Roberto Finelli: Il disagio della "totalità" e i marxismi italiani degli anni '70Il disagio della "totalità" e i marxismi italiani degli anni '70*Roberto FinelliLa «rivoluzione passiva» dell’ultimo quarantennio e il mancato incontro tra comunismo del Novecento e cultura del riconoscimento del Sé. I «marxismi senza Capitale» di Gramsci e Della Volpe. Dalla «dialettica» tedesca alla «differenza» francese. L’operaismo italiano tra Gentile e Heidegger
Rivoluzione passiva Da tale passaggio socio-culturale, che ha segnato profondamente l’intellettualità e l’ideologia italiana, è derivata insieme ad altri fattori, quella «rivoluzione passiva» che i ceti popolari e i gruppi sociali più radicali hanno vissuto e subìto durante l’ultimo quarantennio, e continuano tuttora dolorosamente e drammaticamente a subire. Leggi tutto |
Domenico Tambasco: La neolingua del Jobs ActLa neolingua del Jobs Actdi Domenico Tambasco
“Jobs Act”, “jobs property”, “flexicurity”, “tutele crescenti”, “semplificazione”, “mutamento di mansioni”, “moderazione salariale”, “crescita”, “competitività”: da alcuni mesi a questa parte, in coincidenza con “l’epocale” riforma del lavoro, l’opinione pubblica è costantemente bombardata da una pioggia di anglicismi e termini tecnici ripetuti ormai all’infinito. Sono le parole d’ordine dell’Italia del nuovo millennio che, come argutamente osservato da qualcuno, si è trasformata tutto d’un tratto in un popolo di giuslavoristi. Potremmo riprendere le parole del morettiano protagonista di “Palombella rossa” che, nel disperarsi contro il “trend negativo” evocato da una giovane giornalista, scolpiva una pietra miliare del cinema affermando, contro la corruzione del linguaggio, che “chi parla male pensa male, e vive male”. Leggi tutto |
Alberto Burgio: La crisi, la democrazia e la Sinistra in EuropaLa crisi, la democrazia e la Sinistra in Europadi Alberto BurgioMartedì scorso il manifesto ha pubblicato un articolo di Jospeh Stiglitz che ha il merito di disegnare un quadro limpido della situazione sociale ed economica dell’Unione europea dopo otto anni di crisi, e dei pericolosi contraccolpi politici (crisi democratica e impetuosa crescita della destra radicale) che ne conseguono. Stiglitz insiste sulle responsabilità delle leadership europee (scrive di un «malessere autoinflitto») e punta il dito sulle «pessime decisioni di politica economica» (l’ austerity ) ispirate a teorie fallimentari. È una base di partenza per una seria discussione, e anche un utile contributo per la ricostruzione di una pratica critica che riapra un quadro politico stagnante, imprigionato (non solo in Italia, ma soprattutto qui da noi) in una camicia di forza che sta rapidamente soffocando la democrazia. Con gravi responsabilità delle sinistre socialiste, che hanno cooperato alla costruzione dell’architettura istituzionale e monetaria di questa Europa. C’è solo un aspetto dell’analisi di Stiglitz che non convince e forse merita un supplemento di riflessione. Come molti altri anche Stiglitz parla di «errori», di «modelli viziati», della «follia» che accecherebbe le classi dirigenti impegnate in politiche rovinose. Questa rappresentazione suggerisce che la costruzione europea prima, la gestione della crisi via austerity e deflazione salariale poi, abbiano danneggiato indiscriminatamente tutti, risolvendosi in un incomprensibile esercizio di autolesionismo collettivo. Le leadership europee avrebbero «sbagliato» e persevererebbero diabolicamente, nonostante gli effetti negativi delle loro scelte danneggino tutti gli attori coinvolti: Stati, economie nazionali, classi sociali. Leggi tutto |
Daniele Busi: Una crisi esclusivamente politicaUna crisi esclusivamente politica(che la Grecia non può risolvere)di Daniele BusiCercate di seguirmi in questo ragionamento sequenziale. In Europa non ci sono stati recenti cataclismi, le risorse naturali non mancano, la ricerca scientifica e tecnologica avanzano e le potenzialità di sviluppo offerte dal sistema produttivo crescono di anno in anno (si vedano le nuove frontiere in ambito biomedico e informatico, ad esempio). Quindi:
1) Non c’è alcuna ragione naturale a causa della quale l’Eurozona potrebbe trovarsi in crisi. Tuttavia l’Eurozona è in crisi, ed è in crisi per un unico motivo: Il deficit pubblico dei Paesi dell’Eurozona è troppo basso, quindi dilaga la disoccupazione. (Qui una spiegazione più dettagliata) Ma dalla lezione di Warren Mosler (e di Friedrich Knapp) apprendiamo che l’emissione monetaria è una semplice registrazione contabile che non comporta nessuna “privazione” da parte dell’emettitore, e non necessita dell’accantonamento di alcuna “risorsa” (o forma di risparmio) per essere effettuata. Leggi tutto |
L’incertezza della transizione e le certezze del padroneL’incertezza della transizione e le certezze del padroneO della Salita e discesa del lavoratoreIl Jobs Act è ormai legge, ma i suoi effetti sono tutt’altro che chiari. In questo momento di transizione che è già un futuro, molte aziende approfittano della confusione generale per decidere quale tipologia contrattuale applicare ai propri dipendenti, lasciando nel frattempo i lavoratori in sospeso, per non parlare di chi oltre al salario vede sospesa in questo modo la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno. Se infatti molta è la confusione sotto il cielo, la situazione è, come si suol dire, eccellente, soprattutto per chi come i datori di lavoro sull’incertezza fa profitti. Loro sanno già benissimo che avranno variegate opportunità di giocare al ribasso con il salario dei lavoratori. Sanno che l’incertezza paga quanto i bonus fiscali che garantiscono una forza lavoro continua ma flessibile e precaria per il maggior tempo possibile. Le domande esistenziali dei datori di lavoro, i grandi quesiti del capitale, sono: «Quanto poco posso pagarti? Quante garanzie posso negarti?». Queste domande per ora sembrano non avere una risposta ben definita. Si dice imbarazzo della scelta, si scrive precarietà. Leggi tutto |
L.Fiore e A.Avvisato: Un'Alba Mediterranea contro troika ed euroUn'Alba Mediterranea contro troika ed euroIl M5S rompe gli indugiLuca Fiore - Alessandro Avvisato
Una iniziativa che a partire dal processo di rottura avvenuto in America Latina nei decenni scorsi rispetto all’asfissiante dominazione economica statunitense e alla dollarizzazione delle economie, propone un processo di rottura all’interno dell’Unione Europea che liberi i Pigs – i paesi “maiali” oggetto di quasi un decennio di politiche di austerity – dall’ormai intollerabile gabbia rappresentata da una moneta – l’Euro – e da alcune istituzioni – la Bce, la Troika – che i partecipanti all’iniziativa hanno esplicitamente contestato. Introducendo i lavori, il parlamentare del M5S Manlio Di Stefano ha sottolineato "L'insostenibilità del sistema-euro per i paesi europei con condizioni diverse tra loro e gli effetti della globalizzazione". A questo punto si può fare altro? A questa domanda Di Stefano ha risposto citando l'esempio dei paesi dell'Alba Latino americana. "Quindi i cittadini italiani possono discutere anche di altre ipotesi possibili". Importante il passaggio nel quale ha affermato che il M5S vuole tradurre tutto questo in atti legislativi. Leggi tutto |
Paolo Favilli: L’ “invenzione” della classe operaiaL’ “invenzione” della classe operaia*Marx e il “partito come classe”Paolo Favilli
Vorrei iniziare riflettendo su alcune affermazioni di un grande scrittore italiano: Italo Calvino. Calvino, agli inizi degli anni sessanta, affrontava, con la consueta “leggerezza metodologica”, il problema della “centralità operaia” nel discorso culturale contemporaneo in uno di quei suoi articoli costruiti in attento e calibrato equilibro tra specifico letterario e teoria della società, ed affermava: “Da più di un secolo a questa parte, il termine “operaio” da denominazione d’una condizione sociale o professionale è diventato elemento esplicito o implicito di ogni discorso culturale. (…) l’operaio è entrato nella storia delle idee come personificazione dell’antitesi”1. Certamente le culture del marxismo sono state essenziali nella determinazione del valore di immanenza universalistica attraverso il quale il termine “operaio” ha espresso tanto la soggettività che l’oggettività di un processo storico che avrebbe dovuto, negando l’esistente, concludersi in un orizzonte di liberazione totale. Leggi tutto |
Militant: La necessità di un governo forte di fronte alla disarticolazione della societàLa necessità di un governo forte di fronte alla disarticolazione della societàdi Militant
E’ ormai cosa nota – ci arrivano pure Corriere e Repubblica – che è in atto nel consesso europeo una “crisi della democrazia”, intesa come estrema difficoltà, da parte delle istituzioni rappresentative preposte, nell’inglobare le differenti visioni del mondo e le differenti classi all’interno di un contesto formale di rappresentanza politica. Leggi tutto |
Paolo Calabrò: C’è una vita prima della morte?C’è una vita prima della morte?Riflessioni di Miguel Benasayag e Riccardo Mazzeo su tempo ed esperienzaPaolo CalabròTutto si consuma. E la nostra società potrebbe venir ricordata come quella che, invece di assistere al logorio ineluttabile delle cose, incentivava a prendere parte da protagonisti all’evento, a diventare finalmente “consumatori”. Di questa “svolta” dal carattere ben poco filosofico, sono in tre a farne le spese: il mondo – che non riesce più a sopportare la riduzione a “fondo” da sfruttare e l’alterazione degli equilibri geotermici che hanno permesso (a lui come a noi) di sopravvivere per milioni di anni – e l’uomo, schiacciato dalle crisi economiche, avvilito dall’assenza di futuro, depauperato dai tagli alla spesa, mortificato e vessato dalla propaganda che lo vuole artefice (e colpevole) unico del proprio destino (a suon di: “Ognuno è quel che decide di essere”, “Questo è il più ricco dei mondi possibili” e “Non ci sono alternative al capitalismo”). La terza vittima, forse la più colpita di tutte, è il tempo: misurato, quantificato, monetizzato fino all’estenuazione (così che anche il “tempo libero” non è più tale, trasformatosi ormai in tempo da “impegnare divertendosi” – a pagamento presso agenzie specializzate, ça va sans dire). Non è tutto qui. Perché cambiando il modo di rapportarsi al tempo, cambia di conseguenza – anche se in maniera subdola, quasi impercettibile – il nostro modo di rapportarci ad esso: sembra che non siamo più in grado di vivere il tempo come esso ci si offre, e che non facciamo altro che cercare di forzarlo spostandone continuamente l’asse. Leggi tutto |
Francesco Piccioni: I dietrologi dell'Isis su MoroI dietrologi dell'Isis su Morodi Francesco PiccioniLeggendo le cronache avventurose - sul piano mentale - della nuova commissione parlamentare d'inchiesta sul sequestro di Aldo Moro, ad un certo punto mi è passata davanti l'immagine dell'Isis che distruggeva i resti della civiltà assira. Che c'entrano dei benestanti e benpensanti parlamentari con dei tagliagole che distruggono il passato per affermare il loro eterno presente (secondo loro) dettato da un dio? La forma mentis, direi. Il format mediatico intitolato "i misteri del caso Moro" ha quasi 40 anni, assicura a tutti gli interpreti qualche minuto di successo, un portafoglio gonfio, a volte persino una poltrona da parlamentare. Fin qui tutto bene, è la banalità dell'imbrancarsi in un gregge guidato da pastori con mano ferma. Il problema è che per alimentare la misteriologia bisogna far strage di prove, equiparandole ai sospetti, alle domande, alle idiozie, mescolando il tutto in un calderone bollente e più volte centrifugato, al punto che nulla conta più nulla. Tranne la volontà del cuoco, che accende il fuoco quando vuole e indica agli attoniti spettatori questo o quel componente che viene portato in superficie dal suo mestolo e poi rapidamente scompare nella sbobba. Siamo al masterchef della Storia, in cui è sempre ammesso un nuovo pirla che porta un nuovo componente o - sempre più spesso, visto quanto tempo è passato - semplicemente un pezzo già usato e dimenticato. Ribollito. Che so, "la moto Honda"... Leggi tutto |
Philippe Legrain: Foreign Policy: L’euro è compatibile con la democrazia?Foreign Policy: L’euro è compatibile con la democrazia?di Philippe LegrainP. Legrain, ex membro della Commissione Europea e membro della London School of Economics, può finalmente dire quello che qualcuno in Italia già diceva 3 anni fa: l’euro non è compatibile con la democrazia. Negare ai cittadini di poter decidere il proprio destino e mettere nell’angolo nazioni debitrici ha già portato, in Europa, conseguenze estremamente nefaste “Le nuove elezioni non cambiano nulla”, ha dichiarato il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, prima delle elezioni greche di gennaio che hanno proiettato al potere un governo radicale di sinistra che ha promesso la fine dell’austerità e richiesto un taglio del debito ai suoi creditori dell’eurozona. La nuova amministrazione greca, ha insistito Schäuble, deve accettare i termini siglati dal suo predecessore. Per la gran parte, il nuovo governo greco li ha accettati, nonostante le promesse elettorali. Come possono allora essere davvero cambiate le politiche distruttive imposte da persone come Schäuble? L’appartenenza all’eurozona è compatibile con la democrazia? Questo non è solo un problema greco. Quest’anno sono previste le elezioni in Spagna, e la sinistra radicale di Podemos è in testa nei sondaggi. Infatti, praticamente in tutte le elezioni dopo la crisi, gli elettori hanno fatto fuori il loro governo, solo per sentirsi dire da Schäuble e dai suoi scagnozzi dell’eurozona che la nuova amministrazione doveva attenersi alle politiche fallite che gli elettori avevano appena respinto. Leggi tutto |
Vladimiro Giacchè: La secular stagnation e il fallimento delle politiche di austerityLa secular stagnation e il fallimento delle politiche di austeritydi Vladimiro Giacchè
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Leonardo Mazzei: Il PIN di Renzi e i numeri dell'economia realeIl PIN di Renzi e i numeri dell'economia realedi Leonardo Mazzei
«Fare le riforme costituzionali non crea di per se nuovi posti di lavoro, ma - se posso usare l'espressione - è prendere il telefonino. Le riforme sono il Pin. Se tu non digiti il Pin e sblocchi la tastiera non c'è verso di far funzionare niente. Le riforme costituzionali sono questa cosa qui». (Gr1, ore 8 del 10 marzo 2015). Il tentativo è chiaro: occultare, dietro alla solita retorica efficientista, il progetto antidemocratico che punta al presidenzialismo partendo dallo svuotamento di ogni potere parlamentare. Un disegno ben rappresentato dalla farsa di un Senato di nominati. Almeno lo si fosse eliminato davvero! Invece no, quel che si è voluto eliminare è solo la sua elezione da parte dei cittadini. Una mostruosità che si commenta da sola. Ma se la sostanza della controriforma costituzionale è questa, vale comunque la pena di seguire il filo del ragionamento di Renzi. Il quale vorrebbe farci credere (vedi il riferimento alla disoccupazione) che: 1) la crisi dipenda da un eccesso di parlamentarismo, 2) che solo un governo (ovviamente guidato da lui) senza opposizione saprà venirne fuori, 3) che dunque lo scasso della Costituzione serve in definitiva al bene comune. Leggi tutto |
Franco Berardi Bifo: Tre Riflessioni Sull'Orlo Dell'AbissoTre Riflessioni Sull'Orlo Dell'AbissoWritten by Franco Berardi BifoL’errore del 2005 Lasciamo perdere gli intellettuali francesi che non esistono più da almeno venti anni, a meno di considerare Bernard Henri Levy un intellettuale mentre a me pare che si tratti di un imbecille molto pericoloso, come dimostrano le sue campagne a favore dell’intervento in Siria e in Libia. Non so come andranno a finire le elezioni francesi. Quel che so è che il Front National è la sola forza politica capace di interpretare i sentimenti prevalenti nel popolo francese: odio nazionalista riemergente contro l’arroganza tedesca, e ribellione sociale contro la violenza finanziaria. Un mix inquietante ma potente, che cancella la distinzione tra destra e sinistra. Leggi tutto |
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Carlo Clericetti: Landini e il sindacato per tuttiLandini e il sindacato per tuttiCarlo ClericettiRidda di interpretazioni e di critiche sull’iniziativa del segretario della Fiom, molte delle quali distorsive. La strategia che ha enunciato è di portare il sindacato a rappresentare tutti i lavoratori, anche gli atipici e i precari, e di combattere per difendere i loro diritti anche attraverso una mobilitazione della società civile che prema sui partiti, come avvenne per il divorzio o il referendum sull’acqua Basta mezz’ora a far capire quel che si vuol fare?
Maurizio Landini, nell’omonima trasmissione su Rai3
condotta da Lucia Annunziata, a
spiegarlo ci ha provato e riprovato, ma dalle reazioni
che si leggono in giro non sembra che sia riuscito a
comunicare un messaggio interpretabile in
un solo modo. Sarà forse anche perché più di qualcuno
ha interesse ad accreditare l’una o l’altra lettura. E
allora
proviamo anche noi a mettere giù quello che abbiamo
capito. |
Franco Berardi Bifo: Tre riflessioni sull’orlo dell’abissoTre riflessioni sull’orlo dell’abissoFranco Berardi Bifo
Si avvicinano le elezioni dipartimentali in Francia, e i sondaggi dicono che il Front National sarà il grande vincitore. Il premier Manuel Valls ha rimproverato i cittadini francesi per la loro passività, e ha detto che gli intellettuali non fanno il loro dovere antifascista. Davvero Manuel Valls ha la faccia come il culo, che fuor di metafora vuol dire che proprio non tiene vergogna. I socialisti francesi come i democratici italiani hanno tradito le loro già pallide promesse di opporsi all’oltranzismo austeritario, hanno gestito in prima persona la mattanza sociale, e ora fanno le vittime, si lamentano perché il popolo non li segue e gli intellettuali non si impegnano. Lasciamo perdere gli intellettuali francesi che non esistono più da almeno venti anni, a meno di considerare Bernard-Henri Levy un intellettuale mentre a me pare che si tratti di un imbecille molto pericoloso, come dimostrano le sue campagne a favore dell’intervento in Siria e in Libia. |
Non so come andranno a finire le elezioni francesi. Quel che so è che il Front National è la sola forza politica capace di interpretare i sentimenti prevalenti nel popolo francese: odio nazionalista riemergente contro l’arroganza tedesca, e ribellione sociale contro la violenza finanziaria. Un mix inquietante ma potente, che cancella la distinzione tra destra e sinistra. Leggi tutto |
Davide Tarizzo: Il teorema di Maastricht e la sua confutazioneIl teorema di Maastricht e la sua confutazionedi Davide Tarizzo
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Orazio Irrera: Michel Foucault e la critica dell’ideologiaMichel Foucault e la critica dell’ideologiaI Corsi al Collège de Francedi Orazio Irrera*
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Christian Marazzi: QE con IQQE con IQdi Christian MarazziSi è parlato molto in questi giorni di quantitative easing, altrimenti detto “allentamento quantitativo”, ossia quella misura di creazione e iniezione di 60 miliardi di Euro al mese per i prossimi 19 mesi da parte della Bce. Scopo di questa misura di politica monetaria non-convenzionale è quello di combattere il rischio di deflazione, sperando nel medesimo tempo di riaccendere il motore della crescita in Europa. Affinché questa strategia abbia qualche possibilità di successo è però indispensabile che la liquidità così creata arrivi nelle mani dei consumatori e delle imprese, così da poter rilanciare la domanda, sia di beni di consumo che di beni investimento. Secondo alcuni economisti, questo programma della Bce rischia non solo di mancare il bersaglio, ma anche di aggravare le disuguaglianze che in questi anni di crisi si sono decisamente ampliate. Leggi tutto |
Franco Cardini: Barbarie e strategiaBarbarie e strategiadi Franco CardiniNimrod era uno dei siti archeologici più incredibili del mondo, con le sue sculture ciclopiche erette al centro di un anfiteatro di cime montane desolate e bellissime. Dico “era”, eppure continuo a sperare che si possa continuar a dire “è”, che i danni arrecati alcuni giorni or sono al complesso storico-archeologico dai fanatici dell’IS non siano totali e definitivi. Si è ripetuto, quattordici anni dopo, l’innominabile e imperdonabile scempio dei colossali Buddha di Bamiyan in Afghanistan, voluto dai talibani: e anch’esso teso, attenzione!, formalmente a cancellare le tracce dell’”idolatria” dal mondo, sostanzialmente ad allibire e indignare gli occidentali. Le ragioni teologiche e religiose dell’infamia sono tanto evidenti quanto fallaci: Il Corano, proseguendo in ciò la linea aperta della Torah ebraica, proibisce qualunque tentativo di rappresentazione materiale della divinità. La giurisprudenza musulmana, concorde sulla proibizione di rappresentare in sculture o in pitture l’immagine di Dio, si mostra discorde nel valutare la liceità delle immagini riproducenti figure umane o animali. La cultura musulmana ha prodotto notevoli rappresentazioni artistiche. Leggi tutto |
Davide Gallo Lassere: Il valore della crisiIl valore della crisidi Davide Gallo LassereLa crisi è un metodo di governo. Ha fatto emergere un autoritarismo dell’urgenza che ha impietosamente svuotato la forma e la sostanza delle cosiddette democrazie “capital-parlamentari”, per riprendere l’espressione di Badiou. Il laboratorio greco lo ha ampiamente mostrato: scavalcamento dell’esecutivo e impoverimento di massa. Come scrisse già a suo tempo Milton Friedman – scimmiottato innumerevoli volte dai tecnocrati europei – soltanto una grande crisi offre l’occasione per diffondere in modo quasi-automatico delle trasformazioni radicali: è grazie alle crisi che, fortunatamente, “il politicamente impossibile diviene il politicamente inevitabile”. Si tratta della dimensione costituente della crisi, ossia della rottura definitiva con gli ultimi residui sopravvissuti alla precedente svolta storica inaugurata nel quinquennio ‘68-‘73, la quale si configura, al contempo, come rilancio della valorizzazione capitalistica e come comando sulla nuova composizione di classe. A partire da questi spunti di riflessione teorica e politica, lo scorso 29-30 novembre si è tenuto al CS Cantiere e allo Spazio di Mutuo Soccorso di Milano un seminario congiunto Commonware/Effimera, i cui contributi sono ora liberamente disponibili in ebook. Leggi tutto |
Sandro Moiso: Antropomorfosi del capitaleAntropomorfosi del capitaledi Sandro MoisoMelinda Cooper e Catherine Waldby, Biolavoro globale. Corpi e nuova manodopera, DeriveApprodi 2015, pp. 254, € 18,00
Un testo importante che induce, necessariamente, a rivedere gran parte della storia del lavoro in regime capitalistico e delle strategie messe in atto per mantenere nelle mani del capitale il comando sulla forza-lavoro, anche laddove si siano rese necessarie delle riforme “democratiche” per la sua gestione. Una ricerca che, guarda caso, ha avuto modo di svilupparsi a partire dal mondo anglo-sassone, in cui il pragmatismo degli obiettivi da raggiungere impone il superamento dell’attività meramente speculativa e permette, perciò, di conseguire risultati concreti nella ridefinizione dei nuovi contesti operativi con cui l’antagonismo sociale si trova oggi a fare i conti. Svolta a partire dall’ambiente universitario di Sidney che ha aiutato significativamente, anche dal punto di vista economico, le due autrici, come le stesse tendono a precisare fin dai ringraziamenti. Leggi tutto |
Jacques Sapir: La conferenza ad AteneLa conferenza ad Atenedi Jacques SapirJacques Sapir racconta della conferenza organizzata ad Atene, che finalmente contempla in maniera esplicita la possibilità per la Grecia di uscire dall’euro. Questa conclusione pare obbligata in ogni caso, ma occorre che la politica si muova per evitare che essa avvenga in maniera conflittuale e disordinata. La conclusione del grande economista francese è che, per evitare catastrofi, l’Europa deve abbandonare la moneta unica al più presto
Questa conferenza ha riunito, sotto la guida della signora Joan Hoey, che dirige l’edizione locale dell’Economist, e che è anche una conosciuta analista della situazione locale, insieme al vice ministro degli affari esteri, signor Euclid Tsakalatos e a Nikos Vettas, direttore della Fondazione per la ricerca economica e industriale e professore di economia presso l’Università di Atene, vari accademici:
Oltre al sottoscritto. Leggi tutto |
Pietro Piro: “Era necessario il capitalismo?”, di Hosea Jaffe“Era necessario il capitalismo?”, di Hosea JaffeUn libro per chi?di Pietro Piro*Che noi
siamo ancora vivi, questa è la
nostra colpa.
"Il capitalismo fu e resta il modo di produzione più distruttivo della storia umana." (H. Jaffe, Era necessario il capitalismo? Jaka BooK, Milano 2010, p. 154). Ricostruendo la storia dell’umanità, l’autore smonta pezzo per pezzo, l’idea che il capitalismo sia la fase necessaria e inevitabile, di una storia umana sempre più improntata al miglioramento e al benessere degli individui. Il capitalismo è una forma distruttiva e altamente involutiva: "Il modo di produzione capitalistico e la sua struttura sociale furono peggiori del modo di produzione comunitario, di quello schiavista e delle rispettive strutture sociali in termini di condizioni di vita, di sopravvivenza fisica, di condizioni lavorative, di possibilità di scelta personale, di libertà, di relazioni fra sessi, di coesione sociale, di cooperazione e socialità, salute, educazione, standard etici, libertà di culto, accesso ai prodotti di consumo, pace tra i popoli, rispetto degli altri. Sarebbe corretto sostenere inoltre che il capitalismo fu peggiore anche rispetto all’altro modo di produzione più diffuso, etnicamente inclusivo e universale, ovvero quello del dispotismo comunitario (…)." (ivi, p.30). Leggi tutto |
Aldo Giannuli: L’attentato di Tunisi e l’intervento in LibiaL’attentato di Tunisi e l’intervento in Libiadi Aldo GiannuliCon l’attentato di Tunisi è ormai chiaro che siamo tornati alla situazione del 2004-2006, quando gli attentati terroristici si susseguivano a livello mondiale (Madrid, Londra, Bali, Sharm el sheikh ecc.), con la differenza che ora, oltre con Al Quaeda, ce la dobbiamo vedere con l’Isis e con la concorrenza fra i due che spinge a moltiplicare il loro attivismo. L’illusione di aver sconfitto Al Quaeda (e, con essa, tutto l’armatismo islamista) con l’uccisione di Osama Bin Ladin e di molti altri dirigenti dell’organizzazione, è ormai dissolta. Al Quaeda è rinata nella penisola arabica, ha ricostruito quadri operativi e gruppo dirigente e, ad essa, si è aggiunta l’Isis, il suo vecchio braccio iraqueno, scissosi. A quanto pare, questa volta la mano è dell’Isis o di qualcosa di collegato. E la reazione dell’Occidente è la solita: la spedizione militare che dovrebbe debellare, in questo caso, l’enclave Jihadista in Libia. Continuo a pensare che questa sia la peggiore bestialità che possiamo fare, ma voglio stare al gioco e ragionare sul piano dei nostri callidi strateghi. Va bene, mi avete convinto: A Tripoli! Leggi tutto |
Guido Viale: Giubileo e remissione dei beni perdutiGiubileo e remissione dei beni perdutidi Guido VialeDifficile essere più puntuali ed esaurienti dell'autore nel definire ciò che oggi dovrebbero fare i potenti. Forse Borgoglio farà quanto di sua competenza. Ma gli altri? Il prossimo 8 dicembre l’anno diventerà “santo”. Perché per quella data papa Francesco ha indetto un giubileo, che durerà fino al novembre del 2016. Giubileo è una parola di origine ebraica, indica una ricorrenza che cadeva ogni 50 anni in cui, nella Palestina di un tempo, il popolo di Israele condonava i debiti, liberava i servi e restituiva i beni ai proprietari che li avevano perduti. Papa Francesco ha indetto il prossimo giubileo (straordinario, perché cadrà a soli 16 anni dall’ultimo) nel segno della misericordia. Un’attitudine che a molti di noi dice poco; ma credo che sul giubileo si possa comunque aprire un confronto: non con “il mondo cattolico” — termine vuoto e finzione di bassa politica — ma con quei cattolici che credono veramente in quello che professano (una componente importante di coloro che si battono per un mondo diverso). E se avremo anche la benedizione del papa, tanto meglio. Dobbiamo però attualizzare i contenuti del giubileo: in termini generali non è difficile farlo. Come restituire i beni perduti al suo proprietario originario? Riportando beni e servizi che sono stati oggetto di appropriazione privata alla loro origine o funzione di “beni comuni” - cioè di tutti - al servizio di coloro che ne sono stati espropriati dai processi di privatizzazione. Leggi tutto |
Quarantotto: L'austerità non funziona per la ripresa ma solo per distruggere la democraziaL'austerità non funziona per la ripresa ma solo per distruggere la democraziadi Quarantotto
"Le famiglie non spendono e lasciano in banca oltre 30 miliardi di euro in un anno: vuol dire che ogni mese vengono accantonati 2,5 miliardi. Negli ultimi 12 mesi è passato infatti da 861 a 891 miliardi, in aumento di oltre il 3%, l'ammontare delle riserve degli italiani. "C'è paura di spendere e paura di investire, paura di nuove tasse o di ulteriori difficoltà coi bilanci'', spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Una tendenza seguita anche dalle aziende e dalle imprese familiari, con i salvadanai cresciuti, rispettivamente, di 13 miliardi (da 190 a 203 miliardi) e di 2 miliardi (da 43 a 45 miliardi), oltre che dalle onlus (+717 milioni) e dagli istituti di credito (+32 miliardi); in leggero calo i depositi delle assicurazioni (-1,3 miliardi). Complessivamente, le provviste finanziarie sono salite di 78 miliardi (+5%) passando da 1.457 miliardi a 1.535 miliardi. Leggi tutto |
Andrew Ross: CreditocraziaCreditocraziaAndrew Ross
Quando spingono per l’adozione di politiche di austerità, i falchi del deficit invocano spesso una giustizia intergenerazionale: è ingiusto trasmettere ai nostri figli e nipoti enormi debiti pubblici. Ma i debiti pubblici sono ben lungi dall’essere quella minaccia o quel peso oneroso così come ci vengono dipinti dai sostenitori dell’austerità. Probabilmente, sarebbe più ingiusto tramandare alla prossima generazione una democrazia gravemente compromessa, in cui ogni attività domestica è un mercato aperto ai creditori per estrarre rendita. Leggi tutto |
Marco Calamari: Cassandra CrossingCassandra CrossingObama, la Cina, le appMarco CalamariL'altro giorno, vittima di un momento di sbandamento, ho provato ad installare su mio smartphone la mia prima app commerciale, quella di Twitter, da un repository che sapevo pericoloso come Play Store, invece che da un più sicuro F-Droid. Infatti, come molti dei 24 implacabili lettori già sanno, il dumbphone di Cassandra è defunto per cadute e consunzione, e la sua tasca è stata nuovamente occupata da un normale smartphone di generazione n-2 (quindi molto economico), debitamente ed accuratamente (per quanto possibile) disinfestato da qualsiasi cosa non fosse indispensabile e con tutte le autorizzazioni accuratamente negate. Lo so, è stato un momento di debolezza, ma la
schermata di richiesta di autorizzazioni che mi è
comparsa davanti mi ha
traumaticamente riportato alla realtà, alla necessità
di non cedere alle comodità. e mi ha fatto tornare sui
miei passi. Non
succederà più. È strano, ma recentemente il
presidente Obama si è trovato in una situazione
simile, cioè a ribadire la sua
preoccupazione nel trovarsi ad essere spiato dai suoi
aggeggi elettronici. Leggi
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Rocco: L’aporia dell’economia mondo capitalistaL’aporia dell’economia mondo capitalistaUniversalità della misura ed etnicità della forza lavorodi RoccoSin dagli esordi della sua nascita, il sistema di produzione capitalistico ha articolato il perimetro della sua azione spaziale in una duplice veste ideologica: quella etnica e quella universale. L’economia-mondo capitalista ha declinato tale fondamentale contraddizione in maniera del tutto originale tramite meccanismi di adeguamento, senza che potessero mai intervenire elementi di paralisi e blocco, tali da pregiudicare il funzionamento del sistema stesso. La prima determinazione della contraddizione è storica. Per affermarsi come economia mondo, infatti, il sistema ha dovuto passare attraverso il perimetro ben delineato delle economie nazionali dei nascenti Stati territoriali. Il mercato nazionale è stato uno degli spazi in cui si è elaborata una trasformazione per la crescita di una domanda interna, multipla, capace di accelerare la produzione e di dare avvio alla rivoluzione industriale, spiega efficacemente Fernand Braudel. L’affermazione di un mercato interno, ha avuto, in alcune circostanze, il significato storico del successo di una classe sociale di imprenditori, così è stato per l’Inghilterra post-rivoluzionaria, per la Francia di Colbert e del Re Sole ed infine per gli Stati Uniti dopo la guerra di secessione. Leggi tutto |