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Mar 20, 2015, 1:48:00 PM3/20/15
to sante gorini

Roberto Finelli: Il disagio della "totalità" e i marxismi italiani degli anni '70

criticamarx

Il disagio della "totalità" e i marxismi italiani degli anni '70*

Roberto Finelli

La «rivoluzione passiva» dell’ultimo quarantennio e il mancato incontro tra comunismo del Novecento e cultura del  riconoscimento del Sé. I «marxismi senza Capitale» di Gramsci e Della Volpe. Dalla «dialettica» tedesca alla «differenza» francese. L’operaismo italiano tra Gentile e Heidegger

schiele127Alla fine degli anni ’70 del secolo scorso gli intellettuali italiani hanno abbandonato, in massa e in modo definitivo, il marxismo. Il fenomeno non è stato solo italiano, ma in Italia, per il radicamento e la lunga storia che il marxismo, nelle sue varie accezioni, aveva avuto, quel congedo significava la conclusione e la disgregazione di un mondo, di una comunanza di idee, di linguaggio, di confronti e di scontri. «Nell’arco di quattro o cinque anni, fra il 1976 e il 1981, sprofondarono in una rapida obsolescenza modelli di pensiero, criteri di valutazione morale e psicologica, forme della sensibilità. E con le “cose” cambiarono le “parole”. A sottolineare il carattere radicale di questo fenomeno di trasformazione dei modi di pensare di tutto un ceto sociale e delle sue propaggini immediate qualcuno impiegherà più tardi la metafora della mutazione antropologica e genetica»1.

 

Rivoluzione passiva

Da tale passaggio socio-culturale, che ha segnato profondamente l’intellettualità e l’ideologia italiana, è derivata insieme ad altri fattori, quella «rivoluzione passiva» che i ceti popolari e i gruppi sociali più radicali hanno vissuto e subìto durante l’ultimo quarantennio, e continuano tuttora dolorosamente e drammaticamente a subire. Leggi tutto


Domenico Tambasco: La neolingua del Jobs Act

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La neolingua del Jobs Act

di Domenico Tambasco

neolingua
                    jobs act 510Nonostante ci si affanni a sostenere che le ideologie sono morte con la fine del “secolo breve”, la realtà odierna ci mostra, con sempre maggiore chiarezza, come nel presente si sia imposto, incontrastato, il dominio di una “nuova” ideologia: quella neoliberista, che nonostante un’ostentata modernità, utilizza gli stessi mezzi di manipolazione delle masse propri del secolo trascorso. La “neolingua del Jobs Act” è uno di questi.

“Jobs Act”, “jobs property”, “flexicurity”, “tutele crescenti”, “semplificazione”, “mutamento di mansioni”, “moderazione salariale”, “crescita”, “competitività”: da alcuni mesi a questa parte, in coincidenza con “l’epocale” riforma del lavoro, l’opinione pubblica è costantemente bombardata da una pioggia di anglicismi e termini tecnici ripetuti ormai all’infinito. Sono le parole d’ordine dell’Italia del nuovo millennio che, come argutamente osservato da qualcuno, si è trasformata tutto d’un tratto in un popolo di giuslavoristi.

Potremmo riprendere le parole del morettiano protagonista di “Palombella rossa” che, nel disperarsi contro il “trend negativo” evocato da una giovane giornalista, scolpiva una pietra miliare del cinema affermando, contro la corruzione del linguaggio, che “chi parla male pensa male, e vive male”. Leggi tutto


Alberto Burgio: La crisi, la democrazia e la Sinistra in Europa

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La crisi, la democrazia e la Sinistra in Europa

di Alberto Burgio

Martedì scorso il manifesto ha pubblicato un articolo di Jospeh Stiglitz che ha il merito di disegnare un quadro limpido della situazione sociale ed economica dell’Unione europea dopo otto anni di crisi, e dei pericolosi contraccolpi politici (crisi democratica e impetuosa crescita della destra radicale) che ne conseguono. Stiglitz insiste sulle responsabilità delle leadership europee (scrive di un «malessere autoinflitto») e punta il dito sulle «pessime decisioni di politica economica» (l’ austerity ) ispirate a teorie fallimentari. È una base di partenza per una seria discussione, e anche un utile contributo per la ricostruzione di una pratica critica che riapra un quadro politico stagnante, imprigionato (non solo in Italia, ma soprattutto qui da noi) in una camicia di forza che sta rapidamente soffocando la democrazia. Con gravi responsabilità delle sinistre socialiste, che hanno cooperato alla costruzione dell’architettura istituzionale e monetaria di questa Europa.

C’è solo un aspetto dell’analisi di Stiglitz che non convince e forse merita un supplemento di riflessione. Come molti altri anche Stiglitz parla di «errori», di «modelli viziati», della «follia» che accecherebbe le classi dirigenti impegnate in politiche rovinose. Questa rappresentazione suggerisce che la costruzione europea prima, la gestione della crisi via austerity e deflazione salariale poi, abbiano danneggiato indiscriminatamente tutti, risolvendosi in un incomprensibile esercizio di autolesionismo collettivo. Le leadership europee avrebbero «sbagliato» e persevererebbero diabolicamente, nonostante gli effetti negativi delle loro scelte danneggino tutti gli attori coinvolti: Stati, economie nazionali, classi sociali. Leggi tutto


Daniele Busi: Una crisi esclusivamente politica

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Una crisi esclusivamente politica

(che la Grecia non può risolvere)

di Daniele Busi

Cercate di seguirmi in questo ragionamento sequenziale.

In Europa non ci sono stati recenti cataclismi, le risorse naturali non mancano, la ricerca scientifica e tecnologica avanzano e le potenzialità di sviluppo offerte dal sistema produttivo crescono di anno in anno (si vedano le nuove frontiere in ambito biomedico e informatico, ad esempio). Quindi:

 

1)     Non c’è alcuna ragione naturale a causa della quale l’Eurozona potrebbe trovarsi in crisi.

Tuttavia l’Eurozona è in crisi, ed è in crisi per un unico motivo:

Il deficit pubblico dei Paesi dell’Eurozona è troppo basso, quindi dilaga la disoccupazione.

(Qui una spiegazione più dettagliata)

Ma dalla lezione di Warren Mosler (e di Friedrich Knapp) apprendiamo che l’emissione monetaria è una semplice registrazione contabile che non comporta nessuna “privazione” da parte dell’emettitore, e non necessita dell’accantonamento di alcuna “risorsa” (o forma di risparmio) per essere effettuata. Leggi tutto


L’incertezza della transizione e le certezze del padrone

conness precarie

L’incertezza della transizione e le certezze del padrone

O della Salita e discesa del lavoratore

Il Jobs Act è ormai legge, ma i suoi effetti sono tutt’altro che chiari. In questo momento di transizione che è già un futuro, molte aziende approfittano della confusione generale per decidere quale tipologia contrattuale applicare ai propri dipendenti, lasciando nel frattempo i lavoratori in sospeso, per non parlare di chi oltre al salario vede sospesa in questo modo la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno. Se infatti molta è la confusione sotto il cielo, la situazione è, come si suol dire, eccellente, soprattutto per chi come i datori di lavoro sull’incertezza fa profitti. Loro sanno già benissimo che avranno variegate opportunità di giocare al ribasso con il salario dei lavoratori. Sanno che l’incertezza paga quanto i bonus fiscali che garantiscono una forza lavoro continua ma flessibile e precaria per il maggior tempo possibile. Le domande esistenziali dei datori di lavoro, i grandi quesiti del capitale, sono: «Quanto poco posso pagarti? Quante garanzie posso negarti?». Queste domande per ora sembrano non avere una risposta ben definita. Si dice imbarazzo della scelta, si scrive precarietà. Leggi tutto


L.Fiore e A.Avvisato: Un'Alba Mediterranea contro troika ed euro

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Un'Alba Mediterranea contro troika ed euro

Il M5S rompe gli indugi

Luca Fiore - Alessandro Avvisato

spagna006Una platea composita e affollata ha seguito oggi con estrema attenzione l’iniziativa organizzata dal Movimento 5 Stelle presso l’Auditorium Sandro Pertini della Camera dei Deputati. L'incontro ha visto la partecipazione di alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle come Di Stefano e Di Battista, del giornalista Gianni Minà, di alcuni intellettuali militanti – come Luciano Vasapollo e Joaquin Arriola - e di numerose rappresentanze delle ambasciate paesi dell’Alba.

Una iniziativa che a partire dal processo di rottura avvenuto in America Latina nei decenni scorsi rispetto all’asfissiante dominazione economica statunitense e alla dollarizzazione delle economie, propone un processo di rottura all’interno dell’Unione Europea che liberi i Pigs – i paesi “maiali” oggetto di quasi un decennio di politiche di austerity – dall’ormai intollerabile gabbia rappresentata da una moneta – l’Euro – e da alcune istituzioni – la Bce, la Troika – che i partecipanti all’iniziativa hanno esplicitamente contestato.

Introducendo i lavori, il parlamentare del M5S Manlio Di Stefano ha sottolineato "L'insostenibilità del sistema-euro per i paesi europei con condizioni diverse tra loro e gli effetti della globalizzazione". A questo punto si può fare altro? A questa domanda Di Stefano ha risposto citando l'esempio dei paesi dell'Alba Latino americana. "Quindi i cittadini italiani possono discutere anche di altre ipotesi possibili". Importante il passaggio nel quale ha affermato che il M5S vuole tradurre tutto questo in atti legislativi.

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Paolo Favilli: L’ “invenzione” della classe operaia

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L’ “invenzione” della classe operaia*

Marx e il “partito come classe”

Paolo Favilli

sara samori la settimana rossa 533x360“Finito il concetto di una vita, di un sapere tecnico, di un lavoro. Il lavoratore del futuro dovrà essere pronto a un riciclaggio continuo, se non vuole finire accantonato in un mercato del lavoro in perenne riconversione, dove sicuri e tranquilli probabilmente saranno solo i conferenzieri occupati a vendere la necessità di non essere né sicuri né tranquilli” (M. Vázquez Montalbán, 1994)

 Vorrei iniziare riflettendo su alcune affermazioni di un grande scrittore italiano: Italo Calvino.

Calvino, agli inizi degli anni sessanta, affrontava, con la consueta “leggerezza metodologica”, il problema della “centralità operaia” nel discorso culturale contemporaneo in uno di quei suoi articoli costruiti in attento e calibrato equilibro tra specifico letterario e teoria della società, ed affermava: “Da più di un secolo a questa parte, il termine “operaio” da denominazione d’una condizione sociale o professionale è diventato elemento esplicito o implicito di ogni discorso culturale. (…) l’operaio è entrato nella storia delle idee come personificazione dell’antitesi”1.

Certamente le culture del marxismo sono state essenziali nella determinazione del valore di immanenza universalistica attraverso il quale il termine “operaio” ha espresso tanto la soggettività che l’oggettività di un processo storico che avrebbe dovuto, negando l’esistente, concludersi in un orizzonte di liberazione totale.

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Militant: La necessità di un governo forte di fronte alla disarticolazione della società

militant

La necessità di un governo forte di fronte alla disarticolazione della società

di Militant

200230557 0489eaa3 8c46 426f b0e5 35f9167003a3La controriforma costituzionale/istituzionale del sistema politico italiano si presenta, da un lato, come l’ennesimo tentativo di risolvere tramite ingegneria costituzionale un problema politico del nostro paese – e dell’Europa intera – di lungo corso, quello cioè della perdita di sostanza del concetto di “democrazia rappresentativa”; dall’altro, questa ennesima riforma sancisce la chiara volontà da parte dei governanti (non solo Renzi e il PD, ma tutto l’arco potenzialmente chiamato a poter governare) di bypassare la crisi di consenso e del concetto di rappresentanza che la costruzione europeista impone agli Stati aderenti. Questi due aspetti sono evidentemente legati fra loro: il primo costituisce il problema politico di lungo periodo che attraversa le società capitaliste neoliberiste; il secondo la risposta che la visione politica egemone al momento ha escogitato per tentare non di risolvere, ma di contenere e gestire quel tipo di problema.

E’ ormai cosa nota – ci arrivano pure Corriere e Repubblica – che è in atto nel consesso europeo una “crisi della democrazia”, intesa come estrema difficoltà, da parte delle istituzioni rappresentative preposte, nell’inglobare le differenti visioni del mondo e le differenti classi all’interno di un contesto formale di rappresentanza politica.

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Paolo Calabrò: C’è una vita prima della morte?

filosofia e nuovi sentieri

C’è una vita prima della morte?

Riflessioni di Miguel Benasayag e Riccardo Mazzeo su tempo ed esperienza

Paolo Calabrò

Tutto si consuma. E la nostra società potrebbe venir ricordata come quella che, invece di assistere al logorio ineluttabile delle cose, incentivava a prendere parte da protagonisti all’evento, a diventare finalmente “consumatori”. Di questa “svolta” dal carattere ben poco filosofico, sono in tre a farne le spese: il mondo – che non riesce più a sopportare la riduzione a “fondo” da sfruttare e l’alterazione degli equilibri geotermici che hanno permesso (a lui come a noi) di sopravvivere per milioni di anni – e l’uomo, schiacciato dalle crisi economiche, avvilito dall’assenza di futuro, depauperato dai tagli alla spesa, mortificato e vessato dalla propaganda che lo vuole artefice (e colpevole) unico del proprio destino (a suon di: “Ognuno è quel che decide di essere”, “Questo è il più ricco dei mondi possibili” e “Non ci sono alternative al capitalismo”). La terza vittima, forse la più colpita di tutte, è il tempo: misurato, quantificato, monetizzato fino all’estenuazione (così che anche il “tempo libero” non è più tale, trasformatosi ormai in tempo da “impegnare divertendosi” – a pagamento presso agenzie specializzate, ça va sans dire). Non è tutto qui. Perché cambiando il modo di rapportarsi al tempo, cambia di conseguenza – anche se in maniera subdola, quasi impercettibile – il nostro modo di rapportarci ad esso: sembra che non siamo più in grado di vivere il tempo come esso ci si offre, e che non facciamo altro che cercare di forzarlo spostandone continuamente l’asse. Leggi tutto


Francesco Piccioni: I dietrologi dell'Isis su Moro

contropiano2

I dietrologi dell'Isis su Moro

di Francesco Piccioni

Leggendo le cronache avventurose - sul piano mentale - della nuova commissione parlamentare d'inchiesta sul sequestro di Aldo Moro, ad un certo punto mi è passata davanti l'immagine dell'Isis che distruggeva i resti della civiltà assira. Che c'entrano dei benestanti e benpensanti parlamentari con dei tagliagole che distruggono il passato per affermare il loro eterno presente (secondo loro) dettato da un dio?

La forma mentis, direi.

Il format mediatico intitolato "i misteri del caso Moro" ha quasi 40 anni, assicura a tutti gli interpreti qualche minuto di successo, un portafoglio gonfio, a volte persino una poltrona da parlamentare. Fin qui tutto bene, è la banalità dell'imbrancarsi in un gregge guidato da pastori con mano ferma.

Il problema è che per alimentare la misteriologia bisogna far strage di prove, equiparandole ai sospetti, alle domande, alle idiozie, mescolando il tutto in un calderone bollente e più volte centrifugato, al punto che nulla conta più nulla. Tranne la volontà del cuoco, che accende il fuoco quando vuole e indica agli attoniti spettatori questo o quel componente che viene portato in superficie dal suo mestolo e poi rapidamente scompare nella sbobba. Siamo al masterchef della Storia, in cui è sempre ammesso un nuovo pirla che porta un nuovo componente o - sempre più spesso, visto quanto tempo è passato - semplicemente un pezzo già usato e dimenticato. Ribollito. Che so, "la moto Honda"... Leggi tutto


Philippe Legrain: Foreign Policy: L’euro è compatibile con la democrazia?

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Foreign Policy: L’euro è compatibile con la democrazia?

di Philippe Legrain

P. Legrain, ex membro della Commissione Europea e membro della London School of Economics, può finalmente dire quello che qualcuno in Italia già diceva 3 anni fa: l’euro non è compatibile con la democrazia. Negare ai cittadini di poter decidere il proprio destino e mettere nell’angolo nazioni debitrici ha già portato, in Europa, conseguenze estremamente nefaste

“Le nuove elezioni non cambiano nulla”, ha dichiarato il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, prima delle elezioni greche di gennaio che hanno proiettato al potere un governo radicale di sinistra che ha promesso la fine dell’austerità e richiesto un taglio del debito ai suoi creditori dell’eurozona. La nuova amministrazione greca, ha insistito Schäuble, deve accettare i termini siglati dal suo predecessore. Per la gran parte, il nuovo governo greco li ha accettati, nonostante le promesse elettorali. Come possono allora essere davvero cambiate le politiche distruttive imposte da persone come Schäuble? L’appartenenza all’eurozona è compatibile con la democrazia?

Questo non è solo un problema greco. Quest’anno sono previste le elezioni in Spagna, e la sinistra radicale di Podemos è in testa nei sondaggi. Infatti, praticamente in tutte le elezioni dopo la crisi, gli elettori hanno fatto fuori il loro governo, solo per sentirsi dire da Schäuble e dai suoi scagnozzi dell’eurozona che la nuova amministrazione doveva attenersi alle politiche fallite che gli elettori avevano appena respinto. Leggi tutto


Vladimiro Giacchè: La secular stagnation e il fallimento delle politiche di austerity

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La secular stagnation e il fallimento delle politiche di austerity

di Vladimiro Giacchè

disoccupazioneIn un suo recente contributo sulla stagnazione secolare nell’eurozona, Paul De Grauwe, dopo aver osservato che “dalla Crisi Globale del 2007/8 gran parte dei paesi sviluppati non sono stati in grado di tornare ai livelli di crescita pre-crisi”, ha rilevato però come “da nessuna parte nel mondo sviluppato l’ipotesi della ‘stagnazione secolare’ sia meglio confermata che nell’eurozona”. Lo stesso (ri)scopritore del concetto di “secular stagnation”, Laurence Summers, ha in effetti ricordato che nella zona dell’euro «il pil reale è circa del 15 per cento inferiore a quello stimato nel 2008», e anche il prodotto potenziale «è stato rivisto al ribasso di quasi il 10 per cento». Ma torniamo a De Grauwe: lo studioso belga osserva che, se già prima della crisi il pil reale dell’eurozona evidenziava dinamiche di crescita inferiori a quelle degli Stati Uniti e degli stessi paesi dell’Unione Europea che non fanno parte dell’area monetaria, dalla crisi del 2008 in poi questa divergenza si è accresciuta ulteriormente (v. grafico 1).

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Leonardo Mazzei: Il PIN di Renzi e i numeri dell'economia reale

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Il PIN di Renzi e i numeri dell'economia reale

di Leonardo Mazzei

vauro3L'altro giorno la controriforma costituzionale voluta da Renzi ha avuto l'approvazione della Camera. Nel buffonesco linguaggio dell'inquilino di Palazzo Chigi «il secondo numero del Pin è stato digitato». Ecco, infatti, cosa ci è capitato di sentire dalla bocca del segretario del Pd:

«Fare le riforme costituzionali non crea di per se nuovi posti di lavoro, ma - se posso usare l'espressione - è prendere il telefonino. Le riforme sono il Pin. Se tu non digiti il Pin e sblocchi la tastiera non c'è verso di far funzionare niente. Le riforme costituzionali sono questa cosa qui».  (Gr1, ore 8 del 10 marzo 2015).

Il tentativo è chiaro: occultare, dietro alla solita retorica efficientista, il progetto antidemocratico che punta al presidenzialismo partendo dallo svuotamento di ogni potere parlamentare. Un disegno ben rappresentato dalla farsa di un Senato di nominati. Almeno lo si fosse eliminato davvero! Invece no, quel che si è voluto eliminare è solo la sua elezione da parte dei cittadini. Una mostruosità che si commenta da sola.

Ma se la sostanza della controriforma costituzionale è questa, vale comunque la pena di seguire il filo del ragionamento di Renzi. Il quale vorrebbe farci credere (vedi il riferimento alla disoccupazione) che: 1) la crisi dipenda da un eccesso di parlamentarismo, 2) che solo un governo (ovviamente guidato da lui) senza opposizione saprà venirne fuori, 3) che dunque lo scasso della Costituzione serve in definitiva al bene comune.

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Franco Berardi Bifo: Tre Riflessioni Sull'Orlo Dell'Abisso

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Tre Riflessioni Sull'Orlo Dell'Abisso

Written by Franco Berardi Bifo

L’errore del 2005
 
screen20shot202015 03 1020at2010.29.29Si avvicinano le elezioni dipartimentali in Francia, e i sondaggi dicono che il Front National sarà il grande vincitore. Il premier Manuel Valls ha rimproverato i cittadini francesi per la loro passività, e ha detto che gli intellettuali non fanno il loro dovere antifascista. Davvero Manuel Valls ha la faccia come il culo, che fuor di metafora vuol dire che proprio non tiene vergogna. I socialisti francesi come i democratici italiani hanno tradito le loro già pallide promesse di opporsi all’oltranzismo austeritario, hanno gestito in prima persona la mattanza sociale, e ora fanno le vittime, si lamentano perché il popolo non li segue e gli intellettuali non si impegnano.

Lasciamo perdere gli intellettuali francesi che non esistono più da almeno venti anni, a meno di considerare Bernard Henri Levy un intellettuale mentre a me pare che si tratti di un imbecille molto pericoloso, come dimostrano le sue campagne a favore dell’intervento in Siria e in Libia.

Non so come andranno a finire le elezioni francesi. Quel che so è che il Front National è la sola forza politica capace di interpretare i sentimenti prevalenti nel popolo francese: odio nazionalista riemergente contro l’arroganza tedesca, e ribellione sociale contro la violenza finanziaria. Un mix inquietante ma potente, che cancella la distinzione tra destra e sinistra.

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tonino

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Mar 26, 2015, 6:12:13 PM3/26/15
to sante gorini

Carlo Clericetti: Landini e il sindacato per tutti

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Landini e il sindacato per tutti

Carlo Clericetti

Ridda di interpretazioni e di critiche sull’iniziativa del segretario della Fiom, molte delle quali distorsive. La strategia che ha enunciato è di portare il sindacato a rappresentare tutti i lavoratori, anche gli atipici e i precari, e di combattere per difendere i loro diritti anche attraverso una mobilitazione della società civile che prema sui partiti, come avvenne per il divorzio o il referendum sull’acqua

Basta mezz’ora a far capire quel che si vuol fare? Maurizio Landini, nell’omonima trasmissione su Rai3 condotta da Lucia Annunziata, a spiegarlo ci ha provato e riprovato, ma dalle reazioni che si leggono in giro non sembra che sia riuscito a comunicare un messaggio interpretabile in un solo modo. Sarà forse anche perché più di qualcuno ha interesse ad accreditare l’una o l’altra lettura. E allora proviamo anche noi a mettere giù quello che abbiamo capito.
 
Landini ha ripetuto più volte che la sua Stella Polare è una sola: difendere gli interessi dei lavoratori. Fin qui nessuno dovrebbe stupirsi: il sindacato esiste appunto per questo. Una volta il luogo più appropriato per svolgere questo compito era l’azienda: oggi non è più così. Non solo, almeno. Non solo, perché oggi una parte importante di lavoratori non si reca ogni giorno in un certo luogo fisico, non timbra il cartellino, non è protetto da contratti strutturati, con le aziende ha rapporti spesso precari, a volte indiretti, quasi sempre del tutto privi di potere contrattuale, del tipo “o accetti questa offerta, o vai ad impiccarti altrove”. E’ il nuovo mercato del lavoro, frantumato, individualizzato, sottomesso, anche a causa di una disoccupazione altissima che rende la parte più forte, i datori di lavoro, ancora più forte. Leggi tutto


Franco Berardi Bifo: Tre riflessioni sull’orlo dell’abisso

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Tre riflessioni sull’orlo dell’abisso

Franco Berardi Bifo

infinitecell alfredo jaar1L’errore del 2005

Si avvicinano le elezioni dipartimentali in Francia, e i sondaggi dicono che il Front National sarà il grande vincitore. Il premier Manuel Valls ha rimproverato i cittadini francesi per la loro passività, e ha detto che gli intellettuali non fanno il loro dovere antifascista. Davvero Manuel Valls ha la faccia come il culo, che fuor di metafora vuol dire che proprio non tiene vergogna. I socialisti francesi come i democratici italiani hanno tradito le loro già pallide promesse di opporsi all’oltranzismo austeritario, hanno gestito in prima persona la mattanza sociale, e ora fanno le vittime, si lamentano perché il popolo non li segue e gli intellettuali non si impegnano. Lasciamo perdere gli intellettuali francesi che non esistono più da almeno venti anni, a meno di considerare Bernard-Henri Levy un intellettuale mentre a me pare che si tratti di un imbecille molto pericoloso, come dimostrano le sue campagne a favore dell’intervento in Siria e in Libia.

Non so come andranno a finire le elezioni francesi. Quel che so è che il Front National è la sola forza politica capace di interpretare i sentimenti prevalenti nel popolo francese: odio nazionalista riemergente contro l’arroganza tedesca, e ribellione sociale contro la violenza finanziaria. Un mix inquietante ma potente, che cancella la distinzione tra destra e sinistra. Leggi tutto


Davide Tarizzo: Il teorema di Maastricht e la sua confutazione

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Il teorema di Maastricht e la sua confutazione

di Davide Tarizzo

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                    d7fc721a41 zL’attuale strozzatura della vita democratica in Europa si può ricapitolare in un solo e unico teorema, che non si può ridurre al teorema dell’euro, già ampiamente smentito dai fatti, ma va identificato con il teorema di Maastricht, più inclusivo e insidioso del primo. In base a questo teorema, l’integrazione economica tra i vari paesi europei può essere disgiunta, come di fatto accade tuttora, dalla loro integrazione politica. Ciò implica una lunga serie di conseguenze che non erano difficili da prevedere: una delle più rilevanti è che paesi con discrepanti legislazioni sul lavoro saranno lasciati competere in un mercato unico, affidando al capitale la valutazione sulla legislazione più conveniente per il capitale stesso. I capitali tenderanno, di conseguenza, a concentrarsi là dove i salari sono meno tutelati, per incrementare i profitti, mentre i paesi in cui i salari sono più protetti tenderanno ad adeguarsi e ad abbassare le tutele sul lavoro, per recuperare competitività, in una spirale al ribasso senza fine. Questo processo è automatico e oggettivamente inevitabile se l’integrazione economica non è preceduta da, o associata a, una qualche forma di integrazione politica. È inevitabile perché le legislazioni nazionali sono così lasciate in balia del capitale, che tende automaticamente, necessariamente, oggettivamente a fare i propri interessi. È questo che chiamo il teorema di Maastricht. Leggi tutto


Orazio Irrera: Michel Foucault e la critica dell’ideologia

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Michel Foucault e la critica dell’ideologia

I Corsi al Collège de France

di Orazio Irrera*

441Nella lezione del 30 gennaio del suo Corso del 1980 al Collège de France Del governo dei viventi, Foucault ribadisce il suo rifiuto di analizzare «il pensiero, il comportamento e il sapere degli uomini» nei termini di un’analisi ideologica, aggiungendo che, praticamente ogni anno, durante ogni suo corso, egli è ritornato su questa esigenza di smarcarsi da una prospettiva segnata dall’ideologia, operando ogni volta un piccolo spostamento per conferire così alla sua critica nuove forme di intelligibilità1.  Questa mobilità, così caratteristica del modo di condurre il proprio lavoro teorico, non deve tuttavia farci perdere di vista il fatto che se Foucault, nell’arco di circa un decennio, si è così insistentemente soffermato sulla critica dell’ideologia, è perché, presumibilmente, tale nozione rappresenta per lui – seppur negativamente – un nodo teorico e metodologico di grande rilevanza. Infatti attraverso tutta questa serie di considerazioni critiche sulla reale capacità esplicativa della nozione di ideologia, risulta possibile far apparire, quasi in filigrana al suo insegnamento, un percorso teorico che lo attraversa sotterraneamente dalla fine dall’inizio degli anni ’70 fino ai primi anni degli anni ’80. Leggi tutto


Christian Marazzi: QE con IQ

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QE con IQ

di Christian Marazzi

Si è parlato molto in questi giorni di quantitative easing, altrimenti detto “allentamento quantitativo”, ossia quella misura di creazione e iniezione di 60 miliardi di Euro al mese per i prossimi 19 mesi da parte della Bce.

Scopo di questa misura di politica monetaria non-convenzionale è quello di combattere il rischio di deflazione, sperando nel medesimo tempo di riaccendere il motore della crescita in Europa. Affinché questa strategia abbia qualche possibilità di successo è però indispensabile che la liquidità così creata arrivi nelle mani dei consumatori e delle imprese, così da poter rilanciare la domanda, sia di beni di consumo che di beni investimento.

Secondo alcuni economisti, questo programma della Bce rischia non solo di mancare il bersaglio, ma anche di aggravare le disuguaglianze che in questi anni di crisi si sono decisamente ampliate. Leggi tutto


Franco Cardini: Barbarie e strategia

franco cardini

Barbarie e strategia

di Franco Cardini

Nimrod era uno dei siti archeologici più incredibili del mondo, con le sue sculture ciclopiche erette al centro di un anfiteatro di cime montane desolate e bellissime. Dico “era”, eppure continuo a sperare che si possa continuar a dire “è”, che i danni arrecati alcuni giorni or sono al complesso storico-archeologico dai fanatici dell’IS non siano totali e definitivi. Si è ripetuto, quattordici anni dopo, l’innominabile e imperdonabile scempio dei colossali Buddha di Bamiyan in Afghanistan, voluto dai talibani: e anch’esso teso, attenzione!, formalmente a cancellare le tracce dell’”idolatria” dal mondo, sostanzialmente ad allibire e indignare gli occidentali.

Le ragioni teologiche e religiose dell’infamia sono tanto evidenti quanto fallaci: Il Corano, proseguendo in ciò la linea aperta della Torah ebraica, proibisce qualunque tentativo di rappresentazione materiale della divinità. La giurisprudenza musulmana, concorde sulla proibizione di rappresentare in sculture o in pitture l’immagine di Dio, si mostra discorde nel valutare la liceità delle immagini riproducenti figure umane o animali. La cultura musulmana ha prodotto notevoli rappresentazioni artistiche. Leggi tutto


Davide Gallo Lassere: Il valore della crisi

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Il valore della crisi

di Davide Gallo Lassere

La crisi è un metodo di governo. Ha fatto emergere un autoritarismo dell’urgenza che ha impietosamente svuotato la forma e la sostanza delle cosiddette democrazie “capital-parlamentari”, per riprendere l’espressione di Badiou. Il laboratorio greco lo ha ampiamente mostrato: scavalcamento dell’esecutivo e impoverimento di massa. Come scrisse già a suo tempo Milton Friedman – scimmiottato innumerevoli volte dai tecnocrati europei – soltanto una grande crisi offre l’occasione per diffondere in modo quasi-automatico delle trasformazioni radicali: è grazie alle crisi che, fortunatamente, “il politicamente impossibile diviene il politicamente inevitabile”. Si tratta della dimensione costituente della crisi, ossia della rottura definitiva con gli ultimi residui sopravvissuti alla precedente svolta storica inaugurata nel quinquennio ‘68-‘73, la quale si configura, al contempo, come rilancio della valorizzazione capitalistica e come comando sulla nuova composizione di classe. A partire da questi spunti di riflessione teorica e politica, lo scorso 29-30 novembre si è tenuto al CS Cantiere e allo Spazio di Mutuo Soccorso di Milano un seminario congiunto Commonware/Effimera, i cui contributi sono ora liberamente disponibili in ebook. Leggi tutto


Sandro Moiso: Antropomorfosi del capitale

carmilla

Antropomorfosi del capitale

di Sandro Moiso

Melinda Cooper e Catherine Waldby, Biolavoro globale. Corpi e nuova manodopera, DeriveApprodi 2015, pp. 254, € 18,00

ficara21 bigDifficilmente Marx, quando scrisse le sue pagine sulla sussunzione reale di tutti i processi di produzione e valorizzazione delle merci all’interno del capitale e, quindi, della sua completa appropriazione di ogni attività umana, avrebbe potuto immaginare che si potesse giungere alla situazione affrontata dalla ricerca di Melinda Cooper e Catherine Waldby.

Un testo importante che induce, necessariamente, a rivedere gran parte della storia del lavoro in regime capitalistico e delle strategie messe in atto per mantenere nelle mani del capitale il comando sulla forza-lavoro, anche laddove si siano rese necessarie delle riforme “democratiche” per la sua gestione.

Una ricerca che, guarda caso, ha avuto modo di svilupparsi a partire dal mondo anglo-sassone, in cui il pragmatismo degli obiettivi da raggiungere impone il superamento dell’attività meramente speculativa e permette, perciò, di conseguire risultati concreti nella ridefinizione dei nuovi contesti operativi con cui l’antagonismo sociale si trova oggi a fare i conti. Svolta a partire dall’ambiente universitario di Sidney che ha aiutato significativamente, anche dal punto di vista economico, le due autrici, come le stesse tendono a precisare fin dai ringraziamenti. Leggi tutto


Jacques Sapir: La conferenza ad Atene

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La conferenza ad Atene

di Jacques Sapir

Jacques Sapir  racconta della conferenza organizzata ad Atene, che finalmente contempla in maniera esplicita la possibilità per la Grecia di uscire dall’euro. Questa conclusione pare obbligata in ogni caso, ma occorre che la politica si muova per evitare che essa avvenga in maniera conflittuale e disordinata. La conclusione del grande economista francese è che, per evitare catastrofi, l’Europa deve abbandonare la moneta unica al più presto

Sapir Atene1La conferenza organizzata dal settimanale The Economist sul rapporto tra la Grecia e i suoi creditori ha consentito una discussione molto franca sulla possibilità di un’uscita della Grecia dell’euro. Questa idea, pur se ancora provoca una sensazione di paura e di incertezza in una parte del pubblico, comincia ora ad essere molto più accettata. Un’ipotesi che è stata quindi discussa nell’ambito di questa conferenza è stata quella di un’ ‘uscita di velluto’ (velvet exit). Si noti il riferimento al processo di separazione tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia, che a suo tempo fu chiamato “rivoluzione di velluto”. Il fatto che questa ipotesi possa essere discussa e valutata dai molti partecipanti a questa conferenza, sia greci sia stranieri, è un segno inconfondibile del progresso dell’idea di un’uscita dall’euro. Essa corrisponde a ciò che l’ex Presidente Francese, Valéry Giscard d’Estaing ha definito, alcune settimane fa, un “GREXIT amichevole”.

Questa conferenza ha riunito, sotto la guida della signora Joan Hoey, che dirige l’edizione locale dell’Economist, e che è anche una conosciuta analista della situazione locale,  insieme al vice ministro degli affari esteri, signor Euclid Tsakalatos e a Nikos Vettas, direttore della Fondazione per la ricerca economica e industriale e professore di economia presso l’Università di Atene, vari accademici:

  1. Andreas Nölke, professore di economia e relazioni internazionali, dell’università Goethe di Francoforte.
  2. Henk Overbeek, professore di relazioni internazionali all’Università di Amsterdam.
  3. Giovanni Dosi, professore di economia e direttore degli studi economici presso l’Università di Pisa.

Oltre al sottoscritto. Leggi tutto


Pietro Piro: “Era necessario il capitalismo?”, di Hosea Jaffe

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“Era necessario il capitalismo?”, di Hosea Jaffe

Un libro per chi?

di Pietro Piro*

Che noi siamo ancora vivi, questa è la nostra colpa.
K. Jaspers. La questione della colpa

p28 02I.
La tesi centrale del libro di Hosea Jaffe, “Era necessario il capitalismo?” è tanto chiara, quanto difficile da accettare. Per l’autore, infatti:

"Il capitalismo fu e resta il modo di produzione più distruttivo della storia umana." (H. Jaffe, Era necessario il capitalismo? Jaka BooK, Milano 2010, p. 154).

Ricostruendo la storia dell’umanità, l’autore smonta pezzo per pezzo, l’idea che il capitalismo sia la fase necessaria e inevitabile, di una storia umana sempre più improntata al miglioramento e al benessere degli individui. Il capitalismo è una forma distruttiva e altamente involutiva:

"Il modo di produzione capitalistico e la sua struttura sociale furono peggiori del modo di produzione comunitario, di quello schiavista e delle rispettive strutture sociali in termini di condizioni di vita, di sopravvivenza fisica, di condizioni lavorative, di possibilità di scelta personale, di libertà, di relazioni fra sessi, di coesione sociale, di cooperazione e socialità, salute, educazione, standard etici, libertà di culto, accesso ai prodotti di consumo, pace tra i popoli, rispetto degli altri. Sarebbe corretto sostenere inoltre che il capitalismo fu peggiore anche rispetto all’altro modo di produzione più diffuso, etnicamente inclusivo e universale, ovvero quello del dispotismo comunitario (…)." (ivi, p.30).

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Aldo Giannuli: L’attentato di Tunisi e l’intervento in Libia

aldogiannuli

L’attentato di Tunisi e l’intervento in Libia

di Aldo Giannuli

Con l’attentato di Tunisi è ormai chiaro che siamo tornati alla situazione del 2004-2006, quando gli attentati terroristici si susseguivano a livello mondiale (Madrid, Londra, Bali, Sharm el sheikh ecc.), con la differenza che ora, oltre con Al Quaeda, ce la dobbiamo vedere con l’Isis e con la concorrenza fra i due che spinge a moltiplicare il loro attivismo.

L’illusione di aver sconfitto Al Quaeda (e, con essa, tutto l’armatismo islamista) con l’uccisione di Osama Bin Ladin e di molti altri dirigenti dell’organizzazione, è ormai dissolta. Al Quaeda è rinata nella penisola arabica, ha ricostruito quadri operativi e gruppo dirigente e, ad essa, si è aggiunta l’Isis, il suo vecchio braccio iraqueno, scissosi.

A quanto pare, questa volta la mano è dell’Isis o di qualcosa di collegato. E la reazione dell’Occidente è la solita: la spedizione militare che dovrebbe debellare, in questo caso, l’enclave Jihadista in Libia. Continuo a pensare che questa sia la peggiore bestialità che possiamo fare, ma voglio stare al gioco e ragionare sul piano dei nostri callidi strateghi. Va bene, mi avete convinto: A Tripoli! Leggi tutto


Guido Viale: Giubileo e remissione dei beni perduti

manifesto

Giubileo e remissione dei beni perduti

di Guido Viale

Difficile essere più puntuali ed esaurienti dell'autore nel definire ciò che oggi dovrebbero fare i potenti. Forse Borgoglio farà quanto di sua competenza. Ma gli altri?

Il pros­simo 8 dicembre l’anno diven­terà “santo”. Per­ché per quella data papa Fran­ce­sco ha indetto un giu­bi­leo, che durerà fino al novem­bre del 2016. Giu­bi­leo è una parola di ori­gine ebraica, indica una ricor­renza che cadeva ogni 50 anni in cui, nella Pale­stina di un tempo, il popolo di Israele con­do­nava i debiti, libe­rava i servi e resti­tuiva i beni ai pro­prie­tari che li ave­vano per­duti. Papa Fran­ce­sco ha indetto il pros­simo giu­bi­leo (straor­di­na­rio, per­ché cadrà a soli 16 anni dall’ultimo) nel segno della mise­ri­cor­dia. Un’attitudine che a molti di noi dice poco; ma credo che sul giu­bi­leo si possa comun­que aprire un con­fronto: non con “il mondo cat­to­lico” — ter­mine vuoto e fin­zione di bassa poli­tica — ma con quei cat­to­lici che cre­dono vera­mente in quello che pro­fes­sano (una com­po­nente impor­tante di coloro che si bat­tono per un mondo diverso). E se avremo anche la bene­di­zione del papa, tanto meglio.

Dob­biamo però attua­liz­zare i con­te­nuti del giu­bi­leo: in ter­mini gene­rali non è dif­fi­cile farlo. Come resti­tuire i beni per­duti al suo pro­prie­ta­rio ori­gi­na­rio? Ripor­tando beni e ser­vizi che sono stati oggetto di appro­pria­zione pri­vata alla loro ori­gine o fun­zione di “beni comuni” - cioè di tutti - al ser­vi­zio di coloro che ne sono stati espro­priati dai pro­cessi di pri­va­tiz­za­zione. Leggi tutto


Quarantotto: L'austerità non funziona per la ripresa ma solo per distruggere la democrazia

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L'austerità non funziona per la ripresa ma solo per distruggere la democrazia

di Quarantotto

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                    43fe 46de aaf9 17ccfa4520fa medium1. Ancora sulla ripresa fantasma, "a dispetto del QE" e delle sue attese irrealistiche.

Questi i dati principali di un'analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui nell'ultimo anno, ogni mese non sono stati spesi o investiti, in media, 6,5 miliardi.

"Le famiglie non spendono e lasciano in banca oltre 30 miliardi di euro in un anno: vuol dire che ogni mese vengono accantonati 2,5 miliardi. Negli ultimi 12 mesi è passato infatti da 861 a 891 miliardi, in aumento di oltre il 3%, l'ammontare delle riserve degli italiani. 

"C'è paura di spendere e paura di investire, paura di nuove tasse o di ulteriori difficoltà coi bilanci'', spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Una tendenza seguita anche dalle aziende e dalle imprese familiari, con i salvadanai cresciuti, rispettivamente, di 13 miliardi (da 190 a 203 miliardi) e di 2 miliardi (da 43 a 45 miliardi), oltre che dalle onlus (+717 milioni) e dagli istituti di credito (+32 miliardi); in leggero calo i depositi delle assicurazioni (-1,3 miliardi). Complessivamente, le provviste finanziarie sono salite di 78 miliardi (+5%) passando da 1.457 miliardi a 1.535 miliardi. Leggi tutto


Andrew Ross: Creditocrazia

alfabeta

Creditocrazia

Andrew Ross

Claire Fontaine Change2Anticipiamo un estratto da Creditocrazia e il rifiuto del debito illegittimo (ombre corte, 2015) in libreria da mercoledì 18 marzo. In questo lavoro di inchiesta e di denuncia, Andrew Ross analizza nei dettagli il funzionamento della schiavitù del debito, il ruolo delle banche, la subalternità della politica. Spiega i motivi per cui possiamo parlare di una vera e propria “creditocrazia”, di un sistema cioè in cui i governi rispondono esclusivamente al mondo della finanza, mentre i cittadini sono costretti a indebitarsi per soddisfare i propri bisogni primari.

 

Quando spingono per l’adozione di politiche di austerità, i falchi del deficit invocano spesso una giustizia intergenerazionale: è ingiusto trasmettere ai nostri figli e nipoti enormi debiti pubblici. Ma i debiti pubblici sono ben lungi dall’essere quella minaccia o quel peso oneroso così come ci vengono dipinti dai sostenitori dell’austerità. Probabilmente, sarebbe più ingiusto tramandare alla prossima generazione una democrazia gravemente compromessa, in cui ogni attività domestica è un mercato aperto ai creditori per estrarre rendita. Leggi tutto


Marco Calamari: Cassandra Crossing

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Cassandra Crossing

Obama, la Cina, le app

Marco Calamari

L'altro giorno, vittima di un momento di sbandamento, ho provato ad installare su mio smartphone la mia prima app commerciale, quella di Twitter, da un repository che sapevo pericoloso come Play Store, invece che da un più sicuro F-Droid.

Infatti, come molti dei 24 implacabili lettori già sanno, il dumbphone di Cassandra è defunto per cadute e consunzione, e la sua tasca è stata nuovamente occupata da un normale smartphone di generazione n-2 (quindi molto economico), debitamente ed accuratamente (per quanto possibile) disinfestato da qualsiasi cosa non fosse indispensabile e con tutte le autorizzazioni accuratamente negate.

Lo so, è stato un momento di debolezza, ma la schermata di richiesta di autorizzazioni che mi è comparsa davanti mi ha traumaticamente riportato alla realtà, alla necessità di non cedere alle comodità. e mi ha fatto tornare sui miei passi. Non succederà più.
In particolare mi ha disgustato l'ultima voce dell'elenco che, dopo aver chiesto di sapere tutto, ma proprio tutto, voleva anche sapere "altro".
Continuerò quindi ad ascoltare e saltuariamente fare qualche cinguettio esclusivamente da browser, onde evitare di avere troppi curiosi in mezzo ai miei dati.

È strano, ma recentemente il presidente Obama si è trovato in una situazione simile, cioè a ribadire la sua preoccupazione nel trovarsi ad essere spiato dai suoi aggeggi elettronici. Leggi tutto

Rocco: L’aporia dell’economia mondo capitalista

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L’aporia dell’economia mondo capitalista

Universalità della misura ed etnicità della forza lavoro

di Rocco

Sin dagli esordi della sua nascita, il sistema di produzione capitalistico ha articolato il perimetro della sua azione spaziale in una duplice veste ideologica: quella etnica e quella universale.

L’economia-mondo capitalista ha declinato tale fondamentale contraddizione in maniera del tutto originale tramite meccanismi di adeguamento, senza che potessero mai intervenire elementi di paralisi e blocco, tali da pregiudicare il funzionamento del sistema stesso.

La prima determinazione della contraddizione è storica. Per affermarsi come economia mondo, infatti, il sistema ha dovuto passare attraverso il perimetro ben delineato delle economie nazionali dei nascenti Stati territoriali. Il mercato nazionale è stato uno degli spazi in cui si è elaborata una trasformazione per la crescita di una domanda interna, multipla, capace di accelerare la produzione e di dare avvio alla rivoluzione industriale, spiega efficacemente Fernand Braudel. L’affermazione di un mercato interno, ha avuto, in alcune circostanze, il significato storico del successo di una classe sociale di imprenditori, così è stato per l’Inghilterra post-rivoluzionaria, per la Francia di Colbert e del Re Sole ed infine per gli Stati Uniti dopo la guerra di secessione.

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