?” di Wolfgang Streeck

di Marco Di Geronimo

Finalmente in italiano, Come finirà il capitalismo? (Meltemi, 2021) raccoglie in volume alcuni saggi di Wolfgang Streeck, sociologo ed economista tedesco, erede della Scuola di Francoforte e direttore del Max Planck Institut di Colonia, ma anche uno dei più autorevoli critici del neoliberismo, soprattutto nella sua versione europea. Non una monografia sistematica, ma un insieme di riflessioni autonome che ruotano tutte intorno allo stesso tema: l’attuale crisi del sistema capitalista, le sue origini e il suo decorso.

C’è ancora qualcosa da dire su un modello economico che sembra sempre più malato e al tempo stesso incomprensibile? Molto, a quanto pare. Il libro di Streeck affronta con originalità i problemi più scottanti dell’economia contemporanea: il rapporto (sempre più contraddittorio) tra capitalismo e democrazia, le ragioni economiche della fine dei Trenta gloriosi (gli anni 1945-1975, caratterizzati da crescita e forti politiche sociali), le croniche difficoltà dell’euro. E ancora: la funzione politica della moneta, gli strumenti sociologici per indagare l’economia, l’intreccio perverso tra consumo, cultura e società.


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Emiliano Brancaccio: Critica e crescita della conoscenza in economia

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Critica e crescita della conoscenza in economia

di Emiliano Brancaccio

Prolusione tenuta per l'inaugurazione dell'anno accademico 2021-2022 dell'Università degli studi del Sannio

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            Kandinsky 8In questa giornata di celebrazione, di festa, saluto la nostra comunità di Unisannio. Gli studenti, in primo luogo, quindi i tecnici, gli amministrativi, i bibliotecari, i colleghi ricercatori e docenti, il Magnifico Rettore e il Pro Rettore, e poi i Rettori ospiti, il dottor Farinetti e gli esponenti delle istituzioni che sono oggi qui con noi.

 

1. Ho deciso di far partire questa mia prolusione una domanda perturbante che da qualche tempo aleggia nell’aria, come uno spettro che si aggira per il mondo. La domanda è: cosa può esser definito “scientifico” e cosa invece va considerato “non scientifico”? E’ in interrogativo cruciale, attualissimo, che talvolta, come sappiamo, può persino assumere i tratti tragici della questione di vita o di morte.

Cosa è scientifico, e cosa no? In effetti l’università è il luogo storicamente deputato per tentare di rispondere a questa domanda fondamentale. Fin dai tempi dell’accademia platonica, già prima dell’avvento del metodo galileiano, l’università è sempre stata l’istituzione chiamata a stabilire cosa davvero possa esser definito scientifico e cosa no. Dunque, in questo luogo deputato, in questo momento celebrativo, dovremmo provare a rispondere.

Il problema è che, come ci insegna l’epistemologia moderna, che va da Kuhn a Popper, a Lakatos, fino a Feyerabend, rispondere a questa domanda, purtroppo, è meno semplice di quanto vorremmo.


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Alessandro Visalli: Giacomo Gabellini, “Krisis”

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Giacomo Gabellini, “Krisis”

di Alessandro Visalli

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            woodsL’importante libro di Giacomo Gabellini[1] reca l’ambizioso sottotitolo “Genesi, formazione e sgretolamento dell’ordine economico statunitense”. L’oggetto dello studio, informatissimo, è dunque “l’ordine economico statunitense”, l’arco della sua estensione è dalla genesi allo sgretolamento. La narrazione è orientata lungo la freccia del tempo.

L’ordine economico non è chiaramente l’unica forma di ordine, né l’economico l’unico ordinatore possibile o attivo nella successione degli eventi storici. Anzi, come del resto si rileva anche dalla lettura di Gabellini, l’economico è sempre in qualche misura intrecciato e talvolta incorporato nel politico e nel sociale (e culturale). Si relaziona profondamente, quando non promana nella sua forma concreta, al sapere tecnico ed alle tecnologie dominanti (non solo direttamente produttive, anzi una delle forme di ordine emergente è connessa intimamente con tecnologie che non sono apparentemente produttive, ma egualmente hanno una dimensione ‘economica’, come quelle del ‘capitalismo della sorveglianza’[2]), e ha una storica simmetria, nella sua forma moderna, con il razionalismo e la scienza[3]. Per fare un esempio di prospettiva del tutto diversa dell’ordinatore, se pure rivolta alle correnti profonde e non agli eventi superficiali (secondo la famosa immagine di Braudel), Emmanuel Todd inquadra il senso di declino che è anche alla radice della interpretazione per cicli ripresa nel testo nel contesto di una predazione demografica in corso da quaranta anni da parte dell’occidente ricco ed anziano nei confronti dei paesi periferici. La transizione è letta con occhiali antropologici e punta la sua attenzione sulle trasformazioni che si sono accumulate al termine del trentennio ‘glorioso’[4], trasformazioni che muovono tutti gli strati più profondi della società, partendo dall’economico e dal politico per arrivare alla sua cultura ed alle strutture familiari.


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Gavin Mueller: “Tecnoluddismo. Perché odi il tuo lavoro”

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“Tecnoluddismo. Perché odi il tuo lavoro”

di Gavin Mueller

Pubblichiamo in anteprima, per gentile concessione delle amiche e amici di Nero Not, un estratto del libro di Gavin Mueller Tecnoluddismo. Perché odi il tuo lavoro, uscito il 26 gennaio, e tradotto per l’edizione italiana da Valerio Cianci. La questione luddista, il rapporto con le nuove tecnologie e l’urgenza di una nuova “ecologia del lavoro” sono temi già emersi sulla nostra rivista (qui), che riteniamo importante continuare a diffondere e divulgare. Le note sono omesse per favorire la leggibilità [Ndr]

ludd 2La storia non è stata clemente con i luddisti. L’eredità della loro resistenza alle macchine è stata generalmente intesa come una forma di tecnofobia; e, per via della contemporaneità fra le loro rivolte e l’avvento della produzione di massa, sono spesso stati associati a un irrazionale terrore del progresso. I critici della tecnologia finiscono o con il disconoscere enfaticamente l’eredità luddista, o a professare simpatie fin troppo incontrollate. E se da una parte lo scrittore di tecnologia Andrew Keen, parlando della sua avversione ai social media, insiste a ribadire che «non sono un luddista», dall’altra le «confessioni di un luddista» sono diventate un genere letterario vero e proprio, al cui interno troviamo tanto educatori quanto musicisti e persino specialisti delle tecnologie dell’informazione. L’associazione tra luddismo e tecnofobia è stata essa stessa motivo di una simpatia diffusa. Nel 1984, per esempio, Thoms Pynchon domandava ironicamente se fosse «ok essere un luddista», mentre gli anni Novanta hanno assistito alla nascita del cosiddetto movimento neoluddista che, in una nebulosa coalizione contro le tecnologie allora contemporanee, accorpava critiche sociali assortite e ambientalismo radicale. Benché nel loro manifesto specificassero che non rinnegavano la tecnologia in quanto tale, la generalizzata ostilità dei neoluddisti per l’ingegneria genetica, la televisione, i computer e le «tecnologie elettromagnetiche» tradiva un debito nei confronti delle politiche anticivilizzatrici tipiche dell’anarco-primitivismo.


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Marco Cattaneo: Le premesse sbagliate di certi eurocritici

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Le premesse sbagliate di certi eurocritici

di Marco Cattaneo

Ho già detto varie volte che apprezzo l’onestà intellettuale di Wolfgang Munchau, un sincero europeista, ormai da tempo completamente disilluso in merito alla possibilità che il processo di integrazione europea arrivi da qualche parte.

Però è anche giusto sottolineare che, se Munchau ha ragione per quanto attiene alle conclusioni, spesso e volentieri basa le sue argomentazioni su presupposti tecnicamente sbagliati.

Ne è un esempio questo articolo, che contiene, su temi di macroeconomia, diversi errori marchiani.

Il primo sta nel seguente passaggio: “I see no trajectory whatsoever for Italy to generate the degree of productivity growth needed to render its foreign debt sustainable”. Che indicherebbe che l’Italia ha un problema di debito ESTERO.

Totalmente errato. L’Italia ha una Net International Investment Position positiva: i residenti italiani possiedono più attività patrimoniali all’estero di quante gli stranieri ne detengano in Italia. E il saldo è in continua crescita perché l’Italia, dal 2014 in poi, continua a generare decine di miliardi all’anno di surplus commerciali esteri.


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Ferdinando Pastore: La memoria e i cattivi

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La memoria e i cattivi

di Ferdinando Pastore

In una trasmissione di approfondimento storico andata in onda sulla Rai, il dibattito si chiedeva se ricordare l’orrore fosse ancora sensato. Il coro è stato unanime. Avrei aggiunto con convinzione la mia voce al coro. Ma non avrei taciuto su alcuni aspetti della questione.

Un interrogativo ragionevole da porsi consiste nell’identificare in che modo quella memoria possa offrire strumenti di interpretazione dei fatti storici per la formazione di una coscienza critica pronta ad allarmarsi di fronte alla percezione di un pericolo attuale. Stranamente questo dubbio non viene mai sollevato nelle lunghe ore che i mezzi di comunicazione dedicano alla memoria.

In particolare esiste una narrativa fuorviante, ma ormai consueta, sullo sterminio, sulla nascita del nazional-socialismo, sulla crudeltà. Ogni anno difatti irrompono sulla scena i cattivi. Che certo cattivi furono, ma non nella rappresentazione schematica che viene proposta ai nostri occhi. Come se esistesse un preconfezionamento della disumanità.


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Pierluigi Fagan: La questione anglosassone

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La questione anglosassone

di Pierluigi Fagan

La nostra civiltà è detta “occidentale”, un concetto tra l’altro formatosi piuttosto tardi, compiutamente solo l’indomani della Seconda guerra mondiale e che ha anche una versione geopolitica, detta “atlantica”. Si tratta dell’insieme messo a sistema tra Europa occidentale ed anglosfera, quest’ultima composta da UK, USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda. Si noti come tre di queste componenti siano isole, mentre i due nordamericani possono ritenersi qualcosa di simile a due condomini di isola continentale avendo oceani e mari su tre lati e solo un innocuo confine di terra che va a stringersi al lato sud. Tra l’altro, i due oceani a lato est ed ovest sono quelli a volume maggiore sulla Terra.

Il vantaggio di esser isolani si mostrò con chiarezza in uno di quegli snodi di potenziale storia controfattuale che fu l’assalto all’Inghilterra da parte della potenza egemone del tempo, la Spagna, in quel del 1587. Se l’assalto spagnolo dell’Invincibile Armata avesse avuto successo, la storia avrebbe preso tutt’altro corso, con una Inghilterra cattolica, pienamente europea, senza la successiva sequenza di Guerra civile e Gloriosa rivoluzione, che diede il via al moderno sistema di ordinamento occidentale da parte del fatto economico.


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Alessio Ramaccioni: Sanità: “La prevenzione? Trascurata perchè in conflitto con il mercato”

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Sanità: “La prevenzione? Trascurata perchè in conflitto con il mercato”

di Alessio Ramaccioni

Nel corso di un convegno Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, fotografa con una frase un aspetto inquietante – ma nota – della sanità italiana: la prevenzione. Trascurata perchè “in conflitto con il mercato”.

A volte basta una frase, una battuta, una dichiarazione colta tra i tanti lanci di agenzia per accendere un enorme riflettore e spalancare gli occhi (qualora fossero socchiusi) su una realtà evidente e macroscopica. O ricevere conferme su un qualcosa che esiste, c’è, ma forse anche inconsciamente si tende a rimuovere pur avendo ben presenti le nefandezze del capitalismo e dell’obbligo di mettere tutto e sempre “a profitto”, a qualunque costo. Questa sorta di epifania laica ed oscena, questa sensazione di rivelazione è parzialmente capitata anche a noi, quando ci è finita sotto gli occhi una notizia di qualche giorno fa. Eccola:

La prevenzione “è un problema che riguarda tutta la medicina. E’ un aspetto molto trascurato, questo perché è in conflitto di interesse con il mercato della medicina che vuole espandersi. E la prevenzione, invece, tende a ridurre spazio prevenendo le malattie. 


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Fabrizio Tuveri, Sara Gandini: I dati sulla mortalità degli ultimi dieci anni suggeriscono di investire in una nuova sanità

fattoquotidiano

I dati sulla mortalità degli ultimi dieci anni suggeriscono di investire in una nuova sanità

di Fabrizio Tuveri, medico, Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica

Nel 2020 l’Istat ha registrato 100.526 decessi in più rispetto alla media 2015-2019, il 99,5% dei quali sopra i 60 anni, il 76% sopra gli 80. I numeri assoluti possono però essere fuorvianti in quanto non tengono conto dei rapporti percentuali con la popolazione e del trend della mortalità. La popolazione anziana negli ultimi anni è costantemente aumentata: il trend è proseguito persino nel 2020: nonostante la pandemia la Lombardia ha registrato +2702 over 80 a gennaio 2021.

L’analisi dei dati Istat evidenzia che la mortalità nelle fasce di età più anziane negli ultimi 10 anni risulta seguire un trend discendente. Questo andamento comporta, in modo sorprendente, che persino alcune fasce di età over 80, nonostante la pandemia, abbiano raggiunto nel 2020 livelli di mortalità inferiori ad alcuni anni precedenti. La fascia 80-84 anni per esempio ha avuto un incremento rispetto agli anni precedenti, ma senza superare i livelli del 2012.

Nelle fasce 85-89 e 90-94 la mortalità è stata invece superiore ai 9 anni precedenti, ma eccedendo solo del 3,5 per mille la mortalità del 2012 nella fascia 85-89, e del 10 per mille la mortalità 2015 nella fascia 90-94. Nella fascia over 95 invece la mortalità dell’annata 2015 risulta leggermente superiore a quella del 2020.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Feb 7, 2022, 1:48:11 AM2/7/22
to sante gorini

L’altra pandemia

laltrapandemia

L’altra pandemia

Scienza, informazione e fake news al tempo del coronavirus

laltrapandemiafotoOgni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità di esprimere ed attuare la sua volontà.
Primo Levi

Una delle virtù della democrazia - ineliminabile - consiste nel fatto che ciascuno deve essere esposto alla maggior quantità possibile di opinioni diverse.
Stefano Rodotà

La propaganda è in democrazia quello che il manganello è in uno stato totalitario.
Noam Chomsky

L’ignoranza afferma o nega rotondamente, la scienza dubita.
Voltaire

Parte 1

La guerra dei numeri

L’epidemiologia del COVID-19

Il COVID-19 è una malattia “mortale”?

Letalità, mortalità ed eccesso di mortalità.

La letalità del COVID-19 nel mondo

Il 3 marzo 2020, il direttore dell’OMS (Tedros Ghebreyesus) affermava, durante una conferenza stampa, che il SARS-CoV-2 avesse una letalità1 del 3,4%. Questo valore è stato sistematicamente smentito dalla letteratura scientifica e dalle evidenze epidemiologiche. Ecco alcuni, autorevoli, esempi:

  • ► Uno studio di marzo 2020, pubblicato su The Lancet - una delle riviste mediche più importanti al mondo - e condotto da ricercatori afferenti al prestigioso Imperiai College di Londra, stimava la letalità media (ogni età) del COVID-19 in Cina allo 0,6%.1


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Eugenio Donnici: Il "bisogno di pazienti" e quel labile confine tra sanità pubblica e privata

lantidiplomatico

Il "bisogno di pazienti" e quel labile confine tra sanità pubblica e privata

di Eugenio Donnici

720x410c50aaOgni qualvolta ci troviamo ad affrontare un grave problema di salute, entriamo nei meandri di un percorso labirintico, là dove diventa difficile trovare una via d’uscita.

Medicus curat natura sanat, recita l’aforisma, per dire che le conoscenze e le tecnologie di cui dispone la medicina attuale, non di rado, non sono sufficienti a riportare il paziente sulla via della guarigione.

Sia come sia, il tema della salute, anche e soprattutto per le tensioni generate dalla crisi pandemica, ritorna continuamente al centro del dibattito pubblico, con il rischio di diventare l’oggetto di una contesa inestricabile tra varie fazioni in lotta, sullo sfondo di un pervasivo processo di privatizzazione del SSN, nato nel 1978 dalla soppressione delle “Casse Mutue” e ispirato ai principi di universalità, equità e uguaglianza.

Tali principi, con l’ascesa delle forze liberiste e il conseguente cambio del paradigma economico-sociale, nel corso degli anni Ottanta seguirono un percorso accidentato e travagliato, al punto che finirono per sgretolarsi, quando vennero emanati i primi provvedimenti sulle privatizzazioni delle strutture sanitarie pubbliche.

In realtà, i diritti sociali, tra cui quello alla salute, garantiti e riconosciuti dalla nostra Costituzione, avevano già iniziato a scricchiolare a metà degli anni Settanta. In quel periodo, infatti, si era aperta la breccia attraverso cui si diffondeva l’idea che le prestazioni private a pagamento erano superiori a quelle gratuite. Forse, coloro che hanno una certa età dovrebbero ricordare le prese in giro degli oculisti o dei dentisti delle mutue e l’esaltazione dei pregi di quelli privati.


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Alessandro Testa: Les jeux sont faits

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Les jeux sont faits

Habemus presidentem!

di Alessandro Testa

IMMAGINE PRIMO EDITORIALE Articolo di TestaI giochi sono fatti: il parlamento in seduta comune, rimpolpato dai “grandi elettori” espressi dalle regioni d’Italia, dopo mille schermaglie, moine, finte e controfinte, ha finalmente – seppur con estrema fatica – partorito il topolino del reincarico a Sergio Mattarella. Magno gaudio, tripudio universale per la scampata crisi, per la riconferma di una personalità di “alto profilo”, di un galantuomo “super partes”, a questa carica così importante per la tenuta delle istituzioni. Ma sarà proprio così?

Noi, dobbiamo dirlo con grande sincerità, non lo crediamo. Crediamo invece che queste elezioni abbiano spietatamente riconfermato alcuni elementi chiave di un trend politico ormai in atto da parecchio tempo, un trend politico che sempre più marca la perdita di sovranità della nazione italiana e del suo popolo, un trend politico che si presta a svariate e interessanti considerazioni.

Quali sono dunque le considerazioni che si possono cogliere osservando in filigrana questa convulsa settimana di votazioni e il suo sicuramente non inaspettato risultato finale?

Non certo, permetteteci di sottolinearlo, la facile e ridanciana “critica di costume” su cui molti media mainstream si sono buttati con voluttà: i tradimenti e le ripicche – quasi si trattasse di una telenovela di serie B e non di uno snodo istituzionale importantissimo per gli assetti presenti e futuri della repubblica – e ovviamente le trite ed ormai stantie polemiche sulla presunta “misoginia” della classe politica italiana che non pare in grado di eleggere una donna a posizioni di una qualche responsabilità – come se elevare al soglio quirinalizio una donna espressione del più bieco e sordido affarismo liberista fosse chissà quale conquista di civiltà e progresso sociale.


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Fabrizio Casari: Ucraina, l’ultima frontiera USA

altrenotizie

Ucraina, l’ultima frontiera USA

di Fabrizio Casari

La costruzione ad hoc della crisi ucraina prosegue incessante. Indifferenti al lavoro di mediazione della Francia, presidente di turno della UE, ed ai colloqui in corso tra i Paesi coinvolti sin dal 2014 nel reset dell’area, gli USA alzano la tensione oltre i livelli di guardia. Un atteggiamento provocatorio denunciato persino dal Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha invitato l’Occidente a smetterla di alzare la tensione sulla pelle dell’Ucraina.

Gli Stati Uniti temono che dai colloqui del Gruppo di contatto emerga uno stop all’escalation e anche la verità dei fatti, ovvero che la Russia non ha mai pensato di invadere l’Ucraina e che la stessa Kiev ne sia perfettamente conscia, come ha tentato di dire sin dall’inizio. L’intera narrazione di questa crisi, del resto, viaggia su un rovesciamento completo della realtà: si racconta una inesistente invasione dell’Ucraina, mentre è vero il contrario: Mosca mobilita il suo esercito in chiave difensiva di fronte all’ammassamento di militari, rampe missilistiche, navi, aerei da combattimento e droni della NATO alle porte di casa, fino a tutto il Mar Nero.


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Leo Essen: Come rendere attraente un'attività intrinsecamente noiosa?

lantidiplomatico

Come rendere attraente un'attività intrinsecamente noiosa?

di Leo Essen

Nei Corsi Avanzati delle più prestigiose Business School questa domanda impegna i migliori cervelli.

Ayelet Fishbach, ricercatrice alla Prestigiosa Booth School of Business dell’University of Chicago, esperta di Psicologia sociale, Motivazione del processo decisionale, Management e Comportamento dei consumatori, in un recente studio ha censito tre modi o strategie per rendere un'attività noiosa o faticosa più intrinsecamente motivante (chicagobooth.edu).

Innanzitutto, scrive, c’è la strategia "make-it-fun" - rendi divertente l'attività. Bisogna associare all’attività incentivi immediati – mini-obiettivi. Quando la persona raggiunge l’obiettivo, il regolatore (che di solito è una macchina) eroga un token o un cookie (un biscottino). In questo modo, scrive Fishbach, l’attenzione della persona viene deviata dall’attività vera e propria verso la gratificazione (il biscottino). Il fine diventa la gratificazione, mentre l’attività vera e propria diventa il mezzo per realizzarla.


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Francesco Piccioni: La sovranità è dei mercati, mettetevelo in testa

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La sovranità è dei mercati, mettetevelo in testa

di Francesco Piccioni

Dedicato a quei compagni che continuano a ragionare di politica secondo gli input provenienti dai talk show o dagli editoriali di regime.

Ossia agli “intossicati” di pettegolezzi, dichiarazioni, battute, retroscena (un genere giornalistico tutto italiota), “indiscrezioni” rilasciate da portaborse o segretari di partito. E che perciò, sommersi da informazione-spazzatura priva di un qualsiasi disegno razionale si ritrovano a castellare a loro volta “intorno ai nomi” invece che intorno agli interessi sociali in campo.

Dimentichi, insomma, della prima lezione dei nostri maestri: “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.

Condannati a non capirci nulla o addirittura a fare il tifo per questo o quel “nome” buttato lì nel calderone. Indimenticabili alcuni “marxisti per caso” che hanno tifato per il capo dei servizi segreti (quelli italiani! Quelli di Piazza Fontana e della stazione di Bologna!) “in quanto donna”. Come se per piazzare una bomba fosse indispensabile una specificità di genere…


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Pierluigi Pellini: Romanticismo reazionario. La verità di Houellebecq

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Romanticismo reazionario. La verità di Houellebecq

di Pierluigi Pellini

Questa recensione è uscita, con qualche taglio, su «Alias», domenica 23 gennaio. Nei prossimi giorni, per moltiplicare i punti di vista e alimentare la discussione sull’ultimo libro di Houellebecq, pubblicheremo anche la recensione di Annientare scritta per noi da Gilda Policastro

Titolo incendiario, sostanza pompier. Se voleva stupire, con il suo ultimo romanzo (Annientare, nella traduzione, scorrevole ma non sempre precisa, di Milena Zemira Ciccimarra, per La Nave di Teseo: pp. 752, euro 23), Michel Houellebecq c’è riuscito: pochissimo sesso, quasi nessuna provocazione politica; molto amore coniugale, molti buoni sentimenti. Soprattutto, pochissime idee: è un romanzo-romanzo, perfino ‘di genere’; non un romanzo a tesi, come i suoi libri più interessanti. Che manchino i consueti rigurgiti razzisti e islamofobi, o che il primo «pompino», peraltro interrotto, arrivi dopo più di quattrocento pagine, potrebbe essere una buona notizia. In realtà, svestiti i panni che più gli sono consoni, quelli dell’erotomane profeta reazionario, Houellebecq annienta il suo fascino ambivalente, rivelandosi scrittore mediocre e noioso.


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Pierluigi Fagan: Focherello

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Focherello

di Pierluigi Fagan

È indetta per oggi una manifestazione nazionale degli studenti liceali. Presto per dire se sarà o meno un vero e proprio “movimento” a cui i giornali hanno dato già dato nome: la Lupa. I temi non mancano.

La scintilla è stato il ragazzo morto durante uno stage aziendale previsto dalle politiche di alternanza studio-lavoro inaugurato nel 2015 e proprio l’assetto studio-lavoro è finito sotto accusa come se destinazione strategica di fondo dell’istruzione fosse formare alla società di mercato e non alla società nel suo ben più ampio complesso. Viepiù oggi visto che la società che già di sua natura è un sistema complesso, si trova e sempre più si troverà a doversi adattare ad un inedito mondo complesso.

Ciò produce, tra l’altro, una precoce divisione classista tra licei professionali della periferia o dei piccoli centri ed i programmi più di cultura generale per i giovani dei quartieri del centro delle città medio-grandi.


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Giovambattista Vaccaro: L’eredità di Rosa Luxemburg

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L’eredità di Rosa Luxemburg

di Giovambattista Vaccaro (Università della Calabria)

rosaluxemburg targa1. Introduzione

Il pensiero di Rosa Luxemburg non ha mai riscosso un particolare interesse nel nostro paese, probabilmente perché, come ha rilevato il suo maggiore studioso e diffusore italiano, Lelio Basso, su di esso hanno pesato due diversi approcci: quello socialdemocratico, che fa della rivoluzionaria polacca il grande avversario di Lenin e il grande difensore della democrazia, e quello comunista, per il quale – specularmente – la Luxemburg aveva sempre torto e Lenin sempre ragione1. Così, nonostante si sia visto in lei uno dei migliori esegeti e volgarizzatori del marxismo2 e l’esponente di un marxismo creativo e ricco di contributi originali3, il giudizio che ha prevalso è stato quello per cui il suo pensiero rimane caratterizzato da un economicismo4 in cui l’analisi slitta dal piano economico a quello geografico, producendo così «acrobazie in materia economica»5 e argomentazioni economiche deboli. Un pensiero che non contribuisce a una teoria politica della rivoluzione, inoltre, perché manca in esso l’attenzione per l’aspetto politico-istituzionale della rivoluzione e la distinzione tra avanguardia e masse6. Questo giudizio non è sostanzialmente cambiato negli anni del ripensamento del marxismo e della strategia del movimento comunista successivi alla catastrofe del ’56, anche se sulla base di argomentazioni diverse, come ad esempio quella, tipica dell’operaismo italiano, che chiama in causa il tramonto della figura dell’operaio professionalizzato e il parallelo sorgere dell’operaio-massa; una novità che avrebbe reso del tutto inattuale e astratta l’ipotesi politica dei consigli operai formulata dalla Luxemburg e ripresa da tutto il Linkscommunismus tedesco degli anni Venti, incapace di scorgere nella ristrutturazione del ciclo capitalistico che modificava l’assetto della forza- lavoro la risposta del capitale all’insubordinazione operaia7.


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Fabrizio Bondi: Fedeli al sogno

doppiozero

Fedeli al sogno

di Fabrizio Bondi

9788833937182 92 1000 0 75Che c’entra il sogno con la filosofia, verrebbe da chiedersi, imbattendosi in libreria nel volumetto di Umberto Curi intitolato Fedeli al sogno. La sostanza onirica da Omero a Derrida (Bollati Boringhieri, 2021)?

La filosofia moderna non si apre forse con l’età dei Lumi, con l’Aufklarung kantiana, che hanno spazzato via la prigionia delle menti e dei corpi, le superstizioni e l’oppressione, insomma tutti quei mostri del passato che, per il Goya dei Caprichos, sarebbero generati dal sueño della Razòn? (in spagnolo, come nel latino somnium, la parola significa sia ‘sonno’ che ‘sogno’). Gufi occhiuti, pipistrelli, demoni grotteschi verrebbero viceversa fatti fuori da un solo raggio di quella formidabile luce che tutti fa risvegliare...

Del resto anche nel più celebre dei miti di Platone lo ‘scopo del gioco’ è uscire dalla Caverna, emanciparsi da quella sorta di eterna avvolgente proiezione cinematografico-onirica nella quale i cavernicoli sono immersi. Tale risveglio è, per Platone, l’inizio del pensiero. Eppure, potrebbero già obiettare i lettori più o meno freschi di ricordi liceali (e magari i liceali stessi) non è proprio Platone quello che non riuscì a fare a meno dei mithoi, a dispetto della sua potentissima dialettica socratica, della sua ‘arma letale’ rivolta contro le credenze dei più?

I miti, dal canto loro, sembrano spesso seguire la logica del sogno, cioè ambientarsi in una realtà in cui tale logica è legge, in cui possiamo vedere un corpo umano diventare albero o animale, parlare cogli dèi ma anche essere da loro perseguitati, per ragioni al contempo cogenti e indecifrabili: un mondo insomma in cui i livelli della realtà, l’umano il divino il naturale, sono stranamente rimescolati.


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Daniel Rees e Phurichai Rungcharoenkitkul: Le strozzature: cause e implicazioni macroeconomiche

sinistra

Le strozzature: cause e implicazioni macroeconomiche1

di Daniel Rees2 e Phurichai Rungcharoenkitkul3

81bcd6e2 2cc5 11ec 8b28 68371bbfff40 fotohome0Le strozzature nella fornitura di merci, merci intermedie e trasporto merci hanno dato luogo a prezzi volatili e ritardi nelle consegne.

• Le strozzature sono iniziate come interruzioni dell'offerta legate alla pandemia a causa della forte domanda derivante dalla ripresa economica globale. Ma sono state aggravate dai tentativi dei partecipanti alla catena di approvvigionamento di costruire buffer in reti di produzione già snelle – i cosiddetti effetti bullwhip.

• Le strozzature sono state particolarmente gravi nelle industrie a monte, ovvero quelle che forniscono input utilizzati in molti altri prodotti. Questi vincoli hanno portato a gravi ricadute internazionali attraverso le catene di valore globali.

• L'effetto inflazionistico diretto delle strozzature sarà probabilmente ridimensionato dopo l'adeguamento dei prezzi relativi. Tuttavia, se le strozzature dovessero persistere abbastanza a lungo da innescare un innalzamento della crescita salariale e delle aspettative di inflazione, potrebbero emergere pressioni inflazionistiche sostenute.

 

Introduzione

Mentre la ripresa globale prende piede, la domanda di materie prime chiave, input intermedi e servizi logistici ha superato l'offerta disponibile, portando ad un aumento e una volatilità dei prezzi e ritardi nelle consegne.


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Tomaso Montanari: Il bis di Mattarella e il commissariamento della democrazia

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Il bis di Mattarella e il commissariamento della democrazia

di Tomaso Montanari

La cosa peggiore del triste reality in cui gli italiani hanno visto consumarsi in diretta la loro democrazia parlamentare è l’inconfondibile sapore di falso.

La rielezione di Sergio Mattarella non è stata affatto un colpo di scena inaspettato, l’estremo atto di responsabilità di un anziano leader riluttante, una scelta dei parlamentari contro l’incapacità (questa, sì, autentica) dei loro capi: è stato l’esito obbligato, e largamente previsto, di un processo iniziato con l’eliminazione del secondo governo Conte, e con l’affidamento forzoso dell’Italia a Mario Draghi.

Era tutto ovvio fin dall’inizio. Io stesso (che non sono un addetto ai lavori né ho doti divinatorie) l’avevo scritto, su questo sito, il 3 marzo 2021: «Quella larghissima formula fino a ieri impensabile potrebbe essere la base per la rielezione dello stesso Mattarella al Quirinale: in un cortocircuito che avrebbe implicazioni inedite. Ancor più se questo secondo mandato, di cui si inizia a sentir parlare, avesse termine precoce: magari proprio per permettere l’ascesa di un successore (lo stesso Mario Draghi) che sarebbe così in qualche modo un erede designato, in una torsione dal sapore monarchico» (https://volerelaluna.it/controcanto/2021/03/03/e-possibile-criticare-mattarella/).


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Anna Lombroso: Alternanza scuola-manganello

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Alternanza scuola-manganello

di Anna Lombroso

Proprio mentre si celebravano i riti di passaggio da quel che restava della democrazia a una monarchia, senza il peso del parlamento ormai dissolto e condannato a materializzarsi in occasioni speciali sempre più rarefatte, a Torino, Milano, Napoli la meglio gioventù, continuamente citata forse per rendere più gustoso il tradimento, veniva menata dalle forze dell’ordine nel silenzio delle autorità, della ministra competente, dei sindacati, della politica altrove impegnata.

E pure dei genitori, pare, ormai preda di mille paure, la più potente delle quali pare consista nel paventare le conseguenze di una uscita dalla legalità, con tutte le loro varianti, sanitarie, occupazionali, di carriera e dell’ostracismo da parte della maggioranza responsabile e dotata di senso civico.

Si capisce che è forte la preoccupazione che i figli siano esclusi dal consorzio civile e da una vita di relazioni, in verità sempre più relegata al contesto virtuale, tanto da aver fatto superare quella per i danni non ipotetici derivanti dalla vaccinazione nel breve e nel lungo periodo. E altrettanto pressante quanto quella di discolparsi delle accuse che pesano sul capo degli adulti, da anni incriminati di aver vissuto sopra i loro mezzi e di non aver garantito alle generazioni a venire beni e privilegi dei quali avrebbero goduto.


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Miguel Martinez: Lessico del terrore

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Lessico del terrore

di Miguel Martinez

Cesare Sacchetti è un giornalista che ha scritto in passato per il Fatto Quotidiano e per Libero, ha un sito web, la Cruna dell’Ago, e un canale Telegram, dove ogni giorno scrive articoli di denuncia.

Non frequento i suoi media, perché, al di là della sua impostazione ideologica, percepisco una sensibilità lontanissima dalla mia: sembra perennemente arrabbiato, e tende a denunciare nemici individuali invece delle grandi tendenze sottostanti. E francamente ho il sospetto che non sorrida mai.

Ma son fatti suoi.

In questo periodo, nei media grandi e piccoli c’è tutto un sussurrio di pettegolezzi sui politici, provenienti da “fonti ben informate”.

Nel suo piccolo ci si è messo anche Cesare Sacchetti, con un post su Telegram, pubblicato il 24 gennaio alle 12:55, che inizia con le parole:

“Le voci che danno le condizioni di salute di Draghi in netto aggravamento sembrano confermate. Fonti vicine agli ambienti istituzionali riferiscono che la patologia di Draghi è piuttosto seria.”


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Sabato Danzilli: La riflessione di Lukács su arte, dialettica e ideologia

materialismostorico

La riflessione di Lucs su arte, dialettica e ideologia

di Sabato Danzilli

György Lukács, Arte e società, a cura di E. Alessandroni, Pgreco, Milano, 2020, pp. 468, Isbn 8868022923

In un’intervista autobiografica pubblicata postuma negli anni Ottanta, Lukács definisce il proprio come un Gelebtes Denken [Pensiero vissuto, Editori Riuniti, Roma 1983]. Che ogni pensiero sia in un certo senso “vissuto”, e in quanto tale mai soltanto individuale, non poteva certamente sfuggire all’autore dell’Ontologia dell’essere sociale. Il senso di quest’espressione sta nel carattere militante del pensiero lukacsiano, che ha attraversato le vicende storiche del movimento comunista nel Novecento. È pensiero militante quello di Lukács anche, e forse a maggior ragione, quando non si occupa direttamente di problemi politici, come nel caso dei testi raccolti in questa antologia, Arte e società, uscita per la prima volta nel 1967 e ora resa di nuovo disponibile grazie a Pgreco, arricchita da un lungo saggio introduttivo di Emiliano Alessandroni.

Lukács scriveva nella prefazione che la chiarificazione delle «questioni fondamentali del marxismo», compiuta nel periodo 1918-1930, lo aveva portato insieme a Michail Lifšits, al «riconoscimento dell’esistenza di un’estetica marxista autonoma e unitaria», un’idea che aveva allora bisogno di una notevole opera di precisazione perché si scontrava con il giudizio opposto espresso da due pesi massimi del marxismo primonovecentesco come Plechanov e Mehring (vol. I, p. 11).


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Partito Comunista del Benin: Sui colpi di stato militari in Africa occidentale francofona

lantidiplomatico

Sui colpi di stato militari in Africa occidentale francofona

Comunicato del Partito Comunista del Benin

"I lavoratori e i popoli devono continuare le loro lotte di emancipazione autonoma"

Diciotto agosto 2020 e 24 maggio 2021, colpi di Stato in Mali; 5 settembre 2021, colpo di Stato in Guinea; 24 gennaio 2022, colpo di Stato in Burkina Faso. Da 18 mesi, la regione dell'Africa occidentale vive al ritmo dei colpi di Stato militari nei paesi francofoni. Questa serie inaugurata dal Mali, in seguito a movimenti popolari di protesta che chiedevano le dimissioni del presidente Ibrahim Boubacar Keïta, fa dire a molte persone: dove e contro chi sarà il prossimo round? C’è quindi una sorta di vento di putschismo, una richiesta da parte di strati di lavoratori e di popolo di un intervento militare per rovesciare poteri corrotti, autocratici e senza patria. Di fronte a questa situazione, il Partito comunista del Benin (Pcb) porta all’attenzione dei lavoratori, dei giovani e del popolo, attraverso la presente Dichiarazione, i seguenti elementi di valutazione e riflessione.

 

1- I colpi di Stato militari che hanno avuto luogo hanno rovesciato poteri corrotti, liberticidi e persino autocratici, principalmente al servizio del patto coloniale. Tutti questi presidenti, in Mali, Guinea e Burkina Faso, hanno truccato le elezioni per essere rieletti. La gestione è opaca e copre la corruzione e l’impunità del clan di dignitari che funziona come una mafia di Stato. Ovunque, reprimono le proteste e le lotte dei lavoratori, dei giovani e del popolo nel sangue. La necessità del loro rovesciamento è indispensabile per il progresso del popolo.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Feb 9, 2022, 7:38:25 AM2/9/22
to sante gorini

Claudio Paolantoni: Una lettura critica di “Antithesi/cognord. La realtà della negazione e la negazione della realtà”

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Una lettura critica di “Antithesi/cognord. La realtà della negazione e la negazione della realtà”1

di Claudio Paolantoni

Il testo è stato tradotto in italiano qui e ripreso qui

19db7e08c9a5ef23afa5c842340c8f0e XLL’obiettivo polemico del testo in esame è “l’approccio negazionista nei confronti della pandemia” abbracciato da “molti dei nostri compagni e amici all'interno dell'ambiente radicale” “mentre non pochi di loro sono gradualmente scivolati nel pensiero cospirazionista e in assurdità sconvolgenti.”

Quindi l’obiettivo è il “negazionismo”. Ma a un certo punto del testo, a pag. 29, si passa alle “tendenze negazioniste/novax” senza avvertire particolare necessità di distinzione tra i due aspetti, o di argomentazioni diverse per contrastarle. In queste note starò in buona parte al gioco, per quanto rischioso possa essere.

L’arma delle polemica, il lungo filo rosso del documento, è inchiodare queste tendenze alla loro presunta matrice “individualista”. E’ proprio questa matrice che renderebbe intercambiabili negazionismo e antivaccinismo. L’ opera viene compiuta in gran parte dandone per scontato un presupposto, cioè che tali opposizioni siano dettate dal solo anelito alla “libertà individuale”, o alla “autodeterminazione” (che a loro volta, per definizione, sarebbero sempre nemiche della vera libertà, cosciente del vincolo sociale), altre volte articolando delle critiche puntuali (ma inconsce dei propri presupposti).

Il documento è fortemente ispirato a una “teoria” dello Stato nel merito della quale non ritengo di avere la necessità, e neanche le competenze, per entrarvi2. Pertanto mi limiterò a considerarla per quello che sembra esserne il suo precipitato nel contesto del tema affrontato:


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Fabio Ciabatti: La rivoluzione oltre il comunismo novecentesco

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La rivoluzione oltre il comunismo novecentesco

di Fabio Ciabatti

Enzo Traverso, Rivoluzione. 1789-1989: un’altra storia, Feltrinelli, Milano 2021, edizione Kindle, pp. 585, € 19,90; edizione cartacea p. 464, € 39,00.

variant med 1200x630 obj26296550I militanti dei partiti comunisti del secolo scorso erano convinti di marciare nel senso della storia e per questo di appartenere a un movimento che trascendeva il loro destino individuale. Convinzione che li aiutava a combattere anche nei momenti più tragici e a riprendere la lotta dopo ogni sconfitta. L’esperienza di questo tipo di soggettività, legata alla costellazione pratico-teorica del comunismo novecentesco, si è esaurita, sostiene Enzo Traverso nel suo ultimo libro Rivoluzione. 1789-1989: un’altra storia. I movimenti anticapitalisti emersi negli ultimi anni, infatti, non appartengono a nessuna delle tradizioni della sinistra del passato, fatte salve alcune affinità con l’anarchismo. Generalmente disinteressati ai grandi dibattiti strategici della tradizione rivoluzionaria e indifferenti ad una dimensione teleologica della storia, hanno inventato nuove forme di organizzazione e sperimentato nuove forme di vita basate sull’autogestione, sulla riappropriazione dello spazio pubblico, sulla partecipazione, sulla deliberazione collettiva, sull’inventario dei bisogni e sulla critica della mercificazione dei rapporti sociali. “In quanto orfani, devono inventare la propria identità. Questa è a un tempo la loro forza, perché non sono prigionieri di modelli ereditati dal passato, e la loro debolezza, perché mancano di memoria”.1 Per questo “se le rivoluzioni del nostro tempo devono inventare i propri modelli, non possono farlo su una tabula rasa, senza incarnare una memoria delle lotte passate, sia le conquiste, sia le assai più frequenti sconfitte”.2 Non si tratta di conservare feticisticamente un retaggio inviolato di prassi e teorie, ma di fare una duplice operazione attraverso l’elaborazione critica della storia: superare il passato e, al contempo, salvare il significato di quell’esperienza storica chiamata rivoluzione.


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Franco Piperno: Movimento e tempo in Aristotele

machina

Movimento e tempo in Aristotele

di Franco Piperno

Continua la pubblicazione dei contributi di Franco Piperno dedicati alla questione del tempo e, in particolare, alla relazione sotterranea tra tempo comune e tempo scientifico. Questo rapporto era già stato indagato attraverso il racconto delle «due imprese di Pigafetta» (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/le-due-imprese-di-pigafetta). Ora l’autore si rivolge alla fisica aristotelica per sviluppare una considerazione sulla nozione di tempo naturale, cioè fisico

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                46f806eaeccc43b2947eef0c73f291b7mv2Premessa

Il tempo, l’idea del tempo, è spesso la qualità fondatrice di una concezione comune del mondo. Il tempo, il tempo comune, il tempo pubblicamente misurabile ordina le azioni sociali secondo il «prima» ed il «dopo». Il tempo rende, così, intelligibile il movimento. Ma, come ogni concetto fondatore, il tempo, spesso, diviene cosa; e ci appare come realmente esistente. Anzi ci appare talvolta, paradossalmente, più reale che le cose. Le idee comuni, le idee costitutive del senso comune, trovano la loro sostanza nell’accordo sociale; questo significa che un concetto fondante del senso comune è reale solo perché è condiviso da una moltitudine di individui. Un’idea totalitaria, poi, cioè un’idea unanimemente accettata, fa nido nello spirito dell’individuo, diviene così un concetto irriflesso, quasi un istinto – in modo che l’idea appaia meno come un mezzo di dare ordine al mondo che un frammento del mondo, il più vero forse.

Il tempo come la causa, il numero o la libertà, è un’idea, anche se si tratta di un’idea-paradigma. Ma un’idea di questa natura appare all’individuo come cosa del mondo malgrado si tratti di un simbolo per ordinare le cose del mondo. E come le cose del mondo si sottrae alla riflessione critica e all’interrogazione: perché quel che esiste è ovviamente considerato ragionevole. Infatti i paradigmi concettuali non si aprono alla critica che durante le crisi sociali. Una crisi sociale è prima di tutto una crisi della comune concezione del tempo.

La temporalità, cioè il modo d’apprendere il cambiamento, è un’esperienza necessariamente collettiva, essa caratterizza non solamente una società ma perfino una comunità.


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Assemblea Militante: A fianco dei camionisti canadesi contro i governi del capitale!

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A fianco dei camionisti canadesi contro i governi del capitale!

di Assemblea Militante

L’Assemblea Militante solidarizza pienamente con la lotta dei camionisti canadesi e della popolazione che si sta unendo attorno ad essi per realizzare gli obiettivi, che non sono “corporativi”, ma di liberazione dell’intera società dall’obbligo vaccinale e dal sistema di controllo/discriminazione instaurato dal governo. La nostra solidarietà non è in alcun modo condizionata dai palesi tentativi di strumentalizzazione politica manifestati da compagini sovraniste e reazionarie e che nulla hanno a che vedere con le dinamiche di classe e con gli obiettivi più autentici espressi dalla lotta.

L’Assemblea Militante ritiene che l’azione di forza, cioè il pronunciamento di massa e di piazza contro i dispositivi statali di gestione della “crisi pandemica”, falsamente motivati e presentati come volti alla tutela della salute pubblica e dell’interesse sociale della collettività, sia la vera medicina, intanto per tutelare la salute e l’incolumità individuale e collettiva dalle sperimentazioni vax imposte attraverso i più subdoli ricatti (dagli esiti ignoti in quanto sperimentazioni), e poi per sbarrare la strada al tipo di società che il potere del capitale intende altrettanto imporre: società-galera di uomini controllati e tracciati in ogni istante e in ogni loro movimento, sul posto di lavoro e fuori; uomini trasformati in QR code.


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Piccole Note: Soros: Xi Jinping è finito.... Profezia o minaccia a vuoto?

piccolenote

Soros: Xi Jinping è finito.... Profezia o minaccia a vuoto?

di Piccole Note

George Soros sfida apertamente Xi Jinping, annunciando che ormai la sua fine è prossima. Lo speculatore che si diverte a giocare con la geopolitica, intervenendo all’Hoover Institution, ha esordito annunciando che il “2022 sarà un anno critico nella storia del mondo”.

Dopo aver accennato alle diverse scadenze importanti dell’anno (elezioni etc) ha spiegato che Xi ormai è finito. Diverse le criticità che porteranno alla scomparsa dell’imperatore d’Oriente.

Prima, fra queste, il malcontento degli oligarchi cinesi (ci permettiamo chiamarli così) arricchitisi con la leadership di Deng Xiao Ping, il quale, constatando che il suo Paese era uscito incenerito dalla rivoluzione culturale, aveva aperto sia alle società estere che a una certa privatizzazione interna, dando vita al miracolo economico cinese.

Ora Xi gli ha dichiarato guerra (un po’ quel che è successo in Russia con Putin), nello sforzo di riportare quelle imprese sotto il controllo privato. Da qui la resistenza contro l’attuale leader che si riverbera anche nel Partito comunista cinese.


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Salvatore Bravo: La storia in vendita

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La storia in vendita

di Salvatore Bravo

Il comunicato con il quale le Brigate Rosse rivendicarono nel 1978 il sequestro del presidente della Dc, Aldo Moro, è all’incanto in una asta online. Lo si trova sul sito web della Bertolani Fine Art, lotto 43, che ha messo all’incanto il volantino. La storia della Repubblica è in vendita. La memoria è cancellata, le sue testimonianze sono all’asta, per cui gradualmente il patrimonio pubblico è mercificato ed oltraggiato dal nuovo totalitarismo oligarchico e neofeudale. La storia con le sue testimonianze ha il compito di elevare verso ideali che muovono i popoli alla speranza e alla prassi. Senza storia, non vi è popolo, non vi è comunità, ma solo mercato in cui soccombono i più deboli. Ci si muove all’interno di tale logica, si vuole insegnare alle nuove generazioni che il passato è solo un mezzo per fare PIL. La storia è diventata il nuovo mercato del capitalismo assoluto, l’Italia è il luogo geografico ideale dove sperimentare la nuova frontiera. La presenza di un patrimonio storico ed artistico diffuso la rende appetibile ai nuovi investitori disponibili a comprarsi la storia patria per renderla plusvalore con la complicità delle classi dirigenti al potere.


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Guido Salerno Aletta: Terzo Shock Energetico per l'Europa?

teleborsa

Terzo Shock Energetico per l'Europa?

Dalla Carbon Tax alla Carbon Inflation

di Guido Salerno Aletta

Mentre tanti governi pensavano di penalizzare i consumi di energie di origine fossile, finanziando con la Carbon Tax gli investimenti in energie rinnovabili, la Carbon Inflation sta aumentando i proventi dei Paesi produttori di energie fossili mettendo l'Europa in difficoltà: era già successo nel 1973 e poi nel 1980.

Paradosso nel paradosso, per ridurre le bollette dei consumatori, in questi giorni il governo italiano sta cercano di plafonare gli enormi profitti incassati dai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili che incassano il prezzo marginale, stratosferico, che dipende dal gas contrattato sul mercato spot.

In pratica, per abbassare le tariffe elettriche e del gas, non solo si impiegano i proventi fiscali che derivano dalle aste di aggiudicazione dei diritti di emissione della CO2, ma si spostano tutte le risorse fiscali a favore dei venditori di gas: una beffa.

Non è roba di altri tempi, di un passato remoto da leggere sui libri di Storia: il prezzo e l'approvvigionamento di energia, petrolio e gas, sono un fattore di scontro economico e geopolitico.


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Epicoco Silvia: EMA non raccomanda la dose booster nei bambini e adolescenti sani, l'Italia invece la richiede per rinnovare il certificato verde

gocciaagoccia

EMA non raccomanda la dose booster nei bambini e adolescenti sani, l'Italia invece la richiede per rinnovare il certificato verde

di Epicoco Silvia*

Riceviamo e volentieri pubblichiamo ricordando che non solo resta a scuola la distinzione tra vaccinati e non vaccinati ma è tra vaccinati e vaccinati da più di 120 giorni. Il green pass non vale nemmeno 6 mesi. Quindi se il ragazzo non ha fatto la terza dose dopo 120 giorni va in quarantena come i non vaccinati

In virtù del Decreto-legge n. 221/2021 entrato in vigore il 25 dicembre scorso, dal primo febbraio 2022 la validità del certificato verde viene ridotta da 9 a 6 mesi. Il Ministero della Salute sta comunicando a chi ha il certificato in scadenza, la nuova durata dello stesso e la necessità della terza dose (booster) di vaccino anti-Covid per l’ulteriore proroga.

Come genitore, prima di valutare se fare somministrare la terza dose ai miei figli, ho cercato informazioni e dati relativi all’uso della dose booster nella fascia di età dei minori. Ho consultato il database che contiene informazioni dettagliate su tutti gli studi clinici (ClinicalTrials.gov) senza però trovare alcuno studio specifico condotto sui minori in merito alla dose addizionale.


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Sandro Moiso: Studenti e operai uniti nella lotta…?

carmilla

Studenti e operai uniti nella lotta…?

Appunti per una mobilitazione studentesca

di Sandro Moiso

28 gennaio 2022 Non si può morire di alternanza scuola
            lavoroLa nostalgia non è mai una buona compagna di viaggio, sia nella vita che in politica, pertanto le riflessioni che seguono esulano da eventuali rimpianti per una stagione apparentemente finita da decenni. Detto questo, però, è inevitabile registrare come in una società che non ha mai perso le caratteristiche di sfruttamento e comando sulla forza lavoro che già erano state alla base delle rivolte operaie degli anni Sessanta e Settanta, in un contesto in cui alcune caratteristiche del lavoro precarizzato sono penetrate sempre di più anche all’interno dei percorsi scolastici contraddicendo la favoletta della formazione culturale dei futuri cittadini, sia ridiventata possibile sperare in una ripresa dell’unità di intenti tra settori del mondo del lavoro e studenti, soprattutto delle scuole superiori, come è riscontrabile oggi a partire dalle mobilitazioni che hanno coinvolto gli stessi in almeno trenta città italiane dopo la tragica morte, durante l’ultimo giorno dello stage di alternanza scuola-lavoro, di un giovane diciottenne, Lorenzo Parelli, in un’azienda dislocata in provincia di Udine.

D’altra parte gli studenti medi, nelle spontanee manifestazioni avvenute dopo la morte di un loro coetaneo sul luogo di lavoro in cui avrebbe dovuto apprendere elementi utili ad una formazione professionale, cui le scuole statali sembrano aver abdicato da molti anni a questa parte, hanno evidenziato un elemento che da troppo tempo, al di là dei falsi piagnistei sindacali e governativi, caratterizza il mondo del lavoro italiano, ovvero il fatto che in questa democratica repubblica sono da contare almeno tre morti al giorno sui posti di lavoro. Cifra che il periodo di allerte ed emergenze pandemiche non ha certamente contribuito a far diminuire.


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Michele Di Mascio: Gli studi “randomizzati”sulle cure per il Covid-19 da fare a casa: un po’ pochini e un po’ poco raccontati

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Gli studi “randomizzati”sulle cure per il Covid-19 da fare a casa: un po’ pochini e un po’ poco raccontati

di Michele Di Mascio

farmaci per la cura della covid 19 900x760Una recente intervista sulle cure per il Covid da fare a casa, andata in onda in prima serata, evidenzia come questo tema venga tuttora trattato senza accennare minimamente al senso di frustrazione che imperversa da due anni, in una parte della società civile e della stessa comunità scientifica, per via dei tempi sorprendentemente lunghi con cui decollano o procedono gli studi controllati su questi arsenali, sotto i fari spenti dei main stream media.

È stato uno dei temi affrontati, da me e da altri, per esempio nell’incontro di Politiche Pandemiche (Torino, 8 Dicembre 2021) che conta finora più di duecentomila click su Youtube o nell’udienza di Senato pubblica avanzata dal senatore americano Ron Johnson Covid-19: A Second Opinion (Washington, 24 Gennaio 2022), che ѐ stata seguita in streaming da più di un milione e quattrocentomila persone. Condivido tutto quello che ѐ stato detto in questi incontri? No, ma non condivido nemmeno tutto quello che altre\i portavoci della comunità scientifica hanno espresso in questi due anni attraverso i main stream media, senza per questo però abbracciare militanze oltranziste per soffocare i loro punti di vista, mentre, va ricordato, Facebook ha inflitto censura all’incontro italiano decidendo di oscurarlo durante lo streaming dell’8 Dicembre scorso. Chissà perchѐ…

* * * *

Il dottor Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, spiega in un'intervista andata in onda qualche giorno fa1 che se si interviene sul paziente infettato da Sars-Cov-2 prima che la risposta immunitaria per contrastarlo diventi aberrante, si ha un’alta probabilità di prevenire l’insorgenza ed esacerbazione della malattia da Covid evitando così di finire in ospedale- In altre parole, esiste una finestra temporale di intervento farmacologico subito dopo il contagio, per trasformare in benigno l’intero corso dell'infezione da Covid.


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Eric Toussaint: Rosa Luxemburg e il debito come strumento imperialista

ilpungolorosso

Rosa Luxemburg e il debito come strumento imperialista

di Eric Toussaint

0 17107Il 2022 sarà un anno molto difficile per i paesi dominati e controllati del Sud del mondo, specie per quelli più indebitati con l’estero. Per almeno due ragioni: i 42 paesi che avevano aderito alla sospensione del pagamento delle rate per il 2020 e il 2021, dovranno ricominciare a pagare; molti di questi paesi vengono colpiti duramente dall’aumento del prezzo del petrolio e del gas. Nel complesso i 74 paesi più poveri del mondo dovranno versare ai loro creditori (i sanguisuga di sempre, ossia le vecchie potenze coloniali, a cui si è aggiunta la Cina) 35 miliardi di dollari – secondo la Banca mondiale si tratta di un aumento del 45% sul 2020. Un onere pressoché insostenibile, per cui più della metà di questi paesi sarà costretto a chiedere la ristrutturazione del debito estero – che comporta sempre, come ha mostrato Chossudovsky, l’appesantimento del debito e della dipendenza economica e politica. Tra i paesi più a rischio insolvenza Sri Lanka, Ghana, Tunisia, Salvador, ma altri – come il Libano – sono già alla bancarotta.

Ecco perché ci è sembrato utile riprendere (e tradurre) dal sito del CADTM (Committee for the Abolition of Illegitimate Debt) questo articolo di E. Toussaint che espone in modo piano l’analisi della funzione imperialista dei prestiti internazionali compiuta da Rosa Luxemburg nel suo L’accumulazione del capitale. E’ utile precisare che, per noi, da cancellare è l’intero debito estero dei paesi dominati e controllati dalle potenze imperialiste, non una sua parte.

* * * *

Nel suo libro intitolato L’accumulazione del capitale, pubblicato nel 1913, Rosa Luxemburg dedicò un intero capitolo ai prestiti internazionali per mostrare come le grandi potenze capitaliste dell’epoca utilizzassero i crediti concessi dai loro banchieri ai paesi collocati alla periferia [del mercato mondiale] al fine di esercitare il proprio dominio economico, militare e politico su di essi.


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Andrea Zhok: Pillole di psicologia del potere

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Pillole di psicologia del potere

di Andrea Zhok

Premessa: la dinamica descritta qui sotto è una dinamica “intelligente”, ma questo non significa che sia anche una dinamica “pianificata”. Come la biologia, la sociologia e l’economia in varie forme ci insegnano, esistono dinamiche di comportamento individuale e collettivo che presentano una logica interna ferrea, senza che questa logica sia stata meditata o pianificata da alcuna mente particolare. Questa premessa serve a chiarire in anticipo che non bisogna pensare a strateghi sottilissimi (per quanto non possano essere esclusi) di fronte a dinamiche di potere intelligenti ed efficaci: le circostanze e l’istinto possono generare questi effetti anche senza un piano a monte.

Ora, l’esercizio del potere consente sempre di creare forme di dipendenza psicologica nei sottoposti, dipendenza tanto più forte quanto più il potere è esercitato in forme arbitrarie. Questo processo è visibile sul piano psicologico nella cosiddetta “sindrome di Stoccolma” e nelle tecniche del cosiddetto “lavaggio del cervello”, tutte radicate in una dinamica iniziale di assoggettamento.


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Nico Maccentelli: Col senno di poi…

nicomaccentelli

Col senno di poi…

di Nico Maccentelli

Col senno di poi mi chiedo oggi in che razza di sinistra comunista sono stato. Mi ricordo, ed erano solo sei mesi fa, come per le comunali della mia città questa sinistra è riuscita a fare due liste copia carbone. Esattamente uguali ovviamente per il cittadino comune che non può conoscere le “differenze”.

Una sinistra comunista che non ha saputo vedere il passaggio bio-fascista, il vero fascismo che sta avanzando con la tecnologia del controllo, l’intelligenza artificiale, come le società liberali si stiano trasformando un nuovo medio evo fatto di servi della gleba greenpassati, che possono o non possono fare e avere diritti in base al comportamento.

Una sinistra comunista che cerca nella Cina le misere spoglie di un socialismo novecentesco che fu. Lo cerca in un grande sistema di burocrati e nuovi padroni che ha ideato per primo il sistema di controllo sulle persone e la società ideando il credito sociale.


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Francesco Guadagni: Ma quale "novità"! cara Repubblica, sulla strage di Brescia bastava leggere Pasolini

lantidiplomatico

Ma quale "novità"! cara Repubblica, sulla strage di Brescia bastava leggere Pasolini

di Francesco Guadagni

Qualche giorno fa, il quotidiano 'La Repubblica', ci ha informato di una nuova inchiesta della procura di Brescia, nella quale si ipotizza il coinvolgimento del Comando NATO di Verona nella Strage di Piazza della Loggia avvenuta il 28 maggio del 1974 al termine di una manifestazione contro il terrorismo neofascista. Nell'attentato, attuato con una bomba nascosta in un cestino dei rifiuti, morirono 8 persone. Altre 102 rimasero ferite.

Il quotidiano Elkann-Agnelli, nel voler informarci della novità dell'indagine, quasi ci ammonisce per prepararci ad una grande novità, che mai avremmo potuto immaginare, al punto da poter sconvolgere le nostre esistenze: "la nuova inchiesta sulla strage neofascista di Brescia porta lì dove nessuno poteva immaginare. Il comando Nato di Verona".

Avete letto bene, secondo 'Repubblica' nessuno finora aveva immaginato che la NATO, ovvero gli Stati Uniti d'America fossero in qualche modo responsabili di quella che è passata alla storia come la 'Strategia della tensione' che coinvolgeva politici, gruppi neofascisti, Servizi segreti deviati, e quelli esteri come la CIA, la Massoneria, personaggi importanti della vita economica italiana, per impedire l'avanzata del Partito Comunista italiano.


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Federico Dezzani: Olimpiadi, Ucraina, inflazione

federicodezzani

Olimpiadi, Ucraina, inflazione

di Federico Dezzani

Si avvicinano le olimpiadi invernali di Pechino ed è probabile che l’evento coincida con un nuovo round di destabilizzazione in Ucraina, tale da indurre Mosca ad un intervento militare più o meno diretto. Guastare i giochi olimpici cinesi è un obiettivo secondario: gli anglosassoni mirano a mettere la Germania con le spalle al muro e, generando un’onda inflattiva via choc energetico, a innescare quella stretta monetaria che destabilizzerà le piazza finanziarie mondiali

Due settimane di tensione

Era l’estate 2008: mentre l’attenzione mondiale era concentrata sui giochi olimpici di Pechino, intenta a celebrare la sua rinata potenza, nella lontana Georgia si consumava il primo grande intervento militare russo fuori dai confini nazionali dopo il crollo dell’URSS. In risposta alle provocazioni del presidente georgiano Mikheil Saakashvili (ora emigrato in Ucraina) e alla sua decisione di rompere unilateralmente gli accordi russo-georgiani stipulati negli anni ‘90, Mosca ordinava la fulminea occupazione dell’Ossezia del Sud e Abcasia, due “porte chiave” per l’accesso al Caucaso e quindi al Medio Oriente.


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Antonio Lupo: Non solo Amazzonia, in Brasile si va verso la decimazione dei contadini (come è già avvenuto in Europa e Usa)

pressenza

Non solo Amazzonia, in Brasile si va verso la decimazione dei contadini (come è già avvenuto in Europa e Usa)

di Antonio Lupo

Nato nella Milano industriale e operaia del dopoguerra, ho avuto la fortuna di incontrare negli ultimi 20 anni il mondo contadino, in America Latina, soprattutto in Brasile, e poi in Italia.

In Brasile ci sono andato 8 volte, ospite per lunghi periodi negli accampamenti e negli insediamenti del Movimento Sem Terra (MST) e partecipo all’appassionato lavoro del Comitato italiano Amigos MST, dalla sua nascita nel 2004.

Il lavoro di Amigos Italia non è un lavoro da tifosi, appoggiamo l’MST, che è una componente importante di Via Campesina Internazionale (un movimento mondiale di 200 milioni di piccoli contadini), collaboriamo con i movimenti contadini italiani, ma analizziamo e discutiamo anche tra di noi, come abbiamo fatto nel 2020 per l’elaborazione del documento “Per un mondo senza pandemie, una nuova relazione con il pianeta. Riforma agraria ecologica mondiale subito!http://www.comitatomst.it/2020/11/30/per-un-mondo-senza-pandemie-una-nuova-relazione-con-il-pianeta-riforma-agraria-ecologica-mondiale-subito/


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Feb 12, 2022, 2:10:52 AM2/12/22
to sante gorini

"E' uno strumento di repressione del dissenso"

lantidiplomatico

"E' uno strumento di repressione del dissenso"

Lettera aperta di 'Universitari e Ricercatori contro il Green Pass' a Mario Draghi

720x410c50mo07f"È poi inevitabile che, in queste circostanze, l’estensione dell’obbligo vaccinale al personale universitario venga percepito come strumento di repressione del dissenso: ... Piuttosto che essere visto come un intervento dettato da urgenze di tipo prettamente sanitario, l’imposizione dell’obbligo in questione all’esigua minoranza di docenti e altro personale che finora avevano preferito non avvalersi dell’opportunità di vaccinarsi rischia quindi di essere interpretato, anche all’esterno del mondo universitario, come una misura vessatoria nei confronti di quanti propongono dall’interno degli Atenei analisi scientifiche e politiche di intervento non in linea con la posizione governativa." Il Prof. Cosentino rilancia sul suo canale Telegram la lettera aperta da parte di "Universitari e Ricercatori contro il GreenPass" al Presidente del Consiglio Mario Draghi che vi pubblichiamo in calce nella sua interezza.

* * * *

Al Ministro per l’Università e la Ricerca

e, p.c., ai Ministri della Repubblica Italiana

Ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica

Al Presidente della Corte costituzionale

Siamo un gruppo di lavoratrici e lavoratori di Atenei, di Enti di Ricerca e di Istituti di Alta Formazione italiani (tecnici, amministrativi, bibliotecari, lettori, collaboratori ed esperti linguistici, ricercatori, docenti) che ha avviato una discussione sulle ricadute nel mondo universitario e nella società civile delle politiche di gestione della pandemia. Tra noi vi sono sia persone vaccinate che non vaccinate, altre sono guarite dalla malattia e altre ancora sono state esentate dalla vaccinazione.


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Spread It: Scacchiere europeo

cumpanis

Scacchiere europeo

Nuovi giochi e vecchie facce nello scacchiere europeo

di Spread It

Spread It, Collettivo di propaganda, informazione e discussione politica. Con questo articolo il Collettivo inizia la sua collaborazione a "Cumpanis"

IMMAGINE PRIMO PEZZO SEZIONE UE ASIA EURASIAIl giorno 25 i lettori della cronaca internazionale vengono investiti da una notizia, che, dati i toni usati da quasi tutta la stampa occidentale, sembra incredibile.

Un gruppo di imprenditori italiani, rappresentanti della Camera di Commercio Italia-Russia e del Comitato imprenditoriale italo-russo si incontra in video conferenza con Putin, ufficialmente per discutere dei rispettivi rapporti (1).

Notizia che spiazza il lettore medio, abituato a percepire tutto ciò che ha a che fare con l’occidente capitalista come baluardo del bene e della libertà, pronto, con la civiltà che esprime, a scagliarsi contro le autocrazie dispotiche dell’Est, contro i poteri personali che incrementano le distopie.

Notizia che spiazza gli ignari e defraudati lettori, ma che imbarazza anche il governo, guidato attualmente da uno dei campioni dell’atlantismo.

Un governo che si affretta ad avvisare gli Ad delle partecipate di cui fa parte, e che erano presenti all’incontro (ENI ecc.), di disertare il meeting e rientrare all’ovile.

Ma il meeting continua, nella mattinata del 26, segno che le cose da dirsi, insieme al presidente della Federazione Russa, hanno una certa importanza.

Questo appena riassunto, è un esempio di quanto le questioni aperte dall’espansionismo ad Est della NATO (in questa particolare contingenza) abbiano una complessità di fondo che non può essere ignorata.

Esistono due questioni, nell’attuale contingenza politica continentale, che sottendono alla situazione di stallo venutasi a creare tra gli Stati Uniti e la Federazione Russa.


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Rocco Ronchi: Il paradigma immunitario

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Il paradigma immunitario

di Rocco Ronchi

81tuNJD0ceLLa pandemia ha causato capogiri ai filosofi, a quelli italiani in particolare. Talvolta l’effetto è stato un capitombolo, talaltra un surplus di lucidità e di autocritica intelligenza. Purtroppo le cadute rovinose sono state enfatizzate dai media, con grave disdoro della filosofia che si è così trovata accomunata alle peggiori farneticazioni complottiste, mentre i miglior contributi che il pensiero ha offerto alla comprensione del presente sono stati, come sempre, bellamente ignorati. Va subito detto che il mal di testa non si doveva al fatto che, a causa della pandemia, la filosofia si misurava con qualcosa di nuovo, di inatteso e di stupefacente. La vertigine nasceva piuttosto dal contrario: da un eccesso di conferma dell’ipotesi di fondo intorno alla quale il cosiddetto italian thought si era costituito e grazie alla quale aveva acquisito negli ultimi trent’anni un prestigio internazionale.

L’ipotesi “biopolitica” di un potere che dal piano esclusivamente “politico” si estende alla vita biologica, assumendosela in carico, gestendola e amministrandola, era verificata puntualmente dai fatti di cui tutti siamo stati testimoni e che è inutile, per la loro evidenza, elencare. L’ipotesi di una “governamentalità” che eccede la dimensione giuridica dello Stato, ponendo l’esecutivo in un costante “stato di eccezione”, era confermata dalle decisioni prese, quasi all’unisono, dai governi “democratici” per fronteggiare l’epidemia. Insomma, tutto quanto era stato teorizzato come critica di una tendenza che percorreva la modernità trovava una scioccante conferma nell’attualità. E siccome il più clamoroso esempio storico che si adduceva a suffragio della ipotesi era la biopolitica nazista, ecco allora che il nazismo poteva diventare l’inevitabile termine di paragone del presente.


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Thomas Fazi: Protocollo letale

theunconditional

Protocollo letale

di Thomas Fazi

«Abbiamo trovato notevole, e sorprendente, vedere la differenza nelle probabilità di diventare un paziente grave quando si è carenti di vitamina D rispetto a quando non lo si è», hanno dichiarato al “Times of Israel” il dottor Amiel Dror, un medico del Galilee Medical Center, e il ricercatore Bar Ilan.

Proprio da uno studio peer-reviewed di Dror e colleghi appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “PLOS ONE”¹, infatti, arriverebbe l’ennesima conferma circa l’utilità della vitamina D nel ridurre – e di tanto – il rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19, soprattutto nelle persone più anziane (cioè quelle maggiormente a rischio di ospedalizzazione e/o morte).

Gli scienziati israeliani sostengono di essere ormai riusciti a dimostrare al di là ogni ragionevole dubbio che esiste una chiara correlazione tra i livelli di vitamina D nel corpo e il rischio di malattia grave e/o di morte post-infezione – e dunque che l’aumento dei livelli di vitamina D può aiutare a ridurre significativamente ridurre il rischio di malattia grave e/o di morte –, al punto da poter predire con ragionevole certezza l’impatto del virus su un soggetto basandosi unicamente sulla loro età e sui loro livelli di vitamina D (vedi l’immagine).


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Alberto Fazolo: Bugie sulla sicurezza dei vaccini Usa

lantidiplomatico

Bugie sulla sicurezza dei vaccini Usa

di Alberto Fazolo

Per contrastare la pandemia i paesi occidentali (UE, USA e altri) hanno deciso di ricorrere all'uso di due vaccini di proprietà di colossi farmaceutici americani. I governi, le strutture sanitarie e le case farmaceutiche ci hanno assicurato che questi vaccini "funzionano e sono sicuri".

Io non ho le competenze mediche per dire se realmente questi vaccini "funzionano e sono sicuri" ma penso di avere quel minimo di buon senso per non fidarmi di un'affermazione così ridicola. Al momento in cui scrivo, in Italia c'è il quintuplo dei contagi giornalieri rispetto al massimo registrato l'anno passato, (cioè quando non c'era il vaccino), mentre i morti sono centinaia al giorno.

Quindi se per "funzionare" si intende che i vaccini americani fermino la pandemia, è allora evidente che non funzionano. Tuttavia, quei vaccini sono effettivamente in grado di contenere lo sviluppo dei sintomi e ciò è un bene soprattutto per le categorie più fragili. A prescindere da ogni eventuale valutazione sulla pericolosità dei positivi asintomatici, si pone impellente un'altra questione: la durata di questi vaccini. Ad ora sembrerebbe che i vaccini americani dopo pochi mesi perdano di efficacia, tant'è che sebbene presentati come farmaci da assumere in due dosi, nel giro di un anno in molti hanno già dovuto farne la quarta.


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Piccole Note: Ucraina. Contrordine: l'invasione russa non è più imminente

piccolenote

Ucraina. Contrordine: l'invasione russa non è più imminente

di Piccole Note

L’America non dirà più che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è “imminente“. Così la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, spiegando che la precedente comunicazione era erronea.

C’è da restare basiti, non solo per la leggerezza con la quale Washington tratta una crisi che ha il potenziale di scatenare la terza guerra mondiale, ma anche per l’insostenibile leggerezza dei media, che per giorni hanno ripetuto come un mantra tale affermazione, senza porre e porsi domande su un’affermazione evidentemente infondata (vedi Piccolenote).

Al di là, la situazione attuale vede due conflittualità, uno evidente, tra Mosca e Occidente, e uno che attraversa l’Occidente stesso, dove alcuni ambiti spingono per un confronto duro, a rischio guerra (ripresa della guerra del Donbass per esser chiari e non altro) e altri che invece stanno tentando convergenze.

Tale ultimo ambito vede in prima fila alcuni Paesi europei, che contano nulla però possono far da sponda all’amministrazione Biden, che sta tentando davvero un dialogo con la Russia.


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Miguel Martinez: Co-spiratori!

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Co-spiratori!

di Miguel Martinez

A cogliere il senso profondo dell’orrore che viviamo, e l’unica via – forse – di uscita, ci potevano essere solo dei francesi. Proprio perché la Francia è molto più avanti di noi nelle tenebre…

Alcuni amici co-spiratori, cioè che respirano assieme, mi indicano uno strano sito, quello dei testardi.

Il cui comunismo non ha nulla a che vedere con i demoniaci leviatani del Novecento.

Quell’altro comunismo, che non è di “sinistra”, una storia antichissima di persone che scambiano, condividono e non obbediscono.

Gli autori sono gente anonima, che le voci dicono provengano dal Comitato Invisibile, ma forse la voce è falsa, come in tutte le cospirazioni.

Ascoltiamo, prima che il nemico si impossessi per sempre anche delle nostre menti.

* * * *

Viviamo in uno dei tempi più oppressivi, lo sappiamo tutti.

Siamo sotto il regno assoluto del capitalismo e di tutte le sue devastazioni, ovviamente, sotto il regno assoluto della democrazia e del suo totalitarismo, ovviamente , sotto il regno assoluto degli strumenti e delle tecniche di propaganda, ovviamente , sotto il regno assoluto di sempre più dispositivi di controllo, ovviamente.


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Pasquale Cicalese: La forza dell'economia cinese

pianocontromercato

La forza dell'economia cinese

di Pasquale Cicalese

Vi sottopongo un articolo uscito oggi su People’s Daily, che riprende l’agenzia Xinhua. E’ molto chiaro, obiettivo, alcune volte celebrativo, ma dà l’idea della forza dell’economia cinese. In particolare, l’articolo accusa le banche centrali occidentali di aver provocato inflazione a livello mondiale, mentre la Cina ha fatto esattamente l’opposto. Già nel mio libro Piano contro mercato scrivevo dello scontro tra “asset inflation” occidentale e “lotta di barricata” cinese, condotta dalla Banca Centrale cinese. I risultati, a distanza di 20 anni li potete vedere voi. L’inflazione sta falcidiando in occidente stipendi, salari e risparmi, frenando l’economia. Questo perché migliaia di miliardi sono stati immessi, o meglio, regalati, al sistema, vale a dire a speculatori che hanno speculato sulle materie prime energetiche, industriali e agricole. L’Occidente si guardi allo specchio, prima di giudicare. Per il resto, buona lettura.

* * * *

Di Hu Wenjia, Fang Dong, Zhang Yizhi, Liu Yinglun (Xinhua) 09:08, 02 febbraio 2022 PECHINO, 1 febbraio (Xinhua) – Seguendo la traiettoria della ripresa economica mondiale, la gente scoprirà che la resilienza della Cina è una forza indiscutibile.


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Stefania Consigliere, Alessandro Pacco, Cristina Zavaroni: Rieducational Channel. Il lockdown come dispositivo di rieducazione politica

carmilla

Rieducational Channel. Il lockdown come dispositivo di rieducazione politica

di Stefania Consigliere, Alessandro Pacco, Cristina Zavaroni

LockdownUn’ipotesi fin troppo facile

Il fenomeno è noto e spaventoso: a fronte di quanto sta accadendo, la gran parte dei nostri connazionali non trova niente da obiettare, neanche quando il governo manda uomini armati alle fermate degli autobus per controllare il GP dei ragazzini. Qui come altrove, i meno alienati abbassano gli occhi e tirano dritto; gli altri neppure vedono.

Si è parlato di strage delle coscienze, di immensa vergogna, di maledizione pandemica. Un’ottava piaga biblica che ha colpito in modo strano, trasversale a qualsiasi categoria socio-economica, lasciando a terra moltissimi fra quelli che credevamo più attrezzati, resistenti, attenti: l’antagonismo e la “sinistra di movimento”, insomma, ivi inclusa larga parte del femminismo, delle forze LGBTQ+ e delle realtà solidali con i sans papiers, che sembrano cadute in una sorta di rimozione a getto continuo di ciò che, pure, è sotto i nostri occhi. Troia brucia, ha scritto Wolf Bukowski, ma guai alle Cassandre che lo dicono.

Cos’ha reso possibile un simile cedimento politico, cognitivo, psichico ed emotivo? In una serie di quattro testi scritti fra agosto e novembre 2021 (si trovano qui: 1, 2, 3, 4), il compagno Nicola ha identificato alcune cause strutturali profonde: (1) l’incrocio fra la precarietà esistenziale degli ultimi decenni e l’ideologia individualista, che induce a puntare tutto sul magic bullet vaccinale per poter tornare il prima possibile a produrre e consumare; (2) lo sbarramento mediatico opposto agli scienziati dissidenti che li ha indotti, spesso, a portare i loro argomenti su siti alternativi destrorsi; (3) la scomparsa del movimento operaio e della sua contronarrazione; (4) la confusione fra la collettività che protegge, e che è da proteggere, e lo Stato; (5) la confusione fra la libertà individuale di destra (quella dell’individuo borghese di sfruttare e consumare) e la pura e semplice libertà di vivere; (6) l’infantile entusiasmo per il presunto blocco dell’economia di una parte della compagneria, incapace di avvedersi che quel “blocco” significava solo la vittoria di alcune, specifiche bande del capitalismo contro altre ormai obsolete.


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Circolo Internazionalista “Coalizione Operaia”: Classe per sè o classe per altri?

circolointernazionalista

Classe per sè o classe per altri?

di Circolo Internazionalista “Coalizione Operaia”

copÈ passato esattamente un anno dalla pubblicazione del nostro opuscolo su “Il marxismo e la questione fiscale”, terreno di lotta politica del proletariato sul quale, nel corso dell’ultimo anno, più di qualche sedicente “rivoluzionario” ha goffamente sdrucciolato. Non abbiamo la pretesa di ritenere che la graduale sordina calata su quella che sembrava dover diventare la madre di tutte le rivendicazioni politiche di classe – la “million tax” – sia merito nostro. Una rivendicazione che risponde ad interessi di strati sociali storicamente a rimorchio, che non ha nessun aggancio con la dinamica delle lotte reali del proletariato, che non risponde alle esigenze di questa lotta, ma soprattutto che non è in cima all’agenda politica borghese, non ha gambe proprie sulle quali camminare, e viene via via lasciata cadere dagli stessi che se ne fanno promotori, per essere magari sostituita da altre parole d’ordine “asso pigliatutto”. Altrettanto irreali, altrettanto sterili. Non è affatto escluso che la “patrimoniale di classe” ritorni alla carica, una volta che “l’aria che tira” alimentata dai mantici della classe dominante la riporti anche solo marginalmente nel dibattito. Per ora, nel bilancio da stilare ad un anno dalla battaglia contro le pretese di “marxificare” la “million tax”, possiamo solo riscontrare con moderata soddisfazione che quel tentativo è stato prontamente e severamente rintuzzato. Di seguito pubblichiamo il testo della relazione di presentazione al nostro opuscolo.

* * * *

Nonostante la chiarezza cristallina della nostra posizione in merito alla questione fiscale, siamo stati “bollati” dai propugnatori di una politica fiscale massimalista (leggi: Tendenza internazionalista rivoluzionaria, sic!) di “indifferentismo”, una banale etichetta di comodo, falsa fino all’inverosimile, che prova miseramente a distogliere l’attenzione dall’intrinseca inconsistenza di qualsiasi proposta di “million tax classista”.


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Fausto Sorini: Note sulla vicenda del Quirinale e sull’Italia che verrà

marx xxi

Note sulla vicenda del Quirinale e sull’Italia che verrà

Intervento di Fausto Sorini

Senato politicafemminileVale la pena ritornare sulla vicenda del Quirinale, a cui Marx21.it ha dedicato il suo editoriale del 30 gennaio (1). Essa si sta rivelando assai disvelatrice di tendenze e contraddizioni di fondo della società italiana, di processi e progetti politici differenziati che la attraversano e spaccano coalizioni e partiti anche al loro interno. E allungano lo sguardo sul futuro politico del Paese, dato che l’attuale configurazione del quadro politico italiano appare tutt’altro che stabilizzata.

L’Italia è un Paese rilevante nell’equilibrio geo-politico euro-atlantico (imperniato su Stati Uniti, Ue e Nato) ed euro-mediterraneo (Israele, Medioriente, Nord Africa); tanto più in un contesto di nuova guerra fredda, in alcune aree già calda. Anche sul piano della stabilità economica, scioccata dalla pandemia, l’Italia è paese tutt’altro che secondario negli equilibri e nella tenuta dell’euro e dell’Unione europa.

Che cosa vogliono quindi i “poteri forti”, italiani ed esteri, dall’Italia?

-Rigidà fedeltà euro-atlantica nello scontro globale con Russia e Cina (altro che Via della Seta e cooperazione pacifica euro-asiatica o euro-mediterranea);

-che il Paese non crolli economicamente e riduca il debito pubblico, senza sostanziali redistribuzioni della ricchezza nazionale a danno dei gruppi dominanti e dei ceti sociali medio-alti;

-che riduca e contenga la spesa sociale (pensioni, scuola e sanità pubblica);

-che resti fedele ai parametri liberisti della Ue, sia in fase di austerità che in fase di politica più espansiva. E quindi NO ad un ruolo preminente del pubblico nella vita economica, piena libertà d’azione al capitale finanziario e alle banche, nessuna nazionalizzazione o primato del pubblico in tale settore;


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SI Cobas: Due anni dopo, la criminale volontà di non perseguire piani di tutela sanitaria è evidente

ilpungolorosso

Due anni dopo, la criminale volontà di non perseguire piani di tutela sanitaria è evidente

di SI Cobas

Il discorso di insediamento del Mattarella-bis è stato un concentrato di ipocrisia specie nelle parti dedicate alla “dignità” e alla necessità di “assumere la lotta alle disuguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche”. Questo testo del SI Cobas ne smonta la stomachevole retorica per quel che riguarda il “diritto”, il bisogno umano fondamentale di vivere in salute, violato su grande scala in questo biennio sia nei confronti dei contagiati dal Covid, che delle persone affette da altre patologie, anche molto gravi – se impossibilitati, come lo è la grande maggioranza dei lavoratori, a ricorrere alla sanità privata. Due anni fa si poteva invocare come ipotetica scusante l’impreparazione; ora, passati due anni, risalta in tutta la sua evidenza la volontà criminale di “non perseguire piani di tutela sanitaria”. Sbarazzarsi di un po’ di popolazione malata alleggerirà la spesa statale e ridurrà la quota di forza-lavoro eccedente da rivoluzione industriale (e dei servizi) 4.0. A meno che, a meno che…

* * * *

ANCORA CHIUSURE DELLE SALE OPERATORIE

(Come passare dalla prima alla quinta ondata senza spendere un soldo)


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Guido Cappelli: Il tavolo dalle gambe storte. Prospettive del dissenso

comedonchisciotte.org

Il tavolo dalle gambe storte. Prospettive del dissenso

di Guido Cappelli*

La mancata elezione di Mario Draghi alla Presidenza della Repubblica rappresenta senza dubbio una (relativa) battuta d’arresto nel percorso che in Italia porta al dissolvimento per le vie di fatto della democrazia parlamentare e all’instaurazione di un presidenzialismo “muscolare”. L’attuale situazione di stallo non fa che differire il problema di fondo, quello di una classe politica in gran misura asservita alle logiche delle oligarchie cosmopolitiche occidentali, di cui, più a torto che a ragione, si sente parte, voltando ancora una volta le spalle al popolo italiano, semplicemente perché nel popolo italiano non crede. È già accaduto, non una ma diverse volte nel corso dei secoli: fin dalla discesa di Carlo VIII di Francia, più di cinquecento anni fa, le élite italiane sono state abituate a diffidare dei propri popoli, a guardare piuttosto ai loro “pari” al di là delle Alpi, a cercare l’alleanza dinastica, le componenda, il compromesso al ribasso, l’accordo sottobanco, alle spalle di una cittadinanza che temono e che disprezzano. È uno dei tanti vizi italici. Secoli di sottomissione e di assenza di sovranità li hanno abituati a una slealtà strutturale verso il proprio Paese, cui fanno da precario contrappeso poche, ancorché decisive, fiammate di vitalità democratica e popolare. Francia o Spagna purché se magna. È con gli eredi di queste élite cortigiane e infingarde che abbiamo a che fare ora.


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Thomas Fazi: Ultime dal Draghistan

theunconditional

Ultime dal Draghistan

di Thomas Fazi

Anche quest’oggi è arrivato il momento di fare il punto su quello che succede nella galassia Covid. La notizia del giorno, per quanto mi riguarda, è l’estensione dell’obbligo vaccinale surrettizio (cioè de facto anche se non de jure) ai bambini dai 5 anni in su attraverso lo strumento più infame di tutti, e quindi quello preferito da questo governo: il ricatto e la discriminazione, per di più esercitati nei confronti di bambini piccolissimi (e dei loro genitori ovviamente).

Nel nuovo decreto Covid, infatti, si prevede che già dalla primaria, in caso di positivi in classe, andranno in DAD solo i bambini non vaccinati. È evidente che questo costringerà moltissimi genitori, che magari avrebbero legittimamente e liberamente scelto di fare diversamente, a vaccinare i propri figli, sia per evidenti ragioni logistiche ed economiche che per la tutela della salute mentale dei bambini.

Questo si accompagna a una comunicazione sempre più terroristica sul fatto che adesso il Covid colpirebbe soprattutto i bambini, che i ricoveri di bambini positivi al Covid sarebbero saliti alle stelle ecc.


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comidad: L’autonomia differenziata e l'incognita del superpresidenzialismo

comidad

L’autonomia differenziata e l'incognita del superpresidenzialismo

di comidad

Poche idee sono più radicate, e più infondate, della rappresentanza politica degli interessi sociali. La Lega è senza dubbio il caso più manifesto di questa infondatezza, dato che nei suoi comportamenti politici si può riscontrare un totale scollamento dagli interessi della sua base elettorale, cioè il ceto medio delle piccole e medie imprese e dei piccoli proprietari fondiari. Un anno fa l’ingresso della Lega nel governo Draghi ha offerto copertura ad una serie di iniziative come l’indebitamento col Recovery Fund, l’istituzione del Green Pass e la revisione delle stime catastali, misure che nel loro complesso comportano una limitazione della libertà economica della piccola impresa ed, in prospettiva, un aumento dei carichi fiscali. Nei giorni scorsi la Lega ha partecipato, con Forza Italia, alla rielezione del presidente Mattarella, cioè proprio di colui che un anno fa aveva impedito col pretesto Covid quelle elezioni anticipate che avrebbero consentito al centro-destra di andare al governo. In effetti l’ingerenza di Mattarella si era esercitata già prima, poiché sarebbe bastato appena ventilare l’ipotesi costituzionale dello scioglimento delle Camere per far sì che la crisi del governo Conte bis rientrasse, dato che la maggioranza dei parlamentari sa che con questa legislatura la sua carriera si chiude.


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Olivier Bélanger-Duchesneau: Anselm Jappe, Sotto il sole nero del capitale

blackblog

Anselm Jappe, Sotto il sole nero del capitale

di Olivier Bélanger-Duchesneau

Anselm Jappe: Sous le soleil noir du capital. Chroniques d'une ère de ténèbres, Albi, Crise & Critique, coll. "Palim psao", 2021, 457 p.

L'ultima raccolta di articoli del teorico critico Anselm Jappe, dal titolo "Sous le soleil noir du capital", riunisce un certo numero di testi scritti dall'autore negli ultimi dieci anni che sono stati pubblicati su varie riviste. In questa antologia, Jappe assolve un importante compito critico, che egli sta portando avanti fin dall'inizio degli anni '90: quello di partecipare allo sviluppo di «una vera e propria critica del capitalismo», che sia «necessariamente una critica tanto del capitale quanto del lavoro» (p. 9). E infatti, questo libro si inscrive nell'orizzonte teorico della «critica del valore» (Wertkritik, in tedesco), una corrente anticapitalista di ispirazione marxiana (e non "marxista") di cui oggi Jappe è il principale rappresentante nel mondo di lingua francese. Il libro si articola in due parti: la prima, interamente riservata alla teoria del capitalismo, che costituisce il progetto intellettuale della Wertkritik, mentre la seconda comprende una serie di articoli che si concentrano su dei temi particolari, siano essi legati all'attualità (movimenti sociali, violenza della polizia, bioetica, ecc.) o di natura più teorica (romanticismo rivoluzionario, progressismo, critica e recensioni di autori).


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Feb 13, 2022, 1:49:09 PM2/13/22
to sante gorini

 

Giorgio Gattei: Così parlò Saggio Massimo. Cronache marXZiane n. 7

maggiofil

Così parlò Saggio Massimo. Cronache marXZiane n. 7

di Giorgio Gattei

Cubo
            di ZarathustraSul pianeta Marx, questo corpo celeste improvvisamente comparso nella costellazione dell’Economia sul finire del XVIII secolo, è presente una estrema periferia dove non si pagano salari (così si dice, ma non è proprio così come vedremo). Qui abita Saggio Massimo (del profitto) che logicamente consegue, in un sistema di prezzi di produzione, da un Netto Y che si spartisce tra Salario W e Profitto P, con quest’ultimo misurato da un saggio generale del profitto r sul capitale K complessivamente impiegato:

Y = W + P = W + rK

quando il salario W risulta pari a zero:

max r = R = Y / K

(il che sembrerebbe una pacchia per i capitalisti perché i lavoratori non consumano nulla, ma nella condizione di Saggio Massimo tutto il profitto deve essere risparmiato per essere investito in accumulazione, così che nemmeno i capitalisti consumano nulla). Così Saggio Massimo misura quel rapporto tra Netto e Capitale che nella Cronaca marXZiana precedente abbiamo visto coincidere, mediante l’espediente sraffiano del “sistema tipo”, con quel Rapporto-tipo (R = R*) che prescinde dai prezzi e siccome nella periferia di Saggio Massimo il salario è nullo, R* non è influenzato nemmeno dalle variazioni della distribuzione del reddito che non possono esserci.

Si capisce perciò come quel luogo sia il più insolito del pianeta Marx e dove devono valere regole così particolari di funzionamento che quando Piero Sraffa nella sua esplorazione del pianeta ha incontrato Saggio Massimo, ha voluto farsele spiegare in un colloquio personale.


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Michele Castaldo: Camionisti e soggetto

lacausadellecose

Camionisti e soggetto

di Michele Castaldo

14997136 small 1 690x362Carissimi compagni,

capisco che in una fase molto complicata, come più volte l’ho definita, si possa essere attratti da qualsiasi cosa si muova contro lo stagno della lotta di classe secondo almeno certi canoni, ma occorre lucidità proprio in certi frangenti per evitare di prendere abbagli.

Mi riferisco alla posizione dei compagni di Assemblea militante sulla lotta dei camionisti canadesi che, attratti da una mobilitazione contro le misure restrittive dell’agibilità sociale più che politica, si schierano con essa, la esaltano e si augurano « Che l’atto di forza in corso sul teatro canadese dia fuoco alle polveri, in una serie di pronunciamenti di massa e di piazza a catena in grado di far crollare il castello di menzogne e la realtà da incubo nella quale siamo piombati ».

Visti i tempi, sono costretto a parlare in prima persona, che non è buona cosa, ma quando è necessario esporsi è giusto farlo. Il mio approccio alla questione - ripeto molto complicata e chi la semplifica sbaglia e i fatti si incaricheranno di dimostrarlo – si rifà al metodo che usò Rosa Luxemburg rispetto alla mobilitazione dei contadini in Russia nel novembre del 1917, che pur appoggiando le ragioni del sostegno dei bolscevichi alla causa rivoluzionaria dei contadini, mise in guardia Lenin dicendo: « questi saranno i tuoi aguzzini».

L’aquila reale Rosa prese anche qualche abbaglio quando criticò lo scioglimento dell’Assemblea costituente, e molti comunisti di scuola trockista e democratici occidentali usano proprio la critica di Rosa contro Lenin, per denigrare la Rivoluzione russa e il comunismo.


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coniarerivolta: La ripresa e l’ennesima mazzata ai salari

coniarerivolta

La ripresa e l’ennesima mazzata ai salari

di coniarerivolta

Nella settimana in cui i riflettori dei media sono stati puntati esclusivamente sulla rielezione alla Presidenza della Repubblica di Mattarella, che di fatto comporta il congelamento del quadro politico esistente e la perfetta continuità del Governo Draghi, l’ISTAT ha pubblicato i dati sulla ripresa economica italiana. I numeri raccontano che, nel 2021, il prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto del 6,5% rispetto al 2020. Si tratta, stando sempre ai numeri, del più alto tasso di crescita dal 1976. Commentatori e politicanti non hanno perso l’occasione per un’ennesima sviolinata al Governo dei competenti, esaltando il Premier e le sue straordinarie capacità di gestire i fondi del PNRR, nonché di rassicurare i mercati internazionali con la sua certificata competenza. Lo scorso 1° febbraio il Corriere della Sera ha evidenziato come Draghi stesso si sia detto soddisfatto dei dati sulla crescita, che sarebbero “il prodotto della ripresa globale, ma anche delle misure messe in campo dal governo, a partire dalla campagna di vaccinazione e dalle politiche di sostegno all’economia”.


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Nico Maccentelli: Cara Elisabetta

nicomaccentelli

Cara Elisabetta

di Nico Maccentelli

Pubblico un mio commento rivolto a Elisabetta Canitano di Potere al Popolo di Roma, sicuramente un ottimo medico e una compagna che stimo. Un commento in cui ritengo vi siano una serie di questioni che oggi attraversano la sinistra di classe nello scontro politico sulla questione del movimento no green pass.

… se sei una marxista una comprensione più generale su quanto sta accadendo sarebbe opportuna, non trovi?

Entrambi siamo stati candidati di PaP. Io a Bologna. Pertanto è inutile che ci giriamo intorno. Sin dal mio primo intervento su Contropiano contro il green pass che è di fine luglio scorso ho sperato che si aprisse un dibattito. Nulla. È uscita anche la mia lettera con Evangelisti e Sassi. Solo risposte di redazione di una cosa evidentemente già decisa altrove. Ho lasciato passare la campagna elettorale per disciplina. Ma adesso che l’uso del green pass si è evidenziato come dispositivo di discriminazione sociale e di comando sul lavoro, proprio come avevo evidenziato, è ovvio che ci sia lotta di classe su questo.


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Thomas Fazi: I trent’anni di Maastricht che hanno distrutto l’Italia

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I trent’anni di Maastricht che hanno distrutto l’Italia

di Thomas Fazi

Oggi ricorrono i trent’anni esatti dalla firma del Trattato di Maastricht, ma non c’è nulla da festeggiare.

Era il 7 febbraio del 1992, infatti, quando i rappresentanti dei dodici paesi membri dell’allora Comunità europea – per l’Italia il Ministro degli Affari esteri Gianni De Michelis e il Ministro del Tesoro Guido Carli – si riunirono nella cittadina olandese di Maastricht per dar vita all’ultima fase del processo di unificazione economica e monetaria dell’Europa occidentale e inaugurare formalmente la nascita dell’Unione europea.

Il Trattato di Maastricht non si limitava a stabilire un calendario ufficiale per la creazione dell’Unione economica e monetaria (UEM) – cioè dell’eurozona –, ma definiva anche i rigorosi criteri economici e finanziari che gli Stati dovevano soddisfare per l’ingresso nell’UEM: stabilità dei prezzi e contenimento del debito e del deficit pubblico entro rispettivamente il 60% e il 3% del PIL, nel secondo caso per tendere però al pareggio o al surplus (come ribadirà poi il fiscal compact). Il Trattato, inoltre, proibiva esplicitamente (artt. 104, 123-135) qualunque forma di monetizzazione diretta dei deficit pubblici.


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Francesco Maringiò: La crisi della democrazia moderna. Editoriale

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La crisi della democrazia moderna. Editoriale

di Francesco Maringiò

Non è bastato lo spirito olimpionico a far cessare i tamburi di guerra. Anzi: l’avvicinarsi dell’apertura dei Giochi invernali di Pechino 2022 ha visto aumentare la pressione e le minacce di un inasprimento militare sul fronte orientale dell’Europa. L’Ucraina è diventata l’epicentro di una nuova escalation militare guidata dagli Stati Uniti con la complicità assoluta dell’Unione europea che in tutti questi anni ha taciuto sul golpe che ha rovesciato il governo Janukovyc e portando al potere bande che si ispirano apertamente al nazionalismo fascista ucraino ed al nazifascismo. Una rivoluzione colorata in pieno stile, avvallata e fomentata dalle cancellerie europee e dagli Stati Uniti, desiderosi di arruolare l’Ucraina dentro la Nato e spingere così le proprie truppe ed i sistemi missilistici al confine con la Federazione Russa. L’incessante campagna mediatica che descrive i russi come gli aggressori è solo l’ultima tappa di questa pericolosa corsa verso il baratro e per la quale occorre riprendere una vasta mobilitazione contro la guerra, prima che sia troppo tardi.

Tuttavia non bisogna fermarsi solo a questo. Bisogna prendere consapevolezza che è la natura stessa della guerra ad essere cambiata nel corso degli ultimi decenni.


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Mauro Armanino: L’Europa così come si vede dal Sahel

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L’Europa così come si vede dal Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 23 gennaio 2022. Ben vero che tanti continuano a morire per cercare di raggiungerla. L’anno scorso, secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, sono periti nel mondo circa 5 300 migranti. Una buona parte di questi erano in viaggio verso l’Europa. Le rotte dell’Atlantico, del Mediterrareo, dei Balcani e di altre frontiere meno note, sono diventate il luogo emblematico della Grande Difesa del continente rispetto al diritto innato di mobilità umana. Cercare orizzonti nuovi di vita non solo non è un crimine ma è ciò che da sempre gli umani hanno cercato di fare. La stabilità era l’eccezione e la migrazione la regola. L’Europa questo lo sa, perché in un tempo non troppo lontano della storia è stata il continente più ‘nomade’ di tutti.

L’Eldorado non ha terminato di sedurre chi vede nell’Europa un baluardo per la ‘barbarie’. Essa si manifesta altrove con indigenza, dittature, colpi di stato, carestie, guerre e tradimento delle promesse delle indipendenze degli anni ’60. L’Europa si presenta come affluente e influente, riparo contro gli abusi sui diritti umani e terra d’asilo per un certo numero di persone che hanno perso ogni speranza di futuro.


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Thomas Fazi: Bollettino Covid 9 febbraio

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Bollettino Covid 9 febbraio

di Thomas Fazi

273742889 nBenvenuti al nostro ormai consueto bollettino Covid, in cui mi prendo la briga di passare in rassegna le principali notizie della settimana in materia di Covid, così da permettervi di stare sempre sul pezzo con il minimo sforzo. Prego.

Qui trovate i bollettini precedenti:

– 13 gennaio: https://www.facebook.com/thomasfazi/posts/4677039362389165.
– 3 febbraio: https://www.facebook.com/thomasfazi/posts/4763053793787721.

Partiamo da alcuni studi freschi di stampa.

Da Israele arriva un (altro) importante studio peer-reviewed sull’utilità della vitamina D nel ridurre il rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19, soprattutto nelle persone più anziane (cioè quelle maggiormente a rischio di ospedalizzazione e/o morte). Cosa in realtà già evidenziata in diversi studi fin dai primi mesi del 2020, ma mai recepita dal nostro Ministero della Salute, che anzi continua tutt’oggi a bollare tutta la questione come “fake news”. Ne ho scritto in maniera più approfondita qui: https://www.facebook.com/thomasfazi/posts/4770204139739353.

Dall’Inghilterra, invece, arriva l’ennesima conferma che smentisce la campagna terroristica dei media (italiani ma non solo) sulla presunta pericolosità della Omicron per i bambini e sull’aumento di ospedalizzazioni pediatriche che sarebbero causate dalla Omicron. Come si legge in un articolo apparso sulla prestigiosa rivista “Nature”¹:


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Nico Maccentelli: Convoy… o senza di voy!

nicomaccentelli

Convoy… o senza di voy!

di Nico Maccentelli

Schermata 2022 02 02 alle 14.58.00 1L’ultimo episodio di un vasto movimento di massa mondiale contro le restrizioni pandemiche: la rivolta dei camionisti canadesi, mi ha indotto a proseguire le mie riflessioni a ruota libera, auspicando che possano essere utili nel confronto politico a sinistra. Oggi, anche in una situazione in cui il movimento italiano sta subendo una flessione dovuta in parte all’attacco fortemente aggressivo da parte del regime draghista (obbligo vaccinale per gli over 50, misure draconiane mediante il green pass e super green pass), preso allo stremo, vediamo entrare sulla scena conflittuale, segmenti politici e sindacali della sinistra di classe, vediamo una politicizzazione in senso marxista degli Studenti contro il green pass. Anche se in ritardo l’antagonismo anticapitalista fa la sua apparizione. Si tratta di recidere i cordone ombelicale di una sinistra gruppettara e autoreferenziale: per “convoy … o senza di voy” è più che altro un’affermazione pleonastica. Infime chiedo venia per il carattere di questo intervento che ha più la forma di un insieme di note sparse. Buona lettura.

Quando si affronta il tema della lotta di classe e quindi di una rivoluzione sociale – ma vale anche per una battaglia sociale riformatrice – c’è l’antico vizio di schematizzare le divisioni sociali e in particolare la divisione sociale del lavoro.

Non c’è solo in ballo il sistema di relazioni di classe, per esempio quali alleanze, dato che la questione è un po’ più complessa e riguarda in realtà l’ontologia stessa delle classi sociali, cosa sono in una data società, partendo dall’enunciato di Marx, che la loro definizione è basata sul posto che occupano nella produzione sociale.

Tra i marxisti si è già fatto sin troppo schematismo partendo con vecchie configurazioni sociali da operaio massa nel taylorismo e arrivando a definizioni sociologiche, nel puro campo dell’ideologia. Ce ne è per tutti gusti.


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Andrea Zhok: Il "pensiero dell'istituzione"

sfero

Il "pensiero dell'istituzione"

di Andrea Zhok

A quanto pare in una trasmissione televisiva il Prof. Broccolo - docente di Microbiologia chimica presso l'università Milano Bicocca, avrebbe ipotizzato, come possibile causa del fatto che le persone nella fascia d'età 12-39 con booster appaiano (dati ISS) a maggior rischio di ospedalizzazione rispetto ai “bidosati”, il cosiddetto effetto ADE.

Nel merito dell'effetto ADE non voglio discutere, non avendone particolare titolo. Posso solo dire che la letteratura scientifica sul rischio di questo effetto a fronte di reiterazioni delle inoculazioni è ampiamente disponibile, tanto da averla io stesso incontrata, letta e menzionata nel corso dell'ultimo anno.

Ciò che voglio commentare brevemente è il fatto che, a quanto pare, l'Università Milano Bicocca avrebbe ritenuto di prendere posizione su questo intervento, esprimendosi nei seguenti termini:

“Le opinioni espresse dal dottor Broccolo non rappresentano il pensiero dell'istituzione. Nostre ulteriori azioni e considerazioni a riguardo saranno tenute al di fuori del contesto social.”


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Giuseppe Germinario: I beati, i beoti e il loro Presidente

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I beati, i beoti e il loro Presidente

di Giuseppe Germinario

Se si dovesse esprimere un giudizio sintetico sull’epilogo della recente rielezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica e sul suo discorso di investitura al Parlamento in seduta plenaria, si potrebbe sintetizzare così: per riaffermare la propria trionfale ragione di “riesistere”, ha dovuto glissare sulle ombre del corretto assolvimento alle proprie prerogative per assumersene di altre e ulteriori, proprie di un organo politico esecutivo e deliberativo.

Aspetti, tutti e due presenti e ben rappresentati in quel consesso. Il tutto tra gli applausi scroscianti di beati e beoti, ormai sempre più accomunati e omologati.

Il discorso del Presidente, investito per altro nel suo ruolo di presidenza, tra l’altro, del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio della Difesa, nella sua banalità si focalizza su quattro punti apparentemente anodini: il richiamo potente e retorico al rispetto e alla promozione della dignità in diciotto delle sue applicazioni; il rispetto delle prerogative del Parlamento; la riforma della giustizia; l’adesione incondizionata agli indirizzi della Unione Europea.


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Damiano Palano: Lo psicodramma dei grandi elettori e la fine della “Seconda Repubblica”

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Lo psicodramma dei grandi elettori e la fine della “Seconda Repubblica”

di Damiano Palano

Questo commento è apparso su "Secondo Tempo" e, in una versione parzialmente diversa, sul "Giornale di Brescia" il 2 febbraio 2022

Benché i tempi della dialettica parlamentare siano oggi guardati per lo più con disprezzo da un’opinione pubblica abituata alla politica “istantanea” delle dichiarazioni e dei tweet, in questa settimana il Parlamento è in realtà tornato a essere quello che è stato per una parte importante della sua storia. Non tanto perché i grandi elettori abbiano fatto sentire la loro voce contro i vertici dei partiti, quanto perché l’emiciclo di Montecitorio è diventato ancora una volta – seppur con le limitazioni rese necessarie dalla pandemia – una sorta di grande teatro, in cui le forze politiche hanno avuto la possibilità di dare una rappresentazione rituale alle loro specifiche posizioni, alle trattative con le parti avverse, ai compromessi raggiunti con fatica, alle lacerazioni interne. E proprio sulle tavole di questo palcoscenico nazionale abbiamo assistito alla presa d’atto di ciò che, in fondo, ognuno sapeva in cuor suo fin dall’inizio, ma che nessun leader politico aveva avuto la forza o il coraggio di pronunciare ad alta voce.


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Norberto Natali: Dalla Costituzione alla “democrazia” atlantica

marx xxi

Dalla Costituzione alla “democrazia” atlantica

di Norberto Natali

Il parlamento che ha votato per il Quirinale la scorsa settimana, è stato eletto con una legge conseguenza di un altro parlamento (di oltre un decennio fa) che venne definito “incostituzionale”, a causa delle norme che ne avevano regolato l’elezione, proprio dalla Corte Costituzionale.

Dopo la fine del PCI e dell’URSS, nel nostro Paese sono stati forzosamente introdotti (avviati con i cosiddetti referendum di Segni) cambiamenti sempre più convulsi del sistema elettorale.

Via via è stato ottenuto il contrario degli obiettivi che si promettevano con tali cambiamenti: è aumentata la frammentazione dei partiti, l’instabilità parlamentare e governativa, la “transumanza” di oltre un quarto degli eletti ogni legislatura da uno schieramento all’altro; non mi sembra siano calate la corruzione e l’influenza delle mafie. In definitiva dopo ogni elezione non si ha affatto la “certezza” su chi ha vinto e chi governerà per cinque anni.

Nel frattempo è anche aumentato il caos per le consultazioni elettorali di ogni livello, sicché gli elettori -sempre più confusi- ogni volta che si vota, devono attenersi a complicate regole o criteri assai diversi da quelli delle elezioni precedenti e successive.


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Salvatore Bravo: Il diritto del più forte

sinistra

Il diritto del più forte

di Salvatore Bravo

La razza padrona continua la sua corsa, nulla al momento sembra formare il potere neofeudale. La razza padrona governa l’ordine del discorso, nega ogni principio logico e trasforma ogni occasione in mezzo per imporre il dominio del plusvalore assoluto. Il modo di produzione capitalistico produce solo denaro e finanza. L’irrazionale è la nuova dimensione del plusvalore, ovvero le leggi logiche e razionali sono violate, per cui il diritto è solo flatus vocis. I sudditi devono seguire l’ordine del discorso deciso dagli oligarchi, non devono avere voce, devono solo obbedire.

Negli ultimi giorni le cronache riportano un caso avvenuto in Francia su cui regna il silenzio dei media generalisti. Un anziano signore francese è venuto a mancare a seguito della vaccinazione anticovid, l’assicurazione sulla vita si è rifiutata di pagare il risarcimento ai famigliari, in quanto la vaccinazione non è obbligatoria e specialmente il vaccinato era consapevole dei rischi. L’avvocato di famiglia Carlo Alberto Brusa ha denunciato il caso sui social. Per la legge la compagnia assicurativa legittimamente non ha eseguito il pagamento, in quanto il vaccinato accettando il rischio ha commesso un atto comparabile al suicidio.


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tonino

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Feb 18, 2022, 6:19:37 AM2/18/22
to sante gorini

15 FEBBRAIO: REAGIAMO CON LA LOTTA SUI POSTI DI LAVORO E FUORI!

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15 FEBBRAIO: REAGIAMO CON LA LOTTA SUI POSTI DI LAVORO E FUORI!

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            640x342Con l’entrata in vigore a inizio mese dell’obbligo vaccinale per gli over 50, dal 15 febbraio i lavoratori che non accetteranno di piegarsi alla vaccinazione e ai provvedimenti governativi sul lasciapassare saranno sospesi dal lavoro senza salario, come è già avvenuto per i lavoratori di sanità, scuola e di altre categorie.

Questo ennesimo ricatto non ha nulla di sanitario. Anche chi ha seguito scrupolosamente le indicazioni del governo, di fronte a vaccinati che si contagiano e contagiano e a un numero di morti simili a quelli di un anno fa, comincia a sospettare che la divisione costruita con cinismo tra vaccinati e non sia servita, serva e servirà solo a indebolire e azzerare la difesa di classe contro i capitalisti.

L’obiettivo vero del governo è, infatti, quello di imporre alla stragrande maggioranza della popolazione una restrizione sempre più marcata degli spazi di libertà personale, sindacale, politica e persino delle normali relazioni sociali. Un disciplinamento e un controllo asfissiante di cui il green pass costituisce solo un primo strumento per passare al passaporto digitale, strumento per registrare ogni attività di ciascun cittadino che permetterà allo stato di decidere quali attività permettere e quali vietare a chi non obbedisce alle sue disposizioni. Così si potrà procedere senza intralci a nuovi attacchi alle condizioni di vita e di lavoro degli sfruttati.

Già ne vediamo le premesse:


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Francesco Barbetta: Foster e la frattura metabolica: alla ricerca di un pensiero ecosocialista in Marx

bollettinoculturale

Foster e la frattura metabolica: alla ricerca di un pensiero ecosocialista in Marx

di Francesco Barbetta

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            books 1285556913204Il dibattito sui nessi filosofici e politici tra produzione teorica marxiana e ambiente è sempre più attuale e urgente. La distruzione delle condizioni di vita così come le conosciamo, imposta dalla logica del capitale, dimostra inequivocabilmente la necessità di cambiamenti radicali nei rapporti tra economia e natura.

La trasformazione di tutto in merce impone dinamiche temporali e spaziali incompatibili con i processi naturali, portando il pianeta ad una situazione di totale squilibrio ed esaurimento. Certamente, qualsiasi dato che offriremmo sull'argomento sarebbe obsoleto e, sfortunatamente, in peggio.

Secondo l'SRC (Stockholm Resilience Center), dei 9 confini planetari (cambiamento climatico, perdita di biodiversità, variazione del ciclo biogeochimico dell’azoto e del fosforo, acidificazione degli oceani, consumo di suolo e di acqua, riduzione della fascia di ozono nella stratosfera, diffusione di aerosol in atmosfera e inquinamento chimico), 7 vengono superati, generando effetti di feedback che creano un ambiente di instabilità e insicurezza.

È all'interno di questi squilibri che dobbiamo cercare, ad esempio, le cause del Covid-19. Il dibattito sui vaccini, per quanto urgente e pertinente, si limita agli effetti piuttosto che ai nessi causali dei problemi.

Questo è il motivo che mi sta spingendo ad approfondire teoricamente i rapporti tra marxismo e pensiero ecologico.

Sollecitato dalla recensione che ho scritto per Effimera del libro di Ian Angus "Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema Terra", ho approfondito lo studio del pensiero di John Bellamy Foster. Questo lungo e denso saggio spero possa essere utile per far conoscere ai compagni italiani le sue tesi. A maggior ragione in un momento di radicalizzazione del movimento ambientalista in cui si fa sempre più urgente la necessità di affrontare con gli adeguati strumenti teorici la sfida della transizione ecologica.


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Alfonso Gianni: Tra pulsioni presidenzialiste e voglia di proporzionale

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Tra pulsioni presidenzialiste e voglia di proporzionale

di Alfonso Gianni

mattarella giuramento 2022 1Le votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica hanno lasciato persone e cose al loro posto. Tutto si è giocato attorno alla coppia Mattarella-Draghi e alla fine l’uno resta Presidente della Repubblica – si suppone per l’intero settennato – l’altro Presidente del Consiglio, probabilmente fino alla normale fine della legislatura. Ma sotto questo immobilismo nei ruoli apicali delle istituzioni, si verificano sommovimenti notevoli, quasi tellurici. Le coalizioni sono scombussolate; il ruolo dei partiti è apparso inesistente; mentre al loro interno si profilano lotte accanite, i loro leader sembrano come storditi in alcuni casi o palesano un’evidente incapacità in altri (e sono tutti puniti negli inevitabili sondaggi). Il Movimento 5 stelle viene addirittura decapitato e il suo Statuto cancellato da un tribunale civile, quello di Napoli – ed è la prima volta che si registra un intervento così pesante della Magistratura nella vita dei partiti –, accentuando le lotte interne che potrebbero prefigurare una scissione. Il Parlamento, per la seconda volta consecutiva nella storia della Repubblica, ha mostrato la sua incapacità di scegliere una nuova figura da far salire al Colle, disattendendo il monito che Giorgio Napolitano espresse nel discorso del suo reinsediamento nell’aprile del 2013, per cui “la non rielezione, al termine del settennato, è l’alternativa che meglio si conforma al nostro modello costituzionale di Presidente della Repubblica”.

Il tema della non rielezione era già stato autorevolmente affrontato da Carlo Azeglio Ciampi, quando, il 3 maggio del 2006, rese pubblica una nota con la quale respingeva le proposte che erano emerse per un suo secondo mandato, facendo riferimento non solo a ragioni di carattere soggettivo – “l’età avanzata” – ma anche, se non soprattutto, a motivi di carattere oggettivo, riassumibili nella frase finale della sua dichiarazione: “il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato”.


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CoMeta: Profilassi e trattamento della COVID 19: benefici, rischi e qualità dell’evidenza

cometa

Profilassi e trattamento della COVID 19: benefici, rischi e qualità dell’evidenza

di CoMeta

Riflessioni sul rapporto beneficio/rischio dei vaccini a mRNA e a DNA attualmente in uso: opportunità e principio di precauzione

vaccinomo86tNel documento allegato si possono reperire informazioni a oggi (30 Dicembre 2021) disponibili sulla malattia infettiva denominata COVID-19 e dichiarata pandemia causata dal virus SARS-CoV2 (della famiglia dei coronavirus influenzali). 

E' il frutto di un intenso e approfondito lavoro svolto da un gruppo di ricercatori, medici, accademici e addetti ai lavori, intrapreso e portato avanti al fine di contribuire al dibattito sulla attuale pandemia COVID-19 da un punto di vista interdisciplinare. Il documento è propositivo e intende offrire possibili soluzioni in alternativa a interventi coercitivi, i quali, in quanto tali, finiscono per sancire il fallimento del legislatore e della scienza nel far fronte alle sfide poste dalla cosiddetta “società della conoscenza” (Trattato di Lisbona, 2009).

A causa della pressione del succedersi degli eventi e della scarsa familiarità con gli strumenti scientifici utilizzati per affrontarla, i decisori politici non hanno avuto l’opportunità di vagliare adeguatamente l’attendibilità delle opinioni e evidenze offerte dagli esperti. In tali contesti il dissenso tra studiosi è un indice di salute che non va censurato, ma anzi utilizzato per il consolidamento delle ipotesi di lavoro. Ci preme anche sottolineare l’importanza di una visione complessa e dinamica del problema, caratterizzato da meccanismi epidemiologici e sociali ricchi di feedback negativi e di rinforzo, che possono vanificare soluzioni univoche o statiche. La letteratura del “mechanism design” (Börgers, 2015) ci insegna come la programmazione di politiche miranti ad influenzare il comportamento del cittadino mediante incentivi e deterrenti (ad esempio fiscali), sia compito altamente complesso e gremito di trappole. A volte lo strumento può sviluppare una cascata di effetti paradossali (opposti a quelli attesi), o controproducenti in ambiti inattesi, o fenomeni di feedback negativo (Lucas 1976), che ne neutralizzano l’efficacia (Hess e Martin, 2006).


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Valentina Pazé: L’ipocrisia delle riforme e la notte della democrazia

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L’ipocrisia delle riforme e la notte della democrazia

di Valentina Pazé

Non so quanti dei 55 applausi a scena aperta tributati dai grandi elettori al discorso di insediamento del nuovo-vecchio Presidente della Repubblica abbiano punteggiato i passaggi riguardanti il deplorevole stato in cui versano le istituzioni democratiche nel nostro Paese.

Dopo l’omaggio di rito all’Assemblea a cui si trovava di fronte, qualificata come il «luogo più alto della rappresentanza democratica, dove la volontà popolare trova la sua massima espressione», Mattarella ha dedicato alcune riflessioni – non banali, e non inedite – all’esigenza di restituire centralità alle istituzioni rappresentative, e in particolare al Parlamento. Pur concedendo un po’ troppo alla retorica delle «decisioni tempestive», indispensabili per governare «cambiamenti sempre più rapidi», il Presidente avverte che la tempestività «va comunque sorretta da quell’indispensabile approfondimento dei temi che consente puntualità di scelte», in modo da evitare che «i problemi trovino soluzione senza l’intervento delle istituzioni a tutela dell’interesse generale». Eventualità che «si traduce sempre a vantaggio di chi è in condizioni di maggior forza», come «poteri economici sovranazionali», che «tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico».


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Alberto Negri: La crisi ucraina come simulazione di guerra per il gas

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La crisi ucraina come simulazione di guerra per il gas

di Alberto Negri

L'analisi. Grazie alla sprovveduta Ue gli Usa si propongono, con l’«invasione russa» - che non c’è - come i fornitori dell’Europa. Ma è un bluff: per i costi, la logistica surreale e i danni ecologici

Sulla crisi Ucraina e del gas ormai il bluff è generalizzato. Lo sa il presidente francese Macron, ieri a Mosca e oggi Kiev, lo sa ancora meglio il timido cancelliere tedesco Scholz, tirato per le orecchie a Washington perché esita a scontrarsi con Putin. Il bluff è accompagnato dal sospetto che a minacciare davvero l’Europa non sia Putin quanto Biden, che sulla questione dei rifornimenti energetici da Mosca non ha purtroppo una posizione diversa da quella di Donald Trump.

La posta n gioco è una simulazione di guerra sì, ma del gas. La verità che è che gli americani vogliono far saltare il gasdotto Russia-Germania, il Nord Stream 2, dove nel consiglio è entrato anche l’ex cancelliere Schroeder. La sua caratteristica principale, quella che non piace agli americani, è di bypassare completamente gli Stati Baltici, quelli di Visegrad, l’Ucraina e la Bielorussia, spazzando via così qualsiasi eventuale pretesa da parte di questi Paesi di fare pressione su Mosca. Questi Paesi, tranne ovviamente la Bielorussia, pedina manovrata da Mosca, sono in gran parte pedine manovrate, attraverso la Nato, dagli Usa.


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Michele Michelino: Bugie e verità

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Bugie e verità

Ipocrisia e violenza della borghesia imperialista

di Michele Michelino*

Gli apologeti del sistema capitalista/imperialista, politici, sindacalisti, mass-media, scienziati di regime, ecc, pagati profumatamente e finanziati economicamente con grandi finanziamenti e privilegi dai loro padroni continuano a tessere le lodi dei loro padroni, dipingendo il sistema capitalista sempre più dittatoriale come “democratico”, il migliore dei mondi possibili.

Per aumentare i loro profitti, i padroni attuano delocalizzazioni, licenziamenti, salari da fame, precarietà e sacrifici ai proletari, agli sfruttati, e contro chi si ribella usano la violenza “legale” della classe dominante, dello stato, per difendere e mantenere i loro privilegi.

I borghesi (di destra o di sinistra), sono sempre pronti a denunciare, condannare e reprimere l’autodifesa degli sfruttati. La lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e la resistenza dei paesi che si oppongono alla penetrazione imperialista sono criminalizzate e bollate come violenza contro il sistema “democratico”.

I capitalisti, gli imperialisti che nascondono dietro la parola “democrazia” gli interessi della loro classe di sfruttatori non esitano a esportare in tutto il mondo anche contro il volere dei popoli.


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Nicoletta Forcheri: Lo scaricabarile del governo negli atti normativi

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Lo scaricabarile del governo negli atti normativi

di Nicoletta Forcheri

Il dpcm (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) del 21 gennaio, che recava l’elenco di quei negozi accessibili senza certificato verde, con una lista tanto oscena quanto degna dei peggiori regimi della nostra storia recente, è scomparso dal sito del governo. Non è stato cancellato però dalla Gazzetta ufficiale.

Continua cioé quello scaricabarile dall’alto verso il basso con cui il governo tenta di manlevarsi di varie responsabilità e delle conseguenze penali e civili per tutta una serie di norme completamente illegali, illegittime e incostituzionali che esso stesso ha varato, con la scusa dello stato di emergenza, altro atto incostituzionale e privo di qualsiasi fondamento giuridico.

Funziona così: si fa terrorismo a parole, con l’aiuto dei media di regime, e poi si tenta, per quanto possibile, in un dedalo di labirinti normativi scritti, di lasciare sempre una sia pur minima parvenza di legalità, almeno di facciata, in modo da scaricarsi SEMPRE di tutte le responsabilità degli atti normativi che Draghi and Cie stanno adottando da mesi. Loro stessi a loro volta recettori di normative dettate dall’alto, in una piramide in cui la base è sempre più vessata e schiavizzata.


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Salvatore Bravo: La mediocrità della mitezza

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La mediocrità della mitezza

di Salvatore Bravo

Il papa da Fazio nella trasmissione Che tempo che fa conferma la sua alleanza con i poteri forti, il suo traghettare la chiesa nella globalizzazione e renderla organica al capitale. Al confronto con teologi e cardinali dissenzienti predilige il dialogo col mondo laicista e ateo del PD. L’operazione di marketing papale ha il suo prezzo, in primis dinanzi alla domanda sul dolore dei bambini tergiversa, per poi affermare che non sa il perché della sofferenza degli innocenti, ma dio è amore, e lui “cerca” d’amare dio. Risposta banale, nulla a livello teologico, ma molto in linea con l’ateismo attuale. La sofferenza è un mistero, ma in ogni sofferente è presente Cristo, inoltre se il dolore è letto con le categorie dello spazio-tempo fenomenico è insensato e irrazionale, ma se il tempo mondano si integra con il tempo sovratemporale assume un altro significato: la giustizia e la razionalità per un credente sono nella consapevolezza che il tempo mondano è una parte e non tutto. Il paradiso è per gli innocenti, e dunque il dolore incomprensibile ritrova la sua razionalità e la sua giustizia nell’eterno, sembra che la chiesa trovi imbarazzo a parlarne con franchezza, forse, perché teme scientismo e illuminismo vincente.


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Giovanni Andreozzi: Recensione di "Il virus dell'occidente"

materialismostorico

Recensione di "Il virus dell'occidente"

di Giovanni Andreozzi

Stefano G. Azzarà, Il virus dell’Occidente. Universalismo astratto e particolarismo sovranista difronte allo stato d’eccezione, Mimesis, Milano, 2020, pp. 425, ISBN 978-88­5757-155-3

mfront signoranapoletana iconaMentre il muro di Berlino cominciava a mostrare le crepe più profonde, Francis Fukuyama pubblicava un breve saggio intitolato The EndofHistory?. Il saggio riapparve qualche anno dopo in una forma ampliata, con un cambiamento significativo già a partire dal nuovo titolo: The End ofHistory andthe Last Man. L’interrogativo lasciava il posto all’amara consolazione: la storia era finita.

Con l’avvento del nuovo millennio si è andata rafforzando tutta quella congerie filosofica caratterizzata dal suo essere “post”. Post-umanesimo, post-strutturalismo, post­metafisica etc., tutte accomunate dal rifiuto della questione dell’ideologia e dei suoi ambiti performativi. Ecco allora che quando si sfoglia il testo di Azzarà si nota subito che, in quelle narrazioni, qualcosa non torna. Nonostante la sua “fine”, la storia continua a generare nuovi conflitti, i quali divampano massimamente proprio nei momenti di crisi. A palesarsi è, inoltre, il grande rimosso del XIX secolo: l’ideologia.

L’intento critico che anima le pagine de Ilvirus dell’Occidente. Universalismo astratto e particolarismo sovranista di fronte allo stato d’eccezione non è solo quello di svelare le carenze dell’ideologia liberale e delle sue inefficaci risposte di fronte alla catastrofe pandemica, ma anche quello di mostrare le continuità tra tale ideologia e le presunte posizioni alternative. Questo movimento critico-ricostruttivo è esemplificato dall’Autore attraverso la dialettica tra universalismo astratto (il liberalismo) e particolarismo (il sovranismo). Riprendendo un termine molto utilizzato in questo periodo, potremmo definire questi due elementi come le “varianti” ideologiche del capitalismo: l’una legata fortemente alla globalizzazione compiuta; l’altra contraria alla globalizzazione e tesa all’affrancamento da essa.


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Sergio Cesaratto: Il triste anniversario di Maastricht

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Il triste anniversario di Maastricht

di Sergio Cesaratto

trattato maastrichtLa flessibilità dei mercati e lo scioglimento dei lacci e lacciuoli sono stati gli strumenti giusti per la crescita economica dei Paesi europei? Il bilancio di tre decenni del Trattato di Maastricht e dei suoi precetti liberisti non è commendevole. E dovrebbe far riflettere tutti, specie a sinistra.

Lascio agli storici ricostruire le vicende internazionali e italiane che condussero alla ratifica del Trattato di Maastricht (1992). Vediamone qui qualche aspetto economico per giudicare se tale trattato abbia avuto o meno qualche senso.

 

Prima di Maastricht

Di un’unione monetaria europea si era discusso già dagli anni cinquanta. L’analisi economica ne aveva però scoraggiata la creazione per il diverso grado di sviluppo e istituzioni dei Paesi europei. In particolare, la cosiddetta teoria delle aree valutarie ottimali aveva predetto una tendenza deflazionistica di tale unione. Infatti essa avrebbe con tutta probabilità condotto a squilibri commerciali fra i Paesi membri a vantaggio dei più competitivi. Robert Mundell, che di quella letteratura fu il fondatore, aveva in testa la Germania che già dal 1950 perseguiva con gusto surplus commerciali. Questa avrebbe certamente rifiutato di ridurre tali surplus espandendo la propria economia e accettando un’inflazione più alta al fine di importare di più dai partner. Il modello tedesco prevede infatti un’inflazione al di sotto di quella dei concorrenti e che siano questi ultimi a espandersi importando in tal modo di più e accrescendo la loro inflazione, ampliando così il loro gap competitivo con la Germania.


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Adam Arvidsson: La politica delle mascherine, un confronto tra Agamben e Bratton

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La politica delle mascherine, un confronto tra Agamben e Bratton

di Adam Arvidsson*

Portare o non portare la mascherina è diventata per molti una dichiarazione politica e una questione di identità personale

vaccini obbligo green pass novax covid lapresse 2021
            640x300A causa della pandemia da Covid-19, le mascherine si sono trasformate da dispositivi politicamente innocenti negli oggetti di un’intensa controversia. Portare o non portare la mascherina è diventata per molti una dichiarazione politica e una questione di identità personale. Negli Stati Uniti, Donald Trump e i suoi sostenitori rifiutano di indossarle, mentre la sinistra ‘liberal’ non si fa mai vedere senza. In Italia, i manifestanti no-vax marciano a volto scoperto mentre i sindaci introducono l’obbligo della mascherina all’aperto per fermarli. La mascherina è diventata un oggetto che, alla maniera dell’Actor Network Theory di Bruno Latour, distingue i sostenitori dell’approccio ufficiale alla pandemia dai suoi detrattori. Ma qual è la politica della mascherina?

Un modo per scoprirlo è attraverso il recente dibattito tra il guru californiano del design Benjamin Bratton e il filosofo italiano Giorgio Agamben. Nel suo recente libro The Return of the Real – un tentativo di articolare una nuova filosofia politica per il mondo post-pandemia – Bratton contesta una serie di post di Agamben scritti durante l’anno pandemico del 2020. In questi, il ​​filosofo italiano ha descritto le misure anti-Covid – lockdown, distanziamento sociale, smart working, DAD e, ovviamente, l’obbligo della mascherina – non come iniziative necessarie a sedare un’emergenza sanitaria, ma come parti di un nuovo paradigma di governance sociale imposto alla popolazione mondiale con la scusa della pandemia. Agamben ha visto in queste misure una nuova versione della biopolitica (termine da sempre centrale nel suo lavoro) che mira a trasformare la vita conviviale – per usare un termine di Ivan Illich a cui Agamben attinge spesso – di cittadini, lavoratori o amanti nella “nuda vita” di pazienti mascherati e sottoposti a un’emergenza medica.


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Leonardo Mazzei: Vaccini: le prove di un fallimento

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Vaccini: le prove di un fallimento

di Leonardo Mazzei

Che il buonismo “politically correct” sia solo la maschera della più feroce cattiveria sociale è cosa evidente da tempo. Ma adesso dovrebbero vederlo anche i ciechi. «Vogliamo un’Italia sempre più aperta, soprattutto per i nostri ragazzi». Questa frase così promettente è stata pronunciata da Mario Draghi il 2 febbraio, cioè il giorno dopo dell’entrata in vigore della chiusura dei negozi ai non vaccinati, tredici giorni prima dell’estensione del “Green pass rafforzato” a 7 milioni di lavoratori ultracinquantenni. Dunque, “la libertà è schiavitù”: George Orwell non avrebbe potuto immaginare una concretizzazione più compiuta del suo “1984”.

Quella che viene chiamata “libertà” per i ragazzi, sarà piuttosto una nuova discriminazione a danno dei non vaccinati. Solo loro andranno in Dad, come se il virus non circolasse indifferentemente tra vaccinati e non, come se in quella fascia di età vi fossero dei veri pericoli per la salute. Ma la salute ovviamente non c’entra un fico secco. Qui il principio è solo quello della punizione, che deve colpire i ragazzi al pari dei loro genitori e dei loro nonni. Almeno in questo, lorsignori non vogliono disparità di trattamento!


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Ludovico Vicino: Pacchetto tapering

lafionda

Pacchetto tapering

di Ludovico Vicino

Ci siamo quasi. Stando alle dichiarazioni della Lagarde, marzo 2022 sarà il mese che sancirà la fine del PEPP, il programma di acquisto di titoli pubblici e privati lanciato dalla BCE per fronteggiare la crisi economica causata dall’epidemia. Per qualche altro mese, fino alla fine dell’estate, il programma ordinario di quantitative easing dovrebbe espandersi per garantire il riacquisto di tutti i titoli in scadenza, dopodiché i rubinetti si chiuderanno e verrà ripristinato a tempo indeterminato il ritmo di venti miliardi di euro di acquisti mensili. Che, considerata la mole delle economie dell’Unione Europea, sono bruscolini.

Naturalmente è bastata l’incombenza del “tapering”, e in particolare la prospettiva della contrazione dei volumi d’acquisto sui titoli pubblici, a provocare la canonica cavalcata dello spread fra BTP e Bund. Un effetto collaterale davvero spiacevole ma necessario – a sentir le ragioni di Francoforte – per fronteggiare l’ondata d’inflazione che stiamo sperimentando. “Purtroppo, signora mia, ce stanno li poteri economici sovranazionali che so’ tanto brutti e tanto cattivi, e noi nun ce potemo fa’ granché” ha spiegato più o meno testualmente lo stesso Mattarella, fresco di rielezione, nel discorso tenuto a Montecitorio.


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Giorgia Audiello: La Pfizer teme la diffusione dei dati sul vaccino, ora lo ha scritto chiaramente

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La Pfizer teme la diffusione dei dati sul vaccino, ora lo ha scritto chiaramente

di Giorgia Audiello

La Pfizer teme la diffusione dei dati sull’efficacia e sugli effetti collaterali relativi al vaccino anti-Covid da lei prodotto nonché le conseguenze sugli affari della fine della pandemia. È tutto scritto nero su bianco nell’ultimo rapporto rilasciato dallo stesso colosso farmaceutico, relativo agli utili nel quarto trimestre 2021. Nel capitolo intitolato “Rischi relativi al nostro Business, al settore e alle operazioni e allo sviluppo dell’attività” si leggono parole gravi, che lasciano tanto più colpiti in quanto scritte pubblicamente senza, evidentemente, che vi sia alcun timore che queste generino legittime rimostranze da parte dei Governi, come sarebbe lecito aspettarsi. “Vi è il rischio che un maggiore utilizzo del vaccino o di Paxlovid porti ad ulteriori informazioni sull’efficacia, la sicurezza o altri sviluppi, incluso il pericolo di ulteriori reazioni avverse, alcune delle quali possono essere gravi” si legge a pagina 39 del rapporto. Mentre a poche righe di distanza si accenna ai rischi economici derivanti dalla “possibilità che il Covid19 diminuisca in severità o diffusione o che scompaia interamente”.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Feb 21, 2022, 4:04:59 PM2/21/22
to sante gorini

Miguel Martinez: Letalità combattiva e cospirazioni anticospirazioniste

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Letalità combattiva e cospirazioni anticospirazioniste

di Miguel Martinez

Questo è un post molto lungo. Non è necessario capire tutto, l'importante è cogliere l'atmosfera generale.
Ci saranno molte cospirazioni.
Ci siete?

jokerI cospirazionisti sono quelli che sospettano che i ricchi e i potenti non siano scemi.

E che quindi siano capaci di coordinarsi tra di loro.

E che quindi il confine tra politica, economia, informazione, mondo militare e “clero” intellettuale (clerisy) sia a dir poco poroso.

Insomma, che spesso e volentieri cospirino, e che questo sia il principale motivo per cui sono appunto ricchi e potenti.

Gli anticospirazionisti sono quelli che si dedicano a salvare l’onore e la stupidità dei ricchi e dei potenti.

Gli anticospirazionisti usano sempre tre tattiche.

 

Uno, tirano fuori la Carta Matta.

Siccome ogni sospetto nei confronti di ricchi e potenti è in partenza criminale, nel mondo della clandestinità in cui i diffidenti sono rinchiusi, le constatazioni più ovvie si mescolano a buffi deliri e stranezze.

E quindi l’anticospirazionista può pescare facilmente su Facebook le fantasie dei rettiliani o di QAnon, e attribuirle a tutti i cospirazionisti.


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Francesco Garibaldo: Marx, il capitalismo e i compiti politici del presente

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Marx, il capitalismo e i compiti politici del presente

di Francesco Garibaldo

Il dibattito su Marx e le nuove problematiche del capitalismo in un recente libro di Riccardo Bellofiore. Come nasce il plusvalore? La natura monetaria del valore. I limiti di una analisi distributiva del reddito. La doppia critica: al lavorismo e alla teoria della fine del lavoro. La critica a Keynes e i compiti politici del presente

51fWYXxW8zLIl libro di Riccardo Bellofiore dedicato a Smith Ricardo Marx Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica1 rilegge gli autori classici citati nel titolo seguendo due temi dominanti: la teoria del valore-lavoro e come viene rappresentato il lavoro nella riflessione economico-politica. Un pensiero centrale in tutto il libro, riprendendo un tema di Rosa Luxemburg, è la critica della centralità dell’economico e di una visione industrialista basata sulla centralità della produzione.

In realtà, nel ripercorrere criticamente questi temi in quegli autori, Bellofiore ci consegna i risultati di un dibattito internazionale – International Symposium on Marxian Theory – iniziato da Fred Moseley nel 19902, di un lungo lavoro di rilettura di gruppo di Marx a partire dall’originale tedesco, iniziato da Bellofiore all’Università di Bergamo, e il confronto con un grande numero di interpretazioni di Marx negli ultimi decenni. In primo luogo, quindi, il libro è un utilissimo compendio critico del dibattito su Marx su scala internazionale e in Italia negli ultimi quarant’anni.

Una seconda ragione di interesse del libro è la sua apertura problematica. Esso non vuole consegnarci un Marx ossificato in una qualche forma dogmatica, ma un Marx oltre Marx. Si tratta di tenere fermi i punti chiave delle sue scoperte teoriche aggiornandole ai nuovi contributi di ricerca, sia teorici sia derivanti dall’analisi dei nuovi problemi posti dal capitalismo attuale.

Il libro si articola in otto capitoli e due appendici: la prima di analisi critica del pensiero di O’Connor sulla questione della natura, la seconda sulla questione di genere; entrambi i temi sono discussi in rapporto al problema del lavoro. L’ultimo capitolo sostituisce una formale conclusione con una disamina dell’ambiguità del concetto di liberazione dal lavoro a partire dal famoso saggio di Keynes del 1930 sulle prospettive economiche per i nostri nipoti.


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Partito comunista internazionale: Lo shock pandemico accelera la tendenza capitalistica alla concentrazione e all'espropriazione

paneerose

Lo shock pandemico accelera la tendenza capitalistica alla concentrazione e all'espropriazione

di Partito comunista internazionale

Ci è stato segnalato questo ampio contributo apparso su “il programma comunista”, n.3, maggio-giugno 2021. Ritenendolo utile ai fini del dibattito, lo pubblichiamo

Jappe1) Emergenza permanente

La “pandemia” da Covid è senz'altro uno di quegli eventi che determinano delle svolte, non solo come emergenza sanitaria, ma come avvio di una nuova emergenza più generale e indeterminata nel tempo, elevata a metodo di gestione politica dell'emergenza sociale ed economica.

La portata dell'evento, per le ricadute che sta generando, è paragonabile a quello che, ad inizio millennio, ha dato il via alla lunga stagione della “guerra al terrorismo” di matrice islamica, di cui ancora oggi si patiscono i postumi. Se è vero che quella guerra non è servita, com'era nelle intenzioni di chi l'ha scatenata, a riaffermare il ruolo degli Stai Uniti come unica potenza mondiale e a interromperne il declino, oggi che gli attentati si vanno riducendo per portata e frequenza rimane intatta la legislazione emergenziale che si è instaurata un po' ovunque, a cominciare dal Patriot Act negli Stati Uniti. Come l'attentato alle Torri Gemelle – i cui risvolti rimangono per molti aspetti tutt'altro che chiari – generò a suo tempo delle conseguenze planetarie, altrettanto accade con l'insorgenza Covid, le cui ripercussioni sembrano però estendersi ben oltre l'indirizzo securitario e guerrafondaio che seguì all'11 settembre, e assumere una valenza più generale e un'incidenza più profonda. Non siamo in grado di affermare quale sia stata l'effettiva origine di eventi così straordinari, accomunati dalla manifesta, clamorosa inefficienza degli organismi civili e militari preposti alla prevenzione e al contrasto di simili catastrofi, organismi per altro forti di una potentissima dotazione di mezzi di previsione e intervento. Tuttavia, anche accettando le versioni ufficiali, non v'è dubbio che quegli eventi abbiano avviato una azione generale di contenimento e soluzione delle contraddizioni capitalistiche. Come dopo l'11 settembre, anche l'emergenza pandemica ha portato all'introduzione di elementi propri di una situazione di guerra.


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Sergio Cararo: La guerra a tutti i costi è la “Caporetto” dei mass media

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La guerra a tutti i costi è la “Caporetto” dei mass media

di Sergio Cararo

Questa mattina è addirittura il New York Times a scrivere che “Il presidente Biden e i suoi principali collaboratori riconoscono che stanno mettendo a rischio la credibilità americana mentre rinnovano costantemente l’allarme che alla Russia mancano solo ‘alcuni giorni’ per innescare una guerra non provocata in Europa, che potrebbe uccidere decine di migliaia di ucraini nella sua fase di inizio e far ripiombare il mondo in qualcosa che ricorda la Guerra Fredda”.

Nello stesso articolo il Nyt rileva che i collaboratori di Biden affermano di essere disposti a correre questo rischio. Preferirebbero essere accusati di iperbole e di spavalderia se “è quello che serve per scoraggiare il presidente russo Vladimir V. Putin dal perseguire un’invasione”.

Diversamente dal quotidiano statunitense, il giornale economico Financial Times titola nuovamente “La Russia pronta a invadere l’Ucraina entro pochi giorni”. A quanto pare i britannici intendono gareggiare con gli Usa sul piano del bellicismo. Si vede che l’orologio di Londra è tornato indietro di due secoli, ai tempi della russofobia inglese e del “Grande Gioco” che per tutto l’Ottocento vide contrapporsi il Regno Unito e la Russia zarista in tutta l’Asia centrale.


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Domenico Moro: La crisi in Ucraina e la tendenza alla guerra degli Stati Uniti e della NATO

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La crisi in Ucraina e la tendenza alla guerra degli Stati Uniti e della NATO

di Domenico Moro

La crisi che si sta svolgendo in Ucraina non è un fatto isolato, ma va inquadrata nel contesto mondiale. Non si tratta, in effetti, che di un aspetto della tendenza alla guerra che caratterizza questa fase storica. Per questa ragione è necessario fare chiarezza su alcuni punti, anche perché bisogna evitare di fare di ogni erba un fascio, chiarendo gli interessi in gioco e le responsabilità dei singoli Stati.

Il problema di fondo è il modo di produzione capitalistico. Questo è caratterizzato dalla ricerca del più alto profitto possibile. Per questa ragione ogni frazione nazionale del capitale mondiale è caratterizzata da una tendenza continua all’espansione, cercando di estendere i mercati di sbocco delle merci e dei capitali in eccedenza e di controllare le aree di provenienza delle materie prime. Questo induce una competizione tra Stati che si fanno portatori degli interessi specifici del loro capitale. Uno degli strumenti di questa competizione è quello militare.

Una caratteristica decisiva del modo di produzione capitalistico è, da una parte, la crescita ineguale dei principali Stati ed economie capitalistiche.


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Zory Petzova: Italia fra austerità e leggende metropolitane

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Italia fra austerità e leggende metropolitane

di Zory Petzova

Senza alcuna riserva possiamo dire che, attualmente nel mondo, non vi è un’elitè politico-oligarchica più avida e lugubre, nonché meno affascinante e priva di sexappeal, di quella italiana. Ipocrita e dissonante, essa è capace di escogitare e usare strumenti e metodi da far invidia alle organizzazioni mafioso-criminali. Con la pandemia, le oligarchie nazionali hanno avuto l’occasione di dimostrare che, anche se appartenenti a un territorio colonizzato, esse possono rilanciarsi ad alti livelli, facendo d’Italia un paese modello della gestione più estrema e repressiva dell’emergenza, con misure e tecniche da apprendere ed esportare nel resto del blocco occidentale. E questo avendo a capo un governo di competenti definito “il governo dei migliori”.

Immediatamente dopo la rielezione di Sergio Mattarella, la pubblica opinione è stata incantata con il ritornello che la sua riconferma fosse segno di stabilità, un argine al caos; lo stesso Mattarella, nel discorso d’inaugurazione, ha cercato di investire il rigore costituzionale di colui che conferisce identità unitaria agli italiani, ergendosi alla figura paterna che deve proteggere il popolo dalle sue pulsioni irrazionali e dal demagogo di turno che se ne potrebbe approfittare.


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Giovanni Iozzoli: Il modello italiano (e noi)

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Il modello italiano (e noi)

di Giovanni Iozzoli

Diciamocelo: spesso tendiamo a sopravvalutare la forza e la lungimiranza dei nostri avversari. Ci figuriamo le classi dirigenti perennemente impegnate nell’elaborazione di piani raffinati e nella gestione di complessi processi sociali; scriviamo poemi sull’astuzia luciferina del nemico di classe; tentiamo di decifrare mappe e piani avversi, per anticiparne le mosse. Quando poi le cose evolvono in modo imprevisto – cioè, il Machiavelli capitalista si rivela un arruffone e un improvvisatore – allora operiamo un cambio di analisi in corsa, per rimettere tutte le variabili al loro posto e far quadrare l’equazione. Un esempio è la parabola di Draghi – la sua scesa in capo un anno fa e la sua mancata ascesa al Quirinale oggi. Il banchiere assiso a Palazzo Chigi, dava l’idea di un impudico disvelamento della governance capitalista, che ormai esercitava il comando facendo a meno del personale politico e piazzando al suo posto i propri uomini di punta. L’ipotesi di Draghi al Quirinale, largamente pronosticata nel nostro campo, rappresentava il completamento istituzionale di questa spregiudicato strapotere: la torsione presidenzialista, in cui le forze del Male avrebbero posto la società (e i brandelli di Costituzione residui) sotto la tutela del suo uomo forte. Le tessere del comando tutte al loro posto, ordinatamente.


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Piccole Note: Pandemia: si allenta la presa e sorgono nuovi interrogativi

piccolenote

Pandemia: si allenta la presa e sorgono nuovi interrogativi

di Piccole Note

La pandemia molla la presa il mondo si sta preparando al nuovo. Dopo la Danimarca e Gran Bretagna, altri Paesi hanno iniziato ad allentare le restrizioni sociali, mentre la Svezia ha dichiarato “finita” la pandemia. Il nostro Paese, al soito, va a rimorchio e fatica a scrollarsi di dosso restrizioni ormai del tutto inutili come il green pass, semmai sia stato utile, nonostante siano state prese alcune decisioni in tal senso.

Ma al d là dell’italica tragedia, per capire che il mondo è ormai cambiato basta leggere la conferenza stampa della portavoce della Casa Bianca Jen Psaki: “Vorrei far notare che il Presidente è stato chiaro che non stiamo spingendo per i lockdown; non siamo mai stati pro-lockdown. Quella non era la sua agenda. La maggior parte dei lockdown, in realtà, sono stati decisi sotto il precedente presidente” (dal sito della Casa Bianca).

Cambia così la narrativa e ora l’amministrazione Biden tenta di svicolare anche a costo di usare palesi bugie, dal momento che tutti i media mainstream hanno criticato Trump per il suo approccio eccessivamente prudente verso le restrizioni chieste dagli “esperti”, i quali sono stati decisivi nell’affossarlo e aprire la via alla nuova amministrazione.


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Robert Blumen: Non c’era un piano di uscita

theunconditional

Non c’era un piano di uscita

di Robert Blumen

Robert Blumen: Sono passati due anni da quando ci dissero che dovevamo “abbassare la curva”

maggie chiang b660 hvvuiyn9482382Robert Blumen è un ingegnere e giornalista americano che commenta su vari argomenti di economia e di politica. Mi è sembrato il caso di tradurre questo suo articolo apparso sul sito del “Brownstone Institute” perché è un interessante esercizio di logica su come è stata condotta la campagna anti-Covid negli ultimi due anni. Più esattamente, dovremmo dire “un esercizio di mancanza di logica.”

Blumen parla di molti dettagli, ma c’è un punto fondamentale che viene fuori dal suo articolo: Qual è la “strategia di uscita” dall’emergenza? Il problema è che questo punto di uscita non è mai stato detto chiaramente nella infinita serie di “precauzioni” che ci sono arrivate addosso negli ultimi due anni. Ed è lo stesso per i vaccini, che ci sono stati presentati come l’arma finale contro il virus, ma che chiaramente non lo sono. E se non c’è una strategia di uscita, quando mai potremo uscire dallo stato di emergenza?

Dice Blumen: “Mi ci è voluto del tempo per dare un nome a questa strategia. Ho optato per “soppressione”. La ragione fondamentale per cui la soppressione non è una politica è che non ha uscita. Perché una cosa funzioni deve funzionare entro un tempo limitato. Se le misure per rallentare la diffusione sono riuscite a rallentarla, allora che si fa? La natura di una via di uscita è la risposta alla domanda: “Cosa succede quando smettiamo di fare una certa cosa?” Se la risposta è “Si ritorna indietro a quello che succedeva prima”, allora non è una via di uscita.”

Una critica che si può fare a Blumen è che non considera esplicitamente quella che in effetti sembra essere stata la strategia che i governi hanno cercato di applicare: quella dei vaccini come “arma finale”. Con un vaccino efficace, c’era una strategia di uscita: valeva la pena rallentare la diffusione dell’epidemia fino a quando non sarebbe stato possibile vaccinare la maggior parte della popolazione. In teoria, questo avrebbe debellato il virus per sempre e per sempre.


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Francesco Galofaro: Allargare la NATO a est? Lezioni dalla Polonia. Editoriale

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Allargare la NATO a est? Lezioni dalla Polonia. Editoriale

di di Francesco Galofaro

mosca natoLa crisi ucraina è una buona occasione per riflettere sull’identità e sul ruolo della NATO. Il 10 febbraio il suo segretario Jens Stoltenberg ha esposto la linea della “fermezza sui principi”; tuttavia, ha ricordato che sul tavolo dei negoziati vi sono nuovi briefing sulle esercitazioni militari e i temi della riduzione delle minacce nello spazio e in rete. La NATO non è disponibile a tornare allo status quo ante 1997 e ad accettare un qualunque limite alla propria “sfera di influenza”; allo stesso tempo, tenta un minuscolo passo verso la distensione propone scambi di informazioni e collaborazione che scongiurino incidenti militari. Il fatto è che, di fronte alle richieste della Russia, la NATO si dimostra una volta ancora un’istituzione decrepita, un fossile di quella guerra fredda che Washington in diversi contesti prova a riesumare. La NATO è sopravvissuta al nemico comunista e al momento tiene insieme due schieramenti diversi: anticinese e russofobo. La tattica imperiale americana è quella di spingere i due schieramenti in prima linea, manovrando entrambi. Nello specifico, russofobe, almeno ufficialmente, sono le repubbliche baltiche, Romania, Bulgaria, Regno unito e Polonia. Non sempre gli interessi dei due gruppi coincidono; soprattutto, talvolta l’orientamento di un Paese membro rispetto ai desiderata del socio di maggioranza può inaspettatamente cambiare.

 

Il caso polacco

In proposito, in questi ultimi giorni l’atteggiamento di Varsavia nei confronti della Russia, solitamente belluino, sembra insolitamente votato alla prudenza.


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Franco Piperno: Movimento e tempo in Aristotele (III parte)

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Movimento e tempo in Aristotele (III parte)

La critica di Aristotele alla reificazione del tempo

di Franco Piperno

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              f78e5f83193448c988a8b1f54204cce0mv2Continua la pubblicazione dei contributi di Franco Piperno dedicati alla questione del tempo e, in particolare, alla relazione sotterranea tra tempo comune e tempo scientifico. Questo rapporto era già stato indagato attraverso il racconto delle «due imprese di Pigafetta» (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/le-due-imprese-di-pigafetta). Ora l’autore si rivolge alla fisica aristotelica per sviluppare una considerazione sulla nozione di tempo naturale, cioè fisico (Qui prima e seconda parte).

* * * *

1. L’«ora» come istante indivisibile e l’«ora» come presente

Il resoconto aristotelico del tempo come «numero del mutamento» non include la relazione temporale di simultaneità. D’altro canto un modo per venire al significato di «istante indivisibile» è tramite il concetto e l’annessa definizione di simultaneità; inversamente, data la nozione d’«istante», il «simultaneo» è ciò che accade allo stesso istante.

Anche in questo caso, soccorre l’analogia tra il punto e il segmento di retta – il punto geometrico, in se stesso indivisibile, di lunghezza nulla, non è un elemento ma piuttosto il limite del segmento; analogamente si possono individuare i concetti temporali corrispondenti. Tuttavia sarà bene avvertire che l’analogia va agita con prudenza; infatti, mentre la lunghezza di un segmento si presenta tutta intera alla volta, simultaneamente, l’intervallo temporale comporta che il suo inizio e la sua fine non siano simultaneamente presenti.


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Sonia Bibbolino: Scuola e controllo sociale ai tempi del Covid

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Scuola e controllo sociale ai tempi del Covid

di Sonia Bibbolino

Intervento letto ad un incontro contro il Green Pass a Firenze sabato 12/2/22

Nel mio intervento parlerò ovviamente di scuola, quella scuola pubblica e gratuita che è stata sicuramente una grande conquista, garanzia di formazione per tutti i ragazzi indipendentemente dalla loro condizione sociale ed economica. Una scuola pubblica che dovrebbe offrire un ambiente idoneo alla crescita personale e allo sviluppo di una coscienza critica ma soprattutto essere un luogo inclusivo e di sana socialità.

Bene che cosa è rimasto di questa scuola?

L’imposizione di questa “emergenza pandemica” non ha fatto altro che mettere a nudo le sue forti criticità e invece di cogliere l’occasione per eventuali miglioramenti si è dato l’affondo finale. Si sarebbe potuto per esempio risolvere il problema annoso delle classi sovraffollate riducendo il numero degli studenti per classe, invece si è optato per imporre la didattica a distanza con una accelerazione tale da rendere imprescindibile l’uso delle nuove tecnologie e procedere a una digitalizzazione forzata.


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Roberto Buffagni: I nodi al pettine

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I nodi al pettine

di Roberto Buffagni

Crisi ucraina. È arrivato al pettine il nodo dell’espansione NATO verso Est.

È stato un errore strategico di prima grandezza che George Kennan, l’architetto della politica di contenimento dell’URSS nel secondo dopoguerra, definì “the most fateful error of American policy in the entire post-Cold War era.” La Russia potrebbe accettare la presenza di un’alleanza militare a guida USA ai propri confini solo se fosse una colonia americana, guidata da un governo fantoccio, e/o si disgregasse in entità politiche troppo deboli per opporsi alla volontà degli USA (è il caso dell’Europa dopo la IIGM). Ve ne fu la possibilità nel 1991, con l’implosione dell’URSS; ma dopo un periodo di terribile sfacelo, la Russia ha ritrovato una direzione politica capace di difendere la sovranità nazionale.

La situazione è molto semplice. Nel 1832, gli Stati Uniti pubblicano la Dottrina Monroe: il Nord e il Sud del continente americano non sono più aperti alla colonizzazione. Nessun paese del continente americano può stringere alleanze militari con potenze straniere.


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Marco Cattaneo: Superbonus: Draghi e Franco in confusione

bastaconeurocrisi

Superbonus: Draghi e Franco in confusione

di Marco Cattaneo

Il tandem Mario Draghi / Daniele Franco è apparso parecchio stizzoso e parecchio confuso durante la conferenza stampa di ieri.

Mi riferisco alla reazione alla domanda finale (vedi qui video dal minuto 42 in poi) di una giornalista del Sole 24Ore (non di un giornale antigovernativo peraltro: del resto giornali antigovernativi in Italia ce ne sono ben pochi, e quei pochi chissà perché alle conferenze stampa del presidente del consiglio si vedono di rado, o forse mai…).

La domanda verteva sui possibili effettivi negativi del blocco alla circolazione dei crediti fiscali derivanti da ristrutturazioni immobiliari. Contestatissimo provvedimento introdotto con decreto legge circa una settimana fa.

Draghi prima ha cercato di minimizzare l’impatto dei crediti fiscali immobiliari sulla ripresa economica per poi ammettere che è rilevante, quindi ha parlato di carenze di controlli all’origine dovuta al fatto che la legge originaria sul Superbonus 110, di ispirazione M5S, è stata scritta male.

Ma Draghi su questo punto è smentito dai dati della stessa Agenzia delle Entrate, secondo i quali gli accertamenti per frodi, dell’importo totale di 4,4 miliardi di euro, sono imputabili solo per il 3% al Superbonus 110.


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iAlessandro Bertante: Mordi e fugg

nazioneindiana

Mordi e fuggi

Elisabetta Bucciarelli intervista Alessandro Bertante

Alessandro Bertante, Mordi e fuggi. il romanzo delle BR, Baldini+Castoldi, 208 pagine, 2022

EB. Partiamo dal titolo, “Mordi e fuggi”, con un sottotitolo: “Il romanzo delle BR”. Hai voluto evidenziare che fosse un romanzo o ci tenevi a specificare il tema delle Brigate Rosse?

AB. Entrambe le cose. “Mordi e fuggi” era la citazione del Presidente Mao scritta sul cartello appeso al collo dell’ingegnere Macchiarini durante il suo breve sequestro ed è una delle immagini più iconiche della lotta armata in Italia e forse ne rappresenta anche l’inizio. Ma oggi è uno slogan poco conosciuto, specie fra i giovani, e il sottotitolo serve a fare si che non sorgano equivoci sul contenuto. Mi piaceva però anche sottolineare la natura romanzesca del libro, per scartare ogni ipotesi saggistica o memorialistica.

 

Hai deciso di raccontare il mito fondativo delle BR, qual è il motivo? C’è forse qualcosa di eroico che nella ricostruzione di quegli anni si è perso?


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Fraser Nelson: La Svezia ha avuto ragione riguardo al Covid fin dal principio?

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La Svezia ha avuto ragione riguardo al Covid fin dal principio?

di Fraser Nelson

La terra del buonsenso sembra prosperare mentre la Gran Bretagna sta pagando il costo di severi lockdown

Mentre la Gran Bretagna ha praticato i lockdown come il resto del mondo, la Svezia è diventata l’anomalia ribelle. Per comprendere la Svezia abbiamo bisogno di comprendere una parola che è difficile da spiegare, se non da tradurre: lagom. Essa significa, di fatto, “perfetto-semplice”: non troppo, non troppo poco. Le persone che sono lagom non si distinguono e non fanno rumore: si integrano alla perfezione – e ciò è visto come una virtù.

Sono stati scritti saggi sul perché lagom riassuma una certa mentalità svedese – che è male mettersi in mostra, considerarsi migliori o essere ribelli. Per questo motivo è davvero strano che, duranti i lockdown, la Svezia sia diventata l’anomalia ribelle del mondo.

Gli Svedesi hanno visto la cosa da un altro punto di vista. Loro andavano avanti a fare la loro vita con calma: il lockdown era un esperimento estremo, drastico e non sperimentato. Rinchiudere tutti, togliere i bambini da scuola, sospendere le libertà civili, mandare la polizia a controllare le persone che passeggiavano con il loro cane – e chiamare tutto ciò “cautela”?


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tonino

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to sante gorini

Gavino Piga: Cronaca di una crisi annunciata

giubberosse

Cronaca di una crisi annunciata

di Gavino Piga

filek0i8543wedLa crisi pandemica forse non insegnerà nulla, ma di certo rivela moltissimo. Di noi, dei nostri tempi, e non solo del nostro modo di rapportarci alla malattia o al pericolo. Rivela, più in profondità, la tendenza delle nostre società – sedicenti libere – a quella «vasta standardizzazione e “disambiguazione” del mondo» cui si vorrebbe subordinare tutto e tutti.

Da qui parte il giornalista tedesco Paul Schreyer nel suo ultimo, brillantissimo saggio, Cronaca di una crisi annunciata – Come il coronavirus ha cambiato il mondo, edito in Italia dalla coraggiosa casa di produzione OvalMedia (qui il Trailer Book). E come descrivere meglio la prospettiva cui le masse globali da tempo, nella più terrificante inconsapevolezza, sono inchiodate? Sì, proprio quell’innocente operazione – Word Sense Disambiguation – nota ai più grazie a Wikipedia e che ci consente di precisare il significato di una parola qualora possa averne diversi a seconda del contesto, più che strumento di chiarificazione è ormai, nella sovversione concettuale che ci domina, un utile paradigma del totalitarismo comunicativo senza cui tutto in questi due anni sarebbe stato diverso.

Non è un caso, e non è un’esagerazione: costruire inventari di senso oggi, nell’urgenza di predisporre un cosmo di Intelligenze Artificiali (che è il motivo per cui s’investono cospicui fondi nel settore della linguistica), non ha nulla a che vedere con l’erudizione dei buoni maestri d’un tempo. Si tratta piuttosto di riprogrammare artificialmente il linguaggio su base algoritmica. Di operare sul senso per sottrazione, per far corrispondere ogni pugnetto di suoni a categorie merceologiche precise, ma soprattutto a una sola delle caselle “vero” o “falso” (non necessariamente sempre la stessa: si vede alla bisogna), con conseguente divisione della società in buoni e cattivi.


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Pier Giorgio Ardeni: Non è così che dalla pandemia si esce a sinistra

lafionda

Non è così che dalla pandemia si esce a sinistra

di Pier Giorgio Ardeni

pandemia
            162746Negli ultimi tempi, diverse esternazioni dei dirigenti Pd hanno ribadito un concetto, secondo cui «dalla pandemia si esce da sinistra». Peccato che pare essere più una boutade che un’agenda, dacché nella realtà non sta accadendo nulla che va in quella direzione. Perché «uscire da sinistra» dovrebbe voler dire lasciarsi la pandemia alle spalle migliorando la condizione di chi sta peggio e qui non sembra che ciò stia accadendo.

Da quando i contagi hanno ripreso a crescere, a fine ottobre, per poi raggiungere numeri record, il governo non ha fatto nulla per contenerli, se non continuando ad insistere sulle vaccinazioni, per arrivare addirittura all’obbligo vaccinale per gli «over 50», pur sapendo che non è il vaccino a contenere il contagio ma lasciando credere, con grande risonanza sui media, che questo avrebbe finalmente messo un freno alla pandemia. E, però, se l’Italia è l’ottavo Paese al mondo per decessi da Covid-19 – abbiamo superato i 150.000, ma i giornali non raccontano più le storie dietro a quei numeri, se non sono di irriducibili «no vax» – e tra i primi venti nel numero di morti relativo (peggio di noi, nella UE, i Paesi dell’Est, più poveri), è perché la gestione della pandemia è stata affidata a una medicina territoriale lasciata a se stessa e agli effetti della sindemia – la sinergia di più pandemie.

La «quarta ondata» del contagio ha messo in luce i molti punti deboli del sistema. Migliaia di cittadini in attesa di un contatto – non diciamo di una visita – con il medico curante, di una terapia che non fosse l’inutile «vigile attesa» per farsi poi ricoverare con il virus deflagrato, senza poter accedere né ai monoclonali, alle cure precoci o ad altre terapie (persino Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, è divenuto un solitario «oppositore», enfatizzando l’importanza dei medicinali anti-infiammatori, contro l’approccio delle circolari ministeriali).


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Enrico Manera: Scuola: dalla DAD alle occupazioni

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Scuola: dalla DAD alle occupazioni

di Enrico Manera

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            1277829589Nel corso della fase più acuta dell'emergenza pandemica l'impegnativa gestione della quotidianità e il confronto con le difficoltà di tutti e tutte – amministratori, docenti, studenti, famiglie – hanno reso arduo scrivere di scuola per poter dire qualcosa che non fosse sgomento e fatica.

Si trattava di provare a costruire una quotidianità il più possibile rassicurante e garantire formazione e socialità, nonostante Didattica a distanza (poi Didattica digitale integrata) oppure con turni per le classi/studenti, spazi, servizi e opportunità ridotti. Anche quando la scuola ha ripreso a funzionare in presenza la normalità non c'è stata, per le tante ragioni di sicurezza che ben conosciamo. Si è poi entrati in una condizione indefinita di passaggio – quando finisce una pandemia? – caratterizzata da quello che l'emergenza ha lasciato da tanti punti di vista: nelle classi si sentono gli effetti postumi del lungo isolamento e il “ritorno alla normalità” si sta mostrando molto più complicato del previsto. La situazione è migliorata dall'inizio dell'anno scolastico 2021/22 e si è poi complicata per via della fase invernale e della gestione intricata delle quarantene: l'amministrazione quotidiana del problema sanitario, pur in un diverso scenario di rischio rispetto al passato, genera diverse complicazioni che impattano sulla vita delle famiglie e sta rendendo arduo il proseguimento dell'attività didattica per via delle forme miste che vedono la compresenza di studenti in classe e a casa. Non la si può chiamare “normalità”.


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di Noi non abbiamo patria

convoy 2dio non gioca a dadi con l’universo
di Albert Einstein

Einstein risponde con questa frase a Niels Bohr la cui teoria scientifica tendeva a negare del tutto il principio del determinismo scientifico di fronte ai limiti di comprensione dei nuovi fenomeni nel mondo della fisica secondo i canoni della fisica meccanica tradizionale.

Non è scopo di questo scritto riaffermare le ragioni per le quali questo blog è decisamente contrario alla campagna vaccinale di massa capitalistica, che essenzialmente lo è per motivi estranei al dibattito scientifico e sui vaccini che animano le televisioni e le piazze occidentali in questi mesi. Così come non è scopo dello scritto ribadire per quale ragione questo blog ritenga come parte della necessità degli sfruttati quella di contrastare tutte le misure dei governi di sicurezza sanitaria.

 

Sicurezza, economia sana e salute pubblica

La società umana, per come determinata storicamente nel suo rapporto con se stessa e con la natura, ancora non è uscita dalla sua preistoria. Qualsiasi crisi generale e qualsiasi crisi sanitaria, che dai rapporti della produzione e sociali stessi è provocata, ha sempre posto di fronte alle società storiche le medesime contraddizioni che emergono dal terreno generale dei rapporti economici, sociali e politici. Queste medesime contraddizioni di fondo, nel lontano passato, come 104 anni fa (ai tempi dell’influenza spagnola) ed attualmente nel tempo del coronavirus, riguardano sul come combinare in maniera funzionale alla riproduzione dei suoi rapporti la “sicurezza” (come rafforzare lo stato nazionale sfidato sul mercato capitalistico mondiale attraverso l’esercito, proteggere i confini dalle epidemie e dalle migrazioni), la “economia sana” (come evitare che una crisi sanitaria interrompa la catena capitalistica della riproduzione del valore) e la “salute pubblica” aggredita da un fenomeno apparentemente solo sanitario.


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coniarerivolta: Salari e prezzi: come difenderci dal carovita?

coniarerivolta

Salari e prezzi: come difenderci dal carovita?

di coniarerivolta

tuttoaumentaQualche giorno fa, sulle pagine della rubrica economica del Corriere della Sera, è apparso un articolo di Dario Di Vico che ci è utile per comprendere a quale tipo di retorica – e dunque di lotta politica – stanno andando incontro i lavoratori e le lavoratrici italiani. L’argomento, al centro del dibattito di questi giorni, è la vampata di inflazione, di cui abbiamo discusso in un recente contributo. Se si considera l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività, quel parametro di riferimento del governo per la realizzazione delle politiche economiche, l’indice dei prezzi ha fatto registrare a gennaio 2022 una variazione tendenziale del +4,8% rispetto al gennaio 2021, un dato che non si vedeva da anni.

Come abbiamo ricordato più volte, l’inflazione può rappresentare una brutta bestia per i salariati, dal momento che una crescita sostenuta dei prezzi può erodere il potere d’acquisto – i salari reali – dei lavoratori, qualora non sia accompagnata da una crescita almeno altrettanto sostenuta dei salari. Lo sarà certamente se le armi che essi hanno per difendersi sono spuntate e se, come ha sempre fatto, la voce del padrone si arma per imbrigliarle. A questo proposito, riteniamo possa essere opportuno fare dei chiarimenti su cosa sia l’inflazione, cosa rappresenti e di chi è nemica. Lo spunto ci viene proprio dall’articolo che abbiamo citato.

L’inflazione è certamente un problema, ci dice Di Vico, ma lo sarà ancora di più qualora partisse un’offensiva sindacale interessata se non ad accrescere, quanto meno a tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori. Sia mai che i sindacati tutelino i salari reali dei lavoratori, madama la marchesa! Se così fosse, il paese andrebbe incontro ad una vecchia, famigerata, conoscenza: la spirale prezzi-salari.


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Demostenes Floros: Cosa c’entrano il gas e il gasdotto Nord Stream 2 con la crisi tra Russia e Ucraina

marx xxi

Cosa c’entrano il gas e il gasdotto Nord Stream 2 con la crisi tra Russia e Ucraina

Intervista al Prof. Demostenes Floros

Cosa c’entra il gas con la crisi tra Russia e Ucraina, qual è il futuro del gasdotto Nord Stream 2 e qual è il ruolo degli Stati Uniti e della Nato. Lo spiega a Fanpage.it il professore Demostenes Floros, analista geopolitico ed economico.

Il professore Demostenes Floros, analista geopolitico ed economico e docente presso il Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia, dell’Università di Bologna Alma Mater, ha spiegato a Fanpage.it la guerra della fornitura di gas naturale tra Russia e Stati Uniti, il ruolo del gasdotto Nord Stream 2 e cosa si nasconde dietro la crisi tra Russia e Ucraina, che “ormai non riguarda solo i due Paesi ma gran parte dei paesi Nato”, e soprattutto perché le tensioni non accennano a diminuire nonostante la minaccia di una guerra il cui prezzo più alto lo pagherebbe proprio l’Unione Europea.

* * * *

Professore cosa c’entra il gas naturale e i gasdotti con la crisi in corso tra Russia e Ucraina?


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Fosco Giannini: Ucraina: la guerra americana

cumpanis

Ucraina: la guerra americana

di Fosco Giannini

Dal “golpe” imperialista-fascista di Piazza Maidan al progetto di guerra Usa-Nato-Ue

IMMAGINE PRIMO EDITORIALE GianniniIl mondo intero, l’Europa, l’Italia, nell’indifferenza generale e nella totale accidia delle forze “di sinistra”, pacifiste e a volte persino comuniste, sono sul baratro della guerra.

Di una guerra che da “regionale” (Russia-Ucraina) avrebbe tutte le carte in regola per divenire mondiale. Poiché un conflitto militare Ucraina, Usa, Nato, Ue da un lato e Russia dall’altro, difficilmente potrebbe vedere neutrale la Repubblica Popolare Cinese. L’incontro tra Putin e Xi Jinping di questi primi giorni di febbraio 2022, in occasione delle Olimpiadi cinesi sulla neve, incontro sfociato in un rafforzamento del patto – politico, economico, militare – tra Mosca e Pechino, dice chiaramente che la Russia non è sola e una guerra imperialista contro di essa non potrebbe lasciare indifferente la Cina.

Un immenso arsenale militare nordamericano è già stato inviato, in queste ultime settimane, in Ucraina. Migliaia di soldati americani sono già partiti verso l’Europa e l’Ucraina a sostegno della possibile guerra. E altre migliaia sono già stati allertati negli Usa per partire verso la Polonia e la Germania con destinazione finale Ucraina. Lunghe file di carri armati americani sono stati avvistati anche in Austria.

Il governo svedese, in funzione anti russa, ha minacciosamente collocato su Gotland, l’isola del Mar Baltico a 90 chilometri dalle sue coste orientali, il proprio esercito in assetto da guerra e mezzi corazzati da combattimento. Col Ministro della Difesa svedese che ha motivato tale spostamento militare con l’“esigenza di difendere la Svezia dal pericolo delle navi da sbarco russe che incrociano nel Mar Baltico”. Ha ragione Putin: l’isteria Usa si allarga a tutto l’Occidente.


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Dal totalitarismo mediatico all’ingegneria genetica

ilrovescio

Dal totalitarismo mediatico all’ingegneria genetica

Ritorno su due anni di controllo dei corpi e delle menti

biotecnologieTraduciamo e pubblichiamo questo testo contenuto nell’edizione francese dell’opuscolo Contro i vaccini dell’ingegneria genetica, contro la sperimentazione biotecnologica di massa (potete trovare il pdf nella rubrica “materiali” del nostro sito).

Al di là di ogni certezza sull’origine del virus Sars-CoV-2 – salto di specie o fuga da laboratorio –, è fin troppo plateale che, dalla Cina agli USA, gli Stati hanno innescato i propri dispositivi di guerra: ad Est, chiudendo nell’immediato e tutt’ora intere province al minimo caso di contagio; ad Ovest, ricorrendo il più in fretta possibile a quei “vaccini” a m-RNA il cui sviluppo è storicamente legato alle ricerche del Pentagono sulla protezione dei soldati esposti ad agenti virali – e cogliendo l’occasione per sperimentare queste tecniche genetiche su centinaia di milioni di persone.

Ecco allora che, mentre si discute sulla “efficacia” e sulla “sicurezza” dei vaccini, «le porte sono ormai spalancate per l’ingegneria genetica, che ha già acquisito la legittimità per sviluppare la “medicina del futuro”, così come i colossali finanziamenti e il quadro legale e sociale necessari». Ecco allora l’unica domanda sensata: «come attaccare dei progetti così vasti di controllo e di artificializzazione della vita?».

L’ingegneria genetica è una tecnologia tanto radicale quanto quella del nucleare non soltanto perché attaccano entrambe gli elementi costitutivi della materia e della vita, disintegrando ciò che era fino ad allora considerato come “insecabile” (l’atomo o la cellula), ma anche perché in un caso come nell’altro non si tratta più di esperimenti in senso proprio, dal momento che non esiste più alcuna insularità del campo di sperimentazione e che il “laboratorio diventa coestensivo rispetto al globo”.


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Francesco Demitry: Resistere alla barbarie

operaviva

Resistere alla barbarie

Gaia secondo Isabelle Stengers

di Francesco Demitry

Claire Fontaine Untitled Nuclear Family 2013 1
            1628x1375Questo libro, tradotto da Nicola Manghi e pubblicato dalla casa editrice Rosenberg&Sellier, Nel tempo delle Catastrofi. Resistere alla barbarie a venire, è ricchissimo di spunti e attraversa in circa centosettanta pagine alcune delle principali problematiche poste dall’autrice, Isabelle Stengers, nei suoi scritti. Nel tentativo di recensire questo testo ho cercato di connetterne alcuni passaggi con altri testi di Stengers, così da aprire ad altri rimandi e indicare possibili strade da percorrere.

Vorrei cominciare allora da una problematica, quella della Natura, affrontata e sviluppata continuamente dall’autrice, anche e soprattutto in rapporto con la scienza. Nel 1979 Ilya Prigogine e Isabelle Stengers scrivono La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza, riprendendo, tra gli altri, Nietzsche contro l’approccio scientifico che aveva tentato di ridurre la natura all’impotenza: una scienza che si era accorta della potenza della natura «creatrice e distruttrice» e che aveva provato a «soffocarne i ruggiti»; una scienza che prova a far tacere le forze sotto il «segno dell’equivalenza» ma che deve fare i conti con le «differenze» che, come effetto, producono altre «differenze». E proprio da qua ripartono gli autori, scrivendo che:

Questa convinzione che la natura non sia un sistema ordinato, ma l’eterno dispiegarsi di una potenza produttrice di effetti antagonisti, contrapposti in una lotta per la supremazia e il dominio, ha certamente radici e risonanze filosofiche; tuttavia nulla ci vieta d’udirvi anche il rumore delle macchine; non degli apparecchi da laboratorio, ma delle macchine industriali che, in meno di un secolo, avevano prodotto effetti incommensurabili con quelli delle macchine semplici, le ispiratrici della scienza classica, mosse soltanto dall’acqua, dal vento e dal lavoro animale od umano1.


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Alberto Bradanini: Le relazioni tra Cina e Russia

lafionda

Le relazioni tra Cina e Russia

di Alberto Bradanini

putin xiI rapporti russo-cinesi sono al centro della politica mondiale. Vediamone in sintesi genesi e sviluppi.

Se nel secolo scorso i bolscevichi avevano sovietizzato il marxismo, i comunisti cinesi lo hanno sinizzato. Conquistato il potere, i sovietici puntano inizialmente sulla dimensione internazionalista, presto tuttavia abbandonata per ragioni di sopravvivenza. I bolscevichi avevano raggiunto il potere in un paese dove gli operai costituivano una sparuta minoranza rispetto ai contadini/schiavi dell’impero zarista. Quella di Lenin fu una rivoluzione afferrata sul filo della storia, propiziata dall’immane macelleria della Prima guerra mondiale e realizzata in nome degli operai del mondo intero. Egli aveva il convincimento che di lì a poco gli operai europei sarebbero insorti anch’essi, rafforzando le chance della stessa rivoluzione sovietica, ancora fragile e nel mirino delle potenze borghesi.

Negli anni successivi, dovendo sopravvivere come avamposto socialista sotto assedio, l’Unione Sovietica aveva accettato il dialogo con le nazioni capitalistiche quale provvisoria linea di compromesso, nell’attesa di una rivoluzione proletaria universale, che diventava però ogni giorno più ipotetica. La vanificazione di tale speranza avrebbe portato alla russificazione del comunismo, al prevalere del nazionalismo sovietico sull’ideale internazionalista e infine – secondo la critica capitalistica e quella maoista dopo la destalinizzazione kruscioviana – all’accantonamento dei bisogni di operai e contadini.

La creazione ex-novo di un ceto relativamente privilegiato quale pilastro dei privilegi del Partito per la costruzione di una chimerica società mono-classista – un impianto edificato da J. Stalin alla scomparsa di Lenin e che poco aveva a che vedere con la dottrina di Marx – è alla base della disfatta storica del comunismo sovietico.


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Domenico Cortese: Il caso Alitalia-Ita: il nuovo modello di trasporto aereo pubblico nell'epoca delle low cost e delle liberalizzazioni

lordinenuovo

Il caso Alitalia-Ita: il nuovo modello di trasporto aereo pubblico nell'epoca delle low cost e delle liberalizzazioni

di Domenico Cortese

Aereo di Alitalia in volo 1 660x4002xIl passaggio Alitalia-Ita è sicuramente una delle decisioni politiche che più rappresentano il corso del 2021. Una risoluzione di una crisi annosa scaricata sulle spalle di lavoratori e consumatori, degli accordi con le istituzioni europee e con i sindacati concertativi che rispondono solo alle “leggi del mercato”, una esplicita rinuncia a comprendere e affrontare le cause profonde e i responsabili della crisi stessa. Tutti elementi che richiamano in modo più o meno evidente lo scenario politico-economico italiano nella sua generalità, con un esecutivo concentrato a minimizzare le perdite delle aziende scaricandole sulla qualità della vita dei dipendenti, senza affrontare le ragioni strutturali del cedimento del sistema di fronte alla sua causa scatenante. Ma la crisi definitiva di Alitalia, oltre a condividere con il Paese intero la pandemia come miccia della sua deflagrazione, è materialmente parte integrante di quel percorso di arretramento rispetto all’idea di programmazione industriale e tutela del personale che, sulla spinta delle lotte operaie e popolari del secondo Novecento e delle necessità oggettive della fase di allora del capitalismo, caratterizzata dall’esigenza di rinnovamento infrastrutturale e accumulazione di capitale a livello nazionale, contraddistingueva uno Stato borghese costretto a fare concessioni parziali alle istanze della collettività e dei lavoratori. Istanze che oggi può invece permettersi di trascurare completamente, in nome di una molteplicità di fattori che vanno da un differente contesto internazionale all’attuale debolezza del movimento operaio, dalla ricerca della competitività nel breve periodo alla retorica dell’efficienza del modello privatistico che caratterizza l’Italia come membro convinto del mercato unico europeo.


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Giovanna Vertova: Reddito di autodeterminazione: dubbi di una femminista eretica

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Reddito di autodeterminazione: dubbi di una femminista eretica

di Giovanna Vertova

nato 15Ormai da decenni, più o meno dal pieno sviluppo del neoliberismo, è iniziata una riflessione, sia a destra che a sinistra, sull’idea che il welfare che si è venuto a creare nel secondo dopo guerra non sia, oggi, più sostenibile (destra) o non sia più in grado di creare un’adeguata rete di protezione sociale per le classi meno abbienti (sinistra). La posizione di sinistra è, inoltre, articolata su un’analisi della attuale fase capitalistica alquanto fantasiosa. L’ipotesi di base è che, da molti anni, sia in corso un declino della soggettività “lavorista”, in quanto il neoliberismo sarebbe incapace di garantire la piena occupazione, tipica del periodo storico precedente, spesso denominato fordista-keynesiano. Di conseguenza il welfare di matrice “fordista” sarebbe inadeguato a garantire le protezioni necessarie per costruire una risposta alla crescente insicurezza sociale della classe lavoratrice, in quanto concepito per una società “lavorista” e di “piena occupazione”. L’automazione dei processi di produzione (ove possibile), la rivoluzione tecnologica digitale, ultimamente il sistema Industria 4.0 concorrono a sostituire lavoratori in carne ed ossa con macchine, creando o aumentando la disoccupazione tecnologica. Per questo motivo i sostenitori di questa visione ritengono che il welfare non possa più essere legato alla condizione lavorativa1, ma andrebbe riformato per rispondere alle nuove insicurezze sociali figlie del neoliberismo. Un trasferimento monetario statale, sganciato dalla prestazione lavorativa sembra, quindi, essere la soluzione giusta per tutelare la classe lavoratrice.

Nonostante le basi teoriche della proposta, qui solo brevemente richiamate, potrebbero essere ampiamente smentite, non è questo l’obiettivo del presente lavoro.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Feb 24, 2022, 8:19:45 AM2/24/22
to sante gorini

Martina Marino: Capitalismo vaccinale e dissenso sociale: l'iniziativa "Cultura Sospesa"

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Capitalismo vaccinale e dissenso sociale: l'iniziativa "Cultura Sospesa"

di Martina Marino*

byoblu24 cultura sospesa 534x300Si chiama “Cultura Sospesa” ed è un’iniziativa di dissenso sociale promossa da un “connettivo” di docenti sospesi, studenti e artisti, vuole ricordare il concetto del caffè sospeso napoletano attraverso la convivialità di una colazione e di un pranzo sociale aperto, ma anche l’aspetto critico insito nella cultura anch’esso sospeso, allo stato attuale. 

A Roma davanti l’università a La Sapienza, a mercoledì alterni in orario scolastico, viene allestito questo presidio culturale con l’obiettivo di ricominciare a riappropriarsi degli spazi che sono stati negati, partendo proprio dai luoghi simbolo come l’università romana. Il programma della mattinata è un concentrato di interventi, letture, momenti di dibattito, spettacoli e spaccati musicali. In parallelo a questi appuntamenti si stanno organizzando forme di mutuo-aiuto e casse di resistenza per sostenere i docenti in difficoltà.

Si riporta a seguire un intervento dello scorso appuntamento di mercoledì 9 febbraio (https://fb.watch/basWnJWo1h/) e vi diamo appuntamento per il prossimo mercoledì 23 febbraio dalle ore 9 in piazzale Aldo Moro a Roma.

* * * *

Capitalismo vaccinale

Quando il capitalismo e le politiche vaccinali sono diventati un’equazione

Non leggerete più la parola capitalismo o capitale in questo articolo, vi accorgerete alla fine probabilmente che ne avete visto una diretta applicazione.


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Enrico Vigna: Rischi bellici in Ucraina? In Donbass la guerra c’è già da 8 anni nell’indifferenza generale dell’occidente!

lantidiplomatico

Rischi bellici in Ucraina? In Donbass la guerra c’è già da 8 anni nell’indifferenza generale dell’occidente!

di Enrico Vigna*

rischioguerraucraina2022Da due mesi i “distrazionisti” professionali hanno concentrato luci e attenzioni mediatiche su una presunta e ipotetica invasione russa dell’Ucraina, sapendo bene che la Russia, non ha nessuna progettualità di guerra, semplicemente perché non è un suo interesse strategico, uno scontro militare con USA, NATO e Unione Europea. Salvo naturalmente qualche inaccettabile provocazione degli “ucro” neonazisti, pretoriani del governo golpista di Kiev e della NATO. Mentre la realtà tragica è la guerra che, da otto anni è in atto contro la popolazione del Donbass, di cui solo pochi organi informativi e realtà occidentali hanno finora documentato. Ora che c’è il rischio di un dispiegamento a domino di questo conflitto…fa notizia.

I media occidentali sono una forza che può favorire una guerra, sono un'arma potente, il loro lavoro è un segnale di azione che deve arrivare, che essi preparano in anticipo.

Gli ululati di guerra occidentali, da mesi hanno decretato che Putin intende invadere l'Ucraina. Ma per quale motivo dovrebbe farlo, nessuno sa dirlo. L'ex ufficiale dell'intelligence statunitense e membro di un'associazione di ex professionisti dell'intelligence e dell’utilizzazione dell'intelligence USA (VIP), Raymond Mcgovern, considera un'invasione russa dell'Ucraina, tanto probabile quanto l'arrivo tanto annunciato del sinistro "Godot" nell'opera teatrale di Beckett “Aspettando Godot ”.

In ogni caso…nella dichiarazione congiunta all'inaugurazione delle Olimpiadi invernali del 2022, i presidenti Xi Jin-ping e VladimirPutin hanno sottolineato che "Russia e Cina si opporranno a qualsiasi tentativo di forze esterne, di minare la sicurezza e la stabilità in regioni confinanti e "un ulteriore espansione della NATO “!


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Renato Galeotti: Ogni luogo contiene il pianeta

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Ogni luogo contiene il pianeta

di Renato Galeotti

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            1067x1536Sul vocabolario Treccani leggiamo che il sostantivo “ambiente” deriva dal latino “ambiens ambientis” participio presente di “ambire”, che significa “andare intorno, circondare”. Insomma, l’ambiente è ciò che ci circonda. Ma quanto da vicino ci circonda? Cosa abbiamo in mente, quando parliamo di ambiente? Il globo terracqueo, oppure l’angolo di mondo su cui gettiamo il nostro sguardo ogni giorno? Non ce la possiamo cavare rispondendo: “tutti e due”. Troppo diverso è il rapporto che intratteniamo con il luogo e con il mondo intero per poterli assimilare. Gli spazi in cui viviamo hanno il colore delle foglie, l’odore della terra, il rumore del mare, il pianeta, invece, è un’entità sfuggente, un racconto, un’elaborazione dell’intelletto. Mentre il luogo entra in relazione con i nostri sensi, la Terra è troppo grande per essere abbracciata; per questo possiamo soltanto immaginarla. O per lo meno, così era fino a quando non abbiamo visto la Terra tutta intera, da lontano.

Il 7 dicembre 1972 l’equipaggio dell’Apollo 17 scatta “Blue Marble”, la Biglia Blu, la più nota tra le foto del nostro pianeta visto dallo spazio. Questa immagine rappresenta il simbolo di un passaggio epocale: da quel momento l’ambiente globale inizia ad imporsi come visione dominante; la Terra, che fino ad allora era percepita come la somma di una miriade di territori modellati dagli uomini, diventa il riferimento unificante per tutta l’umanità. Non sono più i luoghi a sommarsi per produrre l’intero, ma l’intero che contiene i luoghi. Si tratta di un passaggio che coinvolge anche il nostro esistere e la nostra maniera di costruire le relazioni con il circostante: la conoscenza cessa di passare attraverso i sensi e gli umani iniziano a vedere se stessi con occhi esterni. Il punto di vista corretto non è più quello di ognuno di noi ma un altro, esterno e lontano.


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Rete dei Comunisti: Denunciare con ogni mezzo il ruolo guerrafondaio della NATO e degli USA

rete dei
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Denunciare con ogni mezzo il ruolo guerrafondaio della NATO e degli USA

di Rete dei Comunisti

Con la provocazione di far aderire l’Ucraina alla NATO, in violazione degli accordi fatti dopo la fine dell’URSS, l’amministrazione Biden sperava di impaurire la Russia e recuperare una credibilità interna ormai in caduta verticale.

Le cose invece sono andate in modo ben diverso. Con il riconoscimento delle due Repubbliche del Donbass la NATO e l’Ucraina vengono messe di fronte alla scelta di alzare il livello dello scontro e sfidate ad intervenire militarmente contro le due repubbliche indipendenti.

Per ora la risposta della Nato non è ancora di tipo militare e si continua a parlare di sanzioni, le quali però spesso fanno male più a chi le adotta e non a chi ne è vittima. Dopo tanta propaganda e allarmi sull’invasione dell’Ucraina, gli USA adesso devono decidere come rispondere al riconoscimento delle due repubbliche del Donbass, di popolazione russa e nelle quali la Russia in realtà era presente da almeno 8 anni.

Gli USA e la NATO stanno giocando due diverse partite sulle quali però non hanno nessuna garanzia sul risultato.


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Antonio Di Siena: I kompagni di Chicago: su Tangentopoli e Prima Repubblica

theunconditional

I kompagni di Chicago: su Tangentopoli e Prima Repubblica

di Antonio Di Siena

Oggi un ignoto commentatore mi ha rimproverato di aver fatto un elogio della prima repubblica perché – secondo lui – quella era una classe politica corrottissima che sosteneva il proprio consenso facendo debito pubblico a iosa. E che adesso la situazione sia decisamente migliore anche perché ci sta l’Europa. Ok. Allora provo a spiegarmi un pochino meglio.

Che molti meccanismi della prima repubblica fossero marci fino al midollo è cosa cristallina come l’acqua delle Bermude. E che i carrozzoni creati in quel periodo negli enti pubblici fossero un problema gigantesco che tutt’oggi paghiamo è cosa altrettanto nota e pacifica. Ma, vedete, il punto non è questo. Perché io non sto santificando quel modello. Mi limito a osservare che, dato che TUTTI i sistemi capitalisti sono marci (e la rivoluzione la stiamo ancora aspettando), sarebbe cosa intelligente soffermarsi a valutare quale fra quelli sia meno marcio e soprattutto più funzionale al miglioramento della condizione sociale generale. Il problema è che la propaganda montata ad arte su mani pulite ha inquinato a tal punto l’acqua dei pozzi che chi se l’è bevuta è rimasto intossicato a vita. Mi spiego.


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Roberto Esposito: Filosofia politica, a lezione dal vivente

manifesto

Filosofia politica, a lezione dal vivente

Roberto Ciccarelli intervista Roberto Esposito

Tempi presenti. Un'intervista con Roberto Esposito per parlare del suo libro «Immunità comune. Biopolitica all’epoca della pandemia», edito da Einaudi

Né dittatura, né democrazia governamentale. In Immunità comune. Biopolitica all’epoca della pandemia (Einaudi, pp. 186, euro 20) Roberto Esposito scarta dalla polarizzazione mediatica sul Covid e riflette criticamente sul problema politico dell’immunità. L’intervista sul suo ultimo libro è diventata l’occasione per un confronto bello e teso sulla filosofia politica, italiana e non solo, che è stata messa profondamente in crisi dall’evento della nuova epoca pandemica.

* * * *

Lei ha definito il titolo del suo libro, «Immunità comune», un paradosso. Per quale motivo?

Questa espressione si riferisce all’incrocio che oggi, forse per la prima volta, si va profilando tra due concetti logicamente contrari come quelli di comunità e immunità. Da qui il suo carattere apparentemente paradossale.


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comidad: La sinergia tra finanza globale e mafie locali

comidad

La sinergia tra finanza globale e mafie locali

di comidad

Uno dei generi giornalistici nostrani più fortunati è il “come sono bravi gli altri Paesi, come siamo stronzi e mafiosi noi”. I fenomeni narrati non vengono storicizzati ma falsati da un filtro moralistico. Le gerarchie morali tra i popoli diventano poi gerarchizzazioni antropologiche e, in definitiva, razziali. Il moralismo fa diventare razzististico persino l’antirazzismo, poiché si finisce invariabilmente per dividere l’umanità in gerarchie morali/antropologiche, cioè tra la razza superiore degli antirazzisti e la razza inferiore dei razzisti.

Il genere autorazzistico è tra i preferiti da “Report”, ma stavolta purtroppo c’è cascato anche Riccardo Iacona, di cui pur si ricorda l’impegno per la difesa di Julian Assange. A proposito di Assange, le rivelazioni di Wikileaks hanno messo in evidenza il fatto che i funzionari dell’imperialismo statunitense raccolgono le loro informazioni sulla stampa locale, quindi si alimentano di notizie inconsistenti, non basate sui dati di fatto ma sui soliti luoghi comuni. Ciò dimostra che non solo quei funzionari si rubano lo stipendio, ma soprattutto che l’imperialismo non procede per lucide strategie, bensì per schemi comportamentali, per riflessi condizionati.


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Il Chimico Scettico: Il pensiero istituzionale esiste...

ilchimicoscettico

Il pensiero istituzionale esiste...

di Il Chimico Scettico

... e la comunicazione della scienza lotta assieme a lui.

Questa storia di dosi ennesime e ADE (Antibody-Dependent Enhancement https://it.wikipedia.org/.../Potenziamento_anticorpo...) ha fatto cadere sul prof. Broccolo un po' di tutto (https://www.startmag.it/.../luniversita-milano-bicocca.../). E' un'ipotesi improbabile? Ok.

Ma la reazione è quella di un monoteismo vaccinale che, come il Green Pass all'italiana, è diventato religione di stato ("Fake news", si urla dal ministero, e i "giusti" ripetono "Fake news!").

Non solo religione di stato, religione di stato e religione intollerante.

Che con un tasso di copertura vaccinale anticovid tra i più alti di Europa in Italia si continui su questa via è indicativo, ed è indicativo che, anche sotto le apparenze più rassicuranti, la "giusta comunicazione" in contesto pandemico sia solo quella che tratta i cittadini come funghi (leave them in the dark and feed them shit).


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Paolo Selmi: Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

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Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Prima parte: dagli inizi alla NEP

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte
            1 html 98bc8d74546bea8fIn questa monografia affronteremo per sommi capi altri cambiamenti epocali, che meriterebbero ben altro spazio e approfondimento, riguardanti quella che divenne l’organizzazione non partitica di massa per eccellenza: il sindacato, o profsojùz. Il motivo è presto detto: come anche nel caso dell’emulazione socialista, o di altri argomenti precedentemente trattati, si tratta di concezioni e dati praticamente ignoti, ignorati o comunque non facenti più parte, da decenni, della coscienza collettiva attualmente operante nel nostro emisfero, persino di quella attraversata da una sempre più forte “nostalgia del futuro”. Senza tanti forse, molti di quei pochi “noi” rimasti, sono sin troppo ottimisti nel tracciare traiettorie verso il socialismo, perché normalmente non prendono minimamente in considerazione questi aspetti.

Eppure, nell’improvvisarsi “commissari tecnici” delle rivoluzioni, nell’abbozzare “ricette per le osterie dell’avvenire”, occorrerebbe entrare un attimo nel concreto e, nello specifico, nei meccanismi di quello che è storicamente stato: scopriremmo tanta “concretezza” che ci aiuterebbe, se non altro, per evitare di sbattere la testa due volte contro lo stesso muro. Inoltre, non tenere conto di questa dimensione storica della rivoluzione, equivarrebbe a ridurre tutto il lavoro che stiamo conducendo sulla pianificazione a una costruzione ideale, ipotetica: l’esatto opposto di ciò che fu l’esperimento sovietico, questo tentativo di assalto al cielo condotto da centinaia di milioni di donne e uomini lungo quei decenni. Per questo, bando alle ciance e iniziamo questo viaggio nel pianeta rosso e nei suoi sindacati, affrontando in questa prima parte il periodo dai primordi alla NEP.


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Fabrizio Poggi: Mosca riconosce le Repubbliche popolari del Donbass

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Mosca riconosce le Repubbliche popolari del Donbass

di Fabrizio Poggi

Donbass cartina 1 559x300Nella tarda serata di lunedì 21 febbraio, Vladimir Putin ha firmato il decreto di riconoscimento delle Repubbliche popolari di Lugansk e di Donetsk quali stati «indipendenti, democratici, sociali e di diritto», da parte della Federazione Russa. Insieme ai leader delle due Repubbliche, Leonid Pasečnik e Denis Pušilin, Putin ha sottoscritto anche un accordo di amicizia, collaborazione e aiuto tra L-DNR e FR, come era stato chiesto dai due leader del Donbass.

La firma di Putin è arrivata pochissime ore dopo il termine della riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza russo (organo consultivo), svoltasi nel pomeriggio, nel corso della quale praticamente tutti gli intervenuti – Ministri della difesa e degli esteri Sergej Šojgu e Sergej Lavrov, Primo ministro Mikhail Mišustin, Segretario del Consiglio di sicurezza Nikolaj Patrušev, ex Primo ministro e attuale vice presidente del Consiglio di sicurezza Dmitrij Medvedev, ecc.) – si erano pronunciati per il riconoscimento delle Repubbliche popolari.

Di fatto, subito dopo la seduta del Consiglio di sicurezza, al telefono con Emmanuel Macron e Olaf Scholz, Putin aveva loro già annunciato che, a momenti, avrebbe messo la firma in calce al decreto. Ora la cosa è fatta.

In Donbass si esulta e si parla di data storica.

Dalle cancellerie europee, invece, come da copione, lamentazioni di «delusione» e annunci di sanzioni europeiste contro Mosca. «Condanna», anche questa scontata, da parte del Segretario generale NATO, Jens Stoltenberg e riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza ONU.


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Ludovico Cantisani: La risata del filosofo. Foucault contro Marcuse, uno scontro sotterraneo

scenari

La risata del filosofo. Foucault contro Marcuse, uno scontro sotterraneo

di Ludovico Cantisani

Marcuse vs Foucault 1160x480Herbert Marcuse, Michel Foucault: tanto vicini, quanto distanti, vicini per tematiche e risonanza culturale, distanti per metodo, impostazione, direzione.

Quello tra Marcuse e Foucault è un confronto tra metodi diversi, che si consuma anche attraverso differenti lessici. Civiltà vs. società: è tra queste due prospettive che, in partenza, si consuma il loro “scontro” e si misura la reciproca distanza. L’ideale, che diventa anche imperativo utopico, è il modo di procedere per Marcuse, di cui non si contano i richiami quasi platonici a concetti come Eros, Thanatos e a un mito freudiano quale era il principio di piacere. La messa in chiaro di strutture, di luoghi fisici che sono anche dispositivi sociali come la prigione o il manicomio è invece il metodo entro cui si esplica il procedimento a un tempo storico e filosofico adottato da Foucault, impegnato a definire le ambivalenze del rapporto tra sapere e potere.

“Là dove tutto è proibito, chi vuole in fondo può fare tutto, ha la possibilità reale di fare tutto; là dove invece è permesso qualcosa si può fare solo quel qualcosa”

Pier Paolo Pasolini, 1975

Il più sessantottino dei libri di Marcuse è Eros e Civiltà, un’esplicita reprise in chiave utopica e rivoluzionaria del Freud del Disagio della civiltà. Eros e Civiltà esce nel 1955, ma solo negli anni Sessanta raggiunge il grande pubblico. Il libro seppe infatti conquistare le schiere di hippies e manifestanti che affollavano le università americane al tempo della Contestazione e delle proteste contro la Guerra nel Vietnam.


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Pino Nicotri: Ucraina e Russia, Putin aggressore?

blitzquotid

Ucraina e Russia, Putin aggressore?

Ricordate le balle su Saddam? E quelle sul Tonchino?

di Pino Nicotri

 

Ucraina e Russia. Certo che è strano. Perché nessuno prova a vedere quello che sta accadendo senza paraocchi?

Riguardo la pessima situazione tra Ucraina e Russia stiamo credendo tutti, giornalisti e politici, a quella stessa Cia, a quello stesso Pentagono e a quella stessa Casa Bianca e Downing Street con Tony Blair che nel 2003, appena 19 anni fa, hanno mentito allo stesso popolo degli USA e al resto del mondo.

Appena 19 anni fa per poter invadere militarmente l’Iraq, provocando poco meno di 200 mila morti iracheni, Cia, Pentagono, Casa Bianca e Tony Blair hanno inventato la colossale balla delle “bombe atomiche e altre armi di distruzione di massa prodotte dall’Iraq di Saddam Hussein”.

E oggi ci raccontano quello che vogliono loro riguardo le esercitazioni militari russe anche con missili “atomici” (?!) in località più o meno vicine al confine con l’Ucraina. E perfino riguardo “l’invasione russa fissata per mercoledì”, quello passato.


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Lucio Caracciolo: “Figuraccia Usa: mostrano a Putin di essere deboli e confusi”

riformista

“Figuraccia Usa: mostrano a Putin di essere deboli e confusi”

Umberto De Giovannangeli intervista Lucio Caracciolo

Una figuraccia imbarazzante. Imbarazzante e preoccupante, se a confezionarla è il paese guida dell’Occidente: gli Stati Uniti d’America. Gli strateghi di Washington avevano anticipato l’invasione russa dell’Ucraina ma si erano spinti fino al punto di rivelare urbi et orbi la data: 16 febbraio 2022. Restava incerto solo il minuto secondo. E invece… Il Riformista ne discute con Lucio Caracciolo, direttore di Limes, la più autorevole rivista italiana di geopolitica.

* * * *

Il 16 febbraio doveva essere il D-day dell’invasione delle armate russe in Ucraina. Invece Putin ha stoppato il tutto mentre Biden si è trincerato in un imbarazzato: «Pronti a un accordo con la Russia, ma resta rischio invasione». Visto che l’invasione, almeno al momento, non c’è stata ma la crisi permane, ci aiuta a cogliere l’essenza nell’agire dei due attori principali? Qual è l’obiettivo strategico dei Russi?

Rientrare nel sistema di sicurezza europeo da protagonisti. Ciò che alla Russia è vietato di fatto dal 1917 in poi, salvo i quattro anni di cooperazione, 1941-’45, con l’Occidente nella Seconda guerra mondiale.


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Marco Marucci: Il solito vecchio metaverso

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Il solito vecchio metaverso

di Marco Marucci

Adam Smith, che non era un socialista, già più di due secoli fa affermava che quando due uomini industriali si incontrano sicuramente stanno progettando qualcosa che per danneggiare l’interesse pubblico: “All for ourselves and nothing for other people sembra sia stato, in ogni epoca del mondo, la vile massima dei padroni dell’umanità” (La Ricchezza delle Nazioni, 1776). Oggi le cose non sono molto cambiate, gli industriali non portano più la bombetta ma ce li possiamo immaginare con camice hawaiane che bevono cocktails su un’isola di loro proprietà, parlando di cosa “lanciare” nei prossimi anni, che siano auto senza pilota, giochi 3D, monete digitali, navette spaziali, assistenza sanitaria a distanza o la creazione di un mondo virtuale dove dare sfogo a tutte queste fantasie. I Big Tech promuovono questo nuovo progetto come cyberspazio tridimensionale “empireo, trascendente ed immersivo” a cui si accede tramite visori 3D e guanti robotici tattili e lo presentano al mondo come Metaverso, riprendendo il nome del mondo virtuale ideato da Neal Stevenson nel suo libro cult “Snow Crash” (1992).


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Elena Dragagna: Il valore supremo della dignità umana al centro della nostra Costituzione

gruppogocciagoccia

Il valore supremo della dignità umana al centro della nostra Costituzione

Riflessioni su Super Green Pass e obbligo vaccinale alla luce di tale principio

di Elena Dragagna, avvocato

Leggendo la Costituzione troviamo in più parti il richiamo, diretto o indiretto, alla dignità umana. È un concetto che pervade tutto il testo costituzionale e sul quale oggi, in un momento in cui la dignità umana risulta aggredita da norme che non ne tengono conto, è più che mai importante riflettere.

Ma passiamo al testo della nostra Costituzione.

Innanzitutto, all’art. 2 Cost. troviamo il riconoscimento – non l’attribuzione, trattandosi di diritti immanenti della persona di cui lo Stato può solo prendere atto e, appunto, “riconoscere” – dei diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.

Anche se all’art. 2 non troviamo un riferimento diretto alla dignità umana, è chiaro che questo c’è, seppur sottinteso: i diritti fondamentali e inviolabili riconosciuti dall’art. 2 sono propri dell’uomo in quanto tale, con il loro riconoscimento si dà valore, correlativamente, alla dignità umana.


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Il concetto di dignità è presente espressamente nell’art. 3 Cost. che prevede che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ai sensi di questo articolo, dunque, la dignità viene riconosciuta a tutti i cittadini senza alcuna distinzione, in conformità del principio di non discriminazione.

L’art 4 Cost. prevede il riconoscimento a tutti i cittadini del diritto al lavoro e la promozione, da parte dello Stato, delle “condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Sempre all’art. 4 il lavoro è previsto non solo come diritto ma anche dovere, collegato al fatto che l’attività lavorativa concorre al progresso materiale o spirituale della società. Sicché si può dire che si ritrova nella Costituzione una sorta di equivalenza tra vita dignitosa e possibilità di lavorare; in particolare il vivere dignitosamente, corrispondente ad una vita in cui l’essere umano può lavorare per il sostentamento suo e dei suoi familiari (si vedrà poi l’art. 36 Cost) e concorrere al progresso della società, prevale sul vivere e basta.

La dignità è richiamata espressamente anche in altri punti della nostra Carta costituzionale.

L’art. 32, nel prevedere la tutela della salute sia come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” – e si noti che il riferimento, nel caso dell’individuo, è al suo diritto fondamentale, mentre nel caso di collettività si parla di interesse – stabilisce che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e, comunque, che la legge impositiva di un determinato trattamento sanitario “non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, quindi della sua dignità.

L’art. 36 Cost. stabilisce poi il diritto del lavoratore ad una retribuzione non solo proporzionata all’attività svolta ma in ogni caso “sufficiente ad assicurare a lui ed alla sua famiglia una vita libera e dignitosa” – di nuovo troviamo il concetto di dignità, connesso con la vita umana, che la Costituzione celebra in quanto sia dignitosa, e con il lavoro, su cui (art. 1 Cost.) la nostra Repubblica è fondata.

L’41 Cost. indica inoltre il rispetto della dignità umana tra i limiti all’iniziativa economica privata.

Riflettere sul valore della dignità umana – che, in certo qual modo, riassume tutti gli altri valori contenuti nella nostra Costituzione – è più che mai importante oggi, in un momento in cui l’aggressione a tale dignità appare senza precedenti.

In particolare, dopo la previsione e l’utilizzo del Green Pass “base”, già di per sé strumento discriminatorio e censurabile in base ai valori costituzionali, è stato previsto il Green Pass rafforzato (o Super Green pass), certificazione che si ottiene solo da vaccinati o guariti da covid 19.

Questa certificazione, inizialmente richiesta per diverse attività al chiuso, con il d.l. 229 del 30 dicembre 2021 è stata estesa a praticamente tutti gli ambiti della vita umana.

A partire dai 12 anni di età, infatti, non si può praticare attività sportiva neanche all’aperto, prendere un bus o un treno, sedersi ad un tavolino di un bar o un ristorante, anche all’aperto. andare ad un museo o ad un teatro senza essere stati vaccinati ovvero essere guariti da covid 19.

Come queste disposizioni cozzino con il concetto di dignità umana e di vita dignitosa (la cui tutela nei confronti dei bambini e ragazzi dovrebbe tra l’altro essere ulteriormente rafforzata) dovrebbe essere assolutamente palese a tutti.

Ma c’è di più.

Il d.l. 1 del 7 gennaio 2022 oltre ad avere esteso l’obbligo del Green pass base per servizi alla persona (come parrucchieri), banche, poste, uffici pubblici, attività commerciali eccetto quelle essenziali (alimentari, farmacie, ecc..) ha introdotto l’obbligo vaccinale (già in precedenza previsto per alcune specifiche categorie di lavoratori, ad esempio in ambito sanitario) per chi abbia compiuto 50 anni di età (o anche per chi li compia successivamente) fino al 15 giugno 2022 prevedendo inoltre la necessità di Green Pass Rafforzato (Super Green Pass) per l’accesso a tutti i luoghi di lavoro dal 15 febbraio 2022 sempre fino al 15 giugno 2022 (e questo obbligo è stato esteso anche all’accesso in Parlamento; e questa gravissima previsione meriterebbe un contributo scritto a parte).

I lavoratori ultracinquantenni non in possesso di Super Green Pass rischiano dunque pesanti sanzioni pecuniarie ove vengano trovati sul posto di lavoro senza tale certificazione e, nel momento in cui non vi accedono per mancanza della certificazione stessa, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione delle certificazioni, e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per i giorni di assenza ingiustificata, questi lavoratori non hanno diritto alla retribuzione né ad altro compenso o emolumento.

Il tutto in aperta ed evidente violazione, solo per citare alcune delle norme costituzionali sopra ricordate, dell’art. 32 della Costituzione secondo cui una legge che prevede un trattamento sanitario obbligatorio non deve violare il rispetto della persona umana e dell’articolo 36 della Costituzione secondo cui i cittadini hanno diritto ad una retribuzione sufficiente per un’esistenza libera e dignitosa.

Timidamente qualche Giudice pare rendersi conto della palese violazione dei principi costituzionali fondanti del nostro ordinamento e, in particolare, del principio relativo alla tutela, sempre e comunque, della dignità umana.

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Velletri ha, prima con provvedimento in fase cautelare nel novembre scorso e poi con successiva sentenza, riammesso al lavoro un’operatrice sanitaria sospesa in quanto non vaccinata “… considerata la rilevanza costituzionale dei diritti compromessi (dignità personale, dignità professionale, ruolo alimentare dello stipendio)”.

Il TAR del Lazio in composizione monocratica, con tre decreti appena depositati, ha annullato la sospensione dello stipendio per tre dipendenti del Ministero della Giustizia, ritenendo la necessità di valutare (cosa che avverrà a breve in sede collegiale) la costituzionalità della norma.

Nei decreti il TAR ha evidenziato che si prospettano “profili di illegittimità costituzionale della normativa concernente l’obbligo, per determinate categorie di personale in regime d’impiego di diritto pubblico, di certificazione vaccinale ai fini dell’ammissione allo svolgimento della prestazione lavorativa” e ha ritenuto in tutti i casi trattati “che, in relazione alla privazione della retribuzione e quindi alla fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita, sussistono profili di pregiudizio grave e irreparabile, tali da non tollerare il differimento della misura cautelare sino all’esame collegiale”.

Né si può dimenticare l’articolata ordinanza con cui il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, giudice d’appello in materia amministrativa previsto dallo Statuto speciale della Regione Sicilia, nel caso di uno studente non vaccinato iscritto al terzo anno del corso di Laurea d’Infermieristica, ha disposto un’istruttoria, richiedendo a tal fine specifiche informazioni al Ministero della Sanità, per vagliare se le disposizioni inerenti l’obbligo vaccinale siano o meno conformi al dettato costituzionale.

In una recente intervista, il Prof. Alessandro Mangia, professore ordinario di diritto costituzionale nella facoltà di giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, evidenzia espressamente che “il green pass tocca il diritto alla retribuzione, la cui finalità – ci dice l’art. 36 Cost. – è quella di “garantire un’esistenza libera e dignitosa”. Il Prof. Mangia si chiede (e chiede all’intervistatore): “è libera e dignitosa la vita di chi si deve vaccinare per lavorare e arrivare a fine mese?”. La risposta è necessariamente NO. E, conclude il Prof. Mangia, è “Strano che nessuno se lo sia chiesto, e che nessuno si sia accorto che il limite espresso” ai trattamenti sanitari, quando resi obbligatori per legge ai sensi dell’art. 32 Cost., “è la dignità della persona”.


 

BIBLIOGRAFIA:
 https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione
 https://www.gazzettaufficiale.it/…/2021/12/30/21G00258/sg
https://www.gazzettaufficiale.it/…/01/07/22G00002/sg…)
 https://www.repubblica.it/…/camera_covid_super_green…/
 https://www.rainews.it/…/no-vax-covid-Infermiera-no-vax…
https://anief.org/…/38614-obbligo-vaccinale-%E2%80%93…
 https://anief.org/…/38292-vaccino-obbligatorio-%E2%80…
 https://www.ilfattoquotidiano.it/…/obbligo…/6484844/
 https://www.ilsussidiario.net/…/green-pass…/2289533/


Enrico Euli: I nostri salvatori?

comuneinfo

I nostri salvatori?

di Enrico Euli

C’è una spinta dall’alto che devasta il clima e avvelena la terra, ci chiude nelle case per consumare energia sempre più costosa e digitalizza gusti, spostamenti e condizioni di salute di tutti. Non possiamo fare nulla per fermare quei processi, dicono quelli che sono in alto, nel migliore dei casi, chi sopravvive, può imparare a conviverci. L’ultima spinta, che in realtà in diversi angoli dimenticati del mondo è presente da tempo, è l’adattamento alla guerra quale condizione vicina nello spazio e permanente nel tempo. In questo scenario siamo in grado di abbandonare forme di lotta tradizionali, dall’organizzazione di cortei alla firma di petizioni, passando per le richieste al parlamento e le urne? Secondo Enrico Euli no, gli Stati sanno porsi sempre come i salvatori. Da una barchetta come Comune, la realtà, per dirla con Bloch, ci sembra però sempre dinamica, il “non-ancora” in qualche modo esiste già (si tratta di diventare ogni giorno, per quanto difficile, “consapevoli produttori della nostra storia”), ma di certo Euli ricorda un nodo cruciale: oggi affidarci agli Stati per trasformare il mondo finisce per rafforzare la spinta dall’alto.

* * * *

Dopo aver verificato, nell’esperimento Covid, la capacità di adattamento dei propri cittadini a regole, imposizioni e clima di terrore, gli Stati ora si avviano a nuovi esperimenti.


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tonino

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Feb 27, 2022, 4:14:09 PM2/27/22
to sante gorini

Pino Arlacchi: E' la NATO che sta alla base della crisi ucraina, e della sua soluzione

lafionda

E' la NATO che sta alla base della crisi ucraina, e della sua soluzione

di Pino Arlacchi

È l’Europa che ha in mano le chiavi per far cessare l’attacco militare della Russia all’Ucraina, solo che voglia decidersi ad agire invece di barcamenarsi tra Washington e il Cremlino come ha fatto fino adesso. I leader europei hanno dichiarato, in accordo con Biden, che non invieranno forze militari in Ucraina. Ciò equivale a dire che la NATO non ammetterà l’Ucraina fino a che la Russia considererà questo fatto un casus belli. E la Russia ha appena dimostrato precisamente ciò, segnalando che l’epoca dei giochi è terminata, e che vanno messe sul tavolo precise garanzie di sicurezza.

Con l’attacco all’Ucraina la Russia ha chiuso d’un colpo lo spazio di gioco diplomatico e politico entro cui si sono mossi, con un bel po’ di disinvoltura, Macron e Scholtz. Durante i colloqui con Putin delle scorse settimane i due avevano ribadito sottovoce, per non irritare gli americani, di non aver intenzione di aprire la NATO all’Ucraina. Ma per abbassare il prezzo della scelta avevano invitato Zelensky a fare il primo passo, dichiarando di avere rinunciato a chiedere di entrare nell’Alleanza Atlantica.


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Andrea Zhok: La "guerra preventiva" della Russia e gli effetti potenzialmente devastanti per l'Europa

lantidiplomatico

La "guerra preventiva" della Russia e gli effetti potenzialmente devastanti per l'Europa

di Andrea Zhok

La strada scelta da Putin di una "guerra preventiva" presenta certamente qualche rischio per la Russia e per la stessa leadership di Putin. Tuttavia per l'Europa si tratta di un evento potenzialmente devastante nel lungo periodo.

Dal quadro che si è profilato nei mesi scorsi escono pienamente soddisfatti soltanto gli USA, che sono riusciti ad ottenere precisamente l'obiettivo cui miravano, ovvero di staccare Russia ed Europa e di aumentare ulteriormente la dipendenza europea dagli USA.

L'azione di Putin è rischiosa per la Russia solo nella misura in cui in Ucraina si trovi di fronte ad una diffusa resistenza popolare su modello afghano, che lo costringa a rimanere impantanato nel lungo periodo. La sua scommessa sembra essere che ciò non accadrà perché in verità una parte degli ucraini anche al di là delle province russofone sarebbe almeno altrettanto ostile al governo in carica rispetto a quanto lo siano verso il governo russo (e si capisce ora meglio l'insistenza di Putin nel discorso di 3 giorni fa sul peggioramento della situazione in Ucraina e la corruzione locale, dopo l'estromissione di Yanukovich nel 2013-4: preparava l'opinione pubblica ucraina alla possibilità di un cambio di regime).


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Claudio Conti: I mercati snobbano la guerra

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I mercati snobbano la guerra

di Claudio Conti

Sui mercati l’attacco russo all’Ucraina è stato molto meno “drammatico” che non per il sistema mediatico, alle prese per la prima volta dopo oltre 30 anni con una situazione impensabile: la volontà degli Stati Uniti non è una legge, e ne esistono altre altrettanto forti.

Non “migliori” – su Putin abbiamo scritto per anni e anche stamattina – ma diverse e contrapposte, con interessi capitalistici ma incompatibili.

I mercati sono cinici, si sa, pensano ai soldi e al modo in cui continuare a farli. Così la caduta dei listini è stata consistente ma ben lontana dal panico registrato ai tempi del fallimento di Lehmann Brothers. E già qui si può capire qualcosa: l’azzeramento di una sola banca di investimento (sebbene la quarta degli Usa, quindi – allora – anche la quarta al mondo – è più importante di una guerra in Europa, con protagonista una potenza nucleare del peso della Russia.

Non per caso, a Wall Street, dal calo generale si sono salvati – anzi hanno guadagnato moltissimo – i titoli del settore difesa. “Finché c’è guerra c’è speranza”, sembrano dire da quelle parti.


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Anna Lombroso: Pandemia e Nato, un unico credo

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Pandemia e Nato, un unico credo

di Anna Lombroso

Non abbiamo fatto in tempo a liberarci dei virologi che già intorno al corpaccione inerte del pensiero comune formicolano le larve degli esperti di politica estera, strateghi e tattici, competenti grazie alla visione delle serie di Netflix, dei documentari di Focus e degli editoriali della più fervente embedded della RaiTv quella Monica Maggioni che in costante conflitto d’interesse svolge l’autorevole incarico di Presidente del gruppo italiano della Commissione Trilaterale. Altro che musica linguaggio universale: ieri il sindaco Sala ha dato un ultimatum al direttore d’orchestra russo Valery Gergiev, o si distingue dalla politica di aggressione della madre patria o si chiudono per lui le porte della Scala.

In attesa che vengano messi all’indice Tolstoj e Dostoevskij, mentre il Tg2 manda in onda drammatiche immagini di guerra che esibiscono una pioggia di missili- ma si tratta del filmato di un videogame, War Thunder, quando il Corriere della Sera nell’edizione online titola “Siamo tutti ucraini” e in attesa che il green Pass certifichi l’adesione incondizionata alle campagne vaccinali e a quelle della Nato, abbiamo la conferma che avevamo proprio ragione.


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Marco Cattaneo: Non tutti detestano Putin, e il motivo c’è

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Non tutti detestano Putin, e il motivo c’è

di Marco Cattaneo

E vabbè, nel post precedente prevedevo che Putin non sarebbe arrivato a invadere l’Ucraina – quanto meno a breve. Previsione non particolarmente azzeccata, salvo intendere “che a breve” volesse dire “oggi no ma domani sì”.

Ciò detto, merita un commento – qualunque cosa si pensi di Putin e in qualunque modo lo si giudichi – il fatto che nonostante l’establishment e i media siano unanimi nel presentarlo come il cattivo della situazione, una parte tutt’altro che irrilevante dell’opinione pubblica (italiana, ma non solo) faccia fatica ad accettare questa rappresentazione.

In parte dipende dal fatto che la vicenda ucraina è estremamente intricata, con la conseguenza che attribuire tutti i torti o tutte le ragioni a una parte sola porta sicuramente a conclusioni scorrette.

Ma non è l’unica spiegazione, e forse neanche la principale. Un motivo forse più importante l’ha sintetizzato così Mauro Ammirati:

“Voi vi ricordate, vero, di quella volta che, per far abbassare lo spread, Putin ci costrinse a tagliare la spesa pubblica e ad innalzare l’età pensionabile ? Eh, io me la sono legata al dito”.


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Nil Malyguine: Ucraina: Mosca inizia l’operazione di smilitarizzazione

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Ucraina: Mosca inizia l’operazione di smilitarizzazione

Zjuganov: “imperativo è contenere l’aggressività della NATO”

di Nil Malyguine

russia tankOggi 24 febbraio 2022, di prima mattina, le forze armate russe hanno iniziato un’offensiva su vasta scala contro l’esercito ucraino. È iniziata con massicci bombardamenti di obbiettivi militari su tutto il territorio dell’Ucraina. Successivamente le truppe russe hanno varcato il confine da diverse direzioni, e si stanno dirigendo verso i principali centri di potere del paese. È l’inizio dell’“invasione russa” tanto paventata dai media occidentali? Niente affatto: è l’inizio della liberazione dell’Ucraina dal regime fascista e filo atlantico che ha illegalmente conquistato il potere nel 2014. Come ha annunciato Putin, è iniziata la “denazificazione” dell’Ucraina.

 

Non chiamatela invasione: l’obiettivo è la demilitarizzazione

Perché i termini “invasione” e “occupazione” non sono applicabili alla situazione odierna? Perché essi sottintendono un obbiettivo espansionista, che però è estraneo alle intenzioni di Mosca. Putin, nel discorso infuocato con cui ha annunciato l’inizio dell’intervento, ne ha definito chiaramente gli obbiettivi: la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina. Non la conquista. In altre parole, gli obbiettivi che si prefigge il Cremlino sono:

1) Liquidare il governo golpista salito al potere a Kiev nel 2014, in seguito al colpo di Stato di piazza Maidan. Un governo-marionetta completamente succube della NATO, sponsor del golpe. Un governo che dal primo giorno del suo insediamento ha attuato una politica di assimilazione culturale (se non proprio pulizia etnica) nei confronti della popolazione russofona del paese (ma anche di minoranze come quella romena e quella ungherese). Un governo che ha conquistato il potere con le armi dei neonazisti, e che dei neonazisti è rimasto ostaggio, assecondandone ogni delirio sciovinista.


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Alfonso Gianni: La guerra globale in Europa. Possiamo ancora fermarla

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La guerra globale in Europa. Possiamo ancora fermarla

di Alfonso Gianni

pexels pixabay 408202 1Lo scontro bellico più volte minacciato è quindi in atto. Quando, non molte ore fa, eravamo ancora sull’orlo del baratro di una nuova guerra ad alta intensità entro i confini geografici del continente europeo, ci ha raggiunto l’esternazione dell’uomo delle sentenze epocali e (solo per lui) definitive. Si parla di Francis Fukuyama che in una intervista di un’intera pagina su la Repubblica del 22 febbraio, dopo avere con disinvoltura riconosciuto che la storia non è finita perché Putin vorrebbe “estendere la zona di influenza sull’Europa orientale, tornando a controllare i Paesi entrati nella Nato dopo il 1991”, afferma perentoriamente: “Ho passato molto tempo in Ucraina negli ultimi sette anni, poiché abbiamo programmi per addestrare i giovani. Ogni volta ripeto che lo faccio perché Kiev è il fronte della lotta globale per la democrazia”. Un fronte alquanto inquinato e traballante visto il pessimo stato di salute delle istituzioni ucraine, la corruzione e il malaffare che ne corrodono le fondamenta, la presenza di consistenti forze fasciste e neonaziste capaci di interpretare e indirizzare nel modo più violento le diffuse pulsioni nazionalistiche. Ma è così che l’autore de La fine della storia e l’ultimo uomo intende riassumere la missione salvifica degli Usa e per estensione dell’Occidente.

Vista così, e Fukuyama è uomo ascoltato dalla amministrazione Biden, la crisi ucraina non lascerebbe davvero speranze. Saremmo di fronte a uno scontro di portata storica, oltre che globale, che sempre più rapidamente sposta in avanti, cioè verso est, la linea del fronte. Il patto Nord Atlantico al suo sorgere nel 1949 comprendeva 12 paesi. In seguito a otto allargamenti si è giunti a 30, con un’intensificazione delle adesioni negli ultimi 20 anni, a partire da quel fatidico 1999, quando venne demolita la Jugoslavia.


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Giulio Marcon: L’Ucraina e il bisogno di pacifismo

sbilanciamoci

L’Ucraina e il bisogno di pacifismo

di Giulio Marcon

La crisi in Ucraina è il risultato della deriva sciagurata della politica internazionale e di un assetto delle relazioni internazionali che, dopo il 1989, è all’origine di tensioni e conflitti ripetuti e drammatici in quell’area del mondo.

Dopo la caduta del muro di Berlino il multilateralismo e lo scioglimento dei blocchi non sono mai arrivati. Dei due blocchi ne è rimasto in questi anni solo uno (la Nato) e questo, più che portare sicurezza, ha reso più turbolento il pianeta e ha anche alimentato le dinamiche di carattere imperiale della Russia di Putin e più in generale delle leadership nazionaliste e aggressive dell’Est Europa.

Gli Stati Uniti e la Nato si sono incamminati sulla strada della politica di potenza e del controllo militare del mondo in una logica unipolare e aggressiva. Invece di contribuire dopo il 1989 a una transizione equilibrata e democratica nei paesi dell’Est, gli Stati Uniti e la Nato hanno giocato pericolosamente con le trasformazioni (nazionaliste e populiste) di quei paesi, facendoli diventare avamposti militari dell’Alleanza Atlantica e iniettando dosi velenose di turbocapitalismo in società ancora fragili e devastate dal crollo del «socialismo reale».


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Fosco Giannini: Ma non è un'invasione

lantidiplomatico

Ma non è un'invasione

di Fosco Giannini

Pubblichiamo in anteprima questo editoriale di Fosco Giannini, direttore di Cumpanis e lo ringraziamo per l'opportunità

720x410c50wesfScriviamo dopo che questo numero di “Cumpanis” era già stato chiuso e stava per essere messo on-line. Scriviamo mentre i mille “media” occidentali e italiani – disgustosamente, paurosamente, organicamente asserviti, genuflessi agli USA e alla NATO – parlano di “invasione della Russia in Ucraina”, di “Inizio della guerra di Putin”.

Torna prepotentemente in auge la storica russofobia occidentale che sempre ha visto, prima l'Unione Sovietica e ora la Russia di Putin, come il male assoluto. Un'inclinazione ideologica reazionaria, razzista, anticomunista che è stata alla base dell'attacco di Hitler all'URSS, alla costruzione della lunga e micidiale Guerra Fredda successiva alla Seconda Guerra Mondiale e alla costruzione dell'improvvido e maledetto Patto Atlantico, la NATO, (a cui, anni dopo, solo anni dopo, l'URSS e il campo socialista dovettero rispondere con il Patto di Varsavia) ed ora, di nuovo, del disegno imperialista USA e NATO volto distruggere la Russia di Putin. Distruggerla per avanzare ulteriormente, come blocco imperialista militarizzato USA-NATO-UE, verso la Cina.

L'arrivo di Biden alla presidenza degli USA ha accelerato i piani militari americani volti ad uscire dalla profondissima crisi dell'impero a stelle strisce attraverso la guerra. Guerra vera, non solo “fredda”.


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Alberto Negri: Con le sanzioni sul gasdotto russo gli Usa strangoleranno l’Europa

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Con le sanzioni sul gasdotto russo gli Usa strangoleranno l’Europa

di Alberto Negri*

 

La guerra per noi è già cominciata e ci sarà anche se tacessero le armi. Gli americani potrebbero anticipare le sanzioni alla Russia e mettere l’Europa, l’Italia e la Germania con le spalle al muro. Per questo la missione del presidente del consiglio Mario Draghi a Mosca sta diventando una questione di sopravvivenza della nostra economia, visto che Mosca fornisce il 30 per cento dei consumi e se il gas russo venisse sanzionato ci troveremmo di fronte a una situazione drammatica. Purtroppo il nostro maggiore alleato, gli Stati Uniti, sono, insieme alle mosse guerresche di Putin, il nostro killer. Washington sta usando questa crisi ucraina per mandare due messaggi all’Unione europea.

 

I due messaggi degli Usa all’Europa

Il primo è che i Paesi della Nato devono cominciare a pagare di più la Nato per la propria sicurezza. Il secondo è che l’Europa non deve più dipendere del gas russo, cosa più facile da dirsi che da farsi. Anzi, un obiettivo per il momento impossibile.


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Pierluigi Fagan: Se non te ne occupi, poi ti preoccupi

pierluigifagan

Se non te ne occupi, poi ti preoccupi

di Pierluigi Fagan

Al momento, sembra che i russi condurranno una profonda operazione di degradazione delle strutture militari e politiche dell’Ucraina su vasta scala. In effetti, anche per chi si occupa a modo suo di queste cose come me, nonostante l’interesse che mi ha portato a seguire in silenzio gli eventi recenti cercando di comprenderne la forma, nonostante avessi letto l’indomani il testo completo del lungo intervento di Putin, non avevo capito -fino in fondo- cosa stava dicendo. Ci piaccia o meno siamo comunque immersi nel bagno amniotico del mondo liquido-gassoso delle interpretazioni dominanti ed anche le più temperate facoltà critiche fanno fatica a rimanere lucide ed imperturbate. L’intervento diceva quello che avrebbe fatto, come, a che fini, che è poi questo è quello che ha iniziato a fare. Pensavamo fosse per lo più sceneggiata visibile sopra il livello occulto ovvero la trattativa che stava andando avanti da un bel po’ tra americani e russi, sul come ed in che modo iniziare un tavolo di trattativa ufficiale non solo sul problema ucraino, ma sul problema della sicurezza internazionale, inclusi i missili americani in Europa puntati su Mosca, NATO e molto altro.


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Guido Salerno Aletta: La crisi è in Ucraina, lo scontro è sull’Euro

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La crisi è in Ucraina, lo scontro è sull’Euro

di Redazione Contropiano - Guido Salerno Aletta

Non tutti i media occidentali hanno perso la testa in queste settimane. Chi deve come minimo fornire notizie e analisi attendibili agli operatori economici ha dato spazio a valutazioni della crisi ucraina decisamente più realistiche. Fuori comunque dalla piatta propaganda ispirata dall’amministrazione Usa.

Anche perché, ricostruendo la storia recente, anche sul terreno economico e monetario, si capisce meglio perché gli Stati Uniti abbiano tirato la corda dei rapporti con la Russia fino a farla spezzare.

Eccovi l’editoriale di ieri – prima dunque dell’attacco russo – pubblicato di TeleBorsa da Guido Salerno Aletta.

* * * *

Le sanzioni decise nei confronti della Russia per via del suo intervento militare in Ucraina, che sono state già decise in questi giorni in primo luogo dagli Usa e dalla Gran Bretagna, avranno un impatto asimmetrico: colpiranno infatti le economie europee assai più di quella americana e britannica.


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Fosco Giannini: Con Putin, what so? La storia e l’antimperialismo richiedono di non essere equidistanti

lantidiplomatico

Con Putin, what so? La storia e l’antimperialismo richiedono di non essere equidistanti

di Fosco Giannini

Riceviamo e possiamo pubblicare in anteprima per la collaborazione sempre più stretta tra l'AntiDiplomatico e Cumpanis questo bellissimo editoriale del direttore Fosco Giannini

720x410c50kmo0i8gLa sera del 21 febbraio ultimo scorso Putin – dopo una responsabile pazienza durata ben otto anni – ha rotto gli indugi e ha parlato. Lo ha fatto dalla televisione di Stato russa e il suo discorso ha trovato il consenso del popolo russo, ha scatenato la felicità del popolo del Donbass, ha scosso il fronte imperialista mondiale, ha provocato l’isteria degli USA e della NATO, facendo salire brividini di paura sulle schiene poco diritte delle anime belle della variegata “sinistra democratica e progressista” italiana.

È ormai dalla lunga campagna elettorale di Biden contro Trump che si è inferocita la linea bellica USA e NATO contro la Russia e la Cina. Una linea elettorale che ha subito preso, drammaticamente, corpo durante il summit del G7 in Cornovaglia, nel giugno 2021, con Biden già presidente degli USA, quando dal summit uscì un sanguinoso, febbricitante, delinquenziale progetto strategico – il Documento di Carbis Bay, sottoscritto da tutti i presenti, dagli USA al Canada, dall’intera Ue alla Gran Bretagna sino al Giappone – che chiedeva la costituzione di un vastissimo fronte mondiale (politico, economico, ma prioritariamente militare) contro la Russia e la Cina.

Da allora, quel già vasto fronte G7 con l’elmetto in testa, si è allargato e rafforzato con le nuove spinte alla guerra anti russa e anti cinese della Corea del Sud, dell’India ora reazionaria di Modi e dell’Alleanza Aukus – USA, Gran Bretagna, Australia – che subito dopo il summit in Cornovaglia ha deciso di dotare l’Australia di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare da sguinzagliare come controllo e provocazione lungo tutti i mari del sud della Cina.


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Stefano Valerio: Lo stato del capitale

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Lo stato del capitale

di Stefano Valerio

Anche se spesso vengono descritti come poli opposti, nell’epoca del capitalismo maturo stato e mercato si configurano come terreni complementari di sostegno all’accumulazione di capitale, mettendo a rischio la democrazia liberale

capitalismo jacobin italia 1320x481Quando, lo scorso anno, Mario Draghi è stato nominato presidente del consiglio, anche i media mainstream hanno ricordato il suo rapporto intellettuale e formativo intrattenuto – ai tempi in cui era un promettente studente di Economia – con Federico Caffè, il famoso economista abruzzese scomparso in circostanze mai del tutto chiarite. 

Gli osservatori più critici delle gesta del Draghi adulto non si sono giustamente lasciati sfuggire l’occasione di notare come, però, non debba essere rimasto molto della lezione e dell’ispirazione di Caffè nella carriera di Draghi, se è vero che l’ex Presidente della Bce è stato in prima fila in una serie di processi controversi, dalle massicce privatizzazioni italiane degli anni Novanta fino alla gestione austeritaria della crisi greca nel 2015, che difficilmente avrebbero incontrato il parere favorevole del maestro.

Sarebbe allora interessante sapere se Mario Draghi sia a conoscenza di un testo, originariamente pubblicato nel 1973, che in un’edizione italiana fu accompagnato proprio da una prefazione scritta da Federico Caffè. Si tratta del celebre La crisi fiscale dello stato di James O’Connor, che insieme a Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e Lavoro e capitale monopolistico di Braverman va a comporre un’ideale trilogia di analisi di alcune delle principali tendenze contraddittorie del cosiddetto capitalismo monopolistico. 

 

La crisi fiscale dello stato

Come anticipato, il libro di O’Connor venne dato alle stampe nel 1973, in un contesto sicuramente diverso da quello attuale.


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Paolo Favilli: L’alienazione felice: fra distopia e utopia

micromega

L’alienazione felice: fra distopia e utopia

Aldous Huxley a confronto con Guy Debord

di Paolo Favilli

Aldous Huxley, Il Mondo nuovo (1932), Milano, Mondadori, 1971

Guy Debord, La società dello spettacolo, Firenze, Vallecchi, 1979 (IV ed. italiana)

Schermata
            del 2022 02 24 12 29 52La grande alienazione nella quale ci troviamo immersi è quella in cui l’uomo non è più in grado di percepirsi come alienato, perché «traduce la sua alienazione nell’apparato in identificazione con l’apparato»[1]. Un universo totalitario, dunque, dove auto-asservimento, auto-alienazione sono il contraltare concreto e reale delle promesse di auto-realizzazione.

Come orientarsi in questo universo totalitario tanto per comprenderne i meccanismi di funzionamento che per provare ad in individuarne gli spazi possibili ove saggiare ipotesi di disalienazione?

Si possono trovare alcune risposte in un libro di Italo Calvino, Le città invisibili, uno dei suoi libri di più raffinata ed insieme complessa struttura narrativa, improntato alla «poetica dell’esattezza», un libro di interrogativi che pongono altri interrogativi, un libro di sperimentazione linguistica e stilistica, un libro, dunque, che per la programmata continua «sottrazione di peso» sembra suggerire atmosfere rarefatte, concettualità del tutto astratte, senza rapporti con la realtà effettuale.

A chi interpretava il libro come presa di distanza dall’«impegno», da quella ascendenza illuministica che era stata sempre componente essenziale della letteratura calviniana, anche la più astratta e fantastica, egli risponde così: «Rifiuto nettamente questa interpretazione del mio libro. È un libro in cui ci si interroga sulla città (sulla società) con la coscienza della gravità della situazione, gravità che sarebbe criminale passare sottogamba, e con una continua ostinazione a veder chiaro, a non accontentarsi di nessuna immagine stabilita, a ricominciare il discorso da capo»[2].


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Kobi Niv: Esseri umani e spazzatura

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Esseri umani e spazzatura

di Kobi Niv

“Così è ai nostri occhi di ebrei: noi siamo esseri umani, i palestinesi no. E finché non capiremo che anche loro sono esseri umani, non lo saremo nemmeno noi”. Kobi Niv racconta perché, a differenza che in quasi tutti i paesi del mondo, quando i poliziotti o i soldati israeliani afferrano un anziano (palesinese) di 80 anni, lo ammanettano, gli tappano la bocca e lo gettano in qualche buco gelido provocandone la morte, quello si chiama ”omicidio”, o almeno “omicidio colposo”, e in Israele invece no.

* * * *

In quasi tutti i paesi del mondo, quando poliziotti o soldati afferrano un anziano di 80 anni che non è sospettato di nulla, lo ammanettano, gli tappano la bocca e lo gettano in qualche buco gelido provocandone la morte, si chiama ” omicidio” o almeno “omicidio colposo”. Gli autori sono perseguiti. Nel nostro caso, questo è chiamato “un fallimento dei valori delle Forze di Difesa Israeliane (IDF)” e gli assassini vengono rimproverati o relegati a compiti di cucina. E in generale, se quell’anziano non fosse stato un cittadino americano, ma solo un ordinario palestinese di merda, non ci sarebbe stata neppure questa triste risposta.


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coniarerivolta: La precarietà aumenta le disuguaglianze e danneggia la produttività: parola del Fondo Monetario Internazionale

coniarerivolta

La precarietà aumenta le disuguaglianze e danneggia la produttività: parola del Fondo Monetario Internazionale

di coniarerivolta

Un recentissimo lavoro del Fondo Monetario Internazionale (FMI) fornisce un quadro drammatico sulle disuguaglianze in Italia. Come d’altronde è ben noto, gli ultimi quarant’anni hanno visto un esplodere di tale fenomeno, con un aumento sensibile delle disparità in termini di guadagni che ha portato alla creazione di una vera e propria voragine tra i pochi privilegiati e la grande maggioranza della popolazione.

Non si tratta di una novità, ma di un fenomeno che abbiamo già affrontato in più occasioni, la manifestazione più evidente di come funziona una moderna economia di mercato alimentata dalla continua ricerca del profitto. Fa notizia, però, che ad occuparsene in maniera esplicita sia il FMI, una istituzione internazionale che ha dedicato una larga parte dei suoi sforzi ad alimentare le stesse disuguaglianze su cui oggi si strappa le vesti. Fa ancora più notizia – o meglio, dovrebbe fare notizia, se la cattiva coscienza di classe politica e mezzi di informazione non inducesse a guardare altrove – la causa che il FMI individua alla base dell’esplosione delle disparità di reddito.


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Miguel Martinez: L’Ucraina e il sistema TAV

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L’Ucraina e il sistema TAV

di Miguel Martinez

Qualche ipotesi su ciò che sta succedendo in Ucraina: la classica situazione di cui quasi nessuno ci capisce davvero qualcosa, ma che rischia di coinvolgerci tutti fino al collo – chissà quanto ne sapeva l’italiano medio nel 1939 dello status di Danzica.

Sperando di non venire smentito, credo che non ne uscirà la Terza Guerra Mondiale.

Scrive Andrea Zhok (mi girano il testo che credo venga dalla sua pagina Facebook):

“Gli USA stanno spingendo come dannati in tutti i modi e con tutte le leve a loro disposizione per accreditare un conflitto tra Russia e Ucraina. Lo smentiscono i russi, lo smentiscono gli ucraini, lo danno per certo CNN, BBC, e tutti i latori di veline stelle e strisce della stampa italica.”

Abbiamo la Russia, di cui so poco.

Sull’Ucraina ho la fortuna di avere quello che credo sia l’unico testo approfondito in lingua italiana, Storia dell’Ucraina. Dai tempi più antichi ad oggi, del dottissimo ricercatore Massimo Vassallo, edito da Mimesis.


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Renata Fontanella: Il “Long covid”

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Il “Long covid”

di Renata Fontanella

“Long covid”, così è definito il periodo che ti separa dalla malattia contratta dal virus e la completa ristabilizzazione.

Pur guarito dal covid, spesso hai ancora addosso alcuni sintomi, non uguali per tutti: dolori muscolari, mancanza di gusto e olfatto, difficoltà respiratorie, debolezza…

I sintomi fisici li puoi contrastare in qualche modo, consigliato da esperti consapevoli.

In molti casi, purtroppo, è anche presente una intromissione a livello psicologico e /o sociale nella vita del guarito da covid da parte di coloro che detestano i “novax”.

Considero questa mia narrazione un contenitore di storie delle quali sono venuta a conoscenza.

Chissà quante altre storie ci sono, sarebbe un’idea inserirle in questo contenitore.

Intanto comincio a narrare queste…

Irma è una donna appena guarita dal covid, è stata spedalizzata 5 giorni per complicazioni polmonari.


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Manlio Dinucci: Che cos’è e perché è pericoloso l’allargamento a Est della Nato

manifesto

Che cos’è e perché è pericoloso l’allargamento a Est della Nato

di Manlio Dinucci

Crisi Ucraina. Stoltenberg: «Bene, più di 270 miliardi di dollari di spese militari degli alleati europei dal 2014». Al via negli Usa la la produzione delle nuove atomiche B61-12: andranno in Europa e in Italia

«L’allargamento della Nato negli ultimi decenni è stato un grande successo e ha anche aperto la strada a un ulteriore allargamento della Ue»: lo ha ribadito sabato scorso alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza il segretario della Nato Jens Stoltenberg. Per comprendere appieno le sue parole, occorre ricostruire in termini essenziali questa storia di «grande successo».

ESSA INIZIA NELLO STESSO anno, il 1999, in cui la Nato demolisce con la guerra la Jugoslavia e, al vertice di Washington, annuncia di voler «condurre operazioni di risposta alle crisi, non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza». Dimenticando di essersi impegnata con la Russia a «non allargarsi neppure di un pollice a Est», la Nato inizia la sua espansione ad Est.


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Redazione: In Ucraina ormai è guerra

contropiano2

In Ucraina ormai è guerra

di Redazione

Guerra UCRAINA1 720x300L’Ucraina è sotto l’attacco di missili e artiglieria russa in diversi punti di frontiera attorno dalle 5 di questa mattina, con contingenti militari provenienti da Russia, Bielorussia e Crimea. Sotto attacco ci sono in queste ore le regioni di Luhansk, Sumy, Kharkiv, Chernihiv e Zhytomyr, lungo i confini orientali e settentrionali del Paese.

La Russia ha lanciato un attacco con missili balistici e da crociera anche contro diversi obiettivi nell’area di Kiev. Deflagrazioni sarebbero state avvertite anche a Mariupol, Charkiv e Odessa.

Lo Stato Maggiore delle Forze Armate dell’Ucraina ha confermato il bombardamento da parte dei russi di diversi aeroporti tra cui quello di Kiev-Boryspil, Kherson e Kramatorsk.

La legge marziale è stata introdotta in tutto il territorio dell’Ucraina, ha annunciato questa mattina il presidente Zelensky, in un discorso alla nazione pubblicato sul suo canale Telegram. In un tweet pubblicato quasi in contemporanea, Zelensky ha anche esortato i Paesi occidentali a costruire immediatamente una “coalizione anti-Putin”.

Le repubbliche del Donbass recentemente riconosciute dalla Russia avevano formalmente chiesto alla Russia assistenza militare.

I leader delle repubbliche affermano che “l’aggressività” ucraina è solo aumentata da quando Mosca ha riconosciuto le regioni come stati indipendenti, all’inizio di questa settimana.

Dopo il messaggio delle repubbliche del Donbass, Putin ha deciso di condurre quella che ha definito una “operazione militare speciale” in Ucraina.


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Ucraina: la guerra è iniziata. “Operazione Speciale” della Russia

comedonchisciotte.org

Ucraina: la guerra è iniziata. “Operazione Speciale” della Russia [DIRETTA]

L'esercito russo sta meticolosamente annientando tutte le forze militari ucraine, che non riescono a reagire

Avevamo appena pubblicato la notizia dell’annuncio da parte di Putin della decisione di intraprendere operazioni militari speciali in Donbass. Poco dopo le minacce sono passate ai fatti: l’attacco sembra essere stato molto più esteso, colpendo direttamente le città ucraine. Le bombe russe hanno colpito l’aeroporto di Kiev, e jet russi hanno sganciato bombe sulla città di Kharkov. Esplosioni anche a Dnepropetrovsk, dove sono state annientate le basi della 25esima e 93esima brigata dell’esercito ucraino. L’esercito russo sta annientando metodicamente tutte le basi militari ucraine, la contraerea e gli aeroporti.

La popolazione è in fuga dalla capitale, mentre le navi russe dopo aver bombardato pesantemente stanno attraccando a Mariupol. Tutta la flotta ucraina è stata annientata in un colpo. Il comando delle operazioni attaccato riferisce che gli obiettivi dei bombardamenti russi sono soprattutto aeroporti e quartier generali militari, il segretario Stoltenberg ha condannato le operazioni russe.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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Giuseppe Longo: La pandemia ed il «techno-fix», seconda parte

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tonino

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Feb 28, 2022, 9:37:46 AM2/28/22
to sante gorini

Barbara Spinelli: Una guerra nata dalle troppe bugie

fattoquotidiano

Una guerra nata dalle troppe bugie

di Barbara Spinelli

Paragonando l’invasione russa dell’Ucraina all’assalto dell’11 settembre a New York, Enrico Letta ha confermato ieri in Parlamento che le parole gridate con rabbia non denotano per forza giudizio equilibrato sulle motivazioni e la genealogia dei conflitti nel mondo.

Perfino l’11 settembre aveva una sua genealogia, sia pure confusa, ma lo stesso non si può certo dire dell’aggressione russa e dell’assedio di Kiev. Qui le motivazioni dell’aggressore, anche se smisurate, sono non solo ben ricostruibili ma da tempo potevano esser previste e anche sventate. Le ha comunque previste Pechino, che ieri sembra aver caldeggiato una trattativa Putin-Zelensky, ben sapendo che l’esito sarà la neutralità ucraina chiesta per decenni da Mosca. Il disastro poteva forse essere evitato, se Stati Uniti e Unione europea non avessero dato costantemente prova di cecità, sordità, e di una immensa incapacità di autocritica e di memoria.

È dall’11 febbraio 2007 che oltre i confini sempre più agguerriti dell’Est Europa l’incendio era annunciato. Quel giorno Putin intervenne alla conferenza sulla sicurezza di Monaco e invitò gli occidentali a costruire un ordine mondiale più equo, sostituendo quello vigente ai tempi dell’Urss, del Patto di Varsavia e della Guerra fredda.


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Fabio Massimo Parenti: Occidente in frantumi. E’ ora di guardarsi allo specchio

lantidiplomatico

Occidente in frantumi. E’ ora di guardarsi allo specchio

di Fabio Massimo Parenti

u9byviPremessa - Per rimanere ai fatti degli ultimi decenni, partiamo da alcune constatazioni inconfutabili per contestualizzare in modo semplice la crisi Ucraina nei suoi rapporti con la Russia, o meglio nel bel mezzo della contesa geostrategica russo-statunitense, che suo malgrado coinvolge anche la Cina. Primo: la NATO è dominata dagli Usa e dai loro interessi strategici. Origine storica, peso finanziario-militare e controllo dei ruoli esecutivi chiave ne sono una conferma. Secondo: dall’implosione sovietica al 2020, la NATO si è allargata verso est inglobando altri 14 paesi tra Europa dell’est e Balcani occidentali. Terzo: la NATO ha preteso di divenire “globale”, come definito chiaramente nei nuovi concetti strategici dell’organizzazione (1991, 1999, 2010). Non deve sorprendere, pertanto, che contestualmente alla sua espansione, essa si sia impegnata in numerose guerre di invasione, dalla ex-Jugoslavia al Medioriente passando per il Nord Africa. Non più un’organizzazione multilaterale regionale e di difesa, dunque, ma globale e di offesa. Così facendo, agli occhi di molti paesi - tanto i nuovi emergenti in Eurasia (Russia, Iran e Cina soprattutto), quanto le vittime dirette delle sue aggressioni – la NATO è diventata sinonimo di “North Atlantic Threat”, ovvero “minaccia nord-atlantica, anziché “organizzazione del trattato nord-atlantico”. Quarto: il fallito stato ucraino, che gli Usa avrebbero voluto nella NATO come la Georgia, pur non essendo ufficialmente nella NATO, ha sviluppato negli ultimi venti anni vari meccanismi di dialogo e cooperazione con essa, come ad esempio la Partnership for Peace (1994). Insomma, la NATO è in Ucraina da molto tempo. Quinto: stiamo assistendo allo sgretolamento dell’Occidente e della fine dell’imperialismo occidentale. C’è un filo rosso che unisce queste prime constatazioni ed aiuta a comprendere come siamo arrivati a questo punto.


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Fabrizio Casari: Ucraina: e le ragioni di Mosca?

altrenotizie

Ucraina: e le ragioni di Mosca?

di Fabrizio Casari

1nazistapresidenteLa proposta di negoziato avrà un suo primo atto nelle prossime ore in Bielorussia. Zelensky negozierà con l’auricolare dal quale la Casa Bianca gli dirà persino come respirare. Mosca attende che vi siano le condizioni per la tregua richiesta da Zelensky, che chiede tutto e il contrario di tutto a distanza di due tweet. Una buona notizia comunque, ma lo step che conta è il prossimo con Biden. La fine della guerra non comporta necessariamente la fine delle ostilità, ma chiedere una tregua senza proporre contemporaneamente una riunione dove aprire il confronto è azione ipocrita e velleitaria. Se si vuole fermare l’azione militare ne serve una politica. Il resto è avanspettacolo.

Servirebbe un quadro veritiero della situazione a Kiev e non immagini dei bombardamenti in Siria o nella ex Jugoslavia spacciati per bombe russe in Ucraina. Tra i paradossi cialtroneschi spicca la manifestazione di israeliani nei territori occupati della Palestina che protestano contro l’occupazione russa dell’Ucraina!! Tra le migliaia di fake news brilla la storiella inventata degli eroi dell’isola dei serpenti che sarebbero morti insultando i russi: niente di più falso, gli 82 militari si sono arresi senza sparare un colpo e la Russia ha già diffuso il relativo video. Ma è rimarchevole anche la scena del padre che saluta il figlio che scappa dalle bombe: non erano di Kiev, era una famiglia del Donbass e scappava verso la Russia. E così diverse altre immondizie spacciate dai giornali, radio e tv affiliati alla NATO. Tutto già visto. La propaganda di Zelensky si copre di ridicolo. Sul ponte di comando delle fake news c’è il M-I6 inglese, come già fece per la Siria.

Le ovvie proteste occidentali circa l’inviolabilità di uno stato sovrano da parte di chi negli ultimi anni ha invaso quattro paesi ed ha causato circa 2 milioni di morti non sono serie. Ascoltare l’indignazione occidentale per l’invasione dell’Ucraina da chi ha occupato e distrutto Libia, Siria, Irak e Afghanistan appare ridicolo.


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Ferdinando Pastore: Non sono manifestazioni per la pace

linterferenza

Non sono manifestazioni per la pace

di Ferdinando Pastore

Con la decisione di armare l’Ucraina, l’Occidente ha gettato la maschera. L’intento è destabilizzare la zona per lungo tempo al fine di separare definitivamente la Russia dall’Europa. Quindi chi manifesta da oggi per la pace senza individuare nella NATO il principale obiettivo delle proteste è un guerrafondaio.

La guerra la si sta cercando, la si sta provocando. Non è una novità storica. La globalizzazione liberale e dei mercati ha sempre portato alle guerre. Mondiali. Quando la mentalità comune è meramente commerciale, quando l’etica o scritture differenti della realtà si piegano alle volontà d’espansione dei mercati, la guerra diventa un’opzione naturale.

Nello specifico la Russia aveva tutto il diritto di andare a proteggere le popolazioni russe all’interno dell’Ucraina, martorizzate da otto anni di persecuzioni belliche nel territorio. Allo stesso modo ha tutto il diritto di pretendere che le zone al suo confine non siano occupate militarmente dalla NATO.

Sbaglia quando forza la situazione su Kiev. In quel modo mette a rischio la tendenza al multipolarismo – che vuol dire relazioni pacifiche tra sovranità indipendenti – perché prefigura una divisione in blocchi di potenza.


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Giuseppe Germinario: L’ombrello della NATO e la responsabilità diretta dei governi nazionali europei

italiaeilmondo

L’ombrello della NATO e la responsabilità diretta dei governi nazionali europei

di Giuseppe Germinario

42 47048872 860x280Come avete visto, abbiamo pubblicato il video, munito di traduzione in italiano, dell’intervento di Vladimir Putin del 21 febbraio scorso, seguito da numerosi interventi di commento e ricostruzione del contesto, per altro ancora in corso. Qui sotto, invece, pubblichiamo il testo integrale di un secondo intervento, diffuso il 24 febbraio e pubblicato meritoriamente da https://www.nicolaporro.it/cari-russi-e-questione-di-vita-o-di-morte-ecco-la-discorso-di-guerra-di-putin/?fbclid=IwAR2oNO8jfIJDCVCGnqpu1Lnfpcq7PHLAyzurl7Xno8Fmp16WVwt-QCAgFCM .

Da qui lo spunto per alcune ulteriori considerazioni che pongono con le spalle al muro nella quasi totalità il ceto politico e la classe dirigente europei, in particolar modo quello italiano, per meglio dire italico.

La NATO, come dovrebbe essere noto, si professa come una alleanza militare difensiva, prevede il ricorso all’unanimità nell’avviare azioni militari, vincola l’adesione di nuovi membri all’assenso di tutti gli stati e all’inesistenza di situazioni conflittuali all’interno di quel paese e con altri paesi, dispone di una clausola di mutuo soccorso (art. 5) in caso di aggressione ad uno degli stati membri. I redattori di questo blog, al netto comunque degli eventuali vantaggi e svantaggi derivati dall’adesione, sanno e sostengono che non è così. Tant’è che pochi sanno che la NATO è nata, scusate il gioco di parole, anni prima del Patto di Varsavia. A maggior ragione non lo è dal momento della caduta della ragione di esistere della NATO: la implosione dell’Unione Sovietica e lo scioglimento del Patto di Varsavia nel 1991.


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Andrea Zhok: Perché tutto questo?

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Perché tutto questo?

di Andrea Zhok

L’Europa, si dice talvolta, è un “nano politico”. Ma questa espressione – oltre ad essere offensiva per le persone di bassa statura – non descrive bene la situazione. L’Europa è piuttosto una parte del pianeta abituata da tempo a raccontare bugie ideologiche (e questo, almeno in politica estera, lo fanno tutti), ma poi anche a credere alle proprie bugie.

Questo fatto di solito rimane celato sotto la superficie, ma emerge in occasioni come la presente, di grave crisi internazionale, in cui il dilettantismo della classe politica europea si palesa in imbarazzanti e controproducenti balletti, gesti diplomatici al tempo stesso gravi e inutili, tentativi di agire in maniera astuta, ma senza essersi preparati in alcun modo.

La Russia si prepara da anni all’eventualità di un decoupling dall’Europa. Dopo un ventennale tentativo di incrementare i legami con i maggiori paesi europei, proprio a partire dall’inizio della crisi ucraina nel 2013, la percezione che ogni tentativo in questa direzione sarebbe potuto risultare vano è cresciuta sul fronte interno.


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Redazione Parigi: Anne Morelli sulla propaganda di guerra in Ucraina

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Anne Morelli sulla propaganda di guerra in Ucraina

di Redazione Parigi

Anne Morelli, storica e docente all’Université Libre de Bruxelles (ULB), specializzata in critica storica applicata ai media, ha pubblicato l’opera di riferimento “Principi elementari della propaganda di guerra” (Ediesse, 2005).

In questa intervista, pubblicata sul sito di Investig’Action, analizza la propaganda di guerra applicata al conflitto ucraino. Scaricare la responsabilità sull’altra parte, come abbiamo visto nei media negli ultimi giorni, è uno dei dieci principi del suo libro. La demonizzazione dell’avversario, la cui parola è costantemente screditata, non aiuta a capire il conflitto, sostiene Anne Morelli.

*****

I nostri media danno tutta la responsabilità a Putin. Perché non guardano le conseguenze delle azioni precedenti da parte dell’Occidente, cioè quelle degli Stati Uniti, dell’Europa e della leadership ucraina?

Siamo in una situazione in cui non c’è spazio per le divergenze. Sono stupita di vedere manifesti nella ULB con “Salvare l’Ucraina”, “Putin è un assassino” e altri messaggi del genere. È la prima volta che vedo studenti posizionarsi così in un conflitto militare.


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Salvatore A. Bravo: Il coltello alla gola

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Il coltello alla gola

di Salvatore A. Bravo

Il potere in Ucraina è nelle mani di un comico Zelens’kyj che a seguito del successo di Sluha Narodu, nel marzo 2018 ha fondato un partito dal nome omonimo che lo porterà nel 2019 a ricoprire l’incarico di Presidente. L’occidentalizzazione delle élites è globale. Il presidente è passato da impersonare il ruolo del Presidente alla realtà. La società dello spettacolo regna ovunque ed indebolisce la lotta di classe ed i lavoratori. L’elezione di un comico ricorda il peggio dell’Occidente, in cui la politica è spettacolo per ammantare la realtà del dominio. Gli “attori” sono tali in scena e nella realtà, sono il volto popolare e umano del dominio. Devono addomesticare le menti dei popoli con l’aureola del mito mediatico, devono accarezzare le coscienza per manipolarle allo scopo di strappare il “sì” alle privatizzazioni e all’economicismo scientista con cui smantellare ogni fondamento comunitario. Bisognerebbe ascoltare le interviste del Presidente ucraino, nessuna visione progettuale, dichiarazioni di buone intenzioni vuote e mediaticamente studiate.


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R. T.: Il nemico in casa loro? Cosa si sta giocando (realmente) in Ucraina?

lantidiplomatico

Il nemico in casa loro? Cosa si sta giocando (realmente) in Ucraina?

di R. T.

La questione è seria. Cosa si sta giocando in Ucraina? Uno scontro tra superpotenze per la spartizione del mondo? Un tentativo di normalizzare un insorgenza proletaria internazionale?

Sul primo punto occorrerebbe dare un occhiata a dove e come si concentrano gli asset finanziari del capitale mondiale. Il ruolo dell’imperialismo occidentale a guida Usa nella gigantesca ristrutturazione del capitale internazionale, di cui il disciplinamento sociale lanciato con la crisi pandemica è solo un aspetto. E questo disciplinamento non è solo rivolto al fronte interno ma a qualunque stato o paese che a livello internazionale ostacoli, rallenti, chieda venia per respirare alla macchina del capitale concentrato.

Basterebbe questo per rendersi conto del contenuto dello scontro che in maniera pervicace l’alleanza occidentale (con tutte le sue contraddizioni interne), attualmente riesumata sotto le insegne NATO, sta conducendo per stringere alle corde le velleità della Russia di ritagliarsi un proprio spazio di esistenza all’interno del mercato capitalistico internazionale (di merci, ma soprattutto di capitali nella loro concentrazione finanziaria). Da questo punto di vista la Russia è un bambino in balia di giganti.


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Piccole Note: La guerra ucraina

piccolenote

La guerra ucraina

di Piccole Note

“La decisione di Stati Uniti e Francia di sospendere i colloqui con la Russia questa settimana è sciocca e sbagliata. In passato, questo sarebbe stato considerato equivalente a una dichiarazione di guerra”. Inizia così un articolo di Anatol Lieven pubblicato ieri su Responsible Statecraft.

Se lo riprendiamo è perché non è un caso che l’intervento militare russo in Ucraina sia iniziato proprio nel giorno in cui era previsto l’incontro tra Lavrov e Blinken, che quest’ultimo ha annullato dopo che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza delle regioni del Donbass e l’invio di forze russe in queste.

 

L’intervento russo

Mosca ha percepito quell’annullamento esattamente come una dichiarazione di guerra, anche perché, in parallelo, il premier Zelensky aveva dichiarato la legge marziale, con tutto l’Occidente pronto ad appoggiare tale ingaggio.


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Redazione Roma: La guerra in Ucraina vista dal lato dei popoli

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La guerra in Ucraina vista dal lato dei popoli

di Redazione Roma

L’Unione Sindacale di Base ha sostenuto sin dall’inizio le Repubbliche Popolari del Donbass, autoproclamatesi indipendenti a seguito di un referendum popolare e dopo il golpe occidentale del 2014 che defenestrò con la violenza l’allora Presidente Yanukovich. A dirigere i golpisti, in piazza Maidan, furono le milizie naziste di Pravy Sector, le stesse che il due maggio di quell’anno assaltarono la casa dei sindacati di Odessa, uccidendo decine di militanti sindacali, strangolando compagne incinta con i fili del telefono, bruciando vivi e gettando dalle finestre dei piani alti molti giovani attivisti.

L’Unione Europea e gli USA affiancarono con tutti i loro potenti mezzi il golpe. L’allora capogruppo del PD al parlamento europeo Gianni Pittella arringava le folle di piazza Maidan a Kiev, protetto dai miliziani nazisti.

La NATO intanto addestrava le milizie naziste nelle basi installate nei vari paesi orientali, in combutta con i grandi proprietari ucraini che le trasformarono in veri e propri eserciti personali. Oggi queste bande sono state inserite direttamente nell’esercito ucraino, a martoriare le popolazioni del Donbass con costanti attacchi e bombardamenti. Oltre 14mila le vittime civili.


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Anarchici a Spoleto: Noi non ci arruoliamo

ilrovescio

Noi non ci arruoliamo

di Anarchici a Spoleto

Alla fine la guerra è arrivata. Dopo due anni di preparazione alla guerra, di canti, bandiere, disciplinamento, quel «siamo in guerra» annunciato a partire dalla primavera del 2020 è infine realtà. Le tragiche notizie che vengono dall’Ucraina sono la miccia che si andava cercando per la militarizzazione definitiva della nostra società.

Le guerre sono sempre un bagno di sangue per gli sfruttati e un ricco affare per i padroni. Non ci interessano le contrapposte ragioni della propaganda dei belligeranti. Gli sfruttati in Russia come in Ucraina, in Italia come negli Stati Uniti sono i nostri fratelli, il loro sangue è il nostro sangue. I governi, i generali, gli industriali, i finanzieri sono i nostri nemici, i nostri carnefici, i nostri affamatori.

L’arrogante e insaziabile espansione trentennale della NATO e la crisi interna della Russia sono state la miscela per la situazione esplosiva nella quale ci troviamo gettati. Da una parte, una lunga serie di precedenti imperialistici come i bombardamenti in Serbia, le guerre in Afghanistan e in Iraq, il sostegno a bande criminali come quelle che governano l’Ucraina, dove i sindacalisti vengono bruciati vivi.


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Fabrizio Marchi: Quando il padrone chiama i cani accorrono (e scondinzolano)

linterferenza

Quando il padrone chiama i cani accorrono (e scondinzolano)

di Fabrizio Marchi

Quando il padrone chiama, i cani si affrettano ad accorrere e fanno a gara a chi scodinzola di più, e l’intera classe politica italiana, per lo meno dalla cosiddetta “seconda repubblica” ad oggi, è maestra in quest’arte.

Tutti i leader di tutte le forze politiche, nessuna esclusa, di governo e di “opposizione” (esiste un’opposizione reale in questo paese?…), al primo squillo di tromba si sono messi sull’attenti.

Il padrone ha chiamato a raccolta il mondo occidentale; la Santa Alleanza deve ritrovare la sua coesione contro il comune nemico. Il “mostro”, in questo caso (ma è ricorrente…) è la Russia, oggi di Putin, ieri quella sovietica, prima ancora la Cina di Mao (prima che stringesse l’accordo con gli USA in funzione antisovietica) e, incredibilmente, lo è ancora anche la piccolissima, economicamente e militarmente innocua Cuba.

Ma la Russia è un’altra faccenda, ben più complessa e impegnativa.

La propaganda di regime (ormai non c’è altro modo per definirla) a reti unificate non ha mai smesso di fare il suo lavoro. Putin è il tiranno per definizione, “brutto, sporco e cattivo”, che ha proditoriamente e vigliaccamente aggredito l’Ucraina, faro della democrazia e della libertà del mondo.


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Ambrose Evans Pritchard: In Ucraina Putin si avvicina alla vittoria e controlla la catena di approvvigionamento della tecnologia occidentale. Di chi è il bluff?

vocidallestero

In Ucraina Putin si avvicina alla vittoria e controlla la catena di approvvigionamento della tecnologia occidentale. Di chi è il bluff?

di Ambrose Evans Pritchard

putin close to winningAmbrose Evans Pritchard pubblica sul Telegraph due articoli in stretta successione che offrono una visione approfondita e chiarificatrice sulla vicenda Ucraina e il contesto economico in cui si muovono le parti in causa.

Nel primo articolo, intitolato In Ucraina Putin è vicino alla vittoria, pubblicato il 15 febbraio, Pritchard mostra come la Russia in realtà non abbia motivo di temere le sanzioni occidentali. Nel secondo, pubblicato il 22 febbraio e intitolato Putin controlla la catena di approvvigionamento della tecnologia occidentale, quindi di chi è il bluff?, focalizza l'attenzione su un aspetto meno noto: la capacità della Russia di ostacolare gli approvvigionamenti di materie prime indispensabili alle industrie del mondo occidentale.

Partiamo dal primo, In Ucraina Putin è vicino alla vittoria.

Per cominciare Pritchard descrive l'economia russa come un sistema ordinato, dotata di un ingente ammontare di riserve valutarie, un debito estero tra i più bassi al mondo, un sistema bancario solido e una valuta dal cambio flessibile che consente all'economia di adattarsi bene alle vicende degli scambi internazionali, oltre ad una finanza pubblica in avanzo che non dipende dagli investitori stranieri per la copertura della spesa pubblica.

In contrasto con i sistemi economici dell'occidente, che si reggono sull' helicopter money delle banche centrali e sui grandi debiti pubblici, come afferma Christpher Granville, di TS Lombard, questo si può definire 'il paradosso del mandato di Vladimir Putin, che dirige uno dei regimi politici più ortodossi del pianeta, con un team macroeconomico, presso la banca centrale e il tesoro, decisamente esemplare'.


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La crisi in Ucraina e la tendenza alla guerra degli Stati Uniti e della NATO

di Domenico Moro

La crisi che si sta svolgendo in Ucraina non è un fatto isolato, ma va inquadrata nel contesto mondiale. Non si tratta, in effetti, che di un aspetto della tendenza alla guerra che caratterizza questa fase storica. Per questa ragione è necessario fare chiarezza su alcuni punti, anche perché bisogna chiarire gli interessi in gioco e le responsabilità dei singoli Stati.

  • Il problema di fondo è il modo di produzione capitalistico. Questo è caratterizzato dalla ricerca del più alto profitto possibile. Per questa ragione ogni frazione nazionale del capitale mondiale è caratterizzata da una tendenza continua all’espansione, cercando di estendere i mercati di sbocco delle merci e dei capitali in eccedenza e di controllare le aree di provenienza delle materie prime. Questo induce una competizione tra Stati che si fanno portatori degli interessi specifici del loro capitale. Uno degli strumenti di questa competizione è quello militare.
  • Una caratteristica decisiva del modo di produzione capitalistico è la crescita ineguale dei principali Stati ed economie capitalistiche.

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Piccole Note: Ucraina: tra guerra e prime ipotesi di negoziato

piccolenote

Ucraina: tra guerra e prime ipotesi di negoziato

di Piccole Note

Primi spiragli nella guerra ucraina, mentre sono ancora in corso i combattimenti. Il presidente ucraino Volodimir Zelensky si è detto pronto a trattare con i russi sulla neutralità del Paese e Putin si è detto disposto a inviare una delegazione di alto profilo a Minsk per negoziare con la controparte.

La guerra potrebbe finire presto, quindi, anche perché, nel frattempo, il ministero della Difesa russo ha dichiarato che le truppe russe non entreranno a Kiev (decisione, ovviamente, revocabile).

 

L’Ucraina e la Russia

In fondo, tutta la vicenda ucraina ruota attorno al nodo della neutralità, i russi non hanno interesse a prendere il Paese, come ha spiegato l’academico russo Sergey Karaganov, che ha declinato la nuova dottrina di Putin: “È giunto il momento di smetterla di ripetere l’affermazione falsa e così sorprendentemente polacca di Zbigniew Brzezinski secondo cui la Russia non può essere una grande potenza senza l’Ucraina.


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Andrew Korybko: «Il presidente Putin non ha scatenato la terza guerra mondiale, l'ha scongiurata»

lantidiplomatico

«Il presidente Putin non ha scatenato la terza guerra mondiale, l'ha scongiurata»

di Andrew Korybko*

L'ultima narrazione di warfare dei media mainstream occidentali guidati dagli Stati Uniti contro la Russia è che il presidente Putin ha appena scatenato la terza guerra mondiale, ma la realtà dice che l'ha appena evitata. Il discorso del leader russo al suo popolo giovedì mattina presto lo ha reso abbondantemente chiaro e dovrebbe essere letto per intero da coloro che vogliono veramente sapere la verità su quanto è appena accaduto. Come l'autore ha spiegato nelle sue ultime analisi su come "La campagna 'Shock & Awe' della Russia in Ucraina mira a risolvere la crisi missilistica europea" etativo "L'operazione speciale della Russia in Ucraina ripristinerà la stabilità strategica globale", così come il pezzo "Tracciare la sequenza geostrategica del tentativo di contenimento della Russia da parte degli Stati Uniti", la grande potenza eurasiatica sta semplicemente conducendo una guerra preventiva prima che la prevista terza guerra mondiale degli USA possa iniziare.

In breve, gli Stati Uniti e i loro alleati anti-russi della NATO stavano segretamente stabilendo strutture militari in Ucraina per lanciare la loro guerra imminente contro la vicina potenza nucleare.


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tonino

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Mar 2, 2022, 11:51:21 AM3/2/22
to sante gorini

 

Assemblea Militante: Crisi ucraina: nessuna solidarietà nazionale ma lotta al nostro imperialismo!

sinistra

Crisi ucraina: nessuna solidarietà nazionale ma lotta al nostro imperialismo!

di Assemblea Militante

L’attuale precipitazione militare in Ucraina è il risultato di una decennale politica di accerchiamento ed isolamento della Russia, perseguita con determinazione da parte degli Usa e dei loro alleati europei.

Una politica fatta di progressiva estensione del proprio dispositivo militare NATO fin sotto i confini della Russia, con dispiegamento di micidiali armamenti e continue esercitazioni militari allo scopo di minacciare quel Paese e di ridimensionarne le aspirazioni a ritagliarsi un proprio spazio all’interno del mercato capitalistico internazionale.

Un colpo decisivo a tali aspirazioni fu dato dal vero e proprio colpo di stato in Ucraina nel 2014 a seguito di una classica rivoluzione colorata, come tante orchestrate nel mondo, sostenuta e fomentata dalle potenze occidentali e con evidenti connotazioni nazi-fasciste, che spostò definitivamente questo paese nell’orbita di influenza statunitense ed europea.


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Emiliano Brancaccio: Guerra in Ucraina

micromega

Guerra in Ucraina

Daniele Nalbone intervista Emiliano Brancaccio

"Un nuovo ‘whatever it takes’ per salvare la pace in Europa è possibile. Sancire la fine dell’espansionismo NATO e UE a est. Ma vedo troppi elmetti in testa e cervelli già spenti, tra putiniani senza ritegno e atlantisti senza memoria”

Le Cuirasse Potemkine 2Micromega è tra le primissime testate ad aver fornito una cronaca diretta dell’attacco delle truppe russe all’Ucraina, con Valerio Nicolosi nostro inviato a Kiev. Ma oltre alla cronaca serve l’analisi. Per questo intervistiamo Emiliano Brancaccio, economista e oggi intellettuale di riferimento del pensiero critico in Italia, che di guerra – economica e non solo – ha ampiamente trattato nel suo ultimo libro: “Democrazia sotto assedio”. Brancaccio propone una linea alternativa di gestione della crisi internazionale.

* * * *

Professor Brancaccio, le forze politiche italiane sono schierate contro la Russia. Non mancano però i filo-russi che elogiano l’attacco di Putin come segno di spregiudicata realpolitik. Lei cosa pensa?

La Russia si è macchiata di un’infamia di cui noi occidentali siamo stati cattivi maestri per anni, dalla Jugoslavia all’Iraq: ossia, aggredire altri paesi per distruggere e controllare. Putin è anche ricorso alle tipiche ipocrisie che abbiamo usato noi nel recente passato per giustificare le peggiori nefandezze, quando ha definito l’assalto all’Ucraina una mera “operazione di polizia”. Elogiare l’invasore russo che imita il peggio del militarismo occidentale sarebbe dunque un atto inverecondo. Per le stesse ragioni, però, non si può dar credito a quei politici nostrani che in queste ore non riescono a far meglio che proporci linee d’azione più ispirate a Rambo che alla diplomazia. In un momento così cupo, il ceto politico italiano dovrebbe piuttosto interrogarsi sulle proprie responsabilità storiche.

 

Di quali responsabilità parla?


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Osvaldo Coggiola: Ucraina: guerra “locale” e crisi mondiale

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Ucraina: guerra “locale” e crisi mondiale

di Osvaldo Coggiola*

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            U33201820337414MQH 656x492Corriere Web SezioniQuella in corso è una guerra per riconfigurare la politica internazionale di un mondo capitalista in crisi e decadenza.

La guerra in Ucraina è l’espressione del trasferimento della crisi mondiale dal terreno economico e politico a quello bellico, e avrà ripercussioni nel mondo intero, anche militari, a cui nessun paese potrà sottrarsi, e da cui nessuna forza politica potrà lavarsene le mani, dichiarandosi neutrale o difendendo una posizione “equidistante”. Sebbene la Russia appaia come l’“aggressore”, il clima politico della guerra è stato accuratamente preparato dai principali media occidentali, premendo sui rispettivi governi, al punto in cui un ricercatore australiano ha concluso, alla vigilia del 24 febbraio, che “il progetto per un’invasione sembra essere già stato scritto, e non precisamente dalla penna del leader russo. I pezzi sono tutti al loro posto: l’ipotesi dell’invasione, la promessa attuazione delle sanzioni e limiti nell’ottenimento di finanziamenti, oltre a una decisa condanna”.

Poco o niente è stato detto da parte dei principali media occidentali sul fatto di come si è espansa l’alleanza sotto la sigla della NATO, dopo lo scioglimento e dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, espansione avvenuta ogni volta in modo più minaccioso per la Federazione Russa, quale principale stato succeduto all’ex federazione di nazioni che costituivano l’URSS.

Gli stessi Usa che puntano all’estensione della NATO fino agli stessi confini della Russia, mirando, dietro pressioni e ricatti militari, alla penetrazione dei propri capitali in tutto il territorio ex sovietico, hanno annunciato poco prima una forte ripresa della propria crescita economica simultaneamente al maggior bilancio militare della propria storia, due fatti che sono intimamente connessi.


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Norberto Fragiacomo: L’Ucraina e i Russi (per non parlare dei Rus’)

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L’Ucraina e i Russi (per non parlare dei Rus’)

di Norberto Fragiacomo

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            Nikolai GogolDello storico discorso pronunciato lunedì 21 febbraio dal Presidente Putin (storico perché infarcito di riferimenti alla Storia, ma anche perché il leader russo è, piaccia o non piaccia, uno dei rari statisti in una contemporaneità popolata da gnomi politici) mi hanno colpito in particolare le critiche mosse al “predecessore” Lenin, cui viene addebitata la colpa di aver creato dal nulla un’entità statale – l’Ucraina – prima mai esistita. Molti giornalisti nostrani hanno definito “surreali” toni e contenuti dell’arringa: a mio avviso perché l’occidente ha ormai rimosso il passato (persino quello prossimo), vive in un presente bidimensionale e non riesce neppure a concepire scelte e azioni di governanti che non trovino la loro esclusiva giustificazione in un gretto interesse immediato. Avvezzi a scrivere pagine di cronaca, i nostri opinionisti (e gli stessi governanti) blaterano di mission e vision, ma hanno smarrito qualsiasi attitudine ad elaborare una visione a medio-lungo termine, che può fondarsi solamente sull’analisi di ciò che è stato. Il dialogo a distanza con Vladimir Lenin, morto quasi cent’anni fa, risulta perciò incomprensibile, anche se può far sorridere il fatto che le stesse accuse mosse “da destra” dall’omonimo Putin riecheggino quelle all’epoca avanzate al grande rivoluzionario da settori del partito bolscevico (quasi) di liberalismo borghese per aver sostenuto il diritto all’autodeterminazione dei popoli soggetti all’influenza russa. Gli attacchi “da sinistra” di allora erano in realtà espressione di un certo sciovinismo grande russo che coerentemente Lenin avversava, reputando necessario alla costruzione del Socialismo l’instaurarsi di un clima di concordia e volontaria collaborazione fra genti diverse che non può nascere né da un’omologazione decisa a tavolino (auspicata oggidì da settori della sinistra c.d. radicale) né – a maggior ragione – dal predominio imposto da un proletariato nazionale sugli altri.


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Redazione Roma: Roma. Gli studenti irrompono a Santi Apostoli: “fuori dalla Nato subito!”

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Roma. Gli studenti irrompono a Santi Apostoli: “fuori dalla Nato subito!”

di Redazione Roma

Dalla serie di piazze chiamate nella giornata odierna (sabato 26) per prendere posizione sul riemergere del lungo conflitto che attraversa il territorio ucraino, non potevano mancare gli studenti e le studentesse delle scuole di Roma.

Il “Movimento la Lupa” ha raccolto l’appuntamento lanciata dalla sigla “Roma No war” e si è raccolto in modo unitario alle ore 10:30 alla metro Colosseo, in pieno centro, per poi muoversi in corteo verso piazza Santi Apostoli, seguiti anche anche dalla Rete ecosistemica romana.

Vicino la Commissione europea si svolgeva infatti in contemporanea un presidio dalla composizione “complicata”, con presente da una parte tutto il mondo della concertazione sindacale e dell’associazionismo diffuso vicino, a vario titolo e con varie declinazioni, all’area di governo rappresentata dal centrosinistra, accompagnato dall’altra da una serie di formazioni legate al volontariato e al movimento per la pace.

Ancora una volta, il movimento studentesco, nato proprio a Roma e qui costituitosi come movimento nazionale, ha saputo portare in piazza la parola d’ordine decisiva per ogni ipotesi di costruzione di una pace duratura sul suolo europeo: la fuoriuscita immediata dalla Nato.


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Guglielmo Forges Davanzati: Le cause della disoccupazione giovanile in Italia

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Le cause della disoccupazione giovanile in Italia

di Guglielmo Forges Davanzati

L’aumento della disoccupazione giovanile, secondo la visione dominante, è da imputarsi al mancato incontro fra la domanda di lavoro espressa dalle imprese e l’offerta di lavoro proveniente dai lavoratori. Questi ultimi – si sostiene – ricevono da scuola e Università una formazione generalista, eccessivamente calibrata sull’acquisizione di conoscenze e poco attenta alla trasmissione di competenze. Le competenze – il saper fare – sono (o sarebbero) quelle di cui le imprese, in un’ottica di breve periodo, hanno bisogno. La linea di politica economica che ne discende fa riferimento alla necessità di riformare i sistemi formativi per renderli funzionali alla produzione di forza-lavoro ‘occupabile’.

Il fatto che alcune imprese, in alcuni particolari segmenti del mercato del lavoro, trovino (o denuncino) difficoltà nel reperire manodopera con il livello e la qualità della formazione richiesta non implica che l’intera disoccupazione giovanile in Italia (superiore al 60% in alcune regioni del Sud) dipenda dal mismatch fra competenze offerte e competenze richieste.


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Federico Tozzi: Chi (non) ha paura del Metaverso?

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Chi (non) ha paura del Metaverso?

di Federico Tozzi

Nell’anno domini 2022, mentre esce in Italia Matrix Resurrection, l’ultimo capitolo della saga iniziata ventidue anni fa presentando al pubblico globale la possibilità di un mondo governato dall’intelligenza artificiale dove gli uomini “vivono” in un universo virtuale creato ad hoc per occultare la loro reale condizione di larve sfigate dominate dai robot, il Metaverso è alle porte.

Ma siamo pronti a entrarci? O meglio: davvero vogliamo entrarci?

Il mercato ha già risposto. La pandemia deve essere valsa da prova generale e a dare il segnale di via è stato Mark Zuckerberg, attuale padrone di quasi tutte le piattaforme globali di comunicazione, che ha cambiato il nome della sua azienda in Meta segnando per tutti la strada. Microsoft pure non scherza e punta a farsi spazio negli universi paralleli a colpi di miliardi, non da ultimo con l’acquisto della compagnia di produzione di videogiochi – fondata da Bill Gates – Activision Blizzard (che di miliardi di dollari ne è costata 68,7, per essere esatti).

La corsa all’oro è dunque già partita e molti brand si stanno accaparrando spazi nelle piattaforme online che ospiteranno i nostri avatar e, se le monete utilizzate per gli acquisti di “terreni” sono virtuali, anzi criptiche, l’investimento è molto reale.


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comidad: I servizi segreti sono le vere centrali degli affari

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I servizi segreti sono le vere centrali degli affari

di comidad

Sulla Gazzetta Ufficiale del 5 febbraio scorso si trova un curioso decreto governativo che vieta agli agenti segreti di andare a lavorare in aziende straniere nei tre anni successivi alla cessazione del servizio. Tre anni di castigo d’attesa per gli agenti che volessero impiegarsi in aziende all’estero non sono tanti, ma la vera perla del Decreto è che di fatto legalizza indirettamente la porta girevole tra i servizi segreti e le aziende private italiane, come già avviene nella ex Finmeccanica, ora Leonardo. Ciò che i media hanno raccontato come una “stretta” di Draghi è in effetti un via libera agli affari, una legalizzazione a posteriori di innumerevoli conflitti di interessi.

La porta girevole è ben più che un fenomeno di malcostume, è l’indizio, anzi la prova, che rivela quanto sia fittizia la distinzione, e addirittura la dicotomia, tra Stato e Mercato, tra pubblico e privato, tra politica e lobbying, e persino tra legalità e illegalità. Questi astratti orpelli giuridici sono solo una narrativa che serve a dissimulare l’esistenza di un’oligarchia che è trasversale al sistema istituzionale, al sistema delle imprese e della finanza ed al crimine organizzato. I servizi segreti sono diventati la principale struttura di riferimento ed il luogo di sintesi delle oligarchie della politica e degli affari.


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Umberto Vincenti: Amato, i referendum, la Costituzione

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Amato, i referendum, la Costituzione

di Umberto Vincenti

Porrò alcune domande e darò una risposta: la mia. È molto importante che, giunti a questo punto, ci si cominci veramente ad interrogare intorno al nostro sistema politico-costituzionale, che dà forma (e anche sostanza) al potere pubblico qui, da noi, in Italia. Le domande sarebbero tante; mi limiterò a proporne qualcuna in connessione con la vicenda, recentissima, dei referendum.

Domandiamoci innanzi tutto se sia stato corretto che Giuliano Amato abbia indetto una conferenza stampa per comunicare – al popolo, penso – le ragioni delle decisioni assunte dalla Corte. La (mia) risposta è no. Al di là delle super-affettazioni giuridiche e da giuristi, anche la Corte Costituzionale agisce secondo il modulo della giurisdizione: essa esprime un giudizio su una certa pretesa e così la sua attività (in merito all’ammissibilità di un referendum abrogativo) è percepita dai cittadini. Ora, quel modulo esige che il giudicante (o il presidente di un collegio giudicante) non si presenti pubblicamente ad illustrare – con tono didascalico e persuasivo, anche un poco irritante – il perché di una decisione. D’altra parte, non vi è alcuna lacuna da colmare in quanto è previsto che l’ordinanza decisoria enunci i motivi della decisione.


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Paolo Di Marco: Le grandezze economiche, le loro mutevoli definizioni e il gatto di Schrödinger che diventa marxiano

poliscritture

Le grandezze economiche, le loro mutevoli definizioni e il gatto di Schrödinger che diventa marxiano

di Paolo Di Marco

sch 11- Garbage in, garbage out

È un modo di dire informatico: se a un calcolatore dai in pasto spazzatura quello che otterrai sarà sempre spazzatura.

In economia questo significa che le nostre condizioni di partenza devono essere ineccepibili: le definizioni solide, non contradditorie, prive di presupposti nascosti, sufficienti a determinare tutti gli elementi successivi; le condizioni iniziali sensate e corrispondenti ad elementi empirici verificabili.

Iniziamo dai presupposti nascosti, e per chiarire cosa sono facciamo un esempio:

a) una storiella macabra: padre e figlio vanno in macchina, l’auto esce di strada; il padre muore, il figlio viene trasportato in ospedale. Portato in sala operatoria il chirurgo arriva, impallidisce e dice: non posso operarlo, è mio figlio. Come mai?

b) un problema geometrico: con 6 stecchini (o fiammiferi, o legnetti della stessa lunghezza) costruire 4 triangoli equilateri. Provate.

Questo e simili problemi sono stati posti a molte persone di tutti i livelli di cultura e intelligenza, e in tutti i casi hanno provocato notevoli turbamenti: qualcuno trovava la soluzione quasi immediatamente, per intuizione; qualcun altro si arrabbattava, cercava di cambiare i dati della questione per adattarli alla soluzione che aveva pensato; altri ancora dopo un poco ricorrevano alla forza bruta della logica:


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Guido Cappelli: Oltre “la pandemia”. Congetture sul prossimo futuro

sinistra

Oltre “la pandemia”. Congetture sul prossimo futuro

di Guido Cappelli*

photo 2022 02 22 19 38 19 750x430Stanno per compiersi due anni da quando l’Oms dichiarò l’emergenza pandemica. E da qualche giorno girano, insistenti, voci di fine (quasi) imminente di pass e restrizioni varie. “È finita, abbiamo vinto, il piano è fallito!”, si ascolta sui social e nelle chat – e non si tratta solo di bufale messe in giro probabilmente ad arte (che pure ce ne sono e si vedono), ma di sinceri canti di vittoria, levati da un popolo del dissenso che incomincia a mostrare comprensibili segni di stanchezza e di confusione.

Per la verità, l’enigmatico ministro della Salute (enigmatico perché non si comprende razionalmente per quali meriti e titoli sia riuscito ad attraversare due governi e tutta la crisi senza praticamente un graffio), in un’intervista al quotidiano ufficioso del regime, La Repubblica, ha già espresso chiaramente la volontà governativa di prolungare le misure distopiche di limitazione delle libertà fondamentali anche al di là della fine eventuale dello stato di emergenza. Ma anche lui lascia intravvedere un sia pur fumoso e lontano “liberi tutti”.

Non è così. Non c’è e non ci sarà nessun “liberi tutti”. Mai, se da questa gente dipenderà. E non perché gli oligarchi mondialisti alla Gates ripetono un giorno sì e l’altro pure che ci saranno nuove pandemie, nuove catastrofi che giustificheranno nuovi stati d’eccezione. E nemmeno per l’ideologia di queste oligarchie feudali, palesemente intrisa di neo-gnosticismo antiumano ed eugenetismo dalla terrificante genealogia.

Ma perché l’ammorbidimento delle restrizioni – in Italia e fuori – è funzionale al prosieguo dell’instaurazione di quella nuova “razionalità politica” (per dirla con Fusaro) che dovrebbe risultare dal grande reset in corso.


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Carlo Clericetti: Come rendere utile l’orribile Mes

micromega

Come rendere utile l’orribile Mes

di Carlo Clericetti

Il “Fondo salva-Stati” resta un “prodotto senza acquirenti”. Nessuno vuole mettersi alla mercé di un istituto di diritto privato e con sede in un paradiso fiscale che per “tutelare l’interesse dei creditori” può imporre misure rovinose. Ma con un’Agenzia del debito, la politica europea potrebbe essere decisamente migliore

Schermata
            del 2022 02 28 12 59 00Un’azienda che si accorgesse che un suo prodotto non lo vuole nessuno, nonostante vari tentativi di promozione, deciderebbe di eliminarlo. Non così i politici e tecnocrati europei, che ben si possono paragonare a un management aziendale, vista la loro fede nelle virtù taumaturgiche del mercato.

Il “prodotto” è il Mes, il cosiddetto “Fondo salva-Stati”, che ogni tanto viene periodicamente riproposto nel tentativo di giustificare la sua esistenza e anche di trovare un impiego per il suo capitale di 80 miliardi versati dagli Stati che giacciono inutilizzati.

L’organismo è stato istituito in seguito alla crisi del 2008, e in questi anni ha cambiato nomi (ESF, ESFS) e regolamenti. L’ultima riforma, che lo rende se possibile ancora peggiore, è stata approvata dall’Eurogruppo nel novembre 2020 (e poi anche dal Parlamento italiano, in dicembre), ma manca ancora la ratifica definitiva del nostro governo: se i problemi solo burocratici di cui ha parlato il ministro Daniele Franco fossero invece un espediente per prendere altro tempo, sarebbe un ottimo segnale.

Il Mes deriva da un trattato intergovernativo, è un istituto di diritto privato lussemburghese ed è guidato da un “Consiglio dei governatori” di cui fanno parte i ministri delle Finanze dei Paesi membri. Il suo direttore generale, il tedesco Klaus Regling, ha ampi poteri. Il suo statuto prevede che debba fare gli interessi dei creditori, che abbia l’ultima parola sulla solvibilità di chi vi ricorre e che in base a questo giudizio possa imporre condizionalità che possono arrivare fino alla ristrutturazione del debito. Chi ne fa parte è esente da ogni responsabilità civile e penale.


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Fabrizio Masucci: I conformistRi (off topic)

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I conformistRi (off topic)

di Fabrizio Masucci

Pubblico alcune note che in questo momento, del tutto motivatamente, risulteranno di scarsissimo o nessun interesse. In queste ore, la gravità dello scenario internazionale impone d’un tratto di collocare nella giusta prospettiva i fatti della nostra piccola Italia. A tale doveroso esercizio siamo chiamati tutti, da chi dissente a chi governa. Chissà che, da una nuova drammatica crisi che nessuno avrebbe voluto, non derivi almeno un salutare ridimensionamento delle questioni tutte nostrane, cui possano seguire più miti consigli da parte di chi decide. Nel mentre, nel nostro Paese c’è ancora chi soffre per misure, ora più cha mai, prive di giustificazione. E la sofferenza è sofferenza, e come tale va sempre rispettata. Soprattutto in un momento in cui quella sofferenza non importa quasi a nessuno: il post è per quelli cui importerà finché durerà.

Vedo, da qualche giorno, una nuova specie di figure mancine lanciare accorati appelli dalle colonne dei giornali, far tiratine d’orecchie sui social media alla linea del governo o del caro democratico partito, condividere al bar le proprie critiche giuste e progressive con altri individui della stessa risma (ché tra persone perbene e intelligenti, si sa, ci si riconosce al primo sguardo). Qualcuno comincia a palesarsi anche in quei covi di sortilegi chiamati salotti televisivi.


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Stefano Re: L’Emergenza Infinita

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L’Emergenza Infinita

di Stefano Re

Terrorismo, crisi economiche, crisi sanitarie, e, oggi, possibile conflitto mondiale. Cos’hanno in comune queste emergenze? Lo schema è identico: vengono tutte sbandierate ed esasperate dai media, che diffondono ansia e paura nelle popolazioni teledipendenti. Vengono tutte presentate come emergenze che inevitabilmente cambiano la percezione della realtà e della identità e necessitano di cambiamenti socio-culturali per farvi fronte. Le “misure di gestione” portano sempre alla cancellazione di diritti e garanzie degli individui e maggiori livello di arbitrio delle autorità, sempre meno controllate democraticamente e sempre più selezionate tramite processi anch’essi totalmente arbitrari.

 

Cosa rimane

Non appena le “misure di gestione dell’emergenza” sono state implementate e messe in vigore, non appena diventano legge o perlomeno affermata consuetudine, i media smettono di fare pubblicità all’emergenza che, di fatto, scompare.


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Fabrizio Verde: Droni Global Hawk da Sigonella. L'Italia in prima linea nella guerra al Donbass

lantidiplomatico

Droni Global Hawk da Sigonella. L'Italia in prima linea nella guerra al Donbass

di Fabrizio Verde

 

L’Italia è coinvolta in maniera operativa nelle tensioni tra Ucraina, Russia e NATO nel Donbass. Partono infatti dalla base statunitense di Sigonella, in Sicilia, i droni Global Hawk diretti in Ucraina per compiere opera di ricognizione, leggere sotto la voce spionaggio, riguardo la situazione in Donbass e al confine tra Ucraina e Russia.

Chi pensa che l’Italia sia partecipe alla situazione solo per quanto riguarda le sanzioni occidentali alla Russia si sbaglia. “Siamo coinvolti anche da un punto di vista operativo – afferma all’Adnkronos il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze – perché i Global Hawk che volano sull’Ucraina partono da Sigonella, l’Italia è una base militare americana in larga parte. Il rischio c’è, è presente e reale”.

A tal proposito basti ricordare che nella base di Aviano ci sono testate nucleari statuntesi e che ha dato la sua disponibilità a inviare anche uomini in Ucraina, per bocca del ministro della Difesa Guerini.


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Giorgio Bianchi: La cricca dei finti moralisti

theunconditional

La cricca dei finti moralisti

di Giorgio Bianchi

Sentire ieri sera il sionista-atlantista David Parenzo fare candidamente la morale alla Russia (anche se lui si riferisce al solo Putin, come se una nazione di 145 milioni di abitanti possa essere espressione della volontà di uomo solo) sul “definire i confini con la violenza”, ci dà l’esatta misura dell’ipocrisia e della malafede dei personaggi che stanno dominando in questa fase il dibattito pubblico.

La morale a senso unico di chi punta il dito contro la Russia e nel contempo fa finta di ignorare i crimini della Nato (che ha cambiato i confini della ex Jugoslavia a suon di bombe e raso al suolo stati sovrani sulla base di menzogne costruite ad arte) e dello stato di Israele (che ha trasformato la Palestina in un lager a cielo aperto), è sicuramente ripugnante ma in fin dei conti non stupisce, visto che tali personaggi sono lì per fare esattamente questo lavoro.

Tuttavia ciò che lascia sinceramente basiti, è il fatto che gente che per anni ha combattuto questo pattume umano considerandolo, a ragione, parte integrante dell’apparato propagandistico atlantista, per un periodo si sia trovata al suo fianco contro di noi, senza farsi venire il minimo sospetto che la risposta alla pandemia fosse nell’alveo del medesimo disegno egemonico.


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Redazione ROARS: La scuola (di Draghi) è tutta un quiz: test INVALSI per entrare all’Università

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La scuola (di Draghi) è tutta un quiz: test INVALSI per entrare all’Università

di Redazione ROARS

Quale occasione migliore dello stato d’emergenza, dell’avvio delle riforme previste dal PNRR, della presidenza del Consiglio di Mario Draghi e della completa l’assenza di dibattito pubblico e parlamentare, per dare la stretta definitiva sui test INVALSI? Il Sole 24 ore ci informa che è in esame “a Palazzo Chigi”, sul tavolo dei consiglieri di Mario Draghi, un “dossier” che prevedrebbe la realizzazione di un disegno già ben chiaro nel 2008: utilizzare i test INVALSI, resi obbligatori, come strumento di ammissione all’Università.

I test INVALSI, con la riforma della buona Scuola (D.Lgs 62/17) sono diventati certificazioni individuali delle competenze degli studenti. Come era facile prevedere, il passo successivo sarebbe stato l’impiego di tali certificazioni da parte degli atenei. Prima in modo “graduale”, magari, come sembrano volerci rassicurare gli autori del sole 24 ore.

Daniele Checchi, che insieme a Giorgio Vittadini e Andrea Ichino, già nel 2008 ne prevedeva questo impiego, nel documento indirizzato all’allora ministra Gelmini [si veda qui e qui], in cui si delineava la struttura del nostro sistema di valutazione scolastico, oggi scrive che usare i test INVALSI per selezionare gli accessi universitari è “una buona notizia”.


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Bruno Montanari: Una società al… “verde”

lafionda

Una società al… “verde”

di Bruno Montanari

Il verde è anche una metafora. Significa innanzitutto libertà: correre in un prato verde è vivere la libertà. Uno dei colori della nostra bandiera è il verde; libertà, appunto. Ma significa anche altro: “restare al verde”, per esempio, significa non avere un soldo in tasca; e chissà perché? Forse perché senza un soldo in tasca non resta che correre in un prato… . Verde, anzi green (questa infernale anglomania!), è ora il colore che segna la speranza che la natura torni ad essere più mansueta con noi, se riusciamo a trattarla con maggiore rispetto: l’industria e l’economia “verde”

Il verde segna ormai anche la nostra vita quotidiana in tutti i suoi tratti particolari. E’ il colore attribuito alla certificazione vaccinale, che dovrebbe renderci liberi come il prato di cui sopra. Ma è così? Credo che in questo nostro contesto il verde diventi un colore ambiguo, che celi qualche tratto di disonestà simbolica.

Infatti.

In questi giorni, come è noto, è entrato in vigore l’obbligo di “certificato verde rafforzato” per accedere ai luoghi di lavoro, sia pubblici che privati. Tale obbligo fa seguito a quello già in vigore riguardante l’accesso a centri e luoghi commerciali in genere, ristoranti, bar e via discorrendo.


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Pierluigi Fagan: La partita strategica americana

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La partita strategica americana

di Pierluigi Fagan

Il primo giorno del conflitto russo-ucraino scrissi che l’obiettivo americano era l’estromissione della Russia dallo SWIFT e sono bastati quattro giorni per raggiungerlo, pare. Ho scritto anche che Putin avrebbe messo i fatti sotto le parole perché le relazioni politiche con l’Occidente non consentivano più si sperare di modificare lo stato delle cose con altri mezzi. Ho anche evidenziato che la frase del russo pronunciata al primo giorno di attacco: “… risposta della Russia sarà immediata e vi porterà a conseguenze che non avete mai sperimentato nella vostra storia”, andava perciò presa nella sua letteralità, il che le dava un sapore molto inquietante.

Sul piano geopolitico, tutto ciò porta ad intravedere una nuova condizione del tavolo di gioco. Gli USA hanno ottenuto presto il loro obiettivo, separare per lungo tempo in maniera profonda ed irreversibile, l’Europa dalla Russia. La Russia è nei fatti, oggi, l’untouchable del sistema internazionale e vale per lei come per chiunque altro manterrà con lei rapporti organici. Come molti hanno notato, l’altro giorno, alcuni paesi europei sono passati dall’esclusione dell’opzione SWIFT per cause di forza maggiore al veloce riallineamento sulla possibilità di applicare il bando.


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Pasquale Cicalese: Guerra: c'è del metodo nella follia delle cancellerie occidentali

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Guerra: c'è del metodo nella follia delle cancellerie occidentali

di Pasquale Cicalese

Ieri domenica, vedevo un pò di siti, media italiani, ma li scartavo, tutti che invitavano alla guerra. Poi sono andato su facebook. E ho visto due post. Uno, di Gudo Salerno Aletta, allarmato dalla follia delle cancellerie occidentali, l’altro, dell’analista Pierluigi Fagan, che mi ha fatto riflettere molto. Guarda caso alle 5:30 di stamane mi arriva un messaggio vocale di un direttore di una multinazionale asiatica, business advisor, Spatto, che, sulla base di un articolo di visualcapitalist.com, dice le stesse cose. Ho trascritto di tutta fretta, prima di iniziare a lavorare, il file audio, potrebbero esserci degli errori per la qual cosa mi scuso. Lo lascio parlare:

“Ciao, ti mando un messaggio, cerco di fare un intervento un po’ analitico; leggo su molti giornali stranieri e italiani soprattutto voci che danno per scontato un passaggio e cioè l’unione della Russia alla Cina ma non danno per scontato l’altro passaggio, l’unione dell’Europa agli Stati Uniti. Allora è su quest’altro passaggio che io vorrei soffermarmi, magari se tu non la pensi come me può intervenire, possiamo fare un dibattito.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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Manlio Dinucci: Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa

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Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa

di Manlio Dinucci

La commissaria Ursula von der Leyen ha annunciato che la Ue mette al bando l’agenzia di stampa russa Sputnik e il canale Russia Today così che «non possano più diffondere le loro menzogne per giustificare la guerra di Putin con la loro disinformazione tossica in Europa». La Ue instaura così ufficialmente l’orwelliano Ministero della Verità, che cancellando la memoria riscrive la storia. Viene messo fuorilegge chiunque non ripete la Verità trasmessa dalla Voce dell’America, agenzia ufficiale del governo Usa, che accusa la Russia di «orribile attacco completamente ingiustificato e non provocato contro l’Ucraina». Mettendomi fuorilegge, riporto qui in estrema sintesi la storia degli ultimi trent’anni cancellata dalla memoria.

Nel 1991, mentre terminava la guerra fredda con il dissolvimento del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, gli Stati uniti scatenavano nel Golfo la prima guerra del dopo guerra fredda, annunciando al mondo che «non esiste alcun sostituto alla leadership degli Stati uniti, rimasti il solo Stato con una forza e una influenza globali».


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Rete dei Comunisti: Piazze “per la pace” e piazze contro la guerra di fronte al conflitto ucraino

rete dei
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Piazze “per la pace” e piazze contro la guerra di fronte al conflitto ucraino

Una scelta di campo

di Rete dei Comunisti

Nonostante 30 anni di disinformazione di guerra, a giustificazione delle inenarrabili tragedie che conosciamo, l’informazione “embedded” sulla vicenda ucraina e’ ripartita a pieno ritmo, proponendo il solito scenario di falsità oscene, a rappresentare un nemico “folle” e “criminale”, senza altre ragioni se non la propria sete di potere. Dopo Milosevic, Saddam, Gheddafi, Assad oggi tocca a Vladimir Putin subire il solito trattamento.

Sulla scelta del Presidente russo di invadere l’Ucraina abbiamo già scritto, non certo per smarcarci. Putin rappresenta un regime oligarchico che, con il tradimento dell’URSS ribadito dalle ridicole affermazioni su Lenin, pensava di assicurarsi la riconoscenza occidentale e di ritenersi al sicuro dall’aggressività della NATO.

Detto questo, occorre comprendere le ragioni storiche, economiche e geopolitiche che hanno spinto l’attuale governo russo a intraprendere questa avventura militare. Gli argomenti sono tutti sul tavolo, trattati sommessamente anche da alcuni analisti occidentali, magari nei servizi notturni o sulle pagine specializzate del Sole24ore. Per il resto isteria e propaganda sparsa a piene mani, a coprire la continuità delle politiche militariste di un Occidente in crisi sistemica.


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Giorgio Cesarale: Solo i lavoratori possono fermare la catastrofe

micromega

Solo i lavoratori possono fermare la catastrofe

di Giorgio Cesarale

Tutta l'umanità è minacciata da un insieme di fenomeni a sfondo immediatamente catastrofico. A partire dalla guerra in Ucraina

L’atrocità della vita umana nelle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico è misurata dalla frequenza con la quale viene pronunziata la parola “resilienza”. Essa detiene originariamente un significato tecnico, giacché indica, così recita il Dizionario “Treccani”, la capacità dei materiali di resistere alla rottura “per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto”. Nel campo della filati e dei tessuti, continua il nostro Dizionario, essa designa per estensione “l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale”[1]. A questo punto, qualcuno deve aver pensato che sarebbe bello se il mondo organico-umano-provvisto di autoconsapevolezza assumesse le medesime proprietà dei filati e dei tessuti. Au fond, il “dolore infinito” che, secondo lo Hegel di Fede e sapere, partorisce la soggettività è una seccatura, non sono certamente i traumi, nonostante gli avvertimenti di Freud, a preparare le condizioni per una vita umana integra, buona, felice.


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Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale: chi semina vento raccoglie tempesta

carmilla

Il nuovo disordine mondiale: chi semina vento raccoglie tempesta

di Sandro Moiso

attacco allucrainaIl mondo è più grande dell’Occidente, che non lo domina più (Dmitrij Suslov, consigliere di Vladimir Putin – intervista al «Corriere della sera»)

Sembrerà un’affermazione cinica, ma per chi, come il sottoscritto, da anni si occupa di guerra come inevitabile punto di arrivo di tutte le contraddizioni di un sistema basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo per conseguire come fine ultimo l’accumulo privato di profitti e capitali, l’esplodere di un conflitto come quello russo-ucraino (per ora) almeno un merito ce l’ha ed è proprio quello di portare in piena luce e davanti agli occhi di tutti quelle stesse contraddizioni, troppo spesso sommerse da un mare di menzogne e illusioni, cui si è prima accennato.

Contraddizioni di ordine economico, geo-politico, militare, sociale, produttivo e ambientale che di volta in volta vengono segnalate singolarmente, in nome di un’eccezionalità che invece, vista in una dimensione più ampia e completa, dovrebbe essere percepita come norma di un sistema che, dopo aver suscitato appetiti ed aspettative esagerate in ogni settore di una società in/civile basata sull’egoismo proprietario e l’individualismo atomizzante, non può soddisfare le aspirazioni materiali ed ideali che si manifestano globalmente, sia a livello macroscopico che molecolare.

Prima con la spartizione del mondo in due blocchi, definiti più dal punto di vista ideologico che da quello della effettiva struttura economica, poi con il preteso nuovo ordine mondiale a sola guida statunitense dopo il fallimento del blocco definito come orientale o sovietico, era sembrato agli analisti politici ed economici superficiali e agli ideologi da strapazzo come Francis Fukuyama (politologo e teorico statunitense della “fine della Storia”) che fosse possibile un lento e progressivo affermarsi dei valori democratici e liberali occidentali e del conseguente modello di sviluppo e progresso capitalistico, sotteso dagli stessi, a livello mondiale.


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Andrea Zhok: La battaglia odierna

sfero

La battaglia odierna

di Andrea Zhok

Dopo aver chiesto al maestro Valery Gherghiev l'abiura dei suoi rapporti personali con Putin, la Scala gli ha tolto l'incarico di direzione d'orchestra (seguita a ruota da altri teatri europei).

Intanto l'Università Bicocca di Milano (quella che qualche giorno fa aveva spiegato che le opinioni del prof. Broccolo sulla pandemia "non rispecchiavano il pensiero dell'istituzione") ha sospeso un corso universitario su Fëdor Dostoevsky, prima motivandolo vagamente con "l'inopportunità del momento", e poi spiegando che avrebbero dovuto inserire anche autori ucraini.

Nel frattempo fioccano le richieste di sanzione e gli interventi di parlamentari con richiesta di rimozione nei confronti dei pochi giornalisti della TV (come Marc Innaro) che non si sono sdraiati completamente sulla narrazione atlantista del conflitto. Questo mentre le emittenti russe come Russia Today sono state oscurate, e mentre sui telegiornali spezzoni di videogiochi e foto di repertorio passano per “dirette testimonianze del martirio sul campo”.


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Michael Brenner: Le conseguenze dell'umiliazione della Russia

lantidiplomatico

Le conseguenze dell'umiliazione della Russia

di Michael Brenner* - Consortium News

Ieri, John Pilger uno dei più grandi giornalisti e documentaristi viventi ha scritto, riguardo all'articolo di Brenenr, sul suo profilo Twitter: Per coloro che sono interessati al "perché" dell'invasione illegale dell'Ucraina da parte della Russia, questo pezzo raro è consigliato

Asia Europe ASEM Summit meeting of the leaders of
            Russia Ukraine Germany and France October 2014La mafia non è nota per il suo uso creativo del linguaggio al di là di termini come "sicario", "vai a prendere i materassi"( frase tratta dal film 'Il Padrino', significa l'inizio di una guerra tra famiglie NDT,) "vivere con i pesci" e simili. Ci sono, tuttavia, alcuni detti concisi che portano una saggezza duratura. Uno riguarda l'onore e la vendetta: "Se hai intenzione di umiliare qualcuno pubblicamente in modo davvero grossolano, assicurati che non sopravviva per prendersi la sua inevitabile vendetta". Umilialo a tuo rischio e pericolo.

Questa duratura verità è stata dimostrata dalle azioni della Russia in Ucraina che, in larga misura, sono il culmine delle numerose umiliazioni che l'Occidente, su istigazione americana, ha inflitto ai governanti russi e al Paese nel suo insieme negli ultimi 30 anni .

È stato trattato come un peccatore condannato ad accettare il ruolo di un penitente che, vestito di sacco, segnato dalla cenere, dovrebbe apparire tra le nazioni a capo chino per sempre. Nessun diritto ad avere i propri interessi, i propri problemi di sicurezza o anche le proprie opinioni.

Pochi in Occidente hanno messo in dubbio la fattibilità di una tale prescrizione per un paese di 160 milioni, territorialmente il più grande del mondo, che possiede vaste risorse di valore critico per altre nazioni industriali, tecnologicamente sofisticato e custode di oltre 3.000 armi nucleari.

Nessun mafioso sarebbe stato così ottuso. Ma i nostri governanti sono fatti di un tessuto diverso anche se il loro pavoneggiamento e la loro presunzione spesso corrispondono a quelli dei capotasti.

Questo non vuol dire che la classe politica russa sia stata incline alla vendetta per un decennio o due – come la Francia dopo l'umiliazione da parte della Prussia nel 1871, come la Germania dopo la sua umiliazione nel 1918-1919, o come "Bennie dal Bronx" picchiato davanti alla fidanzata di Al Pacino in Carlito's Way.


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Thomas Fazi: Da Kennan a Sergio Romano: tutti coloro che avevano avvisato l'occidente delle conseguenze di accerchiare la Russia

lantidiplomatico

Da Kennan a Sergio Romano: tutti coloro che avevano avvisato l'occidente delle conseguenze di accerchiare la Russia

di Thomas Fazi

Allora, mettiamo le cose in chiaro: in politica, e soprattutto nelle relazioni internazionali, esistono rapporti di causa-effetto nella maggior parte dei casi facilmente prevedibili, visto che le logiche in base alle quali operano gli Stati nazionali (e soprattutto le grandi potenze regionali) sono più o meno le stesse da qualche secolo a questa parte.

Ergo, se per anni (anzi, decenni) alcune delle menti più brillanti delle classi dirigenti euroatlantiche - nessuna delle quali può essere neanche lontanamente tacciata di filoputinismo - non fanno che ripetere «se l'Occidente fa A, guardate che la Russia farà B» - laddove A sta per "espansione della NATO ad Est" e in particolare "arruolamento dell'Ucraina, paese di fondamentale importanza geostrategica per la Russia, nella sfera d'influenza occidentale", e B sta per "sbroccare", e non perché sia giusto o sbagliato ma semplicemente perché è così che va il mondo - e l'Occidente continua bellamente a fare A, ha poco da sorprendersi che oggi, dopo vent'anni di provocazioni, la Russia reagisca facendo B, come era chiarissimo sarebbe accaduto a chiunque viva nel mondo reale e non nel film hollywoodiano di serie B raccontato dai media occidentali. Anzi, era la cosa era tanto chiara che sorge spontaneo il sospetto che provocare la reazione B fosse esattamente ciò che voleva l'Occidente.


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Pierluigi Fagan: Sono indig-NATO!

pierluigifaganfacebook

Sono indig-NATO!

di Pierluigi Fagan

Missile Russia La
            PresseIl mondo è sull’orlo del baratro per cosa esattamente? Perché l’Ucraina deve avere la libertà di richiedere l’ammissione alla NATO. Cioè, noi stiamo facendo questo ignominioso fracasso perché difendiamo il principio di libertà del “popolo ucraino” a chiedere di entrare nel sistema militare comandato dall’altra unica potenza nucleare con 5000 testate? Di modo così che gli USA possano piazzare missili ai bordi nord-orientali della libera e democratica Ucraina distanti 3 minuti da Mosca? Così che Mosca sappia che verrà cancellata dalle cartine geografiche prima che abbia il tempo materiale di attivare la sua risposta che comunque impiegherebbe decine e decine di minuti per arrivare a Washington? Bravi!

Ed è per questo che gli americani, quattro anni fa, si sono unilateralmente ritirati dal trattato INF che regolava gli equilibri di posizionamento dei missili balistici a medio-corto raggio che vigeva dal 1987? I famosi “euro-missili” perché sono posizionati proprio qui in Europa? Che lungimiranza! Allora non è solo Putin che pianifica per tempo le sue mosse eh? Ed io che mi credevo che le grandi potenze organizzassero le cose all’ultimo minuto, in fretta e furia, all’improvviso come siamo soliti fare noi qui per promuovere il nostro interesse nazionale.

Per 42 anni (1949-1991) c’è stata una “guerra” sì, ma “fredda” e si è basata sull’equilibrio di potenza, lì dove russi ed americani sapevano che se l’uno avesse provato a nuclearizzare l’altro, l’altro avrebbe avuto il tempo di nuclearizzarlo a sua volta. Per quanto cinico, questo principio ha garantito la pace in Europa per decenni ed è per rovesciare questo principio di equilibrio che ora la “Repubblica che ripudia la guerra” manda armi alla libera e democratica Ucraina?


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Michael Roberts: Russia: dalle sanzioni al crollo?

sinistra

Russia: dalle sanzioni al crollo?

di Michael Roberts

art 377La guerra economica tra il gruppo di paesi della NATO guidato dagli Stati Uniti e la Russia si sta intensificando insieme alla vera guerra nella stessa Ucraina. In risposta all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, gli Stati Uniti e l'Europa hanno alzato la posta imponendo sanzioni economiche, in primo luogo la sospensione di qualsiasi relazione con le diverse importanti banche russe, comprese le due maggiori, Sberbank e VTB. Tuttavia, è significativo che le sanzioni escludano la Gazprombank, il principale finanziatore russo alle società che esportano energia. Chiaramente, l'Occidente non vuole interrompere le esportazioni di petrolio e gas a causa delle sanzioni, quando la sola Germania fa affidamento sul 40% della sua energia dalle importazioni russe.

Di conseguenza, il pacchetto di sanzioni della NATO prevede sostanziali eccezioni. In particolare, mentre sanziona le maggiori istituzioni finanziarie russe, esclude alcune transazioni con quelle istituzioni legate all'energia e alle materie prime agricole, che rappresentano quasi i due terzi delle esportazioni totali. Significativamente, l'Italia ha fatto pressioni con successo per esentare dal divieto di esportazione la vendita delle borse di Gucci ai ricchi russi! Pertanto ora la leader dell'UE Von der Leyen e Biden alla Casa Bianca hanno annunciato che "lavoreremo per vietare agli oligarchi russi di utilizzare le loro risorse finanziarie sui nostri mercati". Biden dichiara che gli Stati Uniti "limiteranno la vendita della cittadinanza - i cosiddetti passaporti d'oro - che consentiranno ai ricchi russi legati al governo di Mosca di diventare cittadini dei nostri paesi e di accedere ai nostri sistemi finanziari". L'UE e gli Stati Uniti stanno lanciando una task force per "identificare, dare la caccia e congelare i beni delle società e degli oligarchi russi sanzionati, i loro yacht, le loro ville e qualsiasi guadagno illecito che possiamo trovare e congelare".


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Fulvio Grimaldi: La guerra che c’e’, quella che non c’e’ e quella fatta a/da noi

luogocomune

La guerra che c’e’, quella che non c’e’ e quella fatta a/da noi

di Fulvio Grimaldi

Integro un mio post diffuso ieri, intitolato “Guerra virtuale nel Metaverso….” In cui esprimevo la mia impressione che in Ucraina si tratti di un conflitto in grande misura inventato. Ribadisco l’idea.

Quello che a noi arriva dai comunicatori (non chiamiamoli giornalisti) e commentatori è tutto fondato su quanto l’apparato del regime di Kiev fa sapere a inviati asserragliati nei loro hotel, lontani da qualsiasi azione sul campo, che quindi, rinunciando al mestiere nobilissimo dell’inviato di guerra, fanno da camera dell’eco alla propaganda di regime. Con, peraltro, piena soddisfazione dei rilanciatori a casa. Una guerra, resa invisibile a chi la dovrebbe documentare e ne mostra solo foto di repertorio, quando non ricorre a vecchi videogiochi per raccontare una “pioggia di missili”, fornisce convincenti motivi, specie a chi ha esperienza in proposito, per dubitarne.

Tanto più che delle immagini, invisibili, di atrocità, distruzioni e morti subite, non ne scorre traccia sui nostri schermi, mentre dell’unica guerra che si sa in corso, ma che viene totalmente ignorata, è quella dei resistenti nel Donbass, da otto anni sotto attacco e ora soccorsi da unità russe.


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David Harvey: L’invasione russa segna una svolta nell’ordine mondiale

sbilanciamoci

L’invasione russa segna una svolta nell’ordine mondiale

di David Harvey

Non è vero che dal ’45 abbiamo vissuto in pace. Ma allora l’inclusione di Germania e Giappone nel consesso mondiale raffreddò i conflitti. Invece l’umiliazione di Russia e Cina, insieme a keynesismo militare, brutali ricette di austerity e una Nato aggressiva a est hanno aggravato il quadro

guerraeifieLo scoppio della guerra vera e propria con l’invasione russa dell’Ucraina segna una profonda svolta nell’ordine mondiale. Come tale non può essere ignorata dai geografi che sono riuniti (ahimè su Zoom) nella nostra conferenza annuale, e offro alcuni commenti da non esperto come base per la discussione. 

C’è il mito che il mondo sia stato in pace dal 1945 e che l’ordine mondiale costruito sotto l’egemonia degli Stati Uniti abbia funzionato per contenere le tendenze verso la guerra degli stati capitalistici in

competizione tra loro. Dopo il 1945, la competizione interstatale in Europa che ha prodotto due guerre mondiali è stata ampiamente contenuta, e la Germania occidentale e il Giappone sono stati pacificamente reincorporati nel sistema mondiale capitalista (in parte per combattere la minaccia del comunismo sovietico). In Europa sono state create nuove istituzioni per la cooperazione internazionale, come il Mercato comune, l’Unione Europea, la NATO, l’euro. Ma dopo il 1945 di guerre “calde” (sia civili che tra Stati) ce ne sono state in abbondanza, a partire dalle guerre in Corea e in Vietnam, seguite dalle guerre jugoslave con il bombardamento della Serbia da parte della NATO, dalle due guerre contro l’Iraq (una delle quali è stata giustificata da palesi bugie dagli Stati

Uniti sul possesso di armi di distruzione di massa da parte dell’Iraq), dalle guerre in Yemen, Libia e Siria. 

Fino al 1991, la Guerra fredda ha fatto da sfondo al funzionamento dell’ordine mondiale. È stata utilizzata per vantaggi economici dalle grandi imprese Usa che costituiscono quello che il presidente Eisenhower molto tempo fa definì “il complesso militare-industriale”.


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Maurizio Vezzosi: Ora in Ucraina si giocano gli equilibri del mondo

lafionda

Ora in Ucraina si giocano gli equilibri del mondo

di Maurizio Vezzosi

Fino a poche settimane, o addirittura fino a pochi giorni fa, la Russia appariva ancora disposta al negoziato e restia a ricorrere all’uso della forza. Persino la popolazione di Donetsk e Lugansk come quella di gran parte dell’Ucraina stentava a credere ad un epilogo di questo genere: un epilogo che costituisce forse il picco massimo di conflittualità conseguente al disfacimento dell’Unione Sovietica.

La presa di posizione con cui lunedì 21 febbraio Vladimir Putin si è rivolto alla nazione – e al mondo – riconoscendo ufficialmente le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk ha scritto una pagina della storia del nostro tempo. Oltre ad annunciare quello che si sta consumando in queste ore, la decisione del Cremlino ha implicazioni molto più ampie e profonde della questione ucraina in quanto tale o della contingenza specifica.

Sin dal 2015 Mosca aveva rinunciato ad ogni forzatura rispetto al Donbass, considerando ufficialmente territorio ucraino il territorio sotto controllo degli insorti, ossia sotto il proprio indiretto ed ufficioso controllo.


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Pasquale Cicalese: Gli USA, dopo il fronte sud, bloccano il fronte est della Via della Seta

pianocontromercato

Gli USA, dopo il fronte sud, bloccano il fronte est della Via della Seta

di Pasquale Cicalese

Non mi addentro nelle tematiche della guerra, voglio fare un’altra considerazione. Nei siti cinesi durante l’ultimo anno e mezzo si dava conto dell’esplosione dei transiti ferroviari, anche a seguito del boom dei prezzi dei noli marittimi, tra la Cina e l’Europa. Il mercato era arrivato a valere il 14% dell’intero interscambio Cina Europa. Il transito passava per la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina, per poi arrivare a Duisburg, Germania, dove c’è uno snodo merci fondamentale per l’intera Europa. La stessa Italia era arrivata a programmare transiti ferroviari con la Cina, attraverso lo snodo di Melzo, in Lombardia. Il transito ferroviario suggellava l’asse Germania ,Russia Cina, un asse commerciale ma che aveva ricadute politiche visto che era criticato dagli Stati Uniti. Non solo gli Usa, inglobando l’Ue nella guerra con la Russia, hanno bloccato North Stream, non solo ci saranno sanzioni che colpiranno la Russia e come un boomerang l’Ue, ma lo stesso interscambio ferroviario con la Cina si bloccherà con conseguenze gravi per gli esportatori europei. Certo, c’è il mare, ma il costo dei noli marittimi è esplosivo da due anni e molti piccoli operatori non se li possono permettere. Viene dunque bloccato il fronte Est.


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Wu Ming: Una dichiarazione – politica e di poetica – sul virus del militarismo nel corpo sociale

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Una dichiarazione – politica e di poetica – sul virus del militarismo nel corpo sociale

di Wu Ming

Nei nostri due libri del 2015 Cent’anni a Nordest e L’invisibile ovunque riflettevamo, con gli strumenti dell’inchiesta e della letteratura, sul centenario della Grande Guerra e su come l’Italia lo stava celebrando. Lo facevamo avendo in mente le guerre jugoslave degli anni Novanta, nonché alla luce del conflitto in Ucraina. Perché, conviene ricordarlo, in Ucraina la guerra c’è dal 2014.

La conclusione era che, cent’anni dopo la prima guerra mondiale, il nostro Paese e in certa misura l’Europa tutta avevano più che mai bisogno, e sempre più avrebbero avuto bisogno, di anticorpi antimilitaristi, di esempi di diserzione, di rifiuto di ogni intruppamento. Perché quella del continente sul cui suolo non si sarebbero più combattute guerre era una fòla e nient’altro.

Da anni ci occupiamo in vari modi dello “scacco” che ha subito storicamente l’antimilitarismo. Lo ha subito in occidente e in particolare in Italia, dove uno schieramento politico-culturale trasversale ha lavorato alacremente per spargere ovunque tossine nazional-patriottiche, autoritarie, militar-feticiste (quanto sono belle le Frecce Tricolori!), guerrafondaie.


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Patrick Boylan: Sei parole per riportare subito la pace

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Sei parole per riportare subito la pace

di Patrick Boylan

26243In tutte le piazze, i pacifisti hanno gridato “Stop War”, “Stop Putin”, ma di rado le sei parole che potrebbero davvero riportare subito la pace, “Stop all’espansione NATO all’Est!”, causa del conflitto. Sono parole che la NATO non vuole sentire. Ma con questo suo rifiuto, ci sta portando in guerra.

Il popolo della pace ha dato una bella risposta sabato scorso (26.2.2022) all’editorialista de La Stampa che lo aveva dato per disperso. In tutte le piazze d’Italia e in tantissime città nel mondo, i pacifisti sono spuntati fuori in centinaia di migliaia per gridare la loro opposizione al conflitto in Ucraina.

Due slogan sono prevalsi su tutti: “Stop War”, “Stop Putin”. Raramente, purtroppo, i pacifisti in piazza hanno aggiunto le sei parole che potrebbero invece riportare davvero la pace, e subito: “Stop all’espansione NATO all’Est!”. Perché è stato proprio l’annuncio dell’espansione della NATO in Ucraina – nonché l’aumento dei bombardamenti ucraini contro i russofoni del Donbass – che ha provocato la sciagurata risposta di Putin, il quale vede la prospettiva di missili nucleari NATO sulla propria frontiera come un coltello alla gola.

Ma la NATO sembra determinata a non ascoltare quelle sei parole e i nostri mass media appaiono altrettanto determinati a non citarle nei reportage, quando vengono effettivamente pronunciate nelle manifestazioni, come quella in piazza San Marco a Roma lo scorso sabato. Si direbbe che sono parole tabù. Per quale motivo?

Jens Stoltenberg, Segretario generale della NATO, spiega perché: la libertà dell’Ucraina a far parte dell’alleanza e a lasciar installare i missili NATO a testata nucleare sulla sua frontiera con la Russia, sarebbe una libertà “inviolabile”. Perciò, non importano le preoccupazioni che l’esercizio di tale libertà può suscitare in certi suoi vicini.


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2022-01-03 Hits 5983

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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Mar 6, 2022, 7:01:34 AM3/6/22
to sante gorini

Pasquale Cicalese: Benvenuti nel nuovo mondo

pianocontromercato

Benvenuti nel nuovo mondo

di Pasquale Cicalese

Capture decran 2022 01 12 a 14.01
              1536x796Tre giorni fa ho ospitato sul blog l’intervento dell’economista Guido Salerno Aletta sullla de-dollarizzazione. Articolo molto letto, secondo i canoni del mio piccolo blog, e che ha acceso un dibattito tra diverse persone su whattupp e con il telefono. Ho ritenuto perciò opportuno chiedere loro un contributo. I primi tre li pubblico oggi, probabilmente ce ne saranno altri. Il fine è aprire un dibattito anche tra voi lettori, che potete dire la vostra nella finestra dei commenti. E’ un articolo lungo, vi prego di prestare pazienza e attenzione. Ne vale la pena. Ecco i contributi.

* * * *

Duello&triello

di Roberto Sassi, filosofo e saggista

La guerra senza limiti comprende esiti frastagliati…La competizione interimperialistica, in un mondo multipolare, è un triello alla Sergio Leone, non un duello alla John Ford (Gattei docet). Nel duello vince chi spara per primo.Nel triello, chi spara per primo muore (cf. Il buono, il brutto e il cattivo). Questa situazione mette nell’angolo gli USA, che sono ancora la maggiore potenza militare mondiale. Per uscire dall’angolo, gli USA vogliono:

  • Costringere l’UE nella morsa atlantica
  • Bloccare la via della seta
  • Tornare al duello est-ovest

Così si capiscono 8 anni di temporeggiamento russo e la posizione defilata della Cina.


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Marco Bertolini: Il generale Marco Bertolini spiega cosa sta succedendo in Ucraina

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Il generale Marco Bertolini spiega cosa sta succedendo in Ucraina

Matteo Carnieletto intervista Marco Bertolini

 

Generale Marco Bertolini, fino a qualche settimana fa, sembrava impossibile che la Russia potesse invadere l’Ucraina. Sembrava che la diplomazia stesse lavorando sodo e pareva ci fossero, seppur flebili, spiragli di accordo tra le parti. Cosa è successo dopo?

Vorrei innanzitutto fare una precisazione: Occidente è un termine che preferirei non utilizzare in quanto improprio. Come può esser definita la Polonia? Occidente o oriente? L’errore di fondo è continuare a ragionare con lo schema della Guerra fredda, che prevede i concetti di Europa orientale e occidentale. Fatta questa premessa, bisogna tenere presente che, dalla caduta del Muro di Berlino, la Russia sente la frustrazione che caratterizza tutte le ex super potenze decadute, che sono costrette ad ingoiare bocconi amari. In particolare, Mosca si è vista strappare molti pezzi del suo ex impero, che sono passati, con armi e bagagli, dall’altra parte. Questa condizione di debolezza era stata accettata da Gorbachev e da Eltsin. Poi è arrivato Putin ed ha impresso una direzione diversa, ricostruendo innanzitutto l’amor proprio russo.


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Tanner Greer: Fermarsi davanti al precipizio

vocidallestero

Fermarsi davanti al precipizio

di Tanner Greer

ciglio del burroneIl pubblicista e ricercatore indipendente Tanner Greer, collaboratore di Foreign Policy, sul suo sito The Scholar's Stage, offre interessanti spunti di riflessione sul processo decisionale nella politica estera occidentale degli ultimi decenni, che gli appare come guidato più da imperativi moralistici che da lucide e dettagliate riflessioni razionali. Anche negli ultimi precipitosi eventi in Ucraina le decisioni politiche dell'Occidente sembrano più informate a giudizi di valore e al bisogno impellente di "fare qualcosa" che ad una attenta valutazione delle conseguenze delle proprie scelte. Certamente questo aspetto morale e valoriale delle decisioni politiche è e dovrebbe essere sempre presente. Il problema si pone - come pare in questo caso - quando ci si costruisce degli imperativi morali senza mantenere solide basi di realtà.

* * * *

La risposta occidentale all'invasione russa arriva con violenza e rapidità. Le azioni dell'UE, delle nazioni dell'Anglosfera e del Giappone sono sia straordinarie che consequenziali: diversi stati della NATO hanno sfacciatamente dichiarato la loro intenzione di armare le forze ucraine con armi convenzionali e di precisione e persino aerei militari. Lo spazio aereo europeo è chiuso a tutti gli aerei russi. Le capitali occidentali non hanno solo annunciato sanzioni agli oligarchi del Cremlino, ma anche restrizioni alla banca centrale russa. Le istituzioni russe vengono rimosse dal sistema SWIFT. I norvegesi, con una manovra che sarà sicuramente imitata, hanno scaricato tutti gli asset russi dal loro fondo sovrano. Olaf Scholz ha ripudiato in un discorso tutto l'ultimo decennio della politica energetica e di difesa tedesca. E ora si parla di far entrare Svezia e Finlandia nella NATO.


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Il Pedante: Fiat iustitia pereant immundi

ilpedante

Fiat iustitia pereant immundi

di Il Pedante

Volendo azzardare un commento su ciò che sta accadendo nel nostro Paese, non si saprebbe davvero da che parte incominciare. Forse dalla più urgente, da quella torpida sensazione di normalità che fa da sfondo agli eventi, da quell’ipnosi molle in cui la tragedia sfugge e sprofonda. Mentre spirano venti di guerra a oriente getto uno sguardo sulle macerie della guerra che imperversa da due anni in casa nostra, e raccolgo detriti a caso.

La scuola. Ragazzini bullizzati dalle maestre (!) perché non si sono lasciati iniettare una fiala, o per lo stesso motivo esclusi dall’aula. Altri messi ai domiciliari su segnalazione anonima, cioè privati della libertà personale senza processo come non si poteva più fare da circa ottocento anni. Perché c’era l’habeas corpus – c’era.

I docenti. Una settimana fa ha parlato in televisione un professore di medicina. Non so che abbia detto, ma il giorno dopo l’università per cui lavora ha fatto sapere al metamondo di Twitter che le parole del docente «non rappresentano il pensiero dell’istituzione» e ha annunciato «ulteriori azioni».


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Jack Orlando:  Il nuovo disordine mondiale /2: Tamburi di guerra

carmilla

 Il nuovo disordine mondiale /2: Tamburi di guerra

di Jack Orlando

ucrainaIl primo proiettile sparato da un tank di Mosca, non ha colpito il suolo d’Ucraina, o un suo soldato, ma è andato a impattare dritto contro la supponente quanto ingenua arroganza dell’Occidente nel credersi il padrone del mondo.

Ha mandato in frantumi quella certezza della NATO che nessuno, al di fuori di essa, può permettersi il lusso di invadere un paese sovrano e ridisegnarne gli scopi. La fine di quella certezza ha lasciato posto prima al panico, subito dopo al livore e si è messo in moto un ingranaggio pericoloso, alimentato a piombo e mania di onnipotenza.

Un intero mondo di musi gialli, di sporchi arabi, di dannati negri sta guardando il terribile sovrano occidentale schiaffeggiato sulla soglia di casa. Il rischio che i tremori europei si propaghino oltre il Vecchio Continente, decretando la fine definitiva del sistema-mondo a egemonia atlantica e dando il via a nuovi tentativi di disgregare l’ordine, è un rischio reale e gli amministratori della potenza occidentale non possono in alcun modo permetterlo.

Una vittoria della Russia, non sarebbe solo una sconfitta in Ucraina, sarebbe la fine di un primato di potenza e l’inizio di un mondo che le sfugge dalle mani.

È per questo che si continua a ripetere ossessivamente “Putin deve fallire”. È una questione di vita o di morte o, quanto meno, di irreversibile declino .

E non è diverso per il capo del Cremlino, ora che ha imboccato una via a senso unico contendendo alla NATO il monopolio dell’espansione imperialista: le alternative sono tra una vittoria militare con un conseguente (quanto difficoltoso ad oggi) cambio di status del paese invaso o di un compromesso vincente, oppure di un tragico tracollo per la Russia, ridimensionata definitivamente nel suo ruolo di potenza e relegata, bene che vada, ad un ruolo di subordine nello schema globale.


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Mikhail Lobanov - Ghennadi Zuganov: I comunisti russi tra manifestazioni contro la guerra e difesa delle popolazioni del Donbass

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I comunisti russi tra manifestazioni contro la guerra e difesa delle popolazioni del Donbass

di Mikhail Lobanov - Ghennadi Zuganov

C’è una seria discussione tra i comunisti russi, in particolare dentro il Partito Comunista della Federazione Russa, seconda forza politica del paese e promotore – da anni – della risoluzione alla Duma che ha portato al riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass. Pubblichiamo qui di seguito due interventi diversi.

Il primo è di Mikhail Lobanov un deputato del PCFR (Partito Comunista della Federazione Russa) che invita a mobilitarsi con maggiore determinazione per la pace e contro la guerra, anche andando in contrasto con il governo di Putin.

Il secondo è di Ghennadi Zuganov, segretario del PCFR che invece invita ad una maggiore determinazione nella difesa delle Repubbliche del Donbass e  critica le manifestazioni per la pace di non essersi mai  viste durante gli otto anni di guerra dell’Ucraina contro le popolazioni delle Repubbliche Indipendenti né di segnalare nelle manifestazioni i bombardamenti ucraini contro queste ultime.

E’ una discussione seria, come è seria la situazione, anche per chi vive e agisce politicamente in Russia.

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Alessandro Pascale: 2013: I nazisti al potere in Ucraina

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2013: I nazisti al potere in Ucraina

di Alessandro Pascale

[Testo tratto da A. Pascale, Il totalitarismo “liberale”. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale, La Città del Sole, Napoli 2018, pp. 109-114.]

Per quanto riguarda il caso ucraino tutto ha inizio sul finire del 2013. Il presidente ucraino Yanukovich e il suo governo si trovano ad un bivio, dovendo sostanzialmente scegliere la direzione strategica da far prendere al proprio Paese: da una parte l’integrazione con l’Unione Europea, dall’altra la collaborazione storica con la Russia. Tra il 30 novembre e il 17 dicembre Yanukovich rifiuta la proposta europea, impostata sostanzialmente sulle ricette tipicamente liberiste, e accoglie invece l’accordo con Putin, più vantaggioso economicamente (1). Apriti cielo. Yanukovich viene dipinto immediatamente come un dittatore che si oppone ai diritti, alla libertà e alla democrazia garantiti dall’Unione Europea. Yanukovich sicuramente non è Lenin né un santo, ma è quantomeno difficile definirlo dittatore, in quanto regolarmente eletto nelle elezioni del 2010, riconosciute dall’OCSE come «elezioni trasparenti» (2).


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Marinella Mondaini: Centrale nucleare di Zaporozije, la versione dei fatti che in Italia non può neanche essere detta

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Centrale nucleare di Zaporozije, la versione dei fatti che in Italia non può neanche essere detta

di Marinella Mondaini

Il presidente ucraino Zelenskij stamattina alle 5 ha pubblicato la notizia falsa dell’attacco “russo” alla centrale nucleare di Zaporozije e ha telefonato ai capi occidentali per metterli al corrente di questa “mostruoso atto” e sollevare altra isteria. Quello che è accaduto nella realtà invece è ben diverso: si tratta di una mostruosa provocazione, compiuta alle 2 di stanotte da un gruppo di sabotatori nazionalisti ucraini contro i militari della Guardia azionale russa in pattugliamento del territorio protetto adiacente la centrale nucleare di Zaporozije, non lontano da uno dei reattori.

La propaganda ucraina ha raccontato che è stata bombardata dai russi e la notizia è stata subito raccolta dai media statunitensi ed europei. I militari ucraini hanno deciso di giocare alla guerra lungo le mura della più grossa centrale nucleare d’Europa che ha ben 6 reattori. Hanno portato i carri armati e i complessi missilistici Grad e dall’edificio del Centro di Addestramento (che ha diversi piani) situato al di fuori del perimetro della centrale nucleare, hanno aperto il fuoco contro i militari russi. In conseguenza a ciò si è scatenata una battaglia e gli ucraini, prima di scappare dall’edificio gli hanno dato fuoco. Solo grazie al comportamento eroico dei militari russi e anche al buon senso delle autorità della città, è stato scacciato il gruppo dei sabotatori ucraini e sono stati fatti passare i camion dei vigili del fuoco per spegnere l’incendio.


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Antiper: Tra aggressori e aggrediti nella guerra russo-ucraina

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Tra aggressori e aggrediti nella guerra russo-ucraina

di Antiper

Si dice che nell’attuale conflitto russo-ucraino sia doveroso parteggiare per l’Ucraina in quanto paese aggredito. Si tratta di un approccio che risulta molto spontaneo, ma anche problematico quando assolutizzato. Facciamo un esempio: in Via Rasella, nel 1944, avremmo dovuto parteggiare per i soldati tedeschi (che erano gli aggrediti) e non con i partigiani italiani (che erano gli aggressori)? Evidentemente no. Si dirà: i partigiani attaccavano perché erano stati attaccati. Precisamente.

Per capire qualcosa dell’attuale situazione in Ucraina non è possibile fermarsi al dato di fatto inoppugnabile che Putin ha dato il via all’invasione dei territori ucraini perché questo attacco non è solo il punto di partenza di una storia (e di una guerra) ma anche il punto di arrivo di un’altra storia (e di un’altra guerra, iniziata nel 2014 e che ha visto il governo ucraino uccidere migliaia di altri ucraini delle zone ribelli del Donbass). Già questo ci pone un problema: perché l’Ucraina aveva il diritto di separarsi politicamente dalla Russia in nome del diritto all’auto-determinazione mentre le regioni del Donbass o la Crimea non avevano il diritto, in nome del medesimo principio, di separarsi politicamente dall’Ucraina o unirsi politicamente alla Russia?


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Giovanna Cracco: Pólemos è padre di tutte le cose

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Pólemos è padre di tutte le cose

di Giovanna Cracco

Cinque giudici del CGA siciliano ripercorrono le problematiche che ruotano intorno alla campagna vaccinale Covid e chiedono dati scientifici al governo: l’obbligo potrebbe arrivare davanti la Corte costituzionale, mentre la politica si muove in (apparente) stato dissociativo legiferando discriminazioni e un Green Pass permanente

hiuywsdf56“La politica non è un asilo: in politica obbedire e appoggiare sono la stessa cosa.”

Il 6 gennaio scorso il governo Draghi decreta l’obbligo vaccinale Covid 19 per i cittadini di età superiore a cinquant’anni: riguarda non solo le due dosi della “vaccinazione primaria” ma anche il cosiddetto booster, e si traduce in sospensione dall’impiego senza retribuzione per i lavoratori non in regola con la vaccinazione e privi del Green Pass da guarigione. Il provvedimento è chiaramente spinoso dal punto di vista costituzionale – lo vedremo – e sociale – per la fase pandemica nel quale si colloca, al di là della questione no vax – ma il presidente del Consiglio non ritiene di dover argomentare la decisione; lo farà solo quattro giorni dopo, aggiungendo le scuse per aver “sottovalutato le attese per una conferenza stampa”. Noblesse oblige titolano i principali media italiani (“Draghi si scusa”), incapaci (o servili al punto da diventarlo) di riconoscere l’arroganza del potere quando sorride e ha modi garbati; quell’arroganza che ritiene di poter decidere senza dover dare alcuna spiegazione. A sua discolpa, dobbiamo tuttavia riconoscere che Draghi non è abituato a vestire l’abito del politico: nulla gli è più alieno del concetto di ‘rappresentanza del popolo’. E probabilmente considera la Costituzione un vetusto fardello inadeguato alle attuali esigenze dei mercati globali e del sacro Pil.

Iniziamo a entrare nelle questioni.

 

C’è un giudice a Palermo

È innegabile che quei crimini furono commessi nell’ambito di un ordine ‘legale’, e che anzi fu questa la loro principale caratteristica.”


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Pino Arlacchi: "La strada del negoziato è obbligata. Ed è nelle mani dell’Europa"

lantidiplomatico

"La strada del negoziato è obbligata. Ed è nelle mani dell’Europa"

di Pino Arlacchi

La guerra, dice la Carta delle Nazioni Unite, è la maledizione dell’umanità. Non esistono guerre giuste o sbagliate, ma solo carneficine più o meno riuscite. In circostanze estreme, quali l’autodifesa o la protezione da genocidi e stermini, continua la Carta con il suo articolo 51, è necessario l’uso della forza, anche militare, autorizzato dal Consiglio di sicurezza.

Da ex-dirigente ONU, quindi, non posso approvare quanto la Russia sta facendo all’ Ucraina da qualche giorno. Mosca è passata da una forma di autodifesa dalle minacce NATO, perpetrate direttamente o tramite il governo ucraino, ad una guerra vera e propria, da condannare senza se e senza ma. Ora c’è il rischio che lo scontro finisca con l’assomigliare alle feroci campagne NATO contro la Serbia, l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan, costate centinaia di migliaia di vittime.

Per rimanere nel campo della legalità internazionale, l’attacco si sarebbe dovuto fermare alla distruzione delle infrastrutture militari ucraine, e doveva essere seguito da un cessate il fuoco e da un negoziato. La sua trasformazione in una guerra è stato un grave errore, favorito peraltro dall’ondata di russofobia che si è scatenata in Europa.


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Rostrum, Comzanros: Uno contro cento

circolointernazionalista

Uno contro cento

L’internazionalismo alla prova dei fatti in Ucraina

di Rostrum, Comzanros

collage 20220303
            220921La marea sale, il vento soffia, per molti è dura mantenere la fermezza di una posizione coerentemente internazionalista, ammesso che l’abbiano mai avuta. Ne siamo mortificati, ma non cederemo di un millimetro di fronte ai tentativi di mettere l’internazionalismo proletario in una falsa posizione, per giustificare l’incapacità di reggere l’urto delle trombe assordanti, non della realtà – si badi bene – ma della propaganda di guerra e del conseguente sentire diffuso.

In generale, tra i sofismi e le sottigliezze con cui finora si è argomentato contro le dichiarazioni internazionaliste – quelle autentiche, senza “se” e senza “ma” – il trait d’union è sempre stato quello di mettere, di fronte all’evento guerra imperialista, la divisione sociale, la lotta di classe, “tra parentesi”.

Siamo tutti internazionalisti – ci mancherebbe – “ma” di fronte ad un’aggressione imperialista e all’invasione del proprio territorio l’appello all’unità internazionale della classe operaia deve cedere il passo ad un ritorno in prima linea della “questione nazionale”, che si tratti del Donbass oppresso o dell’Ucraina occupata. Lo spazio per la lotta di classe si aprirà “in un secondo momento”, prima viene la lotta dei “popoli” per la loro indipendenza, autodeterminazione, ecc. Niente di nuovo, dal 1914 ad oggi.

Ma abbiamo letto anche di peggio.

C’è stato chi ha agito in maniera più ambigua – e perciò più pericolosa – provando ad aggirare l’obiezione fondamentale di qualunque internazionalista degno di tale nome: la divisione sociale, la lotta di classe non è mai “tra parentesi”, né graffa, né quadra, né tonda.


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Michele Castaldo: Il caos capitalistico riflesso in Ucraina

lacausadellecose

Il caos capitalistico riflesso in Ucraina

di Michele Castaldo

Ivan Vladimirov escort of prisonersI fatti di questi giorni non sono un fulmine a ciel sereno, Putin avrebbe perso all’improvviso i lumi della ragione e ha deciso di scatenare la guerra contro l’Ucraina, come si tenta di far credere, oppure per la sete espansionistica che mirerebbe a restaurare il vecchio impero zarista. Le cose sono molto più semplici e molto più complicate al tempo stesso.

Che si cerca di accerchiare la Russia attraverso la Nato fino ai confini ucraini, dovremmo ricordare che ci sono stati accordi firmati dalle potenze occidentali con la Russia all’indomani dell’implosione dell’Urss. E in quegli accordi si stabiliva che la Nato non avrebbe dovuto raggiungere i confini con la Russia, e in modo particolare attraverso l’Ucraina. Accordi, scritti e firmati, non chiacchiere. Dopodiché la Nato, ovvero gli Usa e le maggiori potenze economiche europee hanno risucchiato uno a uno tutti i paesi che si erano liberati dall’orbita sovietica, in modo particolare a Est, ma anche a Nord. E la Russia ha subito.

Vogliamo essere oltremodo chiari: le repubbliche che si sono liberate dall’influenza della ex Urss non lo hanno fatto esclusivamente su ordine dei comandi occidentali, lo hanno fatto anche perché attratti dalle luci scintillanti dell’Occidente. Dunque le Repubbliche baltiche, la Polonia, la stessa Ucraina, la Romania, l’Ungheria abbandonarono una nave ritenuta ormai in via di affondamento, e per aspirare a uno sviluppo autoctono della propria economia incominciarono a occhieggiare con l’Occidente e l’Occidente accolse volentieri nel suo seno nuove possibilità di mercato e un nuovo proletariato da sfruttare. Altrimenti detto: nuova linfa per rilanciare l’insieme del modo di produzione capitalistico che mostrava qualche affanno proprio lì nel suo cuore pulsante.


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Sirio Zolea: Conflitto russo-ucraino: essere per la pace significa adoperarsi per una piena neutralità dell’Italia

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Conflitto russo-ucraino: essere per la pace significa adoperarsi per una piena neutralità dell’Italia

di Sirio Zolea

banksyPeaceQuella era un’epoca così gaia! La morte intrecciava già le sue mani ossute al di sopra
dei calici da cui bevevamo. Noi non la vedevamo, non vedevamo le sue mani.
Joseph Roth, La cripta dei cappuccini

L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, si legge nell’art. 11 della nostra Costituzione. Traducendo in legge un saggio approccio di politica estera italiano, con cui per decenni governanti di ben altro spessore di quelli di oggi avevano praticato questo fondamentale principio costituzionale, il legislatore del 1990 (legge n. 185) aveva, tra l’altro, escluso in generale l’esportazione e il transito di materiali di armamento verso i Paesi in stato di conflitto armato. Ecco che, peraltro senza un minimo di dibattito nel corpo diffuso del Paese, sotto l’impulso di un sistema mediatico colto da qualche giorno da un parossismo di frenesia bellicista, il Governo decide di indossare l’elmetto e, in un Consiglio dei Ministri estemporaneo, decide nientemeno che di derogare, tra l’altro, alla suddetta legge (e, aggiungerei, di fatto, alla Costituzione) per autorizzare la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina (decreto-legge n. 16 del 28 febbraio 2022). Perché, in nome del cielo? Possibile che l’unica sirena che riesce a farsi sentire sia quella dell’industria degli armamenti, mentre il vicolo cieco di sanzioni alla Russia e aiuti militari all’Ucraina si annunzia come la pietra tombale per un numero impressionante di imprese italiane che stavano appena iniziando a intravedere l’alba dopo i disastri dell’epidemia?


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Federico Dezzani: Considerazioni sulla prima settimana di guerra russo-ucraina

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Considerazioni sulla prima settimana di guerra russo-ucraina

di Federico Dezzani

A distanza di una settimana dall’inizio delle operazioni russe in Ucraina, è tempo di stilare le prime considerazioni sul conflitto che sancisce l’inizio di una nuova era. Se è ancora troppo presto per le osservazioni di carattere militare, c’è molto da dire invece sull’assetto internazionale e sugli effetti economici-finanziari

La settimana che ha cambiato il mondo.

Sette giorni sono passati da quando, alle prime luci del 24 febbraio 2022, la Russia ha avviato la sua “operazione speciale” in Ucraina: sette giorni che hanno impresso l’accelerazione definitiva a quelle dinamiche geopolitiche che abbiamo sempre messo in luce in questi ultimi, convulsi, anni. Nel momento in cui l’articolo viene scritto, si sa che le forze russe hanno circondato Charkov ed un’analoga manovra di accerchiamento è in corso a Kiev. I successi più eclatanti sono certamente quelli riportati sul fronte meridionale, dove i russi sono riusciti a creare un ponte terrestre con la Crimea (con la sola esclusione di Mariupol, ancora sotto assedio) e a riallacciare la penisola al Dnper, riaprendo i cruciali canali d’acqua dolce. La recentissima conquista di Kherson, sulla foce del Dnepr, lascia supporre che in prospettiva i russi vogliano ricongiungersi alla Transnistria, via Odessa: si verificherebbe così lo scenario inizialmente ipotizzato di un’Ucraina nazionalista (con capitale Leopoli), senza accesso diretto al mare, mentre nella parte sud-orientale del Paese nascerebbe una repubblica filo-russa (con capitale Kiev, città di frontiera?).


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Francesco Galofaro: Ucraina: eclissi della ragione

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Ucraina: eclissi della ragione

di Francesco Galofaro, Università di Torino

Ho passato il fine settimana a Tallinn, in Estonia, per un convegno. Al ritorno ho trovato un’Italia profondamente cambiata. Nel volgere di una manciata di ore, l’indignazione contro la guerra si è trasformata in interventismo, ovvero nel proprio contrario. Ma l’albero si riconosce dai frutti: può un albero buono dare frutti cattivi? Così ha detto un tempo qualcuno di cui, nella confusione, non riesco più a ricordare il nome. All’emergenza umanitaria che ha colpito la popolazione e i profughi l’Unione europea non risponde inviando farmaci né cibo, ma armi. I telegiornali mettono in scena l’«eroica resistenza del popolo ucraino», inneggiano a soldati eroici che si fanno esplodere pur di non arrendersi, mostrano bambini coi kalashnikov, giovani sorridenti che nei cortili di orrendi condomini svuotano bottiglie di wodka per fabbricare molotov, profughi adolescenti che vorrebbero tornare in Ucraina a combattere fino alla morte. Vogliamo davvero vendere le nostre mine antiuomo agli ucraini, così che minino il proprio stesso Paese?


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Geraldina Colotti: Blocco di RT e Sputnik: l'UE censura l’informazione

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Blocco di RT e Sputnik: l'UE censura l’informazione

di Geraldina Colotti

“Fermiamo la macchina dei media del Cremlino. Russia Today e Sputnik, controllati dallo stato russo, e le loro affiliate, non potranno più diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Vladimir Putin e seminare la divisione dell'Unione". Lo ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una conferenza stampa a Bruxelles.

L'alto rappresentante Josep Borrell, per giustificare il divieto di trasmissione nella UE, imposto a Rt e Sputnik, ha usato parole ancora più dure. Ha detto "Si deve schiacciare la testa al serpente".

Un bel modo di difendere il pluralismo e la libertà di opinione di cui si riempiono la bocca i governi europei. Come abbiamo visto e continuiamo a vedere rispetto al Venezuela, c'è una poderosa rete di complicità tra questa Europa dei banchieri e le corporations che pilotano i flussi mediatici, essendo l'informazione una merce che risponde al grande capitale internazionale

E così, come scrive il Washington Post, Twitter ha annunciato oggi che inizierà a bloccare i tweet che rilanciano i collegamenti ai media statali russi o ai media legati al Cremlino, utilizzando i tag arancioni. Questi tag sono stati utilizzati in passato per segnalare notizie false sulla pandemia di Covid e ora appariranno in qualsiasi tweet che includa un collegamento a siti di media statali russi.


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Enrico Euli: Ti armo

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Ti armo

di Enrico Euli

L’Occidente parla di negoziati e di pace ma arma gli ucraini e si riarma. Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla. Questo è purtroppo è il pacifismo dei bellicisti. Ma se fossimo non violenti solo verso chi è pacifico, chiede con coraggiosa lucidità Enrico Euli, dove starebbe la nonviolenza? Intanto, “in continuità con il totalitarismo ideologico mostrato nella pandemia, si procede – sul fronte interno – a criminalizzare tutti coloro che non stanno apertamente dalla nostra parte…”

* * * *

Mentre blatera di negoziati e invoca la pace, l’Occidente arma gli ucraini e si riarma. La Germania stanzia 100 miliardi per rafforzare il suo esercito (ce ne ricorderemo quando sorgerà un nuovo Hitler?). L’Europa non si scompone nell’utilizzare i suoi “Fondi per la Pace” per fornire “armi letali” ai difensori di Kiev. Volodymyr Zelenski invita a costituire una Coalizione contro la Guerra, per proseguire a farla. Orwell realizza compiutamente il suo incubo neolinguistico.

Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla, contano solo le azioni e i fatti (compiuti).


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Fosco Giannini: Guerra, "pacifisti" e anti-imperialisti

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Guerra, "pacifisti" e anti-imperialisti

di Fosco Giannini, direttore di "Cumpanis"

720x410c5nweibDa sempre, la guerra imperialista è "la potenza in sè" che determina le due opzioni fondamentali (e tertium non datur, come per sempre ha insegnato la logica aristotelico-scolastica del "terzo escluso"): quella malsana delle forze ideologicamente e a volte - solo a volte - inconsapevolmente subordinate all'imperialismo e l'opzione conseguentemente antimperialista, rivoluzionaria, libera da ogni retaggio della weltanshauung capitalista.

E, da sempre, la guerra imperialista è lo spartiacque tra le forze "kautskiane", che continuamente, dalla Seconda Internazionale in poi, si ripresentano tra le file del movimento operaio, e le forze che, organizzando il loro pensiero innanzitutto attorno al cardine dell'antimperialismo, possono comprendere la fase, la natura delle forze in campo e in virtù di ciò possono saper stare da una parte della barricata. Ricordando il monito di Lenin: "Chi non sta da una parte della barricata è la barricata".

Oggi è innanzitutto il tempo, di fronte alla drammatica crisi russo - ucraina, di fronte alla potenza di fuoco del mastodontico apparato mediatico occidentale che ha la funzione che negli antichi eserciti aveva la cavalleria, che attaccava ai fianchi l'esercito nemico, del ripristino dell' opzione conseguentemente antimperialista, della verità.

Sant'Agostino affermava che l'uomo può giungere gradualmente alla verità solo avvicinandosi alla propria anima e più le si accosterà più essa sarà illuminata dal Verbo di Dio.

Se sostituiamo al Verbo di Dio la coscienza di classe e la piena consapevolezza antimperialista, sapremo come trasformare un'anima confusa (quella del gruppo dirigente di Rifondazione Comunista?) in un'anima illuminata dalla verità.


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Giovanni Iozzoli: Occidentali’s Karma

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Occidentali’s Karma

di Giovanni Iozzoli

E adesso parliamo un pò di sovrastruttura, che tra gas e swift non se ne puo più! (scherzo, eh: senza parlare di gas non si capisce niente dell’Ucraina; l’importante è non fermarsi a quello…)

In ogni teatro di guerra – mai definizione fu più pertinente, perchè ogni conflitto bellico è anche un grande allestimento scenico –, la costruzione retorica dei due campi avversi, quello glorioso e nobile dell’alleato e quello mostruoso e barbaro del nemico, è operazione bellica di primissimo piano. E questo fin dall’antichità – quando narratori, poeti, teologi e artisti venivano arruolati sui due fronti, come oggi lo sono gli operatori dell’informazione e della “cultura”. Le menzogne e le mitizzazioni diventano un elemento naturale del racconto e gli addetti ai lavori presidiano i rispettivi campi come trincee: è così che il TG2, in un eccesso di zelo, manda in onda la clip di un videogioco spacciandola per i cieli di Kiev; e se qualche eroico “partigiano” del battaglione Azov inalberasse uno stendardo con la svastica, il pudore giornalistico certo si rifiuterebbe di mostrarlo; così come le vittime russe o russofone del Donbass appartengono, dal 2014, ad una umanità minore, non degna di racconto, nè di tutela, automaticamente arruolata d’ufficio nel campo della nemicità.


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Franco Romanò: La critica del marginalismo nelle lezioni

poliscritture

La critica del marginalismo nelle lezioni

di Franco Romanò

fisiocraticiLasciamo di nuovo Neri Salvadori e Kurz, per ritornare allo Sraffa degli anni ’20. Proseguendo nella disamina dei marginalisti, Le Lezioni mettono in evidenza anche le differenze che esistono fra le diverse scuole: Marshall, in particolare, riprende anche alcune delle argomentazioni di Ricardo. Ciò che mi sembra rilevante, sono però le conclusioni cui egli approda e dalle quali inizia il suo affondo nei confronti della teoria e ancora una volta Sraffa sceglie, in questo come in altri passaggi, la strategia comunicativa della critica indiretta. Affida a Petty quello che lui stesso in fondo pensa e cioè che i sentimenti non giocano alcun ruolo nel determinare il costo di produzione, qualunque sia la nozione di costo che si decide di adottare e gli contrappone subito, pur senza entrare nel merito, la concezione soggettivistica di Marshall, poi così prosegue:

… Comincerò paragonando … il costo di produzione secondo W. Petty e i Fisiocratici e secondo la concezione di Marshall. Prima di entrare nel vivo della materia, tuttavia, c’è un punto da chiarire. Dovrò parlare spesso della concezione che i vecchi economisti avevano del costo come se essi possedessero una nozione chiara e accuratamente definita del medesimo. In realtà questo non è vero. Fino a tempi recenti, il costo non è stato considerato dagli economisti come una categoria indipendente – di solito veniva confuso e spesso identificato, con il valore o il prezzo. Persino Ricardo, quando si domanda “se l’affitto entri o meno nel costo di produzione” egli affermava che “l’affitto non è una reale misura del valore”… Mescolando in questo modo diversi problemi che noi oggi consideriamo interamente distinti, soltanto raramente vediamo usata da loro un’espressione come “costo di produzione”: perciò dobbiamo sempre essere all’erta sul pericolo di leggere nei classici non tanto ciò che davvero hanno scritto ma ciò che ci piacerebbe che avessero scritto.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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Andrea Fumagalli: Prove di dispotismo italiano

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tonino

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Mar 9, 2022, 1:55:53 PM3/9/22
to sante gorini

F. B.: Sull’utilità (o la futilità) degli appelli internazionalisti contro la guerra in Ucraina

sinistra

Sull’utilità (o la futilità) degli appelli internazionalisti contro la guerra in Ucraina

di F. B.

Gli appelli alla diserzione, al disfattismo, al sabotaggio della guerra su entrambi i fronti, lanciati in questi giorni da più parti, sono certamente l’unica posizione sostenibile, da un punto di vista di classe. Sono dunque encomiabili e condivisibili – e certo molto più degni dell'antimperialismo a senso unico di coloro che si sentono ogni volta in dovere di sostenere l'imperialismo "più debole". Questo, per lo meno, in linea di principio. Ma tali appelli rischiano di essere, nella sostanza, se non "ideologici" del tutto sterili. Le ragioni, essenzialmente, sono due, ma si riducono in realtà a una soltanto:

1) Non esiste, oggi, a differenza del 1914, un movimento operaio organizzato – inteso come insieme di istanze politiche e sindacali di una classe operaia che si percepisce come entità sociale distinta, avente interessi distinti (almeno in parte) dalle altre classi – a cui rivolgerli. Ci troviamo, viceversa, in una situazione molto più simile a quella del 1939, quando il proletariato rivoluzionario, nei paesi in cui si era manifestato, era stato già da tempo sconfitto – i suoi tentativi insurrezionali schiacciati nel sangue da governi democratici e persino socialdemocratici – e il movimento operaio riformista spazzato via (Germania, Italia) o definitivamente integrato nello stato capitalistico.


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Nico Maccentelli: La guerra imperialista è la realtà del capitalismo

nicomaccentelli

La guerra imperialista è la realtà del capitalismo

di Nico Maccentelli

02d8012e1db1554c5c16460f67368f3a XLUna realtà sempre possibile, che la deterrenza nucleare del secondo dopoguerra aveva mitigato verso crisi geopolitiche locali, guerre per procura e conflitti limitati. Ma che oggi nasce da due tendenze contrapposte insite nel modo di produzione capitalistico e delle sue formazioni economico-sociali, nei suoi capitalismi (come La Grassa definisce il sistema mondo): la tendenza a imporre un sistema mondo unipolare da parte degli USA e del suo blocco di potenze imperialiste alleate e vassalle… e la crescita di un multipolarismo che è già nei fatti, d parte di neopotenze capitaliste come la Cina, la Russia, l’India e altri attori minori ma con uno sviluppo economico e sociale molto veloce.

Questa contraddizione nasce poi dalle crisi economiche che ciclicamente investono l’intero modo di produzione capitalistico con sovrapproduzione di capitali, quindi la valorizzazione del capitale stesso nella caduta tendenziale del saggio di profitto. Un andamento che ormai ha una sua ciclicità strutturale e che si manifesta con l’ipertrofia finanziaria e l’esplosione di bolle speculative sempre più devastanti.

E’ in questo quadro che si innesca il conflitto ucraino, determinato essenzialmente dall’espansionismo della NATO a est (disattendendo gli accordi fatti nel dopo URSS: non un pollice di allargamento), che pone sotto minaccia nucleare diretta la Russia, potenza ricostituita con un forte dispositivo tecnologico militare.


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Pierluigi Fagan: Capitan Ucraina

pierluigifagan

Capitan Ucraina

di Pierluigi Fagan

immagine 2022 03 05 225803L’attore comico milionario ucraino, arrivato al potere con un partito che era la casa di produzione di un serial televisivo da lui finanziato, prodotto, scritto, diretto ed interpretato dove lui diventava presidente, oggi circondato da giovanotti che sembrano nazisti nazionalisti ma non lo sono, che in certi video pubblici di poco tempo fa tirava su il naso e spalancava gli occhi serrando la mascella senza per questo essere cocainomane, è diventato il nuovo eroe Marvel ed ora conduce fiero l’ennesima puntata del Bene contro il Male. Ma questo non è un film e voi non siete solo gli spettatori.

Ha coscritto la popolazione maschile che ha accompagnato le proprie mogli e figli alla partenza salutandole forse per l’ultima volta. Abbiamo e sempre più avremo milioni di profughi, vedove e orfani, che l’ONU ci avverte creeranno problemi logistici al limite della risolvibilità non per nostra cattiva volontà, ma perché la logistica è la logistica e non si fa con le chiacchere. Ha spinto con le buone e con le cattive uomini civili ad andare contro uno degli eserciti più grandi e potenti del mondo con le molotov. Sta facendo distruggere materialmente grande parte del suo paese e mi fermo qui perché oltre si scade in ciò che non è evidente. Le stesse cose le ha dette padre Alex Zanotelli. Inonda di propaganda di guerra tutti i mezzi possibili, intrattenendosi con tutti i leader occidentali più volte al giorno, ricordandoci che guerra e radiazioni stano venendo da noi, manca poco, sempre meno, in un crescendo di paranoia indotta. Invoca invio armi, uomini, mezzi per il suo tragico Armageddon che non avrà alcun finale alternativo a quello che ogni analista militare conosce già dal primo giorno. Per cosa?


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Pasquale Cicalese: Fine del dollar standard

pianocontromercato

Fine del dollar standard

di Pasquale Cicalese

Pubblico qui di seguito altri tre contributi rispetto al dibattito suscitato dall’editoriale di Guido Salerno Aletta sulla de-dollarizzazione, una filosofa, un consulente d’azienda e un imprenditore. Oggi su Italia Oggi la bestemmia della de-dollarizzazione ha avuto spazio presso un economista che scriveva esattamente queste cose. Lo scontro tra potenze non so dove porterà, i tre contributi cercano di fornire un quadro della situazione. Non mi soffermo sulle tematiche militari, non è il mio campo, cerco di capire gli effetti socio-economici di tutto ciò. Di certo un mondo, iniziato con la fine degli accordi di Bretton Woods, sta per finire, l’asset inflation basata sul dollaro e pompata per 50 anni lascia il campo ad altre soluzioni. Mi chiedo, le confische avvenute per la Banca centrale russa o di miliardari russi nelle piazze anglosassoni ed europee, che effetti avrà? Siamo sicuri che in giro per il mondo chi ha denaro abbia ancora fiducia nel sistema finanziario occidentale? Anche queste sono domande da porsi. I contributi sono lunghi, vi chiedo pazienza, sono efficacissimi, basta avere un pò di pazienza e trarrete le vostre conclusioni, magari con commenti. Vi ringrazio dell’attenzione e vi auguro buon wwek end.

* * * *


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Anna Pulizzi: Guerra igiene dei folli

ilsimplicissimus

Guerra, igiene dei folli

di Anna Pulizzi

Se Lavrov avverte che una prossima guerra mondiale sarebbe nucleare, c’è da credergli. D’altra parte lo sapevamo già e la sua sembrerebbe un’uscita del tutto ovvia se non fosse in realtà un monito rivolto al mondo neuro-atlantico, insomma ‘non fate stupidaggini perché la posta in gioco è altissima, anzi definitiva’. E di affermazioni lapalissiane c’è bisogno in questi giorni poiché le cancellerie occidentali appaiono del tutto fuori di senno e incapaci di comprendere le conseguenze delle proprie azioni, mentre i mezzi d’informazione, se così possiamo chiamarli, sono caduti preda di un’isteria senza precedenti, al punto che non si capisce se sono le autorità a spingere tv e giornali a rendersi più ridicoli possibile o se invece è l’irrazionalità del latrato mediatico a fomentare le dichiarazioni ufficiali più deliranti.

Al di là delle operazioni belliche o dell’esito degli incontri tra i delegati delle parti in conflitto, l’aria che i governi occidentali intendono far respirare ai loro popoli è già da tempo aria di guerra, ma una volta messa in moto la macchina della propaganda bellicista è poi molto difficile spegnerla ed essa conduce quasi senza eccezioni al confronto militare, quello che Lavrov ammette non potersi limitare ad armamenti convenzionali.


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Fabrizio Poggi: La psicosi dei “valori occidentali” per giustificare l’escalation

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La psicosi dei “valori occidentali” per giustificare l’escalation

di Fabrizio Poggi

«E se, nonostante l’esperienza della prima guerra imperialista, i politici borghesi si aggrappano comunque alla guerra, come colui che sta per affogare a una pagliuzza, ciò significa che si sono completamente smarriti, sono finiti in un vicolo cieco e sono pronti a buttarsi a capofitto nel precipizio» (Stalin, Rapporto al XVII Congresso del VKPb)

Ho messo insieme alcuni, pochissimi episodi di cui posso testimoniare direttamente. Vedo purtroppo che non si tratta affatto di episodi isolati, bensì di sintomi del clima che si è già instaurato in Italia; ma non solo in Italia. Un clima solertemente alimentato da quanti, in nome dei «valori occidentali», di «libertà e democrazia» si sono consapevolmente messi sulla strada che conduce, (come si diceva un tempo) in ultima analisi alla propria definitiva liquefazione, ma che intanto prepara una condizione infernale per la classe operaia e le masse popolari italiane.

Oltre, naturalmente, a esporre il paese a pericoli mortali, finché gli interessi del grande capitale non decideranno che sia l’ora di finirla con la smania bellicista nei confronti di un centro del capitalismo internazionale con cui, a parte la concorrenza in determinati settori, si hanno legami solidi e stabiliti da molto tempo.


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Mario Lombardo: Ucraina, la crociata di Washington

altrenotizie

Ucraina, la crociata di Washington

di Mario Lombardo

L’intervento militare russo per “demilitarizzare” e “denazificare” l’Ucraina ha scatenato una gigantesca macchina della propaganda in Occidente che rivela sia l’importanza della posta in gioco nel conflitto sia la natura relativamente inaspettata per gli USA e l’Europa dell’operazione ordinata dal presidente Putin. La demonizzazione fino a ben oltre il limite dell’isteria di qualsiasi elemento politico, economico, culturale e addirittura sportivo legato alla Russia comporta di conseguenza un offuscamento totale delle vere ragioni degli eventi di questi giorni, la cui responsabilità deve essere attribuita interamente agli alleati di Kiev e allo stesso regime ucraino.

Al di là del giudizio di merito sulla campagna autorizzata dal Cremlino, un’analisi anche approssimativa di quanto accaduto in Ucraina a partire dal golpe promosso da Washington e Berlino nel 2014 chiarisce come la soluzione militare in corso sia stata pressoché inevitabile. La cortina di fumo della propaganda di governi e media ufficiali negli Stati Uniti e da questa parte dell’Atlantico serve così in primo luogo a nascondere il disinteresse e, anzi, l’ostilità per una soluzione pacifica del conflitto, offerta dall’implementazione mai avvenuta degli Accordi di Minsk, per non parlare delle legittime richieste relative alla propria sicurezza presentate più recentemente dalla Russia come punto di partenza di un possibile negoziato.


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Pietro Salemi: Per il negoziato. Una transizione pacifica verso un mondo multipolare

lafionda

Per il negoziato. Una transizione pacifica verso un mondo multipolare

di Pietro Salemi

I fatti di questi giorni stanno portando il mondo a pochi passi da una catastrofe potenzialmente nucleare. Si sta scalando molto rapidamente una parabola conflittuale che, a partire da una guerra fratricida già in corso da ben 8 anni in Donbass (con ben 14.000 morti -tra cui almeno 4.000 civili- e oltre un milione e mezzo di sfollati) tende verso l’inimmaginabile epilogo di una Terza Guerra Mondiale.

Alla detestabile estensione ed acutizzazione del conflitto ucraino, scaturita dall’intervento militare diretto della Russia, l’occidente filo-statunitense ha scelto di rispondere a mano armata: nella sola giornata di ieri la UE ha deciso non solo di mettere in campo un ampio armamentario di sanzioni e strumenti ritorsivi (blocco selettivo su Swift, interdizione spazio aereo alla Russia, congelamento c/c russi in UE, censura preventiva sui media russi Sputnik e RT), ma ha anche ufficializzato un ingresso indiretto nelle ostilità militari, annunciando l’invio di armi letali (navi da guerra, caccia, carriarmati etc.) all’Ucraina.


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Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale /3: i discorsi della guerra

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Il nuovo disordine mondiale /3: i discorsi della guerra

di Sandro Moiso

mappa ucrainaSi è conclusa l’era della pace (Mateusz Jakub Morawiecki, primo ministro polacco – intervista al «Corriere della sera»)

Data per scontata la fine della pace illusoria che ha dominato il discorso politico degli ultimi decenni in Italia e in Occidente, a seguito degli avvenimenti degli ultimi giorni in Ucraina, occorre per meglio comprendere i reali sviluppi degli stessi esporre alcune considerazioni di carattere politico, economico e militare. In particolare sul concetto di guerra-lampo e sulla strategia militare russa; sul riarmo europeo e in particolare tedesco; sull’andamento delle borse che hanno premiato le industrie produttrici di armi o collegate al settore degli armamenti e, infine, sulle ritorsioni di carattere economico adottate dall’Occidente nei confronti della Russia putiniana e delle loro possibili conseguenze sul piano interno russo e su quello militare, guerra nucleare compresa. Compreso, last but not least, un sintetico commento sul linguaggio di guerra dei media di ogni parte coinvolta e di quelli occidentali in particolare.

Linguaggio, propaganda e guerra sono assolutamente indivisibili poiché mentre le esigenze dell’ultima rimodulano obbligatoriamente i primi due elementi, questi, a loro volta, foraggiano e rivitalizzano in continuazione la stessa. In un girotondo in cui i termini tecnici perdono il loro reale significato, distorto a scopo propagandistico, e l’emozionalità sostituisce la razionalità di qualsiasi discorso inerente ai fatti reali. In cui la costante denigrazione e demonizzazione del “nemico” avviene in un contesto in cui, come già affermava Hannah Arendt ai tempi della guerra in Vietnam e dei Pentagon Papers, la “politica della menzogna” è destinata principalmente, se non esclusivamente, ad uso interno e alla propaganda nazionale1.


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Fabrizio Marchi: Crisi russo-ucraina: facciamo un pò di chiarezza

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Crisi russo-ucraina: facciamo un pò di chiarezza

di Fabrizio Marchi

Qualsiasi persona seria minimamente informata e dotata di onestà intellettuale sa perfettamente che la guerra in Ucraina non è iniziata nove giorni fa con l’attacco russo ma otto anni fa, quando un colpo di stato promosso e finanziato dagli USA e dalla NATO con il supporto di forze politiche e milizie locali dichiaratamente naziste rovesciò il governo filorusso di Janucovich.

Da allora è cominciata una guerra contro le popolazioni russe e russofone del Donbass e della Crimea che hanno proclamato la loro indipendenza. Una guerra feroce, come tutte le guerre civili e fratricide dove le milizie naziste ucraine si sono contraddistinte per la loro brutalità. Fra le altre, il criminale rogo di Odessa, dove la casa dei sindacati fu data alle fiamme, decine di persone che erano all’interno morirono arse vive e dall’esterno i miliziani ucraini sparavano a chi tentava di fuggire.

Ma, se dobbiamo dirla tutta, la guerra, anche se non guerreggiata, è iniziata ancor prima, quando la NATO – che a rigor di logica e coerenza in seguito al crollo del blocco sovietico avrebbe dovuto se non sciogliersi o ridimensionarsi, quanto meno restare così come era – ha cominciato ad espandersi ulteriormente, naturalmente verso est, assimilando tanti paesi appartenenti all’ex Patto di Varsavia e repubbliche ex sovietiche, di fatto accerchiando la Russia.


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Giacomo Marchetti: L’invasione russa dell’Ucraina apre una nuova fase storica

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L’invasione russa dell’Ucraina apre una nuova fase storica

di Giacomo Marchetti 

invasione
            ucraina fase storicaL’inizio della cosiddetta Operazione Speciale del Cremlino in Ucraina è uno spartiacque per le relazioni internazionali.

Tale azione ha, ed avrà, conseguenze che complicheranno ulteriormente il difficile quadro di governance della crisi dell’attuale modo di produzione capitalistico, giunto ora ad un punto di svolta nella definizione di diversi blocchi contrapposti.

É chiaro che gli apprendisti stregoni che hanno portato a tale punto di macerazione le storture di questo sistema delle relazioni internazionali si stanno già adoperando per far ricadere sulle classi subalterne le proprie scelte scellerate, nel mentre alimentano uno sciovinismo guerrafondaio ed una guerra psicologica assolutamente preoccupante, e per certi versi inedita, a questi livelli.

Cercano di colmare con lo sciovinismo la strutturale mancanza di fiducia nell’operato delle élite, ma è un succedaneo che esprime la debolezza di chi ha perso da tempo la propria capacità egemonica.

Questo avviene in un contesto in cui le contraddizioni strutturali di questo sistema sembrano approfondirsi anziché risolversi: tendenza alla guerra, crisi ecologica, incapacità di assicurare uno sviluppo (anche scientifico) che appaghi i bisogni delle popolazioni, o quanto meno inverta il processo di immiserimento crescente, torsione autoritaria – non solo in Occidente – che annulla i processi di partecipazione democratica sulle scelte politiche di fondo e relativizza ancora ulteriormente il ruolo dei “corpi intermedi”.


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Norberto Fragiacomo: Il Diavolo, Annibale e la reazione “democratica”

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Il Diavolo, Annibale e la reazione “democratica”

di Norberto Fragiacomo

Mommsen
            p265Oggi è politicamente corretto, anzi obbligatorio, definire Vladimir Putin un pazzo e un brutale assassino e addirittura auspicare la sua soppressione fisica, come fanno schiere di pacifinti sui social network. Questa reazione isterica all’invasione dell’Ucraina non ha nulla di genuino, a parte l’ottusità dei tanti che in (inescusabile) buona fede la diffondono, prestandosi a un gioco infinitamente più grande di noi tutti le cui regole non sono state dettate dalla Russia.

E’ persino banale osservare che la Storia dell’umanità è stata scritta da grandi personalità amorali, che per raggiungere i propri obiettivi non hanno lesinato sofferenza e privazioni a masse di individui e popoli interi, sacrificati come pedoni su una scacchiera: in una nota del suo romanzo Annibale, lo scrittore tedesco Gisbert Haefs contrappone il protagonista ad Alessandro Magno, Cesare e Napoleone, evidenziando che solo il primo combatté per impedire la rovina della patria – e va perciò moralmente assolto – mentre gli altri condottieri citati meritano la taccia di criminali poiché, una volta dissoltasi l’iniziale ammirazione per l’obiettiva grandezza delle loro imprese, ci appaiono nelle vesti di conquistatori spietati. Su questo giudizio si potrebbe discutere, ma merita tenerlo presente dal momento che pure Annibale è tecnicamente un “aggressore”. Sono in molti tuttavia a sostenere che la sua fu in sostanza una guerra difensiva cui fu indotto dall’intransigenza di Roma che, ingerendosi nelle vicende spagnole, cercava lo scontro risolutivo – e lo ottenne, anche se per vincerlo e annientare la rivale dovette impegnarsi e soffrire più del previsto.


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Pierluigi Fagan: Sospendere l'uso pubblico della ragione

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Sospendere l'uso pubblico della ragione

di Pierluigi Fagan

La “società aperta” ha deciso di chiudersi. La società liberale va a polarizzarsi nella contraddizione delle sue stesse premesse.

L’ambasciatore italiano a Mosca, lì col chiaro mandato di favorire le relazioni commerciali bilaterali, ha avuto l’ardire di segnalare in una audizione parlamentare, il costo delle sanzioni per le nostre imprese su dati FMI. Un argomento che dovrebbe interessare una democrazia di mercato visto che parla di mercato, no? Dire questo è dire che non si dovevano elevare sanzioni? Credo che un ambasciatore navigato come Starace con un passato in Cina, USA, Giappone sappia qual è il suo limite ovvero dare informazioni, non suggerire decisioni. Ma la società aperta che amava definirsi anche società dell’informazione, ora scopre che le informazioni non piacciono, le informazioni disturbano le decisioni o per lo meno ne ricordano il prezzo. Non c’è nulla di male a sapere il costo delle decisioni, aiuta ad organizzarsi per poterle pagare o si pensa o si vuol far pensare che le decisioni ideali siano libere e gratuite?


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Istituto Onorato Damen: Sull’invasione russa (e americana?) dell’Ucraina

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              onoratodamen

Sull’invasione russa (e americana?) dell’Ucraina

di Istituto Onorato Damen

ap22063587790912 ucraina kievL’imperialismo contemporaneo è la più criminale forma di racket che ci sia mai stata nella storia del capitalismo e questa guerra lo conferma. Per fermare la guerra occorre un nuovo partito comunista e internazionalista.

Nel nostro tempo ogni guerra, anche se camuffata da guerra di religione o di liberazione nazionale, da guerra “umanitaria” per la difesa dei diritti umani e per il rispetto del diritto internazionale, e così via, è sempre un momento di quella guerra imperialista permanente che da decenni imperversa per il mondo intero, seminando morte, fame e distruzione.

Lo è stata quella appena conclusa in Afghanistan, lo sono quelle in corso in Medio Oriente, quelle in Africa e in Asia, e lo è anche quest’ultima appena iniziata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Putin dice che è stato costretto a farlo per difendere la popolazione russofona del Donbass dal “genocidio” perpetrato dall’esercito di Kiev.

In realtà, come George Bush fece al tempo dell’invasione americana dell’Afghanistan, anche Putin potrebbe dire ai suoi sodali: «Non commettiamo errori. Questo è per il petrolio. È sempre per il petrolio»[1]. E – aggiungiamo noi – per il gas e per la moneta con cui questi si scambiano.

«Oggi – scriveva già nel 2014 Marco D’Eramo – la Russia di Putin e “l’Occidente” [ossia, gli Usa – n.d.r.] condividono un’identica visione basata sulla ricerca di profitto e di potere: in tutto tranne su un punto, e cioè a chi debbano andare profitto e potere.»[2]

 

Condivisione e Conflitto

È pertanto uno scenario di condivisione e conflitto, da cui discende un tale groviglio di interessi che non è sempre facile distinguere dove finisce la condivisione e dove inizia il conflitto.


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Salvatore Bravo: Il sonno della ragione

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Il sonno della ragione

di Salvatore Bravo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Semplicismo e neofascismo

Il sonno della ragione crea mostri, anestetizzare il dibattito, mostruosizzare il nemico allo scopo di preparare la guerra è l’obiettivo finale della propaganda che a tamburo battente inficia l’uso pubblico della ragione nella forma del logos. La ragione dei guerrafondai è calcolo e scaltrezza interna al cinismo liberal, al quale siamo abituati fino all’indifferenza acefala. Le TV di regime invocano la pace armata, e nel contempo preparano gli europei alla lotta finale contro l’orso russo, il quale è il male, non ha limiti militari ed etici al punto che vuole bombardare tutto, anche la chiesa di Santa Sofia. Si lancia un messaggio ai cattolici e agli ortodossi dubbiosi, non possono invocare la pace contro il demonio russo, ma in nome della giustizia e del bene devono schierarsi con l’Occidente democratico e pacifico. La possibilità che possano bombardare la cattedrale di Santa Sofia a Kiev è nulla, Putin perderebbe il sostegno degli ortodossi russi. Sarebbe un’incoerenza eguale ad un boomerang, il progetto politico russo è non solo economia, ma anche tradizione e spiritualità, parole estranee e straniere all’Occidente.


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comidad: L’automatismo criminale dell'Unione Europea

comidad

L’automatismo criminale dell'Unione Europea

di comidad

Si può glissare tranquillamente sulla questione se la “Rivoluzione delle Ciabatte” dell’estate del 2020 contro la rielezione del presidente bielorusso Lukashenko sia stata o meno una “rivoluzione colorata” organizzata dai servizi segreti della NATO, per concentrarsi invece su un dato di fatto, e cioè che l’Unione Europea, pur senza averne alcun titolo in base al Diritto Internazionale, disconobbe il risultato elettorale in Bielorussia e proclamò l’illegittimità della sua presidenza. Sino a quel momento la Bielorussia era stata un Paese neutrale, in buoni rapporti con Mosca ma ben tesa a sottolineare la propria indipendenza dai voleri del Cremlino. A causa dell’aperta ostilità dell’Unione Europea e della NATO, Lukashenko fu costretto ad accettare un’alleanza in funzione subordinata con la Russia, diventandone un vassallo.

Non è un caso perciò che l’operazione di accerchiamento della capitale ucraina Kiev ad opera dell’esercito russo sia partita dal territorio bielorusso, il cui confine è a pochi chilometri da Kiev. Le truppe russe si trovavano in Bielorussia per un’esercitazione militare congiunta con l’esercito di Lukashenko, che non ha partecipato all’invasione ma l’ha consentita.


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Aram Aharonian: Bugie, la principale arma di guerra in Ucraina

cumpanis

Bugie, la principale arma di guerra in Ucraina

di Aram Aharonian – Giornalista uruguaiano

IMMAGINE PRIMO PEZZO SEZIONE SCUOLA QUADRI Ucraina
            bugieIl mondo teme che l’umanità sia sull’orlo di un conflitto militare su larga scala: terminale? Oggi, non solo stiamo assistendo a un’estrema ideologizzazione e a una parzialità nella copertura degli eventi in Ucraina, ma le menzogne e la manipolazione dell’immaginario collettivo si stanno rafforzando sui social media e stanno portando all’ipertrofia di una massa di informazioni che sfugge al controllo e alla verifica.

Ancora una volta, i media – compresi i social network – hanno agito in modo subdolo per generare un conflitto che può solo beneficiare i venditori di armi, le compagnie petrolifere transnazionali, che sono quelle che hanno alimentato il conflitto. La verità è la prima vittima della guerra, diceva il greco Eschilo più di 2.500 anni fa. Oggi sappiamo che le bugie sono un’arma di guerra.

I media egemonici installano la guerra nell’immaginario collettivo, quando la cosa più sensata da fare sarebbe deplorare il conflitto per ciò che implica in termini di sofferenza umana e distruzione materiale e insistere non sulla competizione per dimostrare chi è il più forte, ma sulla necessità di una soluzione attraverso il dialogo. È quello che chiamano guerra ibrida, la menzogna come arma e la verità come vittima.

La copertura della crisi ucraina da parte dei media mainstream è imperfetta, oltre che palesemente razzista e prevenuta, nella ripetizione dei mantra russofobi fabbricati a Washington per strumentalizzare la guerriglia geopolitica e ideologica delle “forze del bene” – la civiltà occidentale – contro la “forza del male”: i “comunisti” russi, caucasici ed eurasiatici.

Nel frattempo, continuano a ignorare il profilo ultradestra dell’attuale presidente Volodymyr Zelensky, e dei gruppi di estrema destra e neonazisti che partecipano e sostengono il governo.


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Dante Barontini: Draghi al fronte, e non è un bel vedere…

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Draghi al fronte, e non è un bel vedere…

di Dante Barontini

Il discorso con cui Mario Draghi ha comunicato al Parlamento e al paese le intenzioni sue, dell’Unione Europea e della Nato rispetto alla guerra in Ucraina segna un passaggio storico di cui sarebbe stupido sottovalutare la portata.

E’ stato infatti una dichiarazione di entrata in guerra, per ora solo indirettamente, attraverso strumenti finanziari, progetti di investimento nel settore militare, forniture di armi ad un paese in guerra (in barba al dettato costituzionale).

E’ stato – anche per questo motivo – un discorso pieno di falsità sparse a piene mani e senza vergogna alcuna. Ed anche di svarioni, dimenticanze, confessioni involontarie… Una quantità di cose che non possono entrare in un solo articolo e che ci costringe dunque a immaginare una “seconda puntata”.

Falsità ribadite e sintetizzate – fra l’altro – nel secondo discorso, quello di risposta agli interventi (pochi quelli critici) in Senato:


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Tomaso Montanari: Armi all’Ucraina?

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Armi all’Ucraina?

di Tomaso Montanari

È purtroppo evidente che, di fronte all’invasione russa, ogni scelta sembra sbagliata: e quel che resta della coscienza democratica occidentale non sopporta di non fare nulla di fronte alle immagini delle città devastate dalla guerra.

Ma il problema è cosa fare: mentre le tanto annunciate sanzioni economiche avanzano con troppa lentezza, l’Occidente, e con lui l’Italia, decide il riarmo di Kiev. Il fantasma dell’Unione Europea, colpevolmente assente nella gestione politica della crisi che ha condotto alla guerra, si materializza così nel peggiore dei modi: nel ruolo, cioè, di fornitrice di armi. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell ha detto che armeremo le forze ucraine per sostenerle «nella loro eroica battaglia». Così, dopo essere stati incapaci di fare la pace, gli europei vogliono provare a fare la guerra, naturalmente attraverso i corpi dei soldati e dei civili ucraini.

Dal discorso di Draghi a un Parlamento come al solito di fatto esautorato, alla retorica bellica di Enrico Letta, all’editoriale del Corriere della sera che lamenta che «noi occidentali stiamo perdendo la potenza delle armi perché non sopportiamo più di subire perdite in una guerra convenzionale.


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Franco Cardini: Sull'orlo dell'abisso

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Sull'orlo dell'abisso

di Franco Cardini

Nel Donbass non ci sono bambini che abbracciano piangendo le bamboline, e nemmeno vecchiette che attraversano penosamente la strada...

… così come non ce n’erano né la traccia né l’ombra, una manciata di anni o di mesi fa e anche adesso, né a Gaza, né a Beirut, né a Belgrado, né a Kabul, né a Baghdad, né a Tripoli, né a Damasco.

Cari miei, parliamoci chiaro. Sono ormai tre notti che quasi non dormo per seguire quel che avviene tra Russia e Ucraina, due paesi che mi sono carissimi e dove ho tanti amici; da tre giorni sto attaccato al telefono e al computer. Anch’io combatto, anch’io fo la mia guerra, come canticchiavano un’ottantina di anni fa bambini poco più grandi di me (io ero troppo piccolo per cantare). Questa guerra me la sento addosso, me la sento dentro: e mi fa male. Al tempo stesso, è chiaro che sono indignato e inferocito come forse non mai.


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Tomaso Montanari: Scuola, Università, Costituzione: la necessaria “polemica contro il presente”

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Scuola, Università, Costituzione: la necessaria “polemica contro il presente”

G. Carosotti e R. Latempa intervistano Tomaso Montanari

1350035598283Proponiamo ai lettori una recente intervista al professor Tomaso Montanari, Rettore dell’Università per stranieri di Siena, in tema di scuola e università, sui problemi e i processi di riforma che le coinvolgono. Introduzione dell’insegnamento delle soft skills, alternanza scuola- lavoro, orientamento, test INVALSI, formazione del capitale umano, autonomia differenziata regionale. Questi, alcuni dei temi trattati nella discussione con lo studioso, a partire dall’osservazione e dal vissuto dello stato delle cose: il “declino della democrazia partecipativa”, le recenti manifestazioni studentesche, l’urgenza di una scuola fatta di “insegnanti e dirigenti coscienti del proprio ruolo” e non semplici “erogatori del servizio” che orientano e instradano i giovani sempre più precocemente. La scuola, e poi l’Università, dovrebbero offrire ai giovani proprio la possibilità di non adattarsi, di “prendere in mano la propria vita” e agire nello spazio pubblico con spirito critico. Di mettere atto, per ricordare le parole di Piero Calamandrei nel 1955, una necessaria “polemica contro il presente”.

* * * *

G. Carosotti: L’attualità ha visto soprattutto ultimamente il governo in difficoltà, ad esempio sul tema dell’apertura/chiusura si sono manifestate molte inefficienze, rispetto alla priorità da affrontare. I tre provvedimenti che avrebbero dovuto maggiormente fare argine al rischio di tornare alla didattica a distanza, che erano la diminuzione del numero di alunni per classe, un sistema di trasporti adeguato e anche un intervento immediato e finanziariamente importante sul sistema di areazione nelle classi, non sono stati attuati, probabilmente sperando che i problemi si risolvessero da sé.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Mar 10, 2022, 2:28:48 PM3/10/22
to sante gorini

Militant: Cambiare gli occhiali con cui guardavamo il mondo

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Cambiare gli occhiali con cui guardavamo il mondo

di Militant

Per provare a comprendere la “crisi ucraina” dovremmo definitivamente dismettere gli occhiali da guerra fredda con cui eravamo stati abituati a guardare il mondo. In questa vicenda non esistono stati buoni e stati cattivi, non esiste un campo antimperialista in cui militare aprioristicamente, né stati socialisti o progressisti da difendere, ma esclusivamente stati nazionali e alleanze internazionali che stanno promuovendo e tutelando gli interessi delle rispettive borghesie dominanti. Il tutto in un balletto politico che, seppure nessuno ammetta di volerlo espressamente, anzi lo neghi risolutamente, rischia pericolosamente di trasformare lo scontro diplomatico e le schermaglie militari in uno scontro bellico globale vero e proprio. Da questo punto di vista si potrebbe tranquillamente ribaltare il celebre aforisma di Carl von Clausewitz e affermare, senza andare troppo lontano dal vero, che in fin dei conti è la politica internazionale a non essere altro che la continuazione della guerra con altri mezzi.


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Andrea Zhok: La frustrazione repressa dietro la vernice buonista

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La frustrazione repressa dietro la vernice buonista

di Andrea Zhok

Che siano libri per bambini esclusi dalle fiere, cocktail ribattezzati, lezioni universitarie annullate, direttori d’orchestra banditi, musicisti esclusi dai concorsi, ecc. ecc. la russofobia si è scatenata con la stessa furia con cui nell’ultimo anno si era scatenata la “Novax-fobia”.

Niente unisce queste due tematiche nel merito, ma molto le unisce nel metodo.

Qui si vede in piena luce la degenerazione terminale e rapidissima della cultura liberale in occidente, che vive da sempre una intima contraddizione: essa si vende sul mercato politico come sostenitrice della libertà e del rispetto individuale, ma di fatto favorisce e rispetta solo quelle libertà e quelle individualità che non disturbano il manovratore economico (e che consentono la differenziazione dei mercati), mentre è assolutamente impietosa verso le libertà che toccano o vogliono cambiare la forma di vita mercificata che il liberalismo ha imposto.

La libertà liberale è la libertà dei beni posizionali (di status) e delle forme di svago, dei circenses (che a differenza di quelli romani sono però da acquistare sul mercato privato).


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Francesco Piccioni: ABC della guerra in Ucraina, o “la cura del linguaggio”

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ABC della guerra in Ucraina, o “la cura del linguaggio”

di Francesco Piccioni

E’ difficile per chiunque orizzontarsi nell’uragano di parole che ci precipita addosso da ogni media. Tv, radio, giornali sparano – siamo in guerra, d’altronde – termini che sembrano di uso comune, comprensibili a tutti, che acquistano un significato anche se ne hanno altri. Ma che in genere vanno a comporre un puzzle dotato di un senso indicibile: andiamo alla guerra!

Per questo cerchiamo di fornire ai nostri lettori un “servizio minimo” ma indispensabile: chiarire la realtà che una parola o una frase nasconde o stravolge.

E’ una funzione che cerchiamo di assolvere con ogni articolo pubblicato, ma che richiede ormai una sorta di “vocabolario essenziale” cui rimandare, perché mentre si scrive di un fatto diventa difficile fare anche la “cura del linguaggio” di guerra.

Ci perdonerete dunque la struttura da dizionario poco enciclopedico, ma ci sembra meglio andare con ordine, per tirar fuori i concetti solidi avvolti da un ammasso di polvere propagandistica. Ovvio che questo “dizionario” andrà aggiornato di frequente. Ma siamo qui anche per questo…


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Zeno Casella:Romano Prodi, Segolène Royal, Henri Kissinger: Ecco perché hanno ragione

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Romano Prodi, Segolène Royal, Henri Kissinger: Ecco perché hanno ragione

I “Putin-Versteher” che hanno spiegato le ragioni del conflitto in Ucraina

di Zeno Casella

putin
            versteherAgenti di Putin, giustificazionisti, fiancheggiatori, complici del nemico, “Putin-Versteher”. Gli appellativi attribuiti dalla stampa e dagli “intellettuali” occidentali a chi esce dal coro del mainstream atlantista in merito al conflitto in Ucraina sono numerosi e vengono distribuiti ad ampie mani in questi giorni. Ma chi sono, cosa dicono quelli che vengono additati come “agenti del nemico”? Sono davvero persone al soldo di una potenza straniera (come si sarebbe detto negli anni ’50) o trattasi più semplicemente di osservatori indipendenti che propongono una diversa lettura degli eventi? Dopo aver analizzato la posizione di diversi partiti comunisti in merito alla vicenda ucraina (leggi qui), proponiamo qui un’indagine sui pareri non allineati alla propaganda guerrafondaia fomentata da Washington e Bruxelles, la cui appartenenza politica e ideologica è però spesso incontestabilmente – e forse per alcuni sorprendentemente – di matrice europeista e (social)liberale.

 

La stampa occidentale fomenta la “caccia alle streghe” filo-russe

Sulle nostre colonne abbiamo già parlato della campagna filo-atlantica avviata dal quotidiano LaRegione (leggi qui), il cui vice-direttore Lorenzo Erroi ha ad esempio accusato il Partito Comunista di “schierarsi con il nemico” per aver ricordato (pur pronunciandosi per il cessate il fuoco e l’apertura di negoziati di pace) le responsabilità della NATO nell’escalation in Est Europa. In modo simile, anche il noto giornalista della Radiotelevisione della Svizzera italiana (RSI) Roberto Antonini ha condiviso le parole dello storico italiano Marcello Flores, secondo cui “i giustificazionisti (che) battono sul fatto che la Nato, l’Occidente o Biden individualmente, avrebbero le loro colpe (…) si comporta(no) come agent(i) di Putin all’interno dell’opinione pubblica europea”.


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Pablo Iglesias: Stiamo parlando di entrare in guerra con una potenza nucleare

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Stiamo parlando di entrare in guerra con una potenza nucleare

di Pablo Iglesias

Intervento di Pablo Iglesias tratto da un'intervista alla trasmissione "Planta baixa" della televisione catalana TV3

Io in questo voglio essere molto chiaro. Capisco qual è l’umore sociale. È chiaro a tutto il mondo che c’è un’invasione ingiustificabile della Russia in Ucraina, e quando si pone la domanda “hanno diritto gli ucraini a difendersi?”. La risposta naturale di chiunque abbia le migliori intenzioni è: “ovvio che hanno diritto a difendersi”. Ma quando si hanno responsabilità di governo, a volte bisogna essere abbastanza seri da dire alla gente la verità.

Io ho amici militari, alcuni dei quali hanno esperienze di guerra. Gli ho chiesto se effettivamente questo materiale militare può bastare perché l’esercito ucraino o le milizie civili ucraine sconfiggano l’esercito russo. Mi hanno detto: assolutamente no, è impossibile. È impossibile, visti i rapporti di forza che ci sono tra esercito russo ed esercito ucraino, più milizie civili. E gli ho chiesto: “qual è l’unica maniera di sconfiggere l’esercito russo?”. Sono stati altrettanto chiari: una missione militare internazionale guidata dagli USA con altri paesi NATO.


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Walter Ferri: Ucraina, prove di trattativa: Putin ufficializza le richieste per la pace

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Ucraina, prove di trattativa: Putin ufficializza le richieste per la pace

di Walter Ferri

Ieri, 7 marzo, la Bielorussia ha ospitato il terzo round di colloqui Russia-Ucraina, ottenendo risultati scadenti. Le parti, molto lontane dal trovare un punto d’incontro, si sono dovute accontentare dello stabilire una quadra sull’istituzione di corridoi umanitari che consentiranno ai civili di abbandonare il Paese, un risultato che è messo a dura prova da un panorama bellico confuso, fatto di schermaglie che violano gli accordi e di mine antiuomo che nessuno degli eserciti osa rivendicare come proprie.

D’altronde risulta difficile per Kiev accettare le richieste del Cremlino, richieste che sono state pubblicamente formalizzate prima del confronto diplomatico. La Russia pretende che l’Ucraina si impegni a modificare la propria costituzione così da garantirsi neutrale – ovvero che si impegni formalmente a non avvicinarsi ad alcun blocco -, che riconosca la Crimea come russa e che conceda l’indipendenza alle aree separatiste del Donetsk e del Lugansk. Mosca disconosce o rinuncia quindi all’obiettivo che gli è stato attribuito sin dall’inizio dell’invasione: quello di voler sostituire l’Amministrazione ucraina con un’istituzione palesemente filo-russa.


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Gerardo Lisco: Etica sociale: protesta No Vax e Liberalismo

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Etica sociale: protesta No Vax e Liberalismo

di Gerardo Lisco

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

NOVAX TAGParte I – Breve storia del movimento antivaccinista

Con l’entrata in campo di filosofi come Agamben e Cacciari e di giuristi impegnati sul tema dei Beni Comuni come Ugo Mattei, il movimento No Vax ha avuto una sorta di legittimazione sul piano culturale per così dire di stampo progressista;senza l’intervento dei tre sopra menzionati tale movimento sarebbe passato come appannaggio della sola destra. Il dato storico è che il movimento anti vaccinista non segue la contrapposizione Ancien Regime contro Modernizzatori, come non segue la contrapposizione destra contro sinistra o conservatori contro progressisti. Il dato comune è l’esaltazione della Libertà individuale contro l’invadenza dello Stato che, soprattutto rispetto alle istanze no – vax contemporanee, la fa da padrone. Pertanto il movimento anti vaccinista è da analizzare rispetto al contesto storico nel quale opera. Ed è per questa ragione che il mio intervento prende le mosse proprio dalla storia del movimento anti vaccinista per poi dimostrare come esso, ai giorni nostri sia espressione della cultura politica liberal – capitalista che, recupera il Liberalismo delle origini, ossa la libertà individuale come fondata sul diritto di proprietà di sé stessi. Essendo il Liberalismo e l’esaltazione individualista il fondamento ideologico del movimento no – vax la mia tesi è dimostrare come tale movimento sia funzionale proprio al sistema capitalista egemone dal quale esso trae origine.


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Ilan Pappé: Le quattro lezioni dell’Ucraina: i doppi standard occidentali

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Le quattro lezioni dell’Ucraina: i doppi standard occidentali

di Ilan Pappé

Crisi ucraina. La visione di media e classi dirigenti in Occidente è segnata da etnocentrismo e razzismo: dai rifugiati «simili a noi» alle «legittime» invasioni Usa in Medio Oriente fino alla tollerabilità dei gruppi neonazisti. E infine alle politiche di oppressione di Israele nei confronti dei palestinesi

Secondo Usa Today, la foto diventata virale di un grattacielo ucraino colpito dai bombardamenti russi ritraeva, in realtà, un grattacielo nella Striscia di Gaza, demolito dall’aviazione israeliana nel maggio del 2021.

Qualche giorno prima, il ministro degli Esteri ucraino si era lamentato con l’ambasciatore israeliano a Kiev: «Ci state trattando come Gaza», aveva detto, furioso, sostenendo che Israele non aveva condannato l’invasione russa ed era interessato solo a far uscire dal Paese i cittadini israeliani (Haaretz, 17 febbraio 2022).

Faceva riferimento all’evacuazione forzata dalla Striscia di Gaza delle donne ucraine sposate con uomini palestinesi, nel maggio 2021, ma intendeva anche ricordare a Israele il pieno sostegno dimostrato dal presidente ucraino in occasione dell’aggressione israeliana ai danni della Striscia, sostegno su cui tornerò in seguito.


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Fausto Sorini: Perché la crisi ucraina e come uscirne. Editoriale

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Perché la crisi ucraina e come uscirne. Editoriale

di Fausto Sorini

Schermata
              del 2022 03 09 13 39 35All’indomani dell’intervento sovietico in Cecoslovacchia un giornalista chiese a Louis Althusser che cosa pensasse della posizione di condanna del Pcf (di cui il grande filosofo era membro). Egli rispose (cito a memoria): “ Il problema non è condannare o approvare, ma spiegare perchè è avvenuto. E questo il Pcf non lo fa”.

Questo è il metodo con cui Marx21 cerca di porsi anche nei confronti della crisi ucraina. Senza farsi intimidire da una campagna politica e mediatica in corso per cui ogni tentativo di spiegare – senza allinearsi all’isteria anti-russa – viene bollato come “putiniano” e messo al bando.

Per questo ci interessano le valutazioni, di segno anche diverso, che cercano di spiegare le scelte anche più dirompenti della Russia di Putin; soprattutto quando vengono da chi pure non ha mai respinto, diversamente da noi che siamo comunisti, una sua collocazione euro-atlantica. Ma che avverte che, nel frangente attuale, sono in gioco i destini del genere umano, della sicurezza e convivenza pacifica tra le nazioni, ivi compresi quelli del popolo ucraino.

****

Nel 2014 un colpo di Stato in Ucraina destituì con violenza il presidente Yanukovic, designato da elezioni regolari internazionalmente riconosciute e poi costretto a fuggire all’estero per non essere ucciso. Il golpe fu organizzato da formazioni neo-naziste sostenute sul campo dall’Ambasciata americana di Kiev e sostenuto, in piazza Maidan, da rappresentanti dell’amministrazione Usa e dell’Ue.


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Riccardo Mazzetti: La persona e lo stato: per una critica del green pass

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La persona e lo stato: per una critica del green pass

di Riccardo Mazzetti

oppression in workspace CONTENT 2020 1 600x315 1Simone Weil a venticinque anni, nel 1934, di fronte all’evoluzione in senso totalitario della Rivoluzione D’Ottobre, alla maturità del fascismo italiano e agli albori del nazismo tedesco, sviluppò alcune “Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale”. In questo libretto, scritto “in uno di quei periodi in cui svanisce quanto normalmente sembra costituire una ragione di vita”[1], perché “il trionfo dei movimenti autoritari e nazionalisti distrugge un po’ dovunque la speranza che uomini onesti avevano riposto nella democrazia e nel pacifismo”[2], il lavoro assume il carattere di privilegio, e la scienza, invece di diffondere lo spirito critico tra le masse, “le abitua alla credulità”[3] – insomma scritto in un contesto significativamente parallelo all’oggi – analizza le dinamiche per cui, dall’oppressione della natura sull’esistenza del singolo nelle società primitive, si passi necessariamente all’oppressione dell’uomo sull’uomo nelle società più avanzate. Quando la complessità del processo produttivo è elevata diventa necessaria l’organizzazione sociale, cioè il potere di alcuni sugli altri. Quando poi la conoscenza mette a disposizione saperi, armi e macchine, chi li controlla acquisisce un privilegio sugli altri, così come chi controlla la moneta, nel momento in cui si rende necessario lo scambio di prodotti. Questo privilegio è maggiore a seconda del “grado di concentrazione del potere”[4] e diventa oppressione nella misura in cui chi lo detiene, essendo in costante pericolo di perderlo, è automaticamente spinto a cercare di aumentarlo. Per questo, tecnicamente, “non c’è mai potere, ma solo corsa al potere”[5] e “l’uomo sfugge in un certo qual modo ai capricci di una natura cieca solo per abbandonarsi ai capricci non meno ciechi della lotta per il potere”[6].


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Marino Badiale: La trappola dell’Antropocene

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La trappola dell’Antropocene

di Marino Badiale

0 63039Appare ormai abbastanza diffuso il riconoscimento del fatto che l’azione umana sul sistema terrestre sia arrivata al punto da mettere in pericolo i principali cicli fisici, chimici e biologici del sistema stesso. La relativa stabilità di tali cicli è stata fino ad oggi il fondamento naturale delle civiltà umane, e metterne in pericolo l’autoriproduzione significa dunque ipotecare il futuro dell’attuale civiltà e spingersi pericolosamente nella direzione di un gravissimo collasso sociale. Nello sforzo di precisare e quantificare questo tipo di problemi, alcuni studiosi hanno elaborato la nozione di “limiti planetari”, limiti che l’umanità non deve superare per evitare un’alterazione profonda dei cicli del sistema [1]. Il più noto di tali problemi riguarda l’alterazione umana del ciclo del carbonio: l’uso di combustibili fossili ha portato, negli ultimi due secoli, all’accumulazione nell’atmosfera di gas a effetto serra, in particolare anidride carbonica, e questo sta iniziando ad alterare il clima del pianeta. Ma anche gli altri limiti individuati dagli studiosi in questione si legano a dinamiche cicliche del sistema terrestre che sono essenziali per la riproduzione della civiltà umana come la conosciamo.

Il fatto che l’azione umana sia arrivata a disturbare aspetti fondamentali della dinamica del sistema-Terra ha portato all’elaborazione della nozione di “Antropocene”, con la quale si vuole indicare l’ingresso in una nuova era geologica, quella, appunto, nella quale l’essere umano è divenuto un vettore di cambiamento geofisico paragonabile alle forze naturali che hanno segnato l’evoluzione del sistema-Terra nei miliardi di anni della sua storia.


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Roberto Pecchioli: Togli mascherina, metti bandierina

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Togli mascherina, metti bandierina

di Roberto Pecchioli

Gira nelle chat alternative una vignetta in cui una manona fuoriesce dal televisore e aziona una chiave per caricare orologi a molla, posizionata sulla schiena di un telespettatore dagli occhi sbarrati. La didascalia è: togli mascherina metti bandierina. Libri interi non avrebbero potuto essere più pregnanti di quella semplice immagine per descrivere la condizione di dipendenza da cui siamo avvolti.

Non intendiamo qui prendere posizione nel merito. Ciascuno, in libertà, abbia le sue opinioni sulla pandemia- un po’ dimenticata da quando la comunicazione si è concentrata sul conflitto in Ucraina- e sulla guerra. Quel che preme sottolineare è il clima sempre più pesante, l’indottrinamento, la manipolazione continua che cala come una mannaia e interrompe il circuito della razionalità e della libertà di giudizio. Uno dei padri della Chiesa, sant’Ireneo di Lione, nel II secolo dopo Cristo scrisse: l’uomo è una creatura razionale e per questo somigliante a Dio; fu creato libero e padrone dei suoi atti. Oltre il significato trascendente, colpisce la vigorosa difesa del libero arbitrio, così attuale all’alba del totalitarismo del secolo XXI.


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Leonardo Mazzei: La posta in gioco

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La posta in gioco

di Leonardo Mazzei

crisi ucraina
              linkiestaLa propaganda è assordante, la ragione è oscurata. Inutile soffermarsi sui mille esempi che ce lo dimostrano. Basta accendere la tv, sfogliare qualsivoglia giornale, per averne la riprova in ogni minuto di queste tetre giornate di guerra.

Inutile, seppur doveroso, anche il mostrare l’ipocrisia ed il doppiopesismo della politica e dei media occidentali. In Ucraina muoiono civili e bambini, nelle guerre americane che hanno insanguinato il primo ventennio del secolo invece no. Ma su questo rimandiamo al bell’articolo scritto in proposito da Franco Cardini.

C’è tuttavia un’infamia che le supera tutte, l’attribuzione delle ragioni del conflitto alla presunta malvagità – peggio, alla “pazzia” – di un uomo. Questo modo di presentare le cose ha tanti scopi: criminalizzare l’avversario, rendere nei fatti impossibile qualunque trattativa, preparare il mondo ad un’escalation per mettere in ginocchio la Russia.

Già, l’escalation… A leggere i giornaloni essa sembrerebbe il frutto della supposta avventatezza di Putin. Ma è così? Un gongolante Edward Luttwak, il dottor Stranamore più noto delle nostre tv, ha affermato entusiasticamente il contrario: «C’è un’escalation, ma l’escalation è dal lato occidentale». Difficile non essere d’accordo.

E’ chiaro che siamo entrati in una partita mortale, uno scontro che non ammette vie di fuga, alla fine del quale ci sarà un vincitore ed un vinto, ma ci sarà soprattutto un quadro internazionale profondamente diverso da quello precedente alla crisi ucraina.


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Sergio Cararo: Zittito anche il prof. Orsini. La censura di guerra c’è anche qui

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Zittito anche il prof. Orsini. La censura di guerra c’è anche qui

di Sergio Cararo

Ci sono cose che si incaricano di demolire il monopolio liberale della stigmatizzazione. Si apprende che anche il prof. Orsini dell’università privata Luiss (quella della Confindustria) non potrà più partecipare a dibattiti televisivi sulla guerra in Ucraina.

Il prof. Orsini coordina l’osservatorio sicurezzainternazionaleluiss.it che da alcuni anni pubblica materiali e analisi di qualità che difficilmente possono essere etichettate come filorusse.

In un dibattito televisivo, in coerenza con quanto analizza nel suo lavoro, aveva osato dare una chiave lettura controcorrente sulla guerra in Ucraina.

Apriti cielo! La Luiss ha invitato il professore a non partecipare più a dibattiti televisivi perché le sue analisi “rischiano di danneggiare valore, patrimonio di conoscenza e reputazione dell’Università per cui lavora”.

Il nostro giudizio sulla Luiss non è mai stato certo lusinghiero. E’ una università privata, fondata dalla Confindustria; qualche conoscente che ci si è laureato ha manifestato anche le “sue riserve” sulla qualità dell’insegnamento che vi si produce, nonostante le rette stellari da pagare per accedervi.


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Carlo Formenti: Crisi, pandemia, guerra. Verso la mobilitazione totale

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Crisi, pandemia, guerra. Verso la mobilitazione totale

di Carlo Formenti

dff211aa 6f8e 4db1 ab78 50a922c08b85Questo testo è la prima stesura di un paragrafo della Prima Parte di un corposo lavoro (due volumi) a cui sto lavorando (la Prima Parte sulla crisi del neoliberalismo, la Seconda sui socialismi reali di ieri e di oggi, la Terza sulle prospettive del marxismo rivoluzionario in Occidente). La Prima Parte è stata appena completata (sempre in prima stesura) mentre la Seconda e la Terza richiederanno mesi di lavoro, per cui l'uscita del libro è prevista per i primi mesi del 2023. Pubblicare una parte (sia pure limitata) di un libro ancora in gestazione e con tanto anticipo sulla pubblicazione può apparire una scelta bizzarra, ma mi ha indotto a farlo il precipitare di eventi che ci avvicinano pericolosamente allo scoppio di una Terza guerra mondiale. Questo testo è stato scritto in pochi giorni come una sorta di interludio/appendice alla Prima Parte, con lo scopo di mettere alcune riflessioni teoriche a confronto con l'attualità storica. Si presta dunque ad argomentare il mio punto di vista sulla situazione geopolitica molto meglio dei brevi interventi con cui cerco di contrastare le narrazioni del pensiero unico neoliberale sul mio profilo Facebook. Il lettore troverà una serie di rinvii interni ad altre parti del libro, alcune già scritte altre da scrivere, che non ho ritenuto di eliminare, anche perché non credo possano disturbare la fruizione del testo. Diversamente dal solito, non ho corredato il post con immagini: la valanga di immagini smaccatamente propagandistiche cui siamo sottoposti in questi giorni mi dà la nausea, per cui ho evitato di alimentare questo disgustoso tsunami.

* * * *

Il 2007 passerà alla storia come il punto di svolta che ha sancito la fine della guerra di classe fondata sulla globalizzazione e la sua prosecuzione sotto forma di mobilitazione totale.


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Giorgio Riolo: Contro la guerra, sempre. Contro l’egemonia Usa e Nato. Per un mondo multipolare

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Contro la guerra, sempre. Contro l’egemonia Usa e Nato. Per un mondo multipolare

di Giorgio Riolo

La guerra è un tragico catalizzatore. È la più grande politica di destra. Spegne il pensiero, la ragione, lo spirito critico. Alimenta istinti primordiali di sopraffazione, il tribalismo, lo sciovinismo. Arruola, inquadra, schiera, arma. “Noi” contro “loro”.

Dall’altra parte, induce donne e uomini di buona volontà a combattere con le armi spirituali della scelta etica, della cultura e della politica i soliti malvagi poteri che traggono profitto dalla guerra. Contro chi vuole sempre dominare, egemonizzare, contro i mercanti d’armi, il sempre attivo e feroce complesso militare-industriale.

Donne e uomini, la migliore umanità. La pace è sempre “pane, pace, lavoro”. È sempre a difesa dei deboli, di chi subisce morti, patimenti, distruzioni, stupri.

 

I.

È in corso l’immane ipocrisia e la ributtante retorica dei sempiterni “valori occidentali”, della libertà e della democrazia, delle guerre umanitarie, della missione civilizzatrice dell’Europa, degli Usa e della Nato contro i barbari di sempre. Nell’Est e nel Sud del mondo. Prima contro i “comunisti” e poi semplicemente contro i “russi”.


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Roberto Buffagni: Considerazioni sulla prima settimana di ostilità in Ucraina

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Considerazioni sulla prima settimana di ostilità in Ucraina

di Roberto Buffagni

1. Consultando varie analisi e seguendo le fonti d’agenzia che mi sono parse più equilibrate, mi sono fatto un’idea abbastanza verisimile, per quanto congetturale, della situazione sul campo. Lo schema operativo russo è un esempio da manuale di guerra di manovra, molto somigliante alla campagna sovietica in Manciuria contro il Giappone (1945). L’iniziativa è saldamente in mano dei russi. Il controllo russo dei cieli è quasi completo. Le operazioni principali hanno lo scopo di bloccare le forze ucraine nelle città, aggirarle, e circondarle in una vasta manovra aggirante a tenaglia, che richiederà ancora diverse settimane per concludersi (ovviamente, salvo imprevisti).

2. L’analisi più informata, equilibrata e persuasiva che ho letto si deve a un analista militare statunitense, Bill Roggio, Senior Fellow di FDD (Foundation for the Defense of Democracies) e direttore del “Long War Journal”. Apparsa il 2 marzo sul sito di FDD, è stata ripubblicata dal “Daily Mail” britannico.[1]

3. Non è vero che i russi siano in difficoltà, che dessero per scontata una conclusione rapidissima delle operazioni, che l’attacco sia pianificato male.


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Pierluigi Fagan: La politica è la guerra condotta con altri mezzi

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La politica è la guerra condotta con altri mezzi

di Pierluigi Fagan

UCRAINA RUSSIA 2 BRK ARTIl generale Fabio Mini, ex capo di stato maggiore del comando NATO per il sud Europa ed autore di vari libri, tra cui uno dal titolo “Perché siamo così ipocriti sulla guerra?”, ieri commentava i fatti in un programma televisivo.

Chiamato inizialmente ad esprimere un parere a commento complessivo ha detto, con molta cautela come chi sa che le parole vanno pesate con molta attenzione di questi tempi, che quella dei russi è una “guerra al risparmio”. Ha anche detto che ha conosciuto e parlato con generali russi per più di dieci anni, conosce abbastanza bene quello di cui parla. Mini ha ricordato quello tutti gli esperti sanno ovvero che i russi hanno 900.000 affettivi. Secondo lui quel sesto di effettivi usati dai russi in Ucraina sono molto giovani ed inesperti, con mezzo vecchi sebbene ai russi non manchino mezzi molto più efficienti. Ha anche osservato la quasi totale assenza di utilizzo dell’aviazione. Ha tecnicamente definito la strategia sul campo “una guerra limitata per scopi limitati”. Ma da noi viene raccontata un'altra storia, i russi che non conoscono nulla degli ucraini, hanno sottovalutato l'eroica resistenza ed è per questo che dobbiamo continuare a mandargli armi.

Ha anche osservato che l’idea di ridurre la guerra a Putin è sbagliato, non si sa se è Putin che comanda lo Stato Maggiore russo o il contrario o una via di mezzo. E che forse il blocco russo che ha pensato necessaria questa azione, va ben oltre Putin e le Forze Armate. Non ne ha fatto una questione di sondaggi d’opinione su quanti russi l’approvano, evidenziava logiche nel blocco di potere russo e mentalità strategica in senso ampio.


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Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale /4: Si vis pacem, para bellum

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Il nuovo disordine mondiale /4: Si vis pacem, para bellum

di Sandro Moiso

SI VIS
                PACEM Accade sempre così: prima si spediscono armi e «istruttori», poi si scopre che non basta e ti sei già avvolto in quella guerra, ne sei una parte e l’unico modo per tentare di slegarti è avvolgerti sempre più sperando di ritrovare il capo della corda. Come sul tavolo prima vengono gettati i fanti, poi si passa alle regine, ai re, agli assi. ( Domenico Quirico, Con le armi consegnate a Kiev siamo già in guerra con Mosca, «La Stampa», 3 marzo 2022)

Scrivere di guerra durante un conflitto in atto, soprattutto nel corso di uno dalle dimensioni e dalle possibili disastrose conseguenze come quello attuale, implica una grave responsabilità, non solo di ordine politico ma ancor più di carattere morale e civile.

Oggi, sotto il bombardamento continuo di una quantità enorme di missili, disinformazione, proiettili, propaganda, immagini di dolore, fake news e autentica merda ideologica, da qualsiasi parte in conflitto provengano, lo implica ancor di più poiché già il solo scriverne con il distacco necessario per non cadere nelle trappole della propaganda embedded rischia di segnare una cesura incolmabile tra la realtà del dolore e della sofferenza sul campo (sia civile che militare) e l’ancor relativa situazione di pace illusoria e privilegio di chi scrive a distanza.

Detto questo, però, occorre lo stesso contrapporsi al conflitto e al suo allargamento, mantenendo uno sguardo di vista che non sia né da tifoseria calcistica, né tanto meno caratterizzato dall’indifferenza travestita da radicalismo, ma che proprio per questi motivi non può fare uso di un linguaggio del tutto asettico.

Nell’Introduzione alle Leggi di Platone, il cretese Clinia individuava nell’azione di chi aveva preparato la popolazione cretese a combattere su un terreno impervio la condanna della «stoltezza della maggior parte di coloro i quali non capiscono che ogni stato si trova sempre in una guerra incessante contro un altro stato finché vive.


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Alessandro Visalli: Guerra Ucraina: note sul punto di vista dell’altra metà del mondo

tempofertile

Guerra Ucraina: note sul punto di vista dell’altra metà del mondo

di Alessandro Visalli

ucraina il nuovo asse tra cina e russia in chiave
              anti usa e anti natoCon 141 voti favorevoli, 5 contrari e 35 astenuti è passata all’Onu una risoluzione che condanna l’invasione russa dell’Ucraina. Hanno votato contro la Russia, la Bielorussia, la Corea del Nord, l’Eritrea e la Siria, voleva votare anche il Venezuela, ma gli è stato impedito con un cavillo. Gli astenuti, posizione molto difficile in questo contesto, sono la Cina, l’India, l’Iran, l’Iraq, il Pakistan, l’Algeria, l’Angola, l’Armenia, il Bangladesh, la Bolivia, il Burundi, la Repubblica Centro Africana, il Congo, El Salvador, il Kazakistan, il Kyrgystan, il Madagascar, il Mali, la Mongolia, il Mozambico, la Namibia, il Nicaragua, il Senegal, il Sud Africa, il Sud Sudan, il Tajikistan, l’Uganda, la Tanzania, il Vietnam, lo Zinbabwe. Quindi molti paesi asiatici, africani e sudamericani.

La risoluzione chiedeva la fine della guerra ed il ritiro delle forze di invasione.

Si sono espressi con un’astensione paesi che complessivamente comprendono oltre quattro miliardi di persone. Proviamo a vedere quali ragioni avevano.

Sulla stampa cinese. Maria Siow su South Csulina Morning Post[1] si chiede se il rifiuto della Cina e dell’India di condannare la Russia danneggerà la loro reputazione nell’Asean (che ha votato a favore della risoluzione dell’Onu con l’astensione, oltre che di Cina e India, solo di Vietnam e Laos). La posizione cinese è quindi descritta come ambivalente, dal ministero degli esteri che accusa gli Usa di aver provocato la guerra allo stesso Ministro che, tuttavia, si dichiara addolorato per il conflitto e le perdite civili.

Il China Daily[2] descrive, come tutte le altre testate, l’apertura della 13° sessione del NPC nella quale Xi ha proposto l’ampliamento del budget militare del 7,1% (la Cina spende ca 250 miliardi di dollari, gli Usa 780 e la Russia 61 miliardi, l’India 72, la Ue 378 miliardi).


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Cina: Wang Yi elabora posizione sull'Ucraina

ilcomunista

Cina: Wang Yi elabora posizione sull'Ucraina

Le parole del ministro degli Esteri e consigliere di Stato

Tutto è sotto il medesimo cielo. La linea di condotta.

Tanto più in questo momento tragico, avere una visione globale dei problemi e muovere da un approccio cooperativo e non a somma zero - consapevoli del fatto che viviamo tutti sotto il medesimo cielo - ci aiuta a orientarci e a trovare la via corretta, oltre che a sfuggire alla propaganda di guerra di entrambi i fronti.

Vedo che molti si arrovellano e contorcono e azzuffano senza trovare via d'uscita.

Non stupisce che persino in questa circostanza la sinistra italiana ed europea e gli stessi comunisti non siano stati in grado di elaborare una posizione minimamente autonoma e stiano per lo più alla coda delle parole d'ordine altrui, impegnandosi in ciò che ormai è l'unica cosa che riesce loro: la parodia del tifo calcistico trasposta in politica, che porta molti a identificarsi con le jene liberali e liberalesse di La7 e a praticare la reductio ad Hitlerum e porta altrettanti a mescolarsi alla peggiore feccia di destra appena uscita dalle fogne.


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Andrea Muni: Quando Foucault parlò con un operaio

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Quando Foucault parlò con un operaio

L'(in)attuale rispetto di una “star” filosofica per il sapere dei lavoratori

di Andrea Muni

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                a09f148f15 b“L’intellettuale serve a mettere insieme le idee, ma il suo sapere è parziale rispetto al sapere dei lavoratori”. Con questo titolo esce su Libération del 26 maggio 1973 una conversazione tra José, operaio della Renault vicino alla Gauche Proletarienne – Sinistra Proletaria (gruppo di estrema sinistra maoista/spontaneista) e il già celeberrimo filosofo Michel Foucault. La splendida e “canonica” traduzione italiana di questo scambio si trova in M. Foucault, “Il discorso, la storia, la verità (Interventi 1969-1984)”, a cura di Mauro Bertani, Einaudi 2001. [Qui la traduzione degli estratti è mia]

A cosa serve andare a ripescare una conversazione in tutti i sensi inattuale come questa? Una conversazione tra quella che, nel 1973, è già una “star” filosofica come Foucault e un operaio della Renault? Serve in primo luogo per apprezzare la dimensione di ascolto, di non-paternalismo e non-pedagogismo che Foucault assume nei confronti di José. In secondo luogo, serve come spunto storico per riflettere sul livello di simpatia e complicità che i grandi intellettuali “militanti” degli anni ’60 e ’70 nutrivano pubblicamente, senza problemi, nei confronti di quelle frange della militanza politica che non disdegnavano di portare la lotta nelle strade, nelle università e nelle fabbriche. A Lens, dopo la morte di un gruppo di minatori per una fuga di gas, nel 1970 i militanti maoisti della GP attaccano fisicamente l’amministrazione della fabbrica. Mentre il processo della giustizia ordinaria procede contro i mao’s, questi convincono niente meno che l’anziano Jean Paul Sartre (e altri importanti intellettuali dell’epoca) a difenderli dall’aggressione della Giustizia e dello Stato borghesi. E’ così che Sartre, per evitare che venga chiuso, assume la direzione del giornale della GP (La cause du peuple), e accetta anche di presiedere le sedute di un tribunale popolare incaricato di giudicare, inversamente, i crimini dei nemici della classe operaia.


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S. Bellucci: La Transizione digitale come biforcazione storica

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La Transizione digitale come biforcazione storica

di S. Bellucci

Linea polli SpecchioLa fase storica che stiamo vivendo non è inquadrabile nel concetto di crisi ma in quello di transizione. La rivoluzione tecnologica è anche una rivoluzione sociale e politica e sta producendo i suoi esiti in conflitto con i vecchi assetti del mondo industriale e finanziario. Il lavoro salariato perde la sua centralità pur mantenendo la sua forma di sfruttamento ma ad esso si affiancano nuove forme di estrazione del valore basate sulla logica della gestione dei dati. La lotta si configura tra i modelli centralizzati e quelli decentralizzati e l’abilitazione di produzione diretta di valore d’uso.

* * * *

Il fattore chiave per comprendere le trasformazioni in atto e scegliere le opportune linee di azione, attiene alla valutazione della fase. La maggioranza delle analisi parte da una “tradizionale” percezione degli accadimenti e li inquadra all’interno della categoria della “crisi”. All’interno di questo approccio, inoltre, si sviluppa la convinzione di un recupero o della vecchia forma di stabilità (sia economica, sia di modello sociale e statuale) o del possibile “ritorno” a forme di contestazione, conflitto, lotta che consentirono, soprattutto nel secolo lungo del capitalismo industrial-finanziario di acquisire conquiste sociali, diritti, forme di rappresentanza in grado di produrre processi di identificazione e di delega. Questo anche nelle formazioni politiche e sociali che, pur auspicando un cambiamento “generale”, continuano a pensare che esso possa essere prodotto a partire dal “recupero” della “forza” (politica e sociale) che in passato avevano avuto le organizzazioni del mondo del lavoro.

Una sorta di ossimoro storico: per cambiare occorrerebbe ripristinare!


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Maurizio Lazzarato: La guerra in Ucraina, l’Occidente e noi

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La guerra in Ucraina, l’Occidente e noi

di Maurizio Lazzarato

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                5bc0918fb9cf46cb9eca2701410b6211mv2In questo articolo Maurizio Lazzarato propone una riflessione sulle cause che hanno provocato l’attuale Guerra in Ucraina, partendo da un’analisi delle più importanti rivoluzioni del XX secolo, durante le quali si sono riconfigurati i rapporti di forza tra Occidente e Oriente, tra Nord e Sud del Mondo. Secondo Lazzarato proprio la mancata analisi di quelle rivoluzioni ha fatto si che, dopo il crollo del Muro di Berlino, non siano stati sufficientemente compresi i nuovi assetti strategici e, di conseguenza, che non si sia intravisto il pericolo di nuove inevitabili guerre, come quella scoppiata proprio in Ucraina.

* * * *

“La catastrofe è la condizione di vita e il modo normale di esistenza del capitale nella sua fase finale”.

Rosa Luxemburg (1913)

Le parole d‘ordine «No alla guerra», «Pace», «né con Putin, né con Biden» sembrano deboli e impotenti se non trovano la loro forza in un «contro Putin e contro Biden». L'opposizione alla guerra deve fondarsi su una feroce lotta contro le diverse forme di capitalismo e sovranità in lizza tra loro, tutte capaci di dominio, sfruttamento e guerra.

L’appello dei partiti socialisti alla conferenza internazionale di Zimmerwald del 1915 ci ricorda una verità molto semplice, sebbene attivamente dimenticata. La guerra «nasce dalla volontà delle classi capitaliste di ogni nazione di vivere dello sfruttamento del lavoro umano e delle ricchezze naturali dell’Universo» – per cui il nemico principale è, o è anche, nel nostro stesso paese.

Siamo sorpresi, siamo disorientati, come se questa guerra fosse una novità arrivata come un fulmine nel cielo sereno della pace. Eppure, da quando il Dipartimento di Stato nel 1989 ha annunciato la fine della storia, la pace e la prosperità sotto la benevolenza dello Zio Sam, il Pentagono e l’esercito degli Stati Uniti si sono impegnati in una serie impressionante di «missioni umanitarie per la fratellanza tra i popoli»:


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Parla l’imprenditore russo: “Vi dico la verità sulle sanzioni”

nicolaporro

Parla l’imprenditore russo: “Vi dico la verità sulle sanzioni”: Rettifica

Il lato oscuro delle misure imposte alla Russia dalla Comunità internazionale

a cura di Beatrice Nencha


Aggiornamento ore 19.30

 

Abbiamo rimosso l’intervista ad un imprenditore russo pubblicata stamattina e firmata da Beatrice Nencha. Ad una successiva e più approfondita verifica, infatti, ci siamo resi conto che molte delle cifre fornite dall’imprenditore erano errate. I numeri si discostavano così tanto dalle stime realistiche che abbiamo preferito eliminare del tutto l’intervista. Ce ne scusiamo con i lettori e li ringraziamo per la comprensione.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

unread,
Mar 13, 2022, 7:51:28 AM3/13/22
to sante gorini

Pierluigi Fagan: Reality

pierluigifaganfacebook

Reality

di Pierluigi Fagan

Zelensky è la Chiara Ferragni della politica internazionale. L'hanno pensato per dire "vedi ce la potresti fare anche tu" e questo piace. Inutile cercare di rompere questo sogno alla gente, la realtà è così brutta che sognare è l'unico balsamo. In più è gratis, o tale si pensa.

Un secondo dopo che accade qualcosa o lui fa accadere qualcosa, madri incinte che sanguinano, centrali atomiche colpite da missili o in blackout, dopo aver parlato con Biden o Johnson ed addirittura Westminster in diretta e solo perché Dio aveva da fare, lui va in video e twitta. Tutti i giorni, più volte al giorno. Ha sempre un testo pronto, ha una intera squadra di spin doctor sotto. E visto che gente manda alle trattative, mi riesce difficile pensare siano ucraini. E vista la pertinenza, la velocità, la struttura della narrazione è ridicolo il solo pensarlo.

Pensate davvero che uno che sta intronato dopo 14 giorni di bombardamento, semi assediato, con la nazione in fiamme milioni di cittadini sfollati, m-i-l-i-o-n-i di donne-vecchi-bambini, invaso da uno dei più potenti eserciti del mondo, con mille ed uno problemi operativi da risolvere o da non risolvere come sfollare per tempo un ospedale di una città che i russi hanno impiegato giorni a cingere d’assedio, è credibile vada in video a fare occhiolino o la versione affranta o quella che urla “maledetti europei date l’assenso alla no-fly-zone, venite dietro al Vostro Capitan Libertà che sto lottando anche per voi!”? Tutti i giorni, più volte al giorno? Davvero riuscireste a farlo? Siate onesti. Dai, non ci credo. Tutto ciò vi sembra credibile?


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Roberto Buffagni: Seconda settimana di ostilità in Ucraina

italiaeilmondo

Seconda settimana di ostilità in Ucraina

Il punto della situazione

di Roberto Buffagni

030322 Analisi settimana 11. Con la massima brevità faccio il punto della situazione dopo la seconda settimana di ostilità in Ucraina.

2. Dal 10 marzo è gratuitamente disponibile in rete una intervista al generale Fabio Mini1 che dice tutto il necessario per capire il quadro politico e militare della situazione. Per una analisi più approfondita, si può leggere l’articolo di Mini in “Limes” 2/2022, La Russia cambia il mondo, p. 203-216. Concordo al 100% con le analisi di Mini.

3. I dati fondamentali del conflitto militare mi paiono i seguenti:

4. La Russia conduce una guerra limitata per obiettivi limitati, per così dire una guerra “vestfaliana”2. Gli obiettivi che dichiara e persegue sono: a. neutralità dell’Ucraina b. “demilitarizzazione” dell’Ucraina (riduzione del potenziale militare ucraino) c. “denazificazione” dell’Ucraina (nessun esponente di formazioni che si richiamino al nazional-socialismo nel governo ucraino) d. riconoscimento Repubbliche del Donbass e. riconoscimento annessione della Crimea.

5. La Russia sta impiegando nel conflitto circa il 15% dei suoi effettivi e una frazione probabilmente anche minore dei suoi mezzi militari. L’Ucraina sta impiegando, nel conflitto, tutti i suoi effettivi (o quasi) e tutti i suoi mezzi militari (o quasi). Sul terreno, la Russia ha saldamente in mano l’iniziativa e un controllo quasi completo del cielo, e ha spezzato la coesione delle unità e del comando ucraino: le unità ucraine sono isolate e non possono coordinarsi con il comando centrale. Esse dunque possono resistere e contrattaccare ottenendo vittorie tattiche, ma non predisporre una controffensiva generale per strappare l’iniziativa ai russi.


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Vincenzo Comito: Conseguenze economiche e finanziarie della guerra in Ucraina

sbilanciamoci

Conseguenze economiche e finanziarie della guerra in Ucraina

di Vincenzo Comito

Nel reticolo di interessi dato dalla globalizzazione non è semplice definire chi è destinato a guadagnare e chi a perdere dalla guerra. Alcuni elementi però iniziano a delinearsi: l’Europa ha da perderci più di chiunque altro. E la Russia viene costretta a una alleanza più stretta con la Cina

dl
            a01851490Questo articolo non vuole coprire tutte le tematiche economico-finanziarie legate alla guerra in Ucraina e alle sanzioni occidentali, ma guardare soltanto ad alcuni dei temi relativi, con particolare riferimento al ruolo della Cina nella crisi e, in misura minore, alle possibili conseguenze del tutto per il quadro europeo. Parte delle note che seguono, vista anche la situazione di grande confusione in atto e l’urgenza di informare, saranno dunque soggette a imprecisioni ed incertezze. 

E’ ben noto che con le guerre c’è sempre chi ci guadagna, anche molto e nel nostro caso faranno certamente salti di gioia i produttori di armi (anche noi ne abbiamo qualcuno; così, mentre la Borsa italiana crollava, il titolo Leonardo guadagnava il 15%). Macron ha già dichiarato che i 50 miliardi di euro stanziati in bilancio dalla Francia per il 2022 non bastano più, mentre, il cancelliere Scholz ha annunciato la creazione di un fondo di 100 miliardi di euro per il settore della difesa; attendiamo con impazienza un qualche annuncio italiano in proposito. Intanto partono dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti grandi carichi militari per l’Ucraina. Non mancheranno certo di arricchirsi anche i trader di prodotti energetici e agricoli, nonché di qualche minerale, oltre che, come sempre, gli speculatori di Borsa.

 

Un difficile equilibrio

Anche se le opinioni in merito divergono molto, la Cina per alcuni aspetti potrebbe essere danneggiata dagli avvenimenti, mentre per altri forse risulterà avvantaggiata. Il bilanciamento tra i due punti dipenderà molto da come si metteranno le cose in futuro.     


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Matteo Bortolon: Crisi ucraina, la guerra più scontata della storia

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Crisi ucraina, la guerra più scontata della storia

di Matteo Bortolon

mappa
              nato.pngNumerosi esperti di strategia, diplomatici e figure politiche aveva previsto la strada verso il precipizio delle politiche occidentali verso l’Ucrania, eppure non si è cambiato strada.

La cosa più affascinante della guerra in Ucraina è il gran numero di grandi pensatori di strategia che hanno lanciato avvertimenti per anni che sarebbe arrivata se avessimo continuato sulla stessa strada. Nessuno li ha ascoltati ed eccoci qui.

Il primo è George Kennan, probabilmente il più grande stratega di politica estera americano, l’architetto della strategia americana della guerra fredda. Già nel 1998 aveva avvertito che l’espansione della NATO era un “tragico errore” che alla fine avrebbe potuto provocare una “reazione negativa da parte della Russia”:

«Penso che sia l’inizio di una nuova guerra fredda. Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e ciò influenzerà le loro politiche. Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per questo. Nessuno stava minacciando nessun altro. Questa espansione farebbe rivoltare nelle loro tombe i Padri Fondatori di questo paese. Ci siamo formalmente impegnati a proteggere un insieme di paesi anche senza averne i mezzi o una seria intenzione di farlo davvero. [L’allargamento della NATO] è stata solo un atto spensierato da parte di un Senato che non ha reale interesse alla politica estera. Quello che mi infastidisce è quanto sia stato superficiale e mal informato l’intero dibattito al Senato. Sono stato particolarmente infastidito dai riferimenti alla Russia come un paese che muore dalla voglia di attaccare l’Europa occidentale.


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Lorenzo Velotti: L’alba di tutto, ovvero: non siamo mai stati stupidi

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L’alba di tutto, ovvero: non siamo mai stati stupidi

di Lorenzo Velotti

2020 0904 david graeber 1200x836 1Un giorno d’ottobre 2018, in una Londra decisamente già troppo invernale, entravo nervoso in una classe stracolma. Anche ai lati, per terra, gli spazi scarseggiavano. Riuscii a sedermi per terra, quasi sotto un banco. Il professore, David Graeber, che vedevo in quel momento per la prima volta, era impegnato a scrivere sulla lavagna: “Rousseau; Hobbes; De Lahontan; Kandiaronk…”. Si girò e ci rassicurò: avrebbe chiesto all’amministrazione una classe più grande. Poi cominciò la lezione, con un po’ di studenti costretti a seguire da fuori, sbirciando dalla porta aperta. Fu la prima lezione del corso “Antropologia e Storia Globale”, che si tenne solo quell’anno e del quale gran parte dei contenuti erano relativi al libro che, ci rivelò, stava scrivendo con l’archeologo David Wengrow. Il corso si interrogava sulla relazione tra antropologia e storia, e culminava con le domande: “In che modo la storia è consapevolmente prodotta da chi ne partecipa? Secondo quali dinamiche la potenziale inquadratura narrativa degli eventi diventa un elemento chiave in politica o, addirittura, l’aspetto decisivo dell’azione politica stessa?”

Ora, queste non sono, almeno esplicitamente, le domande che pone il libro L’alba di tutto. Una nuova storia dell’umanità (Rizzoli 2022), che Wengrow e Graeber finirono di scrivere soltanto una settimana prima della prematura morte di quest’ultimo (avvenuta a Venezia nel settembre 2020). Tuttavia, sono domande particolarmente utili da cui partire per cogliere gli aspetti fondamentali di questa ricerca. Infatti, nonostante i sospetti postmoderni nei confronti delle metanarrative, queste ultime sembrano aver costituito, da sempre, un elemento fondamentale nell’intreccio tra storia e azione politica.


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Ferdinando Pastore: Il punto che non vogliamo affrontare

linterferenza

Il punto che non vogliamo affrontare

di Ferdinando Pastore

Nell’edizione domenicale del foglio propagandistico curato dai falchi di Washington, Angelo Panebianco si è lanciato nella scrittura di un vero e proprio compendio di guerra. Non una chiara esortazione a imbracciare fucili e kalashnikov ma una puntuale trattazione ideologica sull’etica che accetta l’idea del conflitto. Il manuale parte da una constatazione. Crollato il comunismo e la sua visione universalistica del progresso, i nemici della “rule of law” e dell’espansionismo di mercato vivono in una stanca condizione di debolezza. Al contrario l’Occidente è compatto nelle proprie idee-forza. Per cui il motto della Fine della Storia è più attuale che mai. Ma il mondo multipolare al di fuori delle sue barriere è molto pericoloso. Senza imbarcarsi in crociate occorre applicare un sano realismo. Di crociata.

Quindi per Panebianco non esiste nulla di attrattivo oltre la cultura mercantilista. Solo i nostri imperativi di concorrenza, di individualismo competitivo, annunciano capacità di fascinazione.


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Nico Maccentelli: La sinistra petalosa ed euroliberista fomenta la guerra dal salotto di casa

nicomaccentelli

La sinistra petalosa ed euroliberista fomenta la guerra dal salotto di casa

di Nico Maccentelli

Screenshot 20200510 122714 GalleryTra gatti russi “rimbalzati” a mostre feline, direttori d’orchestra russi a cui viene imposta abiura sull’operato dei suoi connazionali e messe alla gogna di Dostoevskij come all’Università Milano Bicocca, stiamo assistendo a una campagna isterica antirussa che non si ferma alla sola critica dell’operato bellico delle classi dirigenti putin-dughiniane e oligarchiche ma si estende a una messa al bando culturale che ha tutto il sapore dei righi di libri di nazista memoria. E infatti se mettiamo in correlazione il sostegno che il PD con personaggi come Pittella e la Quartapelle hanno dato al regime di Kiev bypassando gli otto anni di atrocità ucraine in Donbass e i battaglioni nazisti, con queste purghe culturali dal sapore totalitario e hitleriano, il quadro che ne emerge è veramente inquietante per quei pochi spazi di democrazia che ancora permangono dopo due anni di censura e discriminazioni sulla popolazione italiana portate avanti con la gestione criminale e lucrosa della pandemia.

Devono farsene una ragione a sinistra: chi porta avanti con il massimo livore questo schema: espungere dalla nostra società tutto ciò che parla di Russia, non sono le destre, ma una sinistra euroliberista e falsamente dirittoumanitarista che si nasconde dietro le bandiere della pace e a paragoni demenziali sulla nostra Resistenza con la parte belligerante Ucraina per seguire pedissequamente la politica guerrafondaia della Casa Bianca. Infatti, è proprio in questa situazione che si dovrebbero aprire le porte del dialogo, per non scadere nell’escalation e per dare una chanche alla pace come cantava John Lennon. Insieme alla censura isterica vengono del tutto occultatele ragioni russe, che non sono poi così aliene dal buon senso.


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Marco Della Luna: Mostro presunto: voci dal putinferno

marcodellaluna

Mostro presunto: voci dal putinferno

di Marco Della Luna

Dai mass media appare questo: Putin ha violato clamorosamente il diritto internazionale attaccando e dividendo uno stato indipendente riconosciuto dall’ONU, senza legittimo motivo, e si è cacciato in una situazione di isolamento internazionale che danneggia gravemente l’economia russa, mentre le forze armate russe, sebbene molto più potenti sulla carta, vengono efficacemente contrastate da una valorosa resistenza ucraina. Forse i capi di stato Maggiore russi, per adulare Putin, lo avevano illuso che avrebbero conquistato l’Ucraina con una guerra lampo. Forse Putin è uno psicopatico oppure è impazzito oppure è molto malato, come suggerisce la sua faccia apparentemente gonfia di cortisone, e vuole realizzare qualcosa di importante per passare alla Storia. Potrebbe spingersi fino ad attaccare la Finlandia e la Svezia o a scatenare una guerra nucleare, appunto perché è mentalmente squilibrato. Ma in ogni caso non sarà in grado di mantenere l’occupazione di paesi contro la volontà della loro popolazione, quindi ciò che sta facendo o che potrebbe fare è del tutto illogico e conferma l’ipotesi che non sia lucido.


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Manlio Dinucci: Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp

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Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp

di Manlio Dinucci

Manlio Dinucci, l’unico analista di spessore a scrivere su Il Manifesto, spiega i motivi per cui ha deciso di porre fine alla lunga collaborazione con il quotidiano.

“L’8 marzo, dopo averlo per breve tempo pubblicato online il Manifesto ha fatto sparire nottetempo questo articolo anche dall’edizione cartacea, poiché mi ero rifiutato di uniformarmi alla direttiva del Ministero della Verità e avevo chiesto di aprire un dibattito sulla crisi ucraina. Termina così la mia lunga collaborazione con questo giornale, su cui per oltre dieci anni ho pubblicato la rubrica L’Arte della guerra.”

Qui a seguire l’ottimo articolo censurato.

* * * *

Il piano strategico degli Stati uniti contro la Russia è stato elaborato tre anni fa dalla Rand Corporation (il manifesto, Rand Corp: come abbattere la Russia, 21 maggio 2019). La Rand Corporation, il cui quartier generale ha sede a Washington, è «una organizzazione globale di ricerca che sviluppa soluzioni per le sfide politiche»: ha un esercito di 1.800 ricercatori e altri specialisti reclutati da 50 paesi, che parlano 75 lingue, distribuiti in uffici e altre sedi in Nord America, Europa, Australia e Golfo Persico. Personale statunitense della Rand vive e lavora in oltre 25 paesi.


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Andrea Zhok: "Ehi, vi ricordate del Covid?"

lantidiplomatico

"Ehi, vi ricordate del Covid?"

di Andrea Zhok

Ehi, vi ricordate del Covid?

Quella terribile malattia che, secondo la Pravda nostrana non lasciava scampo, faceva strage d'innocenti e poteva essere contenuta solo con le misure più draconiane?

Direte, dov'è sparita?

Tranquilli, è ancora serenamente là, ieri abbiamo avuto circa lo stesso numero di contagi del picco delle ondate precedenti (40.000) e circa 200 decessi (ora come allora, con età media 80 anni).

Le inoculazioni sono ferme, il super green pass è ancora in funzione, la gente sospesa dal lavoro è ancora sospesa, i ragazzi discriminati per andare a fare sport o altro sono ancora discriminati, ecc. ecc.

Però l'allarme e l'isteria collettiva sono cessati di botto.

Questo perché la nostra realtà è integralmente una realtà mediaticamente costruita, e la regola aurea della, chiamiamola, "informazione" è che c'è spazio per un solo titolone a piena pagina, per un solo scoop d'apertura, per una sola chiamata alle armi dei teledipendenti.


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Dante Barontini: La guerra si evita trattando. Sempre…

contropiano2

La guerra si evita trattando. Sempre…

di Dante Barontini

La guerra è una fogna, e mai come in questi giorni tanti sognano di farci un tuffo “igienizzante”. La guerra fatta tra chi ha armi nucleari sarebbe anche l’ultima, ma non si può certo dire “per fortuna”.

La guerra ha sempre delle cause, ossia interessi che qualcuno intende come “ragioni”. Chi vuole distinguere l’informazione dalla propaganda di guerra va a cercare di capire quali siano le cause.

I guerrafondai “senza se e senza ma” fanno invece come Mario Draghi in Parlamento: “non è il momento di fare i conti con se stessi e con gli altri ma di fare i conti con la storia, non quella passata ma di oggi e di domani. A questo punto il passato, quello che abbiamo fatto, gli errori… Tutto questo è utile perché migliora la consapevolezza personale, ma è inutile se ci divide. Quello che abbiamo davanti è qualcosa che ci deve unire“.

Se si seguisse il suo consiglio, ci ritroveremmo incolonnati con un vecchio fucilino (gli “otto milioni di baionette” sono un precedente tutto sommato recente) a ripercorre la strada che porta alla guerra. Contro la Russia, per di più…


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Antiper: La guerra è già mondiale alla periferia degli imperi

antiper

La guerra è già mondiale alla periferia degli imperi

di Antiper

Quando parliamo di guerra sarebbe sempre importante definire cosa si deve intendere con questo termine nella fase attuale e considerare l’impatto delle nuove tecnologie sul modo di farla.

E quando parliamo di guerra mondiale che cosa dobbiamo intendere? Non tanto, evidentemente, una guerra alla quale partecipano tutti i paesi del mondo, ma piuttosto una guerra che negli obiettivi – e ancor più negli esiti – tende a ridefinire le sfere di egemonia globale.

Nonostante tutti i principali attori internazionali siano attivi in questo momento in Ucraina – chi “sul campo”, come russi e ucraini, chi con armi di ogni genere, ma indirettamente, come USA e UE, chi solo a livello “diplomatico” e in modo soft, come la Cina… – quella che si combatte in Ucraina non è una guerra mondiale, ma piuttosto la nuova tappa di una vecchia guerra mondiale che è già in atto sin dai primi anni ‘90 e la cui scansione si è dipanata attraverso una serie di conflitti “regionali” (Jugoslavia, Iraq, Somalia, Sudan, Serbia, Afghanistan, Libia, Siria, Ucraina…). L’aveva intuito persino il Papa (che per il ruolo che ricopre è costretto ad avere uno sguardo globale) che siamo di fronte ad una terza guerra mondiale combattuta “a pezzi” [1].


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Paolo Ferrero: Pace o barbarie

lavoroesalute

Pace o barbarie

Alba Vastano intervista Paolo Ferrero - Prc, Vice presidente Sinistra europea

immagine 3 1024x585Solo pochi giorni fa aleggiavano venti di rinnovato ottimismo per la fase discendente della pandemia e una prudente euforia per il ritorno alla normalità si andava diffondendo da persona a persona, di città in città. ‘La guerra imprevista contro il virus l’abbiamo vinta, per ora,- si vociferava- intanto ci riprendiamo la nostra vita, la nostra libertà’. Non sta andando così e il virus non è il motivo. Cambio di paradigma. Dal 24 febbraio stravolge la nostra vita un’altra guerra. Una guerra vera questa volta, fatta da uomini e con le armi. Una guerra prevista, perché scatenata dai fatti storici precedenti e dal mancato rispetto degli accordi risalenti al 2014 (Minsk) Una guerra scaturita dall’odio fra uomini che del potere ne hanno fatto la ragione della loro squallida e irresponsabile vita, provocando da molto tempo una reazione a catena di violenze e soprusi su popoli indifesi. Oggi, 77 anni dopo la fine del conflitto mondiale, siamo di nuovo sull’orlo del baratro. Ci salverà solo un forte movimento pacifista e l’uscire dal sonno delle ragione che, com’è noto, non può che generare mostri.

Dell’invasione dell’Ucraina, da parte di Putin, delle motivazioni di questo efferato gesto, della storia di lungo corso che c’è dietro, del pericolosissimo precipitare degli eventi da scongiurare avanzi e delle possibili soluzioni, ma anche del miracolo Cuba (nonostante il bloqueo) ce ne parla Paolo Ferrero, del partito della Rifondazione comunista e vicepresidente della Sinistra europea. Ѐ di ritorno da Cuba, dove ha potuto constatare come un Paese, sia pur sottoposto alla pressione imperialista da lungo tempo, ha mantenuto alto il livello di partecipazione popolare e della democrazia. Cuba, nel biennio che ha visto il mondo stravolto dalla pandemia, ha mostrato la sua vera anima basata sulla solidarietà fra i popoli e ha dato vita, grazie al progresso delle scienze biotecnologiche ad un vaccino che ha salvato l’intera comunità cubana. La parola a Paolo Ferrero.


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Fabrizio Poggi: La guerra in Ucraina e i laboratori biologici USA a L’vov, Poltava e Khar’kov

contropiano2

La guerra in Ucraina e i laboratori biologici USA a L’vov, Poltava e Khar’kov

di Fabrizio Poggi

C’è ancora incertezza sull’andamento generale dei colloqui tra le delegazioni russa e ucraina in Bielorussia: «per ora non hanno dato risultati che possano portare a un miglioramento della situazione», hanno dichiarato ieri dalla presidenza ucraina al termine del terzo round; e il capo-delegazione russo, Vladimir Medinskij ha detto che «le nostre aspettative sui negoziati non si sono avverate, ma speriamo che la prossima volta saremo in grado di fare passi avanti più significativi. I negoziati continuano».

Così, da vari centri ucraini continuano a giungere notizie inquietanti, che riguardano la sorte di tutte quelle persone che cercano di mettersi in salvo attraverso i corridoi umanitari lasciati aperti dalle forze russe attorno alle città ucraine assediate.

Dopo la vicenda del membro della delegazione ucraina al primo round di colloqui, Denis Kireev, assassinato a Kiev dai Servizi di sicurezza ucraini e rivelatosi essere non una “spia”, come asserito dai Servizi, bensì un agente dell’Intelligence militare, che ne fa il necrologio qualificandolo “eroe”, altra “impresa patriottica” dei nazionalisti ucraini, che hanno sequestrato e torturato il noto lottatore di MMA (Arti marziali miste) Maksim Ryndovskij, “colpevole” di allenarsi nel club ceceno “Akhmat” e di essersi recato nelle Repubbliche popolari del Donbass.


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Fabio Mini: Guerra in Ucraina, invio di armi e propaganda

lantidiplomatico

Guerra in Ucraina, invio di armi e propaganda

Intervista al gen. Fabio Mini

720x410c50"Negoziare, finirla con il pensiero unico e la propaganda, aiutare l’Ucraina a ritrovare la ragione e la Russia ad uscire dal tunnel della sindrome da accerchiamento non con le chiacchiere ma con atti concreti." E' il pensiero di Fabio Mini, generale di Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano, già Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo. "E quando la crisi sarà superata, sperando di essere ancora vivi, Italia ed Europa dovranno impegnarsi seriamente a conquistare quella autonomia, dignità e indipendenza strategica che garantisca la sicurezza europea a prescindere dagli interessi altrui", dichiara a l'AntiDiplomatico. E' stato scritto correttamente come le voci più sensate nel panorama della propaganda a senso unico siano quelle dei generali, di coloro che conoscono bene come pesare le parole in momenti come questi. Come l'AntiDiplomatico abbiamo avuto l'onore di poter intervistare uno dei più autorevoli

* * * *

L'INTERVISTA

Dal Golfo di Tonchino alle armi di distruzione di massa in Iraq- e tornando anche molto indietro nella storia - Generale nel suo libro “Perché siamo così ipocriti sulla guerra?” Lei riesce brillantemente a ricostruire i falsi che hanno determinato il pretesto per lo scoppio di diverse guerre. Qual è l’ipocrisia e il falso che si cela dietro il conflitto in corso in Ucraina?

Il falso è che la guerra sia cominciata con l’invasione russa dell’Ucraina. Questo in realtà è un atto nemmeno finale di una guerra tra Russia e Ucraina cominciata nel 2014 con l’insurrezione delle provincie del Donbas poi dichiaratesi indipendenti.


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John Mearsheimer: Perché John Mearsheimer incolpa gli Stati Uniti per la crisi in Ucraina

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Perché John Mearsheimer incolpa gli Stati Uniti per la crisi in Ucraina

Isaac Chotiner intervista John Mearsheimer

Il New Yorker pubblica un'intervista al prof. John Mearsheimer, politologo e studioso delle relazioni internazionali tra i più autorevoli e conosciuti nel suo campo, una assoluta autorità in materia, in cui lo studioso svolge una argomentata e severa critica alla politica estera americana degli ultimi decenni e più in generale dell'occidente, accusati di una pericolosa mancanza di realismo e di una grave miopia nei confronti del vero concorrente degli USA, che non è la Russia, ma la Cina

new yorkerIl politologo John Mearsheimer afferma da anni che l'aggressione di Putin nei confronti dell'Ucraina è causata dall'intervento occidentale. Gli eventi recenti gli hanno fatto cambiare idea? Mearsheimer è stato uno dei più famosi critici della politica estera americana dalla fine della Guerra Fredda. Forse meglio conosciuto per il libro che ha scritto con Stephen Walt, "The Israel Lobby and US Foreign Policy", Mearsheimer è un sostenitore della politica delle grandi potenze, una scuola di relazioni internazionali realistiche che presume che, in un tentativo egoistico di preservare la sicurezza nazionale, gli stati agiranno in via preventiva per anticipare gli avversari. Per anni, Mearsheimer ha sostenuto che gli Stati Uniti, spingendo per espandere la Nato verso est e stabilendo relazioni amichevoli con l'Ucraina, hanno aumentato le probabilità di una guerra tra potenze nucleari e hanno gettato le basi per la posizione aggressiva di Vladimir Putin nei confronti dell'Ucraina. Infatti, nel 2014, dopo che la Russia ha annesso la Crimea, Mearsheimer ha scritto che "gli Stati Uniti e i loro alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità per questa crisi".

L'attuale invasione dell'Ucraina ha rinnovato il dibattito di lunga data sulle relazioni tra Stati Uniti e Russia. Sebbene molti critici di Putin abbiano sostenuto che avrebbe perseguito una politica estera aggressiva nei confronti delle ex repubbliche sovietiche indipendentemente dal coinvolgimento occidentale, Mearsheimer mantiene la sua posizione, secondo la quale gli Stati Uniti sono colpevoli di averlo provocato. Di recente ho parlato con Mearsheimer per telefono. Durante la nostra conversazione, che è stata modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza, abbiamo discusso sul fatto se la guerra in corso avrebbe potuto essere evitata, se ha senso pensare alla Russia come a una potenza imperiale e quali sono i progetti di Putin sull'Ucraina.


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Alessandro Mangia: Si caelum digito tetigeris

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Si caelum digito tetigeris

Osservazioni sulla legittimità costituzionale degli obblighi vaccinali

di Alessandro Mangia*

Obbligo vaccinale e legittimità costituzionale: dalla tipologia di autorizzazione EMA all’indennizzo del danno, dall’interesse della collettività al diritto individuale, dalla sperimentazione all’irreversibilità della vaccinazione

joshua hoehne rruOElkPdRA unsplash1. Una precisazione e un punto di partenza

Per inquadrare adeguatamente le questioni relative alla possibilità di introdurre un obbligo vaccinale diretto, in sostituzione del meccanismo per misura equivalente previsto dal d. l. 6 agosto 2021 n. 111 (c.d. obbligo di Green Pass) (1) , è necessario, prima di tutto, muovere da una corretta ricostruzione della situazione di fatto sulla quale una disciplina del genere pretende di incidere.

E, trattandosi di una situazione in cui è determinante il ruolo degli accertamenti tecnici di settore, è necessario inquadrare la situazione alla luce delle conoscenze disponibili al momento: ciò che, nel discorso comune, viene genericamente espresso in termini di “rinvio alla ‘scienza’”.

La prima precisazione da fare è che il discorso giuridico non è il discorso comune. La ‘scienza’ di cui si è parlato fin troppo negli ultimi mesi è, in realtà, un sapere settoriale, caratterizzato da un suo specifico statuto metodologico, la cui applicazione produce risultati diffusi all’interno di una comunità di riferimento. E non altro (2).

Men che meno può essere oggetto di ‘fede’.

Si tratta di una precisazione sgradevole, ma necessaria, che tocca fare per riportare – almeno fra i giuristi – il discorso sui binari che gli sarebbero dovuti essere propri fin dall’inizio.

E mondarlo da connotazioni (precomprensioni) inquinanti (3). La fede riguarda – o, in un mondo normale, dovrebbe riguardare – qualcos’altro, che, comunque la si metta, esula (o trascende) il discorso razionale. Sicché, se collocata nel mondo del diritto, l’espressione ‘fede nella scienza’ rappresenta un ossimoro. O, al massimo, nel campo delle scienze psicologiche, un ottimo esempio di dissonanza cognitiva.


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Stefano Lucarelli: Distruzione creatrice, sviluppo economico e decadenza

economiaepolitica

Distruzione creatrice, sviluppo economico e decadenza

Un invito a rileggere davvero Schumpeter

di Stefano Lucarelli

schumpeter marx smith keynes1. Dinanzi all’esigenza di uscire dalla crisi economica successiva alla Pandemia, da più parti si è fatto riferimento alla teoria economica di Schumpeter e in particolare alla “distruzione creatrice”. Nel farlo però, si lascia intendere che Schumpeter sia un antesignano della teoria della crescita economica dominante. In queste note sosterrò che siamo piuttosto di fronte ad uno stravolgimento della visione schumpeteriana, a una re-interpretazione infedele dei concetti introdotti da Schumpeter. Un po’ come quando si riduce Adam Smith alla mano invisibile, senza peraltro averne compreso il significato originario[1]. Lo stesso trattamento viene riservato al concetto schumpeteriano di distruzione creatrice, dinanzi dall’esigenza innegabile di fare i conti con un cambio epocale. Cercherò inoltre di mostrare che la teoria dello sviluppo economico schumpeteriana non è riducibile ad una teoria dell’azione imprenditoriale, poiché da un lato essa è una particolare teoria monetaria della produzione, e dall’altro conduce a fare i conti con la stessa evoluzione del capitalismo. Infine, concluderò il mio discorso con alcune note relative al ruolo che la politica assume in una prospettiva schumpeteriana, distinguendo fra ciò che Schumpeter scrive e ciò che invece sostengono gli studiosi che hanno aperto delle linee di ricerca innovative a partire dall’opera schumpeteriana.

 

2. Il concetto di distruzione creatrice di cui tanto si è parlato a seguito del rapporto sulle politiche post-Covid del Gruppo dei Trenta (il think tank, fondato su iniziativa della Rockefeller Foundation nel 1978)[2] è stato declinato in una prospettiva poveramente darwinista. Si è detto che i governi non dovrebbero sprecare soldi per sostenere le aziende che sono destinate al fallimento, le “aziende zombie”, ma dovrebbero assecondare la “distruzione creatrice” del libero mercato, lasciando queste aziende al loro destino e favorendo lo spostamento dei lavoratori verso le imprese virtuose che continueranno a essere redditizie e che si svilupperanno dopo la crisi.


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Militant: Guerra, Infotainment, “No-Putin Pass” e mobilitazioni

militant

Guerra, Infotainment, “No-Putin Pass” e mobilitazioni

di Militant

Dal 24 febbraio e nel giro di pochi giorni l’aria politica e culturale di questo paese si è fatta velocemente irrespirabile, saturata da una propaganda di guerra di cui facciamo fatica a ricordare un precedente recente. Nell’apparato dell’infotainment italiano la caccia all’untore che aveva caratterizzato tutto il periodo della pandemia è stata rapidamente sostituta dalla stigmatizzazione del filoputiniano. La compagnia di giro che per oltre due anni aveva riempito i talkshow sul Covid si è prontamente riconvertita in commentatori di guerra, mentre generali e analisti geopolitici hanno soppiantato i virologi. In questo frame bellicista chiunque sollevi un dubbio di fronte alla narrazione binaria della lotta del bene contro il male, propinataci a reti unificate, è immediatamente additato come “giustificazionista”, chiunque provi a problematizzare e ad argomentare che la storia non è iniziata 10 giorni fa, o addirittura ad indicare nella Nato il convitato di pietra di questa guerra, viene immediatamente tacciato di essere un “cripto-russo”.


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Salvatore Bravo: Lavorare per la pace con la Filosofia

linterferenza

Lavorare per la pace con la Filosofia

di Salvatore Bravo

La storia si ripete, la Russia si difende da un’aggressione, l’ennesima, ma l’aggredito è rappresentato come l’aggressore e demonizzato. Le ragioni della Russia non sono da utilizzare per giustificare la guerra, ma per favorire la soluzione diplomatica al conflitto. Lavorare per la pace significa “capire” e non schierarsi in modo preconcetto e alzare le grida per facili invocazioni alla pace. La guerra è sempre da evitare, ma la cultura della pace ridotta a flash mob e a manifestazioni arcobaleno non incoraggiano la cultura della pace, ma un semplicismo utile al potere che usa l’ingenuità di molti pacifisti per affilare le armi. Manca la dimensione della complessità, una guerra la si studia nei suoi elementi e nelle sue variabili genetiche allo scopo di comprenderla per agire politicamente allo scopo di consolidare la pace. Tutto questo manca, anzi, se si pongono domande e si fanno emergere problemi si è osteggiati dai media del potere che controllano l’informazione. Tale atteggiamento svela l’inautenticità delle invocazioni della pace, si inneggia alla pace, ma le oligarchie preparano la guerra usando i popoli, schierandoli in battaglia e manipolandoli.


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Federico Dezzani: La Russia verso l’autarchia

federicodezzani

La Russia verso l’autarchia

di Federico Dezzani

Autarchia 2.0: petrolio, acciaio e Huawei

Sull’onda della “operazione speciale” in Ucraina, l’Occidente ha adottato durissime sanzioni di natura finanziaria contro Mosca: nelle prossime ore o giorni, questi provvedimento saranno probabilmente coronati dall’arma assoluta: l’embargo sul petrolio e sul gas. La globalizzazione post-1991, già entrata in affanno col Covid, collasserà definitivamente: al suo posto, risorgeranno le grandi economie continentali ed autarchiche. La Russia è di per sé autosufficiente ed è capace di soddisfare qualsiasi bisogno grazie alla Cina: nella lotta tra i blocchi, rischiano di andare in frantumi le medie potenze esportatrici come Italia e Germania.

* * * *

Non è certo casuale se, negli ultimi anni, il mito di Stalin aveva avuto una seconda giovinezza in Russia: la figura dello zar rosso bene s’addiceva ai tempi che sarebbero dovuti venire e puntualmente sono venuti. Fautore del “socialismo in un solo Paese”, Stalin è infatti lo statista che, sin dal finire degli anni ‘20, aveva impostato l’economia russa su basi autarchiche costruendo, pur tra mille sacrifici ed errori, quel sistema bellico-industriale che avrebbe consentito all’URSS di emergere vittoriosa dalla guerra.


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Vincenzo Costa: Sulla figura dell'anticomplottista

italiaeilmondo

Sulla figura dell'anticomplottista

di Vincenzo Costa

Quali sono gli scopi di Zelensky e dell'occidente? 

Siamo troppo occupati a chiederci che cosa abbia in mente Putin, e non ci stiamo facendo quella che è una domanda almeno altrettanto importante: che cosa ha in mente l’Occidente? Dove vuole arrivare?

L’opinione pubblica ha oramai del tutto perso il ben dell’intelletto. La gente davvero crede che Putin voglia arrivare a Berlino e magari, perché no?, a Roma. Lo dice quello che è l’eroe mondiale del momento, Zelensky.

Crediamo davvero che i Russi vogliano far saltare le centrali nucleari? Perché bisogna proprio avere la farina nel cervello per pensarlo, ma qui ci sono anche intellettuali che lo scrivono, che ci vogliono fare credere che i russi intendono fare esplodere il più grande reattore nucleare al mondo proprio vicino a casa loro.

La capacità di farsi due domande è completamente svanita. E il motivo è semplice: se ti fai una domanda significa che dai ragione e quelli che dicono “non ce lo dicono”.


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Giorgio Mascitelli: La questione ambientale e gli "amici di Putin"

lantidiplomatico

La questione ambientale e gli "amici di Putin"

di Giorgio Mascitelli

Ieri ho ascoltato l'intervista effettuata da Limes a Massimo Nicolazzi, professore di economia delle fonte energetiche dell'Università di Torino, che verteva sulla questione del Gas.

Fondamentalmente ha detto cose che si sapevano: Italia ed Europa dipenderanno dal gas russo ancora per parecchi anni perché non esiste alternativa, il gas liquido americano è troppo caro, la stessa Russia prima di sostituire l'Europa con la Cina come cliente ha davanti a sè un periodo di transizione stimabile in 8-9 anni.

Alcune cose non le sapevo: intanto la dipendenza italiana è recente e dovuta alla riduzione della produzione interna che negli ultimi 10 anni è passata da 17 a 3 miliardi di metri cubi. In secondo luogo Nicolazzi non faceva grande affidamento sull'aumento di gas dall'Algeria e dal Tap per diverse ragioni.

Per affrancarsi dal gas russo occorrevano sostanzialmente due strade: da un lato usare altre fonti energetiche in quegli ambiti in cui si può sostituire il gas e dall'altro cercare di aumentare la produzione nazionale soprattutto tramite le trivellazioni nell'Adriatico e un sveltimento burocratico della concessione dei permessi.


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Rosso Malpelo: Murphy e la rana bollita

letadeldisordine

Murphy e la rana bollita

di Rosso Malpelo

A volte può essere gratificante avere ragione dai fatti, ma questa volta non c’è nulla di cui compiacersi. L’avevo scritto meno di tre mesi fa: il disciplinamento imposto in questi ultimi due anni ai popoli di mezzo mondo, in particolare quello occidentale, poteva avere anche un fine bellico. E infatti la guerra è scoppiata in Ucraina e ci troviamo a transitare da un’emergenza sanitaria ad una bellica. Basta che le emergenze non finiscano mai perché consentono di governare i popoli senza tanti vincoli, di curare i propri affari nell’ombra della distrazione generata dall’emergenza di turno nell’opinione pubblica e in ciò che resta della libera stampa (da noi quasi nulla).

Lo sapevano gli strateghi del capitalismo nordamericano ed europeo dove si stava andando a parare? Ma certo che lo sapevano, è un quarto di secolo che gli USA, in violazione agli accordi Reagan-Gorbaciov, estendono la NATO verso est, inglobando uno alla volta tutti gli stati aderenti all’ex Patto di Varsavia, nell’ordine Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord.


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Mar 15, 2022, 5:28:29 PM3/15/22
to sante gorini

Gioacchino Toni: Il nuovo disordine mondiale /5: guerra, informazione e realtà verosimile

carmilla

Il nuovo disordine mondiale /5: guerra, informazione e realtà verosimile

di Gioacchino Toni

Dying Light 2Recentemente circolava sul Web quella che veniva presentata come la registrazione di una telefonata a un redattore del Tg2 incalzato circa il fatto che qualche giorno prima, in un servizio del telegiornale sulla guerra in Ucraina, erano state inserite brevi sequenze del videogame War Thunder come se si trattasse di riprese di fatti reali.

In tale telefonata, nel ribattere all’accusa di disinformazione, il giornalista ha più volte alternato l’ammissione di aver commesso “un errore” nel mandarle in onda come fossero immagini di fatti veri con la scusante che, tutto sommato, conoscendo bene le guerre contemporanee, quelle sequenze del videogioco erano in fin dei conti del tutto “verosimili”. Insomma, in base a tale ragionamento, se la messa in scena ha caratteristiche di verosimiglianza questa può benissimo essere utilizzata come sequenza di immagini di fatti reali.

Benvenuti nell’era del verosimile, era in cui, il più delle volte, non essendoci il tempo necessario per verificare la veridicità dell’informazione, si finisce per accontentarsi del fatto che ciò che questa riporta risulti verosimile.

Con tali premesse, nulla può essere dato per scontato, dunque, allo stupore indignato derivato dal sentire che erano state spacciate da un telegiornale immagini di un videogioco per fatti di guerra reale dovrebbe accompagnarsi il dubbio circa la veridicità della telefonata. La notizia della presenza di frammenti di War Thunder in un servizio del Tg2 la si ritrova non solo sui social, ove è indubbiamente difficile verificare l’attendibilità delle notizie, ma anche su alcune testate giornalistiche tradizionali che però, al di là di eventuali torsioni volontarie dei fatti riportati, derivando sempre più frequentemente notizie dal Web, potrebbero aver dato credito a una telefonata messa in scena semplicemente per screditare la testata giornalistica televisiva insinuando dubbi su ciò che viene raccontato circa la guerra in corso.


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Giorgio Griziotti: Produzione-distruzione-guerra. Il trittico mortale del capitalismo

effimera

Produzione-distruzione-guerra. Il trittico mortale del capitalismo

di Giorgio Griziotti

Recensione del libro di Maurizio Lazzarato:

L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze, ombre corte, Verona 2022

L’intolérable du présent, l’urgence de la révolution. Minorités et classes, Eterotopia France, Paris 2022 (edizione francese, uscita in gennaio)

lazzarato84L’attualità della grave guerra scoppiata in piena Europa proprio mentre stavo scrivendo questa nota ha acceso il led per la comprensione dell’ultimo capitolo del libro di Maurizio Lazzarato pubblicato recentemente per i tipi di Ombre Corte. C’è da dire che l’insistenza dell’autore sul concetto di guerra come chiave di lettura del capitalismo sin dalla Prima Guerra mondiale, non mi aveva completamente convinto. In fondo le guerre non solo sono sempre esistite ma secondo gli etologi pare che gli umani abbiano ereditato questa propensione da certi primati che arrivano a combattersi mortalmente per la conquista del territorio vitale.

L’originalità della tesi sul concetto di guerra, esposta da Lazzarato già nel passato[1], sta proprio nel fatto che “il capitalismo è contemporaneamente un modo di produzione e un modo di distruzione e autodistruzione…. e che la guerra mostra l’enorme produttività di questa macchina integrata” come sostenuto da Keynes quando “affermava che solo la guerra poteva verificare la pertinenza del suo sistema economico, dal momento che essa spinge al limite le capacità produttive.” (Pag. 231). Questa enorme produttività è finalizzata alla distruzione e quando la macchina capitalista gira a pieno regime porta alla catastrofe.

“Invece di celebrare Schumpeter e la sua nota formula della ‘distruzione creatrice’, bisognerebbe considerare che essa sta portando all’autodistruzione dell’umanità (e di parte delle altre specie)” tramite ogni sorta di guerra compresa ovviamente quella alla biosfera mentre il “marxismo non ha saputo analizzare le rotture operate dalle guerre, proprio perché [anche lui è] ossessionato dalla produzione.” Pag. 233)


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Luigi Pandolfi:Cancellare il debito: il tempo è adesso

economiaepolitica

Cancellare il debito: il tempo è adesso

di Luigi Pandolfi

debito
            600x300Con la pandemia è tornata l’inflazione. E con essa il dibattito sugli strumenti da adottare per tenerla a bada. Sarà inflazione transitoria o strutturale? Su un punto tutti, economisti e governi, sembrano concordare: la tendenza rialzista dei prezzi è figlia della ripresa (squilibrio tra domanda e offerta dei materiali di base della produzione). Poi, da ultimi, ma non meno importanti, si sono aggiunte le tensioni geopolitiche che vedono protagonista la Russia e la speculazione finanziaria sui beni energetici e sulle “quote” di CO2[1]. Un’inflazione da costi. Ma se stanno così le cose, che ruolo possono giocare le banche centrali e nello specifico la Bce? Al netto di alcuni significativi cambiamenti che si sono registrati nella policy di Francoforte a partire dal luglio scorso, sull’Eurosistema rimane forte l’impronta del monetarismo. Per questo, l’ala più conservatrice del suo vertice istituzionale ha già iniziato a chiedere una revisione dell’attuale politica monetaria. Alzare i tassi e chiudere il rubinetto dei programmi di acquisto di titoli sul mercato secondario[2].

La tesi è nota: nel lungo periodo l’aumento della base monetaria produce solo una variazione dei prezzi senza effetti rilevanti sull’economia reale. Ne consegue che una riduzione della stessa è la strada maestra per raffreddare l’inflazione. Tesi non certo suffragata dall’evidenza degli ultimi anni, quando, a fronte di un’inondazione di liquidità che ha interessato il sistema, tutta l’eurozona ha dovuto fare i conti con un prolungato alternarsi di deflazione e stagnazione. E adesso? Come può adesso la politica monetaria risolvere i problemi lasciati in eredità dai lockdown e quelli derivanti dalle strozzature nelle catene globali di approvvigionamento di materie prime? Una risposta a questa domanda l’ha data proprio la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde: “La politica monetaria non può riempire i gasdotti, velocizzare le file dei container nei porti o formare nuovi autisti per guidare gli autotreni”[3].


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Fulvio Winthrop Bellini: La battaglia per il Quirinale e il Piano Draghi

cumpanis

La battaglia per il Quirinale e il Piano Draghi

di Fulvio Winthrop Bellini

Premessa: le due linee politiche

IMMAGINE SECONDO PEZZO SEZIONE POLITICA E TEORIA
            articolo BelliniSi sono svolte le elezioni del Presidente della Repubblica che hanno visto la conferma di Sergio Mattarella, risultato per nulla scontato. Questo avvenimento ci dà la possibilità di fare alcune importanti riflessioni con una premessa di ordine generale necessaria. In questo articolo non si farà il “tifo” per nessuno. Ci si occuperà del mondo reale, per quello che la politica è e non per quello che dovrebbe essere, baderemo quindi alla “verità effettuale” come ci viene insegnata nel XV capitolo del Principe di Machiavelli. Emergerà un giudizio politico finale circa l’esito delle elezioni che sarà il frutto di un percorso fatto oltre il velo delle ovvietà, delle frasi fatte, degli stereotipi che a bella posta vengono innalzati dai mass media di regime, i quali, come abbiamo sempre ribadito, non hanno il compito di narrare i fatti nel modo più onesto possibile, ma hanno l’incombenza di raccontare la storia scritta secondo i desideri dei “Poteri economici sovranazionali”, come definiti dallo stesso Mattarella, spesso senza curarsi neppure della verosimiglianza di quello che dicono. In una elezione rappresentata come un caos di opinioni contrastanti dove non è apparso alcun disegno da parte dei leader di partito, cercheremo di dimostrare che è vero esattamente il contrario: sotto una confusione apparente si sono scontrate due linee politiche, e se una avesse vinto le conseguenze sarebbero state fatali per il futuro di questo disgraziato paese. Partendo quindi dalla vulgata dei mass media: caos dei partiti che non hanno più saputo cosa fare, e per questo hanno chiesto a Sergio Mattarella di accettare la rielezione, giungeremo a dimostrare la nostra tesi: c’è stato un durissimo scontro tra due precise strategie.


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Pasquale Cicalese: La Bretton Woods 3

pianocontromercato

La Bretton Woods 3

di Pasquale Cicalese

Tasso di inflazione a febbraio in Cina pari alo 0.9% (5.9% area euro), tasso di inflazione alla produzione Cina 8.8% (Germania a gennaio 17.8%). Inflazione core Cina 1.1%. Aumento mensile dello 0.5% dovuto a energia e materie prime. La Cina para la tempesta mondiale inflazionistica mondiale dovuta al boom delle materie prime. Il differenziale inflazionistico a livello di produzione con la Germania le erode a quest’ultima quote di mercato, avendo ormai la Cina raggiunto target tecnologici quasi alla pari. Come sostenevo giorni fa il differenziale inflazionistico Cina-Area Euro e Cina-Usa pone quest’ultimo in vantaggio a livello industriale, prova la performance delle esportazioni a gennaio-febbraio che hanno battuto le stime, con boom surplus commerciale. L’area euro intanto si prepara a nuovi strumenti finanziari per sostenere la base industriale attraverso il protezionismo fiscale (aiuti alle grandi imprese, mentre li si manda alla deriva le piccole). La guerra commerciale continua e sembra che la Cina, terzo attore globale nello scontro Usa Russia, si avvantaggi, come avevo sostenuto due settimane fa nel blog.


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Piccole Note: Ucraina: dare spazio alla diplomazia e non alimentare l'odio

piccolenote

Ucraina: dare spazio alla diplomazia e non alimentare l'odio

di Piccole Note

L’incontro di Antalya tra i ministri degli Esteri russo e ucraino non ha sortito risultati tangibili, come abbiamo scritto ieri. Ma ciò era chiaro fin da prima, dal momento che non c’erano le condizioni per un’intesa. E, però, il solo fatto che si siano incontrati deve essere registrato come un successo, dato il clima polarizzato del momento.

Segno di tale clima è anche il fatto che i media internazionali non hanno dato quasi nessuna visibilità all’incontro prima del suo svolgersi, come se fosse particolare di nessun interesse rispetto al teatro bellico, indice che le forze che spingono per un confronto a tutto campo stanno prevalendo su quelle che cercano una soluzione a questa tragedia.

Così le riflessioni di Domenico Quirico sulla Stampa, che ha salutato con sollievo l’inizio di un impegno diplomatico, vanno lette con sollievo e grande attenzione.

“Il ritorno possibile della diplomazia – scrive – significa un metodo: che le cose vanno affrontate e non subite, mantenere aperti i canali di comunicazione con il nemico, parlare, mediare, anche e soprattutto in segreto, non c’è nulla di cui vergognarsi, perché strappare anche un solo giorno alla guerra, abbreviarla significa salvare vite, cose, speranze”.


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Monthly Review: L'Ucraina come "perno geopolitico": La Grande Strategia USA 1991 - 2022

antropocene

L'Ucraina come "perno geopolitico": La Grande Strategia USA 1991-2022

di Monthly Review

Alla luce degli eventi in Ucraina, abbiamo deciso di rendere immediatamente disponibile la Nota dei redattori del numero di aprile 2022 di Monthly Review.

La Redazione di MR

Guerra
            EurasiaMentre scriviamo queste note, all'inizio di marzo 2022, la guerra civile limitata in Ucraina, che dura ormai da otto anni, si è trasformata in una guerra su vasta scala. Ciò rappresenta un punto di svolta nella Nuova Guerra Fredda e una grande tragedia umana. Minacciando un globale olocausto nucleare, questi eventi stanno ora mettendo in pericolo il mondo intero. Per comprendere le origini della Nuova Guerra Fredda e l'inizio dell'attuale ingresso russo nella guerra civile ucraina, bisogna risalire alle decisioni, legate alla creazione del Nuovo Ordine Mondiale, prese a Washington nel 1991 a conclusione della precedente Guerra Fredda. Nel giro di pochi mesi, Paul Wolfowitz, l’allora sottosegretario alla Difesa per la politica nell'amministrazione di George H.W. Bush, pubblicò Defense Policy Guidance (Linee guida per la Politica di Difesa), affermando: “La nostra politica [dopo la caduta dell'Unione Sovietica] deve concentrarsi ora sull'impedire l'emergere di un qualsiasi potenziale futuro concorrente globale.” Wolfowitz sottolineava che “la Russia rimarrà la potenza militare più forte in Eurasia.” Erano quindi necessari sforzi straordinari per indebolire la posizione geopolitica della Russia in modo permanente e irrevocabile, prima che fosse in grado di riprendersi, portando nell'orbita strategica occidentale tutti quegli stati che ora la circondano e che in precedenza erano stati parti dell'Unione Sovietica o che rientravano nella sua sfera di influenza (“Excerpts from Pentagon’s Plan: ‘Preventing the Re-Emergence of a New Rival’,” New York Times, March 8, 1992).


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horusarcadia: Panta rei

frontiere

Panta rei

di horusarcadia

L’articolo di Pierpaolo Dal Monte “La politica ai tempi del colera, appunti su teoria e prassi”, ci espone severamente la situazione e il compito che abbiamo di fronte nell’impostare le linee di un cambiamento politico: dobbiamo tagliare i rami secchi, eliminare gli armamentari ormai inutili e cancellare tanto tratto di strada che – portandoci sin qua – si è dimostrata infida e maligna.

Non si può non concordare.

E ci mette anche in guardia dalla facile tentazione di volgerci a vagheggiare il ritorno a modelli, idee e contenuti legati ad un lontano paradiso perduto, al ritorno ad un’età dell’oro che – ammesso che sia mai esistita (i favolosi trenta?) – sarebbe in ogni caso impossibile da ricreare.

“Idealizzazioni che indulgono a vacue fantasie” si dice.

E se pure condizioni di vita realmente migliori si fossero concretate in passato e tali livelli generali siano senz’altro desiderabili (soprattutto se confrontati con le innegabili sofferenze del presente) ebbene tanti e tali avvenimenti, tanti e tali cambiamenti di ordine strutturale si sono radicati che sarebbe del tutto impossibile districare i fili dell’intreccio, tornare a separare le acque ormai miscelate dalla corrente.


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comidad: Le guerre civili a scatola cinese dell'Italietta

comidad

Le guerre civili a scatola cinese dell'Italietta

di comidad

All’inizio della scorsa settimana si diceva che la questione della riforma del catasto avrebbe messo a rischio la sopravvivenza del governo. Era troppo bello per essere vero, e infatti non era vero. In base alla narrazione sarebbe stato il voto di un partitino con l’1% a consentire alla proposta di passare. Ma si tratta appunto di narrativa, poiché anche i partiti di centrodestra, a parole ostili alla riforma, si sono limitati a votare contro, senza uscire dal governo, benché ad essere più sensibile ai timori di una revisione delle stime catastali sia proprio il loro elettorato. Draghi assicura che la revisione non comporterà nuove tasse sulla casa, ma tutti sanno che sono chiacchiere.

La prima casa è il principale ammortizzatore sociale, l’ancoraggio materiale della famiglia. Colpirla in una fase economica come questa sarebbe una misura destabilizzante, un atto di guerra civile. Dopo essere stato in gran parte alleato delle oligarchie contro il lavoro, oggi è il ceto medio ad essere oggetto di una spoliazione dei suoi risparmi e dei suoi patrimoni immobiliari. Da anni il Fondo Monetario Internazionale esorta i governi italiani a tassare la prima casa, e la riforma del catasto serve a innescare la mina per rendere operativo il provvedimento.


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Lorenzo Guadagnucci: Resistenza civile

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Resistenza civile

di Lorenzo Guadagnucci

La resistenza armata è descritta e concepita come una scelta ovvia e opportuna per l’Ucraina, ma perché scartare a priori altre strade? Perché non incoraggiare una resistenza civile del popolo? Certo, non potrebbe fermare l’invasione, ma nemmeno la resistenza armata sembra in grado di farlo e non a caso Zelenski parla di terza guerra mondiale. Una resistenza popolare con forme di non-collaborazione e boicottaggio potrebbe col tempo cambiare lo scenario, scrive Lorenzo Guadagnucci, favorire la nascita di una conferenza internazionale su tutte le guerre in corso ma anche l’accoglienza per gli obiettori di coscienza ucraini

Fra i tanti paradossi del non-dibattito sulla guerra in Ucraina e sulle scelte che abbiamo compiuto o stiamo per compiere e su ciò che ne può conseguire (questo aspetto, in particolare, è pressoché inesistente nel discorso pubblico), c’è un piccolo ma rivelatore paradosso. Molti, fra quanti sostengono la necessità di inviare armi da guerra al governo ucraino, fanno un parallelo con la resistenza italiana durante la seconda guerra mondiale: partigiani allora contro l’occupazione nazifascista, partigiani oggi contro l’invasione russa; il paradosso è che gli eredi dei nostri partigiani, cioè l’Anpi, respinge tale accostamento ed è scesa in piazza per la pace e contestando l’opportunità di gettare benzina, cioè armi, sul fuoco della guerra.


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Mauro Baldrati: Ieri, oggi (e domani?)

carmilla

Ieri, oggi (e domani?)

di Mauro Baldrati

Non si creda che durante il ventennio il regime fascista fosse un organismo omogeneo, pervaso da esaltazione e adorazione per il Duce sul cavallo bianco, come vagheggiava Sofia Loren in Una giornata particolare. O meglio, nell’immaginario popolare era certamente diffusa questa riduzione comica del Potere, ma la ragnatela che avvolgeva il paese con la sua trama demagogica e la sua violenza, copriva un nido di vipere, un branco di belve fameliche in guerra tra loro. C’erano rivalità tra i gerarchi, guerre intestine, calunnie, maldicenze. La corruzione dilagava e trascinava con sé i complotti, gli scandali, le richieste di epurazioni e di confino. Mussolini lo sapeva. Sapeva tutto. Ogni giorno riceveva memoriali, denunce delle malefatte dei vari podestà o federali. Leggeva, sottolineava con le immancabili matite rosse e blu a punta grossa, e taceva. E non agiva. Lui non agiva. Qualcun altro doveva svolgere il lavoro sporco. Quando, dopo la marcia su Roma e il colpo di stato, iniziò la massiccia opera di burocratizzazione “totalitaria e integrale del regime fascista”, il suo primo pensiero fu di cacciare dalle leve del potere la masnada di trafficanti, ma soprattutto i teppisti, i picchiatori e gli assassini, esseri ignoranti e bestiali di cui non aveva più bisogno.


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Guido Salerno Aletta: Oltre il Dollaro: Next Monetary War

teleborsa

Oltre il Dollaro: Next Monetary War

Se Cina e Russia si facessero pagare l'export solo in Yuan e Rubli

di Guido Salerno Aletta

Tutto è convulso, assai complesso da decifrare, in questa fase delle relazioni internazionali innescate dalla invasione della Ucraina da parte dell'esercito russo.

Non è questa la sede per fare previsioni di come andrà a finire: se sarà la Ucraina a cedere di schianto, se ci sarà una interminabile guerra civile, ovvero se sarà invece un Regime Change a Mosca che determinerà rivolgimenti politici inimmaginabili.

Ci sono due aspetti concreti, invece, da valutare fin d'ora: le sanzioni economiche e finanziarie decise nei confronti della Russia e le contromisure che saranno assunte da Mosca.

Le prime sono già note: c'è stato prima il blocco dei beni personali di una serie di Oligarchi e poi il divieto di utilizzare per i pagamenti da e verso la Russia del sistema di transazione interbancario Swift. Niente invece, per il momento, che riguardi invece i pochi asset delle imprese russe all'estero. La impossibilità di usare il sistema Swift per regolare le transazioni commerciali da e verso la Russia mette in discussione innanzitutto il pagamento da parte russa dei debiti attraverso il sistema delle banche occidentali che hanno filiali in Russia, ivi comprese quelle italiane: in teoria, sarebbero inesigibili. Per le Banche, che ne rispondono verso le aziende, sarebbero perdite di bilancio colossali, per decine di miliardi di euro.


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di Noi non abbiamo patria

orizzonti di gloria“in tempo di guerra la verità è così preziosa che dovrebbe essere circondata da un muro di bugie“

Winston Churchill

Winston Churchill scrisse nella sua opera storica sulla seconda guerra mondiale che “in tempo di guerra la verità è così preziosa che dovrebbe essere circondata da un muro di bugie”. Ovviamente si riferiva alla verità circa le leggi di un corso storico determinato del modo di produzione capitalistico e dei suoi rapporti sul mercato mondiale, che spinsero i paesi dell’Europa occidentale e della potenza degli Stati Uniti ad imporre alla Germania alla fine della prima guerra mondiale pesanti condizioni economiche che ne limitavano la propria autodeterminazione come grande potenza capitalista ed imperialista. La conseguenza fu che essa per non essere soffocata, capitalisticamente reagì determinando il capovolgimento dei termini della questione: capitalisticamente si difese e l’Europa si armò per difendersi dalla Germania.

Se rimanessimo sul piano della conservazione del mercato mondiale capitalistico e della storia scritta dal rapporto del capitale, all’interno del quale ogni nazione ne è dipendente, incluse quelle dove la forze economica, industriale e finanziaria è più concentrata, esistono dunque delle nazioni che da questa interdipendenza, che l’ha fatta crescere nel moto espansivo della produzione del valore, viene aggredita dalle leggi del modo di produzione stesso, ed un insieme di nazioni che viceversa se ne avvantaggiano contro le altre e sono gli stati che aggrediscono, prendendo nel mezzo le classi lavoratrici e sfruttate usate come carne da macello per altri fini.


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Ugo Bardi: Ascesa e caduta dello scientismo. Abbiamo bisogno di una nuova religione?

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Ascesa e caduta dello scientismo. Abbiamo bisogno di una nuova religione?

di Ugo Bardi

Cos'è la religione, esattamente? Monaci ieratici che cantano i loro inni? Fanatici che compiono sacrifici umani? Vecchie signore che recitano il rosario? Pentecostali che parlano in lingue? È tutto questo e altro ancora. Le religioni non sono vecchie superstizioni, ma parte del modo in cui funziona la mente umana. Sono strumenti di comunicazione progettati per costruire l'empatia nella società su larga scala. (originariamente pubblicato su "The Seneca Effect")

WitchCraftAvrete sicuramente notato come una nuova religione stia nascendo proprio davanti ai nostri occhi. Include una serie completa di sacrifici, rituali, canoni, santi, preghiere, e il conflitto del bene contro male. Non include ufficialmente la credenza in un Dio onnipotente, ma adora un'entità chiamata "Scienza". Possiamo definirlo "scientismo".

Non sono una persona religiosa, non normalmente, almeno. Ma riconosco che la religione può essere una buona cosa. È uno strumento che ti dà una bussola morale, un codice di comportamento, uno scopo sociale, una dignità e un sostegno mentre vai avanti nei vari passaggi della vita. Per alcuni, fornisce anche un percorso verso qualcosa di più alto della semplice esperienza umana in questo mondo. Quindi non mi sorprende che molte persone abbiano abbracciato lo Scientismo con entusiasmo.

Il problema è che ci sono aspetti malvagi della religione. Caccia alle streghe, sacrifici umani, cultisti fanatici, l'inquisizione spagnola, attentatori suicidi e altro. Anche religioni moderate, come il cristianesimo, possono essere perfettamente malvagie quando cercano di spaventarti per sottometterti, o usano la forza o l'inganno per lo stesso scopo.

Quindi, che tipo di religione è lo scientismo, buona o cattiva? Può essere entrambe le cose dato che continua a cambiare e ad adattarsi a una situazione in evoluzione in cui l'umanità sta affrontando sfide enormi, dall'esaurimento delle risorse al collasso dell'ecosistema. Lo scientismo può essere inteso come una reazione disperata a queste minacce, ma può anche peggiorare la situazione. È normale quando gli umani cercano di controllare sistemi complessi.


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Demostenes Floros: “Guerra e pace dell’energia

letture

“Guerra e pace dell’energia

La strategia per il gas naturale dell’Italia tra Federazione russa e Nato”

Intervista a Demostenes Floros

demostenes floros copertina 203x300Dott. Demostenes Floros, Lei è autore del libro Guerra e pace dell’energia. La strategia per il gas naturale dell’Italia tra Federazione russa e Nato, edito da Diarkos. Il libro contestualizza un tema di strettissima attualità: quali interessi si scontrano attorno al fabbisogno energetico dei paesi occidentali e chi ne sono i principali attori?

Il saggio si pone l’obiettivo di mettere in luce gli elementi politici che si celano dietro ai principali progetti e alle infrastrutture esistenti di approvvigionamento energetico europeo ed eurasiatico e le possibili conseguenze che ne potrebbero scaturire. In particolare, i gasdotti che uniscono, e che potrebbero unire nel futuro prossimo, l’UE e la Federazione Russa rappresentano la contraddizione esistente tra i rapporti politici e militari (leggasi Nato) tra gli Stati Uniti d’America e gli Stati europei da una parte e gli interessi energetici e commerciali di quest’ultimi con la Russia – porta verso l’Eurasia – dall’altra. Sullo sfondo, le nuove infrastrutture di approvvigionamento energetico che già oggi collegano la Federazione Russa con la Cina.

Tale contraddizione è emersa in maniera chiara con il forte aumento dei prezzi dell’energia, soprattutto del gas naturale. L’impressione infatti è che questi aumenti non saranno di breve durata visto che le cause non sono unicamente riconducibili a fattori di mercato, ma anche ad aspetti geo-politici e attinenti la stessa transizione energetica, in seno alla quale il gas naturale svolgerà un ruolo ponte tra il mondo delle fossili e quello delle rinnovabili.


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Andrea Zhok: META, gli "standard della community" e i russi

lantidiplomatico

META, gli "standard della community" e i russi

di Andrea Zhok

L'agenzia Reuters riporta che Meta Platforms (Facebook/instagram) consentirà agli utenti di invocare la violenza contro russi e soldati russi; si stanno anche consentendo post che chiedono la morte del presidente russo Vladimir Putin o del presidente bielorusso Alexander Lukashenko.

La stessa piattaforma mondiale monopolista che blocca post con articoli scientifici perché "violano gli standard della community", consente espressioni che rappresentano reato anche secondo la legge ordinaria.

Naturalmente lo avevamo capito da tempo, però credo che le implicazioni non ci siano ancora del tutto chiare: la "rete" è dominata da attori made in USA e le principali piattaforme monopolistiche sono oramai scese in campo politicamente con intenti di orientamento dell'opinione pubblica. Questo mentre il sistema dell'informazione è dominata da tempo da un circoscritto numero di grandi rappresentanti del capitale finanziario.

Ora, bisogna ricordare che le regole d'ingaggio delle democrazie formali dicono che se l'opinione pubblica maggioritaria è favorevole a X, qualunque cosa sia X, anche la più abietta porcata, esso è legittimo.


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Roberto Gabriele: Chi è il nemico e come combatterlo

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Chi è il nemico e come combatterlo

di Roberto Gabriele

E’ bene che i compagni affrontino fino in fondo le questioni legate alla guerra in Ucraina per avere, in una situazione difficile e complessa come l’attuale, le idee chiare su come attrezzarsi.

Ci sono difatti diverse questioni da chiarire e riguardano ambiti diversi.

Una riguarda direttamente i comunisti. Con l’intervento russo in Ucraina riemergono attualizzate posizioni che confermano le derive che si sono espresse già in passato in varie occasioni. Da una parte il PCF, i comunisti francesi e il PTB belga che condannano l’intervento russo. Dall’altra il KKE, il partito comunista greco, che oggi dirige una sorta di V internazionale che ne condivide le posizioni, che di fronte all’intervento russo sostiene la teoria dei tre imperialismi in conflitto tra di loro: USA, Cina e Russia. Per il KKE e la sua cerchia l’intervento russo in Ucraina dovrebbe dunque essere inquadrato in questo contesto.

Oltre ai comunisti anche quello che si usa chiamare il settore degli ‘antagonisti’ ha creduto bene di condannare l’intervento russo, che di fatto viene considerato un’avventura imperialista.


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Fabrizio Marchi: L’omicidio/suicidio (annunciato) dell’Europa

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L’omicidio/suicidio (annunciato) dell’Europa

di Fabrizio Marchi

“Il gasdotto Nord Stream 2 è ormai morto, è un grosso pezzo di metallo in fondo al mare, e non credo che possa essere resuscitato”.

Parole della sottosegretaria agli Esteri americana, Victoria Nuland.

Ecco svelata, in poche righe, la strategia americana nel quadrante europeo: separare a tutti i costi l’Europa dalla Russia. Questa è stata ed è la vera finalità del processo di destabilizzazione che gli USA stanno portando avanti in Ucraina da almeno un decennio, oltre naturalmente all’accerchiamento della Russia attraverso l’ampliamento della NATO ai paesi del fu Patto di Varsavia e alle ex repubbliche sovietiche. L’attacco russo in Ucraina è cacio sui maccheroni per Washington perché, da questo punto di vista, non fa che dare un colpo sull’acceleratore alla più che decennale politica statunitense nei confronti dell’Europa.

Per gli Stati Uniti l’Europa è infatti un pezzo fondamentale e strategico dell’impero a cui non possono per nessuna ragione rinunciare.


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Angelo D’Orsi: La "guerra di Putin”

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La "guerra di Putin”

di Angelo D’Orsi

È di oggi (nella newsletter del CESPI, di cui è presidente) un intervento di Piero Fassino, presidente Commissione Esteri, già fondatore del PD (bel titolo di merito), di una ipocrisia sconcertante, fin dal titolo: “La guerra di Putin”. No, questa è la guerra di cui gli Usa hanno posto le premesse, una guerra per dare un colpo alla Russia, e per allontanare da essa l’Europa, anche contro i propri interessi. E Fassino, noto genio della politica, giustifica tutto tranne che la guerra di Putin: solo per la Russia non valgono i principi che valgono per gli altri Stati, a cominciare dal nostro, e da tutti i membri della UE, che sta certificando ancora una volta il proprio fallimento. Scrive Fassino: “…Putin in pochi giorni ha dissestato gli equilibri geopolitici che dalla caduta del muro di Berlino avevano garantito stabilità e sicurezza in Europa”.

Ma dov’era Fassino nel 1999 quanto una coalizione di 19 Stati aggrediva la Federazione Jugoslava? Mi pareva fosse lui ad aver dichiarato: “Solo chi non ha guardato negli occhi un bambino kosovaro può essere contrario a questa guerra”, o forse lui parlava di operazione di peacekeeping, mentre intellettuali obnubilati dalla falsa coscienza, parlavano di “guerra umanitaria”, di “guerra disinteressata”, di “guerra etica”, oltre che naturalmente di “guerra giusta”?


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Miguel Martinez: A Empoli scoprono l’acqua fredda

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A Empoli scoprono l’acqua fredda

di Miguel Martinez

La notizia più importante del mondo oggi, non viene da Kiev, da Mosca o da Washington.

Viene da Empoli.

Empoli è nota nella storia per tre episodi.

UNO

1 marzo 1921, le Guardie Rosse (che suona tremendo, ma erano dei contadini toscani di vent’anni) sentono dire che stanno arrivando i fascisti, e quando vedono dei camion, aprono fuoco. E ammazzano per sbaglio un gruppo di marinai in licenza.

DUE

Domenica 26 dicembre 1943, per festeggiare Santo Stefano, il giorno dopo Natale, gli americani sganciano 210 bombe su Empoli, ammazzando – che quando gli americani ci si mettono sono molto più produttivi delle Guardie Rosse – 123 empolesi.

TRE

Il 5 marzo dell’Anno di Disgrazia 2022 è stata chiusa la piscina comunale di Empoli.


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Antonio Mazzeo: Nato e Ucraina: chi provoca chi?

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Nato e Ucraina: chi provoca chi?

di Antonio Mazzeo

Agosto 2021, aeroporto di Kabul, la fuga disordinata dei militari USA ed europei dall’inferno afgano, l’ipocrita abbandono di centinaia di migliaia di rifugiati, disperati ed affamati, alla vendetta di al-Qaida.

Febbraio 2022, crisi Russia-Ucraina, il rischio di una guerra mondiale, totale, nucleare. Nessuno spazio alla mediazione tra le parti. Kiev invoca aiuti ed armi, Washington dice Ok, Roma e la UE indossano mimetiche ed elmetto, pronte a fare la loro parte. Due scenari geograficamente distanti eppure tanto vicini temporalmente. Immagini che sintetizzano bene le incorreggibili contraddizioni della Nato, alleanza militare di cui nessuno in occidente sembra poterne fare a meno nonostante a decidere alla fine è sempre il socio di maggioranza a stelle e strisce. Si fa fronte comune solo contro il nemico di turno: il “terrorismo”, l’orso russo, il dragone cinese. Ma, in verità, le divisioni sono profonde. Regno Unito, Francia e Germania che sgomitano per soffiare agli Stati Uniti un po’ più di potere e e di denaro per le industrie belliche nazionali.


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tonino

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Mar 17, 2022, 6:31:13 AM3/17/22
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Antonio Zucaro: Tra Stato e formazioni sociali

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Tra Stato e formazioni sociali

La nuova politica secondo Fabrizio Barca

di Antonio Zucaro

barca libroIn “Disuguaglianze conflitto sviluppo” (Donzelli ed., Roma 2021) Fabrizio Barca tira le somme, dialogando con Fulvio Lorefice, del suo lungo impegno intellettuale, amministrativo e politico sul rapporto tra Stato e formazioni sociali, che lo ha portato a essere Ministro per le politiche di coesione nel Governo Monti (2012/2013). In tale veste ha prodotto una “strategia per le aree interne” attraverso una pratica di confronto con i rappresentanti delle amministrazioni locali e delle organizzazioni sociali presenti nei territori, sperimentata in precedenza, come Capo dipartimento, per i progetti territoriali destinati soprattutto al Sud.

La pratica del confronto “acceso, aperto, informato e consapevole” (secondo la definizione di Amartya Sen) si è poi trasferita nel “Forum disuguaglianze e diversità”, da lui coordinato, che ha messo in relazione un gruppo di ricercatori e un insieme di organizzazioni di cittadinanza attiva, per studiare le criticità crescenti nel corpo della società e produrre ipotesi di soluzione lungo la linea del superamento delle disuguaglianze. Questo lavoro collettivo, iniziato nel 2018 e continuato fino a oggi, ha prodotto documenti programmatici di grande spessore, rinvenibili sul sito.

Da queste esperienze è maturato l’impianto concettuale delineato nel libro, dimostrando le grandi potenzialità di uno stretto rapporto tra lavoro teorico e pratiche sociali, soprattutto in una situazione complessa, e per molti aspetti inedita, come l’attuale.

L’ evidenza delle gravi contraddizioni in atto nella crisi globale, verificate nel confronto con l’associazionismo, hanno prodotto una evoluzione nell’atteggiamento dell’autore, da sempre critico dell’esistente, in direzione di posizioni più nette nei confronti degli attuali assetti di potere, politico ed economico, e delle relative dinamiche di fondo.


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Marco Cosentino: Vaccini e tamponi. Chi rischia cosa?

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Vaccini e tamponi. Chi rischia cosa?

di Marco Cosentino*

Intervento al Convegno “Pandemia: invito al confronto” del 3 gennaio 2022, organizzato dal Coordinamento 15 ottobre

testalize me 0jE8ynV4mis unsplashIl titolo del mio intervento - “Vaccini e tamponi. Chi rischia cosa?” - ha voluto mettere insieme due argomenti che mi stanno particolarmente a cuore e che sono legati da una narrativa opposta e speculare, ossia: sul versante dei vaccini Covid 19 la narrazione è che non si rischia assoluta­mente nulla, sul versante dei tamponi si dice che il rischio è che si tratti di strumenti che non funzionano - anche se l’anno scorso sono stati in­vece largamente impiegati per mantenere alti alcuni numeri e soprat­tutto un allarme sociale e sanitario che tuttora ci sta accompagnando.

Qualcuno ricordava molto opportunamente - ho ascoltato con gran­de interesse i diversi interventi che mi hanno preceduto - i giuramenti che si pronunciano in varie occasioni. Mi piace dire che anch’io, quando mi sono laureato in medicina, ho pronunciato il giuramento del medico sul testo di Ippocrate; poi da ufficiale medico ho pronunciato un giura­mento di cui vado particolarmente orgoglioso e fiero, che è quello di fe­deltà allo Stato, alle istituzioni e soprattutto alla Costituzione, alle leggi che ho giurato di proteggere; dopodiché sono diventato ricercatore e professore universitario, ed è l’unica figura che è esonerata dal pronun­ciare qualunque giuramento verso lo Stato e le leggi. Perché essenzial­mente, la cosa importante per chi fa ricerca è restare fedele alla verità dei dati, una verità continuamente e potenzialmente mutevole, sulla base delle migliori evidenze. Quindi, ovviamente, non esiste la Scienza a cui credere, ma esiste un metodo scientifico da praticare quotidiana­mente alla ricerca della migliore evidenza possibile; quella ‘migliore evi­denza’ sulla base della quale deve fondarsi la pratica dell’arte della me­dicina e che è prevalentemente rappresentata da numeri.


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Michele Castaldo: Guerra e Internazionalismo proletario

lacausadellecose

Guerra e Internazionalismo proletario

di Michele Castaldo

1586965715125 la grande guerra 2048x1152 816x408Quando ho scritto Il caos capitalistico riflesso in Ucraina, pubblicato il 3 marzo 2022, ho accennato a una serie di questioni teoriche che sapevo essere presenti nel vasto panorama della sinistra e in modo particolare in quel pulviscolo che si suole definire di estrema sinistra e che comprende un ventaglio di posizioni che si richiamano ai grandi teorici e dirigenti politici che in nome del comunismo si sono battuti contro il capitalismo sia dal punto di vista ideale che politico.

Di questioni teoriche, dicevo che hanno rappresentato e tuttora rappresentano una sorta di « cassetta degli attrezzi » dove ognuno va e prende quello che gli serve per utilizzarlo nel contesto determinato. In certi casi quel ventaglio di posizioni teoriche diviene un tessuto elastico circolare tenuto da un punto centrale fisso, una specie di pilastro ideale, e che è possibile tirare da ogni lato secondo la posizione politica o tattica che si vuole affermare per la soluzione del problema del presente.

È del tutto evidente che in questo modo ogni gruppo politico che si forma per pulsioni sociali si relaziona ad esse attraverso la mediazione degli elementi teorici. Si scatena così una vera e propria “competizione interpretativa” di come usare la cassetta degli attrezzi, ovvero di quale arnese prendere per contribuire a risolvere una questione sociale di qualsiasi tipo. In questo modo si costruiscono modelli ideali stabili per applicarli alla realtà concreta, che però è dinamica, e dunque si finisce il più delle volte per arenarsi in futili ed inutili discussioni.


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Rete contro la guerra e il militarismo - Napoli: Crisi ucraina: chi sono i veri responsabili e come combatterli

sinistra

Crisi ucraina: chi sono i veri responsabili e come combatterli

di Rete contro la guerra e il militarismo - Napoli

striscione contro la nato 620x465La crisi ucraina ha sostituito la pandemia nel bombardamento quotidiano di notizie. Siamo passati dall’ossessiva campagna contro i pericoli del Covid, scomparso improvvisamente dagli schermi, alle immagini, accompagnate da commenti fuorvianti, di distruzione e di notizie terrificanti sui crimini commessi dall’esercito invasore. Agli esperti virologi ed epidemiologi si sono sostituiti specialisti politici e militari che ci spiegano i pericoli che corre la pace nel mondo, la cattiveria (demoniaca o demenziale a seconda dei gusti) del nuovo Zar russo e ci invitano a schierarci a fianco del popolo ucraino immotivatamente aggredito sostenendo gli sforzi del governo per contrastare questa nuova emergenza. Un martellamento a reti unificate da far impallidire i propagandisti di Mussolini e Hitler.

Si tratta di propaganda di guerra che ha come obiettivo quello di farci schierare a sostegno dei nostri valori occidentali contro il dispotismo russo orientale. Come fuori dai denti ci ricorda qualche cronista, qui siamo nel cuore dell’Europa. Non si tratta di afghani, iracheni o siriani e meno che mai di africani, qui si tratta di un Paese e di un popolo fratello che ci somiglia. Nulla a che fare con quegli straccioni né bianchi né biondi arrivati alle frontiere europee, anche provenienti dall’Ucraina, dopo essere scappati da guerre che i governi “democratici” occidentali hanno scatenato contro i loro Paesi e che l’Europa, tanto accogliente ora verso i profughi ucraini, sta ancora adesso lasciando morire di fame e di freddo dietro i fili spinati ed i muri che l’hanno resa una fortezza.

Si tratta di propaganda di guerra del nostro paese, diventato parte attiva del conflitto in atto insieme ai suoi alleati occidentali per giustificare la vera aggressione da essi praticata contro la Russia che dura da decenni e di cui la crisi ucraina costituisce semplicemente il più recente tassello.


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Andrea Zhok: Su quelle "3 gigantesche manovre militari della Nato in Ucraina"

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Su quelle "3 gigantesche manovre militari della Nato in Ucraina"

di Andrea Zhok

L'altro giorno il prof. Orsini - che nell'Occidente libero sta rischiando di rimanere per strada per aver ricordato fatti ed espresso motivate valutazioni - ha ricordato incidentalmente che l'anno scorso la Nato ha fatto tre gigantesche manovre militari in Ucraina. 
(Informazione nostrana sul tema non pervenuta). 

Ma non essendo l'Ucraina ufficialmente nella Nato di cosa si sarebbero mai dovuti preoccupare i russi? 

Dopo tutto l'adesione alla Nato è stata sì inserita dal 2019 nella Costituzione ucraina, ma senza una data.

E la Nato - dopo essersi continuamente allargata ad Est dal 1999, contravvenendo alla parola data -  aveva offerto l'ingresso a Ucraina (e Georgia) sin dal 2008, ma senza definire il momento dell'ingresso. 

Dunque perché preoccuparsi anzitempo? 


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Federico Dezzani: Italia prossima Ucraina?

federicodezzani

Italia prossima Ucraina?

di Federico Dezzani

A margine della crisi ucraina, è tempo di analizzare la specifica situazione dell’Italia che, insieme alla Germania, sarà la grande perdente delle sanzioni alla Russia. Oltre alla scomparsa del mercato russo e all’esplosione dei costi energetici, l’Italia è sottoposta nel breve-medio periodo a due gravissime insidie: il rialzo dei tassi, con concreta possibilità di default finanziario, e la destabilizzazione del Mediterraneo attraverso la fiammata dei prezzi delle derrate agricole, col concreto rischio di un blackout energetico e di nuove ondate migratorie. La Francia si prepara ad avanzare nella penisola.

Il vuoto al centro del Mediterraneo

Partiamo da alcune basi elementari di geopolitica: come più volte evidenziato, l’Italia è indissolubilmente legata alla Germania, di cui costituisce una proiezione in senso latitudinale in direzione del Mediterraneo. Ciò spiega perché qualsiasi iniziativa geopolitica tedesca di una certa rilevanza (Nord Stream e rapporti privilegiati con Russia e Cina) abbia sempre trovato un corrispettivo in Italia (Sud Stream e Nuova via della Seta).


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Manlio Dinucci, Tommaso Di Francesco: Un arrivederci ai lettori del manifesto

manifesto

Un arrivederci ai lettori del manifesto

di Manlio Dinucci, Tommaso Di Francesco

L’8 marzo, dopo averla per breve tempo pubblicata online, la redazione del manifesto ha fatto sparire nottetempo la rubrica L’Arte della guerra anche dall’edizione cartacea, poiché mi ero rifiutato di uniformarmi alla direttiva del Ministero della Verità e avevo chiesto di aprire un dibattito sulla crisi ucraina.

Termina così la mia lunga collaborazione con questo giornale, su cui per oltre dieci anni ho pubblicato la rubrica. Un caro saluto ai lettori, che continuerò a informare attraverso altri canali.

Manlio Dinucci

* * * *

Risposta

È con vero dispiacere, dopo tanti anni di collaborazione con la preziosa rubrica “L’arte della guerra” che riceviamo questo arrivederci. Ma è doveroso, per l’autore, per il manifesto e per i lettori precisare l’ accaduto.


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Pierluigi Fagan: La primavera europea

pierluigifagan

La primavera europea

di Pierluigi Fagan

guerra ucraina soldato afpSembrerebbe che lo schema delle “primavere di popolo” con cui gli americani hanno cercato di pilotare eventi politici nel mondo arabo, poi Ucraina ai tempi di piazza Maidan, Hong Kong, abbia oggi messo nel mirino un obiettivo davvero impegnativo: l’Europa. Codice colore: giallo e blu.

Nel breve di una giornata all’inizio del conflitto russo-ucraino, tedeschi, francesi, italiani sono passati da un certo sconcerto di contro-piede per quanto stava facendo la Russia, stato di sconcerto che però non prevedeva affatto di rinunciare ai propri interessi, all’allineamento unanime sanzionatorio. Non discuto la logica sanzionatoria, quello che mi ha colpito è la velocità e totalità dell’improvvisa polarizzazione. Può darsi io sia viziato dalla logica realista che si basa su analisi degli interessi razionalmente perseguiti e non capisca come l’enormità di ciò che hanno fatto i russi possa sollevare animi e coscienze. Può darsi. Però da quanto a mia conoscenza è difficile spiegare come il ministro Franco esca dall’Ecofin dicendo che non se ne parlava proprio di escludere la Russia dal SWIFT o Scholz diceva che certo non si poteva toccare il Nord Stream 2 e poche ore dopo la Russia veniva esclusa dallo SWIFT e il Nord Stream diventava “un pezzo di metallo in fondo al mare” come trionfante celebrava la Nuland.

Già, la Nuland, quella di “fuck the UE” ai tempi della rivolta di piazza Maidan nel 2014, la rivoluzione arancione ucraina. La moglie di Robert Kagan, lo storico e politologo neo-con che si definisce “liberale interventista”, lascia il partito repubblicano e diventa un sostenitore della Clinton, scrive nel 2017 che la Terza guerra mondiale avverrà per contrastare l’espansionismo russo e cinese. Ci si potrebbe scrivere un intero post su Kagan, andatevi a fare una ricerchina su Google.


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Alessandro Visalli: Circa l’intervista a John Mearshmeier sulla guerra Ucraina

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Circa l’intervista a John Mearshmeier sulla guerra Ucraina

di Alessandro Visalli

17095040 small 900x600In guerra la prima vittima è la verità. Ma la seconda è la ragione. Troppo carica di emozioni, la guerra, per lasciare in campo la fredda ragione. Emergono in essa i più radicati spiriti di identificazione di gruppo, belluini, ed emerge l’identificazione dell’altro come inumano. Ne stiamo vedendo gli effetti in una nazione, come l’Italia, che si pensava pacifica e si scopre, in tutti i suoi organi di stampa, essere animata dal più aspro militarismo e da spiriti di guerra. Tutti sembrano volere la guerra, se del caso anche nucleare. Non si può tradurre in alcun altro modo, sotto il profilo decisivo dei fatti e delle conseguenze, la richiesta rilanciata a reti unificate della “no fly zone” sull’Ucraina. Ovvero dello scontro diretto, immediato, tra la potente forza aerea e missilistica russa e la potentissima forza aerea Nato.

Emerge nell’occidente liberale qualcosa di davvero profondo; un cuore di tenebra[1]. Quando Cristoforo Colombo scopre l’America, ci racconta Todorov[2], oscilla tra l’orientamento a pensarli come esseri umani con i medesimi diritti, identici a sé stesso, o differenti e per questo inferiori. In entrambi i casi, scrive l’autore, “si nega l’esistenza di una sostanza umana realmente altra, che possa non consistere semplicemente in un grado inferiore, e imperfetto, di ciò che noi siamo”. Se si guardano con attenzione le due possibili figure dell’alterità del canone occidentale sono entrambe fondate sull’egocentrismo, ovvero sull’identificazione senza nemmeno avvedersene dei propri valori e delle proprie cognizioni e categorie con i Valori e la Ragione in generale. Quindi del proprio io con l’universo.


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Sorveglianza e decentralizzazione: disamina delle critiche

lamacchinadesiderante

Sorveglianza e decentralizzazione: disamina delle critiche

Sul cosiddetto capitalismo della sorveglianza

Schermata del 2022 03 15 16 48 26Il Capitalismo della sorveglianza di Shoshana Zuboff [1] è un bel libro, però è anche un prodotto furbetto. E' un degno rappresentante di tutta quella serie di opere (libri, dischi, film, documentari) che in apparenza sembrano schierarsi contro la società in cui viviamo (criticandola apertamente e denunciandone le storture), ma ad uno sguardo più profondo ne fanno un'apologia.

L'autrice descrive con minuzia un nuovo paradigma in cui aziende come Google, Facebook e Twitter si appropriano dell'esperienza degli utenti per trasformarla in dati da vendere agli inserzionisti. Il fine è quello di creare un sistema di advertising sempre più mirato, costruito su misura per gli interessi dell'utente.

L'autrice parla dei presupposti storico/economici che rendono possibile l'affermarsi di questo paradigma. Che teoria economica usa per sviluppare il discorso? Quella teoria economica che nasce ad inizio del Novecento come risposta reazionaria al marxismo: la teoria neoclassica. In realtà, questo non è un grosso problema. C'è un dettaglio più sottile: l'autrice tenta di mascherare la teoria neoclassica da pseudo-teoria marxiana del valore.

Nel capitalismo della sorveglianza sembra non esistano conflitti di classe, sfruttamento della forza-lavoro, estorsione del plusvalore. Da una parte ci sono gli utenti dei social a cui verrebbe estratto il surplus comportamentale (la parte di dati che non viene utilizzata per migliorare i servizi, ma che viene venduta agli inserzionisti). Dall'altra ci sono i cosiddetti capitalisti della sorveglianza (Google e Facebook su tutti) che si arricchiscono alle loro spalle.


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Fosco Giannini: Crisi ucraina e “pacifisti”

cumpanis

Crisi ucraina e “pacifisti”

di Fosco Giannini

Crisi ucraina, “pacifisti” e lotta contro la guerra Analisi di una “piattaforma pacifista”

IMMAGINE SECONDO EDITORIALE GianniniCome racconta ogni emittente televisiva occidentale, come ribadiscono i giornali, i rotocalchi, “il movimento per la pace scende in piazza in tutta Europa, ovunque garrisce la bandiera dell’Ucraina, simbolo della resistenza, della pace e della libertà. Da ogni piazza si leva forte la condanna contro Putin e la richiesta che la Russia ritiri immediatamente il proprio esercito”.

Che la narrazione del mastodontico sistema mediatico nordamericano ed europeo sia artatamente ridotta ad una semplificazione tanto rozza da sfociare nella rimozione della verità e nella menzogna è un dato di fatto che l’intera storia dell’imperialismo ci ha fatto conoscere e ratificato. Che l’inesistente “pistola fumante” – senza imbarazzo e con lo stesso sangue negli occhi di coloro che oggi trasformano Putin in un mostro bipolare – presentata alle Nazioni Unite nel 2003 da Colin Powell, (cioè la “prova”, falsa come Giuda, che Saddam Hussein già possedeva un arsenale di armi nucleari pronto ad essere scagliato contro l’Occidente), sia divenuta un simbolo perenne del cinismo brutale e assassino degli USA e della NATO è una certezza matematica. Come il clamoroso pentimento di Tony Blair nel 2015 (“Io e Bush abbiamo sbagliato a scatenare la guerra contro l’Iraq, poiché non vi era nessuna pistola fumante”) è la prova certa di come l’imperialismo riveli sempre, scientificamente, a posteriori la verità, quando la sua guerra ha già distrutto il nemico che non si genuflette al suo dominio ed è tempo, di fronte al mondo, di rivelare la “sincerità”, la “capacità di ripensamento” e la sostanziale “bontà d’animo” dell’occidentale capitalistico.


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ilsimplicissimus: Vaccini, vengono fuori le prime prove del delitto

ilsimplicissimus

Vaccini, vengono fuori le prime prove del delitto

di ilsimplicissimus

I primi documenti sugli studi clinici dei vaccini, che la Fda e la Pfizer sono stati costretti a consegnare in base al Freedom information Act, rappresentano un vero scandalo e determineranno una completa perdita di fiducia nella medicina o quanto meno una salutare lezione sui pericoli di privatizzazione della stessa. Le analisi sulla prima tranche di documenti presentati mostrano infatti un panorama desolante che possono essere riassunti nel fatto che le malattie sistemiche nei gruppi di studio clinico erano il doppio tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati:

“Entro sette giorni dopo ogni dose, si è verificato il doppio degli eventi sistemici nel gruppo vaccinato (23%) rispetto al gruppo placebo (11,3%), mentre la febbre grave era 14 volte più comune nel gruppo vaccinato rispetto al gruppo placebo".

Inoltre i documenti mostrano chiaramente che il vaccino non rimane nel sito di iniezione, ma si diffonde ampiamente in tutto il corpo.


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Mario Lombardo: Zelensky e gli amici nazisti

altrenotizie

Zelensky e gli amici nazisti

di Mario Lombardo

Il massiccio invio di armi al regime di Kiev, per cercare di resistere alle operazioni militari russe, sta sollevando con estrema urgenza, anche se non per governi e media occidentali, il problema dei destinatari di questi equipaggiamenti, visto che lo stato e le forze di sicurezza ucraine sono pervasi da elementi apertamente neo-nazisti e di estrema destra in genere. Lo stesso presidente, Volodymyr Zelensky, nonostante le origini ebraiche e una carriera politica decollata grazie alle promesse di pacificazione con Mosca, ha da tempo accettato l’influenza neo-nazista sul suo governo, tanto da rendere insignificanti le rassicurazioni occidentali circa la natura democratica delle forze su cui si baserebbe la “resistenza” anti-russa.

Un’analisi recente pubblicata dal sito di informazione alternativa The Grayzone Project ha riepilogato le tappe dell’evoluzione dell’atteggiamento di Zelensky dopo la sua elezione nel 2019. Il suo nettissimo successo alle urne contro il presidente uscente, Petro Poroshenko, era dovuto in primo luogo a un’agenda basata sulla “de-scalation delle ostilità con la Russia”, visto il pesante fardello che il conflitto alimentato dall’Occidente nelle regioni orientali ucraine rappresentava per la popolazione di questo paese.


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Monthly Review: L'Ucraina come "perno geopolitico": La Grande Strategia USA 1991 - 2022

antropocene

L'Ucraina come "perno geopolitico": La Grande Strategia USA 1991-2022

di Monthly Review

Alla luce degli eventi in Ucraina, abbiamo deciso di rendere immediatamente disponibile la Nota dei redattori del numero di aprile 2022 di Monthly Review.

La Redazione di MR

Guerra
            EurasiaMentre scriviamo queste note, all'inizio di marzo 2022, la guerra civile limitata in Ucraina, che dura ormai da otto anni, si è trasformata in una guerra su vasta scala. Ciò rappresenta un punto di svolta nella Nuova Guerra Fredda e una grande tragedia umana. Minacciando un globale olocausto nucleare, questi eventi stanno ora mettendo in pericolo il mondo intero. Per comprendere le origini della Nuova Guerra Fredda e l'inizio dell'attuale ingresso russo nella guerra civile ucraina, bisogna risalire alle decisioni, legate alla creazione del Nuovo Ordine Mondiale, prese a Washington nel 1991 a conclusione della precedente Guerra Fredda. Nel giro di pochi mesi, Paul Wolfowitz, l’allora sottosegretario alla Difesa per la politica nell'amministrazione di George H.W. Bush, pubblicò Defense Policy Guidance (Linee guida per la Politica di Difesa), affermando: “La nostra politica [dopo la caduta dell'Unione Sovietica] deve concentrarsi ora sull'impedire l'emergere di un qualsiasi potenziale futuro concorrente globale.” Wolfowitz sottolineava che “la Russia rimarrà la potenza militare più forte in Eurasia.” Erano quindi necessari sforzi straordinari per indebolire la posizione geopolitica della Russia in modo permanente e irrevocabile, prima che fosse in grado di riprendersi, portando nell'orbita strategica occidentale tutti quegli stati che ora la circondano e che in precedenza erano stati parti dell'Unione Sovietica o che rientravano nella sua sfera di influenza (“Excerpts from Pentagon’s Plan: ‘Preventing the Re-Emergence of a New Rival’,” New York Times, March 8, 1992).


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Angelo D’Orsi: La "guerra di Putin”

rifonda

La "guerra di Putin”

di Angelo D’Orsi

È di oggi (nella newsletter del CESPI, di cui è presidente) un intervento di Piero Fassino, presidente Commissione Esteri, già fondatore del PD (bel titolo di merito), di una ipocrisia sconcertante, fin dal titolo: “La guerra di Putin”. No, questa è la guerra di cui gli Usa hanno posto le premesse, una guerra per dare un colpo alla Russia, e per allontanare da essa l’Europa, anche contro i propri interessi. E Fassino, noto genio della politica, giustifica tutto tranne che la guerra di Putin: solo per la Russia non valgono i principi che valgono per gli altri Stati, a cominciare dal nostro, e da tutti i membri della UE, che sta certificando ancora una volta il proprio fallimento. Scrive Fassino: “…Putin in pochi giorni ha dissestato gli equilibri geopolitici che dalla caduta del muro di Berlino avevano garantito stabilità e sicurezza in Europa”.

Ma dov’era Fassino nel 1999 quanto una coalizione di 19 Stati aggrediva la Federazione Jugoslava? Mi pareva fosse lui ad aver dichiarato: “Solo chi non ha guardato negli occhi un bambino kosovaro può essere contrario a questa guerra”, o forse lui parlava di operazione di peacekeeping, mentre intellettuali obnubilati dalla falsa coscienza, parlavano di “guerra umanitaria”, di “guerra disinteressata”, di “guerra etica”, oltre che naturalmente di “guerra giusta”?


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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

unread,
Mar 19, 2022, 3:11:56 AM3/19/22
to sante gorini

Francesco Barbetta: Burkett: l'ecologia nella teoria del valore di Marx

bollettinoculturale

Burkett: l'ecologia nella teoria del valore di Marx

di Francesco Barbetta

Prosegue la pubblicazione dei miei appunti sullo studio dell'ecosocialismo. Dopo Foster presento il pensiero Paul Burkett, altro esponente della scuola della Metabolic Rift. Nel suo libro "Marx And Nature: A Red Green Perspective" propone una lettura della teoria del valore di Marx estremamente utile per connettere la teoria marxiana alla questione ecologica. 

Karl Marx A.d. Ñángara MarxPer Burkett, lo “statuto” di una “Sociologia Ecologica” deve, in linea di principio, considerare il rapporto società-natura come un rapporto dialettico, senza sovrapposizione di una sfera sull'altra. Deve evitare una visione puramente “materialista”, a rischio di cadere nel determinismo tecnocentrico o in una concezione delle relazioni sociali come determinate naturalmente. D'altra parte, la riduzione della relazione a un costruzionismo sociale che sottolinea che la storia umana è unicamente sociale, induce anche a credere in una presunta “autonomia” e “controllo” dell'uomo sulla natura. La specificità dell'uomo, in relazione agli altri esseri, deriva dalla sua coscienza e dal suo desiderio, in modo che i valori che rivestono la natura siano il risultato della soggettività umana, socialmente costruita, priva di una realtà in sé. D'altra parte, i valori socialmente creati sono ispirati da una realtà naturale, di oggetti e forze, che sono governati da leggi inalterabili, cioè che non dipendono dall'esistenza umana per esistere. Secondo Burkett: “a combined social and material conception of people-nature relations is necessary to avoid the kind of technical and ethical dualism exhibited by mainstream environmentalism”1. L'idea predominante nel pensiero economico ecologico è quella di uno "sviluppo sostenibile", il cui ideale potrebbe essere raggiunto dalla combinazione di "tecniche verdi" e cambiamenti nei valori e nei comportamenti degli individui, senza, tuttavia, la necessità di modificare le relazioni sociali e le condizioni di produzione. Per Burkett ciò conduce all’idea secondo cui: “ecological destruction is an inessential “external effect” of the dominant social relations of capitalism.”2


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Alessandro Visalli: Leggendo dentro la crisi: visioni dell’egemonia tra Cina e Usa

tempofertile

Leggendo dentro la crisi: visioni dell’egemonia tra Cina e Usa

di Alessandro Visalli

aaron greenwood UqSNn KoDA4 unsplash 750x500Un lungo articolo[1], pubblicato il 26 dicembre 2021, di Wen Wang (ricercatore all’università di Fudan) propone la visione cinese sul crollo dell’Urss e sulle ambizioni che l’hanno provocato. L’articolo è ripreso e commentato da David Goldman[2] che si chiede per quale motivo l’Occidente pensa che la Cina voglia l’egemonia mondiale sul modello americano. A sua volta questo articolo segue ad un più recente articolo[3] del medesimo autore che riflette sulla crisi Ucraina a partire dall’incapacità dei principali strateghi americani di fare i conti con la prospettiva del loro relativo declino strategico. Come illustra Goldman questi sembrano dare per scontato che non siano possibili giochi a vantaggio reciproco nell’egemonia sul mondo. Che questa debba e possa essere detenuta tutta da loro (con o senza compartecipazione dei principali paesi ‘alleati’ come Europa e Giappone) o, come unica scelta, tutta da un’altra alleanza. Che sia, cioè, questione di vita e morte, di evento decisivo.

Questo spiegherebbe la determinazione a provocare, costi quel che costi, il soffocamento immediato di qualunque potenziale controegemone, sia esso la Russia o la Cina (o prima la Russia e poi la Cina).

Ma prima di entrare nel tema guardiamo di cosa stiamo parlando, cioè della morte di tutti, buoni e cattivi, santi e peccatori. In un articolo[4] di Christopher Chivvis, su The Guardian, l’autore, che è il Direttore dell’American Statecraft Program presso il Carnegie Endowment for International Peace[5], descrive la situazione e le simulazioni condotte dagli esperti per prevedere i possibili esiti delle diverse scelte.


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Marco Carnelos: “L’allargamento a est della NATO è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente”

dagospia

“L’allargamento a est della NATO è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente”

Intervista a Marco Carnelos, ex ambasciatore italiano in Iraq

Schermata del 2022 03 18 15 36 15“L’allargamento a est della Nato è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente, fino alla guerra in Ucraina? È una questione controversa e non così scontata come viene raccontata”. Marco Carnelos, ex consigliere dei presidenti Prodi e Berlusconi, ex ambasciatore in Iraq ed ex inviato speciale per la Siria, affida a Dagospia le sue considerazioni sulla guerra In Ucraina.

* * * *

L’Occidente promise alla Russia di non allargare la Nato a est?

Alcune promesse verbali furono fatte. Ci sono anche alcuni documenti, prodotti da riunioni di alto livello, in cui si evidenzia come l’assunzione che c’era in quel momento storico fosse che la Nato non sarebbe andata oltre il confine della Germania, riunificata a ottobre 1990.

 

Chi si intestò questa rassicurazione?

L’allora Segretario di stato americano, James Baker. La sua promessa fu: “Not one inch eastward”, ovvero “non un centimetro più a est”. Dopodiché la storia è evoluta. Il Patto di Varsavia, l’alleanza militare che si contrapponeva alla Nato, nel 1991 s’è sciolto. Da quel momento Putin ha fatto presente in più di un’occasione: “Ma senza il Patto di Varsavia contro chi allargate a est la Nato?”.

 

Putin vuole ricreare una Grande Russia sul modello imperiale o sovietico?

Putin ha vissuto in Germania est nel 1989 e non sappiamo quanto il crollo del suo mondo abbia inciso psicologicamente su di lui. Nessuno può sapere se effettivamente la fine dell’Urss lo abbia segnato. Lo sa il suo analista, ammesso ne frequenti uno.


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Andrea Zhok: Diciamola semplice

arianna

Diciamola semplice

di Andrea Zhok

Diciamola semplice.

Licenziare piloti russi o direttori d'orchestra russi, bloccare la partecipazione di musicisti russi a competizioni internazionali, interrompere la collaborazione con scienziati russi al Cern, buttare fuori da kermesse cinematografiche documentaristi russi, tagliare i rapporti accademici con docenti russi, escludere libri russi dagli stand, ecc. ecc. non sono sanzioni. Sono razzismo istituzionale.

La cultura russa è una delle maggiori tradizioni culturali prodotte da questo pianeta e questo atteggiamento da parte di istituzioni - spesso istituzioni culturali (sic!) - è semplicemente umiliante per chi le prende.

Qui siamo arrivati ad un punto di non ritorno.

Già, perché l'Occidente liberaldemocratico è da tempo in crisi con innumerevoli punti di rottura, perché non essendosi preso cura di rafforzare le proprie basi democratiche ha lasciato progressivamente le redini dei paesi ad un'unica libertà, quella del capitale.


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Mario Lombardo: Ucraina, le armi e il petrolio

altrenotizie

Ucraina, le armi e il petrolio

di Mario Lombardo

La crisi ucraina esplosa il 24 febbraio scorso con l’inizio delle operazioni militari russe sembra essere caratterizzata, da un lato, dall’avanzata relativamente lenta ma efficace delle forze di Mosca e dall’altro da una certa ambivalenza dei governi occidentali nel loro sostegno a Kiev. Questi ultimi continuano ad adottare misure economiche punitive di ampia portata, sia pure risparmiando in alcuni casi il settore energetico, ma sottraendosi da iniziative militari che comporterebbero uno scontro diretto con la Russia. Ciononostante, le provocazioni occidentali e il trasferimento di armamenti al regime ucraino continuano senza sosta, mentre anche su altri fronti nei giorni scorsi gli eventi collegati alla guerra hanno fatto segnare sviluppi decisamente interessanti.

 

Gli aerei polacchi

Il governo ultra-nazionalista polacco resta in questa fase del conflitto l’elemento più ferocemente anti-russo dello schieramento NATO, anche se condivide con altri il timore di provocare una reazione militare devastante da parte di Mosca.


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Vincenzo Costa: Chi sono i cattivi? Regressione infantile e necessità di una nuova cultura

theunconditional

Chi sono i cattivi? Regressione infantile e necessità di una nuova cultura

di Vincenzo Costa

Chi conosce un po’ di storia sa che la guerra Franco-Prussiana scoppiò perché c’erano delle ragioni storiche. Solo per menzionarne alcune: l’unificazione tedesca, la paura della Francia di essere accerchiata dagli Hohenzollern, le ambizioni della Francia, la diffidenza dell’Inghilterra verso queste ambizioni, le aspirazioni della Russia rispetto alla Crimea.

Chi conosce gli eventi che portarono a quella guerra sa bene che vi fu un gioco (molto più complesso di quanto sia possibile dire qui). La Francia non poteva accettare che sul trono spagnolo sedesse Leopoldo: sarebbe stata accerchiata, sarebbe potuta essere attaccata su due lati. Bismarck voleva invece il conflitto, necessario per giungere all’unificazione tedesca, alla proclamazione del Reich. Ma Guglielmo era accomodante, dava rassicurazioni ma non formali (lo abbiamo visto anche di recente).

La guerra, per farla breve, scoppiò perché Bismarck falsificò un telegramma, che umiliava la Francia. Ma lo fece da quel grande statista che era: si assicurò che l’esercitò prussiano fosse pronto, della neutralità inglese e russa. Era una trappola, e la Francia vi cadde: avviò il conflitto.


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Frontiere: À la guerre comme à la guerre!

frontiere

À la guerre comme à la guerre!

Ovvero sugli effetti della narrazione dei dominanti

di Frontiere

Antefatti

Dal 15 febbraio è stato introdotto l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno superato i 50 anni, i sanitari guariti, se non vaccinati, permangono sospesi, gli insegnanti restano sotto ricatto ma non solo, il sistema dei crediti sociali si potrebbe avverare come evoluzione del lasciapassare verde che, per altro, potrebbe diventare ancora più verde ed ecologico, il controllo si sta facendo sempre più invasivo ed invadente, la demonizzazione del contante sta compiendo passi da gigante, intanto…

Il 22 novembre Schwab, il grande vecchio del World Economic Forum, autore di saggi nei quali ci fa il favore (grazie signore, grazie) di illustrarci il nostro futuro, quello deciso dal capitale finanziario sovra-nazionale ed attuato dai suoi vassalli, incontra Draghi a Palazzo Chigi ed è tutto normale, Madama la Marchesa!

È un mondo bellissimo per gli amanti della distopia, una irrealtà che si moltiplica nel mondo globalizzato, a gestione centralizzata, per cuieventi simili accadono in luoghi diversi del pianeta con le stesse dinamiche, e tutto quel che succede ha due sole finalità, le stesse dal secolo scorso:controllo e profitto. Infatti…


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Karlo Raveli: Gineologia: saggezza e sapere, contro la mostruosità ‘Capitale umano’

sinistra

Gineologia: saggezza e sapere, contro la mostruosità ‘Capitale umano’

di Karlo Raveli, migrante

Di fronte all’attuale parossismo criminale del capitalismo, appaiono segni riconoscibili di una nuova dimensionalità sociale antagonista, assieme ma più in là delle ‘classi’ del lavoro salariato. Movimenti dell’ecologismo radicale, lavoratrici della riproduzione e delle cure, migranti, lgbt+, molte forme di precarietà, studenti, pacifisti, popoli originari e così via. Una nuova dimensionalità operaia, questa volta globale e ben oltre gli stati.

Dopo l’ultima massiccia applicazione mondiale sanitaria d’infodemiologia (1), secondo l’Oms ‘scienza’ indispensabile al fine di garantire esiti sicuri alle nuove campagne anti-virus, ora Covid, persino il probabilmente maggior esperto mondiale di ‘scienze’ dell’informazione politica (2) Vladimiro Putin, ci si è messo a suo modo a cavalcare un molto tragico ma diverso guazzabuglio. Sorprendente forse soprattutto per coloro che invece pronosticavamo una nuova o immediata ondata virale. Dopo la prima serie di cattivi ‘germi’ 2019-22, covid vari appunto.

Comunque vedremo. C’è già chi questa ripresa oms-virale la prevede, anzi l’annuncia per l’autunno… una volta terminata l’ultima porcheria da ‘Grande potenza’, stavolta russa (e Nato) in Ucraina.


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Roberto Gabriele: Il riposizionamento del fronte imperialista occidentale

marx xxi

Il riposizionamento del fronte imperialista occidentale

Mossa strategica o frutto di improvvisazione?

di Roberto Gabriele

Il modo con cui americani e NATO stanno affrontando la guerra in Ucraina è frutto di una scelta calcolata o è invece conseguenza di una previsione sbagliata degli effetti che il coinvolgimento ucraino nel blocco militare atlantico avrebbe prodotto? E se è questo il caso, quali rischi comporta?

E’ indubbio che da parte russa c’è stata una previsione di intervento armato quando si è capito chiaramente che gli americani e gli altri paesi NATO procedevano senza esitazioni nel riarmo dell’Ucraina, nel suo coinvolgimento nella NATO e nella contemporanea liquidazione delle repubbliche indipendenti del Donbass, ormai giunte per la forte pressione militare di Kiev a una situazione limite per la loro esistenza.

A questo punto Putin stava di fronte a un bivio: accettare il fatto compiuto e permettere alla NATO di chiudere il cerchio attorno alla Russia, oppure impedire con le armi che questo progetto americano andasse a buon fine. Così, dopo gli ultimi inutili tentativi di portare i rappresentanti di USA, Gran Bretagna e UE al tavolo delle trattative per discutere un accordo che garantisse tutti i paesi del continente europeo, la Russia ha scelto di intervenire.


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Felice Mometti: Quanto grande è la grande dismissione? Lotte e rifiuti nella transizione USA

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              precarie

Quanto grande è la grande dismissione? Lotte e rifiuti nella transizione USA

di Felice Mometti

Gli ultimi dati pubblicati dal Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti confermano che the great resignation, le grandi dimissioni dai luoghi di lavoro iniziate nell’aprile dello scorso anno, continuano. Anche a dicembre, ultimo mese rilevato, ci sono stati quasi sei milioni di «separazioni dai luoghi di lavoro» tra licenziamenti, dimissioni volontarie, pensionamenti. Un dato che, scorporandolo, certifica il progressivo incremento percentuale e assoluto delle dimissioni volontarie. Questo sta preoccupando non poco le società e le imprese tanto da rivolgersi alle università di Harvard, di Yale e Columbia. E il core team della Ivy League ha risposto prontamente alle richieste producendo una serie di studi e inchieste.

Il panorama che ne esce è piuttosto articolato. Le dimissioni continuano a crescere nei settori della sanità, del commercio e vendita al dettaglio, dei servizi alla persona. Tutti settori considerati essenziali in questi due anni di pandemia sottoposti a ritmi, orari e intensità delle prestazioni al limite del sopportabile.


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Intervista a Valerio Romitelli

carmilla

Intervista a Valerio Romitelli

di Elisabetta Michielin

romitelli 1Ultimo suo libro qui discusso e da poco uscito L’emancipazione a venire. Dopo la fine della storia (DeriveApprodi, Roma, 2021, pp. 219) è composto da un saggio iniziale “Per un pensiero politico controcorrente” e una raccolta di testi già pubblicati su siti e riviste on line raggruppati in tre capitoli “Del Metodo”, “Della storia”, “Della Politica” . Focus tematico sono gli anni della storia mondiale che vanno dal secondo Dopoguerra a oggi, periodizzati in tre epoche ben distinte: “i trent’anni gloriosi”, “i trent’anni ingloriosi” della globalizzazione neoliberale, gli anni più recenti etichettati come “sovranisti”, in quanto anche le politiche non dichiaratamente tali operano senza più riguardo alle sorti universalistiche dell’intera umanità e in base solo a supposti interessi di Stato. Attorno a questo focus vengono ripensati molti luoghi comuni di sinistra responsabili dell’attuale crisi di ogni forma della militanza volta all’emancipazione dal capitalismo.

* * * *

Francesco Bergoglio è andato da Fazio (d’altra parte ci è andata anche Madonna, quindi non poteva mancare il papa…) a parlare a favore delle migrazioni e contro la guerra. Una lezione alla sinistra che poi è responsabile degli accordi con la Libia. Non è uno spettacolo bello questo di plaudire il papa e non sentirsi minimamente in causa! Quel che rilevi è invece ciò che hanno in comune i compagni con il papa quando pensano che “per essere di sinistra, per essere compagni, basta essere e comportarsi da critici contro i mali e le ingiustizie del capitalismo” e che la politica quindi sgorgherebbe “dalla vera umanità.” La mia prima domanda è allora questa: da dove “sgorga” secondo te la politica. ?


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Pasquale Noschese: Interpretare la guerra

lafionda

Interpretare la guerra

di Pasquale Noschese

IMG 3485È l’interpretazione a dare valore ai dati. Una nozione tragica, giacché impone, o meglio sovrappone, la fatica del concetto alla seccatura del fact checking. Una seccatura che, di questi tempi, un fanatismo epistemologico ingenuamente “realista” vorrebbe intendere come sufficiente.

Quanto sta accadendo in Ucraina ci impone entrambi i compiti. Raccogliere dati, facendo attenzione alle differenti propagande e alla strutturale incertezza dei momenti di crisi. Rispondere alla domanda pratica “che succede?”. Allo stesso tempo dedicarsi alla domanda teorica: “come si interpreta una guerra?”. Domanda tanto più astratta quanto più opportuna, per due ordini di ragioni. Nell’immediato, è imperativo garantire uno schema interpretativo che sia più esplicito possibile onde evitare che a modellare le opinioni individuali siano piuttosto schemi impliciti, insidiosi. “Ciò che è noto non è conosciuto” scriveva Hegel, e nel noto e nell’ovvio si nascondono le maggiori insidie. A lungo termine, quanto stiamo vivendo offre l’occasione di imprimere, per quanto si può, una maggiore consapevolezza strategica nella società civile, la cui spendibilità possa tornare utile in futuro. Approfittare del risveglio (momentaneo?) dal sonno post-storico per ricordare all’Europa che le guerre esistono, e che hanno una propria razionalità.

Nel nostro paese, i fondamenti dell’approccio geopolitico sono divulgati da anni da molte realtà vivaci e significative, prime tra tutte la rivista Limes. Si tratta quindi di dire qualcosa di già noto: la differenza sta nel dirlo adesso.

Il primo e più radicato pregiudizio che detta il tempo alla nostra percezione della guerra è quello economicistico. In breve, esso è la postura che tende ad attribuire le cause dei conflitti a moventi economici, ora legati alla competizione commerciale, ora all’accaparramento delle risorse, ora alla vendita di armi.


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Stefano Ammirato, Gianmarco Cantafio, Alessandro Gaudio, Gennaro Montuoro: Controdizionario del conflitto (IX)

machina

Controdizionario del conflitto (IX)

di Stefano Ammirato, Gianmarco Cantafio, Alessandro Gaudio, Gennaro Montuoro

0e99dc
            25d9dcd9252a4ca28e44c3912770b196mv2È al carattere che la militanza assume in questo delicatissimo periodo storico che guardano tutte le voci del Controdizionario approntato da «Malanova». Il cantiere aperto di ricerca su nuove ipotesi politiche e orizzonti praticabili è giunto alla nona uscita su «Machina» e include le voci Riders, Riproduzione, Robotica e Salute, incentrate sulle questioni intrecciate di lavoro, reddito e servizi. Sono state scritte in fasi differenti ma poi aggiornate, provando a coniugare lo sguardo sull’attualità con un orizzonte di analisi più ampio. Anche queste, come le precedenti, non devono in nessun caso essere lette come lemmi e vanno ad arricchire il nostro controdizionario, ossia un dizionario che mette in discussione la sua stessa forma.

* * *

Riders

Il 15 settembre 2020 è stato sottoscritto un contratto collettivo di lavoro, da alcuni definito pirata, tra l’Assodelivery e l’Organizzazione Sindacale Ugl, per regolare il lavoro dei riders.

Il primo tentativo di inquadrare legalmente il lavoro dei riders è stato compiuto nel capo V-bis aggiunto al D. Lgs 81/2015 «Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali» che inizia a formalizzare questo tipo di rapporto di lavoro tramite App. Secondo le prescrizioni legislative, i contratti devono essere in forma scritta e, in mancanza di contratti collettivi, i lavoratori «non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate; ai medesimi deve essere garantito un compenso orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini». Si sancisce anche la necessità di un’indennità integrativa non inferiore al 10% per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli.


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Nucleo comunista internazionalista: Sulla guerra in terra ucraina

nucleocomunista

Sulla guerra in terra ucraina

di Nucleo comunista internazionalista

Guerra fra stati, sfida armata russa all’imperialismo occidentale, incipiente guerra civile globale

ucraina guerra kiev armi afpLa data di giovedì 24 febbraio, inizio di quella che Putin ha definito ”operazione militare speciale” in terra ucraina per procedere alla sua “smilitarizzazione e denazistificazione”, segna un momento di rottura di portata storica. L’iniziativa armata dello Stato russo dentro il suo spazio vitale ucraino ha dato uno strappo violento all’intero assetto e sistema di potere internazionale.

La scala delle sue gerarchie è messa in discussione. La protervia della potenza egemone americana e dei suoi satelliti non è più tollerabile dallo Stato russo, costretto a rompere gli indugi passando alle vie di fatto militari contro “l’impero della menzogna” come Putin ha definito le potenze egemoni occidentali. Verso le quali lancia il guanto armato della sfida e al tempo stesso continua a proporsi, da capo borghese quale è, come “partner”. Partner affidabile e socio borghese in affari, se solo si accettasse la presenza, se non “alla pari” almeno su un piano di “equa proporzione”, di Santa Madre Russia dei cui interessi egli è paladino, nel salotto buono dell’alta borghesia mondiale dove vengono spartite le quote di potere capitalistico a scala globale. Se “solo”

E’ uno strappo profondo e non ricucibile. Eventuali intese di compromesso sul terreno dello scontro al momento circoscritto in terra ucraina, saranno solo momenti di tregua. In capo alla lotta mortale che si combatte sulla nostra pelle cioè sulla pelle dell’umanità intera, c’è la testa mozzata di Putin per dire di S. M. Russia cioè la disarticolazione del centro di potere capitalistico russo, oppure le teste mozzate degli attuali reggitori e regnanti del “mondo libero” e la disarticolazione della loro attuale rete di alleanze e di potere.


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Pino Arlacchi: Industria della paura in azione: come i media hanno sostituito il Covid con Putin

lantidiplomatico

Industria della paura in azione: come i media hanno sostituito il Covid con Putin

di Pino Arlacchi

Il delirio bellicista e antirusso dei media europei deve certo preoccupare, ma non oltre un certo punto. State certi che gli stereotipi apocalittici del tipo “Il mondo non sarà più quello di prima”, “La più grande crisi dopo il 1945”, “Sull’ orlo della terza guerra mondiale” non dureranno a lungo. Verranno dismessi non appena si profilerà un nuovo Grande Nemico al posto di Putin e della Russia.

Non è questione di geopolitica. O di valori e di passioni. Ma di interessi. Gli interessi dell’industria della paura che semina panico e rancore allo scopo di vendere copie ed alzare ascolti. Un’industria subdola, alleata di quella militare, soprattutto americana, che va in giro per il mondo in cerca di nemici mortali da combattere.

Parliamo di una macchina mediatica che si nutre di calamità reali da gonfiare fino all’ inverosimile, vedi Covid, per poi sgonfiarle e passare ad altro. Parliamo di un vento mercenario che trasforma crisi limitate in disastri soffiando sul fuoco della guerra e delle armi, vedi Russia-NATO-Ucraina. Parliamo di un esercizio di cinismo informativo che monta e smonta allarmi epocali senza dare spiegazioni, vedi terrorismo islamico e conflitti mediorientali.


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Nico Maccentelli: I pacifisti guerrafondai, un ossimoro

nicomaccentelli

I pacifisti guerrafondai, un ossimoro

di Nico Maccentelli

Solo in una semiosfera dominata da un pensiero unico fatto di falsificazioni, censure e distorsioni della realtà può reggere una simile narrazione. Parlo della manifestazione di ieri a Firenze, organizzata dal sindaco Nardella presidente di Eurocities e tutta la compagnia armante del PD, con i sindaci del PD Gualtieri di Roma, Lepore di Bologna e quelli di Assisi, Bergamo, Arezzo, in collegamento con quelli ancora di Danzica (Polonia), Madrid, Atene, Marsiglia, Varsavia.

C’eravamo tanto armati… Certo, la politica del PD in questi giorni è armi all’Ucraina, oltre a tutte le sanzioni possibili e immaginabili. Letta si è messo l’elmetto e invece di comprendere la ragioni di questo conflitto e riconoscere che la causa di tutto risiede nell’allargamento aggressivo della NATO a est e nell’aver trasformato l’Ucraina in un totalitarismo anti-russo, il suo partito ha messo su una campagna isterica e fanatica di europeismo guerrafondaio. Infatti riconoscere queste ragioni porterebbe dritto a una tregua e a una trattativa seria, ma il partito delle euroburocrazie e atlantista, incarnato nel governo Draghi, un partito trasversale che arriva fino alla Meloni, vuole forzare la mano con il rischio di conflitto di più larghe proprorzioni.


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Anna Pulizzi: I generali di Putin

ilsimplicissimus

I generali di Putin

di Anna Pulizzi

Durante una guerra nessuna dichiarazione ufficiale può valere quanto la mappa delle operazioni e questa in Ucraina sta mostrando un’imprevista situazione di stallo che se non muterà a breve non potrà che avere conseguenze politiche di rilievo. Non è più epoca di guerre-lampo perché il costo economico dei grossi eserciti in manovra risulta proibitivo. Perdere un aviogetto o un plotone di carri significa bruciare miliardi, sacrificare sul campo più di qualche migliaio di soldati significa per i governi bruciare il proprio consenso. Tuttavia, che duecentomila militari siano pochini per invadere un paese più grande della Francia è del tutto evidente anche per chi non ha la giacca appesantita da medaglie e mostrine, a meno che non si proceda sul velluto tra ali di folla festante come unico intralcio all’avanzata.

Non sta andando così ma la cosa che più appare dissonante rispetto alle previsioni iniziali è che gli ucraini stanno tenendo un fronte lungo millecinquecento km che almeno per ora non presenta smagliature vistose in nessun settore né consente rapide penetrazioni alle colonne russe.


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Tendenza Comunista Internazionalista: Alcune considerazione sulla guerra di invasione russa in Ucraina

gliinternazionalisti

Alcune considerazione sulla guerra di invasione russa in Ucraina

di Tendenza Comunista Internazionalista

Siamo nel bel mezzo della guerra (cominciata il 24 febbraio 2022) e lo scenario non è ancora ben delineato, sia per una soluzione negoziale che per una ulteriore penetrazione russa in terra di Ucraina con tutti i rischi del caso, ovvero di una dilatazione della guerra su scala europea, se non internazionale. Allo stato attuale delle cose, sembrerebbe che la Russia non abbia intenzione di “conquistare” l’Ucraina, ma di portare a termine i suoi obiettivi. In pratica, riconoscimento della penisola della Crimea come territorio russo a tutti gli effetti. Sicurezza per la distribuzione del suo gas e petrolio attraverso il territorio ucraino, autonomia delle repubbliche del Donbas e smilitarizzazione (denazificazione) del governo ucraino. Rivendicazioni che, se accettate, sarebbero la base per una seduta negoziale a qualsiasi tavolo e con qualsiasi interlocutore.

Putin sul concetto di denazificazione del governo ucraino ha giocato molto a giustificazione dell’aggressione al Governo di Zelenskyi, denunciando il ruolo del Battaglione Azov, che ha avuto un ruolo determinante dei fatti di Maidan (2014), che hanno portato alla guerra civile, alla destituzione del presidente filo russo Yanukovich, macchiandosi di crimini contro l’umanità.


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Andrea Giustini: Bombe sui bambini o disinformazione? Cosa sappiamo di quanto successo a Mariupol

lindipendente

Bombe sui bambini o disinformazione? Cosa sappiamo di quanto successo a Mariupol

di Andrea Giustini

Prima che essere un esempio di devastazione da guerra, il bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol è un caso esemplare di confusione mediatica. Dichiarazioni, articoli di giornale, narrazioni, si sono rapidamente rincorse e smentite, rendendo impossibile farsi un’idea chiara di cosa sia successo il 9 marzo scorso. E questo non solo perché, come era prevedibile, la versione russa e quella ucraina sulla situazione all’ospedale sono diverse. Ma anche perché, in alcuni casi, sono le fonti di una stessa parte a divergere.

In questa situazione torbida, testate giornalistiche italiane non hanno comunque mancato di sospendere la deontologia professionale. Scegliendo arbitrariamente di trasmettere una sola versione, quella Ucraina, e spesso elevandola senza motivo a fonte certa e verificata, abbandonando oltretutto l’uso del condizionale. Ma le informazioni giunte, sino ad ora, non sono sufficienti per giudicare i fatti di Mariupol, rendendo evidente come siano necessarie verifiche e conferme.


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Luciano Canfora: “Zelensky salito al potere con un colpo di Stato, guerra è tra Russia e Nato”

riformista

“Zelensky salito al potere con un colpo di Stato, guerra è tra Russia e Nato”

Umberto De Giovannangeli intervista Luciano Canfora

Una voce fuori dal coro. Per “vocazione”. Controcorrente, anche quando sa che le sue considerazioni si scontrano con una narrazione consolidata, mainstream. Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni), è così. Sempre stimolante, comunque la si pensi. E le sue riflessioni sulla guerra d’Ucraina ne sono una conferma.

* * * *

Professor Canfora, in queste drammatiche settimane, in molti si sono cimentati nel definire ciò che sta avvenendo ad Est. Qual è la sua di definizione?

Punto uno, è un conflitto tra potenze. È inutile cercare di inchiodare sull’ideologia i buoni e i cattivi, le democrazie e i regimi autocratici… Ciò che sfugge è che il vero conflitto è tra la Russia e la Nato. Per interposta Ucraina. Che si è resa pedina di un gioco più grande. Un gioco che non è iniziato avanti ieri ma è cominciato almeno dal 2014, dopo il colpo di Stato a Kiev che cacciò Yanukovich.


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tonino

unread,
Mar 21, 2022, 4:05:42 AM3/21/22
to sante gorini

Antonio Martone: Contro la Nato e la Federazione russa

sinistra

Contro la Nato e la Federazione russa

di Antonio Martone

Siamo in guerra contro la Russia. Una guerra non dichiarata per paura del nucleare ma, per il resto, siamo in guerra. Se non ci crediamo, basta sentire i media. La propaganda che va in onda è quella tipica dello stato di guerra, ossia la demonizzazione del nemico. Tutto ciò è aberrante. Senza forze che facciano da mediazione, l'abisso si fa più vicino.

Temo l'escalation. Quando inizia un flagello nessuno ci crede: prima o poi, però, tutti ne dovranno prendere atto. Basta anche un errore. Un piccolo errore, un equivoco, un fraintendimento, una bomba che finisce per caso accanto ad una centrale nucleare, un incidente casuale, e l'Europa e la grande storia del mondo, non esiste più.

L'aspetto tanatologico della guerra nasce dagli impulsi più distruttivi (e autodistruttivi) dello spirito umano. Quando si vuole la pace, però, occorre principalmente non attentare alle condizioni di vita e di esistenza di un altro, individuo o popolo che sia, accogliere le sue ragioni, evitare di cedere alla propria tracotanza e volontà di potenza: non smettere mai di mediare, nella consapevolezza della comune (sebbene breve) appartenenza alla terra.


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Pierluigi Fagan: Ucraina axis mundi

pierluigifagan

Ucraina axis mundi

di Pierluigi Fagan

9788898000364 0 536 0 75Nel suo discorso alla nazione in cui spiegava le ragioni del ritiro dopo venti anni dalla guerra in Afghanistan, Biden condensò la ragione dicendo che gli Stati Uniti non dovevano più esaurirsi nel gestire i problemi del 2001 (11 settembre), perché dovevano concentrarsi su quelli del 2021. Diede solo un sintetico ragguaglio su questo nuovo scenario: Russia e Cina.

La Russia è il principale competitor militare degli USA sebbene tra i due ci sia una certa distanza in termini di complessiva forza militare, la supposta “parità atomica” funge da deterrente a scalare i pioli di un possibile conflitto diretto. Abbiamo detto “supposta” parità atomica perché se in termini di testate è certa, in termini di capacità di lancio ed intercetto nessuno può sapere davvero come stanno le cose. Non foss’altro perché i sistemi d’arma spaziali (satelliti) sfuggono ad ogni reale rilevazione da parte degli analisti che si occupano di queste cose. L’aggiornamento dell’arsenale nucleare è stato, con qualche zigzag, praticamente costante negli ultimi settanta anni. La ricerca della preminenza ipotetica che sarebbe la facoltà di un “first strike” annichilente o la ricerca sul come annichilire la risposta avversaria, sono fini in sé. Lo sono per alimentare in continuità il sistema “ricerca e produzione” in un campo che altrimenti non consuma mai il suo prodotto. Lo sono per il fall out tecnologico che questa ricerca produce, fall out che può riversarsi non solo sul campo militare. Lo sono perché obbliga lo e gli avversari a sfinirsi in una continua distrazione di ricchezza su investimenti militari e non civili. Sebbene sia sbagliato dare a questa ultima dinamica ruoli eccessivi, nelle analisi sui perché del crollo sovietico, c’è stata anche una sottolineatura di come questa continua riconcorsa abbia fiaccato -nel tempo- l’economia sovietica, in molte analisi dei principali studiosi in materia.


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Demostenes Floros: Energia e materie prime. Il baricentro del mondo si sposta ad est

marx xxi

Energia e materie prime. Il baricentro del mondo si sposta ad est

intervista a Demostenes Floros

gas petrolio crisi russia ucraina energia ambiente
                metano 005 768x432«Ci stiamo mettendo all’angolo soli. Dobbiamo utilizzare l’energia per riallacciare un dialogo, non per un ricatto». Demostenes Floros, senior energy economist CER, Centro Europa Ricerche, il centro studi fondato negli anni ‘80 da personalità quali Giorgio Ruffolo e Luigi Spaventa, oggi di proprietà Sator S.p.A e Rekeep S.p.A e autore di Guerra e Pace dell’Energia, non ha dubbi.

È quanto mai urgente riallacciare un dialogo con la Federazione Russa. Ma a quale prezzo? «Abbiamo una certezza – spiega il ricercatore – con questi prezzi del gas il 60% della manifattura tedesca e il 70% di quella italiana rischia di chiudere. Noi europei dobbiamo sederci ad un tavolo e trattare. Diversamente abbiamo di fronte la stagflazione. Nessuna crescita e un’inflazione da anni ’70».

* * * *

Dottor Floros, in questi giorni drammatici sono tornati in voga termini che pensavamo aver relegato alla storia: dazi, autarchia, divieto all’export. A suo avviso siamo di fronte a un “disaccoppiamento” del mondo tra est e ovest?

«In realtà è già da diversi anni che gli Stati adottano misure protezionistiche. Credo che la globalizzazione stia lasciando posto ad una “regionalizzazione” del mondo, cioè ad una suddivisione in aree economiche integrate al loro interno in cui avanzano processi di concentrazione e centralizzazione dei capitali. Da un punto di vista geopolitico accanto al blocco euroatlantico stiamo così assistendo alla nascita di un blocco euroasiatico a guida Russo-Cinese».


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Collettivo politico comunista: Il Recovery Plan

tazebao

Il Recovery Plan

Il capitale tra programma e propaganda

di Collettivo politico comunista

y6f“L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation Eu (Ngeu). È un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale”. [1] È questa la retorica che lo stesso Mario Draghi pone a premessa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), ovvero del Recovery Plan, approntato dal suo governo nell’aprile scorso e approvato dalla Commissione Europea nel giugno scorso. Attraverso tale Piano si dovrebbe definire la destinazione dei 191,5 miliardi di euro stanziati dall’Ue per il nostro paese nel cosiddetto Recovery Fund e cioè nell’ambito del programma Next Generation Eu, di cui 122,6 miliardi di prestiti e 68,9 di sovvenzioni, da spalmare tra il 2021 e 2026, secondo le previsioni di bilancio elaborate dagli organi europei. A fianco del Pnrr, viene attivato anche il Fondo React Eu, sempre parte del programma Next Generation Eu, ma attingente ai tradizionali fondi di politiche sociali e di coesione dell’Ue (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo, Fondo di aiuti europei agli indigenti).

Effettivamente, come afferma Draghi, si tratta di un passaggio inedito nella storia dell’aggregato imperialista europeo: un ulteriore meccanismo di centralizzazione finanziaria dell’Unione rispetto ai singoli Stati, basato sull’emissione, per la prima volta, di titoli di debito europei, i cosiddetti Eurobond, come avviene da inizio estate 2021.


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comidad: L'etica sacrificale del sacro occidente

comidad

L'etica sacrificale del sacro occidente

di comidad

Il “soft power” è molto bravo a fare pubblicità a se stesso. Ci è stato raccontato che i film di Rocky, la serie televisiva “Dallas” e la febbre del sabato sera sono stati decisivi per la vittoria dell’Occidente sul comunismo. I giornalisti vanno pazzi per queste cose. Ma se davvero i messaggi individualistici o edonistici hanno fatto mancare il terreno sotto i piedi all’ideologia comunista, è anche più vero che il Sacro Occidente non si fa mancare all’occorrenza l’etica del sacrificio dell’individuo al Bene supremo della collettività. Un ex comunista come Piero Fassino perciò torna utile per ammonirci e ricondurci sulla retta via. Voi egoisti volevate riscaldarvi la casa e mantenervi il posto di lavoro? No, non si deve subordinare il rispetto dei valori alle forniture di gas. Pensavate di essere dei fessi qualsiasi? Invece siete degli Occidentali. Soffrite dunque gioiosi per la vittoria dei valori del Sacro Occidente. Fassino sembra ormai la fotocopia di Shel Shapiro nella parte di Pietro l’Eremita nel film “Brancaleone alla Crociate” di Monicelli. Del resto Fassino fa di nome Piero, quindi era destino che venisse proprio lui a chiamarci ad una nuova crociata.


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Pierluigi Fagan: Guerra alla complessità

theunconditional

Guerra alla complessità

di Pierluigi Fagan

Si è formalizzato ieri il fronte di guerra alla complessità. Non che ieri sia nato, non è mai “nato”, c’è sempre stato, noi viviamo in un universo mentale semplificato, da sempre. Né ieri si è manifestata la sua discesa in campo per la conquista dei cuori e delle menti relativamente all’orientamento delle pubbliche opinioni rispetto alla guerra in Ucraina. Sono ventuno giorni che domina indisturbato. Ieri ha solo attaccato coloro che avanzano riserve su questo dominio del semplificato.

Di sua prima base, il complesso deriva dal suo etimo: intrecciato assieme. Tante e diverse variabili tra loro interrelate (relate a due vie) fanno sistemi complessi. Poche variabili, poche interrelazioni, poco complesso. Tante variabili, tante interrelazioni, molto complesso. In mezzo varie gradazioni. Nel complesso si osserva un oggetto o un fenomeno assieme al contesto. Infine, si cerca di risalire alla matassa intrecciate di cause che l’hanno preceduto. Questo di prima base poi c’è molto altro.

Semplificando, invece, si possono ridurre le variabili e le interrelazioni a proprio piacimento. Si può ridurre il problema del potere in Russia il cui studio impegna una manciata di studiosi da anni ad un singolo pazzo, ex-KGB, omofobo e violento.


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Tiziana Barillà: Nell’era della propaganda dire la verità è un crimine

osservatoriorepressione

Nell’era della propaganda dire la verità è un crimine

Via libera all’estradizione di Assange

di Tiziana Barillà

Assange verso l’estradizione negli Usa: la Corte Suprema inglese respinge il ricorso

Non poteva arrivare in un momento più tragico questa notizia. Mentre la propaganda di guerra soffoca l’informazione e qualche manipolo di giornalisti si asservisce al potere mettendo a repentaglio il lavoro dei tanti.

Una pessima notizia per il giornalismo, per la libertà, per ognuno di noi.

La giustizia britannica ha dato il via libera all’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti dove è accusato di spionaggio per le rivelazioni di Wikileaks. Negli Usa il giornalista rischia una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati svelando prove di crimini di guerra commessi tra Afghanistan e Iraq:

175 anni di prigione per aver pubblicato prove di crimini di guerra, abusi e corruzione.

La giustizia britannica, insomma, gli ha negato il ricorso alla Corte Suprema perché ritiene insussistenti le richieste della difesa: le condizioni di salute e psichiche di Assange, a rischio di suicidio se lasciato ai rigori della giustizia statunitense.


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Pasquale Cicalese - Sergio Calzolari: Italia anello debole nel Mediterraneo

pianocontromercato

Italia anello debole nel Mediterraneo

di Pasquale Cicalese - Sergio Calzolari

Nella teoria del dominio, vi sono due visioni, una di Mackinder, secondo il quale il cuore mondiale è l’Eurasia e chi controlla l’Eurasia controlla il mondo. L’altra visione, talassocratica, è dell’Ammiraglio Mahan, del controllo dei mari. Una prima avvisaglia vi era stata lo scorso anno con il blocco di Suez. Negli ultimi decenni è avvenuto un fatto storico: il Mediterraneo ridiventa centro mondiale dei traffici Est-Ovest tramite il canale di Suez, l’unico che può far transitare le portacontainer di nuova generazione. Ecco che i porti italiani diventano appetibili. I cinesi firmano l’accordo sulla Via della Seta con noi nel 2019 ma poi la dirigenza italiana lo disconosce. E’ dalla fine degli anni novanta che i cinesi sono interessati a Taranto, non c’è stato niente da fare. Tre anni fa il porto di Gioia Tauro, l’unico italiano che può accogliere portacontanienr di 20 mila unità, è passato di mano dai tedeschi a Aponte di Msc,. Costui è amico di Macron, filoamericano e feroce anticinese. I cinesi non possono mettere piede nei porti italiani, così hanno sviluppato reti portuali nella Sponda Sud del Mediterraneo. Primavere arabe nuove in vista? E poi, il conflitto ucraino, che blocca la via della seta terrestre nell’Eurasia, sposta il focus sull’Italia? La dirigenza italiana, alla luce di ciò, dopo 30 anni, aprirà gli occhi sulle enormi potenzialità del sud?


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Raoul Kirchmayr: Avete giocato con l'abisso, ora ce l'avete davanti

giubberosse

Avete giocato con l'abisso, ora ce l'avete davanti

di Raoul Kirchmayr

Il gelo scende nello studio, quando, intervistata da Lilli Gruber, Iryna Vereshchuk, divisa verde e sguardo di ghiaccio, dice che a) Il governo ucraino sa qual è la verità e ha il coraggio di dirla; b) la verità è una sola; c) il presidente è il popolo, il popolo si riconosce nel presidente; d) no-fly zone subito sulle centrali nucleari; e) intervento militare degli USA in Ucraina; f) garanzie internazionali occidentali, da parte di USA e GB, per l’Ucraina per il dopoguerra; g) Crimea e Donbass restituite all’Ucraina, dopo periodo di monitoraggio internazionale; h) né il riconoscimento delle repubbliche del Donbass né della Crimea né la neutralità dell’Ucraina possono costituire base di trattativa con la Russia

A “Otto e mezzo” di ieri sera c’è stato un momento, durato una decina di minuti circa, in cui si è capito che un atterrito Massimo Giannini (La Stampa) ha capito. Ha capito che qualcosa non torna più, nel racconto, o meglio, nella narrazione della guerra in Ucraina. Da questa parte dello schermo lo abbiamo capito dallo sguardo sbarrato e dalle labbra serrate in una sorta di smorfia angosciata. Perfino Lilli Gruber è parsa vacillare, non sapendo più da dove e come riprendere il filo del discorso. Poi, con molto mestiere e bravura, ha rimediato. L’unico che è parso non sorpreso è stato Caracciolo, il direttore di Limes, che evidentemente non si era fatto soverchie illusioni. E, pur tuttavia, aveva il volto parecchio tirato e un po’ scavato.


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Piccole Note: Ucraina: o la realpolitik o la guerra senza fine

piccolenote

Ucraina: o la realpolitik o la guerra senza fine

di Piccole Note

Ieri il Washington Post ha pubblicato un interessante articolo di Matt Bai, il quale spiega che finora la guerra ucraina è proseguita su un binario dalla lettura molto semplice, creando unità nel mondo occidentale e “chiarezza di intenti” contro l’aggressione russa.

“Ma questo periodo di scelte facili e trame semplici sta volgendo al termine. Stiamo raggiungendo la fase della crisi in cui gli interessi dell’Ucraina e quelli degli Stati Uniti non saranno più perfettamente allineati”.

Mentre Zelensky continua a chiedere un più intenso impegno della Nato, la “realpolitik” impone a Biden di evitare un conflitto tra Nato e Russia, che “provocherebbe una crisi esistenziale alla quale un ampio segmento del pianeta potrebbe non sopravvivere”.

Così, prima o poi occorrerà iniziare a “fare pressione su Zelensky affinché accetti una soluzione negoziata che è palesemente ingiusta […]. Nessuno vuole dirlo ora, ma l’America preferirebbe vedere l’Ucraina cedere del territorio piuttosto che rischiare una guerra totale. Sarebbe una soluzione imperfetta, ma in cui continueremmo a vivere per riprendere la lotta in un’altra occasione”.


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Roberto Fineschi: Fare la pace o fare la guerra?

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Fare la pace o fare la guerra?

di Roberto Fineschi

basinato2Per fare la pace bisogna ovviamente volerlo; e lo devono volere tutti i soggetti in campo. La domanda è dunque se essi vogliano effettivamente fare la pace. A questo punto bisogna ulteriormente chiedersi chi sono gli attori in campo.

Per rispondere è necessario da subito mettere da parte tutta la retorica diritto-umanista: parlare della questione accettando questo terreno di confronto significa da subito omettere le cause reali, gli obiettivi reali, le strategie reali. Del resto tutti i soggetti in causa hanno dato ampia dimostrazione in un passato recente e remoto di quanto stiano loro a cuore i diritti umani e l’autodeterminazione dei popoli: sono tutti delle belve sanguinarie.

Ma chi sono? Stati Uniti da una parte, Russia dall’altra. Chi sono coinvolti? Cina e Stati Europei ricchi.

Qual è l’oggetto del contendere? Prima ancora della concretezza geopolitica, lo sfondo su cui tutto ciò accade è la difficile valorizzazione del capitale tipica del capitalismo crepuscolare.

Grandi Stati Europei, Russia e soprattutto Cina stanno da anni sviluppando delle importanti convergenze di sviluppo economico. Il grande progetto della via della seta prospetta all’orizzonte un’integrazione di sistema che va dalla Spagna alla Cina e passa anche dall’Africa dove gli interessi cinesi sono crescenti. I cinesi non arrivano con i carri armati, ma con una montagna di investimenti, coi soldi, insomma: comprano per produrre ricchezza. La loro è un’egemonia strutturale che si insinua con una rete capillare possibile solo grazie al sistema di investimento che include la collaborazione tra grande capitale pubblico e privato che agiscono in maniera coordinata.


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coniarerivolta: Le conseguenze del liberismo e le dinamiche della disuguaglianza

coniarerivolta

Le conseguenze del liberismo e le dinamiche della disuguaglianza

di coniarerivolta

inequality society poor rich gap ciseteroMentre infuriano i venti di guerra e si consumano le conseguenti tragedie umane, si iniziano a palesare con evidenza le conseguenze indirette sull’economia europea (e non solo), legate ai micidiali aumenti dei prezzi delle materie prime e alla correlata spirale al rialzo di tutti i prezzi che, in assenza di interventi decisi sui salari dei lavoratori, comportano e comporteranno gravi effetti sulle tasche della maggioranza delle persone acuendo povertà e disuguaglianze sociali. Come la crisi pandemica ha avuto, oltre ai suoi nefasti effetti sanitari, drammatiche conseguenze socio-economiche, con una crescita sostenuta della povertà, l’attuale crisi internazionale sta già scatenando i suoi effetti indiretti sulle classi sociali subalterne e sui lavoratori di gran parte del mondo.

Si tratta dell’ennesima mazzata a collettività che, in Italia come altrove, subiscono da anni le conseguenze di politiche economiche restrittive e crisi che stanno dilaniando il corpo sociale acuendo le disuguaglianze e la povertà.

 

Il rapporto OXFAM sulle disuguaglianze

Ogni anno la benemerita organizzazione OXFAM (Oxford Committee for Famine Relief), confederazione di ONG dedite alla lotta alla povertà in tutto il mondo, pubblica un rapporto sulle disuguaglianze. Ed ogni anno il rapporto, impietoso, registra il drammatico e inesorabile deterioramento del quadro sia in relazione ai livelli di povertà assoluta e relativa sia rispetto all’allargamento del divario tra ricchi e poveri.


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Mario Porro: La scienza pensa?

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La scienza pensa?

di Mario Porro

a1iz8nkr0alNel cuore della tragedia pandemica – ha osservato il filosofo della scienza Etienne Klein (Vita e pensiero, n. 1, 2021) –, vi è stata l’opportunità rara di svolgere un’opera di divulgazione sulle procedure della metodologia scientifica. Al di sotto del baccano assordante di tanti dibattiti, qualche voce accorta ha cercato di chiarire cosa fossero un esperimento a doppio cieco o randomizzato, quale fosse la differenza fra una correlazione e una relazione di causa-effetto, ha spiegato come fare buon uso delle statistiche. Sforzi tanto più meritevoli nel nostro paese, dove il preoccupante analfabetismo di ritorno si allea talvolta con l’atavica diffidenza verso il sapere scientifico (anche negli ambienti “culturali”).

Nell’esplorare l’ignoto o il poco noto, la ricerca scientifica, soprattutto in ambito terapeutico, richiede un lungo e paziente lavoro di analisi, di sperimentazioni e controlli; confronti serrati e critiche severe devono (dovrebbero) intrecciarsi fra ricercatori di molteplici laboratori, nel lavoro collettivo che si svolge all’interno della comunità o della città scientifica, come la chiamava Gaston Bachelard. Quel che abbiamo sperimentato in questi due anni è che la ricerca del vaccino anti-Covid può restare a lungo immersa nel chiaroscuro delle incertezze, conoscere tentennamenti ed errori. E non sempre si tratta degli errori “giusti” che, come vorrebbe l’epistemologia popperiana, confutando le prime congetture riorientano la ricerca verso strade più proficue.

Purtroppo anche qualche esperto ha dimenticato che la temporalità della ricerca scientifica non obbedisce alla logica implacabile dell’immediato, cara ai media e ai social network, all’impazienza di massa che attende risposte rassicuranti.


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Franco Piperno: Lavoro e tempo di lavoro in Marx

machina

Lavoro e tempo di lavoro in Marx

di Franco Piperno

Dopo aver analizzato la nozione di tempo nel pensiero di Aristotele, Franco Piperno si rivolge ora a un'indagine sullo sviluppo del rapporto tra tempo e lavoro nelle opere di Marx

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              9f02e60675fb4041a65888fbbe1252f7mv2I) Cento anni dopo

A più di un secolo dalla morte, Marx viene trattato, tanto nell’opinione quanto nell’accademia, come «un cane morto». La situazione è quindi ottima per riprendere lo studio dei suoi testi, per rifare i conti con lui. Procedere su questa strada, comporta,in primo luogo, sgombrare il terreno dall’ovvio, rifiutare la relazione di causalità tra l’attuale discredito di cui gode il Nostro e il crollo del socialismo di stato nell’Europa dell’Est. L’inconsistenza logica della dottrina marxista, così come la cattiva astrazione sulla quale si fondava la legittimità dei regimi socialistici, erano nascoste solo agli occhi di chi non voleva vedere. Tutto era chiaro già da prima, da molto prima. A testimonianza che il senso comune non ha atteso il crollo del muro di Berlino per formulare un giudizio sulla teoria del socialismo scientifico e sulla natura del socialismo di stato riproponiamo, qui di seguito,un breve commento a riguardo, scritto nel 1983, in occasione del centenario della morte di Marx, quando il Paese dei Soviet esisteva ancora[1]:

La celebrazione di K. Marx, nel centenario della morte, costituisce quel piccolo dettaglio più illuminante che un intero discorso. Innanzi, tutto chi celebra chi? Giacche’ bisognerà bene augurarsi che esista qualche differenza tra il Marx celebrato dal compagno Andropov, attuale primo ministro sovietico ed ex-capo del K.G.B.; e quello di cui si ricorda il militante dell’Autonomia nelle prigioni italiane. Non che ci siano celebrazioni illegittime; è solo che, forse, Marx, il nostro Marx, non merita d’essere celebrato[2] né dagli agenti segreti,né dai professori universitari e nemmeno dai militanti di Autonomia.


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Mario Lombardo: Ucraina, due pesi e due misure

altrenotizie

Ucraina, due pesi e due misure

di Mario Lombardo

Tra gli argomenti preferiti dalla propaganda USA/EU sulle operazioni militari russe in Ucraina spicca soprattutto in questi ultimi giorni quello dei crimini di guerra, di cui Vladimir Putin si sarebbe già abbondantemente macchiato. Violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale sono più che probabili in situazioni come quella in atto e, se esse hanno effettivamente avuto luogo, dovrebbero in teoria essere oggetto almeno di indagine. Tuttavia, anche accettando come vere le accuse fino ad ora rivolte dall’Occidente al presidente russo, il livello di gravità dei crimini commessi in Ucraina non si avvicina nemmeno lontanamente a quelli attribuibili ai suoi accusatori, oltretutto con prove e testimonianze quasi sempre incontrovertibili.

Il bombardamento di un ospedale pediatrico nella località di Mariupol qualche giorno fa ha dato l’occasione ai governi che appoggiano il regime di Kiev di aumentare ancora di più le pressioni su Mosca, offrendo all’opinione pubblica occidentale un episodio dai contorni raccapriccianti che dimostrerebbe senza nessun margine di dubbio la ferocia gratuita russa.


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Norberto Fragiacomo: Chi dissente è perduto

linterferenza

Chi dissente è perduto

di Norberto Fragiacomo

L’altra sera mi è capitato di commentare un post su FB: un “amico” faceva un paragone (piuttosto strampalato, a parer mio) fra Che Guevara e Putin e, in ossequio allo spirito dei tempi, ingiuriava il secondo.

Cos’ho scritto di così terribile in calce al messaggio? Nulla: ho espresso la mia ammirazione per il Che, la cui memoria sopravvivrà nei secoli, e fatto notare che Putin è “uno statista in un mondo di politicanti” del calibro di un Di Maio.

Apriti cielo! Un tale, che non val la pena di nominare, mi ha investito con una bordata di insulti, cui ho replicato con un certo sarcasmo… poi, visto che non la finiva più (e che il limite di sopportazione era stato abbondantemente superato), l’ho bloccato: arrivederci e grazie.

Non mi dispiacciono le polemiche anche animate, mentre non tollero le aggressioni (esistono pure quelle verbali: consultare il vocabolario per credere).


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Mike Davis: I grandi uomini che non fanno la storia

jacobin

I grandi uomini che non fanno la storia

di Mike Davis

A dispetto del fatto che il potere formale sia concentrato in poche mani, Mike Davis fa notare che i potenti della terra sono ormai incapaci di fornire qualsiasi idea di futuro. Per questo si rifugiano nei passati immaginari

L’egemonia richiede un grande disegno? In un mondo in cui oligarchi dorati, sceicchi miliardari e divinità del silicio governano il futuro umano, non dovremmo sorprenderci nello scoprire che l’avidità genera menti rettiliane. L’aspetto che mi sembra più rilevante di questi strani giorni, in cui le bombe termobariche squagliano i centri commerciali e attorno ai reattori nucleari infuriano gli incendi, è l’incapacità dei nostri attuali superuomini di esercitare il loro potere verso la produzione di una qualsiasi narrazione plausibile del prossimo futuro.

Putin si circonda di astrologi, misticismo e perversione come facevano i Romanov nell’ultima fase del loro potere. A detta di tutti è sinceramente convinto di dover salvare gli ucraini dall’Ucraina, perché il destino celeste della Rus’ possa compiersi. Il presente deve essere distrutto per trasformare in futuro un passato immaginario.


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Antiper: Il nazionalismo ucraino è fascista?

antiper

Il nazionalismo ucraino è fascista?

di Antiper

Una delle argomentazioni più ricorrenti che vengono utilizzate per confutare la caratterizzazione in senso ultra-reazionario dell’attuale assetto politico dominante in Ucraina consiste nel mostrare come le due principali organizzazioni neo-naziste ucraine – Pravy Sektor e Svoboda – abbiano raccolto nelle due ultime tornate elettorali presidenziali un consenso molto limitato, intorno al 2% nel 2014 [1] (e grosso modo lo stesso anche nel 2019 [2]).

Si tratta di un’argomentazione apparentemente convincente che tuttavia non coglie il punto della questione; e il punto della questione non è costituito dal consenso elettorale delle organizzazioni neo-naziste, ma piuttosto dal ruolo che esse hanno svolto nel contesto dell’Euromaidan – diciamo pure, del colpo di stato del 2014 – e in quello della repressione delle regioni ribelli del Donbass.

Non solo, il problema del carattere fascista del nazionalismo ucraino va molto al di là delle organizzazioni che si richiamano esplicitamente al nazismo e chiama in causa l’intera storia novecentesca di quel paese.


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Luca Grecchi: Il desiderio chiamato Utopia

petiteplaisance

Il desiderio chiamato Utopia

di Luca Grecchi

Jameson indica la strada giusta, quella di chi ritiene necessario non solo criticare, ma soprattutto costruire: criticare senza costruire è cosa ancor più sterile del semplice stare a guardare

Fredric Jameson, critico letterario statunitense e teorico politico marxista nato nel 1934, è noto al grande pubblico soprattutto per i suoi studi letterari (è stato allievo di Erich Auerbach), nonché per la sua ottima analisi del postmoderno. In questo libro, tuttavia, egli tratta specificamente di un tema troppo spesso ingiustamente snobbato dalla teoria marxista, ovvero quello dell’utopia. Il suo approccio risulta in merito, come mostreremo (leggendo il suo libro Il desiderio chiamato Utopia, Feltrinelli, Milano 2007, ed. or. 2005.), non viziato dai consueti pregiudizi marxisti, in quanto la sua valutazione dell’utopia come ideale riferimento teoretico e politico, risulta essere nella sostanza molto positiva.

Jameson inizia sottolineando, come si fa di consueto, la ambivalenza del termine «utopia», interpretabile – secondo l’etimologia greca volta per volta preferita – sia come «luogo inesistente» (per i detrattori dell’utopia), sia come «buon luogo» (per gli ammiratori dell’utopia).


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Leonardo Clausi, Serafino Murri: La guerra vista dalla luna

machina

La guerra vista dalla luna

di Leonardo Clausi, Serafino Murri

Pubblichiamo un intervento di Leonardo Clausi e Serafino Murri, autori di Pandemia Capitale (manifestolibri, 2021), sull'attuale guerra in Ucraina

Si vis pacem para bellum, se vuoi la pace preparati alla guerra, recita il tristo adagio latino (anzi romano: i romani sono stati i primi, veri imperialisti). Tutta la storia d’Europa – e del mondo quando ancora era assoggettato dall’Europa – è nel segno di questa logica primordiale, ferina, quella del Leviatano e del patto sociale di non aggressione che fagocita le sue parti. Ha continuato a esserlo dopo la Seconda guerra mondiale, nella Guerra fredda a cui la caduta dell’Urss non ha messo la parola fine, e in quelle, bollenti, mosse prevalentemente dall’Occidente liberal-consumista negli ultimi trent’anni per difendere «i mercati» travestiti da libertà dei popoli in nome della democrazia e dell’autodeterminazione. Nella cosiddetta deterrenza nucleare e nella Nato, ex-ferrovecchio (cfr. il grande mediatore neogollista Macron) sopravvissuto alla fine della Storia che però, mannaggia, non era ancora finita.


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Barbara Spinelli: Una guerra nata dalle troppe bugie

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Franco «Bifo» Berardi: Rassegnatevi/2

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tonino

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Mar 25, 2022, 2:09:02 PM3/25/22
to sante gorini

Piotr: Dall'Errore Fatale all'Idiozia Fatale

perunsocialismodelXXI

Dall'Errore Fatale all'Idiozia Fatale

Ovvero: della sconnessione cognitiva e del rischio di guerra nucleare

di Piotr

putinPartiamo da due votazioni all'ONU che sono una significativa introduzione al discorso che segue.

24 novembre 2014.

All'ONU la Russia propone una condanna del nazismo. Ucraina, USA e Canada votano contro. L'Italia (governo Monti) si astiene, assieme alla UE. L'Occidente era coerente: come faccio a condannare il nazismo se in Ucraina devo sostenere Settore Destro, Svoboda e banderisti e nazisti assortiti? Non si può.

18 novembre 2021.

La Terza Commissione dell’ONU approva una risoluzione che vieta la glorificazione del nazismo con 125 voti a favore, 53 astenuti (tra cui l'Italia, governo Draghi) e i voti contrari di Stati Uniti e Ucraina. Stesso copione. Come faccio a votare a favore quando so che devo glorificare i nazisti ucraini del battaglione Azov e del battaglione Donbass assieme ai volontari nazisti provenienti da mezzo mondo? Non si può.

Durante la prima settimana di guerra, in Russia c'era sconcerto e preoccupazione. Poi la situazione è cambiata. Non a causa di leggi restrittive (che sono giunte dopo - e in Ucraina è anche peggio: 11 partiti di fatto fuorilegge e la TV sotto legge marziale), non a causa di imponenti campagne di PR, di informazione o disinformazione, sia perché i mezzi per attuarle sono in mano occidentale, sia perché i Russi, al contrario degli occidentali, comunque non sono capaci di farle; a parte qualche barlume creativo sono rimasti fermi all'Unione Sovietica, sono grezzi (poco più di un burocratico briefing ministeriale, niente di psicologicamente sofisticato, capacità di marketing politico e di public relations a livelli elementari).


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Elisabetta Teghil: Libertà di obbedire, obbligo di essere gradit*

Coordinamenta2

Libertà di obbedire, obbligo di essere gradit*

di Elisabetta Teghil

it adv obbedire[…] La gerarchia, che si basava sul dare ordini, diventa ora una gerarchia di responsabilità […] La delega di responsabilità non comporta quindi una dissoluzione della gerarchia, ma un cambiamento della sua funzione e del suo significato.
J.Chapoutot, Nazismo e management

Il fratello di mia nonna costruiva case. Non ha voluto prendere la tessera del fascio e non ha più potuto lavorare fino alla fine della guerra. I miei zii erano partigiani sulle montagne della Carnia e siccome i tedeschi non li trovavano sono andati a casa e hanno trascinato via mio nonno e mia zia. Nessuno ha saputo dove fossero finiti fino a quando i tedeschi sono scappati e i partigiani li hanno liberati. Erano nel carcere di Palmanova e sono stati fortunati perché la guarnigione tedesca se n’è andata lasciando tutti i prigionieri chiusi dentro. In altre prigioni li hanno tutti ammazzati prima di scappare. Mia madre si alterava sempre quando mi raccontava che alla liberazione tutto il paese era in piazza con il fazzoletto rosso al collo mentre i partigiani e chi si era opposto al fascismo si contavano sulle dita di una mano e mi diceva che alle sue rimostranze le rispondevano <non sapevo, non credevo, non pensavo>. E invece sapevano tutto. Erano stati indifferenti, avevano coltivato i loro orticelli, i loro interessi o erano stati pavidi o erano convinti che tutto sommato il fascismo era ordine e legalità e andava bene e chi si opponeva era un mestatore, un sobillatore o, peggio, un comunista.


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Fabio Mini: Milizie nazi, armi e stragi di civili: i veli sulla guerra

fattoquotidiano

Milizie nazi, armi e stragi di civili: i veli sulla guerra

La cortina fumogena

di Fabio Mini

Kiev, esercito allo sbando: mani libere ai paramilitari. Rifornirli aumenta ancora i rischi per la popolazione

variant med 1200x630 obj27353978 1200x630Sembravano teorie del complotto o fantasie dei “filo putiniani”, le valutazioni che fin da prima dell’attacco confutavano la narrazione fornita dall’Ucraina, ma orchestrata e preparata dall’esterno. Alle voci dubbiose di alcuni storici ed esperti occidentali, compresi quelli americani, subito tacciati di filoputinismo, si sono aggiunte in questi giorni voci inaspettate, oltre alla nostra: il bollettino n.27 di Jacques Baud , il colonnello dell’intelligence svizzera, ora analista internazionale di professione con un attivo di decine di libri e rapporti su questioni militari diventati dei “must read” in Europa e nel mondo e il Financial Times del 20 marzo con le molte altre voci di esperti europei raccolte da Sam Jones da Zurigo e John Paul Rathbone da Londra.

 

Genesi e operazioni

A parte la provocazione della Nato nei confronti della Russia iniziata nel 1997 con l’espansione a est, secondo Baud la questione russo-ucraina non è sorta a causa del separatismo o indipendentismo del Donbass. Il conflitto nasce invece da fenomeni interni all’Ucraina e l’Occidente, non la Russia, ha fatto in modo che esso si ampliasse e degenerasse. Dal 2014, con i fatti di Maidan e i massacri in Donbass e Odessa, si dimostra la debolezza delle forze armate ucraine, succube di regimi che non si fidano di esse, che deliberatamente le abbandonano e si rivolgono alla componente paramilitare per l’ordine interno. L’esercito ucraino, teoricamente forte di quasi trecentomila uomini, era in uno stato disastroso.


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Luca Busca: Draghistan: cronache di un paese sull’orlo di una crisi di nervi

sinistra

Draghistan: cronache di un paese sull’orlo di una crisi di nervi

di Luca Busca

IMG 20211028 231604 9132Antefatto

Mario Draghi è stato chiamato a governare l’Italia il 3 febbraio 2021 e ha prestato giuramento il 13 dello stesso mese. In soli 380 giorni è riuscito a fare tutto questo:

1. Ha fatto registrare il peggior risultato nel contenimento della pandemia a livello europeo recuperando posizioni su posizioni, raggiungendo il secondo posto in classifica generale, dietro la Polonia, con 2,6 morti ogni mille abitanti. A livello mondiale si piazza al 5° posto dietro Brasile, Argentina e Stati Uniti. Per nascondere questi dati inconfutabili e il poco onorevole risultato la propaganda ha scatenato il gota dei propri esperti per propinare al popolo una serie di giustificazioni: 1) la popolazione italiana è la più anziana; 2) non si possono confrontare paesi con caratteristiche diverse; 3) è tutta colpa dei Novax; 4) esistono infinite variabili che incidono sul risultato che non possono essere escluse dal complesso calcolo dei risultati. Tutto falso: 1) il Giappone ha una popolazione più anziana e ha registrato 0,15 decessi ogni mille abitanti; il Brasile con un’età media nettamente più bassa ha raggiunto il peggior risultato al mondo. 2) L’Italia risulta al secondo posto nel confronto europeo, cioè proprio con i paesi dalle caratteristiche simili, scende al 5° se vengono inseriti paesi dissimili. 3) L’Italia ha realizzato una delle migliori campagne vaccinali al mondo, rilevatasi completamente inutile. L’Ucraina, ora al centro dell’attenzione, ha vaccinato solo il 35% della propria popolazione raggiungendo un risultato leggermente migliore del nostro (2,41 decessi per 1000 abitanti). 4) Il giudizio sul risultato ottenuto scaturisce proprio dalla capacità di un governo di gestire le variabili pandemiche che caratterizzano il proprio paese. Una buona gestione fa registrare meno casi e meno decessi, una cattiva fa crescere i numeri. La Cina è stata capace di gestire in maniera ottimale le proprie variabili ottenendo così uno dei tassi di mortalità più bassi (0,34). Questo nonostante il paese, responsabile di aver generato la pandemia, sia stato il primo ad essere aggredito dal virus, abbia una capacità sanitaria inferiore alla nostra, un territorio immenso, una campagna vaccinale più bassa della nostra etc.


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Andrea Zhok: Gli estremi del conflitto

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Gli estremi del conflitto

di Andrea Zhok

Gli estremi che, credo, possano definire la cornice attuale del conflitto in Ucraina sono i seguenti.

1) Sul terreno la Russia è in una posizione di lento avanzamento, con costi elevati, sia interni (sanzioni) sia esterni (vittime), ma non può sotto nessuna condizione arretrare e rinunciare agli obiettivi primari (neutralizzazione dell’Ucraina e messa in sicurezza delle aree russofone).

2) Nelle aree urbane l’avanzamento è particolarmente difficile per la perdurante presenza di civili, che la Russia cerca di risparmiare (non foss’altro per ragioni d’immagine e perché poi con questi vicini di casa dovrà conviverci). La situazione è resa particolarmente intricata da un lato perché i miliziani ucraini a più riprese hanno impedito ai civili di uscire (sono numerose le testimonianze di gente che afferma che gli veniva detto che non esistevano corridoi umanitari e che le strade erano minate), dall’altro perché gli ucraini hanno distribuito le armi alla popolazione, rendendo arduo distinguere civili inermi da reclute occasionali.


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Pierluigi Fagan: La geopolitica multipolare che ruota intorno all'asse ucraino

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La geopolitica multipolare che ruota intorno all'asse ucraino

Punto della situazione

di Pierluigi Fagan

L’evento più importante della giornata di ieri è stata la video-chiamata tra Xi e Biden. Nei giorni scorsi, il Financial Times (proprietà giapponese) e il the Economist (proprietà Exor-Agnelli) avevano riscaldato l’ambiente accusando la Cina di star attivamente aiutando la Russia nel conflitto ucraino. Cinque giorni fa a Roma, americani e cinesi si sono incontrati in un meeting molto lungo e, pare, poco amichevole. Ieri, prima della video-call Xi-Biden, il ministero degli Esteri cinese ha fatto dichiarazioni molto dure: ha accusato gli USA di avere la “coscienza sporca” sul precipitare della questione ucraina, di aver agito come "ladri" per trarre vantaggi geopolitici, accusa gli USA di essere "ipocrita" nel mostrare preoccupazioni dopo aver "appiccato l’incendio". In fondo, tali cose erano state detta dai cinesi già dall’inizio del conflitto. Colpiscono i toni molto diretti, tutt’altro che diplomatici, ma di più il fatto di aver sparato queste dichiarazioni -prima- del vertice.

Il vertice è durato poi due ore. Dopo, per qualche ora successiva la fine dell’incontro, i cinesi hanno sparato dichiarazioni una dopo l’altra.


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Fabio Vighi: Da Covid-19 a Putin-22: chi ha bisogno di amici con nemici come questi?

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Da Covid-19 a Putin-22: chi ha bisogno di amici con nemici come questi?

di Fabio Vighi

terza guerra mondiale 750x400Iperrealtà quotidiana

Come in un montaggio hollywoodiano, l’inquadratura in campo lungo sulla “guerra al Covid” ha lasciato spazio a un primo piano sulla “guerra ucraina”, senza che lo spettatore si accorgesse di alcuno stacco. Nel frattempo, Vladimir Putin ha sostituito Virus nelle vesti di nemico pubblico numero uno. Se il passaggio di testimone era prevedibile, la tempistica è risultata fin troppo perfetta. Sono allora intervenuti, come al solito, i coreografi creativi dei media aziendali, assicurandoci da subito una rappresentazione tipicamente unidimensionale della “guerra di Putin” – non lesinando neppure effetti speciali tratti da videogiochi come War Thunder, Arma 3 e Digital Combat Simulator; o il riciclo di vecchie clip di altri disastri. Al cospetto di tanta potenza di fuoco, persino i filmati apocalittici dei cinesi che cadevano come birilli a Wuhan City nel gennaio 2020 appaiono ora decisamente amatoriali.

Quando Jean Baudrillard scrisse che la ‘Guerra del Golfo non ha avuto luogo,’ intendeva dire che il dramma di quella guerra era stato sovrascritto da uno spettacolo mediatico talmente pervasivo da renderla iperreale: qualcosa di così inesorabilmente “vero” da eliminare l’intrinseca opacità del referente. Covid e invasione russa sono prepotenti esplosioni di iperrealtà, da cui diventa quasi impossibile prendere le distanze. La sovraesposizione all’ossessiva rappresentazione uni-dimensionale della guerra (il suo simulacro) elimina qualsiasi possibilità di relazionarsi all’originale, di cui non rimane traccia. Come è successo con il Covid, la realtà viene sostituita da un modello preconfezionato di false opposizioni binarie: sano/malato, vero/falso, democratico/fascista, Bene/Male.


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Leonardo Mazzei: Prezzi dell'energia. Cosa c'è dietro e come porvi rimedio

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Prezzi dell'energia. Cosa c'è dietro e come porvi rimedio

di Leonardo Mazzei

economia di guerraToh, c’è la speculazione. Ma chi l’avrebbe mai detto!

Dice che c’è la speculazione. Chi l’avrebbe mai detto! Dopo sforzi di settimane, gli scienziatoni del “governo dei migliori” hanno dunque scoperto l’acqua calda. Che dire, meglio tardi che mai! Roberto Cingolani, l’uomo tutto nucleare e digitalizzazione, ha reso la sua confessione spontanea al Senato della Repubblica. Naturalmente, una confessione a metà e senza trarne le dovute conseguenze. Ma, si sa, la scienza governativa ha i suoi tempi…

Ma che ha detto il Cingolani di così importante? E, soprattutto, cosa invece non ha voluto dire? Eh già, perché in questo fritto misto di ammissioni e reticenze, bugie e mezze verità, c’è il rischio di non cogliere la sostanza del problema.

Partiamo dalle sue affermazioni:

«Non c’è qualcuno in Italia che sta facendo qualcosa di sbagliato. Il problema è la grande speculazione in certi hub in cui si scambiano certificati e future: il Ttf a livello europeo e il Psv italiano».

In questa dichiarazione c’è una verità (la speculazione nella borsa del gas), un’omissione (chi sono questi famosi speculatori) ed una bugia, quella secondo cui in Italia nessuno starebbe facendo «qualcosa di sbagliato».

Chiariamo allora questi tre punti.

 

La speculazione sul mercato del gas


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Michael Hudson: L’America sconfigge la Germania per la terza volta in un secolo

ilcomunista

L’America sconfigge la Germania per la terza volta in un secolo

di Michael Hudson

Un’analisi delle oligarchie che esercitano un’influenza sulle strategie di politica estera Usa e come queste dinamiche di potere si sono sviluppate rispetto alla crisi attuale, determinando il consolidamento del dominio Usa sulla Germania

Imperialism001
            528x735Il mio vecchio capo Herman Kahn, con il quale lavoravo all’Hudson Institute negli anni ’70, aveva un discorso già pronto per i suoi incontri pubblici, in cui diceva che quando frequentava il liceo a Los Angeles, i suoi insegnanti erano soliti dire ciò che la maggior parte dei progressisti dicevano negli anni ’40 e ’50: “Le guerre non hanno mai risolto nulla”. E se davvero non hanno mai portato ad alcun cambiamento, in pratica non si devono fare.

Herman non era d’accordo e aveva pronta una lista con ogni sorta di cose che le guerre avevano risolto, o almeno cambiato, nella storia del mondo. Aveva ragione, e ovviamente questo è l’obiettivo di entrambe le parti nell’attuale scontro della Nuova Guerra Fredda in Ucraina.

La domanda da porsi è cosa stia cercando di cambiare o “risolvere” la Nuova Guerra Fredda di oggi. Per rispondere a questa domanda, è sempre utile chiedersi chi sia davvero a iniziare la guerra. Ci sono sempre due parti: l’attaccante e l’attaccato. L’attaccante si propone determinate conseguenze e l’attaccato cerca di trarre vantaggio da eventuali conseguenze non volute. In questo caso, entrambe le parti si scambiano reciprocamente colpi che spaziano fra conseguenze volute e interessi speciali.

È dal 1991 che gli Stati Uniti fanno uso attivo della forza militare e aggrediscono. Rifiutando il disarmo reciproco dei paesi del Patto di Varsavia e della Nato, è venuto a mancare qualsiasi “dividendo di pace”.

Al contrario, la politica statunitense intrapresa dall’amministrazione Clinton e dalle successive di attuare una nuova espansione militare attraverso la Nato ha pagato un dividendo di 30 anni, riuscendo a deviare la politica estera dell’Europa occidentale e di altri alleati americani dalla loro sfera politica interna all’esclusivo blob di “sicurezza nazionale” orientato dagli Stati Uniti (uso questo termine per indicare gli speciali interessi che non si possono nominare). La Nato è diventata l’organismo europeo di politica estera, fino al punto da dominarne gli interessi economici interni.


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Guerra alla complessità

di Pierluigi Fagan

Si è formalizzato ieri, su alcuni giornali italiani, il fronte di guerra alla complessità. Non che ieri sia nato, non è mai “nato”, c’è sempre stato, noi viviamo in un universo mentale semplificato, da sempre. Né ieri si è manifestata la sua discesa in campo per la conquista dei cuori e delle menti relativamente all’orientamento delle pubbliche opinioni rispetto alla guerra in Ucraina. Sono ventuno giorni che domina indisturbato. Ieri ha solo attaccato coloro che avanzano riserve su questo dominio del semplificato.

Di sua prima base, il complesso deriva dal suo etimo: intrecciato assieme. Tante e diverse variabili tra loro interrelate (relate a due vie) fanno sistemi complessi. Poche variabili, poche interrelazioni, poco complesso. Tante variabili, tante interrelazioni, molto complesso. In mezzo varie gradazioni. Nel complesso si osserva un oggetto o un fenomeno assieme al contesto. Infine, si cerca di risalire alla matassa intrecciate di cause che l’hanno preceduto. Questo di prima base poi c’è molto altro.


Roberto Buffagni: A proposito di “Guerra alla complessità “

italiaeilmondo

A proposito di “Guerra alla complessità “

di Roberto Buffagni

Leggendo il post di stamani di Pierluigi Fagan, “Guerra alla complessità”, vengo a sapere che secondo Massimo Gramellini “Sull’Ucraina chi vi dice ‘ma è più complesso’ è complice di Putin”.

Pierluigi dice la sua da par suo, e vi invito a leggerlo. Già che ci siamo dico anche la mia.

Questo poi sarebbe un caso semplicissimo: la Russia attacca l’Ucraina per difendersi dalla NATO.

Quel che è non so se “complesso” ma certamente complicato è il polverone disinformativo che alzano i media occidentali.

La disinformazione vuole comunicare 2 cose:

1) che l’Ucraina può vincere da sola contro la Russia

2) che la pressione occidentale (sanzioni, guerra psicologica) può destabilizzare il governo russo e sostituire Putin con una personcina ammodo di gradimento per l’Occidente.

La cosa 1 è totalmente falsa, impossibile come che domattina sorga il sole a Ovest, se uno non si fida di quel che trapela dai report dal terreno basta verificare i rapporti di forza militare tra Ucraina e Russia e si capisce che non c’è partita.


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Demostenes Floros: Energia e materie prime. Il baricentro del mondo si sposta ad est

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Energia e materie prime. Il baricentro del mondo si sposta ad est

intervista a Demostenes Floros

gas petrolio crisi russia ucraina energia ambiente
                metano 005 768x432«Ci stiamo mettendo all’angolo soli. Dobbiamo utilizzare l’energia per riallacciare un dialogo, non per un ricatto». Demostenes Floros, senior energy economist CER, Centro Europa Ricerche, il centro studi fondato negli anni ‘80 da personalità quali Giorgio Ruffolo e Luigi Spaventa, oggi di proprietà Sator S.p.A e Rekeep S.p.A e autore di Guerra e Pace dell’Energia, non ha dubbi.

È quanto mai urgente riallacciare un dialogo con la Federazione Russa. Ma a quale prezzo? «Abbiamo una certezza – spiega il ricercatore – con questi prezzi del gas il 60% della manifattura tedesca e il 70% di quella italiana rischia di chiudere. Noi europei dobbiamo sederci ad un tavolo e trattare. Diversamente abbiamo di fronte la stagflazione. Nessuna crescita e un’inflazione da anni ’70».

* * * *

Dottor Floros, in questi giorni drammatici sono tornati in voga termini che pensavamo aver relegato alla storia: dazi, autarchia, divieto all’export. A suo avviso siamo di fronte a un “disaccoppiamento” del mondo tra est e ovest?

«In realtà è già da diversi anni che gli Stati adottano misure protezionistiche. Credo che la globalizzazione stia lasciando posto ad una “regionalizzazione” del mondo, cioè ad una suddivisione in aree economiche integrate al loro interno in cui avanzano processi di concentrazione e centralizzazione dei capitali. Da un punto di vista geopolitico accanto al blocco euroatlantico stiamo così assistendo alla nascita di un blocco euroasiatico a guida Russo-Cinese».


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Collettivo politico comunista: Il Recovery Plan

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Il Recovery Plan

Il capitale tra programma e propaganda

di Collettivo politico comunista

y6f“L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation Eu (Ngeu). È un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale”. [1] È questa la retorica che lo stesso Mario Draghi pone a premessa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), ovvero del Recovery Plan, approntato dal suo governo nell’aprile scorso e approvato dalla Commissione Europea nel giugno scorso. Attraverso tale Piano si dovrebbe definire la destinazione dei 191,5 miliardi di euro stanziati dall’Ue per il nostro paese nel cosiddetto Recovery Fund e cioè nell’ambito del programma Next Generation Eu, di cui 122,6 miliardi di prestiti e 68,9 di sovvenzioni, da spalmare tra il 2021 e 2026, secondo le previsioni di bilancio elaborate dagli organi europei. A fianco del Pnrr, viene attivato anche il Fondo React Eu, sempre parte del programma Next Generation Eu, ma attingente ai tradizionali fondi di politiche sociali e di coesione dell’Ue (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo, Fondo di aiuti europei agli indigenti).

Effettivamente, come afferma Draghi, si tratta di un passaggio inedito nella storia dell’aggregato imperialista europeo: un ulteriore meccanismo di centralizzazione finanziaria dell’Unione rispetto ai singoli Stati, basato sull’emissione, per la prima volta, di titoli di debito europei, i cosiddetti Eurobond, come avviene da inizio estate 2021.


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Pierluigi Fagan: Guerra alla complessità

theunconditional

Guerra alla complessità

di Pierluigi Fagan

Si è formalizzato ieri il fronte di guerra alla complessità. Non che ieri sia nato, non è mai “nato”, c’è sempre stato, noi viviamo in un universo mentale semplificato, da sempre. Né ieri si è manifestata la sua discesa in campo per la conquista dei cuori e delle menti relativamente all’orientamento delle pubbliche opinioni rispetto alla guerra in Ucraina. Sono ventuno giorni che domina indisturbato. Ieri ha solo attaccato coloro che avanzano riserve su questo dominio del semplificato.

Di sua prima base, il complesso deriva dal suo etimo: intrecciato assieme. Tante e diverse variabili tra loro interrelate (relate a due vie) fanno sistemi complessi. Poche variabili, poche interrelazioni, poco complesso. Tante variabili, tante interrelazioni, molto complesso. In mezzo varie gradazioni. Nel complesso si osserva un oggetto o un fenomeno assieme al contesto. Infine, si cerca di risalire alla matassa intrecciate di cause che l’hanno preceduto. Questo di prima base poi c’è molto altro.

Semplificando, invece, si possono ridurre le variabili e le interrelazioni a proprio piacimento. Si può ridurre il problema del potere in Russia il cui studio impegna una manciata di studiosi da anni ad un singolo pazzo, ex-KGB, omofobo e violento.


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Mike Davis: I grandi uomini che non fanno la storia

jacobin

I grandi uomini che non fanno la storia

di Mike Davis

A dispetto del fatto che il potere formale sia concentrato in poche mani, Mike Davis fa notare che i potenti della terra sono ormai incapaci di fornire qualsiasi idea di futuro. Per questo si rifugiano nei passati immaginari

L’egemonia richiede un grande disegno? In un mondo in cui oligarchi dorati, sceicchi miliardari e divinità del silicio governano il futuro umano, non dovremmo sorprenderci nello scoprire che l’avidità genera menti rettiliane. L’aspetto che mi sembra più rilevante di questi strani giorni, in cui le bombe termobariche squagliano i centri commerciali e attorno ai reattori nucleari infuriano gli incendi, è l’incapacità dei nostri attuali superuomini di esercitare il loro potere verso la produzione di una qualsiasi narrazione plausibile del prossimo futuro.

Putin si circonda di astrologi, misticismo e perversione come facevano i Romanov nell’ultima fase del loro potere. A detta di tutti è sinceramente convinto di dover salvare gli ucraini dall’Ucraina, perché il destino celeste della Rus’ possa compiersi. Il presente deve essere distrutto per trasformare in futuro un passato immaginario.


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Alessandro Visalli: Leggendo dentro la crisi: visioni dell’egemonia tra Cina e Usa

tempofertile

Leggendo dentro la crisi: visioni dell’egemonia tra Cina e Usa

di Alessandro Visalli

aaron greenwood UqSNn KoDA4 unsplash 750x500Un lungo articolo[1], pubblicato il 26 dicembre 2021, di Wen Wang (ricercatore all’università di Fudan) propone la visione cinese sul crollo dell’Urss e sulle ambizioni che l’hanno provocato. L’articolo è ripreso e commentato da David Goldman[2] che si chiede per quale motivo l’Occidente pensa che la Cina voglia l’egemonia mondiale sul modello americano. A sua volta questo articolo segue ad un più recente articolo[3] del medesimo autore che riflette sulla crisi Ucraina a partire dall’incapacità dei principali strateghi americani di fare i conti con la prospettiva del loro relativo declino strategico. Come illustra Goldman questi sembrano dare per scontato che non siano possibili giochi a vantaggio reciproco nell’egemonia sul mondo. Che questa debba e possa essere detenuta tutta da loro (con o senza compartecipazione dei principali paesi ‘alleati’ come Europa e Giappone) o, come unica scelta, tutta da un’altra alleanza. Che sia, cioè, questione di vita e morte, di evento decisivo.

Questo spiegherebbe la determinazione a provocare, costi quel che costi, il soffocamento immediato di qualunque potenziale controegemone, sia esso la Russia o la Cina (o prima la Russia e poi la Cina).

Ma prima di entrare nel tema guardiamo di cosa stiamo parlando, cioè della morte di tutti, buoni e cattivi, santi e peccatori. In un articolo[4] di Christopher Chivvis, su The Guardian, l’autore, che è il Direttore dell’American Statecraft Program presso il Carnegie Endowment for International Peace[5], descrive la situazione e le simulazioni condotte dagli esperti per prevedere i possibili esiti delle diverse scelte.


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Andrea Zhok: Diciamola semplice

arianna

Diciamola semplice

di Andrea Zhok

Diciamola semplice.

Licenziare piloti russi o direttori d'orchestra russi, bloccare la partecipazione di musicisti russi a competizioni internazionali, interrompere la collaborazione con scienziati russi al Cern, buttare fuori da kermesse cinematografiche documentaristi russi, tagliare i rapporti accademici con docenti russi, escludere libri russi dagli stand, ecc. ecc. non sono sanzioni. Sono razzismo istituzionale.

La cultura russa è una delle maggiori tradizioni culturali prodotte da questo pianeta e questo atteggiamento da parte di istituzioni - spesso istituzioni culturali (sic!) - è semplicemente umiliante per chi le prende.

Qui siamo arrivati ad un punto di non ritorno.

Già, perché l'Occidente liberaldemocratico è da tempo in crisi con innumerevoli punti di rottura, perché non essendosi preso cura di rafforzare le proprie basi democratiche ha lasciato progressivamente le redini dei paesi ad un'unica libertà, quella del capitale.


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Roberto Gabriele: Il riposizionamento del fronte imperialista occidentale

marx xxi

Il riposizionamento del fronte imperialista occidentale

Mossa strategica o frutto di improvvisazione?

di Roberto Gabriele

Il modo con cui americani e NATO stanno affrontando la guerra in Ucraina è frutto di una scelta calcolata o è invece conseguenza di una previsione sbagliata degli effetti che il coinvolgimento ucraino nel blocco militare atlantico avrebbe prodotto? E se è questo il caso, quali rischi comporta?

E’ indubbio che da parte russa c’è stata una previsione di intervento armato quando si è capito chiaramente che gli americani e gli altri paesi NATO procedevano senza esitazioni nel riarmo dell’Ucraina, nel suo coinvolgimento nella NATO e nella contemporanea liquidazione delle repubbliche indipendenti del Donbass, ormai giunte per la forte pressione militare di Kiev a una situazione limite per la loro esistenza.

A questo punto Putin stava di fronte a un bivio: accettare il fatto compiuto e permettere alla NATO di chiudere il cerchio attorno alla Russia, oppure impedire con le armi che questo progetto americano andasse a buon fine. Così, dopo gli ultimi inutili tentativi di portare i rappresentanti di USA, Gran Bretagna e UE al tavolo delle trattative per discutere un accordo che garantisse tutti i paesi del continente europeo, la Russia ha scelto di intervenire.


 

 

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tonino

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Mar 30, 2022, 3:36:47 AM3/30/22
to sante gorini

Gioacchino Toni: Il nuovo disordine mondiale / 7: il trionfo della disinformazione digitale di massa

carmilla

Il nuovo disordine mondiale / 7: il trionfo della disinformazione digitale di massa

di Gioacchino Toni

clean kayboards 7788«La cultura di Internet ha creato una nuova enorme interfaccia uomo-macchina che sembra fatta apposta per la disinformazione di massa»
Thomas Rid

Il corposo volume di Thomas Rid, Misure attive. Storia segreta della disinformazione (Luiss University Press, 2022), tratteggia in maniera documentata la storia della disinformazione professionale organizzata che prende il via negli anni Venti del Novecento per giungere fino ai giorni nostri palesando come si sia ormai entrati in un’epoca in cui la disinformazione trionfa nonostante le potenzialità comunicative offerte dai nuovi media, e forse anche a causa di queste. Un’epoca in cui agenzie di comunicazione, professionisti dei social media e abili hacker sembrano incessantemente all’opera nel divulgare fake news e falsificare dati contribuendo in maniera rilevante a rendere sempre più arduo distinguere la realtà da tutti i suoi verosimili riflessi.

Docente di studi strategici alla Johns Hopkins University, Thomas Rid è considerato tra i massimi esperti di cybersecurity e delle implicazioni politiche di intelligence, spionaggio e hacking, tanto da essere interpellato dal Comitato sull’Intelligence del Senato degli Stati Uniti a proposito delle dibattute interferenze informatiche dell’intelligence russa nelle elezioni presidenziali statunitensi tenutesi nel 2016.

Il livello di disinformazione a cui si è giunti rappresenta il punto di approdo delle svariate operazioni di influenza pianificate nel corso di un secolo.


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Giovanna Cracco: Covid. L’obbligo vaccinale va alla Corte costituzionale

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Covid. L’obbligo vaccinale va alla Corte costituzionale

di Giovanna Cracco

Il CGA siciliano ritiene l’obbligo vaccinale per il personale sanitario in contrasto con la Costituzione, perché “il numero di eventi avversi, la inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e la mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid” mettono potenzialmente a rischio la salute del vaccinato

obbligo-vaccinale-Corte-Costituzionale.jpgScrivevamo nel numero 76 di febbraio-marzo scorso: “Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (CGA) equivale, nell’autonomia riconosciuta alla regione, al Consiglio di Stato italiano: ha dunque il compito di esprimere pareri sugli atti normativi del governo, a partire dalle questioni sollevate nei TAR siciliani. Una sua ordinanza del 12 gennaio 2022 si rivela particolarmente interessante: ritrovandosi a dover decidere in merito all’obbligo vaccinale, i cinque giudici siciliani affrontano i diversi temi che da mesi ruotano intorno ai vaccini Covid e alla loro gestione, e ritrovandosi privi dei dati per deliberare, li richiedono al governo: danno tempo fino al 28 febbraio per produrli, convocano l’udienza il 16 marzo per il confronto, e solo a quel punto decideranno se “sollevare l’incidente di costituzionalità” presso la Consulta. L’obbligatorietà vaccinale potrebbe quindi arrivare (finalmente) davanti alla Corte costituzionale.

Tutto nasce dal ricorso di uno studente di infermieristica: non essendosi vaccinato, l’Università degli Studi di Palermo gli nega la partecipazione al tirocinio – necessario a completare gli studi – all’interno di una struttura sanitaria. L’obbligo che tocca lo studente è quindi quello relativo al personale sanitario, ma ciò che solleva il CGA sulla legittimità costituzionale è – ancor più – applicabile all’obbligo imposto a una parte di popolazione unicamente in base all’età anagrafica…” (continua a leggere l’articolo del numero 76)

Il 16 marzo, dati richiesti alla mano, i cinque giudici siciliani hanno sollevato l’incidente di costituzionalità: l’obbligo vaccinale per il personale sanitario va davanti alla Corte costituzionale (qui il testo dell’Ordinanza).


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Il Rovescio: La torre e le cantine

ilrovescio

La torre e le cantine

di Il Rovescio

torre 3<<Per rassicurarci, ci spiegano che l’uomo si è umanizzato grazie alla tecnica, e che con le sue centrali nucleari, i suoi calcolatori che immagazzinano la storia universale, le sue manipolazioni genetiche stia semplicemente continuando la sua umanizzazione. Da una falsa premessa […], si salta a una conclusione assurda che non sarebbe meno assurda se l’affermazione iniziale fosse perfettamente esatta. Cosa si penserebbe infatti di qualcuno che dicesse: “Il signor Caio si era costruito una casa di due piani, una dimora spaziosa per lui e la sua famiglia. Ma non si è accontentato di due piani, ne ha costruiti altri quaranta, o quattrocento, o quattromila, e non ha alcuna intenzione di fermarsi. Cosa avete da ridire? Ha procurato un riparo ai suoi, continua”. La torre insensata del signor Caio è destinata a crollare da un momento all’altro sui suoi abitanti, ogni nuovo piano accresce la minaccia ma se ne parla sempre come di un riparo. È proprio questo il discorso degli apologeti dello sviluppo tecnico infinito con la circostanza aggravante che lo fanno davanti a un mucchio di macerie: la casa divenuta torre insensata è già crollata. E tutto ciò che in questo riparo c’era di tenebroso, le oscure realtà su cui erano fondate le identificazioni collettive e il ricatto sociale, le paure, le repressioni e le crudeltà, tutta la parte di barbarie sotterrata sotto l’edificio della civiltà, tutto ciò è risalito dalle cantine e dalle fondamenta, e viene ora all’aria aperta>>.

Jaime Semprun, L’abisso si ripopola, 1997

La guerra in corso in Ucraina non è un’escrescenza di follia (Putin il pazzo) o di beluinità (Putin l’animale), come politici e giornalisti ci stanno ripetendo da giorni, bensì un precipitato della logica di potenza che muove gli Stati e i capitalisti. Ma anche questa affermazione risulta a suo modo rassicurante. La verità è ben più terribile: è la società stessa che si è trasformata in una gigantesca macchina da guerra.


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Salvatore Palidda: Il trionfo della lobby europea degli armamenti

lafionda

Il trionfo della lobby europea degli armamenti

di Salvatore Palidda

Ed ecco che la guerra russa contro l’Ucraina diventa l’occasione d’oro per il trionfo della lobby europea degli armamenti che da tempo cercare di farsi strada.

23247L’intensa lobbying dell’industria degli armamenti a Bruxelles

L’industria degli armamenti non ha atteso la guerra in Ucraina per scatenare la sua intensa lobbying a Bruxelles, alfine di dimostrare le virtù «sociali», «durature» o ancora «stabilizzatrici» delle attività della vendita di armi. Nei rapporti ufficiali dell’UE, questi elementi di linguaggio cominciano a imporsi (insieme alle pesanti scelte di finanziamento dell’invio di armi all’Ucraina così come per le attività criminali di Frontex).

Ma riprendiamo un articolo di Justine Brabant e Ludovic Lamant qui pubblicato: https://www.mediapart.fr/journal/international/170322/bruxelles-l-intense-lobbying-de-l-industrie-de-l-armement)

La guerra è pace. La distruzione è “stabilità”. Le armi hanno uno scopo sociale. L’argomento sembra assurdo. Tuttavia, dallo scoppio della guerra in Ucraina, trova un’eco senza precedenti. Perché per non privarsi delle nuove fonti di finanziamento disponibili a Bruxelles, i vertici dell’industria degli armamenti – o i lobbisti che li rappresentano – hanno deciso di invocare Orwell nel testo: insistono sulle virtù “sociali”, etiche”, “sostenibili ” o addirittura di “stabilizzare” le attività di vendita di armi.

“Questa drammatica situazione ci ricorda un semplice principio: senza stabilità e sicurezza non possono esserci prosperità, inclusività e sviluppo sostenibile, ha assicurato Patrice Caine, boss del gruppo di difesa Thales, in un’intervistaLe Figaro il 3 marzo. Tuttavia, sono le industrie della difesa che aiutano le democrazie a garantire la loro sovranità, sicurezza e stabilità”.


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Marco Cattaneo: Perché l’economia russa non è marginale

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Perché l’economia russa non è marginale

di Marco Cattaneo

Dall’inizio della crisi ucraina in poi, ho letto parecchi commenti in merito alla debolezza dell’economia russa e di conseguenza all’impossibilità, per Putin, di sostenere un conflitto prolungato nel tempo.

In buona sostanza questa opinione si fonda sulla dimensione del PIL. Quello della Russia è inferiore a quello dell’Italia, è pari all’incirca alla somma di Paesi Bassi e Belgio, è una frazione rispetto non solo a USA e Cina ma anche a Giappone e Germania.

In altri termini, la Russia è tutt’altro che una superpotenza economica.

Il che è vero se, appunto, misuriamo le economie in base al PIL. La Russia è, di sicuro, un’economia relativamente poco avanzata.

Ma.

Essere un’economia avanzata significa che una parte significativa del PIL è generata da attività evolute, soprattutto nel campo del terziario. In un’economia avanzata il peso percentuale di macrosettori quali estrazione di risorse, agricoltura e anche manifattura è relativamente basso.


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coniarerivolta: Bellicismo e austerità li pagano sempre i lavoratori

coniarerivolta

Bellicismo e austerità li pagano sempre i lavoratori

di coniarerivolta

“Io vengo dal morto e tu mi dici che è vivo”. Questo modo di dire napoletano riassume in maniera efficace la reazione di sorpresa provata dal parlante nel momento in cui un interlocutore afferma l’esatto contrario della realtà. Ebbene, è proprio questo quello che si prova leggendo la dichiarazione dell’Eurogruppo di qualche giorno fa sugli orientamenti di bilancio per il 2023, in cui si invitano i Paesi con i debiti pubblici più elevati a mettere in campo politiche fiscali restrittive. L’impressione è quella di un totale stravolgimento della realtà: il ritornello dell’austerità come strumento salvifico a fronte della palese evidenza in senso contrario. Un ritornello che suona ancora più stonato se si considera, invece, la prodigalità con la quale alcuni paesi, tra i quali l’Italia, aumentano la propria spesa militare in una corsa al riarmo a dir poco preoccupante.

Ma andiamo con ordine. L’Eurogruppo è un organo informale che riunisce i ministri dell’economia dei paesi della zona euro. Si riunisce una volta al mese per discutere dei principali temi di politica economica e per portare avanti una forma di coordinamento tra le politiche economiche dei singoli paesi. Nell’ultima riunione sono stati discussi, come si diceva sopra, gli orientamenti di bilancio per l’anno 2023.


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Michele Paris: I rubli, il gas e il suicidio europeo

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I rubli, il gas e il suicidio europeo

di Michele Paris

Mentre il presidente americano Biden è sbarcato in Europa per pianificare il prossimo passo del suicidio politico ed economico del vecchio continente, dopo un mese di guerra qualcuno da questa parte dell’Atlantico sta iniziando forse a prendere coscienza che l’asservimento agli interessi degli Stati Uniti ha portato questa volta a pestare i piedi al paese sbagliato. Gli eventi di queste settimane, culminati per il momento nella decisione di Putin di chiedere pagamenti in rubli per le vendite di gas e petrolio, stanno infatti dimostrando come i piani occidentali per provocare l’intervento di Mosca in Ucraina rischiano di diventare un clamoroso boomerang, fondamentalmente per via di due fattori: la qualità dell’apparato militare e la vastità delle materie prime a disposizione della Russia.

Quella che doveva essere un’azione coordinata per provocare il tracollo economico e finanziario russo minaccia insomma di produrre l’effetto contrario. L’ordine firmato mercoledì dal Cremlino di convertire tutti i contratti energetici con paesi ostili, Italia inclusa, in valuta russa ha improvvisamente messo davanti alla classe politica occidentale due opzioni altrettanto problematiche.


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Gustavo Piga: Gli insegnamenti della politica economica anni ’70 per l’oggi

gustavopiga

Gli insegnamenti della politica economica anni ’70 per l’oggi

di Gustavo Piga

La spirale dei prezzi continuerà o è una situazione transitoria e tutto tornerà come prima? Gustavo Piga, economista, professore di economia politica all’Università di Roma Tor Vergata sostiene che forse la prospettiva potrebbe essere peggiore di quella degli anni Settanta.

“Se continuerà a lungo questa situazione? E’ una domanda da un milione di dollari. Se prendiamo le cause dell’aumento dell’inflazione che sono il contesto pandemico e quello bellico con le ricadute sulle forniture di materie prime e le difficoltà ad approvvigionarsi di energia, la risposta è nel vento. Dipenderà quando queste due situazioni cesseranno di esercitare la loro influenza”.

* * * *

Cosa c’è di simile a quello che accadde negli anni Settanta?

“Anche allora non era chiaro quando sarebbe finito lo choc petrolifero. Ma mentre allora era una situazione eccezionale, di cui non avevamo esperienza, ora dovremmo esserci vaccinati invece in tutti questi anni non abbiamo fatto nulla per ridurre per esempio le dipendenze dall’estero nelle materie prime o per creare un esercito europeo a difesa dei nostri valori.


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Dante Barontini: La “smarronata” di Zelig Zelenskij

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La “smarronata” di Zelig Zelenskij

di Dante Barontini

C’è un senso nella sfilza di plenarie parlamentari, nelle capitali occidentali, dedicate all’ascolto di Volodymir Zelensky, il presidente ucraino. E non è affatto tranquillizzante.

Lo scopo appare infatti quasi trasparente: creare un’opinione pubblica occidentale favorevole all’intervento nella guerra in Ucraina. Poi la scelta starà ai vertici politici e militari, che sanno benissimo come si stia camminando sul filo del rasoio.

Già il mandare armi a Kiev è pericoloso. Non solo perché infrange la “legalità” apparente della Nato (l’Ucraina non appartiene all’alleanza, dunque non c’è nessuna giustificazione legale per il sostegno militare), ma soprattutto per i rischi “pratici”.

Un convoglio di mitragliatrici, cannoni di piccola taglia, razzi antiaerei “a spalla”, munizioni, ecc, può facilmente arrivare alla frontiera camuffato da “convoglio umanitario”, come stava avvenendo all’aeroporto civile di Pisa (anche il luogo di partenza serve a nascondere la natura militare dell’operazione). Poi, una volta consegnato agli ucraini, ne avverrà quel che deve avvenire, senza problemi per lo “spedizioniere”.


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Pierluigi Fagan: Democrazia in guerra e guerra alla democrazia

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Democrazia in guerra e guerra alla democrazia

di Pierluigi Fagan

A di Martedì di Floris, l’altra sera, il Pagnoncelli ha mostrato un sondaggio. Va precisato che Pagnoncelli dirige la sede italiana del miglior o uno dei miglior istituti di sondaggi del mondo. Ma era professionalmente ritenuto il migliore anche prima di entrare in quella multinazionale (IPSOS). Va anche detto che queste rilevazioni instant sono statisticamente imprecise data la ristrettezza del campione che è comunque scientificamente tendenzialmente rappresentativo. Tale imprecisione può valutarsi come un possibile scostamento di più o meno 1% nelle cifre piccole e anche 3% in quelle più grandi. Cambia dunque il valore del sondaggio se si vuole stimare esattamente il consenso politico di un partito, diciamo al 10% teorico medio o se si vuole testare una opinione generale di massima, al 40 o 50%.

Come riportato, il Pagnoncelli ci dice che, anche se di poco, l’opinione prevalente in Italia è quella per la quale, brutalmente, “Zelensky dovrebbe arrendersi e salvare i suoi concittadini”. Ripeto, potrebbe essere quel dato riportato o un suo più o meno anche 3% ma ai fini del nostro discorso non cambia la deduzione che faremo dopo.


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Raffaele De Luca: "Abbiamo calcolato male": la surreale ammissione USA sui numeri dei bambini morti di Covid

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"Abbiamo calcolato male": la surreale ammissione USA sui numeri dei bambini morti di Covid

di Raffaele De Luca

“Un errore nell’algoritmo ha portato a classificare in maniera sbagliata i decessi che non erano correlati al Covid-19”, motivo per cui “il 14 marzo scorso i dati sulla mortalità legata al virus sono stati modificati”: è quanto comunicato dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention), ovvero l’organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti. Quest’ultimo, ha fatto sapere che tale correzione abbia “comportato la rimozione di 72.277 decessi precedentemente segnalati in 26 Stati Usa” ed inoltre, tramite alcune dichiarazioni rilasciate all’agenzia di stampa Reuters, ha specificato che tra i decessi rimossi 416 fossero “pediatrici“: un dato alquanto rilevante, in quanto in tal modo sarebbe stata ridotta del 24% la stima delle morti nei bambini.

I più piccoli, del resto, stando ai dati statunitensi attuali hanno una possibilità di morire a causa del virus molto bassa. Infatti, come riportato in questi giorni dalla American Academy of Pediatrics – un’associazione professionale americana di pediatri che riassume i dati comunicati dagli Stati Usa – il 19% dei casi di Covid registrati negli Stati Uniti dall’inizio della pandemia è stato attribuito ai bambini, tuttavia i più piccoli hanno rappresentato solo lo 0,00% – 0,27% del totale delle persone decedute a causa del coronavirus. Inoltre, solo lo 0,00% – 0,01% del totale dei bambini contagiatisi è deceduto.


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Larry C. Johnson: “La Russia ha vinto la guerra, quello che resta è un lavoro di pulizia”

contropiano2

“La Russia ha vinto la guerra, quello che resta è un lavoro di pulizia”

intervista a Larry C. Johnson

serbia3In un’intervista Larry C. Johnson, un ex ufficiale della CIA, sostiene che la Russia ha già vinto la guerra e che rimane solo il lavoro di pulizia. Johnson ha addestrato i commando delle operazioni speciali dell’esercito americano per 24 anni e poi ha lavorato nell’ufficio antiterrorismo del Dipartimento di Stato.

* * * *

Può spiegare perché pensa che la Russia stia vincendo la guerra in Ucraina?

Nelle prime 24 ore dell’operazione militare russa in Ucraina, tutte le capacità ucraine di intercettazione radar a terra sono state distrutte. Senza questi radar, la forza aerea ucraina ha perso la sua capacità di interdizione aria-aria. Per le tre settimane successive, la Russia ha stabilito una no-fly zone de facto sull’Ucraina.

Anche se ancora vulnerabile ai missili terra-aria [Manpad] forniti agli ucraini dagli Stati Uniti e dalla NATO, non vi è alcuna indicazione che la Russia abbia dovuto ridimensionare le sue operazioni aeree di combattimento.

Mi ha colpito anche l’arrivo della Russia a Kiev tre giorni dopo l’invasione. Ho ricordato che i nazisti hanno impiegato sette settimane per raggiungere Kiev durante l’operazione Barbarossa [1941] e altre sette settimane per sottomettere la città.

I nazisti avevano il vantaggio di non risparmiare nessuno sforzo per evitare vittime civili ed erano ansiosi di distruggere le infrastrutture essenziali. Tuttavia, molti cosiddetti esperti militari americani hanno affermato che la Russia era impantanata.


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Patrizia Bernardini: Risiko, versione 5.0

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Risiko, versione 5.0

di Patrizia Bernardini

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            challengeNon essendo esperta politologa, mi limiterò a elencare una serie di fatti relativi a quella che Mosca ha inizialmente definito una “operazione speciale” in Ucraina, sulla falsariga degli “interventi” in Iraq, Libia e Siria, ma subito chiamata “invasione” dall’Occidente e ora diventata “attacco” anche per Russia Today. Per una volta tanto non partirò dal 2008 ma dall’aprile 2019, quando la Rand Corporation pubblica un documento dal titolo Overextending and Unbalancing Russia. Assessing the impact of cost-imposing options (Sovraccaricare e sbilanciare la Russia. Valutare l’impatto di opzioni che impongono costi). Il documento completo è consultabile sul sito della Rand. Il giornalista Manlio Dinucci lo aveva ampiamente descritto in un articolo su «il manifesto», che però deve averlo ritenuto troppo osé e dopo averlo per breve tempo pubblicato online lo ha fatto sparire. La Rand è una think tank “no profit” e “no partisan”, finanziata (come si ricava dal sito ufficiale, con tanto di importi in dollari) tra l’altro da governi statali e locali Usa, agenzie governative statunitensi tra cui il Dipartimento della sicurezza nazionale, servizi segreti, organizzazioni internazionali tra cui la Nato, il Pentagono e varie industrie. Tra i clienti risultano, oltre al Dipartimento di Stato e i servizi segreti Usa, il Parlamento europeo, l’Agenzia europea per la difesa, la Nato, l’Ocse, la Banca mondiale e molti altri, tra cui non mancano Arabia saudita e Taipei.

Riporto alcuni passi interessanti: «Il rapporto esamina in modo completo le opzioni non violente e costose che gli Stati Uniti e i loro alleati potrebbero perseguire in aree economiche, politiche e militari per sovraccaricare e sbilanciare l’economia e le forze armate russe e la posizione politica del regime in patria e all’estero.


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Lucandrea Massaro: Grande la confusione sotto al cielo, la situazione è eccellente

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Grande la confusione sotto al cielo, la situazione è eccellente

di Lucandrea Massaro

NATO, Russia, Cina e stile di vita occidentale alla resa dei conti (e del conto…)

1 lUdhF5SrrxtIHtH7FefKPAQueste ultime settimane sono state per tutti noi italiani e (oso dire) per tutti noi europei uno choc. Le immagini dell’Ucraina bombardata ma non sottomessa dall’invasione russa ha riavvolto il nastro del nostro immaginario collettivo a scene che non vedevamo (nel migliore dei casi) dagli anni ’90. La mia generazione era bambina a quell’epoca e solo in parte comprendeva cosa succedeva in Iraq prima (la guerra in diretta TV, una novità) e poi il decennio di guerra nel cuore dell’Europa, in Jugoslavia, a pochissimi passi da casa nostra. In realtà da allora le guerre in giro per il mondo e sui nostri schermi (della tv o del pc) non sono mai finite, anzi si sono moltiplicate in un aumento costante di instabilità del sistema, via via che gli equilibri nati dalla Seconda Guerra Mondiale venivano meno. Uno fra tutti l’esistenza stessa dell’URSS.

 

Un passo indietro poi sempre avanti…

Lungi dall’essere un mondo perfetto, quello venuto fuori dalla Seconda Guerra Mondiale era un mondo stabile e — in occidente — relativamente libero e ricco. Di più le due cose marciavano insieme anche grazie ad una dialettica interna che non era solo la riduzione, su scala politica, del confronto geopolitico tra mondo capitalistico e mondo comunista. Era un mondo dove più visioni di vita collettiva, all’interno dell’alveo della libertà e del pluralismo, si confrontavano e crescevano. In maniera non totalmente correlata, la fine del compromesso socialdemocratico (anni ’40-’70) in Europa e negli USA, ha anticipato la fine del bipolarismo geopolitico: gli USA hanno vinto e imposto la propria egemonia militare su pezzi di mondo precedentemente in orbita russo-sovietica.


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di Redazione Contropiano - Guido Salerno Aletta

Anche in economia corre la propaganda di guerra. E’ quella che canta dell’invincibilità del dollaro, pilastro monetario dell’egemonia Usa.

Dopo quasi 80 anni, qui in Occidente, siamo ormai abituati a considerarlo una “legge naturale”, un elemento inamovibile del paesaggio. Ma come ogni cosa umana anche questa centralità ha avuto un inizio, una storia e avrà una fine.

Inutile cercare di prevedere la data di morte. Troppe variabili in gioco, e non solo di tipo economico. La “credibilità” di una moneta dipende da molti altri fattori, non ultimo – anzi, tra i principali – il dominio militare.

Ma, appunto, anche questa superiorità sta da molto tempo subendo colpi consistenti. Che ora appaiono più devastanti che in passato.

La fuga dall’Afghanistan, sconfitti una normalissima guerriglia da montanari; e ora la guerra in Ucraina, che ha mostrato il limite invalicabile oltre cui neanche gli Stati Uniti possono andare: lo scontro con un “pari peso”, almeno sul piano delle testate nucleari.


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comidad: L’infinita guerra ucraina dell'Albright Stonebridge Group

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L’infinita guerra ucraina dell'Albright Stonebridge Group

di comidad

Mentre la Russia sta facendo una guerra cercando di spendere il meno possibile, gli USA, pur ufficialmente non in guerra, cercano invece di spenderci il più possibile. Il presidente Biden invia 800 milioni di dollari di “aiuti” all’Ucraina e, nel frattempo, cerca di silurare i negoziati e di inasprire la situazione dando del criminale di guerra a Putin. Non è neppure certo che esista davvero la mitica resistenza ucraina di cui narrano i media, per cui la lentezza russa potrebbe essere una normale precauzione per ripulire preventivamente il terreno da eventuali cecchini e campi minati. Il vero destinatario delle armi americane ed europee dovrebbe essere perciò la Polonia; per cui a Zelensky, forse già rifugiato a Varsavia, spetta di proseguire la sceneggiata finché i contratti di fornitura militare non saranno stati firmati.

L’aspetto più interessante però è capire chi si giovi effettivamente di quegli 800 milioni, e non solo di quelli. In questo periodo molti osservatori estranei al contesto della propaganda ufficiale, hanno individuato, come personaggio centrale della guerra ucraina, il sottosegretario di Stato USA Victoria Nuland, diventata famosa per due episodi, uno del 2014 ed un altro recentissimo.


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Alessandro Volpi: Il doppio standard sul nazionalismo: ci piace solo se piace alla NATO

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Il doppio standard sul nazionalismo: ci piace solo se piace alla NATO

di Alessandro Volpi

Gli ultimi dieci anni in Europa sono stati caratterizzati dalla presenza di diverse risposte alla crisi economica e alle politiche di austerità che sono state comunemente definite – sia in ambito accademico che soprattutto giornalistico – come movimenti populisti. Se l’attenzione è stata concentrata soprattutto a destra (Le Pen, Salvini, Farage, Orban per citare alcuni nomi) non è mancata una lettura del fenomeno del populismo di sinistra (Mélenchon, Podemos, Syriza fino ad una certa fase e alcuni elementi della direzione di Corbyn del Labour Party). A livello accademico c’è stata un’attenzione a questi fenomeni non esclusivamente delegittimante, in particolare in certe frange del pensiero radicale: Ernesto Laclau e Chantal Mouffe, ovviamente, che li hanno sostenuti attivamente, ma anche molti allievi soprattutto in Spagna, Inghilterra, Grecia (per rimanere in Europa) e altri studiosi di diverso orientamento teorico come la teorica critica femminista Nancy Fraser, per fare un esempio.


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Pierluigi Fagan: A che punto è la notte

pierluigifagan

A che punto è la notte

di Pierluigi Fagan

Un secolo fa, un secondario professore di liceo tedesco dette alle stampe due volumi dall’affascinante titolo “Il Tramonto dell’Occidente”. A noi non interessano le tesi specifiche del tedesco, interessa l’intuizione su quella che a lui sembrava, per varie ragioni, una parabola discendente del sistema occidentale. Ai tempi di Spengler, il sistema occidentale era per lo più l’Europa, inclusa la Gran Bretagna. Oggi il sistema occidentale è invece un sistema binario con un centro anglosassone dominante, fatto di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda ed una serie di satelliti che sono gli antichi stati-nazione europei.

Il sistema occidentale oggi pesa, più o meno, il 15% della popolazione mondiale. Ma se eliminiamo dalla definizione di Europa data in geografia umana Russia e Bielorussia, scendiamo a 13% dove Europa pesa l’8% e gli anglosassoni il restante 5% per quanto abbiamo mantenuto UK in Europa per non complicarci troppo i calcoli che comunque non cambierebbero di molto. Siamo anche la parte di umanità più anziana del mondo e di parecchio, soprattutto in Europa.


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Pasquale Cicalese: Lo Yuan forte simbolo della lungimiranza cinese

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Lo Yuan forte simbolo della lungimiranza cinese

di Pasquale Cicalese

Oggi Il Sole 24 Ore si chiedeva come mai lo yuan nell’ultimo anno si sia rafforzato sul dollaro, specie da settembre in poi. Faceva presente che il dollar index, il paniere di valute internazionali rapportate al dollaro, negli ultimi tempi è passato da 91 a 98 (a favore del dollaro, specie negli ultimi due mesi con le tensioni ucraine), ma lo yuan si è apprezzato da 6,50 a 6,37, dunque apprezzandosi su tutte le valute. Le ragioni sono molteplici: la politica monetaria cinese, che negli ultimi tempi è andata verso un sentiero accomodante, avendo comunque tassi reali positivi per circa 2.1 punti percentuali. La politica fiscale che è proattiva, la fermezza della Pboc a non importare inflazione dall’estero e soprattutto l’enorme afflusso di capitali verso la Cina, visto ora come paese rifugio. Ma non basta questo per capire. Occorre andare molto indietro: l’enorme tasso di investimento, pubblico e privato, pari al 47% del pil, ha aumentato enormemente la produttività totale dei fattori produttivi.


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Fabrizio Marchi: Armiamoci e partite!

linterferenza

Armiamoci e partite!

di Fabrizio Marchi

E’ stato divertente vedere un paio di giorni fa il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, polemizzare animatamente su Agorà (RAI 3) con la giornalista Annalisa Bruchi e con la Direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, Nathalie Tocci, le quali sostenevano con enfasi la decisione –approvata dal Parlamento quasi all’unanimità – di aumentare il bilancio per le spese militari fino al 2% nonché la necessità di inviare armi all’Ucraina.

La Direttrice dell’Istituto per gli Affari Internazionali – già consigliera per le strategie internazionali della ex ministra degli esteri Mogherini e dal 2020 membro del consiglio di amministrazione dell’ENI (più tutta una serie di altre cariche ricoperte in passato) – si è spinta a dichiarare che “Siamo in guerra, anche a me piacerebbe spendere soldi per la sanità, lo stato sociale ecc. ma siamo in guerra…”. Come a dire:” Fratoianni, sei un’anima bella, qui bisogna avere i piedi per terra e dunque armiamoci” (e partite, naturalmente…)…

Il leader di SI, scuotendo la testa, ripeteva sconsolatamente “Sono allibito”.


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tonino

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Apr 1, 2022, 4:00:09 AM4/1/22
to sante gorini

Fabio Mini: Armi in Ucraina,"Rifornire i paramiltari aumenta ancora i rischi per la popolazione"

lantidiplomatico

Armi in Ucraina,"Rifornire i paramiltari aumenta ancora i rischi per la popolazione"

di Fabio Mini

Rilanciamo questo lungo e approfondito articolo del generale Fabio Mini pubblicato sul Fatto Quotidiano il 23 marzo. Per chiunque voglia disintossicarsi dei media con l'elmetto e comprendere bene che cosa realmente stia rischiando l'Italia con la decisione di inviare armi in Ucraina, divenendo di fatto co-belligerante nel conflitto, non vi può essere lettura migliore

720x410c50La cortina fumogena. Kiev, esercito allo sbando: mani libere ai paramilitari. Rifornirli aumenta ancora i rischi per la popolazione

Sembravano teorie del complotto o fantasie dei “filo putiniani”, le valutazioni che fin da prima dell’attacco confutavano la narrazione fornita dall’Ucraina, ma orchestrata e preparata dall’esterno. Alle voci dubbiose di alcuni storici ed esperti occidentali, compresi quelli americani, subito tacciati di filoputinismo, si sono aggiunte in questi giorni voci inaspettate, oltre alla nostra: il bollettino n.27 di Jacques Baud , il colonnello dell’intelligence svizzera, ora analista internazionale di professione con un attivo di decine di libri e rapporti su questioni militari diventati dei “must read” in Europa e nel mondo e il Financial Times del 20 marzo con le molte altre voci di esperti europei raccolte da Sam Jones da Zurigo e John Paul Rathbone da Londra.

 

Genesi e operazioni

A parte la provocazione della Nato nei confronti della Russia iniziata nel 1997 con l’espansione a est, secondo Baud la questione russo-ucraina non è sorta a causa del separatismo o indipendentismo del Donbass. Il conflitto nasce invece da fenomeni interni all’Ucraina e l’Occidente, non la Russia, ha fatto in modo che esso si ampliasse e degenerasse. Dal 2014, con i fatti di Maidan e i massacri in Donbass e Odessa, si dimostra la debolezza delle forze armate ucraine, succube di regimi che non si fidano di esse, che deliberatamente le abbandonano e si rivolgono alla componente paramilitare per l’ordine interno.


Francesco Piccioni - Guido Salerno Aletta: Gas e rubli, l’economia di carta davanti al baratro

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Gas e rubli, l’economia di carta davanti al baratro

di Francesco Piccioni - Guido Salerno Aletta

rubli gas carta 640x300A qualche giorno di distanza, la decisione russa di far pagare in rubli ai “paesi ostili” le esportazioni di gas e petrolio, anziché in dollari o euro, appare decisamente meno bislacca o “ricattatoria” di quanto scritto dai propagandisti neoliberisti.

Per quanto motivata da un’esigenza “politico-militare” – la necessità di sottrarre le entrate russe all’erosione del valore di cambio di una moneta “paria”, che nessuno accetta (o accetterebbe) più – questa mossa dice molto su come sta cambiando il sistema internazionale.

Ci facciamo aiutare ancora una volta dalle acute osservazioni di Guido Salerno Aletta, in un editoriale di TeleBorsa, che centrano il punto.

Abbiamo scritto spesso che l’economia occidentale degli ultimi venti o trenta anni è stata segnata dal prevalere assoluto della finanziarizzazione, ossia dalla centralità delle attività finanziarie su quelle dell’economia reale, sulla produzione di merci fisiche, servizi, beni “immateriali” ma concretissimi come il software, ecc.

Con un’immagine efficace, è il prevalere dell’economia di carta su quella fisica.

Di questa prevalenza, monete come il dollaro, e in misura minore euro-sterlina-yen, sono state il pilastro fondamentale, visto che anche che il sistema dei pagamenti internazionali (lo Swift) è sotto controllo paramilitare degli Stati Uniti. Le “sanzioni”, detto altrimenti, sono effettive solo per questo motivo, perché vengono impediti gli scambi con una serie di account sospesi o cancellati.

Chi controlla questo mondo virtuale, da decenni, può permettersi l’enorme privilegio di pagare con “carta” stampata a volontà merci e beni che vengono prodotti-estratti con fatica e sudore.


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Il pungolo rosso: Il nazionalismo di Zelensky: un nazionalismo in affitto

ilpungolorosso

Il nazionalismo di Zelensky: un nazionalismo in affitto

di Il pungolo rosso

zelenskyNel tripudio di odi a Zelensky e al nazionalismo ucraino, non poteva mancare quella di Tremonti, l’uomo dai pensieri brevi e profondi. Ed è arrivata infatti puntuale, sul Corriere della sera del 22 marzo, il giorno del suo comizio in parlamento. Secondo Tremonti il risorgente “senso della patria ucraina”, di cui Zelensky è portavoce a mass media occidentali unificati, esprime “un nuovissimo, anzi antichissimo tipo di eroismo, insieme nazionale ed europeo. Proprio come è stato due secoli fa al tempo dei risorgimenti europei”.

Falso. Anzi falsissimo.

Dalla a alla zeta.

Il nazionalismo di Zelensky è la reincarnazione (in certe immagini ostentata anche con il vecchio simbolo banderista sulla sua maglietta) di un nazionalismo in affitto che ha ben poco a che vedere con il nazionalismo ucraino storico mirante all’indipendenza nazionale, con la sua matrice contadina e il suo orizzonte slavo (non europeo né, tanto meno, NATO). A provarlo basta un rapido sguardo retrospettivo.

Nel suo scritto su Friedrich Engels e il problema dei “popoli senza storia”, Roman Rosdolsky spiega che al 1848, l’anno-chiave dei “risorgimenti europei”, gli ucraini, o “come si sarebbero poi chiamati essi stessi, i ruteni (rusyny, cioè piccoli russi) della Galizia e della Bucovina, territori della corona austriaca e dell’Ungheria nord-orientale”, si trovavano in una condizione particolarmente sfavorevole per potersi costituire in nazione indipendente. Sentiamo il perché:

«Che cosa erano i ruteni nel 1848? Niente più che “le ombre dei loro dimenticati antenati”, una massa di contadini analfabeti, e semiservi, che se parlavano una lingua diversa e frequentavano una differente chiesa rispetto ai loro signori rurali, si trovavano ancora immersi nella loro profonda “non-storicità”, e che solo nel loro clero cattolico-greco disponevano di antesignani dell’intelligencjia nazionale. Fin dalla metà degli anni Trenta, il clero, sotto l’influenza dei rinnovatori serbi e cechi, desiderava far rivivere la nazionalità rutena; e nel tumultuoso 1848 si fece avanti con richieste sorprendentemente mature da un punto di vista politico e culturale.


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Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale / 8: mai più per un pugno di conchiglie

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Il nuovo disordine mondiale / 8: mai più per un pugno di conchiglie

di Sandro Moiso

colpisci“La situazione internazionale ha subito nuovi e importanti cambiamenti, il tema della pace e dello sviluppo sta affrontando gravi sfide e il mondo non è pacifico” (Xi Jinping a Joe Biden durante la conferenza sulla crisi in Ucraina del 18 marzo 2022)

Alla fine del XIX secolo, ai tempi della «corsa verso l’Africa», l’oro africano alimentava da almeno mille anni le economie europee e del mondo islamico, mentre fin dal XV secolo i suoi regni, alquanto evoluti e sofisticati, commerciavano con gli europei lungo le coste atlantiche, dal Senegal all’Angola. Almeno fino alla metà del Seicento fu un commercio tra eguali, basato su diverse valute. Soprattutto conchiglie importate dalle Maldive e dal Brasile.

Nel corso del tempo, le relazioni tra Africa ed Europa si incentrarono sempre di più sul commercio degli schiavi, danneggiando il relativo potere politico ed economico dell’Africa, mentre i valori di scambio monetario si spostarono drasticamente a vantaggio dell’Europa.

Questo, almeno, è quanto raccontato e analizzato da Toby Green, Senior Lecturer di Storia e cultura lusofona africana presso il King’s College di Londra, in un testo molto importante e sicuramente destinato a diventare di riferimento per quanto riguarda la storiografia sul colonialismo1.

Se l’imposizione di un sistema monetario basato sul denaro, come feticcio e valore equivalente per gli scambi commerciali, si rivelò decisivo per lo sviluppo degli scambi avviati dalla prima grande globalizzazione coloniale e capitalistica, oggi l’assoluta e trionfale diffusione del sistema su cui si fondò l’accumulazione primitiva e l’instaurazione di un autentico regime di rapina, basato sullo scambio ineguale, causa, sia al cuore che alla periferia dell’impero occidentale, sconvolgimenti pari soltanto a quelli che la rapida diffusione della rete e dei social ha causato al sistema di informazione e disinformazione mediatica, politica e militare operativo tra gli Stati e tra i governi di questi e i loro cittadini2.


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Leonardo Mazzei: Criminale di guerra a chi?

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Criminale di guerra a chi?

di Leonardo Mazzei

Madeleine Albright, una vera e “democratica” criminale di guerra

Il 23 marzo è morta Madeleine Albright, personaggio chiave dell’interventismo falso-umanitario dell’America clintoniana. La data della sua scomparsa ha un che di simbolico: il giorno prima del 23° anniversario dell’attacco alla Jugoslavia di cui fu assoluta protagonista, tre giorni dopo la ricorrenza di quello all’Iraq del 2003, nel pieno della guerra in Ucraina frutto di quell’allargamento della Nato in funzione anti-russa di cui fu grande fautrice in qualità di Segretario di Stato americano (1997-2001).

Oggi tutti la ricordano come la prima donna ad aver ricoperto quella carica. Nel frattempo, altre donne hanno avuto lo stesso onore, ed hanno avuto modo di compiere gli stessi crimini (Condoleezza Rice 2005-2009 e Hillary Rodham in Clinton 2009-2013).

La figura della Albright è però più importante, perché quei crimini non li ha solo compiuti, li ha anche teorizzati.


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Marinella Correggia: L'Italia che MAI disse NO a una guerra: il triste primato con Usa e GB

lantidiplomatico

L'Italia che MAI disse NO a una guerra: il triste primato con Usa e GB

di Marinella Correggia

Lo spiegò nei dettagli don Lorenzo Milani, nella sua Lettera ai cappellani militari, marzo 1965: nei 100 anni trascorsi dall’unità, l’Italia aveva sempre e solo impiegato l’esercito nazionale per offendere le patrie altrui. In questa storia bellicosa, un’unica guerra di difesa – e non condotta dall’esercito: la lotta partigiana. Dalla quale nacque l’articolo 11 della Costituzione, con il ripudio della guerra.

Sono passati decenni da quella importantissima lettera che dovrebbe essere studiata a memoria. Ma nel suo piccolo lo Stivale è tuttora il più assiduo fra gli attaccabrighe. Il patrono d’Italia sarà anche san Francesco, ma di certo il dio di questo paese sembra essere Marte, celebrato del resto dall’Impero romano.

E’ stato così anche per gli ultimi decenni, per gli interventi militari condotti dall’Occidente e dai suoi alleati a partire dal 1991 (Iraq), con un intero arsenale di scuse «umanitarie» e «altruiste» e mai per la difesa dei propri confini o per rispondere a un attacco.


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Barbara Spinelli: Il contagio di armi e bugie

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Il contagio di armi e bugie

di Barbara Spinelli*

Circola un numero talmente spropositato di menzogne, sulla guerra in Ucraina, che pare di assistere a un contagio virale. I ragionamenti freddi (o realisti) vengono sistematicamente inondati da passioni bellicose e molto calde.

L’onda travolge le ricostruzioni del conflitto, e anche i fatti elencati dagli esperti militari.

Perché ripercorrere la storia dei rapporti russo-ucraini, o ricordare le tante guerre Nato, quando il dualismo teologico-politico è così favolosamente chiaro: lì il Male, qui il Bene – lì Satana, qui arcangeli in tute mimetiche – lì il “dittatore sanguinario” e “criminale guerra” (epiteti escogitati da Biden), qui i combattenti della civiltà.

In genere si replica che in guerra è sempre così: propaganda e controverità imperversano in tutti i campi –si ripete – e già è una prima menzogna perché gli italiani e l’UE non sono in guerra, non vogliono andarci e potrebbero dunque concedersi il lusso di analisi più vicine alla realtà, meno interessate al proselitismo bellico, tendenti più all’asciutto che all’umido.


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Daniela Danna: Per finirla con la pandemia

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Per finirla con la pandemia

di Daniela Danna

Sento parlare di pandemia come entità agente in tanti, troppi discorsi di chi suppone di lottare contro gli attuali poteri (la solita classe capitalistica) che spingono verso l’ingabbiamento dei lavoratori con l’identità unica digitale e il controllo delle esistenze tramite l’acquisizione di dati – cosa che peraltro rappresenta un’impossibile distopia, data la finitezza delle risorse con cui costruire questi apparati di controllo: 5G e 6G (internet delle cose e internet degli umani), e tutti i server per l’accumulo di questa pretesa “materia prima”, oro o petrolio del XXI secolo (sarebbero i nostri dati), in realtà ennesima bolla che dà fiato al capitalismo morente per la carenza di energia vera a buon mercato. La pandemia ha fatto questo e quello, la pandemia ci ha costretti a vivere isolati, a interrompere l’istruzione dei ragazzi e la sanità come la conoscevamo, la pandemia forse ha addirittura fermato la lotta di classe, e naturalmente oggi viviamo le conseguenze della pandemia – per chi comincia ad accorgersi che, se mai pandemia c’è stata (tasso di letalità dello zero virgola qualcosa per cento ed età media dei decessi quasi in linea con l’aspettativa di vita, persino nei primi mesi), una mediocre influenza che la gente cerca di contrarre per evitare le terapie geniche rese obbligatorie da un governo perfettamente in linea con le azioni dei medici nazisti, forse non è più degna di questo altisonante nome.


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Ferdinando Pastore: La nostra democrazia. Con quale coraggio

linterferenza

La nostra democrazia. Con quale coraggio

di Ferdinando Pastore

Nella crociata bellica a difesa dei sacri valori mercantilistici, il monito per giustificare la disintegrazione fisica e morale dei Paesi non allineati è la non corrispondenza di questi a un ideale democratico. Secondo canoni di giudizio da noi distribuiti con elementare severità.

Per distinguere le democrazie con quelle che sono state chiamate democrature o in casi estremi dittature si fa riferimento al pluralismo. Politico e dell’informazione.

Ebbene in questi casi il grottesco raggiunge picchi d’altissima quota.

Il nostro Parlamento ad esempio, da anni, non presenta più alcun dibattito sulle idee. I partiti che superano la soglia di sbarramento, che hanno accesso ai mezzi d’informazione devono attenersi a determinate regole d’ingaggio pena la persecuzione psicologica.

Tutti hanno il dovere di professarsi europeisti. Tutti atlantisti.

Qualora emerga una flebile variazione sul tema da parte di quelle forze politiche a cui è concessa la visibilità dello Spettacolo, ecco che si scarica la scure dell’impresentabilità, della non affidabilità per governare, del dileggio istituzionalizzato, del dossieraggio, della messa alla gogna. E delle inchieste giudiziarie. Così va avanti dal 1992 in un crescendo di ostracismo istituzionalizzato.


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Enrico Galavotti: Ha ragione Biden

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Ha ragione Biden

di Enrico Galavotti

In effetti ha ragione Biden nel suo discorso di Varsavia: questa è una guerra tra il bene e il male. Solo che lo è a parti rovesciate. Cioè anche se Putin non è il bene assoluto, di sicuro Biden sta facendo male all’intero pianeta. È lui il folle criminale di guerra su scala internazionale, che considera le alleanze militari più importanti degli stessi alleati (per es. la NATO molto più importante della UE). È lui, con l’occidente che gli va dietro come una pecora, ad appoggiare in tutte le maniere un governo filonazista come quello di Kiev, un governo che svolge solo il ruolo di grimaldello per scardinare il più potente impero energetico della storia umana.

Biden ha dimostrato soltanto di essere un grandissimo ladro, un truffatore che vuole imporre a tutto il mondo l’uso del dollaro, poiché è solo in questa maniera che può tenere in piedi un Paese col più alto debito pubblico del mondo, in procinto di andare in default. E oggi senza l’uso delle armi, il dollaro sarebbe già crollato, poiché gli USA non sono più la locomotiva del capitalismo mondiale.


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coniarerivolta: A chi conviene la guerra

coniarerivolta

A chi conviene la guerra

di coniarerivolta

Per provare a fare i conti con un fenomeno così atroce, così enorme e tragico come la guerra, si ha la tentazione a ricorrere a categorie assolutorie e semplicistiche quali l’irrazionalità degli attori in campo, la loro pazzia, la crudeltà gratuita. Semplicistiche perché, di fatto, non spiegano nulla; assolutorie perché ci risparmiano il peso di porci delle domande.

Questa guerra, come tutte le guerre, non è iniziata per caso, ma perché interessi materiali precisi si sono sedimentati fino a un punto di non ritorno. Se le sirene guerrafondaie ci martellano giorno dopo giorno, soffiando sul fuoco e spingendoci sempre un passo in più verso l’abisso di una guerra di proporzioni inimmaginabili, sempre un passo più lontani da una risoluzione diplomatica del conflitto, è perché precisi interessi materiali hanno solo da guadagnare dalla situazione che si è venuta a creare nelle ultime settimane.

A chi conviene la guerra? Certamente non a chi, sul teatro bellico, dalla guerra riceve lutti e sofferenze. In altro modo, a centinaia o migliaia di chilometri di distanza da carri armati e bombe, non conviene alle persone comuni, che hanno visto le proprie bollette schizzare alle stelle e per le quali fare il pieno alla macchina è diventato un salasso.


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Piotr: Tra “Vispa Teresa” e tragedia

perunsocialismodelXXI

Tra “Vispa Teresa” e tragedia

di Piotr

092647402 c91cc6ca 96d7 457a ad8a 285bbd646ce7I dolori del parto di un'epoca nuova

Tutti i momenti di passaggio epocale sono stretti tra la tragedia e le sfide cognitive per cercare di capire i lineamenti della nuova epoca che sta nascendo tra i dolori del parto, che nell'odiosa e disgustosa storia di guerre del genere umano sembrano inevitabili.

Se si è consapevoli che la nottola di Minerva spicca il volo solo dopo che sono calate le tenebre, allora si sa che durante il crepuscolo al più si hanno intuizioni, non certezze razionali. Si hanno ciò che possiamo chiamare “fantasie realistiche”, che non a caso è un ossimoro.

“Tentava la vostra mano la tastiera”, diceva il poeta. E io faccio lo stesso, oltre non posso andare, anche per le mie limitatissime conoscenze e informazioni.

Però, se volete, in giro si trova facilmente chi invece sa tutto e sentenzia sicuro. In TV e sui media ne trovate esempi continui. Peccato che molto spesso sappiano esclusivamente ciò che gli è consentito dai vecchi paradigmi, che per altro già fornivano una visuale ristretta, così che è capitato che blasonati e riveriti esperti potessero incorrere in piccoli errori, come ad esempio preannunciare entusiasmanti sviluppi economici il giorno prima dello scoppio di una crisi devastante (e poi, una volta scoppiata, nemmeno capirne la portata) o pensare a un mondo unificato e pacificato il giorno prima dello scoppio della terza guerra mondiale. Una guerra che è già iniziata da un pezzo anche se qualcuno insiste a pensare o a voler far credere che quella in corso non sia parte di un confronto di portata storica non più rinviabile tra Russia e Stati Uniti, bensì una faccenda tra Russia e Ucraina o il personale delirio zarista di una persona al Cremlino disturbata mentalmente da amanti, figli illegittimi, complessi fisici - eh, la statura! - e traumi infantili (francamente di queste idiozie non se ne può più).


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winteroak: Il Great Reset fase 2: Guerra

resistenzealnanomondo

Il Great Reset fase 2: Guerra

di winteroak – da un inviato speciale

gs beijingMentre la pandemia ha acclimatato il mondo al lockdown, normalizzato l’accettazione di farmaci sperimentali, accelerato il più grande trasferimento di ricchezza alle multinazionali decimando le PMI e adattato la memoria muscolare delle operazioni della forza lavoro in preparazione per un futuro cibernetico, è stato necessario un vettore aggiuntivo per accelerare il collasso economico prima che le nazioni possano “ ricostruire meglio “.

Di seguito presento diversi modi in cui l’attuale conflitto tra Russia e Ucraina è il prossimo catalizzatore dell’agenda Great Reset del World Economic Forum , facilitato da una rete interconnessa di stakeholder globali e da una rete diffusa di partenariati pubblico-privato.

 

1. La guerra tra Russia e Ucraina sta già provocando un’interruzione senza precedenti delle catene di approvvigionamento globali, esacerbando la carenza di carburante e inducendo livelli cronici di inflazione.

Mentre le tensioni geopolitiche si trasformano in un conflitto prolungato tra la NATO e l’asse sino-russo, una seconda contrazione potrebbe far precipitare l’economia nella stagflazione .

Negli anni a venire, la combinazione di crescita inferiore alla media e inflazione incontrollata costringerà una sottoclasse economica globale a contratti di micro-lavoro e posti di lavoro a basso salario in una gig economy emergente.

Un’altra recessione aggraverà la sete di risorse globali, restringerà la portata dell’autosufficienza e aumenterà significativamente la dipendenza dai sussidi governativi.


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Demostenes Floros: 2,5 milioni di barili al giorno

giubberosse

2,5 milioni di barili al giorno

Gabriele Germani intervista Demostenes Floros*

download 1"A mio avviso, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti d’America e dall’Unione Europea non possono fermare la guerra; più precisamente, le prime sanzioni erano già state imposte alla Federazione Russa sin dal 2014. Ovviamente, sulla scia del colpo di Stato a Kiev con conseguente referendum in Crimea. Ciò che cosa ha comportato per la Federazione Russa? Ovviamente, i dati macroeconomici del triennio 2014-2016 indicano una situazione di forte difficoltà, ma non solo. Prodotti che prima venivano importanti dall’Italia o dal resto dell’Unione Europea sono stati sostituiti con altri fornitori, con altri produttori dell’America centrale o dell’America Latina. Inoltre, è stata sviluppata la produzione interna: la Russia, dal 2014, ha cominciato a produrre beni che prima venivano esclusivamente importati."

* * * *

1) Le sanzioni imposte alla Russia possono fermare il conflitto?

1- A mio avviso, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti d’America e dall’Unione Europea non possono fermare la guerra; più precisamente, le prime sanzioni erano già state imposte alla Federazione Russa sin dal 2014. Ovviamente, sulla scia del colpo di Stato a Kiev con conseguente referendum in Crimea. Ciò che cosa ha comportato per la Federazione Russa? Ovviamente, i dati macroeconomici del triennio 2014-2016 indicano una situazione di forte difficoltà, ma non solo. Prodotti che prima venivano importanti dall’Italia o dal resto dell’Unione Europea sono stati sostituiti con altri fornitori, con altri produttori dell’America centrale o dell’America Latina. Inoltre, è stata sviluppata la produzione interna: la Russia, dal 2014, ha cominciato a produrre beni che prima venivano esclusivamente importati.


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Diego Giachetti: Vittorio Rieser, il compagno che di mestiere faceva il sociologo

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Vittorio Rieser, il compagno che di mestiere faceva il sociologo

di Diego Giachetti

Pubblichiamo un ritratto di Vittorio Rieser, sociologo e intellettuale militante, tra i fondatori del metodo dell'inchiesta operaia nelle fabbriche italiane

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            2bfddf29ba4f46679d2c76e6e3f7da64mv2Nella lunga e dettagliata intervista pubblicata nel volume della DeriveApprodi, Futuro anteriore. Dai «Quaderni Rossi» ai movimenti globali: ricchezze e limiti dell’operaismo italiano, Vittorio Rieser diceva di se stesso che di mestiere aveva fatto il sociologo, una scelta professionale subordinata a quella politica. Voleva laurearsi in storia, invece si laureò in sociologia, disciplina più affine e utile al progetto d’inchiesta alla Fiat. Un mestiere quindi scelto per necessità, una scoperta vocazionale d’interesse tra le tante che coltivava fin da giovane grazie ai precoci talenti dimostrati per la musica, la storia, le lingue straniere. A detta di Massimo Mila sarebbe potuto diventare un ottimo pianista. Franco Venturi rimpiangeva la sua scelta di non proseguire gli studi storici, deviando verso la sociologia del lavoro e industriale al fine di meglio svolgere l’attività di analisi, di studio e di partecipazione all’attività del movimento operaio, nei partiti di sinistra e soprattutto nella Fiom-Cgil.

La scelta, maturata fin dai tempi del liceo e praticata con coerenza e rigore per tutta la vita, fu influenzata anche dalle sue origini familiari. Nato a Torino il 15 febbraio 1939, figlio di Henek Rieser, un ingegnere comunista polacco emigrato perché colpito da mandato di cattura nel suo paese, e di Tina Pizzardo, allieva di Giuseppe Peano e poi insegnante di matematica. La madre, iscritta al Partito comunista, era stata arrestata nel settembre del 1927 e condannata dal Tribunale speciale a un anno di carcere. Nel 1930 abbandonò il partito e aderì a Giustizia e Libertà. Nuovamente arrestata nel maggio 1935 fu incarcerata per qualche mese alle “Nuove” di Torino. Nei primissimi anni seguenti la fine della Seconda guerra mondiale entrambi abbandonarono la vita politica attiva, ma non le relazioni sociali e di amicizia intessute in quell’ambiente che contribuirono alla formazione del figlio.


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Pierluigi Fagan: Il punto nello spazio-tempo

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Il punto nello spazio-tempo

di Pierluigi Fagan

In questi giorni, siamo triplicemente schiacciati. Siamo schiacciati su un racconto dei fatti che è coerente in sé, ma che non sembra molto relativo ai fatti. Come alcuni hanno notato, il succo del post di ieri non era solo evidenziare l’operazione narrativa di spettacolare ed inquietante forzatura delle opinioni, era anche il notare come nonostante questo sforzo immane, proprio la sua protervia sembra generare rendimenti decrescenti. Non so dire di altre parti d’Europa, ma qui da noi sembra esserci uno scarto vistoso tra ciò che dicono noi si debba pensare e ciò che larghe fette della popolazione pensa. Questo secondo dato mostra fatti da interpretare. Come mai molti hanno una diversa visione di ciò che succede? La manipolazione info-cognitiva è di dimensioni semi-totalitarie. Non c’è alcuna rappresentazione pubblica della perplessità, per non dire della contrarietà. Un vasto e prudente silenzio nell’intellettualità critica conferma che passati decenni a parlare di economia, moneta, turbocapitalismo et affini, pochi avevano incluso le grammatiche di potenza e la ricchezza delle nazioni nel loro armamentario critico.


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Guido Cappelli: Una serata in TV

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Una serata in TV

di Guido Cappelli*

Martedì scorso sono stato ospite alla trasmissione di Giovanni Floris, invitato a parlare per 2 minuti e 9 secondi senza possibilità di replica. Non mi lamento: lo supponevo ed era un’esperienza che volevo fare, e che è risultata, politicamente e antropologicamente, molto, molto interessante. Intanto ho capito che, al di là delle filìe e delle fobie per questo tipo di programmi, è vero che non si tratta, propriamente, di informazione. Lo dice il nome stesso e l’ho potuto comprovare: è un talk show. Cioè uno spettacolo di parole. La messa in scena di un dibattitto accalorato. Un circo linguistico. Quanto più da bar, meglio. L’effetto è quello della ridda, o della rissa permanente, a maggior gloria di un solo ed unico soggetto: il giornalista-demiurgo, che alla fine, senza che nessuno se ne sia accorto, ha imposto, come un dato di natura una determinata angolatura, una precisa visione delle cose – non necessariamente la sua personale: microfisica del potere.


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Nico Maccentelli: Un laboratorio di disciplinamento sociale

nicomaccentelli

Un laboratorio di disciplinamento sociale

di Nico Maccentelli

Da un’inchiesta di Byoblu si viene a sapere che l’Acer di Piacenza ha avviato una patente a punti sul modello del credito sociale cinese, per gli inquilini assegnatari delle sue unità immobiliari. Dal 19 marzo è stata assegnata una carta a punti agli inquilini, che hanno un bonus iniziale di 50 punti per ogni nucleo familiare. I punti aumenteranno o diminuiranno a seconda del comportamento dei componenti del nucleo. Ad esaurimento dei punti, decadrà il diritto ad avere l’alloggio, con conseguente sfratto.

Il sistema si basa in particolare su un reciproco controllo tra inquilini e relative delazioni. Non solo: sono previste figure di controllo come degli accertatori con facoltà di accedere nel condominio e persino alle unità immobiliari. Uno scenario distopico degno delle peggiori realtà di science fiction, che anche solo due anni fa sarebbe stato inimmaginabile.

In realtà il modello di cui il comune di Piacenza va orgoglioso è ispirato al credito sociale cinese, ossia quella patente a punti che scambia diritti e servizi per comportamenti. Di fatto questo criterio abolisce le conquiste di oltre duecento anni di rivoluzioni borghesi, legando lo status di citoyen a criteri premiali e sanzionatori e non più a quel patto sociale basato su Liberté, Egalité, Fraternité della Rivoluzioe francese.


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Giuseppe Masala: Rubli, gas e la pochezza intellettuale dei Bocconi Boys

lantidiplomatico

Rubli, gas e la pochezza intellettuale dei Bocconi Boys

di Giuseppe Masala

Mai come in questa fase storica drammatica è emersa la pochezza intellettuale della nostra intelligencija sia in materia di discipline internazionali, che di scienza militari che di economia. Pochezza intellettuale che si caratterizza in un metodo scientifico imbarazzante che può essere riassunto in un semplice pregiudizio: “tutto quello che fa l'occidente e gli Stati Uniti è razionale e scientificamente corretto e tutto ciò che fanno gli altri è comunque sbagliato” e, infine - aggiungo io - se sbagliato non è lo si impone comunque a forza, a suon di bombe e di esportazione della democrazia. Questo metodo può anche essere vero, o meglio, può anche essere stato vero in passato: basti pensare a Gheddafi che voleva costituire una moneta panafricana agganciata all'oro e scalzare così il Franco CFA gestito dal Ministero del Tesoro francese e che gli si è fatto cambiare idea semplicemente radendo al suolo la Libia, scalzandolo dal potere e infine assassinandolo.

Ecco, questa modalità operativa dell'Occidente che ha funzionato nell'epoca “unipolare” nella quale gli USA erano i gendarmi del mondo e imponevano la propria visione con le buone o con le cattive ha abbagliato la nostra intelligencija che non si accorge dei cambiamenti in corso.


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Giulio Di Donato: Il conflitto Nato-Russia e le ragioni del realismo critico

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Il conflitto Nato-Russia e le ragioni del realismo critico

di Giulio Di Donato

Partiamo da una domanda: la logica di potenza è inestinguibile?

Se la risposta è affermativa, ciò significa che le uniche condizioni possibili per una pace stabile e duratura passano necessariamente per la ricerca di un equilibrio, di un bilanciamento fra le singole potenze.

Quando parliamo di rapporti di potenza – e i rapporti fra grandi Stati in una situazione di relativa anarchia nei rapporti internazionali, nonostante le varie organizzazioni sovranazionali esistenti, sono essenzialmente rapporti di potenza legati a determinati interessi strategici e a specifiche sfere di influenza -, il riferimento è alle relazioni tra aggregazioni in cui è intrinseca la tendenza dell’una (soprattutto se a stelle e strisce) a prevalere, a competere e a confliggere con l’altra. Occorre quindi, per dirla con Montesquieu, che una potenza arresti, limiti e contenga l’altra.

Oggi il conflitto è fra le istanze mai abbandonate di unilateralismo interventista e aggressivo degli USA e uno sguardo maggiormente orientato al multipolarismo di Cina e Russia. Il multipolarismo comunque già esiste nei fatti, ma si configura come un equilibrio precario attraversato, come ci dimostrano tragicamente i fatti di queste settimane, da mille tensioni.


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Leonardo Mazzei: Il braccino corto di Mario Draghi

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Il braccino corto di Mario Draghi

di Leonardo Mazzei

Alla fine, com’era prevedibile, la montagna ha partorito il topolino. Il decreto “taglia-prezzi” di Draghi più che altro ha tagliato le residue speranze degli italiani. L’intervento sui prezzi dell’energia è micragnoso come colui che l’ha prodotto. C’era da aspettarsi qualcosa di diverso? Per quel che ci riguarda, ovviamente no!

Qualche giorno fa ci siamo occupati dell’attuale trionfo della speculazione sui prezzi dei prodotti energetici. Ed a proposito degli extraprofitti, ottenuti in quel modo dalle grandi compagnie, avevamo previsto che non ci sarebbe stato nessun significativo abbattimento di quell’autentica ruberia, che al massimo ci sarebbe stato qualche intervento emergenziale, più di facciata che di sostanza.

Eravamo stati facili profeti: le misure prese sono assolutamente modeste, la tassazione degli extraprofitti ridicola ed a tempo.

Per i carburanti l’ultimo decreto introduce un taglio delle accise di 25 centesimi. Una riduzione che per ora alla pompa non si è vista, ma che in ogni caso vedremo per poco, dato che la misura resterà in vigore solo fino al 30 aprile! Da notare che questi 25 centesimi sono stati il frutto di una lunga discussione, dato che l’omino dal braccino corto era entrato in Consiglio dei ministri con una proposta di riduzione di soli 10,3 centesimi!


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Salvatore Bravo: Pensare i nichilismi

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Pensare i nichilismi

di Salvatore Bravo

Il nichilismo non è un destino, ma una condizione storica, tale precisazione è banale, ma necessaria per pensare l’attuale assetto filosofico dell’Occidente. Pensare il nichilismo significa rintracciarne le cause strutturali per poter uscire indenni dal fatalismo. Senza un’operazione archeologica e filosofica il nichilismo si naturalizza, fino a diventare la normalità del male. Ciò che è giudicato “normale” non è pensato, per cui può continuare a produrre i suoi guasti e le sue tragedie antropologiche, sociali ed ambientali. Il grande successo dei movimenti verdi con a capo l’adolescente svedese “Greta Thunberg” applaudita per essere volgarmente usata dai poteri forti e dai padroni con i loro servi è la verità-falsa del nostro tempo: si inneggia a ciò che consente al nichilismo di perpetuarsi, lo si ammanta di verde e di ambientalismo, ma resta nichilismo. Si vogliono curare i sintomi senza toccare le cause con il filtro del logos e della prassi. Si usano le nuove generazioni, e non solo, come un nuovo esercito che, mentre contesta, riafferma la sopravvivenza del consumo totale in salsa ambientale.


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Barbara Spinelli: Una guerra nata dalle troppe bugie

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tonino

unread,
Apr 4, 2022, 11:37:10 AM4/4/22
to sante gorini

Piotr: Si svuotino gli arsenali

perunsocialismodelXXI

Si svuotino gli arsenali

di Piotr

Ospito volentieri questo nuovo intervento dell'amico Piotr sulla guerra in corso. Anche se, questa volta, non mi sento di condividere al 100% ciò che scrive

Tocca
              ancora a te Intendiamoci: non si può che provare empatia per il suo grido di dolore per l'idiozia criminale delle scelte dei governi europei, i quali si accodano supinamente al gioco mortale innescato da un'America disperatamente protesa a conservare il suo ruolo egemonico. Così come sono assolutamente d'accordo con la sua analisi delle cause di fondo - ricostruite a partire dalla lezione di Giovanni Arrighi - di quanto sta accadendo. Tuttavia, pur avendo a mia volta giocato più volte negli ultimi anni il ruolo di Cassandra nel prevedere la catastrofe imminente che (per chiunque fosse dotato di buon senso: non era necessario essere dei geni della geopolitica) era scritta nei fatti, e anzi proprio perché tutto ciò era razionalmente prevedibile, mi pare inutile appellarsi al buon senso (per non dire alla buona volontà!) dei responsabili per evitare il peggio. Piotr scrive che è sbagliato - ed economicista - attribuire tutto al keynesismo di guerra senza capire che una volta fabbricate le armi verranno anche usate. Il punto è che le due cose non sono in contraddizione: come ci ha insegnato Marx, la razionalità economica del capitale è intrisa di cupio dissolvi: quando è in crisi (e quanto più la crisi è grave) il capitale lotta per la sopravvivenza immediata costi quel che costi, il suo motto diventa dopo di me il diluvio o, se preferite, muoia Sansone con tutti i Filistei. Resta solo da sperare nell'unica fonte di razionalità che oggi il mondo abbia da offrire, che abita a Pechino, e che, in questa lotta mortale per sopravvivere, il capitalismo nella più folle incarnazione egemonica che abbia avuto nei suoi cinque secoli di vita - quella a stelle e strisce - commetta abbastanza errori per uscirne sconfitto. [Carlo Formenti]

* * * *

Svuotare gli arsenali, riempire i granai!”


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Megas Alexandros: “La Russia torna al Gold standard”. Lo stupefacente abbaglio della contro-contro informazione

comedonchisciotte.org

“La Russia torna al Gold standard”. Lo stupefacente abbaglio della contro-contro informazione

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Mentre in Europa si rischia seriamente il razionamento energetico ed alimentare, i blog "mal-informanti", alla sola vista dell'oro, non perdono tempo a prospettare il ritorno al "gold standard". Ovvero la follia dei cambi fissi sulla quale è stato costruito il sistema-euro

rsz acquisisci schermata web 30 3 2022 232623
            wwwbingcomOggi proverò a fare chiarezza su alcuni temi, che in questi giorni vengono trattati in modo confusionale e falso; talvolta da chi li affronta in modo approssimativo e privo dei concetti scientifici di base; spesso da chi, invece, si schiera nel nutrito team della contro-contro informazione.

Si, cari Amici, siamo passati dall’informazione indipendente o contro-informazione (ovvero NOI, come ComeDonChishiotte ed altri), che per ovviare all’informazione a senso unico di regime, ci siamo presi sulle spalle l’onere di ricercare di raccontare i fatti e la realtà per ciò che è, ad esempi concreti e sempre più frequenti di contro-contro informazione.

Oggi, che Putin sta facendo vedere al mondo con i fatti, le falsità su cui è stato costruito il mondo globale, caratterizzato del “Dio mercato” sopra tutto e tutti (Stati democratici compresi); la contro-contro informazione ha iniziato il suo numero da circo del salto triplo, con l’intento di riportare il cittadino comune (che, proprio adesso inizia a comprendere), di nuovo in stato confusionale.

Tenere i popoli, il più possibile, lontani dalla verità è sempre stato il “must” per eccellenza, usato dall’élite, per mantenere saldamente nelle loro mani il bastone del comando. Come del resto, da quando il mondo è mondo, la lotta di classe ne è eternamente il suo “leitmotiv”.

Ma veniamo ai fatti. In riferimento alle dichiarazioni di Putin e le conseguenti azioni del Cremlino e della Banca Centrale di Russia, susseguitesi alle sanzioni inflitte dal mondo occidentale – nel mainstream ed in certi blog, si stanno mischiando una serie di concetti e previsioni che non trovano corrispondenza – nè con le parole, nè con i fatti oggetto delle azioni del presidente russo e tantomeno con le verità che la scienza economica ci insegna.


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Roberto Paura: Fare storia della rivoluzione in tempi di cancel culture

quadernidaltritempi

Fare storia della rivoluzione in tempi di cancel culture

di Roberto Paura

Antonino De Francesco rilegge le rivoluzioni atlantiche ponendo al centro l’emancipazione dei neri

in rilievo letture repubbliche atlantiche APrima di iniziare un articolo che ha nel titolo cancel culture conviene sgomberare il campo da possibili equivoci attraverso due assunti di base. Primo: se per cancel culture intendiamo la definizione corrente di un movimento culturale prima che politico teso a cancellare le tracce di un passato scomodo non più in linea con il comune sentire contemporaneo, allora non si tratta di un fenomeno moderno; come spesso accade, la Rivoluzione francese ne fu antesignana. Basti ricordare l’abbattimento delle statue dei sovrani (quella di Luigi XIV a place Vendôme, ribattezzata piazza delle Picche; quella di Luigi XV nell’omonima piazza ribattezzata piazza della Rivoluzione, l’odierna place de la Concorde), la distruzione dell’ampolla dell’olio sacro di Reims, la sostituzione dei nomi delle città ribelli (Lione che diventa Ville-affranchie, Tolone Port-la-Montagne).

Secondo: dal punto di vista della ricerca storica – quel che qui ci interessa – la cancel culture può e deve assumere una forma costruttiva anziché distruttiva, vale a dire che, piuttosto di cancellare la memoria (ciò che per uno storico equivarrebbe a violare il giuramento d’Ippocrate per un medico), si occupa di recuperare una memoria cancellata. È la differenza che passa tra il rancore dei neoborbonici che vogliono abbattere le statue di Garibaldi nel Sud Italia e la moderna riflessione storiografica sul meridionalismo. Nel caso francese è la differenza che passa tra la polemica dello scorso anno sull’opportunità o meno di celebrare il bicentenario della morte di Napoleone – considerata da molti inopportuna in quanto Napoleone restaurò lo schiavismo nelle colonie (cfr. Daut, 2021) – e la rinnovata attenzione delle storiche e degli storici sul tema dello schiavismo e del razzismo nell’età rivoluzionaria e napoleonica, passato sottotraccia per quasi due secoli (di cui un esempio recente è la nuova storia della Rivoluzione francese proposta in Un nuovo mondo inizia dall’americano Jeremy D. Popkin, già autore di Haiti. Storia di una rivoluzione).


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Stefano Lucarelli: Il Mezzogiorno del PNRR

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Il Mezzogiorno del PNRR

di Stefano Lucarelli

Il testo offre spunti per riflettere sul Pnrr per il Mezzogiorno. Riprende dalla letteratura grigia i discorsi e le «mentalità» di analisti e pianificatori e mostra, oltre «Ripresa» e «Resilienza», le nuove logiche di dipendenza fra i territori «centrali» e i territori «periferici», ovvero la solita e nota «logica dello sviluppo capitalistico»

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              b07671971b374cee8169dc542709295dmv2Gloria del disteso mezzogiorno quand'ombra non rendono gli alberi, e più e più si mostrano d'attorno per troppa luce, le parvenze, falbe.

il sole, in alto, - e un secco greto.

1. I versi di Eugenio Montale, tratti dall’opera Ossi di Seppia, descrivono il tempo del mezzogiorno: ci potremmo trovare ovunque ma troveremmo in alto il sole e intorno un «secco greto», e ancora e soprattutto «parvenze falbe» a causa della troppa luce. Quell’aggettivo, «falbo», indica il giallo scuro e si è soliti riferirlo al manto degli animali, dei cavalli in particolare.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il Mezzogiorno può in effetti apparire come un sole, ma potrebbe proprio essere il sole accecante del poeta, una luce che si risolve in parvenze, in arsura.

E cominciamo allora dalle parvenze, che sembrerebbero al centro dell’immaginario del PNRR che si ramifica nelle mente di alcuni analisti. Facciamo un esercizio utile a mostrare qual è lo stato d’animo – la mentalità comune emergente – che sembra prevalere a riguardo: digitiamo in uno dei motori di ricerca più utilizzati sul web le parole «PNRR», «Mezzogiorno», «Sud». Nello scorrere i risultati della ricerca, anche limitandosi ai titoli dei documenti, c’è una significativa ricorrenza delle parole «occasione», «opportunità», «svolta», in una convivenza fra il timore della inadeguatezza e l’eccitazione per l’ammontare delle risorse che giungeranno.


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Pierluigi Fagan: Un mese dopo

pierluigifagan

Un mese dopo

di Pierluigi Fagan

Dopo il primo mese di guerra, oggi siamo forse in grado di fare ipotesi (che comunque tali rimarranno) su come andrà a “finire” il conflitto.

I conflitti dentro il conflitto sono tre. C’è il conflitto “aggressore-aggredito” provocato dall’invasione russa in Ucraina, c’è il conflitto “provocatore-provocato” tra Stati Uniti e Russia che fino ad oggi sono stati i due pari competitor planetari militari avendo più o meno la stessa dotazione nucleare, c’è il conflitto a guida americana “democrazie vs autocrazie” che era il programma di politica estera di Biden alle elezioni, con cui gli americani tentano di bipolarizzare il mondo giocandosi così la loro partita per ritardare l’avvento di un ordine multipolare che ne relativizzerebbero la potenza, la ricchezza, l’influenza.

I tre conflitti non possono intendersi slegati, sono intrecciati assieme e questo ne determina la complessità d’analisi. Ma al contempo, ne facilita la lettura strategica. Sebbene la strategia di comunicazione americana faccia terra bruciata intorno a tutto ciò che non si riferisce all’Ucraina propriamente detta, con questa reiterazione ossessiva del format “aggressore-aggredito”, è proprio fuori del semplice conflitto ucraino che va trovata la chiave strategica.


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Donatella Di Cesare: Il suicidio dell’Europa, le armi e il suo silenzio

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Il suicidio dell’Europa, le armi e il suo silenzio

di Donatella Di Cesare*

La parola Occidente, in questi giorni così spesso evocata, ha un significato articolato nelle diverse epoche. Non indica un sistema di valori, una forma politica, un modo di vivere. Occidente è l’orizzonte a cui guardavano i greci: la costa italiana, il continente europeo, una futura epoca nella storia del mondo.

Nel periodo tra le due guerre mondiali i filosofi hanno pensato il destino dell’Occidente non come un tramonto, bensì come un passaggio: nel buio della notte europea non c’era solo morte e distruzione, ma anche la possibilità di salvezza. L’Occidente era l’Europa, l’Europa era l’Occidente.

In questa prospettiva, che oggi – con un giusto accento critico – si direbbe eurocentrica, ciò che era oltre l’Atlantico, Inghilterra compresa, non era occidentale.

Dopo il 1945, il baricentro della Storia passa dal continente europeo a quello americano. Anche la parola “Occidente” cambia significato designando l’American Way of Life, lo stile di vita americano e tutto ciò che, tra valori e disvalori, porta con sé. L’Europa si uniforma, più o meno a malincuore. Se non altro per non perdere il nesso con l’Occidente di cui è stata sempre il cardine.


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Francesco Galofaro: La pace conviene. Chi pagherà i costi della guerra? Editoriale

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La pace conviene. Chi pagherà i costi della guerra? Editoriale

di Francesco Galofaro, Università di Torino

Di solito nei sondaggi vince il partito dei valori, mentre nelle urne vince quello del portafogli. Per questo motivo mi sembra che l’argomento più efficace per riportare al senno perduto chi fosse caduto preda della propaganda bellica sia porre la domanda: chi paga tutto questo? E per quanto tempo? E siamo sicuri di avere abbastanza risorse?

Ho una macchina che va a metano. In dicembre, un kg di metano costava circa un euro; il pieno ne costava 17 e potevo percorrere 500 km: spendevo un euro ogni 30 km. In gennaio, il prezzo ha toccato i 2 euro al kg; il pieno è arrivato a 32 euro. Oggi siamo a 2,3 – 2,6 euro al kg. Per fare 500 km se ne vanno più di 50 euro. Spendo un euro per 10 km. Non ho fatto altri calcoli, ma anche chi va a benzina o diesel oggi si chiede se sarà possibile reggere questi e ulteriori aumenti e se dovremo ridurre drasticamente i nostri spostamenti.

Leggo che l’aumento del prezzo dell’energia ha conseguenze drammatiche sull’inflazione. Ecco i dati: dicembre 3,9%; gennaio 4,8%, febbraio, 5,7%. L’aumento si deve in parte al prezzo dell’energia: 38.6% in gennaio, 45,9% in febbraio.


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Andrea Zhok: Come i media lavorano a farvi "rassegnare" al conflitto

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Come i media lavorano a farvi "rassegnare" al conflitto

di Andrea Zhok

C’è qualcosa di quasi rasserenante nel rivedere sempre le stesse dinamiche, per quanto repellenti.

Così per mesi abbiamo ricevuto dall’apparato mediatico come unica verità asseribile una camionata di menzogne, omissioni, e distorsioni lunari sulla strategia pandemica, il tutto accompagnato da censure violente e stigmatizzazioni delle voci dissonanti.

Ora è cambiato il tema, ma le modalità sono rimaste esattamente identiche, con la differenza - non piccola per chi si trova dal lato del dissenso - che in questo caso un numero maggiore di cittadini hanno esperienza pregressa sufficiente a insospettirsi, o addirittura a rilevare distintamente l’inaffidabilità della propaganda mediatica. (Sul tema pandemico il pubblico era "epistemologicamente vergine", e quindi l’appello a fidarsi degli “esperti bollinati” di regime funzionava praticamente senza resistenza, qui invece una parte significativa del pubblico ha quel tanto di memoria storica per non bersi tutto senza percepire almeno delle dissonanze.)

Ma nonostante questa sorta di quasi-serenità che possiamo avvertire nel reidentificare un medesimo pattern, lo stupore – e il disagio – di fronte alla potenza di costruzione mediatica della realtà rimane grande.


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Antiper: Perché la Russia ha attaccato l’Ucraina proprio ora?

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Perché la Russia ha attaccato l’Ucraina proprio ora?

di Antiper

Anche se nessuno è in grado di sapere con certezza quale sia effettivamente la strategia russa nella “crisi ucraina” e posto che ogni cosa che viene detta sui media è per il 99% propaganda di guerra, ovvero falsità, è tuttavia possibile fare qualche supposizione in merito alle motivazioni che hanno spinto Mosca a decidere l’attacco e a deciderlo proprio ora (anche se è ovvio che lo scenario di guerra era stato elaborato da tempo come concreta possibilità).

Una prima supposizione è collegata all’evoluzione dello scenario politico ucraino.

A partire dai primi anni 2000 e fino al 2014 c’era stata in Ucraina una specie di “alternanza” tra presidenti anti-russi e presidenti filo-russi (usiamo queste categorie per schematizzare). Per ben due volte un presidente filo-russo – Viktor Yanukovych – era stato eletto e poi detronizzato da mobilitazioni di piazza: nel 2004 dalla cosiddetta “rivoluzione arancione” (che aveva contestato i risultati delle elezioni e aveva portato al potere Viktor Yushchenko – e Yulia Tymoshenko in qualità di Primo Ministro –); nel 2014 da un vero e proprio colpo di stato (il cosiddetto “Movimento Euromaidan”, che aveva portato al potere Petro Poroshenko).


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Anna Maria Sassone: Ucraina: il bambino conteso

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Ucraina: il bambino conteso

di Anna Maria Sassone

Breve testo sulla guerra segnalato da Roberto Finelli. L'autrice è una psicoanalista junghiana

Anni fa mi chiamarono per una consulenza al Tribunale Civile di Roma, si trattava di decidere l’affido di un bambino di sette anni, che chiamerò Luigi. I due contendenti, la madre e il padre, avevano da anni innescato un feroce conflitto con inevitabili, devastanti, conseguenze per la stabilità emotiva del figlio.

Impossibile per Luigi dare ragione all’uno o all’altro.

Luigi: “Sai qual è il mio problema?”

Analista: “Vuoi dirmelo?”

Luigi : “Mamma e papà litigano, ma io non riesco a capire chi ha ragione… forse ero troppo piccolo quando hanno iniziato a litigare”.

Risuonavo, ricordo, con il senso di spaesamento e di angoscia di Luigi: era lui che si faceva carico delle colpe, quella di essere troppo piccolo, di non riuscire a capire, di non riuscire a schierarsi nella folle lotta di potere innescata dai genitori.


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Alberto Conti: Verità per l'Italia

comedonchisciotte.org

Verità per l'Italia

di Alberto Conti

“Il bersaglio della guerra – ha scritto Mattarella nel messaggio al presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo – non è soltanto la pretesa di sottomettere un Paese indipendente quale è l’Ucraina. L’attacco colpisce le fondamenta della democrazia, rigenerata dalla lotta al nazifascismo, dall’affermazione dei valori della Liberazione combattuta dai movimenti europei di Resistenza, rinsaldata dalle Costituzioni che hanno posto la libertà e i diritti inviolabili dell’uomo alle fondamenta della nostra convivenza”.

Da AGI del 24/03/2022, titolo: “Mattarella: il bersaglio della guerra è la democrazia nata dalla Resistenza

In questo delicato e difficile frangente è veramente difficile seguire, e ancor più difficile stigmatizzare e rintuzzare, tutto ciò che stanno combinando le massime cariche dello Stato, spesso al di fuori della legge, della Verità, della decenza e della doverosa prudenza istituzionale, più che necessaria in questo momento per difendere l’Italia e gli italiani dalle possibili e probabili conseguenze della guerra.

Dopo l’inqualificabile dichiarazione di guerra di Mario Draghi, incontrastata perfino dalle forze politiche, Il Presidente della Repubblica Italiana due giorni dopo rincara la dose ribaltando la realtà.


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Rostrum: La guerra in Ucraina e la questione nazionale nell'epoca della maturazione imperialistica

circolointernazionalista

La guerra in Ucraina e la questione nazionale nell'epoca della maturazione imperialistica

di Rostrum

img 20220327 221103S’intende da sé, che per poter combattere, in generale, la classe operaia si deve organizzare nel proprio paese, in casa propria, come classe, e che l’interno di ogni paese è il campo immediato della sua lotta. Per questo la sua lotta di classe è nazionale, come dice il Manifesto comunista, non per il contenuto, ma “per la forma”. Ma “l’ambito dell’odierno Stato nazionale”, per esempio del Reich tedesco, si trova, a sua volta, economicamente “nell’ambito” del mercato mondiale, politicamente “nell’ambito” del sistema degli Stati. […] E a che cosa il Partito operaio tedesco riduce il suo internazionalismo? Alla coscienza che il risultato del suo sforzo “sarà l’affratellamento internazionale dei popoli“, – frase presa a prestito dalla Lega borghese della libertà e della pace, e che deve passare come equivalente dell’affratellamento internazionale delle classi operaie, nella lotta comune contro le classi dominanti e i loro governi. K. Marx, Critica del programma di Gotha, 1875

L’operaio che pone l’unione politica con la borghesia della «propria» nazione al di sopra dell’unità completa con i proletari di tutte le nazioni agisce quindi contro i propri interessi, contro gli interessi del socialismo e della democrazia. Lenin, Tesi sulla questione nazionale, 1913

Fino a poche ore prima dello scoppio del conflitto in Ucraina, nessuna delle varie organizzazioni o gruppi che si richiamano all’internazionalismo proletario aveva nulla da eccepire sulla definizione della guerra in arrivo come guerra imperialista, su entrambi i fronti. Sono bastati pochi giorni di intensa, pervasiva, totale e violenta propaganda di guerra da parte dei media delle potenze imperialistiche occidentali per far emergere perplessità, ripensamenti più o meno dichiarati, emendamenti o sofisticazioni a proposito della caratterizzazione del conflitto in corso e dei compiti dei rivoluzionari internazionalisti.


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Roberto Buffagni: Realtà parallela e realtà della guerra

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Realtà parallela e realtà della guerra

di Roberto Buffagni

Prima parte

mondo
            parallelo7In questa prima parte sintetizzo con la massima brevità i punti essenziali dall’operazione di guerra psicologica condotta dall’Occidente nell’ambito delle ostilità tra Russia e Ucraina, volta alla creazione di una vera e propria Realtà Parallela; operazione disinformativa di una vastità, capillarità, radicalità senza precedenti storici. Elenco gli snodi essenziali della “narrativa” occidentale, e li metto a confronto con le realtà fattuali e documentali che essi distorcono e occultano.

Nella seconda parte analizzerò i fondamenti culturali e ideologici sui quali la campagna di guerra psicologica fa leva e aggiungerò alcune considerazioni.

1. Dall’inizio delle ostilità in Ucraina l’Occidente ha organizzato una vastissima, capillare, radicale campagna di guerra psicologica volta alla creazione di una Realtà Parallela.

2. Che cos’è una Realtà Parallela? Quale caratteristica essenziale la distingue dalla realtà? La Realtà Parallela è dove muoiono solo gli altri. La realtà è dove muori anche tu, dove muoio anche io. Come il desiderio, la Realtà Parallela non ha limiti. La realtà è ciò che impone limiti al desiderio.

3. A creare la Realtà Parallela è lo sforzo internazionale di circa 150 aziende di Pubbliche Relazioni, coordinate da Nicky Regazzoni, cofondatore di PR Network[1] e Francis Ingham[2], un esperto di pubbliche relazioni strettamente legato al governo britannico. Nell’articolo di Dan Cohen linkato in calce, abbondanti informazioni e documentazione in merito[3].

4. Gli snodi narrativi fondamentali della Realtà Parallela sono:


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Mario Dogliani: Amica Ucraina, sed magis amica veritas

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Amica Ucraina, sed magis amica veritas

di Mario Dogliani

Data la situazione tragica che spegne o violenta migliaia di vite in Ucraina, e che invade le nostre coscienze, sembrerebbe – di fronte alle sofferenze e alle morti – che non si debba far altro che contemplare la tragedia stessa, in un moto di empatia. Ma non è così. Sarebbe un tradimento perché è più che mai urgente cercare di chiarire quali comportamenti politici potrebbero al più presto arrestarla. Occorre cercare di mantenere la mente lucida per contribuire alla ricerca di soluzioni.

Mantenere la mente lucida è però difficile. Per due motivi. Il primo è che la montagna di immagini e il coacervo di commenti d’ogni genere – militari, geopolitici, storici, morali, religiosi, economici – che ogni giorno viene prodotta non aiuta affatto questa ricerca. Bene ha scritto Nadia Urbinati: i media spettacolarizzano facili dualismi e poco informano: «L’approccio monotematico tende ad estremizzare. Crea un ambiente retorico che non lascia (non deve lasciare) spazio al dubbio; che non favorisce un’analisi degli eventi, ma solo reazioni emotive a quegli eventi che trangugiamo come fossero vino buono; che scoraggia la formazione di opinioni interlocutorie e capaci di presentarsi per quel che sono, ovvero punti di vista aperti alla contestazione e alla revisione.


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Pierluigi Fagan: Pupazzi e pupari

pierluigifagan

Pupazzi e pupari

di Pierluigi Fagan

Alla sua elezione nel 2019, Zelensky ricevette un caldo benvenuto da parte di una organizzazione che si chiama: UKRAINE KRISIS M.C. Questi, pubblicarono una lunga lista di “linee rosse” che il nuovo presidente non avrebbe dovuto oltrepassare, pena la perdita di consenso internazionale occidentale che vale a due livelli: il grande pubblico, il piccolo vertice dei “portatori di interesse” ovvero governi e loro diramazioni, tra cui i finanziatori, protettori, armatori della giovane democrazia ucraina. Il documento era sottoscritto da una lunga lista di organizzazioni ucraine e non che troverete in fondo al testo. Il movente era dato dal fatto che su quel primo mese di governo del neo-presidente, eletto su una piattaforma anti-corruzione e di relativa pacificazione con la Russia, l’organizzazione aveva da ridire allarmata. Tanto da scrivergli non dei ragionamenti politici o punti di vista legittimi, ma una chiara lista della spesa di “linee rosse”, da non superare in alcun modo, un diktat insomma, l’oggetto di un contratto.


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Ugo Mattei: "Ripudio è più forte di rifiuto. L'Art. 11 impone all'Italia di essere neutrale"

lantidiplomatico

"Ripudio è più forte di rifiuto. L'Art. 11 impone all'Italia di essere neutrale"

Intervista al prof. Ugo Mattei

Armi all'Ucraina, radio che trasmettono appelli ad arruolarsi e partire come mercenari, rischi concreti di una degenerazione giuridica e militare per il nostro paese concreti. Come l'AntiDiplomatico abbiamo intervistato il giurista di fama internazionale (insegna a Torino e in California) Ugo Mattei. "Se Draghi, come peraltro Von del Leyen, Macron e Sholz, non fosse completamente determinato dal complesso militare industriale Usa avremmo potuto svolgere questo importante ruolo di mediazione dettato dal ripudio di cui all’ Art. 11. Ma tanto né lui né Guerini né di Maio conoscono tutto questo….Abbiamo un problema di incompetenza della classe politica che fa paura". Sul che fare rispetto una classe politica che avvicina l'Italia all'abisso, Mattei ha pochi dubbi: "Riprendere ad allargare la base sociale del dissenso che vogliamo torni maggioranza del paese come nel 2011 quando vincemmo il referendum contro il nucleare e sui beni comuni. Solo così potremo iniziare un processo vero di liberazione dell’Italia da un abbraccio mortale fatto di basi nucleari e di laboratori segreti per la produzione di armi biologiche. Che certo non si trovano solo in Ucraina."

* * * *

Se l’Italia volesse finalmente onorare l’articolo 11 della sua Costituzione, che cosa dovrebbe fare sullo scenario ucraino?


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Piccole Note: Ucraina: la guerra segreta tra Dipartimento di Stato e Pentagono

piccolenote

Ucraina: la guerra segreta tra Dipartimento di Stato e Pentagono

di Piccole Note

Di interesse una nota di Joe Lauria su Consortium News in merito ad un articolo di Newsweek (di cui avevamo pubblicato una sintesi) nel quale analisti del Pentagono spiegano, nel dettaglio, come la Russia stia trattenendo l’uso della forza, usando le forze aeree e i missili per lo più a supporto delle forze di terra ed evitando i bombardamenti indiscriminati sui civili (qui l’integrale di Newsweek).

Secondo Lauria, quanto riferito dagli analisti a Newsweek (che riferiva informazioni che contrastavano la narrativa, imperante, del Dipartimento di Stato) sarebbe uno dei tanti indizi di una guerra sottotraccia che si sta consumando tra il Dipartimento di Stato e il Pentagono, cioè i militari, alieni da certe follie belliciste dei neoliberisti che presiedono al Dipartimento di Stato, i quali, insieme ai neocon, stanno spingendo per un ingaggio diretto della Nato nel conflitto ucraino, col rischio di innescare l’Armageddon.

Altro indizio di tale contesa, secondo Lauria, sarebbe la smentita, sempre proveniente dal Pentagono, della preparazione di un attacco chimico da parte della Russia nel teatro di guerra, tasto sul quale invece l’amministrazione Biden sta battendo molto.


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Dante Barontini: Le chiacchiere stanno a zero

contropiano2

Le chiacchiere stanno a zero

di Dante Barontini

Le guerre cambiano la scala dei valori, si dice. Di sicuro acuiscono la normale capacità di ognuno di “avvertire” – magari in modo confuso, non sistematico, quasi “animalesco” – il pericolo. E di distinguere, perciò, le chiacchiere dalle cose serie…

Vedere decine di paesi europei e la vecchia superpotenza Usa in crisi di identità – anche economica – mentre cercano un via per esercitare l’antico dominio, ma senza rischiare la guerra nucleare, è già una fonte di generale preoccupazione, confermata persino dai sondaggi (che in genere precostituiscono il risultato, ma stavolta non ci riescono).

Lo capisce anche un bambino che in una situazione del genere “l’incidente” che scatena l’inferno è dietro ogni angolo. Ergo, sarebbe logico e razionale fermare le macchine, cambiare atteggiamento – è risaputo che “noi occidentali” non stiamo simpatici al resto del mondo, dopo una plurisecolare storia da colonialisti guerrafondai – e mettersi dunque al tavolo con “il nemico” (oggi i russi, dopo decine di altri) per ridisegnare un nuovo ordine internazionale. Meno a senso unico.


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Salvatore Bravo: Insegnare la scienza

sinistra

Insegnare la scienza

di Salvatore Bravo

Il ministro alla sanità Speranza e all’istruzione Bianchi hanno firmato un protocollo il 17 febbraio il cui fine è “ La Tutela dei diritti alla salute, allo studio e all’inclusione”, all’interno dell’accordo vi è “il valore della vaccinazione”, ovvero bisogna insegnare la funzione della vaccinazione per la tutela della salute. La vaccinazione, si suppone, sia già parte dei programmi scolastici, ma il ministero ritiene di dover fugare dubbi su di essa e sui suoi eventuali effetti avversi insegnando sin dai più giovani a credere e a vaccinarsi senza avere dubbio alcuno e seguendo la versione ufficiale, la quale è neutra e notoriamente libera. Sollevare dubbi è ancora lecito, si spera, e a pensar male, come affermava Andreotti, significa pensar bene. In questo biennio pandemico, malgrado il risultato statistico della vaccinazione di massa, il sistema postdemocratico sa bene che il risultato numerico è stato ottenuto col ricatto, e non pochi dubbi serpeggiano. La fiducia in una scienza libera e al servizio dell’essere umano è ormai impossibile da credersi. La scienza si è mostrata parte integrante del potere economico e della logica del biopotere.


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Salvatore Bravo: Pensare i nichilismi

sinistra

Pensare i nichilismi

di Salvatore Bravo

Il nichilismo non è un destino, ma una condizione storica, tale precisazione è banale, ma necessaria per pensare l’attuale assetto filosofico dell’Occidente. Pensare il nichilismo significa rintracciarne le cause strutturali per poter uscire indenni dal fatalismo. Senza un’operazione archeologica e filosofica il nichilismo si naturalizza, fino a diventare la normalità del male. Ciò che è giudicato “normale” non è pensato, per cui può continuare a produrre i suoi guasti e le sue tragedie antropologiche, sociali ed ambientali. Il grande successo dei movimenti verdi con a capo l’adolescente svedese “Greta Thunberg” applaudita per essere volgarmente usata dai poteri forti e dai padroni con i loro servi è la verità-falsa del nostro tempo: si inneggia a ciò che consente al nichilismo di perpetuarsi, lo si ammanta di verde e di ambientalismo, ma resta nichilismo. Si vogliono curare i sintomi senza toccare le cause con il filtro del logos e della prassi. Si usano le nuove generazioni, e non solo, come un nuovo esercito che, mentre contesta, riafferma la sopravvivenza del consumo totale in salsa ambientale.


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tonino

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Apr 6, 2022, 2:20:43 AM4/6/22
to sante gorini

Domenico De Simone: Sulle conseguenze economiche della guerra

domenico de simone

Sulle conseguenze economiche della guerra

di Domenico De Simone

AFP
            9ZZ9TH 0027iSi discute molto in questi giorni oscuri delle conseguenze economiche delle sanzioni, sia per la Russia che per i paesi europei e anche, di riflesso per il resto del mondo. C’è una narrazione occidentale che esalta l’efficacia delle sanzioni prese nei confronti della Russia perché si ritiene che l’economia russa ne sarà violentemente condizionata almeno a medio termine. Si rileva anche che, tuttavia, anche i paesi europei che più dipendono dalle forniture di gas e petrolio russi, dovranno fare sacrifici nei prossimi mesi ma che la diversificazione delle fonti di approvvigionamento riuscirà a sostituire queste forniture, mentre la Russia è destinata a un arretramento economico e sociale irreversibile perché non le sarà più consentito vendere in Europa e quindi nemmeno rifornirsi di tecnologia e di beni di provenienza europea. Insomma, grazie a qualche sacrificio, l’Europa sarà in grado di superare ogni problema in breve tempo, mentre per la Russia si prospetta un futuro di fame e di povertà crescente in cui l’ha piombata la guerra insensata voluta da Putin. Peccato che questa narrazione si alimenti della presunzione occidentale di essere indispensabile per chiunque e di avere ragione sempre e comunque. Le cose, da un punto di vista strettamente economico, stanno in maniera un po’ diversa.

Non c’è dubbio che le sanzioni colpiscano la Russia e che lo stile di vita dei russi dovrà fare a meno nel prossimo futuro di McDonald, Prada, Mercedes, spaghetti made in Italy, ma anche di componenti importanti per l’industria di estrazione, di produzione e anche dell’industria bellica. Tuttavia, le prospettive per la Russia non sono poi così nere.


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Gioacchino Toni: Il nuovo disordine mondiale / 9: la guerra nell’era del totalitarismo neoliberale

carmilla

Il nuovo disordine mondiale / 9: la guerra nell’era del totalitarismo neoliberale

di Gioacchino Toni

hh11hh11uu11uu«Quel Novecento che aveva visto il susseguirsi di guerre mondiali e totalitarismi, lo spreco incommensurabile di un’inutile corsa agli armamenti, il proliferare di autoritarismi e rivoluzioni fallite, con l’happy ending del “trionfo della democrazia”, aveva creato l’illusione che l’umanità e i governi che pretendono di rappresentarla potessero dimostrare, anche grazie agli straordinari progressi tecnologici e all’immensa ricchezza circolante, una maggiore capacità di costruire la pace, per non ripetere gli errori tragici del passato. E invece tutto ciò che la mia generazione è riuscita a fare è stato trasmettere ai propri figli soltanto una diversa civiltà della guerra»
Fabio Armao

Nel recente volume di Fabio Armao, La società autoimmune. Diario di un politologo (Meltemi 2022), viene analizzata l’ingarbugliata trama del potere che contraddistingue la contemporaneità: un “totalitarismo neoliberale” che, al di là delle differenti sembianze che assume – mafie, gang, neofascismo, finanza underground, capitalismo clientelare, femminicidio, ecocidio e persino, come si vedrà, privatizzazione della guerra – ha, secondo l’autore, nella rinascita del clan la struttura di riferimento del sistema sociale.

Tale convincimento, attorno a cui ruota il volume, si inserisce all’interno di una più generale riflessione a cui Armao ha dedicato due suoi precedenti testi: L’età dell’oikocrazia (Meltemi, 2020) [su Carmilla] e Le reti del potere (Meltemi, 2020). Secondo lo studioso la struttura del clan, in grado com’è di interporsi tra individui e istituzioni e di mediare tra locale e globale, risulterebbe particolarmente adatta alla gestione della globalizzazione neoliberale nel suo imporre gli interessi economici privati sull’interesse politico pubblico. Si tratterebbe dunque di una “oikocrazia”1 assurta a modello universale capace di adattarsi sia alle esigenze dei regimi democratici che a quelle delle autocrazie.


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Mario Tronti: Rileggere «Operai e capitale»

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Rileggere «Operai e capitale»

di Mario Tronti

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            83648ad8120140c28ba184bc4534c472mv2Nel 2006, a quarant’anni di distanza dalla prima edizione, DeriveApprodi ha ripubblicato Operai e capitale di Mario Tronti. Mercoledì 31 gennaio 2007, presso la facoltà di Scienze politiche della Sapienza di Roma, DeriveApprodi e la Rete per l’autoformazione hanno organizzato un convegno su quello che è, senza dubbio, il testo fondamentale dell’operaismo politico italiano. In quella straordinaria occasione di dibattito sono intervenuti Alberto Asor Rosa, Rita di Leo, Toni Negri, Brett Neilson. Pubblichiamo oggi la relazione di Tronti, capace di mettere – come recitava il sottotitolo del convegno – lo stile operaista alla prova del presente. 

* * * *

Passato questo anniversario dei quarant’anni di Operai e capitale, dovremmo tornare a un discorso più specifico e, se volete, scientifico dell’operaismo. Vorrei spendere alcune parole per rispondere alla domanda: perché ancora l’operaismo malgrado l’assenza delle condizioni che l’hanno originato e prodotto? Tali condizioni si possono sommariamente riassumere nel neo-capitalismo industriale, con cui per la prima volta ci si confrontava in Italia, e oggi decaduto; nella fase fordista, anch’essa archiviata; in un ciclo di lotte operaie che hanno investito il paese nei primi anni Sessanta, con al centro la figura dell’operaio-massa. Credo che oggi il passaggio, ormai avvenuto, dalla centralità alla marginalità non riguarda solamente l’operaismo. Questo passaggio riguarda anche il capitale. Nel senso proprio del Das Kapital marxiano, come lo intendeva Marx ma anche come lo intendevamo noi: il capitale cosiddetto sociale, o il piano del capitale come si diceva nei «Quaderni rossi». Come gli operai, così anche questa forma di capitale è diventata da centrale a marginale. La lotta era lotta di classe tra due centralità: ognuna aveva il proprio campo e il proprio blocco sociale, ognuna era centrale nella propria parte.


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Militant: La guerra nella guerra

militant

La guerra nella guerra

di Militant

RESSISTENZA 2048x1152Il precipitare della situazione ucraina dopo l’invasione da parte della Russia dello scorso 24 febbraio ha scompaginato gli equilibri internazionali determinando una ridefinizione dei campi a livello internazionale e, di riflesso, anche alle nostre latitudini. Senza entrare nel merito di una questione complessa, che andrebbe trattata in termini generali nelle sedi opportune e che potremmo sintetizzare come la certificazione dell’irreversibile emersione di un mondo multipolare in sostituzione di quello a guida del “poliziotto americano”, appare sempre più difficile eludere una serie di questioni che, almeno tra chi non si è accorto il mese scorso che alle porte d’Europa si stava per determinare una situazione esplosiva provocata dalla strutturale crisi in cui l’imperialismo è precipitato, dovrebbero essere sciolte.

Diciamo un’ovvietà – guardando al mondo dei compagni – se ricordiamo che questo conflitto ha radici profonde e non è di certo imputabile a quella che la narrazione personalistica delle più grandi testate giornalistiche (per altro con interessi diretti nel riarmo dell’Europa come notavamo sui social in questi giorni) imputano alla follia di un pazzo – ovviamente Putin – o ai deliri imperial-sciovinisti di una ex-potenza mondiale declassata a potenza regionale come la Russia. Quella che oggi è guerra dispiegata nel cuore d’Europa è infatti stata per otto anni un massacro a bassa intensità per le popolazioni russofone del Donbass e della zona orientale dell’Ucraina. Un massacro che ha prodotto all’incirca 14.000 morti frutto di un martellamento incessante da parte di quella che oggi viene ribattezzata in blocco come la “resistenza” ucraina.


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Andrea Fumagalli: L’economia della guerra permanente

effimera

L’economia della guerra permanente

di Andrea Fumagalli

BANSKY
            COPERTINANel messaggio che Mario Draghi ha rilasciato il giorno prima del summit europeo di Versailles, l’11 marzo scorso, si affermava: “L’Europa e l’Italia non sono in una fase di “economia di guerra”, ma il “futuro preoccupa” e “bisogna prepararsi”.

In realtà siamo già in un’economia di guerra. Tale termine implica l’adozione di “misure di politiche economiche al fine di adeguare il sistema economico nazionale alle esigenze che derivano dalla partecipazione dello Stato ad un evento bellico”.

La definizione citata fa ovviamente riferimento ad un reale stato di guerra militare, con morti, bombardamenti, profughi, ecc. – come sta avvenendo in questi giorni in molte città dell’Ucraina.

Ma negli ultimi decenni la metafora della guerra si è estesa e la logica economica sottostante è diventata parte della nostra vita, sino al punto di poter affermare che viviamo in un’economia di guerra: un’economia di guerra, che, senza andare troppo indietro nella storia, ha cominciato a diffondersi quando è entrato in crisi il paradigma fordista e il dualismo tra i blocchi Usa-Urss. La guerra economica, come la guerra sanitaria, è oramai una costante, mentre il ricorso alla guerra militare, pur cresciuto all’indomani del crollo dell’URSS e dello scioglimento del patto di Varsavia, è un’ultima ratio.

La logica tuttavia è più o meno la stessa. Guerra è sinonimo di distruzione e a ogni distruzione segue una ricostruzione, cioè si devono creare le condizioni per una nuova accumulazione capitalistica. Se la guerra può prescindere dal capitalismo, il capitalismo non può fare a meno dalla guerra. La guerra, la moneta e lo Stato sono forze ontologiche, cioè costitutive e costituenti, del capitalismo e le guerre (e non La guerra) sono da intendersi come il principio di organizzazione della società (Eric Alliez, M. Lazzarato,  Guerres et capital, Ed. Amsterdam, Paris, 2016).


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Enzo Gamba e Francesco Schettino: Riflessioni sul programma minimo e su un movimento politico organizzato

lantidiplomatico

Riflessioni sul programma minimo e su un movimento politico organizzato[1]

di Enzo Gamba e Francesco Schettino

Riceviamo e volentieri pubblichiamo come spunto di dibattito alcune importanti riflessioni sulla necessità di trasformare l'enorme dissenso sociale presente in Italia in un movimento politico organizzato che sappia rappresentarlo degnamente

720x410cnyfSarebbe ingeneroso nei confronti di tutte le compagne e i compagni non tener conto del grande impatto pratico ed emotivo che hanno avuto gli eventi collegati alla lunghissima pandemia nell’ultimo biennio abbondante, così come le vicende belliche contemporanee. È vero, e facciamo bene a riconoscerlo, che ne siamo usciti tutti con le ossa più frantumate di quanto non lo fossero prima. Per quanto le nostre conoscenze ci abbiano tenuto al riparo da danni ancora maggiori – rinvenibili in tutto mondo – due anni abbondanti di stato emergenziale ci hanno resi probabilmente più deboli. Le nostre iniziative vedono sempre meno adesioni, il coinvolgimento di larghi settori delle classi più povere e subalterne è ancora più arduo e il clima di angoscia e sfiducia di certo non rende più semplice il nostro lavoro.

Tuttavia, queste considerazioni non possono agire da pretesto per limitare la nostra azione o addirittura per decidere che non c’è più nulla da fare. Al contrario questi fenomeni, diffusissimi in ogni angolo della nostra società, sono assai utili per comprendere la misura di quanto, in una fase di crisi perdurante come quella che viviamo, il nostro ruolo sia ancora più centrale, nonostante la sostanziale invisibilità che ci viene ormai concessa.

Sono tanti i presunti tentativi di riunificazione alla sinistra del PD, come ce ne sono stati tanti nel passato e probabilmente altrettanti ce ne saranno nel futuro. Nonostante le buone intenzioni si tratta troppo spesso di fusioni “alle proprie condizioni” che determina rapidamente un deteriorarsi dei rapporti interni e dunque la pressoché immediata interruzione di percorsi, di fatto, mai iniziati. Tuttavia, non possiamo che cogliere con favore le aggregazioni di vasti settori popolari attorno alle iniziative degli operai Gkn (Insorgiamo tour) il cui lavoro è al contempo originale ed encomiabile e della nuova formazione istituzionale che ha visto la nascita di un nuovo soggetto, ManifestA, che unisce PRC e Potere al Popolo!, nella Camera dei deputati.


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Carlotta Caciagli, Gianni Del Panta: La scomparsa delle fabbriche? Appunti sui cambiamenti nella geografia di classe in Italia

lavocedellelotte

La scomparsa delle fabbriche? Appunti sui cambiamenti nella geografia di classe in Italia

di Carlotta Caciagli, Gianni Del Panta

italia nord 768x533L’idea che non esista più la classe operaia è diventata da anni pervasiva, anche a sinistra. Ciò nonostante la classe operaia viene chiamata in causa spesso: per spiegare la vittoria di Trump, la Brexit oppure l’avanzata della Lega di Salvini. Grazie all’utilizzo di un approccio spaziale, questo articolo mostra come ciò che è stato etichettato come la scomparsa della classe operaia sia in realtà un processo di riorganizzazione della struttura di classe in Italia, socialmente e geograficamente. A differenza del recente passato, quando le grandi fabbriche fordiste si concentravano nelle aree urbane delle principali città del nord-ovest, la manifattura ha prevalentemente sede oggi nelle aree semi-urbane delle città di provincia del nord-est e di alcune zone del centro. Questa, come altre trasformazioni, hanno decretato un’accresciuta centralità del settore logistico, dove alcune delle più significative vertenze si sono sviluppate negli ultimi anni. Più in generale, i cambiamenti del tessuto produttivo e della sua geografia interrogano l’azione degli anticapitalisti, chiamati a “decolonizzare” la propria azione militante oltre le aree urbane delle principali città.

* * * *

Introduzione

In un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano nell’ottobre del 2020, Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista dal 2007 al 2017 e attualmente uno dei massimi esponenti di quel partito, dava notizia di un convegno a Torino sulle ragioni della rivolta operaia del 1969–70, a cinquant’anni di distanza da quegli eventi. Secondo Ferrero, per quanto lo sfruttamento dei lavoratori sia brutale oggi come allora, un paragone sarebbe però impossibile.


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Sonia Bibbolino: The Truman show

offline

The Truman show

di Sonia Bibbolino

Intervento letto ad una manifestazione contro la guerra, contro Draghi e la politica delle emergenze e contro il Green Pass a Livorno sabato 2/4/22

Penso che molti di noi abbiano visto il film The Truman show. Il film, riassumendo in poche parole, ci presenta la storia di un uomo che vive in un enorme studio cinematografico e tutto intorno a lui è fittizio: ambiente, persone, affetti, amici, costituiti da attori di una serie televisiva. Il problema è che crede che quella sia la realtà finché un giorno non scopre la verità.

Ecco, in questi ultimi tempi mi è capitato molte volte di pensare a questo film e di avere la netta sensazione di vivere, come il suo protagonista, in un mondo preconfezionato, dove però non esistono attori consapevoli di star interpretando una parte, bensì tanti Truman ignari di star vivendo una vita telecomandata che non è la loro. Ma se nel film chi dirige è un regista che crea intorno al protagonista una realtà gradevole, “perfettina”, con tutte le comodità desiderabili da un buon borghese, qui non c’è un regia, ma una potente macchina costituita prevalentemente dai mezzi di comunicazione e la realtà che ci confeziona non è neanche rassicurante ma dominata dalla paura, per contenere la quale si danno anche le ricette adeguate: basta seguire ciò che ci dice la grande macchina, le regole stabilite, non farsi troppe domande, non insinuare il dubbio perché se seguiamo la falsa verità che ci viene propinata non avremo problemi, saremo salvi.


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Andrea Zhok: Come i media lavorano a farvi "rassegnare" al conflitto

lantidiplomatico

Come i media lavorano a farvi "rassegnare" al conflitto

di Andrea Zhok

C’è qualcosa di quasi rasserenante nel rivedere sempre le stesse dinamiche, per quanto repellenti.

Così per mesi abbiamo ricevuto dall’apparato mediatico come unica verità asseribile una camionata di menzogne, omissioni, e distorsioni lunari sulla strategia pandemica, il tutto accompagnato da censure violente e stigmatizzazioni delle voci dissonanti.

Ora è cambiato il tema, ma le modalità sono rimaste esattamente identiche, con la differenza - non piccola per chi si trova dal lato del dissenso - che in questo caso un numero maggiore di cittadini hanno esperienza pregressa sufficiente a insospettirsi, o addirittura a rilevare distintamente l’inaffidabilità della propaganda mediatica. (Sul tema pandemico il pubblico era "epistemologicamente vergine", e quindi l’appello a fidarsi degli “esperti bollinati” di regime funzionava praticamente senza resistenza, qui invece una parte significativa del pubblico ha quel tanto di memoria storica per non bersi tutto senza percepire almeno delle dissonanze.)

Ma nonostante questa sorta di quasi-serenità che possiamo avvertire nel reidentificare un medesimo pattern, lo stupore – e il disagio – di fronte alla potenza di costruzione mediatica della realtà rimane grande.


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tonino

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Apr 8, 2022, 3:12:13 AM4/8/22
to sante gorini

Stefano G. Azzarà: La Terza guerra dell'oppio avanza

mateblog

La Terza guerra dell'oppio avanza

di Stefano G. Azzarà

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              smallLa Terza Guerra dell'oppio avanza

2 4 2022

Guerra difensiva e resistenza ucraina o guerra imperialista globale di lunga durata?

Questa non è una guerra difensiva e non si svolge solo in Ucraina. È la guerra - già in corso dal 1990, in atto su un teatro globale e dall'andamento a tappe - degli Stati Uniti contro la Russia ma anche contro l'Europa e contro lo stesso genere umano. È una guerra che si inscrive in un progetto di ricolonizzazione del mondo e di rilancio dell'imperialismo americano. E' la guerra che non si ferma davanti a niente e che mette in conto il ricorso alle armi atomiche. Ed è la guerra che precede e prepara (anche sul piano della dottrina strategica e della messa a punto della propaganda domestica) quella contro la Cina, che avverrà con il pretesto di Taiwan o dei diritti umani nello Xingjang. E' dunque una sorta di Guerra dell'oppio postmoderna, che vede l'Occidente coalizzato per imporre la "libertà" di commerciare le proprie merci ai prezzi fissati e lo sfruttamento del resto del mondo.

A questa guerra i governanti dell'Ucraina si sono prestati - e del resto sono stati messi là e armati preventivamente fino ai denti proprio a tale scopo - consapevoli che questo sacrificio guadagnerà a loro il Nobel e al loro paese la cooptazione in Occidente, tra le democrazie liberali, tra i popoli bianchi.

La popolazione ucraina ne fa le spese in maniera più tragica e diretta, quella europea ne fa le spese in maniera più indiretta, svenandosi per finanziare il conflitto e la ripresa negli USA.


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Diana Johnstone: Per Washington, la guerra non finisce mai

marxismoggi

Per Washington, la guerra non finisce mai

di Diana Johnstone*

TASS
            48177581 1Continua ancora e ancora. La “guerra per farla finita con tutte le guerre” del 1914-1918 portò alla guerra del 1939-1945, detta Seconda Guerra Mondiale. Questa non è ancora finita, principalmente perché per Washington, è stata una Guerra Buona, è la guerra che ha reso possibile il Secolo Americano : perchè no, ora ad un Millennio Americano ?

Il conflitto in Ucraina può essere la scintilla di quello che già adesso si comincia a chiamare la Terza Guerra Mondiale.

Non si tratta di una guerra nuova. È la stessa guerra che abbiamo già visto, un’estensione della Seconda Guerra Mondiale, che non fu la stessa per tutti coloro che ne presero parte.

La guerra russa e la guerra americana furono molto, molto differenti.

 

La Seconda Guerra Mondiale della Russia

Per i russi, la guerra fu un’esperienza di gigantesche sofferenze, lutti e distruzioni. L’invasione nazista dell’Unione Sovietica fu spietata in modo estremo, spinta da un’ideologia razzista di spregio per gli slavi e di odio nei confronti dei “bolscevichi ebrei”. Si stimano in 27 milioni le vittime russe di quel conflitto, due terzi delle quali civili. Nonostante soverchianti perdite e patimenti, l’Armata Rossa riuscì a rovesciare la direzione di marcia della marea nazista che aveva ormai soggiogato gran parte dell’Europa.

La gigantesca lotta per spingere gli invasori tedeschi fuori dalle loro terre è conosciuta dai russi come la Grande Guerra Patriottica ed ha alimentato un orgoglio nazionale che ha aiutato il popolo a consolarsi delle terribili vicende che era stato costretto ad attraversare. Nonostante l’orgoglio per la vittoria, gli orrori della guerra ispirarono al paese un sincero desiderio di pace.


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Carlo Formenti: Momento populista e rivoluzione passiva

perunsocialismodelXXI

Momento populista e rivoluzione passiva

di Carlo Formenti

populismo2In varie occasioni ho definito il populismo come la forma che la lotta di classe ha assunto da quando la controrivoluzione liberista ha sconfitto le classi lavoratrici, annientandone l’identità socioculturale e inibendole la possibilità di rappresentare politicamente i propri interessi. Questa definizione è stata erroneamente interpretata come una legittimazione “ideologica” del populismo, benché chi scrive abbia sempre sostenuto che il populismo non è né è mai stato un’ideologia; sia perché non esiste un corpus teorico e ideologico condiviso dai movimenti populisti, sia perché gli sforzi di definire elementi comuni a tutti i movimenti populisti del passato e del presente non hanno prodotto altro che degli “idealtipi” inadeguati a cogliere la complessità del fenomeno. Dire che il populismo è la forma in cui oggi si manifesta la lotta di classe non implica attribuirgli connotati positivi. Chi ritiene che il conflitto di classe abbia sempre e comunque valenza progressiva dimentica che le idee dominanti sono sempre quelle delle classi dominanti, ed è per questo che, in assenza di un progetto politico controegemonico, ogni moto sovversivo tende a risolversi in una “rivoluzione passiva” che cavalca le lotte delle classi subalterne per rivolgerle contro i loro stessi interessi. Dal momento però che non penso neppure che il populismo sia di per sé un fenomeno regressivo, necessariamente destinato ad assumere connotati “di destra”, le mie tesi sono state impropriamente associate a quelle del filosofo argentino Ernesto Laclau. 

Laclau sostiene che la diffidenza e il disprezzo nei confronti del populismo è un riflesso – apparentemente anacronistico - della paura delle oligarchie tardo ottocentesche nei confronti dell’irruzione delle masse sulla scena del conflitto politico: paura della democrazia insomma.


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Miguel Martinez: L’eterno presente che esplode

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L’eterno presente che esplode

di Miguel Martinez

Ogni essere vivente ha una propria visione del mondo, una cosmovisione, che si forma con la stessa vita che fa.

Il gatto che entro un certo numero di settimane non ha incontrato un umano di cui fidarsi, vivrà in un mondo completamente diverso da quello che se ne sta appollaiato sul mio braccio sinistro mentre scrivo queste parole.

Forse il primo a farmi percepire l’esistenza di altri mondi fu un predicatore evangelico americano a Roma cui chiesi di cosa campasse: mi disse che ogni sera, senza chiedere niente a nessuno, si trovava in tasca il denaro che gli serviva per sopravvivere.

Oppure il mondo degli zingari kosovari, o quello dei marxisti-leninisti, o degli avvocati milanesi, o della ragazza che alleva capre in campagna, o del nubiano dai pochi denti che vende verdure al mercato di Alessandria e a mezzogiorno stende il tappeto per salutare il Dio Uno o delle giovani psicologhe di un progetto Erasmus…


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Nico Maccentelli: “Noi ti vediamo e te lo riconosciamo con un punteggio”

nicomaccentelli

“Noi ti vediamo e te lo riconosciamo con un punteggio”

di Nico Maccentelli

Questa frase di Bugani, assessore all’agenda digitale del Comune di Bologna (vedi qui), sintetizza bene cosa sia il “Portafoglio del cittadino virtuoso”, una sorta di patente a punti che già viene adottata da diversi comuni emiliani, tra cui Fidenza con gli appartamenti Acer, sul modello del credito sociale cinese.

E’ quel “noi ti vediamo” che è inquietante: il futuro che un tempo sembrava distopico, sta divenendo realtà e l’Emilia ancora una volta si rivela laboratorio del controllo sociale e dei modelli di produzione (vedi decentramento produttivo degli anni ’70), che oggi si estende appunto nel sociale e nel controllo della persona. Quelli che erano diritti diventano oggetto di premio o sanzione a seconda del comportamento, con un livello tecnologico che ormai è in grado di controllarci in ogni istante della nostra vita.

E’ ovvio che questo dispositivo che ha preso il peggio del percorso storico e politico cinese (alla faccia del “socialismo”!), non è altro che una trasmissione di pratiche del controllo quasi automatica che le classi dominanti, che siano oligarchie della finanza e multinazionali o mandarini burocratici di stato e di partito, adottano prendendo dai modelli più avanzati del comando sulla forza-lavoro e sulla popolazione.


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Michael Roberts: La fine del dominio del dollaro?

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La fine del dominio del dollaro?

di Michael Roberts

L’estate scorsa, quando gli Stati Uniti sono fuggiti dall’Afghanistan, ho scritto un articolo sulla storia del dominio del dollaro USA, sostenendo allora che il dollaro USA sarebbe rimasto la valuta mondiale dominante per il prossimo futuro, ma che era in declino relativo rispetto alle altre valute, proprio perché l’imperialismo USA è in declino relativo rispetto alle altre economie rivali dalla metà degli anni ’70.

L’invasione russa dell’Ucraina ha riportato alla ribalta questa discussione tra gli economisti mainstream e gli strateghi del capitale globale.

Il discorso è che il dominio del dollaro statunitense tramonterà e che l’economia mondiale è destinata a dividersi in due blocchi: Ovest e Est – dove l’Ovest è costituito da Stati Uniti, Europa e Giappone; e l’Est dai regimi “autocratici” di Russia e Cina, insieme all’India. Ma è questa la probabile riconfigurazione delle valute e dei flussi di capitale?

Nel mio post precedente, ho trattato in dettaglio il declino storico del dominio del dollaro USA nel commercio, nei flussi di capitale e come valuta di riserva.


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Roberto Gabriele: I comunisti e la lotta contro la guerra

marx xxi

I comunisti e la lotta contro la guerra

di Roberto Gabriele

C’è una pessima abitudine in Italia che è quella di dichiararsi comunisti a prescindere.

La cosa è tanto più grave in un momento come questo in cui le provocazioni americane e il servilismo del governo italiano ci stanno portando sull’orlo di una guerra mondiale.

Sulle ragioni di ciò che sta avvenendo c’è molta confusione in giro dovuta alla massiccia propaganda imperialista a reti unificate che, da quando è iniziata la guerra in Ucraina, sta bombardando gli italiani con un cumulo di menzogne sulle ragioni del conflitto. C’è bisogno quindi di chiarezza e certamente questa non può venire da settori politici che pur essendo contro la guerra si fermano a un rifiuto generico, che non sa spiegare le vere ragioni del conflitto, le responsabilità e la dinamica dell’imperialismo che sta alla base di ciò che sta accadendo. In questo contesto c’è bisogno che i comunisti, i quali sull’analisi dell’imperialismo fatta da Lenin hanno fondato il loro atto di nascita, siano in grado di orientare milioni di persone per portarle a combattere sulla barricata giusta.


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Michele Manfrin: Ciò che era emergenziale diventerà ordinario: Draghi tratteggia il green pass del futuro

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Ciò che era emergenziale diventerà ordinario: Draghi tratteggia il green pass del futuro

di Michele Manfrin

Mentre tutti sono stati catapultati sul fronte ucraino, ci sono manovre che sulla scia dell’emergenza Covid-19 si stanno compiendo e che andranno ad incidere profondamente sull’assetto sociale e antropologico del nostro Paese. La “guerra al virus” è mediaticamente sparita mentre si protraggono gli strascichi di misure restrittive che hanno diviso il paese tra chi è cittadino di prima classe e chi di seconda. Il Primo Ministro italiano, già manager Goldman Sachs e banchiere centrale d’Europa, Mario Draghi, durante la conferenza stampa in occasione della presentazione del Decreto riaperture, ha candidamente espresso quella che sarà la nuova normalità: ciò che era emergenziale diventerà ordinario. Il Ministro dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale, Vittorio Colao, già CEO di Vodafone e nel Consiglio di amministrazione di Verizon, Unilever e General Atlantic, in audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera, ha invece prospettato il prossimo futuro digitale italiano. Le due esternazioni prese assieme danno il quadro del futuro imminente che ci aspetta.


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Laura Ruggeri: La Russia sta perdendo la guerra dell'informazione?

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La Russia sta perdendo la guerra dell'informazione?

di Laura Ruggeri - Strategic Culture

720x410c50huiyfrIl 10 marzo, quando il direttore della CIA Bill Burns si è rivolto al Senato degli Stati Uniti e ha dichiarato che "la Russia sta perdendo la guerra dell'informazione sull'Ucraina", ha ripetuto un'affermazione che era già stata amplificata dai media angloamericani dall'inizio delle operazioni militari russe in Ucraina. Sebbene la sua affermazione sia effettivamente vera, non ci dice perché e riflette principalmente la prospettiva dell'Occidente. Come al solito la realtà è molto più complicata.

L'abilità nella “guerra dell'informazione” degli Stati Uniti non ha eguali: quando si tratta di manipolare le percezioni, produrre una realtà alternativa e conseguentemente armare le menti del pubblico, gli Stati Uniti non hanno rivali. Anche la capacità, da parte degli USA, di dispiegare strumenti di potere non militari per rafforzare la propria egemonia e attaccare qualsiasi stato intenda metterla in discussione, è innegabile. Ed è proprio per questo che alla Russia non è rimasta altra scelta che quella dell'utilizzo dello strumento militare per difendere i propri interessi vitali e la propria sicurezza nazionale.

La guerra ibrida - e la guerra dell'informazione come parte integrante di essa - si è evoluta nella dottrina standard degli Stati Uniti e della NATO, ma non ha reso la forza militare ridondante, come dimostrano le guerre per procura. Con capacità di guerra ibrida più limitate, la Russia deve invece fare affidamento sul suo esercito per influenzare l'esito di uno scontro con l'Occidente che Mosca considera esistenziale. E quando la propria esistenza come nazione è a rischio, vincere o perdere la guerra dell'informazione nel metaverso occidentale diventa piuttosto irrilevante. Vincere a casa e assicurarsi che i propri partner e alleati comprendano la posizione e la logica dietro le proprie azioni ha, inevitabilmente, la precedenza.


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coniare rivolta: PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

coniarerivolta

PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

di coniare rivolta

pnrr3nmtAbbiamo provato a delineare quali sono alcune delle principali condizioni che l’Italia si è impegnata a soddisfare per avere accesso ai fondi del Recovery Fund. Ci eravamo però lasciati senza finire il discorso, che purtroppo ha ulteriori aspetti dirompenti e preoccupanti.

Per il profitto privato, il PNRR è anche un’occasione d’oro per consumare qualche vendetta, come quella sul referendum per l’acqua pubblica del 2011, quando 26 milioni di italiani sancirono la natura pubblica di questo bene di prima necessità e della sua gestione. Tra le condizioni da rispettare per il prossimo dicembre, infatti, si legge anche di una “Riforma del quadro giuridico per una migliore gestione e un uso sostenibile dell’acqua”, una misura “per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati”. Basta approfondire la documentazione del PNRR per scoprire che questo significa “rafforzare l’industrializzazione del settore favorendo la costituzione di operatori integrati, pubblici o privati e realizzando economie di scala per una gestione efficiente degli investimenti e delle operazioni”. Ecco che la prima tranche di Recovery Fund diventa un grimaldello per riformare la normativa sulla gestione dell’acqua favorendone la privatizzazione, affermando un modello di multiutility (da qui l’enfasi sulla natura integrata del servizio) che calpesta il diritto all’acqua per garantire l’accumulazione di profitti e rendite monopolistiche (da qui, invece, l’enfasi sulle economie di scala).

La foga liberalizzatrice e privatizzatrice del PNRR non si ferma, ovviamente, qui. Ci siamo, infatti, impegnati a riformare i dottorati “al fine di coinvolgere maggiormente le imprese e stimolare la ricerca applicata”, con lo scopo di “semplificare le procedure per il coinvolgimento di imprese e centri di ricerca e rafforzando le misure per la costruzione di percorsi di dottorato non finalizzati alla carriera accademica”.


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Eros Barone: La critica marxiana del misticismo logico hegeliano e la critica antirevisionista del feticismo democratico

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La critica marxiana del misticismo logico hegeliano e la critica antirevisionista del feticismo democratico

di Eros Barone

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              660x4002xLa fortuna del giovane Marx e il suo uso revisionista

Gli opportunisti del nostro tempo ripetono cose che i revisionisti della Seconda Internazionale avevano già scoperto. Per questo le critiche che Lenin fece ai Kautsky, ai Vandervelde, agli Otto Bauer, colpiscono giusto anche oggi. Anzi, come oggi il riformismo ha accentuato la sua funzione di agente del capitalismo e dell’imperialismo in seno alla classe operaia, nel senso che questo legame è diventato diretto e immediato, così ha perso in gran parte quella capacità teorica che distingueva pur sempre i revisionisti dell’epoca di Lenin. Oggi la mistificazione della essenza rivoluzionaria del marxismo è più grossolana e assai meno ‘dialettica’ di un tempo.

Per quanto concerne le opere giovanili di Marx e, segnatamente, la Critica della filosofia hegeliana e i Manoscritti economico-filosofici del 1844, occorre rilevare innanzitutto che esse sono state edite soltanto nei primi decenni del ventesimo secolo, cioè in un periodo in cui il marxismo si identificava praticamente con l’Internazionale Comunista e con la dittatura del proletariato in Unione Sovietica. Immediatamente, fin da quegli anni, e poi ancora più clamorosamente in séguito, il “giovane Marx” ebbe una fortuna insospettata in Europa occidentale e particolarmente in Germania. Intorno al 1930 il giovane Marx fu preda degli intellettuali socialdemocratici e non marxisti, che lo usarono in funzione anticomunista e antisovietica. Accadde così che per combattere la concezione, allora dominante (grazie alla grandiosa opera di Lenin e, poi, di Stalin) del marxismo come scienza e del socialismo come movimento rivoluzionario tendente ad instaurare la dittatura del proletariato, fu “scoperto” un Marx “umanista”, “democratico”, “storicista”, “moralista”. Il terreno favorevole a questa operazione, del resto, era già stato inconsapevolmente preparato con successo negli anni Venti dall’“ultrasinistrismo” di filosofi (“piccolo-borghesi”, secondo il giudizio di Stalin) come György Lukács e Karl Korsch, che avevano teso a sottolineare gli aspetti soggettivistici, volontaristici, antipositivistici, del pensiero marxiano.


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Dante Barontini: Il gas russo si paga in rubli e svuota le sanzioni

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Il gas russo si paga in rubli e svuota le sanzioni

di Dante Barontini

Diceva Franco Bernabè, qualche giorno fa, che “il dollaro è una moneta che gli Usa utilizzano come un’arma”. Aggiungiamoci il controllo dello Swift (il sistema di registrazione dei pagamenti internazionali) e abbiamo il “dispositivo militare” che permette a Washington di decidere sanzioni per singole persone o interi paesi, in barba a qualsiasi legge internazionale.

Già, perché secondo quelle leggi – invocate ma evidentemente non conosciute – c’è una sola organizzazione internazionale abilitata ad erogare sanzioni: l’Onu. Che ovviamente non ne ha erogato alcuna verso la Russia; anzi nessun paese (neanche gli Stati Uniti) ha avanzato una richiesta del genere in quella sede. Ovvio che se il paese da sanzionare possiede il diritto di veto (e anche la Cina), nessuna perde tempo a chiedere qualcosa di irrealizzabile.

Sta di fatto, dunque, che le “regole internazionali” di cui si parla sui media occidentali sono semplicemente le “regole dell’Occidente”, unilaterali e arbitrarie, che si impongono solo grazie alla forza politica e militare. Anche in questo caso, però, se “il diritto” è solo l’abito elegante vestito dalla forza, allora l’efficacia di qualsiasi sanzioni unilaterale dipende dal rapporto di forza che esiste tra le parti.


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Emiliano Brancaccio: L’umanità a un bivio

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L’umanità a un bivio

Alberto Deambrogio e Monica Quirico intervistano Emiliano Brancaccio

All’impegno accademico come docente di Politica economica presso l’Università degli studi del Sannio (Benevento), Emiliano Brancaccio affianca un’intensa attività di opinionista. Gli abbiamo rivolto alcune domande sul suo ultimo libro, Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico (Piemme, 2022), in cui l’autore, partendo dalle ricerche empiriche condotte da lui e da altri studiosi, offre a un pubblico non specialistico una ricognizione sul rapporto tra capitalismo e democrazia (per il video dell’intervista cfr. https://www.youtube.com/watch?v=3cpx1VXTLqg&t=4265s ).

* * * *

Il filo conduttore del volume è l’invito a riscoprire quella che Brancaccio individua come la più importante tra le leggi tendenziali di sviluppo del capitalismo enucleate da Marx, quella della crescente centralizzazione dei capitali; un processo che, all’interno degli Stati nazionali, si riverbera in uno scontro finanziario e politico tra le diverse frazioni della borghesia (schematizzando: fra globalisti e sovranisti), mentre a livello internazionale si traduce in una competizione tra diversi attori geopolitici che, per assicurarsi quote crescenti del mercato globale, sono disposti a spingersi fino al conflitto militare.


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comidad: Il militarismo nell'epoca del lobbying

comidad

Il militarismo nell'epoca del lobbying

di comidad

Il progetto americano di “afganizzazione” dell’Ucraina non poteva essere ignoto allo stato maggiore russo all’atto dell’invasione, dato che era già stato ampiamente anticipato da notizie della stampa occidentale. Il 20 dicembre dello scorso anno il quotidiano britannico Daily Mirror narrava di un piano segreto dei servizi di intelligence statunitensi per addestrare alla guerriglia truppe ucraine in vista di un’invasione russa.

Prima ancora di quell’articolo, il 6 dicembre dello scorso anno, una notizia analoga, e più particolareggiata, era stata pubblicata sul sito del Consiglio Atlantico, che è una sorta di forum ideologico euro-americano fondato nel 1961 in funzione dello sviluppo della NATO. L’articolo dava conto delle spese militari sostenute dagli USA per fornire supporto alla resistenza ucraina in caso di invasione: 2,5 miliardi di dollari dal 2014, e 400 milioni per il solo 2021. L’articolo si soffermava ampiamente sulle tattiche militari e sul tipo di armi da utilizzare in base alle caratteristiche del territorio ucraino per fronteggiare un’invasione. Secondo l’Atlantic Council quelle spese e quei programmi di addestramento però non dovevano risultare segreti, anzi, dovevano svolgere una funzione di deterrenza in modo da rendere insostenibile un’occupazione del suolo ucraino.


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Emanuele Cornetta: Ci sono polarizzazioni e polarizzazioni...

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Ci sono polarizzazioni e polarizzazioni...

di Emanuele Cornetta

Scrivo delle riflessioni mentre guardo scorrere sul mio telefono le immagini della considerevole massa di persone che manifesta fra le strade di Firenze per la giornata di mobilitazione indetta dagli operai della GKN di Campi Bisenzio. So che l’indomani nessuno ne parlerà e sento, perciò, il bisogno di mettere giù per iscritto qualcosa.

Si sa, l’agire collettivo e politico non può essere raccontato in questo periodo. Non si può parlare di insorgenza, rottura, conflitto quando si vuole rendere una società, in verità iper-frammentata, fittiziamente omogenea. Ora con la caccia al nemico interno (il no-vax/no-greenpass), ora con l’individuazione del nemico esterno (il sanguinario Dostoevskij, sol perché russo) si cerca, attraverso la retorica della paura, di ricondurre in forma quel popolo che è stato reso, dalle oramai pluri-citate dinamiche neoliberali, un pulviscolo indeterminabile di individui. Può sembrare banale, ma le emergenze ed i discorsi di verità fintamente moralistici ad esse ricollegati servono a riunirci intorno a determinate parole d’ordine (no-vax/pro-vax, putinista/anti-putiniano), fortemente politicizzanti, ma sempre comode al potere, perché funzionali ai suoi meccanismi di auto-riproduzione.


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Rocco Ronchi: Guerra: la logica della potenza

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Guerra: la logica della potenza

di Rocco Ronchi

La geopolitica ci insegna sostanzialmente due cose. La prima appare poco più di un’ovvietà: la logica degli imperi è la logica della potenza. La seconda, infinitamente più inquietante della prima, è che gli imperi, che osservano la logica della potenza, non dispongono della potenza ma ne sono disposti. Siamo soliti rappresentarci l’impero come una volontà tirannica, spesso incarnata nelle bizze di un uomo solo al comando, ma non è così. È la logica della potenza che tira le fila del gioco. Non ci sono scelte da parte degli esecutivi ma qualcosa che assomiglia alla rigida osservanza di un destino manifesto, un dover essere e un dover fare piuttosto che un libero agire. Gli imperi non godono del privilegio del libero arbitrio. Sono stretti nella morsa di un non poter fare altrimenti quello che fanno. Ciò che eventualmente li può portare alla sconfitta è allora soltanto un errore di calcolo consistente nel non aver avuto chiara consapevolezza del proprio destino. 

Non c’è nulla di nuovo in questa idea di potenza. Nel V secolo a.C., come storico delle Guerre del Pelopponeso, Tucidide l’ha espressa in modo compiuto raccontando la tragica vicenda della piccola isola dei Meli assediata dall’imponente flotta ateniese.


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tonino

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Apr 10, 2022, 3:01:51 AM4/10/22
to sante gorini

Annie Lacroix-Riz: "C'è un contesto storico che spiega perché la Russia è stata messa all'angolo"

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"C'è un contesto storico che spiega perché la Russia è stata messa all'angolo"

di Annie Lacroix-Riz

lacroix 640x356Annie Lacroix-Riz, docente di storia contemporanea all'Università di Parigi VII-Denis Diderot, ha scritto diversi libri sulle due guerre mondiali e la dominazione politica ed economica. Guarda con attenzione la situazione in Ucraina ponendola in relazione alla storia dell'imperialismo di inizio XX secolo e la sua continuazione. Quello che ci viene raccontato troppo spesso dai media non ci permette di capire il conflitto, quindi di cercare una soluzione per la pace. In questa intervista, ci viene offerto uno sguardo retrospettivo utile per comprendere gli eventi e la storia recente della regione.

* * * *

Nei media, si ha l'impressione che la guerra in Ucraina sia scaturita dal nulla. Cosa può dirci del suo contesto storico?

Prima di tutto, gli elementi storici sono quasi assenti da quella che è difficile definire una "analisi" della situazione. Tuttavia, ci sono due aspetti importanti da prendere in considerazione negli eventi attuali. In primo luogo, c'è una situazione generale, cioè l'aggressione della Nato contro la Russia. In secondo luogo, c'è una sorta di ossessione contro la Russia - e anche contro la Cina. Questa ossessione non è nuova, quindi permette di relativizzare l'attuale frenesia anti-Putin. L'essenza della presunta "analisi occidentale" è che Putin sia un pazzo paranoico e (o) un nuovo Hitler. Ma l'odio per la Russia e il fatto di non sopportare che la Russia eserciti un ruolo mondiale è riconducibile all'imperialismo statunitense.


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Fosco Giannini: La vecchia Terza Guerra Mondiale

cumpanis

La vecchia Terza Guerra Mondiale

di Fosco Giannini

IMMAGINE PRIMO EDITORIALE GianniniTerza guerra mondiale: il suo fetore orrendo si sente già nell’aria. Ma è proprio vero che è dalle “tubature esplose” della crisi ucraina che l’odore acre di questa Terza Guerra ha iniziato a propagarsi? Oppure essa cova da tempo, da decenni e decenni va accumulando la sua forza nefasta, da più di mezzo secolo va preparando l’esplosione finale per l’umanità? È proprio vero, come hanno infelicemente affermato alcuni spezzoni della sinistra pacifista italiana, anche comunista, che sarebbe “l’attuale spinta egemonica della Russia” ad accendere la miccia della Guerra Finale, oppure di tale guerra è gravido da un lungo tempo il ventre imperialista?

La storia ci dimostra che non ci sono dubbi alcuni: è qui, in questo ventre oscuro, in questo “cuore di tenebra” (qualcuno ricorda il signor Kurtz di Joseph Conrad, il colonnello Kurtz in Apocalypse Now?) che la Terza Guerra va da tempo sedimentandosi.

Sono gli USA, ormai da un lungo tempo, il “cuore di tenebra”. È la loro intima struttura economico-finanziaria a condannarli a muoversi come “l’essere oscuro del mondo”. E condannare il mondo a subire questa essenza oscura. È il complesso militare-industriale e politico nordamericano a determinare la natura aggressiva, spoliatrice, guerrafondaia, ferocemente imperialista degli USA. È il flusso immenso di denaro che esonda dalle multinazionali americane delle armi che, allagando con la sua materia sanguinolenta il Pentagono, gli Appaltatori della Difesa, il Partito Democratico, il Partito Repubblicano, la società, le istituzioni, le università, il Congresso, i Rami Esecutivi, fa degli USA il più violento imperialismo della storia dell’umanità.


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Alberto Gabriele: Ma insomma, il socialismo esiste o non esiste?

laboratorio

Ma insomma, il socialismo esiste o non esiste?

di Alberto Gabriele

Cina per
              AlbertoRiceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo sulla natura sociale ed economica della Cina, come contributo all’approfondimento di un tema fondamentale nell’analisi del mondo contemporaneo. Non necessariamente la redazione della rivista concorda in toto con i contenuti dell’articolo. L’autore, Alberto Gabriele, ha pubblicato sull’argomento due importanti volumi: Enterprises, Industry and Innovation in the People’s Republic of China – Questioning Socialism from Deng to the Trade and Tech War (2020) e, quest’anno, in collaborazione con Elias Jabbour, Socialist Economic Development in the XXIth century Challenges – One Century after the Bolshevik Revolution.

* * * *

Nella sinistra occidentale, e perfino tra le sue componenti più radicali e anticapitalistiche, tende a prevalere l’idea che il comunismo/socialismo (uso questo termine orribile per sottolineare come sia comune la confusione tra due categorie che dovrebbero invece essere tenute ben distinte) sarebbe una gran bella cosa, ma purtroppo non c’è da nessuna parte, probabilmente non c’è stato mai da nessuna parte, e tantomeno ci si sta avvicinando da nessuna parte. A mio parere, questa convinzione pecca di semplicismo e di essenzialismo, e ha anche un impatto fortemente demoralizzante. Tuttavia, tale opinione è spesso data per scontata anche da intellettuali di grande valore e di indubbia onestà intellettuale. Ad esempio, Alessandro Barbero ha affermato recentemente:


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Salvatore Bravo: Relazioni delinquenziali

linterferenza

Relazioni delinquenziali

di Salvatore Bravo

L’imbarbarimento dei tempi è nel quotidiano, la normalità del male di vivere è parte integrante del capitalismo nella sua fase apicale: le relazioni, anche laddove sono interne alla legalità, spesso sono improntate al solo valore di scambio con l’effetto di essere sostanzialmente delinquenziali. L’integralismo del capitalismo non più contenuto da posizioni politiche ed ideologiche altre “educa” alla vivisezione dell’essere umano. Il tecno-nichilismo del capitalismo annienta la totalità nella percezione e nel concetto. La totalità non è solo concetto, ma essa è prassi filosofica ed ontologica, poiché non separa mai la parte dal tutto, pertanto l’essere umano è percepito e vissuto nella sua totalità concreta, in tal modo nelle relazioni si produce il senso della reciproca dignità, poiché l’altro è totalità viva che con il logos giunge a noi nel suo mistero e nella sua presenza sfuggente ma dotata di senso.

La presenza è ricchezza incommensurabile, poiché le autocoscienze nell’incontro riconoscono la reciproca umanità, mai categorizzabile, e si riconoscono egualmente umane nella diversità mai assoluta.


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Wu Ming: Per non dimenticare. Brevi note su Emergenza di Stato di Andrea Miconi

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Per non dimenticare. Brevi note su Emergenza di Stato di Andrea Miconi

di Wu Ming

Il libro di Andrea Miconi, Emergenza di Stato. Intellettuali, media e potere nell’Italia della pandemia (Giometti & Antonello, 2022, €12), è un testo necessario ma destinato a rimanere raro, forse unico.

Il motivo è presto detto: sarà difficile trovare ribadite le evidenze che in pochi abbiamo registrato durante i due anni di gestione emergenziale della pandemia di Covid19 in Italia, sovrastati com’eravamo dal frastuono della propaganda. È una pagina di storia – pubblica e personale – che tanti preferiranno rimuovere, mano a mano che le conseguenze di quella svolta si faranno più chiare.

Miconi ha riflettuto sulla gravità di quanto stava accadendo già in medias res, nel  pamphlet della primavera 2020 Epidemie e controllo sociale (Manifestolibri). Oggi il sociologo riprende quelle intuizioni e le mette in prospettiva, per dirci che in quei ventiquattro mesi è successo qualcosa di inedito nella vicenda pubblica e nella società italiana.


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Alceste De Ambris: Guerra e pandemia stessa strategia

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Guerra e pandemia stessa strategia

di Alceste De Ambris

Prendo spunto dall’articolo di Pasquale Cicalese, secondo cui “C’è del metodo nella follia delle cancellerie occidentali”.

Le gravi sanzioni economiche e finanziarie alla Russia, in particolare il divieto di utilizzare per i pagamenti il sistema di transazione interbancario Swift e il congelamento delle riserve depositate dalla Banca centrale russa presso le altre Banche centrali, da una parte appaiono esorbitanti e sproporzionate, e d’altra parte sembrano danneggiare di rimbalzo le stesse economie europee. Tale atteggiamento bellicoso delle cancellerie occidentali (compreso l’invio di armi), per nulla orientato a trovare a una soluzione diplomatica al conflitto, fa sospettare che nasconda un’intenzione non dichiarata. Lo stesso si può dire per l’atteggiamento apparentemente “suicida” del governo ucraino, evidentemente eterodiretto, che sembra porsi l’obbiettivo di prolungare e rendere il conflitto più cruento, coinvolgendo i civili, così da suscitare una reazione emotiva anti-russa.

E il piano perseguito, secondo Cicalese, sarebbe appunto quello di “staccare l’Europa dalla Russia” in modo definitivo, e costruire una “cortina di ferro economica” che divida il mondo il due blocchi: il capitalismo occidentale da una parte, e il tutto resto dall’altra parte.


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Sandro Mezzadra: L’Occidente va alla guerra

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L’Occidente va alla guerra

di Sandro Mezzadra

Mentre la guerra non si ferma, vanno ridefinendosi gli schieramenti e gli equilibri su scala mondiale, nella prospettiva di un dopoguerra destinato a essere comunque segnato da dinamiche di militarizzazione e riarmo con cui dovremo fare i conti nei prossimi anni. Non formulo ipotesi sugli scenari bellici, ma certo una lunga durata della guerra in Ucraina (a bassa o alta intensità) non sembra sgradita ad alcuni dei più importanti attori globali. Questo vale per una parte almeno dell’estabilishment statunitense, come si è visto dal discorso di Joe Biden a Varsavia. Il logoramento della Russia in una sorta di Afghanistan europeo, senza curarsi del potenziale tracimare del conflitto verso ovest e verso est, costituirebbe infatti una straordinaria occasione per proseguire quel processo di ricostruzione dell’Occidente che l’amministrazione americana ha perseguito fin dal suo insediamento. L’Unione Europea, in particolare, accelererebbe la sua integrazione militare sotto la doppia pressione dei Paesi dell’Europa dell’est e della Nato, confermando quella funzione di guida degli Stati Uniti che a partire dalla Grande Guerra ha definito il concetto stesso di Occidente.


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Guido Salerno Aletta: Saldi esteri da brivido

teleborsa

Saldi esteri da brivido

di Guido Salerno Aletta

Se i conti commerciali vanno in rosso, il debito pubblico italiano non regge

Bisogna essere chiari su un punto: le Banche centrali non hanno poteri di intervento nell'attuale contesto di inflazione dei prezzi dell'energia e delle materie prime, tutti prodotti che l'Italia importa sia per i propri consumi interni sia per la sua caratteristica di economia di trasformazione che rivende all'estero con valore aggiunto quanto ha acquista dall'estero.

A maggior ragione vale la questione della indipendenza sul piano alimentare: il problema non è solo quello di soddisfare il fabbisogno interno, quello di sfamare coloro che vivono in Italia, ma quello delle importazioni destinate alla trasformazione. Le industrie italiane comprano grano dall'estero per fabbricare pasta che viene poi esportata in tutto il mondo. Lo stesso vale per le importazioni del latte e delle carni: i formaggi o gli insaccati che vengono prodotti riprendono la via dell'export. Lo stesso vale per una serie di materie prime minerali: si importano caolino ed argilla per fare ceramiche e piastrelle che vengono esportate con buon profitto.


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Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale / 10: il biglietto che è esploso

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Il nuovo disordine mondiale / 10: il biglietto che è esploso

di Sandro Moiso

crisantemi morti“Draghi avvisa la Cina” («Il Giornale» – 24 marzo 2022 )

“Oltre 100 milioni di persone torneranno in stato di povertà estrema” (Ignazio Visco, governatore di Bankitalia – 26 marzo 2022)

“E’ un viaggio lungo. A bordo ci siamo solo noi.” (William S. Burroughs – Il biglietto che è esploso)

Se la situazione internazionale e interna italiana non fosse quella che è, ci sarebbe da ridere.

Da un lato un titolo trionfalistico che immagina l’inimmaginabile: un sorta di ultimatum dell’Italia alla prima o seconda, dipende soltanto dal tipo di calcolo eseguito per stabilirlo, potenza economica mondiale; dall’altro le considerazioni di un funzionario importante del governo dell’esistente che indica le più che probabili conseguenze della situazione venutasi a creare con la crisi pandemica, prima, e lo scoppio della guerra in Ucraina, poi.

Sintomo, al di là delle squallide diatribe politiche interne, non soltanto di un paese privo ormai di qualsiasi strategia governativa che non sia quella di approfittare delle occasioni, ma anche di un’Europa, mai stata realmente unita dal punto di vista politico ed economico, ormai entrata, nonostante le pompose e sussiegose dichiarazioni che ne accompagnano ogni riunione, più o meno straordinaria, dei propri maggiori rappresentanti e ministri, in una fase di vistoso declino del proprio peso politico su scala internazionale.

La stessa insignificanza dei suoi due maggiori rappresentanti, Ursula von der Leyen e Charles Michel, rende evidente come un’entità politica nata con aspirazioni planetarie (si pensi soltanto all’istituzione dell’euro come possibile sostituto del dollaro e poi ridotto a strumento di controllo della riduzione della spesa pubblica interna di ogni singola nazione), l’Unione Europea, stia sostanzialmente sfiorendo senza aver portato a termine nessuno degli obiettivi immaginati all’atto della sua fondazione.


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Carlo Freccero: La scelta imposta dalla propaganda non è una vera scelta

lantidiplomatico

La scelta imposta dalla propaganda non è una vera scelta

di Carlo Freccero

Riceviamo da Carlo Freccero e pubblichiamo il suo intervento di oggi al Seminario della Commissione Dupre

133012301 10ad7046 ee5e 49fd a498 7a5d502f4919Oggi siamo qui per parlare di propaganda e censura. Queste pratiche di repressione del dissenso mirano allo stesso risultato, ma funzionano a partire da presuposti diversi. La censura colpisce chi si discosta dal mainstream. La propaganda invece crea il mainstream. Nel passato, nei media, prevaleva la censura. Tutta la storia della Televisione è una storia di censura. Ma, in qualche modo, la censura indica ancora vitalità e dissenso. Si censura chi conserva un pensiero autonomo, mentre la propaganda ha il compito di azzerare del tutto questo pensiero autonomo e divergente.

Il covid prima e la guerra oggi, hanno alterato la comunicazione trasformandola di fatto in propaganda. E in un messaggio propagandistico non c'è niente da censurare.

Il passaggio dalla censura alla propaganda corrisponde ad una presa di parola del potere in prima persona. Nel discorso del potere non deve essere censurato nulla.

Questo spiega il buonismo di oggi, la mancanza di violenza verbale, nei confronti politici e nei talk show televisivi.

Il potere si è reso conto che la censura fa scandalo e, contemporaneamente, può generare opposizione, mentre la propaganda è in grado di creare unanimità.

Questo seminario è dedicato alla propaganda di guerra.

Viene naturale unire la parola propaganda alla parola guerra, quasi si trattase di una forma di riflesso condizionato. Nell'immaginario meanstream la parola guerra è collegata al Nazismo, ed al maggior teorico della propaganda autoritaria: Goebbles.

Goebbles ha spiegato che la propaganda ha le sue radici nella paura. Ed in effetti la propaganda che è stata utilizzata in maniera massacrante dai governi negli ultimi due anni, è una propaganda basata sulla paura: paura della morte per covid, paura del nemico come minaccia alla libertà e democrazia.


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Elisabetta Teghil: Allarme rosso!

Coordinamenta2

Allarme rosso!

di Elisabetta Teghil

immaginaLa "democratica e civile" Bologna ha lanciato, in via sperimentale e su base volontaria, la patente del buon cittadino sulla falsariga di quella cinese. Viene chiamata smart citizen wallet e veniamo a sapere che qualcosa di simile sarebbe in procinto di essere lanciato anche a Roma.

D’altra parte non dobbiamo meravigliarci, Bologna ha una lunga tradizione consolidata rispetto a provvedimenti di controllo sociale elevato a cominciare dai sindaci-sceriffo come Cofferati e Roma ha un precedente illustre con Veltroni sindaco quando furono affissi per la città dei manifesti comunali con tanto di numero di telefono da chiamare che invitavano i cittadini alla delazione e alla denuncia di chi imbrattava la città.

Per ora il meccanismo della patente del buon cittadino è impostato su base premiale. Vale a dire che la persona accumulerà punti e otterrà delle regalie in sconti di vario tipo se avrà dei comportamenti in linea con le richieste dell’amministrazione. Sono considerati comportamenti “etici” fare la raccolta differenziata dei rifiuti, usare i mezzi pubblici, gestire in maniera oculata il consumo di energia, non prendere multe, essere attivo con la Card Cultura, una carta varata per le attività culturali nell’area metropolitana di Bologna. Piccola osservazione a margine: la cultura che conta è solo quella ufficiale e istituzionale? Insomma essere dei cittadini rispettosi del “vivere civile” e della “civile convivenza”. Ma il passaggio a bastone e carota sarà breve. La sinistra antagonista dovrebbe entrare in allarme rosso.


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Pierluigi Fagan: Quando chi sta perdendo si porta via il pallone

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Quando chi sta perdendo si porta via il pallone

di Pierluigi Fagan

Ieri abbiamo usato una immagine simbolo del mondo come un pallone oggetto di giochi di contesa. Oggi continuiamo con la metafora del sogno di possederlo tutto questo pallone-mondo e laddove la realtà intralcia i sogni, si può arrivare a sottrarre l’oggetto stesso del contendere. Se non vincerò al gioco di quel pallone, mi porto via il pallone o lo buco, così nessun altro potrà giocarvi, fine dei giochi.

Ieri abbiamo assistito in mondovisione, forse per la prima volta che io ricordi, ad una seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il nostro miglior uomo, nostro in quanto occidentali, ha arringato piuttosto arrabbiato il Mondo dicendo che se questa istituzione planetaria non è in grado di istruire un processo tipo Norimberga, se non è in grado di estromettere la Russia ed il suo fastidioso diritto di veto dal Consiglio di Sicurezza, allora tanto vale che l’ONU si sciolga ed ammetta la sua inutilità ed impotenza, lasciando il campo a qualche nuova forma ordinativa.


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Larry Fink: Transizione, deglobalizzazione, digitale: il futuro secondo BlackRock

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Transizione, deglobalizzazione, digitale: il futuro secondo BlackRock

di Larry Fink

Il 24 marzo scorso Larry Fink, amministratore delegato del colosso finanziario BlackRock, ha pubblicato una lettera aperta a investitori e azionisti per mostrare la sua personale idea di mondo per l’era aperta dal conflitto ucraino. BlackRock maneggia 10 trilioni di dollari in asset ed è capace di determinare con le sue scelte la condotta di molti investitori in tutto il mondo. Fink non è nuovo a questi esercizi di futurologia: a febbraio, in un messaggio intitolato “The Power of Capitalism”, sottolineò che transizione green, svolte economiche e altri piani di discontinuità avevano senso solo se capaci di portare profitto. Ora nella sua nuova lettera Fink dice che l’era per la profittabilità di questi settori è vicina e accelerata dalla crisi russo-ucraina, che avrebbe posto inizio all’era della “de-globalizzazione”. Abbiamo voluto tradurre la parte più importante e centrale del lungo messaggio di Fink.

Larry Fink’s Chairman’s Letter to Shareholders | BlackRock – Qui il testo originale

* * * *

Implicazioni dell’invasione russa dell’Ucraina per aziende, paesi e clienti

Il denaro che gestiamo appartiene ai nostri clienti. E per servirli, lavoriamo per capire in che modo i cambiamenti in tutto il mondo influiranno sui loro risultati di investimento.


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Federico Rucco:  Bucha: un crimine di guerra o una operazione Psyop?

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 Bucha: un crimine di guerra o una operazione Psyop?

di Federico Rucco

I giornalisti dell’Associated Press a Bucha, una piccola città a nord-ovest di Kiev, hanno visto i corpi di almeno nove persone in abiti civili che sembravano essere state uccise da vicino. Almeno due avevano le mani legate dietro la schiena. L’AP ha anche visto due corpi avvolti nella plastica, legati con nastro adesivo e gettati in un fosso.

Oleksiy Arestovych, un consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, ha parlato invece di decine di civili uccisi trovati nelle strade di Bucha e nei sobborghi di Kiev di Irpin e Hostomel in quella che sembrava una “scena di un film horror”.

Arestovych ha detto che alcune persone sono state colpite alla testa e avevano le mani legate, e alcuni corpi mostravano segni di tortura, stupro e bruciature.

Quello di Bucha appare dunque come un “crimine di guerra” da gettare ulteriormente sul piatto dell’orrore verso le opinioni pubbliche europee, maggioritariamente contrarie al  coinvolgimento nella guerra, per romperne ogni rifiuto o resistenza nel sostenere un interventismo compulsivo e pericolosissimo.


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StoriaSegreta: Il rublo d’oro

storiasegreta

Il rublo d’oro

di StoriaSegreta

Le notizie di questi giorni, anche astraendo dalle cronache belliche,  si susseguono a ritmo incalzante. Tra la Russia e le oligarchie occidentali è scoppiata una vera e propria guerra finanziaria in cui i contendenti si stanno giocando il tutto per tutto.

L’Occidente aveva iniziato con sanzioni commerciali, che in qualche modo potevano considerarsi ‘nella norma’, anche se i congelamenti di beni personali di cittadini russi non si sa a quale principio giuridico facessero riferimento, ma poi aveva alzato il tiro congelando le riserve in valuta estera della Banca Centrale Russa ed espellendo molte banche russe dallo SWIFT.

Il 16 marzo 2022 Putin aveva risposto con una dichiarazione durissima in cui prendeva atto che i cosiddetti asset primari non erano più tali in quanto potevano semplicemente essere rubati e che molti paesi avrebbero convertito le riserve in valuta in cose più concrete come terra, materie prime e oro (qui).

La dichiarazione era un po’ criptica ma voleva significare che il sistema occidentale basato sulle valute fiat stampate dal nulla era finito.


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Moni Ovadia: “Europa appecoronata agli Stati Uniti, in Ucraina guerra criminale come quella di Bush in Iraq”

riformista

“Europa appecoronata agli Stati Uniti, in Ucraina guerra criminale come quella di Bush in Iraq”

Umberto De Giovannangeli intervista Moni Ovadia

Moni Ovadia è tante cose. Attore, cantante, musicista, scrittore. Soprattutto, è uno spirito libero che sa andare controcorrente, che non ha paura di “provocare”. E il suo j’accuse affidato a Il Riformista ne è una “esplosiva” riprova.

* * * *

C’è da avere un po’ di paura di fronte a un pensiero unico in divisa e con l’elmetto?

In divisa e con l’elmetto, seduti nel salotto, però. Sì, sempre c’è d’avere paura di queste cose, di un “pensiero” militarista e militarizzato, che finisce pure per “silenziare” un signore vestito di bianco che ha avuto l’ardire di dire in faccia ai politici nostrani arruolati dalla Nato parole che devono essere scolpite nei nostri cuori e rilanciare in ogni dove: “Pazzi, Pazzi” a voler aumentare, 40 miliardi, le spese di guerra. Sì, di guerra. Perché tali vanno considerate. Ma c’è una logica in questa follia…

 

E quale sarebbe?


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Barbara Spinelli: Una guerra nata dalle troppe bugie

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tonino

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Apr 12, 2022, 1:43:11 AM4/12/22
to sante gorini

Carlo Di Mascio: Il «problema dello Stato» nel marxismo rivoluzionario di Evgeny Pashukanis

sinistra

Il «problema dello Stato» nel marxismo rivoluzionario di Evgeny Pashukanis*

di Carlo Di Mascio

indexlkrtghjQuesto Stato borghese, strumento del dominio di classe borghese, Marx e Lenin hanno ripetuto che occorreva “spezzarlo”, e, idea molto più importante, hanno correlato questa “distruzione” dello Stato borghese con l’“estinzione” ulteriore del nuovo Stato rivoluzionario […]. In altri termini, essi hanno pensato la distruzione dello Stato borghese anche sulla base dell’estinzione e della fine di ogni Stato. Ciò dipende da una tesi fondamentale di Marx e di Lenin: non è solo lo Stato borghese ad essere oppressivo, ma ogni Stato.

Louis Althusser, 22ème Congrès

 

1. Stato, rapporti di produzione e classe dominante

Se nel marxismo rivoluzionario di Evgeni Pashukanis il «problema dello Stato», e se si vuole dell’intera sua filosofia del diritto, ha poco da condividere con la tradizione marxista legata ad una nozione ancora «romantica» e «utopica» di democrazia ottocentesca, ha invece molto a che fare con la maturità dell’analisi marxista-leninista del capitalismo, nonché con l’approfondimento teorico degli antagonismi scaturenti dai suoi intricati processi economici e amministrativi. E’, difatti, proprio in forza dell’analisi dello sviluppo del capitale - quel capitale che, in coincidenza con il contesto storico in cui La Teoria generale del diritto e il marxismo1 viene pubblicata, inizia aggressivamente a ricercare nuovi mercati in grado di assimilare sempre più pluslavoro, e che Lenin in particolare negli scritti su L’imperialismo del 1916 aveva con lungimiranza già individuato, sia per l’enorme concentrazione del potere capitalistico nella figura dei singoli Stati imperialistici che nella forza di distruzione che lo scontro tra gli stessi metteva in risalto2 - che tende a potenziarsi in Pashukanis il discorso sullo Stato come strumento borghese capace di proteggere interessi di classe e, soprattutto, di mediare le transazioni di mercato per consentire l’accumulazione capitalistica.


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Andrea Zhok: Il massacro di Bucha, i camion di Bergamo e il Metaverso

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Il massacro di Bucha, i camion di Bergamo e il Metaverso

di Andrea Zhok

20220408T094458 cover 1649411098799I. I fatti e la cornice

In questi giorni al centro della discussione pubblica troviamo il cosiddetto “massacro di Bucha”, che viene presentato, secondo un canone bellico noto, come un’efferatezza delle truppe russe occupanti. 

Un tempo, quando avevamo a che fare con fatti violenti, ad esempio un omicidio in città, eravamo soliti attendere gli accertamenti della magistratura, e finché questi non erano avvenuti i giornali nominavano i possibili colpevoli con espressioni tipo “l’indagato”, “il presunto sospetto”, ecc. per evitare colpevolizzazioni precoci. Oggi invece, davanti a un mucchio di morti nel contesto bellico di un paese straniero – cioè in condizioni donde le informazioni giungono sempre con difficoltà e condizionamenti – il giorno stesso dell’annuncio per la stampa internazionale era tutto chiaro e inchiodato ad un’unica versione possibile: autori, modalità, identità delle vittime, motivazioni. Qualche immagine, sezione istantanea del reale, è stata presentata come parte evidente di una storia già pronta.

Ora, né lo scrivente, né tutti quelli che hanno ricevuto la notizia di seconda mano (tra cui tutti i caporedattori dei quotidiani principali) sanno cosa sia accaduto. C’è spazio per congetture educate, deduzioni e controdeduzioni, ma non c’è conoscenza dei fatti. Ci asteniamo perciò dal proporre la nostra versione, e, in mancanza di un’indagine indipendente, proviamo a tener fermo il quadro d’insieme degli eventi, che è invece alquanto chiaro. 

Un primo dato di cornice è legato alla classica questione che va sempre posta, soprattutto in situazioni di carenza di dati certi: “ A chi giova?”. Chiunque non sia sciocco o in malafede deve ammettere che c’è una parte, quella ucraina, che ha l’interesse a presentare incidenti che scandalizzino l’opinione pubblica internazionale (e spingano a sostenere la loro causa) e un’altra, quella russa, che ha l’interesse opposto. 


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Wolfgang Streeck: Guerra: tutti perdenti

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Guerra: tutti perdenti

di Wolfgang Streeck

Proponiamo la traduzione di un articolo di Wolfgang Streeck, comparso originariamente sulla rivista «El Salto» (https://www.elsaltodiario.com/carta-desde-europa/wolfgang-streeck-guerra-ucrania-todos-perdedores), in cui sono analizzate le motivazioni geopolitiche che si annidano dietro all’attuale Guerra in Ucraina. Streeck affronta il punto di vista russo, europeo e americano, non risparmiando ampie critiche alle ingerenze degli Stati Uniti nelle vicende europee e al ruolo di subordinazione assunto dall’Ue in un conflitto che sembra a tutti gli effetti configurarsi come una propaggine della Guerra fredda.

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            71bcee5d77604abfaadd126c159861ecmv2I motivi per cui il sistema statale europeo è precipitato nella barbarie della guerra – per la prima volta dal bombardamento di Belgrado da parte della Nato nel 1999 – non possono essere spiegati ricorrendo a una «psicologia semplificata». Perché la Russia e l’«Occidente» hanno dato il via a un implacabile guerra sull’orlo dell’abisso, con il rischio per entrambi di cadere, infine, nel precipizio?

Ora più che mai, mentre viviamo queste tremende settimane, comprendiamo quello che Gramsci intendeva con l’espressione «interregno»: una situazione «in cui il vecchio muore e il nuovo non può nascere», una situazione in cui «si verificano i fenomeni morbosi più svariati», come paesi potenti che consegnano il loro futuro alle incertezze di un campo di battaglia offuscato dalla nebbia della guerra.

Nessuno sa, al momento in cui scriviamo, come finirà la guerra in Ucraina, e con quale spargimento di sangue. Quello su cui possiamo provare a ragionare, a questo punto, è su quali possano essere state le ragioni – e gli individui hanno sempre delle ragioni per agire, per quanto possano irritare gli altri – dietro alla politica di pressione psicologica (brinkmanship) esercitata senza compromessi sia dagli Stati Uniti che dalla Russia. Questo è il terrificante scenario: l’escalation del confronto, la rapida diminuzione delle possibilità per entrambe le parti di salvare la faccia a meno di una vittoria totale, che termina con l’assalto omicida della Russia a un paese vicino con cui un tempo condivideva uno Stato comune.

In questo conflitto troviamo notevoli parallelismi, così come le ovvie asimmetrie, tra Russia e Stati Uniti, due imperi che da lungo tempo si trovano a dover fare i conti con la strisciante decadenza del loro ordine interno e della loro posizione internazionale e a tentare di mettere un argine a questo processo.


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Pierluigi Fagan: Oh, mon Dieu!

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Oh, mon Dieu!

di Pierluigi Fagan

Nella foto, Mrs Europa rimane colpita da qualcosa che i nuovi dioscuri ucraini a difesa dei valori della civiltà occidentale hanno voluto mostrarle, il succo della antica civiltà a cui apparteniamo è tutta nella foto qui sotto. 

Allarghiamo il frame. S. Karaganov intervistato dal Corsera (capo del Centre for Foreign and Defense Policy di Mosca) ha detto che quella contro l’Ucraina è una guerra in buona parte anche contro l’Europa. Ma il tono dell’articolo risente molto delle contingenze tematiche che ha voluto dargli in Corsera secondo le scansioni concettuali della propaganda odierna. Ripulendo queste parti di nessun vero interesse, proviamo a ridire quello che ha detto Karaganov in altra maniera.

L’Europa è al contempo una definizione geografica ed una definizione politica. Quella geografica arriva sino agli Urali ed include quindi la Bielorussia, il grosso del popolo russo ed un pezzetto di Kazakistan, più Armenia, Georgia e Azerbaijan al confine sud-est caucasico. Una cinquantina di stati, un quarto di quelli del mondo, sebbene la popolazione sia solo un decimo.


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Enzo Pellegrin: Difendere la democrazia attraverso un nazionalismo fascista e una spesa militare suicida? No grazie

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Difendere la democrazia attraverso un nazionalismo fascista e una spesa militare suicida? No grazie

di Enzo Pellegrin

8180045e0a44fc6237ce5ab1bc21ead5 XLSe Ennio Flaiano fosse chiamato oggi a pronunciarsi sul mainstream italiano in argomento guerra, ne uscirebbe sicuramente con uno dei suoi paradossi ad effetto "Non è tanto quel che vedo o leggo a farmi impressione, ma quel che sento: quell'insopportabile rumore delle unghie che si arrampicano al vetro".

Sugli altoparlanti dell'egemonia mediatica è andata in onda a reti unificate la difesa ad ogni costo delle parole ed opere del governo ucraino, quali che fossero i mezzi da questo utilizzati, il tutto in vista di una costosa militarizzazione dell'intera Europa, già con l'acqua alla gola per la crisi economica.

La gustosa intervista ad un comandante del Battaglione Azov - composto da nazionalisti dell'ultradestra ucraina, che confessa di "leggere  Kant" ai propri soldati, la comparsata della band di "Kiev calling" che canta con le magliette di Banderas, hanno scoperto più di un nervo della narrativa dominante. Una volta emerso che il cavallo politico su cui si era contato consentiva un'agibilità senza paragoni ad organizzazioni ispirate al nazismo, al nazionalismo etnico, ai collaborazionisti del Terzo Reich venerati come "eroi nazionali" con tanto di monumenti, è partita la corsa a negare l'evidenza, a ridimensionare un fenomeno che il governo ucraino per primo si rifiuta di ridimensionare, oppure ad utilizzare narrazioni consolatorie e giustificazioniste, slegate dalla realtà, come quella per cui "i nazisti esistono su entrambi i fronti".

Va fatta la solita premessa, d'obbligo di questi tempi per non vedere il proprio ragionare delegittimato a tifo: la natura della Russia governata da Putin è di tutta evidenza un regime oligarchico nel quale il blocco storico dominante (composto da un blocco politico alleato a precisi blocchi economici privati e controllati dallo Stato) utilizza tutti gli strumenti della propaganda, della gestione sociale e della repressione per la perpetuazione del potere.


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Alessandro Visalli: Politica estera basata sui valori o sull’autodeterminazione. Note sulla svolta di Biden

tempofertile

Politica estera basata sui valori o sull’autodeterminazione

Note sulla svolta di Biden

di Alessandro Visalli

risoluzione onuUn anno fa la nuova amministrazione democratica americana ha convocato un ambizioso evento, invitando ben 110 nazioni del mondo[1], dal nome “Summit for democracy[2]. Lo slogan era “la democrazia non accade per caso. Dobbiamo difenderla, lottare per essa, rafforzarla, rinnovarla”. A questo evento, cui ne seguiranno altri e che rappresenta il nucleo di una nuova dottrina internazionale più interventista, come scrivono in modo esemplare ‘adatta al movimento’ in corso, l’amministrazione ha invitato paesi asiatici come il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan, ma anche l’India e le Filippine, e non Singapore. In cambio era invitato il cosiddetto “Presidente ad interim” del Venezuela Juan Guaidó, ma anche i leader, o attivisti eminenti, dell’opposizione di Hong Kong, Birmania, Egitto, Bielorussia. Un notevole e sovradimensionato spazio è stato affidato, infine, ai paesi europei nordici che si affacciano sulla Russia: la Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Danimarca.

La crisi Ucraina ha prodotto qualche smagliatura su questo schema “noi/loro”. In questi giorni, ad esempio, il governo di Singapore si è mosso verso la coalizione occidentale[3], se pure con qualche dichiarazione rispettosa verso la Cina, mentre l’India si sta chiaramente avvicinando alla Russia[4] e persino alla Cina. D’altra parte, storici alleati Usa come la Thailandia e le Filippine da tempo si stanno avvicinando alla Cina, e, recentemente le Isole Salomone (fronteggianti l’Australia) hanno dichiarato di voler stipulare un accordo di cooperazione militare con il gigante asiatico (ricavandone le minacce del vicino anglosassone). Inoltre, il Pakistan, che fino ad anni recenti era stato alleato degli Stati Uniti, si sta muovendo con decisione verso la Russia e partnership più pronunciate con la Cina (ma è stato fermato, al momento da una severa crisi di governo con probabili nuove elezioni).


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Il Lato Cattivo: Moriremo «green»?

illatocattivo

Moriremo «green»?

A proposito di capitalismo verde

di Il Lato Cattivo

noluvbjlOgni modo di produzione implica rapporti storicamente determinati con un dato puramente fisico- biologico, un sostrato pre-sociale modificabile ma insopprimibile1. Da una diversa angolazione, si potrebbe anche affermare che i modi di produzione storici non sono mai (stati) altro che differenti varianti di un soggiacente rapporto con questa datità fisico-biologica, che include allo stesso tempo la natura non-umana e l'umanità come specie. In ogni caso, nel corso dei millenni, rapporti sociali di produzione determinati si sono instaurati, sviluppati e succeduti sulla base di un sostrato minerale, vegetale e animale, che questi stessi rapporti hanno trasformato in misura maggiore o minore a seconda dei casi.

Il modo di produzione capitalistico (MPC) non è il solo né il primo modo di produzione ad avere significative ricadute su questo sostrato. Semplicemente, tali ricadute assumono oggi, con questo modo di produzione, proporzioni e determinazioni qualitative inedite. È il nocciolo di verità contenuto nel concetto, per altri versi contestabile, di antropocene. Questo fatto si iscrive nella differenza essenziale che distingue il MPC dai modi di produzione precedenti: in questi ultimi, il plusprodotto non veniva sistematicamente e prevalentemente reinserito nel processo di produzione. Per i signori feudali, per le burocrazie statali del modo di produzione asiatico, per i patrizi della Roma antica, per le proto-classi delle società di cacciatori-raccoglitori del paleolitico superiore etc., l'elemento preminente nella gestione del plusprodotto è il suo dispendio. Viceversa, nel MPC l'elemento predominante è l'investimento, nella fattispecie l'investimento in capitale costante (mezzi di produzione e materie prime). Quando si parla di accumulazione del capitale, si parla essenzialmente di questo.


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Pierluigi Fagan: VAR cognitivo

pierluigifaganfacebook

VAR cognitivo

di Pierluigi Fagan

Gli amanti del calcio sapranno esserci questa tecnologia che permette di vedere in modo ravvicinato presunti falli di gioco che possano determinare rigori, espulsioni ed altre punizioni. Il vantaggio è quello di andare molto vicino ai fatti, lo svantaggio è quello di perdersi l’intera dinamica di gioco. L’arbitro, che fino a prova contraria dovrebbe esser super partes, può valutare veniale un intervento visto che segue la dinamica di gioco. Ma se si isolano i frames del contatto incriminato, si può rilevare come il veniale sia invero letale. È la solita storia del testo e del contesto. Il testo dice delle cose il cui significato cambia se lo si mette in un contesto.

La strategia del discorso pubblico in accompagno agli eventi dell’ultimo mese e passa in quel di Ucraina, è stata preparata ed imposta ai solerti diffusori allineati come infervorati testimoni di Geova che scampanellano dai nostri media 7/24, imponendo il VAR cognitivo: c’è un aggredito ed un aggressore. È fallo! Poche ciance, è rigore, è netto, non c’è niente da discutere e chi vuole ancora discutere è troppo tifoso per esser preso sul serio. Anzi, non va fatto neanche parlare. Cos’è che non si vuol far vedere di più ampio in ciò che sta succedendo?


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Angelo d’Orsi: Falsi e veri lacchè

rifonda

Falsi e veri lacchè

di Angelo d’Orsi

In un post su Facebook il sottoscritto rilevava che una foto pubblicata da La Stampa, un paio di settimane fa, e spacciata, nella sostanza come opera dei russi, era invece una immagine (tra l’altro rubata al suo autore e pubblicata senza autorizzazione) che ritraeva una strage appena compiuta dagli ucraini in Donbass. E Il Fatto ne diede puntuale resoconto per la penna di Tommaso Rodano. Scrissi una lettera al direttore del quotidiano torinese Massimo Giannini per deprecare questo “errore” (per niente casuale), e Giannini andò in tv a raccontare che al suo giornale non interessa chi compia “la carneficina” (questo il titolo a tutta pagina de La Stampa), ma solo mostrare “gli orrori della guerra”. E non contento, lancia un tweet in cui insulta “pseudo storici, sedicenti giornalisti e miserabili lacchè di Santa Madre Russia”, con evidente riferimento al sottoscritto.

Vado, due giorni fa, al programma de La 7 “Piazzapulita”, di Corrado Formigli, il quale (dopo mezzanotte) mi dà la parola e dopo la prima mezza frase vengo interrotto da un gentiluomo a me ignoto, presentato come Stefano Cappellini (scopro poi essere addirittura “Capo della Redazione Politica de la Repubblica”).


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Zhang Yugui: Gli Stati Uniti hanno iniziato una guerra economica per mantenere la supremazia globale

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Gli Stati Uniti hanno iniziato una guerra economica per mantenere la supremazia globale

di Zhang Yugui (chinadaily.com.cn)

Tra tante chiacchiere fondate sulle veline del Pentagono (e, giù per li rami, tutte le “istituzioni subordinate”) vale sempre la pena di cogliere punti di vista alternativi. Naturalmente, non ci possono interessare le “dietrologie” (che combattiamo da sempre), né le letture semplicistiche di un problema complesso come una possibile guerra nucleare.

Abbiamo perciò deciso di tradurre questa analisi – di cui c’è un disperato bisogno, tra tanta “emotività” a costo zero – tratta dal China Daily (testata cinese alquanto autorevole, praticamente ufficiale) per informare su come altre potenze del mondo vedono gli eventi attuali.

Non si tratta ovviamente di stabilire quale sia il punto di vista sicuramente “giusto” sul piano politico e morale, ma di sapere cosa sta accadendo e come, con quali attori, per quali scopi.

Questa analisi si concentra inevitabilmente sul mondo finanziario a guida Usa. Perché quello è il motore ancora funzionante – insieme al complesso militare-industriale – di una superpotenza ormai a corto di argomenti e di appeal.

Buona lettura.


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Wu Ming: Per non dimenticare. Brevi note su Emergenza di Stato di Andrea Miconi

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Per non dimenticare. Brevi note su Emergenza di Stato di Andrea Miconi

di Wu Ming

Il libro di Andrea Miconi, Emergenza di Stato. Intellettuali, media e potere nell’Italia della pandemia (Giometti & Antonello, 2022, €12), è un testo necessario ma destinato a rimanere raro, forse unico.

Il motivo è presto detto: sarà difficile trovare ribadite le evidenze che in pochi abbiamo registrato durante i due anni di gestione emergenziale della pandemia di Covid19 in Italia, sovrastati com’eravamo dal frastuono della propaganda. È una pagina di storia – pubblica e personale – che tanti preferiranno rimuovere, mano a mano che le conseguenze di quella svolta si faranno più chiare.

Miconi ha riflettuto sulla gravità di quanto stava accadendo già in medias res, nel  pamphlet della primavera 2020 Epidemie e controllo sociale (Manifestolibri). Oggi il sociologo riprende quelle intuizioni e le mette in prospettiva, per dirci che in quei ventiquattro mesi è successo qualcosa di inedito nella vicenda pubblica e nella società italiana.


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Moni Ovadia: “Europa appecoronata agli Stati Uniti, in Ucraina guerra criminale come quella di Bush in Iraq”

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“Europa appecoronata agli Stati Uniti, in Ucraina guerra criminale come quella di Bush in Iraq”

Umberto De Giovannangeli intervista Moni Ovadia

Moni Ovadia è tante cose. Attore, cantante, musicista, scrittore. Soprattutto, è uno spirito libero che sa andare controcorrente, che non ha paura di “provocare”. E il suo j’accuse affidato a Il Riformista ne è una “esplosiva” riprova.

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C’è da avere un po’ di paura di fronte a un pensiero unico in divisa e con l’elmetto?

In divisa e con l’elmetto, seduti nel salotto, però. Sì, sempre c’è d’avere paura di queste cose, di un “pensiero” militarista e militarizzato, che finisce pure per “silenziare” un signore vestito di bianco che ha avuto l’ardire di dire in faccia ai politici nostrani arruolati dalla Nato parole che devono essere scolpite nei nostri cuori e rilanciare in ogni dove: “Pazzi, Pazzi” a voler aumentare, 40 miliardi, le spese di guerra. Sì, di guerra. Perché tali vanno considerate. Ma c’è una logica in questa follia…

 

E quale sarebbe?


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Laura Ruggeri: La Russia sta perdendo la guerra dell'informazione?

lantidiplomatico

La Russia sta perdendo la guerra dell'informazione?

di Laura Ruggeri - Strategic Culture

720x410c50huiyfrIl 10 marzo, quando il direttore della CIA Bill Burns si è rivolto al Senato degli Stati Uniti e ha dichiarato che "la Russia sta perdendo la guerra dell'informazione sull'Ucraina", ha ripetuto un'affermazione che era già stata amplificata dai media angloamericani dall'inizio delle operazioni militari russe in Ucraina. Sebbene la sua affermazione sia effettivamente vera, non ci dice perché e riflette principalmente la prospettiva dell'Occidente. Come al solito la realtà è molto più complicata.

L'abilità nella “guerra dell'informazione” degli Stati Uniti non ha eguali: quando si tratta di manipolare le percezioni, produrre una realtà alternativa e conseguentemente armare le menti del pubblico, gli Stati Uniti non hanno rivali. Anche la capacità, da parte degli USA, di dispiegare strumenti di potere non militari per rafforzare la propria egemonia e attaccare qualsiasi stato intenda metterla in discussione, è innegabile. Ed è proprio per questo che alla Russia non è rimasta altra scelta che quella dell'utilizzo dello strumento militare per difendere i propri interessi vitali e la propria sicurezza nazionale.

La guerra ibrida - e la guerra dell'informazione come parte integrante di essa - si è evoluta nella dottrina standard degli Stati Uniti e della NATO, ma non ha reso la forza militare ridondante, come dimostrano le guerre per procura. Con capacità di guerra ibrida più limitate, la Russia deve invece fare affidamento sul suo esercito per influenzare l'esito di uno scontro con l'Occidente che Mosca considera esistenziale. E quando la propria esistenza come nazione è a rischio, vincere o perdere la guerra dell'informazione nel metaverso occidentale diventa piuttosto irrilevante. Vincere a casa e assicurarsi che i propri partner e alleati comprendano la posizione e la logica dietro le proprie azioni ha, inevitabilmente, la precedenza.


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coniare rivolta: PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

coniarerivolta

PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

di coniare rivolta

pnrr3nmtAbbiamo provato a delineare quali sono alcune delle principali condizioni che l’Italia si è impegnata a soddisfare per avere accesso ai fondi del Recovery Fund. Ci eravamo però lasciati senza finire il discorso, che purtroppo ha ulteriori aspetti dirompenti e preoccupanti.

Per il profitto privato, il PNRR è anche un’occasione d’oro per consumare qualche vendetta, come quella sul referendum per l’acqua pubblica del 2011, quando 26 milioni di italiani sancirono la natura pubblica di questo bene di prima necessità e della sua gestione. Tra le condizioni da rispettare per il prossimo dicembre, infatti, si legge anche di una “Riforma del quadro giuridico per una migliore gestione e un uso sostenibile dell’acqua”, una misura “per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati”. Basta approfondire la documentazione del PNRR per scoprire che questo significa “rafforzare l’industrializzazione del settore favorendo la costituzione di operatori integrati, pubblici o privati e realizzando economie di scala per una gestione efficiente degli investimenti e delle operazioni”. Ecco che la prima tranche di Recovery Fund diventa un grimaldello per riformare la normativa sulla gestione dell’acqua favorendone la privatizzazione, affermando un modello di multiutility (da qui l’enfasi sulla natura integrata del servizio) che calpesta il diritto all’acqua per garantire l’accumulazione di profitti e rendite monopolistiche (da qui, invece, l’enfasi sulle economie di scala).

La foga liberalizzatrice e privatizzatrice del PNRR non si ferma, ovviamente, qui. Ci siamo, infatti, impegnati a riformare i dottorati “al fine di coinvolgere maggiormente le imprese e stimolare la ricerca applicata”, con lo scopo di “semplificare le procedure per il coinvolgimento di imprese e centri di ricerca e rafforzando le misure per la costruzione di percorsi di dottorato non finalizzati alla carriera accademica”.


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Eros Barone: La critica marxiana del misticismo logico hegeliano e la critica antirevisionista del feticismo democratico

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La critica marxiana del misticismo logico hegeliano e la critica antirevisionista del feticismo democratico

di Eros Barone

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              660x4002xLa fortuna del giovane Marx e il suo uso revisionista

Gli opportunisti del nostro tempo ripetono cose che i revisionisti della Seconda Internazionale avevano già scoperto. Per questo le critiche che Lenin fece ai Kautsky, ai Vandervelde, agli Otto Bauer, colpiscono giusto anche oggi. Anzi, come oggi il riformismo ha accentuato la sua funzione di agente del capitalismo e dell’imperialismo in seno alla classe operaia, nel senso che questo legame è diventato diretto e immediato, così ha perso in gran parte quella capacità teorica che distingueva pur sempre i revisionisti dell’epoca di Lenin. Oggi la mistificazione della essenza rivoluzionaria del marxismo è più grossolana e assai meno ‘dialettica’ di un tempo.

Per quanto concerne le opere giovanili di Marx e, segnatamente, la Critica della filosofia hegeliana e i Manoscritti economico-filosofici del 1844, occorre rilevare innanzitutto che esse sono state edite soltanto nei primi decenni del ventesimo secolo, cioè in un periodo in cui il marxismo si identificava praticamente con l’Internazionale Comunista e con la dittatura del proletariato in Unione Sovietica. Immediatamente, fin da quegli anni, e poi ancora più clamorosamente in séguito, il “giovane Marx” ebbe una fortuna insospettata in Europa occidentale e particolarmente in Germania. Intorno al 1930 il giovane Marx fu preda degli intellettuali socialdemocratici e non marxisti, che lo usarono in funzione anticomunista e antisovietica. Accadde così che per combattere la concezione, allora dominante (grazie alla grandiosa opera di Lenin e, poi, di Stalin) del marxismo come scienza e del socialismo come movimento rivoluzionario tendente ad instaurare la dittatura del proletariato, fu “scoperto” un Marx “umanista”, “democratico”, “storicista”, “moralista”. Il terreno favorevole a questa operazione, del resto, era già stato inconsapevolmente preparato con successo negli anni Venti dall’“ultrasinistrismo” di filosofi (“piccolo-borghesi”, secondo il giudizio di Stalin) come György Lukács e Karl Korsch, che avevano teso a sottolineare gli aspetti soggettivistici, volontaristici, antipositivistici, del pensiero marxiano.


 

 

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Apr 14, 2022, 8:04:21 AM4/14/22
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Ascanio Bernardeschi: La parabola dell’economia politica dalla scienza all’ideologia

la citta
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La parabola dell’economia politica dalla scienza all’ideologia

di Ascanio Bernardeschi

1159f95dad2c700aebdcc3993541e6d0 XLI. La fisiocrazia

Questa prima parte è dedicata ai fisiocratici e in particolar modo al Tableau économique di Quesnay

Anche se già nell’antichità non mancarono riflessioni sull’attività umana volta a produrre e riprodurre la società, come per esempio con Aristotele che tese a distinguere fra economia e crematistica, quest’ultima intesa come accumulazione di ricchezza misurata in denaro e considerata attività innaturale, Marx aveva ben chiaro che si può parlare di economia politica come scienza autonoma solo con l’affermarsi del modo di produzione capitalistico. Nelle società precedenti, infatti, la riproduzione sociale era governata da regole fisse, i rapporti di dipendenza erano rapporti personali stabiliti per legge o per volontà divina e inderogabili e lo sfruttamento era ben visibile, senza la necessità di dotarsi di una scienza: 

“La corvée si misura col tempo, proprio come il lavoro produttore di merci, ma ogni servo della gleba sa che quel che egli aliena al servizio del suo padrone è una quantità determinata della sua forza-lavoro personale. La decima che si deve fornire al prete è più evidente della benedizione del prete” [1].

Con l’affermarsi del modo capitalistico di produzione, i rapporti sociali perdono la caratterizzazione di rapporti di dipendenza personale, gli uomini sono tutti liberi e uguali di fronte alla legge e occorre la scienza per indagare come, sotto la superficie di rapporti paritari nel mercato, sussista la dipendenza di carattere economico e lo sfruttamento. Per questo motivo gli albori dell’economia politica coincidono con l’affermazione di questo modo di produzione.


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Benedetta Piola Caselli: "I dati sui profughi ucraini sono impossibili da un punto di vista logico"

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"I dati sui profughi ucraini sono impossibili da un punto di vista logico"

Francesco Santoianni intervista Benedetta Piola Caselli

720x410c50njiu9fgUcraina: basta con il giornalismo di guerra ridotto a mera propaganda! È il sorprendente appello di dodici corrispondenti di guerra italiani (tutti provenienti da media mainstream) pure loro verosimilmente inorriditi dai reportages di tanti giornalisti italiani diventati meri cantori della narrativa atlantista. 

Tra i pochi che sono sfuggiti a questo destino, Benedetta Piola Caselli, avvocato di Roma che, con le credenziali di un quotidiano nazionale, si è recata due volte in Ucraina realizzando video-reportages tutti pubblicati sul suo profilo Facebook. Video da vedere assolutamente anche perché costituiscono uno dei rari esempi di giornalismo teso a capire, dietro la propaganda, cosa sta veramente succedendo. L’abbiamo intervistata.

"La situazione che ho trovato è stata totalmente diversa da quella che credevo di trovare, e che avevo immaginato guardando la televisione e leggendo i giornali. Innanzitutto, io avevo capito che gli ucraini fossero tutti impegnati in guerra. In realtà, anche se tutti gli uomini fra il 18 e i 60 anni non possono lasciare il paese, solo l’esercito professionale e i volontari stanno combattendo, mentre gli altri sono ancora coinvolti nella gestione normale del paese. 

Nessuna coscrizione obbligatoria è ancora in atto, perché la legge prevede quattro livelli di mobilitazione (esercito, riserva, carcerati, mobilitazione generale) e siamo ancora al livello 1.

Oltre a questo, salvo che sulle linee del fronte, la vita continua normalmente con le due eccezioni del coprifuoco e delle sirene antiaeree, che suonano continuamente.

I corrispondenti spesso confondono le sirene con i raid, ma sono cose molto diverse. Per esempio, a Leopoli dal 26 febbraio ad oggi gli allarmi antiaerei sono suonati 74 volte, ma i raid sono stati 3 e tutti su obiettivi militari.


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Erika Bussetti: OMS. La salute globale che piace ai ricchi

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OMS. La salute globale che piace ai ricchi

Profitti con la beneficenza

di Erika Bussetti

I privati dentro l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quanto finanziano e cosa finanziano? Che potere decisionale hanno all’interno dell’Agenzia? Perché danno denaro all’OMS? Data journalism: leggiamo i numeri

Gates
            FoundationNel 1948 entra in funzione l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, o WHO, World Health Organization), l’agenzia dell’ONU che, secondo il suo Statuto, ha come obiettivo principale il raggiungimento del più alto livello di salute possibile da parte di tutte le popolazioni mondiali, indipendentemente da razza, religione, credo politico, condizione economica e sociale. Ha sede a Ginevra e ne fanno parte 194 Stati. Attualmente è guidata dall’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus. Le macro aree su cui lavora riguardano il rafforzamento della copertura sanitaria universale, la prevenzione e l’intervento in caso di emergenze sanitarie e, più in generale, il raggiungimento di salute e benessere fisico, mentale e sociale a livello globale.

La pandemia da Covid-19 ha portato alla ribalta del discorso politico, internazionale e non solo italiano, il tema della sanità: smantellata e svenduta ai privati negli ultimi decenni di neoliberismo, si discute di come debba tornare a essere pubblica ed efficiente, con investimenti nei servizi sanitari nazionali. L’OMS è un’istituzione pubblica di diritto internazionale: a rigor di logica, visto anche il peso della sua voce, nel bene e nel male, in caso di emergenze sanitarie, dovrebbe essere finanziata dagli Stati stessi. Al contrario, sta in piedi grazie ai soldi di realtà private. Quel che occorre capire è quale potere decisionale hanno queste ultime all’interno dell’agenzia e perché danno denaro all’OMS. Beneficenza? Non sembra proprio. Leggiamo i numeri.


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Roberto Buffagni: La “democrazia” della signora Pina siamo noi occidente

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La “democrazia” della signora Pina siamo noi occidente

di Roberto Buffagni

Ieri è successa una cosa che mi ha colpito molto.

L’europarlamentare Francesca Donato interviene in aula e chiede un’inchiesta indipendente sulla strage di Bucha.

La vicepresidente dell’europarlamento Pina Picierno, una piddina che mai sinora richiamò la mia attenzione, la interrompe e la rimprovera battendo il pugno sul tavolo perché “quest’aula in nessun modo può divenire il megafono di posizioni che sono assolutamente non accettabili. […] Il massacro di Bucha è sotto gli occhi di tutti e non possiamo accettare che in quest’aula venga messo in discussione addirittura questo. […] quest’aula non è equidistante […] se ne faccia una ragione”.[1]

La signora Pina - una piddina di provincia dalla quale nessuno mai attese decisioni epocali - in un minuto e mezzo colpisce sotto la chiglia e affonda secoli di pluralismo politico, la democrazia parlamentare, il liberalismo, la Magna Charta, Westminster, forse anche le bianche scogliere di Dover.


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Salvatore Bravo: Marx lettore di Spinoza

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Marx lettore di Spinoza

di Salvatore Bravo 

Comprendere Marx significa spostarsi in modo sincronico nella sua complessiva impostazione teorica. Vi sono cesure, ma specialmente linee di continuità che vanno rintracciate per ricostruire il senso dell’opera marxiana nella sua ispirazione umanistica. Il comunismo abbozzato nel cantiere Marx ipotizza il soggetto emancipato dalle strutture di sussunzione materiale e formale, non più né obbedientedisobbediente, in quanto vive la pienezza delle sue possibilità e del suo conatus in un quadro politico senza le forme gerarchiche dell’obbedienza nella forma dello Stato, della proprietà capitalistica e della religione. La trinità dell’obbedienza non può che produrre negazione e alienazione.

Marx lettore spinoziano, dunque, in quanto il soggetto può relazionarsi al mondo in modo fecondo per ricrearlo soltanto se perviene a se stesso dopo un lungo processo dialettico nel quale ha vissuto, pensato e razionalizzato la liberazione dalle mordacchie delle superstizioni e della naturalizzazione del sistema capitale. Ogni feticismo è una forma di religione irriflessa e dunque non riconosciuta.


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Toni Capuozzo: "Non voglio vederlo"

lantidiplomatico

"Non voglio vederlo"

di Toni Capuozzo*

Mi trattengo. Come tutti posso commettere degli errori, ma ci sono errori che so di non voler fare. Ho davanti un video, girato nei dintorni di Bucha, di un’imboscata ucraina a un gruppo di soldati russi in ritirata. I soldati russi sono a terra, e dalle pozzanghere di sangue e dalla gola di qualcuno si capisce che sono stati sgozzati. Gli ucraini si aggirano tra loro, uno a terra muove un braccio, gli sparano. E’ la scena di un piccolo crimine di guerra. Che senso ha mostrarla ? Entrare nella curva delle tifoserie contrapposte ? Far vedere che gli ucraini, per quanto aggrediti, non sono dei boy scout ? Bilanciare il piatto dei crimini commessi ? Lo conservo, quel filmato. perché si vedono i volti degli autori, fieri, mentre dicono “Gloria all’Ucraina”, e magari un giorno ci sarà una piccola inchiesta (il video è loro, non è rubato, è esibizione tronfia). No, non aggiunge nulla che io già non sappia: la guerra peggiora tutti, giorno dopo giorno, e anche se agli ignoranti sfugge, in guerra i nemici tendono ad assomigliarsi, alla fine: odio e paura, vendetta per l’amico ucciso, perdita dell’innocenza.


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comidad: La lobbycrazia americana

comidad

La lobbycrazia americana

di comidad

Perché il presidente USA non perde mai occasione per “bruciarsi” come interlocutore delle altre grandi potenze? Le dichiarazioni di Joe Biden in Polonia hanno sconcertato molti commentatori, alcuni dei quali hanno parlato di “chiacchiere da bar”.

Collocando però quelle dichiarazioni nel loro contesto, si può forse capire qualcosa di più. Nello stesso periodo in cui Biden era in corsa per l’elezione, nel settembre 2020, una commissione del senato statunitense stilava un rapporto sui conflitti di interesse e sui casi di corruzione legati all’attività del figlio di Biden Hunter in Ucraina, soffermandosi sui suoi rapporti con Burisma, una società privata cipriota, che è anche la principale azienda energetica che opera in Ucraina. Il testo, disponibile in PDF, è impressionante per i dettagli. La relazione della commissione senatoriale non venne ritenuta sufficientemente attendibile e non determinò ostacoli all’elezione di Biden. La quantità di fatti elencati nel rapporto era comunque tale da tenere sulla corda Biden, e infatti in questi giorni i due maggiori quotidiani statunitensi stanno riportando all’attenzione il caso di Hunter Biden.


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Federico Giusti: L’inesorabile perdita di potere di acquisto dei salari

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L’inesorabile perdita di potere di acquisto dei salari

di Federico Giusti

Perché nessuno parla di cancellare il codice Ipca? Per gli stessi motivi per i quali il sistema contributivo continua a essere il faro guida della previdenza con un calcolo che fa perdere ai pensionati potere di acquisto. E così i futuri assegni previdenziali saranno di poco superiori alla metà dell’ultimo stipendio, una autentica miseria senza contare che usciremo dal mondo lavorativo alle soglie dei 70 anni di età

Correva l’anno 2008 quando Cgil, Cisl e Uil presentarono al governo un documento unitario per riformare la contrattazione. In quel documento scrissero che al posto dell’inflazione programmata, in vigore fin dal 1993 con il governo Ciampi (prima ancora si indicizzava con l’inflazione reale), sarebbe stato preferibile un nuovo meccanismo per calcolare  l’inflazione e di conseguenza gli aumenti contrattuali.

Ma invece di reintrodurre la scala mobile con meccanismi certi di recupero del potere di acquisto preferirono parlare di “inflazione realisticamente prevedibile” ossia il codice Ipca (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi dell’Unione) che restava ancorato ai meccanismi comunitari di contenimento dell’inflazione e della dinamica contrattuale.


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Rosso Malpelo: E guerra sia

letadeldisordine

E guerra sia

di Rosso Malpelo

I conflitti mondiali sono sempre forieri di rivoluzioni e guerre civili. La rivoluzione d’Ottobre avvenne proprio nell’ultimo anno della prima guerra mondiale, pure con un piccolo aiutino dei tedeschi che agevolarono il rientro in patria di Lenin, a cui seguirono cinque anni di feroce guerra civile, sostenuta anche dalle potenze vincitrici. In Italia una delle principali conseguenze del primo conflitto mondiale fu l’avvento del fascismo.

La guerra civile italiana fece seguito alla deposizione del duce da parte del re ed il successivo cambio d’alleanze del nostro paese, mentre le sorti del secondo conflitto mondiale volgevano in nostro sfavore sia sul fronte africano che su quello russo e gli angloamericani erano appena sbarcati in Sicilia. Le forze fasciste si raccolsero, con il supporto nazista, nella Repubblica Sociale Italiana, in nord Italia, permanendo in guerra sia con gli angloamericani che con tutti quegli italiani passati dall’altra parte e divenuti antifascisti. Quella guerra civile parallela durò due anni, alla fine i nazifascisti vennero sconfitti ed il paese poté iniziare una qualche pacificazione, sempre sotto l’egida degli americani, che da allora non hanno più abbandonato militarmente il Belpaese.


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Roberto Bonuglia: La nuova pandemia: il tifo da stadio nel conflitto russo-ucraino

theunconditional

La nuova pandemia: il tifo da stadio nel conflitto russo-ucraino

di Roberto Bonuglia

Vagliando le più diverse e accreditate chiavi di lettura geopolitica del conflitto russo-ucraino perchè la realtà fattuale suggerisce un’analisi leggermente diversa 

taylor callery downDisclaimer. Attenzione, spoiler: le scorciatoie mentali del lettore acritico e resistente al cambiamento di opinione potrebbero funzionare male una volta attivata la modalità di ragionamento del sistema in virtù del reframing proposto in questo articolo.

Le più accreditate chiavi di lettura geopolitica del conflitto russo-ucraino ‒ una su tutte, quella del The New York Times [1] ‒ hanno iniziato a tessere le lodi di un’Europa che, grazie alla vicenda, si sia ricompattata liberandosi dell’approccio weimariano che ha, da sempre, contraddistinto la sua politica estera de facto inesistente dal punto di vista dell’unitarietà e della coerenza. Ma la realtà fattuale suggerisce un’analisi leggermente diversa.

D’altra parte, un paio d’anni fa, un articolo su La Stampa lo ricordava agli smemorati siberiani [2]: «la politica estera dell’Ue non esiste e mai s’è vista. Per i capi di Stato e di governo che ne parlano ai vertici e nei Parlamenti è ‒ a seconda della geografia e delle vocazioni storiche ‒ una vanagloriosa foglia di fico sulla volontà di far da sé («Si parli con una voce sola»); una scusa per guadagnare tempo nei giorni peggiori («Chiediamo una missione comunitaria»); un aiuto per frenare sul processo d’integrazione («L’Ue è un pozzo per soldi dei contribuenti»)» [3].

Possibile, quindi, che oltre a far dimenticare il Covid-19 ‒ come risulta dal ribaltone nel web delle interazioni e delle ricerche sulla pandemia [4], nonché l’abbandono dei tormentoni “vax/no-vax” e “Gp/no-Gp” nei talk show televisivi ‒ il «baffone 2.0 del Terzo millennio» [5] che in molti incensano abbia avuto anche il taumaturgico merito di dare all’Ue uno straccio di linea coerente in politica estera? Quell’Ue, insomma, che solo qualche mese fa non è stata neppure informata da Biden delle decisioni strategiche degli USA in Afghanistan e ai cui Stati membri «impone di continuare a perseguire linee di politica economica “neo liberiste”, mentre […] gli USA […] sperimentano linee “neo-keynesiane” per sorreggere l’occupazione» [6]?


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Philip Seufert: La pandemia COVID-19, l'espansione del controllo digitale e le implicazioni politiche

sinistra

La pandemia COVID-19, l'espansione del controllo digitale e le implicazioni politiche

di Philip Seufert

192430113 4bfeb019 0fb2 4678 aa6a 03b979f9a4a4Questo testo contiene alcune riflessioni sull'espansione del controllo digitale attraverso i passaporti COVID1 e le relative implicazioni politiche. Si concentra sull'Italia perché questo paese è stato il primo in Europa a rendere obbligatorio il cosiddetto Green Pass per accedere al posto di lavoro. Al momento di ultimare il testo, diversi stati europei hanno introdotto in un modo o nell'altro il passaporto COVID, anche se le modalità e l'applicazione variano da paese a paese.

I paragrafi seguenti non entreranno nel merito della questione se i passaporti COVID in generale e il Green Pass italiano in particolare siano misure efficaci per contenere le infezioni da virus SARS- CoV-2 né si parlerà del contributo della vaccinazione (di massa) per affrontare la pandemia di COVID-19. Cercheranno piuttosto di analizzare gli aspetti politici e sociali del Green Pass italiano. Il documento pone l’accento sulla natura discriminatoria della misura e descrive l'infrastruttura (digitale) di controllo e sorveglianza che è stata messa in atto per rendere operativo il Green Pass. Infine, descrive come questo comporti un cambiamento significativo nel modo di intendere i diritti, che vengono riformulati come "libertà autorizzate". L'articolo si conclude con alcune riflessioni sulla complessità della contestazione contro le misure prese da molti stati per contrastare la pandemia COVID-19.

Tutte queste riflessioni sono state scritte con la convinzione che sia fondamentale prendere coscienza delle implicazioni più profonde e a lungo termine delle misure che vengono introdotte nell'attuale "situazione di emergenza", perché sono suscettibili di rimodellare i nostri sistemi politici ben oltre la pandemia.

 * * * *

1. “La più grande opera di digitalizzazione mai fatta”: una breve storia del Green Pass italiano


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Giacomo Marchetti: Crisi, guerra e conflitto sociale

contropiano2

Crisi, guerra e conflitto sociale

di Giacomo Marchetti

L’invasione russa del 24 febbraio ha fatto fare un salto di qualità alle sotterranee contraddizioni di questo modello di sviluppo e sta scuotendo il quadro delle relazioni internazionali.

Per ciò che concerne il nostro paese, ha reso palesi alcune caratteristiche dell’attuale esecutivo e delle forze che lo compongono, azzerando qualsiasi velleità di margine di manovra rispetto ai diktat dettati dalle oligarchie europee e dagli imperativi decisi in sede dell’Alleanza Atlantica.

Nella ricerca di questo punto di equilibrio tra fedeltà a Washington e a Bruxelles, quello che non è contemplato è l’ascolto della maggioranza della popolazione, comprese quelle porzioni sociali che avevano trovato nella variante populista – pentastellata o leghista – il possibile sbocco alle proprie aspirazioni contro l’establishment politico; e meno ancora quelle parti di società che ancora identificavano “la sinistra” come un campo politico in grado di esprimere uno scampolo di valori progressisti, ma che ora ha messo sfacciatamente l’elmetto.

L’Italia, infatti, ha assunto il profilo di uno Stato co-belligerante all’interno del conflitto ucraino, e si è allineato alla generale politica di riarmamento dell’asse franco-tedesco.


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nlp: Il caldo mito del fallimento della guerra lampo russa

codicerosso

Il caldo mito del fallimento della guerra lampo russa

di nlp

La riproposizione del mito di Sparta in 300 di Zack Snyder ci ha riportato, da tempo, ai racconti fondativi sul rapporto tra oriente e occidente e a quello tra mito, guerra e organizzazione sociale così come si consumato nell’antichità. E, se guardiamo bene, questi temi vengono riproposti nella nostra contemporaneità visto che proprio il film di Snyder ha rappresentato una rilettura mitopoietica, di costruzione delle origini della frattura storica tra occidente e oriente a partire dallo scontro tra le città ateniesi e l’impero di Serse attorno al 480 a.c.

Il film, a suo tempo, fu stroncato brutalmente dal Guardian che lo definì una qualcosa di  buono solo “per l’agenda dei neoconservatori” mentre, all’uscita del sequel, nel 2014, non mancarono letture critiche che lo ritennero  adatto per rappresentare il bisogno politico di una nuova frattura culturale fondando mitologicamente  l’allora nascente scontro tra occidente e Russia. Il punto che, qui,  lega mitologia popolare digitale di Snyder  e miti storici sulla città guerriera ateniese è quindi di serio interesse: si tratta della costruzione di narrazioni  sull’unicità di Sparta, in termini di efficienza militare e di rispetto della democrazia,  nei racconti fondativi dell’antichità come nell’uso di Snyder che, con forza, rielabora questi racconti a fondazione di un primato antropologico non rovesciabile dell’occidente verso l’oriente.


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Wu Ming: Invadere l’Ucraina è brutto? Dipende: se l’invadiamo noi è eroico. Buoni 26 di gennaio!

giap3

Invadere l’Ucraina è brutto? Dipende: se l’invadiamo noi è eroico. Buoni 26 di gennaio!

di Wu Ming

Da oggi, grazie ai nostri parlamentari – gli stessi parlamentari che da settimane condannano a gran voce e con l’elmetto in testa l’invasione dell’Ucraina – ogni 26 gennaio si celebrerà l’eroismo delle forze d’invasione nazifasciste che ottant’anni fa misero l’Ucraina – e con essa un bel pezzo di Urss – a ferro e fuoco.

L’indomani, 27 gennaio, si spremerà la lacrimuccia sulla Shoah. Perfetto.

Lo abbiamo fatto notare più volte: a colpi di “sdoganamenti” e celebrazioni nazionaliste e militariste si è ormai sfondata ogni barriera.

In questa mossa, tuttavia, c’è un surplus di ipocrisia che lascia attoniti persino noi che ormai ci aspettiamo qualunque cosa.

Sì, perché al mantra di tutto il mainstream «un popolo invaso ha diritto di difendersi» è stata aggiunta senza il minimo pudore la precisazione finora rimasta implicita: «salvo il caso in cui a invadere siamo noi».

E il caso vuole che sia lo stesso popolo.


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Marco Veronese Passarella: Inflazione: la lotta di classe è l'elefante nella stanza

fondazionefeltrinelli 

Inflazione: la lotta di classe è l'elefante nella stanza

di Marco Veronese Passarella

“L’inflazione è sempre e ovunque un fenomeno monetario” – così ammoniva Milton Friedman nella sua celebre Storia monetaria degli Stati Uniti (1867-1960), scritta a quattro mani con Anna Schwartz. In termini semplici, l’inflazione sarebbe da attribuire al fatto che la base monetaria immessa dalla banca centrale nel sistema economico e i depositi bancari creati su quella base crescerebbero più rapidamente della produzione reale.

Troppa moneta spalmata su pochi prodotti causerebbe una crescita generalizzata del loro valore nominale: è questa la cosiddetta teoria quantitativa della moneta, elaborata da David Hume alla metà del Settecento e rilanciata proprio da Milton Friedman ed altri economisti della Scuola Monetarista negli anni sessanta del Novecento.

Se le cose stessero effettivamente così, la banca centrale sarebbe sempre in grado di regolare il livello generale dei prezzi agendo sulla base monetaria e, tramite questa, sull’offerta complessiva di liquidità – giusta la teoria del moltiplicatore monetario.


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Salvatore Bravo: Metafisica e guerra

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Metafisica e guerra

di Salvatore Bravo

La guerra di questi giorni necessita di una lettura storica e filosofica. La lettura storica ricostruisce gli eventi in modo olistico, mentre la filosofia deve svolgere un lavoro archeologico. La guerra non è uno stato di eccezione, è la normalità dell’Occidente capitalistico, da Hobbes fino a giungere al tempo presente la guerra si svolge all’interno dei confini degli stati o tra gli stati. Ogni guerra è un episodio della storia della crematistica divenuta “la storia” dell’occidente planetario. Lo scopo di ogni atto di guerra personale o collettivo è il perseguire interessi privati o lobbistici, è la potenza della dismisura a guidare intenzioni, gesti, parole e armi. Bisogna far emergere il non detto, il paradigma all’interno del quale ci si muove, si pensa e si agisce. La ragione strumentale è ormai azione priva di limiti supportata dal pensiero debole, che crede nel solo calcolo utilitaristico e nella logica computazionale.

La verità è solo un accidente del passato, senza il fondamento metafisico, non vi è verità-bene, per cui la ragione strumentale da essere frammento dell’attività umana è divenuta totalità illimitata. La guerra tra Ucraina e Russia è un evento interno alla storia del nichilismo europeo e planetario che persegue l’onnipotenza economica.


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Apr 16, 2022, 9:09:37 AM4/16/22
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Raffaele Sciortino: Guerra e scongelamento della crisi globale

kamomodena

Guerra e scongelamento della crisi globale

di Raffaele Sciortino

IMG 20220413 003803 119Il mondo che conoscevamo prima del 24 febbraio 2022, oggi, non esiste più.

È a partire da questo dato di fatto, terrificante nella sua chiarezza, che il 2 aprile abbiamo voluto organizzare un momento di discussione, a Modena, sul mondo di domani, la guerra in Europa e il destino della globalizzazione, di cui oggi cominciamo a riportare gli interventi. Due invitati d’eccezione: Raffaele Sciortino, autore di I dieci anni che sconvolsero il mondo. Crisi globale e geopolitica dei neopopulismi (Asterios 2019) oltre che di numerosi altri contributi, e Silvano Cacciari, della redazione di «Codice Rosso» di Livorno e autore di La finanza è guerra, la moneta è un’arma (in uscita a breve per La Casa Usher). Una discussione di alto livello quindi – o tutto o niente, ormai dovreste conoscerci –, per capire quella che è la “temperatura” del sistema capitalistico globale, al netto del riscaldamento climatico e dei “condizionatori spenti”; un “provare la febbre” a una fase che, già prima della precipitazione ucraina, appariva torrida, e che la messa in mora di un nuovo conflitto armato dentro l’Europa, tra attori e potenze mondiali sull’orlo della crisi di nervi, non può che “accompagnare solo” (cit.) al punto estremo di fusione.

Non ci interessa ripetere la cronaca della guerra o dare cristalline indicazioni politiche. Ci muove, per ora, l’urgenza di possedere la complessità di tendenze, traiettorie e scenari. Sebbene questa crisi sia (fino adesso) localizzata in Ucraina, si dispiega infatti su vari livelli – militari, economici, geopolitici – che abbracciano il mondo intero, sia fisico che immateriale; che chiamano in causa l’egemonia del dollaro, l’ascesa della Cina, la decadenza occidentale – anche se ben vedere ci sono tanti Occidenti, e questa crisi mette in luce i diversi loro interessi: l’Europa, dell’Ovest e dell’Est, quella mediterranea, la Russia eurasiatica, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il resto dell’anglosfera, e via discorrendo.


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Gandolfo Dominici: La guerra del Draghistan

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La guerra del Draghistan

di Gandolfo Dominici[1] 

720x410c50noiywsdfNella neolingua dell’orwelliana colonia atlantista del sultanato del Draghistan la guerra si chiama pace e per ottenerla basta spegnere i termosifoni e l'aria condizionata.

Infatti, il sultano del Draghistan è passato dal suo già mirabile “non ti vaccini, muori e fai morire” all'altrettanto laconico e tranchant “Preferite la pace o l’aria condizionata?”. Qualcosa che suona come “accendi l’aria condizionati e uccidi un bambino ucraino”.

Poco importa che anche un bambino di due anni possa notare la mancanza di nesso logico tra l'aria condizionata (quindi le implicite sanzioni finalizzate al  non comprare il gas russo) e una trattativa per ottenere la pace con la Russia.

Logica vorrebbe che per ottenere quella che nella paleo-lingua italiana si definiva “pace” sarebbe opportuno creare un clima di distensione per favorire il dialogo che difficilmente si può ottenere con sanzioni o, peggio ancora, inviando armi ad una delle due fazioni in conflitto.

Ma - evidentemente - i padroni di oltre oceano non vogliono questo, e il sultano della colonia del Draghistan - insieme al coro degli altri suoi omologhi europei - obbedisce incurante delle disastrose conseguenze economiche, sociali e (sperando che mai avvenga) militari.

Sempre nella scuola di Orwell, e come nel caso della precedente emergenza (o per meglio dire “stato di eccezione”) Covid, allo Stato ed alla stampa occorre generare paura e odio per un nemico cosicché, per combatterlo, bisognerà obbedire. Così, mentre nel caso del Covid il nemico erano (e per inerzia lo sono ancora) i “no-vax”,  ora il nemico è un paese “avversario” che è tale per volontà di chi comanda.


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Ellen Brown: L’imminente rivoluzione finanziaria globale: la Russia segue il copione americano

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L’imminente rivoluzione finanziaria globale: la Russia segue il copione americano

di Ellen Brown

Ellen Brown ha scritto un articolo imperdibile che spiega con rara lucidità quale sia la posta in gioco dello scontro in atto tra Russia e Stati Uniti. Se in Italia esistesse ancora un giornalismo economico (o anche solo un giornalismo), di questo si dovrebbe parlare. Nessun paese ha sfidato con successo l’egemonia globale del dollaro USA prima d’ora. L’articolo originale in inglese è nel suo blog e qui di seguito eccone la traduzione.

EllenBrownI critici stranieri hanno sempre stigmatizzato il “privilegio esorbitante” che ha il dollaro USA come valuta di riserva globale. Gli Stati Uniti possono emetterla sostenuti nient’altro che dalla “piena fede e credito degli Stati Uniti “. I governi stranieri, avendo bisogno di dollari, non solo li accettano nel commercio, ma acquistano titoli statunitensi, finanziando efficacemente il governo statunitense e le sue guerre estere.

Ma nessun governo è stato abbastanza potente da rompere quell’accordo fino ad ora. Come è successo e cosa significherà per gli Stati Uniti e le economie globali?

 

L’ascesa e la caduta del petrodollaro

Innanzitutto, un po’ di storia: il dollaro USA è stato adottato come valuta di riserva globale alla conferenza di Bretton Woods nel 1944, quando il dollaro era ancora sostenuto dall’oro sui mercati globali. L’accordo prevedeva che l’oro e il dollaro sarebbero stati accettati in modo intercambiabile come riserve globali, i dollari sarebbero stati convertibili in oro su richiesta a $ 35 l’oncia. I tassi di cambio di altre valute sono stati fissati rispetto al dollaro.

Ma quell’accordo è stato rotto dopo che la politica “guns and butter” del presidente Lyndon Johnson ha esaurito le casse degli Stati Uniti finanziando sia la guerra in Vietnam che i suoi programmi sociali “Great Society” all’interno. Il presidente francese Charles de Gaulle, sospettando che gli Stati Uniti stessero finendo i soldi, cambiò gran parte dei dollari francesi in oro. Altri paesi seguirono il suo esempio o minacciarono di farlo.


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coniarerivolta: La notte nera dove tutti i keynesiani sono neri

coniarerivolta

La notte nera dove tutti i keynesiani sono neri

di coniarerivolta

Da qualche settimana è scoppiata una guerra tra Ucraina e Russia, che esplicita un conflitto che va avanti dal 2014 ed è infine sfociato in un’invasione da parte dei russi. Questa guerra coinvolge indirettamente anche gli Stati Uniti, la NATO e i Paesi UE, in un quadro internazionale segnato da un livello di conflittualità crescente, caratterizzato anche dalla tensione tra Stati Uniti e Cina.

Una delle reazioni del blocco occidentale è stato aumentare le ‘sanzioni’ economiche verso la Russia, colpendo transazioni economiche e finanziare, esportazioni e importazioni, escludendo in parte la Russia dalla rete di pagamenti internazionale SWIFT. Non siamo di fronte a una novità. Molti altri Paesi nel mondo sono sottoposti a ‘sanzioni’ più o meno forti da parte degli USA: Bielorussia, Cipro, Cina, Corea del Nord, Yemen, Iran, Iraq, Afghanistan, Siria, Cuba, Venezuela, Nicaragua, Eritrea, Libia, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, etc. Praticamente un terzo del mondo è sottoposto a questo tipo di sanzioni.

Un altro effetto collaterale di questa guerra è stato l’annuncio dell’aumento delle spese militari in vari Paesi europei, in particolare Germania e Italia, che rientra negli accordi sottoscritti all’interno dell’ambito della NATO ed ha già portato negli ultimi anni a un graduale incremento delle risorse dedicate alla difesa.


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Marinella Mondaini: Kramatorsk, crolla miseramente la propaganda dei fautori della terza guerra mondiale

lantidiplomatico

Kramatorsk, crolla miseramente la propaganda dei fautori della terza guerra mondiale

di Marinella Mondaini

Il portavoce del Ministero della Difesa, il generale maggiore Igor Konascenko, durante il briefing serale ha dichiarato che in base alle intercettazioni radiofoniche, nei territori occupati della città di  Mariupol’ ci sono, oltre ai nazisti del battaglione Azov e rimanenze dell’Esercito ucraino, anche un significativo numero di mercenari stranieri.  

Le trattative con loro vengono fatte oltre che in russo e ucraino, anche in sei lingue straniere, per lo più europee. E’ evidente che a Mariupol’ sono bloccati non i difensori dei cosiddetti “valori europei”, ma i mercenari stranieri che sono venuti a uccidere gli slavi per i dollari degli americani, usando lo scudo umano dei civili pacifici.

Il regime nazista di Kiev è si è rifiutato di evacuare i mercenari da Mariupol’, ma la città verrà certamente liberata dalle milizie del Donbass insieme alle Forze armate russe”, ha detto Konascenko.

Il Ministero della Difesa russo ha confermato e fornito maggiori prove che il missile “Tocka U”, le vittime del quale sono state 50 persone oggi a Kramatorsk, città controllata dall’Ucraina, è stato lanciato dalle posizioni delle forze armate ucraine. 


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Francesco Cappello: Emergenze parallele. Continua la guerra di Draghi al nostro Paese

seminaredomande

Emergenze parallele. Continua la guerra di Draghi al nostro Paese

di Francesco Cappello

Non so se sia del tutto chiaro ma siamo ormai pienamente parte del conflitto ucraino. Siamo in guerra contro la Russia grazie alle decisioni di Draghi avallate dalla sua corte di vassalli.

Forniamo armi a Kiev mentre ci siamo proposti quali protagonisti principali della guerra economica contro la Russia seppure le sanzioni predisposte hanno il potere di danneggiare seriamente più il nostro Paese che la federazione russa.

Il guerriero Draghi, l’uomo che guarda lontano, dice che: “se dovessero cessare le forniture russe oggi, noi comunque fino a tardo ottobre siamo coperti dalle nostre riserve quindi le conseguenze non le vedremmo fino all’autunno. Questa è la prima cosa da sapere nello stesso momento in cui, Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, afferma che già oggi (con il gas russo che continua ad alimentare il nostro sistema industriale): “Il 16% delle imprese ha ridotto o interrotto le produzioni. Se continuiamo cosi’ si aggiungera’ un altro 30% nei prossimi mesi (…) oggi non possiamo piu’ reggere. Produrre e’ diventato antieconomico“.


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Marinella Correggia: Il Falso delle "fosse comuni" e l'espulsione dal Consiglio diritti umani Onu

lantidiplomatico

Il Falso delle "fosse comuni" e l'espulsione dal Consiglio diritti umani Onu

Il precedente della Libia nel 2011

di Marinella Correggia

Il 25 febbraio 2011 – poche settimane prima dell’avvio dei bombardamenti Nato - la Libia viene espulsa dal Consiglio dei diritti umani Onu di Ginevra, ed è la prima volta nella storia di quest’organo dell’Onu, i cui membri sono a rotazione.  La Russia è dunque arrivata seconda. Si vede che tutti gli altri paesi sono buoni, anche chi ha martoriato interi popoli a suon di bombe e sfruttamento coloniale.

Nel caso libico, strumentalmente si rivela utilissima la richiesta di 70 Ong “Appello urgente ai leader mondiali per fermare le atrocità in Libia” (https://unwatch.org/urgent-ngo-appeal-to-world-leaders-to-prevent-atrocities-in-libya/). Nella richiesta si riportano “notizie” terribili. Molte di queste Ong non ne sanno nulla ma si sono accodate alla fino ad allora ignota Lega libica per i diritti umani (oltre al grande burattino statunitense che è UN Watch). Il suo coordinatore - in seguito diventato ambasciatore del governo insediato a Tripoli dalla guerra Nato - qualche mese dopo cade in contraddizione e rivela agli autori dell’importante documentario La Guerre Humanitaire (https://www.youtube.com/watch?v=koYzkEWHtQA) che no, non c’era alcuna prova...aveva ascoltato quanto riferivano i “ribelli”.


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kamo: Tranquilli, è solo il primo mese di guerra. Poi peggiora

kamomodena

Tranquilli, è solo il primo mese di guerra. Poi peggiora

di kamo

La guerra ha legato tra loro, con catene di ferro, le potenze belligeranti, i gruppi contendenti di capitalisti, i “padroni” del regime capitalistico, gli schiavisti della schiavitù capitalistica. Un grosso grumo di sangue: ecco che cos’è la vita sociale e politica dell’attuale momento storico.

Lenin, Lettere da Lontano.

I democratici antifascisti per il battaglione Azov.

I razzisti sovranisti per la denazificazione.

I tecnocratici europeisti per il presidente comico e populista.

Gli anarchici per i sacri confini dello Stato ucraino.

I comunisti per l’Impero zarista di tutte le Russie.

I nazionalisti per l’Eurasia da Lisbona a Vladivostok.

Gli indipendentisti per l’imperialismo anglosassone Nato.

I pacifisti per la guerra mondiale.


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Alessandro Mantovani: Autodeterminazione dell’Ucraina?

ilpungolorosso

Autodeterminazione dell’Ucraina?

di Alessandro Mantovani

1649263783 maxresdefault«Se [per la propria affermazione nazionale] un paio di Erzegovini vogliono dare il via ad una guerra mondiale che costerebbe mille volte gli uomini che popolano l'intera Erzegovina; questo secondo me non ha nulla a che fare con la politica del proletariato» (Engels a Bernstein, 22-25/2/1882) 1

«Essere per la guerra in tutta l'Europa per la sola ricostituzione della Polonia significa essere un nazionalista della peggior specie, significa porre gli interessi di un piccolo numero di polacchi al di sopra degli interessi di centinaia di milioni di uomini che soffrono la guerra» (V.I. Lenin, "I risultati della discussione sull'autodecisione", 1916)

«Quanto più pura è ora la lotta del proletariato contro il fronte generale imperialista, tanto più imperioso si fa, evidentemente, il principio internazionalista: "Un popolo che opprime altri popoli non può esser libero"» (Lenin, "I risultati della discussione sull'autodecisione", 1916)2.

Ogni grande evento storico determina svolte. In particolare le catastrofi, e nessuna più della guerra. Tutto accelera, gli animi si accendono, le forze sociali si mettono in moto. Sono destinate a divaricarsi inesorabilmente tra chi la guerra la vuole e chi la subisce. Ma all'inizio il quadro si presenta diverso: lo sciovinismo e l'isteria bellicista imperano. ''Armiamoci e partite! Prendiamo misure di guerra e tirate la cinghia!'', è l'assordante boato dei media che copre ogni voce dissonante, mentre gli esitanti si danno un gran daffare, con ragionamenti tortuosi, per esorcizzare il momento in cui dovranno decidere: o per la guerra, o contro.


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Francesco Barbetta: Marxismo ed ecologia. Analisi di un dibattito internazionale

effimera

Marxismo ed ecologia. Analisi di un dibattito internazionale

di Francesco Barbetta

Marx verdeIl volume di Jacopo Nicola Bergamo, Marxismo ed ecologia. Origine e sviluppo di un dibattito globale (ombre corte, 2022) – che la recensione di Francesco Barbetta discute nel dettaglio – si propone di fare il punto su un ambito di discussione, quello appunto dell’eco-marxismo, in grande fermento negli ultimi anni.

Un buon modo per inquadrare la dinamica del confronto è quello di distinguere tra analisi che si propongono di mostrare la dimensione ecologista dell’opera di Marx – in modo tale che il Moro di Treviri si presenti come ambientalista ante litteram –  e analisi che invece si propongono di interrogare l’archivio marxiano a partire dalla politicizzazione della crisi ecologica tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso – a partire, cioè, da un insieme di problemi che, semplicemente, non esisteva ai tempi in cui Marx scriveva.

Del primo gruppo fanno parte i teorici della frattura metabolica (Burkett, Foster, Saito), del secondo chi ha esplorato strade più sperimentali, spesso sulla scia dei movimenti sociali (Federici, Merchant, O’Connor). Vi sono poi voci (Malm, Moore, Salleh) che rivendicano una continuità forte col pensiero di Marx – e pure con il marxismo – senza esprimersi direttamente su questo passaggio.

Quasi superfluo concludere ribadendo che la posta in gioco del dibattito in oggetto non è filologica ma politica: solo la riflessione collettiva potrà trasformare le varie opzioni teoriche in efficaci strumenti del conflitto sociale (Emanuele Leonardi).

******

Il libro di Jacopo Nicola Bergamo, Marxismo ed ecologia. Origine e sviluppo di un dibattito globale (Ombre Corte, Verona 2022), consente al militante italiano di conoscere a grandi linee varie letture del rapporto tra ecologia e marxismo.


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Enrico Calamai: Desaparecidos

lavoroesalute

Desaparecidos

Alba Vastano intervista Enrico Calamai

Intervista al Console Enrico Calamai “ lo Schindler di Buenos Aires”. A cura di Alba Vastano per il mensile Lavoro e Salute

immagine 3ilfDue anni di stillicidio di informazione terroristica. Il virus dell’infodemia corre pressante almeno da un biennio sul filo delle nostre vite. Molto prepotente da inizio pandemia, fino ad oggi con la guerra in corso in Ucraina. I fili della paura che avviluppa la nostra esistenza li gestiscono strumentalmente i soliti pochi noti, i signori del potere e della guerra.

La vittima è la verità sulle dinamiche storiche, economiche e geopolitiche che l’hanno provocata, ma la verità non è la sola vittima. A pagare lo scotto peggiore della guerra sono migliaia di persone costrette a fuggire dalla normalità della loro vita. Ad abbandonare tutto il loro mondo, a nascondersi nei bunker, a patire la fame. Spesso anche a morire sul ciglio di una strada, mentre fuggono dalle loro case distrutte dai bombardamenti.

Loro sono lì e noi qui a vedere dai monitor questo esodo forzato e la strage degli innocenti come fosse un film, come un dramma avulso dalla nostra realtà. Possiamo provare rabbia, pena, odio verso un leader o l’altro, ma noi siamo gli estranei della guerra, finché noi non diventiamo loro, accogliendo realmente le loro sofferenze e ribellandoci a tanta crudeltà, rifiutando la guerra e la sua possibile escalation voluta dalle potenze imperialiste. La guerra è stupida e crudele. Vuol dire che ci sono uomini stupidi e crudeli che detengono enormi poteri e soggiogano i loro popoli, rendendoli inermi. Le guerre più cruente hanno sempre avuto origine da forme di governo a matrice fascista, con un dittatore al comando. La storia ne è piena.

Basterebbe ricordare quanto accadde nella metà degli anni ‘70 in America latina. In Uruguay, Cile e Argentina si avvicendarono forme di dittature violentissime e molte furono le vittime. In Argentina, nel periodo dei generali, sparirono molte persone e di loro non se ne seppe più nulla. Solo alcune riuscirono a salvarsi e a fuggire, grazie anche all’intervento del console italiano in Argentina, Enrico Calamai.


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Militant: In guerra ogni nazista è bell’ ‘a mamma soja

militant

In guerra ogni nazista è bell’ ‘a mamma soja

di Militant

Pur traballante, la memoria storica di questo paese dovrebbe, o avrebbe dovuto, stupirsi della rapida relativizzazione del nazismo in corso dal 24 febbraio in avanti. Il “male assoluto” evidentemente così “assoluto” non era: e non solo per le molteplici accuse di “nazismo” affibbiate ai russi e/o a Putin. In una guerra che è anche – come sempre – una guerra comunicativa, il nemico contingente è sempre il nemico assoluto.Quello che è in corso nel nostro paese, in linea con ciò che accade nel resto d’Occidente (ma solo in Occidente, attenzione), è un fatto diverso: il recupero per fini politico-ideologici del nazismo, anzi del neonazismo.

Quel nazismo e neonazismo presentato fino a ieri, appunto, come non plus ultra del male nella storia, l’anti-uomo e l’anti-umanità par excellance. L’ironia della storia, si dirà. Un’ironia ancor più caustica, se pensiamo che fino al 23 febbraio erano proprio i comunisti ad essere accusati di voler “relativizzare il nazismo”, rifiutando, questi, qualsiasi assolutizzazione del male, ricordando come la storia dell’uomo fosse colma di stermini di massa, genocidi, cancellazione di popolazioni e di etnie, di brutalità inenarrabili che facevano del nazismo una prosecuzione della storia, non il suo apice di brutalità.


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Fabrizio Marchi: La guerra russo-ucraina è la conseguenza del fallimento della strategia globale degli USA

linterferenza

La guerra russo-ucraina è la conseguenza del fallimento della strategia globale degli USA

di Fabrizio Marchi

Oltre a fomentare l’opinione pubblica occidentale e a creare un clima di odio contro la Russia, la gigantesca campagna mediatica/ideologica in corso ha anche un altro scopo, non meno importante. E cioè quello di occultare il fallimento della strategia americana su scala globale da più di trent’anni a questa parte, cioè dal crollo del blocco sovietico in poi, quando sembrava che gli USA fossero ormai i padroni del mondo.

La coalizione occidentale è stata sconfitta in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno perso per strada paesi come il Pakistan che gli hanno voltato le spalle per guardare alla Cina. Stesso discorso per l’India, l’altro grande colosso asiatico. Se è vero che per ovvie ragioni geografiche, geopolitiche ed economiche, l’India non avrebbe potuto e non potrebbe assumere posizioni dichiaratamente ostili nei confronti della Russia e soprattutto della Cina, è altrettanto vero che gli (anglo)americani non sono stati in grado di trattenerla saldamente nella loro orbita. Per ciò che riguarda poi il Medioriente si sono mossi, come da tradizione, come un elefante in una cristalleria e non a caso non sono riusciti nel loro principale intento, quello di destabilizzare la Siria. Altra sconfitta. Se a ciò aggiungiamo che non sono riusciti a scalfire l’Iran, non ci resta che fare due più due.


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lorenzo merlo: Lontani dal mondo

sinistra

Lontani dal mondo

di lorenzo merlo

Viviamo su un piano di realtà inclinato, vertiginosamente ripido. Salvo imprevisti, ci porterà alla morte. E sarà una buona sorte, almeno dal punto di vista della rinascita. Qualche riga manichea che salta molti grigi della realtà, con il solo intento di riferirsi alle tendenze di fondo

Forse vivo o vengo da un altro mondo. In questi ultimi due anni sono accadute cose che ci avrebbero fatto perdere la casa e qualunque patrimonio se ci avessero proposto di scommettere su una simile distopia. Eppure, a cose fatte, la maggioranza ha accettato con indifferenza – al massimo con malesseri individualistici – la sua realizzazione. Anche la sovranità individuale è stata delegata, il guinzaglio attaccato e i canini mostrati ai propri simili meno disponibili ad alienare se stessi.

Abbiamo assistito a cambi di versione di verità, a minacce, a dichiarazioni di persecuzione, a preghiere di morte e di esclusione dallo stato sociale, a elicotteri a caccia di solitari in riva al mare, a cambi di definizione del concetto di pandemia.


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Umberto Vincenti: Un partito come viceré

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Un partito come viceré

di Umberto Vincenti

La vicenda della guerra in Ucraina ha reso manifesto quanto già sapevamo circa l’assetto del potere reale nella Repubblica italiana. Prima del 1992, l’Italia era alleata degli Usa, ospitandone decine e decine di basi militari sparse sulla Penisola. Erano un’alleanza e un’ospitalità dovute: l’Italia aveva perso la guerra che gli USA avevano vinta; e gli USA avevano aiutato efficacemente l’Italia a rialzarsi dalle macerie attraverso le largizioni di denaro contemplate nel Piano Marshall. C’era un condizionamento politico, sì, che gli USA esercitavano attraverso la Democrazia Cristiana. Ma ciò non aveva impedito il sorgere e il diffondersi di un diffuso antiamericanismo ai vari livelli (c’era il Partito Comunista, c’erano gli intellettuali, c’erano i movimenti di piazza). Si eleggevano Capi dello Stato democristiani (ma anche il socialdemocratico Saragat e il socialista Pertini); però si votava per il Parlamento nazionale con frequenza perché le Camere erano frequentemente sciolte in anticipo. Nel 1992 nasceva, con il Trattato di Maastricht, l’UE; e progressivamente l’assetto di potere ne veniva trasformato. Seconda repubblica e galassia Berlusconi.


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Angelo d'Orsi: Quando l'intellettuale rinuncia alla ragione

angelodorsi

Quando l'intellettuale rinuncia alla ragione

A proposito di Flores e di "Micromega”

di Angelo d'Orsi

Il 4 aprile 2022 l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha diffuso il seguente comunicato:

“L’ANPI condanna fermamente il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’ONU e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili. Questa terribile vicenda conferma l’urgenza di porre fine all’orrore della guerra e al furore bellicistico che cresce ogni giorno di più”. 

“Questo comunicato è osceno, e infanga i valori della Resistenza”, è l’incipit del commento di Paolo Flores d’Arcais, direttore di “MicroMega”, mentre a me è parso un comunicato di buon senso, e di civile rigore. In un editoriale sul sito della rivista, invece di sostenere la linea della ricerca della verità, Flores la dà per assodata, e chiede, dopo una profluvie di insulti ai dirigenti ANPI e di volgarità contro i russi, reclama una Norimberga per processarli (e poi? pena di morte?): un editoriale di una rozzezza e di una violenza che può fare invidia ai fogli più osceni del bellicismo italiota.


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tonino

unread,
Apr 18, 2022, 12:44:48 AM4/18/22
to sante gorini

Alessandro Visalli: Circa David Brooks, “La globalizzazione è finita”

tempofertile

Circa David Brooks, “La globalizzazione è finita”

Ovvero, ancora del “fardello dell’uomo bianco”

di Alessandro Visalli

luomo
            bianco diventa il fardelloNel 1899 nella rivista “McClure’s” Rudyard Kipling pubblicò la poesia “The White Man’s Burden” il cui sottotitolo era “The United States and the Philippines Islands”, con riferimento alle guerre di conquista che la potenza americana aveva compiuto rispetto alle colonie spagnole[1].

“Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco–
Disperdi il fiore della tua progenie–
Obbliga i tuoi figli all’esili
Per assolvere le necessità dei tuoi prigionieri;
Per vegliare pesantemente bardati
Su gente inquieta e selvaggia–
Popoli da poco sottomessi, riottosi,
Metà demoni e metà bambini
Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco–
Resistere con pazienza,
Celare la minaccia del terrore
E frenare l’esibizione dell’orgoglio;
In parole semplici e chiare,
Cento volte rese evidenti,
Cercare l’altrui vantaggio,
E produrre l’altrui guadagno.
Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco–
Le barbare guerre della pace–
Riempi la bocca della Carestia
E fa’ cessare la malattia;
E quando più la mèta è vicina,
Il fine per altri perseguito,


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Sergio Bologna e Giovanna Visco: La globalizzazione è finita?

doppiozero

La globalizzazione è finita?

Quattro domande a Sergio Bologna e Giovanna Visco

a cura di Paolo Perulli

Due specialisti di logistica mondiale, Sergio Bologna, presidente di AIOM, Agenzia Imprenditoriale Operatori Marittimi di Trieste, e Giovanna Visco, blogger di Mari, Terre, Merci, intervistati da Paolo Perulli

globalizzazione guerra ucraina 1200x6751. La globalizzazione è davvero finita? Il governatore della Banca d'Italia parla di pericolo che ci sia un «brusco rallentamento o un vero e proprio arretramento dell’apertura dell’interdipendenza della globalizzazione». La fine insomma del mondo così come si era andato configurando dalla fine della Guerra Fredda in poi. Con il rischio di tornare a una dimensione più regionalizzata, con minori movimenti di «persone, merci, capitali e investimenti produttivi più bassi». Ora «i progressi dell’ultimo decennio non potranno che rallentare». Condividete quest’ analisi che è propria delle élites tecnocratiche?  O ritenete piuttosto che sia necessaria una profonda revisione delle modalità con cui la globalizzazione si è affermata in passato?

Sergio Bologna: Probabilmente è il concetto di globalizzazione che non basta più a contenere la complessità dei fenomeni in atto. Che cosa vuol dire? Che la circolazione delle merci e delle persone non ha più barriere? Dalla fine della guerra fredda la situazione è sempre stata così. Vuol dire che i sistemi produttivi si sono articolati su dimensioni planetarie? Quindi il re-shoring sarebbe il regresso della globalizzazione? Mi sembra un po’ curioso. Il re-shoring o il back shoring sono del tutto compatibili con l’esistenza e lo sviluppo della globalizzazione. Vuol dire che abitudini, stili di vita, di consumo, forme di comunicazione sono comuni a tutto il mondo? Con la diffusione di Internet e della telefonia mobile, dei social e dei whatsapp, ormai tutto il mondo comunica allo stesso modo ma non significa affatto che gli stili di consumo siano simili. Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che la globalizzazione può convivere con fenomeni di ri-regionalizzazione, di neo-autarchie, e con tutta una serie di cose che noi non abbiamo ancora sperimentato (es. l’isolamento d’intere zone del pianeta dai collegamenti Internet) ma che sono ipotizzabili.


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Lanfranco Binni: L’imbroglio ucraino

ilponte

L’imbroglio ucraino

di Lanfranco Binni

img 1lkvftLo spettacolo osceno della guerra, la ripugnante pornografia dei suoi disastri (sì, ancora Goya) che tutto distruggono, senza tempo né luogo né ragioni, travolgendo vittime e carnefici in folli danze macabre arcaiche e postmoderne, impone con la forza delle sue immagini spietate e strazianti l’orgia totalitaria dell’autodistruzione, costi quello che costi, in un tripudio di armi e propaganda. L’imbroglio ucraino, inganno, groviglio e cortocircuito di strategie economiche e militari esplicite e occulte, sempre comunque iscritte in processi storici determinati dalla logica elementare delle cause e degli effetti, riserva oggi ai territori metropolitani dell’Europa quei trattamenti che il colonialismo e l’imperialismo occidentali hanno riservato e continuano a riservare ai popoli del mondo, il cibo del potere.

In Europa non è la prima volta. La dissoluzione dell’Unione sovietica accelerò la corsa delle potenze occidentali del sedicente “mondo libero” all’accaparramento di quell’immenso mercato, di quegli immensi giacimenti di materie prime, finalmente disponibili: la fiera dell’Est, un potenziale bengodi del libero mercato occidentale e locale; liquidato il riformismo di Gorbaciov con il colpo di stato di Eltsin, si sviluppò a tappe forzate (affari, corruzione, formazione di una nuova classe dirigente oligarchica) la definitiva disgregazione dello Stato sovietico e la sua riorganizzazione su un modello di satrapia inserita nelle strategie finanziarie occidentali.


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Domenico Moro: La guerra e il declino del re dollaro

laboratorio

La guerra e il declino del re dollaro

di Domenico Moro

Guerra valutaria II 1L’effetto boomerang delle sanzioni sul ruolo egemonico del dollaro

La guerra è sempre più “senza limiti”, contemplando un’ampia gamma di misure e mezzi non letali ma comunque devastanti per gli stati e le popolazioni che ne sono oggetto. Tra i diversi tipi di guerra non letale c’è la guerra economica e finanziaria, che si declina anche come guerra valutaria, utilizzando le valute e gli scambi tra queste come strumento per piegare il nemico.

Gli Usa da tempo utilizzano il dollaro, che è la moneta di riserva e di scambio internazionale, come strumento di guerra e di pressione sui propri avversari. Quest’uso è particolarmente evidente nel conflitto tra l’Ucraina, sostenuta dagli Usa, e la Russia. Gli Usa hanno fatto in modo di espellere la Russia dal circuito Swift, che è un servizio di messaggeria necessario agli scambi internazionali di merci. In più, hanno bloccato le riserve in dollari detenute dalla Banca centrale russa e sottoposto la Russia a uno spettro di sanzioni che si allarga sempre di più e che coinvolge banche, singoli capitalisti, imprese, spazi aerei, viaggi. Tutto questo mira a colpire il rublo, svalutandolo e alimentando l’inflazione e portando la Russia al default del debito. Recentemente l’agenzia di rating Standard & Poor ha declassato il debito estero russo a causa di un “default selettivo”, perché Mosca ha pagato in rubli un bond denominato in dollari. Soprattutto, la Russia è minacciata dal blocco delle importazioni delle sue materie prime energetiche, da parte dell’Ue, che ne è il principale acquirente mondiale.


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Bruno Steri: Crisi ucraina: i punti qualificanti per una pace possibile

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Crisi ucraina: i punti qualificanti per una pace possibile

di Bruno Steri

ucraina
              nucleareFatti rimossi e sentimenti a corrente alternata

«(…) Questa guerra, come ha detto Lucio Caracciolo sulla rivista di geopolitica Limes, sarà ricordata come un “collasso dell’informazione”, intrisa com’è di bugie e omissioni. (…) Lo scorso 23 febbraio, la tivù satellitare Al Arabyia denuncia via Twitter un massacro: “10mila morti e 50mila feriti in Libia”, con bombardamenti aerei su Tripoli e Bengasi e fosse comuni. La fonte è Sayed Al Shanuka, che parla da Parigi come membro libico della Corte penale internazionale. La “notizia” fa il giro del mondo e offre la principale giustificazione all’intervento del Consiglio di Sicurezza e poi della Nato: per “proteggere i civili”. Non fa il giro del mondo invece la smentita da parte della stessa Corte Penale internazionale. (…) E la “fossa comune” in riva al mare? E’ il cimitero (con fosse individuali!) di Sidi Hamed, dove lo scorso agosto si è svolta una normale opera di spostamento dei resti. (…) I soldati libici sono sempre definiti “mercenari”, “miliziani”, “cecchini”. “I mercenari, i miliziani e i cecchini di Gheddafi violentano con il Viagra”: è stata l’accusa della rappresentante Usa all’Onu Susan Rice. Ma Fred Abrahams, dell’organizzazione internazionale Human Rights Watch, afferma che ci sono alcuni casi credibili di aggressioni sessuali (del resto il Governo libico e alcuni migranti muovono le stesse accuse ai ribelli) ma non vi è la prova che si tratti di un ordine sistematico da parte del regime».

Questo è ciò che scriveva il 14 giugno 2011 Famiglia Cristiana nel Dossier ‘Libia: e se fosse tutto falso?’, a proposito dell’attacco Nato alla Libia di Gheddafi. Potremmo aggiungere alla galleria dei ricordi più raccapriccianti la fialetta che Colin Powell agitò davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2003, a suo dire contenente antrace “iracheno”, per giustificare l’aggressione ad un Iraq additato come produttore di armi di distruzione di massa: una menzogna costata centinaia di migliaia di vittime civili.


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Maurizio Lazzarato: Guerra, capitalismo, ecologia

machina

Guerra, capitalismo, ecologia

Sui limiti di comprensione della filosofia ecologista

di Maurizio Lazzarato

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              f074be12bf2448abb3f0af3b85b342b4mv2Pubblichiamo il primo di tre interventi programmati a opera di Maurizio Lazzarato sui temi della guerra in corso sulla soglia dell’Europa. Lazzarato, che ha già pubblicato lo scorso 7 marzo un testo a riguardo nella sezione «mundi» di Machina (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-guerra-in-ucraina-l-occidente-e-noi), è autore del recente libro L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze, ombre corte. Nel 2019 DeriveApprodi ha pubblicato il suo Il capitalismo odia tutti. Fascismo e rivoluzione.

* * *

Di fronte alla guerra scoppiata in Ucraina, il filosofo ecologista Bruno Latour, è smarrito, sopraffatto dagli eventi: «Non so come tenere insieme le due tragedie», l’Ucraina e la tragedia del riscaldamento globale. L’unica cosa che afferma è che l’interesse per l’una non deve prevalere sull’interesse per l’altra.

Non riesce a cogliere la loro relazione, eppure sono strettamente legate perché hanno la stessa origine. Latour, per capirci qualcosa, dovrebbe prima ammettere l’esistenza del capitalismo, che è il quadro nel quale le due guerre emergono e si sviluppano.

La guerra tra Stati e le guerre di classe, di razza e di sesso hanno da sempre accompagnato lo sviluppo del capitale perché, dai tempi dell’accumulazione primitiva, sono le condizioni della sua esistenza. La formazione delle classi (degli operai, dei colonizzati, delle donne) implica una violenza extra-economica che fonda il dominio e una violenza che lo conserva, stabilizzando e riproducendo i rapporti tra vincitori e i vinti. Non c’è capitale senza guerre di classe, di razza e di sesso e senza Stato che ha la forza e i mezzi per condurle! La guerra e le guerre non sono delle realtà esterne, ma costitutive del rapporto di capitale, anche se da molto tempo sembra che ce ne siamo dimenticati. Nel capitalismo le guerre non scoppiano perché ci sono gli autocrati brutti e cattivi contro i democratici belli e buoni.


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Pierluigi Fagan: A Fra' che tte serve?

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A Fra' chette serve?

di Pierluigi Fagan

A Fra' chette serve? Espressione colloquiale romana che riprende una celebre uscita del sottobosco andreottiano del tempo che fu, ma che è poi diventata esemplificativo di sistemi di potere corrotti. In origine il “Fra’” era un Franco (Evangelisti) ma in minuscolo sta per “fratello”. Cosa serve al fratello Zelensky? Lunga la lista delle sue necessità, più o meno è quello che Z. ed i suoi chiedono da cinquanta giorni, armi-armi-armi. Se ne può apprezzare il dettaglio dal minuto 1:07 dell'allegato (1) ma merita di esser visto tutto, è breve e significativo.

Z. fonda la sua narrazione sulla solidarietà democratica, “noi come voi, quindi voi con noi”. Ieri ho ripescato il Democracy Index, un monitoraggio portato avanti dal 2006 da The Economist su una valutazione a 60 domande sottoposte ad un panel di esperti, di cui mai si è conosciuta la vera expertise. A dire che il giudizio dato dalla ricerca è stato spesso contrastato da chi si professava democratico, ma non esattamente secondo i canoni della rivista liberale inglese. Ma è interessante vedere dove il The Economist bibbia del democraticismo liberale metteva l’Ucraina prima del febbraio 2022.


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Marinella Mondaini: Kramatorsk, crolla miseramente la propaganda dei fautori della terza guerra mondiale

lantidiplomatico

Kramatorsk, crolla miseramente la propaganda dei fautori della terza guerra mondiale

di Marinella Mondaini

Il portavoce del Ministero della Difesa, il generale maggiore Igor Konascenko, durante il briefing serale ha dichiarato che in base alle intercettazioni radiofoniche, nei territori occupati della città di  Mariupol’ ci sono, oltre ai nazisti del battaglione Azov e rimanenze dell’Esercito ucraino, anche un significativo numero di mercenari stranieri.  

Le trattative con loro vengono fatte oltre che in russo e ucraino, anche in sei lingue straniere, per lo più europee. E’ evidente che a Mariupol’ sono bloccati non i difensori dei cosiddetti “valori europei”, ma i mercenari stranieri che sono venuti a uccidere gli slavi per i dollari degli americani, usando lo scudo umano dei civili pacifici.

Il regime nazista di Kiev è si è rifiutato di evacuare i mercenari da Mariupol’, ma la città verrà certamente liberata dalle milizie del Donbass insieme alle Forze armate russe”, ha detto Konascenko.

Il Ministero della Difesa russo ha confermato e fornito maggiori prove che il missile “Tocka U”, le vittime del quale sono state 50 persone oggi a Kramatorsk, città controllata dall’Ucraina, è stato lanciato dalle posizioni delle forze armate ucraine. 


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Angelo d'Orsi: Quando l'intellettuale rinuncia alla ragione

angelodorsi

Quando l'intellettuale rinuncia alla ragione

A proposito di Flores e di "Micromega”

di Angelo d'Orsi

Il 4 aprile 2022 l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha diffuso il seguente comunicato:

“L’ANPI condanna fermamente il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’ONU e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili. Questa terribile vicenda conferma l’urgenza di porre fine all’orrore della guerra e al furore bellicistico che cresce ogni giorno di più”. 

“Questo comunicato è osceno, e infanga i valori della Resistenza”, è l’incipit del commento di Paolo Flores d’Arcais, direttore di “MicroMega”, mentre a me è parso un comunicato di buon senso, e di civile rigore. In un editoriale sul sito della rivista, invece di sostenere la linea della ricerca della verità, Flores la dà per assodata, e chiede, dopo una profluvie di insulti ai dirigenti ANPI e di volgarità contro i russi, reclama una Norimberga per processarli (e poi? pena di morte?): un editoriale di una rozzezza e di una violenza che può fare invidia ai fogli più osceni del bellicismo italiota.


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Roberto Bonuglia: La nuova pandemia: il tifo da stadio nel conflitto russo-ucraino

theunconditional

La nuova pandemia: il tifo da stadio nel conflitto russo-ucraino

di Roberto Bonuglia

Vagliando le più diverse e accreditate chiavi di lettura geopolitica del conflitto russo-ucraino perchè la realtà fattuale suggerisce un’analisi leggermente diversa 

taylor callery downDisclaimer. Attenzione, spoiler: le scorciatoie mentali del lettore acritico e resistente al cambiamento di opinione potrebbero funzionare male una volta attivata la modalità di ragionamento del sistema in virtù del reframing proposto in questo articolo.

Le più accreditate chiavi di lettura geopolitica del conflitto russo-ucraino ‒ una su tutte, quella del The New York Times [1] ‒ hanno iniziato a tessere le lodi di un’Europa che, grazie alla vicenda, si sia ricompattata liberandosi dell’approccio weimariano che ha, da sempre, contraddistinto la sua politica estera de facto inesistente dal punto di vista dell’unitarietà e della coerenza. Ma la realtà fattuale suggerisce un’analisi leggermente diversa.

D’altra parte, un paio d’anni fa, un articolo su La Stampa lo ricordava agli smemorati siberiani [2]: «la politica estera dell’Ue non esiste e mai s’è vista. Per i capi di Stato e di governo che ne parlano ai vertici e nei Parlamenti è ‒ a seconda della geografia e delle vocazioni storiche ‒ una vanagloriosa foglia di fico sulla volontà di far da sé («Si parli con una voce sola»); una scusa per guadagnare tempo nei giorni peggiori («Chiediamo una missione comunitaria»); un aiuto per frenare sul processo d’integrazione («L’Ue è un pozzo per soldi dei contribuenti»)» [3].

Possibile, quindi, che oltre a far dimenticare il Covid-19 ‒ come risulta dal ribaltone nel web delle interazioni e delle ricerche sulla pandemia [4], nonché l’abbandono dei tormentoni “vax/no-vax” e “Gp/no-Gp” nei talk show televisivi ‒ il «baffone 2.0 del Terzo millennio» [5] che in molti incensano abbia avuto anche il taumaturgico merito di dare all’Ue uno straccio di linea coerente in politica estera? Quell’Ue, insomma, che solo qualche mese fa non è stata neppure informata da Biden delle decisioni strategiche degli USA in Afghanistan e ai cui Stati membri «impone di continuare a perseguire linee di politica economica “neo liberiste”, mentre […] gli USA […] sperimentano linee “neo-keynesiane” per sorreggere l’occupazione» [6]?


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Philip Seufert: La pandemia COVID-19, l'espansione del controllo digitale e le implicazioni politiche

sinistra

La pandemia COVID-19, l'espansione del controllo digitale e le implicazioni politiche

di Philip Seufert

192430113 4bfeb019 0fb2 4678 aa6a 03b979f9a4a4Questo testo contiene alcune riflessioni sull'espansione del controllo digitale attraverso i passaporti COVID1 e le relative implicazioni politiche. Si concentra sull'Italia perché questo paese è stato il primo in Europa a rendere obbligatorio il cosiddetto Green Pass per accedere al posto di lavoro. Al momento di ultimare il testo, diversi stati europei hanno introdotto in un modo o nell'altro il passaporto COVID, anche se le modalità e l'applicazione variano da paese a paese.

I paragrafi seguenti non entreranno nel merito della questione se i passaporti COVID in generale e il Green Pass italiano in particolare siano misure efficaci per contenere le infezioni da virus SARS- CoV-2 né si parlerà del contributo della vaccinazione (di massa) per affrontare la pandemia di COVID-19. Cercheranno piuttosto di analizzare gli aspetti politici e sociali del Green Pass italiano. Il documento pone l’accento sulla natura discriminatoria della misura e descrive l'infrastruttura (digitale) di controllo e sorveglianza che è stata messa in atto per rendere operativo il Green Pass. Infine, descrive come questo comporti un cambiamento significativo nel modo di intendere i diritti, che vengono riformulati come "libertà autorizzate". L'articolo si conclude con alcune riflessioni sulla complessità della contestazione contro le misure prese da molti stati per contrastare la pandemia COVID-19.

Tutte queste riflessioni sono state scritte con la convinzione che sia fondamentale prendere coscienza delle implicazioni più profonde e a lungo termine delle misure che vengono introdotte nell'attuale "situazione di emergenza", perché sono suscettibili di rimodellare i nostri sistemi politici ben oltre la pandemia.

 * * * *

1. “La più grande opera di digitalizzazione mai fatta”: una breve storia del Green Pass italiano


 

 

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Barbara Spinelli: Una guerra nata dalle troppe bugie

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tonino

unread,
Apr 21, 2022, 1:06:21 AM4/21/22
to sante gorini

Piotr: Ebbene sì, sono nazisti, e allora?

perunsocialismodelXXI

Ebbene sì, sono nazisti, e allora?

Quando anche i tecnocrati esibiscono la svastica

di Piotr

downloadjvvOspito questo terzo contributo di Piotr sulla guerra russo-ucraina che l'autore aveva intitolato "Verso il lato oscuro di Krypton". Dal momento che Superman è il personaggio dei Marvel che amo di meno, avevo pensato di cambiare il titolo in  "Verso il lato oscuro di Gotham", ma poi mi è venuto in  mente 1) che Gotham non ha un lato oscuro perché è tutta oscura, 2) che il tema è troppo inquietante perché si pensi di alleggerirlo con un titolo fumettistico, per cui ho preferito un titolo più "contenutistico" che meglio aderisce alle tesi dell'articolo. Ho ritenuto opportuno premettere questa spiegazione perché il lettore non resti spiazzato dalla frase con cui Piotr conclude il suo testo (Carlo Formenti).

* * * *

«Lassù sulle montagne bandiera nera:
è morto un partigiano nel far la guerra.
È morto un partigiano nel far la guerra,
un altro italiano va sotto terra.

Laggiù sotto terra trova un alpino,
caduto nella Russia con il Cervino.
Ma prima di morire ha ancor pregato:
che Dio maledica quell'alleato!
Che Dio maledica chi ci ha tradito
lasciandoci sul Don e poi è fuggito.
Tedeschi traditori, l'alpino è morto
ma un altro combattente oggi è risorto.


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Roberto Montanari: Il 22 aprile la “variante operaia” incontra quella studentesca

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Il 22 aprile la “variante operaia” incontra quella studentesca

Contropiano intervista Roberto Montanari

Usb
              logistica bellaIntervista a Roberto Montanari sindacalista della Usb nel settore della logistica. Nel nostro viaggio verso lo sciopero operaio e studentesco del 22 aprile, abbiamo chiesto alcune valutazioni a chi agisce in un settore strategico della catena del valore capitalistica come la logistica.

* * * *

Il 22 aprile ci sarà uno sciopero “operaio” convocato da Usb e una manifestazione nazionalea Roma. Avete declinato questa giornata di conflitto come la rimessa al centro della “variante operaia” nell’agenda politica del paese. Che cosa significa?

Nel passaggio a questo terzo millennio il capitale ha avuto la capacità di riarticolarsi, nella crisi, mutando anche “tecnicamente” la forma di chi coopera alla produzione della sua ricchezza.

La classe operaia di tipo fordista, così densamente compatta, così fortemente relazionata al tessuto sociale e addirittura territoriale, è stata segmentata, divisa addirittura sul piano globale, dando corpo a quelle che Luciano Vasapollo (tra i primi e più rigorosi studiosi/militanti) ha definito le catene globali del valore.

Utilizzo come esempio l’immagine del vecchio quartiere operaio Mirafiori di Torino. Era un mondo che conteneva altri mondi: c’era il fabbricone, c’era un territorio circostante nel quale lavorava l’indotto, vivevano gli operai, studiavano i loro figli, si muovevano, si divertivano, organizzavano la resistenza operaia allo sfruttamento. Ora è un “non luogo”, vuoto, con reperti di archeologia industriale, un quartiere senza servizi, abbandonato a se stesso.


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Rostrum: Ucraina 2022: per un internazionalismo attivo e operante

circolointernazionalista

Ucraina 2022: per un internazionalismo attivo e operante

di Rostrum

uocoIl più alto slancio di eroismo di cui la vecchia società è ancora capace è la guerra nazionale; e oggi è dimostrato che questa è una semplice mistificazione governativa, la quale tende a ritardare la lotta delle classi e viene messa in disparte non appena la lotta di classe divampa in guerra civile. Il dominio di classe non è più capace di travestirsi con una uniforme nazionale; contro il proletariato i governi nazionali sono uniti. K. Marx, La guerra civile in Francia, 1871.

Da quando l’uomo ha la dote di pensare prima di agire, per sfuggire al mantenimento degli impegni, alle conseguenze concrete delle astratte affermazioni, l’avvocatismo che si annida in ogni essere pensante è ricorso sempre alle distinzioni. Così oggi ci rigetta tra capo e collo la distinzione tra guerra di offesa e guerra di difesa, tra l’invasione della patria altrui e la protezione del territorio nazionale. E gli antipatrioti di ieri scrivono una lettera che distrugge dieci volumi, mille discorsi, mille articoli, e marciano alla frontiera. A. Bordiga, In tema di neutralità: al nostro posto!, Avanti!, 16 agosto 1914.

 

Una caricatura del 4 agosto 1914

Nell’ultimo mese, in Italia, salvo poche eccezioni, abbiamo assistito al “4 agosto” di gran parte della sedicente sinistra rivoluzionaria. Una triste farsa, nella quale l’opportunismo, il socialsciovinismo, la falsificazione del marxismo hanno gettato la maschera di fronte all’atteggiamento da assumere verso la guerra imperialista in Ucraina. Un esito preannunciato da decenni di tanti piccoli segnali, e che una crisi tutto sommato ancora “parziale” ha precipitato con inesorabile rapidità.


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Elisabetta Raimondi: L’effetto domino della censura

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L’effetto domino della censura

di Elisabetta Raimondi

La guerra in Ucraina è stato il pretesto per oscurare Russia Today America. Era controversa, finanziata dal Cremlino. Ma in questi anni ha dato spazio ad alcune voci dissidenti

«Nel momento in cui non abbiamo più una stampa libera, può succedere qualunque cosa. Ciò che rende possibile a una dittatura o a un sistema totalitario di governare è che la gente sia disinformata; come si fa ad avere un’opinione se non si è informati? Se ci viene sempre mentito, la conseguenza non è credere alle menzogne, ma non credere più a niente. Questo succede perché le menzogne, per loro stessa natura, devono essere modificate, e un governo che mente deve costantemente riscrivere la sua storia. I destinatari non ricevono solo una menzogna una  menzogna alla quale si può credere per tutta la vita ma un gran numero di menzogne, a seconda di come tira il vento della politica. E coloro che non possono credere più a niente non sono in grado di decidere. Sono defraudati non solo della capacità di agire ma anche della capacità di pensare e giudicare. E con persone ridotte così allora si può fare tutto ciò che si vuole».

Hannah Arendt 


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Mauro Rango: E’ il popolo che deve reagire

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E’ il popolo che deve reagire

di Mauro Rango

Avremmo potuto.

Sì, avremmo potuto.

Lo abbiamo sperimentato nel concreto.

Le terapie funzionavano, le persone guarivano.

Non tutti. Ma quando una persona non ce la faceva si trattava di un fatto rarissimo.

18 persone decedute su 60.000 trattati. Nei 60.000 che si sono rivolti a noi per Covid, molti soffrivano anche di patologie pregresse. Non curavamo persone sane e nemmeno un campione di pazienti rappresentativo della realtà: perché molto spesso si rivolgeva a IppocrateOrg chi aveva una o più patologie a rischio, talvolta anche molto gravi.

Avremmo potuto, noi italiani, salvare 150.000 persone che oggi potrebbero godere ancora della vicinanza dei loro cari.

Invece abbiamo scelto di mettere all’angolo De Donno. Abbiamo scelto, con il consenso di tutti, popolo, politici, medici, magistrati e giornalisti di lasciare che facessero sparire il plasma dalle opzioni terapeutiche.

“Non è efficace. Può aggravare la situazione”. Questo sostenevano i saccenti sedicenti scienziati, poco orientati nel tempo e nello spazio, chiamati in TV da giornalisti lobotomizzati che li appoggiavano. I servizi televisivi italiani non sono più servizi giornalistici ma teatrini dove l’abiezione umana si mostra in tutta la sua banalità.


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Piccole Note: Ucraina: in attesa dei profetizzati attacchi chimici dei russi

piccolenote

Ucraina: in attesa dei profetizzati attacchi chimici dei russi

di Piccole Note

“Cosa facciamo se Putin usa armi chimiche?” Questa l’angosciosa domanda che si pone Bret Stephens sul New York Times, riecheggiando un rumore di fondo che sta accompagnando la nuova fase della guerra ucraina, che si aprirà ufficialmente con la caduta di Mariupol ormai prossima.

Perché, caduta Mariupol, il conflitto potrebbe protrarsi per breve tempo, riaprendo una finestra per i negoziati di pace. Da qui la necessità di rilanciare, perché la guerra non finisca, ma prosegua per poter logorare la Russia. E un attacco chimico sarebbe una manna per i produttori di guerra.

Forse è un caso, ma anche no, che a scrivere il pezzo del NYT, che minaccia sfracelli contro la Russia se userà armi chimiche, sia un cronista molto particolare. Al tempo, Bret Stephens usò la sua penna per sostenere le ragioni della guerra in Iraq, dal momento che le armi di distruzione di massa di Saddam erano provate da informazioni “molto dettagliate” dell’intelligence.

Non solo, si spingeva anche ad accusare l’allora capo dell’Aiea, Hans Blix, secondo il quale drammatizzazione della minaccia di Saddam era solo una scusa per invadere l’Iraq, di propalare “calunnie a buon mercato”. Tale la dinamica della propaganda ufficiale, che anche oggi, sulla guerra ucraina, usa derubricare a bugiardi e ingannatori quanti la mettono in dubbio.


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Nico Maccentelli: Quando saltano gli steccati

nicomaccentelli

Quando saltano gli steccati

di Nico Maccentelli

Per sapere come stanno le cose occorre leggere gli opinionisti dei giornali di destra, come questo fondo su Libero. È proprio il colmo.

In pratica la UE non esiste sul piano diplomatico: è completamente supina alla politica dell'”anglosfera”, ossia di chi mena le danze nella NATO. E’ per questo che Macron deve perdere a tutti i costi nel ballottaggio francese.

E poi non è niente vero che l’UE si configuri come una potenza statuale forte: è un polo imperialista, sì, ma del tutto subordinato alle politiche statunitensi. Con gli occhi di oggi si capisce bene la scelta britannica di uscire dall’UE e tornare nell’anglosfera. Chi dirige l’imperialismo sono gli anglosassoni. I tedeschi l’hanno capito e hanno investito 100 mld nel riarmo che, si badi bene, ben poco ha a che vedere con l’esercito europeo. E una Germania in armi non vi inquieta un po’?

La guerra contro la Russia la dirigono gli USA, hanno personale militare che addestra e indirizza le operazioni belliche, che allestisce gli scenari che devono far passare la Russia come esercito occupante criminale e genocida.


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Frontiere: Atto di fede

frontiere

Atto di fede

di Frontiere

La scienza insegnerà all’uomo che in effetti in lui non c’è né volontà né capriccio, né li ha mai avuti, e che lui stesso non è nient’altro che il tasto di un pianoforte o lo spinotto di un organo e che, sopra tutto, al mondo esistono ancora le leggi della natura; … Di conseguenza occorre soltanto scoprirle codeste leggi, e l’uomo non dovrà più rispondere delle proprie azioni, potrà vivere con estrema levità.

Tutte le azioni umane allora saranno automaticamente valutate secondo queste leggi, matematicamente…

(F. Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo)

Prendendo spunto dal dibattito sui vaccini e sulla bontà delle restrizioni adottate dai governi durante la cosiddetta pandemia vorrei notare come da parte delle istituzioni politiche e religiose (nonché della totalità dei media) si invitino i cittadini ad avere fiducia nella scienza e allo stesso tempo si marchi come nemico della ragione e del progresso chi dissente dalle politiche governative e dal pensiero dominante.

Un notevole esempio è stato fornito dall’intervento del Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, in una nota trasmissione televisiva1.


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Mimmo Porcaro e Ugo Boghetta: La realtà della guerra, il fantasma dell’opposizione

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La realtà della guerra, il fantasma dell’opposizione

di Mimmo Porcaro e Ugo Boghetta

banksyBristol1- La guerra in corso rivela ed esaspera le dinamiche profonde che hanno determinato la nostra storia a partire dalla dissoluzione dell’Urss. A quella dissoluzione non ha corrisposto il parallelo e “logico” scioglimento della Nato. E questo perché Washington doveva evitare che la fine del collante anticomunista avvicinasse eccessivamente l’Unione europea, e in particolare la Germania, alla Russia, dando vita così ad un’alleanza potenzialmente esiziale per il dominio statunitense. Da qui la spinta (favorita dalla preferenza tedesca per le ragioni economiche rispetto a quelle strategiche) all’inclusione di Polonia, Ungheria ecc. nell’Ue. Da qui il placet al consolidamento dell’Unione stessa, così ampliata, come mezzo per tener legata la Germania. Da qui l’evidente e inesorabile allargamento della Nato a Est, col momentaneo esito attuale. Non si tratta di un piano delineato in tutte le sue parti e tappe. Nessun vero stratega fa piani del genere e, soprattutto, lo stratega in questione era ed è internamente diviso, quantomeno sui tempi e sui modi: Trump contro Biden, Biden contro il Congresso, Dipartimento di Stato e Pentagono contro tutti e in reciproca frizione. Ma alla fine, anche grazie alla confusione, prevalgono gli apparati più duraturi e soprattutto la parte dominante, più dinamica e aggressiva, del capitalismo statunitense, rappresentata soprattutto dal Partito Democratico. E questo si traduce in una politica tesa ad acuire i conflitti tra Europa e Russia (anche in risposta all’incremento dei rapporti di Berlino e Roma con Mosca), a rinfocolare la questione ucraina, a mettere quindi in conto una guerra e a trasformarla, una volta scoppiata, nell’occasione per impantanare Putin, aumentare la dipendenza politica ed economica dei partner europei, rafforzare la posizione del dollaro e con essa la pretesa, ormai folle, del dominio assoluto dell’ Occidente “americano” sul resto del mondo. Ossia sulla stragrande maggioranza del genere umano.


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Bollettino Culturale: Jason W. Moore e il concetto di Capitalocene

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Jason W. Moore e il concetto di Capitalocene

di Bollettino Culturale

Moore crop
                IIIntroduzione

Jason W. Moore legge il capitalismo come una successione di specifici regimi ecologici, in cui l’accumulazione del capitale da un lato e la “produzione della natura” dall’altro sono processi concepiti come dialetticamente intrecciati. Moore propone di rompere con la concezione del capitalismo come formazione economico-sociale che, quando si dispiega, agisce semplicemente sulla natura. Questa concezione è da lui definita “cartesiana”, cioè che separa Natura e Società. Moore sostiene la necessità di concepire il capitalismo come una formazione storico-sociale che si è sviluppata attraverso le relazioni tra le società e la natura in quanto il capitalismo non ha un regime ecologico specifico, il capitalismo è un regime ecologico. Nel corso della sua elaborazione teorica rielaborerà la concezione marxista della storia, impegnato a incorporarvi la dimensione ecologica. Traendo ispirazione dalla prospettiva ereditata dall’École des Annales francese, in particolare da Fernand Braudel e dal suo concetto di Longue Durée, e dal lavoro dei teorici del Sistema-Mondo come Giovanni Arrighi, Moore costruisce una teoria del capitalismo come Ecologia-Mondo.

Moore pone con questo concetto di Ecologia-Mondo le basi di una sorta di “materialismo storico-ecologico” in cui la storia del capitalismo e dei modi di produzione precedenti è intesa come un susseguirsi di regimi ecologici che strutturano i processi di accumulazione e “produzione della natura”. Con questa proposta, Moore sostiene che invece di scrivere la storia dell’impatto del capitalismo sulla natura, è possibile indagare la relazione generativa tra “l’accumulazione infinita” e la “produzione infinita della natura”.


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Jacques Baud: La situazione militare in Ucraina

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La situazione militare in Ucraina

di Jacques Baud per The Postil

Il problema non è tanto sapere chi ha ragione in questo conflitto, ma mettere in discussione il modo in cui i nostri leader prendono le loro decisioni

Petr Krivonogov Capitulation. 1946Parte prima: La strada per la guerra

Per anni, dal Mali all’Afghanistan, ho lavorato per la pace e ho rischiando la vita. Non si tratta quindi di giustificare la guerra, ma di capire cosa ci ha portato ad essa. Noto che gli “esperti” che a turno in televisione analizzano la situazione sulla base di informazioni dubbie, il più delle volte ipotesi elevate a fatti, non riescono a farci capire cosa sta succedendo. È così che si crea il panico.

Il problema non è tanto sapere chi ha ragione in questo conflitto, ma mettere in discussione il modo in cui i nostri leader prendono le loro decisioni.

Proviamo ad esaminare le radici del conflitto. Si comincia con quelli che da otto anni parlano di “separatisti” o “indipendentisti” del Donbass. Già questo non è vero. I referendum condotti dalle due sedicenti Repubbliche di Donetsk e Lugansk nel maggio 2014 non sono stati referendum per l’“indipendenza” (независимость), come hanno sostenuto alcuni giornalisti senza scrupoli , ma referendum per l’ “autodeterminazione” o l’ “autonomia” (самостоятельность ). Il termine “pro-russo” suggerisce che la Russia fosse una parte del conflitto, il che non era il caso, il termine “di lingua russa” sarebbe stato più onesto. Inoltre, questi referendum sono stati indetti contro il parere di Vladimir Putin.

In realtà, queste Repubbliche non cercavano di separarsi dall’Ucraina, ma di avere uno status di autonomia, garantendo loro l’uso della lingua russa come lingua ufficiale. Però il primo atto legislativo del nuovo governo risultante dal rovesciamento del presidente Yanukovich, è stata l’abolizione, il 23 febbraio 2014, della legge Kivalov-Kolesnichenko del 2012 che aveva reso il russo una lingua ufficiale.


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Donatella Di Cesare: La sinistra italiana è morta, sulla guerra ha tradito il suo popolo

riformista

La sinistra italiana è morta, sulla guerra ha tradito il suo popolo

di Donatella Di Cesare

Non era mai avvenuto, in questi ultimi decenni, che si creasse nel contesto italiano una separazione così eclatante e significativa tra quello che pensa la gente sulla nuova guerra e quel che di questo evento viene quotidianamente riferito dai media pubblici e da quelli più accreditati. Un distacco del genere, un tale scollamento, dovrebbe allarmare, perché non è indizio di una democrazia aperta, che può vivere solo nel confronto tra voci diverse, nella polifonia come metodo. Ma in tutto questo c’è qualcosa di più: non era mai avvenuto che il popolo della sinistra si sentisse così tradito nei propri più alti ideali, ingannato nelle proprie più profonde convinzioni, da coloro che, avendo in questo momento drammatico poteri di governo, hanno avallato, anzi promosso, una politica militaristica.

Prima hanno deciso l’invio di armi, poi hanno votato l’aumento delle spese militari, adesso si accingono a sponsorizzare e realizzare, attraverso le sanzioni, un’economia di guerra. Queste scelte epocali, che hanno già mandato in frantumi il sogno europeo, e spezzato l’aspirazione di un futuro migliore per le nuove generazioni di questo paese, non sono state discusse, com’era indispensabile, fra coloro che si riconoscono nella sinistra democratica.


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Raniero La Valle: La propaganda di guerra in Tivù ci porta alla fine

marx xxi

La propaganda di guerra in Tivù ci porta alla fine

di Raniero La Valle

Quando gli uomini erano alle prime armi si interrogavano per capire cosa fosse la giustizia. E Socrate, come racconta Platone nella Repubblica, parlando con Glaucone, che dello stesso Platone era fratello, disse che la giustizia consiste nel fatto che “ciascuno faccia la cosa propria”, cioè, in un senso più filosofico, che ciascuno sia se stesso, che le cose si svolgano secondo la loro natura. Il cinema rappresenta, ma non cambia le cose. La Televisione invece ha oggi il potere di cambiare la natura delle cose e assegnare a suo piacere agli uomini i ruoli che vuole. In ciò sta un grande pericolo. Si pensi ad esempio che cosa sarebbe stato se il “grande dittatore” impersonato da Charlot, come era chiamato Charlie Chaplin, fosse diventato davvero il Führer dei Tedeschi, os e il dottor Stranamore dal suo ufficio al Pentagono avesse davvero preso in mano i destini del mondo. Oggi viviamo un incubo. C’è un attore Presidente che diventa Presidente attore che chiede lo scioglimento dell’ONU, per il caso che ancora si opponga al rischio di una guerra nucleare, e abbiamo il mondo intero trasformato in un immenso studio televisivo in cui avvengono le cose più estreme, se non più incredibili.


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Rita Cantalino: I padroni del vaccino

jacobin

I padroni del vaccino

di Rita Cantalino

Nel 1954 Ernesto Rossi svelava i legami tra borghesia industriale italiana e il fascismo con I Padroni del Vapore, mostrando il connubio tra politica ed economia e le conseguenze nefaste che avevano caratterizzato la prima metà del secolo

Emanuele Bonaccorsi (giornalista di Report) e Claudio Marciano (Università di Torino) hanno provato ad attualizzare quella stessa operazione a partire dal grande tema di questi ultimi anni: la questione vaccinale. In che modo un giornalista d’inchiesta e un sociologo dei processi economici e dell’innovazione  possono indagare una questione che, soprattutto recentemente, ha diviso l’opinione pubblica in scientisti e antiscientifici? Si può fare senza per questo negare autorevolezza alla scienza? I due autori ci hanno provato, innanzitutto partendo da una serie di fatti autoevidenti.

I paesi ad alto reddito hanno quasi completato il booster, mentre quelli a basso reddito hanno solo una minima parte della popolazione coperta da due dosi, a volte neanche il personale sanitario e gli anziani fragili.


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Enrico Galavotti: Quali alternative aveva Putin?

sinistra

Quali alternative aveva Putin?

di Enrico Galavotti

Supponendo che la Russia abbia ragione quando sostiene che se non fosse intervenuta militarmente, prima o poi l’avrebbe fatto la NATO, una volta insediatasi in Ucraina. Che alternative c’erano a una soluzione del genere?

È chiaro infatti che l’esercito di Kiev stava per attaccare il Donbass e riprendersi la Crimea. È altresì evidente che se la Russia l’avesse lasciato fare, ci sarebbe stato un bagno di sangue, oltre che una vittoria degli ucraini e un sicuro ingresso nella NATO. A quel punto la situazione per la Russia sarebbe stata drammatica. Mosca è troppo vicina al confine ucraino per restare indifferente.

Dunque perché Putin sostiene che non avevano altra scelta? Il motivo sta nel fatto che l’Europa occidentale (prima ancora che diventasse UE) non si è mai opposta, neanche una volta, all’espansione della NATO verso est. Putin sapeva che se anche avesse lanciato l’allarme, nessuno l’avrebbe ascoltato. Ha temuto una riedizione di quella situazione anteriore alla II guerra mondiale, quando la Russia di Stalin, non trovando alcun Paese europeo disposto a stipulare un’alleanza per fermare l’espansione del nazismo, fu indotta a firmare il trattato di non belligeranza Ribbentrop-Molotov, che ancora oggi, ipocritamente, viene considerato dalla storiografia occidentale come il lasciapassare per l’occupazione tedesca della Polonia.


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Roberto Romano: Guerra, clima, povertà nascosti sotto il tappeto

sbilanciamoci

Guerra, clima, povertà nascosti sotto il tappeto

di Roberto Romano

Il governo propone un bilancio neutrale senza misurarsi con nessuna delle sfide che dobbiamo affrontare, indipendentemente dalla guerra che accelera i processi. Non programma la domanda, non aumenta la spesa, non taglia gli extra profitti. E gli italiani per far fronte all’inflazione si mangiano i risparmi

Premessa

Agli economisti è capitato raramente di studiare un documento economico e finanziario (DEF) così modesto. L’impianto del DEF del governo Draghi sarebbe coerente se avessimo un sistema economico ben posizionato, una inflazione un poco alta data la dinamica di crescita, dei livelli di occupazione, indipendenza tecnologica e materie prime importanti. Solo a queste condizioni si giustificherebbe la necessità di guidare con prudenza la macchina del Paese. L’errore del governo è proprio questo: l’orizzonte economico e politico che attraversiamo non suggeriscono un bilancio neutrale che assegna allo Stato soltanto il compito di garantire le condizioni essenziali minime per le attività dei singoli. In realtà, non sarebbe nemmeno appropriato un bilancio congiunturale (deficit nei momenti di crisi e avanzo nei periodi di crescita).


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Francesco Cori: Irrazionalità, censura, oligopolio, nel mondo della stampa italiana

la citta
              futura

Irrazionalità, censura, oligopolio, nel mondo della stampa italiana

di Francesco Cori

I massacri della guerra, decontestualizzati dalla storia, vengono tutti imputati, aprioristicamente alla Russia, senza alcuna indagine. L’esercito ucraino può fare tutto, anche massacrare i civili, tanto è completamente supportato da una stampa internazionale che la sostiene

Dal 24 febbraio, giorno dell’invasione russa all’Ucraina, il grosso del mainstream italiano ed europeo, in stretta collaborazione con gli apparati della burocrazia statale, si è scatenato in una campagna russofobica e guerrafondaia alimentata da false notizie, reportage sensazionalistici, veri e propri show mediatici come quelli operati dall’attore Zelensky in tutti i Parlamenti occidentali, fino all’assemblea dell’Onu. Il dato più interessante è che, nonostante questo gigantesco apparato informativo internazionale, nonostante le pressioni politiche, i ricatti e le intimidazioni verso chi – anche su posizioni diverse – è contrario all’arruolamento militare occidentale e russofobico, la maggioranza degli italiani continua a essere contraria all’invio delle armi all’esercito ucraino, così l’Anpi e, almeno per ora, la più grande confederazione sindacale italiana, la Cgil.


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tonino

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Apr 23, 2022, 2:44:33 AM4/23/22
to sante gorini

Thomas Fazi: Federico Caffè sulla controffensiva neoliberista degli anni Settanta

lafionda

Federico Caffè sulla controffensiva neoliberista degli anni Settanta

di Thomas Fazi

Estratto dal libro di prossima uscita “Una civiltà possibile. La lezione dimenticata di Federico Caffè” di Thomas Fazi (Meltemi, 2022)

Caffe Federico 305x205Alla metà degli anni Settanta, si sviluppò in Italia un fervente dibattito su quelli che nel discorso pubblico erano presentati come i due “mali” del paese: l’inflazione e gli squilibri con l’estero. Per ironia della sorte, la discussione vide confrontarsi da un lato il relatore della tesi di dottorato di Mario Draghi, Franco Modigliani, e dall’altro il relatore della sua tesi di laurea, Federico Caffè.

La tesi di Modigliani, a grandi linee, era la seguente: esiste un unico livello del reddito (in termini macroeconomici) compatibile con la stabilità dei prezzi, dato il livello dei salari reali. Ciò implica che ogni sforzo per accrescere l’occupazione sopra quel tasso determinerà inflazione, anche se non si raggiunge un reddito coerente con il pieno impiego delle risorse. Per questo motivo, l’Italia si trovava attanagliata in una sorta di ciclo infernale inflazione-svalutazione-disoccupazione, di cui il principale responsabile, per Modigliani, era la scala mobile (cioè il meccanismo di indicizzazione dei salari all’inflazione).

Era quindi nell’interesse dei lavoratori stessi, e compito dei sindacati, cancellare la scala mobile, rivedere lo statuto dei lavoratori (che creava “assenteismo”) e accettare un livello salariale più basso, compatibile con la piena occupazione e con l’equilibro dei conti con l’estero. Questo, ammetteva Modigliani, «richiede qualche sacrificio ai lavoratori», ma in cambio la classe operaia avrebbe ottenuto la difesa dell’occupazione, il riassorbimento della disoccupazione e la fine dell’inflazione.


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Roberto Fineschi: Discussione intorno al senso della guerra

marxdialectical

Discussione intorno al senso della guerra

di Roberto Fineschi

Sabato 9 aprile, il Centro Casa Severino e l'Associazione di Studi Emanuele Severino hanno promosso un incontro interdisciplinare sul tema della guerra. Il video è disponibile a questo link. Qui sotto la trascrizione minimamente rivista del mio intervento

imagekjhre4Da una parte vorrei tentare di fare un discorso più generale diciamo di quadro. Facendo questo inevitabilmente ci si presta alla critica di non cogliere la drammaticità del presente: quando muoiono persone, si distruggono città è difficile distogliere lo sguardo; ovviamente si tenta di farlo non per ignorare il dramma ma per proporre una riflessione più ampia, inquadrata in un contesto di sistema, in questo caso relativo al concetto di guerra e violenza nella modernità e, a fortiori, anche al caso ucraino.

 La guerra non è certo una novità contemporanea; da quando esistono società complesse l'uomo ha sempre fatto guerre; da sempre i filosofi se ne sono occupati, ma più recentemente è nata una disciplina che in modo più politically correct ha cercato di affrontarla in maniera ancora più esplicita: le relazioni internazionali. In esse si cerca di sciogliere il nodo della guerra non per giustificarla da un punto di vista morale, ma per spiegarne la necessità fattuale nel mondo politico (i rapporti di potere producono degli equilibri che non si tratta di giudicare perché belli o brutti, ma semplicemente in quanto instaurano un ordine) o nel tentativo di evitarla proprio per le caratteristiche che ha. Tanto gli approcci realisti e neorealisti, quanto quelli che hanno invece cercato una via diplomatica, non violenta alla soluzione delle controversie internazionali di stampo liberale o neoliberale (Bobbio ad esempio), a mio modo di vedere hanno una questione filosofica di fondo che consiste nel partire da una concezione che dal punto di vista di Marx è criticabile, vale a dire il contrattualismo: considerare la formazione dell'istituzione statuale come un contratto sociale, che naturalmente si risolve poi diversamente in diversi filosofi.


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Il Pedante: Ti tirano le pietre

ilpedante

Ti tirano le pietre

di Il Pedante

generico 2018 758034«Tu sei buono e ti tirano le pietre. Sei cattivo e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, sempre pietre in faccia prenderai!» cantava Antoine nel 1967. Qualcosa del genere accade oggi, mentre una serie di inanellate «emergenze» chiede ogni volta soluzioni in deroga ai principi etici e giuridici che varrebbero in tempi «ordinari». I più attenti hanno già osservato che si è così normalizzato lo «stato di eccezione» teorizzato dai filosofi del diritto, cioè la sospensione a tempo indeterminato delle garanzie e dei vincoli che intrecciano la trama dello Stato di diritto e la conseguente espansione dei poteri governativi ben oltre le previsioni dell’architettura costituzionale (la quale, per inciso, non prevede alcuno stato di eccezione). Il prolungamento di queste forzature sta in effetti deformando il nostro modello sociale oltre il punto elastico di ritorno alla normalità. Nel diventare esso stesso normalità, sta agendo come la testa d’ariete di un’operazione riformistica che non teme né opposizioni né limiti, siano essi di natura parlamentare, elettorale etica o legale.

I più attenti ancora hanno notato che, per quanto diversi siano per intensità e natura i trigger dell’eccezione, i rimedi invocati sono sempre gli stessi e sempre peggiorativi del benessere materiale e sociale dei cittadini. Ne ho scritto su queste pagine all’alba della stagione «pandemica» e ne scrivo ora a proposito della guerra in corso in Ucraina. Cambiano i luoghi, i pericoli, i protagonisti e gli scenari, ma come «sempre, pietre in faccia prenderai».

Consideriamo la sospensione annunciata delle importazioni di fonti energetiche dalla Russia, che oggi coprono un quarto del nostro fabbisogno e soddisfano due quinti dei nostri consumi domestici e industriali di gas naturale, e quindi quasi un quarto di quelli elettrici.


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Eugenio Donnici: “Fate l’amore non fate la guerra”

sinistra

Fate l’amore non fate la guerra”

di Eugenio Donnici

fate l amore non la guerra graffiti sulla parete segno
            pace grafico simbolo arte progettazione mattone cuore hippy
            estratto fondo 1525632711.

Sul finire del ventesimo secolo, il protagonista del documentario Operazione Canadian bacon, di Michael Moore, raccoglie i cadaveri dei disoccupati che si suicidano buttandosi nelle spettacolari acque delle cascate del Niagara, la guerra fredda è finita da pochi anni e la florida industria di testate nucleari è in profonda crisi. Il consenso dei cittadini americani nei confronti del Presidente degli USA precipita, mentre gli industriali, per vendicarsi dei danni subiti, vorrebbero scatenare una guerra globale. Il Governo russo si tira fuori dall’escalation militare, esplicitando di voler sostenere la produzione di elettrodomestici, di autovetture, di materiale edile e in generale di tutti quei beni e servizi di cui necessitano i propri cittadini, dato che un’ampia fascia di bisogni materiali rimangono ancora insoddisfatti.

Non c’è scampo! Occorre inventarsi un nemico! I guerrafondai fanno appello al patriottismo e coadiuvati dagli esperti della propaganda mettono in piedi una potente macchina denigratoria nei confronti del pacifico Canada.

La satira pungente di Moore ci dice fondamentalmente due cose:

  1. le lobby statunitensi delle armi avrebbero trovato a ogni costo nuovi “nemici”, pur di continuare ad incamerare esorbitanti extraprofitti derivanti dal macabro business;

  2. l’acuto pensiero dell’autore manda in frantumi le terribili semplificazioni secondo le quali tutti gli americani appoggerebbero “l’economia di guerra”.


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Antonio Mazzeo: Ucraina. Italia cobelligerante. Giunto a Sigonella sistema AGS per spiare la Russia

antoniomazzeo

Ucraina. Italia cobelligerante. Giunto a Sigonella sistema AGS per spiare la Russia

di Antonio Mazzeo

Escalation USA e NATO nel conflitto Russia-Ucraina mentre a Sigonella diviene pienamente operativo l’AGS - Alliance Ground Surveillance, il sistema avanzato di sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica basato su cinque grandi droni d’intelligence. A renderlo noto il colosso aerospaziale statunitense Northrop Grumman, ideatore e main contractor dell’AGS.

“La Nato AGS Management Agency (NAGSMA) ha ricevuto in consegna il sistema completo per la piena operatività dei velivoli a pilotaggio remoto assegnati alla AGS Force”, ha annunciato il 7 aprile 2022 la vice presidente e direttrice generale dell’azienda, Jane Bishop. “Questo sistema è da oggi nella principale base operativa di Sigonella, in Sicilia, e rappresenta una pietra miliare del programma Nato AGS. Esso è stato predisposto specificatamente per l’Alliance Ground Surveillance e realizzato unicamente secondo le richieste Nato per assicurare ai 30 paesi membri dell’alleanza la consapevolezza delle situazioni critiche d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento ISR”. (1)


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Aginform: Per contribuire alla lotta contro la guerra sul terreno dell’informazione

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Per contribuire alla lotta contro la guerra sul terreno dell’informazione

di Aginform

Il torrente in piena della propaganda di guerra senza ritegno che si riversa in queste settimane sulle popolazioni dei paesi occidentali rende evidente quello che almeno i meno giovani tra noi avevano appreso già nei decenni scorsi dalle guerre americane e NATO dopo il crollo dell’URSS, dalle vicende delle torri gemelle di New York e dalla ‘guerra contro il terrorismo’. Nell’occidente imperialista domina “la fabbrica del falso” (vedi Giacchè, Imprimatur 2016 ma anche, per es., Webster G. Tarpley, La fabbrica del terrore, in italiano, Arianna, 2007).

La menzogna non è semplicemente il portato dell’ideologia (e della realtà sottostante) delle classi dominanti, le cui idee per ciò stesso sono anche le idee dominanti, ma è ormai, in un crescendo esponenziale, un processo consapevole e organizzato di fabbricazione di una realtà artificiale, la fabbricazione su scala industriale di un prodotto destinato al consumo di massa e imposto al largo pubblico attraverso i media addomesticati che ne sono gli agenti pubblicitari e i venditori.


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Pierluigi Fagan: È il momento di farci una domanda: "che domanda dovremmo farci?"

pierluigifagan

È il momento di farci una domanda: "che domanda dovremmo farci?"

di Pierluigi Fagan

L’intero apparato di gestione e controllo del pensiero e conseguente dibattito pubblico, ha ricevuto precise indicazioni dagli strateghi della psicologia comportamental-cognitivista. Per tutti costoro c’è una sola domanda da farsi: che fare davanti ad una ingiustificabile aggressione che provoca morte, distruzione e dolore ad un aggredito?

Qualcuno segnala la stranezza di farsi tali domande oggi quando non ce le siamo mai fatte e continuiamo a non farcele per molti altri tristi casi di conflitto planetario. Altri pensano forse che l’aggressione se non giustificabile andrebbe almeno contestualizzata. Qualcun altro pensa forse che anche l’aggredito non è esente da responsabilità pregresse. Altri infine sospettano che tra aggredito ed aggressore c’è un terzo incluso che andrebbe specificato per capire meglio la situazione per poi prender decisioni. C’è anche chi la mette sul pragmatico e cinicamente invita a farci i conti di quanto costa rispondere in un modo o in un altro a quella domanda. Ma è davvero questo la domanda più importante da farsi? O forse la domanda da farsi prima di ogni altra è proprio “ma chi ha deciso che è questa la domanda più importante da farci?”.


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coniarerivolta: Sfruttamento somministrato

coniarerivolta

Sfruttamento somministrato

di coniarerivolta

Mentre la pandemia è scomparsa dalle cronache, spazzata via dai tremendi venti di guerra, vi è una battaglia che i liberisti e i loro media non abbandonano mai: quella contro i lavoratori e le lavoratrici. Cattura la nostra attenzione un articolo recentemente pubblicato su Il Sole 24 ore, dal titolo Troppi vincoli alla flessibilità e il mercato del lavoro s’inceppa, che affronta il tema della (poca, secondo l’autore) flessibilità del lavoro italiano. Se noi ci permettessimo di scrivere un articolo con un tono così assertivo, verremmo sicuramente tacciati di essere ideologici. Al contrario, certe affermazioni, prive di giustificazioni, non supportate da nessun tipo di argomentazione né avvalorate da dati, trovano sovente spazio nei maggiori quotidiani nazionali.

L’articolo in questione è un susseguirsi di prese di posizione violente e campate in aria, che trasudano di ideologia antioperaia. La tesi principale che l’autore dell’articolo intende sostenere è la seguente: sembrerebbe che le difficoltà economiche legate alla guerra si scaricheranno sull’occupazione perché l’attuale assetto del mercato del lavoro tutelerebbe troppo i lavoratori, ponendo vincoli eccessivi e crescenti alle assunzioni (leggasi, penalizzanti per i padroni).


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Nico Maccentelli: Riflessioni sulle sinistre francesi e italiane

nicomaccentelli

Riflessioni sulle sinistre francesi e italiane

di Nico Maccentelli

Inutile girarci intorno: nel ballottaggio francese delle presidenziali, Il quasi 20% di France Insoumise pesa e non poco. È l’ago della bilancia. E infatti Melenchon si è subito premurato di mettere le mani avanti: non un voto alla Le Pen. Ma forse vuol dire votare Macron? Non lo ha detto, per cui…

Mi ricorda il finale di The Last Kingdom, quando il figlio della regina di Mercia parlando di suo zio alla mercé dell’erede al trono del regno d’Inghilterra dice al cuginastro: fa di lui quello che vuoi.

Se fossimo in Italia lo zio sarebbe lo zio, anche se assassino della madre, anche se un po’ (molto) euroimperialista, agente come Macron dei criminali neoliberisti di Davos. E certamente con Potere al Popolo, rifondaroli e compagneria varia, il PD di Letta avrebbe più fortuna, perché alla fine le distinzioni famigliari e i crimini evaporerebbero come neve al sole di fronte alle orde scozzesi, leggi: ai fascisti lepenisti, meloniani ecc.

Questo è il grande problema della sinistra italiana che si propone come alternativa di sistema al neoliberismo se non addirittura al capitalismo.


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Ferdinando Pastore: Fascismo modernista

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Fascismo modernista

di Ferdinando Pastore

All’armi! all’armi! Un coro si agita sulle nostre teste, si diffonde implacabile dagli altoparlanti che un giorno potrebbero far urlare gli allarmi.

L’antropologia liberale ha costruito minuziosamente l’apologia del totalitarismo bellicista. Congegnato alla perfezione l’essere umano caratterizzato dai giudizi morali implacabili. La dicotomia Bene/Male è stata progettata nell’ambito sociale. La competizione genera scarti. Vincenti e perdenti. Su questa stratificazione classista si è determinata l’esclusione politica degli sconfitti. Certo apparentemente, formalmente, non razziale, ma che presupponeva i medesimi imperativi d’intolleranza.

Ha elevato una qualità impalpabile a confine per la cittadinanza. Il merito. Colpevolizzato gli ultimi, individualizzato la vulnerabilità sociale. Chi non godeva delle concessioni meritocratiche si appellava alla recriminazione impolitica, alla cura farmacologica e psichica, alle pratiche di rigenerazione del presente.


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Andrea Zhok: Il sogno liberale

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Il sogno liberale

di Andrea Zhok

20220413T074244 cover 1649835766169Come mi è capitato di sottolineare altrove, la nozione di “liberale” è strutturalmente ambigua per ragioni storiche. Purtroppo tale ambiguità continua a creare confusione e a smussare le armi dell’analisi, dove di volta in volta, di fronte agli stessi eventi, si finisce per invocare l’aggettivo “liberale”  a volte come causa di oppressione, a volte come fattore di emancipazione (così ha fatto recentemente, ad esempio, il prof. Orsini). Di fronte all’irreggimentazione, al controllo sociale, alla crescita di impulsi persecutori che ha tratteggiato questi ultimi due anni c’è ancora chi lo caratterizza utilizzando l’aggettivo “illiberale”, come se tutto ciò fosse estraneo e contrario all’essenza del liberalismo.

È perciò opportuno tentare un breve chiarimento concettuale e terminologico. Non provo qui a fornire un’analisi dello sviluppo storico e delle sue ragioni – svolta in altra sede – ma mi limito ad esplicitare l’ambiguità del termine liberalismo e a ribadire perché l’uso emancipativo del termine è latore di confusione.

 

I. Il liberalismo perfezionista

Esiste davvero una forma emancipativa del liberalismo? 

Sì, esiste, si tratta di un’idea che concepisce il liberalismo come staccato dalla sua componente economica e che lo pone come una visione teorica che promuove il libero sviluppo umano. Questa concezione può essere chiamata “liberalismo perfezionista”, laddove il termine “perfezionista” è utilizzato nella filosofia morale contemporanea per definire una teoria che pone il senso dell’azione umana nell’esercizio e nel libero sviluppo delle proprie facoltà.


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Valerio Romitelli: Resistenza ucraina?

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Resistenza ucraina?

di Valerio Romitelli

battaglione.azov .ucraina.20211.1400x840In occasione del 25 aprile quest’anno un dibattito si impone. Il tema è ovviamente riguarda i possibili accostamenti tra quello che è accaduto in Italia tra il 1943 e il 1945 e quello che sta accadendo in Ucraina a seguito dell’abominevole aggressione russa.

L’Anpi dichiarandosi contro l’invio di armi da parte del governo italiano a sostegno di quello di Zelensky ha già escluso ogni facile similitudine tra i combattenti schierati con quest’ultimo e i partigiani italiani operanti negli ultimi due anni della seconda guerra mondiale. Ciò nonostante la tentazione di una simile associazione continua a riproporsi a livello dell’opinione dominante nel nostro paese trovando anche sostegni  non scontati.

La prima domanda che sarebbe il caso di porsi è come mai ciò avvenga in occasione di questo conflitto, mentre niente di simile negli ultimi vent’anni è avvenuto in riferimento ad altre guerre di invasione e ad altre conseguenti reazioni armate da parte degli invasi, come accaduto ad esempio in Iraq, Libia, Siria, Yemen. Anzi sarebbe da ricordare anche lo scandalo che travolse chi, a proposito della strage di Nassiriya di soldati italiani, tentò di giustificarla come atto di resistenza da parte del popolo iracheno invaso. Se ne dovrebbe concludere che la resistenza legittima sia solo quella condotta in nome di “valori occidentali”? In ogni caso, così certo non era per i partigiani italiani tra i quali primeggiava il riferimento alla vittoria sovietica sui nazisti a Stalingrado.


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Antonino Morreale: Marx, Il Capitale, I, (5-9). Una guida per principianti

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Marx, Il Capitale, I, (5-9). Una guida per principianti

di Antonino Morreale

AO2kzM4gzN5gDO4cTONel primo libro del Capitale, col capitolo 4, la “trasformazione del denaro in capitale”, Marx ha chiuso la sua vacanza “logico-deduttiva”, “hegeliana”, per scaraventarsi nel mondo. Il “denaro” si è trasformato in “capitale”, grazie al casuale ritrovamento di qualcosa di particolare, la forza-lavoro che lo ha fatto crescere. Una volta afferrato il concetto del capitale è possibile riconoscerlo nella storia ed esporne lo sviluppo. La logica ha guidato la ricerca storica. Giunti a questo, il capitale ormai non si può più permettere di lasciare ai ritrovamenti casuali del plusvalore “assoluto” il proprio destino storico, perciò ha creato il proprio presupposto, il proprio plusvalore specifico, unico “relativo” a sé. Ha provato a chiudere il cerchio per garantirsi un’esistenza eterna, circolare, una “circulata melodia”. Da adesso, è di questo che Marx si occuperà.

 

Cap.5 Processo lavorativo e processo di valorizzazione

“L’uso della forza-lavoro è il lavoro stesso. Il compratore della forza-lavoro la consuma facendo lavorare il venditore di essa. Per tale via, quest’ultimo diviene actu forza-lavoro che si attua, lavoratore, ciò che prima era solo potentia”1.

Anche se, come si vedrà, è faticoso e poco lineare, questo capitolo ha una importanza speciale. Marx vi svela il sorgere del “plusvalore assoluto”.

Processo lavorativo

Ripartiamo da lì, dal finale del cap. 4; dal teatrino messo in scena dal capitalista. Da una parte l’acquisto di forza-lavoro da parte del “sorridente e significativamente compiaciuto”, “possessore di denaro”, che “marcia in testa come capitalista”; dall’altra, “il possessore della forza-lavoro”, “timido, riluttante” che “non ha da aspettarsi altro che la -concia”2.


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Francesco Maringiò: La guerra cambia il mondo

marx xxi

La guerra cambia il mondo

di Francesco Maringiò

In un precedente editoriale di marx21.it abbiamo fatto riferimento al pensiero strategico cinese espresso da Qiao Liang e Wang Xiangsui ed all’uso della guerra come strumento per arrestare gli investimenti di capitali in una data regione e dirottarli verso i mercati americani. Uno dei saggi più famosi del generale Qiao è stato recentemente pubblicato in Italia su iniziativa di Fabio Mini, generale di corpo d’armata e commentatore di questioni strategiche e militari, che proprio ieri ha affidato alle colonne del Fatto Quotidiano un importante contributo dal titolo eloquente: “Biden e la dittatura del dollaro”. Quanto emerge da questo articolo, così come da quelli che dall’inizio del conflitto vengono pubblicati su questo sito, aiuta ad inquadrare in una prospettiva storica la battaglia effettiva tra Ucraina e Russia, che ci parla delle doglie di un mondo nuovo che sta lottando per venire alla luce.

Partiamo da un punto: nel breve periodo gli Usa stanno conseguendo una vittoria significativa da tutta questa situazione. I capitali in fuga dall’Ucraina (e soprattutto dalla Russia) vengono attratti dagli asset rifugio statunitensi ed i paesi Nato si sono impegnati ad acquistare GNL statunitense via nave (nonostante non potranno costruire una sufficiente capacità portuale prima del 2024) ed armi da inviare all’Ucraina prodotti dall’apparato militare ed industriale americano.


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Umberto Bianchi: L’arma segreta della Nato

theunconditional

L’arma segreta della Nato

di Umberto Bianchi

È oramai cosa risaputa, che le guerre si vincono anche a colpi di propaganda. Un fenomeno questo, che con la massiccia diffusione delle tecnologie legate all’informazione, ha oggi assurto a vero e proprio paradigma. Ed il caso del conflitto in Ucraina, sta lì a dimostrarcelo. Mai come in questo frangente, i media “embedded”, hanno saputo distorcere ed orientare tutte a favore di una certa narrazione, le vicende legate a questo evento. Che le guerre non siano mai una cosa, né bella né edificante, è fatto risaputo. Ma è anche vero che, la Federazione Russa di Vladimir Putin, si è praticamente trovata costretta, nel vero senso della parola, a procedere “manu militari” nei riguardi dell’Ucraina di Volodimyr Zelenskij.

Il solo fatto di paventare l’ingresso dii questa nazione nella Nato, significava porre le basi concrete, per un decisivo e micidiale accerchiamento della Federazione Russa da parte delle forze del Patto Atlantico, a partire proprio da un territorio, quale quello ucraino per l’appunto, che da sempre ha rappresentato, sin dai tempi dell’invasione napoleonica e del successivo attacco tedesco dell’ultimo conflitto mondiale, un vero e proprio comodo varco d’ingresso per il grande paese.


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Nico Maccentelli: Sieg heil ciao, sieg heil ciao, sieg heil ciao ciao ciao… il 25 aprile degli interventisti

nicomaccentelli

Sieg heil ciao, sieg heil ciao, sieg heil ciao ciao ciao… il 25 aprile degli interventisti

di Nico Maccentelli

Non era ancora finita la campagna vaccinista fatta di nemici no vax, complottisti e terrapiattisti, sanzioni, restrizioni, green pass e super green pass, che con una rapidità incredibile i conduttori pandemici dei media di regime hanno tolto il camice e indossato l’elmetto, messo a casa i televirologi e messi in studio esperti e cartine dell’Ucraina. Ormai il sistema informativo è collaudato e funziona come un orologio svizzero: bisogna far fare profitti a big pharma e far fare un salto biopolitico e tecnologico aall’intero sistema sociale? Ecco la campagna mediatica in grado di attaccare ogni forma di opposizione. Dalla Casa Bianca viene l’ordine di costruire l’escalation nella guerra che essa stessa ha provocato in anni di minacce alla Russia? La macchina della propaganda e della censura, delle veline dirette dalle intelligence costruite con false flag sul campo parte in mondo visione e nei social.

La narrazione è così potente e devastante che riescono a farci credere che inviare armi in Ucraina sia pacifismo e aiuti la trattativa, che dei battaglioni nazisti in un paese nazista, nato da un golpe contro un governo democraticamente eletto, che sopprime l’opposizione e fa pulizia etnica contro la popolazione russofona siano dei veri e propri partigiani che difendono il massimo della democrazia.


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Michele Prospero: È la guerra perpetua e la sinistra non lo sa

riformista

È la guerra perpetua e la sinistra non lo sa

di Michele Prospero

Mentre Ursula von der Leyen si spinge sino a Kiev per rinsaldare lo spirito di vittoria nella santa guerra per la libertà, come per un effetto di ritorno a Budapest, a Belgrado (e ora anche a Parigi) la destra di osservanza putiniana riporta successi significativi. La sinistra pare stretta tra i gagliardetti nazionalisti, che riscaldano il senso dell’impegno dei giornalisti e dei cantanti, e la paura della crisi che stringe più da vicino gli strati popolari e precari. Lo schema è quello dell’appello di Nadia Urbinati e Roberto Esposito che associano stalinismo e nazismo e propongono ai cittadini di sopportare direttamente il costo degli effetti “gravi ma non catastrofici” nell’economia sprigionati dalle più dure sanzioni verso Mosca con l’embargo del gas e del petrolio (“prodotti sporchi di sangue”).

La convenienza materiale viene sfidata dagli ideali cosmopolitici. E quindi, in nome dei puri principi etici, “alcuni diritti alla libertà individuale possono essere sacrificati alla sopravvivenza di molti”. Il problema reale è però che l’estensione della guerra nell’economia ha dei costi nient’affatto trascurabili.


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comidad: La prossima guerra civile americana

comidad

La prossima guerra civile americana

di comidad

La Storia si dà appuntamento sempre negli stessi luoghi, per cui in questo caso è appropriata la frase comune: “ci vediamo al solito posto”. Il Mar Nero è uno di quei punti strategici con cui ci si ritrova a fare i conti ciclicamente e infatti da millenni sono innumerevoli le guerre per garantirsene l’accesso e il controllo, dalla mitica guerra di Troia, alla guerra di Crimea del 1853, sino alla Battaglia di Crimea della seconda guerra mondiale.

Secondo un resoconto di “Defense News” (una testata giornalistica con sede in Virginia, che funge da sponda mediatica del Pentagono), già nell’ottobre scorso, il segretario alla Difesa USA, Lloyd Austin, dichiarava di aspettarsi un attacco imminente della Russia nell’area del Mar Nero. Quindi non un attacco all’Ucraina in quanto tale, ma al Mar Nero, il che vuol dire cercare di occupare sia settori della costa ucraina, sia della costa georgiana. Ciò smonta tutta l’attuale narrativa mediatica sui successi dell’esercito ucraino grazie alle armi occidentali, che avrebbero costretto i russi a ritirarsi da Kiev. Era chiaro sin dall’inizio che la capitale era stata presa di mira per fare da diversivo e tenervi impegnato il grosso dell’esercito ucraino.


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Sergio Cararo: Gott mit uns. L’Europa sta covando un problema: l’Ucraina

contropiano2

Gott mit uns. L’Europa sta covando un problema: l’Ucraina

di Sergio Cararo

Chiude le porte al Presidente della repubblica tedesco, dice al Papa come deve essere fatta la via Crucis, ha congelato i negoziati per una tregua nella guerra. Va a braccetto solo con Stati Uniti e Gran Bretagna… ma vuole entrare a tutti i costi nell’Unione Europea, e quei due allocchi della Von der Leyen e di Borrell gli hanno portato anche l’invito di persona.

Le esternazioni di Zelenski e l’atteggiamento dei suoi emissari in Europa dovrebbero far venire i brividi invece di raccogliere applausi.

I governi europei forse non se ne sono resi conto ma hanno covato l’uovo del serpente ed ora li sta avvolgendo e sferra i primi morsi. Il presidente ucraino e il suo entourage, che arriva fino agli squadristi nelle Marche, si sentono ormai “dio dalla loro parte”: gott mit uns come la Germania nazista.

L’Ambasciata ucraina presso la Santa Sede ha contestato addirittura la decisione del Vaticano di far portare insieme la croce a una famiglia ucraina e una russa alla Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, presieduta dal Papa.


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tonino

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Apr 25, 2022, 5:07:23 AM4/25/22
to sante gorini

Redazione Contropiano - gen. Fabio Mini: Salvare la dittatura del dollaro: la vera guerra di resistenza USA

contropiano2

Salvare la dittatura del dollaro: la vera guerra di resistenza USA

di Redazione Contropiano - gen. Fabio Mini*

Dollaro
              sgualcitoSono tempi davvero strani, questi. Tempi in cui politici da quattro soldi, comici e gazzettieri si infilano l’elmetto e chiamano alla “bella guerra”. Soprattutto perché sono altri a combatterla.

Tempi in cui, il nome della “libertà” e del “pluralismo”, è ammessa una sola opinione – quella dominante – altrimenti “stai con il nemico” (oggi Putin, ma altri si delineano all’orizzonte).

Tempi in cui si ragiona per “assoluti” (l'”autodeterminazione” – se ci torna utile, se no cippa -, la “sovranità” dello Stato – se ci torna utile, se non cippa, sei un “sovranista” -, la “resistenza” – se sono i nostri servi a doverla fare, se no è “terrorismo”).

Tempi in cui le conseguenze di ogni scelta, specie se bellica, sono ignorate. Come se “il nemico” fosse una bersaglio di carta, che si può colpire a piacere, senza riceverne risposta “proporzionata”.

Sappiamo da dove viene questa stolida convinzione. Da trenta anni di guerre fatte “da noi” contro stati incompleti, deboli militarmente ed economicamente, bombardabili a piacere.

Non che le risposte, anche in qui casi, non ci siano tornate indietro sotto forma di bombe ed attentati. Ma, appunto, il termine “terrorismo” serviva a maledire gli autori e soprattutto a non porsi alcuna domanda sul “perché”. “Pazzi”, “invasati”, “sanguinari”, “demoni”, e via infiorettando epiteti non bisognosi di approfondimento, ma perfetti per alzare cortine fumogene.

Ora, invece, abbiamo davanti un “nemico simmetrico”, dotato anch’esso di aviazione, marina, ecc. E armi nucleari. In numero e quantità grosso modo equivalenti alle “nostre” (in realtà degli Usa, ma si sa che i tifosi pensano sempre di essere quasi proprietari della squadra per cui spendono soldi…).


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Maurizio Franzini: Federico Caffè. Sono passati 35 anni

eticaeconomia

Federico Caffè. Sono passati 35 anni

di Maurizio Franzini

Federico Caffè“La mia indipendenza, che è la mia forza,
implica la solitudine, che è la mia debolezza”

Pier Paolo Pasolini

La mattina del 15 aprile di 35 anni fa il telefono fisso di casa mia squillò molto presto, mentre ancora dormivo. Alzai la cornetta e a parlarmi era il mio amico e un po’ più anziano collega Giorgio Gagliani, che purtroppo ci ha lasciato da molti anni. Con voce calma mi chiese se fossi sveglio e prima ancora che potessi dirgli ‘fino a un minuto fa, no’ mi resi conto che nella calma della sua voce c’era qualcosa di strano. ‘Senti, Caffè è scomparso’ ‘Scomparso? Mi stai dicendo che è morto’ ‘No, non è morto è scomparso, sparito non sappiamo dove sia andato’. Giorgio credo sia stato l’ultimo di noi a vederlo, il giorno prima della scomparsa, ma questo di certo non gli fu d’aiuto per fare ipotesi su dove potesse essere. Poco dopo, tutti noi, suoi ‘allievi’, eravamo lì, a casa di Caffè in via Cadlolo, alla ricerca di idee sul da farsi. Quella che prevalse fu di cercarlo sulla collina di Monte Mario nella angosciosa speranza che fosse finito lì sospinto da un momento di cedimento alla sensazione che la vita gli stesse sfuggendo di mano. Non fu una buona idea, come tutte quelle che le fecero seguito. La sequenza presto si esaurì e abbandonare la speranza di recuperarlo al nostro affetto e alla nostra gratitudine non fu facile. Certo fu impossibile – io credo, per ognuno di noi – smettere di interrogarsi sulle ragioni ultime e sul significato di quel suo gesto smisurato.

Sapevamo della sua sofferenza per il venir meno di essenziali affetti, sospettavamo che fosse stato se non raggiunto almeno lambito dal social despair per il percorso che il mondo aveva imboccato e sapevamo – dovrei dire meglio: credevamo di sapere – quanti intralci alla sua vitalità creava quella stagione della vita in cui gioie e soddisfazioni quasi dimenticano di germogliare.


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Andrea Fumagalli: Il circolo perverso delle sanzioni alla Russia

effimera

Il circolo perverso delle sanzioni alla Russia

di Andrea Fumagalli

Premessa necessaria, visto il clima esistente: il contributo che segue è un’analisi critica della possibile efficacia delle sanzioni dei paesi occidentali contro l’economia russa. La critica a tali sanzioni non significa che non si stigmatizzi in modo netto l’invasione dell’esercito di Putin in Ucraina: piuttosto vuole stimolare la ricerca di una strada diversa – quella della ragione e della diplomazia – per mettere fine alle diverse atrocità a cui ogni giorno assistiamo. In particolare, due sono i punti di contraddizione che vogliamo sollevare: perché il dibattito europeo si concentra sul blocco dell’import del gas russo e del carbone, quando tale blocco, anche se venisse effettuato, avrebbe un effetto inferiore a quello di altri provvedimenti, e, in secondo luogo, perché non viene detto che tale politica avrebbe dei costi per l’Europa di gran lunga superiori a quelli che si vorrebbe infliggere alla Russia?

embargo russo 1 1200x801I dati non sono oggettivi. Ma disporre di dati, il più possibile attendibili, cioè tratti da fonti ufficialmente riconosciute, può essere utile per comprendere alcune situazioni e fenomeni economici. Nella scienza e nella statistica economica, il dato si presta a variabili interpretazioni e per questo la sua analisi deve essere accompagnata da solide argomentazioni.

In questi giorni, sono in molti, a livello politico e istituzionale, a perorare la causa dell’embargo dell’export dei prodotti energetici (petrolio, soprattutto gas, carbone) provenienti dalla Russia, come arma economica per depotenziare la minaccia militare di Putin, con il duplice obiettivo di mettere fine all’invasione dell’Ucraina e quindi creare le condizioni per una soluzione diplomatica.

Secondo costoro si tratterebbe di una “guerra economica umanitaria” sulla falsariga di quella guerra militare “umanitaria” che era stata propagandata dalle potenze occidentali per giustificare l’attacco all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia e via dicendo (la lista è alquanto lunga).


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Intervista a Valerio Evangelisti

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Intervista a Valerio Evangelisti

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            6d77945896644c9186fa9b5c63e0a8dfmv2Ci ha lasciati Valerio Evangelisti, storico e scrittore militante bolognese, animatore di diversi progetti, tra cui «Carmilla». Ha contribuito a creare un immaginario attraverso i suoi numerosi romanzi, da quelli legati alla famosa figura dell’inquisitore Eymerich al ciclo del Pantera, nel clima della guerra civile americana, dai pirati di Tortuga agli intrecci dei percorsi biografici de Il sole dell’avvenire, dagli Iww alla rivoluzione messicana, fino ai volumi dedicati a raccontare un’altra storia del Risorgimento italiano. Lo ricordiamo con un estratto dell’intervista del 18 marzo 2000, per il volume Futuro anteriore. Dai «Quaderni rossi» ai movimenti globali: ricchezze e limiti dell’operaismo italiano (DeriveApprodi, 2002).

* * *

Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e l’inizio della tua attività militante?

La mia storia è abbastanza lunga perché io cominciai ad accostarmi al movimento nel 1969, quando ero uno studente medio. Sulle prime chi interveniva nella mia scuola erano i maoisti e quello fu il primo contatto, anche un po’ traumatico, con la sinistra, come allora si diceva, extra-parlamentare; ma quasi subito passai a Lotta continua. A dire la verità a spingermi non era tanto un calcolo ideologico: Lotta continua era il gruppo ritenuto il più duro e cattivo di tutti, vidi una loro manifestazione che mi impressionò, e quindi alla fine del 1969 vi entrai, tra i primi studenti bolognesi a farne parte (allora era appena nata anche in Italia). Rimasi con loro diversi anni: va detto che era un gruppo molto affiatato dal punto di vista umano, interno, però con quasi nessuna forma di organizzazione, cosa che lasciava spazio a un amplissimo leaderismo; poi c’era la venerazione di Sofri come una sorta di divinità.


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Federico Dezzani: Dopo la conquista del mare di Azov

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Dopo la conquista del mare di Azov

di Federico Dezzani

Nel 57esimo giorno della guerra russo-ucraina, il ministero della Difesa russa ha annunciato la conquista della città di Mariupol. È tempo di analizzare come la campagna militare si sia evoluta in questi due mesi, come potrebbe evolvere nel prossimo futuro e, sopratutto, quali saranno le sue ricadute internazionali: è sempre più evidente la volontà delle potenze anglosassoni di usare il conflitto per indebolire la Russia e, allo stesso tempo, destabilizzare Germania e Italia.

 

Guerra per procura ad oltranza

A distanza di poco meno di due mesi dall’inizio delle ostilità russo-ucraina, il Ministero della Difesa russo ha annunciato la conquista della città di Mariupol, circa 400.000 anime sul Mare di Azov: solo il grande complesso siderurgico, facente parte del kombinat dell’acciaio costruito nel Donbass negli anni ‘30, rimane ancora in mano alle sparute truppe ucraine, ma la sua caduta è questione di tempo. La Russia ha quindi ottenuto un primo tangibile risultato strategico: ha ricreato un ponte terrestre con la penisola di Crimea (annessa nel 2014) e trasformato il Mare di Azov in lago interno.


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Giorgio Agamben: Stato di eccezione e guerra civile

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Stato di eccezione e guerra civile

di Giorgio Agamben

In un libro pubblicato qualche anno fa, Stasis. La guerra civile come paradigma politico, ho cercato di mostrare che nella Grecia classica la possibilità – sottolineo il termine “possibilità” – della guerra civile funzionava come una soglia di politicizzazione fra l’oikos e la polis, senza la quale la vita politica sarebbe stata inconcepibile. Senza la stasis, il levarsi in piedi dei cittadini nella forma estrema del dissenso, la polis non è più tale. Questo nesso costitutivo fra stasis e politica era così inaggirabile che anche nel pensatore che sembrava aver fondato la sua concezione della politica sull’esclusione della guerra civile, cioè Hobbes, questa resta invece fino all’ultimo virtualmente possibile.

L’ipotesi che vorrei proporre è allora che se siamo giunti alla situazione di assoluta depoliticizzazione in cui ora ci troviamo, ciò è appunto perché la stessa possibilità della stasis è stata negli ultimi decenni progressivamente e integralmente esclusa dalla riflessione politica, anche attraverso la sua surrettizia identificazione col terrorismo.


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Francesco Schettino: La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli

lantidiplomatico

La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli

di Francesco Schettino

720x410c50mnuidcfvL'attualità più stringente ci induce a pensare che la questione valutaria sia di nuovo al centro dell'attenzione. Non è un caso che essa venga adoperata come arma all’interno di un conflitto esplicito e che sembri essere la reazione più forte e più evidente che il governo russo ha messo in piedi per contrastare le sanzioni che nel frattempo continuano a mutare forma e divenire sempre più coercitive nei confronti della Russia e del popolo russo. Se ne è parlato tanto però sembra opportuno specificare alcuni elementi innanzitutto semplificando all'osso la questione. È pertanto importante tornare un po’ indietro e cercare di delineare dal punto di vista concettuale che cosa è una valuta internazionale e perché appunto il governo russo abbia pensato di attuare una mossa del genere per agire da contrappeso alle sanzioni internazionali.

Innanzitutto, è importante districarci da quel nodo teorico perlopiù inventato dal mainstream - in altri termini la scuola liberale, conosciuta in dottrina come neoclassica o marginalista - per cui la moneta non possa influenzare le variabili reali come disoccupazione e reddito (il famoso “velo”). A livello capitalistico la moneta è una merce a tutti gli effetti disponendo di tutte le caratteristiche degli altri beni prodotti capitalisticamente e cioè di un valore d’uso, un valore di scambio. Solo le banche centrali hanno l’autorità per emetterle e dunque si può dire che esista un monopolio nella sua produzione.


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Alessandro Visalli: Guerra

tempofertile

Guerra

di Alessandro Visalli

armatura di CortezHo amato il mio piccolo bambino, oggi adulto, dal primo momento che me lo hanno messo in braccio; un miracolo che si è ripetuto. Da quel giorno ho sentito quella forma di responsabilità concreta per la vita che fa esistere l’umanità. Amare il proprio figlio è l’esperienza che innesca ogni capacità di superarsi nel dono, e di riconoscere sé nell’altro, la quale rende propriamente umani.

La guerra di tutto ciò è esattamente l’opposto.

La guerra sollecita sentimenti di morte, gratifica le virtù meno virtuose, esalta il coraggio meramente fisico. Il coraggio ascende a virtù centrale, ma anche Attila era un grande guerriero e Hitler alla fine fu coraggioso (e lo era stato anche nella Grande Guerra); il valore militare non ha alcuna relazione, né positiva né negativa, con le altre qualità della mente e dello spirito. La nostra civiltà, come è accaduto in altre crisi, sta retrocedendo rapidamente (uso questa parola che evito sempre perché qui è appropriata in senso tecnico) a stati spirituali ed emotivi che si credevano erroneamente passati, quando erano solo sopiti perché non necessari.

Anche se lascia senza parole, non accade per caso: appena la posizione dei nostri sistemi economici nella catena del valore, o, per dirlo meglio, nella catena dello sfruttamento e dell'estrazione di valore mondiale è stata sfidata, e ciò si è fatto urgente[1], allora abbiamo immediatamente dismesso l'abito del mercante per prendere dagli antichi armadi quello del guerriero. Con esso tutta la sua epica.

Ad esempio, qualche giorno fa il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo[2] di Andrea Nicastro che esalta il coraggio fisico disperato dei macellai del battaglione “Azov”, rinchiusi nei sotterranei dell'acciaieria di Mariupol.


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Roberto Pecchioli: Francia. La somma non fa il totale

theunconditional

Francia. La somma non fa il totale

di Roberto Pecchioli

Emmanuel Polanco 10267 200601 lexpress bombe
            retardement couv emmanuelpolanco finalIl primo turno delle elezioni presidenziali francesi evoca una battuta di Totò: è la somma che fa il totale. Nella fattispecie, in negativo; la somma non fa il totale, poiché si è manifestata una volta di più un’anomalia delle sedicenti democrazie liberali: la maggioranza dei cittadini ha votato contro il sistema, ma il sistema ha vinto. Il 24 aprile questa verità sarà confermata dal ballottaggio tra Emmanuel Macron, il presidente in carica, giovin signore della scuderia Rothschild prestato alla politica e Marine Le Pen, la sua avversaria, definita esponente dell’estrema destra.

Lo schema è lo stesso delle precedenti elezioni e uguale sarà il risultato, benché sia certo che lo scarto di voti tra l’uomo dell’oligarchia e la donna dell’opposizione sarà assai più contenuto rispetto al 2017, quando funzionò alla perfezione lo schema classico della politica – non solo francese-, ovvero la conventio ad excludendum, il cordone sanitario contro la Le Pen, già sperimentato nei confronti del padre Jean Marie.

Uno sguardo ai numeri: Macron ha ottenuto poco più del 27 per cento, la Le Pen ha superato il 23, distanziando di circa mezzo milione di voti il terzo arrivato, Jean Luc Mélenchon, campione della sinistra sociale. Devastante la sconfitta delle sigle politiche che dominano la scena transalpina da decenni: un umiliante 4,7 per cento per la rappresentante della destra moderata, Valérie Pecresse, addirittura l’1,7 per Anne Hidalgo, socialista, sindaco in carica di Parigi. Modestissimi gli esiti degli ecologisti e del candidato comunista, fedele alleato dei socialisti. Lusinghiero, per contro, il risultato del candidato rurale conservatore, Jean Lassalle, che, senza mezzi, ha superato il 3 per cento dei voti. Contraddittorio il 7 per cento raccolto dal polemista di estrema destra Eric Zemmour, ebreo di origine nordafricana, che ha mobilitato un notevole seguito giovanile ed imposto non pochi temi della campagna.


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Gal Luft: Gli USA, la guerra nucleare finanziaria contro la Russia e il nuovo ordine finanziario globale

marx xxi

Gli USA, la guerra nucleare finanziaria contro la Russia e il nuovo ordine finanziario globale

Giulio Chinappi intervista Gal Luft

221137964 c939203f f6a0 4794 a24c 0c99b1eeb303Gal Luft, consulente senior del Consiglio per la sicurezza energetica degli Stati Uniti, ha rilasciato un’intervista alla testata cinese Guancha, traducibile come (“L’Osservatore”). Nell’intervista, Luft affronta tematiche di grande attualità come le sanzioni contro la Russia, la fine del dominio del dollaro come valuta di riferimento e la nascita di un nuovo ordine finanziario, sottolineando anche i reali interessi degli Stati Uniti in Europa. Di seguito la traduzione dell’intervista.

* * * *

Gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo con i principali alleati europei per rimuovere diverse banche russe dal sistema SWIFT, in quelle che sono state definite sanzioni “a livello di bomba nucleare finanziaria“. Il sistema SWIFT è stato creato dagli Stati Uniti, ma l’allargamento delle sanzioni alla Russia dimostra che Europa e Stati Uniti stanno indebolendo il sistema internazionale da loro stessi stabilito. Che impatto avrà questo sull’ordine economico e finanziario mondiale?

Nell’estate del 2019 ho pubblicato un libro intitolato De-dollarization: The Revolt Against the Dollar and the Rise of a New Financial World Order (“Dedollarizzazione: la rivolta contro il dollaro e l’ascesa di un nuovo ordine finanziario”, ndt). Molti degli eventi che stanno accadendo oggi sono stati predetti nel libro, ma devo dire che anche io sono piuttosto stupito dalla velocità del cambiamento. Stiamo letteralmente assistendo a una trasformazione del sistema finanziario globale annunciata dalle potenze occidentali dopo la seconda guerra mondiale alla conferenza di Bretton Woods.


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Antonio Mazzeo: Ucraina. Italia cobelligerante. Giunto a Sigonella sistema AGS per spiare la Russia

antoniomazzeo

Ucraina. Italia cobelligerante. Giunto a Sigonella sistema AGS per spiare la Russia

di Antonio Mazzeo

Escalation USA e NATO nel conflitto Russia-Ucraina mentre a Sigonella diviene pienamente operativo l’AGS - Alliance Ground Surveillance, il sistema avanzato di sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica basato su cinque grandi droni d’intelligence. A renderlo noto il colosso aerospaziale statunitense Northrop Grumman, ideatore e main contractor dell’AGS.

“La Nato AGS Management Agency (NAGSMA) ha ricevuto in consegna il sistema completo per la piena operatività dei velivoli a pilotaggio remoto assegnati alla AGS Force”, ha annunciato il 7 aprile 2022 la vice presidente e direttrice generale dell’azienda, Jane Bishop. “Questo sistema è da oggi nella principale base operativa di Sigonella, in Sicilia, e rappresenta una pietra miliare del programma Nato AGS. Esso è stato predisposto specificatamente per l’Alliance Ground Surveillance e realizzato unicamente secondo le richieste Nato per assicurare ai 30 paesi membri dell’alleanza la consapevolezza delle situazioni critiche d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento ISR”. (1)


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Michele Prospero: È la guerra perpetua e la sinistra non lo sa

riformista

È la guerra perpetua e la sinistra non lo sa

di Michele Prospero

Mentre Ursula von der Leyen si spinge sino a Kiev per rinsaldare lo spirito di vittoria nella santa guerra per la libertà, come per un effetto di ritorno a Budapest, a Belgrado (e ora anche a Parigi) la destra di osservanza putiniana riporta successi significativi. La sinistra pare stretta tra i gagliardetti nazionalisti, che riscaldano il senso dell’impegno dei giornalisti e dei cantanti, e la paura della crisi che stringe più da vicino gli strati popolari e precari. Lo schema è quello dell’appello di Nadia Urbinati e Roberto Esposito che associano stalinismo e nazismo e propongono ai cittadini di sopportare direttamente il costo degli effetti “gravi ma non catastrofici” nell’economia sprigionati dalle più dure sanzioni verso Mosca con l’embargo del gas e del petrolio (“prodotti sporchi di sangue”).

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tonino

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Apr 27, 2022, 1:15:49 AM4/27/22
to sante gorini

Pierluigi Fagan: Dal punto di vista di Zelensky

pierluigifagan

Dal punto di vista di Zelensky

di Pierluigi Fagan

279158424 10226016964266258 6380611717044792911 nAvrete notato forse che Zelensky ha un preciso entourage e sono tutti mediamente giovani. Molti hanno studiato o lavorato in Gran Bretagna, qualcuno in America. Alcuni di loro zampillano dalle nostre reti televisive o in video on line e sono tutti dotati di capacità argomentativa non banale, sono molto decisi e cosa più importante, sono coordinati nel senso che sembrano usciti da una riunione di briefing in cui hanno condiviso tutti una unica linea. Si può ipotizzare esista una sorta di Zelensky & Partners, un gruppo coeso ed omogeneo di persone che condividono una precisa strategia politica per tenere il potere in Ucraina al fine di …?

Isoliamo questo soggetto collettivo, dimentichiamoci chi ha intorno come partner interessato (USA, UK, una parte dell’Europa orientale e dei vertici della burocrazia euro-unionista, l’oligarca Kolomoyskyi) concentriamoci sulle sue proprie ipotetiche intenzioni. Come forse saprete, questo gruppo è diventato un partito poco prima finisse la terza stagione della serie televisiva che vedeva Zelensky come protagonista. Si è presentato alle elezioni del 2019 e secondo quanto scriveva the Guardian tre anni fa quando ancora non eravamo arruolati: … con “poche informazioni sulle sue politiche o sui piani per la presidenza, basandosi su video virali, concerti di cabaret e battute al posto della tradizionale campagna elettorale” ottenendo un insperato 30%.

La geografia del voto di questo primo turno, lo collocava al “centro”, sia geografico che politico. Ad ovest i nazionalismi di Poroshenko-Timoshenko, ad est i filo-russi confezionati in partiti apparentemente più di “sinistra”. Un gruppo di giovani ben intenzionati, con tecniche di marketing e comunicazione mediatica molto “occidentali” ha incarnato una possibile speranza. Sappiamo che questa speranza stava scemando prima del 24 febbraio, gli indici di gradimento della Zelensky e Partners (Z&P) erano in discesa e la rielezione fra due anni era data come improbabile.


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Fosco Giannini: La Nato e Aiace Telamonio

lantidiplomatico

La Nato e Aiace Telamonio

L'esigenza dell'unità dei comunisti e delle forze antimperialiste nella lotta contro la guerra

di Fosco Giannini*

Riceviamo e con grande piacere rilanciamo l'ultimo bellissimo editoriale di Fosco Giannini, direttore di Cumpanis: Segnaliamo anche questa importante iniziativa

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            simbolo nato La guerra incombe. Ben la di là dell'Ucraina, la sua ombra cupa si allarga su ogni Paese e su ogni popolo. Con la follia di un Aiace Telamonio al quale la dea Atena ha ottenebrato la mente per poi spingerlo alle più violente fantasie distruttive e indurlo a credere che i capi di bestiame siano gli odiatissimi comandanti degli Atridi da massacrare senza pietà, così – con la stessa hybris della tragedia greca – gli Usa e la Nato hanno abbandonato ogni residua prudenza umana e politica, ogni ponderazione militare teorizzata da von Clausewitz, persino ogni paura dell'ignoto e considerazione del proprio stesso destino, spingendo le loro Basi, le loro testate nucleari, le loro truppe nel cuore profondo dell'Europa dell'Est, là dove non si doveva andare, dove nessun Ettore sagace si sarebbe spinto.

Giungendo, la Nato-Aiace Telamonio, sino al Circolo Polare Artico, nelle Basi militari norvegesi al confine russo di Evenes e Rasmund, tra le città di Narvik e Harstad; ad Ämari, nella lontana e sconosciuta contea di Harjumaa, nei pressi del lago Klooga, in Estonia; nella terra di Šiauliai, in Lituania, ove prende misteriosamente corpo la missione di guerra americana “Baltic Air Policing”; ad Arazil, in Lettonia, dove la Nato trascina dietro sé le Penne Nere, gli alpini italiani del “Task Group Baltic”, minacciosamente operativi col Fronte degli Alleati nell'ambito dell'“Enhanced Forward Presence”. Per poi, attraverso un raptus incontrollabile, installarsi in territorio polacco, lungo lo stesso confine dell'enclave russa di Kaliningrad. Spingendosi sino a Krtsanisi, in Georgia, a 20 chilometri dalla capitale, Tiblisi, collocando lì una nuova Base militare, inaugurata direttamente dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, a braccetto dell'allora presidente georgiano Margvelashvili, nel settembre del 2015.


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Ludovico Cantisani: Behemoth e Leviathan exsistent. Carl Schmitt e l’arcano

scenari

Behemoth e Leviathan exsistent. Carl Schmitt e l’arcano

di Ludovico Cantisani

carl schmittIl giurista tedesco Carl Schmitt rappresenta una delle pietre angolari del pensiero del Novecento. Non solo e non tanto perché sulle sue tesi, e soprattutto sulla sua nozione di “stato d’eccezione”, sono stati pubblicati innumerevoli libri, saggi e riflessioni, l’ultimo, di poche settimane fa, Che cos’è lo stato di eccezione? secondo Mariano Croce e Andrea Salvatore (Nottetempo, 2022). Schmitt è una pietra angolare anche e soprattutto in virtù della sua non sopita capacità di fare scandalo, uno scandalo che solo in parte si giustifica con la sua momentanea adesione e partecipazione ai primi anni del potere hitleriano in Germania. Ma sfogliare le sue pagine tuttora dona un brivido inesplicabilmente panico, come se in opere di filosofia del diritto in parte datate sia rimasto oscuramente celato qualcosa di grandioso, come un segreto antichissimo che si sporge alla luce.

Giudicata “ai limiti dell’escatologico”, e dello gnostico, da Franco Volpi, ogni pagina di Schmitt è prima di ogni altra cosa una grande lezione di eleganza di pensiero, e di stile. La prosa di Schmitt è segretamente ossessiva, come tutte le grandi prose, quando non lo sono apertamente. Senza dubbio, si tratta di un inseguimento: di riga in riga, di pagina in pagina, Schmitt insegue come un cacciatore sacro le “parole originarie” – il conio è suo – su cui intessere una griglia di interpretazione del politico, e del giuridico. Nihil aliud. Ogni fondazione parte dal tracciare una linea di confine, lo sa fin troppo bene Remo. Ecco allora i confini di Schmitt.

“Un intrigante amalgama di interpretazione storica e teoria politica, mitografia e teologia, filosofia ed esoterismo”, venne definito da Franco Volpi il fortunato saggio di Schmitt Terra e mare, in un’elencazione che potrebbe facilmente essere estesa all’intero corpus schmittiano, e a ogni discorso potenziale sulla sua prosa.


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Carlo De’ Coppolati: Bancarotta col botto

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Bancarotta col botto

di Carlo De’ Coppolati*

Mentre la guerra economica, giocata con le armi, massacra l'inerme popolo ucraino, il resto d'Europa, Italia in testa, s'incammina verso una bancarotta senza precedenti... altro che condizionatori

L’Occidente si piegherà a pagare in rubli il gas e il petrolio della Russia?

Ho letto risposte e commenti da rimanere storditi.

Non uno che ci capisca una ceppa e che faccia un discorso logico.

Chi dice che ci guadagneremo. Chi dice che fra poco compreremo tutto il gas che ci serve dall’Algeria e quindi il problema non si pone. Chi dice che è un capriccio di Putin che non serve a niente. Un po’ di tutto (o di niente).

Per aver lavorato molti anni nel settore della trivellazione di pozzi di petrolio e gas e per diversi anni nel settore della compravendita di petrolio e gas (Blue Green Holding SA, in Italia presente come Tamoil) vi do un paio di informazioni.


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Sergio Cesaratto: Effetto Ucraina. “Senza stop alla guerra l’Italia rischia un massacro sociale”

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Effetto Ucraina. “Senza stop alla guerra l’Italia rischia un massacro sociale”

Lorenzo Torrisi intervista Sergio Cesaratto

La guerra in Ucraina rischia di avere costi sociali importanti in Europa, in particolare nei Paesi più indebitati come l’Italia

Secondo la Bce, l’inflazione, aumentata in maniera significativa nei mesi scorsi, rimarrà elevata e per questo, nel corso della riunione del Consiglio direttivo di giovedì, è stata confermata la riduzione degli acquisti netti di titoli di stato nell’ambito del programma App e la loro conclusione nel terzo trimestre dell’anno.

La fiammata inflattiva sembra dunque far più paura del rallentamento dell’economia. “Qualcosa – ci dice Sergio Cesaratto, professore di politica monetaria europea all’Università di Siena – deve essere mutato nei rapporti di forza all’interno della Bce per cui da dicembre (almeno) è in corso la ‘normalizzazione’ della politica monetaria”.

* * * *

Cosa pensa di quanto deciso dalla Bce giovedì?

Se guardiamo al bicchiere mezzo pieno, i tassi sono ancora fermi e la politica di riacquisto a scadenza dei titoli pubblici già in pancia all’Eurosistema è stato confermata.


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Alessandro Mantovani, Luc Thibault: Michele Michelino, lo “stalinista” che piaceva agli antistalinisti

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Michele Michelino, lo “stalinista” che piaceva agli antistalinisti

di Alessandro Mantovani, Luc Thibault

La morte improvvisa di Michele Michelino ha sollevato sincero cordoglio nei più diversi ambienti della sinistra anticapitalista.

Perché questo sentimento quasi unanime? Ha esso un significato politico che va al di là della figura del militante scomparso?

Certo Michele era uomo dal carisma fuori del comune, un combattente straordinariamente intelligente, generoso e tenace, che sapeva organizzare, che sapeva pensare in grande. Un vero capo proletario, di quelli che un giorno dovranno fare la storia. Ed esprimeva movimenti concreti, reali.

Ma questo non basta a spiegare perché compagni delle più diverse tendenze politiche, compagni che spesso crudamente polemizzano tra di loro, si ritrovino insieme a commemorarlo.

Michele era – come altri hanno già detto – uno che sapeva unire, mettere davanti a tutto non l’interesse di una parrocchietta politica o sindacale, bensì quello della classe nel suo insieme.


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Nicola Licciardello: Guerra di religione?

sinistra

Guerra di religione?

di Nicola Licciardello

Cercando di scrivere un articolo sulla guerra e il buio del futuro – vengo sopraffatto dal Presente. Più che immersi siamo schiacciati sull’attualità, non solo sui suoi paradigmi ma anche sui suoi moduli, sui suoi format, ne siamo parlati e formattati. “Chi controlla il presente controlla il passato, e chi controlla il passato controlla il futuro” (Orwell, 1984). Non c’è tempo per riflettere o esaminare (tanto meno criticare) un’idea sulla guerra, una teoria sulle sue cause e logiche conseguenze – è qualcosa che sembra non interessare più, di fatto siamo o preferiamo essere fusi nel-dal flusso informativo, non ricordiamo la news di un minuto fa, perché dopo pochi secondi un’altra la smentisce – non una ma dieci, cento, nei mille canali del turbocapitalismo mediatico (Fusaro) o cosmopolitismo fucsia: ciascuna è un inverificabile aggiornamento dell’altra... e il flusso vanifica la possibilità di distinguere tra verità e propaganda, tra informazione e talk show, tutto è fluido, dipende dall’orizzonte, tutto s’annulla nella “società liquida” (Bauman).


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Redazione - Guido Salerno Aletta: Qual è – se c’è – l’attuale strategia Usa?

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Qual è – se c’è – l’attuale strategia Usa?

di Redazione - Guido Salerno Aletta

Se si mette da parte la discussione ideologica sui “valori” – dell’Occidente neoliberista, of course – e ci si concentra sugli interessi della varie classi in campo, sulle loro strategie palesi e quelle che risultano dagli atti concreti, le cose diventano improvvisamente più nitide. Non meno tragiche o infami, ma almeno comprensibili.

L’atteggiamento dell’attuale presidenza degli Stati Uniti nei confronti della guerra in Ucraina è razinale solo se si ammette un’intenzione, una strategi, una visione. Altrimenti è da fuori di testa urlare che “Putin non può restare al potere” e contemporaneamente smentire che si voglia realizzare un regime change a Mosca.

Dunque è inutile stare a sentire le dichiarazioni – anche se obbligatorio sapere che ci sono state – e seguire l’antico precetto dei saggi: follow the money.

L’editoriale di Guido Salerno Aletta, questa volta su TeleBorsa, coglie come al solito il punto centrale: qual’è la strategia Usa per mantenere un’egemonia sul mondo? O almeno su una parte consistente?

Dipende da quale frazione del capitale Usa stia conducendo il gioco, ma il cuore del problema è la sofferenza di una gran parte della popolazione che ha perso reddito, peso sociale, lavoro, certezze, status. Chiunque voglia governare – parliamo di frazioni del capitale – deve riuscire a farsi seguire da una maggioranza (alle elezioni) e dunque deve garantire qualcosa di paragonabile a una crescita. O almeno a un recupero dei posti di lavoro perduti.


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Federico Giusti: Il patto a tre per L’Italia. La ricetta padronale per la ripresa economica e il neokeynesismo di guerra

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              futura

Il patto a tre per L’Italia. La ricetta padronale per la ripresa economica e il neokeynesismo di guerra

di Federico Giusti

Confindustria spiega come superare la crisi in corso e le soluzioni annunciano tagli ai salari e la contrazione dei diritti sociali. Saranno lavoratrici e lavoratori a pagare i costi della guerra

L’Italia è forse in grado di rinunciare al gas russo? In un’intervista al quotidiano “Domani”, uno dei più stretti consiglieri di Zelensky spiega che un gasdotto russo attraversa l’Ucraina che ne ricava 1,3 miliardi annui. Suona strano che l’Ucraina non chiuda quel gasdotto e rispetti un accordo del 2019 quando ogni giorno invoca l’Unione Europea (Ue) di interrompere ogni accordo commerciale con la Russia ponendo fine alle importazioni di gas e petrolio. Il problema è assai complesso. Quel gas non è indispensabile solo per i paesi Ue ma anche per la stessa Ucraina, e il realismo politico impone prudenza e non mosse azzardate. Basterebbe solo questo esempio per spiegare l’ipocrisia che si cela dietro ai conflitti bellici. Ma proviamo a non limitarci a note etiche o morali.

Per alcuni studiosi l’Ue deve dotarsi di una nuova politica energetica andando avanti sulla strada della decarbonizzazione del sistema elettrico, localizzando gli investimenti anche con lo stoccaggio di elettricità e guardando anche al nucleare e alle rinnovabili.


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Alessandro Visalli: Dal Grande Gioco triangolare alla polarizzazione

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Dal Grande Gioco triangolare alla polarizzazione

Circa la posizione diplomatica e strategica cinese: Qin Gang e Yongnian Zheng

di Alessandro Visalli

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            e1637335413950Sulla rivista cinese Guancha è presente[1] la notizia che il 18 aprile 2022 l’ambasciata cinese a Washington ha pubblicato sulla rivista “The National Interest” un articolo[2] a firma dell’ambasciatore Qin Gang. Nell’articolo l’ambasciatore definisce la posizione del paese.

 

La crisi e le sue ragioni

In primo luogo, la Cina afferma di amare la pace e opporsi alla guerra in ogni possibile circostanza, quindi di sostenere il rispetto del diritto internazionale e le norme che proteggono sovranità ed integrità territoriale di tutti i paesi, incluso l’Ucraina. La posizione cinese è dunque “westfaliana”, incardinata sul principio di sovranità (mentre quella Usa è, almeno dal tempo della crisi Jugoslava, ovvero dalla fine della Guerra Fredda “non vestfaliana”[3] ed imperniata sull’affermazione di una guida unica del mondo). Questa è la principale linea di divergenza che la nota, scritta in un misurato linguaggio diplomatico, esprime. Come risulta anche da precedenti esternazioni dell’ambasciatore si intravede l’interesse della Cina per la prosecuzione di un Grande Gioco triangolare, tra Russia, Usa e Cina ed il forte disappunto per il tentativo americano di semplificare il quadro polarizzandolo in uno ‘scontro di civiltà’ con fortissime connotazioni ideologiche.

Il secondo capoverso entra nella questione centrale delle lezioni che dalla crisi devono essere apprese. Riferendosi non per caso al “sistema internazionale del dopoguerra” (imperniato sull’Onu e quindi sul principio vestfaliano di autodeterminazione dei popoli e sovranità delle nazioni) l’ambasciatore denuncia come si trovi ora a dover fronteggiare la pressione più pesante dal tempo della Guerra Fredda (ovvero dal 1991).


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Domenico Losurdo: L'Holodomor, la propaganda liberale e le rimozioni storiche dell'Occidente

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L'Holodomor, la propaganda liberale e le rimozioni storiche dell'Occidente

di Domenico Losurdo [1]

screenshot.13 11. L’olocausto ucraino quale bilanciamento dell’olocausto ebraico

Le due personalità criminali [Hitler e Stalin ndr], reciprocamente legate da affinità elettive, producono due universi concentrazionari tra loro assai simili: così procede la costruzione della mitologia politica ai giorni nostri imperversante. Per la verità, pur inaugurando questa linea di pensiero, Arendt fa un discorso più problematico. Per un verso accenna, sia pure in modo assai sommario, ai «metodi totalitari» preannunciati dai campi di concentramento in cui l’Inghilterra liberale rinchiude i boeri ovvero agli elementi «totalitari» presenti nei campi di concentramento che la Francia della Terza Repubblica istituisce «dopo la guerra civile spagnola». Per un altro verso, nell’istituire il confronto tra Urss staliniana e Germania hitleriana, Arendt fa valere alcune importanti distinzioni: solo a proposito del secondo paese parla di «campi di sterminio».

C’è di più: «nell’Urss i sorveglianti non erano, come le SS, una speciale élite addestrata a commettere delitti». Com’è confermato dall’analisi di una testimone passata attraverso la tragica esperienza di entrambi gli universi concentrazionari: «I russi […] non manifestarono mai il sadismo dei nazisti […] Le nostre guardie russe erano persone per bene, e non dei sadici, ma osservavano scrupolosamente le regole dell’inumano sistema»[2]. Ai giorni nostri, invece, dileguati il sia pur sommario riferimento all’Occidente liberale e l’accenno alle diverse configurazioni dell’universo concentrazionario, tutto il discorso ruota attorno all’assimilazione di Gulag e Konzentrationslager.


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Giovanni Dursi: Belligeranza senza ideali

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Belligeranza senza ideali

di Giovanni Dursi

Pensieri sul “riconoscimento sociale” della lotta di classe e sulla tossicità del pensée unique capitalista

Simbolo ZLa tragica ed aspra spirale del conflitto bellico paneuroasiatico – che, ad oggi, vede nel territorio ucraino il più recente avamposto - è “coinvolgente”. Interroga tutti gli “uomini di buona volontà”. Terminato il secondo ventennio del XXI secolo, ci sono le condizioni psicologiche, per le giovani generazioni – sia d'ispirazione nerd che “Stúrm und Dráng” - e per le donne e gli uomini nati tra il 1945 ed il 1965 (dai 77 ai 57 anni oggi), per decidere come riorientare anche le proprie esistenze. È giunto il momento di fare i conti con la coscienza e scegliere. Alle stessa stregua di come agirono i partigiani che, per un impulso prepolitico, morale, compirono una scelta di campo e decisero di impegnarsi, mettendo a repentaglio la vita, e combattere con le armi per liberare il mondo dal nazifascismo. Analogamente, è possibile, con consapevole rammemorazione, rievocare il dilemma di Ἀντιγόνη, protagonista della tragedia di Sofocle, rappresentata per la prima volta ad Atene alle Grandi Dionisie del 442 a.C., come utile sollecitazione alla riflessione che si propone ed all'auspicabile agire collettivo.

Si, è indifferibilmente etico intervenire. È una chance che i contemporanei hanno, ob torto collo. Con le armi della “critica”, politicamente e culturalmente. Innanzitutto, dimostrando di comprendere la genesi e l'attuale scenario degli scontri militari in corso. In secondo luogo, perché quando la situazione è atroce, ciò che non si è ancora realizzato, può esserlo. In termini diversi: va esperito il tentativo di affrontare la situazione con un'adeguata disamina ed altrettanto inerente valutazione circa il “da farsi”. Infine, l'auspicata doverosa partecipazione è necessaria anche per contrastare le unilaterali “narrazioni sulla guerra”, le interpretazioni e manipolazioni informative erogate con altrettanta “potenza di fuoco” dal mainstream media subalterno e dagli “utili idioti”, insigni protagonisti del perturbante scenario transdemocratico e al servizio di dissimulate, emergenti cheirocrazie o oclocrazie. (rif. a “L’utile idiota. La cultura nel tempo dell’oclocrazia”, Antimo Cesaro, MIMESIS EDIZIONI, 2020).


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comidad: I falsi dilemmi morali sulla guerra ucraina

comidad

I falsi dilemmi morali sulla guerra ucraina

di comidad

Molti commentatori hanno trovato irritante la frase di Draghi che poneva in alternativa la pace ed il condizionatore. Al di là della goffaggine dimostrata in quel caso da Draghi, l’espediente da lui adoperato rientra nelle consuete tecniche del lobbying, cioè distrarre dalle vere questioni in ballo ponendo dei fittizi dilemmi morali, che però contengono un’insidia semantica.

Nel 1991 la prima guerra del Golfo fu preparata da un “dibattito”, estenuante quanto inconcludente, sulla possibilità della “guerra giusta”. A distanza di più di trenta anni si deve concludere che, a causa del fumo della disinformazione, persino di quella guerra sappiamo ancora molto poco, perciò figuriamoci cosa sappiamo di quelle attuali. Il 26 febbraio del 1991, a poche ore dalla fine ufficiale della guerra, un missile “Scud” di fabbricazione sovietica (che gli Iracheni avevano ribattezzato Al-Husayn) colpì una caserma americana uccidendo ventisette militari. A poca distanza dalla caserma vi era un albergo sede di molti inviati di guerra, perciò gli effetti devastanti dell’esplosione quella volta non poterono essere nascosti.


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Toby Rogers: Cos’è successo al progressismo?

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Cos’è successo al progressismo?

di Toby Rogers*

Dove sono finiti i progressisti? Ho trovato interessante questo articolo di Toby Rogers che esamina la posizione di George Lakoff sui vaccini. Lakoff è un po’ un’icona della sinistra occidentale per la sua posizione che mette in contrasto l’autoritarismo rigido della destra, con l’atteggiamento flessibile e affettuoso della sinistra. Secondo Lakoff, uno stato si può vedere un po’ come una famiglia, dove il governo può funzionare come un padre piuttosto rigido che da ordini o una madre affettuosa che si impegna ad aiutare gli altri membri. A Lakoff si deve anche il concetto importantissimo di “framing” – definito come “non pensare a un elefante” – L’idea è che se nel dibattito tiri fuori un certo argomento o una certa immagine, molta gente adatterà quell’immagine al proprio “frame”, indipendentemente da cosa diceva il messaggio. Un esempio classico è stato quello delle “armi di distruzione di massa” dell’Iraq al tempo di Saddam Hussein. Anche se se ne parlava per negarne l’esistenza, molti capivano che esistevano. Coerentemente con le sue idee sulla comunicazione, Lakoff ha assunto una posizione fortemente “chiusurista” durante il dibattito, approvando i lockdown, le mascherine, le restrizioni, eccetera. Come molte altre persone “di sinistra”, Lakoff ha visto nello stato una madre affettuosa che cerca di proteggere i suoi bambini da un pericolo esterno. Non è riuscito a vedere, invece, l’atteggiamento fortemente autoritario dello stato in queste misure – cosa che invece è risultata chiara a molte persone tendenzialmente di destra.


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Piccole Note: Il Sud del mondo diffida della propaganda di guerra Usa

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Il Sud del mondo diffida della propaganda di guerra Usa

di Piccole Note

L’Occidente stenta a coinvolgere nella campagna anti-russa i Paesi asiatici e africani, al netto dei suoi più stretti alleati. Lo tematizza Trita Parsi sul network americano MSNBC in un articolo alquanto interessante, nel quale spiega che, sebbene tali Paesi sappiano distinguere tra aggredito e aggressore, nondimeno non hanno intenzione di saltare sul glorioso carro della Nato.

Tra questi si annovera l’India, legata alla Russia sin dai tempi della Guerra Fredda e governata da un partito che ricorda bene i tempi nefasti del colonialismo britannico, e i Paesi del Golfo guidati da Arabia Saudita ed Emirati Arabi, che si sono allontanati nettamente da Washington in favore di Mosca.

Secondo la cronista di MSNBC ciò sarebbe dovuto alla ritrosia Usa ad abbracciare la loro vis anti-iraniana, spiegazione fallace data la nota prossimità di Mosca a Teheran, così che occorre trovare ragioni altrove e più precisamente nella diffidenza di questi Paesi per la propensione ai regime-change degli Stati Uniti, che potrebbe interessarli molto da vicino in un prossimo futuro.


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Pier Paolo Caserta: L’anticonformismo conformissimo. Ovvero, brevissima fenomenologia dei Maneskin

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L’anticonformismo conformissimo. Ovvero, brevissima fenomenologia dei Maneskin

di Pier Paolo Caserta

Non foss’altro che per l’increscioso coro mediatico che li esalta innalzandoli all’olimpo dell’esemplarità culturale ed etica (sull’aspetto musicale non mi esprimo), bisogna dire dove stanno in realtà i Maneskin.

Altre volte ho sottolineato come l’ostentazione sistematica e “trasgressiva” della diversità non sia affatto progressiva, né liberatrice. L’odierno progressismo, armato delle sue strutture discorsive politicamente corrette, la utilizza volentieri e con molto profitto per traslare il problema dell’uguaglianza e del suo riconoscimento interamente sul piano individuale, frammentando l’identità in una miriade di possibilità tutte completamente disarticolate dall’ossatura sociale che le produce. I Maneskin rappresentano piuttosto bene questa fluidità dei tempi. Ovviamente la “libertà” con la quale si rimane è in fondo una libertà del tutto esteriore, di costume, che io di certo non contesto, ma non una vera libertà di essere, perché è deprivata dell’essere sociale, la cui questione si mira a rendere persino impossibile porre e pensare.


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Roberto Gabriele: Ucraina, l’esito possibile

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Ucraina, l’esito possibile

di Roberto Gabriele

C’è un settore assai vasto di persone che si esprimono contro la guerra e sperano e agiscono affinchè finisca al più presto con un compromesso accettabile da ambedue le parti in conflitto. Purtroppo però è bene dire le cose come stanno e capire ciò che ci aspetta, per evitare che le nostre speranze rimangano pii desideri e soprattutto ci facciano deviare dalle nostre responsabilità e dai compiti che ci spettano.

E’ bene partire dal fatto che la guerra in Ucraina non è scoppiata per un malinteso che potrebbe anche essere chiarito al tavolo delle trattative. Il conflitto ha radici profonde, di carattere interno e internazionale.

Sulle questioni interne – legame storico con la Russia, vicenda del Donbass, diritti dei russofoni ecc. – Putin annunciando l’inizio delle operazioni militari è stato molto chiaro. Se il conflitto fosse limitato a questi aspetti si sarebbe potuti arrivare abbastanza rapidamente in modo costruttivo al tavolo delle trattative.


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lorenzo merlo: Vita a punti

sinistra

Vita a punti

di lorenzo merlo

Maschera e scopo del terrore e del grinpaz

 

Allineati e coperti

Il buon scalatore non è quello muscoloso, coraggioso, vanitoso. Nessuna di queste e simili doti permette scelte e comportamenti idonei alla sicurezza, alla soddisfazione. Il buon scalatore è quello che ascolta il terreno. Per lui, è il terreno che dice la verità. Così muovendo, è in grado di non farsi prevaricare dalle proprie paure, dalle proprie ideologie, dalle proprie vanità. Egli non è lì per affermare se stesso, ma per capire, scoprire, creare. Capire, scoprire e creare la combinazione di spinte, trazioni e orientamento ideale per stare e, dallo stare, proseguire.

La premessa alpinistica per scalare pareti è buona in sé e in quanto metafora per muoversi nelle pareti della vita. Essa è metafora di tutti i contesti dell’uomo. Banalità per chi ci è arrivato per i fatti suoi. Segreti inaccessibili per chi è preda di qualche entità che lo domina, che gli succhia le energie, quali la paura e le ideologie.

La comunicazione in mano a gruppi globalisti ha da tempo un solo intento: operare per non perdere l’egemonia economico-finanziaria-culturale del mondo o del cosiddetto Occidente. L’atlantismo ne è il braccio militare. Si tratta di un progetto che ha quale prima arma proprio la comunicazione. Anche questa è una banalità. Ma non per tutti.


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tonino

unread,
Apr 29, 2022, 3:06:20 AM4/29/22
to sante gorini

Michele Castaldo: La forza della democrazia ovvero la democrazia della forza

lacausadellecose

La forza della democrazia ovvero la democrazia della forza

di Michele Castaldo

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Ad ogni crisi tra l’Occidente e gli altri paesi ricorre la necessità di ribadire che si tratta di uno scontro tra la democrazia e la non democrazia di paesi governati da autocrati o dittatori. Che si tratti di paesi islamici, o di varianti di sinistra oppure di destra, la prima qualifica che viene ad essi affibbiata è che sono regimi dittatoriali. Ovviamente il personaggio che dirige in quel momento il paese, come ad esempio Putin in Russia, viene descritto sempre con appellativi poco lusinghieri. Insomma si parte – in quanto occidentali – dalla forza della democrazia per combattere quei paesi e popoli per l’incapacità di essere democratici, che finiscono per seguire l’uomo simbolo del momento che ad essi si sovrapporrebbe quasi come un corpo estraneo. Se poi si scopre che un personaggio come Putin viene eletto più volte con una maggioranza del 70/75/80%, beh, si dice a quel punto, il popolo non capisce, e avanti così.

Cerchiamo di sfatare il tabù: l’Occidente parte da un presupposto non del tutto sbagliato, perché butta sul piatto della bilancia una serie di argomenti non peregrini come la libertà individuale, i diritti umani, ma innanzitutto un patrimonio storico ricco di successi in tutti i campi, dunque non solo la potenza, quella distruttiva, quella criminale dei bombardamenti, delle guerre, delle occupazioni, del dominio di popoli, del razzismo, dello sfruttamento brutale di intere aree geografiche ecc., ma porta in dote, per così dire, anche altro, cioè l’idea della democrazia e innanzitutto un modello di sviluppo che si è affermato ormai in tutto il mondo; e chi frappone ad esso ostacoli non fa altro che ritardare in molti paesi lo stesso livello di benessere economico, dei costumi, della cultura e così via, come da noi in Occidente. Altrimenti detto il ritornello che viene ripetuto come un mantra ogni volta è: temono la forza della nostra democrazia, del nostro sviluppo, dei nostri consumi e dunque dei nostri valori.


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John Belamy Foster: La guerra per procura degli Stati Uniti in Ucraina

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La guerra per procura degli Stati Uniti in Ucraina

di John Belamy Foster

Olga Chernysheva Russia Kind People 2004. 810x477Una relazione importante tenuta da John Belamy Foster, professore di sociologia all'Università dell'Oregon e direttore della storica rivista americana Monthly Review, fa chiarezza su un aspetto finora poco esplorato della guerra per procura che si sta svolgendo in Ucraina, quello relativo al rischio nucleare. Questo aspetto della guerra in corso si inquadra nella 'strategia della controforza' e del 'First Strike' pericolosamente esplorata dagli Usa fin dagli anni '60 e poi abbandonata, anche grazie a movimenti pacifisti di massa. Ripescata dopo il crollo dell'Urss e la fine della guerra fredda nell'ambito della strategia del grande impero americano, oggi si sta giocando una partita del cui possibile finale - il grande inverno nucleare e l'omnicidio - bisognerebbe essere tutti consapevoli. Come dice Foster, 'c'è molto da capire, in poco tempo.' (preziosa segnalazione di Vladimiro Giacché)

* * * *

Quello che segue è il testo di una presentazione di John Bellamy Foster all'Advisory Board del Tricontinental Institute for Social Research del 31 marzo 2022

Grazie per avermi invitato a fare questa presentazione. Parlando della guerra in Ucraina, la cosa essenziale da riconoscere in primo luogo è che questa è una guerra per procura. A questo proposito, nientemeno che Leon Panetta, che è stato direttore della CIA e poi segretario alla difesa sotto l'amministrazione Obama, ha recentemente riconosciuto che la guerra in Ucraina è una "guerra per procura" degli Stati Uniti, sebbene la cosa venga raramente ammessa. Per essere espliciti, gli Stati Uniti (appoggiati dall'intera NATO) sono impegnati da lungo tempo in una guerra per procura contro la Russia, con l'Ucraina come campo di battaglia.


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Roberto Buffagni: Come si svolgerà la fase tre delle ostilità in Ucraina?

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Come si svolgerà la fase tre delle ostilità in Ucraina?

di Roberto Buffagni

Boris Johnson al “Financial Times”: “La Russia può vincere, mandiamo tank in Polonia”.

In vista del probabile successo della prossima offensiva russa e della conseguente neutralizzazione delle FFAA ucraine, i britannici, che hanno un ruolo di primissimo piano nella gestione delle ostilità, preparano la fase tre della guerra: finiti gli ucraini, facciamo entrare in campo i polacchi e i baltici.

La fase tre della guerra in Ucraina tra Russia, USA e NATO, si svolgerebbe così.

  1. La prossima offensiva, in cui la Russia impiega la sua superiore potenza di fuoco, neutralizza il grosso delle FFAA ucraine oggi fortificate nel Donbass. L’Ucraina non è più in grado di resistere efficacemente. Termina la fase due delle ostilità.
  2. Inizio della fase tre. Su richiesta di aiuto militare del governo ucraino (eventualmente rifugiato in esilio) al governo polacco e ai governi baltici, entrano in Ucraina truppe regolari polacche e baltiche, e un contingente di mercenari finti e veri. I mercenari veri sono forniti dalle aziende che forniscono contractors. I mercenari finti sono militari di paesi NATO che si dimettono dalle loro FFAA per non coinvolgere giuridicamente come belligeranti i propri paesi, e vanno a combattere senza mostrine.

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Dino Greco: Il PD atlantista attacca l’Anpi e si arruola coi guerrafondai

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Il PD atlantista attacca l’Anpi e si arruola coi guerrafondai

di Dino Greco*

Credevamo che di transumanza in transumanza il Pd avesse completato, come nei peggiori film horror, la propria metamorfosi politica. Credevamo che l’approdo nell’alveo della cultura liberista descrivesse compiutamente il nuovo profilo culturale e politico di quel partito. Credevamo che definire il Pd, con una formula sintetica, come la “sinistra del capitale” spiegasse ormai tutto.

Ci sbagliavamo. Perché quando rompi gli argini, quando a trattenerti non c’è più alcun freno inibitorio, neppure di natura morale, allora la tua cultura originaria si dissolve e la tua deriva si trasforma in una precipitosa fuga nell’opposto. È così che l’ultima e fondamentale roccaforte, la Costituzione, è stata divelta dai suoi cardini, già tremolanti per incuria e disinnamoramento. Il progetto di società che vive in essa sbiadisce sino a corrompersi e i principi che lo innervano vengono recisi dalle radici.

Accade così che persino il ripudio della guerra si tra- sformi nel suo rovescio e improvvisati esegeti della Resistenza scambino la partecipazione armata al conflitto in Ucraina a fianco del Battaglione Azov come un atto coerente con la lotta di Liberazione di cui in Italia furono protagonisti i partigiani.


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Norberto Fragiacomo: Democrazia e libertà di parola: la condanna di Socrate e il caso Assange

linterferenza

Democrazia e libertà di parola: la condanna di Socrate e il caso Assange

di Norberto Fragiacomo

Fra i dialoghi socratici l’Eutifrone non è uno dei più celebri, anche se un grande studioso come Giovanni Reale gli ha dedicato un magistrale saggio introduttivo in cui si dimostra che, ben lungi dal non approdare a nulla, la discussione fornisce al lettore attento tutti gli elementi necessari a formulare correttamente il concetto di “santità”, da intendersi come contributo umano alla realizzazione di quel Bene che è grato al dio.

Proprio sui temi del “santo” e dell’”empio” verte il dialogo, vivacissimo e godibile, oltre che sulla natura degli dei (rectius: della divinità): l’occasione è offerta dall’incontro fortuito dinanzi al tribunale ateniese fra Socrate e Eutifrone, un indovino venuto ad accusare il proprio padre dell’omicidio di un lavoratore a giornata (morto in realtà in prigionia dopo aver assassinato uno schiavo). Socrate, a sua volta denunciato per empietà (corromperebbe i giovani secondo il carrierista Meleto, icasticamente ritratto con maliziosa ironia), non rinuncia malgrado la minaccia incombente a confrontarsi con un uomo saldo nelle sue convinzioni che, messo alle strette, dimostra una sconsolante pochezza.


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Massimo Maggini: Introduzione a “Il capitale mondo”

lanatra
              di vaucan

Introduzione a “Il capitale mondo”

di Massimo Maggini

capitale mondo page 0001La fase terminale volge sempre in farsa,
anche se, in ultima analisi, in una farsa sanguinosa
Robert Kurz

Con la pubblicazione de Il capitale mondo esce finalmente in Italia uno dei libri più interessanti ed importanti di Robert Kurz.

Kurz, insieme a pochi altri (fra cui Roswitha Scholz, Norbert Trenkle e Ernst Lohoff), è stato il fondatore della corrente di pensiero chiamata Wertkritik (Critica del valore),1 una rilettura del pensiero marxiano che privilegia gli aspetti rimasti in ombra nella ricezione di Marx da parte del marxismo classico. Quest’ultimo, infatti, ha focalizzato l’attenzione sulla lotta di classe, sulla soggettività operaia e sulla richiesta di una più equa distribuzione del prodotto e della redditività sociale – tutti temi sicuramente presenti nell’opera marxiana – trascurando però quasi completamente, tranne qualche insufficiente e temporanea eccezione, una parte altrettanto presente ed importante, se non anche più dell’altra, che analizza la struttura di fondo del sistema del capitale e ne rintraccia le contraddizioni interne e i limiti invalicabili, verso i quali questo sistema è necessariamente indirizzato per un proprio moto interno ineludibile.

Non è un caso, infatti che Kurz parli di un “duplice Marx”,2 distinguendo fra un Marx “essoterico”, quello appunto della “lotta di classe” (un “rampollo e dissidente del liberalismo, il politico socialista della sua epoca ed il mentore del movimento operaio, che si limitava ad esigere diritti di cittadinanza e un ‘equo salario per una giornata di lavoro equa’ ”, come lo definisce Kurz),3 dove il capitale non è letto come un rapporto sociale storicamente determinato ma viene “ontologizzato”, e l’obiettivo principale diventa il rovesciamento dei rapporti di potere, non del sistema nelle sue fondamenta, e quello “esoterico”, critico impietoso della struttura capitalistica e del suo ottuso feticismo, della forma-valore, che presiede al movimento del capitale, e del tanto osannato – specie dai paladini del marxismo classico – “lavoro astratto” che ne è, diciamo, l’“esecutore materiale”.4


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Osvaldo Costantini: Pandemia, stato, capitale. Qualche bilancio

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Pandemia, stato, capitale. Qualche bilancio

di Osvaldo Costantini

covidball1Sebbene la nuova emergenza bellica abbia soppiantato quella del covid, mutuandone il linguaggio, nel palcoscenico mediatico, la gestione della circolazione del virus mediante un determinato approccio è ancora attivo. Al contrario, invece, sembrano in fase di risacca le mobilitazioni contro gli aspetti autoritari di quella vicenda, le cui caratteristiche sembravano aprire scenari in parte inediti.

A fronte di una annunciata volontà di allentare le misure, restano alcuni degli aspetti della gestione autoritaria della pandemia, a cui si aggiungono assurdi strascichi punitivi, tra cui quello nei confronti dei docenti sospesi: in virtù del nuovo decreto, essi possono rientrare a scuola ma, se non vaccinati, preclusi dall’insegnamento e quindi destinati ad altre mansioni. Al netto della valutazione sul demansionamento, che, per una cultura sindacale, è estremamente grave, ciò che colpisce è la messa in atto, nel piccolo, della dinamica greenpassista: mettere chi non ha obbedito, chi ha fatto una cosa diversa dalla massa (non importa qui se la valutiamo giusta o sbagliata), alla gogna. La persona in questione entrerà a scuola e sarà osservata dagli alunni nel suo nuovo ruolo (temporaneo?), messa in vetrina cioè come docente “novax” che non ha i requisiti (morali?) per l’insegnamento. Il dissenso in questo modo viene allontanato dalla possibilità di formare gli studenti e usato come monito per coloro ai quali venisse in mente, nella vita, di fare una cosa diversa da quella che gli dice il potere, da ciò che pensa la massa. A questo aspetto punitivo, si aggiungono alcune inquietanti dichiarazioni di Draghi e Colao che sembrano confermare alcune delle più nere ipotesi dei mesi passati, spesso bollate come complottismi.


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Alessandro Visalli: Disconnessioni e fìne del sistema-mondo occidentale

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Disconnessioni e fìne del sistema-mondo occidentale

Circa il rapporto della Banca di Russia alla Duma

di Alessandro Visalli

NabiullinaMentre il lockdown di Shangai crea un ciclopico ingorgo di navi mercantili davanti alla città e interrompe ulteriormente le catene di approvvigionamento globali, con colli di bottiglia che per il Frankfurter Allgemeine[1] inducono riduzioni di oltre il 40% e si faranno sentire fino in Germania, la Bundesbank[2] stima che l’embargo totale dell’energia la farebbe precipitare in recessione già quest’anno. Si stima una riduzione del Pil del 2% ed effetti trascinati per i due anni successivi. Inoltre, un incremento di lungo periodo del tasso di inflazione. In una intervista il Cancelliere tedesco ha inoltre spiegato per quale motivo non consegnerà armi pesanti e ritiene che l’embargo al gas russo non sia utile a fermare la guerra, e comunque non vada fatto.

Spostiamoci, la Banca di Russia ha presentato alla Duma il suo Rapporto 2021 e il suo Presidente, Elvira Nabiullina, che è stata confermata alla guida dell’ente, ha spiegato che il Pil è cresciuto nell’anno del Covid del 4,7% con un livello di disoccupazione ai minimi storici. Inoltre, nel 2021 i prestiti alle imprese sono cresciuti del 21%, i mutui del 30% e i prestiti al dettaglio del 20%. La Izvestia racconta[3] che la Nabiullina si è soffermata in particolare sulle misure assunte nel 2022 per contrastare le sanzioni occidentali. A febbraio/marzo la Banca centrale ha infatti alzato il tasso al 20% allo scopo di preservare la liquidità delle banche e ha sviluppato un corrispondente allentamento normativo. La Presidente ha spiegato che presenza di riserve in dollari ed euro, presso istituti europei, per 300 miliardi era necessaria per avere un termine di stabilizzazione in caso di crisi nazionale, ciò le ha rese attaccabili; tuttavia già dal 2014 la diversificazione delle riserve in moneta estera era andata avanti. La quota del dollaro Usa era scesa ad un quarto, mentre la quota di oro era salita di due volte e mezzo e quella di yuan al 17%.


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Fabio Mini: "Bombe di verità": così gli Usa hanno messo le mani sull'Ucraina

lantidiplomatico

"Bombe di verità": così gli Usa hanno messo le mani sull'Ucraina

di Fabio Mini

Un paio di settimane fa, in un’apparizione su una televisione statunitense, la celebre giornalista Lara Logan ha lanciato tante e tali “bombe di verità” su uno spaesato pubblico da costringere i conduttori della trasmissione a implorare (sui telefoni interni) l’interruzione pubblicitaria. Le bombe in realtà erano cose che i cosiddetti complottisti dicono da tempo a tutto il mondo, salvo agli americani evidentemente.

A prescindere dalla retorica putiniana, speculare a quella antiputiniana, ciò che meraviglia è la reazione del pubblico: un tripudio di complimenti per le verità taciute, un paio di obiezioni, molti attestati di ammirazione per il coraggio e altrettante preghiere di chi teme per la sua vita.

Anche nella terra della libertà di espressione, se dici qualcosa che infastidisce il potere sei morto. La filippica della Logan è qualcosa di più: è una chiara chiamata in correità della leadership Usa in ciò che sta accadendo in Ucraina. Lì la retorica dei buoni e dei cattivi è saltata, com’era saltata sul Vietnam, l’Iraq, l’Afghanistan, ma per gli americani ormai assuefatti all’idea di essere i buoni, è sempre una “scoperta” salutare ma traumatica.


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Antonio Mazzeo: Gli aerei USA di Sigonella e i misteri dell’affondamento dell’incrociatore russo nel Mar Nero

antoniomazzeo

Gli aerei USA di Sigonella e i misteri dell’affondamento dell’incrociatore russo nel Mar Nero

di Antonio Mazzeo

L’affondamento dell’incrociatore russo “Moskva” a largo di Odessa dopo essere stato colpito da uno o più missili, mercoledì 13 aprile. Certamente l’evento più traumatico per le forze armate e l’opinione pubblica della Federazione Russa in questi due primi mesi di guerra all’Ucraina.

Sono ancora fittissimi i misteri sulle dinamiche e sulle unità ucraine protagoniste dell’attacco, top secret il numero delle vittime. Un elemento a dir poco imbarazzante è però stato accertato: l’intera operazione militare contro la nave ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero è stata “monitorata” e registrata a poche miglia di distanza da un pattugliatore marittimo Boeing P-8A “Poseidon” della Marina militare USA, decollato qualche ora prima dalla stazione aeronavale di Sigonella.

Sulla centralità della grande base militare USA e NATO “ospitata” in Sicilia per le operazioni di intelligence nel sanguinoso conflitto Russia-Ucraina si è soffermato un articolo comparso il 20 aprile sull’autorevole quotidiano londinese The Times, prontamente ripreso dal francese Le Figaro e - solo parzialmente - da alcuni organi di stampa italiani. Oggetto dell’inchiesta le evoluzioni aeree in Mar Nero del pattugliatore “Poseidon” prima e durante l’attacco contro l’incrociatore lanciamissili russo. Una missione, quella dell’aereo USA partito da Sigonella, che potrebbe aver contribuito in maniera determinante al “successo” dell’operazione delle forze armate di Kiev.


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Ahmet Tonak - Vijay Prashad: La globalizzazione guidata dall’Occidente potrebbe finire, quella nuova ha un volto orientale

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La globalizzazione guidata dall’Occidente potrebbe finire, quella nuova ha un volto orientale

di E. Ahmet Tonak* - Vijay Prashad**

Un articolo scritto dagli autori John Micklethwait e Adrian Wooldridge per Bloomberg il 24 marzo ha suonato l’allarme per annunciare la fine della “seconda grande era della globalizzazione“.

La guerra commerciale occidentale e le sanzioni contro la Cina che hanno preceduto la pandemia si sono ora unite alle rigide sanzioni occidentali imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

Queste sanzioni sono come una cortina di ferro costruita dagli Stati Uniti e dai loro alleati intorno all’Eurasia. Ma secondo Micklethwait e Wooldridge, questa cortina di ferro non scenderà solo intorno alla Cina e alla Russia, ma avrà conseguenze di vasta portata in tutto il mondo.

L’Australia e molti paesi dell’Asia, tra cui India e Giappone – che sono affidabili alleati degli Stati Uniti su altri temi – non sono disposti a rompere i loro legami economici e politici con Cina e Russia.

I 38 paesi che non hanno votato alla riunione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 24 marzo per condannare la guerra della Russia in Ucraina includevano Cina e India; entrambi questi paesi “rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale“, osservano Micklethwait e Wooldridge nel loro articolo.


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Redazione: Che fine hanno fatto i documenti sull’efficacia dei vaccini?

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Che fine hanno fatto i documenti sull’efficacia dei vaccini?

E ora per l’Aifa (querelata) si mette molto male

di Redazione

Il 27 dicembre 2020 è stata la data che ha segnato l’inizio della campagna vaccinale anti Covid-19 in Italia ed Europa. Una data che, molto probabilmente, resterà negli annali. Da allora la campagna vaccinale è stata un vero e proprio schiacciasassi. Passando sopra tutto e tutti, ha portato all’inoculazione dei sieri sperimentali circa un miliardo e mezzo di persone nel mondo. Nel nostro Paese l’89,98% della popolazione risulta essere vaccinata con almeno due dosi.

 

Domande lecite

Questo doveroso preambolo porta ad una questione di non poco conto: com’è possibile farmaci che solitamente hanno bisogno di un minimo di 15/20 anni per raggiungere i requisiti di efficacia e sicurezza, siano stati elaborati, contrattualizzati, messi sul mercato, distribuiti ed inoculati in certi casi con la forza nella popolazione? Alcune persone non si sono limitate alle domande, anzi, hanno iniziato ad indagare per contro proprio. Il fine? Stabilire su quali basi si fonda l’imposizione alla vaccinazione anti-Covid da parte dello Stato italiano.


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Salvatore Bravo: Realtà e Reale

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Realtà e Reale

di Salvatore Bravo

La scissione del tempo e dal tempo storico con la sua “guidata” frammentazione è il dominio che si instaura nelle coscienze, il logos è sostituito dal reale lacaniano. Il tempo immediato diviene la legge che governa le menti e fa in modo che l’astratto governi. La caverna di Platone è la mente umana posta al servizio dell’astratto, in essa il reale ha sostituito la realtà. Non si deve conoscere la realtà con i rapporti di produzione in cui si è implicati, rivelerebbero le contraddizioni e la costante sussunzione delle soggettività alla propaganda. Lacan con la distinzione tra reale e realtà è interno al percorso platonico. La caverna è buia come il reale astratto, non vi sono rapporti sociali e di produzione, il reale respinge e rimuove la realtà e la verità. Il reale è il sogno ipnotico del capitale, per autoconservarsi deve surrogare la parola con la propaganda, la realtà materiale con l’astratto. L’ipnosi di massa spinge le menti nel buio dell’astratto, si spegne lo sguardo del logos nello splendore mediatico del sonno della ragione. Il tempo si frammenta e scompare con i suoi dati carichi di senso, i quali attendono il soggetto per riportarli alla loro oggettività. Il reale è il fortilizio del capitalismo, addomestica con l’astratto, l’io non media tra il Super-io e l’Es, ma tutto è immediato, e pertanto la coscienza si disperde nel presente.


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Essepi: Riflessioni sulla guerra: Russia e Ucraina; Cina e Stati Uniti

la citta
              futura

Riflessioni sulla guerra: Russia e Ucraina; Cina e Stati Uniti

di Essepi

L’aggressione della Russia all’Ucraina è anche il riflesso di un’emergente divisione del lavoro internazionale non più favorevole a Washington. La Cina al contrario si rivela sempre più il punto centrale di equilibrio del mondo

 

Guerra in Ucraina e riassetto internazionale

Nella pancia dell’attuale guerra in Ucraina si cela l’aspirazione a un nuovo ordine internazionale. Ma cos’è l’ordine internazionale se non la proiezione politica della divisione internazionale del lavoro? Se così è, all’interno dell’involucro sanguinoso della guerra c’è anche l’adeguamento delle relazioni tra gli Stati allo stato dell’arte dell’economia.

Il debito pubblico statunitense ha raggiunto a fine 2021 la cifra record di 28.900 miliardi di dollari e il rapporto debito/Pil ha superato il 100%. Si può legittimamente sospettare che vi sia una relazione tra la condizione sempre più precaria dei conti pubblici di Washington, le crescenti difficoltà del suo apparato produttivo e le tensioni tra Ucraina e Russia? C’è chi lo ha fatto egregiamente su questo giornale alcune settimane fa e non staremo a ripeterlo.


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tonino

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May 1, 2022, 2:23:22 AM5/1/22
to sante gorini

Giovanna Cracco: Lo spettacolo della guerra

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Lo spettacolo della guerra

di Giovanna Cracco

Debord e McLuhan per capire dove siamo: ben oltre la propaganda, la costruzione di un mondo e di una nuova modalità di vita che dobbiamo consumare

marek studzinski gk8BqMhY“‘Seppellite il mio cuore a Wounded Knee’, che vuol dire? / Wounded Knee è dove morì il generale Custer con tutti i suoi. / Sì, ma che aveva combinato per finire così? / Beh, esattamente io... / Aveva trucidato migliaia di indiani. Quindi lei conosce il personaggio ma non ha una visione globale della vicenda. E sa perché? / Perché? / Per i film che ha visto. Ecco perché siamo qui. / Capisco. / Le faccio altri esempi: la bambina vietnamita; la V di vittoria; i cinque marines che innalzano la bandiera sul monte Suribachi. Fra cinquant’anni anni avrà scordato quelle guerre ma non quelle immagini. / Vero. / Guerra del Golfo: un missile intelligente si infila in un camino. 2.500 missioni al giorno per oltre 100 giorni: sono bastate le immagini di una sola bomba e gli americani hanno accettato quella guerra. La guerra è spettacolo. Ecco perché siamo qui.” Wag the dog, regia di Barry Levinson, 1997

“Là dove il mondo reale si cambia in semplici immagini, le semplici immagini divengono degli esseri reali, e le motivazioni efficienti di un comportamento ipnotico.” Guy Debord, La società dello spettacolo

“Il medium è il messaggio perché è il medium che controlla e plasma le proporzioni e la forma dell’associazione e dell’azione umana.” Marshall McLuhan, Capire i media. Gli strumenti del comunicare

Raccontata dai principali media italiani (carta stampata, televisione e radio), la guerra in Ucraina è – fin dai primi giorni – massacri, pioggia incessante di bombe e stragi di civili; a margine, andando a cercare soprattutto in rete, si riescono a trovare analisi differenti. Il 22 marzo Newsweek – una testata che non può certo essere accusata di ‘simpatie putiniane’ – pubblica un articolo dai toni molto diversi (1).


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Alessandro Visalli: Chi ha ucciso il cervo? Della guerra tra moneta e merci

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Chi ha ucciso il cervo? Della guerra tra moneta e merci

di Alessandro Visalli

51bAhMV OWL. SX342 SY445 QL70 ML2 Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, il filoccidentale ma fedelissimo di Putin ex Presidente ed ex Primo ministro fino al 2020 Dmitrij Anatol'evič Medvedev[1], ha dichiarato sulla stampa russa che le sanzioni (congelamento delle riserve, misure sui capitali privati all’estero, esclusione dallo Swift) violano la sacralità della proprietà privata e lo stato di diritto, apparentemente cari all’occidente, e dunque manifestano una ‘guerra senza regole’ che ‘distruggerà tutto l’ordine economico mondiale’. Ne abbiamo già parlato[2].

Ma queste misure colpiscono principalmente la credibilità stessa di chi le promuove, stracciando leggi e regolamenti, con ciò mostrando la natura del potere, e determinano l’arrivo di un nuovo “Ordine finanziario mondiale” nel quale chi non è credibile non avrà più voce in capitolo. Chi farebbe patti con un baro? La risposta russa a questa mossa è stata di capovolgere il principio di base denaro-per-merci. L’idea è di connettere merci di base, petrolio, gas naturale, materie prime minerarie e oro, al rublo.

La guerra valutaria lanciata contro la Russia, fondata sull’inibizione della liquidità in modo che resti impedita sia la funzione di riserva di valore, sia quella di mezzo di scambio della moneta internazionale detenuta dal sistema economico russo, viene tradotta da questa mossa (alla quale lavora la Banca centrale Russa e la diplomazia economica altamente attiva verso i paesi ‘non allineati’, che crescono ogni giorno) in guerra di merci e monete. Ovvero in un confronto a tutto campo tra ‘merci’ cruciali e monete sovrane ad esse ancorate.


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Eugenio Gazzola: Responsabilità di Piergiorgio Bellocchio

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Responsabilità di Piergiorgio Bellocchio

di Eugenio Gazzola

bellocchioUn principio di responsabilità ha orientato il lavoro di Piergiorgio Bellocchio lungo tutta la sua esistenza. Un passo ulteriore, credo, rispetto al profilo del moderno intellettuale moralista richiamato dopo la sua improvvisa scomparsa, il 18 aprile scorso a Piacenza. Si intende la responsabilità dell’intellettuale disposto a testimoniare con la militanza diretta i principi etici e morali nei quali si riconosce e quindi a “pagare di persona” questa sua testimonianza, cioè a rischiare l’isolamento, l’incomprensione, così come in passato si rischiava il bando, il carcere o la vita. E tanto maggiore è il peso di una militanza vissuta, quanto più è attuata al di fuori dei partiti politici e delle schermaglie giornalistiche, cioè «al di sotto della mischia» (il titolo della sua raccolta Scheiwiller del 2007). Conservare la chiarezza dello sguardo.

In un saggio pubblicato ormai più di venti anni fa, poche righe che non riesco più a individuare nei vecchi libri, Bellocchio indicava alcune figure eccellenti del Novecento sul piano della responsabilità, e alcune le ricordo: George Orwell, Simone Weil, Céline, persino Bernanòs, forse Karl Kraus. Mentre conosciamo, del pari, la sua dedizione a scrittori come Fenoglio, Ginzburg, Bianciardi; a una figura come Danilo Montaldi, l’intellettuale marxista cremonese maestro dell’inchiesta sociale, di cui Bellocchio elogia la naturalezza con cui sapeva essere a un tempo intellettuale e politico senza separazione (quella separazione criticata negli intellettuali italiani dal suo maestro Franco Fortini), come due lati del medesimo lavoro.

Ha scritto Bellocchio che Montaldi, «nato proletario, aveva scelto di restarlo», che il prestigio pubblico non lo allettava, né gli agi o il potere che avrebbero potuto derivarne: «non valeva certo la pena, per quei risibili vantaggi, di perdere il lusso dell’indipendenza, la libertà di fare il lavoro che preferisci, nel modo e per lo scopo che ritieni più giusti.


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Pierluigi Fagan: Critica della ragione cinica

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Critica della ragione cinica

di Pierluigi Fagan

Visto il diluvio di parole e la mancanza di analisi a grana fine sulla guerra, che qui circoscriviamo a puro fatto militare, mi sono preso la briga di capire meglio e condivido il tentativo.

Metodo: ho preso la due cartine dall’Institute of Study of War, think tank americano finanziato dai principali poli produttivi del complesso militare-industriale americano. Non sono dissimili da quelle di altri enti (tutti anglosassoni) e vanno trattate all’ingrosso. La prima è quella al 14 marzo, la seconda è quella del 25 aprile. Su quella più recente ho incollato il profilo dei territori del sud-est scontornato da quella del 14 marzo. Con il tratteggiato nero ho evidenziato i territori che gli ucraini avrebbero, più o meno, perso in circa l’ultimo mese e mezzo. Ne hanno anche guadagnati, a nord dove i russi si sono ritirati dal dopo dell’incontro-trattativa in Turchia che pure aveva acceso qualche speranza di pace. Molto all’incirca, si potrebbe dire che gli ucraini hanno riavuto territori dai russi per una estensione più o meno pari a quelli che hanno perso a sud-est. In particolare:

A. Una penetrazione verso Mykolayiv e che include Kherson che proprio ieri i russi hanno affermato di aver consolidato definitivamente (secondo loro).


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Andrea Zhok: La metamorfosi dell’Impero e le sue vittime

lantidiplomatico

La metamorfosi dell’Impero e le sue vittime

di Andrea Zhok

720x410c50mihbb1. Il riflusso dell’imperialismo globalista USA

Nella frenesia angosciosa degli ultimi due anni, prima con la pandemia e ora con la guerra russo-ucraina, molti processi stanno accelerando e prendendo forme inedite.

Per comprendere gli eventi recenti bisogna partire da una constatazione, ovvero dall’esaurimento della spinta globalizzante dell’economia capitalistica mondiale. Come noto, il sistema capitalistico si conserva in equilibrio soltanto se e nella misura in cui può garantire ai detentori di capitale (investitori) una crescita futura del proprio capitale. Uno stato stazionario perdurante equivale senza resti ad un collasso per il sistema capitalistico, a partire dal fallimento degli istituti finanziari, che possono esistere soltanto sulla base di questo assunto di crescita.

La globalizzazione è stata la forma principale della crescita capitalistica (e delle promesse di crescita) a partire dagli anni ’70 del XX secolo. Dopo la caduta dell’URSS l’espansione globalizzante ha iniziato ad accelerare.

La globalizzazione tuttavia non è semplicemente un moto acefalo del capitale, per quanto essa esprima tendenze strutturali del capitalismo in quanto tale. Nell’ultimo mezzo secolo la globalizzazione è stata la forma presa dall’espansionismo “imperiale” americano.

La narrazione liberista per cui l’ampliamento e l’intensificazione degli scambi creerebbero automaticamente benessere per tutti i transattori è soltanto una fiaba per gonzi, che nasconde un punto cruciale: in ogni scambio è sempre decisivo il rapporto tra i poteri contrattuali dei contraenti.


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Giovanni Iozzoli: Navigare nel mare del nostro scontento

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Navigare nel mare del nostro scontento

di Giovanni Iozzoli

C’era una volta un reame felice e pacifico, guidato da un presidente-giullare. Un giorno un re-orco, che dominava su un vicino regno barbarico, decise di invadere il paese felice…

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Dentro il contesto terribile che stiamo attraversando, la cosa più importante è cercare di cogliere e interpretare le correnti sotteranee che orientano la coscienza collettiva – soprattutto su una webzine che si occupa di politiche dell’immaginario. Lo schieramento pro-Nato e anti russo, in Italia, è stato particolarmente solerte, univoco e organizzato, fin dall’inizio delle ostilità: praticamente tutte le testate giornalistiche e le agenzie di coumicazione hanno abbracciato simultaneamente – a mò di stormo – la stessa versione farlocca e ipersemplificata dei fatti di Ucraina. Il simpatico comico con elmetto, il dittatore pazzo, la barbarie asiatica contro la civiltà europea: una specie di favola post-moderna, raccontata mediante cospicui investimenti in termini di uomini e mezzi. Un flusso potentissimo di immagini, commenti, invettive, inchieste, emozioni a distanza, che non ha molti precedenti.

Alla base di questa onda di comunicazione unidirezionale, c’è l’osso di una schema narrativo che gli italiani stanno subendo da 2 mesi, nel quadro di una strategia di infantilizzazione del cittadino-spettatore, che ormai è diventata prassi collaudata. Quando si parla di “infanzia abbandonata” non si dovrebbero compiangere solo i piccoli ucraini preda di trafficanti al confine polacco, ma anche i destini dello spettatore italiano medio, ridotto ad una condizione puerile, senza guida, privato di ogni capacità di giudizio, senza quei minimi elementi di conoscenza che possono permettere l’esercizio delle prerogative dell’età adulta.


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Andrew Ross: Verso una nuova rivoluzione culturale in Cina?

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Verso una nuova rivoluzione culturale in Cina?

di Andrew Ross

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              4ed50dc2620f4f1fa49eb182d3598ab5mv2Proponiamo qui un testo scritto da Andrew Ross nel 2009 e pubblicato per la prima volta in italiano nel volume «La testa del drago. Lavoro cognitivo ed economia della conoscenza in Cina», curato da Gigi Roggero (ombre corte, 2010). Basandosi su un’importante ricerca sul campo, Ross analizza la transizione da un’economia «Made in China», imperniata sullo sfruttamento intensivo di lavoro, a un’economia «Created in China», basata sull’innovazione e con il controllo di brevetti e diritti di proprietà intellettuale da parte delle imprese locali. Secondo l’autore, è questa la direzione intrapresa dalla rapidissima crescita della Repubblica popolare cinese, pienamente sostenuta dall’autorità di uno Stato potente e centralizzato, saldamente impegnato in una politica definita di tecno-nazionalismo. In questo processo Ross incentra la propria attenzione sui «colletti grigi» (incorporanti elementi del lavoro sia dei colletti bianchi sia dei colletti blu), ossia i lavoratori delle cosiddette «industrie creative».

* * * *

I paesi di recente industrializzazione nel Sud globale non se la sono certo presa con calma nello sperimentare un modello di politica delle industrie creative. Alcuni di quelli più avanzati stanno velocemente registrando una perdita di occupazione nel settore manifatturiero rispetto alla Cina continentale e al sud-est asiatico, e necessitano di servizi ad alto skill per creare valore aggiunto alle proprie economie. Tuttavia, è talmente impetuosa la crescita economica della Repubblica popolare cinese che i policymaker del Partito comunista cinese (Pcc) sono già competitivi nella gara della creatività, sperando di guidare l’economia nazionale verso i frutti più appetibili della proprietà intellettuale al top della catena del valore, massimizzando il proprio monopolio nel vasto mercato linguistico cinese, sia all’interno sia all’estero.


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Fabio Mini: Le mappe inconfessabili di Kiev

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Le mappe inconfessabili di Kiev

di Fabio Mini

Delle operazioni russe – fallimentari, è ovvio – sappiamo luogo e nomi dei generali. Di quelle ucraine nulla. Svelerebbero la massa di armi fornite dagli Usa dal ’94. E una catena di comando a croci uncinate

Dopo due mesi di guerra, le mappe delle operazioni che ci vengono generosamente offerte dall’ucraina o dal Pentagono (sono le stesse) sono ancora semi mute. Parlano delle zone conquistate o perdute dagli ucraini, ma non dicono dove e quali sono le forze impiegate. Gli stessi esperti internazionali si sprecano nell’indicare numero, livello e posizione delle forze russe, ma non dicono dove sono quelle ucraine. È sempre più evidente che le cosiddette “mappe delle operazioni” che appaiono sui nostri televisori vogliono presentare una situazione surreale nella quale esiste soltanto un attore irresponsabile. Le mappe dei tecnici e degli “esperti”, più dettagliate, sono sullo stesso livello e, senza indicare nessuna unità ucraina, tendono a presentare come brutali e criminali le operazioni russe riuscite e “fallite” quelle che non si sono svolte come da loro stessi anticipato, previsto, auspicato e sognato.


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May 3, 2022, 1:28:50 AM5/3/22
to sante gorini

Norberto Fragiacomo: L’Occidente totalitario getta la maschera

linterferenza

L’Occidente totalitario getta la maschera

di Norberto Fragiacomo

usa gaffe del presidenteSe gettano la maschera non è per sbadataggine, né per imperizia o imprudenza: le “grandi firme” nostrane sono agitprop che sanno il fatto loro e conoscono benissimo il mestiere – quello di propagandista dei presunti valori occidentali s’intende, perché il giornalismo libero è tutt’altra cosa, ed è comunque una specie in via di estinzione.

Ormai sui quotidiani di regime (cioè tutti, eccezion fatta per La Verità e Il Fatto Quotidiano, su cui residuano spazi di riflessione e dibattito) si dà per scontato e pienamente accettabile che la guerra in corso, dapprincipio presentataci come “difensiva”, sia un’operazione NATO per interposta Ucraina, e il 28 aprile, durante la trasmissione Otto e Mezzo, Massimo Franco ha seraficamente affermato che anche se la Russia fosse effettivamente caduta in una trappola tesale dagli americani  (vale a dire: anche ammesso che sia stata indotta/forzata ad attaccare l’Ucraina) giudizi e valutazioni non cambierebbero. Può farmi piacere che un “saggista di fama, membro dell’International Institute for Strategic Studies di Londra (IISS)”, definito “un istituto di ricerca britannico (o think tank) nel campo degli affari internazionali” da Wikipedia, confermi quanto ho scritto in alcuni pezzi per l’interferenza a partire da fine febbraio, ma mi domando cosa motivi questo soprassalto di sincerità. Quando, il 25 febbraio scorso, azzardai che “In questa vicenda sin dall’inizio Joe Biden e i suoi “diplomatici” hanno alimentato le tensioni soffiando quotidianamente sul fuoco: non puntavano a un accordo, ma a provocare l’antagonista spingendolo a un’umiliante resa o a gesti inconsulti. Messo all’angolo dall’intransigenza statunitense Vladimir Putin ha soppesato le poche opzioni sul tavolo, propendendo infine per l’attacco militare – scelta dolorosa e gravida di pericoli anzitutto per la Russia.


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Serge Quadruppani: Noi non siamo niente, siamo tutto!

jacobin

Noi non siamo niente, siamo tutto!

di Serge Quadruppani

Serge Quadruppani ricorda Valerio Evangelisti e i suoi personaggi abietti a cominciare dal più popolare: Eymerich. La descrizione delle forme più atroci di dominazione come incitamento alla ribellione

valerio evangelisti jacobin italia 1536x560Valerio Evangelisti è morto lunedì 18 aprile. Non potremmo parlare della sua opera senza cominciare da quella che è sia la parte maledetta che la più visibile, la più conosciuta: Eymerich, quel personaggio storico, Inquisitore Generale del Regno d’Aragona nel 1357, «predicatore di verità», «dottore di prim’ordine», divenuto un personaggio di finzione, antenato di due delle figure archetipiche della nostra modernità, il poliziotto e lo scienziato. Eymerich, dice San Malvagio, imperversa nella sua epoca ma viaggia nel tempo. Le sue avventure sono state raccolte in una saga di dodici volumi di successo internazionale, pubblicate e ripubblicate anche in Francia prima da Rivages/Fantasy, poi da La Volte, in una traduzione a opera del sottoscritto per quanto riguarda i primi volumi, e dell’eccellente Daniel Barberi per i successivi.

Mischiando diversi generi letterari, horror, fantascienza, giallo, avventura, ogni episodio della saga è costruito sull’intrecciarsi di tre temporalità: il medioevo dell’Eymerich storico, un presente o passato recente, e un futuro distopico. Le quarte di copertina, che cercano di restituire la ricchezza di questi intrecci, compongono una sorta di poema barocco che dà le vertigini: «Qual è il legame tra l’indagine di Eymerich sulla rinascita dell’eresia catara in Savoia, la manipolazione genetica dei ricercatori dementi a metà degli anni Trenta e le fosse comuni di Timisoara, in Romania?»; «1358, Castres. Nicolas Eymerich conduce una terribile vendetta contro la setta dei Masc, bevitori di sangue. Ventesimo secolo, Usa. Il Ku Klux Klan, la Cia e l’Oas sono coinvolti da un biologo fanatico di esperimenti su persone di colore.


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Gianandrea Gaiani: Verso la guerra ad oltranza in Ucraina

analisidifesa

Verso la guerra ad oltranza in Ucraina

di Gianandrea Gaiani

278630712 292220786431833 5303708072810021121 n 1Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu (apparso nei giorni scorsi in pubblico dopo le voci di presunti problemi di salute dovuti addirittura ad avvelenamento) ha confermato gli obiettivi militari dell’operazione speciale già annunciati da Vladimir Putin all’inizio delle ostilità due mesi or sono.

Shoigu ha sottolineato “il coraggio e l’eroismo” dimostrato dai militari dopo l’annuncio con cui, il 19 aprile, lo stato maggiore ucraino aveva reso noto l’inizio dell’offensiva russa nel Donbass lungo un fronte di 480 chilometri in quella che ha definito “una nuova fase della guerra”.

Mosca del resto aveva annunciato il completamento della concentrazione di forze in vista dell’offensiva nell’est dell’Ucraina mentre il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un’intervista ha confermato che l’operazione russa mira “alla completa liberazione delle repubbliche di Donetsk e Luhansk, come annunciato inizialmente”.

Il 22 aprile il generale Rustam Minnekayev, vice comandante delle forze del distretto militare della Russia Centrale, citato dalle agenzie di stampa russe ha detto espressamente che “dall’inizio della seconda fase dell’operazione speciale, uno degli obiettivi è stabilire il pieno controllo del Donbass e dell’Ucraina meridionale. Ciò garantirà un corridoio terrestre verso la Crimea, oltre a pesare sulle infrastrutture vitali dell’economia Ucraina, i porti del Mar Nero attraverso i quali vengono effettuate le consegne di prodotti agricoli e metallurgici.

Il controllo dell’Ucraina meridionale è anche un corridoio per la Transnistria, dove ci sono anche casi di oppressione della popolazione di lingua russa”, ha concluso il generale Minnekayev lasciando così intendere che le offensive proseguiranno anche nel settore di Odessa.


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Nico Maccentelli: Riflessioni sul nuovo fascismo e la guerra

nicomaccentelli

Riflessioni sul nuovo fascismo e la guerra

di Nico Maccentelli

S’è visto il 25 aprile a Milano. Ormai i ceffi del PD con le loro bandiere NATO, UE e ucraine sono come squadre, sgherri di regime, come i fascisti. Sì, è il nuovo fascismo che avanza, ammantato di “bella ciao”, mentre sdogana i nazisti banderisti di Pravy Sektor e di Azov.

Ormai non hanno più ritegno nel glorificare i peggiori tagliagole spacciandoli per eroi, di una “resistenza” che usa i civili sequestrati nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal come scudi umani, dei “partigiani” delle peggiori atrocità sui prigionieri russi e sugli inermi.

Il PD è di fatto il partito della guerra a completo servizio della NATO, è apparato politico di un esecutivo, il governo Draghi, che ha dato il colpo di grazia a un sistema democratico già leso da decenni di scorrerie costituzionali, da un decisionismo che esautora il Parlamento e che è pura espressione dei poteri forti. È apparato politico al servizio di quello militare che stronca ogni possibilità di trattativa e che ci sta conducendo verso l’allargamento del conflitto, secondo le linee guida della Casa Bianca.


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Piccole Note: Usa e Gb: colpire direttamente la Russia... e poi?

piccolenote

Usa e Gb: colpire direttamente la Russia... e poi?

di Piccole Note

Le cose si mettono male. La mattana del sottosegretario della Difesa britannico James Heappey, il quale ha affermato che “non sarebbe un problema” se l’Ucraina usasse le armi fornite dal suo Paese per colpire il territorio russo, non è passata inosservata a Mosca.

La risposta è arrivata immediata dal ministero della Difesa russo e non è quella sproporzionata riferita dai taluni media, cioè di una minaccia a colpire obiettivi Nato, quanto quella più limitata di colpire i centri decisionali di Kiev,

Con un’aggiunta significativa “I consulenti dei paesi occidentali che prestano assistenza nei centri decisionali di Kiev non saranno necessariamente un problema” nel processo decisionale russo riguardo la ritorsione.

E, però, evidentemente la mattana di Heappey non è un caso isolato. Ieri, il Capo del Dipartimento di Stato Tony Blinken, rispondendo a una domanda non casuale di un cronista, ha dichiarato che sta all’Ucraina decidere se colpire o meno il territorio russo con le armi fornite dalla Nato. Di per sé, una risposta logica, ma che de facto mette la Nato direttamente contro Mosca.


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Claudio Conti: Alla canna del gas, davvero. Non era un bluff…

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Alla canna del gas, davvero. Non era un bluff…

di Claudio Conti

E’ scattata la guerra del gas

I giocatori di poker sanno che c’è un solo modo per scoprire se uno degli avversari bluffa: “andare a vedere”. Ossia puntare i soldi necessari a far calare le carte sul tavolo. Il rischio è ovviamente quello di perdere l’intera puntato, se il bluff non c’è.

E’ proprio quello che avvenendo in questi giorni in Europa, dove tutti i leader euro-atlantici avevano garantito che Mosca non avrebbe mai fermato l’erogazione del proprio gas verso i paesi Ue, perché “è troppo importante per la Russia, non possono rinunciare a quelle entrate”.

Questa litania è risuonata anche dopo che Mosca aveva disposto che Gazprom accettasse soltanto rubli in cambio del gas, a partire dal primo maggio.

“Bluffa!”, gridavano da von de Leyen a Mario Draghi, dicendosi certi che ci saperebbe stato tutto il tempo necessario per diversificare le forniture di gas di cui l’Europa ha un disperato bisogno, non possedendo riserve proprie di dimensioni significative.


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comidad: La schizofrenia USA nei confronti della Germania

comidad

La schizofrenia USA nei confronti della Germania

di comidad

La disinformazione a tappeto, con corredo di falsi “esperti”, sulla guerra ucraina ha investito anche aspetti collaterali, come la presunta uscita dalla neutralità di Finlandia e Svezia. Il parlamento finlandese ha approvato la richiesta di adesione formale alla NATO, ma la notizia, pur rilanciata con grande enfasi dai media, va fortemente ridimensionata. La Finlandia ha infatti un rapporto di partnership con la NATO sin dal 1994, e sul sito della stessa NATO si attribuisce grande importanza a questo rapporto di collaborazione. Del resto non si spiegherebbe la protervia dimostrata dalla Finlandia nell’ambito dell’Unione Europea se Helsinki non potesse rivendicare un ruolo di alleato privilegiato degli USA, con posizione di frontiera nei confronti della Russia. Tra partnership e membership non c’è grande differenza pratica, a meno di non ospitare basi missilistiche con testate nucleari, cosa che farebbe ascendere al ruolo privilegiato di bersaglio prioritario di un’eventuale ritorsione; un privilegio che l’Italia può già vantare da molti decenni.


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Riccardo Staglianò: I Gigacapitalisti

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I Gigacapitalisti

di Riccardo Staglianò

4 5 22 muskA distanza di tempo il ricordo più vivido che ho della passeggiata sulla versione nautica di Versailles è la schiena di una donna. All’apparenza magrebina, china per terra ad appiccicare pezzetti di nastro adesivo azzurro su scalfitture nel parquet di rovere. Guasti che io, pur sforzandomi, non riuscivo a vedere. Lei sì. Il suo mestiere era di individuare i graffi impercettibili nel pavimento patrizio di quella nave da 160 milioni di euro. E poi quelli sui lavandini in travertino, sulle boiserie alle pareti e così via. A bordo anche la più piccola imperfezione era bandita. Lei doveva denunciarla, appiccicandoci sopra un nastro adesivo blu, e qualche specialista sarebbe intervenuto per sanarla. Mentre camminavo con soprascarpe di gomma per non peggiorare la situazione mi sono chiesto quanto guadagnasse per quel lavoro parossistico e ho provato a immaginarmi che casa avesse lei e quanta acribia potesse permettersi nella sua manutenzione. Milleduecento euro, il suo stipendio mensile, era quanto quella sontuosa abitazione marina consumava di cherosene in mezza giornata per tenere accese le luci. Lo sapeva? Ci pensava mai? E che effetto le faceva questa pantagruelica sproporzione? Centosessanta milioni di euro. Fermatevi un attimo a pensare. In equivalenze al tempo del Covid significano mascherine per tutta l’Africa o prime dosi Astrazeneca per quasi 90 milioni di esseri umani. (…)

 

Una ricchezza pericolosa (per la democrazia)

 La parabola nautica, con i suoi record di business pandemico, serviva solo come location (dove piazzare i nostri eroi) e metafora (dell’andamento strepitosamente anticiclico dei loro portafogli).


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Massimo De Angelis: Diserzione, guerra e comando sul mondo

effimera

Diserzione, guerra e comando sul mondo

di Massimo De Angelis

Stop
              armamentiIn questo approfondito contributo, Massimo De Angelis riflette sulle ragioni della guerra in corso in Europa, a seguito dell’invasione dell’esercito russo in Ucraina. Una guerra che accentua una situazione socio-economica e politica, già provata da due anni di pandemia e di malessere sociale crescente. Di fronte alla nocività della guerra, pur tenendo ben conto delle colpe dirette e delle immediate responsabilità, l’unica possibile risposta che ci si sente di dare è: diserzione. L’autore la rilancia, ricordando i contributi di Franco Berardi e Sandro Mezzadra sul tema. Tale parola può suonare indigesta alle letture che forzosamente contrappongono i (presunti) “valori occidentali” all’aggressione dei “barbari”. La storia ci insegna che quando scoppia una guerra di questa entità, finalizzata (come spiega l’autore), a ridisegnare l’attuale (dis)ordine geo-politico e geo-economico, non esistono poteri buoni.

L’Ucraina è vittima delle tentazioni egemoniche del disegno panrusso di Putin, da un lato, e nella necessità Usa (che comanda la Nato) di mantenere una supremazia militare ed economica fortemente compromessa, dall’altro. Questo sono i pilastri centrali dell’attuale crisi. E tutto ciò con la Cina sullo sfondo. In questo quadro, l’Europa non è in grado, o meglio non vuole, ritagliarsi un ruolo autonomo, andando così incontro al proprio suicidio. Gli eccidi e le morti civili in Ucraina sono il prezzo cinico che deve essere pagato, mentre le potenze imperiali rinfocolano lo scontro, affondando qualsiasi tentativo diplomatico, e i mercanti di guerra festeggiano.

Per questo, disertare non è vigliaccheria, ma l’unico vero atto di coraggio possibile. Perché “disertare la guerra è disertare il comando sul mondo”.

******

Oltre la claustrofobia della guerra, la diserzione


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Piccole Note: Le follie della guerra e il realismo dell'ipotesi coreana

piccolenote

Le follie della guerra e il realismo dell'ipotesi coreana

di Piccole Note

Tre le notizie della guerra ucraina: la prime due di natura bellica, cioè l’attacco russo, nei pressi della città di Zaporizhzhia e gli attentati in Transnistria; la terza di natura geopolitica, cioè la chiusura dei rubinetti del gas russo a Polonia e Bulgaria.

Iniziamo dalla prima, di non poca rilevanza. Secondo fonti ucraine, i missili russi hanno distrutto un “edificio di natura commerciale“, provocando la morte di una persona. I russi parlano di un attacco che ha distrutto un magazzino in cui erano stipate armi inviate dall’Occidente all’Ucraina.

Più credibile la spiegazione russa, dal momento che non si usano missili Kalibr, molto costosi e precisi per colpire un supermercato. Inoltre, fa il paio con gli attacchi del giorno precedente, che hanno colpito e frammentato la rete ferroviaria ucraina.

Lo scopo di tali attacchi è ovvio: impedire che le armi Nato arrivino al fronte orientale, che poi è il problema attuale della Nato. Inviare armi in Ucraina non servirà a niente se non riusciranno a raggiungere il Donbass, nel quale si avrà il redde rationem.


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Alfonso Moura: Russia e Ucraina: il problema del “presentismo”

lafionda

Russia e Ucraina: il problema del “presentismo”

di Alfonso Moura

L’invasione dell’Ucraina ha colpito più di qualcuno. La guerra è tornata in Europa. Ma è davvero così? Non c’erano state altre guerre nel Vecchio Continente? Pensiamo sia un errore dire che la guerra è tornata, non se ne è mai andata. La disintegrazione della Jugoslavia fu un evento epocale, ignorarlo o fare finta che non sia stato così sarebbe un errore crasso. Tanti analisti parlano essenzialmente del 2022, ma questo presentismo non ci lascia comprendere la complessità del conflitto in corso.

Siamo davanti a due concezioni della vita: l’atlantismo, a guida statunitense, e l’eurasismo, a guida moscovita. Gli orrori che vediamo in Ucraina possono solo essere capiti se sappiamo che questa è una battaglia tra Grandi Potenze (qualcuno come Hubert Védrine direbbe che è una battaglia tra una grande potenza e l’iper-potenza).

Dopo il crollo del Muro di Berlino (1989) la cosiddetta Guerra Fredda arrivava alla sua fine; i formalismi furono conclusi nel 1991, ma l’essenza sovietica era già morta.


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Fabio Nobile: Tra guerra e pace. Il ritorno all'essenziale

laboratorio

Tra guerra e pace. Il ritorno all'essenziale

di Fabio Nobile

La guerra in Ucraina, fuori dal bombardamento della propaganda, va letta per quella che è. Essa si colloca nello scontro latente da tempo tra il declinante imperialismo statunitense e le potenze emergenti guidate dalla Repubblica popolare cinese con l’Europa nel mezzo come grande potenziale partner.

Il tema della sostituzione dell’egemonia americana trova e troverà il suo culmine attorno al ruolo del dollaro. La sua lenta ma inesorabile sostituzione quale riserva di valuta mondiale è la dead line oltre la quale gli Usa sono disposti a tutto. La loro architettura finanziaria si regge sulla possibilità di pagare i loro debiti commerciali e interni stampando dollari. Senza quel “privilegio” si preannuncia un disastro e i segnali di sofferenza sociale interna rischierebbe di esplodere in pochissimo tempo. Più di un osservatore ha evidenziato il rischio latente negli Usa di una guerra civile.


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Marco Cattaneo: L’euro e lo zaino di sassi sulle spalle

bastaconeurocrisi

L’euro e lo zaino di sassi sulle spalle

di Marco Cattaneo

Molti confronti di opinioni in merito alle conseguenze dell’euro sull’economia italiana atterrano (si spiaggiano a mo’ di balena, si potrebbe dire) su un’”argomentazione” ricorrente.

Ricorrente, intendo, sulla bocca di chi difende il sistema, o quantomeno lo giustifica, o cerca di farlo passare per un problema secondario.

L’”argomentazione” è molto semplice. Molte cose sono cambiate dall’introduzione dell’euro in poi. Sono passati trent’anni dalla firma del trattato di Maastricht, venticinque dalla decisione “irreversibile” di entrare nell’euro, ventitré dalla partenza ufficiale, venti dalla conversione di monete e banconote.

Tanto tempo. Allora, come si fa ad affermare che “tutti” i problemi dell’economia italiana sono riconducibili all’euro ?

La prima risposta è che, naturalmente, quest’ultima affermazione non l’ha mai fatta nessuno. Che l’Italia, economicamente parlando, sarebbe il paradiso in terra se avesse tenuto la lira, ovviamente non è vero, e nessuno lo sostiene seriamente.


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tonino

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May 5, 2022, 2:39:40 AM5/5/22
to sante gorini

Michele Castaldo: Sui valori della resistenza

lacausadellecose

Sui valori della resistenza

di Michele Castaldo

d6d6e807c06d01e23cf62eee3ba92aLa giornata del 25 aprile 2022 ha posto sul tappeto il quesito dei quesiti politici: perché era giusto essere resistenti in Italia unitamente alle truppe angloamericane nella lotta contro il nazifascismo dopo il 1943, mentre c’è più di una remora a sostenere la resistenza armata dell’Ucraina di Zelensky contro la Russia di Putin che ha invaso e in parte occupa il paese limitrofo. Inutile girarci intorno: è una questione storica molto complicata e si cammina sempre sul filo del rasoio. E se la sinistra è frammentata da posizioni diverse sullo stesso fatto vuol dire che c’è da riflettere. E per riflettere è necessario spogliarsi delle vesti ideologiche, analizzare i fatti nudi e crudi del passato e fare la stessa operazione con i fatti di oggi senza l’uso di comodi meccanicismi ideologici, ma con lealtà. Solo a quel punto si è realmente credibili oltre le strumentalizzazioni della propaganda di parte. Chiediamo troppo? Pazienza, chi ci sta ci sta e chi no, amen.

C’è qualche analogia tra i fatti della resistenza in Italia contro il nazifascismo dal 1943 al 1945 con la resistenza ucraina contro la Russia? Analizziamo i fatti.

Prima questione: La NATO nasce il 4 aprile 1949, dunque a guerra finita e come “difesa” contro l’Urss temuta come insieme di popolazioni e etnie che cercavano una propria via per sottrarsi al dominio euro-atlantico, quella potenza economica, politica e militare che aveva fino a quel momento dominato il mondo. Altrimenti detto: la NATO perciò nasce come difesa contro la rivoluzione dei paesi poveri capeggiati dall’Urss contro i paesi ricchi capeggiati dagli Usa.


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Il Pungolo Rosso: Gerusalemme: una Pasqua di provocazioni sioniste e di sangue – nel silenzio generale

ilpungolorosso

Gerusalemme: una Pasqua di provocazioni sioniste e di sangue – nel silenzio generale

di Il Pungolo Rosso

al aqsa israeli forces aim baton 15apr2022 afp edit
              768x512 1Nelle scorse settimane Gerusalemme, e la moschea di al-Aqsa in particolare, sono state il luogo di una catena di provocazioni anti-palestinesi e anti-islamiche da parte delle autorità dello stato di Israele e delle organizzazioni dei coloni. [E ancora ieri, venerdì 29 aprile, nuovi scontri sulla spianata delle moschee con 42 feriti tra i palestinesi, secondo la Mezzaluna rossa.]

Sono prove di forza che schiacceranno per sempre le masse palestinesi e le indurranno alla resa? Assolutamente no. Come scriviamo nelle conclusioni: è da settantaquattro anni, dalla Nakba (1948), che i Palestinesi resistono. Invitti. Questa è la prova storica che la politica colonialista e razzista di Israele, fondata sulle espropriazioni senza fine, sulle discriminazioni da apartheid (che colpiscono anche una parte della stessa popolazione ebraica immigrata dal Corno d’Africa), su una repressione sistematica e spietata dotata delle tecnologie di avanguardia, non è in grado di piegare la resistenza palestinese che, come l’araba fenice, rinasce periodicamente dalle proprie ceneri. (Red.)

 

Una settimana di raid

Quella che è andata in scena presso la moschea di al-Aqsa nei giorni scorsi è stata la ripetizione di un medesimo tragico copione, che non è certo una novità nel quadro della persecuzione palestinese in Israele e nei Territori Occupati, ma ne rappresenta uno dei picchi più drammatici degli ultimi tempi.


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Pietro Ciampini: Dalla Rivoluzione scientifica alla rivoluzione industriale

sinistra

Dalla Rivoluzione scientifica alla rivoluzione industriale

Recensione al volume di Angelo Calemme

di Pietro Ciampini

Angelo Calemme, Dalla Rivoluzione scientifica alla rivoluzione industriale. Sulle condizioni marxiane dello sviluppo scientifico-tecnico, Milano, 2022, 448 pp.

Crystal Palace interiorRiannodando i fili delle sparse considerazioni di Marx (in particolare negli Hefte zur Technologie degli anni 1850-1857/1858 e in quelli preparatori al Capitale del 1857/1858, 1861/1863, 1863-1865) sulle leggi che regolano lo sviluppo della tecnologia scientifica, il libro di Calemme si propone di mostrare come, in accordo con il filosofo di Treviri, l’evoluzione scientifico-tecnica non sia riducibile ad uno strumento di sfruttamento del lavoro da parte del capitale, ma costituisca al contempo un’occasione di emancipazione del lavoro dell’uomo. La ripresa del progetto marxiano di una Storia critica della tecnologia ha allora innanzitutto la funzione di considerare la logica interna, troppo spesso trascurata dalla storiografia marxista, dello sviluppo della tecnologia scientifica:

[…] le grandi scoperte e invenzioni della Rivoluzione scientifica prima e industriale poi […] possiedono anche una natura, una “logica ontologica”, uno statuto di senso autonomo e irriducibile sia alla mera accumulazione dei risultati raggiunti dalle pratiche produttive nel corso dei millenni sia all’uso politico, sociale ed economico del lavoro da parte del capitale.1

Mediante un confronto con epistemologi come Koyré e Geymonat (ma anche con Husserl e Foucault), Calemme evidenzia quindi l’irriducibilità di questa natura tecnologica all’esito di mere innovazioni pratico-tecniche.2 Si tratta piuttosto di comprendere quella logica indipendente degli oggetti tecnologici che costituisce la modernità senza scadere nel «rozzo materialismo» secondo cui «lo sviluppo delle scienze e delle tecniche moderne segue leggi astoriche»,3 integrando dialetticamente la Critica dell’economia politica e la Storia critica della tecnologia in funzione dell’idea che il superamento del modo di produzione capitalistico sia vincolato ad una profonda comprensione delle leggi interne di sviluppo della tecnologia scientifica.


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Pierluigi Fagan: Ma…?

sinistra

Ma…?

di Pierluigi Fagan

Per trenta anni, noi occidentali, abbiamo vissuto dentro una credenza vastamente e profondamente condivisa per la quale il mondo doveva smetterla di frazionarsi in stati egoisti. Molto male proveniva dallo Stato. L’egoismo delle nazioni, i nazionalismi, i confini, la società non aperta, l’odio ideologico, il fascio-nazismo. Soprattutto, il frazionamento statuale impediva il venirsi a formare e liberamente funzionare dell’infrastruttura che unica ci avrebbe dato benessere, futuro, pace: il mercato.

Chi sapeva del mondo guardava con ironica compassione quelle frange di diseredati che cianciavano contro la “globalizzazione”, invidiosi dell’altrui competenza e merito nel sapersi destreggiare in un gioco che non sapevano giocare perché inetti. Eh sì, purtroppo è la dura legge della natura, la sopravvivenza del più abile e chi non aveva certe abilità era comprensibile provasse a lamentarsi del gioco invece che capire di non esser in grado di giocarlo accettando la propria minorità manifesta.


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Fabrizio Verde: Deindustrializzazione della Germania: così gli USA vogliono usare l'Ucraina per disinnescare Berlino

lantidiplomatico

Deindustrializzazione della Germania: così gli USA vogliono usare l'Ucraina per disinnescare Berlino

di Fabrizio Verde

La Germania post Merkel vive una fase decisamente turbolenta. Crescono le pressioni dell'opposizione tedesca e di alcuni membri della sua stessa coalizione sul cancelliere tedesco Olaf Scholz, per quella che viene percepita come una mancanza di leadership di fronte alla crisi ucraina e per il suo ostinato rifiuto di inviare armi pesanti al regime di Kiev. Questo passaggio però possiamo ormai considerarlo superato, con una netta sconfessione della linea di Scholz, visto che il Bundestag (Parlamento tedesco) ha approvato il sostegno militare all’Ucraina.

Il Parlamento tedesco con 586 voti a favore, 100 contrari e sette astenuti, ha infatti approvato la fornitura di armi pesanti all’Ucraina, grazie al sostegno della coalizione di governo e del principale blocco di opposizione CDU/CSU guidato da Friedrich Merz, esponente del partito storicamente ostile all’ex cancelliera Angela Merkel.

Non tutte le forze politiche parlamentari hanno condiviso la scellerata decisione di armare l’Ucraina fino ai denti e quindi avvicinare la terza guerra mondiale.


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Roberto Pecchioli: Leo Strauss e i neocons, architetti delle guerre

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Leo Strauss e i neocons, architetti delle guerre

di Roberto Pecchioli

Alcune personalità poco conosciute al grande pubblico influenzano le idee e gli accadimenti storici molto più di protagonisti famosi. Nella Chiesa Giuseppe Dossetti, prima politico, poi monaco, riuscì a determinare molte delle conclusioni del Concilio Vaticano II e pose le basi, in Italia, per l’egemonia del cattocomunismo. A livello globale, poche personalità influenzano il presente quanto Leo Strauss, pensatore tedesco di origine ebraica emigrato negli Stati Uniti. Il suo pensiero è poco noto, la sua lezione è alla base del movimento neo conservatore e della politica di potenza. Possiamo affermare che gli straussiani – alcune decine di personalità di enorme potere – sono veri e propri architetti della guerra come strumento dell’impero americano.

Leo Strauss (1899-1973) nacque in una famiglia di stretta osservanza ebraica e in giovinezza fu affascinato dal pensiero di Heidegger – successivamente rinnegato – poi amico e sodale di Carl Schmitt, che lo aiutò nella carriera e di cui sempre condivise l’approccio filosofico realistico. Ammiratore di Hobbes, ebbe un rapporto controverso nei confronti di Niccolò Machiavelli, il fondatore della scienza politica. Studioso di Platone, polemico contro lo storicismo imperante, propugnò una sorta di ritorno agli antichi, latori di verità insieme profonde e segrete.


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Claudia Cipriani: Propaganda e ricerca del nemico

comuneinfo

Propaganda e ricerca del nemico

di Claudia Cipriani

Informazione a senso unico, repressione della protesta, logica del capro espiatorio, articoli della Costituzione calpestati. Sono numerose le analogie con gli anni Cinquanta. Inclusa la diffusione dell’idea che i russi sono il male del mondo. Tuttavia, scrive Claudia Cipriani, regista, oltre i racconti mediatici e quelli virtuali, cresce il numero di persone che hanno voglia di incontrarsi, discutere, ribellarsi alle logiche di guerra: le azioni dei portuali di Genova o degli aeroportuali di Pisa che si sono rifiutati di caricare armi dirette in Ucraina vanno in quella direzione

Le recenti proiezioni di alcuni dei documentari che ho realizzato in questi ultimi dieci anni mi hanno permesso di incontrare il pubblico in diverse occasioni, dandomi nuove occasioni di dialogo e riflessione, e offrendosi come spunto rispetto al tema da me proposto in una recente tavola rotonda, ossia “La propaganda e la creazione del nemico”.

Il primo spunto me lo dà un mio vecchio documentario dal titolo “La guerra delle onde – Storia di una radio che non c’era”. Perché “radio che non c’era”? Perché era clandestina. Fu la prima radio clandestina italiana, nata nel 1950 a opera di esuli politici comunisti che erano dovuti espatriare a Praga.


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Mário Maestri: Russia: il diritto alla difesa

sinistra

Russia: il diritto alla difesa

di Mário Maestri*

S 400 India Russia Stati Uniti USA Biden Modi Putin Le sorti del mondo del lavoro e della civilizzazione nei prossimi decenni potrebbero dipendere fortemente dall'evoluzione e soluzione del confronto militare tra la Russia e l'imperialismo statunitense ed europeo sul territorio ucraino. Buona parte della sinistra che si rivendica marxista rivoluzionaria si divide attorno a questa questione cruciale, assumendo posizioni chiaramente pro-imperialiste e pro-nato, che in questo articolo nomineremo con l’acronimo italiano di Otan (Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord.)

Non parliamo delle organizzazioni che da decenni sono schierate a favore delle operazioni militari imperialiste, come la Liga Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale (LIT-QI), che negli anni 1979-89, festeggiarono la sconfitta dell'Afghanistan e applaudirono i mujahidins della contro-rivoluzione; che negli anni 1989-1991 si compiaceva dell'esplosione dell'URSS, dell'unificazione tedesca e della restaurazione del capitalismo nelle nazioni del “socialismo reale”; che sostennero la distruzione della Jugoslavia e l'aggressione alla Serbia, nel 1999; le aggressioni all'Iraq, all'Afganistan, a Cuba, alla Siria, alla Libia e così via; difesero diversi colpi di stato: quelle del 2013 in Egitto, del 2014 in Ucraina, del 2016 in Brasile, sempre proponendo di sostenere rivoluzioni popolari mai viste ne sentite, sia prima sia dopo quegli avvenimenti.

 

Per la vittoria della OTAN

Oggi, così come altre organizzazioni che si definiscono marxiste-rivoluzionarie, la LIT-QI rivendica il rompimento delle relazioni diplomatiche; maggiori e più dure ritorsioni alla Russia; l'invio di armi pesanti e lo stabilimento di una “Zona d'interdizione al volo” sull'Ucraina.


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Angelo Baracca: Il giorno dopo: sbirciando nella sfera di cristallo

pressenza

Il giorno dopo: sbirciando nella sfera di cristallo

di Angelo Baracca

scivola guerra mondialePoiché il mio ragionamento sarà piuttosto articolato antepongo una breve sintesi degli argomenti.

1. Nulla sarà come prima: eventi recenti come la pandemia e la guerra in Ucraina hanno cambiato il mondo, mentre la crisi climatica ambientale aggravata da decenni dalle attività umane lo modifica in modi imprevedibili. 2. Sullo stato della crisi climatica tutti si affidano ai rapporti dell’Ipcc, senza considerare che è un organismo intergovernativo, cioè finanziato dai governi: il mio parere è che lo stato del clima abbia già superato delle soglie irreversibili. 3. La guerra in Ucraina ha innescato cambiamenti geopolitici radicali: si profila nel mondo una gravissima crisi alimentare; la transizione green comporta un ingente aumento della necessità di minerali strategici, per il possesso dei quali è prevedibile un aumento dei conflitti; gli Usa cercano in tutti modi il conflitto con la Russia, la guerra rischia di generalizzarsi, mentre l‘Europa subirà le conseguenze più gravi, e la NATO cerca di espandersi verso l’Asia-Pacifico in funzione anti Russia e Cina; sullo sfondo vi è una lotta senza esclusione di colpi per l’egemonia del dollaro; la recente votazione all’Onu per la condanna della Russia ha evidenziato – al di là dei numeri – una dissociazione di sostanza dei paesi del Sud dalle persistenti politiche degli Usa e dei paesi ex-coloniali, configurando un riposizionamento geopolitico che sembra desinato a radicalizzarsi. Si apre un mondo nuovo, nel quale dominano le incognite.

* * * *

Nulla sarà come prima

La storia della società umana è cambiata sia attraverso trasformazioni graduali, sia con eventi repentini che ne hanno mutato il corso in modo radicale e definitivo. La frequenza, rapidità e profondità dei cambiamenti sono andate aumentando man mano che la società è divenuta più complessa e interconnessa.


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Davide Gionco: L’energia non è una merce ma una infrastruttura pubblica

generazionifuture

L’energia non è una merce ma una infrastruttura pubblica

di Davide Gionco

Tutti i danni che subiamo dalle privatizzazioni nel mercato dell’energia

Energia bene
              comune 1L’acqua, le infrastrutture pubbliche e l’energia

Nel 2011 gli italiani votarono a larga maggioranza (95,8%) a favore del referendum per il mantenimento del controllo pubblico sui servizi idrici.

La maggioranza degli italiani aveva capito che l’acqua è un bene comune fondamentale, senza del quale non possiamo vivere, la cui disponibilità non può dipendere dagli interessi economici di soggetti privati.

Senza acqua non possiamo sopravvivere come esseri umani e non possiamo produrre il cibo che mangiamo. Senza acqua molte aziende dovrebbero fermare la loro produzione, non avremmo il turismo, non avremmo i servizi pubblici. Senza acqua non potremmo neppure produrre energia elettrica tramite la combustione di gas, idrocarburi o carbone.

Se venisse a mancare l’acqua in un certo territorio del paese, quel territorio si spopolerebbe in brevissimo tempo, obbligando gli abitanti ad emigrare verso altri territori.

La disponibilità di acqua è un bene comune, una infrastruttura fondamentale da cui dipende la vivibilità e la sostenibilità economica del nostro Paese.

Analogamente alla disponibilità di acqua, un paese moderno non può sussistere senza disporre dell’accesso comune, a prezzi abbordabili, ai prodotti alimentari fondamentali, ad una rete stradale, ai servizi sanitari, all’istruzione di base, alle telecomunicazioni.

L’accessibilità ai servizi energetici, intesi come disponibilità di energia elettrica e come disponibilità di combustibile per produzione di energia termica, è con ogni evidenza una questione fondamentale per la sussistenza del nostro paese.


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Pierluigi Fagan: Cambiare gli occhiali per leggere meglio

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Cambiare gli occhiali per leggere meglio

di Pierluigi Fagan

La riflessione di oggi ha argomento apparente la Gran Bretagna, ma l’argomento reale è un altro. Partiamo dalla Gran Bretagna.

Due settimane -prima- del referendum Brexit, scrissi un articolo che inquadrava il problema sotto una luce del tutto diversa da quelle che lo illuminavano allora. Scrissi che “La ragione più forte per la Brexit è geopolitica a riprova del fatto che è questo il gioco che ordina e dà le condizioni di possibilità a tutti gli altri”. Era il giugno 2016. Le luci che illuminavano il temuto o benvenuto avvenimento erano di tutt’altro taglio. Per lo più si disputavano il punto di vista o i tagli monetaristici-finanziari-economici o i tagli politici pro o contro l’Europa. Il tutto in salsa analitica neoliberista o sovranisti vs unionisti, con ai bordi del ring i paradossali pro o contro migranti. Queste due salse erano declinazioni di una unica ricetta delle forme di pensiero, quella secondo la quale è l’economia politica la struttura portante degli eventi delle nazioni o forse l’economia sola in quanto tale.


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Federico Dezzani: La guerra e l’alternanza dei partiti

federicodezzani

La guerra e l’alternanza dei partiti

di Federico Dezzani

Mentre in Europa infuria la guerra russo-ucraina, Cina e Iran rafforzano la cooperazione strategica in vista delle prossime sfide. Entrambe le potenze asiatiche hanno già vissuto momenti di forte tensione sotto l’amministrazione Trump: tutto lascia supporre che la pressione si sposterà nuovamente su di loro dopo le prossime presidenziali americane. Alternando democratici e repubblicani, gli USA spostano infatti il focus bellico su una o l’altra zona dell’Eurasia.

 

“Whighs” anti-russi e “tories” anti-cinesi

Uno dei segreti alla base della potenza inglese tra il Settecento e l’inizio del Novecento, fu l’alternanza dei governi. I due principi della politica inglese, l’uno “conservatore” ed espressione dell’aristocrazia e della grande proprietà terriera (i tories), l’altro “progressista” ed espressione della borghesia e dei ceti legati alla finanza e ai commerci transoceanici (i whighs) non rispecchiavano solo gli interessi della politica interna inglese, ma avevano anche precisi obiettivi di politica estera.


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Fabrizio Marchi: Perchè l’Occidente odia la Russia e Putin

linterferenza

Perchè l’Occidente odia la Russia e Putin

di Fabrizio Marchi

Anche se può sembrare fantapolitico, specie per chi non si occupa di politica internazionale, è importante sottolineare che l’obiettivo strategico dell’offensiva globale americana (leggi, fra le altre cose, l’espansione della NATO ad est), è la Cina, non la Russia.

L’indebolimento o addirittura la destabilizzazione della Russia sul medio-lungo periodo è “solo” (con molte virgolette…) un passaggio intermedio, anche se di enorme importanza, al fine di isolare la Cina, il vero e più importante competitor degli americani. Che ciò sia possibile è tutto da verificare, naturalmente, ma a mio parere questa è l’intenzione.

Gli Stati Uniti puntano a prolungare quanto più possibile il conflitto in Ucraina se non a renderlo permanente. In questo modo sperano di dissanguare la Russia sia dal punto di vista militare che soprattutto economico, e di logorarla con il tempo anche sul piano psicologico, minando la coesione interna. Sul medio periodo la guerra potrebbe rafforzare e sta già rafforzando molto la leadership di Putin ma sul lungo potrebbe, forse, indebolirla. Del resto, restare impantanati in una guerra di lungo periodo può essere ed è stato destabilizzante per tutti.


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Guido Salerno Aletta: Danni collaterali del Super Dollaro

teleborsa

Danni collaterali del Super Dollaro

di Guido Salerno Aletta

USA, Bilancia dei pagamenti verso il precipizio

L'esorbitante privilegio del dollaro, così ebbe a qualificarlo ai suoi tempi il Presidente francese Giscard d'Estaing, deriva dalla capacità di creare risorse in tutto il mondo per il solo fatto di entrare in circolazione: è la moneta su cui si basa il commercio anche se avviene tra parti diverse dagli Usa, è strumento finanziario usato da chiunque, è metro e misura del valore delle altre monete.

Tutte le volte che la Fed procede ad operazioni su mercato aperto comprando titoli della Federal Reserve si determina una creazione di nuova liquidità in dollari che inonda i mercati: dal nulla si crea un nuovo mezzo di pagamento universalmente accettato, uno strumento monetario ulteriore da impiegare sui mercati per finanziare nuovi investimenti, per sottoscrivere nuovi titoli di debito, per erogare nuovi prestiti, per effettuare operazioni di Borsa, per ogni genere di commercio e speculazione.


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tonino

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May 7, 2022, 1:36:03 AM5/7/22
to sante gorini

Alessandro Visalli: Danilo Zolo, “Cosmopolis. La prospettiva del governo mondiale”

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Danilo Zolo, “Cosmopolis. La prospettiva del governo mondiale”

di Alessandro Visalli

zolo
            cosmopolisDanilo Zolo è stato il giurista che negli anni Novanta del Novecento seppe contrastare nel modo più ampio e fermo l’universalismo astratto della loro posizione applicata alle relazioni internazionali. Ciò malgrado lo studioso di origini cattoliche, ma poi avvicinatosi a posizioni della sinistra marxista, sia sempre stato personalmente amico di Norberto Bobbio, Luigi Ferrajoli e Antonio Cassese, ovvero degli alfieri della posizione contraria. Critico feroce delle guerre preventive americane nella fase unipolare e per questo avvicinato alla posizione realista, l’opera di Zolo, scomparso a 82 anni nel 2018 è oggi particolarmente utile per affrontare le sfide terminali dell’egemonia occidentale che stiamo vivendo.

Cosmopolis[1] è un libro del 1995, anno nel quale la produzione di Zolo si stava orientando verso la critica della democrazia espansiva americana (del “principato democratico”[2]) e dopo che nel 1991 era definitivamente crollata l’Urss e si preparavano le molte guerre di assestamento del potere statunitense (Panama, 1989; Prima guerra del golfo, 1990-1991; Guerra slovena, 1991; Guerra in Croazia, 1991-95; Guerra in Bosnia, 1992-95). Negli anni successivi, peraltro, seguiranno la Guerra del Kosovo e il bombardamento della Serbia (1998-99), e dopo l’11 settembre le invasioni preventive dell’Afghanistan (2001-2021) e la Seconda guerra del golfo (2003-11), quindi gli interventi di Obama a seguito delle “primavere arabe” (Siria, Libia), ed altri vari bombardamenti (Yemen, Somalia, Pakistan).

Difficile stimare quanti morti possano aver fatto queste guerre, durante le quali non di rado sono stati effettuati bombardamenti indiscriminati di città e popolazioni civili.


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Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale / 12: Vittorie perdute*

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Il nuovo disordine mondiale / 12: Vittorie perdute*

di Sandro Moiso

vittorie perdute 1“Siamo in guerra. Ma per quale vittoria? E se non lo sappiamo, come potremo stabilire se avremo vinto o perso, quando mai finirà?” (Lucio Caracciolo)

“Questo è il futuro, sorellina…” (La canzone del tempo – Ian R. MacLeod)

Ci siamo. Dopo più di sessanta giorni dal suo inizio, la guerra nei fatti è dichiarata.

Non quella della Russia con l’Ucraina, ma quella che fino ad ora si è manifestata, nemmeno troppo, sottotraccia: Biden contro Putin, Nato contro Russia e contro gli alleati recalcitranti, Occidente “democratico” contro resto del mondo “autoritario”.

Ma guai a parlare di imperialismo, se non è quello russo-putiniano; guai a parlare di pace se non è quella dettata dai cannoni e dall’invio di armi; guai ragionare; guai uscire dal coro; guai smontare la propaganda bellica di entrambi le parti in conflitto.

Guai, guai, guai…

Basti invece cantare come i sette nani disneyani: Andiam, andiam, andiam a guerreggiar… (i nanetti di allora cantavano lavorar, ma che importa ormai ai nano-burocrati rappresentanti del capitale internazionale?). Oppure “Bella Ciao”, contro qualsiasi commemorazione della Resistenza che non si limiti ad esaltare l’unità nazionale e interclassista con i fascisti di un tempo e con quelli di oggi.

Così, nei libri di Storia futuri (stampati, online oppure semplicemente scolpiti nella pietra), come data di inizio vero del Terzo conflitto mondiale potrebbe essere ricordata non quella del 24 febbraio 2022 per l’invasione russa dell’Ucraina, ma quella del 26 aprile dello stesso anno.


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Alessandro Somma: Sotto l’atlantismo niente. L’Europa messa a nudo della guerra ucraina

lafionda

Sotto l’atlantismo niente. L’Europa messa a nudo della guerra ucraina

di Alessandro Somma

natoUeLa Nato come alleanza moribonda

Solo qualche mese fa il mondo si stava definitivamente congedando dal Novecento. Il varo di Aukus, l’alleanza militare fra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, aveva certificato la centralità della confrontazione con la Cina, e con essa il disinteresse di Washington per l’area europea. Poco prima il Presidente francese Emmanuel Macron aveva stigmatizzato il disimpegno statunitense in Medio Oriente, iniziato con la Presidenza Obama e proseguito con il suo successore. Aveva anche messo in discussione il senso della Nato, liquidandola come alleanza in stato di morte celebrale. L’Alleanza atlantica costituiva del resto il prodotto della Guerra fredda, che l’implosione dell’Unione sovietica aveva consentito di archiviare, facendo così emergere differenze fondamentali nell’agenda politica di Stati Uniti ed Europa.

Eppure la fine della confrontazione tra blocco occidentale e blocco socialista non ha certo determinato una inattività della Nato. Al contrario questa si è allargata ai Paesi un tempo aderenti al Patto di Varsavia, così come a quelli sorti dalla dissoluzione dell’Unione sovietica: nel 1999 aderiscono all’Alleanza atlantica la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria, mentre nel 2004 è il turno dell’Albania, della Bulgaria, dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania, della Romania e della Slovacchia. Una volta giunti a ridosso dei confini con la Russia, gli Stati Uniti hanno tuttavia pensato di potersi in qualche modo distrarre, o quantomeno di prendersi una pausa per concentrarsi sulla Cina.


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Fabio Mini: L’UE messa a rischio dalla Nato

marx xxi

L’UE messa a rischio dalla Nato

di Fabio Mini

Di fronte alle tante vittime ideali della guerra (verità, libertà, sicurezza, innocenza…) e a quelle reali (persone, risorse, strutture…) lo sforzo dell’analisi rischia d’infrangersi non tanto sulla complessità degli avvenimenti, quanto sul limite dell’onestà intellettuale che ogni analista s’impone o almeno dovrebbe imporsi. È questo limite che frena i voli pindarici, le passioni, la faziosità, i sogni e gli incubi. Ma l’esigenza analitica di esaminare e valutare onestamente tutti gli elementi, se da un lato ha un grande valore accademico e scientifico perché fonde tali elementi, dall’altro rischia di confondere. E la confusione è la madre delle ambiguità, così come della mistificazione. La difesa dalla confusione è normalmente la semplificazione, ovvero il suo eccesso che è in grado di falsare l’intera analisi. La mistificazione sta nell’attribuire all’analisi etichette che parimenti tendono ad annullarla: cerchiobottista, complottista, nénéista sono quelle più comuni anche di questi tempi. Oppure, ancora peggio, sta nell’utilizzare l’analisi per individuare arbitrariamente “con chi sta l’analista”, dando così la stura a tutti gli “-ismi” e a tutti gli “anti-”.


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Silvano Cacciari: Nell’intreccio della guerra. Ordine e caos della crisi globale

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Nell’intreccio della guerra. Ordine e caos della crisi globale

di Silvano Cacciari

Russia Ukraine
              Crisis Russia is on its way to repeat 1200x900 1Shock energetico, scarsità di materie prime, inflazione galoppante, recessione annunciata, riarmo massiccio: «È l’economia di guerra, bellezza, e tu non puoi farci niente, NIENTE!».

È il coro unanime scandito a reti e firme unificate che in questi giorni, dalle televisioni ai giornali, passando per i social, comincia a essere ripetuto da giornalisti, opinionisti, politici e ministri con molta chiarezza. Economia di guerra: siamo in guerra, quindi? Dichiarata da chi e in nome di chi, per quanto riguarda l’Italia, ancora non è altrettanto chiaro – in apparenza, nella forma: sappiamo benissimo che le decisioni ratificate a Roma vengono prese a Bruxelles, e prima ancora imposte da Washington e Londra, oltre che pagate da noi.

Delle tendenze di ristrutturazione dell’economia, delle catene del valore e degli scenari geopolitici della crisi ne abbiamo parlato a Modena il 2 aprile, alla giornata di discussione sul mondo di domani, la guerra in Europa e il destino della globalizzazione. Dopo quello di Raffaele Sciortino, presentiamo allora la trascrizione dell’intervento di Silvano Cacciari, autore su «Codice Rosso» e che a breve uscirà in libreria con La finanza è guerra, la moneta è un’arma (per La Casa Usher).

L’intervento ci regala una grande dimostrazione di metodo. Attraverso l’analisi materiale di diversi indicatori, offre una fotografia mossa del presente, in cui linee tendenziali e traiettorie di possibile sviluppo vanno formandosi, permettendo una possibile anticipazione, appunto, del mondo di domani – che, come vediamo, è già oggi. La bussola resta sempre la ricerca, di parte, delle contraddizioni e ambivalenze su cui la prassi militante può (deve) insistere. Nelle righe che seguono, ripercorreremo la storia delle ultime crisi, nelle traiettorie che si sono prevedibilmente disegnate e nei varchi aperti dall’imprevedibile.


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Leonardo Lippolis: Green pass, passaporto per il futuro?

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Green pass, passaporto per il futuro?

di Leonardo Lippolis

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            1536x1536Il green pass entra in vigore il 1 luglio 2021; il Parlamento dell’Unione Europea lo approva e presenta come una “facilitazione” per i viaggi tra paesi all’interno dell’Unione stessa. Tutti gli Stati europei lo adottano, ma ognuno lo modula in maniera differente. In Italia viene introdotto come necessario per accedere a bar, musei, ristoranti e altri servizi il 6 agosto 2021. Da allora è stato gradualmente e progressivamente esteso fino a diventare, nel gennaio 2022, un documento obbligatorio per molte categorie lavorative (pena la sospensione dal lavoro senza stipendio) e per l’accesso a quasi tutti i servizi e le attività della vita quotidiana. La sua graduale implementazione e diversificazione tra una versione base e una rafforzata (ottenibile soltanto tramite vaccinazione o guarigione) ha portato a una complessa e inedita stratificazione “meritocratica” della società. Se inizialmente è stato, con poca convinzione, presentato come strumento di contenimento sanitario della pandemia, capace di garantire ambienti sicuri dal contagio, ben presto è stata ammessa la sua vera ratio di incentivo alla vaccinazione, variamente definita – a seconda dei punti di vista – come “spinta gentile”, “obbligo surrettizio” oppure come vero e proprio ricatto.

Nel frattempo, l’obiettivo ufficiale fissato dal governo è stato raggiunto, con il superamento del 90% della popolazione over 12 vaccinata; contemporaneamente, a sentire la voce di molti scienziati, la variante Omicron ha indebolito la pericolosità del virus, rendendolo gestibile al di fuori di una logica di emergenza. Eppure, nonostante il governo abbia sempre affermato che il green pass sarebbe stato uno strumento transitorio e che sarebbe stato abolito nel momento in cui l’emergenza fosse finita – come sta avvenendo in molti paesi –, esso ha varato con i decreti di gennaio 2022 l’ennesima stretta nei confronti di chi non lo possiede, imponendo l’obbligo del possesso della sua versione rafforzata (ovvero della vaccinazione) per tutti i lavoratori over 50, a partire da febbraio.


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Jeffrey Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia»

corriere

«Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia»

Federico Fubini intervista Jeffrey Sachs

330.0.1710218355 0018 kRdE U33401002705718FaD
              656x492Corriere Web SezioniL’economista della Columbia University: «Gli Stati Uniti sono più riluttanti della Russia nella ricerca di una pace negoziata. Negli anni Novanta l’America sbagliò a negare gli aiuti a Mosca, la responsabilità fu di Bush padre e di Clinton»

Jeffrey Sachs, direttore dello Earth Institute della Columbia University, nominato nel 2021 da papa Francesco all’Accademia Pontificia, risponde con questa intervista all’articolo del 23 aprile in cui il Corriere si chiede se gli errori dell’Occidente nei rapporto con la Russia post-sovietica, che negli anni ‘90 ha vissuto una drammatica crisi economica, hanno contribuito ad aprire la strada al nazionalismo revanscista di Vladimir Putin. Sachs fu consigliere economico del Cremlino fra il 1990 e il 1993.

* * * *

Imporre sanzioni sempre più dure sulla Russia è la linea giusta?

«Accanto alle sanzioni abbiamo bisogno di una via diplomatica. Negoziare la pace è possibile, sulla base dell’indipendenza dell’Ucraina e escludendo che aderisca alla Nato. Il grande errore degli americani è credere che la Nato sconfiggerà la Russia: tipica arroganza e miopia americana. È difficile capire cosa significhi "sconfiggere la Russia", dato che Vladimir Putin controlla migliaia di testate nucleari. I politici americani hanno un desiderio di morte? Conosco bene il mio paese. I leader sono pronti a combattere fino all’ultimo ucraino. Sarebbe molto meglio fare la pace che distruggere l’Ucraina in nome della "sconfitta" di Putin».


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Roberto Buffagni: I 5 minuti in cui Mearsheimer descrive la traiettoria aggressiva degli Stati Uniti dalla loro nascita ad oggi

lantidiplomatico

I 5 minuti in cui Mearsheimer descrive la traiettoria aggressiva degli Stati Uniti dalla loro nascita ad oggi

di Roberto Buffagni

Il dono della sintesi. In cinque minuti e ventitre secondi il professor John Mearsheimer descrive la traiettoria strategica degli Stati Uniti dalla loro nascita ad oggi. Gli Stati Uniti come lo stato più potente e aggressivo della storia moderna, che diviene l’egemone dell’emisfero occidentale e categoricamente non tollera MAI l’esistenza di altri peer-competitors e anzi li spazza via uno dopo l’altro.

Oggi, il peer-competitor degli Stati Uniti è la Cina. L’attuale decisione strategica americana, confermata ufficialmente dai Ministri della Difesa e degli Esteri nella recente visita a Kiev, ribadita dal Presidente Biden nella successiva riunione straordinaria NATO di Ramstein, è di incapacitare politicamente la Russia, ossia di frammentarla, per indebolire la Cina e poi rivolgere la propria attenzione contro di essa.

La Cina è l’obiettivo principale perché solo la Cina dispone dei requisiti di potenza (demografia, economia, potenziale militare in fieri) necessari per divenire l’egemone regionale nell’ Asia, come egemone dell’emisfero occidentale sono gli Stati Uniti d’America.


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Riccardo Staglianò: I Gigacapitalisti

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I Gigacapitalisti

di Riccardo Staglianò

4 5 22 muskA distanza di tempo il ricordo più vivido che ho della passeggiata sulla versione nautica di Versailles è la schiena di una donna. All’apparenza magrebina, china per terra ad appiccicare pezzetti di nastro adesivo azzurro su scalfitture nel parquet di rovere. Guasti che io, pur sforzandomi, non riuscivo a vedere. Lei sì. Il suo mestiere era di individuare i graffi impercettibili nel pavimento patrizio di quella nave da 160 milioni di euro. E poi quelli sui lavandini in travertino, sulle boiserie alle pareti e così via. A bordo anche la più piccola imperfezione era bandita. Lei doveva denunciarla, appiccicandoci sopra un nastro adesivo blu, e qualche specialista sarebbe intervenuto per sanarla. Mentre camminavo con soprascarpe di gomma per non peggiorare la situazione mi sono chiesto quanto guadagnasse per quel lavoro parossistico e ho provato a immaginarmi che casa avesse lei e quanta acribia potesse permettersi nella sua manutenzione. Milleduecento euro, il suo stipendio mensile, era quanto quella sontuosa abitazione marina consumava di cherosene in mezza giornata per tenere accese le luci. Lo sapeva? Ci pensava mai? E che effetto le faceva questa pantagruelica sproporzione? Centosessanta milioni di euro. Fermatevi un attimo a pensare. In equivalenze al tempo del Covid significano mascherine per tutta l’Africa o prime dosi Astrazeneca per quasi 90 milioni di esseri umani. (…)

 

Una ricchezza pericolosa (per la democrazia)

 La parabola nautica, con i suoi record di business pandemico, serviva solo come location (dove piazzare i nostri eroi) e metafora (dell’andamento strepitosamente anticiclico dei loro portafogli).


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Massimo De Angelis: Diserzione, guerra e comando sul mondo

effimera

Diserzione, guerra e comando sul mondo

di Massimo De Angelis

Stop
              armamentiIn questo approfondito contributo, Massimo De Angelis riflette sulle ragioni della guerra in corso in Europa, a seguito dell’invasione dell’esercito russo in Ucraina. Una guerra che accentua una situazione socio-economica e politica, già provata da due anni di pandemia e di malessere sociale crescente. Di fronte alla nocività della guerra, pur tenendo ben conto delle colpe dirette e delle immediate responsabilità, l’unica possibile risposta che ci si sente di dare è: diserzione. L’autore la rilancia, ricordando i contributi di Franco Berardi e Sandro Mezzadra sul tema. Tale parola può suonare indigesta alle letture che forzosamente contrappongono i (presunti) “valori occidentali” all’aggressione dei “barbari”. La storia ci insegna che quando scoppia una guerra di questa entità, finalizzata (come spiega l’autore), a ridisegnare l’attuale (dis)ordine geo-politico e geo-economico, non esistono poteri buoni.

L’Ucraina è vittima delle tentazioni egemoniche del disegno panrusso di Putin, da un lato, e nella necessità Usa (che comanda la Nato) di mantenere una supremazia militare ed economica fortemente compromessa, dall’altro. Questo sono i pilastri centrali dell’attuale crisi. E tutto ciò con la Cina sullo sfondo. In questo quadro, l’Europa non è in grado, o meglio non vuole, ritagliarsi un ruolo autonomo, andando così incontro al proprio suicidio. Gli eccidi e le morti civili in Ucraina sono il prezzo cinico che deve essere pagato, mentre le potenze imperiali rinfocolano lo scontro, affondando qualsiasi tentativo diplomatico, e i mercanti di guerra festeggiano.

Per questo, disertare non è vigliaccheria, ma l’unico vero atto di coraggio possibile. Perché “disertare la guerra è disertare il comando sul mondo”.

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Oltre la claustrofobia della guerra, la diserzione


 

 

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tonino

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May 9, 2022, 2:54:11 AM5/9/22
to sante gorini

Giulio Palermo: È il turno della Francia

giuliopalermo

È il turno della Francia

di Giulio Palermo

imagemoiuyedvyLunedì sera, il Presidente Macron ha aggiornato i francesi sul nuovo giro di vite sui loro diritti. Lo ha fatto, come è ormai costume, con un annuncio a reti unificate per radio e televisione.

Dal 21 luglio per accedere ai luoghi di svago e di cultura, tutte le persone non vaccinate di più di 12 anni dovranno produrre un test PCR negativo di meno di 48 ore. A inizio agosto, queste misure si estenderanno a bar, ristoranti, centri commerciali, ospedali (!), treni e aerei. Il 15 settembre scatterà l’obbligo di vaccinarsi per il personale infermieristico e non medico di ospedali, cliniche, case di riposo, istituti per disabili e per tutti i professionisti e i volontari in contatto con gli anziani e le altre categorie a rischio. A settembre, sarà anche predisposta una campagna di richiamo per permettere a quelli che si sono vaccinati per primi, che “vedranno presto diminuire il loro livello di anticorpi, di beneficiare di una nuova iniezione” (sì è proprio così: mentre ci dicono che il vaccino è la soluzione finale, danno per scontato che il suo effetto protettivo dura solo pochi mesi!). Nelle scuole saranno lanciate specifiche campagne di vaccinazione all'inizio dell'anno scolastico. I test PCR, finora gratuiti, “saranno resi a pagamento, al fine di incoraggiare la vaccinazione”. Già da oggi, sono inoltre rinforzati i controlli alle frontiere. Infine, cercando di prendere la faccia della maestrina buona, Macron ammonisce con chiarezza: “dovremo senza dubbio porci la questione della vaccinazione obbligatoria per tutti i francesi, ma per ora io scelgo di essere fiducioso”.

Questo per quanto riguarda repressione e sanità. Ma Monsieur le President sa benissimo che tutte queste misure socio-sanitarie da sole non risolvono la crisi economica se non si traducono in un inasprimento dello sfruttamento dei lavoratori. Nella seconda parte del suo discorso, Macron ha dunque affrontato qualche tema economico non esattamente secondario.


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Jacopo Anderlini: Che cos’è il Metaverso?

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Che cos’è il Metaverso?

di Jacopo Anderlini

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            1536x1536Il termine “Metaverse” deriva da “Snow Crash”, un racconto cyberpunk di Neil Sephenson del 1992, in cui questo spazio ha tratti distopici. Quello che ha presentato Mark Zuckerberg il 28 ottobre 2021, quando ha comunicato il cambiamento del nome della società da lui fondata da Facebook, Inc. a Meta Platform Inc. – secondo molti osservatori e osservatrici non riuscendoci tanto bene – è invece una sorta di utopia tecnoentusiasta di un futuro dove saremo costantemente connessi. Uno spazio e un tempo dove non ci sarà quasi la necessità di fare logout e dove in buona sostanza il nostro avatar virtuale coinciderà con la nostra identità “reale”. Il confine, anzi, tra reale e virtuale, come già avviene adesso, andrà sempre più ad assottigliarsi.

In realtà questa non è un’idea nuova. Facebook sin dall’inizio propugna a livello “ideologico” – che si innerva e viene incarnato dal design della piattaforma e delle applicazioni a essa collegate – l’idea della trasparenza radicale. Non c’è nulla da nascondere – questa è la narrazione – quindi gli utenti devono mettere su Facebook e su tutte le altre piattaforme la propria vera identità, il proprio nome e cognome, i propri veri interessi: creare insomma una sorta di copia virtuale, di riproduzione delle loro interazioni. Seguendo questa idea di trasparenza radicale, Zuckerberg e i suoi collaboratori intendono dare forma a quello che loro chiamano Metaverso, cioè una proiezione, un’estensione del mondo “reale” fatta di app e servizi vari. Ovviamente, a uno sguardo critico, l’etichetta Metaverso risulta essere uno specchio per le allodole, una buzzword, un significante il cui significato rimane indeterminato.

Innanzittuto, potremmo dire che Internet – o meglio, parti di esso – per come adesso lo conosciamo sia una sorta di metaverso. Siamo in una fase storica dove molti servizi digitali sono già connessi tra loro.


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Roberto Finelli & Luca Micaloni: Il centenario di Psicologia delle masse e analisi dell’Io

consecutiorerum

Il centenario di Psicologia delle masse e analisi dell’Io

Psicoanalisi della storia o scienza della storia?

di Roberto Finelli & Luca Micaloni

Introduzione a Consecutio rerum n. 11, anno VI (1/2021-2022), Il centenario di Psicologia delle masse e analisi dell’Io a cura di Roberto Finelli e Luca Micaloni

Copertinanjug1. Lo scorso anno è caduto il centesimo anniversario di Massenpsycholo- gie und Ich-Analyse, il testo pubblicato da Freud nel 1921 sulla psicologia collettiva e la cui composizione s’intreccia profondamente con la stesura di Al di del principio di piacere, apparso qualche mese prima nel 1920. La nostra rivista dedica il suo numero 11, nella sezione monografica, al tema di questa ricorrenza, avendovi visto una occasione da non perdere per tornare a riflettere sulla questione del rapporto tra psicoanalisi e storia e su quella, ad essa intrinseca, della relazione tra psicologia individuale e psicologia collettiva, o psicologia sociale.

Psicologia delle masse e analisi dell’Io è componente fondamentale di quel quadrilatero con il quale Freud ha inteso stringere e definire una teoria psicoanalitica della storia e che accomunava, oltre al saggio del ’21, Totem e tabù, Il disagio della civiltà e Mosè e il monoteismo: opere dotate ognuna di una peculiarità di oggetto e di ambito di studio, ma tutte e quattro riconducibili a un impianto concettualmente unitario di fondazione e di spiegazione della storia umana, che facilmente si riassume nella centralità, per usare la celebrata espressione di J. Lacan, del “Nome del padre”.

La proposta freudiana d’interpretazione del formarsi di masse in cui predominano l’affettività e uno psichismo inconscio è, com’è ben noto, fondata sulla centralità di un legame libidico che lega un gruppo umano, regredito a una dimensione fusionale e priva di libertà del singolo, al padre/ padrone/capo. Nella massa, inoltre, ogni individuo appare libidicamente legato, da un lato, al capo attraverso identificazione/introiezione e, dall’altro, a tutti gli altri individui che esperiscono il medesimo innamoramento e formano con lo stesso contenuto oggettuale l’Ideale dell’Io.


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comidad: Un'Europa non meno guerrafondaia degli USA

comidad

Un'Europa non meno guerrafondaia degli USA

di comidad

Se una guerra nucleare fosse scoppiata cinquanta o sessanta anni fa, essa avrebbe avuto il crisma e la solennità di uno scontro ideologico, mentre nell’attuale contrapposizione nella crisi ucraina non si riscontra niente del genere, semmai una miseria di motivazioni. Ci sono stati goffi tentativi di inquadrare l’attuale situazione di conflitto tra sedicente “Occidente” e Russia nell’ambito di una dicotomia tra globalismo da un lato e società tradizionaliste/identitarie dall’altra. Questa interpretazione si regge esclusivamente sul rovesciamento della propaganda occidentale, in quanto la Russia da trenta anni sta operando un sistematico tentativo di integrazione nell’economia globale e nelle sue istituzioni di riferimento. L’adesione della Russia al Fondo Monetario Internazionale data al 1992 e quindi potrebbe essere liquidata come un tradimento da parte dell’occidentalista Eltsin. L’adesione alla World Trade Organization però è del 2012, perciò sarebbe farina del sacco di Putin; ammesso, e non concesso, che sia lui l’unico decisore.


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Liberiamo l’Italia: Prima che sia troppo tardi!

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Prima che sia troppo tardi!

di Liberiamo l’Italia

Dopo oltre due mesi di combattimenti, è sempre più chiaro quanto avevamo affermato fin dall’inizio: quella in corso non è una guerra tra due paesi, bensì il risultato di un’aggressione politica, militare ed economica condotta dall’intero blocco Usa-Nato-Ue contro la Russia.

Insieme a sanzioni economiche sempre più pesanti, l’incessante fornitura di armi, istruttori e contractors, nonché il supporto logistico e di intelligence che questo blocco fornisce all’Ucraina, ha lo scopo di prolungare il più possibile il conflitto per indebolire la Russia e favorire un colpo di stato a Mosca.

Non pensiamo che questi obiettivi verranno conseguiti, ma con l’escalation guidata da Washington ben difficilmente la guerra potrà essere breve e limitata.

Con la criminalizzazione della Russia, con la propaganda sui “crimini di guerra”, con lo scatenamento di una razzista campagna di russofobia, il blocco Usa-Nato-Ue vuole impedire qualsiasi trattativa, qualunque soluzione politica che non sia la semplice capitolazione di Putin.


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Simone Fana: Lavoro, salario minimo, tempo rubato e informazione

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Lavoro, salario minimo, tempo rubato e informazione

Intervista a Simone Fana

Ormai il triste e famoso e “There is no alternative” della Thatcher è stato accettato e condiviso sia dalle forze neo liberiste sia da quelle di centro sinistra che dovevano fermare questo processo senza uscita; il capitale ormai è inconscio collettivo introiettato ed è “più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo” (M. Fisher).

Il capitalismo si riflette e si alimenta attraverso mille linee e mille piani della nostra società: la ristrutturazione selvaggia del lavoro, il ruolo del capitalismo finanziario in grado d’innescare crisi economiche e guerre reali ovunque, il mondo tecnologico e digitale che sta ormai conquistando soggetti politici e immaginari collettivi, la catastrofe ambientale, il sistema scolastico e sanitario a pezzi, la burocrazia infinita, la perdita di memoria collettiva e di futuro condiviso. In questa crisi senza fine e indefinibile, moltiplicata dalla pandemia ancora in corso e dalla guerra in Ucraina, dove domina soltanto la narrazione neoliberista e occidentale con ristrutturazioni e soluzioni dettate soltanto dall’agenda del capitale, non riesce a nascere una forza politica reale, partito, movimento o sindacato, che possa quanto meno modificare e trasformare i rapporti di forza attuali.


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Guido Salerno Aletta: L'incubo di Faust

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L'incubo di Faust

di Guido Salerno Aletta

Non sarà altra moneta creata dal nulla che fermerà la nuova crisi

L'Occidente è di fronte alla fine dell'illusione iniziata con la Greenspan Put, poi denominata Qe: quella di superare le crisi determinate dagli squilibri economici e finanziari incontenibili con la immissione massiccia di nuova moneta da parte delle Banche centrali, in primo luogo di dollari, ma ormai da un decennio anche di euro.

Abbassare i tassi di interesse aiuta chi ha debiti ed è in difficoltà per onorarli, ma così lo si incoraggia a contrarne altri: per evitare un piccolo fallimento, si lastrica la strada ad uno ancora più grande.

Acquistare titoli del debito pubblico o altri asset garantiti già in circolazione, a fronte della creazione di nuova moneta, consente al mercato che li ha ceduti alle banche centrali di finanziare altri investimenti, di sottoscrivere la emissione di altri titoli, di creare altro credito. Tutto funzionerebbe se questa nuova moneta fosse utilizzata per sanare gli squilibri sottostanti, quelli che hanno determinato le crisi, e non a riprodurli sempre più gravi.


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Mauro Casadio: Crisi sistemica e crisi militare

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Crisi sistemica e crisi militare

di Mauro Casadio

RisikoStallo come accumulo di contraddizioni

Se siamo chiamati a fare una analisi della situazione attuale rischiamo di essere parziali se non si analizzano le condizioni che hanno portato all’oggi. Dunque per descrivere la dinamica che ora porta alla “formalizzazione” delle contraddizioni in atto dobbiamo delineare per sommi capi il percorso fatto da queste nell’ultimo decennio.

Certamente dopo la fine dell’URSS si è determinata una fase di stabilità dovuta alla possibilità per il capitale di autovalorizzarsi utilizzando gli enormi spazi materiali che si erano creati, inclusa la Cina, e lo sviluppo delle forze produttive causato da scienza e tecnologia e dal forte ridimensionamento della lotta di classe, dal basso, a livello internazionale.

Questa condizione “virtuosa” si è protratta fino alla crisi finanziaria del 2007/2008, anche se è stata preceduta da altri momenti di caduta per la finanza, segnando una prima modifica della linea di crescita, curvandosi verso un andamento più “piatto”; e nel decennio passato questa tendenza si è ulteriormente accentuata.

Questa stato delle cose, caratterizzato da una crisi latente, però non ha rimesso in discussione l’egemonia statunitense e gli equilibri internazionali, ma ha fatto crescere competitori potenziali portando di fatto ad uno stallo dei rapporti di forza internazionali.

Va chiarito che per “rapporti di forza” non intendiamo eminentemente quelli militari ma, oltre ovviamente a questi, intendiamo anche quelli economici, sociali, ideologici, etc, cioè dello sviluppo complessivo dei diversi soggetti in campo.


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Nico Maccentelli: La peste nera in Europa

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La peste nera in Europa

di Nico Maccentelli

279394486 4941259072645663 1648414743527727714 nIn occasione dell’anniversario della strage di Odessa, avvenuta il 2 maggio del 2014, e che è possibile approfondire sulla stessa Carmillaonline qui e su L’Interferenza qui, intendo mettere in rilievo un fenomeno preoccupante che si stagliando in Italia e in Europa in generale e che sostanzialmente si basa sullo sdoganamento, e direi la “santificazione”, da parte dei media mainstream del nazismo ucraino.

Partirei dall’episodio avvenuto a Bologna, alla festa partigiana Oltre il ponte, organizzata da Potere al Popolo: ore 19,00, un ucraino inizia a inveire contro i compagni del banchetto del Comitato Ucraina Antifascista, si cerca di contenerlo con le buone, questi chiama i suoi compari al telefono, nel giro di mezzora arriva una trentina di facinorosi i quali iniziano a fotografare e filmare gli astanti e cercano di attaccare il banchetto del comitato, qualcuno di questi si è qualificato come aderente a Pravy Sektor (Settore Destro), qualcuno parlava bene l’italiano, i compagni presenti alla festa erano in numero preponderante e sono riusciti a respingere l’attacco oltre le transenne che limitano lo spazio della festa.

Questi sono i fatti accaduti il 23 aprile a Bologna, ma gli episodi analoghi come l’ostruzione aggressiva alla presentazione del libro di Sara Reginella a Senigallia “Donbass una guerra fantasma”, ormai non si contano più. A questo si aggiungono aggressioni e cartelli intimidatori contro cittadini russi: chiare forme di razzismo che non fanno fare una piega a quella “sinistra” soprattutto dem che parla tanto a vanvera di razzismo. È un fatto estremamente grave che i “paladini” dirittoumanitaristi, vieppiù in una società che vanta di essere civile, non potrebbero tollerare. E invece tollerano.


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Emilia Margoni: L'inconscio della fisica

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L'inconscio della fisica

di Emilia Margoni

71plqz3xxplPer quanto implausibile, l’intuizione di Leonardo Sciascia è suggestiva: parlare di scomparsa in riferimento a Majorana ha un che di sviante e rivelativo a un tempo. Sviante, perché dissimula i segni di un progetto studiatissimo; rivelativo, perché quel progetto contemplava la dissimulazione delle proprie tracce. In questa chiave, quello di Majorana fu un gesto di duplice sottrazione: sottrarre sé stesso al peso di una svolta epocale e ingovernabile e sottrarre un peso così poco sostenibile a un mondo che aveva intuito, ma non ancora elaborato, un piano strategico per l’autodistruzione, la cui première sarebbe andata in scena a Hiroshima il 6 agosto 1945.

Sciascia proietta sul fisico catanese una capacità anticipatoria che non è né chiaroveggenza né pura sensazione, ma una ponderatissima logica deduttiva che da certe premesse portava a certe conclusioni. In risposta all’inconsapevole cupio dissolvi dei suoi colleghi, secondo Sciascia, Majorana decise di inscenare la sua scomparsa (“perché la sua scomparsa noi la vediamo come una minuziosamente calcolata e arrischiata architettura” – L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, Torino: Einaudi, 1975, p. 54) per dare massimo risalto alla “cecità” improvvida e fatale della comunità scientifica e per trovar riparo in ben altre comunità. Insomma, mentre i giovani fisici in fermento degli anni Venti e Trenta rompevano i protocolli della fisica classica con sconsiderata esuberanza e avviavano la nuova fisica verso quel futuro che oggi è presente, Majorana, Pizia riluttante, preferiva sottrarsi a quelli che, ai suoi occhi giudiziosi, sarebbero stati di lì a breve gli esiti deflagranti di quegli entusiasmi giovanili: la fissione nucleare.


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Francesco Piccioni: La guerra è un rasoio

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La guerra è un rasoio

di Francesco Piccioni

La guerra è un rasoio affilatissimo. Separa la Storia, con un prima e con un dopo, ponendo fine a una fase – i trenta anni della “seconda globalizzazione”, in questo caso – e aprendo un “periodo costituente” che dipenderà dagli esiti, sul campo, nelle economie e nei negoziati.

Taglia gli schieramenti senza alcun riguardo per il quadro di “valori” che si credeva condiviso. Recide relazioni personali e vecchie amicizie. Spacca movimenti e collettivi. Attraversa le classi sociali orizzontalmente (tra “alto” e “basso”, tra chi ci guadagna e chi ci perde) e verticalmente (tra presunti progressisti e autentici conservatori).

Straccia gli ideali fasulli, i castelli di parole scelte con cura nel politically correct, per nascondere più che per rivelare. La guerra è un fatto, il più brutale e inaggirabile dei fatti.

La guerra è un rasoio. E’ bipolare, non ammette terzietà. Costringe a stare da una parte o dall’altra. L’unica scelta che rimane, agli esseri umani pensanti, è se stare dentro il campo disegnato da chi muove guerra e chiama a schierarsi senza farsi domande, oppure stare contro la guerra e chi la muove.


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Piccole Note: Azovstal: il mistero dei bus spariti

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Azovstal: il mistero dei bus spariti

di Piccole Note

Evacuazione con giallo quella avvenuta nelle acciaierie di Mariupol, dal momento che dei 14 bus partiti dalle Azovstal assediate dai russi, solo tre sono arrivati alla destinazione stabilita, mentre dei restanti undici non si sa nulla. A riferirlo sono le autorità ucraine, mentre i russi tacciono,

Tale silenzio è bizzarro, dal momento che avrebbe risolto il giallo in fretta e senza dare spazio a ulteriori polemiche. E però, stranamente, la scomparsa di questi undici bus, pur segnalata, non ha fatto granché notizia nonostante sia una vera enormità.

Proviamo, dunque, a dipanare la matassa riprendendo quanto avevamo scritto in una nota precedente, nella quale riferivamo che diversi indizi indicavano che era in corso una trattativa segreta per far esfiltrare i militari Nato nascosti, in incognito, nelle viscere delle acciaierie.

Rimandando alla nota pregressa per il dettagli su tali indizi, ci sembra che la sparizione di questi undici bus confermi la trattativa e indichi che l’accordo Nato – Russia è andato a buon fine, consentendo al personale militare occidentale (e forse di altri Paesi) di lasciare indenni le acciaierie.


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Enrico Euli: Come in una grande tempesta

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Come in una grande tempesta

di Enrico Euli

La situazione si è fatta più chiara e angosciante: nei giorni scorsi il cambio di passo militare e politico deciso dal Pentagono con la costituzione di un «gruppo di contatto» formato da 43 Paesi, al comando del quale si sono messi gli Usa, rende evidente che non si tratta di resistere ma di sconfiggere la Russia. Scrive Enrico Euli: “La prosecuzione della guerra con altri mezzi (più pesanti, più distruttivi, più offensivi, più disastrosi, più irreversibili) dà la sensazione al timoniere di divenire più potente e di controllare meglio il corso e gli esiti, ma in realtà li affida (e ci sottopone) a una serie di evenienze e imprevisti assolutamente fuori dalla sua e nostra portata, come avviene in una grande tempesta nell’oceano…”

Chi volesse pretendere di presentarsi come un intellettuale o un politico intellettualmente e politicamente onesto dovrebbe ora ammettere che la situazione si è fatta più chiara. Se prima poteva ancora nascondersi dietro il dito del diritto a resistere, della guerra umanitaria, del sostegno legittimo al debole aggredito, dovrebbe almeno riconoscere che ora la situazione è cambiata.


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Megas Alexandros: Rublo e gold standard: facciamo un po’ di chiarezza

comedonchisciotte.org

Rublo e gold standard: facciamo un po’ di chiarezza

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Esponenti del Cremlino - e buona parte dell'informazione indipendente - prefigurano un ritorno al "gold standard" per il rublo. In verità, gli ultimi mesi ci dimostrano che la valuta russa è perfettamente "fiat" ed utilizza in modo esemplare la politica del cambio fluttuante

Qualche settimana fa, assieme all’economista Warren Mosler, abbiamo analizzato i molteplici articoli riguardanti le dichiarazioni dell’economista russo Sergey Glazyev.

Pur considerando i grossi progressi che la Russia sta facendo a livello di comprensione dei sistemi monetari, abbiamo convenuto che se i suoi esperti di spicco avessero letto i lavori di Mosler e della MMT, sarebbero già molto più avanti nel loro lavoro.

Cerchiamo di capirci bene, un conto sono le proposte e le tesi, presunte innovative e risolutive, dei vari economisti e studiosi della materia monetaria, altra cosa è la realtà di quello che avviene nel mondo reale che è caratterizzato dalle scelte dei vari governi.

Il tema scottante e con più “appeal” nel mondo dell’informazione indipendente sui temi monetari è oggi il “fantomatico” ritorno del rublo al gold standard.


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tonino

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May 11, 2022, 6:53:29 AM5/11/22
to sante gorini

Sergio Cararo: La fabbrica della “russofobia” in Occidente

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La fabbrica della “russofobia” in Occidente

di Sergio Cararo

russofobia primaIl nostro paese e l’Occidente sono in preda ad una evidente sindrome di russofobia. Potrebbe apparire tale ma non è una novità. Non lo è sicuramente per le leadership e le società europee e, di conseguenza, neanche per quelle statunitensi.

Colpisce il fatto che la Russia possa essere zarista o socialista, capitalista o nazionalista, ma alla fine in Europa scatta comunque il demone russofobico. Da dove nasce questo pregiudizio che troppo spesso è diventato contrapposizione frontale o guerra?

Prima di arrivare all’isteria a cui stiamo assistendo in queste settimane c’è una lunga storia da conoscere, ragione per cui prendetevi il tempo necessario per conoscerla.

 

Le radici della russofobia in Europa

C’è un interessante libro di Guy Mettan edito dalla Teti “Russofobia. Mille anni di diffidenza”, che aiuta a capire molte cose.

Per molti aspetti la russofobia ha qualcosa in comune con l’antiebraismo ossia un antico “documento” – ritenuti quasi unanimemente dei falsi storici – che ne dimostrerebbe la intrinseca natura aggressiva e dominatrice. Nel caso delle comunità ebraiche sarebbe il “Protocollo dei Savi di Sion” (tra l’altro si dice elaborato proprio nella Russia zarista). Nel caso della Russia sarebbe addirittura il “Testamento di Pietro il Grande”, fatto arrivare in Europa, e poi pubblicato e utilizzato in Francia durante l’invasione napoleonica della Russia.


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Giancarlo Ghigi: La cancellazione del nemico

jacobin

La cancellazione del nemico

di Giancarlo Ghigi

Le campagne russofobe non hanno nulla a che fare con l'anticolonialismo. Perché nessuno potrà rimuovere il passato delle storie intrecciate di Russia e Ucraina senza smarrire sé stesso. E scoprirsi vinto

russia jacobin italia 1536x560Autocrate maligno!
Te, il tuo trono disprezzo,[…]
Sulla fronte tua si legge
della condanna del popolo il sigillo.
Tu, orrore del mondo, della natura
vergogna, d’esser Dio in terra è l’accusa.
Libertà – Aleksandr Seergevič Puškin,1817

«Zio Vasya» sembra quasi uno scemo di guerra seduto lì a terra, così. Pare intontito davanti a quel piccolo fuoco improvvisato tra gli scheletri di metallo arrugginiti. Il suo sguardo si è perso, è stato rapito dalle piccole fiamme che avvolgono le bruciature nerastre che appannano il fondo d’una caffettiera di rame. Indossa un vecchio colbacco con la stella rossa, ha come arma solo un vecchio e pesante fucile di cinquant’anni fa. Zio Vasya assedia con gli altri miliziani della Repubblica Popolare di Doneck le rinomate officine dell’Azovstal che sono ancora occupate dagli ultimi soldati e paramilitari di Kiev, laggiù, tra le rovine dei sobborghi di Mariupol. Chiede al corrispondente occidentale che gli passa accanto se vuole bere della vodka con lui, ma il giornalista resta interdetto, sa che gli alcolici sono severamente proibiti nelle zone di combattimento. «Zio Vasya può bere», gli confermano gli altri. Quell’anziano di Kostantinovka infatti ha saputo solo ieri che suo figlio, il figlio che non vede da sette anni, è lì dentro, sta con quelli di Azov, sta proprio con i nemici che lui e gli altri stanno assediando ai cancelli della fabbrica. Così quel padre non ci capisce più niente. Sta da solo, seduto su una cassa di munizioni, fissa inebetito il fondo bruciato d’una caffettiera, niente sarà mai più come prima.


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Maurizio Lazzarato: Trasformare le differenze in opposizione

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Trasformare le differenze in opposizione

Anna Curcio intervista Maurizio Lazzarato

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              8141b375eaa248fab75aaee8b7407307mv2Con il discorso della guerra sullo sfondo, in questa intervista a partire dal suo nuovo libro L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze (ombre corte 2022), Maurizio Lazzarato affronta alcuni dei nodi irrisolti dell’agire politico rivoluzionario. In particolare, discute la necessità di ripensare il concetto di classe in relazione alla questione della razza e del genere. Attinge da un archivio teorico-politico eterogeneo, eterodosso rispetto alla sua formazione, e mette a critica le micro-politiche della relazione e la (connessa) spoliticizzazione delle differenze per interrogare il pensiero strategico capace trasformare le differenze in opposizione.

L’intervista, che si sviluppa seguendo gli snodi tematici proposti dal titolo del libro, si apre discutendo del presente. Cos’è che rende intollerabile il nostro presente?

* * * *

Guerre e rivoluzione

In una serie di articoli recenti pubblicati su questa rivista, hai discusso della guerra: un tema che nel libro fa da proscenio alla «catastrofe che si annuncia»; l’enunciato di questo presente intollerabile. Quale rapporto esiste (oltre le evidenze della situazione in Ucraina) tra la guerra e il presente?

Nel 2016, insieme a Eric Alliez, abbiamo pubblicato Wars and Capital per ricordare e ricordarci quello che negli ultimi cinquant’anni anni sembravamo aver dimenticato: che non c’è Capitale senza lo Stato e senza la guerra tra stati e senza le guerre di classe, razza e sesso. Con la prima guerra mondiale, le guerre si modificano radicalmente perché sono strettamente intrecciate con il capitale.


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Agata Iacono: Vaccini Covid e le prove scientifiche: messa a nudo in Parlamento la tragica gestione Speranza

lantidiplomatico

Vaccini Covid e le prove scientifiche: messa a nudo in Parlamento la tragica gestione Speranza

di Agata Iacono

Nel silenzio assordante dei media, asserviti ormai da più di due anni al pensiero unico, si è svolto un convegno veramente eccezionale alla Camera lo scorso venerdì, 6 di maggio.

Organizzato dall'onorevole Francesco Sapia (commissione Sanità) del partito Alternativa, e dal CMSi, Commissione Medico Scientifica indipendente, (che ha sempre chiesto, senza risposta, un confronto con il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute), il convegno rappresenta una pietra miliare della nuova fase del dibattito sul Covid, sull'efficacia dei vaccini, sul ‘green pass’, sugli effetti collaterali avversi, sulla gestione della Pandemia.

Il convegno, dal titolo "Vaccinazione nella prevenzione dell’infezione da Sars-CoV2, ai guariti e ai bambini: che cosa dicono oggi le prove scientifiche?“, inaugura infatti la terza fase, di fatto, del processo di analisi e sintesi nel dibattito internazionale sulla gestione della Pandemia, grazie alla concomitanza di tre variabili intervenienti "nuove".


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coniarerivolta: La fredda primavera del lavoro

coniarerivolta

La fredda primavera del lavoro

di coniarerivolta

L’aprile che abbiamo vissuto non è di certo quello che sognavamo ad inizio anno, tra una guerra che non mostra segnali di arresto, una pandemia che ancora produce morte, e le bollette di gas e luce che continuano a galoppare. In questo quadro, tutt’altro che sereno, una notizia sembra riportare una ventata d’aria fresca per il mondo del lavoro: l’ISTAT ha appena calcolato che nel 2022 i salari nominali cresceranno dello 0.8% rispetto allo scorso anno. Per quanto sia una crescita flebile, verrebbe da tirare una boccata d’ossigeno, in quanto questo dato sembrerebbe indicare che i lavoratori, nonostante tutto, stiano preservando i propri standard di vita.

Purtroppo, non è così. Infatti, la crescita media delle buste paga non sarà sufficiente a compensare la crescita dei prezzi. A riprova di ciò, la stessa ISTAT stima per il 2022 un aumento del costo della vita (la temutissima inflazione) del circa il 6%: tradotto, se i salari nominali crescono di un non nulla, i prezzi dei beni e dei servizi comprati dai lavoratori crescono sensibilmente, sei volte tanto, con una conseguente perdita di potere d’acquisto di circa il 5%.


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Il nazismo, figlio legittimo dell'imperialismo occidentaleAndrea Zhok:

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Il nazismo, figlio legittimo dell'imperialismo occidentale

di Andrea Zhok

Oggi in Russia e in molti altri paesi viene celebrata la commemorazione "Бессмертный полк" (Reggimento Immortale), rievocazione e festeggiamento della vittoria nella "Grande Guerra Patriottica" (così chiamano i russi il conflitto contro i nazisti nella seconda guerra mondiale tra il 1941 e il 1945).

Il 9 maggio 1945 è infatti la data della firma della resa tedesca (il "giorno della Vittoria").

Questa, come tutte le celebrazioni, ha anche una funzione politica e propagandistica, e non c'è dubbio che il governo russo ne faccia uso "pro domo sua".

Tuttavia, diversamente da altre, questa celebrazione è cresciuta di seguito popolare in Russia e in molti paesi dell'ex Unione Sovietica negli ultimi anni.

Ciò che sta avvenendo, e che l'attuale situazione in Ucraina alimenta in modo cospicuo, è una sovrapposizione - storicamente discutibile, ma emozionalmente potente - tra l'opposizione russa all'imperialismo nazista e la resistenza russa all'imperialismo occidentale (cioè americano).


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Francesco Scatigno: Guerra in Ucraina: le ragioni e le soluzioni secondo Noam Chomsky

ilmagodioz

Guerra in Ucraina: le ragioni e le soluzioni secondo Noam Chomsky

recensione di Francesco Scatigno

Noam Chomsky: Perché l’Ucraina, Ponte alle Grazie, 2022

 

La guerra in Ucraina sembra essere nata dal nulla, viene raccontata dai media in tempo reale ma non è permesso spiegarne la complessità delle ragioni storiche. Noam Chomsky lo fa egregiamente in questo libro senza cercare giustificazioni o attenuanti per il crimine di guerra che rappresenta l’invasione intrapresa da Putin.

 

Perché l’Ucraina?

Perché l’Ucraina è un libro straordinario per diverse ragioni. Innanzitutto il libro è la raccolta di sette interviste a Noam Chomsky, quasi tutte realizzate tra il febbraio e la fine di marzo del 2022. Perché l’Ucraina è il punto di vista di un grande pensatore su temi attualissimi, realizzato in tempo reale. Dall’ultima intervista (24 marzo) alla pubblicazione (21 aprile) è passato meno di un mese.

In secondo luogo Noam Chomsky è uno dei massimi esperti sul ruolo dei media in occidente ed uno dei maggiori critici della politica estera statunitense. Il suo è un pensiero lucidissimo, nonostante i suoi 93 anni, ed utilissimo a comprendere il ruolo degli Stati Uniti nella guerra russo-ucraina. Chomsky si definisce anarchico.


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Piotr: Geopolitics is back: no endgame!

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Geopolitics is back: no endgame!

di Piotr

russia natoFinalmente cadono le maschere dei “valori” e riprende il proscenio la cruda realtà degli “interessi”, motore autosufficiente della geopolitica e di tutte le sue guerre (e chi muore per gli ideali R. I. P.).

Il quadro ora è chiaro e anche un cieco lo può vedere.

Il 26 aprile scorso gli USA hanno chiamato a rapporto nella base militare di Ramstein (che è in Germania ma è territorio statunitense) 40 Paesi alleati in tutto il mondo per ordinargli di aiutare l'Ucraina in quella che prevedono sarà una “lunga guerra” (ci saranno consultazioni mensili). Il segretario alla Difesa, Austin, ha detto papale papale che se i Russi vincono nel Donbass «l'ordine internazionale finisce». E ha avvertito che «la posta in gioco va oltre l'Ucraina e persino oltre l'Europa» (“the stakes extend beyond Ukraine – and even beyond Europe”).

Traduzione in Italiano corrente: «Se l'Ucraina non vince militarmente, non riusciremo a indebolire la Russia, e men che meno a balcanizzarla, e quindi poi non riusciremo a sconfiggere la Cina». E l'Europa risponde da Bruxelles: «Vogliamo che l'Ucraina vinca questa guerra» (Ursula von der Leyen al Parlamento Europeo). Perché altrimenti salta la tabella di marcia statunitense.

Una tabella di marcia che preoccupa una “bibbia” statunitense di politica estera, Foreign Affairs, che esprime le sue preoccupazioni addirittura per bocca di Pechino: «[Il governo cinese] vede ora Washington come voler deliberatamente inasprire la guerra per perpetuarla, e così indebolire sia la Russia che la Cina» (“[The Chinese government] now sees Washington as deliberately escalating the war in order to perpetuate it, thereby weakening both Russia and China»”)[1].


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Alessandro Visalli: Michael Brenner, “American dissent on Ukraine is dying in darkness”, ovvero “tempi da canaglia”

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Michael Brenner, “American dissent on Ukraine is dying in darkness”, ovvero “tempi da canaglia”

di Alessandro Visalli

FakeNel blog “Scheerpost”, un sito collettivo da tenere d’occhio, è riportata un’intervista[1] di Robert Scheer[2] all’anziano professor Michael J. Brenner[3], illustre professore emerito di Affari internazionali presso la Università di Pittsbourgh, e prima della John Hopkins e Direttore del Programma Studi Globali e Relazioni Internazionali dell’Università del Texas, poi insegnante a Stanford, al Mit, ad Harvard.

L’ottantenne professore avvia la conversazione raccontando un’esperienza personale: come usa a molti da anni diffondeva analisi politiche sulla situazione mondiale ad una selezionata mailing list di corrispondenti. Avendo condiviso analisi sulla crisi ucraina non corrispondenti alla linea ufficiale ha ricevuto un tale violento tenore di risposte da essere costretto a concluderne che la società americana “non è in grado di condurre un onesto, logico, ragionevolmente informato discorso sulla questione”. In altre parole, non esiste su questi temi una reale sfera pubblica, sostituita da fantasia, falsificazioni, fabbricazioni di informazioni, faziosità e aggressione. Il crollo dell’infrastruttura della democrazia liberale arriva al punto che uscire dalla linea, anche parlando con corrispondenti storici legati da vincoli di rispetto e amicizia, comporta immediati attacchi personali.

Questo lo vediamo benissimo anche in Italia, sono “tempi da canaglia”, come ebbe a dire Lillian Helman[4] durante il McCartismo.

Bisogna notare che quel che Brenner ha fatto, nel suo post incriminato, non è niente altro di quel che ogni buon accademico dovrebbe fare normalmente: porre domande. Ovvero, come dice il conduttore, “quel che ha fatto tutta la vita”.


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Angelo D’Orsi:La spettacolarizzazione della guerra e la fabbrica del falso

lavoroesalute

La spettacolarizzazione della guerra e la fabbrica del falso

Alba Vastano intervista Angelo D’Orsi

new normalUn biennio di pandemia. Una guerra ad un nemico invisibile quanto letale. Ne usciamo, forse, da questa guerra che ha mietuto vittime in tutto il Pianeta. Ed è di nuovo guerra, ma questa volta il nemico, i nemici, sono fin troppo visibili e belligeranti. ‘ Non ci si ferma, finchè l’obiettivo non è raggiunto’. E’ un mantra radicato nei neuroni deformati di chi ha sete di potere . Ed è braccio di ferro fra i due leader contendenti la vittoria. In mano a questi uomini assetati di potere personale la pace che può scaturire dai negoziati non è fondamentale, tanto quanto portare la palma della vittoria a casa. Intanto sui luoghi di guerra si bombarda e si spara, si muore, si fugge, si vive in bunker senza acqua e cibo. Muoiono civili, muoiono giovani combattenti di entrambe la nazionalità. Si muore a 18 anni, per una guerra che giovanissimi, a volte ancora imberbi, buttati sul campo per fare il gioco crudele della guerra, probabilmente non capiscono e non condividono.

Intanto dalle lussuose stanze dei bottoni dei palazzi del potere i lorsignori della guerra non si fermano, anzi si accaniscono maggiormente nello spietato gioco mortale a chi ha più potere e armi più letali, tanto da rischiare una escalation senza ritorno. La guerra si trasforma in derby con tifoseria mondiale. E vi si affianca un’altra guerra a latere, ma altrettanto micidiale. E’ la guerra alla verità. E’ la perversa e tossica fabbrica delle notizie contraffatte, delle fake news che ci propinano i media h.24, per suscitare morbosità e scatenare le tifoserie mondiali contro il nemico, decretato da diversi capi di Stato aderenti alla Nato il number one dei malvagi, l’invasore, il folle, il criminale. Intorno a questa guerra alla verità si affolla e spunta, come funghi parassiti, un popolo di informatori, di tuttologi, di esperti disfunzionali e di parte, di conduttori di talk show che accendono i microfoni a lungo all’opinionista che fa gioco al sior paron. Chi contesta viene silenziato e, a volte, anche dileggiato.


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Lucio Caracciolo: Liquidare la Russia e isolare la Cina

ilcomunista

Liquidare la Russia e isolare la Cina

di Lucio Caracciolo (12.04.2021)

Anche questo articolo di Lucio Caracciolo, uscito nell'aprile 2021, dieci mesi prima delle vicende belliche in Ucraina, come anche aveva anticipato Manlio Dinucci nel suo Rand Corp: come abbattere la Russia - Manlio Dinucci, ci riporta a dover valutare bene le argomentazioni tanto care alla propaganda bellicista occidentale.

Una su tutte quella relativa alla causa scatenante e nello stesso tempo incontrovertibile che inchioda e zittisce brutalmente chiunque osi anche solo minimamente mettere in discussione la possibilità di una pace possibile:

"c'è un aggressore e c'è un aggredito".

Se anche si accetti questa categorica affermazione, ma cercando di argomentare qualche distinguo valido e conseguente, si viene tacciati per "filorussi" anzi peggio "filoputin", in una logica intransigente giocata su "buoni e cattivi" a prescindere da tutto.

Noi non sappiamo quale evoluzione prenderà la vicenda bellica ma non dobbiamo in nessun modo sottovalutare i rischi estremi che questa potrebbe avere in futuro per tutti noi. (il collettivo)


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Ryan Zickgraf: Il problema è Twitter, non Elon Musk

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Il problema è Twitter, non Elon Musk

di Ryan Zickgraf

Il dibattito sui social media e i loro padroni ha un limite sostanziale: dà per scontato che queste piattaforme siano destinate a rimanere per sempre l'epicentro della comunicazione tra persone

A sentire le lezioni del brusio liberal, l’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk non è solo una cattiva notizia: è una catastrofe. «L’acquisizione di Musk potrebbe rappresentare un passo significativo verso il crollo della democrazia», dice un tweet. Elizabeth Warren sostiene che l’accordo sarebbe «pericoloso per la nostra democrazia«».«Col senno del poi potremmo dire che Twitter ha messo l’ultimo chiodo nella bara alla possibilità di affrontare il cambiamento climatico», afferma un altro tweet. Un altro ancora si lamenta del fatto che stare su Twitter prima di Musk era come festeggiare in una sala da ballo di Berlino «al crepuscolo della Germania di Weimar».

Ricapitolando: la democrazia è morta, il cambiamento climatico è inarrestabile, l’inferno è vuoto e tutti i diavoli stanno arrivando su Twitter perché l’ha comprato l’uomo più ricco del mondo. Ma il vero patto col diavolo è quello che abbiamo siglato quando abbiamo migrato il nostro discorso pubblico sulle piattaforme dei social media.


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Storia Segreta: La protezione del vaccino è pari a zero, secondo i dati ufficiali ISS

storiasegreta

La protezione del vaccino è pari a zero, secondo i dati ufficiali ISS

di Storia Segreta

Ha fatto scalpore il provvedimento di giovedì 28 aprile del Tribunale di Padova (giudice Dott. Roberto Beghini) in cui, accogliendo il ricorso di un’operatrice sanitaria, si è affermato che la garanzia offerta del vaccino è “pari a zero”.

Da dove ha tratto il giudice questa convinzione?

Semplice, dai dati ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità.

L’ISS infatti si è arreso. Dopo aver cercato per mesi di nascondere la verità, più o meno ispirato da input governativi, cosa che questo blog ha puntualmente stigmatizzato (qui, qui, qui, qui e qui), non ha più trovato espendienti tecnici per ‘trattare’ i dati al fine di far emergere una supposta utilità dei vaccini.

Oggi, anche dai ufficiali, l’utilità dei vaccini per evitare il contagio del Covid è, nella migliore delle ipotesi, pari a zero. Nella peggiore, come probabilmente vedremo nei prossimi mesi, sarà negativa.

Dalla tabella e dal grafico, che riporta visivamente gli stessi numeri, si può constatare che la percentuale dei vaccinati che si ammalano è la stessa della percentuale dei vaccinati tra la popolazione.


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Salvatore Bravo: Odessa, 2 maggio 2014

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Odessa, 2 maggio 2014

di Salvatore Bravo

L’Ucraina è definibile “una situazione balcanica”, in quanto è una nazione che ha all’interno una serie di “nazioni minori”: russi, rumeni, polacchi ecc. Le tensioni tra le minoranze e gli ucraini di lingua ucraina sono aumentate con l’ingerenza occidentale e russa. L’ingerenza statunitense mediante la NATO ha condotto l’Ucraina ad essere paese satellite dell’occidente, non più stato autonomo o cuscinetto tra due sistemi e culture, ma è divenuto strumento di lotta geopolitica tra potenze. Per ottenere l’indebolimento dello stato, ci si infiltra all’interno, lo si colonizza e si soffia sul fuoco di tensioni antiche. Il rischio è la sconfitta di tutti gli attori in campo, poiché la razionalità strumentale comune a tutti i protagonisti è sempre astratta, si pone obiettivi, mette in campo mezzi, ma elimina dal proprio immaginario razionale le variabili non controllabili e non prevedibili. L’onnipotenza deve sempre scendere a patti con la realtà geopolitica e il suo disordine incontrollabile. Il rischio è la sconfitta finale delle superpotenze e degli alleati che ambiscono al controllo delle materie prime ucraine.


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