Christian Marazzi: La guerra diffusa della crisiLa guerra diffusa della crisiGigi Roggero intervista Christian Marazzi
Al seminario di Milano ho cercato di ragionare attorno a questo scenario di guerra diffusa, prendendo lo spunto dal dimezzamento del prezzo del petrolio, che è la conseguenza di una scelta ben precisa da parte dell’Arabia Saudita in particolare. La scelta consiste nel forzare il prezzo del petrolio non diminuendo la produzione, mettendo in difficoltà paesi come Iran, Nigeria e Venezuela che hanno bisogno per funzionare economicamente di un prezzo del petrolio superiore ai 100-120 dollari al barile (per quanto un’economia fondata sul petrolio e sulla monocultura sia tutta da criticare). Leggi tutto |
Lorenzo Filipaz: #Foibe o #Esodo?#Foibe o #Esodo?«Frequently Asked Questions» per il #GiornodelRicordodi Lorenzo Filipaz
L’approccio è quello di una seduta psicoanalitica, una sorta di terapia post-traumatica. Terapia in ritardo di sessant’anni, ma più che mai utile agli odierni discendenti di esuli, per disinnescare certi meccanismi difensivi che favoriscono reticenze e strumentalizzazioni. Leggi tutto |
Alain Badiou: Il Rosso e il TricoloreIl Rosso e il TricoloreAlain Badiou
Oggigiorno, il mondo è totalmente investito dal capitalismo globale, sottomesso ai dettami dell’oligarchia internazionale e asservito all’astrazione monetaria come unica figura riconosciuta dell’universalità. Viviamo in un periodo di transizione molto difficile, che separa la fine della seconda tappa storica dell’Idea comunista (la costruzione indifendibile, terrorista, di un “comunismo di Stato”) dalla terza tappa (il comunismo come realizzazione politica, adatta al reale, dell’“emancipazione dell’umanità intera”). In questo contesto, si è insediato un mediocre conformismo intellettuale; una sorta di rassegnazione al contempo lamentevole e soddisfatta, che accompagna l’assenza di ogni futuro altro, ovvero la ripetizione dispiegata di ciò che già c’è. Vediamo allora apparire – come controcanto al tempo stesso logico e orribile, disperata e fatale miscela di capitalismo corrotto e di gangsterismo assassino – un ripiegamento maniaco, soggettivamente manovrato dalla pulsione di morte, contro le identità più variegate. Questo ripiegamento suscita a sua volta delle contro-identità sclerotizzate e arroganti. Leggi tutto |
Stefano Santachiara: Sinistra al bivio: modello Keynes o infinita terza via?Sinistra al bivio: modello Keynes o infinita terza via?Stefano Santachiara
Una strada innovativa per la rinascita di una nuova Sinistra, una volta elaborate specifiche analisi, sarebbe quella di sperimentare policy di matrice keynesiana come in parte ha già saputo dispiegare il presidente Obama. Lasciando da parte la peculiare condizione americana di negatività costante nella bilancia dei pagamenti, un elemento compatibile con il ruolo del dollaro di moneta mondiale di riferimento, si registra un surplus per imprese e cittadini dovuto ad una combinazione di fattori e passato attraverso fasi alterne: dal 2010 il deficit pubblico utilizzato per rilanciare l’economia dopo la crisi finanziaria è tornato a scendere sino all’odierno 2,8% del Pil, ma in precedenza aveva superato anche la vetta del 10%, dunque oltre il triplo di quanto oggi è consentito ai Paesi dell’Eurozona. Leggi tutto |
Valerio Evangelisti: Voltandosi verso il "sole dell'avvenire"Voltandosi verso il "sole dell'avvenire"Un'intervista a Valerio Evangelisti
I suoi ultimi due
libri, “Il sole dell'avvenire. Vivere
lavorando o morire combattendo” e “Il sole
dell'avvenire. Chi ha del ferro ha del
pane”, ci raccontano, partendo da vissuti
individuali, dello sfruttamento e delle lotte
proletarie che hanno attraversato l'Emilia-Romagna
dal periodo post-risorgimentale agli anni '20 del
secolo scorso. Già il semplice racconto di quei
periodi ci permette di riappropriaci di un
patrimonio utilissimo, e per questo non possiamo
non consigliarvi di leggere i suoi libri, ma
Valerio oltre a essere uno scrittore affermato, è
un prezioso compagno e abbiamo provato con lui a
tracciare differenze e similitudini col periodo
storico che stiamo vivendo. |
Alexik: Prosperare sul disastroProsperare sul disastroCronache dall’emergenza sociale permanentedi Alexik
Un gradevole entertainment, che come ogni fiction che si rispetti ci propone un finale e una lettura degli eventi in definitiva rassicurante: il disastro della capitale, il collasso delle sue funzioni vitali sono frutto dell’attività criminale di un gruppo – sia pur nutrito – di biechi delinquenti, corrotti e corruttori ormai resi innocui dalla giustizia trionfante. Disastro e collasso non derivano dunque da quelle scelte politiche che per decenni hanno nutrito deliberatamente la speculazione privata con tonnellate di denaro pubblico, a prescindere dall’esistenza o meno di mazzette e dal ricorso del potere economico a pratiche formalmente illegali. La retorica della legalità è la narrazione necessaria affinché, una volta eliminate le “mele marce”, tutto ritorni come prima, o meglio, perché la speculazione si dia forme più moderne, più efficaci, meno grossolane. È una retorica che non entra nel merito del fatto che la devastazione sociale e quella dei territori possano avvenire anche a norma di legge. Tutta questa enfasi sulle tangenti è riduttiva e fuorviante, perché c’è qualcosa di ancora più grave dell’aspetto corruttivo: un prezzo molto più alto da pagare ai detentori del potere economico. Lo pagano i territori in termini ambientali, lo paga il lavoro in termini di diritti, lo pagano le fasce più deboli di questo paese in termini di emarginazione sociale. Leggi tutto |
Adam Arvidsson: No NaomiNo NaomiAdam ArvidssonPoiché partecipo spesso a incontri dedicati alla crisi economica, in cui di solito dipingo uno scenario assai cupo, capita che alla fine dello speech, qualcuno si avvicini e mi dica: «senta, ma io comunque spero ancora». È molto diffuso il desiderio di sperare, anche se non si sa esattamente in che cosa. Oggi i lavoratori del sapere, oltre a pensare che le attività che svolgono abbiano un senso, vogliono cambiare il mondo, e che riescano, nel loro piccolo, a migliorare il mondo: ecco, mi sento di dire che l’ultimo libro di Naomi Klein fa per loro. Il titolo italiano, diverso da quello originale – This Changes Everything. Capitalism vs The Climate – comunica chiaramente il vero messaggio di questo libro: anche se va tutto malissimo, noi possiamo, anzi dobbiamo continuare a sperare; saremo noi a salvarci, se solo ci crediamo appassionatamente. Seguendo uno schema retorico classico, Naomi Klein inizia illustrando i tratti di un mondo destinato all’apocalisse. Nella prima parte ci spiega, essenzialmente, come la possibilità di ridurre l’impatto di una crisi climatica ancora in corso e di preservare la sopravvivenza della civiltà, così come noi la conosciamo, sia profondamente incompatibile con il “capitalismo deregolamentato”, ossia il governo più o meno diretto da parte delle grandi corporation sulla società. Il punto è che le soluzioni tecnologiche e sociali ci sono, ma gli interessi consolidati dell’attuale neofeudalesimo neoliberal impediscono che esse vengano adottate: Leggi tutto |
Sebastiano Isaia: La "rivoluzione" di Naomi Klein non ci salverà neanche un po'La "rivoluzione" di Naomi Klein non ci salverà neanche un po'Sebastiano Isaia«Quando Al Gore divenne la voce dell’ambientalismo, disse esattamente questo: “Ecco quello che tu, consumatore, puoi fare. Vai in bici. Sostituisci le vecchie lampadine”. Gore aveva reso l’ambientalismo una moda: ma le mode passano. E quel modello, che continuava a considerarci come consumatori, non come membri di comunità, ha fallito. Per quanto importanti, i cambiamenti individuali da soli non bastano: sono le comunità che possono fare pressioni e ottenere risultati. Abbiamo perso. Ma i movimenti non sono lineari, e non sono morti: si reincarnano, e imparano dai loro errori. Il primo è stato quello di fidarsi di figure messianiche, affidare a loro il cambiamento e tornarsene a casa. È successo con Obama, ad esempio. […] Il nostro sistema economico e il nostro sistema planetario sono oggi in conflitto. O, per esser più precisi, la nostra economia è in conflitto con molte forme di vita sulla terra, compresa la stessa vita umana. Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile». Così parlò Naomi Klein. Prima di correre ad accendere un cero a San Carlo Marx, per il supposto miracolo, il marxista ortodosso – che ha snobbato Il fondamentalismo del mercato secondo Naomi Klein postato da chi scrive lo scorso settembre – deve sapere che per l’eroina No-Global il nemico del pianeta e dell’umanità non è il capitalismo tout court, il capitalismo “nudo e crudo”, in sé e per sé, ma il «capitalismo deregolamentato», cioè a dire il capitalismo ultraliberista venuto fuori dalla “controrivoluzione” degli anni Ottanta. E deve altresì sapere, il marxista duro e puro di cui sopra, che quando straparla di «rivoluzione» la militante di successo allude a movimenti politici sinistrorsi del calibro di Syriza e di Podemos, in effetti quanto di più “radicale” possa presentarsi agli occhi dei cosiddetti “radical chic”, soprattutto se di successo. Leggi tutto |
Militant: Dopo Syriza, Podemos: qualcosa si muove nell’Europa inferioreDopo Syriza, Podemos: qualcosa si muove nell’Europa inferioredi MilitantLa marcia dei 200.000 di Madrid organizzata da Podemos può essere letta in vari modi. Un modo è quello di interpretarla guardando esclusivamente al programma elettorale di Podemos. Un programma nato come effettivamente socialista, a sinistra potremmo dire di quello di Syriza, ma che col tempo e con l’accresciuta notorietà mediatica si è andato moderando nel tentativo probabilmente di non spaventare troppo. Un altro modo è quello di leggere questa nuova linfa di un certo tipo di (neo)sinistra dal punto di vista delle classi subalterne, stanche di vedersi ridurre quotidianamente stipendi e diritti, e che concedono nuovamente credito a una sinistra che sembra aver individuato il nodo da sciogliere: contrattare condizioni economiche migliori con l’Unione Europea per riconquistare margini di autonomia politica, minacciando l’uscita dal consesso liberista in caso di non ascolto. Una popolazione convinta non tanto dai programmi o dai leader, ma dall’insofferenza dell’assenza di alternativa, dalla possibile soluzione di una crisi economica infinita. Uno dei dati acquisiti di questi anni è la sostanziale contiguità politica tra centrodestra e centrosinistra, tra liberali e riformisti. Se fino a poco tempo fa tale lettura era appannaggio dei militanti più scafati o meno illusi dal sistema consensuale mediatico, oggi è patrimonio comune di una parte di popolazione importante, probabilmente maggioritaria. Che riversa le sue speranze verso soggetti che appaiono, almeno in potenza, capaci di cambiare non diciamo lo stato di cose presenti, ma quantomeno la rotta. Progressisti, populisti o reazionari che siano. Leggi tutto |
E.Brancaccio e G.Zezza: La Grecia può uscire dall'euro?La Grecia può uscire dall'euro?di Emiliano Brancaccio e Gennaro Zezza*Non si può dire che tra il 2010 e il 2014 la Grecia non abbia “fatto i compiti” assegnati dalla Troika. La pressione fiscale è cresciuta di cinque punti percentuali rispetto al Pil, la spesa pubblica è diminuita di un quarto e i salari monetari sono caduti di venti punti percentuali. La Commissione europea ha sempre sostenuto che queste politiche non avrebbero depresso l’economia e avrebbero rilanciato la competitività. Ma le sue previsioni sull’andamento del Pil greco sono state ripetutamente smentite: in Grecia il crollo della produzione ha fatto registrare un divario rispetto alle stime di Bruxelles che talvolta ha oltrepassato l’imbarazzante cifra di sette punti di Pil. Anche sul versante della competitività, nonostante l’abbattimento dei salari e dei costi, i risultati sono stati diversi dalle attese: il saldo verso l’estero è migliorato, ma molto più per il tonfo del reddito e delle importazioni che per una ripresa dell’export. Né si può dire che le politiche indicate dalla Troika abbiano stabilizzato i bilanci: il deficit pubblico è stato faticosamente ridotto ma la caduta della produzione ha implicato un’esplosione del rapporto tra debito pubblico e Pil di trenta punti percentuali. Il caso greco, si badi bene, è estremo ma non costituisce affatto un’eccezione. Esso rappresenta la più chiara conferma della previsione del monito degli economisti pubblicato nel settembre 2013 sul Financial Times: anziché stabilizzare l’eurozona, le attuali politiche europee alimentano una deflazione da debiti, accentuano i divari tra paesi del Nord e del Sud Europa e in prospettiva affossano le probabilità di sopravvivenza dell’Unione monetaria. Leggi tutto |
Girolamo De Michele: Sandro Mezzadra: Nei cantieri marxianiSandro Mezzadra: Nei cantieri marxianidi Girolamo De MicheleSandro Mezzadra, Nei cantieri marxiani. Il soggetto e la sua produzione, Manifestolibri, 2014, pp. 158
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Thomas Fazi: Il QE di Draghi: tanto rumore per nulla?Il QE di Draghi: tanto rumore per nulla?di Thomas FaziSu un punto esperti e commentatori si sono trovati d'accordo. La questione non è tanto se fare o no il Quantitative Easing o meno ma come lo si fa. Tutti i dettagli del programma
La durata: Draghi ha dichiarato che il piano di acquisto titoli partirà a marzo e proseguirà fino a settembre 2016 e comunque fino a quando l’inflazione non tornerà a livelli ritenuti coerenti con gli obiettivi della Bce. Il fatto che il presidente della Bce abbia esplicitamente legato il piano all’obiettivo inflazionistico della banca centrale è stato accolto positivamente da quasi tutti i commentatori, in quanto questo offre a Draghi un ampio margine di manovra per portare avanti il programma per tutta la durata che ritiene necessario. Allo stesso tempo, , è importare notare che Draghi è stato attento a non fissare l’obiettivo in termini di tasso inflazionistico ma di “andamento dell’inflazione”, il che vuol dire che il numero uno della Bce potrebbe porre fine al programma anche se l’obbiettivo inflazionistico della Bce di “poco meno del 2%” non risultasse raggiunto a settembre 2016. Leggi tutto |
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