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Mar 12, 2015, 3:36:10 AM3/12/15
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Giuseppe Masala: Ad Est batte il cuore nero dell'Europa

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Ad Est batte il cuore nero dell'Europa

di Giuseppe Masala

Non solo Ucraina. Nel totale silenzio delle classi dirigenti occidentali rinascono gruppi e partiti che si rifanno apertamente all'ideologia nazista

Ha fatto scalpore, presso la parte più informata dell'opinione pubblica, il fatto che la cosiddetta rivoluzione "di EuroMajdan" a Kiev sia stata guidata da frange violente apertamente fasciste e neonaziste. Ovviamente questo sdegno è più che motivato anche perché EroMajdan è stata apertamente appoggiata dall'Occidente (inteso come USA e UE) cosiddetto democratico e tollerante.

A ben guardare però non si è trattato né di un fenomeno estemporaneo né di un caso unico nel suo genere: nel più totale silenzio siamo di fronte ad una rinascita di gruppi e di partiti che si rifanno velatamente ma anche apertamente all'ideologia nazista.

Solo negli ultimi giorni per esempio, le autorità della Lettonia (ricordo che si tratta di un paese aderente all'Unione Europea) ha concesso l'autorizzazione per una marcia di commemorazione della legione lettone delle famigerate Waffen SS. Oppure, il Centro Wiesenthal ha duramente protestato per una manifestazione religiosa fatta in Croazia (altro paese sempre aderente alla civilissima UE) in memoria del criminale nazista croato Ante Pavelić.

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Luigi Pandolfi: scenari globali La memoria corta degli italiani sulla Lega di Salvini

scenari globali

La memoria corta degli italiani sulla Lega di Salvini

di Luigi Pandolfi

Strano paese l'Italia. Ma la Lega, quella che sabato ha "marciato" su Roma e, a quanto sembra, almeno dai sondaggi, mieterebbe tanti consensi oggigiorno, è la stessa Lega Nord che per oltre un ventennio ha vagheggiato di secessione, federalismo, devolution, nazione padana, di lotta al centralismo romano ed alla corruzione, per poi rivelarsi il più "italiano" dei partiti in quanto a consuetudine con i vizi del potere? Parrebbe proprio di si, stando ai suoi attuali dirigenti, compreso il nuovo segretario-fustigatore Salvini, al nome che porta, ai simboli che esibisce.

Se parliamo dello stesso partito, allora, a parte i numeri del tutto eccezionali del suo attuale consenso elettorale, di nuovo c'è solo la sua vocazione "nazionale", tutto il resto è un film già visto. A cominciare dall'approccio al tema dell'immigrazione e del multiculturalismo, per finire a quello del fisco. Ronde, Camicie verdi, provocazioni anti-islamiche, guerra alla moschee, contatti con l'estrema destra europea, minacce di rivolta fiscale: è storia degli ultimi quindici anni, almeno. Leggi tutto


Mario Espinoza Pino e Julio Martínez-Cava Aguilar: La connessione meridionale. Podemos, Syriza e i movimenti

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La connessione meridionale. Podemos, Syriza e i movimenti

Intervista con Mario Espinoza Pino e Julio Martínez-Cava Aguilar

6735eeef8a59e46585f03796b173e7b7 LPubblichiamo una lunga intervista con Mario Espinoza Pino e Julio Martínez-Cava Aguilar, entrambi militanti di Podemos, ma anche ricercatori sociali. Il nostro intento era quello di guardare alla Grecia a partire dalla Spagna, cercando di mettere a tema similitudini e differenze tra i due modi di affrontare il nodo del rapporto tra movimenti e istituzioni. Questo rapporto d’altra parte non è riducibile alla scelta di partecipare o non partecipare alle elezioni. Solo lo sconcertante dibattito italiano può ridurre il problema all’accettazione o – specularmente ‒ al rifiuto di stabilire una qualche alleanza con un ceto politico residuale o con qualche piccolo partito più o meno esistente. La tensione tra movimenti e istituzioni è in realtà un campo politico in cui si tratterebbe di mettere alla prova realisticamente la propria capacità di ottenere risultati, dimostrando l’efficacia del moto dei movimenti invece di fissarli in traiettorie definite e determinate una volta per tutte, lungo le quali ci si muove con la sicurezza di chi affronta percorsi conosciuti e cerca di evitare ogni novità.

L’intervista è stata fatta prima dell’ultimo round delle trattative tra il governo greco e le istituzioni europee, quindi non tiene ancora conto del tentativo di governare l’aporia che esse hanno evidenziato. Leggi tutto


Rino Genovese: La Controriforma e la Rivolta

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                      ponte

La Controriforma e la Rivolta

di Rino Genovese

controriformaIn un tempo ormai lontano, per tutti gli anni sessanta del Novecento e buona parte dei settanta, si sono contrapposte due idee, se si vuole due ipotesi, cariche entrambe di ambizioni innovative, ambedue non prive di una loro mitologia retrodatabile (nel senso che non nascevano di punto in bianco ma affondavano le radici nel passato). Erano la Rivoluzione e la Riforma. La prima aveva alle spalle la rottura francese del 1789 e poi – come in una grande epopea – le successive ondate ottocentesche fino alla Comune di Parigi e oltre, fino all’Ottobre sovietico e al moto spartachista in Germania. La concezione di fondo era quella, progressista radicale, della violenza come levatrice della storia: Hegel e Marx insieme, realismo politico e utopia. Dall’altro lato splendeva di una luce non meno intensa un’idea riformistica, gradualistica, a lungo prevalente nel movimento operaio organizzato, diciamo fino alla prima guerra mondiale, e ritornata in auge dopo la seconda. Stando a questa concezione, il modo capitalistico di produzione e di consumo va corretto, in prospettiva anche superato, senza il ricorso alla violenza rivoluzionaria: piuttosto con la pressione dei movimenti sociali combinata con una strategia elettorale e un’azione di governo.

Esisteva certo una serie di opzioni, variamente modulate, per cui la Rivoluzione poteva andare dalla semplice esaltazione rituale della Russia sovietica, o in seguito della Cina rossa, al progetto – non si sa quanto realistico – di una lotta che vedesse la fine dello stesso Occidente capitalistico, con il contributo più o meno decisivo delle spinte rivoluzionarie provenienti dal Terzo mondo; mentre, nel segno della Riforma, si poteva intendere un mero accomodamento in funzione di quello che all’epoca era detto il neocapitalismo, come pure una progressiva fuoriuscita dal sistema mediante le “riforme di struttura”. Leggi tutto


Michele Nobile: Le lezioni della Grecia e le prospettive

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Le lezioni della Grecia e le prospettive

di Michele Nobile

«Ma non posso chiudere l'argomento come se il giudizio in merito dipendesse unicamente dal rispetto di precedenti impegni o da fattori economici. Una politica che riducesse la Germania in servitù per una generazione, o che degradasse milioni di esseri umani, o che privasse di gioia un intero popolo, sarebbe da rifuggire e con paura: da rifuggire anche se fosse attuabile, anche se ci facesse più ricchi, anche se non preparasse il crollo di tutta la civiltà europea».
[John Maynard Keynes, «Le riparazioni di guerra e la capacità di pagamento della Germania» (1919), in Esortazioni e profezie, Garzanti 1975, p. 22.]

varoufakis tsipras louisa gouliamaki afp1. Per la prima volta dalla formazione dell'area dell'euro, nel negoziato tra il governo Tsipras e la troika (Banca centrale europea, Commissione europea, Fondo monetario internazionale) si sono opposte in modo chiaro due linee realmente alternative, sul piano istituzionale e del confronto fra governi. Da una parte alcuni dei governi e delle istituzioni più potenti del mondo, che da anni scaricano i costi della crisi capitalistica interamente sui lavoratori e sui comuni cittadini; dall'altro lato del tavolo, il governo di un paese devastato dall'austerità e in depressione si è fatto portavoce della necessità di provvedere urgentemente alla gravissima condizione in cui versano i lavoratori e i comuni cittadini greci. Non c'è alcun dubbio che in questa contrattazione si siano confrontate e scontrate la democrazia e la postdemocrazia, gli interessi immediati del popolo greco e gli interessi immediati del capitale europeo. Per la sua logica e per ciò che potrebbe implicare per gli orientamenti della politica economica e sociale del continente, il programma di Syriza è suonato alle orecchie delle caste politiche della postdemocrazia europea come un delitto di lesa maestà. Inoltre, la visione implicita nella proposta di Syriza è quella di un'Europa autenticamente federale; la troika, invece, intende l'unione monetaria alla stregua di un accordo di cambi fissi, con ciò minando la coesione europea.

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Militant: La sete di vendetta di Magistratura e Comune di Roma

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La sete di vendetta di Magistratura e Comune di Roma

A cinque anni di distanza torna il fantasma del 14 dicembre

Militant

Passato dalla storia all’oblio delle cronache, il 14 dicembre del 2010 continua a mietere vittime e continua ad alimentare sfoghi repressivi da parte della Magistratura capitolina. In mattinata sono giunte le richieste di condanna per gli organizzatori di quella manifestazione, culmine di un ciclo di lotte che vide quell’autunno quale uno dei momenti di più alta conflittualità degli ultimi anni nel nostro paese. Agli organizzatori di quella manifestazione oggi viene chiesta una media di tre anni e otto mesi ciascuno, una richiesta che avviene al di là degli eventi di Piazza del Popolo, certificando la volontà repressiva di una Magistratura politica e tutt’altro che “rossa” come qualcuno la vorrebbe dipingere da anni. Tra i colpiti anche diversi appartenenti al nostro collettivo.

Quel 14 dicembre non esplicitava solamente un rifiuto verso quel particolare governo, il governo “forzaleghista” che tramite la compravendita dei voti in Parlamento continuava la sua miserevole vita politica. Quella manifestazione certificava anche una volontà politica, quella di rompere con la logica liberal-liberista degli accordi parlamentari, della trasversalità politica, del rifiuto di ogni democrazia reale, effettiva, a scapito di una politica “di palazzo” prona ai voleri della UE. Dinamica che di lì a poco avrebbe portato al golpe “suave” europeista, con la sostituzione di Berlusconi con Monti, la lettera della BCE di Draghi, il pareggio di bilancio in Costituzione, la riforma delle pensioni e l’abolizione dell’articolo 18 con le leggi Fornero. Una serie di controriforme sociali che partirono proprio dalla dismissione di un governo non più capace di adeguare la politica ai dettami liberisti della UE.

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Deanna Pala: 'Europa2020' contro la povertà? Combatte tutto tranne la povertà

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'Europa2020' contro la povertà? Combatte tutto tranne la povertà

di Deanna Pala

La povertà in Italia e nell’Eurozona è in costante aumento. Niente di nuovo. È la naturale conseguenza delle politiche economiche delle Unione Europea: più tagli la spesa pubblica più diminuisce il reddito delle famiglie che sono costrette a diminuire i consumi aggravando la disoccupazione.

Questo è facilmente comprensibile ai bambini ma non ai Commissari Europei che, a proposito di bambini, si ostinano a far entrare le formine dentro la sfera tramite un buco che ha però una forma diversa.

Così credono che tagliando la spesa pubblica e abbassando i salari si possa magicamente creare crescita.

Contro la povertà l’Unione Europea istituisce nel 2010 la strategia Europa 2020 –piattaforma europea contro la povertà e l'emarginazione che ha l’obiettivo di lottare contro la povertà e l'esclusione sociale, riducendo del 25% il numero di europei che vivono al di sotto della soglia nazionale di povertà facendo uscire dalla povertà oltre 20 milioni di persone entro il 2020.

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John Pilger: Perchè l'avanzata del fascismo è nuovamente il problema

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Perchè l'avanzata del fascismo è nuovamente il problema

di John Pilger

kiev4Il recente 70° anniversario della liberazione di Auschwitz ci ha ricordato quale grande crimine sia il fascismo, la cui iconografia nazista è radicata nelle nostre coscienze. Il fascismo è conservato come storia, come tremolanti riprese di camicie nere che marciano al passo dell'oca, la loro criminalità terribile e chiara. Eppure, nelle stesse società liberali le cui belligeranti élite ci impongono di non dimenticare mai, del crescente pericolo di un moderno tipo di fascismo non si parla, perché è il loro fascismo.

"Iniziare una guerra di aggressione...", dissero nel 1946 i giudici del tribunale di Norimberga, "non è soltanto un crimine internazionale, ma è il crimine internazionale supremo, che differisce dagli altri crimini di guerra solo in quanto contiene in sé l'accumulo di tutti i mali".

Se i nazisti non avessero invaso l'Europa, Auschwitz e l'Olocausto non sarebbero accaduti. Se gli Stati Uniti ed i loro vassalli non avessero iniziato la loro guerra di aggressione in Iraq nel 2003, quasi un milione di persone oggi sarebbero vive, e lo Stato islamico, o ISIS, non ci avrebbe in balìa delle sue atrocità. Essi sono la progenie del fascismo moderno, svezzato dalle bombe, dai bagni di sangue e dalle menzogne, che sono il teatro surreale conosciuto col nome di informazione.

Come durante il fascismo degli anni '30 e '40, le grandi menzogne vengono trasmesse con la precisione di un metronomo grazie agli onnipresenti, ripetitivi media e la loro velenosa censura per omissione. Prendiamo ad esempio la catastrofe in Libia. Leggi tutto


Gerardo Marletto, Domenico Moro: La politica monetaria di Draghi è efficace, anzi no

economiaepolitica

La politica monetaria di Draghi è efficace, anzi no

Gerardo Marletto, Domenico Moro

Mario Draghi ecco tutte le misure che puo
                        mettere
                        in campo per salvare l euro h partbCon un suo recente intervento su economiaepolitica.it, Domenico Moro sottolineava l’inefficacia del quantitative easing alla Draghi ai fini della crescita economica. Queste tesi, che più volte abbiamo proposto ai nostri lettori, sono state oggetto di critiche da parte di Gerardo Marletto. Qui pubblichiamo un botta e risposta tra Marletto e Moro sulla inefficacia delle politiche monetarie espansive in presenza di austerità.

 

La critica di Gerardo Marletto

L’articolo di Domenico Moro (“Un quantitative easing per i mercati azionari e non per l’occupazione”) si inserisce in una linea di pensiero che da qualche tempo caratterizza non solo la rivista economiaepolitica.it ma buona parte del pensiero economico della sinistra nostrana. Una linea di pensiero allo stesso tempo presuntuosa e sbagliata.

A mio modo di vedere tutto comincia con l’arrivo di Draghi alla BCE.

Fino a quel momento non si poteva che essere d’accordo nella critica all’ossessione per l’inflazione della BCE. E giustamente si attaccava la reiterazione di questo modello restrittivo di politica economica contro i cosiddetti PIGS.

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Quarantotto: Democrazia, partiti di massa e liberoscambismo

orizzonte48

Democrazia, partiti di massa e liberoscambismo

Saper dire la verità (l'ultima chance)

Quarantotto

europa1. Mi rendo conto di quanto sia importante coordinare, in un'unica esposizione riassuntiva, il discorso che abbiamo cercato di svolgere negli ultimi mesi.

La questione riguarda il tema dei temi: e cioè come la democrazia "sostanziale" (imperniata sulla tutela dei diritti fondamentali sociali da parte delle istituzioni politiche, a ciò vincolate dalle Costituzioni democratiche), non possa effettivamente sopravvivere all'inserimento della società in un paradigma liberoscambista

Più esattamente, si tratta di come la democrazia, all'interno di tale paradigma liberista, non possa sopravvivere se non in termini "idraulici", che significa "tolleranza" verso l'espressione del voto, ma a condizione che conduca alla ratifica di indirizzi di politica economica e sociale rigidamente precostituiti, cioè convenienti alla oligarchia che controlla de facto ogni processo decisionale. 

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Jacopo Simonetta: La profezia di Keynes: il Bengodi che non arrivò mai

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La profezia di Keynes: il Bengodi che non arrivò mai

Jacopo Simonetta

In una conferenza del 1928 (pubblicata nel 1930)   John Maynard Keynes si lasciò andare ad una “profezia”: Quali saranno le possibilità economiche dei nostri pronipoti?    Poiché quei pronipoti siamo noi e Keynes è stato certamente uno dei maggiori economisti, penso che sia interessante rileggere quelle pagine.

In sintesi, il nostro sostiene che dall'antichità fino al 1.700 circa ci fu solo un’alternanza di periodi migliori e peggiori, ma non un sostanziale progresso a causa della mancanza di importanti miglioramenti tecnologici e dell’incapacità ad accumulare capitale.

Per l’accumulo di capitale Keynes aveva un’idea precisa: cominciò con l’aumento dei prezzi e dei profitti che seguirono la massiccia importazione di oro ed argento dal Nuovo Mondo durante il XVI secolo.

In particolare per l’Inghilterra, Keynes indica l’inizio dei tempi moderni con il 1580.   Data in cui Drake consegnò alla Regina Elisabetta un carico di oro (rubato agli spagnoli che lo avevano saccheggiato in Perù), tale da permettere alla sovrana di saldare il debito ed finanziare le prime compagnie coloniali.

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Miguel Martinez: Tesi sull’Isis e l’Occidente

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Tesi sull’Isis e l’Occidente

L’Isis è antioccidentale?

by Miguel Martinez

1) E’ un’affermazione autoreferenziale, vittimista, consolatoria ed esaltante solo per chi ha la sventura di sentirsi “occidentale”.

 

2) Cosa sia l’Islam, nessuno lo sa.

Cosa sia “l’islamismo” moderno, la cui forma più estrema è il califfato di Raqqah, è già più facile dirlo.

 

3) L’islamismo militante è universale. Affermare divisioni geografiche o razziali negherebbe alla radice il senso del loro impegno. Oriente e Occidente sono la stessa cosa, perché affermare la dualità sarebbe negare Dio stesso, sarebbe la bestemmia suprema. 

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Aristide Bellacicco: Appunti di critica marxista alle “Confessioni” di Varoufakis

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Appunti di critica marxista alle “Confessioni” di Varoufakis

Aristide Bellacicco*

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                      1e9ead6dc262Confesso – ammetto, è meglio dire – di non aver letto integralmente, fino ad oggi, le “Confessioni” del ministro Varoufakis. Oggi ho avuto tempo e l’ho fatto. In effetti, queste pagine in cui Varoufakis pone se stesso al centro di una vicenda storico-esistenziale con risonanze epocali mi hanno fatto sorgere più di una perplessità. Le sintetizzo – parzialmente e per punti – qui di seguito.

– 1 Scrive Varoufakis: “Marx aveva fatto una ‘scoperta’ che deve restare al centro di ogni analisi utile del capitalismo. Era, ovviamente, la scoperta di un’…opposizione binaria profonda nel lavoro umano. Tra due ‘nature’ molto diverse del lavoro: (i) lavoro come attività di creazione di un valore che non può mai essere specificato o quantificato in anticipo (e perciò è impossibile da mercificare) e (ii) lavoro come una quantità (ad esempio il numero di ore lavorate) che è in vendita e si ottiene a un certo prezzo. E’ questo che distingue il lavoro da altri fattori della produzione, come l’elettricità: la sua natura doppia, contraddittoria.” Ora, per quanto mi è noto, la doppia natura del lavoro in Marx oppone il lavoro in quanto produttore di “ricchezza” (valori d’uso) al lavoro in quanto produttore di “valore” (rintracciabile nel valore di scambio). E’ chiaro che il “lavoro come attività di creazione di un valore” non può mai essere quantificato in anticipo, perché è solo nella realizzazione del plusvalore (e non nella sua produzione) che viene in chiaro quanto profitto il capitale sia riuscito o meno a realizzare. D’altra parte, è proprio nella riduzione del “lavoro” (ma sarebbe meglio dire della “forza- lavoro”) ad una entità quantificabile che trova la sua ragion d’essere la produzione di valore (e di plusvalore). E ciò, in Marx, è vero sia sotto il profilo logico che sotto il profilo storico. Risparmio a tutti, e al buon Varoufakis soprattutto, le citazioni arcinote in cui questa affermazione trova riscontro.

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Alfonso Gianni: Con la vittoria di Syriza si apre una nuova fase in Europa

alternative

Con la vittoria di Syriza si apre una nuova fase in Europa

di Alfonso Gianni

MAS varoufakis tsipras APSiamo in molti ad avere sostenuto a più riprese che, in particolare in Europa, è assolutamente necessario che la politica prenda il primato sull’economia. Principio giustissimo. Ma non sufficiente per fare fronte alla nuova situazione che si sta profilando attorno all’affaire greco. Infatti la cattiva politica che domina attualmente in Europa si sta comportando nei confronti della Grecia addirittura peggio dei poco teneri mercati finanziari. Sembra un paradosso, ma non è difficile rendersene conto se seguiamo lo svolgimento degli ultimi eventi.

L’economista Yanis Varoufakis, attualmente ministro delle finanze del nuovo governo greco, rispondeva così - in una intervista rilasciata al Manifesto a fine 2014 – sulle probabilità di vittoria di Syriza nelle elezioni che si sarebbero tenute di lì a un mese: “Non c’è alcun dubbio che le forze dell’establishment faranno di tutto per fermare Syriza, ricorrendo alle più bieche forme di terrorismo psicologico nei confronti dell’elettorato greco. Ma sembra che questa volta tale strategia, già impiegata con successo in passato, sia destinata a fallire”. Così è stato.

 

Il terrorismo psicologico contro la Grecia

Il “terrorismo psicologico” non è stato lieve. Diciamo che si è solo fermato alla soglia del terrorismo vero e proprio. Non si è trattato solo di una campagna di stampa avversa condotta su scala internazionale. Non ci sono state soltanto le dichiarazioni dei vari leader o capi di stato che si sentono le vestali delle politiche di austerità.

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Bruno Amoroso: Il disagio della democrazia

comuneinfo

Il disagio della democrazia

Bruno Amoroso*

crisi h partbLa democrazia è la lotta con cui i popoli costruiscono sistemi politici per impedire il consolidarsi di gruppi di potere. L’Ue si è sottratta a questa concezione: al centro del progetto europeo oggi ci sono la delega all’élite, il rilancio delle associazioni massoniche, il controllo della formazione univeristaria e dei media, la manipolazione dei bisogni, le forme moderne di retorica e populismo, la frantumazione delle relazioni sociali. È l’Europa del pensiero unico e della società degli individui. Tuttavia la repressione del legame sociale non ha prodotto la sua estinzione e il rifiuto delle politiche di austerity imposte dalla Troika è ormai enorme. Per questo, spiega Bruno Amoroso, le élite europee, su comando dei padroni della finanza internazionale gestiti da Mario Draghi, hanno cominciato a riscaldare i motori. Abbiamo bisogno di rinegoziare i trattati europei, di eliminare misure inique come il fiscal compact e il Patto di stabilità, di tirare fuori l’Ue dalla spirale di guerre innescata dagli Usa. La democrazia si riconquista dando voce al popolo, con buona pace di chi ama tuttora discettare sul “disagio” della democrazia.

 

La concezione della democrazia, da sempre, esprime il volere e il potere del popolo, che le istituzioni dovrebbero prendersi cura di realizzare. La Costituzione italiana del 1948 recepisce questo concetto. Le istituzioni sono pertanto espressione del popolo e della sua volontà, e la loro legittimità nasce dalla capacità di esercitare queste funzioni mediante il potere di revocabilità degli eletti, che le elezioni e altre forme di espressione del consenso consentono. Un sistema politico, questo, che impedisce il consolidarsi di gruppi di potere e posizioni privilegiate di governo in contrasto con la volontà popolare e il bene comune.

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M.Mameli e L.del Savio: E’ In Arrivo Una ‘Primavera Europea’?

vocidallestero

E’ In Arrivo Una ‘Primavera Europea’?

di Matteo Mameli e Lorenzo del Savio

Dal sito PopularResistance.com, un articolo di due studiosi italiani, Matteo Mameli e Lorenzo del Savio,  sottolinea come i partiti radicali che suscitano tante speranze in Europa e che cercano di cambiare dall’interno le istituzioni europee, presentino in realtà il forte rischio di essere “catturati” dalle oligarchie che ci governano. L’inganno potrebbe passare attraverso l’idea di Piketty di salvare la democrazia europea tramite un rafforzamento del Parlamento europeo. Niente di più falso e inutile, sostengono gli autori. L’argomento, che potrebbe diventare di pressante attualità nei prossimi mesi, è ulteriormente approfondito nel paper degli stessi autori di cui abbiamo proposto la traduzione e che vi invitiamo a sostenere. 

 

Alexis Tsipras places flo 012Sull’onda della vittoria del partito progressista di Syriza alle elezioni greche del 25 gennaio 2015, alcuni hanno iniziato a parlare dell’arrivo di una ‘Primavera Europea’, una rivolta democratica contro lo status quo politico in Europa.

Questo status quo ha imposto delle brutali politiche di austerità su paesi come Grecia, Cipro, Spagna, Italia, Portogallo e Irlanda. Queste politiche hanno portato avanti e tutelato gli interessi delle banche e, più in generale, di coloro che detengono grosse attività finanziarie. Esse hanno portato avanti e tutelato gli interessi delle grandi imprese. Hanno provocato dei tassi di disoccupazione incredibilmente alti, una enorme compressione dei salari dei lavoratori e un numero impressionante di fallimenti di piccole imprese. Esse hanno portato a tagli drammatici alla sicurezza sociale e ai sistemi sanitari pubblici.

Queste sono questioni economiche, ma sono anche questioni morali. Rapinare una intera generazione di giovani europei della possibilità di trovare un lavoro decente significa privarli delle loro speranze e della dignità. Ma oltre a questi problemi, ci sono altri aspetti dello status quo europeo che sono veramente scandalosi. Attraverso una varietà di meccanismi – dai memorandum della troika ai patti e ai trattati UE – le istituzioni europee hanno derubato i cittadini europei di ogni controllo democratico significativo sulle decisioni politiche.

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tonino

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Mar 16, 2015, 10:35:17 AM3/16/15
to sante gorini

rk: In cerca di tempo... per fare cosa?

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In cerca di tempo... per fare cosa?

di rk

Il governo greco sembrava aver preso un po’ di fiato nella trattativa con la Ue al di là dei magrissimi “risultati” ottenuti (se pure…). Ma dopo pochissimo la doccia fredda: il piano Varoufakis di review del bilancio statale è respinto al mittente mentre tornano ad Atene gli uomini della trojka.

In soldoni, non c’è spazio alcuno per una reale contrattazione sulle misure di austerity in vista di una seppur minima ricontrattazione sul debito: ci stanno prendendo per la gola, ha detto Tsipras. L’obiettivo politico, non solo di Berlino ma di tutte le istituzioni e i governi europei, “meridionali” inclusi, è il logoramento di Syriza (che è anche un avvertimento agli spagnoli rispetto alle chances di Podemos).

Fin qui, il consenso interno al governo greco ha tenuto. Il grosso della popolazione vuole infatti la negoziazione coi poteri europei e vuole restare nell’euro. Pur senza farsi eccessive illusioni su quanto si possa portare a casa, crede/spera ancora che a Bruxelles ci si possa un minimo “ravvedere” rispetto agli esiti dell’austerity smussandola in cambio di ulteriori sacrifici, meglio se conditi con una più equa redistribuzione su tutti i ceti garantita dal nuovo governo. Ragiona insomma con quel “realismo” che Tsipras e Varoufakis rispecchiano e rilanciano. Questione di sopravvivenza, non di potenza rivoluzionaria: non si può più vivere come prima ma lo si desidera ancora. Leggi tutto


Simon Wren-Lewis: Le conseguenze economiche dell’austerità

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Le conseguenze economiche dell’austerità

di Simon Wren-Lewis*

L’impatto delle misure di austerità fiscale sull’eurozona è stato immenso. In un mio recente articolo, stimavo – in maniera un po’ approssimativa – che il Pil della zona euro nel 2013 era calato del 4 per cento a causa dei tagli ai consumi e agli investimenti pubblici. Secondo altri l’impatto è stato ancora maggiore.

Abbiamo ora una nuova stima, molto più accurata della mia. In un loro recente paper, Sebastian Gechert, Andrew Hughes Hallett e Ansgar Rannenberg applicano i moltiplicatori fiscali ai cambiamenti nei saldi di bilancio dei vari stati dell’eurozona a partire dal 2011. Il loro calcolo si differenzia dal mio per il periodo di osservazione ma soprattutto per il fatto di aver incluso tutti i cambiamenti nelle posizioni di bilancio e non solo i consumi e gli investimenti pubblici. È un dettaglio non da poco se consideriamo che una grossa parte del consolidamento fiscale nell’eurozona ha riguardato proprio i trasferimenti fiscali.

Inoltre essi si sono basati su dei “meta-moltiplicatori” (derivati dall’analisi di diversi moltiplicatori) da cui emerge che i moltiplicatori fiscali sono maggiori nelle economie in depressione. Applicando questi meta-moltiplicatori al consolidamento fiscale dell’eurozona risulta che nel 2013 il Pil dell’unione monetaria era più basso del 7.7 per cento a causa delle politiche di austerità (in linea con le conclusioni di altri studi simili). Leggi tutto


ilsimplicissimus: La fine dell’illusione

ilsimplicissimus

La fine dell’illusione

di ilsimplicissimus

Non tutto il male viene per nuocere e ciò che sta accadendo tra le “istituzioni” orwelliane di Bruxelles e il governo di Atene, spazza via ogni illusione altroeuropeista, ovvero l’ultima incarnazione in ordine di tempo della sinistra di resa e di governo, l’ultima sigaretta di Zeno Cosini nel cedimento all’egemonia culturale del liberismo. La possibilità di trovare un compromesso al rialzo, di poter pensare a una società più eguale e più solidale in questo contesto, è stato un abbaglio, un alibi, un deficit di analisi, un’incapacità di liberarsi dalle interpretazioni cristallizzate, molte cose assieme che adesso giungono alla cruna dell’ago della crisi greca.

Come avevo previsto da facile profeta di cose evidenti, la battaglia tra l’Europa ed Atene non poteva e non può che finire in due modi: o una totale resa di Tsipras  o un’ uscita dall’euro perché qui la sostanza della questione non sta nei soldi, nei finanziamenti, negli aiuti ma nel portato politico della moneta unica in nome della quale tutto il potere reale finisce nelle mani di pochi centri finanziari, mentre le istituzioni elettive vengono scavalcate ed esautorate. Leggi tutto


Perry Anderson: Il populismo continentale

manifesto

Il populismo continentale

Leonardo Clausi intervista Perry Anderson

04clt1reu germany Perry Ander­son, docente della Uni­ver­sity of Cali­for­nia di Los Ange­les, non­ché tra i teo­rici fon­da­tori della «New Left» anglo­sas­sone e della rivi­sta «New Left Review», è osser­va­tore meti­co­loso della scena euro­pea e di quella ita­liana in par­ti­co­lare, da lui stu­diate secondo un metodo com­pa­ra­tivo delle strut­ture poli­ti­che e assetti cul­tu­rali che tiene ben pre­sente il magi­stero gram­sciano. Fin dagli anni Set­tanta, lo sto­rico inglese ha intrec­ciato dia­lo­ghi illu­mi­nanti con figure car­dine del nostro pano­rama intel­let­tuale: Lucio Col­letti, Nor­berto Bob­bio, Carlo Ginz­burg, fino alle recenti, sen­tite com­me­mo­ra­zioni di Seba­stiano Tim­pa­naro e Lucio Magri apparse sulla «Lon­don Review of Books». Gli arti­coli che da anni dedica all’Italia sulla «Lrb» sono stati ora pub­bli­cati, accom­pa­gnati da una nuova con­clu­sione, per la prima volta da Castel­vec­chi con il titolo L’Italia dopo l’Italia. Il libro è un’analisi spie­tata degli ultimi ven­ti­cin­que anni di poli­tica nazio­nale, dal domi­nio ber­lu­sco­niano all’offensiva neo­li­be­ri­sta dell’attuale pre­si­dente del con­si­glio, dove il per­so­na­li­smo auto­ri­ta­rio di Mat­teo Renzi, con­vinto com’è di poter rifor­mare il paese sul duplice fronte eco­no­mico e isti­tu­zio­nale, si tinge di gaul­li­smo. Lo abbiamo rag­giunto via email da Los Angeles.

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Franco Senia: Syriza e dintorni

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Syriza e dintorni

di Franco Senia

syriza25255b425255dIl capitalismo senza nemmeno un capitalista

Ci sono due saggi fondamentali per poter capire perché Syriza, in Grecia, con ogni probabilità sta andando verso il fallimento: il primo testo è "Dominio senza soggetto", di Robert Kurz, il secondo è "Che cosa fa andare avanti il capitalismo" di  Michael A. Lebowitz.

Kurz spiega perché quello che noi chiamiamo marxismo sia in fondo solo una critica riduttiva del concetto di dominio, critica di per sé incapace di spiegare quello che è il capitalismo "maturo":

«Uno dei termini più amati dalla critica sociale di sinistra - che viene utilizzato con la spensieratezza dell'ovvietà - è il concetto di "dominio". I "dominanti" sono stati e sono considerati, in numerosi trattati ed opuscoli, come dei grandi ed universali cattivi al fine di poter spiegare le sofferenze della socializzazione capitalista. Questa cornice viene applicata retrospettivamente a tutta la storia. Nel gergo specificamente marxista, questo concetto di dominio viene ampliato nel concetto di "classe dominante". In questo modo, la comprensione del dominio ottiene una "base economica": la classe dominante è la consumatrice del plusvalore, del quale essa si appropria con l'astuzia e con la perfidia e, chiaramente, con la violenza.

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Jacques Sapir: Dopo l'euro

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Dopo l'euro

di Jacques Sapir

Jacques Sapir discute lo stato attuale del dibattito sull’euro (citando anche Fassina) e considera imminente il punto di rottura. L’intransigenza tedesca combinata alla passività delle altre classi dirigenti europee rende probabile, purtroppo, uno smantellamento “conflittuale”, con la Germania che cercherà di negare la propria responsabilità nella distruzione dell’equilibrio europeo per la terza volta in un secolo. Sapir parla poi del “day after”: dei passi necessari da intraprendere subito dopo la rottura, del quadro giuridico e del sistema monetario che verrà, discutendo l’eventualità di un euro mantenuto come moneta comune —ma non unica— negli scambi internazionali: un’ipotesi comunque difficile da implementare, e utile più che altro come salvagente ideologico per chi non vorrà ammettere il fallimento totale dell’euro.

index112Le più recenti dichiarazioni e gli articoli scritti negli ultimi giorni da diversi economisti e politici europei dimostrano che siamo entrati in una fase acuta della crisi dell’euro. In Grecia, la questione di un possibile ritorno alla dracma viene discussa apertamente. In Italia c’è Stefano Fassina, un economista del Partito Democratico (il partito di centro-sinistra da cui viene anche Renzi), ed ex Viceministro dell’Economia e delle Finanze, che per quanto riguarda la questione euro ha deciso di attraversare il Rubicone (1.11.2). La “conversione” di Fassina a posizioni critiche sull’euro dimostra bene come il dibattito si stia espandendo in Italia. Più recentemente abbiamo visto Wolfgang Streeck, sociologo ed economista, pubblicare su Le Monde un lungo articolo per spiegare che l’Europa deve abbandonare la moneta unica (2) [Trovate l’articolo di Streeck da noi recentemente tradotto su questo link, NdT]. Queste diverse posizioni, senza dimenticare quelle di Podemos in Spagna, sono un buon indicatore del fatto che siamo effettivamente ad un punto di rottura. Streeck dice senza mezzi termini che il mantenimento dell’euro sta uccidendo l’Europa e sta provocando un aumento di antagonismo anti-tedesco.

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di J. W. Mason: L’austerità “funziona”. È questo il problema

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L’austerità “funziona”. È questo il problema

di J. W. Mason*

L’austerità non crollerà sotto il peso delle sue contraddizioni. Per contrastarla serve un movimento

La Grecia ha oggi una bilancia commerciale in equilibrio. Questo vuol dire che non deve più ricorrere a capitali esteri (o a trasferimenti ufficiali, o alle rimesse degli emigranti) per finanziare le importazioni dall’estero. È un dato che pesa – o meglio che dovrebbe pesare – nei negoziati del governo greco con le “istituzioni”.

Il riequilibrio della bilancia commerciale greca riflette un trend più generale dell’eurozona? Martin Wolf ha recentemente notato sul Financial Times che negli ultimi cinque anni l’eurozona nel complesso è passata da un modesto deficit commerciale a un cospicuo surplus commerciale, pari al 3 per cento del Pil della zona euro nel 2013. Ma l’articolo di Wolf non specificava come quel surplus era ripartito tra i vari paesi. Ho pensato di rimediare.

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Comidad: Una "buona scuola", ma per i banchieri

comidad

Una "buona scuola", ma per i banchieri

di Comidad

Alcuni commentatori hanno già messo in evidenza l'ossimoro contenuto nello slogan renziano della "Buona Scuola". Idealizzare la Scuola è sempre stato infatti il modo più sicuro per delegittimarla. Per il resto nel "progetto di riforma" di Renzi non c'è nulla che non sia stato già fatto o detto dai governi precedenti. Uno studio diffuso dalla UIL ha posto in evidenza che anche i famosi, e fumosi, premi al "merito" dei docenti annunciati da Renzi si riducono in effetti a spiccioli.

Ma il concetto di premio al "merito" va valutato in base al contesto. In un lager il premio consisteva nel sopravvivere, e lo stesso vale per la "Buona Scuola", dove si è ormai accesa una guerra per bande per poter accedere all'olimpo dei "tutor", dei "mentor" e del mitico "staff" dirigenziale, in vista del consolidamento di una mafia carrieristica intenta a giudicare gli altri per non essere giudicata essa stessa. Leggi tutto


Lapo Berti: Il grande freddo

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Il grande freddo

di Lapo Berti

Il termine forse più usato e abusato negli anni o decenni passati è quasi certamente “crisi”. Lo si è declinato in un’infinità di modi. Si è parlato di crisi politica, di crisi economica, di crisi finanziaria, di crisi ambientale, di crisi sociale, di crisi morale, di crisi religiosa. Di un’ulteriore e possibile declinazione non si è parlato o si è parlato molto poco, quasi incidentalmente, o, addirittura non si è voluto parlare: di crisi di civiltà

rodneysmith 3perfectboundUna crisi di civiltà?

Il termine forse più usato e abusato negli anni o decenni passati è quasi certamente “crisi”. Lo si è declinato in un’infinità di modi. Si è parlato di crisi politica, di crisi economica, di crisi finanziaria, di crisi ambientale, di crisi sociale, di crisi morale, di crisi religiosa; di crisi di nervi, verrebbe da aggiungere. Di un’ulteriore e possibile declinazione non si è parlato o si è parlato molto poco, quasi incidentalmente, o, addirittura non si è voluto parlare: di crisi di civiltà. Eppure, è forse questa la prospettiva che ci consentirebbe di considerare e di comprendere più in profondità le tante crisi che ci angosciano e, più in generale, le dinamiche sociali, economiche, politiche lungo le quali sta scivolando la nostra civiltà. Il grande antropologo Ernesto De Martino vi avrebbe forse trovato la materia per delineare un’ennesima “apocalisse culturale”.

Forse, come l’ambiente fisico in cui viviamo, anche l’ambiente sociale è soggetto all’alternanza di ere calde o temperate in cui la vita fiorisce e si espande e di ere glaciali in cui la vita si ritira e combatte duramente per conservarsi. La sensazione cui vorrei offrire il supporto di qualche riflessione più accurata è che ci stiamo avviando verso una sorta di glaciazione sociale, perché stanno venendo meno alcune delle spinte vitali, espansive, che hanno sospinto la precedente fioritura. Leggi tutto


Guglielmo Forges Davanzati: L’austerità “flessibile” che non genera crescita e accentua le diseguaglianze

micromega

L’austerità “flessibile” che non genera crescita e accentua le diseguaglianze

di Guglielmo Forges Davanzati

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                    austerity europaCon uno slittamento semantico che ben poco toglie alla sostanza della questione, le politiche economiche suggerite dalla commissione europea vengono ora definite di austerità “flessibile”1, dove è l’aggettivo a contare maggiormente sul piano comunicativo. Ciò a indicare che la stagione delle misure radicali di riduzione della spesa pubblica e di aumento della pressione fiscale sarebbe ormai terminata.

In questa nuova prospettiva, fatta propria dal Governo Renzi, si inserisce la proposta formulata da due dei più accreditati economisti italiani – Alberto Alesina e Francesco Giavazzi – di far ripartire la domanda interna riducendo la pressione fiscale e sforando temporaneamente il vincolo del 3% del rapporto deficit/Pil2. E’ una proposta che merita di essere discussa proprio perché essa è alla base di quello che viene propagandato come un nuovo corso della politica economica italiana.

Si tratta di una proposta apparentemente di buon senso, definita keynesiana e, in quanto tale, “di sinistra”. In realtà, essa non è affatto keynesiana, non è affatto “di sinistra” (se la si legge considerando gli effetti redistributivi che la sua attuazione produrrebbe), e non è neppure di buon senso. Per queste ragioni.

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Adriano Voltolin: Tra Leopolda e seduzione: appunti su un profilo di Matteo Renzi

aldogiannuli

Tra Leopolda e seduzione: appunti su un profilo di Matteo Renzi

di Adriano Voltolin

Molto volentieri pubblico questo interessante ed anche divertente articolo di Adriano Voltolin, Presidente della Società di Psicoanalisi critica. Buona lettura!

renzi
                    leopolda 940Una lettura psicoanalitica di un fenomeno oppure di un personaggio non ha la pretesa di dare una lettura vera di quanto preso in esame, ma solo l’ambizione di poter contribuire, assieme ad altri vertici osservativi, ad una interpretazione più completa di quanto viene preso in osservazione. Nello studio di un analista una persona porta se stessa in molti modi, tra i quali, l’opinione che esprime di se stessa, ha una notevole importanza sintomatica: vale di più ciò che non sa di sé e che emerge, per dirla con un famoso analista francese, come qualcosa che zoppica, che fa ostacolo e che marca un tratto della sua personalità.

Prendendo in esame la figura dell’attuale Presidente del Consiglio dei ministri, alcuni tratti del suo carattere emergono prepotentemente nelle sue interviste sulla stampa o in televisione.

Certamente appare disinvolto, a suo agio col pubblico, pronto alla battuta salace che è sempre ben congegnata, sufficientemente risoluto, pronto ad ascoltare e prontissimo nel controbattere le opinioni altrui. Il suo abbigliamento appare quello di un uomo che rispetta le convenzioni, ma che anche le evade con noncuranza sia elegante che volutamente involontaria. Leggi tutto


Francesca Coin: Grecia: il vero e il crudele

minima&moralia

Grecia: il vero e il crudele

di Francesca Coin

“Où s’adresser pour réclamer justice,
si c’est l’iniquité des puissants qui nous tue!…
On peut faire ce que précisément Créuse fait,
fait tout au long de la pièce
…c’est la parrhesia”
M. Foucault

Mosaico raffigurante Alessandro Magno che
                    combatte ad Isso contro Dario IIIÈ stato proprio Varoufakis lo scorso novembre in un seminario sull’estetica della moneta tenuto a Berkeley a ricordare come la signora Thatcher fosse contrarissima all’euro. Proprio io, diceva, che sono stato a duecento manifestazioni contro di lei. Proprio io, mi trovo ora a citare la Thatcher. Era stata accolta con scetticismo, l’opposizione intransigente della Thatcher. Allora, solo lei si era opposta all’integrazione monetaria, ma la sua opposizione le era costata cara: prima le dimissioni del Ministro degli Esteri Geoffrey Howe, e poi le proprie nel novembre del 1990. Venticinque anni dopo le sue posizioni tornano ad essere oggetto di discussione, ironicamente da parte di quegli stessi critici della scuola neo-liberale a cui lei si ispirava per difendere la necessità di mantenere disperso il potere e decentralizzate le decisioni senza cedere la sovranità a “un super-stato […] che esercita un nuovo dominio da Bruxelles”.

Varoufakis riprende la Thatcher e poi torna al presente, a quell’unione europea divisa in modo quasi tragicomico proprio dall’unione monetaria in quello che sembra, per citare il suo libro, “uno squilibrio fondamentale”. È Christian Marazzi che riporta l’attenzione su questo concetto laddove descrive la situazione contemporanea come una situazione di squilibrio fondamentale, “quella situazione in cui alcuni paesi importano eccessivamente e altri esportano anch’essi eccessivamente, utilizzando i ricavi di queste esportazioni non per investire al loro interno, bensì per finanziare i deficit e i debiti dei paesi importatori” (Marazzi, 2015).

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Manfredi De Leo: La stretta monetaria

economiaepolitica

La stretta monetaria

Manfredi De Leo*

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                          nAltro che effetti espansivi sulla crescita. Come sostenuto più volte su Economia e Politica, in assenza di una ripresa degli investimenti pubblici il quantitative easing della BCE non servirà a rimettere in moto l’economia. Sarà piuttosto uno strumento con il quale le autorità monetarie potranno imporre nuovi tagli e riforme strutturali.

La Banca Centrale Europea ha dato avvio al massiccio programma di acquisti di titoli sui mercati finanziari detto Quantitative Easing (QE). Si tratta di una misura di portata storica, per le dimensioni del programma – circa mille miliardi di euro – ma anche e soprattutto per il fatto che esso coinvolge i titoli del debito pubblico europei: la banca centrale ne acquisterà quote consistenti, in controtendenza con un’impostazione della politica monetaria incentrata sull’indipendenza dell’autorità monetaria da quella fiscale. Una mossa che ha diviso gli analisti. Da un lato chi, con Scalfari, descrive il governatore della BCE come il “motore della crescita europea”, un eroe moderno che “mette l’economia al servizio del bene comune” – spesso rappresentato in contrapposizione al governatore della Bundesbank, arcigno sostenitore del rigore. In effetti, lo stesso termine “quantitative easing” allude ad una misura che accompagna una politica fiscale espansiva, allentando quei vincoli di natura monetaria che, in assenza di un aumento della liquidità, ne ostacolerebbero l’operato. Entro questa lettura, l’eurozona appare animata da un conflitto tra due opposti indirizzi di politica economica: crescita vs rigore, ovvero Draghi vs Weidmann, con il primo che incarnerebbe lo spazio politico per condurre l’Europa fuori dal paradigma dell’austerità. Leggi tutto


Cristina Morini: Il perturbante della sessualità

alfabeta

Il perturbante della sessualità

Cristina Morini

Con curiosa e istruttiva coincidenza temporale, l’assoluzione definitiva di Silvio Berlusconi dal cosiddetto «processo Ruby» stabilita dalla Cassazione avviene nelle stesse ore in cui un parlamento silenziato è stato messo di fronte allo scardinamento della Costituzione voluto dal governo Renzi. Storia grottesca, e insieme tragica, quella del vecchio premier che, in una notte del maggio 2010, telefona alla questura di Milano per chiedere di rilasciare una giovane donna, allora minorenne, in quanto «nipote di Mubarak».

L’inchiesta che da lì parte e si salda ad altre piste connesse alla vita privata di mister B. è un esempio eclatante di diversivo, cioè di programmatico spostamento dell’attenzione di un’opinione pubblica già pienamente piegata dalla crisi, con tutte le patologie sicuritarie e di negazione dei legami sociali che questo comporta. Viene utilizzata da una esangue sinistra incapace di costruire discorso, di giocarsi l’egemonia sui contenuti, di rilanciare la lotta politica sulle diseguaglianze che aumentano e punta tutto sulla battaglia contro la figura del ricco tycoon, sceso in campo perché «unto dal signore». Leggi tutto


Demostenes Floros: Guerre guerreggiate e guerre tra capitali

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Guerre guerreggiate e guerre tra capitali

di Demostenes Floros

A febbraio, dopo sette mesi di continui ribassi, il prezzo del petrolio è aumentato. Più precisamente, il Brent, benchmark per l’Europa e l’Asia, è significativamente cresciuto, passando da 53,53 a 62,32 dollari al barile ($/b).

 Il Wti, riferimento statunitense, è invece rimasto pressoché invariato pur in presenza di una marcata volatilità. I 48,42 $/b di inizio mese sono stati oltrepassati in chiusura (49,55 $/b) sulla scia dell’informazione relativa alla “riduzione del numero di trivelle attive negli Usa (oltre 1/3 in meno nel giro di 4 mesi)”.

Al contempo, il cambio euro/dollaro ha oscillato attorno a quota 1,12/14 €/$, per poi toccare 1,08 €/$ all'inizio di marzo (minimo da 11 anni) a dimostrazione di come il mercato dei cambi stia già scontando l'immissione di liquidità (Qe) da parte della Bce. Il rublo invece si è apprezzato sia nei confronti dell’euro sia del dollaro, a dimostrazione che le azioni messe in campo dal Cremlino per far fronte all’attacco valutario stanno ottenendo gli effetti auspicati. Leggi tutto


Anselm Jappe: Con Marx, contro il lavoro

blackblog

Con Marx, contro il lavoro

di Anselm Jappe

A proposito di Moishe Postone, "Tempo, lavoro e dominio sociale. Una reinterpretazione della teoria critica di Marx"; e di Isaak Rubin, "Saggi sulla teoria del valore di Marx". -

jappe25255b525255dNell'assumere come parola d'ordine la liberazione del lavoro, l'uscita dallo sfruttamento, i marxisti tradizionali hanno trascurato il fatto che Marx ha svolto una critica, non solo dello sfruttamento capitalistico, ma del lavoro stesso, così come esiste nella società capitalista. Pertanto, si tratta non di rimettere al centro ma, al contrario, di criticare il posto centrale occupato dal lavoro in questo sistema, dove esso regola tutti i rapporti sociali. E' questo l'oggetto della rilettura di Marx svolta in "Tempo, lavoro e dominio sociale" di Moishe Postone. 

Nell'editoria, a volte ci sono delle felici coincidenze. Così, questa primavera, "Mille et une nuits" (Fayard) ha pubblicato la traduzione francese del libro di Postone, pubblicato negli Stati Uniti nel 1993, mentre le edizioni Syllepse hanno ripubblicato i "Saggi sulla teoria del valore di Marx" di Isaak Rubin, la cui edizione russa risale al 1924 e la precedente edizione francese (di Maspero, ed esaurita da tempo) al 1978. In questo modo, il pubblico francofono ha in un sol colpo, a disposizione, due delle pietre miliari - si potrebbe perfino dire, il punto di partenza ed il punto di arrivo provvisorio - di una rilettura di Marx basata sulla critica del lavoro astratto e del feticismo della merce. 

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Giovanni Mazzetti: Non servono "moniti" se manca una bussola

criticamarx

Non servono "moniti" se manca una bussola

L'euro: un destino segnato?

Giovanni Mazzetti

Prosegue il dibattito sul “destino dell’euro”. Il “monito degli economisti” è inadeguato perché nega il bisogno di un radicale cambiamento della struttura delle relazioni sociali. Non è possibile una riedizione del Welfare. Perché abbiamo bisogno di una bussola per affrontare la crisi.

moneta 258Poco più di un anno fa un folto gruppo di economisti di diversi paesi ha lanciato un “monito”, pubblicato sul Financial Times del 23 settembre 2013, che ora viene riproposto da Emiliano Brancaccio sull’ultimo numero di Critica marxista1.

Il succo dell’appello era ben riassunto dalle conclusioni:

Occorre essere consapevoli che proseguendo con le politiche di “austerità” e affidando il riequilibrio alle cosiddette “riforme strutturali” il destino dell’euro sarà segnato: l’esperienza della moneta unica si esaurirà, con ripercussioni sulla tenuta del mercato unico europeo. In assenza di condizioni per una riforma del sistema finanziario e della politica monetaria e fiscale che dia vita a un piano di rilancio degli investimenti pubblici e privati, contrasti le sperequazioni tra i redditi e tra i territori e risollevi l’occupazione nelle periferie dell’Unione, ai decisori politici non resterà altro che una scelta cruciale tra modalità alternative di uscita dall’euro.

Ma che cosa succede se la caduta degli investimenti pubblici e privati, l’accentuato squilibrio tra i redditi, l’esplodere della disoccupazione di massa e perfino l’eventuale futura fuga dell’euro, sono sintomi della crisi, non le sue cause? Succede – com’è successo – che il monito lascia il tempo che trova, e cioè non sortisce gli effetti sperati. Né basta insistere sulla sua attualità, come fanno ora Brancaccio e Zezza sul citato numero di questa rivista, per ottenere qualcosa di diverso.

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