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Oct 27, 2020, 4:29:58 PM10/27/20
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Carlo Formenti: Crisi della globalizzazione e attualità delle teorie della dipendenza

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Crisi della globalizzazione e attualità delle teorie della dipendenza

di Carlo Formenti

visalli dipendenzaSecondo Fukuyama, il marxismo sarebbe morto assai prima del 1989, in assenza della miseria del mondo sottosviluppato, fenomeno che ha consentito alla scuola dei teorici della dipendenza di prolungarne la vita, sia pure al prezzo di alcuni “tradimenti” nei confronti della versione “canonica” che i fondatori avevano consacrato fra fine Ottocento e primo Novecento. Il libro di Alessandro Visalli, Dipendenza, da poco approdato in libreria per i tipi dell’editore Meltemi, esordisce citando questa opinione dell’autore della Fine della storia. Sappiamo che poi la storia non è affatto finita, e che il filosofo nippoamericano è stato altrettanto imprudente nel recitare il de profundis per il marxismo, cui la crisi del sistema liberal liberista sta oggi concedendo più di una rivincita, ma questo non è l’unico, né il più significativo, argomento della corposa (400 pagine abbondanti) e documentatissima ricerca che Visalli ha condotto sulla scuola della teoria della dipendenza.

Parliamo di una scuola che rappresenta una delle più affascinanti avventure del pensiero critico dell’ultimo mezzo secolo, un pensiero che, pur con i diversi accenti e sfumature che ognuno dei suoi vari esponenti vi ha incorporato, si è evoluto nei decenni senza mai rinunciare al filo rosso di una tesi di fondo comune: il sottosviluppo non è il prodotto di una carenza di capitali e tecnologie, né di insufficienti livelli di modernizzazione, bensì delle forme specifiche che il modo di produzione capitalistico ha assunto in determinati Paesi, e della loro collocazione nel sistema internazionale. Per argomentare questo punto di vista, Visalli ha scritto un libro difficilmente inquadrabile in un'unica categoria disciplinare, visto che può essere definito come un saggio di storia delle idee e delle teorie economiche, ma effettua frequenti incursioni in campi come la geopolitica, l’antropologia e la politologia.


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Sandro Moiso: “Sistema americano”, fascismo e guerra civile

carmilla

“Sistema americano”, fascismo e guerra civile

di Sandro Moiso

Andrew Spannaus, L’America post-globale. Trump, il coronavirus e il futuro, con una Prefazione di Giulio Sapelli, Mimesis, Milano-Udine 2020, pp. 190, 15,00 euro

spannaus“Per troppo tempo il nostro governo ha abbandonato il Sistema americano” (Donald Trump, 20 marzo 2017)

Andrew Spannaus, giornalista e saggista statunitense che da diversi anni vive in Italia, si è già distinto in passato per un’attenta e precisa disamina anticipata dei motivi che avrebbero portato Trump alla vittoria nella corsa alle presidenziali del 2016 (qui) e delle ragioni del diffondersi del neo-populismo tra gli elettori in Occidente (qui). Ancora una volta, nel testo appena pubblicato da Mimesis nella collana «Il caffè dei filosofi», le sue considerazioni e i dati che egli porta a loro sostegno si rivelano sicuramente interessanti, anche se non sempre pienamente condivisibili da parte di tutti i lettori.

Quello che è certo è che, nell’attuale turbillon mediatico riguardante le elezioni presidenziali americane di quest’anno e le conseguenze socio-economiche della pandemia da Coronavirus, il libro del giornalista americano si pone tra i più utili. Almeno per stimolare un dibattito troppo spesso asfittico, scontato e accecato dalle ideologie e dal politically correct. Un dibattito che, per essere considerato tale, dovrebbe avvertire la presenza di più voci e non soltanto quella della vulgata dominante ovvero delle Sinistre liberal e delle Destre più scontate.

Tre sono i punti principali che il saggio tocca: il primo è quello dello scontro istituzionale (più o meno velato) che si è svolto tra Donald Trump e il deep state rappresentato dalle agenzia per la sicurezza e i funzionari dell’amministrazione fin dagli esordi della sua presidenza. Tema cui si ricollega direttamente il suo tentativo, scarsamente riuscito, di modificare alcune delle linee guida seguite dai governi precedenti in tema di politica estera.


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Commonware: L'inquietante fiuto dei pazzi

commonware

L'inquietante fiuto dei pazzi

di Commonware

Il complottismo è il sintomo della fine di un’epoca, della perdita di senso, della percezione che il domani non sarà migliore di oggi, che la promessa del progresso è andata a farsi fottere

jokerwar 0«È il lato cattivo a produrre il movimento che fa la storia, determinando la lotta».
K. Marx, Miseria della filosofia

«Conquistare può solo colui che conosce la sua preda meglio di quanto questa conosca se stessa».
C. Schmitt, Ex captivitate salus

«Sono bei tempi quelli in cui si distrugge».
M. Tronti, La politica al tramonto

Per amor di chiarezza, tagliamo il discorso con l’accetta. In questa fase vediamo due tipologie di mobilitazioni politiche che, su scala internazionale, stanno raccogliendo una composizione che travalica l’esausto ceto politico delle sinistre e delle destre, movimentiste o meno: da una parte le mobilitazioni che vengono rubricate – in modo spesso riduttivo e talora addirittura fuorviante – sotto l’etichetta della identity politics, ovvero antirazziste (esemplificate ma secondo noi niente affatto contenute dal logo Black Lives Matter), ecologiste (Fridays for future), femministe (Non una di meno), dall’altra quelle che, sintetizzando, sono state definite – con un’accezione perlopiù negativa – complottiste, ovvero mobilitazioni contro la cosiddetta «dittatura sanitaria», vaccini, tecnologia 5G e più in generale contro i sordidi progetti dell’«élite globalista», visibile o occulta che sia. Se le prime, a queste latitudini (e, precisiamo, con significative differenze ad altre latitudini), sono le mobilitazioni che attraggono l’attenzione di una sinistra che si vuole illuminata, le seconde sono espressione di quella che si può chiamare deep society. Entrambe le tipologie, crediamo, sono in buona misura sintomo e manifestazione, per quanto superficiale e in modo tutt’altro che univoco, oltre che nei loro non infrequenti intrecci o scontri, di un processo ben più profondo e strutturale: la crisi dei ceti medi. Dentro questo fenomeno, ormai ben più di una semplice tendenza, occorre porsi strategicamente.


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Enrico Grazzini: Perché una nuova Bretton Woods non basterà a superare la crisi economica post Covid

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Perché una nuova Bretton Woods non basterà a superare la crisi economica post Covid

di Enrico Grazzini

crisi economica mondiale covidLa crisi del coronavirus colpisce duro, ma non basta: incombe già una nuova terribile crisi finanziaria globale. Le soluzioni per uscire dalla crisi economica sono, almeno sulla carta, abbastanza semplici: forte sostegno pubblico al welfare e all'economia; cancellazione e/o ristrutturazione delle montagne di debito privato e pubblico; finanziamenti pubblici per le imprese e per sostenere i redditi famigliari; monetizzazione dei debiti pubblici da parte delle banche centrali; riduzione generalizzata dell'orario di lavoro per abolire la disoccupazione dilagante. Queste le misure che i governi del G20[1] riuniti in una nuova Bretton Woods dovrebbero prendere urgentemente per superare la crisi portata dalla diffusione, per ora ancora incontrollabile, del coronavirus. Ma la politica internazionale è ferma e paralizzata dai nazionalismi – prima di tutto quello di Donald Trump -. Per quanto riguarda l'eurozona il Next Generation Plan quasi certamente si rivelerà insufficiente: “troppo poco e troppo tardi”. Allora il governo italiano, senza aspettarsi “aiuti” da nessuno, potrebbe (e dovrebbe) emettere subito dei titoli-moneta complementari all'euro per rilanciare gli investimenti pubblici e privati, finanziare la ripresa e un'Italia verde e sostenibile.

 

Il mondo post-covid sarà molto più povero, pieno di debiti e di disoccupati

Il mondo post Covid sarà molto più brutto di quello precedente: molte aziende falliranno, molte banche avranno grandi buchi di bilancio, la disoccupazione salirà alle stelle, la povertà colpirà (e colpisce) milioni di persone anche nel ricco mondo occidentale e le diseguaglianze aumenteranno a dismisura, tra le nazioni e dentro le nazioni.


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Lorenzo Procopio: Analisi di una crisi che cambierà il quadro imperialistico mondiale

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              onoratodamen

Analisi di una crisi che cambierà il quadro imperialistico mondiale

di Lorenzo Procopio

Altro che Covid-19, questa crisi epocale è stata determinata dalle contraddizioni operanti nel modo di produzione capitalistico. E’ il capitale il vero ed unico virus che occorre combattere ed il vaccino lo si trova nella lotta di classe per il comunismo

coviddiUna lettura superficiale della crisi che si è aperta nei primi mesi del 2020 nell’ambito del sistema capitalistico su scala mondiale, porta molti osservatori, anche in quella variegata area che si richiama al marxismo rivoluzionario, ad interpretarla come la conseguenza dello scoppio della pandemia che ha colpito il pianeta a causa della diffusione del Covid-19. Come se per il capitalismo globalizzato, prima della diffusione del coronavirus, le cose andassero bene, e soltanto in seguito alla diffusione della pandemia si sarebbero inceppati, in maniera così grave e devastante, i processi d’accumulazione su scala mondiale.

Non saremo certamente noi a negare l’esasperazione della crisi in conseguenza della diffusione del coronavirus nell’ambito dell’economia capitalistica, saremmo sciocchi e miopi nel voler negare una tale evidenza, ma ci sembra metodologicamente importante e politicamente necessario ricollocare nelle contraddizioni del modo di produzione capitalistico le ragioni ultime di tale epocale crisi. La pandemia ha soltanto accelerato ed ingigantito gli effetti dell’attuale crisi economica, ma già prima della diffusione del coronavirus erano evidenti, per chi sapeva cogliere a filo di materialismo storico le contraddittorie dinamiche operanti nei processi d’accumulazione, i segnali che il capitalismo stava marciando diritto verso una nuova e pesantissima recessione globale. Questa crisi non è stata quindi innescata dal coronavirus, ma dalle contraddizioni nel modo di produzione capitalistico che trovano nelle difficoltà di remunerare la massa ingente di capitale fittizio prodotto in questi ultimi decenni una delle più moderne manifestazioni.


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Vincenzo Comito: Ancora sull’ipotesi di decoupling Cina-Usa

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Ancora sull’ipotesi di decoupling Cina-Usa

di Vincenzo Comito

Ultimamente si parla di un forte ridimensionamento dei processi di globalizzazione. In relazione ai livelli di inquinamento allo sviluppo dell’automazione, al Covid alle politiche di Trump. Ma è molto più probabile che si verifichi un ridimensionamento e un mutamento delle sue caratteristiche

Usa Cina e1565020426713Un quadro per lo meno articolato

Il 3 ottobre 2020 abbiamo pubblicato su questo stesso sito un articolo (L’economia cinese dopo il Covid 19) che cercava di fare il punto su alcune questioni economiche rilevanti che toccano la Cina in questo momento. Tra i temi affrontati nel testo c’era quello del supposto decoupling in atto tra la Cina e gli Stati Uniti e più in generale tra la Cina ed i Paesi occidentali, argomento di cui, tra l’altro, sono pieni in questo periodo i media.

Con queste note proviamo a tornare sull’argomento, dal momento anche che il nostro interesse viene mantenuto vivo da una serie di notizie che nelle ultime settimane vengono riportate dalla stampa internazionale.

Alcune di esse mostrano un quadro molto articolato e non certamente in bianco e nero sul tema, come si poteva invece supporre. Altre mettono invece in rilievo delle tendenze che sembrano andare controcorrente rispetto all’ipotesi del decoupling e che anzi mostrano apparentemente un nuovo interesse delle imprese Usa e più in generale di quelle dei paesi avanzati per la Cina.

 

Delle situazioni molto diverse

Per quanto riguarda la prima questione, ad esempio un articolo apparso di recente sul Financial Times (Hille, 2020) sottolinea come le imprese estere che hanno una presenza produttiva nel Paese al fine di collocare i propri prodotti nello stesso, come ad esempio per il settore dell’auto è il caso dei produttori tedeschi, Usa, coreani e giapponesi, non abbiano nessuna intenzione di lasciare il Paese. Il discorso si fa diverso in parte, ma solo in parte, per quelle imprese che avevano scelto di produrre in Cina per rifornire da tale punto i mercati esteri.


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Francesco Saverio Luciani: Il Recovery Fund non salverà l’Italia dall’austerità

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Il Recovery Fund non salverà l’Italia dall’austerità

di Francesco Saverio Luciani

vertice 1200 690x362 1La tragicità della situazione lavorativa italiana appariva già nel 2013, quando l’Ikea di Pisa metteva 200 nuovi posti di lavoro sul mercato. Al bando si sarebbero presentati in 28000. Tutti giovani disoccupati. Tutte vite future senza speranza. Un triste scorcio su quello che sarebbe stato il futuro del paese dove, ancor prima della scoppio dell’attuale crisi, il tasso di disoccupazione giovanile risultava pari al 28% con picchi oltre il 50% nel sud. Se, in aggiunta ai disoccupati ufficiali, vengono presi in considerazione anche i sottoccupati e gli scoraggiati, allora il tasso di disoccupazione effettivo superava già il 20%, mentre il numero di italiani in povertà assoluta è passato dai 2 milioni del 2008 ai 5 di oggi. E tali numeri ancora non tengono conto della crisi dovuta al coronavirus, i cui effetti non stati ancora del tutto stimati.

Eppure tutto ciò non è il frutto di eventi eccezionali, bensì la manifestazione di una profonda crisi strutturale, le cui origini vanno ricercate almeno a partire dall’inizio degli anni ’90. «Lost in deflation»: è con tale titolo che, poco più di un anno fa, l’economista olandese Servaas Storm dipingeva il quadro dell’economia italiana. «Persa nella deflazione»: con tale monito il professore della Delft University of Technology descriveva l’esito, inevitabile, del modello economico sperimentato dal Bel Paese a partire dall’inizio degli anni ’90.

Come tenta di dimostrare l’economista olandese, l’impoverimento e la perdita di ricchezza che hanno riguardato l’intera popolazione italiana mostrano una drastica svolta a partire dal 1992. Di fatti, fino all’inizio degli anni ’90, l’Italia aveva goduto decenni di una robusta crescita economica, durante i quali era riuscita a toccare il PIL pro capite delle altre principali nazioni della futura zona euro, Francia e Germania comprese, e la cui ricchezza era oltremodo testimoniata dal maggior risparmio privato al mondo, stabilmente sopra il 20% del reddito medio delle famiglie italiane.


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Guy Van Stratten: Contagio, immaginario, conflitto

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Contagio, immaginario, conflitto

di Guy Van Stratten

L’epidemia delle emergenze. Contagio, immaginario, conflitto, a cura di Jack Orlando e Sandro Moiso, Il Galeone Editore, Roma, 2020, pp. 141, € 13,00

Schermata del 2020 10 24 22 49 24Può essere sicuramente interessante riprendere in mano adesso, in un momento in cui si sta profilando una seconda ondata del virus nonché drastici provvedimenti del governo per contenerla, L’epidemia delle emergenze. Contagio, immaginario, conflitto, a cura di Jack Orlando e Sandro Moiso, uscito lo scorso giugno per le edizioni “Il Galeone”, un volumetto che contiene diversi interventi di autori e redattori della webzine Carmilla online. La maggior parte dei saggi sono stati scritti a caldo durante il periodo dell’emergenza della scorsa primavera e sono stati pubblicati sulla rivista online. Gli interventi hanno seguito “l’unica regola” possibile per non lasciarsi soverchiare dai fantasmi della paura e della confusione: “abitare la catastrofe per coglierne il campo delle possibilità”, come scrivono Sandro Moiso e Jack Orlando nel testo che apre il volume. Una catastrofe nata e cresciuta in seno al modo di produzione capitalistico, un sistema che, oltre a presentare numerose falle, infligge dovunque lancinanti ferite: “Questo libro vuole offrire una prima risposta agli interrogativi aperti dall’epidemia ed essere uno strumento di battaglia politica per non soccombere al futuro che questo modo di produzione ci sta preparando”. Adesso, rispetto alla scorsa primavera, stiamo già vivendo il futuro: un futuro disastroso, in cui questo sistema è già pronto a infliggerci ferite che non smetteranno di sanguinare.

La necessità di opporsi a questo sistema, a partire dalla conoscenza, viene fortemente ribadita nel primo, già citato, saggio: “Bisogna rifondare la conoscenza e liberarne le possibilità, scientifiche e non, che in quella attuale sono state limitate o rimosse per il puro interesse finanziario e politico.


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Giorgio Gattei: C’è vita su Marx? Cronache MarXZiane n. 1

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C’è vita su Marx? Cronache MarXZiane n. 1

di Giorgio Gattei

Per il diritto d’autore: devo il titolo di questa prima parte delle “Cronache marxziane” a Riccardo Bellofiore che l’ha posto (perchè ispirato dalla canzone di David Bowie “Life on Mars”?) in testa alla sua introduzione a Marx inattuale (Edizioni Efesto, Roma, 2019). Ma quel titolo è finito lì, che lo svolgimento successivo è stato di tutt’altro tenore, mentre io l’ho preso sul serio e quindi….

unnamedjui652ix1. Come il pianeta Nettuno nel Sistema solare, anche il pianeta Marx è stato individuato nella Costellazione dell’Economia inizialmente solo per via speculativa a seguito di una discrepanza, inspiegabile nella traiettoria del valore rispetto ad ogni altro corpo economico già conosciuto, che lasciava intendere che in quello spazio di cielo dovesse esserci presenza di qualcosa di anomalo, anche se al momento non individuabile. E’ stata questa la grande intuizione dell’astronomo britannico Adam Smith, peraltro autore di una Storia dell’astronomia pubblicata postuma in cui teorizzava che «un sistema di pensiero è una macchina immaginativa inventata per collegare nell’immaginazione i vari movimenti ed effetti che nella realtà già si compiono». Per questo nella Ricchezza delle stelle (1776) egli aveva mostrato come ci fosse nel cielo un luogo economico in cui il valore delle merci misurato come “lavoro contenuto” (V = L) non coincideva più con la misura in “lavoro comandato” (o Salario: V = Lw), come invece avrebbe dovuto essere, essendo questo dovuto al semplice fatto che il salario unitario w pagato per ogni ora di lavoro L doveva risultare minore di 1, così che Lw < L. Ciò lo giustificava perché, mentre nello “stadio naturale” dell’economia (ossia dovunque) «tutto il prodotto del lavoro appartiene al lavoratore,.. non appena il capitale si è accumulato nelle mani di persone singole, alcune di loro naturalmente lo impiegheranno nel mettere al lavoro uomini operosi», a cui pagheranno un salario tale per cui «il valore che gli operai aggiungono ai materiali si dividerà in due parti, di cui una paga il loro salario e l’altra i profitti di chi li impiega». Ed era una anomalia inaspettata nell’ordine dei sistemi economici, con l’effetto che «nel prezzo delle merci i profitti costituiscono una componente del tutto diversa dai salari del lavoro e regolata da principi del tutto diversi». Sì, ma quali?


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Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli: Il prometeismo rosso da Weishaupt a Stalin

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Il prometeismo rosso da Weishaupt a Stalin

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Capitolo 10 tratto dal libro Il prometeismo sdoppiato: Nietzsche o Marx?

philo madera sconfitta utopia 0Dopo Campanella, Adam Weishaupt (1748-1830) diede nuovo vigore sul piano teorico al titanismo di matrice cooperativa.

Attorno al 1776 il giovane Weishaupt, infatti, formò, nello stato clericale della Baviera la setta segreta degli “Illuminati di Baviera”; al pari delle organizzazioni massoniche, essa aveva una rigida gerarchia interna mediante la creazione di diversi livelli di adesione, sotto la guida indiscussa di Weishaupt, ma a differenza di quasi tutte le altre associazioni laiche e anticlericali di quel periodo il suo principale promotore espresse inequivocabili tendenze allo stesso tempo prometeiche e comuniste, formando la matrice per una dinamica di sviluppo degli Illuminati che rimase invariata per quasi un decennio, prima della stretta repressiva contro l’organizzazione avviata nel 1787 da parte degli apparati di repressione bavarese.

Il creativo Weishaupt, che non a caso all’interno dell’organizzazione aveva preso l’eroica denominazione glorioso di Spartacus, manifestò chiaramente ai seguaci più stretti le due finalità principali degli Illuminati.

Se all’inizio il leader si limitò solo ad avviare un’azione capillare di diffusione delle opere e libri dell’illuminismo, visto che la Baviera proibiva gran parte di tali scritti, in realtà il pensiero panteista di Adam Weishaupt era molto più profondo e sosteneva che “ogni uomo capace di trovare in se stesso la Luce interiore… diventa uguale a Gesù, ossia Uomo-Re…”. Infatti l’insegnamento segreto che veniva impartito agli adepti asseriva che “… tutte le religioni si fondano sull’impostura e le chimere, che tutte finiscono per rendere l’uomo debole, strisciante e superstizioso, che tutto, nel mondo, è materia e che Dio e il mondo non sono che un’unica cosa”.


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Afshin Kaveh: Guy Debord lettore di Hegel. La nottola di Minerva che scruta lo spettacolo

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              rasoio di occam

Guy Debord lettore di Hegel. La nottola di Minerva che scruta lo spettacolo

di Afshin Kaveh

A prescindere dai concetti e dalle categorie hegeliane in sé, la figura di Hegel è citata più volte nelle tesi di La società dello spettacolo tanto che sorprende che, ancora oggi, non si riesca a cogliere l’influenza esercitata su Debord da Hegel

debord
            hegel 499Quando la filosofia dipinge il suo grigio su grigio, allora una figura della vita è invecchiata;
e con grigio su grigio essa non si lascia ringiovanire, ma soltanto conoscere;
la nottola di Minerva inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo.
G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto

In una lettera del 10 aprile 1969 alla sezione italiana dell’Internazionale Situazionista[1], indirizzata in particolar modo alla figura di Paolo Salvadori, Guy Debord elencava una serie di correzioni da apportare al lavoro di traduzione italiana de La société du spectacle. In un particolare passaggio in conclusione della missiva, Debord, riferendosi al §123 del proprio libro, indicava come erroneo – fraintendendo così la traduzione – il passaggio «que les ouvriers deviennent dialecticiens» e che Salvadori, giustamente, riportava come: «che gli operai diventino dialettici». Secondo Debord si trattava invece «di dire che essi diventino dialecticiens (non dialectiques)» e, per far meglio comprendere la differenza sostanziale tra le due forme, scriveva che «per esempio: la Storia è dialectique; Hegel è un dialecticien»[2]. Compresa la correttezza della traduzione Debord, in una risposta a Salvadori allegata a una lettera per Gianfranco Sanguinetti del 16 aprile 1969, concludeva, scrivendolo direttamente in italiano, con: «ho capito che sono un dialettico!». La lettera in questione è interessante anche per un post scriptum in cui Debord informava Salvadori di aver ritrovato e riletto alcuni suoi appunti che aveva preso direttamente dalla lettura della Fenomenologia dello spirito di Hegel, nell’edizione francese di Aubier-Montaigne (le stesse curate da Jean Hyppolite, uno dei più rinomati conoscitori e promotori di Hegel nella Francia dell’epoca e di cui Debord non solo leggerà gli scritti, ma ne seguirà persino qualche lezione, da non iscritto, al Collège de France, prendendo diverse pagine di appunti), ed è proprio quest’opera a emergere in più occasioni nel confronto epistolare per la traduzione del proprio libro.


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Domenico Moro: USA, la crisi dell’economia a debito e l’indebolimento del dollaro

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USA, la crisi dell’economia a debito e l’indebolimento del dollaro

di Domenico Moro

Crisi e USA 01 660x4002xLa pandemia ha messo a nudo e accentuato le fragilità delle basi economiche su cui si regge l’imperialismo americano, aumentando le basi materiali del conflitto che lo oppone alla Cina.

Recentemente, il presidente della Banca centrale Usa (Fed), Jerome Powell, ha dichiarato che lo stimolo monetario non basta, ci vuole un maxi stimolo fiscale.

In sostanza, non basta che la Fed tenga il costo del denaro a tassi d’interesse bassissimi e che inondi l’economia di liquidità, c’è bisogno che lo Stato aumenti le sue spese per sostenere l’economia in crisi, senza preoccuparsi di creare alti livelli di debito e deficit.

Powell si è espresso sulla falsariga di quanto affermato da Draghi, in riferimento alla Ue, e dal Fondo monetario internazionale (Fmi), secondo il quale una riduzione prematura della spesa pubblica dei governi può essere rischiosa per l’economia mondiale. Per la verità, gli Usa avevano già stanziato, per contrastare la crisi, una cifra ben superiore ai fondi stanziati dalla Ue, pari a 2.200 miliardi di dollari, con il Cares Act, che però è ora esaurito. Infatti, l’intervento di Powell si inserisce nel dibattito congressuale sull’entità del nuovo provvedimento di spesa, che vede i democratici proporre un nuovo stimolo di 2.200 miliardi, a cui i repubblicani hanno opposto una controproposta di 1.600 miliardi, che Trump ha a sua volta proposto di innalzare a 1.800 miliardi.

Gli Usa, però, devono fare i conti con una situazione del debito piuttosto grave, che può frenare la ripresa. Il debito pubblico è passato dal 108,7% del 2019 al 131% sul Pil previsto dall’Fmi per il 2020, mentre il deficit balzerà dal 6,3% al 18,7% sul Pil[1].


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Bruno Cartosio: Stati Uniti oggi: breve ragguaglio sulla conflittualità di classe

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Stati Uniti oggi: breve ragguaglio sulla conflittualità di classe

di Bruno Cartosio

lady liberty 3598126 1280La storia dell’ultimo mezzo secolo è «la storia della fuoruscita del capitale dalla regolamentazione sociale entro cui era stato costretto dopo il 1945». Prendo a prestito le parole di Wolfgang Streeck – e dietro le parole buona parte dell’analisi contenuta nel suo Tempo guadagnato – per racchiudere in una frase un ragionamento che ho sviluppato altrove (in Dollari e no) e che non è possibile riproporre qui se non nella forma sintetica del giudizio storico-politico. La rottura del «contratto sociale», o «patto newdealista», imperniato sul riconoscimento reciproco tra grande capitale e organizzazione operaia, tutelato dallo Stato, è stata la precondizione per la reazione neoliberista che negli Stati Uniti ha avuto in Ronald Reagan il suo eroe eponimo. Da allora l’arco temporale della Terza rivoluzione industriale ha largamente coinciso con quello del neoliberismo hayek-friedmaniano, che ha cambiato la fisionomia delle élite capitalistiche, alterato in profondità la composizione sociale del mondo del lavoro e riportato indietro l’orologio del comando padronale sui lavoratori. Poi, gli eventi che tra il 2008 e oggi hanno sollevato ogni velo residuo sulla crisi epocale in atto. Infine, Trump e ora il Covid-19, e nel dramma della pandemia la sollevazione innescata dalla risposta afroamericana al razzismo intrinseco agli omicidi polizieschi. La grande, socialmente composita sollevazione si è rarefatta – le rubano spazio le ansie preelettorali, cui si è aggiunto il contagio di Trump – ma non si è spenta. Né si sono interrotti gli scatti di conflittualità che la «nuova» classe operaia, anch’essa composita e spesso precaria, ha aperto in questi ultimi anni lontano dalle fabbriche. Sul mondo del lavoro e su questa conflittualità sarà focalizzata qui l’attenzione. (Alla politica del razzismo e alla sollevazione degli ultimi mesi Officina Primo Maggio ha dedicato nel giugno scorso l’opuscolo Uprising/Sollevazione. Voci dagli USA).


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Roberto Fineschi: Fratelli di tutto il mondo, affratellatevi!

la citta
              futura

Fratelli di tutto il mondo, affratellatevi!

Brevi note sul “papa comunista”

di Roberto Fineschi

L’enciclica di Francesco caldeggia nella sostanza la versione più soft dello stato corporativo ed è coerente con la dottrina sociale della chiesa. I comunisti devono invece porsi il problema di trasformare la struttura sociale

0d161c5ad5270c46efcfbba69988e02d XLFratelli tutti, l’ultima enciclica di papa Francesco, ha suscitato reazioni diverse ed è stata salutata (o deprecata) per le sue “aperture”. Vediamo i contenuti per capire quanto questo papa sia quel pericoloso “comunista” che viene dipinto dalle fazioni più retrive del mondo cattolico.

 

 1) Critica del presente

 L’enciclica prende di petto alcune delle questioni più scottanti dell’attualità sociale e politica, assumendo posizioni chiare. Critica alcuni punti chiave colpendo su due fronti: da una parte le modalità e le istituzioni della gestione neoliberista; dall’altra gli atteggiamenti più duri e intransigenti riconducibili a schieramenti cosiddetti populisti. Ne ha in sostanza per tutti; vediamo in che termini.

 1.1) Critica del neoliberismo

 Il papa non le manda a dire: l’economia finanziaria e le sue speculazioni sono una delle principali cause dell’attuale crisi mondiale (§§ 12, 52, 53 ,75, 109, 144); i suoi effetti perversi determinano rapporti squilibrati con i paesi più poveri e quindi il loro sfruttamento (§§ 122, 125, 126); causano la vuota e omologante cultura globalistica (§ 100) e il paradossale individualismo che gli fa specchio (§§ 12, 105, 144).

 Non basta: il problema di fondo è il mercato! È mera illusione pensare che possa autoregolarsi (§§ 33, 109), questo è un dogma neoliberale (§ 168)! È addirittura necessario pensare a istituzioni che lo regolino, a una sua gestione mondiale (§ 138). Senza questo tipo di regolazione, libertà e giustizia restano irrealizzabili (§§ 103, 108, 170-172).


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Militant: Il Covid, la “sinistra radicale” e Gagliardini

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Il Covid, la “sinistra radicale” e Gagliardini

di Militant

COVID E GAGLIARDINI124 giugno 2020, è la ventisettesima giornata di un campionato appena ricominciato dopo il lockdown e in uno stadio Meazza completamente vuoto per via delle norme anti Covid si affrontano Inter e Sassuolo. Al diciottesimo del secondo tempo, mentre la squadra di casa è in vantaggio di una lunghezza, Lautaro Martinez entra in area dalla sinistra e passa il pallone indietro a Lukaku, l’attaccante belga tira di prima intenzione e sulla miracolosa respinta del portiere emiliano il pallone capita tra i piedi di Roberto Gagliardini. Il centrocampista nerazzurro si trova solo, a porta vuota, a poco più di un metro dalla rete e, incredibilmente, sbaglia, e manda il pallone contro la traversa e divorandosi un gol già fatto. Ecco, se dovessimo immaginarci una rappresentazione plastica della cosiddetta sinistra radicale italiana oggi, l’errore di Gagliardini ne sarebbe un esempio quasi perfetto.

La crisi epidemica, ancor di più di quella economica e sociale in cui siamo immersi, ha fatto emergere in maniera eclatante tutte le contraddizioni di un sistema dominato dal profitto. E lo ha fatto in una maniera assolutamente intellegibile anche da parte del cosiddetto “uomo della strada”, sicuramente molto di più di quanto non fosse accaduto 12 anni prima con la crisi dei mutui subprime. Questa volta non bisogna certo sapere cosa sia il capitale fittizio o essere addentro ai processi di finanziarizzazione dell’economia per rendersi conto di come, in un’epoca caratterizzata da un’abbondanza di merci e da una capacità produttiva senza precedenti nella storia dell’umanità, in tutti paesi, compresi quelli “avanzati”, si stanno manifestando in maniera paradossale tutta una serie di carenze e di penurie che sono costate la vita a migliaia di persone.


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Federico Bertoni: Schizofrenia digitale e autoritarismo accademico

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Schizofrenia digitale e autoritarismo accademico

Rocco De Angelis intervista Federico Bertoni

bertoniImpressioni e riflessioni di un docente dell'Università di Bologna sul rapporto tra docenti e studenti nel contesto della didattica mista. La netta posizione dell’intervistato in merito alla didattica blended, alla didattica a distanza e alle nuove tecnologie e modalità di apprendimento, ci permette di cogliere, attraverso le parole di un insider, i limiti e i punti di potenziale forza di questi processi, i quali sono presenti da molti anni (non solo nel mondo della formazione) e che con la pandemia da Covid-19 hanno avuta impressa una forte accelerata. Un tentativo per provare ad uscire dal dualismo tra apocalittici e integrati. 

Uno sguardo sulle trasformazioni in senso neoliberista dell’università e le ipotesi in merito al divenire business delle esperienze didattiche degli ultimi mesi, una fase che Federico Bertoni nel suo “Insegnare (e vivere) ai tempi del Coronavirus” vede come un passaggio obbligato, al quale seguirà la fase della raccolta cocci, un’analisi e delle ipotesi tutte da verificare. 

* * * *

Per cominciare, che ruolo ha all’interno dell’università? Quali corsi tiene?

Sono Professore Ordinario nell’Università di Bologna presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica, dove insegno Teoria della Letteratura.

 

Che ruolo ricopre secondo lei l’università oggi e quali sono i principali elementi di trasformazione e passaggi nuovi avvenuti o che hanno subito un’accelerazione con la pandemia? Quali le continuità e quali i punti di rottura col passato?


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Maurizio Brignoli: Domenico Losurdo: Nietzsche, il ribelle aristocratico

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Domenico Losurdo: Nietzsche, il ribelle aristocratico

di Maurizio Brignoli

Losurdo, Domenico, Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico. Bollati Boringhieri, Torino 2002, pp. 1167

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              imagemne943Domenico Losurdo sviluppa in Nietzsche, il ribelle aristocratico una scrupolosa e dettagliata ricostruzione del contesto storico e del dibattito culturale coevo quali premesse per comprendere l’evoluzione della carica dissacratoria del pensatore di Röcken.

Fin dalla Nascita della tragedia è possibile vedere come gli spunti politici non siano esterni alla riflessione estetica e come la grecità sia una categoria filosofica elaborata in contrapposizione al mondo moderno, soprattutto alla Francia contemporanea attraversata dalle rivoluzioni. Il pericolo mortale, che sfocia nella rivolta servile della Comune, ha le sue origini nell’illusione moderna della possibilità di conoscere e trasformare la realtà, eliminandone la componente tragica e negativa. Causa di ciò è l’ottimismo, la fede nella felicità terrena di tutti che produce lo scontento nel ceto degli schiavi e li porta a sentire come ingiusta la propria condizione. La crisi della grecità tragica sta nell’ottimismo socratico che crede nell’insegnabilità della virtù e nell’attesa di un mondo felice. Il popolo tedesco, che ha sconfitto la Francia socratica della rivolta servile, deve essere l’erede della civiltà greca.

Se questa critica alla sovversiva idea di felicità comune è diffusa fra Sette e Ottocento, l’originalità di Nietzsche consiste proprio nel procedere il più indietro possibile nell’individuare l’origine della sovversione. Mentre l’ottimismo moderno porta alla rivolta e il cristianesimo alla fuga dal mondo, l’arte-religione greca promuove la felicità dell’esistenza, nonostante la coscienza del dolore della schiavitù che è a fondamento di ogni civiltà. Riflessione estetica e politica sono così strettamente unite ed è la politica a costituire l’aspetto principale che permette di cogliere l’unità tra i riferimenti al movimento socialista e alla guerra franco-prussiana e le analisi della tragedia eschilea e wagneriana.


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Elisabetta Teghil: “Donne di repressione”

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“Donne di repressione”

di Elisabetta Teghil

“Ogni donna, del percorso della sua crescita, porta dentro di sé uno o più marchi indelebili di illibertà. Sono segni del potere, iniziazioni a quel maschile e al suo rispetto, sono seduzioni dell’alterità vincente che ci hanno fatto sentire vive dentro gli stereotipi di questa cultura e ce li hanno fatti assumere come nostri, dentro e fuori di noi: il risultato è una complicità con e per ciò che è “vincente”.” Daniela Pellegrini.[1]

donne di repressione 1L’8 marzo del 2019 il Consiglio superiore della Magistratura ha pubblicato i dati che ufficializzavano il così detto sorpasso rosa: su 9401 magistrati ordinari, 5103 erano donne, cioè il 53% del totale. E se guardiamo ai giovani magistrati in tirocinio, il dato è ancora più netto, perché la percentuale di donne è del 66%, 231 su un totale di 351.

In Italia poi fra i direttori di carcere, e usiamo volutamente il maschile sottraendoci all’ uso politicamente corretto di un femminile che costituisce un artificio e suona come un coccio rotto, le donne sono il 60%. Sei su dieci. Moltissime poi sono nei corpi di polizia e di controllo in senso lato.

Qualche giorno fa la portavoce del Movimento No Tav, Dana Lauriola, è stata arrestata all’alba e trasferita al carcere delle Vallette a Torino. Dana deve scontare una condanna definitiva a due anni per una protesta NoTav del 2012  in cui fu occupata l’area del casello autostradale di Avigliana facendo passare gli automobilisti senza pagare il pedaggio. Il legale di Dana aveva chiesto l’applicazione delle misure alternative che vengono normalmente concesse in questi casi, applicazione che è stata respinta tanto che l’avvocato difensore ha dichiarato che in trent’anni di professione non gli era mai capitato un caso analogo. La paradossale sentenza è stata emessa dal Tribunale di sorveglianza di Torino nella persona del giudice Elena Bonu.

Il giudice è una donna.

Il movimento NoTav ha già fatto esperienze di questo tipo. Nella vicenda di Maya, tanto per citare un altro caso, uno dei tanti. Maya, compagna No Tav, nel 2017 aveva denunciato le violenze e gli insulti subiti da parte della polizia di Torino e venne interrogata sia come parte lesa, perché aveva sporto denuncia, ma anche come indagata, non si sa bene di cosa.


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Giordano Sivini: L’economia del debito e la Critica del valore

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L’economia del debito e la Critica del valore

di Giordano Sivini

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              image8976yyrDopo l'arrivo dell'ultimo ospite non invitato, il Coronavirus , oggi ci troviamo ormai, come si suol dire «sommersi di debiti». E questo inoltre, a quanto pare, succede in un contesto dove il dibattito sembra pendere dalla parte di che ne invoca ancora di più, di debito. Ed ecco che la mail di Giordano, con allegato questo testo che pubblico volentieri, è quanto mai benvenuta perché interviene in una discussione che - per quanto sopita a causa della preponderanza di cose che appaiono come più urgenti da discutere - mantiene una sua enorme importanza, al fine di sapere di che cosa oggi stiamo parlando. Mi riferisco qui alla polemica postuma (a causa della precoce morte di Robert Kurz) tra "Denaro senza valore" di Kurz, per l'appunto, e "La grande svalorizzazione" di Ernst Lohoff e Norbert Trenkle, dove per la prima volta fanno capolino - sospinte da Lohoff come se fossero i "topi di Willard" - le cosiddette «merci di second'ordine»; che poi, sempre secondo Lofoff, sarebbero quei titoli, o "merci derivate" che «permettono all’impresa di capitalizzare il valore futuro non ancora realizzato». Insomma, una sorta di teoria monetaria del valore che in qualche modo può essere ancora in grado di «salvare il capitalismo», e simultaneamente «fare giustizia» invece della teoria di Kurz, il quale non avrebbe fatto altro che perpetuare una interpretazione erronea del capitale fittizio. Ed ecco che il credito di Lohoff viene ad assomigliare ad una sorta di gatto di Schoeringer, che, finché non apri la scatola, rimane allo stesso tempo vivo e morto, plusvalore reale e denaro senza valore, il tutto a seconda se quel capitale fittizio sia coperto o scoperto. Roba da ... apprendisti stregoni! Alla quale viene da rispondere citando Kurz:

«Certo, fu la crisi economica mondiale a generare il keynesismo ma non fu il "modello di regolazione" politico del keynesismo a superare la crisi e a "politicizzare" il boom del dopoguerra, bensì la crescita, insita nel processo stesso della produzione di merce, che prese l’avvio ancora una volta, su di un livello di sviluppo superiore, in virtù della generalizzazione delle nuove produzioni di massa fordiste ad elevata intensità di lavoro.


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Carla Filosa: Epidemia del lavoro stagnante

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Epidemia del lavoro stagnante

di Carla Filosa

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              imagenhy54Scrive Marx nel suo Discorso sulla questione del libero scambio (Bruxelles, gennaio 1848):

“Bowring[1] presenta gli operai come mezzi di produzione che è necessario sostituire con altri mezzi di produzione meno costosi. Egli finge di vedere nel lavoro di cui parla un lavoro del tutto eccezionale, e nella macchina che ha schiacciato i tessitori una macchina altrettanto eccezionale. Dimentica che non vi è lavoro manuale che non sia suscettibile di subire da un momento all’altro la sorte dell’industria tessile…

Il dottor Ure… parla di alcuni mali individuali e dice, nel medesimo tempo, che questi mali individuali mandano in rovina intere classi; il quale parla di sofferenze passeggere del periodo di transizione e in pari tempo non dissimula il fatto che queste sofferenze passeggere hanno significato per i più il passaggio dalla vita alla morte e per i restanti il passaggio da una condizione migliore a una peggiore.

Quando dice, in seguito, che le sventure di questi operai sono inseparabili dal progresso dell’industria e necessarie al benessere nazionale, egli afferma semplicemente che il benessere della classe borghese ha per condizione necessaria la miseria della classe lavoratrice…

Voi, migliaia di operai che morite, non doletevene. Voi potete morire in tutta tranquillità. La vostra classe non perirà. Essa sarà sempre tanto numerosa che il capitale la potrà decimare senza temere di annientarla. D’altronde, come volete che il capitale trovi un impiego utile se non avesse cura di tenersi costantemente in serbo la materia da sfruttare, gli operai, per sfruttarli di nuovo?”

Se queste parole fossero state scritte in questi ultimi tempi – non tradite da nomi noti di due secoli fa – avremmo dato un significato esclusivamente virale alle “sofferenze” e al “passaggio dalla vita alla morte”, come pure un’interpretazione di un inconscio o di un pensiero inespresso di molti capitalisti da quel “Voi, migliaia di operai…” fino al “di nuovo”.


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Bollettino Culturale: Superando il realismo capitalista

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Superando il realismo capitalista

di Bollettino Culturale

graffit 68 prenezvosdesirsFrédéric Lordon propone una teoria delle attuali condizioni soggettive di (im)possibilità per la mobilitazione produttiva delle persone nel quadro delle strategie di valorizzazione e accumulazione del capitale. A sua volta, Mark Fisher valuta il modus operandi del cosiddetto "realismo capitalista", descrivendone l’impatto depressivo sulle nostre capacità critiche e immaginative e, quindi, sul loro potere di bloccare ogni prospettiva di emancipazione. Propongo di rivedere brevemente gli approcci di entrambi gli autori, evidenziandone i possibili limiti e considerando la loro rilevanza strategica in relazione a un compito urgente. Mi riferisco, concretamente, alla necessità di mappare nuovamente i punti di incoerenza e possibile rottura del processo di sussunzione delle nostre vite al movimento dispotico del capitale.

In “Capitalismo, desiderio e servitù”, Lordon identifica le condizioni per mantenere il dominio capitalista nella sua fase postfordista e neoliberista. Oggigiorno, l'allineamento del desiderio collettivo a favore della redditività del capitale assumerebbe caratteristiche totalitarie. Ciò nella misura in cui mira a trasformare l'attività lavorativa stessa, cioè il processo lavorativo, in una fonte intransitiva di piacere e soddisfazione. L'atto di lavorare, cioè di trasferire valore alla merce o assicurare il trasferimento e la realizzazione di quel valore, è promosso ideologicamente come momento di realizzazione personale. Pertanto, non sarebbe più sufficiente mobilitare le persone attraverso il bisogno / desiderio di un salario, diventa essenziale convertire il processo lavorativo in una fonte di felicità in sé.


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Alessandra Ciattini: La battaglia delle idee: come è stata costruita l’egemonia statunitense

la citta
                futura

La battaglia delle idee: come è stata costruita l’egemonia statunitense

di Alessandra Ciattini

L’egemonia culturale statunitense non è casuale, ma è stata promossa dal secondo dopoguerra da istituzioni ben finanziate e organizzate come la CIA

cf11b3f20e3d67835224e7f80e1cebe3 XLÈ noto che l’espressione battaglia delle idee viene già utilizzata da Marx negli anni ’40 dell’’800 e successivamente da Gramsci allo scopo di sottolineare che la lotta per la costruzione di un nuovo modello di società tocca in maniera profonda anche la coscienza degli individui e il loro modo di concepire la vita collettiva.

Negli anni ’80, all’epoca dello scontro con gli Stati Uniti per la restituzione al padre del piccolo Elián González, Fidel Castro rilancia questo termine e dà impulso ad una serie di importanti misure, il cui scopo è quello di elevare il livello intellettuale dei cubani; tra queste cito lo sviluppo di un programma educativo volto ad estendere la preparazione universitaria, la creazione di un canale televisivo educativo (Universitad para todos), che si è mostrato molto utile in questa fase di confinamento per l’insegnamento a tutti i livelli, l’universalizzazione dell’università; quest’ultima, il cui scopo era quello di consentire l’accesso all’università di tutti i lavoratori sociali con l’aiuto dell’impegno volontario dei docenti, purtroppo non ha dato buoni risultati.

Successivamente, dopo il dissolvimento del blocco dell’est, e quindi con l’impossibilità di contrapporre il capitalismo ad un altro modello di società, il governo cubano decise di incrementare questa politica, passando da un atteggiamento difensivo ad uno aggressivo, colpevolizzando con insistenza l’attuale sistema economico-sociale dei gravi problemi con cui si deve confrontare l’umanità. In questo contesto nel 2003 si costituì ad opera di intellettuali cubani e messicani la Rete degli intellettuali in difesa dell’umanità, che ha avuto un illustre antecedente nell’Alleanza internazionale degli scrittori, il cui primo Congresso si tenne a Parigi nel 1935. La Rete è animata dalla volontà di opporsi alla barbarie, all’ingiustizia, a difendere la pace, la dignità umana e a preservare ciò che caratterizza l’essere umano in quanto tale.


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Thomas Fazi: La fabbrica del consenso economico

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La fabbrica del consenso economico

di Thomas Fazi

prendisoldiescappa scaledPer capire come la teoria economica mainstream, costruita e riprodotta nei circoli intellettuali e accademici, viene veicolata, mediaticamente, nella cultura di massa, dobbiamo prima fare una breve premessa su come funziona la propaganda nei moderni regimi occidentali cosiddetti liberal-democratici (cioè nei regimi in cui, per intenderci, vigono elezioni a suffragio universale, libertà di associazione e libertà di stampa).

In questi paesi la propaganda assume forme ben diverse da quelle che solitamente assume nei regimi non democratici – cioè in cui non vigono le condizioni di cui sopra –, dove tendenzialmente esiste un controllo top-down diretto e pressoché assoluto del flusso di informazioni che arriva ai cittadini, tanto tramite i media ufficiali (che perlopiù sono direttamente sotto il controllo del governo) quanto, oggi sempre di più, tramite i social network e persino i sistemi di chat. Pensiamo per esempio alla Cina.

Ora, un tale livello di controllo – ma soprattutto un controllo così esplicito dell’informazione – sarebbe ovviamente considerato inaccettabile nei paesi occidentali (almeno per ora). Dunque in Occidente, in particolare in seguito all’ascesa della comunicazione di massa nel secondo dopoguerra – e quindi al progressivo proliferare delle fonti di informazione “indipendenti” (cioè non soggette a controllo governativo, diversamente dalla televisione pubblica, per esempio), che oggi con internet tendono praticamente all’infinito –, le élite politico-economiche occidentali sono dovute ricorrere a strategie alternative per assicurarsi un controllo sulla narrazione pubblica (controllo che – attenzione – è ancora più fondamentale nei regimi democratici, proprio perché in essi esiste effettivamente il rischio che possa essere eletto un governo ostile agli interessi delle élite).


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Redazione politica: La lotta all’UE nella strategia dei comunisti

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La lotta all’UE nella strategia dei comunisti

di Redazione politica

Comunisti e UE 660x4002xL’Ordine Nuovo ha inaugurato alcune settimane fa sulle sue pagine una rubrica su l’Unione Europea. L’obiettivo dichiarato è favorire la discussione su una tematica complessa, le cui differenti visioni concorrono a dividere il movimento comunista a livello internazionale e all’interno dei vari Paesi. Questi contrasti, in alcuni casi, rispecchiano differenze profonde: valutazioni dissimili sulla natura delle istituzioni borghesi e nella concezione dello Stato, letture antitetiche dello scontro interimperialista. In altri casi, invece, il centro del dibattito non è tanto la natura dell’UE o la sua riformabilità, quanto differenti impostazioni tattiche che, complice l’arretratezza dello scontro di classe, finiscono per tradursi in un dibattito sulle intenzioni dai pochi risvolti reali, più utile a dividere che a fare i necessari passi in avanti nell’elaborazione.

Sul carattere irriformabile e reazionario dell’UE ci siamo soffermati già precedentemente,[1] evidenziando come essa sia stata strumento per l’abbattimento delle condizioni di vita dei lavoratori e abbia favorito i processi di riduzione degli spazi democratici, sdoganando, attraverso l’attività di lobbying, le pressioni delle grandi aziende private sugli indirizzi politici ed economici dell’Unione. Continue conferme della giustezza di questa lettura arrivano dalla quotidianità delle politiche europee che seguiremo a trattare nei nostri articoli.

Qui vogliamo, piuttosto, parlare di quale sia il compito dei comunisti nella battaglia contro l’UE con quanti condividono con noi la convinzione che nessuna Europa dei popoli sia possibile in regime capitalistico, che l’Unione Europea sia un’alleanza imperialista attraverso la quale il capitale monopolistico europeo persegue i propri interessi e che, per questa loro natura, le istituzioni europee siano irriformabili ed intrinsecamente contrarie agli interessi dei popoli europei.


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Paolo Maddalena: I ‘postumi’ del Sì

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I ‘postumi’ del Sì

Alba Vastano intervista il professor Paolo Maddalena

Costituzione italiana“La concentrazione dei poteri in un uomo solo al comando e la corrispondente riduzione di poteri del Parlamento muterebbe la gerarchia delle fonti, poiché in pratica sposterebbe il potere sovrano dal Parlamento (e cioè dal Popolo) al Governo, con la inevitabile conseguenza che la legge avrebbe la pari forza delle norme e dei principi costituzionali. In sostanza, sarebbe cancellata la Costituzione”
P. Maddalena

Siamo ormai ad un mese dal referendum confermativo che ha chiamato gli elettori ad esprimersi, votando Sì o No, sulla legge costituzionale al taglio dei parlamentari “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019 . L’art. 138 della Costituzione prevede che una legge può essere sottoposta a referendum se ne facciano domanda, entro 3 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta, un quinto dei membri di una camera o 500mila elettori o 5 consigli regionali. La richiesta di referendum è stata firmata da 71 senatori e approvata dall’ufficio centrale per il referendum dalla Corte di Cassazione.

Una forte e partecipata campagna per il No, forse inaspettata, ha visto coinvolti molti Costituzionalisti e tanti personaggi della cultura italiana. Tanto da far sperare in una svolta rispetto ai fautori per il Sì. Non è andata, ma era anche prevedibile, vista la forte adesione dei partiti parlamentari e dei loro fidelizzati fra gli elettori. Nonostante la sconfitta del No, quel 30 per cento e oltre avrà un peso sulle scelte future del Parlamento nella nuova legislatura post elezioni politiche del 2023?

Delle ragioni del No e delle conseguenze della vittoria del Sì risponde nell’intervista che segue, Paolo Maddalena, costituzionalista, vice presidente emerito della Corte costituzionale.


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Nuova Direzione: Ricerca di una nuova direzione

nuovadirezione

Ricerca di una nuova direzione

Sulla logica del Cln

di Nuova Direzione

gli orizzonti perduti 1La crisi

La spinta generata dalla crisi sanitaria ancora in corso sta determinando conseguenze dirette ed indirette molto forti. In particolare, si registra un’accentuazione della divaricazione tra sezioni del paese, sia in termini geografici sia di specializzazione, e l’impatto altamente differenziato sul mondo del lavoro (principalmente sull’asse tra impieghi stabili e precari e tra lavoratori autonomi e dipendenti). È evidente l’allargamento di una profonda linea di divaricazione, già presente e costitutiva della retorica neoliberale, tra i settori dei ceti salariati ancora protetti dalle garanzie novecentesche e il vasto mondo dei lavoratori precari senza diritti, in particolare nelle imprese piccole ed a basso livello tecnologico e di competitività, i numerosissimi finti autonomi del settore dei servizi (in particolare nel turismo e settori affini), gli operatori in proprio del commercio al dettaglio, i professionisti e parte del ceto medio produttivo ed imprenditoriale in crescente difficoltà. I primi antepongono la protezione, richiedendola, alla continuità dell’impegno lavorativo mentre i secondi, impregnati dello spirito libertario e della retorica del self-help tipica del mondo neoliberale, sono impauriti soprattutto della potenziale disoccupazione, o del fallimento delle loro attività, passano in secondo piano i rischi sanitari individuali e collettivi (che tendono ad essere negati). La seconda area tende a mobilitarsi contro le misure di protezione sanitaria, percependole come una minaccia concreta e una violazione della propria libertà individuale. La prima costituisce la base, al momento maggioritaria, di consenso alle misure governative di protezione attiva nei confronti dei rischi epidemici (che riguardano molto più la tenuta del fragile sistema sanitario nazionale che non la mortalità diretta in condizioni ottimali, che resta bassa).


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Alessandra Ciattini, Marco Antonio Pirrone: Pandemia nel capitalismo del XXI secolo

marxismoggi

Pandemia nel capitalismo del XXI secolo*

di Alessandra Ciattini, Marco Antonio Pirrone

pandemia copertinaIn questi ultimi mesi molto si è scritto e si è detto sulla pandemia, prodotta dal Coronavirus SARS-CoV2, che ha come esito il COVID 19[1] e che sta facendo morti in tutto il mondo, colpendo soprattutto quegli strati sociali che, per le loro stesse condizioni di vita, non sanno come difendersi.

Il libro ritorna sull’argomento, esaminando il gioco interattivo dei diversi fattori che stanno alle radici di questo drammatico fenomeno sociale e che costituisce un ennesimo avvertimento, dai più inascoltato, sulle reali condizioni del nostro pianeta e sulla possibilità che la vita possa continuare a riprodursi in esso.

All’interno dell’analisi di questi diversi fattori abbiamo voluto prestare una particolare attenzione alla dimensione economica, convinti che vi sia una stretta correlazione tra il modo di produzione capitalistico, la manipolazione della natura - e lo sconvolgimento degli assetti ecologici e della biodiversità che esso determina - e la genesi degli eventi pandemici. A questo proposito, non a caso, alcuni studiosi definiscono l’era attuale l’era del Capitalocene, ossia l’era del dominio e della diffusione del capitale sull’intero pianeta, con particolare attenzione proprio alle conseguenze sull’ecosistema di tale dominio.    

Per sviluppare al meglio questa impostazione e per connettere la sfera economica agli altri aspetti della vita sociale siamo ricorsi ai contributi di vari specialisti (biologi, virologi, medici, sociologi, filosofi, economisti, giuristi), dotati però di una sensibilità antiriduzionistica. Ossia capaci di focalizzare la dimensione di loro pertinenza senza offuscare le complesse relazioni tra questa e gli altri livelli della vita sociale.


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tonino

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Oct 31, 2020, 2:47:46 PM10/31/20
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Fabio Vighi: Homo pandemicus

filosofiainmov

Homo pandemicus

Ideologia COVID e nuove frontiere del consumo.

di Fabio Vighi*

Teatro 1024x512L’attuale emergenza sanitaria dovrebbe suggerirci una riflessione sul potere dell’ideologia in un’epoca troppo frettolosamente definita post-ideologica. La caduta del muro di Berlino, ça va sans dire, non ci ha liberati dalle ideologie. Piuttosto, il sentirci affrancati da pressioni ideologiche ci rende vulnerabili a un non-pensiero unico tarato sull’anonima brutalità del calcolo economico. Con la globalizzazione e l’emancipazione dalle Grandi Narrazioni ci siamo consegnati a forme sempre più subdole di manipolazione che intercettano la dimensione viscerale del nostro essere. La dissoluzione dei vecchi legami simbolici ci ha proiettato nella dittatura piatta e invisibile dell’economia, contrabbandata come libertà. Questa pretestuosa libertà si risolve, essenzialmente, nell’obbligo di produrre e consumare valore (merce).

Resistere alla potenza di fuoco dell’ideologia capitalista è sempre più arduo. La nostra info-sfera centrifuga dati, annunci e comunicati a velocità supersonica. Questi segni ci soverchiano, demolendo le nostre capacità critiche e condannandoci a uno stato di ipnosi semi-permanente. Se a volte troviamo la forza di resistere a questa sopraffazione, ci ritroviamo però ridotti all’impotenza quando si tratta di immaginare nuove configurazioni sociali in grado di garantirci uno spazio di autonomia rispetto ai rapporti socio-economici che ci definiscono. Da qui la percezione di un tempo storico insieme irreversibile e inesauribile, per cui l’intera esperienza umana ripiega in un flusso destinale dove ogni evento è posto e insieme presupposto dalla metafisica del capitale.


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Piotr: Che sconforto

carlo formenti facebook

Che sconforto

di Piotr

Vi sottopongo queste riflessioni che ho rivenuto dall'amico Piero Pagliani sull'impotenza colpevole del governo (travolto da tutto quanto doveva fare e non ha fatto nei mesi scorsi) di fronte al prevedibile esplodere della seconda ondata pandemica [cf]

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                  presidente consiglio giuseppe conte fotogrammaChe sconforto.

Da tempo mi domandavo se non è un po' stupido un governo che spende i soldi in bonus per biciclette e monopattini ma non potenzia i trasporti pubblici. Davvero pensava che le cose fossero equivalenti per la mobilità?

E così ci troviamo nella demenziale situazione di studenti distanziati in aula e accalcati sui mezzi pubblici. I treni regionali possono imbarcare il 100% dei posti. In quelli per pendolari, come i lombardi di Trenord, addirittura si invitano i passeggeri a non mettere oggetti sui sedili perché devono essere tutti occupati, con anche un bel po' di posti in piedi. Gli autobus possono riempirsi per l'80%, cifra già alta e poi chi controlla?

E così finisce che a scuola non ci si infetta in modo significativo, ma andando a scuola sì. E dunque oggi si ritorna all'odiosa, inutile e desocializzante didattica a distanza, senza che la scuola ne abbia colpa.

Ci si infetta sui mezzi di trasporto, sul lavoro, a casa e negli ospedali. Cosa è stato fatto per prevenirlo? Ad esempio cosa si è fatto per non dover ricoverare per motivi sociali semplici positivi paucisintomatici (persone sole, o al contrario che vivono in case sovraffollate, quelle che convivono con anziani, ecc.)? Bonaccini afferma di aver individuato 1.000 posti letto in strutture alberghiere per questi ricoveri di carattere sociale che non richiedono cure mediche, così da non gravare sugli ospedali. Questo in Emilia Romagna. E nelle altre regioni?

E allora, via con altri palliativi, la chiusura delle palestre e dei cinema, entrambi già semideserti e tutti dotati di estrattori d'aria (poveretti, una spesa per nulla), i ristoranti che non possono più servire la cena (il pranzo sì, la cena no: perché?), la proibizione di accompagnare a casa la fidanzata di notte, la raccomandazione (che tra poco mi sa tanto diverrà un obbligo) di non muoversi nemmeno coi propri mezzi (e se uno vuole farsi una gita in campagna, in montagna o in un bosco? Che senso hanno queste raccomandazioni quando già ci sono meticolosi divieti per evitare ogni tipo di assembramento?).


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Bollettino Culturale: Ragionando sulla domanda effettiva

bollettinoculturale

Ragionando sulla domanda effettiva

di Bollettino Culturale

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Il principio della domanda effettiva in Kalecki

Dalla critica di Marx alla legge di Say e accettando gli aspetti strettamente economici della teoria del valore e della distribuzione classica, Kalecki cerca di sviluppare una nuova teoria del prodotto e dell'accumulazione. Proporre lo sviluppo degli schemi di riproduzione presentati da Marx e un modo per spiegare le crisi come fenomeni che possono avere effetti a lungo termine a livello normale del prodotto.

La proposta di Kalecki è quindi la seguente: basato su una teoria del valore e della distribuzione basata sulla nozione classica di surplus, il meccanismo che descrive la relazione tra risparmio e investimento e fornisce le basi per una teoria del prodotto si basa sul principio della domanda effettiva.

La formulazione kaleckiana del principio della domanda effettiva prende come punto di partenza l'idea che non vi sia alcuna garanzia che la domanda aggregata possa essere sufficiente ad assorbire il prodotto generato dal normale utilizzo dello stock di capitale esistente. Una delle componenti della domanda aggregata, l'investimento, sarà la determinante del livello di risparmio nel sistema. Kalecki esclude da questa analisi la possibilità che si verifichino squilibri in un settore isolato dell'economia a causa di sproporzioni tra i settori produttivi, poiché la sua idea è di lavorare con un'analisi a lungo termine.

Utilizzando il principio della domanda effettiva per colmare il divario tra una teoria del valore e della distribuzione e una teoria del prodotto, possiamo vedere due percorsi teorici: uno basato su una critica alla teoria della scuola marginalista, ma utilizzando la sua teoria del valore, che è stato utilizzato da Keynes.


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Carlo Formenti: Il capitale vede rosso

carlo formenti facebook

Il capitale vede rosso

di Carlo Formenti

Dai primi di novembre sarà in libreria il mio ultimo libro. Un pamphlet dal titolo "Il capitale vede rosso. Socialismo del secolo XXI e reazione maccartista", pubblicato da Meltemi nella collana Melusine. Perché possiate farvi un'idea dei suoi contenuti. Copioincollo qui di seguito la Nota Introduttiva

Il titolo di questo libretto è ispirato dalla gigantesca statua di bronzo che si trova davanti alla sede della borsa di New York. Quel grande toro nerastro è una perfetta raffigurazione degli “spiriti animali” del turbocapitalismo contemporaneo, che costruisce i propri profitti sulla speculazione finanziaria più che sulla produzione industriale di beni e servizi. Il toro è infatti la metafora delle fasi arrembanti della borsa, nelle quali i titoli sembrano destinati ad accrescere senza sosta i propri valori, seguendo una curva di progressione geometrica. Tuttavia, l’artista che lo ha realizzato pare piuttosto avere pensato allo spettacolo delle corride: la bestia è ritratta in una posizione di tensione dinamica, la testa bassa e lo sguardo feroce, tanto che sembra pronta a precipitarsi contro il drappo rosso con cui un matador ne aizza la furia; non a caso, “vedere rosso” è il modo di dire comunemente usato per parlare di una persona talmente arrabbiata da avere perso il controllo, per cui si comporta appunto come un toro che carica a testa bassa.


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Leo Essen: Tamponi e tracciamento dei contagi nel caos. E' la pietra tombale di un sistema (privatista) fallito

lantidiplomatico

Tamponi e tracciamento dei contagi nel caos. E' la pietra tombale di un sistema (privatista) fallito

di Leo Essen

Il Direttore Sanitario dell’ATS di Milano Vittorio Demicheli già due giorni fa, a SkyTg24, diceva: “Non riusciamo a tracciare tutti i contagi… chi sospetta di avere un contatto a rischio o sintomi stia a casa.”

Come dire, sbrigatevela da soli, arrangiatevi. E i milanesi, brava gente, si stanno arrabattando e arrangiano – «fanno andà i man».

Il 20 ottobre, Andrea Gori, primario di malattie Infettive al Policlinico di Milano, intervistato dal Corriere diceva che: “La prima battaglia persa è stata arrendersi al tracciamento dei casi. Significa che, dice, non potendo stare dietro ai contatti stretti dei positivi di giornata, ora ci affidiamo alla responsabilità e alla coscienza di ogni individuo.”

E gli individui, i milanesi, sono responsabili, come il lavoratore di 43 anni, sentito dal Corriere proprio ieri.

Il 7 ottobre, si legge sul Corriere, il lavoratore si è recato in un centro di analisi per fare il tampone, ma è stato rimbalzato presso un ospedale in zona San Siro. Qui gli hanno detto che per fare il tampone occorre la prenotazione. Allora il lavoratore ha chiamato il suo medico di base, il quale ha inviato la prenotazione e finalmente è stato tamponato. Passate 24 ore, nessuno si è fatto sentire per comunicare l’esito. Il 13 ottobre, 6 giorni dopo il tampone, è arrivato finalmente il referto: positivo.


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nlp: Coprifuoco, mito e mistica in epoca Covid

codicerosso

Coprifuoco, mito e mistica in epoca Covid

di nlp

Da quando Mike Davis fece uscire una Breve storia dell’autobomba, gli oggetti e i concetti della storia militare, come della guerra informale, emergono prepotentemente come strumenti di spiegazione delle pratiche sociali e delle prospettive della politica. Questo vale, a maggior ragione, per uno degli strumenti di eccellenza per l’idea di potere militare: il coprifuoco. Si parla di uno strumento che può essere politico, a seconda dell’autorità che ha il potere di promulgarlo, ma che è comunque militare perché è questa la dimensione che possiede, in ultima istanza, il potere di farlo rispettare.

Nelle ultime settimane il concetto di coprifuoco è stato utilizzato dai media per descrivere le misure di chiusura notturna generalizzata prese in tutti i paesi europei per far fronte alla nuova ondata di contagio da coronavirus. L’effetto annuncio del coprifuoco è evidente: evoca il potere in ultima istanza delle società costituite, quello militare, per rappresentare delle misure che, in larghissima parte, sono politiche e amministrative.

Ma l’annuncio dell’intervento militare, le foto e i filmati delle forze dell’ordine, alimentano la forza dell’effetto notizia -e di tutta l’economia che gli gira attorno tra social e media tradizionali – iniettando dosi di relax sui soggetti a potenziale panico.


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comidad: Il nesso dimenticato tra capitalismo e pauperismo

comidad

Il nesso dimenticato tra capitalismo e pauperismo

di comidad

I media mainstream si sono premurati di farci sapere che l’emergenza Covid è stata, ed è, una vera pacchia per le multinazionali del web. Ad esempio, la multinazionale della distribuzione Amazon si è avvantaggiata della messa fuori gioco del commercio tradizionale accumulando venticinque miliardi di dollari di profitti in più, un incremento che supera il PIL di tanti piccoli Stati. Come sempre, questo tipo di notizie sui ricchi che diventano sempre più ricchi, mentre i poveri sprofondano, viene fornito con un’evidente ambiguità.

Siamo in una fase storica in cui il senso critico nei confronti del potere è quasi scomparso, isolato in alcune “nicchie” screditate che i media usano per additarle al ludibrio dell’opinione pubblica come esempi di irrazionalità da cui tenersi alla larga. La ridicolizzazione del dissenso è solo il preliminare minaccioso della sua criminalizzazione, perciò il dissenso viene etichettato come negazionismo, complottismo e quindi, per proprietà transitiva, come antisemitismo e nazismo. Il dissenso è accettato finché finge di essere tale, si attiene a obiezioni marginali e non mette in questione la narrazione ufficiale.


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Patrizia Scanu: Il rientro a scuola: un incubo sanitario?

sovranitapopolare

Il rientro a scuola: un incubo sanitario?

di Patrizia Scanu

Troppa indifferenza verso ogni autentica misura di prevenzione e di ogni altro aspetto della salute pubblica

Nel caleidoscopio surreale delle misure prive di logica e di etica adottate per contrastare l’epidemia più singolare della storia, un posto di primo piano spetta indubbiamente alla scuola, subito dopo la disumana negazione dei funerali e della vicinanza dei parenti per gli anziani delle RSA o per i ricoverati in ospedale, che ha costituito il sinistro naufragio dei valori fondanti di una comunità solidale. Si potrebbe dire che sulla scuola e sui bambini si sia concentrato il meglio dell’insipienza dei decisori politici, non si sa bene quanto influenzati dai consiglieri scientifici del CTS e soprattutto da quali di essi, dato l’abusiva secretazione degli atti.

Cominciamo dall’interruzione della frequenza scolastica e dal confinamento forzato in casa di milioni di bambini e adolescenti per due mesi. Benché invisibili ad occhio nudo, i danni che ne hanno subito i più giovani sono complessivamente gravi: regresso cognitivo, riduzione delle competenze sociali, interruzione del processo di crescita complessiva, disagio psicologico che ha compreso stress post-traumatico, disturbi di adattamento, ansia, sintomi depressivi, perdita di motivazione, senso di affaticamento fisico e cognitivo, sentimenti di autosvalutazione, tristezza, rabbia, paura e colpa, aumento della violenza e dell’aggressività, sospettosità paranoide, suicidio.


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Michelangelo Cocco: Pechino. Riunione del Comitato Centrale: la Cina si guarda dentro

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Pechino. Riunione del Comitato Centrale: la Cina si guarda dentro

di Michelangelo Cocco*

Cina comitato centraleSulla quinta sessione plenaria (plenum) del XIX Comitato centrale del Partito comunista cinese, che si svolgerà a Pechino dal 26 al 29 ottobre, saranno puntati gli sguardi dei potenti del mondo, interessati a capire come la seconda economia del pianeta intenda reagire all’uno-due della guerra commerciale-tecnologica scatenata dalla Amministrazione Trump e della pandemia di coronavirus.

Dopo che il IV plenum (28-31 ottobre 2019) aveva decretato la linea dura contro i ribelli di Hong Kong, questa volta i 204 membri permanenti e i 172 supplenti del CC si concentreranno sulla discussione del XIV Piano quinquennale (2021-2025), che sarà formalmente approvato in primavera dall’Assemblea nazionale del popolo.

 

Nuova era cinese e opportunità nella crisi

L’economia si riprende dunque il centro della scena. Non poteva essere altrimenti in una fase segnata dal secondo shock globale del capitalismo in poco più di dieci anni. Come già in occasione della crisi finanziaria scoppiata nel 2007, il Pcc proverà a sfruttare la pandemia per rafforzare la sua legittimità a governare come partito unico, ma per riuscirci dovrà compiere decisivi passi avanti riguardo a problemi economici e sociali fondamentali, tuttora irrisolti.

Il 30 luglio scorso (nella riunione dell’Ufficio politico che ha convocato il quinto plenum), nonostante il crollo del prodotto interno lordo (-6,8% nel primo trimestre, +3,2% nel secondo), Xi Jinping e compagni avevano dichiarato centrato il primo dei due obiettivi dei centenari, ovvero la creazione di “una società moderatamente prospera in ogni ambito”, con un Pil pro capite di 10 mila dollari (raddoppiato rispetto al 2010) – in anticipo rispetto all’anniversario della fondazione del Partito, che il 23 luglio prossimo compierà 100 anni.


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Norberto Natali: Contro “l’unita’ dei comunisti”

marx xxi

Contro “l’unita’ dei comunisti”

di Norberto Natali

Uno stimolante contributo di Norberto Natali che ci auguriamo possa aprire un dibattito a sinistra e fra i comunisti

lenin e rivoluzione“Tutti i partiti rivoluzionari e di opposizione sono sconfitti. Scoraggiamento, demoralizzazione, scissioni, sfacelo, tradimento, pornografia invece di politica. Si accentua la tendenza all’idealismo filosofico; si rafforza il misticismo come copertura dello spirito controrivoluzionario”.

(Lenin “L’estremismo, malattia infantile del comunismo” - 1920)

Ero un giovanissimo operaio “borgataro”, senza titoli di studio eppure mi risultava semplice leggere Lenin. Perciò lo facevo con avidità: con poche e semplici parole riusciva a farmi comprendere numerose e complicate questioni. Aveva un linguaggio asciutto, incalzante, trascinante nella sua lucidità logica, tanto da dare l’impressione che sapevi sempre cosa fare.

Le aspre ed inedite difficoltà (minimizzo) dei nostri tempi, in Italia, riportano prepotentemente alla mia memoria quelle vecchie letture. Mi viene da pensare che Lenin -parlando di noi, ora- direbbe più o meno: “la questione essenziale è chiara e inconfondibile. Chi ha a cuore la causa del partito comunista -ossia la causa del proletariato, del rilancio vittorioso della lotta di classe, della salvaguardia della pace e della natura, del socialismo- deve necessariamente (prima di tutto) trovare il modo di attingere le proprie forze tra vaste masse proletarie (in particolare giovani) le quali, al momento, non hanno alcun interesse per la lotta politica e ancor meno simpatia per i comunisti”.

Per lo meno ciò è quello che penso e sarò grato a chi mi aiuterà a capire -eventualmente- se sbaglio.

Nel frattempo, questa mi sembra la premessa migliore per affrontare tre problemi concreti.


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Francesco Cappello: Quella luce in fondo al tunnel

seminaredomande

Quella luce in fondo al tunnel

PSN e tds a tasso negativo versus mes e RF

di Francesco Cappello

LLIFATScegliere tra le possibilità offerte, da una parte dal piano di salvezza nazionale PSN, a cui si affiancano oggi i titoli di stato a tasso negativo (1), e dall’altra da MES e Recuvery Fund RF (Next Generation EU), non dovrebbe risultare difficile. Tutt’altro.

 

Statonote (una delle sei proposte del PSN)

Se aveste la possibilità di stamparvi la moneta che vi serve per concretare i vostri sogni/progetti senza incorrere in alcun effetto collaterale, di sicuro preferireste procurarvi così i soldi che vi servono piuttosto che farveli prestare, anzi, non avreste dubbi in proposito per il semplice motivo che in questo secondo caso sapete bene che i soldi ricevuti in prestito prima o poi dovreste restituirli, per di più maggiorati dagli interessi.

Ebbene, a trovarsi nella situazione precedentemente descritta è niente di meno che lo Stato di cui siamo parte. Lo Stato può immettere nel circuito economico, per tutte le esigenze di spesa del Paese, moneta di stato, legale entro i confini del territorio nazionale, o statonote come preferisce chiamarle Antonino Galloni, presidente del Comitato Nazionale Statonote (CNS), per distinguerle dalle banconote che hanno diversa origine. La prima è moneta non a debito a cui non siamo nuovi per averne già sperimentato l’uso sin dal 1966 (governo Aldo Moro con la consulenza di F. Caffè). La quantità di statonote o biglietti di stato da mettere in circolazione è relativa al fabbisogno dello Stato ossia quella necessaria a mobilitare quei fattori produttivi inespressi a cominciare dalla forza lavoro non più in grado di generare ricchezza perché sprecata nella immobilizzazione propria dello stato di disoccupazione, sottoccupazione inoccupazione ecc.


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Angelo Maddalena: A proposito di libri: Donatella Di Cesare e altri (Giuseppe Cacciatore e Antonio Brizioli)

labottegadelbarbieri

A proposito di libri: Donatella Di Cesare e altri (Giuseppe Cacciatore e Antonio Brizioli)

di Angelo Maddalena

Virus sovrano? (L’asfissia capitalistica) di Donatella Di Cesare l’ho (ri)trovato alla libreria Tra le righe a Pisa pochi giorni fa. Lo avevo già visto ma non comprato a giugno in edicola, con una edizione “canguro” (cioè di quelle allegate a un quotidiano). Allora mi sembrò uno dei libri post quarantena forzata e avevo tergiversato prima di comprarlo. Sfogliandolo avevo ritrovato l’espressione «infodemia» che poi ho citato durante la presentazione del libro Se canti non muori, oltre il virus dentro la realtà (*). Per infodemia si intende una malattia dovuta all’eccesso di informazioni distorte e martellanti, che – come scrive la Di Cesare – secondo alcuni osservatori può provocare danni quasi pari a quelli del virus (da qui il neologismo infodemia).

Dopo aver letto (e non molto apprezzato, per certi versi) la raccolta di articoli di Giuseppe Cacciatore (Sulla Pandemia, Appunti di un filosofo in quarantena) che ha il merito di citare Maria Zambrano ma non quello di avere uno sguardo lucido e onesto, fino a quasi esaltare la linea governativa (**) ecco che Donatella Di Cesare restituisce una boccata di ossigeno – è proprio il caso di dirlo – a chi vuole uscire dall’ intubamento mediatico e psicopolitico che rischia di fare esplodere un’isteria collettiva, già di suo a buon punto.


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Davide Curcuruto: La risoluzione UE contro i tirocini gratuiti è solo l’ennesima promessa

kriticaeconomica

La risoluzione UE contro i tirocini gratuiti è solo l’ennesima promessa

di Davide Curcuruto

È di pochi giorni fa una notizia che per alcuni sarebbe quasi rivoluzionaria: il Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza una risoluzione per cui i tirocini e gli stage non retribuiti dovrebbero essere vietati dai paesi membri. Questa conquista sarebbe il frutto della crescente disoccupazione giovanile accentuata dalla pandemia (dal 14,9% pre-crisi al 17,6% di agosto 2020) e di un lento lavoro di mediazione fra i Socialisti&Democratici (sostenuti da Verdi e GUE/Sinistra nordica) e i Popolari (con liberali e Conservatori), per i quali sembra quasi che ogni minima regolazione dell’economia possa portare a una prospettiva apocalittica di collettivizzazione. Dopo mesi di mediazione, abbiamo una risoluzione non vincolante che dovrebbe fungere da messaggio politico dell’UE agli stati membri: un po’ come la risoluzione sui diritti delle minoranze, che non ha impedito alla Polonia di costruire per mesi e mesi “zone LGBT Free”.

L’incoerenza dell’Unione Europea diventa evidente una volta che si accede al sito del Comitato Europeo Economico e Sociale, che offre “tirocini brevi” da 1 a 3 mesi dichiaratamente unpaid.


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Matteo Bortolon: Mollare gli ormeggi o restare nicchia

lafionda

Mollare gli ormeggi o restare nicchia

di Matteo Bortolon

Le elezioni regionali sono andate piuttosto male per la sinistra radicale.

Per la situazione della Toscana la lista Toscana a SInistra non ha raggiunto il quorum; il risultato piuttosto lusinghiero del 2015 (un 6,21% che ha permesso l’entrata di due consiglieri) non è stato replicato, ma ha visto un più modesto 2,86%.

Fra le liste di analogo colore politico, quella toscana è stata l’unica alla scorsa tornata a riuscire a sfondare il quorum. Stavolta nessuna ce l’ha fatta, anche con risultati peggiori.

Se lo scarso appeal elettorale di tali forze non è certo una novità, è più interessante seguire un dibattito in merito sulle ragioni post-voto per vedere di trarne qualche spunto per il nostro futuro.

Ci riferiamo all’articolo di Tomaso Montanari e la piccata replica di Antonio Floridia .

Entrambi personaggi di rilievo: il primo celebre storico dell’arte molto vicino alle istanze delle sinistre radicali; il secondo politologo di professione e direttore dell’Osservatorio elettorale della Regione Toscana, con una robusta militanza nella sinistra tradizionale.


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Bruno Sebastiani: "Sapere di non sapere" o "Sapere di non poter sapere"?

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"Sapere di non sapere" o "Sapere di non poter sapere"?

di Bruno Sebastiani

Il titolo di questo articolo può sembrare un gioco di parole o uno scioglilingua. L’antinomia che sottintende ha invece l’ambizione di far emergere una verità fondamentale per la nostra storia passata e futura.

Vediamo dunque di esaminare partitamente le due frasi e cosa si cela dietro ad ognuna di esse.

Il “sapere di non sapere”, come noto, è l’insegnamento base del metodo socratico. Il filosofo ateniese, secondo la testimonianza che ci ha lasciato Platone, dichiarò davanti ai suoi accusatori:

“[…] di cotest’uomo [un tale che aveva fama di sapiente, NdA] ero più sapiente io: in questo senso, che l’uno e l’altro di noi due poteva pur darsi non sapesse niente né di buono né di bello; ma costui credeva sapere e non sapeva, io invece, come non sapevo, neanche credevo sapere; e mi parve insomma che almeno per una piccola cosa io fossi più sapiente di lui, per questa che io, quel che non so, neanche credo saperlo.” (Apologia, 21c, in Platone, Opere, vol. I, Laterza, Bari 1967)


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coniarerivolta: MES o non MES, ma è davvero questo il dilemma?

coniarerivolta

MES o non MES, ma è davvero questo il dilemma?

di coniarerivolta

Mentre la curva dei contagi si impenna, le strutture sanitarie iniziano a congestionarsi e l’intero sistema di prevenzione e monitoraggio va in tilt, come mostrato dalle file chilometriche ai drive-in per la somministrazione dei tamponi, un grido di dolore si alza dalla parte meno sofferente del Paese: “Va subito preso il MES, il contagio aumenta, servono soldi non ideologie” si lamenta Renzi dagli scranni di Italia Viva, sempre in sintonia con Forza Italia (da Carfagna a Brunetta: “Criminale lo stato di emergenza senza il MES”) e con il PD (Bonaccini: “Cosa deve ancora succedere per comprendere che servirebbero subito per la sanità pubblica i 36 miliardi di euro del MES?“). Addirittura, a mostrare l’universalità di queste lamentazioni e per perorare la causa del MES si forma in fretta e furia un gruppo interparlamentare di ‘responsabili’, trasversale a varie forze che siedono in Parlamento.

Di cosa stanno parlando questi personaggi? Il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, è un’istituzione europea che ha messo a disposizione di tutti i Paesi membri una linea di credito emergenziale per affrontare la crisi pandemica.


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Eros Barone: L’unità dei comunisti può poggiare su un’unica base: quella del marxismo-leninismo

sinistra

L’unità dei comunisti può poggiare su un’unica base: quella del marxismo-leninismo

di Eros Barone

d2393c53915290f82aef52977107965b«Prima di unirsi, e per unirsi, è
necessario innanzi tutto definirsi risolutamente e
nettamente» (Lenin).

Abbiamo assistito alla fine di una fase iniziata, almeno in Italia, con il collaborazionismo delle sinistre sedicenti “radicali” (Prc e Pdci) rispetto alla borghesia e la loro progressiva delegittimazione rispetto al proletariato: epoca che si è conclusa con la loro scomparsa dal parlamento. La bancarotta politica, ideologica e morale delle formazioni opportuniste, non meno che la costituzione del Pd, partito della borghesia imperialista, avrebbero dovuto indurre ad una seria riflessione coloro che avevano sopravvalutato il grado di permeabilità di tali formazioni rispetto a posizioni autenticamente comuniste, ossia marxiste-leniniste, e che non si rendono ancora conto che una fase della storia del movimento di classe, legata alla nozione otto-novecentesca di ‘sinistra’, si è definitivamente chiusa.

Ciò è reso ancor più evidente dalla presenza, dentro la ‘sinistra’, di una cultura anticomunista e pro-imperialista sempre più diffusa, che ostacola fortemente lo sviluppo di un metodo e di una teoria capaci di superare il movimentismo e la pura protesta: quel movimentismo e quella protesta che sono, per dirla con Mao Ze Dong, come i palloni che, quando piove, si afflosciano. Quella che il Partito Comunista ha intrapreso è dunque una ‘lunga marcia’ verso i lavoratori, verso le fabbriche, verso gli uffici, verso le periferie, verso le scuole e le università: i tanti luoghi nei quali nessuno sa più quali siano le grandi ragioni di un partito comunista fondato sul socialismo scientifico.


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Alessandro Visalli: André Gorz, “Addio al lavoro”

tempofertile

André Gorz, “Addio al lavoro”

di Alessandro Visalli

e7167a4d 97ac 4345 ba2b 092718527c2d xlNel 2000 il filosofo francese André Gorz risponde all’intervista di Margund Zetzamann, spiegando[1] le ragioni per le quali nel suo “Miseria del presente, ricchezza del possibile[2] invitava a liberarsi dell’obbligo del lavoro. Gorz, che si toglierà la vita di lì a sette anni, sul lavoro aveva a lungo riflettuto cercando costantemente la via per l’autorealizzazione del singolo dentro gli angusti spazi della gabbia d’acciaio della moderna società industriale e capitalista (ma anche socialista reale). Già nel 1967, scriveva che in entrambe le società “l’individuo, in quanto produttore e in quanto cittadino, è spodestato di ogni potere reale (che non può essere altro che potere collettivo) sulle decisioni e sulle condizioni produttive che modellano la sua vita di lavoro e la sua vita fuori del lavoro. Subendo la società più che crearla consapevolmente, essendo incapace di identificarsi con la sua realtà sociale, l’individuo tende a ripiegare nella sfera privata come la sola sfera in cui egli è sovrano” [3]. Ma questo “spodestamento”, continuava, avviene in quanto lavoratore. Egli, “privato di iniziativa, di responsabilità e di valorizzazione sociale nel suo lavoro, tende a cercare una compensazione nel non-lavoro”. Tema, questo, sul quale è larghissima la riflessione e lo resterà a lungo.

Da queste formulazioni durante gli anni ottanta passerà alla proposta di riconoscere i limiti propri alla razionalizzazione e fermare la mercatizzazione sulla soglia di quel che è socialmente sostenibile. In altre parole, di fermare l’integrazione funzionale sulla soglia dell’integrazione sociale e puntare sulla “riduzione metodica, programmata, massiccia della durata del lavoro (senza ridurre il reddito)”[4]. A questo stadio la proposta pratica, su cui a lungo insisterà, è di stabilire l’erogazione di un reddito di secondo livello che integri un tempo di lavoro effettivo calante e socialmente prestato.


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Marcello Tarì: Respirare il mondo: la rivolta di Donatella

quieora

Respirare il mondo: la rivolta di Donatella

di Marcello Tarì

donatella 2000x1200Che la rivolta sia qualcosa che riunisce in sé esigenze economiche, politiche e soprattutto esistenziali e perciò sia un evento che ha dignità di essere pensato dalla filosofia non è un fatto scontato. È scontato che se ne occupino, per questioni strettamente disciplinari, la storia o la sociologia, ma della rivolta in quanto tale, con tutto il suo portato di urla, di fiamme e di ebbrezza, è davvero raro che filosofi e filosofe se ne occupino, specie alla nostra latitudine. Questo “occuparsene”, ponendola al centro e non ai margini della riflessione filosofica, è di per sé una delle qualità principali del nuovo saggio di Donatella Di Cesare che esce in questi giorni per Bollati Boringhieri, Il tempo della rivolta. È un piccolo libro ma così denso da impedire l’impresa di parlare in un breve articolo di tutto quello che vi è contenuto, bisogna leggerlo e con attenzione insomma.

Negli ultimi anni il tema della rivolta si è fatto sempre maggiore spazio nella cronaca dando vita a molti e inconcludenti dibattiti sui media, ma soprattutto ad alcuni importanti testi fra i quali ricorderei, per la loro incisività, senz’altro L’insurrezione che viene e i seguenti libri dei Comitato Invisibile, editi in Italia lo scorso anno da Nero, e il saggio di Joshua Clover, Riot Strike Riot. The New Era of Uprisings (Verso, 2016), purtroppo mai tradotto in italiano. Se il primo testo del Comitato, apparso nel lontano 2007, si può dire seminale e percorso da una tensione che non si può che definire profetica, quello del marxista Clover interveniva al culmine del ciclo di rivolte che hanno scosso il mondo lo scorso decennio, cioè le rivolte arabe, quelle delle piazze in Europa e di Occupy negli USA.


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Michele Castaldo: Sui fatti di Napoli di venerdì notte 23 ottobre

lacausadellecose

Sui fatti di Napoli di venerdì notte 23 ottobre

di Michele Castaldo

C’è stato chi sui fatti di Napoli di venerdì notte 23 ottobre ha alluso enfaticamente a una rivolta. Si tratta certamente di una esagerazione, ma il dito indica la luna e se c’è chi guarda il dito noi cerchiamo di cogliere la tendenza indicata dal dito, con alcune precise indicazioni.

Scrive Severgnini sul Corriere della sera di domenica 25 ottobre: «Brutte scene, che possono disgustare, ma non devono preoccupare più di tanto». Francamente siamo abituati a molto peggio nei periodi di pace sociale, solo che certi ambienti dell’establishment non sono avvezzi all’osservazione e dunque non vedono. Ma l’osservazione è giusta: i fatti in sé non devono preoccupare più di tanto. Ma siccome il Severgnini non è l’ultimo arrivato, come tutti quelli interni ai nobili salotti, lui non si limita ai fatti del momento, ma al fatto che «la preoccupazione, adesso, è un’altra. È che l’insofferenza dilaghi, e assuma forme imprevedibili. La seconda ondata del Covid non era inattesa; ma è stata, psicologicamente, pesante quanto la prima. Forse di più». Altrimenti detto: Severgnini non guarda più il dito ma a quello che indica, ovvero la possibilità che l’insofferenza dilaghi. Dunque sono pacchianamente assurdi i titoloni dei media su una protesta di fascisti, camorristi, spacciatori di droghe e similari. Se così fosse vorrebbe dire che come potere costituito avete prodotto merda e questa oggi vi si rivolta contro.


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Simone Galli: La grande strategia di Xi dopo la pandemia: tutte le strade portano a Pechino?

osservatorioglobalizzazione

La grande strategia di Xi dopo la pandemia: tutte le strade portano a Pechino?

di Simone Galli

Se prima dell’avvento del Covid-19 la forma affermativa poteva tralasciare ridotti spazi ai dubbi, oggi, nel pieno della pandemia, l’interrogativo, se non obbligatorio, diviene almeno lecito.

Davanti all’incalzare della peggiore crisi dalla Grande Depressione, oggi la vera sfida di Pechino di allungare in occidente i suoi tentacoli con il titanico progetto Belt and Road Initiative (BRI) potrebbe infatti cedere il passo a impreviste priorità.

Quando in aprile l’aggiornamento del World Economic Outlook sullo stato di salute dell’economia del pianeta fotografava una contrazione del Pil globale nel 2020 del 3%, con perdite complessive pari quasi a 9 mila miliardi di dollari fra il 2020 e il 2021[1], Xi Jinping leggeva nella Nuova Via della Seta la risposta alla crisi globale.

Il presidente cinese, intervenendo il 18 giugno in video conferenza all’incontro sulla cooperazione internazionale della Nuova Via della Seta, insiste sulla collaborazione di Pechino con i suoi partner per sviluppare la BRI in un esempio di cooperazione per affrontare le sfide attraverso l’unità. “La BRI sarà anche un modello per proteggere la sicurezza e il benessere delle persone, un modello per ripristinare l’attività economica e sociale e un modello di crescita per sbloccare il potenziale di sviluppo[2], ha detto Xi.


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Sandro Arcais: Di nuovo rinchiusi (o quasi, per ora)

pensieriprov

Di nuovo rinchiusi (o quasi, per ora)

di Sandro Arcais

No, nessuno può affermare, dati alla mano, che oggi la situazione è solamente simile a quella di questa primavera:

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Sandrine Aumercier, Clément Homs, Anselm Jappe e Gabriel Zacarias: Coprifuoco: il messaggio criptato

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Coprifuoco: il messaggio criptato

di Sandrine Aumercier, Clément Homs, Anselm Jappe e Gabriel Zacarias

Postscript a De virus illustribus. Crise du coronavirus et épuisement structurel du capitalisme, Editions Crise & Critique, septembre 2020

Il 14 ottobre 2020, Emmanuel Macron è stato intervistato in televisione per spiegare ai francesi il coprifuoco che verrà decretato in otto metropoli (oltre alla regione dell'Île-de-France) nel tentativo di frenare il diffondersi del virus. «L'obiettivo», ha spiegato il Presidente della Repubblica, «è di poter continuare ad avere una vita economica, a funzionare, a lavorare, a far sì che le scuole, i licei, le università siano aperte e funzionanti, in modo che i nostri cittadini possano lavorare in modo del tutto normale» (Per inciso: «del tutto normalmente», ma non senza il tele-lavoro, non senza il distanziamento sociale, non senza il gel igienizzante, non senza la mascherina, non senza la paura di rimanere senza un reddito, non senza la preoccupazione o il timore di contrarre il virus o di trasmetterlo a qualcuno, ecc.). Ad aver prevalso è stata la tesi secondo cui «sono gli incontri privati, gli anniversari, i momenti di convivialità» a diffondere il contagio: e in effetti, si tratta dei momenti di relax.


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Mario Gangarossa: Gli individui e gli strati sociali colpiti dalla crisi si ribellano

mariogangarossa

Gli individui e gli strati sociali colpiti dalla crisi si ribellano

di Mario Gangarossa

Cosa c'è di singolare in questo loro ribellarsi?

Lo fanno con violenza.

E in che altro modo potrebbero rivoltarsi in una società in cui i rapporti sociali sono caratterizzati dalla prevaricazione del più forte (economicamente) sul più debole?

Lo fanno in maniera caotica, disordinata, irrazionale.

C'è forse qualcuno, o qualcosa, capace di mettere ordine "materialmente" nella loro "spontaneità"?

Di dirigere e indirizzare la rivolta?

Ognuno lotta a suo modo. E ogni strato sociale si ribella spinto dalla necessità e col livello di coscienza "storicamente" acquisito nel corso delle sue passate esperienze (quando queste ci sono state).

Col fardello dei propri limiti e delle proprie illusioni.

Coi propri generali alla testa e le salmerie al seguito.

La realtà funziona così.


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Jack Orlando: Meme col fucile. Un’antropologia del collasso

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Meme col fucile. Un’antropologia del collasso

di Jack Orlando

Una recensione a «Kill All Normies» di Angela Nagle

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            20201014 WA0023«Che cosa ottieni se metti insieme un malato di mente solitario come me e una società che lo abbandona e poi lo tratta come immondizia?», chiede il Joker di Todd Philipps, prima di dare da sé la risposta: «Ottieni il cazzo che ti meriti».

Se ne è fatto un gran parlare di quel film. Di quel personaggio che più che da un fumetto è sembrato uscire dallo specchio del bagno di casa. Delle possibili letture, immancabilmente cieche, di destra o di sinistra del suo agire torbido, sconclusionato eppure familiare.

Familiare perché incarnava l’emarginazione strutturale e la sofferenza psichica che scivolano verso la violenza, il bravo bambino che diventa lupo mannaro. Un loop visto ripetersi a coazione fuori e dentro gli schermi. Perché è evidente a chiunque che la civiltà capitalistica moderna non faccia altro che incedere producendo scarti umani, affastellandoli gli uni sugli altri come le macerie ai piedi dell’Angelo della Storia. E dove vanno quegli scarti, quando non entrano in carcere, in comunità, in obitorio o in psicanalisi?

Si ritirano nell’ombra, si leccano le ferite e covano odio e rancore per una vergogna a cui è difficile trovare un responsabile. L’emarginazione comporta ontologicamente un ripiegamento su se stessi come la natura umana comporta la ricerca del proprio simile. Ed ecco sorgere comunità di esclusi e falliti che mangiano dallo stesso piatto amaro e parlano la stessa lingua sgradevole dando le spalle al resto del mondo, autocompiaciuti e vicendevolmente esaltati.

E in un mondo dove il social network è diventato parte integrante della socialità, assumendone a volte l’unica forma, dove altro potevano ritrovarsi questi soggetti? Rassicurati dall’anonimato, confortati da una dimensione comunitaria che non necessita di rapporti umani, felici della assoluta libertà di parola che queste idrovore di parole garantiscono.


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Simone Robutti: Tech Worker, lavoro tecnologico e identità. Nuovi orizzonti e nuove forme di conflitto

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Tech Worker, lavoro tecnologico e identità. Nuovi orizzonti e nuove forme di conflitto

di Simone Robutti

Questo articolo presenterà un’analisi utile a comprendere la nuova ondata di organizzazioni, scioperi e proteste che attraversa il settore dell’Information Technology(IT), in particolare in USA e Nord Europa, scritta dal punto di vista di un Tech Worker. La speranza è quella di dare trasparenza a questi fenomeni e permettere di comprenderne più a fondo le peculiarità, le similarità con strutture e processi passati e presenti ma anche le profonde differenze sia sul piano della prassi che sul piano dell’identità

XA6MW13Nota: in questo articolo si utilizzerà il termine “Tech Worker” per identificare esclusivamente figure tecniche o creative impegnate nello sviluppo di software, hardware e artefatti tecnologici in genere. Questo uso del termine differisce da quello, ad esempio, di Tech Workers Coalition che definisce Tech Worker chiunque sia coinvolto nel processo di produzione di una tecnologia. Questa scelta è fatta per meglio mapparsi sulla nascente identità del Tech Worker, che sebbene venga forzosamente allargata a figure molto diverse tra loro per scopi strategici, ad oggi ha trazione principalmente tra figure tecniche. Questa non è una critica all’obiettivo di creare solidarietà tra diverse categorie di lavoratori ma esclusivamente una semplificazione fatta per dare chiarezza alle idee qui esposte. Alcune mansioni associabili a questa definizione di Tech Worker sono: grafici, programmatrici, designer, sistemisti, architetti del software, tester, quality assurance, copywriter.

Il Capitale Digitale è un colosso dai piedi d’argilla. La testa d’oro, la parte più visibile, è quella di Mark Zuckerberg, Sundar Pichai o di Jeff Bezos che iniziano a trattare con gli Stati-Nazione da pari. Ormai insidiati nelle strutture produttive, logistiche e burocratiche di ogni paese, hanno reso dipendenti non solo i consumatori ormai inseparabili dai loro schermi (incluso il sottoscritto) ma anche tutti i tessuti sociali di cui fanno parte. Una rimozione repentina di Google Search, Google Cloud Platform o Amazon Web Services avrebbe un impatto traumatico su tanti settori industriali, al punto che l’Unione Europea insegue il sogno di un Cloud indipendente e di servizi web liberi dalla giurisdizione americana non solo come stimolo al settore digitale del vecchio continente ma anche e sopratutto come strumento di indipendenza tecnologica.


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Geminello Preterossi: L’inverno del nostro scontento

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L’inverno del nostro scontento

di Geminello Preterossi

Siamo di fronte a un fallimento epocale. Dell’Europa e dell’Occidente, certo. Ma anche, e significativamente, dell’Italia. Il nostro è stato il primo Paese in Europa a essere colpito con intensità dalla pandemia, a marzo. Allora fu invocato l’alibi della sorpresa, con qualche ragione, seppur parziale (ricordo che lo stato di emergenza fu dichiarato a fine gennaio, e per un mese ci si trastullò). Oggi è impossibile trovare scusanti. Il covid-19 è un virus stagionale. Com’era prevedibile, con i primi freddi (santa estate!…) e l’affollamento dei mezzi pubblici per la riapertura delle scuole, la circolazione del virus si è progressivamente intensificata (anche se la situazione non è, ancora, quella della primavera). Il coronavirus crea un’emergenza di natura sanitaria, e più precisamente dal punto di vista dell’organizzazione della sanità, mettendola sotto pressione. Lo si sapeva: la prima urgenza era potenziare i posti di terapia intensiva e in generale i reparti covid. Ciò non è accaduto, o almeno non a sufficienza. Tremila posti di terapia intensiva non sono ancora disponibili. Stiano attenti, governo e maggioranza, a rivendicare risultati che non rispondono alla realtà: non è vero che le terapie intensive reali sono state raddoppiate rispetto alla primavera scorsa: oggi sono poco più di 6000, con la possibilità di attivarne altre 3000, cosa che però ad oggi non è ancora accaduta.


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Fabio Nobile: Eurosovranità o democrazia? Perchè uscire dall'euro è necessario

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Eurosovranità o democrazia? Perchè uscire dall'euro è necessario

recensione di Fabio Nobile

“Nella sostanza quello che condivido a fondo con Moro è che i pericoli reazionari che provengono dalle classi dominanti non sono tanto legati al riemergere della nazione ma alla capacità del capitale e della borghesia transnazionale di utilizzare con grande disinvoltura la nazione insieme allo spirito cosmopolita finalizzandolo al dominio di classe, togliendo  alle classi subalterne qualsiasi capacità di resistenza e di difesa che nel corso del novecento in particolare in Europa erano riuscite a conquistarsi.”

Questo è quanto scrissi nella prima recensione che feci sul libro “La gabbia dell’euro. Perché è di sinistra e internazionalista”. Nel nuovo libro “Eurosovranità o democrazia? Perché uscire dall’euro è necessario” (Meltemi editore, euro 12) Moro approfondisce questo punto di vista sia in relazione alla pandemia sia analizzando in profondità il concetto di sovranità e scandagliando il senso del Trattato di Aquisgrana sottoscritto da Francia e Germania nel gennaio del 2019.

Ma andiamo con ordine.


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Luca Poggi: La vecchia economia funzionava solo per pochi. Tenercela sarebbe una sconfitta

kriticaeconomica

La vecchia economia funzionava solo per pochi. Tenercela sarebbe una sconfitta

di Luca Poggi

Lo shock causato dalla pandemia ha avuto una conseguenza immediata, il regime di distanziamento sociale, e una indotta, la crisi economica. A soffrirne di più sono state, in entrambi i casi, le fasce più svantaggiate della popolazione. Se è già stato ampiamente notato, a titolo esemplificativo, che la quarantena è più dolce in una villa che in un monolocale, ci sentiamo di dover aggiungere la grande incertezza che aleggia tra i titolari di piccole attività commerciali, i lavoratori a basso salario e i disoccupati, i primi su cui storicamente si scaricano gli effetti delle recessioni.

Non sono mancate le manifestazioni di dissenso, nei confronti della gestione politica del virus e più in generale verso un sistema economico che divide le risorse iniquamente nella prosperità quanto nella crisi. Tuttavia, l’incapacità da parte di tali movimenti di trasformarsi in un cambiamento reale fa sì che l’ardore e la speranza lascino presto spazio alla disillusione. Poiché, come si è detto, il problema risiede nella struttura economica piuttosto che nelle istituzioni, queste ultime sempre più a corto di strumenti di intervento, è anche difficile capire da chi pretendere un miglioramento delle proprie condizioni.


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Brian Cepparulo: L’anti-umanesimo del virus

osservatorioglobalizzazione

L’anti-umanesimo del virus

di Brian Cepparulo

Come avevamo ipotizzato in tempi non sospetti, il mantra nulla sarà più come prima appare sempre più come un obiettivo, piuttosto che una previsione. È L’obiettivo del nuovo management politico, trasversale gli schieramenti, e che prevede l’istaurarsi di un nuovo paradigma bio-securitario, tecnico e scientista, che potremmo sintetizzare in un termine: l’anti-umanesimo.

Infatti avevo già sottolineato altrove, come questa presunta guerra al virus, il nemico invisibile e onnipresente, altro non sia che una guerra contro gli uomini, cioè contro noi stessi. La prassi bellica si concreta nello scontro alla nostra stessa natura umana, la quale è intrinsecamente relazionale, per non dire politica nel senso Aristotelico di zoon politikon. I greci lo sapevano bene che la vera dimensione degli uomini era quella sociale, che si concretava nella polis e nelle sue leggi, dove la dimensione comunitaria sovrastava quella individuale. Gli psicologi sanno altrettanto bene quanto contino le relazioni per il nostro benessere mentale.


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Vandana Shiva: Il programma mondiale di Bill Gates e come possiamo resistere alla sua guerra contro la vita

centrotagarelli

Il programma mondiale di Bill Gates e come possiamo resistere alla sua guerra contro la vita

di Vandana Shiva*

Nel marzo 2015 Bill Gates mostrò l’immagine di un virus dell’influenza in una trasmissione e disse agli spettatori che si trattava dell’immagine del più grande disastro della nostra epoca. La vera minaccia per la vita, disse, “non sono i missili, ma i microbi”. Quando, 5 anni dopo, la pandemia del Coronavirus ha spazzato la terra come uno tsunami, egli è tornato ad utilizzare il linguaggio bellico, nel definire la “pandemia” una “guerra mondiale”. “La pandemia del coronavirus fa ribellare contro il virus tutta l’umanità”

In realtà la “pandemia” non è una guerra. La “pandemia” è una conseguenza della guerra. Una guerra contro la vita.

La mentalità meccanica legata alla macchina dell’estrazione del denaro ha creato l’illusione di un uomo separato dalla natura e della natura come una materia prima morta ed inerte pronta per essere sfruttata. Ma, di fatto, noi siamo parte del bioma (porzione della biosfera, n.d.t.). E siamo parte del viroma (presenza stabile di diversi virus nel nostro organismo. Il viroma interagisce con il microbiota e il genoma umano e tutti si relazionano tra di loro, portando vantaggi e svantaggi alla salute dell’ospite, n.d.t.). Quando facciamo la guerra contro la biodiversità dei nostri boschi, delle nostre fattorie, delle nostre interiora stesse, CI facciamo la guerra.


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Nov 3, 2020, 3:31:49 PM11/3/20
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Leonardo Mazzei: Cosa ci si deve aspettare?

sollevazione2

Cosa ci si deve aspettare?

intervista a Leonardo Mazzei

Pubblichiamo l’intervista che Leonardo Mazzei ha rilasciato per la prestigiosa testata tedesca Makroskop

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              ottobre 2020 7D. Il governo cerca di imporre un secondo lockdown che colpisce anche i diritti politici. Quale è il ragionamento del governo, delle èlite in generale – e le reazioni su scala popolare?

R. Proprio oggi, domenica 25 ottobre, è uscito il nuovo Dpcm (Decreto del presidente del consiglio dei ministri) che punta a restringere ulteriormente la libertà di movimento ed attacca il diritto al lavoro di milioni di persone, in particolare quelli dei servizi turistici e della ristorazione. A differenza di quanto avvenuto a marzo, adesso la linea del governo è quella della chiusura progressiva. Ma continuando così alla fine il risultato non sarà molto diverso. Questa strategia viene perseguita con un Dpcm a settimana. Un modo che, se da una parte mostra le difficoltà di Conte, dall’altro sembra fatto proprio per generare, oltre alla paura, un’assoluta incertezza sul futuro. Il precedente Dpcm, del 18 ottobre, ha stabilito di fatto la sospensione del diritto a riunirsi in luoghi pubblici. Contro questa lesione dei diritti democratici, attaccati in parallelo a quelli sociali, manifesteremo il 31 ottobre davanti alle prefetture dei capoluoghi di regione. Il ragionamento delle èlite sembra chiaro: siccome la crisi è gravissima ed il malessere sociale è alle stelle, la sola tecnica di governo che può funzionare è la strategia della paura. E’ una linea che presenta dei rischi anche per il blocco dominante, ma che finora – come dimostrato anche dai risultati delle elezioni regionali di settembre – ha funzionato. Che continui a funzionare è invece tutto da vedersi. Proprio a causa del clima di paura, la reazione popolare è stata finora modesta. Ma a tutto c’è un limite. E i fatti degli ultimi giorni, a Napoli e non solo, ci dicono che le cose stanno finalmente cambiando.


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Elisabetta Frezza: L'istruzione

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L'istruzione

di Elisabetta Frezza

Testo dell’intervento al convegno Euro, mercati, democrazia… e conformismo EMD 2020, svoltosi a Montesilvano (PE) nei giorni 17 e 18 ottobre 2020

Schermata 2019 01 19 alle 00.08.01 768x518questa vis riformista, e iconoclasta, che si è abbattuta sull’istruzione italiana ha sortito l’effetto paradossale che la scuola pubblica, nata come straordinario strumento per sollevare le masse dalla ignoranza, si è intestata ufficialmente il compito di assicurare l’ignoranza di massa

La scuola c’entra, eccome, con il conformismo.

In quanto bacino di raccolta e di smistamento delle giovani generazioni, la scuola è un ganglio fondamentale nella edificazione del mondo nuovo degli uguali, obbedienti e pacificati perché cresciuti senza velleità di pensiero. Che la scuola si sia intestata questo compito palesemente antitetico alla propria ragion d’essere è uno dei tanti paradossi che ci sono inflitti nel tempo delle verità invertite, del bi-pensiero e della ubriacatura delle parole in libertà. Un paradosso esiziale della cui esistenza, e soprattutto della cui gravità, pochi si rendono conto.

Per parte mia, consegnerò qualche riflessione che attinge a quello che, in fondo, è il movente che mi ha spinto in questi anni ad approfondire alcuni aspetti legati alla scuola e alla educazione, ovvero l’esperienza diretta come madre di cinque clienti dell’istruzione pubblica italiana distanziati di un triennio l’uno dall’altro: un’esperienza che ho vissuta in una prima fase quasi passivamente ma, dopo un paio di giri di ricognizione, in modo via via più disincantato, non fosse altro che per l’esito impietoso del confronto diacronico tra le varie istantanee scattate allo stesso soggetto lungo l’arco di qualche lustro.

Quella signora un po’ agée, ma ancora piacente e ancora feconda che era la scuola italiana – un tempo ammirata da tutti come modello di eccellenza sulla scena mondiale – si è rapidamente deturpata.


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Giorgio Paolucci: La pandemia come metafora della crisi epocale della società capitalista

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              onoratodamen

La pandemia come metafora della crisi epocale della società capitalista

di Giorgio Paolucci

Basta capitalismo! Via libera a un altro mondo, a un’altra umanità

micco
            peste napoliOspedali al collasso, locali pubblici, fabbriche e uffici chiusi, volti coperti da mascherine, miliardi di persone chiuse in case, bare accatastate in attesa di una sepoltura. Siamo in stato di guerra si ribadisce a ogni pie’ sospinto: guerra sanitaria, economico-finanziaria, politica e sociale. Una guerra che non ha precedenti perché non provocata dagli uomini ma dalla natura contro l’umanità nella sua interezza. Per alcuni sarebbe una sorta di sua rivalsa contro la smisurata volontà di potenza dell’uomo che lo induce a pretenderne il possesso come pure cosa inanimata e non cuore pulsante della vita e di cui egli stesso è figlio e parte integrante. Comunque, un accidente, una sorta di gigantesca meteorite caduta dal cielo imprevista e imprevedibile.

Così non c’è questione che vada via via ponendosi che non venga ricondotta al Covid-19, quel nemico terribile ed invisibile che non risparmia nessuno. Ormai non si contano più i neologismi composti con la combinazione del termine “Covid-19” o “corona” in ogni campo: scientifico, medico-sanitario ed economico-sociale. Il tutto per costruire una narrazione secondo cui non vi sarebbe alcuna relazione fra la devastante crisi che si annuncia con l’antefatto, vale dire con lo stato delle cose prima del diffondersi della pandemia.

E così, fatto del tutto eccezionale nella storia moderna, una guerra scoppia prima della crisi.

Si potrebbe obiettare che la storia non si ripete mai uguale a sé stessa e che per ogni cosa c’è sempre una prima volta.


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Emiliano Brancaccio: “Il Parlamento cancelli i provvedimenti che vietano le manifestazioni di protesta”

micromega

“Il Parlamento cancelli i provvedimenti che vietano le manifestazioni di protesta”

Daniele Nalbone intervista Emiliano Brancaccio

Per l’economista le proteste di Napoli sono solo l’inizio: la crisi del Covid distrugge i vecchi equilibri sociali ed è destinata a scatenare un’onda caotica di rivendicazioni. Per scongiurare tentazioni repressive occorre mettere in chiaro che il diritto costituzionale di manifestare va posto allo stesso livello del diritto alla salute

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              artiolo 17“Siamo sull’orlo della più violenta ‘doppia depressione’ nella storia del capitalismo. I vecchi equilibri sociali stanno saltando, dobbiamo attenderci un’onda caotica di rivendicazioni che metterà a dura prova l’intero assetto democratico. In questo scenario, chiedo al governo e al parlamento di assumere un impegno: la tutela costituzionale della libertà di riunione e di manifestazione pubblica deve esser situata allo stesso livello della salvaguardia della salute. Non sono più ammissibili decreti e ordinanze che vietino assembramenti e cortei a causa del covid. Le autorità dovrebbero piuttosto impegnarsi affinché tutte le manifestazioni di protesta si effettuino liberamente, in condizioni di rischio sanitario adeguatamente contenuto”. Per Emiliano Brancaccio, docente di politica economica all’Università del Sannio e voce critica del pensiero progressista, la crisi scatenata dal coronavirus è destinata a minacciare il sistema dei diritti su cui reggono le attuali liberaldemocrazie. Una tesi che l’economista documenta nel suo ultimo libro, in uscita il 12 novembre, dal titolo eloquente “Non sarà un pranzo di gala” (a cura di Giacomo Russo Spena, edito da Meltemi), di cui la rivista Il Ponte ha pubblicato un estratto che sta già facendo discutere. Con questa intervista a MicroMega, rilasciata all’indomani delle proteste di piazza a Napoli, Brancaccio commenta l’ipotesi di un nuovo lockdown, analizza i rigurgiti di crisi sanitaria ed economica e lancia un appello in difesa dell’articolo 17 della Costituzione, che sancisce il diritto di manifestare pubblicamente.

****

?utm_source=newsletter_1257&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-sinistrainrete&acm=1_1257""Professor Brancaccio, il Fondo Monetario Internazionale ha sostenuto che un lockdown generale potrebbe ripristinare la fiducia dei cittadini e aiutare così la ripresa economica. Lei ha criticato questa presa di posizione. Perché?

Il FMI non ha fornito evidenze a sostegno di questa tesi ardimentosa. Anzi, i suoi stessi dati indicano il contrario: i lockdown più duraturi sono statisticamente correlati con le crisi economiche più profonde e persistenti.


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coniarerivolta: Non siamo tutti sulla stessa barca: gli effetti dell’austerità nella seconda ondata

coniarerivolta

Non siamo tutti sulla stessa barca: gli effetti dell’austerità nella seconda ondata

di coniarerivolta

fattoriaInterrogato sulla possibilità di una nuova chiusura massiccia delle attività sociali ed economiche a fronte del dilagare della pandemia nel Paese, il presidente del Consiglio Conte ha più volte dichiarato che non vi sarà e non vi dovrà essere un nuovo confinamento paragonabile a quello della scorsa primavera. Al di là dei proclami di principio, da cosa dipende davvero la possibilità di evitare nuove soluzioni così drastiche come quelle sperimentate in Italia e altrove tra marzo e aprile senza dover assistere impotenti alla morte – evitabile – di migliaia di persone?

Dopo un’estate relativamente quieta con numeri di contagi molto bassi, la realtà ci mostra, purtroppo, che l’emergenza è tutt’altro che finita: il vaccino, da un lato, è verosimilmente ancora lontano e ha inevitabili tempi di sperimentazione non comprimibili; e la circolazione del virus, dall’altro, ha ripreso la sua corsa con i tristi effetti che già si stanno verificando e che andranno a manifestarsi sempre più nelle prossime settimane.

Che fare dunque? La domanda potrebbe sembrare di esclusiva competenza sanitaria e non piegabile a considerazioni di tipo politico ed economico. In realtà, però, così non è per due ordini di ragioni.

In primo luogo, perché la stretta necessità o meno di un intervento emergenziale come il confinamento è inscindibilmente legata al grado di preparazione di un sistema socioeconomico e sanitario di fronte alla pandemia; in secondo luogo, perché ogni diversa soluzione, o anche solo tamponamento dell’emergenza sanitaria, ha ripercussioni differenti sui diversi strati sociali e ha dunque immediate implicazioni politiche.


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Julian Gewirtz e Giacomo Marchetti: La Cina pensa che gli Stati Uniti siano al capolinea

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La Cina pensa che gli Stati Uniti siano al capolinea

di Julian Gewirtz (Foreign Affairs) – Giacomo Marchetti

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              usa capolineaIl conflitto tra USA e Cina ha assunto la forma di un guerra fredda di nuovo tipo.

Le cose cambieranno poco se, in un ipotetico passaggio di poteri a Washington – che non si annuncia per niente lineare e forse non proprio pacifico –, vincerà Joe Biden.

Certo, lo sfidante democratico vuole ripristinare la leadership nord-americana all’interno di una cornice multilaterale abbandonata durante questi anni dall’attuale inquilino della Casa Bianca, costringendo gli Stati Uniti a trovare una forma di confronto non antagonista su alcuni dossier: dall’Accordo di Parigi sul Clima in cui vuole rientrare all’Organizzazione Mondiale della Sanità di cui vuole fermare il processo di uscita, oltre a ri-raggiungere l’UNESCO.

Biden è una atlantista convinto ed intende rafforzare il ruolo della NATO, così come la cooperazione con la UE che saranno probabilmente gli assi della propria politica di pressione sulla Cina.

Biden ha affermato di voler ricongiungersi all’Accordo sul Nucleare sull’Iran ed in generale “rivedere e potenzialmente riformulare l’intero approccio ai Paesi del Golfo”, come ha dichiarato un consulente dell’amministrazione Obama al «Financial Times».

Dalla sua prima visita all’estero da Presidente in Arabia Saudita e Israele nel maggio del 2017, Donald Trump ha consolidato sempre un legame più stretto con la petrol-monarchia araba e con l’entità sionista: dall’uscita dall’accordo sul nucleare firmato da Obama nel 2015 alla spinta per la “normalizzazione” dei rapporti con Israele da parte di alcuni Stati Arabi (EAU, Barhain e probabilmente Sudan), per non parlare della vendita di ingenti quantitativi di armi usati nella guerra in Yemen.


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Eros Barone: L’unità dei comunisti può poggiare su un’unica base: quella del marxismo-leninismo

sinistra

L’unità dei comunisti può poggiare su un’unica base: quella del marxismo-leninismo

di Eros Barone

d2393c53915290f82aef52977107965b«Prima di unirsi, e per unirsi, è
necessario innanzi tutto definirsi risolutamente e
nettamente» (Lenin).

Abbiamo assistito alla fine di una fase iniziata, almeno in Italia, con il collaborazionismo delle sinistre sedicenti “radicali” (Prc e Pdci) rispetto alla borghesia e la loro progressiva delegittimazione rispetto al proletariato: epoca che si è conclusa con la loro scomparsa dal parlamento. La bancarotta politica, ideologica e morale delle formazioni opportuniste, non meno che la costituzione del Pd, partito della borghesia imperialista, avrebbero dovuto indurre ad una seria riflessione coloro che avevano sopravvalutato il grado di permeabilità di tali formazioni rispetto a posizioni autenticamente comuniste, ossia marxiste-leniniste, e che non si rendono ancora conto che una fase della storia del movimento di classe, legata alla nozione otto-novecentesca di ‘sinistra’, si è definitivamente chiusa.

Ciò è reso ancor più evidente dalla presenza, dentro la ‘sinistra’, di una cultura anticomunista e pro-imperialista sempre più diffusa, che ostacola fortemente lo sviluppo di un metodo e di una teoria capaci di superare il movimentismo e la pura protesta: quel movimentismo e quella protesta che sono, per dirla con Mao Ze Dong, come i palloni che, quando piove, si afflosciano. Quella che il Partito Comunista ha intrapreso è dunque una ‘lunga marcia’ verso i lavoratori, verso le fabbriche, verso gli uffici, verso le periferie, verso le scuole e le università: i tanti luoghi nei quali nessuno sa più quali siano le grandi ragioni di un partito comunista fondato sul socialismo scientifico.


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Alessandro Visalli: André Gorz, “Addio al lavoro”

tempofertile

André Gorz, “Addio al lavoro”

di Alessandro Visalli

e7167a4d 97ac 4345 ba2b 092718527c2d xlNel 2000 il filosofo francese André Gorz risponde all’intervista di Margund Zetzamann, spiegando[1] le ragioni per le quali nel suo “Miseria del presente, ricchezza del possibile[2] invitava a liberarsi dell’obbligo del lavoro. Gorz, che si toglierà la vita di lì a sette anni, sul lavoro aveva a lungo riflettuto cercando costantemente la via per l’autorealizzazione del singolo dentro gli angusti spazi della gabbia d’acciaio della moderna società industriale e capitalista (ma anche socialista reale). Già nel 1967, scriveva che in entrambe le società “l’individuo, in quanto produttore e in quanto cittadino, è spodestato di ogni potere reale (che non può essere altro che potere collettivo) sulle decisioni e sulle condizioni produttive che modellano la sua vita di lavoro e la sua vita fuori del lavoro. Subendo la società più che crearla consapevolmente, essendo incapace di identificarsi con la sua realtà sociale, l’individuo tende a ripiegare nella sfera privata come la sola sfera in cui egli è sovrano” [3]. Ma questo “spodestamento”, continuava, avviene in quanto lavoratore. Egli, “privato di iniziativa, di responsabilità e di valorizzazione sociale nel suo lavoro, tende a cercare una compensazione nel non-lavoro”. Tema, questo, sul quale è larghissima la riflessione e lo resterà a lungo.

Da queste formulazioni durante gli anni ottanta passerà alla proposta di riconoscere i limiti propri alla razionalizzazione e fermare la mercatizzazione sulla soglia di quel che è socialmente sostenibile. In altre parole, di fermare l’integrazione funzionale sulla soglia dell’integrazione sociale e puntare sulla “riduzione metodica, programmata, massiccia della durata del lavoro (senza ridurre il reddito)”[4]. A questo stadio la proposta pratica, su cui a lungo insisterà, è di stabilire l’erogazione di un reddito di secondo livello che integri un tempo di lavoro effettivo calante e socialmente prestato.


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Marcello Tarì: Respirare il mondo: la rivolta di Donatella

quieora

Respirare il mondo: la rivolta di Donatella

di Marcello Tarì

donatella 2000x1200Che la rivolta sia qualcosa che riunisce in sé esigenze economiche, politiche e soprattutto esistenziali e perciò sia un evento che ha dignità di essere pensato dalla filosofia non è un fatto scontato. È scontato che se ne occupino, per questioni strettamente disciplinari, la storia o la sociologia, ma della rivolta in quanto tale, con tutto il suo portato di urla, di fiamme e di ebbrezza, è davvero raro che filosofi e filosofe se ne occupino, specie alla nostra latitudine. Questo “occuparsene”, ponendola al centro e non ai margini della riflessione filosofica, è di per sé una delle qualità principali del nuovo saggio di Donatella Di Cesare che esce in questi giorni per Bollati Boringhieri, Il tempo della rivolta. È un piccolo libro ma così denso da impedire l’impresa di parlare in un breve articolo di tutto quello che vi è contenuto, bisogna leggerlo e con attenzione insomma.

Negli ultimi anni il tema della rivolta si è fatto sempre maggiore spazio nella cronaca dando vita a molti e inconcludenti dibattiti sui media, ma soprattutto ad alcuni importanti testi fra i quali ricorderei, per la loro incisività, senz’altro L’insurrezione che viene e i seguenti libri dei Comitato Invisibile, editi in Italia lo scorso anno da Nero, e il saggio di Joshua Clover, Riot Strike Riot. The New Era of Uprisings (Verso, 2016), purtroppo mai tradotto in italiano. Se il primo testo del Comitato, apparso nel lontano 2007, si può dire seminale e percorso da una tensione che non si può che definire profetica, quello del marxista Clover interveniva al culmine del ciclo di rivolte che hanno scosso il mondo lo scorso decennio, cioè le rivolte arabe, quelle delle piazze in Europa e di Occupy negli USA.


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Jack Orlando: Meme col fucile. Un’antropologia del collasso

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Meme col fucile. Un’antropologia del collasso

di Jack Orlando

Una recensione a «Kill All Normies» di Angela Nagle

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            20201014 WA0023«Che cosa ottieni se metti insieme un malato di mente solitario come me e una società che lo abbandona e poi lo tratta come immondizia?», chiede il Joker di Todd Philipps, prima di dare da sé la risposta: «Ottieni il cazzo che ti meriti».

Se ne è fatto un gran parlare di quel film. Di quel personaggio che più che da un fumetto è sembrato uscire dallo specchio del bagno di casa. Delle possibili letture, immancabilmente cieche, di destra o di sinistra del suo agire torbido, sconclusionato eppure familiare.

Familiare perché incarnava l’emarginazione strutturale e la sofferenza psichica che scivolano verso la violenza, il bravo bambino che diventa lupo mannaro. Un loop visto ripetersi a coazione fuori e dentro gli schermi. Perché è evidente a chiunque che la civiltà capitalistica moderna non faccia altro che incedere producendo scarti umani, affastellandoli gli uni sugli altri come le macerie ai piedi dell’Angelo della Storia. E dove vanno quegli scarti, quando non entrano in carcere, in comunità, in obitorio o in psicanalisi?

Si ritirano nell’ombra, si leccano le ferite e covano odio e rancore per una vergogna a cui è difficile trovare un responsabile. L’emarginazione comporta ontologicamente un ripiegamento su se stessi come la natura umana comporta la ricerca del proprio simile. Ed ecco sorgere comunità di esclusi e falliti che mangiano dallo stesso piatto amaro e parlano la stessa lingua sgradevole dando le spalle al resto del mondo, autocompiaciuti e vicendevolmente esaltati.

E in un mondo dove il social network è diventato parte integrante della socialità, assumendone a volte l’unica forma, dove altro potevano ritrovarsi questi soggetti? Rassicurati dall’anonimato, confortati da una dimensione comunitaria che non necessita di rapporti umani, felici della assoluta libertà di parola che queste idrovore di parole garantiscono.


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Simone Robutti: Tech Worker, lavoro tecnologico e identità. Nuovi orizzonti e nuove forme di conflitto

rizomatica

Tech Worker, lavoro tecnologico e identità. Nuovi orizzonti e nuove forme di conflitto

di Simone Robutti

Questo articolo presenterà un’analisi utile a comprendere la nuova ondata di organizzazioni, scioperi e proteste che attraversa il settore dell’Information Technology(IT), in particolare in USA e Nord Europa, scritta dal punto di vista di un Tech Worker. La speranza è quella di dare trasparenza a questi fenomeni e permettere di comprenderne più a fondo le peculiarità, le similarità con strutture e processi passati e presenti ma anche le profonde differenze sia sul piano della prassi che sul piano dell’identità

XA6MW13Nota: in questo articolo si utilizzerà il termine “Tech Worker” per identificare esclusivamente figure tecniche o creative impegnate nello sviluppo di software, hardware e artefatti tecnologici in genere. Questo uso del termine differisce da quello, ad esempio, di Tech Workers Coalition che definisce Tech Worker chiunque sia coinvolto nel processo di produzione di una tecnologia. Questa scelta è fatta per meglio mapparsi sulla nascente identità del Tech Worker, che sebbene venga forzosamente allargata a figure molto diverse tra loro per scopi strategici, ad oggi ha trazione principalmente tra figure tecniche. Questa non è una critica all’obiettivo di creare solidarietà tra diverse categorie di lavoratori ma esclusivamente una semplificazione fatta per dare chiarezza alle idee qui esposte. Alcune mansioni associabili a questa definizione di Tech Worker sono: grafici, programmatrici, designer, sistemisti, architetti del software, tester, quality assurance, copywriter.

Il Capitale Digitale è un colosso dai piedi d’argilla. La testa d’oro, la parte più visibile, è quella di Mark Zuckerberg, Sundar Pichai o di Jeff Bezos che iniziano a trattare con gli Stati-Nazione da pari. Ormai insidiati nelle strutture produttive, logistiche e burocratiche di ogni paese, hanno reso dipendenti non solo i consumatori ormai inseparabili dai loro schermi (incluso il sottoscritto) ma anche tutti i tessuti sociali di cui fanno parte. Una rimozione repentina di Google Search, Google Cloud Platform o Amazon Web Services avrebbe un impatto traumatico su tanti settori industriali, al punto che l’Unione Europea insegue il sogno di un Cloud indipendente e di servizi web liberi dalla giurisdizione americana non solo come stimolo al settore digitale del vecchio continente ma anche e sopratutto come strumento di indipendenza tecnologica.


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Fabio Vighi: Homo pandemicus

filosofiainmov

Homo pandemicus

Ideologia COVID e nuove frontiere del consumo.

di Fabio Vighi*

Teatro
            1024x512L’attuale emergenza sanitaria dovrebbe suggerirci una riflessione sul potere dell’ideologia in un’epoca troppo frettolosamente definita post-ideologica. La caduta del muro di Berlino, ça va sans dire, non ci ha liberati dalle ideologie. Piuttosto, il sentirci affrancati da pressioni ideologiche ci rende vulnerabili a un non-pensiero unico tarato sull’anonima brutalità del calcolo economico. Con la globalizzazione e l’emancipazione dalle Grandi Narrazioni ci siamo consegnati a forme sempre più subdole di manipolazione che intercettano la dimensione viscerale del nostro essere. La dissoluzione dei vecchi legami simbolici ci ha proiettato nella dittatura piatta e invisibile dell’economia, contrabbandata come libertà. Questa pretestuosa libertà si risolve, essenzialmente, nell’obbligo di produrre e consumare valore (merce).

Resistere alla potenza di fuoco dell’ideologia capitalista è sempre più arduo. La nostra info-sfera centrifuga dati, annunci e comunicati a velocità supersonica. Questi segni ci soverchiano, demolendo le nostre capacità critiche e condannandoci a uno stato di ipnosi semi-permanente. Se a volte troviamo la forza di resistere a questa sopraffazione, ci ritroviamo però ridotti all’impotenza quando si tratta di immaginare nuove configurazioni sociali in grado di garantirci uno spazio di autonomia rispetto ai rapporti socio-economici che ci definiscono. Da qui la percezione di un tempo storico insieme irreversibile e inesauribile, per cui l’intera esperienza umana ripiega in un flusso destinale dove ogni evento è posto e insieme presupposto dalla metafisica del capitale.


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Piotr: Covid, lo sconforto prima del grande Reset

carlo formenti
              facebook

Covid, lo sconforto prima del grande Reset

di Piotr

Uccidere il paziente per uccidere il virus è una soluzione? Uccidere una società per salvarla da una pandemia è la soluzione? Il Covid ci pone di fronte a una gravissima crisi sistemica

1588399792 presidente consiglio giuseppe conte
            fotogramma

Che sconforto.

Da tempo mi domandavo se non sia un po' stupido un governo che spende i soldi in bonus per biciclette e monopattini ma non potenzia i trasporti pubblici. Davvero pensava che le cose fossero equivalenti per la mobilità?

E così ci troviamo nella demenziale situazione di studenti distanziati in aula e accalcati sui mezzi pubblici. I treni regionali possono imbarcare il 100% dei posti. In quelli per pendolari, come i lombardi di Trenord, addirittura si invitano i passeggeri a non mettere oggetti sui sedili perché devono essere tutti occupati, con anche un bel po' di posti in piedi. Gli autobus possono riempirsi per l'80%, cifra già alta e poi chi controlla?

E così finisce che a scuola non ci si infetta in modo significativo, ma andando a scuola sì. E dunque oggi si ritorna all'odiosa, inutile e desocializzante didattica a distanza, senza che la scuola ne abbia colpa.

Ci si infetta sui mezzi di trasporto, sul lavoro, a casa e negli ospedali. Cosa è stato fatto per prevenirlo? Ad esempio cosa si è fatto per non dover ricoverare per motivi sociali positivi paucisintomatici (persone sole, o al contrario che vivono in case sovraffollate, quelle che convivono con anziani, ecc.)? Bonaccini afferma di aver individuato 1.000 posti letto in strutture alberghiere per questi ricoveri di carattere sociale che non richiedono cure mediche, così da non gravare sugli ospedali. Questo in Emilia Romagna. E nelle altre regioni?

E allora, via con altri palliativi, la chiusura dei teatri, delle palestre e dei cinema, già semideserti e tutti dotati di estrattori d'aria (poveretti, una spesa per nulla e una chiusura per niente; questi i dati dell'AGIS per il periodo di riapertura 15 giugno-10 ottobre: spettacoli 2.782, spettatori 347.262, contagiati 1!), i ristoranti che non possono più servire la cena (il pranzo sì, la cena no: perché?), la proibizione di accompagnare a casa la fidanzata di notte, la raccomandazione (che tra poco mi sa tanto diverrà un obbligo) di non muoversi nemmeno coi propri mezzi (e se uno vuole farsi una gita in campagna, in montagna o in un bosco? Che senso hanno queste raccomandazioni quando già ci sono meticolosi divieti per evitare ogni tipo di assembramento?).


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Bollettino Culturale: Ragionando sulla domanda effettiva

bollettinoculturale

Ragionando sulla domanda effettiva

di Bollettino Culturale

marx
              keynes3

Il principio della domanda effettiva in Kalecki

Dalla critica di Marx alla legge di Say e accettando gli aspetti strettamente economici della teoria del valore e della distribuzione classica, Kalecki cerca di sviluppare una nuova teoria del prodotto e dell'accumulazione. Proporre lo sviluppo degli schemi di riproduzione presentati da Marx e un modo per spiegare le crisi come fenomeni che possono avere effetti a lungo termine a livello normale del prodotto.

La proposta di Kalecki è quindi la seguente: basato su una teoria del valore e della distribuzione basata sulla nozione classica di surplus, il meccanismo che descrive la relazione tra risparmio e investimento e fornisce le basi per una teoria del prodotto si basa sul principio della domanda effettiva.

La formulazione kaleckiana del principio della domanda effettiva prende come punto di partenza l'idea che non vi sia alcuna garanzia che la domanda aggregata possa essere sufficiente ad assorbire il prodotto generato dal normale utilizzo dello stock di capitale esistente. Una delle componenti della domanda aggregata, l'investimento, sarà la determinante del livello di risparmio nel sistema. Kalecki esclude da questa analisi la possibilità che si verifichino squilibri in un settore isolato dell'economia a causa di sproporzioni tra i settori produttivi, poiché la sua idea è di lavorare con un'analisi a lungo termine.

Utilizzando il principio della domanda effettiva per colmare il divario tra una teoria del valore e della distribuzione e una teoria del prodotto, possiamo vedere due percorsi teorici: uno basato su una critica alla teoria della scuola marginalista, ma utilizzando la sua teoria del valore, che è stato utilizzato da Keynes.


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LLIFATScegliere tra le possibilità offerte, da una parte dal piano di salvezza nazionale PSN, a cui si affiancano oggi i titoli di stato a tasso negativo (1), e dall’altra da MES e Recovery Fund RF (Next Generation EU), non dovrebbe risultare difficile. Tutt’altro.

 

Statonote (una delle sei proposte del PSN)

Se aveste la possibilità di stamparvi la moneta che vi serve per concretare i vostri sogni/progetti senza incorrere in alcun effetto collaterale, di sicuro preferireste procurarvi così i soldi che vi servono piuttosto che farveli prestare, anzi, non avreste dubbi in proposito per il semplice motivo che in questo secondo caso sapete bene che i soldi ricevuti in prestito prima o poi dovreste restituirli, per di più maggiorati dagli interessi.

Ebbene, a trovarsi nella situazione precedentemente descritta è niente di meno che lo Stato di cui siamo parte. Lo Stato può immettere nel circuito economico, per tutte le esigenze di spesa del Paese, moneta di stato, legale entro i confini del territorio nazionale, o statonote come preferisce chiamarle Antonino Galloni, presidente del Comitato Nazionale Statonote (CNS), per distinguerle dalle banconote che hanno diversa origine. La prima è moneta non a debito a cui non siamo nuovi per averne già sperimentato l’uso sin dal 1966 (governo Aldo Moro con la consulenza di F. Caffè). La quantità di statonote o biglietti di stato da mettere in circolazione è relativa al fabbisogno dello Stato ossia quella necessaria a mobilitare quei fattori produttivi inespressi a cominciare dalla forza lavoro non più in grado di generare ricchezza perché sprecata nella immobilizzazione propria dello stato di disoccupazione, sottoccupazione inoccupazione ecc.


 

 

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Franco Berardi (Bifo): “Verso un’economia di merda”

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tonino

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Nov 5, 2020, 7:01:25 AM11/5/20
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Camilla Pelosi: Trump contro Biden: si scrive post-ideologia, si legge propaganda

kriticaeconomica

Trump contro Biden: si scrive post-ideologia, si legge propaganda

di Camilla Pelosi

Molto spesso la definizione di “post-ideologia” in politica copre la volontà dei politici di coprire affermazioni senza alcun appiglio nella realtà e create come semplici artifici retorici e di propaganda. Camilla Pelosi nel contesto del dossier “AMERICANA” oggi studia la questione in riferimento al dibattito tra Donald Trump e Joe Biden

TrumpBiden.001Il dibattito politico attuale ama autodefinirsi “post-ideologico”, sottintendendo di appartenere a un’era ormai depurata da ideologie e altri mostri novecenteschi.

“Qualcuno è POST senza essere mai stato niente!” suggeriva Giovanni Lindo Ferretti già alla fine degli anni Ottanta, in Svegliami. Può l’essere umano fare a meno dell’ideologia, restando animale politico? Se essa rappresenta i valori e il senso comune che garantiscono il funzionamento di una società civile, il nostro periodo storico avrà pur dovuto sostituirla con qualcosa e questo qualcosa, in quanto essenzialmente non ideologico, sarà soprattutto e in primo luogo pragmatico. A livello della vita pubblica, si prospetterebbe l’avvento di una sorta di tecnocrazia illuminata: solo ed esclusivamente i fatti muoverebbero le decisioni di un elettorato finalmente razionale e ragionevole. Dato che le questioni di costume non possono appellarsi a nessuna conferma numerica che sostenga una tesi in maniera univoca, esse verrebbero cancellate dal confronto: la politica finirebbe per essere inglobata dall’economia, in quanto i principali punti quantitativi di una campagna elettorale riguardano questioni meramente economiche.

Chiaramente, la realtà è ben lontana da questo scenario (per fortuna, ci viene da aggiungere). L’ideologia è viva e vegeta: ha solo cambiato forma. Come i servizi, i mezzi di comunicazione e le relazioni umane, si è smaterializzata, ma proprio grazie alla perdita di consistenza è ormai in grado di infilarsi in ogni interstizio della nostra struttura percettiva del reale. Non fa più capo ai fardelli ingombranti e problematici dei dogmi politici del passato, dove serviva da spartiacque per dividere il mondo in due chiaramente distinguibili sfere di influenza; è più sfaccettata, e quindi più difficile da riconoscere.


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Francesco Pietrobelli: Il ruolo dello Stato nel conflitto di classe

lordinenuovo

Il ruolo dello Stato nel conflitto di classe

di Francesco Pietrobelli

disuguaglianze sociali 959x600Non è passato inosservato – grazie a numerosi articoli usciti sull’Ordine Nuovo – il ruolo dello Stato nella crisi economica scatenata dall’attuale pandemia. Un’azione di sempre maggiore intervento nel campo economico e di sostegno alle imprese, in linea con la tendenza sempre più marcata per cui il ruolo dello Stato a supporto del capitale privato è essenziale1, affinché vi siano manovre pubbliche che tutelino il fronte padronale da un drastico calo dei profitti. Numerose sono state le mosse governative che si sono così susseguite, fin dai primi mesi di crisi, a sostegno delle imprese, fra le quali troviamo moratorie sui prestiti o garanzie statali sui finanziamenti aziendali2. Particolare scalpore è stato causato dalla richiesta di FCA, a maggio, di usufruire della garanzia statale sui prestiti bancari, prevista dal DL liquidità, con la quale aveva diritto – di fronte alle perdite economiche causate dalla pandemia – di chiedere un prestito, pari al 25% del fatturato dell’anno precedente, a un istituto bancario con garante, fino al 70% del totale, lo stato italiano tramite la SACE, una controllata della Cassa Depositi e Prestiti. Prestito poi ottenuto – ben 6,3 miliardi con Intesa Sanpaolo – con non il 70%, ma bensì l’80% di garanzia da parte dello Stato, data la strategicità dell’azienda, senza al contempo che venissero bloccati i cospicui dividendi di 5,5 miliardi, previsti per il 2021, fra i propri azionisti3. Detto in soldoni: i soldi pubblici, dei lavoratori, saranno utili alla FCA per pagare i profitti dei propri azionisti.

Che lo Stato si sia rivelato lasco nelle misure concesse alle aziende lo ha rivelato anche lo strumento della cassa integrazione covid.


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David Harvey: La libertà di non essere sfruttati

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La libertà di non essere sfruttati

di David Harvey

La destra si erge a difesa delle libertà individuali. Ma essere liberi veramente significa sottrarre le nostre vite ai vincoli rigidi del capitalismo. Un'anticipazione dal nuovo libro di David Harvey

david harvey jacobin italia 1536x560Il tema della libertà è stato sollevato mentre tenevo alcune lezioni in Perù. Gli studenti erano molto interessati alla domanda: «Il socialismo comporta che la libertà individuale debba essere sacrificata?». La destra è riuscita ad appropriarsi del concetto di libertà come proprio e a usarlo come arma nella lotta di classe contro i socialisti. Bisogna evitare la sottomissione dell’individuo al controllo statale imposto dal socialismo o dal comunismo a tutti i costi, sostengono.

Ho risposto che nell’ambito di un progetto socialista di emancipazione non bisogna rinunciare al concetto di libertà individuale. Il raggiungimento delle libertà individuali è, ho sostenuto, uno scopo centrale di tali progetti di emancipazione. Ma questo risultato richiede la costruzione collettiva di una società in cui ognuno di noi abbia adeguate possibilità di vita e possibilità per realizzare ciascuna delle proprie potenzialità.

 

Marx e la libertà

Marx diceva cose interessanti su questo argomento. Una di queste è che «il regno della libertà inizia quando il regno della necessità viene lasciato indietro». La libertà non significa nulla se non hai abbastanza da mangiare, se ti viene negato l’accesso a un’adeguata assistenza sanitaria, alloggio, trasporti, istruzione e simili. Il socialismo deve soddisfare le necessità di base in modo che le persone siano libere di fare ciò che vogliono.

Il punto finale di una transizione socialista è un mondo in cui le capacità e i poteri individuali sono completamente liberati da desideri, bisogni e altri vincoli politici e sociali.


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Militant: Tu ci chiudi? Tu ci paghi!

militant

Tu ci chiudi? Tu ci paghi!

di Militant

Neanche cinque mesi dall’apertura della fase di “convivenza” con il Covid-19 che ci risvegliamo tutti – come cantava il re del reggae – sotto l’ennesimo “coprifuoco”. Cinque mesi di sostanziale amnesia rispetto alla gestione disastrosa della crisi Covid-19. Cinque mesi di sostanziale rimozione di quella “seconda ondata” che, se ci riflettiamo un attimo, sotto lockdown era il mantra quotidiano su tutti i giornali, secondo solo al “quando arriverà il vaccino?”. Adesso le fredde statistiche, più che le considerazioni ragionate, hanno preso per i capelli quanti gridavano “vittoria” – riaprendo le discoteche ma vietando i cortei – e fatto scomparire – fateci caso – tutto quell’indistinto magma negazionista e social-confuso che abbiamo visto, nostro malgrado ma con grande interesse di psichiatri e antropologi in erba, sfilare in città.

Eppure il piano inclinato in cui ci siamo ritrovati senza neanche rendercene conto sembra acquistare progressivamente sempre più pendenza. La tendenza generale appare chiara e anche le prime frizioni tra Governo e Regioni, se la progressione al contagio rimarrà costante, cederanno inevitabilmente il passo alla chiusura progressiva (come ha tentato di fare De Luca in Campania e come sta facendo Emiliano in Puglia), tentando di rimediare all’irrimediabile dopo che in tutti questi mesi le uniche manovre in grado di arginare il contagio non sono state messe in atto.


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Gustavo Piga: La manovra economica del governo che pare espansiva e invece non lo è

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La manovra economica del governo che pare espansiva e invece non lo è

di Gustavo Piga

Il nostro Paese ha ed avrà ancora di più nei prossimi mesi un bisogno immenso di crescita economica. Non solo per mantenersi stabile socialmente ma anche finanziariamente: una crescita solida è senza dubbio l’unico modo credibile per garantire infatti anche la discesa del rapporto debito pubblico su PIL.

Il Recovery Fund doveva raggiungere proprio questo fine, dare garanzia di stabilità sociale e finanziaria, tramite il finanziamento di maggiori investimenti pubblici. Ma qualcosa sembra non stia funzionando perfettamente, almeno se consultiamo il documento fondamentale per capirne di più, la Nota di Aggiornamento al DEF recentemente pubblicata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Questa include infatti tre informazioni chiave: la posizione per il 2021-2023 del Governo stabilita con il DEF in aprile, gli effetti aggiuntivi della manovra per il 2021 sul triennio e, infine, il contributo per gli anni 2021-23 dei fondi europei del Recovery. L’analisi complessiva di queste tre dimensioni ci dice della posizione fiscale del Governo e di come questa impatta sull’economia.


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Sebastiano Isaia: Contaminazioni…

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Contaminazioni…

di Sebastiano Isaia

Quello che oggi vediamo saltare in diretta televisiva è solo l’anello più debole della catena sociale, e annuncia quello che potrebbe verificarsi tra qualche giorno o tra qualche settimana se la crisi sociale in corso dovesse acuirsi ulteriormente in termini economici, sanitari, psicologici, “esistenziali”, in una sola parola: sociali. In questi giorni si stanno facendo sentire i soggetti economici e sociali che vivono perlopiù di ristorazione, di servizi alla persona, di traffici più o meno legali (dal punto di vista dello Stato e dei governanti, s’intende), di lavori più o meno “neri” e “abusivi” (gli esperti parlano eufemisticamente di “economia informale”); ma si tratta solo dell’avanguardia della disperazione, della punta di un gigantesco iceberg che galleggia su un mare di preoccupazioni, di frustrazioni e di bisogni insoddisfatti che forse preannuncia l’arrivo di una tempesta sociale d’altri tempi. Che poi sono esattamente i nostri tempi. Certo, forse; niente è certo in questi cupi tempi, salvo la vigenza di un dominio sociale che getta con cieca e ottusa determinazione gli individui nel tritacarne delle compatibilità economiche, con quel che necessariamente ne segue in ogni aspetto della nostra vita quotidiana.


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Caitlin Johnstone: Gli Stati Uniti non hanno alleati, solo ostaggi

linterferenza

Gli Stati Uniti non hanno alleati, solo ostaggi

di Caitlin Johnstone

Il nuovo presidente eletto della Bolivia, Luis Arce, ha dichiarato all’agenzia di stampa internazionale spagnola EFE che intende ripristinare le relazioni della nazione con Cuba, Venezuela e Iran. Questo ribalta le politiche del regime di colpo di stato sostenuto dagli Stati Uniti, che aveva immediatamente iniziato a chiudere le ambasciate, cacciando i medici e interrompendo i rapporti con quelle nazioni dopo aver preso illegalmente il potere l’anno scorso.

Arce ha parlato anche di calde relazioni con la Russia e la Cina.

“Noi ristabiliremo tutti i rapporti”, ha detto all’EFE. Questo governo ha agito in modo molto ideologico, privando il popolo boliviano dell’accesso alla medicina cubana, alla medicina russa, ai progressi in Cina. Per una questione puramente ideologica, ha esposto la popolazione in modo inutile e dannoso”.

Arce ha espresso la volontà di “aprire la porta a tutti i Paesi, l’unico requisito è che ci rispettino e rispettino la nostra sovranità, niente di più. Tutti i Paesi, indipendentemente dalle dimensioni, che vogliono un rapporto con la Bolivia, l’unico requisito è che ci rispettiamo l’un l’altro da pari a pari. Se è così, non abbiamo problemi”. 


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Marco Consolo: Cile: il dado è tratto

ilblogdim.consolo

Cile: il dado è tratto

di Marco Consolo

“Hasta que la dignidad se haga costumbre..”

“Non c’è male che duri 100 anni”. E’ festa grande nelle strade del Cile, da Arica a Punta Arenas. Il popolo cileno volta pagina e approva in un plebiscito di redigere una nuova Costituzione che mandi in soffitta quella di Pinochet.

Il responso delle urne è chiaro: il 78,27 % della popolazione ha votato a favore del cambio costituzionale.

Con quasi la stessa percentuale, ha vinto anche la seconda opzione: quella di dare vita ad una Convenzione Costituzionale con l’elezione diretta dei 155 costituenti (con parità tra donne e uomini e la presenza di rappresentanti dei Mapuche e degli altri popoli originari), che dovranno redigere la nuova Carta Magna. Per eleggerli, si dovrà però attendere aprile del 2021.

Lo zoccolo duro della destra pinochetista cavernicola porta a casa una secca sconfitta, con il 21,7 % dei suffragi e molti veleni interni che non gioveranno alla coesione del governo.


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coniarerivolta: Il frutto marcio del Recovery Fund

coniarerivolta

Il frutto marcio del Recovery Fund

di coniarerivolta

marciomelaLa situazione dei contagi in Italia e in Europa peggiora di giorno in giorno. Il sistema sanitario, sfiancato da anni di austerità, mostra, oggi come durante la scorsa primavera, tutte le sue difficoltà nel gestire la nuova fase dell’emergenza. Nuove chiusure hanno riguardato alcune attività commerciali e alcuni sciacalli continuano opportunisticamente a tirare in ballo il MES, affermando con franchezza che sarebbe la via per legare le mani alla politica economica. La cronaca politica, tuttavia, con un afflato messianico, è da mesi impegnata a cantare le magnifiche sorti e progressive del Recovery Fund. Di questo strumento ci siamo già occupati, mostrandone tutte le criticità. Ora, tuttavia, sembra che sia la sua stessa impalcatura a scricchiolare. È infatti arrivata dalla Spagna, seguita a ruota dal Portogallo e forse dalla Francia, la notizia che il governo di Pedro Sanchez vuole rinunciare ai circa 70 miliardi di prestiti che le spetterebbero dal Recovery Fund pur rimanendo interessato ad ottenere i circa 72 miliardi di contributi a fondo perduto. Anche alla luce di ciò, riteniamo opportuno ripassare quale sia la struttura di questo programma, quali le insidie e a quale punto sia la sua implementazione.

Come abbiamo già avuto modo di raccontarvi, il Recovery Fund è un programma di finanziamento di 750 miliardi di cui 360 miliardi di prestiti e 390 di contributi a fondo perduto, da spalmare nel triennio 2021-2023. Tuttavia, come sappiamo, il diavolo si annida nei dettagli. Nonostante le cifre roboanti, il Recovery Fund, da un lato, rappresenta un programma di rilancio economico del tutto inadeguato rispetto alla gravissima crisi e dall’altro, invece, si qualifica come un efficace lubrificante dei meccanismi di controllo europeo sulle politiche nazionali portando con sé un pesante e certo carico di austerità e riforme.


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Roberto Fineschi: Social e capitalismo crepuscolare (living in a box)

marxdialectical

Social e capitalismo crepuscolare (living in a box)

di Roberto Fineschi

Funzionamento e funzione dei social nelle dinamiche del capitalismo crepuscolare

2690c23a28b3bd08e64d98338a177cd5 XLChe cosa ci sia dietro ai social è ormai noto a chiunque lo voglia sapere. [1] Mi permetto di fare una breve sintesi di letture e visioni in una prospettiva personale legata ad altre riflessioni recentemente sviluppate sul capitalismo crepuscolare.

 

1) Costruire la “scatola”

I proprietari di Facebook, Twitter e compagnia cantante sono degli scienziati sociali. Non è una mia nomina ad honorem, lo sono veramente, in particolare sono esperti di psicologia sociale e “comportamentismo”. La nuova alleanza che hanno instaurato è con web designers ed esperti di calcolo, progettisti questi ultimi dei fantomatici algoritmi. Vediamo come funziona questa triplice alleanza.

1.1) Lo scienziato sociale

I comportamentisti mettono sul tavolo la loro psicologia sociale, ovvero lo studio del comportamento umano spontaneo, automatico, precosciente. Forti di evidenze sia teoriche sia sperimentali sulle modalità di reazione a stimoli di diverso tipo, individuano reazioni standard, soprattutto quelle legate alle pulsioni più profonde e condizionanti dell’animale uomo (piacere, dolore, paura, rabbia, autoconservazione, socialità, appartenenza ecc.). Studiano come innescare delle reazioni automatiche, utilizzando scientemente stimoli che attivino queste pulsioni profonde. In particolare sono interessati a produrre comportamenti in tutto e per tutto identici a quelle che chiamiamo “abitudini”, ovvero che si ripetono senza il ripetersi di uno stimolo esterno, ma che vengono compiuti “spontaneamente” da chi agisce: lo stimolo viene in sostanza introiettato.


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Antonio Martino: Il partito dei lavoratori e gli utili idioti del Capitale

lafionda

Il partito dei lavoratori e gli utili idioti del Capitale

di Antonio Martino

d3ca19fd56648205d13a67be2ebec092 XLQuando Alberto Asor Rosa pubblicò nel 1977 il suo Le due società: ipotesi sulla crisi italiana nemmeno la fantasia del più fervido indiano metropolitano avrebbe potuto immaginare lo scenario di questi giorni. L’ipotesi di un virus in grado di paralizzare la vita del potentissimo e liberissimo Occidente, infatti, poteva affascinare un lettore di Urania, e non certo un compagno di movimento. Oltre quattro decenni dopo la fantascienza è realtà: anzi, parafrasando Marx, è farsa. Tralasciando l’enorme massa di argomenti sulla (pessima) gestione e sui (falsi) rimedi contro la (scontata, essendo in autunno) seconda ondata, vorremmo concentrarci sull’analisi sociale delle conseguenze della crisi, in accordo con quanto già scritto in merito al problema della classe rivoluzionaria.

Partiamo dal dato reale: chi preme per il cd. lockdown è di norma un soggetto che ha dalla propria parte la sicurezza del posto di lavoro e un certo benessere accumulato. Viceversa, chi si oppone è sovente un piccolo imprenditore- proprietario di attività al dettaglio e di commercio minuto, piccole imprese con pochi dipendenti-, un libero professionista o una partita iva. Dal punto di vista strutturale, la linea di faglia è tra garantiti e non, tra lavoratori dipendenti (pubblici e privati di grandi imprese) e unità produttive autonome. In più, l’enorme massa dei disoccupati e dei precari che tende naturalmente a salvaguardare quegli scampoli di normalità fittizia. Si può perciò affermare, generalizzando, che la gestione delle misure di contenimento (sic) del virus siano un’immensa cartina di tornasole della divisione in classi della società italiana.


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Pietro Salemi: Decreto ‘ristori’ o decreto ‘avanzi’?

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Decreto ‘ristori’ o decreto ‘avanzi’?

di Pietro Salemi

Dopo mesi passati a programmare un risposta efficace alla seconda ondata, dopo mesi impiegati a varare protocolli, linee guida e regole di condotta anti-contagio per tutte le attività economiche, eccoci nuovamente catapultati indietro nel tempo, a marzo. Direttamente in “prigione” senza passare dal via.

Molto si è discusso degli errori, delle incongruenze o talvolta delle vere e proprie mancanze nella predisposizione delle rete di sicurezza (sanitaria ed economica) che il Governo avrebbe dovuto costruire per salvaguardare il Paese intero dal rischio di una seconda e devastante ondata di contagi.

Intendiamoci, era chiaro sin dall’inizio della vicenda che si dovesse trovare un delicato equilibrio nel difficile trade-off tra salute ed economia. Un bilanciamento ragionevole poteva, ad esempio, essere il “congelamento” delle attività chiamate al sacrificio per contenere i contagi: ossia salvaguardare le posizioni economiche penalizzate per evitare fallimenti a catena e, conseguentemente, disoccupazione dilagante. Il punto è che, ad oggi, siamo al contempo ad un passo da un nuovo lock down totale e dal tracollo dell’economia.


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Rete dei Comunisti: Recrudescenza pandemica e crisi sistemica. Un passo verso la barbarie o il Socialismo

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Recrudescenza pandemica e crisi sistemica. Un passo verso la barbarie o il Socialismo

di Rete dei Comunisti

I recenti scontri di Napoli segnano un passaggio significativo nella percezione di massa della nuova ondata pandemica che sta sconvolgendo l’Europa e il nostro paese.

La rabbia espressa nelle piazze del capoluogo partenopeo è solo la punta dell’iceberg di un malessere molto diffuso, che troverà nelle metropoli e soprattutto nei territori del Sud elementi di amplificazione sociale precipui del modello di sviluppo del nostro paese, che ci ritorna osservando cronologicamente la cartina dell’epidemia stessa.

Dopo l’epicentro lombardo (che continua), il virus si è spostato nelle zone di vacanza, dove il governo Conte ha permesso all’industria turistica di aprire tutto durante la fase estiva.

Eufemisticamente, il virus ha seguito “i soldi” ed ora è omogeneamente diffuso in tutta la penisola.

L’ultimo DPCM ha scatenato finalmente la piazza, aprendo potenzialmente la strada ad una fase di conflittualità che non si era data nei primi mesi di pandemia, se non sporadicamente e in forme individuali o di piccoli gruppi.


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Diana Francese e Lorenzo Villani: Le proteste napoletane hanno dato vita a un legame sociale

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Le proteste napoletane hanno dato vita a un legame sociale

di Diana Francese e Lorenzo Villani

La proteste che sono avvenute nei giorni scorsi a Napoli e che tutt’ora si stanno espletando hanno aperto numerose discussioni spaccando gran parte dell’opinione pubblica in dissimili fazioni. Si tratta nella maggior parte dei casi di dibattiti aderenti a una sfera soggettiva come quelli pro o contro la violenza perpetrata nelle strade. Continuare a parlare di ciò a due giorni dalla prima serata di protesta, dopo averla quantomeno metabolizzata, significa continuare a voler piangere sul latte versato. Utilizzare categorie morali lasciandosi prendere dalle emozioni non aiuta a far luce sul perché questa protesta, iniziata pacificamente, si è tramutata in una sterminata polveriera. La pandemia globale che si è abbattuta in maniera feroce sull’Italia ha modificato inequivocabilmente lo stile di vita di ognuno di noi in questi mesi, divenendo di fatto un vero e proprio “fatto sociale totale”, come direbbe il grande antropologo Marcel Mauss.

Un fatto sociale totale è infatti un fenomeno esterno all’individuo che però ha un potere di coercizione talmente alto che quest’ultimo non può esserne completamente indifferente.


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Afshin Kaveh: L’importante non è l’ascesa, ma l’atterraggio

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L’importante non è l’ascesa, ma l’atterraggio

di Afshin Kaveh

A proposito di «Radical Choc» di Raffaele Alberto Ventura

Postosi a margine di una ideale «Trilogia del collasso», in un teorico epilogo di un comparto d’analisi critica della modernizzazione – il quale aveva visto inizio tra le pagine della Teoria della classe disagiata (2017) e continuazione tra quelle di La guerra di tutti (2019), entrambi editi dalla minimum fax – Raffaele Alberto Ventura trae il dado senza ritrarre o peggio nascondere la mano con cui lo aveva lanciato, cedendo le sue conclusioni nel suo ultimo libro, Radical choc. Ascesa e caduta dei competenti (Einaudi, 2020). Capitolo conclusivo, quest’ultimo, che non si pone nel riquadro di un soliloquio discorsivo, o nel susseguirsi di semplici parole, seppur trascritte con zelo, ma che anzi si proietta nella concretezza degli ultimi accadimenti, direttamente nella realtà che viviamo, che abitiamo, che siamo. È a partire da questo presupposto che il libro di Ventura vede luce ed è già imprescindibile per comprendere lo stato attuale delle cose e il contesto che affrontiamo.

Per tanto tempo ci si è trovati in una realtà che diramava se stessa portando acriticamente molte persone a far «notare che viviamo nell’epoca più felice della storia umana», una linearità in cui mai come oggi la popolazione che la vive è « stata così ricca, i bisogni materiali così largamente soddisfatti e l’aspettativa di vita così lunga».


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Alberto Bellotto: La fabbrica del mondo

linkiesta

La svolta epocale della Cina che ridisegna la sua economia puntando sul mercato interno

di Alberto Bellotto

Dopo decenni da leader nella manifattura a basso costo, Pechino vuole ridurre il peso dell’export e produrre prodotti ad alto valore aggiunto spendibili nel commercio interno. Per farlo però deve attivare un processo di forte innovazione e dimostrarsi in grado di assorbire la nuova produzione. Un progetto che avrebbe delle conseguenze a livello globale

La fabbrica del mondo si prepara a chiudere i battenti. Negli ultimi 40 anni la Cina ha costruito il suo successo economico sulla capacità di attirare capitali e costruire la più grande struttura manifatturiera a basso costo del mondo votata all’export. Oggi però quel meccanismo si è inceppato. Anzi, Pechino è pronta a mandarlo in soffitta per ridisegnare la sua economia.

Nell’anno della pandemia il presidente Xi Jinping ha ripetuto più volte che il mondo è un posto sempre più turbolento e che la Cina deve mettersi al riparo dagli scossoni. Non è un caso che sia tornato sul tema a metà ottobre durante la visita a Shenzhen. Proprio nella culla della rivoluzione economica voluta da Deng Xiaoping, il presidente cinese ha auspicato che la città diventi ancora una volta il volano del nuovo sviluppo cinese.


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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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Edmondo Peralta: The Lancet: Covid-19 non è una pandemia, ma una sindemia

sollevazione2

The Lancet: Covid-19 non è una pandemia, ma una sindemia

di Edmondo Peralta

non e
                  come dite voiThe Lancet è considerata una delle più prestigiose riviste medico-scientifiche. Sia chiaro, anche The Lancet ha preso cantonate, come quando ha dovuto smentire uno studio (poi ricusato) sui pericoli della idrossiclorochina, studio che è servito all’Oms per sospendere l’uso del farmaco nei trial clinici, e lo stesso ha fatto l’Aifa italiana.

Di recente la rivista ha pubblicato un intervento del suo direttore, Richard Horton, che contesta, in riferimento al Covid-19, non solo le clausure il terrorismo sanitario dei governi, bensì lo stesso concetto di pandemia e propone quello di Sindemia. Un neologismo inglese Sindemia (synergy e epidemic) che è usato per caratterizzare l’aggregazione di due o più epidemie concomitanti o sequenziali o gruppi di malattie in una popolazione con interazioni biologiche che aggravano la curva prognostica delle malattie stesse. [Vedi: G. Collecchia, Il modello sindemico in medicina, in Recenti Progressi in Medicina, 220, 2019, pp. 271 ss]

Segnaliamo ai lettori l’articolo che segue.

* * * *

Covid-19 is not a pandemic“: non una pandemia, ma una “sindemia“. Per il direttore di The Lancet la gestione dell’emergenza, basata solo su sicurezza ed epidemiologia, non raggiunge l’obbiettivo di tutelare la salute e prevenire i morti. Covid-19 non è la peste nera né una livella: è una malattia che uccide quasi sempre persone svantaggiate, perché con redditi bassi e socialmente escluse oppure perché affette da malattie croniche, dovute a fenomeni eliminabili se si rinnovassero le politiche pubbliche su ambiente, salute e istruzione. Senza riconoscere le cause e senza intervenire sulle condizioni in cui il virus diventa letale, nessuna misura sarà efficace. Nemmeno un vaccino.


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Bollettino Culturale: Una critica alla teoria dell'utilità marginale

bollettinoculturale

Una critica alla teoria dell'utilità marginale

di Bollettino Culturale

Marxistische KritikLa teoria del valore è stato un campo di discussione permanente in economia: le due linee principali (teoria del valore-lavoro e teoria dell'utilità marginale) hanno presentato approcci totalmente dissimili alla questione.

La teoria del valore-lavoro, proposta da Adam Smith e continuata da David Ricardo, postula che il valore dei beni dipende dalla quantità di lavoro socialmente necessaria per la loro produzione. L'approfondimento di questa teoria, portato avanti da Karl Marx, ha portato alla formulazione della nozione di plusvalore (un aumento di valore che viene trattenuto dal capitalista a scapito del lavoratore).

Le derivazioni della teoria del valore-lavoro e dei concetti che ne derivano (generazione di plusvalore e sfruttamento della forza lavoro) sono state molto disturbanti per l'attuale ordine sociale. Questa teoria, quindi, ha superato l'ambito della discussione accademica ed è stata ampiamente utilizzata nei dibattiti politici del XIX e XX secolo.

Con l'obiettivo esplicito di cercare un'altra base di sostegno alla teoria del valore, che presentasse meno conflitti sociali, alla fine del XIX secolo un gruppo di economisti iniziò ad abbozzare una proposta alternativa. I lavori di Stanley Jevons, Karl Menger e León Walras, seguiti da quelli di Eugen Böhm-Bawerk, Alfred Marshall e Vilfredo Pareto, hanno gettato le basi per una teoria del valore basata sulle preferenze del consumatore utilizzando i concetti di utilità o ofelimità e concentrandosi sull’analisi del comportamento delle unità aggiuntive, dando origine all'approccio marginalista.


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Giovanni Mazzetti: Quei sacrifici che ci rendono solo più poveri

centrostudieiniz

Quei sacrifici che ci rendono solo più poveri

di Giovanni Mazzetti

Introduzione al quaderno n. 8/2020 del Centro studi e iniziative per la riduzione del tempo individuale di lavoro e redistribuzione del lavoro complessivo sociale

mazzetti“Ogni sterlina risparmiata
è un’occupazione cancellata”

Perché riproporre oggi ai lettori italiani una conversazione radiofonica di John M. Keynes, su Spesa e risparmio, che ebbe luogo nel gennaio del lontano 1933? La ragione è abbastanza semplice: perché le cose che Keynes cercò di esporre in quell'occasione, e nei suoi altri interventi di quel periodo, non sono ancora entrate a far parte del comune sapere dei cittadini dei paesi economicamente maturi. E in questo gli italiani non fanno eccezione. D'altronde, come cercheremo di mostrare in questa breve introduzione, si tratta di questioni che hanno una grande rilevanza ai fini della comprensione delle difficoltà economiche che gravano sulla società contemporanea e della spiegazione delle cause dell'odierna disoccupazione di massa.

Il sapere sociale è incapace di far fronte a questa situazione, e si macera da un quarantennio in ricorrenti riti sacrificali, favoriti dal riemergere delle ideologie conservatrici, appunto perché è ancora impastato di rappresentazioni, esperienze, concetti che risalgono al periodo che precedette l'affermarsi dello Stato Sociale e ignora l'ABC della rivoluzione keynesiana. Tutto lo sviluppo che ha avuto luogo nel trentennio antecedente al momento in cui è esplosa l'attuale crisi non riesce pertanto ad essere compreso; e ancora meno si riescono ad afferrare i problemi che a quello sviluppo sono conseguiti. Per questo la società torna lentamente sui suoi passi e subisce un lacerante impoverimento. Al mancato progresso nella comprensione dei processi sociali che hanno consentito l’arricchimento, deve necessariamente conseguire la loro dissoluzione e un grave regresso materiale.

 

Per non subire passivamente l'impoverimento

È vero che la maggioranza della popolazione rifiuta questa evoluzione. Che vaste minoranze dimostrano attivamente contro i tagli e i sacrifici.


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Carlo Formenti: Il giudice di Handke

nuovadirezione

Il giudice di Handke

di Carlo Formenti

<<Una religione a sé è diventato l’abuso di diritto, un culto idolatra, forse l’ultimo: sbandierare ed esagerare i propri diritti contro i vicini della porta accanto come prova della propria esistenza. Sferro colpi intorno a me con i miei diritti, dunque esisto. E solo così esisto>>.

L’autore di questo sfogo è un personaggio dell’ultimo romanzo di Peter Handke, La seconda spada (Guanda editore). A pronunciare queste parole è un vecchio giudice, vicino alla pensione, che il protagonista incontra per caso mentre vaga nelle campagne dell’Ile de France rimuginando un antico progetto di vendetta. Benché la loro conoscenza sia del tutto superficiale, il giudice sceglie quell’occasionale momento di intimità per esternare alcune convinzioni “eretiche” (considerata la sua funzione) sul ruolo di assassino della società che l’inflazione dei diritti è fatalmente destinata a svolgere. Mi viene da pensare che le due pagine (da cui ho estratto queste poche righe) che contengono quell’inattesa confessione, possano avere una qualche relazione con il linciaggio mediatico di cui Handke fu oggetto qualche anno fa, a causa delle opinioni espresse in merito al processo per crimini contro l’umanità intentato dalla Corte Penale Internazionale nei confronti dell’ex premier serbo Milosevic. Ma su questo tornerò più avanti.


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Andrea Muratore: Il governo alla prova della riscrittura della manovra

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Il governo alla prova della riscrittura della manovra

di Andrea Muratore

Come i decreti di contrasto alla pandemia superati dalla realtà al momento della firma, anche la previsione di manovra del governo giallorosso si è dissolta come neve al sole di fronte al deterioramento del contesto sanitario e delle prospettive economiche per l’avvenire. Roberto Gualtieri e il governo giallorosso avevano impostato nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza una manovra che puntava fortemente sui denari europei del Recovery Fund che, oramai, è bene considerare come destinati ad arrivare nelle casse dello Stato non prima del secondo semestre del 2021.

Il ritorno dei lockdown, l’aumento dell’incertezza economica e la carenza di organicità dell’azione governativa rendono necessario riscrivere da capo la prospettiva di legge di bilancio, rilanciando la spesa in deficit per far fronte alle minacce dell’avvenire: aver prolungato la cassa integrazione straordinaria o il blocco dei licenziamenti, ad esempio, potrebbe non impedire uno tsunami di fallimenti aziendali in primavera; i progetti che possono rilanciare servizi e occupazione (sanità, infrastrutture, innovazione, istruzione) devono essere accuratamente vagliati e affidati a competenti cabine di regia; il problema delle nuove disuguaglianze e delle nuove forme di povertà imposte dalla pandemia e le minacce alla tenuta del sistema sociale impongono di dare un occhio anche al rafforzamento delle reti securitarie e di welfare.


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E.A.: Le fabbriche e le palestre

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Le fabbriche e le palestre

di E.A.

Ma quante chiacchiere si stanno facendo attorno alle scelte del governo sulle chiusure per fronteggiare la pandemia. La questione è limpida, certo bisogna andare al di là delle apparenze, delle rappresentazioni della realtà alla moda che servono solo a coprire gli interessi di questa o quella banda di politici al potere o all’opposizione. E sappiamo che non è semplice. Ma non ci vogliono dei geni dell’analisi sociale per capire che il governo ha fatto una scelta chiara: la produzione non si tocca, il lavoro produttivo non deve subire scossoni, l’esposizione degli operai al coronavirus nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro è il prezzo che bisogna pagare. I capi industriali hanno dettato le regole, Bonomi capo di Confindustria per primo. Ma il governo sa che non si può lasciare libero sviluppo al contagio ed allora bisogna rallentare la sua circolazione all’esterno dell’industria, che sia piccola, media e grande. Sono i servizi, quelli legati al tempo libero, che si possono sacrificare entro certi limiti: non sono loro che estraggono l’oro dalle miniere, sono solo coloro che spennano i minatori nei bordelli delle città minerarie. E se per una pandemia sociale bisogna rallentare la circolazione è meglio iniziare da loro.


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Carlo Clericetti: Mes, “ce lo chiede l’Europa”?

soldiepotere

Mes, “ce lo chiede l’Europa”?

di Carlo Clericetti

Sul Corriere della Sera Lucrezia Reichlin, una economista molto autorevole, propone una nuova versione del “ce lo chiede l’Europa” in cui fa rientrare anche la richiesta del prestito al Mes.

La Bce può fare quel che sta facendo, dice Reichlin, perché esiste un consenso politico, lo stesso che è stato necessario per consentire a Draghi di pronunciare il whatever it takes. La Bce sta di fatto finanziando gli Stati – cosa esplicitamente vietata dal suo statuto – e per di più non rispetta nemmeno la proporzione stabilita (secondo la capital key, ossia il peso relativo di ciascun paese nel suo capitale): infatti, per esempio, compra più titoli italiani di quanto sarebbe previsto. Eppure né il Consiglio, né la Commissione la richiamano all’ordine. Questo accade – afferma l’economista - appunto perché si è raggiunto un consenso politico su quanto è necessario per affrontare la crisi.

Ma il consenso, sostiene Reichlin, si è formato attorno a un complesso di strumenti: Recovery, bilancio, e anche il Mes e il Sure (il fondo contro la disoccupazione). Ciò significa che bisogna usarli tutti, altrimenti quel consenso potrebbe venire meno.


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Elia Favaro: Compagno padrone!

operaviva

Compagno padrone!

Un film di Susanna Nicchiarelli

di Elia Favaro

Non possiamo usare la lavagna del bello e del brutto per parlare di Miss Marx, sorprendente lavoro di Susanna Nicchiarelli, Coppa Volpi a Venezia per l’interpretazione femminile. Come per il potente film dedicato all’ultimo anno della icona dei Velvet Underground, Nico, 1988, anche qui si indaga dentro la vita di una donna-astro, che reca nella sua biografia le stimmate delle contraddizioni di un pensiero politico che non riesce a fare lezione della differenza di genere, non riesce a farne trampolino interstellare verso un pensiero più profondo, più sagace. La sua operazione è senza nostalgia, senza elogio del passatismo, ha lo sguardo dell’altro per forma e per sostanza. Il tempo scorre in maniera irregolare, non una ricostruzione addormentata della vita di Eleanor, la protagonista e figlia di Karl Marx, ma un andamento a strappi che incornicia gli episodi più significativi ed umorali della vita di Eleanor e di quel periodo storico.

La vita privata non coincide con l’attivismo pubblico, come se quello spazio non riuscisse proprio a diventare trama del dibattito tra compagni.


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Filippo Violi: Il tallone di ferro sul popolo dell’abisso

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Il tallone di ferro sul popolo dell’abisso

di Filippo Violi

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              ferroJack London, pseudonimo di John Griffith London, è morto suicida a quarant’anni (1916), ritrovato cadavere in un cottage nella residenza di Beatty Ranch, nella contea di Sonoma in California, probabilmente a causa di un’overdose di antidolorifici. Un atto estremo da tempo premeditato si direbbe, ma solo dopo essersi imbattuti nella lettura del suo antieroe per eccellenza “Martin Eden” (1909), romanzo autobiografico.

Il giovane marinaio proletario individualista che sogna di diventare scrittore e ci riesce, conquista l’amore di una giovane dell’alta borghesia, grazie al suo enorme bagaglio culturale autodidatta. Raggiunto il successo per protesta si autodistrugge contro una fama in cui non si riconosce, in polemica con il professionismo letterario dell’epoca. E con quella pena di cui London si fece carico, ossia l’orribile obbligo di scrivere per vivere che lo accompagnò sempre e lo tormentò fino in fondo.

Il romanzo di London si svolge come melodramma e fiaba mentre intorno c’è la creazione della società moderna, si fanno discorsi sulla democrazia e l’individuo, ma al contempo c’è la nascita dell’industria culturale, al fine di dare identità alla nazione e alla società, c’è la nascita della cultura di massa. Jack London è forse il primo grande autore globale, letto dalla California alla Russia, che si misura con questa industria e che alla fine ne rimarrà schiacciato.

Ma perché parlare di London oggi? Ad un secolo e oltre dalla sua morte? Forse perché non si è scritto e non si è detto già abbastanza? O forse, meglio, perché la sua figura così spietata nell’agire, nello scrivere, nell’indagare (per lui stessa cosa), priva di compromessi, satura di eccessi, sfrontata, dissacrante, palesemente anticapitalista, socialista, luddista, rivoluzionaria, visionaria, anticipatrice, risulta scomoda ancora oggi?


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Piotr: La fuga di Logan

sinistra

La fuga di Logan

di Piotr

s l1600Il capitalismo è un sistema che esclude. L'inclusione o l'esclusione sono decise in base all'efficienza nel generare profitto e rendita. Per il resto il capitalismo non si sente vincolato da nessun obbligo verso la società, i suoi uomini e le sue donne. Questa logica può essere dissimulata durante i periodi di espansione, ma quando la crisi morde si riaffaccia poco a poco per poi conclamarsi apertamente.

Il Nixon shock del 1971 segnalò l'inizio della crisi sistemica che ancora oggi, enormemente aggravata, ci avvolge. Seguì quasi un decennio di scontri tra il Potere del Denaro e il Potere del Territorio. Il primo spingeva verso politiche di austerità, di liberalizzazione, di privatizzazione del dominio pubblico, di super sfruttamento dei lavoratori interni e di meticoloso controllo e sfruttamento degli spazi esterni ai centri capitalistici storici. Il secondo cercava di resistere con politiche espansive che rilanciassero l'economia reale (sempre capitalistica, ovviamente) e le sue benefiche ricadute sulla “middle class”, sentendosi vincolato verso la società (Nixon si spinse a dire “Adesso siamo tutti keynesiani” - pochi mesi dopo venne fatto fuori dallo scandalo Watergate).

Alla fine degli anni Settanta questa lotta stava indebolendo entrambe le parti e i due Poteri di conseguenza strinsero un patto all'insegna del nuovo paradigma di accumulazione, cioè la coppia finanziarizzazione-globalizzazione. Iniziò l'epoca di Reagan e della Thatcher e tutto quel che ne seguì: una ripresa dell'aggressività imperialistica dopo la breve pausa seguita alla sconfitta in Vietnam e la progressiva concentrazione della ricchezza in mano a una ristretta élite, il famoso “1%”. Un uno per cento, però, che raccoglie attorno a sé ceti ancillari che da questa concentrazione traggono beneficio e/o di questa concentrazione sono i funzionari o di questa élite sono i giullari.


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Gianluca D’Errico: Perché non voglio parlare di scuola

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Perché non voglio parlare di scuola

di Gianluca D’Errico

MATITE MARINA GODOLINA 12 1536x1135Perchè in questo momento è più utile agire

“Non crediamo agli assoluti” ma “nell’azione per una modificazione delle condizioni che ci circondano, e assieme a questa in una azione per la modificazione delle componenti fondamentali dell’uomo, per non parlare di quelle della società”. Questa è la frase che mi è risuonata in mente più spesso dall’inizio del cosiddetto lockdown, anche perché l’avevo letta da poco (grazie al volumetto I “Piacentini”: Storia di una rivista (1962-1980) di Giacomo Pontremoli dedicato ai “Piacentini” e pubblicato dalle Edizioni dell’asino). Goffredo Fofi la scrisse, sui “Quaderni Piacentini” appunto, in un articolo del 1967. La interpreto come un invito non certo allo stolto pragmatismo, ma al fare politico in contrapposizione alla postura intellettuale.

Dall’inizio della pandemia ho cercato gli altri, ho provato a fare gruppo, a confrontarmi, ad agire. Non sono stato mai “solo”. Potrei arrivare a dire che nessuna riflessione su ciò che è accaduto da febbraio 2020 a oggi sia stata, per me, una riflessione individuale. Qui a Napoli è nata una rete di insegnanti, educatori e genitori che già da inizio marzo ha cominciato a incontrarsi, telematicamente, con molta frequenza. Ne sono nati azioni e pensieri collettivi, ovviamente imperfetti, incompleti, frammentati: come tutto ciò che nasce nella condivisione. Un piccolo miracolo. E le parole che qui scrivo sono parole nostre più che mie.

Abbiamo dapprima, come molti, pensato che quello che stava accadendo poteva essere una “occasione” per la scuola pubblica. Un’occasione di ripensamento radicale e complessivo di quanto già nell’ordinario non ci piaceva.


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Fabio Alberti: Cambiamo gioco nel Mediterraneo

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Cambiamo gioco nel Mediterraneo

di Fabio Alberti

Neo-colonialismo francese e neo-ottomanesimo turco vanno in rotta di collisione e si trovano su fronti opposti nelle guerre in Libia, in Siria, in Nagorno-Kharabac e nel mar Mediterraneo orientale. Uno scontro di potere con in palio l’influenza nel Mediterraneo (e l’energia) ora che la superpotenza statunitense è in ritirata. Questo è il campo di gioco e in tanti si stanno arruolando per fare i palloni in questa partita. Dovremmo invece cominciare a costruire una comunità mediterranea di destino

Forse non si aspettava tutto questo clamore Abdullakh Anzorov il giovane assassino dell’insegnante di storia della scuola media di Conflans Sainte Honorine. Forse pensava “solo” di lavare un’onta con il sangue e guadagnarsi il paradiso. Probabilmente non si era accorto di essere entrato inavvertitamente in un campo di gioco in cui quelli come lui e come la sua vittima non giocano, ma sono giocati.

Al massimo fanno il pallone.

Non era il primo, e purtroppo non sarà l’ultimo episodio di violenza cieca, nascosta sotto un discorso religioso. L’ultimo era stato poche settimane prima, il 25 settembre, con il tentato omicidio due giornalisti presso la ex sede di Charlie Hebdo. Era stato “notiziato” senza eccessiva enfasi, come in Francia si fa da tempo.


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Il Pedante: Sulla libertà di dibattito scientifico

ilpedante

Sulla libertà di dibattito scientifico

di Il Pedante

Ricevo e divulgo con convinta adesione il comunicato stampa del 26 ottobre della Rete Sostenibilità e Salute «sulla radiazione di medici per reati di opinione» (qui il testo online, qui il pdf). Con questo appello, i professionisti e le associazioni che aderiscono alla Rete prendono posizione sul processo di radiazione in corso a carico di alcuni medici che avrebbero espresso una propria opinione non allineata con la volontà politica di promuovere la diffusione di determinati trattamenti sanitari.

È bene ricordare che si tratta di un modo di operare che non ha precedenti, neanche negli anni più bui della dittatura e della guerra. Neanche, come ricordano gli estensori del documento, «in casi puniti dalla giustizia penale con sentenze di ergastolo (!) o per reati di corruzione e concussione». Un modo di operare, quello di negare ai sanitari il diritto alla loro professione per il fatto di averne onorato i requisiti di «libertà e indipendenza» sanciti dal Codice di condotta (art. 4), tanto più assurdo e pericoloso nel periodo che stiamo oggi attraversando. Mentre scrivo, il Paese e gran parte del mondo sono infatti soggetti a provvedimenti politici di impatto inaudito sulla qualità della vita sociale a causa di una dichiarata emergenza di tipo sanitario.


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Fabio Nobile: Pandemia e crisi economica, stessa scala di priorità

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Pandemia e crisi economica, stessa scala di priorità

di Fabio Nobile

Le condizioni materiali di vita incidono profondamente sulla percezione della realtà. E questo è evidentissimo dentro la pandemia. In chi ha un reddito non influenzato o danneggiato dal Covid la paura della morte è l’elemento dominante, portandolo ad essere tendenzialmente favorevole a tutte le restrizioni tese a limitare la diffusione del virus. Cosa diversa è per chi ha già pagato un prezzo altissimo sul piano economico e rischia, con le restrizioni in corso e quelle che saranno probabilmente ulteriormente decise, di non rialzarsi più. In questo caso prevale uno stato di ribellione, disperazione, frustrazione o rassegnazione più che comprensibile. Con questo non sto affermando che, a questo punto, non devono essere attuate misure di contenimento anche dure contro la diffusione del virus ma sottolineo uno stato di fatto da alcuni eccessivamente sottovalutato.

Va premesso che questa crisi ha un effetto sulla struttura economica molto simile a quello di una guerra, in primo luogo con la distruzione di capitale variabile e costante (chiusure di attività ed espulsione di manodopera avanzano in tutto il mondo) oltreché ad una spinta verso la concentrazione di capitali.


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Alessandro Guerriero: Il Recovery Fund è davvero la soluzione? Ecco criticità e tecnicismi

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Il Recovery Fund è davvero la soluzione? Ecco criticità e tecnicismi

di Alessandro Guerriero

Nelle ultime settimane il dibattito economico e politico si è focalizzato sul Recovery Fund (o più correttamente Next Generation EU), lasciando però molte parti in ombra. Il Next Generation EU è il piano della Commissione Europea per la resilienza dei paesi UE colpiti dal Covid-19. È stato approvato dal Consiglio Europeo straordinario il 21 luglio di quest’estate e successivamente confermato dal Parlamento Europeo.

Il Next Generation EU è un quindi un’estensione del bilancio della Commissione europea, che si aggiunge al quadro finanziario pluriennale (QFP). Le risorse del Recovery Fund sono 750 miliardi di euro, divise in 390 di sovvenzioni a fondo perduto e 360 di prestiti.

La differenza tra prestiti e sovvenzioni a fondo perduto esiste, ma è più labile di quel che si pensa. La Commissione europea è stata incaricata di poter contrarre, per conto dell’Unione e tramite la BEI (Banca Europea per gli Investimenti), prestiti sui mercati dei capitali per 750 miliardi di euro al fine di finanziare il piano di aiuti.

Partendo dai 360 miliardi di prestiti, la Commissione dopo averli raccolti sui mercati finanziari li destinerà ai paesi richiedenti dell’Unione. Proprio perché sono prestiti, essi dovranno essere restituiti. Le restituzioni partiranno dal 2028 fino a completarsi obbligatoriamente nel 2058.


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Gabriele Giorgi: Pandemia: L’esperimento europeo e atlantico verso la debacle

cambiailmondo

Pandemia: L’esperimento europeo e atlantico verso la debacle

di Gabriele Giorgi

Tra prima ondata e seconda ondata e relativa gestione, mi sono fatto questa idea. Grazie soprattutto alle testimonianze che arrivano da altri paesi europei.

Nella prima fase noi, l’Italia, abbiamo fatto la chiusura cercando di emulare Cina e Corea. Che allora erano gli unici esempi si riferimento. Dovevamo farlo perché eravamo i primi in occidente ad essere aggrediti con “virulenza” e dunque quelli messi peggio. La scelta era, per forza di cose nostra, una scelta nazionale, obbligata.

La cosa ha funzionato abbastanza bene.

La Cina, l’estremo oriente in generale, inclusi Giappone, Vietnam, ecc., ma anche (a conferma che non tutto l’occidente è uguale) l’Australia e la Nuova Zelanda, ha tenuto duro sul quel modello di contenimento anche dopo la fine della prima ondata, intervenendo duramente in ogni occasione di recrudescenza della diffusione del virus. Per loro anche la scelta era ed è obbligata, poiché sono o isole o isolate dal contesto territoriale della grande comunità occidentale. E forse anche perché hanno un concetto di modernità differente da quello, totalmente ideologico, delle raffinate classi dirigenti di tramontana.


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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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tonino

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Nov 10, 2020, 1:53:55 PM11/10/20
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Cristina Morini: La vita non essenziale

machina

La vita non essenziale

di Cristina Morini

0e99dc 7d24ab79c1f54c39aca0d9ea2f842b93mv2«Le attività non essenziali»: passerà alla storia questa dizione legata alla pandemia Covid-19 a definire tutto ciò che non attiene alla sfera delle attività ufficialmente immesse nel processo di produzione capitalistico e non formalmente retribuite. Per essere più chiari essa prova a definire quegli atti che non sono «condizioni oggettive del lavoro» della «forza-lavoro viva», quindi, marxianamente, non fanno parte «dei mezzi di sussistenza e dei mezzi di produzione» [1]. O, più semplicemente ancora, circoscrive tutto ciò che non può dirsi «occupazione retribuita, considerata come mezzo di sostentamento e quindi esercizio di un mestiere, di un’arte o di una professione» [2].

Si tratta perciò della sfera ibrida delle azioni umane improduttive che hanno a che vedere con il relazionarsi con gli altri, con i legami sociali, con aspetti che impegnano le nostre vite e il loro mantenimento in una rete di rapporti molteplici con altri esseri viventi, al di fuori dal tempo del lavoro produttivo certificato come tale. L’affermazione del governatore Toti di tenere a casa i non indispensabili non fa che ribadire ulteriormente il principio ispiratore degli apparati decisionali di fronte all’emergenza sanitaria. Un piano tutto ordinato intorno al ruolo essenziale del profitto che va accettato in una sorta di sottomissione collettiva ritualizzata. A fare resistenza rispetto alla narrazione dominante, governata attraverso lo strumento velenoso della paura mediatica, sono state soprattutto le donne.

Affermo una volta per tutte, per l’ennesima volta, che il problema dell’emergenza sanitaria è grave e reale, soprattutto perché il sistema si è dimostrato incapace di reggerne l’urto. Le disposizioni governative che abbiamo visto succedersi fino ad ora hanno messo in luce un modello atto soprattutto a preservare le attività esplicitamente economiche (pubblico-produttive) e a limitare tutte quelle correlate alle relazioni umane (privato-improduttive).


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Ian James Kidd e Matthew Ratcliffe: Benvenuti in Covidworld

vocidallestero

Benvenuti in Covidworld

di Ian James Kidd e Matthew Ratcliffe

In questo articolo su The Critic, si ragiona su questo nuovo "Mondo Covid" che si sta manifestando a noi, ponendo una particolare attenzione alla mancanza di spazio per un dibattito pubblico aperto e onesto sul tema della pandemia e di come affrontarla al meglio. Sembra quasi prendere vita un mondo nuovo, dove la rilevanza e proporzionalità delle misure adottate all'interno del contesto più ampio sembrano rispondere a regole nuove e diverse, proprie di un mondo a sé

covidworld"Cercar di comprendere Covidworld, la nostra nuova realtà alterata in cui le norme comunemente accettate non si applicano più"

L’8 settembre, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha lanciato l’allarme su una malattia mortale che rischia di uccidere circa 11 milioni di persone nel mondo ogni anno, tra cui 2,9 milioni di bambini, la maggior parte dei quali potrebbero essere salvati. Date queste orribili proiezioni, è sicuramente chiaro che è necessaria un'azione urgente: distanziamento sociale; mascherine; lockdown; investimenti senza precedenti nello sviluppo di vaccini.

Ma non è così che si affronta il problema, perché stiamo parlando di sepsi, malattia che colpisce 49 milioni di persone ogni anno e lascia anche a molti sopravvissuti dei problemi di salute a lungo termine.

Mentre il suo comunicato stampa sulla sepsi ha ricevuto poca attenzione da parte dei media, l’allarme successivo dell'OMS che il bilancio globale delle vittime del Covid-19, anche se venisse trovato un vaccino, potrebbe raggiungere i 2 milioni di persone, ha ottenuto una posizione di rilievo sul sito web della BBC News e anche altrove. Quindi di cosa dovremmo preoccuparci di più e dove dovrebbero essere investiti i nostri sforzi per ridurre al minimo la sofferenza, le malattie a lungo termine e le morti?

L'accento è stato posto fermamente sulla prevenzione dei decessi da Covid-19, la maggior parte dei quali coinvolge persone anziane con comorbilità significative. Dimenticatevi la sepsi. Dimenticate le numerose altre malattie gravi e che si potrebbero prevenire.


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Valerio Romitelli: Gramsci a Wuhan

maggiofil

Gramsci a Wuhan*

di Valerio Romitelli

e3098320bc9e754479592595bffb1b21 ML’epoca d’oro della democrazia all’americana, ovvero neoliberale, è decollata col crollo del muro di Berlino e ha cominciato a declinare da quando Cina e Russia sono ridiventati protagonisti della scena mondiale. Se è vero che l’epoca in corso è caratterizzata dall’emergere del modo sovranista e populista di pensare e sperimentare la politica[1], ciò è possibile anche per il ritorno alla ribalta di questi due paesi ex comunisti, il primo dei quali restato tale almeno ufficialmente.

Anche le elezioni di Trump, così come molte sue scelte, sarebbero restate impensabili nel mondo precedente, quello nel quale gli Stati Uniti godevano di una superpotenza illimitata. Parecchi fatti storici cruciali attestano l’esaurirsi di questa supremazia globale di Washington. Tra di essi l’andamento della guerra in Siria, nel quale la distruzione sistematica del paese adottata per la Libia di Gheddafi è stata bloccata dall’intervento russo. Ma anche nell’emergenza pandemica, mentre gli Stati Uniti hanno dimostrato inefficienze disastrose, la Cina, nonostante tutte le calunnie occidentali, è apparsa capace di mettere in opera la soluzione di distanziamento e controllo della popolazione che a partire da Wuhan è diventata il modello promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità e seguito in ogni angolo del globo. Quello che è stato l’«Impero di mezzo», già tre secoli fa esempio del mercato prediletto dallo stesso Smith[2], sembra oggi tornare a primeggiare non più solo in fatto di commercio e produzione.

 

Stato e corpi collettivi

Per arrivare subito al cuore del primo punto occorre sbarazzarsi del maggiore pregiudizio che su simili temi viene diffuso dalla propaganda in uso in paesi vassalli degli Stati Uniti come il nostro.


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Alessandro Visalli: Servitori, bottegai e castellani. La vera lotta e quella finta

nuovadirezione

Servitori, bottegai e castellani. La vera lotta e quella finta

di Alessandro Visalli

Idade Media BanchettiTentiamo.

Quello che la crisi economica, che è direttamente sociale e direttamente politica, indotta sul corpo malatissimo del nostro presente illumina non è nuovo. Lo abbiamo sempre avuto con noi e ne abbiamo sempre parlato. Tuttavia si sta presentando in un modo che è insieme scontato ed inaspettato. Si scoperchiano contemporaneamente linee di frattura che erano presenti e che sono stati prodotti dal carattere del nostro tempo.

Si tratta, peraltro, di linee vecchie. Sono state prodotte da decenni e molti, moltissimi, sono talmente abituati ad esse da considerarle naturali e irreversibili. Per dargli forma si tentano sempre metafore spaziali, geografiche, o topografie fondate sull’esperienza di base del nostro corpo: dialettica tra le periferie ed i centri, scontro tra alto e basso, tra il vicino ed il lontano, tra l’amico ed il proprio e l’estraneo, l’ostile. D’altra parte, tanti e diversi operatori, tanti spregiudicati imprenditori, cercano costantemente di metterle a frutto, di trarne dividendi politici. Di fare di queste fratture, di queste differenze, merce politica.

In questo modo la putrefazione del corpo del presente si fa posta nel gioco che affaccendati mestatori continuano a rilanciare freneticamente. Un gioco roco, pieno di urla, di ira simulata per intercettare e trarre a frutto, per sé, la vera e giusta ira di coloro che sono naufragati, nelle periferie, soli, in basso. Di coloro che, scivolando, si attaccano alle vesti dei poveretti che sono appena qualche centimetro sopra di loro, li vogliono trascinare in basso, invece di fare forza insieme e salire.


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Bollettino Culturale: Sulla dialettica in Marx

bollettinoculturale

Sulla dialettica in Marx

di Bollettino Culturale

hqdefault 2Introduzione

Lo sviluppo filosofico che Louis Althusser intraprende all'interno della teoria marxista richiede, come egli stesso sottolinea, di essere inquadrato nella congiuntura storica degli anni Sessanta. Il movimento comunista internazionale fu sconvolto da due eventi accaduti dopo la morte di Stalin: il XX Congresso del PCUS nel 1956, che proclamò l'inizio del processo di "destalinizzazione" e la critica al "culto della personalità" e il XXII Congresso del 1961 che segna la rottura definitiva tra il PC di Cina e il PC dell'URSS. Entrambi gli eventi hanno avuto ripercussioni non solo in ambito politico ma anche in ambito ideologico e teorico; è nel contesto di quest'ultimo che Althusser indirizzerà la sua critica alle "reazioni ideologiche" degli intellettuali comunisti. Queste reazioni, che sotto lunghi fiumi di inchiostro "liberatorio" hanno criticato il "dogmatismo" staliniano, sono riuscite a riabilitare il vecchio e moderno problema della "libertà", dell’"uomo" e dell’"alienazione" utilizzando le opere giovanili di Marx come strumento teorico.

Il risultato diretto di questo fenomeno si fece sentire in tutta la filosofia marxista, capovolgendo la situazione in cui si trovava. Se negli anni '30, con la comparsa dei Manoscritti Economico-Filosofici del 1844, furono i socialdemocratici a leggere il Capitale alla loro luce e proclamare, nella loro battaglia contro il marxismo, la continuità di un tema etico in entrambi, ora, all'interno dei partiti comunisti, è stata imposta una nuova interpretazione "umanista" dell'opera di Marx.

Potremmo quindi dire che l'impresa althusseriana si concentra principalmente sul “tracciare una linea di demarcazione” tra la teoria marxista (materialismo storico e materialismo dialettico) e tendenze ideologiche che assumono una forma filosofica e politicamente soggettivista.


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Costantino Ragusa: Pandemizzare il mondo per vaccinare tutti

resistenzealnanomondo

Pandemizzare il mondo per vaccinare tutti

ID 2020: una nuova operazione AktionT4 si appresta all’orizzonte

di Costantino Ragusa

tracciatiÈ inutile girarci tanto intorno, quello che si va non tanto preparando, ma piuttosto predisponendo, la fase preparatoria è già avvenuta da tempo, è un progetto di manipolazione del vivente quando non direttamente di annientamento dello stesso che non ha precedenti per ampiezza e portata. ID2020 Digital Identity Alliance è di un portato tale da far passare come piani di poco conto quelli effettuati dai nazisti con l’operazione T4 destinati all'”eutanasia” nella Germania nazista. I piani Aktion T4 e dell’ Agenda ID20201 hannonon poche similitudini, prima fra tutte è sicuramente la non segretezza. Assenza di segretezza non significa che vi fosse chiarezza su quello che erano gli obiettivi ultimi dei progetti nazisti, anche se questi si svolgevano in rispettabili ospedali con complicità o indifferenza molto allargate. La scelta del momento, la preparazione dei malati o presunti tali, la corrispondenza con i familiari, il disbrigo di richieste importune, tutti questi problemi venivano risolti autonomamente dalle amministrazioni statali e cittadine, dalle direzioni e dai gestori dei singoli istituti, in una forma del tutto cordiale ed estremamente collaborativa con lo svolgersi del piano Aktion T4. Anche se non di massa non sono state poche le selezioni atte a far assassinare tutti coloro ritenuti inutili per la società, a partire da disabili, malati cronici, anziani non autosufficienti e soggetti affetti da presunte malattie psichiatriche.

Se il clima e il contesto del tempo fossero stati più favorevoli, senza le guerre in corso e le prime seppur marginali voci critiche, sicuramente simili progetti non sarebbero stati ritirati strategicamente.

Tanta conoscenza vi è intorno ai capannoni destinati a lager, ma poco si sa, nel sapere diffuso, su quello che erano certe rinomate cliniche e centri di ricerca che per tanto tempo ancora hanno continuato ad ispirare e insegnare al mondo intero anche a fine guerra e quindi a nazismo finito.


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coniarerivolta: Il frutto marcio del Recovery Fund

coniarerivolta

Il frutto marcio del Recovery Fund

di coniarerivolta

marciomelaLa situazione dei contagi in Italia e in Europa peggiora di giorno in giorno. Il sistema sanitario, sfiancato da anni di austerità, mostra, oggi come durante la scorsa primavera, tutte le sue difficoltà nel gestire la nuova fase dell’emergenza. Nuove chiusure hanno riguardato alcune attività commerciali e alcuni sciacalli continuano opportunisticamente a tirare in ballo il MES, affermando con franchezza che sarebbe la via per legare le mani alla politica economica. La cronaca politica, tuttavia, con un afflato messianico, è da mesi impegnata a cantare le magnifiche sorti e progressive del Recovery Fund. Di questo strumento ci siamo già occupati, mostrandone tutte le criticità. Ora, tuttavia, sembra che sia la sua stessa impalcatura a scricchiolare. È infatti arrivata dalla Spagna, seguita a ruota dal Portogallo e forse dalla Francia, la notizia che il governo di Pedro Sanchez vuole rinunciare ai circa 70 miliardi di prestiti che le spetterebbero dal Recovery Fund pur rimanendo interessato ad ottenere i circa 72 miliardi di contributi a fondo perduto. Anche alla luce di ciò, riteniamo opportuno ripassare quale sia la struttura di questo programma, quali le insidie e a quale punto sia la sua implementazione.

Come abbiamo già avuto modo di raccontarvi, il Recovery Fund è un programma di finanziamento di 750 miliardi di cui 360 miliardi di prestiti e 390 di contributi a fondo perduto, da spalmare nel triennio 2021-2023. Tuttavia, come sappiamo, il diavolo si annida nei dettagli. Nonostante le cifre roboanti, il Recovery Fund, da un lato, rappresenta un programma di rilancio economico del tutto inadeguato rispetto alla gravissima crisi e dall’altro, invece, si qualifica come un efficace lubrificante dei meccanismi di controllo europeo sulle politiche nazionali portando con sé un pesante e certo carico di austerità e riforme.


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Roberto Fineschi: Social e capitalismo crepuscolare (living in a box)

marxdialectical

Social e capitalismo crepuscolare (living in a box)

di Roberto Fineschi

Funzionamento e funzione dei social nelle dinamiche del capitalismo crepuscolare

2690c23a28b3bd08e64d98338a177cd5 XLChe cosa ci sia dietro ai social è ormai noto a chiunque lo voglia sapere. [1] Mi permetto di fare una breve sintesi di letture e visioni in una prospettiva personale legata ad altre riflessioni recentemente sviluppate sul capitalismo crepuscolare.

 

1) Costruire la “scatola”

I proprietari di Facebook, Twitter e compagnia cantante sono degli scienziati sociali. Non è una mia nomina ad honorem, lo sono veramente, in particolare sono esperti di psicologia sociale e “comportamentismo”. La nuova alleanza che hanno instaurato è con web designers ed esperti di calcolo, progettisti questi ultimi dei fantomatici algoritmi. Vediamo come funziona questa triplice alleanza.

1.1) Lo scienziato sociale

I comportamentisti mettono sul tavolo la loro psicologia sociale, ovvero lo studio del comportamento umano spontaneo, automatico, precosciente. Forti di evidenze sia teoriche sia sperimentali sulle modalità di reazione a stimoli di diverso tipo, individuano reazioni standard, soprattutto quelle legate alle pulsioni più profonde e condizionanti dell’animale uomo (piacere, dolore, paura, rabbia, autoconservazione, socialità, appartenenza ecc.). Studiano come innescare delle reazioni automatiche, utilizzando scientemente stimoli che attivino queste pulsioni profonde. In particolare sono interessati a produrre comportamenti in tutto e per tutto identici a quelle che chiamiamo “abitudini”, ovvero che si ripetono senza il ripetersi di uno stimolo esterno, ma che vengono compiuti “spontaneamente” da chi agisce: lo stimolo viene in sostanza introiettato.


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Antonio Martino: Il partito dei lavoratori e gli utili idioti del Capitale

lafionda

Il partito dei lavoratori e gli utili idioti del Capitale

di Antonio Martino

d3ca19fd56648205d13a67be2ebec092 XLQuando Alberto Asor Rosa pubblicò nel 1977 il suo Le due società: ipotesi sulla crisi italiana nemmeno la fantasia del più fervido indiano metropolitano avrebbe potuto immaginare lo scenario di questi giorni. L’ipotesi di un virus in grado di paralizzare la vita del potentissimo e liberissimo Occidente, infatti, poteva affascinare un lettore di Urania, e non certo un compagno di movimento. Oltre quattro decenni dopo la fantascienza è realtà: anzi, parafrasando Marx, è farsa. Tralasciando l’enorme massa di argomenti sulla (pessima) gestione e sui (falsi) rimedi contro la (scontata, essendo in autunno) seconda ondata, vorremmo concentrarci sull’analisi sociale delle conseguenze della crisi, in accordo con quanto già scritto in merito al problema della classe rivoluzionaria.

Partiamo dal dato reale: chi preme per il cd. lockdown è di norma un soggetto che ha dalla propria parte la sicurezza del posto di lavoro e un certo benessere accumulato. Viceversa, chi si oppone è sovente un piccolo imprenditore- proprietario di attività al dettaglio e di commercio minuto, piccole imprese con pochi dipendenti-, un libero professionista o una partita iva. Dal punto di vista strutturale, la linea di faglia è tra garantiti e non, tra lavoratori dipendenti (pubblici e privati di grandi imprese) e unità produttive autonome. In più, l’enorme massa dei disoccupati e dei precari che tende naturalmente a salvaguardare quegli scampoli di normalità fittizia. Si può perciò affermare, generalizzando, che la gestione delle misure di contenimento (sic) del virus siano un’immensa cartina di tornasole della divisione in classi della società italiana.


 

 

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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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tonino

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Nov 11, 2020, 4:12:08 PM11/11/20
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Sarah Jones: Vite di commessi elettori. Le elezioni americane e la «middle class»

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Vite di commessi elettori. Le elezioni americane e la «middle class»

di Sarah Jones 

Recensione del volume «The Sinking Middle Class» di David R. Roediger

casa 1«Per una volta in vita mia vorrei possedere qualcosa interamente prima che si rompa» dice Willy Loman, il protagonista di Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. È una frase che per David R. Roediger, autore di The Sinking Middle Class (OR Books, 2020) descrive bene la condizione della classe media che vive acquistando costantemente a credito. Ma a ben pensarci è la condizione stessa della classe media a essere in bilico, a non essere mai «posseduta interamente» ma sempre in modo precario e parziale, a essere «sempre già rotta».

È la costante minaccia di perdere il proprio status sociale, il «sinking» nel titolo del libro: la minaccia di affondare nella classe operaia, di naufragare nella proletarizzazione. E anche se si resta a galla nella classe media, quello status non sarà mai pienamente proprio. Lo status della classe media pretende la messa a lavoro non solo del corpo ma anche dell’anima. La maggior parte del tempo della vita è trascorso a lavoro e nel poco tempo restante si è tormentati dall'ansia, dalla depressione e dalle dipendenze, «sempre già rotti», prendendo in prestito sempre più soldi nella speranza che qualcosa di nuovo tappi i buchi. Il sogno della classe media si compra a credito.

Pur sostenendo che si tratta di una condizione ampiamente diffusa, Roediger afferma che l'estensione della classe media negli Stati Uniti è grossolanamente sopravvalutata. Per «middle class» sia i democratici che i repubblicani intendono tutte le persone che guadagnano meno di 250.000 dollari, ovvero il 96% degli americani. Il sogno americano resta quello ottocentesco: un paese di «contadini, liberi professionisti e negozianti», un ceto medio artefice del proprio destino, senza padroni né resti di feudalesimo contro cui combattere.


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Joan Beach: Disuguaglianze e crisi ambientale. Alle origini del Covid-19*

codicerosso

Disuguaglianze e crisi ambientale. Alle origini del Covid-19*

Èlia Pons intervista Joan Beach

Traduciamo e pubblichiamo questa intervista al dottor Joan Beach, che parte dalla situazione in Catalogna e Spagna ma presenta dei dati e delle valutazioni estremamente interessanti anche per noi. In particolare questo approccio consente di uscire dalla polemica sterile tra autoritarismo sanitario e negazionismo, riportando al centro della discussione i veri temi delle disuguaglianze nella salute, della difesa della sanità pubblica e dell’ambiente (red.)

covid 4948866 1280 800x445Parliamo con Joan Benach, ricercatore in sanità pubblica all’Università Pompeu Fabra e direttore del Gruppo di Ricerca sulle Disuguaglianze nella Salute – Employment Conditions Network, sull’impatto della pandemia nei gruppi più vulnerabili della popolazione, le carenze del sistema sanitario pubblico e l’effetto del capitalismo e delle attività umane nell’emersione di pandemie.

* * * *

Qual’è la situazione e l’evoluzione attuale della pandemia? Conosciamo davvero tutti i sui effetti?

In realtà ignoriamo come sarà l’evoluzione della pandemia a breve e medio termine. È prevedibile che la situazione peggiori in inverno, ma invero sono tutte speculazioni. Abbiamo ancora una visione superficiale e molto incompleta dei cambiamenti e degli effetti della pandemia sulla salute collettiva e le disuguaglianze nella salute. A metà ottobre il numero ufficiale globale di morti nel mondo ha superato il milione di persone, delle quali ufficialmente circa 34.000 sarebbero morte in Spagna. Ma sappiamo che c’è un “eccesso di mortalità” (cioè il numero di decessi che ci saremmo aspettati di vedere in condizioni ‘normali’ rispetto agli anni precedenti) che si avvicina ormai a 60.000 decessi (la situazione appare molto peggiore in Paesi come Russia, Perù o Ecuador). Questo non vuol dire che tutti i decessi siano per covid-19 però molti si verificano per il contesto sociale e sanitario in cui sono inseriti: malati diagnosticati e trattati tardivamente con malattie oncologiche, polmonari, di salute mentale o altre. In mancanza di una valutazione profonda, credo che ci siano tre temi importanti che bisogna considerare: la debolezza dei sistemi informativi e di vigilanza epidemiologica e di sanità pubblica esistenti, che rende molto difficile confrontare gli indicatori tra i paesi e al loro interno; l’uso di parte e poco trasparente che molte istituzioni e governi fanno dei dati e degli indicatori come dimostra il caso della Comunità di Madrid per esempio; e la stessa difficoltà scientifica di comprendere tutti gli impatti psicosociali e sanitari (decessi, malattie, problemi cronici, sofferenze ecc.), in gruppi e luoghi diversi.


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Salvatore Bravo: Pietra d'inciampo

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Pietra d'inciampo

di Salvatore Bravo

Sei ancora capace di scandalizzarti come Karl Marx? La "pietra d'inciampo" ("Scandalum") è anche qualcosa che rende presente il tuo cammino. Pensa allora allo scandalo del denaro e del possesso, pensa alla tua, e altrui, libertà interiore

000834919 1 9825b411a4a93eb64dfde39c81c8f4f6Se vuoi godere dell’arte, devi essere un uomo artisticamente educato; se vuoi esercitare qualche influsso sugli altri uomini, devi essere un uomo che agisce sugli altri uomini stimolandoli e sollecitandoli realmente. Ognuno dei tuoi rapporti con l’uomo, e con la natura, dev’essere una manifestazione determinata e corrispondente all’oggetto della tua volontà, della tua vita individuale nella sua realtà. Se tu ami senza suscitare una amorosa corrispondenza, cioè se il tuo amore come amore non produce una corrispondenza d’amore, se nella tua manifestazione vitale di uomo amante non fai di te stesso un uomo amato, il tuo amore è impotente, è un’infelicità.

Karl Marx

Lo scandalo del denaro

I Manoscritti economico-filosofici del 1844 di Marx e pubblicati nel 1932, sono giudicati un’opera “giovanile”. In realtà i manoscritti sono fondamentali per riscontrare – in un periodo di passaggio tra le opere giovanili e le opere della maturità – il nucleo profondamente umanistico del pensiero marxiano. Per umanistico si intende la centralità dell’essere umano nella storia e nel sistema sociale e politico, che può essere giudicato positivamente, se risponde all’essenza generica e sociale dell’essere umano.

L’umanesimo marxiano pone al centro della storia l’essere umano. Non si tratta di un essere umano astratto ed idealizzato, ma colto nella concretezza della sua realtà materiale. L’umanesimo marxiano riporta il male ed il dolore alle condizioni storiche che ne determinano la genesi, per trascenderlo. Il male non ha realtà ontologica, ma alligna nei rapporti sociali ed economici. Marx è nello stesso solco di autori come Spinoza e Rousseau, i quali hanno smascherato il male metafisico per riportarlo a quella che è realmente la sua dimensione all’interno delle relazioni sociali. Il male è l’epifenomeno dei sistemi che negano la natura sociale dell’essere umano. L’essere umano che soffre è spesso il portatore infetto di relazioni sociali sbagliate, innaturali.


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Carlo Formenti: Sull'entusiasmo eccessivo per l'esito elettorale americano

carlo formenti facebook

Sull'entusiasmo eccessivo per l'esito elettorale americano

di Carlo Formenti

Qualche prima riflessione sugli eventi d’Oltreoceano. In particolare, sulla straripante euforia con cui la vittoria di Biden viene accolta dall’establishment (politici, media, intellettuali ecc.) europeo e nostrano ma anche dalle sinistre radicali e, d‘altro lato, sulla delusione che certi ambienti della sinistra sovranista manifestano per la sconfitta di Trump. Parto da un’intervista a Radio Uno, nel corso della quale un redattore americanista della rivista “Limes” ha gelato gli entusiasmi dell’intervistatore in merito ai radicali cambiamenti che il cambio della guardia alla Casa Bianca si presume potrebbe determinare nella politica estera Usa: ha decidere quest’ultima, ha ricordato, non sono notoriamente i presidenti bensì il deep state americano, perciò, ad eccezione del rientro degli Stati Uniti negli accordi internazionali sui cambiamenti climatici e di una probabile, ma non scontata, ripresa delle trattative con l’Iran, ben poco cambierà. La tensione con la Russia, ma soprattutto quella con la Cina, non diminuiranno, le interferenze negli affari interni dei Paesi latinoamericani socialisti o governati a sinistra non cesseranno, e anzi potrebbero farsi più pesanti in nome della “difesa della democrazia”, tornerà l’interventismo (con le stesse motivazioni ideologiche) in Medio Oriente e, dulcis in fundo, non è affatto detto che i rapporti con la Ue (al netto dell’assunzione di toni più soft) migliorino perché, ha spiegato l’intervistato, gli Stati Uniti non possono né potranno mai tollerare che un’Europa a guida tedesca si rafforzi oltre certi limiti.


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Thomas Fazi: L’ultima trovata dei “falchi”: ridurre gli acquisti della BCE per costringere paesi come l'Italia ad accedere ai prestiti UE

lantidiplomatico

L’ultima trovata dei “falchi”: ridurre gli acquisti della BCE per costringere paesi come l'Italia ad accedere ai prestiti UE

di Thomas Fazi

Di tutte le opinioni che si leggono in giro sulla strada che dovrebbe seguire l’Italia per reperire le risorse necessarie per far fronte alla crisi – chi continua a spingere per il MES, chi ripone tutte le sue speranze in un Recovery Fund che appare sempre più un miraggio, chi si accontenta degli spicci del SURE (di cui però non sappiamo quasi nulla) ecc. –, ce n’è una che fa sorridere più delle altre.

È quella di chi ritiene che la sospensione del Patto di stabilità e il nuovo corso della BCE – che dall’inizio della pandemia si sta comportando quasi come una banca centrale “normale”, offrendo un sostegno incondizionato ai titoli di Stato degli Stati membri, di fatto monetizzando tutto o quasi il nuovo debito di paesi come l’Italia – rappresenterebbero una rivoluzione di lungo termine nell’assetto istituzionale della zona euro, e che dunque da ora in avanti l’Italia potrà e dovrebbe semplicemente finanziarsi “sui mercati” – o meglio, nei fatti, presso la BCE –, come fanno un po’ tutti i paesi “normali” del mondo.

Insomma, a sentire costoro, gli Stati dell’eurozona sarebbero finalmente liberi di gestire la loro politica di bilancio in piena autonomia, consapevoli di poter contare sul pieno appoggio della BCE. Se le cose stessero così, ci sarebbe effettivamente da esultare. Potremmo addirittura pensare di mettere in soffitta il progetto dell’Italexit!


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Luca Gammaitoni: Ci sarà ancora l’Università tra dieci anni?

roars

Ci sarà ancora l’Università tra dieci anni?

di Luca Gammaitoni

La domanda potrebbe apparire retorica ma, credetemi, non lo è. Me lo chiedo mentre attraverso camminando la galleria del rettorato all’Università di Perugia e vedo distrattamente le splendide iscrizioni etrusche inglobate nel muro. Istituzioni come questa, in Italia e in Europa, negli ultimi settecento anni hanno costituito i pilastri della civiltà, formando le classi dirigenti e orientando le politiche di sviluppo del pianeta. Sarà così anche in futuro? Non è scontato.

Ho appena letto dell’iniziativa lanciata da Google per fornire corsi di formazione online della durata di 3-6 mesi al termine dei quali si ha un certificato, considerato dai reclutatori di Google equivalente ad un corso universitario di quattro anni tradizionale (Google Career Certificates, 14 Luglio 2020). L’iniziativa di Google segue l’annuncio di Microsoft (Global skills initiative, 30 Giugno 2020) che fornirà, entro quest’anno, “nuove abilità digitali” a venticinque milioni di americani per consentire loro di superare la crisi da Covid-19.

A prima vista le due iniziative potrebbero sembrare un’ottima cosa: i grandi della tecnologia si fanno avanti per aiutare chi ha perso l’occupazione e fornire “nuove abilità digitali”, che sono necessarie per trovare un nuovo lavoro.


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Francesco Cappello: Covid o influenza?

seminaredomande

Covid o influenza?

di Francesco Cappello

Sapevate che i tamponi non distinguono tra virus influenzali diversi e che secondo l’OMS l’influenza nel mondo è praticamente scomparsa?

Su un report dell’ISS relativo all’influenza stagionale 2017/18 si legge:

Mortalità: Durante la diciassettesima settimana del 2018 la mortalità è stata inferiore al dato atteso, con una media giornaliera di 184 decessi rispetto ai 199 attesi

 

In Italia 68.000 decessi in tre anni attribuibiti all’influenza

Più in generale, in uno studio “Investigating the impact of influenza on excess mortality in all ages in Italy during recent seasons (2013/14–2016/17 seasons)” , pubblicato dall’International Journal of Infectious desease, leggiamo come nelle stagioni invernali 2013/14, 2014/15, 2015/16 e 2016/17 si siano verificati in Italia una media stimata di 5.290.000 casi di sindromi simil-influenzale [ ILI ], corrispondenti ad un’incidenza del 9% che hanno determinato rispettivamente 7.027, 20.259, 15.801 e 24.981 morti.


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Gilberto Pierazzuoli: Il lavoro è una cosa «seria»

operaviva

Il lavoro è una cosa «seria»

Apologia della festa

di Gilberto Pierazzuoli

Esce in questi giorni, per ombre corte, il libro di Gilberto Pierazzuoli «Il lavoro è una cosa seria. Apologia della festa», con una introduzione di Francesco Demitry. Pubblichiamo qui, come anticipazione, l’introduzione dell’autore

Non occorre più destinare al silenzio le voci non normalizzabili attraverso gli strumenti delle società disciplinari. Lo spazio nelle società di controllo è deterritorializzato, aperto. Il controllo avviene tramite tecnologie di ottimizzazione delle differenze. Si mette in atto l’iscrizione a cerchie che equivalgono a dei ghetti – anche se non perimetrati – che stanno insieme per forza centripeta. Il controllo si sta oggi attuando in forme incredibilmente efficaci. Negli anni settanta del secolo scorso, si è assistito al passaggio dell’egemonia del lavoro materiale a quello immateriale, questo ha provocato un cambiamento parallelo sia del modo di lavorare sia dei modi di vivere e di esprimersi.

Sono tempi di trasformazione anche del capitale, che affianca in maniera sempre più massiccia investimenti in settori non direttamente produttivi con l’ampiamento dei redditi da usura (e con la possibilità di scommettere su di questi) che caratterizzano la fase finanziaria del modo di operare del capitale occidentale odierno.


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lorenzo merlo: Deus ex machina

sinistra

Deus ex machina

di lorenzo merlo

Vendetta

Secondo la lettura esoterica della vicenda umana siamo dentro la dimensione del male. Tutta la storia, così come comunemente la intendiamo, è storia del male. Il diavolo cristiano, le egregore esoteriche, i voladores toltechi non sono invenzioni della fantasia, non sono parole di ciarlatani, né suggestioni buone per il pasto degli ignoranti. La loro presenza ha l’età delle più antiche scritture degli uomini. Già nei Veda – ca. XX secolo a.C. – l’argomento è centrale. Si tratta piuttosto di entità che si nutrono della nostra energia. Vampiri metafisici il cui scopo è indurci a vivere cattivi sentimenti e a provare cattive emozioni. Così facendo dominano il nostro campo d’azione che in una parola può essere chiamato Io.

L’Io è l’espressione di una personalità che si ritiene – consapevolmente o inconsapevolmente – separata dal resto della realtà, dal mondo, dal cosmo.

Così, quando la nostra dimensione è limitata dalle maglie dell’egoismo siamo obbligati al dualismo, al meccanicismo, al materialismo, alla loro scienza e, soprattutto, alla perpetuazione della Storia così come comunemente la riconosciamo, sia essa intesa come storia umana, generazionale, personale: una spirale senza inizio né fine di salti e interruzioni, ognuno dei quali a ben guardare sottostà alla logica egoica. Ognuno dei quali rispetta la dinamica energetica della vendetta.


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Gennaro Scala: Per un nuovo socialismo

contropiano2

Per un nuovo socialismo

Leo Essen intervista Gennaro Scala

41ITrG3CLXL. SX324 BO1204203200 Dopo tre decenni di maledizione per ogni discussione sui fondamenti del modo di produzione capitalistico, e dunque anche sul suo necessario superamento, sembra indispensabile alzare lo sguardo oltre l’immediato e confrontarsi ex novo con i “massimi sistemi”.

La crisi sistemica più che decennale – anche a voler fare data dal 2007-2008, pur se in realtà risale ormai agli anni ‘70 – ha avuto un’accelerazione formidabile con la pandemia. Si è passati in pochi mesi da una prospettiva di “stagnazione secolare” (un mascheramento molto pudico dell’”esaurimento della spinta propulsiva” del capitalismo) a una caduta verticale da cui nessuno sa dire quando e se si uscirà mai.

Chi ci prova fa wishful thinking, non analisi scientifica.

Per di più, la gestione della pandemia ha fatto vedere in azione modelli operativi molto diversi.

Quello classicamente neoliberista è stato egemone in tutto l’Occidente, in cui la priorità è stata ed è ancora “non fermare la produzione”, con una pallida distinzione tra il “convivere con il virus” (la maggior parte dei paesi europei) e “negare la pericolosità del virus” (Usa, Gran Bretagna, Brasile, ecc). Un approccio che dopo qualche mese si è rivelato sostanzialmente simile, e che ha portato all’”invidiabile risultato” di moltiplicare la dimensione di contagi e morti affossando al contempo l’economia.

All’opposto, è esplosa in modo solare l’efficacia complessiva dell’approccio fondato su pianificazione e programmazione, normalmente associato con il pensiero socialista. Chi ha agito in questo modo, mettendo esplicitamente come priorità la lotta al virus, e dunque la salute della popolazione, è riuscito non solo a ridurre a quasi nulla l’impatto dell’epidemia, ma sta ora raccogliendo i frutti anche in termini di crescita economica, occupazionale, di prospettiva.

Questo è ormai un dato empirico, verificato e indiscutibile.


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Alessandro Visalli: “Dipendenza”

tempofertile

“Dipendenza”

di Alessandro Visalli

51 RlkWaLMLA settembre 2020 è uscito il libro “Dipendenza. Capitalismo e transizione multipolare[1]. Un libro che si può leggere in tre modi: racconta una storia che si sviluppa dal New Deal ad oggi, mostrando un andamento ciclico ed interconnesso di periodi di disordine sistemico, di espansione e di destabilizzazione; individua una teoria che con questa storia reagisce; presenta la sconfitta politica di un generoso tentativo.

Il primo piano si concentra sulla concatenazione di crisi che aprono sempre alla successiva, con un meccanismo (descritto nella teoria) mosso dalla tendenza del capitalismo alla concentrazione e (quindi) al sottoinvestimento. E descrive quindi le controtendenze che la tengono sotto controllo: guerra fredda, cetomedizzazione, esportazione di capitale, dipendenza interna ed esterna. Ne deriva anche una spiegazione interna della crescita della classe media nel “trentennio” e della ‘società del benessere’ non come confutazione della tesi marxiana (delle “due classi”) ma come sua estensione[2]. Ma ne deriva anche il “teorema di impossibilità” che Baran e Sweezy enunciano con la loro “legge della crescita del surplus[3], e quindi il tentativo di investire le periferie (e non il centro) del compito della rivoluzione.

Questa è l'ipotesi politica della dipendenza che cade quando le periferie sono sussunte (o sono disperse) nell’inversione degli anni ottanta. Di qui nasce la “teoria dei sistemi mondo” che sposta l'attenzione più avanti nello spazio e nel tempo.

Per descrivere analiticamente il testo.

Un primo blocco teorico descrive le posizioni di quegli autori che convergono nella creazione dell’assiomatica di base. Almeno dei principali: sono Paul Baran negli anni cinquanta, Paul Sweezy negli anni sessanta, Gunnar Myrdal e Francois Perroux.


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Sandro Moiso, Maurice Chevalier e Jack Orlando: Pandemia, economia e crimini della guerra sociale

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Pandemia, economia e crimini della guerra sociale

Stagione 2, episodio 1: la schiuma

di Sandro Moiso, Maurice Chevalier e Jack Orlando

scontri
              torino

 

“L’unico attore sociale che ancora mancava nella crisi più clamorosa della modernità è dunque arrivato in scena, presentandosi a Napoli: è il ribellismo che scende in piazza […] contro tutto, la Regione, il governo, le regole, la prudenza, la paura, in quanto è fuori dal sistema, alla deriva in un luogo sconosciuto della politica dove anche il contratto tra lo Stato e i cittadini pare non avere più valore […] Come Napoli ha anticipato, qualcuno fa i conti con il costo di questa emergenza infinita, questa precarietà permanente, questa instabilità costante, scopre che il costo è alto almeno quanto il rischi del contagio, e presenta il saldo al potere. Ognuno ha il suo conto privato da protestare sul tavolo del governo, non c’è al momento una cambiale nazionale da far scadere in piazza, dunque non c’è un disegno unitario capace di raccogliere i diversi reclami, trasformandoli in una ‘causa generale, quindi in un’occasione politica. […] Così i ragazzi che pedalano sulle biciclette delle consegne a domicilio si trovano accanto in piazza i pizzaioli che temono la chiusura, i disoccupati dei Bassi, le badanti, i venditori di souvenir a cui hanno chiuso i banchetti nei vicoli: ognuno con una rabbia distinta di categoria, con una rivendicazione peculiare di mestiere, con un credito di lavoro specifico, in una collezione di risentimenti separati uniti soltanto dal momento della ribellione. […]

Un elemento unificante in realtà esiste, ed è la delusione generale per i buchi che ognuno scopre ogni giorno nella copertura sanitaria di base […], oltre ai mezzi pubblici sovraffollati che trasportano infezione. La sensazione è quella dell’abbandono per il cittadino lasciato solo, […] mentre il potere pubblico – Stato e Regioni – ha sprecato l’estate in uno scaricabarile di responsabilità che è un’altra conferma della scomposizione del Paese, a partire dal potere pubblico”.


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Pierluigi Fagan: Chi e perchè ha vinto e chi e perchè ha perso

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Chi e perchè ha vinto e chi e perchè ha perso

Analisi tecnico-politica delle elezioni americane

di Pierluigi Fagan

Trump ha ragione, lui le elezioni le ha vinte, peccato per lui che l’avversario le abbia vinte di più. Erroneamente, noi pensiamo che il voto sia un giudizio libero, in realtà non è tanto il giudizio del voto che non ha –in genere- che modeste libertà, ciò che fa la differenza è la quantità di tuoi potenziali votanti da portare a votare che fa la differenza. Le grandi partizioni CD - C - CS, nelle popolazioni occidentali, sono modificabili solo da transizioni demografiche o etniche o in tempi medio-lunghi, ma molto meno di quanto si pensi.

Trump ha quindi portato a votare tutti i suoi, non solo i suoi propriamente “trumpiani” ma anche quei repubblicani e conservatori che non si sentivano del tutto a loro agio con Trump. Questo è l’effetto della sua strategia polarizzante, l’idea di accentuare il “o di qui o di là” che lo ha ispirato tanto in geopolitica che in politica interna. Trump è probabile chiuderà a 73-74 milioni di voti finali, 10 milioni più del 2016. Forse, un 47% dei votanti complessivi, un +1% rispetto al 2016. Con grandi risultati alla Camera e Senato.

Qui, il lettore italiano, deve comprendere che gli USA non sono un paese europeo. I votanti di Trump (o Biden) sono più del doppio (!) di tutti i votanti alle ultime elezioni italiane.


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Daniela Gross: Non è colpa dell'America

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Non è colpa dell'America

di Daniela Gross

Chi avrà il coraggio di dirlo per primo? Se l’onda blu non ha travolto l’America è perché il racconto era sballato. Perché il paese descritto in questi mesi dai media, negli Stati Uniti come oltreoceano, esiste solo nel regno dei sogni. È l’idea di chi vive nei campus universitari, a New York o a San Francisco. La proiezione di un desiderio, la favola bella degli intellettuali e dei radical chic. Poi c’è l’altra America e non è così. La si può odiare, disprezzare, fingere che non esista o tutti e tre insieme – ma c’è e va a votare.

“Ogni volta che vedo qualcuno in tv dire ‘sono scioccato, sono scioccato’, dico ‘La ragione per cui siamo a questo punto è la tua mancanza di immaginazione”, affermava di recente l’artista Barbara Kruger, celebre i suoi intrecci di aforismi e immagini, a proposito della pandemia e di questi “tempi orribili”. Vale anche per lo shock che ha incollato milioni di persone in tutto il mondo alle mappe degli Stati Uniti che – oddio – nella notte elettorale hanno cominciato a tingersi di rosso anziché avvitarsi in un’ondata trionfale di blu.

Invece bastava un pizzico di immaginazione. Bastava trovare il coraggio dell’onestà e farsi qualche domanda, a costo di rischiare l’impopolarità o gli anatemi furibondi della cancel culture. Nel caso dei giornalisti, bastava spingere lo sguardo fuori dalla propria bolla. Uscire e guardarsi intorno – consumare le suole delle scarpe, l’abc del mestiere.


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comidad: Le vere basi ideologiche del fascismo sanitario

comidad

Le vere basi ideologiche del fascismo sanitario

di comidad

Il nuovo presidente della Corte Costituzionale, Mario Rosario Morelli, ha dichiarato in un’intervista che non ci sono “diritti tiranni”, cioè che non esistono diritti prioritari rispetto ad altri, quindi spetta alla legislazione ed alla giurisprudenza contemperarli ed equilibrarli in base alle esigenze, ed alle emergenze, del momento. Ciò vuol dire che è possibile limitare i più elementari diritti di libertà per garantire il diritto alla salute. Si tratta di un modo elegante per dire che il cittadino è sottoposto ad una discrezionalità assoluta da parte di chi è preposto a tutelare la sua salute.

Se non c’è una gerarchia dei diritti, l’esito scontato è una gerarchia tra le persone, una gerarchia tra i tutori e i tutelati. Ma chi ci tutela poi dai tutori?

Se un potere non si fa scrupolo di smantellare la sanità pubblica e poi d’improvviso si accora tanto per la nostra salute, al punto di impedirci di circolare e imporci la mascherina, non è questione di semplice incoerenza, c’è proprio qualcosa che non torna. Ci hanno raccontato che il potere diventa totalitario per colpa dei dittatori brutti e delle ideologie cattive, ma scopriamo adesso che ogni potere ha una vocazione totalitaria ed è pronto a trattare il cittadino da minorenne non appena abbia a disposizione i mezzi tecnici e i pretesti per farlo.


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Andrea Zhok: Quali Sacrifici?

nuovadirezione

Quali Sacrifici?

di Andrea Zhok

Il tweet di ieri del governatore della Liguria Toti ha avuto il pregio di mettere in tavola con chiarezza una serie di retropensieri che si agitano da tempo nel discorso politico contemporaneo.

Il tweet recitava:

“Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri tra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate.”

Qui troviamo insieme due punti, uno tecnico, legato ad una proposta di ‘soluzione’, e uno ideologico, legato agli ordini di valore.

Il punto tecnico è, nella sua vaghezza, quello stesso che è stato promosso pochi giorni fa dalla Voce.it, e sostiene che per evitare i problemi del Covid basterebbe ‘proteggere le fasce deboli’.

Ora, come sempre accade, finché si lascia un argomento nella sua indeterminazione e genericità se ne può sempre dare una lettura plausibile.


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Guido Salerno Aletta: Le Scintille e La Paura

teleborsa

Le Scintille e La Paura

di Guido Salerno Aletta

Berlino tace, mentre Parigi ed Ankara sono ai ferri corti

C'è tensione crescente tra Parigi ed Istanbul. Ma mentre la Francia ritira il proprio ambasciatore per via degli insulti rivolti al Presidente Emmanuel Macron da quello turco Recep Tayyip Erdogan, Berlino punta a smorzare i toni: è un atteggiamento di cautela che riflette le preoccupazioni che derivano dalla presenza in Germania di una comunità di origini turche che sfiora i tre milioni di persone, di cui la metà ha ancora la cittadinanza di origine.

Ci si sofferma sulle questioni religiose: dal punto di vista francese, prevalgono la libertà di manifestazione del pensiero ed il principio della laicità dello Stato da cui consegue il divieto di ostentare simboli religiosi in pubblico; dal punto di vista turco, si contesta il fatto che la prima si traduce nella licenza di oltraggiare la religione musulmana e che la seconda riflette una odiosa islamofobia. Purtroppo, e non da ora, la questione religiosa viene usata, sia da parte della Turchia che di alcuni Stati arabi, come strumento politico identitario e di proselitismo che consente una forte proiezione all'estero. E' una forma di neo-colonialismo, su base religiosa: in Francia, infatti, non si discute della libertà di religione musulmana di combattere il fenomeno del comunitarismo.


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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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tonino

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Nov 13, 2020, 9:22:38 AM11/13/20
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Gianni Cadoppi: Lotta alla povertà e alla disuguaglianza in Cina. Una risposta a Thomas Piketty

marxismoggi

Lotta alla povertà e alla disuguaglianza in Cina. Una risposta a Thomas Piketty

di Gianni Cadoppi

157033 mdIntroduzione

Si tratta di un insieme di saggi scritti nel corso degli anni e solo parzialmente aggiornati ma il cui senso rimane a mio avviso intatto. Spesso la questione della disuguaglianza in Cina è affrontata con metodologie parziali che non tengono conto dell’insieme dello sviluppo economico e sociale del grande paese asiatico e della sua unicità dal punto di vista dell'estensione territoriale e come paese più popoloso del mondo. A volte il saggio risulterà abbastanza ripetitivo perché i singoli capitoli sono stati scritti in maniera autonoma. Credo che il saggio sia tornato di attualità dopo le critiche di Thomas Piketty alla Cina sul tema delle disuguaglianze. Questi saggi sono stati scritti originariamente prima del libro di Piketty e il berseglio erano coloro che nella sinistra occidentale sostenevano l’inesorabile deriva capitalistica della Cina.

Per Thomas Piketty le società post-comuniste in toto sono le più fedeli alleate dell'ipercapitalismo. L’economista francese nel suo ultimo saggio parla del «disastro comunista» così grande da mettere in ombra anche i danni causati dalle ideologie schiavistiche, colonialiste e razziste oscurando i forti legami tra queste ideologie e quelle dell'ipercapitalismo.

Il presidente cinese Xi Jinping aveva dimostrato invece interesse per il suo best seller Il capitale nel XXI secolo (2014).

Nel suo discorso del 2015, Xi ha affermato che il libro di Piketty ha suscitato un acceso dibattito nella comunità accademica internazionale e che le sue argomentazioni sull'impatto del "capitalismo incontrollato" sulla disuguaglianza di ricchezza erano degne di considerazione. Xi infatti scriveva:


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Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco: I veri responsabili della pandemia e delle sue drammatiche conseguenze

la citta
            futura

I veri responsabili della pandemia e delle sue drammatiche conseguenze

di Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

Stiamo vivendo in una situazione assurda e drammatica, chiediamoci chi ci ha portato a questo punto

9e3471bff6d99a57bfa0fe5c7e679a5c XLSiamo tutti i giorni informati e allertati sull’andamento della pandemia, che è certamente un fatto innegabile e che mette a rischio soprattutto coloro che per vivere debbono uscire di casa ogni giorno, lasciando alla cura di qualcuno (la scuola?) i loro figli. Nonostante questa gran mole di informazioni, spesso contraddittorie e confuse, che suscitano stati d’ansia e di forti preoccupazioni, nulla ci viene detto, a parte la famosa favola della zuppa di pipistrello, sulle origini del virus. Eppure sappiamo che questi virus, il cui arrivo del resto era stato annunciato almeno dal 2003, si producono a causa dell’allevamento intensivo degli animali, da cui si ricava la cattiva carne di cui ci nutriamo. A ciò bisogna aggiungere la deforestazione e la conseguente estinzione di specie animali e vegetali, l’urbanizzazione disordinata che ha provocato l’addensamento abitativo in dimore insalubri e inadeguate; fenomeni questi che hanno fatto saltare le barriere protettive tra mondo umano e mondo animale, dal quale derivano questi virus che trasformandosi colpiscono l’uomo.

Nessuno può affermare che le misure prese dai vari governi abbiano tentato di incidere su questo aspetto, limitandosi questi a blaterare di vaccini che risolveranno tutti i problemi, quando invece, se la complessiva spoliazione della natura continua in questo modo, nuove pandemie si ripresenteranno e saranno necessari sempre nuovi vaccini, nell’attesa dei quali la gente si ammalerà e in alcuni casi morirà. Né per ora ci si è preoccupati di risanare il servizio sanitario nazionale che, come mostrano queste situazioni di emergenza, deve essere completamente ristrutturato per adeguarlo alle necessità attuali, né si sono presi provvedimenti adeguati a rendere pienamente sicure le scuole e le università, i luoghi di lavoro, affidando agli stessi lavoratori – i maggiori interessati – il controllo dell’efficacia delle misure e la loro piena applicazione.


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Luca Ricaldone: “La lezione della sincerità”

cumpanis

“La lezione della sincerità”

Contro la frammentazione comunista

di Luca Ricaldone

SenzanomeL'anno prossimo cadrà il trentennale della scomparsa del più grande filosofo italiano del novecento, Ludovico Geymonat. Egli, poco prima di morire, osservava come fossimo di fronte ad un grave arretramento della cultura e come il marxismo venisse esposto solo in modo dogmatico.

Ancora non esistevano i social. Oggi la realtà virtuale è divenuta il dominio incontrastato dell'idealismo, il luogo dove la maggior parte di noi confonde i propri sogni, le proprie aspirazioni con il mondo reale. Il luogo dove si è ciò che si dice di essere; in cui vige il principio: affermo, dunque sono.

Come consigliava Ludovico Geymonat, se vogliamo ricostruire un partito comunista nel nostro paese dobbiamo saper guardare in faccia la realtà e farla emergere, senza aver paura di esporla per quanto dura e difficile possa essere o essere stata. Per questo, ci diceva, è necessaria una “lezione di sincerità”, una lezione di coraggio morale, scientifico, politico che, unito all'azione, deve essere la base per la ricostruzione del partito comunista, che non può nascere su equivoci di sorta.

Ed è proprio da questa considerazione che sarebbe necessario partire quando si affronta il problema dell'unità fra i comunisti.

Il fenomeno della “frantumazione” ha trovato nel nostro paese delle condizioni particolarmente favorevoli, anche se esso si manifesta internazionalmente in ogni paese, avendo la sua origine nell'influenza dell'ideologia borghese tra le file degli stessi comunisti.

E probabilmente è proprio anche a causa di questa influenza nefasta che scontiamo la mancanza di un'analisi critica della storia dei comunisti che non riguardi solo quella del Pci (che pure è stata sviscerata a fondo nel corso dei decenni) ma anche di quello che lo ha seguito, a cominciare da Rifondazione, nonché di tutto quello che c'era alla “sinistra” del Pci e che oggi compone la “sinistra” comunista.


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coniarerivolta: Pensioni: tanto rumore per poche briciole, mentre la pagnotta scompare

coniarerivolta

Pensioni: tanto rumore per poche briciole, mentre la pagnotta scompare

di coniarerivolta

Nel pieno dell’emergenza sanitaria e delle sue terribili conseguenze socioeconomiche, di pensioni, negli ultimi mesi, si era stranamente parlato poco. A occuparsene, in maniera non rassicurante, erano rimaste solo le istituzioni europee, subordinando ad un loro taglio la scialuppa di salvataggio che dovrebbe salvare le economie dei paesi membri. A parte questo, uno dei temi sociali più martellati dal legislatore negli ultimi trent’anni era finito per un po’ in soffitta. Eppure, il tempo scorre anche per il sistema previdenziale e tornano gli spettri del recente passato.

Il triennio sperimentale della cosiddetta “quota 100” volge ormai al termine e l’ultimo anno in cui sarà possibile beneficiarne sarà il 2021. Dal 2022 si torna ai fasti del precedente status quo, fissato in via definitiva dalle Leggi Sacconi-Tremonti e poi dalla Legge Fornero nel 2011: si potrà così andare in pensione di vecchiaia a 67 anni, con almeno 20 anni di contributi, oppure usufruire della pensione anticipata con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Requisiti che sono soggetti, come noto, al continuo adeguamento sulla base della speranza di vita e che, al momento, resteranno validi fino al 31 dicembre 2022.


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ilsimplicissimus: Brogli, Imbrogli & Crolli

ilsimplicissimus

Brogli, Imbrogli & Crolli

di ilsimplicissimus

Mi chiedo cosa sarebbe successo se le elezioni statunitensi si fossero svolte in Venezuela o Bielorussia o in Bolivia o in uno dei qualsiasi dei Paesi dove si usa la parola democrazia per tentare di negarla nei fatti. Mi chiedo cosa avrebbero detto gli “osservatori internazionali” di fronte a valanghe di voti postali che contro ogni plausibilità statistica hanno il 100% dei voti per un singolo candidato, ma la risposta la sappiamo: avrebbero detto che sono elezioni truccate, occasione di solito per scatenare moti arancionisti . Si direbbe che a forza di esportare democrazia il presunto luogo di origine ( ma questo è solo un equivoco culturale sulla cui evidente falsità ci sarebbe da scrivere un trattato ) ne sia rimasto a corto. Anche senza voler prendere in considerazione l’idea che in una campagna elettorale durata quattro anni siano state costruite le carte prima del russiagate, poi della narrazione pandemica e infine dei moti antirazzisti con sinistre analogie che riportano alle operazioni di cambio regime, ormai gli Usa non possono più salire su nessuna cattedra e dare lezioni di democrazia a nessuno.


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Leopoldo Salmaso: Covid-19: l’ABC dei tamponi

tlaxcala

Covid-19: l’ABC dei tamponi

Ovvero, la panico-demia da “tamponamento a catena”

di Leopoldo Salmaso*

Premessa: convengo che la terra non è piatta e che:

1) da circa un anno è emerso un ceppo di coronavirus denominato SARS-CoV-2;

2) SARS-CoV-2 è l’agente causale di una malattia chiamata CoViD-19;

3) SARS-CoV-2 ha una diffusione planetaria ignota, e l’OMS non ha mai dichiarato la pandemia[1];

4) la diagnosi clinica, nei casi gravi e ben documentati, è pacificamente condivisibile;

5) la contagiosità (numero medio di persone contagiate da una persona infetta) e la letalità (rapporto morti/infetti) di SARS-CoV-2 sono soggette a stime sempre più contrastanti a causa della crescente confusione fra “positivo al tampone” / “infetto” / “contagioso” / “malato”;

6) alla base di codesto caos mondiale stanno i cosiddetti “tamponi”.

Tutto ciò premesso, mi propongo di chiarire i limiti dei test RT-PCR che vengono eseguiti sul materiale prelevato mediante tampone naso-faringeo. Ciò permetterà di fare chiarezza anche sugli altri punti.


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di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Nessuno si preoccupi: non vogliamo certo copiare l’inimitabile Jonathan Swift del 1729, quando quest’ultimo suggerì in modo genialmente provocatorio di ingrassare i comunisti – scusate, i bambini denutriti, per darli in seguito da mangiare agli avidi e ricchi latifondisti angloirlandesi.

Chiediamo solo, molto più banalmente, che si costituisca subito un comitato unitario tra le forze comuniste rivolto a smascherare e combattere le aggressioni e le provocazioni di matrice imperialista già in atto in tutto il globo: attacchi che si intensificheranno tra l’altro, in modo più che prevedibile, contro una nazione quale il Venezuela nei prossimi mesi, in occasione delle elezioni legislative previste per l’inizio di dicembre nell’indomito e coraggioso paese latinoamericano.

Seguendo l’utile consiglio del compagno Fosco Giannini, invitiamo inoltre tutte le forze di matrice terzinternazionalista a celebrare in modo unitario il centesimo anniversario della fondazione del glorioso Partito comunista italiano a gennaio, come anche, questa volta invece a fine giugno, quella dell’altrettanto eroico Partito comunista cinese.


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Damiano Palano: Behemoth 2.0. La ‘tribalizzazione’ dell’America e la fragilità delle nostre democrazie

vitaepensiero

Behemoth 2.0. La ‘tribalizzazione’ dell’America e la fragilità delle nostre democrazie

di Damiano Palano

All’alba del 9 novembre 2016, scoprimmo un’America molto diversa da quella che avevamo conosciuto. Il responso delle urne non ci disse soltanto che a insediarsi alla Casa Bianca sarebbe stato Donald Trump, l’originale miliardario newyorkese che per mesi era stato ritratto dalla stampa e da molti osservatori come un fenomeno da baraccone e come un candidato sconfitto in partenza nella competizione con Hillary Clinton. Il risultato di quelle elezioni ci disse soprattutto che una fetta cospicua di cittadini aveva creduto nello slogan «Make America Great Again» inalberato durante la sua campagna, che non si era scandalizzata per i toni razzisti del tycoon, per le fake news che popolavano i suoi tweet, per il suo passato burrascoso, che non aveva giudicato risibili molte delle promesse lanciate nei suoi comizi. In altre parole, avevamo scoperto che una parte dell’America aveva riconosciuto in Trump un outsider capace di difendere i propri interessi e i propri valori. Un outsider a cui veniva consegnato il compito di difendere, dalla globalizzazione e dalle élite liberal, gruppi sociali che erano abissalmente lontani da quello da cui l’immobiliarista newyorkese proveniva.


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Piotr: Scendete dal taxi e prendete la limousine!

sinistra

Scendete dal taxi e prendete la limousine!

di Piotr

Questo articolo viene pubblicato in contemporanea anche su Megachip

2d6ab313 aac1 4ab4 b10a 0e78fd393d9f«Il Presidente Trump è solo il conducente di un taxi che porta i passeggeri che ha accettato di far salire – Pompeo, Bolton e i Neoconservatori con la sindrome dell’Iran – dovunque gli dicano di andare. Vogliono fare una rapina, e viene utilizzato come guidatore per la fuga (e lui accetta completamente il suo ruolo)»

Michael Hudson

Un'amica di sinistra mi ha suggerito di leggere un articolo sulle presidenziali statunitensi scritto da Nadia Urbinati per il quotidiano “Domani”, il giornale di De Benedetti. Cosa che ho diligentemente fatto.

Nadia Urbinati è docente di scienze politiche alla Columbia University, una studiosa che da brava signora liberal newyorchese si pone il problema teorico se il Bolivarismo sudamericano (tout-court definito “populismo”) sia fascismo. La risposta è negativa (il Bolivarismo è addirittura ossessionato dalla necessità di elezioni – però, ahi ahi, anche per ottenere conferme plebiscitarie), ma già il dilemma posto conferma che la coscienza di classe e l'ideologia sono dettate dall'essere sociale, come aveva perfettamente intuito György Lukács. Io semmai mi porrei il problema se il Bolivarismo sia socialismo. Mi porrei cioè, nel suo senso più generale, un problema di rapporti sociali.

E qui entriamo nel vivo.

L'articolo accenna alla questione razziale e ripete le usuali accuse a Trump suggerendo che con Biden e la Harris le cose cambieranno.

In realtà quello che dice l'articolo può essere riferito pari pari anche ai Democratici. È noto, ad esempio, che sotto i due mandati di Obama si è toccato un numero record di neri uccisi dalla polizia (record rinnovato sotto Trump) e molti osservatori liberal hanno registrato l'incapacità o impossibilità da parte di Obama di, non dico migliorare, ma almeno fermare il peggioramento delle condizioni economiche e sociali degli afroamericani.


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Aldo Giannuli: Approfondimento: le elezioni americane, il Covid e le rivolte razziali

aldogiannuli

Approfondimento: le elezioni americane, il Covid e le rivolte razziali

di Aldo Giannuli

elezioni 2020 usaNormalmente, in un’ elezione qualsiasi quello che conta è chi ha vinto e chi ha perso, ma in queste elezioni presidenziali americane la cosa mano importante è se vincerà un candidato o l’altro. Certo Trump è un orrore, ma anche se dovesse vincere quel pesce lesso di Biden, non è che ci sarebbe da mettersi a ballare. Qui quello che conta è che America sta venendo fuori da queste elezioni e questo è già chiaro come il sole.

a. un paese spaccato esattamente a metà, su precise coordinate geografiche (coste contro l’interno) con due metà che si odiano come mai nella storia del paese

b. con una corrente politica come il trumpismo che non è cosa di breve durata e che ha sostituito il vecchio partito repubblicano

c. che si avvia ad una crisi istituzionale senza precedenti e si avvia ad una conflittualità interna senza precedenti, perché segnata dallo scontro fra due integralismi che hanno travolto il tradizionale pragmatismo americano.

d. nel quale sono totalmente saltate le regole del far play istituzionale mettendo a nudo un sistema elettorale demenziale

e. un paese nel quale il Covid, prima e le rivolte razziali dopo, hanno fatto da molla alla rivincita democratica e, più in generale, alla crisi del sistema.

Il primo dato è la divisione a metà su aree geografiche abbastanza omogenee: le coste ai democratici, il centro del paese ai repubblicani (salvo qualche sporadica eccezione da un lato e dall’altro).


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Leo Essen: Il Tempo è Denaro

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Il Tempo è Denaro

di Leo Essen

Michael Pacher 004Le persone che nell’Occidente medievale, tra il XII e il XV secolo, possedevano un cultura rimproveravano al mercante che il suo guadagno presupponeva un’ipoteca sul tempo che appartiene solo a Dio.

Guglielmo d'Auxerre, nella sua Summa aurea, composta tra il 1215 e il 1220, dice che l’usuraio agisce contro la legge naturale universale, perché vende il tempo che è comune a tutte le creature. Agostino dice che ogni creatura è obbligata a far dono di sé. Il sole è obbligato a far dono di sé per illuminare. La terra è obbligata a far dono di tutto ciò che può produrre, e lo stesso l’acqua. Ma niente più del tempo fa dono di sé in maniera più conforme alla natura. Volente o nolente, dice Guglielmo d'Auxerre, le cose hanno il tempo. Poiché dunque l’usuraio vende ciò che appartiene necessariamente a tutte le creature, egli lede tutte le creature in generale, anche le pietre, da dove risulta che, anche se gli uomini tacessero davanti agli usurai, le pietre griderebbero se potessero. Ed è una delle ragioni per le quali la Chiesa perseguita gli usurai. È contro di loro che Dio dice: «Quando riprenderò il tempo, cioè quando il tempo sarà in mia mano in modo tale che un usuraio non potrà venderlo, allora giudicherò conformemente alla giustizia».

Stefano di Borbone, uno dei primi inquisitori, tra il 1223 e il 1250 scrisse una Tabula Exemplorum, ripresa da Bernardo Gui nel suo Manuale dell’inquisitore, dove dell’usuraio si dice che non vende che la speranza del denaro, cioè il tempo, vende il giorno e la notte. Ma il giorno, dice, è il tempo della luce, e la notte il tempo del riposo. Vende dunque la luce e il riposo. Perciò non sarebbe giusto che godesse della luce e del riposo eterni.


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Alessandro Visalli: Ernesto Laclau, “Marxismo e populismo”

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Ernesto Laclau, “Marxismo e populismo”

di Alessandro Visalli

In questa conversazione con Mauro Cerbino pubblicata nel 2018 da Castelvecchi[1], e prima da Revista de Ciencias Sociales nel 2012[2] appena due anni prima della morte del pensatore argentino, Laclau ricorda la sua adesione al marxismo nella stessa maniera con la quale individua il suo orientamento popolare: entrambi assorbiti dall’ambiente. La famiglia per il secondo e l’ambiente universitario degli anni sessanta per il primo. Tuttavia, sin da quegli anni, nella sua Argentina, è influenzato anche dall’ambiente peronista e da una forma di sincretismo socialisteggiante che ispira la sua prima militanza.

La posizione del filosofo politico appare dunque come tentativo, via via anche adattandosi ai tempi di riflusso nei quali si svolge gran parte della sua traccia esistenziale, di tenere insieme un’ispirazione di fondo popolare e vagamente socialisteggiante con una sorta di traduzione/applicazione alla politica dell’egemonia culturale del post-strutturalismo nel quale si forma ed afferma accademicamente. Ne deriva quella che lui stesso chiama un’ontologia del sociale come costruito dal politico polemicamente rivolta contro una sorta di fantoccino di comodo: il marxismo della seconda internazionale, economicista e storicista.


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Daniela Giannini: Le misure del governo e i costi della seconda ondata

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Le misure del governo e i costi della seconda ondata

di Daniela Giannini

In Italia, nel mese di ottobre scorso, come già accaduto all’insorgere della pandemia di COVID-19, abbiamo assistito a un proliferare di leggi emanate dagli organi che esercitano il potere esecutivo, in primis Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) e a seguire ordinanze ministeriali e regionali, normative che avrebbero avuto lo scopo di contenere l’espandersi della pandemia (1) e l’obiettivo di contenere l’esplosione dei conflitti economico-sociali ad essa conseguenti.

Le azioni poste in essere dall’esecutivo hanno preso due direzioni distinte. Da un lato, l’emanazione di disposizioni cogenti per il contenimento dei contagi che però non hanno tenuto conto dei fattori realmente scatenanti dell’espandersi del virus; dall’altro, disposizioni che hanno scaricato sui singoli la responsabilità della diffusione della malattia: non si è voluto ammettere che i trasporti pubblici continuavano e continuano a essere uno dei principali veicoli di trasmissione del virus, ad esempio.


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Yahia Al Mimi: Riscoprire il populismo: Laclau vs Zizek

kriticaeconomica

Riscoprire il populismo: Laclau vs Zizek

di Yahia Al Mimi

Il pensiero di Ernesto Laclau, filosofo argentino e teorico progressista del populismo, ha attirato nel corso dei decenni un numero smisurato di critiche provenienti sia dal mondo liberaldemocratico sia dal mondo del marxismo ortodosso. Ciò si è potuto osservare immediatamente dopo la pubblicazione di Hegemony and Socialist Strategy (1985), ma è una situazione che continua ancora oggi, nel tentativo di screditare il populismo laclauiano come legittima logica politica. Si può dire che in parte l’egemonia liberale abbia raggiunto il suo obiettivo: ridurre il “populismo”, da concetto politico, al concetto semantico di “demagogia”.

Riferendoci a una nota disputa tra Slavoj Zizek ed Ernesto Laclau sulla disintegrazione dell’essenzialismo proprio del marxismo tradizionale possiamo fare diverse considerazioni. Francamente, potete immaginare da che parte sto in questo confronto – cioè dalla parte di Laclau.

Nonostante molti dei lavori di Zizek siano a dir poco eccellenti, il suo fraintendimento nei confronti della ragion populista fa capire come sia difficile per un marxista, pur sotto l’influenza lacaniana, liberarsi dal giogo dell’essenzialismo.


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Aristide Bellacicco: Essere curati

la citta
              futura

Essere curati

di Aristide Bellacicco

La classe politica che governa l’Italia è presa nella tenaglia, da cui non sa come uscire, fra la difesa del mercato e quella della salute dei cittadini. La demolizione del servizio sanitario pubblico dovuto alle politiche di contenimento della spesa negli ultimi decenni ha seriamente compromesso la capacità, pura e semplice, di curare i malati

La crescita dei positivi al coronavirus è ormai fuori controllo. I tamponi di massa, in questa fase, non hanno più alcuna efficacia sul piano della prevenzione. Quando un’epidemia si diffonde – come l’attuale – su scala nazionale, e con l’andamento di cui i numeri ci danno una stima sebbene approssimativa, diventa illusorio pensare di poterla contenere attraverso misure di isolamento. Queste ultime, infatti, risultano utili quando di tratta di contenere focolai circoscritti, ma sono del tutto inefficaci, e anche inapplicabili, nel caso in cui la diffusione dei contagi abbia un andamento di massa coinvolgendo, di fatto, l’intero territorio nazionale.

La circolare del ministero della Salute del 12 ottobre 2020 ne prende implicitamente atto quando prescrive che “i contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare: 1) un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure 2) un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo eseguito il decimo giorno”.


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Mario Gangarossa: Sono un vecchio

mariogangarossa 

Sono un vecchio

di Mario Gangarossa

Sono un vecchio. Il fatto che lo sia non caratterizza i miei comportamenti sociali più di quanto non li caratterizza il fatto che sia un maschio, bianco, meridionale. Che sia vulnerabile a certe malattie e che ho un pessimo carattere.

Che gli individui si definiscono per la loro appartenenza di classe, per il loro ruolo nella produzione e nella riproduzione della vita, è un assioma così evidente che anche chi lo nega non può sottrarsi alla dura legge della lotta di classe.

Agisce da materialista, anche se pensa da idealista.

Segue i borbottii della pancia più che le suggestioni della propria falsa coscienza.

Ma l'insieme dell'umanità, e delle classi che la compongono, è fatta di donne, uomini, vecchi, giovani, storicamente definiti, che attraversano l'intervallo della loro vita agendo e pensando in relazione al contesto in cui si trovano a operare.

Alle sollecitazioni che li spingono ad agire.

Le classi non sono statiche, nei loro comportamenti, e nemmeno gli individui, che le compongono, lo sono.


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Roberto Fineschi: "Critica" tra Hegel e Marx

marxdialectical

"Critica" tra Hegel e Marx

di Roberto Fineschi1

Abstract: Marx fa largo uso del termine “critica”, che è presente nel titolo di varie sue opere. In questo articolo cercherò di ricostruire lo sviluppo e i cambiamenti di significato di questo termine nelle diverse fasi dell’indagine di Marx. Mi concentrerò sulle fonti dirette, come il dibattito “critico” tedesco durante il Vormarz, e su autori come Straufi, Bruno Bauer, Feuerbach. Certamente Hegel è un punto di riferimento privilegiato dell’approccio filosofico di Marx. Mostrerò come Marx si sia spostato lentamente da un significato specifico del termine “critica” che era predominante durante il Vormarz per approssimarsi alla posizione hegeliana

i332622È noto che Marx fa largo uso del termine “critica”. Esso è presente nel titolo di varie sue opere e non è quindi un caso che l’attenzione si sia concentrata su di esso. In questo articolo si cercherà di contribuire alla ricostruzione della sua storia interna e della sua origine nella tradizione filosofica anteriore. Essendo Hegel uno dei filosofi di riferimento privilegiati di Marx, si indagherà anche in questo autore il significato del termine per vedere a quale uso specifico di critica Marx si avvicini di più. Si vedrà del resto come il ruolo e la funzione della critica cambino nel corso della sua maturazione teorica.

 

1. Critica è un termine dall’uso diffusissimo nel dibattito intellettuale dall’illuminismo in poi. Qui fa da generale ed emblematico punto di riferimento la ricca, articolata e programmatica voce “Critique” nella Encyclopédie di Diderot e D'Alembert scritta da Marmontel (1754, vol. IV, pp. 490a-497b). Riviste critiche, biografie critiche, approcci critici, per non parlare ovviamente del criticismo kantiano, inondano la produzione letteraria e pubblicistica al punto che non è affatto semplice individuare un significato univoco del termine. Il tema è così complesso che non può certo essere oggetto di questo saggio; ci si limiterà in questa sede a indicarne alcune interpretazioni specifiche che reputo rilevanti per Marx ed il suo rapporto con Hegel.

Vediamo la lista di titoli significativi di pugno di Marx in cui compare il termine “critica”:


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Alessandro Barile: Non esistono rivoluzioni innocenti. Il comunismo critico di Rossana Rossanda

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Non esistono rivoluzioni innocenti. Il comunismo critico di Rossana Rossanda

di Alessandro Barile

Rossana
            RossandaLa morte di Rossanda – straordinaria figura testimoniale del comunismo italiano – invita, anzi costringe a pensare ancora alla storia del nostro paese, all’impresa comunista nazionale e agli accidenti della rivoluzione. Contro le scemenze desideranti di insurrezioni «felici», Rossanda ci percuote con la sua verità, l’unica plausibile: la rivoluzione è un atto di sofferenza. Non si entra innocenti e se ne esce devastati. Umanamente, politicamente. Perché dovrebbe essere altrimenti? È un atto di vendetta per le generazioni passate e di sacrificio per quelle future. «Siate indulgenti», invoca Brecht, perché di ogni crimine ci saremo macchiati, e non verremo assolti. Quei crimini, di cui parla a cuor leggero una malandata etica della convinzione comunista, sono crimini verso noi stessi, non verso gli altri, famigerati “nemici di classe” su cui scaricare i necessari orrori della storia e della nostra coscienza. Siamo noi che veniamo compromessi, noi che ci macchieremo dei tradimenti e delle conversioni. Eppure si dovrà fare, è stato fatto: l’inazione giudicante non preserva dall’innocenza, è anzi una colpa ben maggiore.

La lunga, lunghissima riflessione di Rossanda si muove entro questi limiti. I limiti di una persona che si è scontrata direttamente con questi problemi, e che ha capito. A cui ha dato risposte molteplici, profonde, disorientanti. Su cui si può essere d’accordo e in disaccordo, come normale, ma riconoscendo le domande giuste, le uniche possibili, che si chiedono direttamente del travaglio umano che porta con sé ogni rivoluzione. Non esistono rivoluzioni innocenti. Un monito.

Rossanda ha scritto tanto, dagli anni Cinquanta ad oggi. Meriterebbe di essere letto tutto, soprattutto ciò che scrisse durante la sua militanza nel Pci, soprattutto durante il suo ruolo dirigente alla Federazione di Milano, prima, e alla Sezione culturale del partito, dopo.


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Franco Piperno: Ascesa e crisi della tecnoscienza del capitale

machina

Ascesa e crisi della tecnoscienza del capitale

di Franco Piperno

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              3f3043110c9042c0adcc4053c772dd00mv2Con questo contributo proseguiamo la riflessione sul percorso «Iperindustria» della rubrica Transuenze. Il testo che segue è la trascrizione, rivista dai curatori, di un intervento di Franco Piperno, fisico accademico e intellettuale militante che su queste pagine non dovrebbe richiedere ulteriori presentazioni, alla summer school organizzata da Machina alla fine della scorsa estate. Piperno, in modo inevitabilmente sintetico, entra nel merito di alcuni nodi profondi del tardo capitalismo, che trae potenza dalla sottomissione e funzionalizzazione della scienza alla tecnica, nell’impoverimento delle capacità cognitive sociali e dello stesso sapere scientifico. Il trionfo della tecnoscienza coincide tuttavia con una crisi profonda e conclamate dei suoi medesimi presupposti epistemologici. Le implicazioni di questa riflessione sulla natura del capitalismo iperindustriale, o tecnologico come lo chiama l’autore contrapponendolo a «cognitivo», e su molti dei temi che vorremmo approfondire (innovazione, qualità del lavoro, vecchia e nuova divisione sociale del lavoro, necessità di una critica radicale e non oscurantista del progresso tecnologico), ci sembrano evidenti, e anche imprescindibili.

* * * *

Fino al Rinascimento si può dire, schematizzando, che scienza e tecnica procedano separatamente. La scienza è solo uno dei saperi del mondo antico, quello teorico che, appunto, ha il fine in se stesso e lascia intatto il suo oggetto; la scienza deve rispettare delle procedure di produzione: risolversi nello svelamento delle «essenze»; dispiegarsi a partire da pochi principi fondamentali rispettando l’ordine logico; essere ad un tempo mezzo e fine – la scienza è disinteressata, non invasiva, nel senso non si propone di cambiare il mondo ma solo di conoscerlo contemplandolo.


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Michele Castaldo: La paura americana (e occidentale)

lacausadellecose

La paura americana (e occidentale)

di Michele Castaldo

44107Alla fine di una estenuante e assordante campagna elettorale vince il candidato che i sondaggisti davano favorito, e così il mondo democratico occidentale che aveva tifato e sperato nella sconfitta di Trump tira un sospiro di sollievo, e finalmente: habemus papam: Joe Biden.

Il “mite” e consumato personaggio politico già vice di Barak Obama sul quale si riversano le speranze occidentali indicandolo come Salvatore della patria, in nome dell’unità di tutti gli americani.

Quando è apparsa chiara la sua elezione sono scoppiate manifestazioni di giubilo un po’ in tutti gli Stati come a esorcizzare lo scampato pericolo di una nuova permanenza alla Casa Bianca di Trump, personaggio ritenuto più un fenomeno da baraccone che il presidente della nazione più potente del mondo libero, ma proprio per questo più pericoloso.

I media si sono spesi a ricostruire biografie del nuovo presidente e della sua vice, Kamala Harris, senatrice dello Stato della California, che ovviamente non ci risulta essere stata in piazza a scontrarsi con la polizia bianca nei giorni successivi all’uccisione di G. Floyd e che ha sposato un ebreo in età adulta e ricopre ruoli istituzionali di tutto rispetto. Poi c’è la ben nota ruffianeria italica, alla ricerca delle origini messinesi dell’attuale moglie del presidente, e via di questo passo.

La nostra impressione è che in Europa si pregava il padreterno perché vincesse Biden, perché il personaggio Trump, ormai inviso alle establishment del vecchio continente, avrebbe potuto determinare una destabilizzazione negli Usa, con ricadute preoccupanti sulla nostra economia, lacerando così i nostri già labili rapporti sociali. Pericolo scampato, dunque.


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Leonardo Mazzei: L’infondata leggenda del Recovery Fund

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L’infondata leggenda del Recovery Fund

di Leonardo Mazzei

unrecovery fundLa leggenda secondo cui il Recovery Fund avrebbe cambiato l’Europa, ponendo fine all’austerità per iniziare un nuovo periodo di espansione economica, è una clamorosa bufala. Una gigantesca fake news, per chi ama gli anglicismi. Chi scrive non ha mai avuto dubbi sul punto, ma adesso ci giunge in aiuto un’attenta analisi del professor Gustavo Piga sulla Nota di Aggiornamento del Def (Nadef).

Premesso che in tempo di Covid i numeri contenuti nei documenti previsionali valgono quel che valgono, cioè quasi nulla, resta però interessante lo schema di ragionamento che il decisore politico ha posto come cornice al quadro previsionale. Mentre i numeri sono destinati ad essere smentiti, riaggiornati e rismentiti, quello schema di ragionamento resta invece la traccia indelebile di una precisa impostazione politica: quella degli euroinomani impenitenti, che scrivono di “espansione” anche quando sanno benissimo che avremo invece la solita austerità. Tra questi adoratori del “Dio Europa” il ministro Gualtieri non è l’ultimo arrivato.

Ecco così la sua Nadef 2020, come sempre co-firmata col Presidente del consiglio Giuseppe Conte. Su di essa il giudizio di Gustavo Piga è stroncante.

 

Diamo la parola a Piga

«La manovra economica del governo che pare espansiva e invece non lo è», questo il titolo chilometricamente liquidatorio del suo articolo. E non lo è – spiega Piga – proprio perché il tanto sbandierato Recovery Fund verrà utilizzato in tutt’altro modo. Probabilmente perché, questo lo aggiungiamo noi, non potrebbe essere diversamente proprio in virtù delle clausole previste da quel fondo, tanto decantato dai media quanto volutamente sconosciuto nei suoi meccanismi essenziali.


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Alberto Ziparo: Contronarrazioni. La crescita illimitata è irrinunciabile?

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Contronarrazioni. La crescita illimitata è irrinunciabile?

di Alberto Ziparo

0e99dc 0f4f8215543f48db9824a86e135caa03mv2Le risposte che la realtà fornisce alla domanda posta nel titolo – si può rinunciare alla crescita illimitata? – appaiono inequivocabili anche alla luce della pandemia in atto: non solo si può, ma si deve abbandonare il paradigma della crescita illimitata.

La crescente accelerazione della crisi climatico-ambientale e i disastri conseguenti, basterebbero da soli a significare un drastico mutamento di rotta. Ad essi tuttavia sono da aggiungere altri «guai di fase»: guerre, povertà e iniquità sociale, nuove migrazioni epocali, degrado e distruzione di quote crescenti di territorio, dissesti ecologici diffusi, invivibilità delle iperurbanizzazioni, riapparizione di problemi socio-culturali già sconfitti dalla storia del novecento – fascismi, razzismi, paura del diverso, disagi diffusi collettivi ed individuali. Il tutto è aggravato dalla profonda crisi delle forme politico-istituzionali che erano emerse nel novecento: se il «comunismo realizzato» è stato sconfitto innanzitutto dalle proprie rigidità e chiusure e dalle sue applicazioni burocratizzate, degenerate spesso in potere assoluto, imperiale e devastante; le democrazie liberali sono state via via stravolte dal loro degradarsi in iperliberismo, ulteriormente aggravato dalla pervasività dell’attuale finanziarizzazione globalizzata, che ha fagocitato nel tempo economia e politica.

Fino a una situazione paradossale in cui un numero limitatissimo di reali e consistenti apparati dirigenti – le direzioni delle grandi agenzie finanziarie, costituite spesso da un numero limitatissimo di soggetti gratificati – sono in grado di controllare e determinare scelte e strategie di istituzioni economiche e politiche a livello planetario. E quindi di imporre direttive generalizzate di portata globale che ricadono e condizionano i diversi contesti. Ciò comporta enormi benefici economici e sociali per i pochissimi controllori; ma i problemi ricordati in apertura per il resto della società.


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Luigi Ambrosi: Cosa ci porta una presidenza Biden/Harris? NATO first, Make NATO great again

sinistra 

Cosa ci porta una presidenza Biden/Harris? NATO first, Make NATO great again

di Luigi Ambrosi

Joe Biden e Kamala Harris si sono presentati insieme
            per la prima volta davanti alle telecamerePremesso che la partita elettorale negli USA non si è ancora conclusa considerate le denunce in corso per frodi elettorali, la nomina di Biden alla Presidenza è per ora solo una forzatura dell'apparato mediatico globalista, la reale e legale nomination avverrà non prima del 6 gennaio allo stato attuale delle cose; Biden per ora è solo un Presidente mediatico, anche se sta accelerando la formazione della nuova governance per cercare di imporre la sua presidenza come fatto compiuto.

Biden Presidente è "altamente probabile" ma non ancora certo.

Se poi i Repubblicani conservassero il controllo del Senato (5 gennaio), la eventuale presidenza Biden sarà quella di una anatra zoppa; altrimenti se i Democratici riuscissero a conquistare anche il Senato, le forze globaliste avrebbero strada libera, ma dovrebbero pur sempre fare i conti con gli USA profondamente divisi. Di altamente certo è che la società americana è e resterà a lungo profondamente divisa, quindi più debole nella sua governance locale e mondiale, per la felicità dei popoli del mondo; per questo la prima insistenza di Biden è di presentarsi vanamente conciliante come il Presidente di tutti.

Occorre riconoscere la potenza di fuoco raggiunta dalle forze globaliste mondiali, intendendo le grandi multinazionali occidentali (e le loro Agenzie di controllo e di propaganda) che sono riuscite a condizionare e ribaltare gli esiti elettorali nella sede della principale potenza mondiale.


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Giacomo Marchetti: La moneta digitale cinese cambierà la finanza

contropiano2

La moneta digitale cinese cambierà la finanza

di Giacomo Marchetti

In calce un articolo di China Daily sull'argomento

cina
            moneta digitaleDiana Choyleva, economista-capo di Enodo Economics, in un articolo sul Financial Times dal titolo illuminante – “Il Renmimbi si rafforza mentre la Cina si rafforza”afferma che:

«la Cina spera particolarmente nell’adozione di una nuova valuta digitale, ora in fase di sperimentazione avanzata, da parte di altri paesi. Mantenere alta la fiducia nel renminbi “analogico” sarà fondamentale per ottenere molti ‘convertiti’ al suo gemello digitale».

La sfida di Pechino è parte integrante di una strategia a tutto tondo per affermare un nuovo benchmark anche in quella terra di mezzo tra il massimo grado di sviluppo tecnologico e le tecniche finanziarie, continuando ad attrarre porzioni crescenti di capitale internazionale – tra cui i big di Wall Street -, tutto però sotto il ferreo controllo politico della direzione economica complessiva.

Si tratta di vincere la guerra digitale e quella monetaria, in uno scontro a tre tra titani, con Pechino che però sta ora disponendo di un differenziale strategico notevole grazie alla maggiore capacità dimostrata nella gestione dell’emergenza pandemica.

Come ha platealmente mostrato la “sospensione” della più grande IPO della storia finanziaria (prevista per il 5 novembre, ma stoppata pochi giorni prima) per la Ant, il più grande operatore privato di pagamenti digitali al mondo, che il miliardario Jack Ma sognava nelle borse cinesi (Shangai e Hong Kong).

Pechino non intende correre rischi e mostra che mentre il mondo economico naviga a vista in un mare in tempesta, lei tiene saldamente il timone ed segue la rotta che verrà formalizzata nel 14° Piano Quinquennale.


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Bollettino Culturale: Una critica agli accelerazionisti

bollettinoculturale

Una critica agli accelerazionisti

di Bollettino Culturale

incidente in macchina 11308Introduzione

Dalla sua comparsa nel 2013, il Manifesto accelerazionista ha provocato un'agitata discussione nei circoli politici di sinistra proponendo un quadro di riferimento alternativo al modello tradizionale di classe e di partito, motivato dalle sfide che le correnti poststrutturaliste e post-marxiste hanno posto al marxismo. In opposizione a quella che gli autori accelerazionisti considerano "folk politics", di orientamento particolare, reattiva al cambiamento, la proposta accelerazionista esige il recupero di un orizzonte strategico, di orientamento universale. Si tratterebbe di unire il pensiero di sinistra con una posizione favorevole al progresso tecnico, nella concezione del cambiamento tecnologico come una sorta di trampolino di lancio per una pratica politica globale finalizzata alla costruzione di un orizzonte sociale post-capitalista. In questa prospettiva, gli accelerazionisti pensano che la sostituzione del lavoro umano con l'automazione della produzione è un processo inevitabile e desiderabile e propongono un'utopia del post-lavoro come nuovo asse di articolazione della politica.

Questo articolo discute le possibili implicazioni di questo modello post-lavorista nelle politiche di emancipazione. Sulla base di una revisione della letteratura economica sulla disoccupazione tecnologica, viene proposta un'ipotesi alternativa: che la narrativa della “fine del lavoro” costituisca una rappresentazione errata delle tendenze attuali del capitalismo. L'eccessiva attenzione che gli autori accelerazionisti prestano all'offerta di fattori contrasta con i grandi problemi contemporanei che l'economia eterodossa si propone di discutere: crescente disparità di reddito, domanda insufficiente e deregolamentazione commerciale e finanziaria. In questo modo, l'accettazione acritica della premessa della "fine del lavoro" potrebbe portare l'accelerazionismo a diventare una forma di legittimazione dell'attuale ordine neoliberista.


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Carlo Clericetti: Mes e Recovery Fund, la solidarietà è in cambio di sudditanza

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Mes e Recovery Fund, la solidarietà è in cambio di sudditanza

di Carlo Clericetti

Dopo l’intervento di Lucrezia Reichlin è il membro del board Bce Yves Mersch a chiarire in che consista la “solidarietà europea”. La Bce – dice – deve smetterla di tenere i tassi così bassi, altrimenti gli Stati si finanziano sul mercato e non con il Recovery e il Mes, evitando di sottoporsi alle condizionalità, cioè di farsi dirigere da altri

Era un vero e proprio avvertimento quello lanciato nell’intervento di Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera. Reichlin è un’economista ben addentro agli organismi istituzionali e sa, quindi, che cosa si muove nelle stanze dove si prendono le decisioni.

Il ruolo che sta svolgendo la Bce, scriveva Reichlin, è reso possibile dal fatto che si è raggiunto in Europa un consenso politico sul modo di affrontare la crisi. Questo consenso è basato anche sull’uso degli strumenti approntati per questo scopo, e quindi se alcuni paesi rifiutano di utilizzarli il consenso potrebbe incrinarsi, e questo si rifletterebbe sulla libertà di azione che è stata data alla banca centrale. Reichlin citava espressamente l’Italia, dove c’è una forte area di opposizione al Mes (a livello politico i 5S e i partiti di opposizione, ma fiancheggiati da un gran numero di economisti dei più vari orientamenti politici), e la Spagna, che non intende ricorrere ai prestiti del Recovery Fund e sfruttare solo la parte cosiddetta “a fondo perduto”.


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Andrea Zhok: Il Trauma

nuovadirezione

Il Trauma

di Andrea Zhok

Tra le molteplici forme di spaccatura sociale che questa pandemia sta portando alla luce (o creando ex novo) ce n’è una che mi colpisce in modo particolare. Mi colpisce proprio perché pur non essendo affatto una linea di frattura nuova, ha trovato oggi adesioni inaspettate. Si tratta della linea oppositiva che viene posta tra lavoro pubblico, statale, dipendente e lavoro privato e ‘indipendente’. Abbiamo tutti sentito in queste settimane sollevare argomenti che chiedevano una curiosa forma di perequazione redistributiva: non più dai (più) ricchi ai (più) poveri, ma dai ‘garantiti’ (prevalentemente lavoro pubblico e dipendente) ai ‘non garantiti’ (l’impresa, il privato). Qui non si tratta dunque più dell’idea di una redistribuzione della ricchezza, per cui ci sarebbero naturalmente sempre ottime ragioni. No, niente affatto. Quelli che formulano questa proposta sono gli stessi che di fronte a qualunque, anche lontanissima e moderata idea di un’imposta patrimoniale hanno sempre opposto, e continuano ad opporre, il più fiero e inflessibile veto. No, qui non siamo di fronte all’idea di fare giustizia redistribuendo la ricchezza, ma di fare giustizia attraverso una sorta di ‘redistribuzione morale’, in cui si deve correggere quella che appare come un’intollerabile distorsione.


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Manolo Monereo: Geopolitica ed elezioni americane

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Geopolitica ed elezioni americane

di Manolo Monereo

Quattro anni fa avevo predetto la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton. Adesso le cose erano più chiare, forse troppo. L’usura del presidente americano sembrava evidente e i sondaggi prevedevano una netta vittoria per il duo Biden / Harris. Sono rimasto sorpreso dalla coerenza e dalla forza del voto repubblicano. Biden è stato il candidato più votato nella storia degli Stati Uniti; il secondo è stato il candidato Trump. Quello che abbiamo avuto davanti ai nostri occhi è stata un’enorme polarizzazione e una fortissima mobilitazione che è cresciuta di giorno in giorno. Trump è stato sconfitto da una “coalizione negativa”. Il “tutto contro il presidente” ha funzionato. Trump avrebbe perso senza covid-19? Non credo. La pandemia è stata un catalizzatore che ha attivato un’ampia opposizione stanca di tanta retorica, di tanto diniego che ha contrapposto un numero impressionante di morti, contagiati e, soprattutto, che hanno messo a nudo il disastroso, costoso e ingiusto sistema sanitario nordamericano. L’apparato del Partito democratico ha fatto di questo tema il tema centrale della sua campagna; non si sono sbagliati.


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Michele Paris: Biden e l’illusione del cambiamento

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Biden e l’illusione del cambiamento

di Michele Paris

Con la vittoria nelle presidenziali praticamente in tasca, Joe Biden e i leader del Partito Democratico stanno mandando i primi chiarissimi segnali circa gli orientamenti che la nuova amministrazione intenderà tenere una volta superata la resistenza e le cause legali minacciate da Donald Trump. Se il fatto di avere limitato la presenza di quest’ultimo alla Casa Bianca a un solo mandato è di per sé motivo di esultanza, l’avvicendamento con l’ex vice di Obama comporta una serie di altre problematiche, in alcuni casi non necessariamente meno inquietanti, visto anche che la nuova amministrazione democratica sarà in linea generale solo leggermente meno spostata a destra di quella repubblicana uscente.

Al termine del conteggio di tutti i voti espressi da un numero record di americani, è probabile che il vantaggio di Biden in termini di preferenze popolari supererà abbondantemente i cinque o forse anche i sei milioni. L’equilibrio e l’incertezza seguite alla chiusura delle urne sono dovuti perciò alla singolarità e alla natura anti-democratica del sistema elettorale americano.


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Francesco Cappello: A quale scopo la costrizione ai prestiti?

scenarieconomici

A quale scopo la costrizione ai prestiti?

di Francesco Cappello

Dai prestiti, ai fallimenti, alle svendite, verso la disoccupazione di massa, la strada è breve

Questo governo mentre ci rinchiude in casa non sembra avvedersi dell’ennesima trappola tesa a nostro danno. Collabora, piuttosto, all’incentivazione della diffusione della miseria nel paese. Due settimane fa avevo sostenuto che non avremmo bisogno di indebitarci ulteriormente con strumenti quali il Recovery Fund e il Mes (vedi https://www.francescocappello.com/…/la-luce-in-fondo…/) e che, viceversa, avremmo tante ottime alternative (PSN) per finanziare e sostenere, in questa drammatica congiuntura, il paese e permetterne la ripresa. Tra queste, quella che risulta più consueta è l’offerta di titoli di stato a condizioni assai vantaggiose perché addirittura a tasso negativo! (Chi affida i suoi risparmi allo Stato è disposto a ricevere meno di quel che dà!). Il fenomeno dei tassi sottozero risale all’era precovid ma è recentissimo per i titoli italiani ed è stato incentivato dal programma di acquisto di emergenza pandemico (PEPP) della BCE. Questo però non piace perché il PEPP sta riducendo i costi di indebitamento per i paesi più fragili dell’eurozona in modo da consentirgli di evitare i prestiti capestro dell’UE sottoforma di RF e Mes, a favore della raccolta di liquidità senza limiti sul mercato obbligazionario.


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Paolo Cacciari: Recovery Plan: restaurazione o ravvedimento?

comuneinfo

Recovery Plan: restaurazione o ravvedimento?

di Paolo Cacciari

Le aspettative intorno ai fondi Ue sono alte quasi quanto quelle per il vaccino. Due cose sono certe: il Patto di stabilità è stato improvvisamente sospeso, l’austerity sembra un brutto ricordo; il market system è capace di fare cose che, per dirla con l’androide Roy di Blade Runner, noi umani nemmeno sappiamo immaginarci. Intanto assistiamo a un gran fermento di ricerche e discussioni, con proposte non prive di trabocchetti, appare evidente come, per far fronte alla sempre più grave crisi climatica e alla devastante crisi economica, il Recovery end Relience Plan andrebbe strappato dalle mani degli economisti. Sui rischi, le contraddizioni e le opportunità che riguardano i fondi Ue, è difficile trovare un articolo più dettagliato, comprensibile e utile come questo di Paolo Cacciari

leonardo burgos SW5rObhs 5U unsplash 1536x7541. La strategia Next Generation Eu varata un anno fa dalla nuova Commissione europea e il suo principale strumento operativo, il Recovery and Resilience Facility da 672,5 miliardi di euro, tra sovvenzioni a fondo perduto e prestiti a tassi contenuti e rimborsabili a lunga scadenza, entro il 2058, hanno aperto speranze e aspettative, pur permanendo ancora molte incertezze sulle modalità concrete di erogazione.

Il combinato disposto tra le necessità di fronteggiare la crisi sanitaria (attraverso il Programma anti-pandemico della Banca centrale europea Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) e il riscaldamento climatico (con il piano di investimenti dell’European Green Deal) ha scardinato l’impianto teorico del neoliberismo e il suo dogma monetarista. Si chiude un lungo ciclo quarantennale di politica economica codificato in Europa dal Trattato sull’Unione di Maastricht del 1992. Il Patto di stabilità è stato “sospeso”, l’austerity sembra un brutto ricordo e la Banca centrale europea è stata autorizzata a creare moneta attraverso l’acquisto dei titoli del debito pubblico degli stati e l’erogazione di “stimoli monetari” “non convenzionali”, inaugurati già da Mario Draghi con il Quantitative Easing.


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coniarerivolta: Chi paga la crisi? Come nasce l’attacco agli stipendi pubblici

coniarerivolta

Chi paga la crisi? Come nasce l’attacco agli stipendi pubblici

di coniarerivolta

banfizalonegiuNegli ultimissimi giorni, da pulpiti diversi e in salse varie, ci è capitato di ascoltare e leggere lo stesso inquietante ritornello: tutti devono contribuire a pagare la crisi da Covid, gli effetti nefasti della pandemia non devono ricadere solo su quella parte di popolazione che ne subisce direttamente le conseguenze. Per scongiurare il pericolo che la diffusione del virus e le misure di contenimento colpiscano solo una parte della società, occorrerebbe dunque togliere qualcosa a chi ancora non è stato toccato da questa crisi. Benissimo, diremmo: andiamo a prendere i soldi dagli sciacalli e dai profittatori che in questi mesi hanno visto le loro ricchezze crescere ancora. E invece no: chi ci propina questa solfa suggerisce di andare a mettere le mani nelle tasche dei dipendenti pubblici e, più in generale, di chi ha un lavoro garantito, per poi redistribuire verso coloro che davvero soffrono le conseguenze economiche delle chiusure.

C’è chi, come il commentatore de ‘Il Foglio’ Camillo Langone, dedica al tema un contributo dal titolo emblematico, “Togliere al pubblico per dare al privato: ecco la vera unità nazionale”. Chi, come il Professore di Economia Riccardo Puglisi, redattore de ‘La voce.info’, si augura che nel nuovo lockdown paghino anche i dipendenti pubblici. C’è anche Massimo Cacciari, che, intervistato a Piazza Pulita sui provvedimenti del Governo per il contrasto all’epidemia, si lascia sfuggire un: “non è possibile tenere la gente a zero euro al mese o a 700 euro al mese. Voglio dire ai miei colleghi dello Stato e del parastato, prima o dopo arriveranno a voi, per forza. E io spero che ci arrivino presto, perché è intollerabile che questa crisi la paghi metà della popolazione italiana”. Insomma, serpeggia l’idea per cui se la crisi morde su alcuni settori in particolare, chi ancora non è stato morso è ora che venga colpito dalla scure di tagli, sacrifici e austerità per fare giustizia.


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Anonimo: Che importa chi parla? Manifesto per l'anonimato intellettuale

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Che importa chi parla? Manifesto per l'anonimato intellettuale

di Anonimo

Anonymous[Questo è un manifesto-proposta per l’anonimato intellettuale. L’idea è semplice: almeno in questo ecosistema – nei blog, nelle riviste online, nei social –, ma forse anche fuori di qui, l’autore non è affatto in declino, né morente, pace Roland Barthes. Forse il lettore è autore, qui più che altrove. Forse questa è la fabula dove regna incontrastato il lector, sotto forma di like. Eppure, se è così, il lettore è inevitabilmente irretito nelle maglie dell’autore – della sua celebrità, del ruolo che ha, del pulpito da cui parla. E anche chi autore non può essere nel senso classico, cioè l’individuo qualunque, qui – in questo ecosistema – spesso come autore si atteggia sin da subito. La funzione-autore foucaultiana si esercita a tutto spiano in certi ambiti della Rete, fagocitando tutto il resto. Fagocitando soprattutto le idee e il merito delle argomentazioni. Allora, la proposta è mettere l’autore fra parentesi, dare uno spazio a chi accetterà di prenderselo – a certe condizioni, naturalmente – senza volerlo occupare con la propria identità, ma solo con la propria voce. Potrebbe non accettare nessuno; potrebbero essere troppi i favorevoli alla proposta. Lo vedremo. La rubrica inaugurata da questo intervento, e curata dal suo autore anomimo,  sarà lo speaker’s corner per chi, parte del General Intellect, vorrà sfuggire dalla logica che rende la produzione intellettuale un altro ambito della produzione di ricchezza, che fa della comunicazione umana una fra le altre merci. Testi collettivi, testi irregolari, testi provocatori, testi marginali: voci della moltitudine potranno apparire qui, sotto le mentite spoglie dell’anonimato e grazie allo scudo che esso garantisce.]

* * * * 

Si può immaginare una cultura dove i discorsi circolerebbero e sarebbero ricevuti senza che la funzione-autore apparisse mai. Tutti i discorsi, qualunque sia il loro statuto, la loro forma, il loro valore e il trattamento che si fa loro subire, si svolgerebbero nell’anonimato del mormorio.

M. Foucault, Che cos’è un autore?


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Militant: Lockdown or not lockdown… is that the question?

militant

Lockdown or not lockdown… is that the question?

di Militant

Le mobilitazioni che in questi giorni hanno attraversato le strade di Roma così come quelle di altre città hanno giustamente ribadito a gran voce e a più riprese la distanza siderale che le separava dalle piazze dei cosiddetti “negazionisti”. Una lontananza umana e culturale, prima ancora che politica, dalle pulsioni irrazionali di chi, di fronte ad un’epidemia che stravolge lo status quo, non riesce a far altro che rimuovere il problema fino a negarlo, arrivando al punto di prendersela con quei medici e quegli infermieri che quotidianamente si adoperano per contrastarlo. Quasi fosse loro la colpa della situazione surreale in cui siamo stati precipitati da febbraio e non di una classe politica che da un quarantennio a questa parte ha progressivamente smantellato ogni forma di stato sociale in ossequio ai dettami dell’economia di mercato. Una differenza abissale che è stata rimarcata sabato scorso con l’abbraccio virtuale tributato dal corteo alle lavoratrici ed ai lavoratori del policlinico Umberto I e che può essere sintetizzata nel concetto espresso più e più volte dal microfono: noi non siamo contro il lockdown.


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Manlio Dinucci: La politica estera di Joe Biden

manifesto

La politica estera di Joe Biden

di Manlio Dinucci

L'arte della guerra. Le linee portanti del programma di politica estera che la nuova amministrazione Usa si impegna ad attuare sonoespressione di un partito trasversale

Quali sono le linee programmatiche di politica estera che Joe Biden attuerà quando si sarà insediato alla Casa Bianca? Lo ha preannunciato con un dettagliato articolo sulla rivista Foreign Affairs (marzo/aprile 2020), che ha costituito la base della Piattaforma 2020 approvata in agosto dal Partito Democratico. Il titolo è già eloquente: «Perché l’America deve guidare di nuovo / Salvataggio della politica estera degli Stati uniti dopo Trump». Biden sintetizza così il suo programma di politica estera: mentre «il presidente Trump ha sminuito, indebolito e abbandonato alleati e partner, e abdicato alla leadership americana, come presidente farò immediatamente passi per rinnovare le alleanze degli Stati uniti, e far sì che l’America, ancora una volta, guidi il mondo».

Il primo passo sarà quello di rafforzare la Nato, che è «il cuore stesso della sicurezza nazionale degli Stati uniti». A tal fine Biden farà gli «investimenti necessari» perché gli Stati uniti mantengano «la più potente forza militare del mondo» e, allo stesso tempo, farà in modo che «i nostri alleati Nato accrescano la loro spesa per la Difesa» secondo gli impegni già assunti con l’amministrazione Obama-Biden.


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Antonio Di Siena: Sulla "sinistra per Biden"

lantidiplomatico

Sulla "sinistra per Biden"

di Antonio Di Siena

Vorrei essere più diplomatico ma la sinistra per Biden è il più fulgido esempio di come questa parte politica (o sedicente tale) abbia definitivamente smarrito qualunque capacità di lettura critica della realtà. E sia tristemente ridotta ad un infantilismo capace di ragionare esclusivamente su un piano manicheo, improntato alla dicotomia bene/male, buono/cattivo. Un livello di elaborazione da bambini di terza elementare.

Quello che infatti i nostri amici democratici proprio non riescono a capire è che le categorie del politico sono definite esclusivamente dai contenuti. E non dai contenitori.

Partiamo da un presupposto difficilmente contestabile: l’amministrazione Trump ha portato la politica estera americana su posizioni isolazioniste che non si vedevano da prima della guerra fredda.

Facendo tornare il GOP politicamente indietro di quasi un secolo, a quando cioè era di “sinistra”. Al contrario di quello democratico che era notoriamente schiavista, liberista e, quindi, di destra (ma questa è un’altra storia e non voglio destabilizzarvi troppo).


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Agnese Baini: La lunga storia della guerra agli «improduttivi»

jacobin

La lunga storia della guerra agli «improduttivi»

di Agnese Baini

La frase di Toti deriva da un'ideologia con lunga tradizione. Negli ultimi anni regolamenti per il decoro colpiscono chi è escluso dalle logiche di produzione e consumo, ancor prima gli «improduttivi» venivano chiusi nei manicomi

Ogni mattina, in Italia, qualcuno si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del leone che vuole additarlo come untore di questa pandemia. L’elenco è lungo e sempre in aggiornamento: ci sono stati i cinesi, i runner, chi fa aperitivi, gli studenti fuori sede che tornano a casa. I vecchi che uscivano senza mascherina erano già in questo elenco ma ora hanno guadagnato una nuova caratteristica: sono vecchi che non partecipano «allo sforzo produttivo del paese».

 

Il brusco risveglio di Toti

La scorsa domenica ci siamo svegliati con un tweet lanciato dal governatore della Liguria Giovanni Toti:


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Guido Salerno Aletta: Il Topo, il Formaggio, la Trappola

teleborsa

Il Topo, il Formaggio, la Trappola

di Guido Salerno Aletta

Crisi sanitaria, politica monetaria accomodante e debito pubblico gigantesco

La crisi sanitaria è stata affrontata bloccando le attività economiche e sociali, per ridurre al minimo i contatti che possono aumentare la diffusione del virus. Bar, ristoranti, teatri, Nomi diversi, da lockdown a confinement a seconda dei diversi Paesi, ma identica sostanza.

Una caduta del PIL a doppia cifra nel 2020, e chissà che cosa succederà l'anno prossimo con la seconda ondata che si dice essere in corso, è un evento drammatico che in altre occasioni avrebbe creato una reazione incontrollabile, non essendo possibile attingere a risorse pressoché illimitate mediante il ricorso al debito. I soldi, una volta, non si stampavano con la facilità con cui oggi le Banche centrali li creano dal nulla, senza neppure spingere il bottone print della stampante della carta-moneta. Si aggiungono solo gli zeri sullo schermo del computer ai conti delle diponibilità di portafoglio: non girano denari, ma solo numeri.


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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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tonino

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Nov 19, 2020, 4:21:43 AM11/19/20
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Wu Ming: A cosa serve l’epiteto «negazionista» e quale realtà contribuisce a nascondere

giap3

A cosa serve l’epiteto «negazionista» e quale realtà contribuisce a nascondere

di Wu Ming

negacionistaVideo “virali” del tizio o della tizia che gliele canta ai «negazionisti»; titoloni sul pericolo «negazionisti»; invettive contro i «negazionisti»; satira sui «negazionisti», grasse risate! I «negazionisti» sono ovunque, ed è colpa loro se le cose vanno male. Ecco allora i nostri eroi, i prodi che li contrastano, gettando loro guanti di sfida: «Vengano in terapia intensiva, i negazionisti!»

Sono sfide a nessuno, invettive contro fantasmi, colpi sparati nella nebbia. Chi sarebbero i «negazionisti»? Sì, esistono frange secondo cui la pandemia sarebbe finta, ma sono ultraminoritarie. In genere, nemmeno chi è aperto a fantasie di complotto su Bill Gates, i vaccini e quant’altro nega che sia in corso una pandemia e che il virus uccida. E allora di chi si sta parlando?

Il termine «negazionista» ha ormai una storia pluridecennale. Coniato negli anni Ottanta per definire personaggi come David Irving, Robert Faurisson o Carlo Mattogno, secondo i quali nei lager nazisti non sarebbero esistite camere a gas né sarebbe avvenuto alcuno sterminio sistematico di ebrei e altri prigionieri, in seguito è stato esteso a sempre più ambiti, diventando un’arma nelle culture wars del XXI secolo.

In Italia, negli ultimi quindici anni, se n’è appropriata la destra per accusare di «negazionismo» chiunque smontasse le sue narrazioni – bufale storiche incentrate su fantasie di complotto antislave – sulle «foibe» e l’«Esodo istriano-dalmata». In quel modo, mentre una narrazione risalente al collaborazionismo filonazista diventava “storia di Stato” con l’istituzione del Giorno del Ricordo, la destra poteva fingere di occupare il “centro” del dibattito sulla memoria storica. In parole povere, poteva denunciare gli “opposti estremismi”: c’è chi nega la Shoah e c’è chi “nega le foibe”, stessa roba.


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Michele Garau: L’ultrasinistra e il «partito storico» della rivoluzione

quieora

L’ultrasinistra e il «partito storico» della rivoluzione

di Michele Garau

0 14Le compagini e le tesi facenti capo al laboratorio magmatico della cosiddetta «critica radicale», affrontate a più riprese su «Qui e ora», sono riconducibili alla filiazione, filtrata e spuria, di quelle correnti del movimento operaio internazionale, sviluppatesi all’inizio del 900, che rispondono al nome di «ultrasinistra». Quando si parla dell’«ultrasinistra» si richiama, all’origine, una tassonomia vigente in seno alle posizioni del socialismo internazionale del primo 900: la destra era identificata con le tendenze scioviniste della socialdemocrazia tedesca, rappresentata da Ebert; il centro dall’orientamento riformista e gradualista di Kautsky; infine la sinistra corrispondeva al bolscevismo ed alla direzione di Lenin. Dentro questo quadro l’«ultrasinistra» si aggiunge ad indicare quelle frazioni, presenti soprattutto in Germania e in Olanda, che esprimevano un’opposizione di sinistra al leninismo nel suo insieme, come fenomeno teorico e pratico, in seno al movimento rivoluzionario e da principio nella «Terza Internazionale»[1].

Non è semplice ricostruire il profilo di tale corrente, in senso teorico ed ideologico, nella varietà delle sue espressioni e nel suo intreccio con l’esperienza storica dei tentativi rivoluzionari avvenuti, in Germania, durante la sequenza 1918-21, nonché con il suo successivo bilancio. Gli esponenti del «comunismo dei consigli» a partire da Hermann Gorter ed Anton Pannekoek, seppure intraprendano ben prima il proprio percorso, in particolare nel solco dei principi fondamentali della «scuola olandese»[2], elaborano in forma matura le loro tesi distintive proprio misurandosi con questi tentativi e con il loro lascito: si può dire che una formalizzazione compiuta del «Linkskommunsimus» come tendenza politica organizzata risalga alla famosa Lettera aperta la compagno Lenin di Gorter e alla fondazione del «KAPD» (Kommunistische Arbeiterpartei Deutschlands), nell’aprile del 1920.


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Miguel Martinez: Il Papa del capitalismo

apocalottimismo

Il Papa del capitalismo

di Miguel Martinez

klaus
              schwabIl Forum Economico Mondiale sta al capitalismo all’incirca come il Vaticano sta alla chiesa cattolica.

E il signor Klaus Schwab sta al Forum, all’incirca come il Papa sta al Vaticano.

Siccome il capitalismo incide molto di più sulle nostre vite della Chiesa, è bene sapere cosa predica il signor Schwab.

Riprendiamo qui un articolo di Paul Cudenec, uscito su The Winter Oak.

Cudenec è dichiaratamene anarchico e il testo è fortemente politico e polemico, in una maniera che magari piacerà molto ad alcuni lettori e pochissimo ad altri; e divaga su molti temi, su cui si può essere o meno d’accordo.

Non importa: al di là delle opinioni polemiche di Cudenec, è il miglior riassunto attualmente esistente del pensiero di Schwab e quindi della filosofia che guida oggi le scelte di fondo delle principali imprese mondiali (per avere l’onore di finanziare il Forum, un’impresa deve avere un fatturato di almeno cinque miliardi di dollari l’anno).

Come al solito, traduzione Google, per mancanza di tempo: che eticamente ci fa sentire un po’ in colpa, ma ci sentiremmo ancora più in colpa a non far conoscere meglio il signor Schwab.

* * * *

Klaus Schwab e il suo grande reset fascista

di Paul Cudenec

Nato a Ravensburg nel 1938, Klaus Schwab è figlio della Germania di Adolf Hitler, un regime di stato di polizia costruito sulla paura e la violenza, sul lavaggio del cervello e sul controllo, sulla propaganda e le bugie, sull’industrialismo e l’eugenetica, sulla disumanizzazione e la “disinfezione”, sulla una visione agghiacciante e grandiosa di un “nuovo ordine” che sarebbe durato mille anni.


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Matteo Pucciarelli: Dopo il Covid, non ci resterà che tornare a Marx

espresso

Dopo il Covid, non ci resterà che tornare a Marx

di Matteo Pucciarelli

La fine del quarantennio liberista. La grande crisi di sistema, iniziata ancor prima dell'epidemia. E l'esigenza di una nuova forma di pianificazione economica. Nel saggio dell'economista "eretico" Emiliano Brancaccio

Dopo i quaranta anni della lotta di classe dall'alto verso il basso cominciata negli anni '80, una riscossa vincente contro le conquiste del mondo del lavoro avvenute dal Dopoguerra, il coronavirus rende plastica, evidente, la seconda fase: una lotta tutta interna al capitale che avvicina il sistema alla "catastrofe", e non è detto che sia una cattiva notizia.

"Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione" di Emiliano Brancaccio (Meltemi) e a cura del giornalista Giacomo Russo Spena è un saggio illuminante scritto da un economista cosiddetto "eretico" e che fa già i conti con la crisi delle crisi che sta vivendo il sistema capitalistico, quella del covid. Non solo con quella però, perché Brancaccio ci arriva punto dopo punto, riprendendo le proprie analisi in riferimento a quella del 2008.

Premessa: Brancaccio è uno studioso marxista, da sempre critico verso la moneta unica ma con una propria coerenza che non l'ha mai fatto sconfinare né flirtare con il sovranismo (il più puro dei puri economisti no-euro, Alberto Bagnai, è passato dal contestare da sinistra il Pd ad essere eletto senatore della Lega).


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piazzadelpopolo: Conosci il tuo nemico. Grande Reset e Quarta Rivoluzione Industriale

piazzadelpop

Conosci il tuo nemico. Grande Reset e Quarta Rivoluzione Industriale

di piazzadelpopolo

Il mondo si trova oggi al centro di una guerra globale delle oligarchie dominanti verso la popolazione comune. I “poveracci” – includendo in questa categoria anche la p.m.i. e gli altri figli di un dio minore del Capitale – che arrancano di fronte ai prodigi della Quarta Rivoluzione Industriale, quella commistione di biotecnologia per l’editing genetico, telecomunicazioni 5G, intelligenza artificiale e altri prodigi scientifico-tecnologici che dovrebbero rivoluzionare il nostro modo di stare al mondo, e il cui controllo è oggi nelle salde mani di un manipolo di gruppi privati, guidati da “guru” – i Bezos, i Musk, i Gates – idolatrati dai media e da buona parte della stessa popolazione sotto attacco, in particolare i giovani della generazione Z, che, bombardati dalla propaganda finanche a scuola, sognano di ripetere le gesta dei loro eroi in chissà quali campi inesplorati del tecno-capitalismo.

Una caratteristica di questa guerra silenziosa – che con l’avvento del Covid-19 sta vivendo una radicalizzazione – è la propaganda “umanista” pompata all’inverosimile dai padroni del vapore.


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Andrea Muratore: La partita geopolitica del vaccino

osservatorioglobalizzazione

La partita geopolitica del vaccino

di Andrea Muratore

La grande corsa al vaccino per il Covid-19 è entrata nella fase cruciale. Il consorzio Pfizer-BioNTech ha annunciato la disponibilità di un vaccino efficace nel 90% dei casi; la Russia di Vladimir Putin ha rilanciato sottolineando come lo Sputnik V, il vaccino nazionale, arrivi al 92% nella fase tre di sperimentazione; dagli Usa Moderna, altra azienda al lavoro insieme ai National Institutes of Health per lo sviluppo di un vaccino basato sull’Rna, fa sapere di non essere indietro rispetto a Pfizer nel percorso verso la richiesta; nelle scorse settimane il Ministro degli Esteri di Xi Jinping, Wang Yi, ha compiuto un lungo viaggio nel Sud-Est asiatico, che lo ha portato a toccare Cambogia, Laos e Thailandia promuovendo la causa dei quattro vaccini prodotti e in via di sperimentazione dall’Impero di Mezzo.

Se già a inizio pandemia si indicava nell’agognato vaccino l’obiettivo centrale della competizione politica tra le potenze del pianeta attive nel contrasto alla pandemia e un fattore di grande valore strategico per la nazione che per prima sarebbe riuscita a conquistare un vantaggio decisivo, ora che la corsa al traguardo è ricca di contendenti l’elemento competitivo si intensifica, così come la sfida a giocare d’anticipo piazzando a partner commerciali e alleati la massima quantità possibile di dosi, come in un grande gioco di future, nell’attesa di diventare la prima contendente a portare il vaccino sul mercato.


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Emilio Carnevali: Ripensare la teoria economica ai tempi del Covid

sbilanciamoci

Ripensare la teoria economica ai tempi del Covid

di Emilio Carnevali

L’epidemia di coronavirus ha assestato un altro duro colpo a quel “nuovo consenso” in macroeconomia già messo in discussione dalla crisi finanziaria del 2007/2008. E nel nostro paese nasce la Rete Italiana Post-Keynesiana

“Devising new ways of getting back to full employment
is once again the top priority for economists.”
The Economist, luglio 2020

Qualche anno fa – era il 2015 – il Financial Times pubblicava un pezzo a firma di John Key sul complicato rapporto fra teoria economica ed evidenza empirica. Nel mezzo dell’articolo veniva disinvoltamente lasciato cadere un riferimento alla celebre controversia sul capitale delle “due Cambridge”, che fra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento ha visto contrapporsi la scuola keynesiana dell’Università di Cambridge (nel Regno Unito) agli economisti “neoclassici” guidati da Robert Solow e Paul Samuelson di stanza al MIT, nella Cambridge statunitense (Massachusetts): “un dibattito”, secondo Key, “che Solow vinse facilmente grazie alla cura con cui specificò sia i suoi modelli teorici sia i rilevanti dati empirici”.


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Valentina Bennati: In arrivo le linee guida per curare i pazienti covid a domicilio, ma la bozza desta perplessità

comedonchisciotte.org

In arrivo le linee guida per curare i pazienti covid a domicilio, ma la bozza desta perplessità

di Valentina Bennati

Finalmente sono in arrivo le linee guida per curare a domicilio i pazienti covid senza necessità di ricovero (ovvero la stragrande maggioranza delle persone che vengono infettate da Sars Cov 2) ma, secondo le indiscrezioni circolate, non sarebbero quelle giuste.

Da mesi alcuni medici che hanno vissuto l’emergenza in prima linea, riuscendo a curare con successo a casa le persone sintomatiche, stanno spiegando quanto sia fondamentale l’utilizzo di cortisone, antibiotici ed eparina anche precocemente per impedire peggioramenti, eppure nonostante ciò, la bozza di protocollo per le cure a casa che è stata presentata dal gruppo di lavoro del Ministero della Salute direbbe NO ad antibiotici, cortisone (previsto solo in emergenza) ed eparina (ammessa per le persone che hanno difficoltà a muoversi) e SI’ al paracetamolo che, può essere utile in caso di febbre molto alta, ma che però non contrasta per nulla l’infiammazione causata dal nuovo coronavirus, anzi sarebbe controproducente.

Dunque l’esatto contrario di ciò che dovrebbe essere fatto.


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Cinzia Nachira: Testimoni del nulla

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Testimoni del nulla

di Cinzia Nachira

1603711321450 2Testimoni del nulla (Edizioni Laterza Bari-Roma, ottobre 2020, pp. 145, 16 euro) di Domenico Quirico è un testo che si pone come bilancio del cambiamento cui abbiamo assistito in questi ultimi decenni del modo di approcciare i grandi temi sociali, politici e culturali che fino agli anni ottanta del ventesimo secolo erano quelli che hanno segnato i grandi momenti di svolta. Momenti che hanno avuto come protagonisti, malgrado limiti e contraddizioni, per molti versi nel ruolo di motori non immobili i grandi mezzi di informazione, i giornali soprattutto, che fino agli anni ottanta del secolo scorso non avevano solo un ruolo di “fornitori di notizie”, ma anche si sforzavano di offrire al lettore delle chiavi di lettura e interpretazione dei fatti che raccontavano. I giornali, come d’altronde i libri, avevano l’ambizione di suscitare in chi li leggeva dei sentimenti, fossero questi rabbia, indignazione o, al contrario, approvazione.

Da moltissimo tempo questo si è perso e non solo a causa dell’avvento soverchiante delle nuove tecnologie che nella nostra parte del mondo si pensa possano sostituire i cosiddetti “vecchi” strumenti per comprendere il mondo.

Ciò che colpisce nel leggere questo libro è di trovarsi davanti allo stesso tempo un bilancio di un’esperienza di vita personale e professionale, ma anche dei fallimenti collettivi che oggi più che mai sono sotto gli occhi di noi tutti. L’autore si pone una domanda di fondo: perché malgrado l’invivibilità di questo mondo per la maggioranza dei suoi abitanti ciò non suscita più ribellione contro i responsabili di questo stato di cose?


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Franco Milanesi: Nelle tempeste d’acciaio della crisi. Il nazionalbolscevismo tra ieri e oggi

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Nelle tempeste d’acciaio della crisi. Il nazionalbolscevismo tra ieri e oggi

Recensione di Franco Milanesi

David Bernardini, Nazionalbolscevismo. Piccola storia del rossobrunismo in Europa, Shake, Milano 2020

milanesiSulla comprensione del significato storico e politologico del nazionalbolscevismo gravano due condizionamenti. Da una parte esso è oggetto di una sorta di damnatio memoriae da parte della sinistra di classe che fatica a prendere atto quanto l’internazionalismo proletario appartenga più alla tradizione ideologica marxiana e alla pubblicistica terzinternazionalista che alla storia effettuale dei movimenti di emancipazione. Percorrendo la storia del Novecento ci troviamo infatti di fronte a una frequente ed efficace attivazione dell’idea di nazione utilizzata come potenza mobilitante nel corso delle lotte di liberazione dal controllo e dal dominio di Stati stranieri, nei conflitti antiimperialisti, nella propaganda contro le borghesie che spadroneggiano nell’illimitato mercato-mondo. Anche nella fase di consolidamento degli stati socialisti, l’afflato internazionalista ha non di rado lasciato il posto al richiamo a forme di identità radicate nel fluido e ambiguo concetto di nazione (i lavori di Mosse, Wehler, Campi restano, sotto questo aspetto, punti di riferimento obbligati). La seconda ipoteca rimanda agli intrecci abborracciati tra neosovranismo, nazionalismo e comunismo che lo smottamento della cultura della sinistra ha lasciato come strascico melmoso dietro di sé. Con esiti spesso risibili e inquietanti non tanto sul piano del rigore teorico quanto su quello della strategia politica conseguente, non di rado orientata verso il suprematismo, il razzismo o il vero e proprio neofascismo.

Per avvicinarsi alla comprensione dell’intricata storia dei gruppi, delle riviste e delle personalità che hanno innestato su tronco della nazione ulteriori motivi teorici, gli articoli e i saggi monografici di David Bernardini, giovane professore a contratto presso l’Università di Milano, rappresentano uno strumento indispensabile.


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Silvia Cegalin: Il potere del controllo sociale tra distopie e contro-azioni artistiche

kabulmagazine

Il potere del controllo sociale tra distopie e contro-azioni artistiche

Il corpo politico tra sorveglianza, paranoia e attivismo

di Silvia Cegalin

Schermata del 2020 11 17 15 34 33«Quello che ci sembra la nostra libera volontà – cioè i nostri desideri, la coscienza di voler fare quel che facciamo – può benissimo essere un’illusione».

(Philip Dick, Se vi pare che questo mondo sia brutto)

– Grande fratello & Stato di polizia: la sorveglianza come potere e fonte di paura

Siamo anche noi, dunque, come dichiara Philip Dick, esposti al rischio di vivere ripetute illusioni che ci ammaliano con versioni della realtà che non esistono? E il senso di libertà risulta essere più forte della libertà stessa? Per capire come si è giunti a questa indefinizione di ciò che ci circonda è necessario analizzare come il potere abbia agito sul substrato sociale odierno, forgiando le dinamiche in cui siamo inseriti e tessendo le chimere in cui crediamo.

Oggi il potere si muove in maniera subdola, adescandoci tramite ciò che Byung-Chul Han, in Che cos’è il potere?, definisce «la dittatura dell’ovvio», in quanto esso si incarna proprio in azioni e gesti di semplice quotidianità, attraverso abitudini che sono scontate e che, a causa della loro banalità, riescono a incorporare le costrizioni che sono vissute come libertà.

E la sorveglianza è uno tra gli aspetti centrali in cui le strategie di potere si realizzano, adottando pratiche mascherate e poco esplicite. In Servire e punire, Michel Foucault scrive che la sorveglianza è la caratteristica chiave per interpretare la modernità perché, attraverso l’equilibrio giocato tra il dominio e la violenza che genera norme e regole, le persone possono conformarsi al vivere sociale, atrofizzando così la loro parte irrazionale e istintuale, a favore di quella razionale; e nel caso contrario in cui non riescano a “controllarsi”, ecco che scatta l’esercizio punitivo, con la conseguente messa al bando in strutture di detenzione o ricovero.


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comidad: Il potere funziona per schemi, sempre gli stessi

comidad

Il potere funziona per schemi, sempre gli stessi

di comidad

Il risultato delle partite di calcio è irrilevante, però il pathos dei tifosi attorno all’evento sportivo è autentico. Allo stesso modo, in un sistema oligarchico lo spettacolo della “democrazia” serve a “dinamizzare” e movimentare un quadro di potere che apparirebbe altrimenti per quello che è, cioè statico. Con la sua sguaiataggine, Trump è il personaggio più adatto allo schema rituale del falso movimento, suscitando antipatie viscerali oppure innamoramenti puerili. Per aumentare la suspense elettorale, negli USA ipertecnologici si è proceduto al conteggio dei voti col pallottoliere, in modo che ci fossero gli strascichi legali che consentissero alla partita di trascinarsi sino ai tempi supplementari e magari ai rigori. Questa esibizione penosa, che sarebbe stata rinfacciata a qualsiasi altro Paese, non ha impedito invece ai media mondiali di inneggiare all’ennesima vittoria della democrazia americana. L’alba del nuovo giorno per la rigenerata democrazia, è stata salutata con la buona novella della scoperta del vaccino anti-Covid da parte delle multinazionali Pfizer e BioNTech.


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Andrea Muratore: La lunga marcia verso il vaccino è una questione di politica industriale

kriticaeconomica

La lunga marcia verso il vaccino è una questione di politica industriale

di Andrea Muratore

Nella giornata del 9 novembre la multinazionale farmaceutica Pfizer, assieme all’azienda tedesca BioNTech, ha annunciato avanzamenti significativi nella corsa al vaccino contro il Covid-19. La notizia ha acceso, comprensibilmente, entusiasmi e speranze, dato che la politica, le società occidentali e gli operatori economici hanno affidato alla discesa in campo di uno o più vaccini efficaci la possibilità di un ritorno effettivo alla normalità. In particolare, ad interiorizzare le aspettative sono state le borse, caratterizzate da un rally rialzista.

Dopo l’ondata di entusiasmo, è tuttavia necessario rimettersi con i piedi per terra e studiare le implicazioni strategiche e le necessità industriali, logistiche e organizzative richieste da un’eventuale distribuzione del vaccino (o dei vaccini) che entreranno in produzione e saranno, si auspica, messi in circolazione nei primi mesi del 2021.

 

La produzione complessa dei vaccini

La produzione e la ricerca in ambito vaccinale avvengono sulla base di articolati partenariati pubblico-privati, che se nel caso dello sviluppo dei vaccini si manifestano nel sostegno da parte degli Stati o delle istituzioni internazionali alla ricerca di base (e il caso Pfizer-BioNTech ha forte conferme sia sul fronte europeo che su quello statunitense) sul fronte produttivo-logistico prendono la forma di accordi quadro per la realizzazione e la distribuzione.


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ilsimplicissimus: Covid ad orologeria ed altre amenità

ilsimplicissimus

Covid ad orologeria ed altre amenità

di ilsimplicissimus

Ecco la sintesi di due giorni che la dicono lunga sulla pandemia e sui suoi meccanismi:

Ore 19 di domenica 8 novembre: i leader dei Paesi occidentali rompono gli indugi e in contemporanea, come se tutto fosse stato accuratamente preparato, si congratulano con Biden per la vittoria. Partono i telegrammi di felicitazioni da tutta l’Europa, compresa la lutulenta Italia di Conte, Di Maio, Renzi e Mattarella. Rimangono fuori dalla festa Russia, Cina e Giappone, vale a dire il 70% della manifattura mondiale, ma che volete che sia.

Ore 1 di lunedì 9 novembre: si cominciano a contrattare i futures che mostrano un rialzo dell’1 per cento, cosa abbastanza scontata visto che le borse potrebbero essere rassicurate dal fatto che le elezioni americane abbiano finalmente un verdetto anche se solo mediatico.

Ore 10 di lunedi 9 novembre: dopo la riapertura ufficiale delle borse si nota una tendenza al rialzo, peraltro attesa per le ragioni dette in precedenza. La cosa invece del tutto inaspettata è che i maggiori rialzi riguardano le imprese operanti nel settore viaggi e turismo; nessuno poteva prevederlo proprio in un periodo di inasprimento delle segregazioni e di rinnovata apocalissi pandemica.


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Guido Salerno Aletta: Conflitti Americani

teleborsa

Conflitti Americani

Verità mediatica e realtà legale

di Guido Salerno Aletta

Da una parte ci sono le certezze mediatiche circa la avvenuta elezione del candidato democratico Joe Biden alla Presidenza americana, vistosamente corroborate dai numerosi messaggi di congratulazioni ed auguri che gli sono stati inviati da numerosi leader stranieri.

Dall'altra ci sono le incertezze legali derivanti dal fatto che il Presidente uscente, Donald Trump, non ha concesso la vittoria allo sfidante, accettando lo stato di fatto proclamato dai media e rinunciando ai contenziosi giudiziari per aver subito frodi nel procedimento elettorali.

In mezzo c'è una sola realtà, di fatto e legale: il procedimento elettorale non si è ancora concluso, anche se sono già passati dieci giorni dal 3 novembre, la data in cui si sono aperti i seggi in America per la elezione del nuovo Presidente, e siamo ad un mese esatto dal 14 dicembre, data in cui secondo la Costituzione si riunirà il Collegio dei Grandi elettori che, in rappresentanza degli Stati, la sua elezione formale.


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Mauro Armanino: Le caricature occidentali viste dal Sahel

sinistra

Le caricature occidentali viste dal Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 30 ottobre 2020. C’è caricatura e caricatura. Già nel 2015 qui nel Sahel e altrove si sono sofferte le conseguenze delle caricature del profeta dell’Islam pubblicate sul giornale satirico francese Charlie Hebdo. Buona parte dei luoghi di preghiera dei cristiani del Niger, a Zinder e a Niamey, furono vandalizzati da centinaia di giovani. Fu in seguito al famoso detto ‘Je suis Charlie’, io sono Charlie, pronunciato persino dall’attuale presidente della Repubblica del Niger. Di recente la stessa caricatura, commentata da un insegnante di una scuola francese, ha offerto il pretesto ad un giovane musulmano di origine cecena, di togliergli la vita decapitandolo. Lo stesso giornale, che qualche giorno prima aveva ripubblicato le medesime caricature, ha poi preso come bersaglio il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan. Quest’ultimo, in seguito al discorso commemorativo per la memoria dell’ucciso da parte di Emmanuel Macron alla Sorbona, aveva affermato che lo stato di salute mentale del suo omologo francese era preoccupante. Di caricatura in caricatura si arriva alla democrazia attuale che, in Africa Occidentale come in Europa, non è che la grottesca deformazione di sé.


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Nov 21, 2020, 6:38:12 AM11/21/20
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Marco Veronese Passarella: La Modern Monetary Theory

machina

La Modern Monetary Theory

Intervista a Marco Veronese Passarella

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              8828927c1ecb4f22aa9ac7d2fafc149cmv2Con l’articolo Economia della dismisura di Christian Marazzi, abbiamo avviato il percorso che abbiamo definito «Governo della crisi» (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/pensare-il-transito). La seguente intervista, proseguendo nel solco tracciato dal testo di presentazione della rubrica, analizza gli strumenti messi in campo dalle istituzioni finanziarie e tratteggia le caratteristiche del nuovo corso che si sta imponendo, spiegando, in particolare, i capisaldi della Modern Monetary Theory, dottrina economica salita alla ribalta negli ultimi mesi. Marco Veronese Passarella è docente di macroeconomia presso la Leeds University e autore di articoli su riviste scientifiche internazionali, tra le quali il «Cambridge Journal of Economics», il «Journal of Economic Behavior & Organization» e il «Journal of Policy Modelling».

* * * *

La crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo ha determinato la revisione del paradigma neoliberista che ha guidato le politiche fiscali e monetarie negli ultimi decenni. L’iniezione di liquidità senza precedenti promossa dalle banche centrali coniugata con i provvedimenti presi dai governi nei mesi di pandemia, segnalano un cambiamento nella strategia complessiva di governo della crisi. Inoltre, sono gli stessi organi che in questi anni hanno dettato e imposto l’austerity e il contenimento del debito pubblico, oggi richiedono uno scarto: pensiamo, ad esempio, alle dichiarazioni di Kristina Georgieva, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, che ha invocato «una nuova Bretton Woods». Pensi che si possa definitivamente affermare che siamo davanti alla fine dell’egemonia neoliberale?


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Giacomo Marchetti: Sinophobia Inc. Capire la “macchina” anti-cinese

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Sinophobia Inc. Capire la “macchina” anti-cinese

di Giacomo Marchetti

Di seguito un testo del Qiao Collective

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              sinophobiaGli USA sono uno “Stato castrense”, dove il complesso militare-industriale è uno dei principali blocchi di potere che governano il Paese, qualsiasi presidente venga eletto.

I grandi gruppi nord-americani del settore delle armi sviluppano una potente opera di lobby tesa ad orientare le decisioni politiche complessive e a forgiare – attraverso i media – un’opinione pubblica che promuova la difesa dei propri obbiettivi economici, camuffandoli da necessità difensive generali.

Non sorprende che il lavoro di lobbying del complesso militare-industriale venga camuffato da giornalismo d’inchiesta indipendente, come è ben descritto nell’articolo che qui abbiamo tradotto.

È chiaro che per fare questo bisogna identificare un nemico che costituisca una minaccia vitale all’american way of life, e far sì che questa minaccia venga percepita come “comune” da numerosi Paesi – in primis i propri alleati – verso cui si possano indirizzare i flussi d’esportazioni delle armi della propria industria bellica.

Senza capire la filiera produttiva bellica complessiva è difficile comprendere la catena di trasmissione della paura, che è il cuore della disinformazione strategica, leggermente più sofisticata della fake news che nutrono le differenti teorie “cospirazioniste”, bersaglio abituale della stampa sedicente liberal.

La politica estera statunitense è il risultato della sincronizzazione dell’agenda delle maggiori corporations – tra cui l’industria delle armi -, gli orientamenti del Deep State e l’establishment politico al governo, all’interno di un orizzonte strategico comune. Il quale può avere variazioni tattiche a seconda dell’amministrazione, ma che deve riprodurre il dominio imperiale a stelle-e-strisce ed una adeguata governance delle contraddizioni sociali interne.


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Il Pedante: Pandemia di legge

ilpedante

Pandemia di legge*

di Il Pedante

c9234cf8702aa78ee5e7248d6685acOccupandomi mesi fa su queste pagine di «lockdown», osservavo che nessun problema vero o presunto, semplice o difficile, sanitario o non sanitario, individuale o collettivo, può risolversi privandosi delle risorse necessarie alla sua soluzione. Rimarcavo allora, tra le altre cose, che per proteggere una comunità a rischio occorre mettere chi non è a rischio nella condizione di rendere effettiva quella tutela. Il caso di oggi non smentisce la regola e anzi la conferma a corollario di una più ampia legge naturale: se i più fragili sono esposti a un certo pericolo, la popolazione restante è chiamata ad attivarsi affinché godano di cure, protezione, reddito, supporto fisico e morale. Non a disattivarsi come predica la logica del «lockdown», che nel minare la capacità produttiva e la serenità di chi dovrebbe farsi carico dei vulnerabili, estende la vulnerabilità a tutti, moltiplica la quantità e la qualità del pericolo e rende impossibile la reazione.

Dopo avere scritto queste cose tutto sommato scontate, constatavo che la consapevolezza della contraddizione era ben più estesa di quanto immaginassi. A parte i pochi «esperti» che riuscivano a portarla sugli schermi televisivi, sempre più persone misuravano la sproporzione tra i danni anche ufficialmente circoscritti del problema e quelli invece universali della sua «medicina». Con il ritorno delle chiusure autunnali, grandi folle occupavano le piazze italiane per rivendicare il diritto di vivere del proprio lavoro e contribuire così al benessere, e perciò anche alla salute, della propria comunità. Non si trattava di posizioni eretiche o - qualunque cosa significhi - «negazioniste», se è vero che il 9 ottobre uno degli inviati speciali dell’OMS per l'emergenza Covid-19, David Nabarro, dichiarava in un videocast della rivista Spectator che


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Domenico Moro: Crisi del neoliberismo e della globalizzazione come manifestazione della crisi del capitalismo

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Crisi del neoliberismo e della globalizzazione come manifestazione della crisi del capitalismo

I cambiamenti epocali del post pandemia

di Domenico Moro

Virus broken Glass 01 660x400La crisi del Covid-19 è la crisi più grave dalla fine della Seconda guerra mondiale. Secondo Henry Kissinger, forse il più noto politico statunitense vivente e già segretario di stato sotto le presidenze di Nixon e Ford, nulla sarà come prima dopo la pandemia[1]. L’ordine mondiale, ereditato dalla fine della guerra fredda, è in disfacimento. Per questa ragione, i governi previdenti, quello degli Usa in testa, dovrebbero pensare agli assetti futuri globali mentre si occupano di contrastare la pandemia.

In effetti, la pandemia accelera tre tendenze che si manifestavano già da tempo. La prima è la crisi del capitalismo mondiale. La seconda è il mutamento dei rapporti di forza economici tra Occidente e Oriente, in particolare tra gli Usa e i maggiori Paesi dell’Europa occidentale, da una parte, e la Cina, dall’altra. La terza è la crisi del neoliberismo e del suo prodotto maggiore, la globalizzazione, già messa in discussione dalla crisi di egemonia degli Usa e dal crescente protezionismo statale nel commercio mondiale.

Mentre in Occidente ci si deve confrontare con una nuova ondata pandemica, il Covid in Cina sembra solo un ricordo, secondo quanto afferma Milano Finanza, che, al proposito, titola così l’edizione del 12 novembre: “Festeggiano solo i cinesi. Covid: in Italia il Natale è a rischio coprifuoco, nel paese asiatico è boom dei consumi”. Secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale (Fmi), tra le prime dieci economie mondiali, solo la Cina nel 2020 fa registrare, per quanto modesta, una crescita del Pil a prezzi costanti (+1,85%), mentre gli Usa fanno registrare un calo consistente (-4,27%) e l’area euro fa ancora peggio, con la Germania che scende al -5,98%, la Francia al -9,75% e l’Italia al -10,64%.


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Thomas Fazi: Nove anni fa il golpe dell’Europa contro Berlusconi

lafionda

Nove anni fa il golpe dell’Europa contro Berlusconi

di Thomas Fazi

merkelSarkozy scaledOggi ricorre il nono anniversario di una delle pagine più buie della moderna storia italiana ed europea: l’insediamento del governo tecnico di Mario Monti a seguito del “golpe bianco” della BCE contro il governo Berlusconi. Purtroppo, come per tante delle trame oscure che hanno costellato la storia del nostro martoriato paese, è un episodio che molti ancora oggi fanno fatica a mettere a fuoco. Vediamo dunque di ricostruire per sommi capi gli eventi di quelle fatidiche settimane di nove anni fa.

È l’estate del 2011. Il paese è nel pieno della furia speculativa contro i titoli di Stato italiani. Ad agosto, un clima politico già surriscaldato si arroventa ulteriormente quando viene fatto trapelare sui giornali il contenuto di una lettera – in teoria destinata a rimanere segreta – inviata al governo italiano da Mario Draghi, che di lì a pochi mesi avrebbe assunto ufficialmente la carica di presidente della BCE, e dal suo predecessore Jean-Claude Trichet.

In essa, i vertici della BCE intimano al governo italiano «una profonda revisione della pubblica amministrazione», compresa «la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali», «privatizzazioni su larga scala», «la riduzione del costo dei dipendenti pubblici, se necessario attraverso la riduzione dei salari», «la riforma del sistema di contrattazione collettiva nazionale», «criteri più rigorosi per le pensioni di anzianità» e persino «riforme costituzionali che inaspriscano le regole fiscali». Tutto ciò, si dice, al fine di «ripristinare la fiducia degli investitori».


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Salvatore Bravo: Per non dimenticare Costanzo Preve

petiteplaisance

Per non dimenticare Costanzo Preve

di Salvatore Bravo

Il politicamente corretto è il dispositivo interdittivo del capitalismo. Non indossate l’abito del «Politically correct». Serve a necrotizzare il concetto e sostituirlo con la chiacchiera

357 ISBNPoliticamente corretto

Ogni organizzazione sociale ha le sue interdizioni: senza di esse non vi è comunità che regga. Il capitalismo assoluto cela le sue interdizioni pur rappresentandosi come la società più libera che la storia umana abbia conosciuto.

Il politicamente corretto è il dispositivo interdittivo del capitalismo assoluto.

Per necrotizzare il concetto e sostituirlo con la chiacchiera si opera secondo modalità plurali. La chiacchiera è il distrattore di massa del capitale: l’etere è occupato dal continuo flusso di informazioni, e di gossip, che funzionano per distrarre i popoli, che si vogliono plebi, dalla durezza del reale e trasportarlo in un mondo onirico di desideri e sogni derealizzanti. La chiacchiera è la nuova religione del capitalismo assoluto, religione nichilista in cui mediocri personaggi di nessun talento raccontano il loro privato. Il dispositivo opera per sostituire il concetto (Begriff) con la chiacchiera (Gerede). I santi, i letterati e gli scienziati che nella fase precedente del capitalismo erano i modelli dialettici e critici del capitalismo, sono sostituiti dalla mediocrità dei narcisi dello spettacolo, dai loro racconti “tutti simili” come le loro fisicità e che convergono sulla cultura del privato e dell’indifferenza verso il pubblico. Sono vere armi per veicolare il capitalismo assoluto nella forma infantile ed innocente del narcisismo incentrato sul corpo da esporre e della parola da annichilire. La differenza, e l’identità dialettica sono respinte, poiché qualsiasi intelligenza media può ben rendersi conto che le storie e le aspirazioni raccontate sono tutte “drammaticamente” eguali. L’attenzione è volta unicamente al proprio privato che riproduce mediante gli automatismi della chiacchiera i modelli socialmente imposti.


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Paolo Cacciari: Recovery Plan: restaurazione o ravvedimento?

comuneinfo

Recovery Plan: restaurazione o ravvedimento?

di Paolo Cacciari

Le aspettative intorno ai fondi Ue sono alte quasi quanto quelle per il vaccino. Due cose sono certe: il Patto di stabilità è stato improvvisamente sospeso, l’austerity sembra un brutto ricordo; il market system è capace di fare cose che, per dirla con l’androide Roy di Blade Runner, noi umani nemmeno sappiamo immaginarci. Intanto assistiamo a un gran fermento di ricerche e discussioni, con proposte non prive di trabocchetti, appare evidente come, per far fronte alla sempre più grave crisi climatica e alla devastante crisi economica, il Recovery end Relience Plan andrebbe strappato dalle mani degli economisti. Sui rischi, le contraddizioni e le opportunità che riguardano i fondi Ue, è difficile trovare un articolo più dettagliato, comprensibile e utile come questo di Paolo Cacciari

leonardo burgos SW5rObhs 5U unsplash 1536x7541. La strategia Next Generation Eu varata un anno fa dalla nuova Commissione europea e il suo principale strumento operativo, il Recovery and Resilience Facility da 672,5 miliardi di euro, tra sovvenzioni a fondo perduto e prestiti a tassi contenuti e rimborsabili a lunga scadenza, entro il 2058, hanno aperto speranze e aspettative, pur permanendo ancora molte incertezze sulle modalità concrete di erogazione.

Il combinato disposto tra le necessità di fronteggiare la crisi sanitaria (attraverso il Programma anti-pandemico della Banca centrale europea Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) e il riscaldamento climatico (con il piano di investimenti dell’European Green Deal) ha scardinato l’impianto teorico del neoliberismo e il suo dogma monetarista. Si chiude un lungo ciclo quarantennale di politica economica codificato in Europa dal Trattato sull’Unione di Maastricht del 1992. Il Patto di stabilità è stato “sospeso”, l’austerity sembra un brutto ricordo e la Banca centrale europea è stata autorizzata a creare moneta attraverso l’acquisto dei titoli del debito pubblico degli stati e l’erogazione di “stimoli monetari” “non convenzionali”, inaugurati già da Mario Draghi con il Quantitative Easing.


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coniarerivolta: Chi paga la crisi? Come nasce l’attacco agli stipendi pubblici

coniarerivolta

Chi paga la crisi? Come nasce l’attacco agli stipendi pubblici

di coniarerivolta

banfizalonegiuNegli ultimissimi giorni, da pulpiti diversi e in salse varie, ci è capitato di ascoltare e leggere lo stesso inquietante ritornello: tutti devono contribuire a pagare la crisi da Covid, gli effetti nefasti della pandemia non devono ricadere solo su quella parte di popolazione che ne subisce direttamente le conseguenze. Per scongiurare il pericolo che la diffusione del virus e le misure di contenimento colpiscano solo una parte della società, occorrerebbe dunque togliere qualcosa a chi ancora non è stato toccato da questa crisi. Benissimo, diremmo: andiamo a prendere i soldi dagli sciacalli e dai profittatori che in questi mesi hanno visto le loro ricchezze crescere ancora. E invece no: chi ci propina questa solfa suggerisce di andare a mettere le mani nelle tasche dei dipendenti pubblici e, più in generale, di chi ha un lavoro garantito, per poi redistribuire verso coloro che davvero soffrono le conseguenze economiche delle chiusure.

C’è chi, come il commentatore de ‘Il Foglio’ Camillo Langone, dedica al tema un contributo dal titolo emblematico, “Togliere al pubblico per dare al privato: ecco la vera unità nazionale”. Chi, come il Professore di Economia Riccardo Puglisi, redattore de ‘La voce.info’, si augura che nel nuovo lockdown paghino anche i dipendenti pubblici. C’è anche Massimo Cacciari, che, intervistato a Piazza Pulita sui provvedimenti del Governo per il contrasto all’epidemia, si lascia sfuggire un: “non è possibile tenere la gente a zero euro al mese o a 700 euro al mese. Voglio dire ai miei colleghi dello Stato e del parastato, prima o dopo arriveranno a voi, per forza. E io spero che ci arrivino presto, perché è intollerabile che questa crisi la paghi metà della popolazione italiana”. Insomma, serpeggia l’idea per cui se la crisi morde su alcuni settori in particolare, chi ancora non è stato morso è ora che venga colpito dalla scure di tagli, sacrifici e austerità per fare giustizia.


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Anonimo: Che importa chi parla? Manifesto per l'anonimato intellettuale

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Che importa chi parla? Manifesto per l'anonimato intellettuale

di Anonimo

Anonymous[Questo è un manifesto-proposta per l’anonimato intellettuale. L’idea è semplice: almeno in questo ecosistema – nei blog, nelle riviste online, nei social –, ma forse anche fuori di qui, l’autore non è affatto in declino, né morente, pace Roland Barthes. Forse il lettore è autore, qui più che altrove. Forse questa è la fabula dove regna incontrastato il lector, sotto forma di like. Eppure, se è così, il lettore è inevitabilmente irretito nelle maglie dell’autore – della sua celebrità, del ruolo che ha, del pulpito da cui parla. E anche chi autore non può essere nel senso classico, cioè l’individuo qualunque, qui – in questo ecosistema – spesso come autore si atteggia sin da subito. La funzione-autore foucaultiana si esercita a tutto spiano in certi ambiti della Rete, fagocitando tutto il resto. Fagocitando soprattutto le idee e il merito delle argomentazioni. Allora, la proposta è mettere l’autore fra parentesi, dare uno spazio a chi accetterà di prenderselo – a certe condizioni, naturalmente – senza volerlo occupare con la propria identità, ma solo con la propria voce. Potrebbe non accettare nessuno; potrebbero essere troppi i favorevoli alla proposta. Lo vedremo. La rubrica inaugurata da questo intervento, e curata dal suo autore anomimo,  sarà lo speaker’s corner per chi, parte del General Intellect, vorrà sfuggire dalla logica che rende la produzione intellettuale un altro ambito della produzione di ricchezza, che fa della comunicazione umana una fra le altre merci. Testi collettivi, testi irregolari, testi provocatori, testi marginali: voci della moltitudine potranno apparire qui, sotto le mentite spoglie dell’anonimato e grazie allo scudo che esso garantisce.]

* * * * 

Si può immaginare una cultura dove i discorsi circolerebbero e sarebbero ricevuti senza che la funzione-autore apparisse mai. Tutti i discorsi, qualunque sia il loro statuto, la loro forma, il loro valore e il trattamento che si fa loro subire, si svolgerebbero nell’anonimato del mormorio.

M. Foucault, Che cos’è un autore?


 

 

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tonino

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Nov 23, 2020, 1:54:33 AM11/23/20
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Gianfranco Marelli: Il freno è tirato

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Il freno è tirato

di Gianfranco Marelli

Donatella Di Cesare, Virus sovrano? L’asfissia capitalista, Bollati Boringhieri, Torino 2020, pp. 61, 9,00 euro; Slavoj Žižek, Virus. Catastrofe e solidarietà, Ponte alle Grazie, Milano 2020, pp. 143, 7,99 euro; Giorgio Agamben, A che punto siamo? L’epidemia come politica, Quodlibet, Macerata 2020, pp. 57, 5,99 euro

il cerusico“Non siamo né liberi né veri
se vero è ciò che esiste
libero ciò che si esprime”.
Giorgio Cesarano

1 – Sulla stessa barca

«Per la prima volta un essere invisibile e ignoto, quasi immateriale, ha paralizzato l’intera civiltà umana della tecnica. Non era mai avvenuto – e su scala planetaria. Vecchi dogmi sono stati polverizzati, salde certezze profondamente scosse. Tutto è già mutato: assiomi economici, equilibri geopolitici, forme di vita, realtà sociali» [Di Cesare]. Una constatazione assolutamente condivisibile, con l’aggiunta di un elemento che è mutato ed è in continua mutazione: il linguaggio. Anzi, possiamo osservare quanto il linguaggio sia il virus che radicalmente ha infettato il nostro modo di pensare e di comportarci al punto da proiettarci in uno spazio/tempo diverso dal tempo e dallo spazio cui prima eravamo soliti condurre il nostro tran-tran quotidiano.

Parole quali coronavirus, cluster, indice “Rt”, lockdown, distanziamento sociale, immunità di gregge, sono entrati nel nostro lessico corrente, trasformandolo al punto da conferire ai termini frequentemente utilizzati un significato più cogente: aria, libertà, salute, istruzione, cultura, politica, scienza, religione, guerra…


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Emilia Margoni: In principio è la relazione: la meccanica quantistica di Carlo Rovelli

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In principio è la relazione: la meccanica quantistica di Carlo Rovelli

di Emilia Margoni

wright meccanica quantisticaParte ampia della fisica del Novecento è legata alle sorti di un gatto: confinato in una scatola, in pericolosa prossimità con un congegno mortale, attende il compiersi del proprio destino. Il suo futuro è legato a un fenomeno dal carattere ambiguo[1], che può tanto verificarsi quanto non verificarsi: il decadimento di una sostanza radioattiva, che potrebbe innescare la macchina mortale. Fuori dalla scatola, un pubblico di osservatori incerti e in attesa: ignari dell’evoluzione dei fatti, si chiedono se il fenomeno si sia verificato oppure no. Il gatto è morto o è vivo? O, nell’avviso di molti fisici, non può dirsi né vivo né morto? Sul criterio con cui orientarsi per rispondere a queste domande, il dibattito a quasi un secolo di distanza – ovvero quando nel 1935 Erwin Schrödinger lanciò l’ipotesi animalicida per indicare l’impasse della meccanica quantistica allorché applicata a sistemi fisici macroscopici – è ancora in corso. Sinora nessuno è riuscito a offrire una ricostruzione convincente delle circostanze, tale cioè da mettere tutti d’accordo sulle sorti dello sventurato felino. A chi volesse chiarirsi le idee sul perché questo esperimento mentale rappresenti il fulcro di una delle teorie più sofisticate della fisica teorica contemporanea gioverà addentrarsi nella lettura di un felice libretto di Carlo Rovelli.

A distanza di soli tre anni dalla pubblicazione de L’ordine del tempo (Adelphi, 2017), il noto fisico italiano torna alle stampe con Helgoland (Adelphi, 2020), accattivante lettura su un tema – la meccanica quantistica – tutt’ora al centro di un vivace dibattito. Anzitutto, una premessa. Sarebbe ingenuo intendere il testo come una ricostruzione storica accurata o un manuale divulgativo per non addetti ai lavori.


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Mario Tronti: Rileggendo «La libertà comunista»

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Rileggendo «La libertà comunista»

di Mario Tronti

unnamed08520In questo saggio (pubblicato nel volume curato da G. Liguori, Galvano Della Volpe. Un altro marxismo, Edizioni Fahrenheit 451, Roma 2000), Mario Tronti riattraversa un libro straordinario, fin dal folgorante titolo che già pone con forza l’irrisolto nodo centrale: La libertà comunista. L’autore è appunto Galvano Della Volpe, figura di grande importanza nel percorso di formazione teorico-politica dello stesso Tronti e di altri giovani che poi avrebbero preso parte all’esperienza dell’operaismo politico italiano. Un filosofo politico, ci dice Tronti, dotato della «capacità e volontà di forzare il pensiero, di radicalizzare ed estremizzare le posizioni altrui e quella propria», con «un pensiero irto di spigoli, non conciliante, mirato a sorprendere, poco interessato a convincere, non ortodosso senza essere eretico». «Grande polemista, aristocraticamente isolato rispetto al senso comune intellettuale della sinistra del tempo», è stata una fonte a cui si è abbeverata una generazione di «giovani marxisti in formazione e militanti comunisti inquieti». La genealogia della radicale rilettura di Marx contro il marxismo, ovvero dell’operaismo, è passata anche di qui. E qui il pensiero radicale deve tornare a passare. [G. R.]

* * * *

Come si evince dal titolo del mio saggio, vorrei circoscrivere un argomento: prendere da un angolo acuto il discorso su Della Volpe politico, ovvero teorico, o filosofo, della politica. Il primo pregio del libro di cui mi occuperò è il suo splendido titolo. La libertà comunista: un problema del secolo, un grande tragico tema del Novecento.


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Emiliano Brancaccio: “Affrontare la crisi con la deflazione salariale è devastante”

brancaccio

“Affrontare la crisi con la deflazione salariale è devastante”

Nando Santonastaso di Il Mattino intervista Emiliano Brancaccio

Il lavoro si disperde mentre il capitale si centralizza. Intervista a Emiliano Brancaccio in occasione dell’uscita del suo nuovo libro: “Non sarà un pranzo di gala”, edito da Meltemi.

Dall’inizio della pandemia, circa 45000 addetti lavorano al Sud in “smart working” per le grandi imprese del Centro-Nord, una cifra che potrebbe superare le centomila unità considerando anche le piccole imprese. Tratto da una ricerca Svimez, il dato è un altro dei segni di stravolgimento del mondo del lavoro causati dalla pandemia. Di questa e delle altre rivoluzioni in corso nella geografia del lavoro discutiamo con l’economista Emiliano Brancaccio, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro edito da Meltemi: “Non sarà un pranzo di gala”, con i testi dei suoi celebri dibattiti con Monti, Prodi, Blanchard e altri, e con varie sezioni dedicate ai grandi problemi dell’economia nell’era covid.

* * * *

Professor Brancaccio, nel suo ultimo libro lei sostiene che la sfida della pandemia si può vincere solo con un recupero, in chiave moderna, del grande tema della pianificazione collettiva. In che senso?


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Matteo Masi: Incolpare i cittadini, ovvero come la classe dirigente italiana vuole salvarsi il culo

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Incolpare i cittadini, ovvero come la classe dirigente italiana vuole salvarsi il culo

di Matteo Masi

Le contraddizioni del sistema in cui viviamo sono sempre più visibili a causa della pandemia. Partendo dall’effetto che questa sta avendo sul sistema sanitario, e passando per l’inadeguatezza del trasporto pubblico, dell’edilizia scolastica e della generale mancanza di personale in tutto il settore pubblico che causa ritardi, inceppamenti, incomprensioni tra istituzioni, conflitti e, purtroppo, morti.

La classe dirigente italiana (nella quale vanno annoverati politici, industriali, editori, intellettuali mainstream, sindacati confederali ecc…) non sa più come nascondere la polvere – il tappeto era già pieno di quella di 10 anni di crisi economico finanziaria – e quindi sta riscoprendo un nuovo/vecchio frame comunicativo per cercare di trovare un capro espiatorio e tentare ancora una volta di salvarsi il culo.

Ho trovato molto interessante la disamina fatta da Thomas Fazi in un articolo sulla “riproduzione economica delle élite” in cui si esaminava come la classe dirigente costruisca frame comunicativi per tracciare il confine del dibattito pubblico.


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Igor Giussani: La piccola eresia: le infime fake news de Il Sole 24 Ore

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La piccola eresia: le infime fake news di Il Sole 24 Ore

di Igor Giussani

L’articolo ‘La grande eresia: la rivoluzione verde è un’enorme fake news?’, scritto da Enrico Mariutti e pubblicato l’11 novembre scorso sulla rubrica Econopoly de Il Sole 24 Ore, mi ha riportato alla mente una frase attribuita a John Fitzgerald Kennedy: “Il grande nemico della verità molto spesso non è la menzogna: deliberata, creata ad arte e disonesta; quanto il mito: persistente, persuasivo e irrealistico”.

Mariutti e la testata per cui collabora – non nuovi ad atteggiamenti, per così dire, ‘revisionisti’ riguardo alla problematica ambientale – rappresentano infatti la facciata ‘presentabile’ e dalle sembianze ragionevoli di una narrazione anti-rinnovabili che, basti dare un’occhiata al Web, sconfina fino al cospirazionismo più bieco.

Rimandando a una lettura completa dell’articolo, in estrema sintesi Mariutti esprime la ‘grande eresia’ per cui le fonti rinnovabili, ben lungi dal contenere il danno ecologico, lo aggraverebbero esponenzialmente a causa del prelievo di risorse necessario per decarbonizzare completamente il settore energetico:


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Giacomo Bottos: La lezione di Luciano Barca e le sfide di oggi

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La lezione di Luciano Barca e le sfide di oggi

di Giacomo Bottos

Non ho avuto, per ragioni generazionali, l’opportunità di conoscere di persona Luciano Barca e di seguirne l’attività politica nel suo svolgersi. Il mio punto di vista non può dunque che essere in parte diverso da quello di molti degli altri importanti autori che contribuiscono a questo numero del Menabò. Mi sono avvicinato alla sua vita e al suo pensiero attraverso gli scritti, a partire dalle memorie (Barca, Cronache dall’interno del vertice del PCI, 2005). La prima impressione che ne ho ricavato è quella di una figura affascinante, ricca, complessa, che, attraverso un percorso peculiare e ricoprendo una posizione autonoma («per sentieri anomali» o «ritenuti tali», scrive lui stesso) si è spesso trovata vicino al cuore degli eventi per lunghe stagioni della storia del nostro Paese. Di fronte a vicende come quella di Barca, profondamente intrecciate alla storia del Novecento, chi si è formato in un periodo successivo può forse trarre una duplice impressione. La prima è certamente quella di un mondo – politico, culturale, di relazioni, di saperi condivisi, di conflitto ma anche di codici trasversali e di riconoscimento reciproco – che non esiste più in quella forma.


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Alessandro Mangia: Dopo Letta e Sassoli sul MES

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Dopo Letta e Sassoli sul MES

L’Italia è senza alleati nella guerra dei Trattati

Federico Ferraù intervista Alessandro Mangia

Gli interventi di Letta e Sassoli su Mes, debito e trattati rivelano che qualcuno comincia a pensare al dopo pandemia. Ma questa Europa è una strada senza uscita

Gli interventi di Enrico Letta e David Sassoli sul Mes (“anacronistico”), sulla sospensione del patto di stabilità, sull’indebitamento comune, sulla cancellazione del debito causato dal Covid, sulla “mentalità nuova” necessaria in Europa hanno rianimato le cronache politiche. Il fatto che due esponenti politici di fede europeista abbiano detto cose “sovraniste” ha indotto tutti i commentatori a ritenere che ci fosse dell’altro e probabilmente è così. L’operazione, si è scritto, potrebbe avere obiettivi soltanto di politica interna e far parte dei calcoli di alcuni candidati Pd – Sassoli, Letta – in vista dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica, nella quale i voti grillini sono indispensabili. È vero che in politica esistono solo le prossime elezioni, però le dichiarazioni restano e vogliono sempre dire qualcosa. Come quella più importante rilasciata da Sassoli, che potrebbe sembrare scontata – “Per cambiarie governo dell’Europa bisogna mettere mano ai trattati” – ma che, detta dal presidente dell’europarlamento, non lo è affatto.


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Vladimiro Giacchè: È la contraddizione che muove il mondo

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È la contraddizione che muove il mondo

di Vladimiro Giacchè

Testo della lectio al convegno Euro, mercati, democrazia e… conformismo EMD 2020, svoltosi a Montesilvano (PE) nei giorni 17 e 18 ottobre 2020

16011981581. Una fine e un inizio

«La fine di qualcosa»: così il grande pianista canadese Glenn Gould, rivolgendosi al pubblico prima dell’inizio di uno dei suoi più straordinari concerti, definì la musica di Bach. Il pensiero di Hegel rappresenta l’ultimo grande tentativo sistematico della storia della filosofia, un’ambizione che già la generazione di filosofi successiva abbandonò. Da questo punto di vista la filosofia hegeliana è davvero anch’essa «la fine di qualcosa». Ma d’altra parte è innegabile che il pensiero di Hegel abbia esercitato un’enorme influenza sui filosofi successivi. Alcuni aspetti della sua filosofia hanno esercitato un potente influsso sulla storia – non soltanto del pensiero – sino ai giorni nostri.  La filosofia di Hegel è quindi sia una fine che un inizio. Per questo motivo, e per un motivo più importante: perché, come vedremo più avanti, nel suo pensiero la fedeltà alla tradizione filosofica, la continuità rispetto a essa, si unisce a un forte elemento di rottura, nientemeno che rispetto a un principio cardine della tradizione filosofica quale quello di identità.

Il pensiero di Hegel, al pari di quello di tutti i grandi pensatori, fa parte del patrimonio culturale dell’umanità. Allo stesso modo di un monumento storico, di un dipinto, di un brano musicale. In quanto tale, fa parte di una storia. Ma il suo significato non si esaurisce in essa, eccede ogni interpretazione – e proprio per questo è in grado di parlare a generazioni diverse, di divenire alimento di un nuovo pensiero. Il pensiero di Hegel fa parte anche di noi, perché è inserito nella tradizione culturale in cui noi stessi pensiamo. Talvolta ridotto a frammenti, a singoli concetti, a frasi isolate, ma comunque già presente in noi inconsapevolmente anche prima dell’inizio di ogni lavoro interpretativo.


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Gianfranco Pala: L’imperialismo multinazionale, fase “sublime” del capitalismo

cumpanis

L’imperialismo multinazionale, fase “sublime” del capitalismo

di Gianfranco Pala*

pala
              foto articolo Grave, difficile e pericolosa materia è questa
in cui il mio istituto mi mena,
e tale che io mi sarei ben volentieri astenuto d’entrarvi dentro,
se l’avessi potuto decentemente fare
[Ferdinando Galiani, Della moneta (Del frutto della moneta)]

Il mese di ottobre non si addice a Wall Street. Il grande crollo del 1929, la grande paura del 1987, il piccolo crollo del 1989, sono avvenuti tutti in ottobre. Noi non conosciamo la serie storica delle statistiche di borsa relative al primo mese d’autunno. Né ci interessa, e lasciamo volentieri che, in questo mondo di cabala, qualcun altro possa esaminarla. A noi, per la Contraddizione, basta studiare le cause strutturali di codesti fenomeni monetari. I pochi lettori che hanno seguito le nostre precedenti analisi non si saranno sorpresi affatto dello scoppio dell’ultima bolla di sapone speculativa “made in Usa”. Era stata annunciata, nella sua stessa effimera volatilità. Tutto secondo il copione e la regìa della grande finanza transnazionale. La conferma di ciò, tuttavia, non equivale a ridurre la questione a un semplice e banale contrattempo. Al contrario. Sono anni che, seguendo le analisi di Marx, indichiamo nella “sovraproduzione irrisolta su scala mondiale” la causa efficiente della perdurante crisi, non solo finanziaria, dell’imperialismo multinazionale. Gli stessi fenomeni di parvenza monetaria (inflazione, disinflazione, tassi di interesse e debito pubblico), a carattere nazionale, sono riconducibili tutti alle medesime determinanti connesse all’arresto del processo di accumulazione sul mercato mondiale. Anche quando, da altri, essi sono acutamente descritti nella loro immediata fattualità di cronaca e storia, noi li intendiamo sempre ascritti alle cause strutturali della sovraproduzione generale.


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Michael Heinrich: Classe, lotta di classe e determinismo storico

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Classe, lotta di classe e determinismo storico

di Michael Heinrich

Il testo che segue, è tratto dal libro di Michael Heinrich, "Critica dell'economia politica. Un'introduzione a Il Capitale di Marx", capitolo 10.3. Il capitolo 10, di cui questa parte è un estratto, costituisce la terza ed ultima parte del libro, e si intitola "Il feticismo delle relazioni borghesi"

Théorie du prolétariat. Une histoire 1Numerose correnti del marxismo tradizionale hanno compreso l'analisi di Marx come se si trattasse innanzitutto di una analisi di classe e della lotta tra borghesia e proletariato. Al giorno d'oggi, per la maggior parte dei conservatori e dei liberali attuali, i concetti di «classe», ed in particolare quello di «lotta di classe» sono «ideologici»; cosa che non vuole significare niente più se non che sono «non scientifici». Generalmente, di norma, questi concetti vengono utilizzati soprattutto a sinistra. Innanzitutto, è importante ricordare che il «discorso di classe» non è affatto specifico del contributo dato da Marx. Già da prima che lo facesse lui, gli storici borghesi parlavano di lotta di classe, e David Ricardo - quello che è stato il più importante rappresentante dell'economia politica classica - era arrivato addirittura a specificare come le tre più importanti classi delle società capitalistiche (capitalisti, proprietari fondiari e lavoratori) avessero degli interessi fondamentalmente opposti.

I concetti di classe e di lotta di classe costituiscono il nodo centrale delle argomentazioni di Marx nel Manifesto comunista (1848). [...]Ma è in una lettera scritta all'amico Weydemeyer che Marx riassunse tutto ciò che egli aveva individuato come costitutivo la natura del suo contributo alla teoria delle classi. Egli sottolinea di non aver in alcun modo scoperto l'esistenza delle classi, o della loro lotta:

« Per quanto mi riguarda, non compete a me il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna, né tanto meno la loro lotta reciproca. Molto tempo prima di me, degli storiografi borghesi avevano illustrato lo sviluppo storico di questa lotta delle classi, e degli economisti borghesi avevano descritto la loro anatomia economica.


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Michele Franco: “Piano contro Mercato, per un salario sociale di classe”. Un utile libro per la nostra gente!

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“Piano contro Mercato, per un salario sociale di classe”. Un utile libro per la nostra gente!

di Michele Franco

Stiamo vivendo un epoca in cui prevalgono le passioni tristi!

Già prima di questa terribile Crisi Pandemica globale il dibattito pubblico, la battaglia delle idee e la irrefrenabile tensione ideale al cambiamento, al progresso ed all’emancipazione sembravano incartapecoriti fenomeni da relegare ad un passato remoto non più rieditabile a fronte di una presunta modernità che tutto sussume o, meglio, normalizza.

L’intero caleidoscopio della comunicazione deviante del capitale sembra avvolgerci in una paralizzante melassa senza senso dove – al di là dei livelli elaborati di sofisticazione squadernati – prevalgono l’irrazionalità tout court e la produzione infinita di fake news.

In tale desolante scenario, ogni tanto, si mettono in moto energie e tentativi di incrinare questo asfissiante dispositivo di annebbiamento delle coscienze e della realtà, a conferma che i cantori della Fine della Storia non hanno possono vincere la loro guerra antisociale al genere umano ed all’irrefrenabile spinta alla liberazione.

Con questo approccio ho apprezzato il coraggioso lavoro di Pasquale Cicalese, distillato nelle pagine del suo recente libro Piano contro Mercato, per un salario sociale di classe, in arrivo nelle librerie in questi giorni, edito dall’Antidiplomatico.


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Michele Paris: RCEP: la rivoluzione di Pechino

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RCEP: la rivoluzione di Pechino

di Michele Paris

La firma nel fine settimana del più importante trattato di libero scambio del pianeta rappresenta potenzialmente un successo cruciale della Cina nel confronto con gli Stati Uniti per imporre la propria influenza nel continente asiatico. L’accordo commerciale noto come “Regional Comprehensive Economic Partnership” (RCEP) è il risultato di quasi dieci anni di trattative che hanno visto proprio Pechino come protagonista principale. A risultare determinante per mandare in porto il trattato sono state in primo luogo le fallimentari decisioni in ambito commerciale e strategico di Washington sotto la guida dell’amministrazione Trump, tanto che a far parte del nuovo spazio creato dal RCEP saranno anche alcuni storici alleati americani in Estremo Oriente.

Il nuovo trattato copre virtualmente quasi un terzo della popolazione e del PIL globale e include tutti e dieci i paesi dell’ASEAN, ovvero l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia, Vietnam), più Cina, Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda.


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Andrea Muratore: L’incertezza sul Recovery Fund stravolge il bilancio italiano

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L’incertezza sul Recovery Fund stravolge il bilancio italiano

di Andrea Muratore

Da potenza di fuoco a fuoco di paglia: in una battuta si potrebbe condensare così l’evoluzione delle aspettative del governo italiano circa il sostegno del Recovery Fund alla manovra 2020. Dapprima presentata come ben ordinata, in grado di indicare nel dettaglio i prossimi ingressi di miliardi europei negli anni a venire. Tutto, chiaramente, in sostituzione del deficit, considerato l’arma decisiva contro la crisi e per la ripresa. Ora, invece, costretta a una brusca retromarcia dopo che, come avevamo anticipato, i ritardi europei su Next Generation hanno costretto alla riscrittura della Nota di aggiornamento al Def e messo un forte dubbio sui finanziamenti comunitari. Sicuramente non disponibili fino alla seconda metà del 2021.

Ora, il governo giallorosso ha visto raffreddati i facili e prematuri entusiasmi ed è stato costretto a un’acrobazia contabile e politica. Il pomposo “Piano nazionale per la ripresa e la resilienza” (Pnrr), frutto dell’elaborazione avviata dagli altrettanto pomposi “Stati generali” del governo Conte, nelle bozze della manovra è indicato destinato ad avere una “dotazione di XXX milioni di euro per l’anno 2021”.


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Stefano Zecchinelli: Kamala Harris, la nuova “regina del caos”

linterferenza

Kamala Harris, la nuova “regina del caos”

di Stefano Zecchinelli

Vi spiego chi è realmente Kamala Harris.

Sulla politica internazionale di Joe Biden e Kamala Harris sono state pubblicate diverse analisi che ribadiscono il rilancio della Dottrina del caos creativo, in alternativa all’imperialismo economico teorizzato nella (fallimentare) Dottrina Trump. In questo articolo, mi soffermerò sulla politica interna di Kamala Harris: diritti civili negati e neoliberismo economico, questa Donna di Potere rappresenta gli interessi delle Elite che vorrebbero sostituire il Padronato tradizionale (Trump) col capitalismo di quarta fase, digitale.

 

Tulsi Gabbard strappa la maschera a Kamala Harris

La giovane rappresentante democratica Tulsi Gabbard, contraria alla politica di guerra di Obama, ha letteralmente umiliato – in termini politici – Kamala Harris riuscendo a decostruire la narrazione sull’operato dell’ex procuratore della California, dal 2011 al 2017. Si tratta di una testimonianza molto importante:


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Alba Vastano: Pandemia, smart working e rabbia sociale

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Pandemia, smart working e rabbia sociale

di Alba Vastano

C’è chi ha perso il lavoro perché l’azienda ha chiuso i battenti. C’è chi non riceve da mesi la cassa integrazione e non sa come pagare le utenze e fare la spesa. Ci sono gli anziani, isolati che non ricevono alcun aiuto dai servizi sociali. C’è la rabbia che si converte in odio verso le istituzioni, verso la politica tutta, verso il governo all included. C’è un popolo sfinito che si sente abbandonato dallo Stato, dal Paese dove ha sempre lavorato e pagato le tasse. Allora è possibile che quelle persone, avvilite, terrorizzate, lasciate sole, inizino a provare una rabbia che si tramuta in odio sociale

Gli effetti nefasti della pandemia colpiscono duro in due direzioni. Quelle che sono le basi della vita: lavoro e salute. Sì, primum vivere, deinde philosphari. Se per philosophari, però, oggi, con la pandemia in corso, si voglia intendere una diversa accezione del termine, ovvero la sussistenza, forse, subito dopo l’assicurarsi il respiro occorrerebbe la garanzia di poter vivere avendo a disposizione l’essenziale. E se si vive e si produce in un paese in cui, già da molto, il lavoro,inteso come fonte di sopravvivenza, comprensivo della dignità del lavoratore, è messo a dura prova dalla modifica dell’art.18 e dal Jobs act, oggi con la pandemia in atto e tutte le limitazioni che ne seguono, la situazione della maggior parte dei lavoratori è quantomeno drammatica.


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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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Alessandro Visalli: Circa “Ancora su destra e sinistra” di Andrea Zhok

tempofertile

Circa “Ancora su destra e sinistra” di Andrea Zhok

di Alessandro Visalli

zotl aloys the tiger and the boa constrictor 1835“Un uomo giace da tempo in una specie di pozza di fango, la luce è scarsa e rossa, e filtra tra una densa foresta. Sta lentamente soffocando per effetto di un enorme boa che lo avvolge nelle sue spire, senza fretta e progressivamente. Improvvisamente l'attenzione che questo prestava, inutilmente a dir la verità, al boa viene distratta da un evento.... con la coda dell'occhio intravede una massa di muscoli, tendini ed artigli colorata di giallo e nero che si sta precipitando su di lui. È una tigre. Chi è il nemico? Penso si possa dire una cosa di sicuro: abbiamo un gran problema”.

Proveremo poi a identificare boa e tigre, e magari anche l’uomo e la foresta, ma prima proviamo a parlare dell’oggetto: Andrea Zhok da tempo riflette in modo radicale e coraggioso sulla società nella quale viviamo ed i vicoli ciechi del suo senso comune e della sua ideologia. Lo ha sempre fatto da un punto di vista specifico, che non nasconde come non lo nascondo io. Lo abbiamo (se pure immeritatamente dal mio lato) fatto insieme. Continueremo a farlo.

In effetti tutti stiamo compiendo una dolorosa riflessione, che ognuno articola secondo la propria sensibilità ed esperienze. Facendola insieme gli diamo senso.

In “Ancora su destra e sinistra[1], che reca come sottotitolo “riflessioni di un post-comunista”, Andrea produce un’ammirevole sintesi e ricostruzione di quella che è stata l’esperienza ed il pensiero di molti in questi anni. Descrive la traiettoria di un percorso di assunzione di consapevolezza e responsabilità capace di allargare lo sguardo e generare nuove prospettive.


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Moreno Pasquinelli: Contro il grande reset

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Contro il grande reset

di Moreno Pasquinelli

il
            diavolo 768x501«Per salute non si deve intendere soltanto la conservazione della vita, a qualunque condizione; ma una vita per quanto possibile felice». Thomas Hobbes

PREMESSA

L’idea di fondo di chi scrive è questa: il turbocapitalismo neoliberista, anzitutto occidentale, è entrato da tempo in una crisi mortale, tuttavia, come ogni organismo storico-sociale, esso vuole sopravvivere ad ogni costo. Potrà riuscirci solo se sarà in grado di auto- trasformasi. Così è accaduto in ogni grande crisi sistemica, anche quella degli anni ’70 del secolo scorso, che partorì appunto il mostro neoliberista. Malgrado il Covid non sia nemmeno lontanamente paragonabile alla peste che decimò la popolazione europea nel XIV secolo, il XXI potrebbe assomigliare proprio a quello che segnò il passaggio epocale dal Medioevo alla modernità. L’avanguardia politica dei globalisti ne sembra convinta ed ha chiaro in testa dove condurre l’umanità. Essa sa che un simile passaggio non sarà indolore, che dovrà spazzare via resistenze tenaci, che ci saranno profonde turbolenze sociali… cadranno teste, crolleranno regimi, spariranno nazioni, modi di vita saranno sconvolti. Affinché simili “distruzioni creative” possano produrre gli effetti desiderati, chi le pilota ha bisogno di eventi sconvolgenti, tali da scioccare le masse e da convincerle della ineluttabile necessità del mutamento radicale che questa avanguardia politica ha in mente.


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Salvatore Santangelo: “Geopandemia”: il caos del mondo dopo il coronavirus

osservatorioglobalizzazione

“Geopandemia”: il caos del mondo dopo il coronavirus

Andrea Muratore intervista Salvatore Santangelo

Geopandemia 1L’Osservatorio Globalizzazione presenta oggi un’ampia conversazione avuta con il professor Salvatore Santangelo sul suo ultimo saggio, Geopandemia. Decifrare e rappresentare il caos” (edito da Castelvecchi). Santangelo, classe 1976,è giornalista professionista e docente universitario. Esperto di politica internazionale e di storia del Novecento, studia la dimensione mitica nell’attualità occupandosi di “geoso­fia”, e tra le sue più recenti pubblicazioni si segnalano GeRussia (2016) e Babel (2018). Con lui abbiamo discusso delle motivazioni che lo hanno spinto a scrivere “Geopandemia”, delle dinamiche innescate dal coronavirus nella politica internazionale e nell’evoluzione della globalizzazione e delle lezioni che la storia e le culture del passato possono dare al presente per superare questa fase di crisi.

* * * *

Professor Santangelo, come ha elaborato il concetto di “Geopandemia” e l’idea che le conseguenze geopolitiche della pandemia inaugurino una nuova fase dell’era globalizzata?

“Geopandemia” è un termine “denso” e questo perché la crisi pandemica ha una sua “densità” che merita di essere esplicitata nelle sue diverse componenti, e nella mia trattazione ho scelto di dare priorità proprio a quella geopolitica: la pandemia si è inserita in un determinato contesto storico, facendo saltare equilibri già precari.

 

Quali sono le sue principali idee riguardanti la fase storica in cui ci troviamo, influenzata dal Covid-19?


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coniarerivolta: Salario minimo: l’ennesimo nulla di fatto

coniarerivolta

Salario minimo: l’ennesimo nulla di fatto

di coniarerivolta

Il 28 ottobre la Commissione Europea ha pubblicato una proposta di direttiva (qui il testo integrale) riguardante il miglioramento delle condizioni lavorative ed in particolare dei livelli salariali dei lavoratori appartenenti agli Stati Membri. Che però si tratti di una reale e concreta occasione per invertire la tendenza decennale delle politiche economiche è tutto da vedere.

Lo scopo della proposta, come affermato all’articolo 1, è quello di favorire l’adozione nei Paesi membri di un salario minimo ‘adeguato’ e di una diffusa contrattazione collettiva. Tuttavia, a ben vedere, quand’anche essa fosse recepita, non comporterebbe la fissazione di alcun salario minimo né una decisa diffusione della contrattazione collettiva.

L’articolo 5, infatti, oltre a fissare i criteri di adeguatezza per la determinazione del salario minimo, sottolinea come essi si riferiscano soltanto ai paesi dove un salario minimo per legge esiste già. Nessuna legislazione ex-novo, dunque. Inoltre, vi è solo un vago riferimento alle misure utili a valutare l’adeguatezza del salario minimo, che dovrebbe essere commisurato, nei singoli Paesi, al potere di acquisto, al livello e al tasso di crescita generale dei salari e all’andamento della produttività.


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comidad: Economia e businnes non sono la stessa cosa

comidad

Economia e businnes non sono la stessa cosa

di comidad

Il vaccino Pfizer non ha suscitato nelle Borse l’entusiasmo che ci si poteva attendere, per cui, persino sul piano finanziario, pare che non ispiri fiducia. L’interesse degli investitori è andato invece ai titoli del Tesoro USA, che ha piazzato ventisette miliardi di buoni trentennali in un colpo solo. Come a dire che il Tesoro USA promette a chi compra i suoi titoli che questi non si svaluteranno nei prossimi decenni, quindi non ci sarà nessuna inflazione, semmai deflazione secolare.

I vaccini funzionano invece nell’ambito comunicativo. Per preservare il pubblico da notizie pericolose sui leader, gli “spin doctor” non censurano la notizia, bensì la anticipano, fornendola in una forma indebolita e contraffatta che screditi preventivamente le informazioni quando verranno comunicate nel modo corretto. In questo modo si può persino vaccinare le masse contro la malattia del dubbio. Il mainstream celebra in astratto il dubbio come virtù intellettuale suprema, ma in concreto lo ridicolizza se il dubbio si applica alle ideologie vincenti come l’emergenzialismo.


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Fabrizio Marchi: “Discriminazioni positive” o solo discriminazioni?

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“Discriminazioni positive” o solo discriminazioni?

di Fabrizio Marchi

La prossima legge di bilancio prevede sgravi fiscali del 100% per le aziende che assumono donne: https://www.fanpage.it/economia/legge-di-bilancio-arrivano-sgravi-al-100-per-assunzione-donne/.

Dal momento che, secondo la vulgata mediatica/ideologica dominante, le donne, a parità di qualifica e mansione, sarebbero retribuite con un salario inferiore a quello degli uomini, con questo ulteriore provvedimento, ci aspettiamo che l’occupazione femminile sarà stratosfericamente superiore a quella maschile nell’arco di pochissimo tempo. Già dovrebbe esserlo e da un pezzo, per la verità, dal momento che se fosse veramente possibile assumere una donna, a parità di mansione e qualifica, con un salario inferiore a quello di un uomo, è evidente che tutti gli imprenditori, soprattutto nell’economia sommersa, non avrebbero alcun interesse ad assumere uomini…

Già da alcuni anni, come ci ha spiegato il Sole 24 Ore e come abbiamo riportato in questo articolo le donne potranno iscriversi alle facoltà scientifiche senza pagare tasse o pagandone di meno, a prescindere dalla loro condizione sociale e di quella delle loro famiglie, per il solo fatto di appartenere al genere femminile.


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Manlio Dinucci: Ritornano gli euromissili nucleari

manifesto

Ritornano gli euromissili nucleari

di Manlio Dinucci

L'Arte della guerra. Pochi giorni fa, il 6 novembre, la Lockheed Martin (la stessa che produce gli F-35) ha firmato un primo contratto da 340 milioni di dollari con lo US Army per la produzione di missili a medio raggio, anche a testata nucleare, progettati per essere installati in Europa. I missili di tale categoria erano stati proibiti dal Trattato Inf

Oltre cinque anni fa titolammo sul Manifesto (9 giugno 2015) «Ritornano i missili a Comiso?». Tale ipotesi fu ignorata dall’intero arco politico e liquidata da sedicenti esperti come «allarmistica». L’allarme, purtroppo, era fondato. Pochi giorni fa, il 6 novembre, la Lockheed Martin (la stessa che produce gli F-35) ha firmato un primo contratto da 340 milioni di dollari con lo US Army per la produzione di missili a medio raggio, anche a testata nucleare, progettati per essere installati in Europa. I missili di tale categoria (con base a terra e gittata tra 500 e 5500 km) erano stati proibiti dal Trattato Inf, firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan: esso aveva eliminato i missili balistici nucleari Pershing 2, schierati dagli Stati uniti in Germania Occidentale, e quelli nucleari da crociera Tomahawk, schierati dagli Stati uniti in Italia (a Comiso), Gran Bretagna, Germania Occidentale, Belgio e Olanda, e allo stesso tempo i missili balistici SS-20 schierati dall’Unione Sovietica sul proprio territorio.


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Giuseppe Molica: Deleuze rivoluzionario

operaviva

Deleuze rivoluzionario

Il lato oscuro della forza

di Giuseppe Molica

Come può funzionare un pensiero? Si potrebbe pensare che compito del pensiero sia quello di interpretare il reale, e così facendo fornire categorie di azione e pratica sempre più realistiche, come se il reale ci sfuggisse continuamente dal cervello. Si potrebbe, di contro, seguire piuttosto le intuizioni di Karl Marx nelle sue Tesi su Feuerbach, dove il pensiero più che realista è tracciato come materialista: capovolgendo le tesi real-idealistiche si invita il pensiero a non partire da se stesso quanto piuttosto dalla materialità, e, infine, alla materialità ritornare: un pensiero non pensa se non come prassi rivoluzionaria.

Dark Deleuze di Andrew Culp (a cura di Francesco Di Maio, con interventi di Rocco Ronchi e Paolo Vignola, Mimesis, 2020) vuole forse invitarci a questo, e riprendere la linea marxista, puramente marxista, presente nei lavori del filosofo francese. Presente ma, appunto, in qualche maniera occulta, nascosta, non è certamente Marx il filosofo più citato da Deleuze, e scolasticamente non definiremmo Deleuze un pensatore marxista, per quanto parecchi marxisti contemporanei (a noi e a lui) abbiano saputo utilizzarne concetti e scritti.


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Andrea Zhok: Ancora su Destra e Sinistra (riflessioni di un post-comunista)

nuovadirezione

Ancora su Destra e Sinistra (riflessioni di un post-comunista)

di Andrea Zhok

comunismo 1200x630 1597522193511Le righe che seguono riassumono un percorso recente nella consapevolezza politica, un percorso quasi ‘dialettico’, nel senso hegeliano del termine, un percorso vissuto dallo scrivente e, credo, in modo non troppo diverso da altri soggetti appartenenti alla tradizione post-comunista.

Provo qui a riassumerne i tratti di fondo.

 

     1. Autocoscienza e crisi

Il punto di partenza di questo percorso è stata una lunga, frustrata e reiteratamente delusa militanza nella sinistra politica, in cui per anni, decenni, si è cercato indefessamente di vedere il bicchiere mezzo pieno, di interpretare posizioni sempre più astratte e indifendibili come se fossero errori passeggeri, distorsioni da cui si sarebbe potuto rientrare se solo si fosse insistito abbastanza.

Gli slittamenti gestaltici sono quei passaggi studiati dalla psicologia della percezione in cui d’un tratto, guardando una figura, vi si scopre una figura alternativa che conferisce nuovo senso all’immagine.

Nei confronti della storia della sinistra ad un certo punto per alcuni è avvenuto uno slittamento gestaltico. Dopo l’ennesimo tentativo di imporre i lineamenti della ‘vera’ sinistra a ciò che si configurava sempre di più come un’idra policefala, contraddittoria e irriconoscibile, qualcuno ha scoperto che quei tratti si prestavano ad una lettura completamente diversa. Una volta avvenuto questo slittamento gestaltico, tutto appariva in una luce differente e più chiara.


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Marcello Spanò: La cancellazione del debito pubblico tra aspetti tecnici e questioni politiche

lafionda

La cancellazione del debito pubblico tra aspetti tecnici e questioni politiche

di Marcello Spanò

bceEuroCon la recrudescenza della crisi pandemica in Europa si torna a parlare di politiche economiche eccezionali. Voci di corridoio riferiscono che starebbe circolando l’ipotesi che la BCE cancelli i debiti dei governi, almeno quelli aggiunti allo stock esistente fino al 2019 per fronteggiare la pandemia. Christine Lagarde smentisce e riafferma un principio cardine su cui l’intera zona euro è costruita, e che non è stato mai scalfito nemmeno nelle fasi più acute di difficoltà dei paesi membri del decennio scorso. Dichiara Lagarde: “Chiedere alla Bce di cancellare il debito pubblico sarebbe come chiedere di violare i trattati europei e penso che un punto su cui bisogna martellare di fronte a queste richieste è che i debiti vanno ripagati”. Il vicepresidente della BCE, Luis de Guindos, si è recentemente sentito in dovere di ribadire il concetto espresso da Lagarde dopo che la proposta di cancellazione è stata rilanciata dal presidente del parlamento europeo David Sassoli.

La ferma smentita della BCE e la chiusura all’ipotesi di cancellazione del debito è forse politicamente e giuridicamente doverosa: difficilmente chi riveste il ruolo di governatore della BCE potrà ammettere pubblicamente di avere intenzione di violare i trattati e lo stesso statuto dell’istituzione nel cui nome sta parlando. Eppure, è almeno da quando ha inaugurato il primo quantitative easing (QE) (2015-18), ma direi anche dal 2012, che la BCE agisce in violazione del suo stesso statuto, il quale, ricordiamolo, fa esplicito divieto alla BCE di coprire con emissione di moneta i disavanzi dei governi nazionali su base regolare.


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A. Vinco: Hosea Jaffe e il socialismo cinese bucharinista

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Hosea Jaffe e il socialismo cinese bucharinista

di A. Vinco

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

oriente
            rosso I lettori di Sollevazione conoscono sicuramente H. Jaffe, tra i più brillanti e dotati economisti marxisti degli ultimi decenni, tradotto in italiano da Jaca Book. Jaffe, trotzkista e terzomondista, teorico raffinato della rivoluzione permanente e ininterrotta, morì nella più totale solitudine e nel dignitoso silenzio nel dicembre 2014, in Italia, a San Martino Valle Caudina nei pressi di Avellino. La sinistra marxista italiana, occidentalista e subimperialista, ha ignorato, passandolo sotto silenzio, il lascito di Jaffe. Jaffe ci potrebbe aiutare a dirimere una delle più controverse questioni di questi tempi, ossia la questione sulla natura sostanziale della Cina di Xi Jinping? Non lo sappiamo con certezza, possiamo avanzare ipotesi di lavoro, ma ci sembra comunque importante far conoscere ai lettori il suo pensiero in materia. Questo scritto vuole soprattutto essere un ricordo dell’economista sudafricano scomparso da sei anni.

Non siamo sinceramente in grado di definire per ora il carattere di classe e la natura del sistema cinese. Lo stesso Deng, poco prima della morte, disse di aver messo in moto una sperimentazione “neo-socialista” (almeno a suo avviso) che non si trovava nei libri di Marx e Engels e che nemmeno la Nep di Lenin, a cui si era originariamente ispirato, gli poteva esser più d’aiuto per la sua evoluzione. La chiave di volta per la comprensione della Cina odierna è forse, sia questa una ipotesi di lavoro, nella teoria di Bucharin sull’economia nel periodo di trasformazione. Se così fosse il “socialismo con caratteristiche cinesi” di Deng si invera nella storia come una nuova forma di marxismo, riletto quest’ultimo paradigma alla luce della militanza teorica e pratica di Bucharin. Il miglior studio sul pensiero economico-politico di Bucharin rimane quello di Stephen Cohen. Casomai ci torneremo su in futuro.


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Marco Cattaneo: Il debito pubblico da cancellare

bastaconeurocrisi

Il debito pubblico da cancellare

di Marco Cattaneo

Hanno fatto scalpore, pochi giorni fa, le dichiarazioni del presidente del Parlamento Europeo. David Sassoli ha ipotizzato di cancellare il debito pubblico acquistato dalla BCE ed emesso dai vari paesi dell’Eurozona per fronteggiare la crisi Covid.

Un’operazione come questa sarebbe perfettamente possibile dal punto di vista tecnico-economico. Le cose sono più complesse sul piano politico e legale, ma questi ultimi sono temi che si risolvono – basta che ne esista la volontà.

Concentriamoci invece sui temi di sostanza economica. A volte si legge che l’operazione di cancellazione è, appunto, tecnicamente possibile, ma comporta costi e benefici, da valutare e soppesare.

Bene. Quale sarebbe il “costo” di cancellare titoli del debito pubblico detenuti dall’istituto di emissione ? chi lo pagherebbe ? su chi graverebbe ?

Sento dire che pagheremmo questo “costo” sotto forma di maggiore inflazione futura. Ma è un’affermazione che lascia (a dir poco) perplessi, per varie ragioni.


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Aldo Zanchetta: Più digitali, meno umani

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Più digitali, meno umani

di Aldo Zanchetta

Negli anni ’70 del secolo XX gli “effetti collaterali” dello sviluppo cominciarono a farsi sentire pesantemente sull’ambiente, tanto che le Nazioni Unite nel 1983 crearono una apposita Commissione di studio, che nel 1988 pubblicò un preoccupante rapporto dal titolo Our Commune Future. Del problema aveva già preso atto da alcuni anni un gruppo di scienziati, imprenditori, intellettuali e politici, riuniti dal 1968 nel cosiddetto Club di Roma, che commissionò uno studio al MIT (Massachussets Institute of Technology). Erano gli anni della prima grande crisi del petrolio; delle ribellioni dal basso note poi come il ’68 studentesco; della crisi dell’economia dopo i 30 gloriosi (1945-1975) che avevano visto appunto l’industrializzazione crescere vigorosamente.

Le indicazioni del MIT, pubblicate nel 1972 col titolo I limiti dello sviluppo, furono: mitigare lo sviluppo industriale al fine di ridurre il consumo delle “risorse non rinnovabili”; limitarne gli effetti ambientali e realizzare il passaggio graduale a una economia basata sulle nuove tecnologie digitali, immateriali.


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György Lukács: Elogio funebre a Bertolt Brecht

filosofiainmov

Elogio funebre a Bertolt Brecht*

di György Lukács

Traduzione e presentazione di Antonino Infranca

Il testo che presento al lettore è particolarmente significativo per la personalità dell’autore, György Lukács, e per la personalità del soggetto di cui si parla, Bertolt Brecht: si tratta dell’elogio funebre che Lukács tenne il 18 agosto 1956 in occasione della cerimonia ufficiale per la morte di Brecht, che si tenne presso il Berliner Ensemble. Entrambi erano stati due intellettuali in netta e reciproca opposizione, portatori di due concezioni dell’arte e della critica letteraria radicalmente diverse. A dividerli era sostanzialmente la concezione politica della rivoluzione socialista: per Lukács la rivoluzione socialista avrebbe portato a termine il processo emancipatore della rivoluzione borghese, mentre per Brecht la rivoluzione socialista avrebbe spazzato totalmente il mondo borghese con tutte le sue miserie e disuguaglianze. Da qui discendono due concezioni diverse della letteratura: Lukács è favorevole alla continuazione dell’eredità classica, Brecht è contrario a quest’idea, perché il mondo borghese è sempre più attratto dalla sete di profitto. Gli attacchi personali diretti non mancarono, ma quello che è più sorprendente è che molti di questi attacchi non furono pubblici, quindi i due contendenti non seppero completamente quello che l’uno diceva e pensava dell’altro.


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ilsimplicissimus: Linee guida per un massacro

ilsimplicissimus

Linee guida per un massacro

di ilsimplicissimus

E’ come cavar sangue dalle rape ossia pretendere che qualcosa che vagamente somiglia alla medicina e molto invece al mercato e agli affari, agli oboli e alle carriere, possa realizzare qualcosa di intelligente e di efficace: per 8 mesi si è aspettato che il ministero, non si sa più bene se della Salute o della  Malattia, concepisse linee guida anti covid per i medici di famiglia e ora che finalmente sono state messe a punto – senza naturalmente consultare gli interessati –  si scopre che suscitano perplessità e dubbi, anzi che sono il contrario di ciò i medici di base usano con successo da mesi per evitare possibili aggravamenti, ovvero eparina, cortisone, antibiotici. Detto in soldoni viene consigliato l’uso di paracetamolo quale farmaco d’elezione il quale tuttavia serve solo ad abbassare la febbre e non ha un’azione antinfiammatoria ovvero quella principale richiesta in questi casi (come del resto per l’influenza e le sindromi bronco polmonari) mentre l’uso degli altri farmaci dovrebbe intervenire solo se i sintomi non accennano a passare e quindi quando la situazione potrebbe farsi inutilmente seria.


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Guido Salerno Aletta: Europa, dal Robot al Sarchiapone

teleborsa

Europa, dal Robot al Sarchiapone

Il futuro dell’Europa è misterioso

di Guido Salerno Aletta

E' come nella scenetta di Walter Chiari, un famosissimo attore di anni fa, che parlava ai suoi compagni di viaggio in treno del "Sarchiapone", l'animale che portava con sé nella valigia: tutti facevano finta di sapere esattamente quale fosse, mentre era una colossale presa in giro. Neppure lui lo sapeva, ma cercava di capirlo dalle risposte degli ignari interlocutori.

A Bruxelles c'è un caos indescrivibile: un po' tutti parlano del futuro dell'Unione, ma senza avere la minima idea di quale sarà il nuovo assetto. Sono tutti d'accordo, perbacco!, ma solo per finta.

La crisi indotta dalla pandemia, strumentalizzata per rafforzare i poteri dell'Unione, può portare all'implosione.

Nessuno degli strumenti automatici, robotizzati, che furono messi in campo per affrontare le conseguenze della crisi del 2010 è rimasto in piedi.

E già che, per adottarli nonostante la contrarietà della Gran Bretagna, che faceva venir meno il requisito della unanimità necessario per modificare i Trattati europei, si sono creati ben due Trattati intergovernativi paralleli.


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tonino

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Nov 27, 2020, 2:05:59 AM11/27/20
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Francesco Piccioni: Rispettiamo la scienza, non le imprese private e questi governi

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Rispettiamo la scienza, non le imprese private e questi governi

di Francesco Piccioni

scienza governi industrieAndrea Crisanti è uno scienziato autorevole, riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale. Non ha insomma bisogno della nostra difesa. Anzi, conoscendo il mondo drogato dei media mainstream attuale, la nostra difesa potrebbe nuocergli, invece di aiutarlo.

Per fortuna non facciamo parte del mainstream, quindi le nostre parole qui non avranno eco in quel mondo infetto.

Uno scienziato autorevole, dopo la canea reazionaria e imprenditoriale che gli è arrivata addosso, è stato costretto a prendere carta e penna per chiarire ancora una volta che uno scienziato non può essere “contro i vaccini”, specie se il suo campo di ricerca – la microbiologia – è strettamente connesso alla virologia e dunque allo studio di quel che occorre per creare dei vaccini.

Lo fa benissimo, e potete leggere qui sotto la sua lettera inviata al Corriere della Sera.

Quelli che a noi sembrano centrali sono due concetti abbastanza semplici, comprensibili, e che proprio per questo hanno fatto saltare i nervi ai “fedeli di big pharma” e ai membre del Comitato Tecnico Scientifico.

 

Obbediamo alla scienza o all’industria privata?

Il primo è di carattere epistemologico, e investe il nodo molto contraddittorio tra scienza e industria, tra scienza e profitto.


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Jacopo Foggi: Piketty, la patrimoniale e l’eredità universale

lafionda

Piketty, la patrimoniale e l’eredità universale

di Jacopo Foggi

tasse 2Per provare a convincere la maggioranza della popolazione che avrebbe tutto da guadagnare da una valida riattualizzazione dei valori socialisti e delle politiche che ad essi si ispirano, è necessario dedicare studio e attenzione non solo ai principi e ai concetti generali, ma molto, e direi soprattutto, anche alle analisi e alle proposte concrete fatte da studiosi rigorosi e seri. Uno di questi studiosi è senza dubbio Thomas Piketty. Qui ci dedicheremo alla sua proposta di tassazione sul capitale, che confronteremo con altre proposte dei tink tank Forum Disuguaglianze&Diversità e Proposta Neokeynesiana.

Una delle cose peggiori del dibattito italiano sulle imposte sui patrimoni – legata ovviamente al pessimo assetto monetario in cui ci siamo infilati, e all’altrettanto pessima qualità di fette importanti della nostra classe dirigente – è che se ne parla esclusivamente in occasione di più o meno autoimposte emergenze nazionali, con il fine preciso di aumentare la tassazione complessiva e tentare di recuperare la posizione di avanzo primario che, si dice, dovrebbe proteggerci da future crisi del debito (come se dipendessero esclusivamente da questo!). In questo modo, la patrimoniale diviene uno strumento estemporaneo e occasionale di “far pagare un po’ anche ai ricchi” il costo dell’aggiustamento necessario al rientro dalle “vacche grasse”; senza di fatto conseguire alcun obiettivo redistributivo e, quindi, di neutralità fiscale: la patrimoniale serve a ridurre il disavanzo. Punto. È evidente che tale modalità si sta ripresentando in questi giorni di pandemia, quando si sta già discutendo di rientrare dei disavanzi e limitare gli interventi della Bce.


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G. P.: Marx non era idealista, Marx non era un filosofo

conflitti e strategie 2

Marx non era idealista, Marx non era un filosofo

di G. P.

Karl
            Marx 500x400Karl Marx non era idealista, checche’ ne abbiano scritto filosofi purtroppo scomparsi o sedicenti tali, purtroppo esistenti. Questo modo di etichettare Marx, ricercando una filosofia spontanea idealistica nei suoi testi (ed è già strano che dei dialettici siano ricorsi ad un linguaggio althusseriano per rintracciare scampoli filosofici nelle opere, per lo più giovanili, del pensatore tedesco), ha contribuito a generare molta confusione. Si badi bene che coloro i quali, dichiarandosi marxisti, hanno insistito sull’approccio filosofico di Marx al Capitalismo, non hanno mai scoperto nulla di nuovo, ne’ su Marx, ne’ in Marx, invece, costoro si sono ben accodati ad un coro generale dominante antimarxista, il quale per neutralizzare Marx aveva elaborato proprio la strategia di incasellarlo nell’albo dei filosofi per rendergli un cattivo servigio. Ma se il Nostro e’ stato davvero un filosofo allora, in questo albo immaginario, egli occupa una posizione di secondo piano. Marx non ha manifestato un pensiero filosofico organico, un sistema filosofico compiuto, quindi già per questo può essere giustamente retrocesso in basso in questa ipotetica classifica, molto al di sotto dei filosofi minori. E’ questo il modo migliore per rendere giustizia al pensiero rivoluzionario di Marx? Non lo crediamo ed anzi siamo convinti che quelli che hanno così proceduto hanno contribuito, per dirla con parole vecchie, ad innalzare più in alto la bandiera per affossarla meglio. Appunto, chiameremo costoro gli ultimi affossatori di Marx, i più infidi come ogni nemico che marcia alla testa dei suoi nemici.


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Sandro Moiso: Linee di faglia delle guerre civili americane (e non solo)

carmilla

Linee di faglia delle guerre civili americane (e non solo)

di Sandro Moiso 

Barbed
            wire TrumpNell’attuale incertezza politica e baraonda ideologica che circonda l’ancora non risolta questione della dipartita di Trump dalla Casa Bianca, si rende necessario riportare i piedi sulla terra e cercare di indagare da un punto di vista materialista i motivi dello scontro in atto. Al di là dei personalismi e delle personalità (Trump vs. Biden) che sembrano aver dominato fino ad ora nel dibattito statunitense e, forse, ancor di più in quello italiano ed europeo che ha accompagnato la campagna elettorale made in USA ed è seguito ai suoi attuali risultati.

Molto si è discusso, prima, durante e dopo la campagna elettorale, della possibilità che una nuova guerra civile potesse sconvolgere gli assetti politici e sociali del paese nordamericano a seguito dei risultati elettorali e, certamente, l’ostinazione con cui il presidente uscente si rifiuta di accettare la sconfitta (ormai ampiamente certificata) potrebbe far pensare che tale ipotesi sia tutt’altro che decaduta.

In fin dei conti, quello della Guerra Civile è un fantasma che si agita nell’anima americana proprio in virtù del fatto che tale evento storico, svoltosi tra il 12 aprile 1861 e il 23 giugno 1865 e che causò dai 620.000 ai 750.000 morti tra i soldati, con un numero imprecisato di civili1, ha costituito l’atto fondante dei moderni Stati Uniti, forse molto di più della Dichiarazione di Indipendenza del 1776 e della guerra che ne seguì con le armate della corona britannica.


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Gilbert Achcar: Un grande, devastante confinamento

rproject

Un grande, devastante confinamento

di Gilbert Achcar*

Come la pandemia di Covid-19 accresce la dipendenza dei paesi poveri nel terzo mondo, un “grande confinamento” devastante

Schermata del 2020 11 25 12 45 18Con la pandemia di Covid-19, il pianeta sta attraversando la sua più grande crisi economica dal periodo tra le due guerre. Esplosione della disoccupazione, insicurezza alimentare, dispersione scolastica…: gli effetti del «grande confinamento» si fanno sentire dappertutto, ma sono ancora più gravi nei paesi poveri, dove il settore informale, per definizione privo di protezione sociale, occupa un posto preponderante.

Così come le conseguenze del cambiamento climatico si fanno sentire a tutte le latitudini, la pandemia di Covid-19 non risparmia nessuno, che si sia ricchi o poveri, capi di Stato o rifugiati. Tuttavia, è risaputo che queste crisi planetarie non colpiscono tutti gli esseri umani allo stesso modo. Oltre a implicare vulnerabilità differenti a seconda dell’età e di vari fattori di rischio, la pandemia, è come il riscaldamento globale, ha un impatto molto diverso sia su scala mondiale che all’interno di ciascun paese, in base alle tradizionali linee di demarcazione tra ricchi e poveri, bianchi e non bianchi, ecc. Certo, il contagio di Donald Trump ha confermato che il virus non ha alcun riguardo per il rango politico, ma le cure eccezionali di cui ha beneficiato il presidente degli Stati uniti, con un costo stimato in oltre 100.000 dollari per tre giorni di ospedalizzazione(1), dimostrano che se gli esseri umani sono tutti uguali di fronte alla malattia e alla morte, alcuni, come ha scritto George Orwell ne La fattoria degli animali, sono «più uguali di altri».

Come al solito, è il terzo mondo a essere colpito più duramente dalla crisi economica in corso, che il Fondo monetario internazionale (Fmi), nel suo rapporto semestrale dell’aprile 2020 (2), ha definito «grande confinamento» – una crisi che già adesso può essere considerata la più grave dai tempi della Grande depressione tra le due guerre.


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Lelio La Porta: Lukács fra arte e vita

filosofiainmov

Lukács fra arte e vita

di Lelio La Porta

41gkyKogkfL. SX197 BO1204203200 La vita di György Lukács (1885-1971), turbolenta e tempestosa, è stata una di quelle vite che hanno costretto il pensiero a sottomettersi quasi totalmente alle stesse svolte imposte dall’esistenza storica.

Nato da una ricca famiglia ebrea, laureatosi a Budapest nel 1906, Lukács approfondisce gli studi filosofici a Berlino e Heidelberg dove subisce l’influenza del neocriticismo e dello storicismo tedesco e stringe amicizia con Ernst Bloch. La sua prima raccolta di saggi in tedesco (L’anima e le forme) apparve nel 1911 e, in seguito, un libro sull’estetica (non portato a termine) e uno su Dostoevskij (non pubblicato di cui rimangono gli appunti). Fra il 1914 e il 1915 scrive Teoria del romanzo. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale conduce Lukács a quella che sarà la scelta fondamentale della sua vita: l’adesione al marxismo e l’iscrizione al Partito Comunista Ungherese.

Nel 1919, nella breve esperienza della Repubblica ungherese dei Consigli, fu commissario del popolo all’istruzione e commissario politico della quinta divisione. Conclusasi l’esperienza consiliare, dovette fuggire a Vienna. Vive fra Vienna e Berlino e produce, fra gli altri, una serie di saggi che, rielaborata, comparirà in volume nel 1923 con il titolo Storia e coscienza di classe. Nel 1928 le tesi politiche note come Tesi di Blum gli costarono l’accusa di deviazionismo di destra e l’espulsione dal Comitato Centrale del Partito Comunista Ungherese. All’avvento del nazismo al potere in Germania, si trasferisce a Mosca dove rimarrà fino alla fine della Seconda guerra mondiale studiando e ricercando presso l’Istituto Marx-Engels-Lenin. Finita la guerra, Lukács tornò in Ungheria e fu membro del Parlamento, della direzione dell’Accademia delle Scienze, professore di estetica e di filosofia della cultura all’Università di Budapest.


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tonino

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Nov 29, 2020, 3:44:18 PM11/29/20
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Eros Barone: Per il 200° anniversario della nascita di Friedrich Engels

sinistra

Per il 200° anniversario della nascita di Friedrich Engels

di Eros Barone

8862dd0a01f151eee4de679c42e5867fL’effettivo contenuto della rivendicazione proletaria dell’eguaglianza è la rivendicazione della soppressione delle classi. Ogni rivendicazione di eguaglianza che esce da questi limiti va necessariamente a finire nell’assurdo.
F. Engels, Antidühring. 1

1. Il punto sulla “questione di Engels”

Friedrich Engel nacque il 28 novembre 1820 a Barmen, oggi distretto del comune di Wuppertal, città tedesca della Renania Settentrionale-Vestfalia. Il 28 novembre 2020 cade pertanto il duecentesimo anniversario della sua nascita. È questa un’occasione per fare il punto sulla “questione di Engels”, unendo la necessaria difesa di un patrimonio gigantesco – la teoria marx-engelsiana -, oggetto di tentativi ricorrenti di deformazione, falsificazione e financo liquidazione condotti dai più disparati avversari (ma anche da taluni falsi amici), alla vigorosa riaffermazione della sua forza esplicativa e della sua potenza predittiva, concernenti il carattere ciclico dell’economia capitalistica e le leggi dello sviluppo, della crisi e della transizione che ne derivano. Si tratta allora, prendendo spunto dall’anniversario, sia di promuovere la conoscenza di una figura ricca di fascino intellettuale e morale, appartenente a quella generazione di titani che ha impresso un’orma indelebile nella storia del proletariato mondiale, sia di ribadire l’istanza per cui la natura scientifica della teoria marx-engelsiana, costantemente verificata e da verificare sul terreno dell’“analisi concreta della situazione concreta”, 2 non viene compromessa, bensì rafforzata dal legame inscindibile con la concezione materialistica del mondo, della natura, della storia e dell’uomo.


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Bollettino Culturale: Per una critica del concetto di lavoro riproduttivo in Silvia Federici

bollettinoculturale

Per una critica del concetto di lavoro riproduttivo in Silvia Federici

di Bollettino Culturale

cura98Nel 2004 Silvia Federici pubblica Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l'accumulazione originaria, in cui si propone di analizzare gli sviluppi del capitalismo da una prospettiva femminista. Considera il concetto di accumulazione primitiva criticando l'analisi di Marx, che è partito dal punto di vista del proletariato salariato maschile e dello sviluppo della produzione di merci.

L'autrice attinge dalle teorie marxiste (in special modo operaiste), dalle teorie femministe e dalla teoria foucaultiana per ridefinire le categorie storiche di strutture che, secondo Federici, sono nascoste nelle discussioni sul dominio e lo sfruttamento.

Il titolo è ispirato a “La tempesta” di Shakespeare e riflette il desiderio di ripensare lo sviluppo del capitalismo, recuperando le radici dello sfruttamento sociale ed economico delle donne. Inoltre, l'autrice Silvia Federici analizza la caccia alle streghe del XVI e XVII secolo, rivisitando il modo in cui la storia delle donne si intreccia con la storia dello sviluppo capitalista. È degno di nota, quindi, che non è possibile comprendere una tale storia occupandosi solo dei terreni classici della lotta di classe, ma piuttosto dando visibilità allo sviluppo di una nuova divisione sessuale del lavoro, una divisione che ha potenziato la svalutazione delle donne.

La pensatrice italiana sottolinea, sin dall'inizio della sua analisi, quanto raramente sia apparsa nella storia del proletariato la caccia alle streghe, e tale assenza rende invisibile la forza e la resistenza delle donne nel processo di consolidamento del capitalismo in Europa, e come tale caccia abbia livellato il terreno per la costruzione di un nuovo ordine patriarcale basato sull'esclusione delle donne dal lavoro salariato e sulla loro subordinazione agli uomini.


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Paolo Berdini: ‘Roma, la città che vogliamo’

lavoroesalute

‘Roma, la città che vogliamo’

Alba Vastano intervista Paolo Berdini,  candidato sindaco Roma capitale

berdini 2 gazzetta giallo rossa“In questi mesi deve partire un’azione di coinvolgimento delle migliori esperienze delle periferie, di tutte le vertenze aperte. Mi auguro che in tempi brevi in ogni municipio si formino comitati guidati dai giovani che in questi anni hanno combattuto contro le speculazioni per un’idea di città inclusiva. Se ci riusciamo, avremo fatto un grande passo avanti. Saremmo in grado di proporre concretamente alla città intera che esiste un’alternativa ai furbetti che utilizzano sempre il trucco del voto utile…Al governo di Roma si affermerà, dunque, chi saprà dare un speranza a questa città ripiegata su se stessa. Ѐ una sfida che dobbiamo saper cogliere” (Paolo Berdini).

Città nel buio, esercizi pubblici che si aprano e si chiudono a intermittenza, strade spente. Gente mascherata e isolata, tampinata da un virus balordo a caccia di respiri. Ѐ la pandemia. Ci tocca viverla fino in fondo. Anche Roma, come le altre città del mondo, è spenta. Non da mesi, da anni. Non è solo a causa della pandemia. La città è spenta da molto tempo. Dai tempi che si sono susseguiti dopo la giunta Petroselli e Nicolini. Da quando di mano in mano, di giunta in giunta, da sindaco a sindaco, da assessore ad assessore sono state rimpallate le responsabilità per ripristinare un welfare a misura di cittadino, a misura di una città fantastica che tutto il pianeta, per la storia, per l’arte, per la cultura conosce e ama.

La città è stata abbandonata e vive un degrado urbanistico spaventoso. Come riportarla agli antichi splendori, pensando all’era post pandemia? L’occasione potrebbero essere, presumibilmente, le prossime amministrative del mese di giugno del 2021, con una svolta eccezionale sulla scelta del nuovo primo cittadino e sulla sua futura giunta.


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Michele Castaldo: In morte di Diego Armando Maradona

lacausadellecose

È morto Dio

In morte di Diego Armando Maradona

di Michele Castaldo

Rendo omaggio, da umile amante del calcio, al più grande calciatore e personaggio che la storia moderna ha messo sotto i nostri occhi. E ad alta voce dico: non solo il grande genio calcistico ma anche l’uomo, quell’uomo che il perbenismo borghese vorrebbe oscurare perché espressione dello spirito ribelle degli schiavi di tutto il mondo e in modo particolare dei popoli dell’America latina e di quella Napoli che tanto ad essa somiglia.

Eccoli sfilare uno a uno i suoi detrattori, a inneggiare alla sua classe calcistica, ma a criticare le sue sregolatezze, a infangare il personaggio sul piano umano per infangare le ragioni sociali che impersonava: la voglia di riscatto non solo attraverso il calcio ma anche attraverso i suoi impulsi di ribellione, lo spirito degli oppressi, denunciando a modo suo l’azione cruenta dell’imperialismo Usa e occidentale e l’uso del calcio come strumento ulteriore di dominio del grande capitale nei confronti di milioni di diseredati che volgono tuttora nei confronti di questo ambiente la speranza della propria liberazione individuale.

Epperò, cari signori, come non ricordare il linciaggio nei suoi confronti durante i campionati mondiali del ’90, quando rimproveravate a Diego di non essere riconoscente all’Italia che lo aveva arricchito, quasi a chiedergli perciò un impegno minore in campo.


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Leo Essen: Solo il Piano può evitare la catastrofe

lantidiplomatico

Solo il Piano può evitare la catastrofe

di Leo Essen

Una recensione di "Non sarà un pranzo di gala" di Emiliano Brancaccio

Il libro di Emiliano Brancaccio, «Non sarà un pranzo di gala», appena pubblicato da Meltemi, e che vi consiglio vivamente di leggere, affronta temi di grande interesse e attualità.

La politica di deflazione salariare, dice Brancaccio, politica sostenuta in passato anche da Blanchard, doveva riportare l’equilibrio tra le economie dell’euro-zona. La speranza era di veder crescere la competitività a livelli tali da stimolare le esportazioni, ridurre le importazioni e riassorbire così i pesanti deficit commerciali verso l’estero accumulati da alcuni paesi.

Insomma, dice Brancaccio, gli economisti mainstream, credevano che il mercato da solo sarebbe stato in grado di rimettere le cose a posto. E invece le cose sono andate a catafascio. L’emergenza sanitaria non ha fatto altro che accentuare una tendenza già in atto.


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Rosa Fioravante e Tommaso Brollo: Per far viaggiare le idee non serve precarizzare le vite dei ricercatori

kriticaeconomica

Per far viaggiare le idee non serve precarizzare le vite dei ricercatori

di Rosa Fioravante e Tommaso Brollo 

Tipicamente, quando all’interno del dibattito pubblico emerge il tema della ricerca, questo viene sempre trattato con enfasi, con toni di ammirazione, accompagnato da dichiarazioni di esponenti politici bipartisan che promettono (senza mantenere, ben inteso) fondi e incentivi. Se ne parla come di un mondo che magicamente porterà all’innovazione, coperto da un’aura di inaccessibilità e mistero. Se quasi nessuno ricorda di menzionare il fatto che l’Italia è l’ultimo paese in Europa per spesa nel comparto universitario, sicuramente nessuno menziona mai le condizioni nelle quali i ricercatori e le ricercatrici portano avanti il loro mestiere.

Nemmeno la retorica dei “cervelli in fuga” rende l’idea: perché è molto diverso raccontare le storie, dolorose, ma di successo, di coloro che andandosene dall’Italia hanno trovato posizioni, fondi, prestigio che qui erano loro negati, oppure provare a spiegare l’interminabile lista di piccoli e grandi disagi quotidiani che devono essere affrontati da coloro che rincorrono un assegno, che fanno più ricerca di fondi che ricerca nel proprio campo, che ogni uno o due anni sono costretti a cambiare città, Paese, continente in un vortice di burocrazia, riadattamento, sfilacciamento dei rapporti personali, nell’impossibilità di pianificare per sé o per il proprio lavoro.


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Christian Marazzi: Le forme nuove del consenso

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Le forme nuove del consenso

di Christian Marazzi

“Il vero pericolo per lo stato di salute di un Paese e dei suoi cittadini non è rappresentato tanto da una crisi economica ma dalla risposta che a tale evento dà la politica. Non è la recessione in sé a provocare effetti disastrosi sulle vite umane, ma le sciagurate politiche di austerity attuate per superarla”. Così scrive l’economista italiana Ilaria Bifarini, che nel suo blog si presenta simpaticamente come “bocconiana redenta”. Il riferimento è alle politiche d’austerità imposte dalla troika (Commissione europea, Bce e FMI) dopo la crisi finanziaria del 2008, politiche che in Grecia ebbero effetti devastanti, e che su scala globale determinarono un decennio di “stagnazione secolare”, di crescita lenta a mezzo di forte indebitamento pubblico e privato, nonchè di politiche monetarie ultraespansive di cui beneficiarono prevalentemente i mercati finanziari.

Il consenso austeritario si basava sull’idea che per far fronte alla crisi occorre mettere in atto una serie di tagli alla spesa pubblica e alla sanità, tagli che minano il ruolo di tutela dei cittadini da parte dello Stato.


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Alberto Gabriele: Piano contro mercato. Per un salario sociale di classe

marx xxi

Piano contro mercato. Per un salario sociale di classe

di Alberto Gabriele*

Il libro di Pasquale Cicalese Piano contro mercato - Per un salario sociale di classe” (Gruppo LAD, 2020)[1]presenta una selezione di articoli pubblicati nell’ultimo decennio. Quest’opera (arricchita dall’introduzione di Guido Salerno Aletta e dalla postfazione di Vladimiro Giacché) costituisce un importante contributo alla lunga e dura guerra di posizione condotta in Italia e nel resto del mondo da una frazione ancora minoritaria ma combattiva di intellettuali di ispirazione marxista contro la narrazione neoliberale e la decadente deriva disfattista della “sinistra” anticomunista.

Il fulcro dell’analisi di Cicalese si sviluppa attraverso l’analisi dialettica della clamorosa divergenza tra la storia di due città (per dirla in modo dickensiano): la città cinese e la città italiana.

Pasquale Cicalese coglie la portata epocale e gli elementi fondanti dello straordinario rafforzamento delle forze produttive, della quasi eliminazione della povertà assoluta e del miglioramento complessivo del tenore di vita grazie alla espansione sia dei salari e redditi monetari sia dei servizi pubblici nella Repubblica Popolare Cinese (RPC).


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Lanfranco Binni: Onda su onda

ilponte

Onda su onda

di Lanfranco Binni

1200px JEAN LOUIS THEODORE GERICAULT La Balsa de la
            Medusa Museo del Louvre 1818 19Si susseguono, devastanti e a ritmo incalzante, le “ondate” delle quattro grandi crisi connesse con la Covid-19: la crisi sanitaria provocata da una pandemia fuori controllo in gran parte del mondo; la crisi economica che accentua le derive malthusiane del capitalismo in tutte le sue forme, arcaiche e neoliberiste; la crisi politica delle “democrazie” liberali occidentali; la crisi climatica del pianeta. Su ognuno di questi terreni i processi in corso sono tumultuosi, complessi e “caotici”. La pandemia ha accelerato e messo a nudo le vere realtà, concrete e drammatiche, di una storia catastrofica. In questo numero del «Ponte» di fine anno ne scrivono Giuliano e Piergiovanni Pelfer (Il Coronavirus e la fine delle certezze), Emiliano Brancaccio (Catastrofe o rivoluzione), Giancarlo Scarpari (Che ve ne sembra dell’America?). In particolare il testo di Brancaccio sollecita un aperto confronto teorico-politico sulle necessarie e radicali alternative alla “catastrofe” dell’antropocene capitalistico.

 

Cattive nuove dal fronte dei virus

Sostiene la microbiologa e virologa Maria Rita Gismondo, nella sua rubrica Antivirus su «il Fatto Quotidiano» del 12 novembre, che stanno circolando in Italia e in Europa, “fuori controllo”, almeno sei varianti di SarsCoV2. Il titolo dell’articolo: Virus, la mutazione è più “cattiva”. Ne riporto integralmente il testo.


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Andrea Rinaldi: Tra reazione e avanguardie. Composizione del rider in Italia

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Tra reazione e avanguardie. Composizione del rider in Italia

di Andrea Rinaldi

A seguito delle mobilitazioni dei rider in alcune città italiane, Andrea Rinaldi ci offre un'analisi delle componenti che attraversano questo settore lavorativo

rider75Durante una nota trasmissione radio (La Zanzara) che è un po’ un coacervo di rancore via telefono, chiama un uomo che si qualifica come rider, il presentatore se la ride con un po’ di disprezzo classista, il lavoratore (bolognese) si fa subito benvolere con qualche battuta da ‘uomo di strada’ che piace tanto alla produzione, poco dopo cattura sdegno e attenzione ammettendo candidamente che quando non gli viene lasciata la mancia dai clienti dei quartieri alti si riserva il diritto di sputare sui campanelli. Sulla radio di Confindustria non si parla di condizioni lavorative e sfruttamento, dei veri motivi per cui un lavoratore finisce a sfogarsi (anche legittimamente) sui clienti, e il rider in questione è probabilmente estraneo alle mobilitazioni in corso a Torino, Milano, Bologna. Però dal suo gesto, assolutamente non isolato, che ispira benevolenza dallo speaker di destra e orrore allo speaker di sinistra, vengono fuori alcune questioni, che bene o male muovono questo articolo.

Sarebbe inutile rimarcare ulteriormente l’utilità strategica per il sistema economico che hanno i rider in questa pandemia, i rischi che corrono o la paga da fame con cui vengono retribuiti. Difatti si accumulano sui giornali innumerevoli inchieste e articoli sulla subalternità della loro condizione, molti meno ovviamente sulle punte di radicalità e utilità raggiunte dalle loro mobilitazioni.


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Giovanna Cracco: Crisi strutturale. La debolezza del lavoro, fra globalizzazione e tecnologia

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Crisi strutturale. La debolezza del lavoro, fra globalizzazione e tecnologia

di Giovanna Cracco

15909fdfe40ba1a4ea50e66de6d77255 strada manager"La moderata crescita dei salari è un segnale del calo del potere contrattuale dei lavoratori."
Banca dei Regolamenti Internazionali, 87- Relazione annuale, giugno 2017

Jackson Hole, 27 agosto: puntuale si tiene il simposio annuale tra le principali banche centrali mondiali. Jerome Powell, presidente della Fed, pronuncia quello che immediatamente gli analisti economici definiscono un "discorso epocale": il 2% non è più il tasso di inflazione annuo sul quale la Banca centrale americana baserà la propria politica monetaria. È un numero che anche l'Europa conosce, perché target di inflazione per la stessa Bce. Che significa? Perché il 2% e perché questo cambio di direzione?

Non ci interessa in questa sede affrontare aspetti finanziari già trattati su queste pagine - quanto la politica monetaria espansiva messa in atto negli ultimi anni dalle banche centrali non abbia portato denaro all'economia reale ma a quella finanziaria, alimentando bolle obbligazionarie e azionarie (1), e dunque come anche questa mossa della Fed finirà per percorrere la stessa strada -: ciò che qui preme analizzare è il significato nascosto di questo cambio di passo, che riguarda la realtà del mondo del lavoro.

 

La curva di Phillips

Nel 1958, A.W. Phillips elabora un modello, che diviene noto come la "curva di Phillips". Appoggiandosi a dati empirici - serie storiche inglesi dal 1861 al 1957 - l'economista mette in relazione disoccupazione e inflazione e afferma che quando la prima scende, la seconda sale. In altre parole, a un aumento dell'occupazione della forza lavoro corrisponde un aumento dell'inflazione.


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Francesco Paolo Cazzorla (Zu Fra): A proposito di questi nostri nuovi tempi

ilconformista

A proposito di questi nostri nuovi tempi

di Francesco Paolo Cazzorla (Zu Fra)

Qualche giorno fa ho partecipato (ovviamente online) ad un evento di interpretazione simultanea organizzato dall’Università dove insegnavo. Il tema era “Il cibo come epicentro culturale”. Il mio compito era quello di preparare un discorso, in italiano, sui tratti caratteristici della nostra cultura, quando ha a che fare, per l’appunto, col cibo. E quindi parlare dei tempi, dei significati, dei valori, delle infinite ricchezze che abbiamo a un palmo di mano e spesso non ci badiamo neanche, insomma: un sunto, molto azzardato, su cosa voglia dire per noi la creazione di cultura col cibo. Un lavoro pazzesco, se ci pensiamo: solo un malato di mente può avere la pretesa (e la presunzione) di riassumere tutta questa roba in poco meno di 30 minuti a disposizione.

Ebbene, ho fatto quello che potevo, o meglio, ho parlato di quello che forse mi si addice di più, e cioè: usare gli attrezzi della sociologia per dragare la realtà sociale, osservandola da vicino, analizzandola, ascoltandone le sfumature, capirne le dinamiche, in una parola: individuare delle relazioni e dargli un nome, intrepretando così il loro agire e significato sociale.


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Miguel Martinez: Come funziona una guerra?

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Come funziona una guerra?

di Miguel Martinez

Ogni guerra ci sembra speciale. In realtà tutte le guerre moderne seguono approssimativamente le stesse fasi, a prescindere dalle cause o da quale sia il nemico. In questo breve saggio, non abbiamo alcuna pretesa quindi di dire se una guerra sia giusta o no, ma semplicemente come funzionano le società in guerra.

 

Fase Uno.

La guerra parte dall’informazione.

L’informazone dà l’allarme, che significa insieme una notizia di pericolo, e un richiamo alle armi.

Quando l’informazione è inseparabile dalla mobilitazione, diventa propaganda. Siccome la “propaganda” ha oggi una brutta nomea, precisiamo subito: la propaganda può dire cose assolutamente vere e difendere cause giuste, ma sempre propaganda è.

Lo stato di mobilitazione pone fine alle dispute: in guerra tutti devono essere solidali attorno a una figura umana, il Condottiero, in grado di incarnare tutte le passioni.


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Fulvio Grimaldi: Armenia, genocidio stavolta strisciante

mondocane

Armenia, genocidio stavolta strisciante

di Fulvio Grimaldi

L’imperialismo mette in campo i suoi “followers”. Vincono Usa, Israele, Turchia. Russia col braccio legato alla schiena

I media: Covid e basta

L’infima qualità professionale, culturale, linguistica e l’altissima arretratezza provinciale e inclinazione coloniale della nostra informazione di massa, ci ha tenuto inchiodati alla - e sodomizzati dalla - propaganda vernacolare su un virus che, in altri tempi, moriva  inosservato nel fazzoletto che rimediava a un raffreddore. In compenso l’esplosione del Caucaso e dell’Africa orientale, con le sue enormi implicazioni geopolitiche, dai nostri vernacolari è stata rinserrata in trafiletti e negli ultimi istanti di telegiornali e talkshow. Questi, a loro volta, occupati per quattro quinti dalla caterva di casi e morti da virus, scoperti al 90% dove non c’erano.

 

Nagorno e Etiopia,  Paralipomeni della Batracomiomachia

Qualcuno mi darebbe del megalomane narcisista per come considero i miei colleghi di categoria.


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Claudio Gnesutta: Quale mondo dopo la pandemia?

sbilanciamoci

Quale mondo dopo la pandemia?

di Claudio Gnesutta

Le conseguenze del Covid-19 sono oggi al centro del dibattito, e dei contributi del volume ‘Il mondo dopo la fine del mondo’ (Laterza). C’è una attesa diffusa di cambiamento rispetto al ‘prima’. Ma qual è il soggetto politico che può interpretare e realizzare la fuoriuscita da austerità e neoliberismo?

Il Covid-19 non solo ha messo in crisi le nostre sicurezze sanitarie ma, con il suo prolungarsi nel tempo, sta mettendo in discussione anche altre dimensioni strutturali e istituzionali della realtà economica e sociale. Si sente come urgente – specie in presenza di questa più preoccupante seconda ondata della pandemia – la necessità di una riflessione approfondita sui suoi effetti di più lungo periodo e sui modi di contrastarne le conseguenze indesiderate.

A questa esigenza gli Editori Laterza rispondono con la pubblicazione di Autori Vari, Il mondo dopo la fine del mondo, Laterza, 2020), consegnando alla nostra riflessione le valutazioni di oltre quaranta personalità – medici, giuristi, sociologi, politologi, statistici, economisti ma anche scrittori, giornalisti – nella convinzione, esplicita nel titolo e ampiamente condivisa dagli autori, che il “mondo” del dopo Covid-19 non sarà quello di prima.


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Lorenzo Merlo: La scintilla

sinistra

La scintilla

di Lorenzo Merlo

Ci stiamo avviando dove non basterà un pretesto per trovarsi al punto di non ritorno?

Nella burrasca la barca è messa alla prova e così il suo equipaggio. Scricchiola fino a far pensare al peggio. Strallo, sartie e paterazzo terranno? Cederanno alla furia? Tutti si chiedono. O senza albero andremo alla deriva, naufraghi, in un mare di nere fauci? Avremo almeno la forza per lottare con il più debole di noi per strappargli di mano un brandello di fasciame per stare a galla?

Quest’ultima, una domanda che fino a ieri non avremmo avuto il sentimento per concepire. Fino a ieri la barca non scricchiolava e le sartie cantavano la loro pacifica ballata. Fino a ieri avevamo creduto un futuro simile al passato. Nella sostanza e nei valori. Ma la burrasca ha mandato all’aria i sedimenti sui quali, nonostante tutte le iniquità, di fronte a noi vedevamo terra. Quella della società, dell’identità, della cultura e, tutto compreso, della civiltà. C’era comunque molto da fare e con quello che avevamo l’avremmo fatto. C’era il senso della vita, di se stessi. C’era una bussola che ci avrebbe portato in porto, alla faccia di tutte le deviazioni magnetiche.


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I più letti degli ultimi tre mesi

Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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tonino

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Dec 1, 2020, 11:55:38 AM12/1/20
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coniarerivolta: Frenano i salari e corre l’export: la crisi accelera il cambiamento

coniarerivolta

Frenano i salari e corre l’export: la crisi accelera il cambiamento

di coniarerivolta

zerorenatoIn questi giorni, sfogliando le pagine dei giornali, capita di imbattersi in due notizie, apparentemente slegate tra loro. Alla base di queste due notizie ci sono due numeri, uno negativo ed uno positivo: -8,1% e +2,1%.

Il primo numero fotografa il crollo dei consumi registrato a settembre, rispetto allo scorso anno, dai radar di Confcommercio: l’associazione che unisce oltre 700.000 imprese del terziario rileva una forte caduta delle vendite che si concentra nei servizi ricreativi (-73%), nel turismo (-60%) e in bar e ristoranti (-38%). È l’immagine di una flessione economica che si protrae dal mese di marzo e che inizia ad assumere i connotati di una lunga depressione, con effetti potenzialmente devastanti per il tessuto produttivo. Piangono i piccoli commerci, molti dei quali non avranno la forza finanziaria per riaprire i battenti quando sarà passata la tempesta, ma non ridono i grandi centri commerciali, terrorizzati dalla prospettiva di veder sfumare le vendite natalizie, che rappresentano circa il 40% del loro budget annuale.

Voltiamo pagina e leggiamo l’altra notizia. Questa volta un dato, che sembrerebbe incoraggiante, proveniente dall’Istat: nel contesto della crisi scatenata dalla pandemia, le esportazioni del nostro Paese si muovono in controtendenza e crescono su base annua del 2,1%, con un’espansione più forte al di fuori dell’area dell’euro (+2,8%) in cui spiccano il +11,1% verso gli USA e il +33% verso la Cina, ma in aumento anche all’interno dell’Unione Europea (+1,4%) con importanti sbocchi verso la Germania (+6%).


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Andrea Evangelista: Materialismo dialettico e meccanica quantistica relazionale

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Materialismo dialettico e meccanica quantistica relazionale

In difesa di Lenin

di Andrea Evangelista

Fluidità dettaglio 60x120 370x285L'empiriomonismo

Nell'ultimo libro1 del fisico Carlo Rovelli c'è un capitolo, il V, dal titolo: La descrizione non ambigua di un fenomeno include gli oggetti a cui il fenomeno si manifesta - Dove ci si chiede cosa implichi tutto ciò, per le nostre idee sulla realtà, e si trova che la novità della teoria dei quanti non è poi così nuova. I primi due paragrafi del capitolo sono dedicati alla disputa tra Alexander Bogdanov e Vladimir Lenin. Vi si racconta come, dopo che Bogdanov ebbe pubblicato la sua opera in tre volumi2 , Lenin pubblicò la sua nota opera filosofica Materialismo ed empiriocriticismo. Note critiche su una filosofia reazionaria3, con l'obiettivo di criticare (ferocemente per Rovelli) l'empiriocriticismo, usando per la filosofia di Bogdanov il termine usato da Ernst Mach, il fisico e filosofo austriaco del XIX secolo (ispiratore di entrambe le grandi rivoluzioni della fisica del XX secolo, padrino di Wolfgang Pauli e filosofo preferito di Schrödinger riporta Rovelli).

Rovelli illustra il pensiero di Mach:

Mach insiste che la scienza si deve liberare da ogni assunzione «metafisica». Basare la conoscenza solo su ciò che è «osservabile». [...] La conoscenza non è quindi vista da Mach come dedurre o indovinare un'ipotetica realtà al di là delle sensazioni, ma come la ricerca di un'organizzazione efficiente del nostro modo di organizzare le sensazioni. [...] Per Mach non vi è distinzione tra mondo fisico e mondo mentale: la «sensazione» è ugualmente fisica e mentale.


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Vincenzo Comito: Alibaba, il fintech e il sistema finanziario

sbilanciamoci

Alibaba, il fintech e il sistema finanziario

di Vincenzo Comito

Con lo scoppio della pandemia, le attività del settore del fintech hanno fatto un grande balzo in avanti, e il colosso Ant ha aiutato la Cina a diventare il leader globale indiscusso nel settore. Perché Pechino ha bloccato dunque la quotazione in Borsa del colosso di Jack Ma?

ant financial mobileLa curiosa quotazione in Borsa di Ant Group 

L’annuncio della quotazione in Borsa di Ant Group, braccio finanziario di Alibaba, nonchè la successiva sospensione della stessa da parte delle autorità cinesi, ci spingono ad analizzare le molte, importanti, questioni che sono in ballo nella vicenda, dall’avanzamento tecnologico e finanziario cinese e dalla lotta per il predominio con gli Stati Uniti, al problema del controllo pubblico dei giganti dell’economia numerica, al rapporto più generale tra pubblico e privato, al futuro infine delle banche tradizionali, in Cina come nel resto del mondo.

Dunque, nell’ottobre del 2020 il gruppo Alibaba annuncia che la sua controllata Ant Group sarà quotata alle borse di Shanghai e di Hong Kong attraverso l’emissione di titoli azionari per un valore di circa 37 miliardi di dollari; tutta Ant viene a questo punto valutata 313 miliardi di dollari, un valore superiore a quello di tutte le grandi banche internazionali, compresa, sia pure di poco, a quello del più grande gruppo finanziario occidentale, la JPMorgan Chase. 

Se la quotazione fosse stata portata avanti, si sarebbe trattato del più grande collocamento in Borsa della storia. L’emissione è stata in linea di principio un grandissimo successo: sono arrivate richieste di sottoscrizione pari a circa 800 volte il valore dei titoli immessi sul mercato.


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Piccole Note: Biden o del Suprematismo americano

piccolenote

Biden o del Suprematismo americano

di Piccole Note

L’America è “tornata, pronta a guidare il mondo”. Così Joe Biden in una conferenza stampa nella quale ha presentato parte della sua nuova amministrazione. Si chiude dunque la prospettiva isolazionista e si rilancia l’Impero globale (Financial Times).

Tale il prodotto dell’eccezionalismo americano, che vede nell’America il Paese che ha la missione di salvare il mondo. Non una visione politica, ma religiosa-messianica, in cui Washington assume i connotati di un Impero della Libertà e del Bene e i suoi concorrenti sono manifestazioni della Tirannia e del Male.

 

L’impero Suprematista globale

Si è detto che Trump abbia solleticato il suprematismo americano. Accusa fondata sul fatto che ha avuto un atteggiamento ambiguo nei confronti di tale devianza, anche se l’ha condannata più volte (Cnn, BBC etc).

Non entriamo nella controversia, ci limitiamo a registrare che esiste un altro tipo di suprematismo che, seppure non sembra avere collegamenti con l’ideologia di tali gruppi, ne riecheggia i fondamenti in chiave geopolitica.


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Thomas Fazi: Trent'anni di cazzate liberiste. Capitolo Fazio-Giannini

lantidiplomatico

Trent'anni di cazzate liberiste. Capitolo Fazio-Giannini

di Thomas Fazi

"Eh no, caro Giannini, troppo facile ricorrere alla prima persona plurale"

La seconda puntata della nostra nuova rubrica "Trent'anni di cazzate" (qui la prima) è dedicata a un uomo che sulla ripetizione ossessiva di una singola cazzata - "le coperture!" - ci ha praticamente costruito tutta la sua carriera: sto parlando ovviamente di Massimo Giannini, per anni vicedirettore e nota firma di "Repubblica" e da qualche mese direttore de "La Stampa".

L'altro giorno da "Che tempo che fa", il programma di Fabio Fazio, Giannini ha raccontato la sua battaglia contro il COVID-19, per il quale è stato ricoverato tre settimane in terapia intensiva all'ospedale (pubblico) Gemelli di Roma.

Da quell'esperienza, Giannini - che oggi per fortuna sta bene - ha detto di aver imparato molte cose, tra cui «l'importanza di una delle più grandi conquiste del Novecento: il welfare state».

«Mi sono reso conto - ha continuato Giannini - di quanti errori abbiamo fatto, in questi ultimi dieci anni soprattutto, nello smantellare il welfare, che andava riformato ma non certo liquidato, come noi e altri paesi europei abbiamo fatto all'insegna del mantra dell'austerity».


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Alessandro Guerriero: Capire la neolingua dell’economia (per non usarla più)

kriticaeconomica

Capire la neolingua dell’economia (per non usarla più)

di Alessandro Guerriero

Il linguaggio è lo strumento che ogni persona utilizza per esprimersi: ma è possibile che la lingua condizioni i nostri pensieri? Per l’economista francese Fitoussi la risposta è sì, e lo spiega nel suo ultimo libro-intervista “La neolingua dell’economia” (edito da Einaudi).

Secondo la sua visione la grammatica e il lessico usati nell’economia (e non solo) sono quelli della teoria marginalista. Il pensiero economico dominante ha inventato un linguaggio basato su una teoria “immaginaria” (ossia il marginalismo) e se ne è servito per piegare la realtà a suo piacimento, allontanandosi sempre di più dalla verità.

Un esempio: l’esaltazione della concorrenza perfetta, esaminata da tutti gli studenti in un corso base di microeconomia. L’argomento è trattato per lungo tempo e descritto come il modello più efficace e vantaggioso per il consumatore, evitando accuratamente di definirne le condizioni. Ma se esistesse un mercato concorrenziale al mondo, ci vorrebbe una lente per trovarlo. E se si dovesse ricondurre qualcosa alla concorrenza, questa sarebbe la cosiddetta “race to the bottom” che incentiva la nascita dei paradisi fiscali in tutto il mondo e in Europa, facendo aumentare i profitti per le imprese.


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Marco Bersani: Come in un cinico gioco dell’oca

comuneinfo

Come in un cinico gioco dell’oca

di Marco Bersani

Sembrerebbe ci sia davvero poco da fare: le strategie messe in atto dal governo per fronteggiare la pandemia continuano a perseguire l’eterno ritorno dell’uguale. Dal primo lockdown sono stati spesi oltre 120 miliardi, ma la situazione del sistema sanitario, della sicurezza nei posti di lavoro e del trasporto pubblico è rimasta invariata. Le imprese inondate di soldi concessi sostanzialmente senza condizioni, le fasce meno protette della popolazione condannate alla disperazione. Secondo gli ultimi dati della Caritas, sono 450mila i nuovi poveri. La pandemia resterebbe una specie di parentesi tragica in un percorso di per sé lineare, c’è poi il costante anelito al vaccino risolutivo che permetterà di tornare a una normalità di ‘ricchi premi e cotillon’. Per fortuna c’è chi comincia a mostrare – in modo organizzato, quanto e come si può, e senza farsi strumentalizzare dal teatrino dei partiti né dalle solite trappole della protesta “violenta” tanto gradita ai media mainstream – che questo assurdo gioco dell’oca non è gradito. Sabato 21 novembre la giornata per “Uscire dall’economia del profitto, costruire la società della cura” è stata un successo. Un primo passo di un percorso che è appena cominciato ma che, a differenza di quello del governo, non ha alcuna intenzione di ripassare dal via


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Mauro Armanino: Il ponte rivoluzionario di Niamey

sinistra

Il ponte rivoluzionario di Niamey

di Mauro Armanino

Niamey 13 novembre 2020. E’ stato inaugurato ieri e battezzato col nome di una figura politica della lotta per l’indipendenza, Djibo Bakari. Il terzo ponte di Niamey assume tutte le geopolitiche del momento. Il primo, dedicato a John F. Kennedy è diventato famoso perché sede, suo malgrado, dell’assassinio da parte delle forze dell’ordine, di alcuni studenti dell’università Abdou Moumouni di Niamey negli anni novanta. La Conferenza Nazionale Sovrana, celebrata nel 1991, ne fu la logica e, in quel momento foriera di speranze, conclusione. Il secondo ponte, quello dell’Amicizia, celebra piuttosto il ruolo crescente dell’Impero di Mezzo, la Cina, nel continente africano e nel Niger. Quest’ultimo ponte, il terzo della serie sul fiume Niger, è stato eseguito dall’impresa cinese China Géo-Engineering Corporation, tutto un programma. I lavori del ponte erano iniziati nel 2016, anno delle elezioni che sancirono il secondo mandato e ultimo, dell’attuale presidente uscente, Mahamadou Issoufou.

Per curiosi e intriganti corsi e ricorsi della storia, torna alla ribalta il nome di un militante indipendentista, per molti anni censurato dalla storiografia nigerina.


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Leonardo Mazzei: Il ricatto del Recovery Fund

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Il ricatto del Recovery Fund

di Leonardo Mazzei

LIBERI DI 1 768x501Abbiamo già spiegato quanto sia infondata la leggenda del Recovery Fund. L’analisi del funzionamento tecnico di questo nuovo strumento europeo non lascia spazio ai dubbi. In esso non c’è nulla di virtuoso, tantomeno di risolutivo rispetto alla crisi in corso.

Ma limitarsi a vederne la sostanziale inefficacia economica sarebbe un grave errore. Dedichiamo perciò questo nuovo articolo agli aspetti più propriamente politici. Il tentativo è quello di capire quale sia il vero accordo che sta dietro il Recovery Fund. Impresa in verità non troppo difficile.

 

Lo choc di primavera

Di fronte alla crisi innescata dal Covid, e più ancora dalla sua disastrosa gestione, l’UE ha dovuto prendere atto del baratro che gli si parava davanti. Un baratro che avrebbe potuto aprire la strada alla disintegrazione. Sulla base di questa banale constatazione i soliti illusi hanno perfino immaginato la tanto sognata “riforma” dell’Unione. Ma la riforma di ciò che è irriformabile è per definizione impossibile. Nel caso dell’UE le dimostrazioni in tal senso sono talmente tante che non è necessario insistervi.

La cupola eurista ha dovuto perciò inventarsi l’ennesima soluzione che serve a prender tempo, che non risolve i problemi ma che è utile intanto a salvare la baracca. Tutti sanno che, di fronte al drammatico crollo dell’economia, l’unica misura sensata ed efficace sarebbe stata la monetizzazione del debito. Lo hanno fatto i più importanti stati del pianeta, ma l’UE non può farlo. E, cosa ancora più importante, chi al suo interno detiene le leve del comando non vuole farlo.


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Rita Simonitto: Su le mascherine. Ma giù la maschera dell’ipocrisia

poliscritture

Su le mascherine. Ma giù la maschera dell’ipocrisia

Lettera aperta a Ennio Abate

di Rita Simonitto

pandemia simonittoLe denunce circostanziate e non ideologiche, le analisi puntuali e problematiche, i tentativi di interrogarsi sulle strategie politiche messe in atto per la gestione di una pandemia da Covid, che appare a molti contraddittoria e a tratti insensata, sono numerose anche sul Web. (Solo alcuni esempi: qui, qui, qui, qui, qui). Questi scritti richiederebbero letture impegnative e gruppi di riflessione che oggi sono quasi inesistenti. Vengono perciò presto dimenticati o sono facilmente sovrastati dal rumore di fondo dei mass media. Questi forniscono esclusivamente valanghe di notizie emotive tese ora a rassicurare ora a impaurire. E sono queste purtroppo che i social riecheggiano o entrano nei discorsi quotidiani. Poliscritture ha pubblicato vari contributi sul tema della pandemia ma si fatica – è bene dirlo – a ragionare e a comprendere in profondità i mutamenti che stanno avvenendo a tutti i livelli esterni e interni alla vita organizzata delle popolazioni. La Lettera aperta di Rita Simonitto è un generoso tentativo di rilanciare una riflessione intermittente. Ricostruisce criticamente la cronaca degli ultimi mesi, denuncia le responsabilità politiche di governo e opposizione, testimonia vivacemente un disagio che è di molti e la volontà di non rassegnarsi. Ripropone anche, senza farla esplicitamente, la domanda più difficile: cosa si può fare di più e meglio? [E. A.]

* * * *

Caro Ennio, tre le impellenze che mi hanno spinto a riprendere (in ritardo, oggi siamo al 24.11) il tuo post “Ancora nella gabbia del Lockdown” del 5.11.2020.


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Rocco Ronchi: Recalcati lettore di Fachinelli. L’oceano al di là dell’Edipo

doppiozero

Recalcati lettore di Fachinelli. L’oceano al di là dell’Edipo

di Rocco Ronchi

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            396699408248 840845 n 1 0Elvio Fachinelli ha avuto il grande merito di portare la psicoanalisi dentro il dibattito politico e culturale dell’Italia degli anni ’60 – ‘80, quando il vento del rinnovamento soffiava forte sulla società italiana. Psicoanalista eterodosso, ma non dissidente, sospettoso delle dinamiche autoritarie dei gruppi, anche quando questi erano fondati su buone cause, si era sottratto all’invito formulatogli da Jacques Lacan di rappresentarlo in Italia, preferendo mantenere una posizione da libero battitore. A trent’anni dalla prematura scomparsa, uno dei maggiori “eredi” italiani di Jacques Lacan, Massimo Recalcati, gli ha dedicato un piccolo densissimo volume, articolato in tre saggi e in una Appendice, dal titolo significativo e assai impegnativo: Critica della ragione psicoanalitica.

Di Fachinelli, il suo esegeta condivide non solo una matrice intellettuale lacaniana, che è certamente più sfumata nel caso di Fachinelli, ma anche quella che si potrebbe definire una comune vocazione all’“impegno”. Per entrambi, infatti, la psicoanalisi è una prassi interamente calata nell’attualità, che non teme di sporcarsi le mani con il conflitto. Certamente diversissimi sono gli sfondi nei quali prende rilievo la loro riflessione. La temperie sociale, politica e culturale che caratterizzava gli anni di Fachinelli non ha quasi più rapporto con quella attuale. Le urgenze sono altre, anche se non meno drammatiche. Comune a entrambi è tuttavia la persuasione che la psicoanalisi, che nella sua pratica resta sostanzialmente una faccenda privata, sia, quanto al suo senso, parte integrante del discorso pubblico. Essa deve fungere da criterio di orientamento nel reale e da principio della sua trasformazione.


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Carlo Formenti: Il nostro popolo (sulla questione “Destra e Sinistra”)

nuovadirezione

Il nostro popolo (sulla questione “Destra e Sinistra”)

di Carlo Formenti

Ho seguito con interesse il dibattito fra gli amici Zhok e Visalli. Le questioni che sollevano sono complesse e richiederebbero a chi voglia contribuire alla discussione lo stesso impegno che vi hanno profuso coloro che l’hanno avviata. Dato che al momento ciò non mi è possibile, mi limito a un sintetico commento a una tesi avanzata da Zhok che non mi è parsa scevra da insidie, soprattutto se elevata a criterio orientativo di scelte e decisioni su quali soggetti assumere come interlocutori di possibili alleanze, tanto sul piano politico quanto sul piano sociale.

Per motivare la mia perplessità, semplifico drasticamente la tesi di Zhok, o almeno quello che mi è parso il suo nocciolo fondamentale: le scomposte reazioni di larghi settori sociali duramente colpiti dagli effetti economici della pandemia e/o insofferenti delle limitazioni inflitte ai propri comportamenti individuali, ma soprattutto l’egemonia politico culturale che le destre esercitano nei confronti di tali settori, configurano il rischio concreto che dalla crisi del regime neo liberale, in atto da tempo ma radicalmente aggravata dall’evento pandemico, si possa uscire “da destra”.


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Felice Mometti: Chi ha fermato Donald Trump? Una tragedia promessa finita in farsa e il comando del capitale

conness precarie

Chi ha fermato Donald Trump? Una tragedia promessa finita in farsa e il comando del capitale

di Felice Mometti

Sarebbe fin troppo facile raccontarla come un bmovie pensato come drammatico ma che man mano che scorrono le immagini diventa inconsapevolmente comico. Non basta l’uso compulsivo di Twitter per sovvertire le istituzioni. E nemmeno una squadra raffazzonata di avvocati, dalla quale i grandi studi legali si sono tenuti a debita distanza, con a capo il protagonista arrapato di uno degli episodi del film Borat. E che dire di una conferenza stampa che avrebbe dovuto rivelare colossali brogli elettorali tenuta nel retrobottega di un negozio di giardinaggio? L’intera vicenda si potrebbe tranquillamente chiuderla qui.

L’iconografia classica dei colpi di stato prevede come minimo l’esercito nelle strade, l’occupazione delle reti di comunicazione, la chiusura delle sedi istituzionali. Certo ci possono essere colpi di stato striscianti con la nomina, in quantità industriale, di giudici “amici” (fino a che punto?) presso le corti statali e federali. Facendo appello alla mobilitazione di massa contro fantomatici pericoli socialisti. Quello che non può esserci è la simulazione virtuale di mezzo colpo di stato o di un quarto di colpo di stato.


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Thierry Meyssan: Alto-Karabakh: la vittoria di Londra e Ankara, la disfatta di Soros e degli armeni

voltairenet

Alto-Karabakh: la vittoria di Londra e Ankara, la disfatta di Soros e degli armeni

di Thierry Meyssan

Nella guerra dell’Alto-Karabakh gli alleati britannici hanno superato il Pentagono, il pianificatore del conflitto. Nessuna delle grandi potenze s’è preoccupata delle morti che ne sarebbero seguite. Alla fine, Londra e Ankara hanno riannodato la loro storica alleanza, Washington e Mosca non hanno ottenuto nulla, mentre Soros e gli armeni hanno perso molto

Dopo 44 giorni di guerra, l’Armenia è stata costretta a firmare un cessate-il-fuoco con l’Azerbaigian, rinunciando a parte del proprio territorio. Ma il piano iniziale degli Stati Uniti – che Réseau Voltaire aveva formulato come ipotesi – prevedeva di spingere la Turchia all’errore e consentirle di massacrare parte della popolazione armena, poi d’intervenire, rovesciare il presidente Erdoğan e ristabilire la pace [1].

Il piano però non ha funzionato. Mascherava infatti uno stratagemma britannico: Londra, approfittando della confusione delle elezioni presidenziali USA, ha manovrato di nascosto, scavalcando Washington. Ha sfruttato la situazione per tentare di privare la Russia della carta dell’Alto-Karabakh e ricominciare il Grande Gioco del XIX secolo [2], quando il Regno Unito era alleato dell’impero ottomano contro l’impero zarista. Mosca se n’è accorta e ha imposto un cessate-il-fuoco per fermare il gioco al massacro.


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Giorgio Agamben: Sul tempo che viene

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Sul tempo che viene

di Giorgio Agamben

Ciò che sta oggi avvenendo su scala planetaria è certamente la fine di un mondo. Ma non – come per coloro che cercano di governarla secondo i loro interessi – nel senso di un trapasso a un mondo più consono alle nuove necessità dell’umano consorzio. Tramonta l’età delle democrazie borghesi, coi suoi diritti, le sue costituzioni e i suoi parlamenti; ma, al di là della scorza giuridica, certo non irrilevante, a finire è innanzitutto il mondo che era iniziato con la rivoluzione industriale e cresciuto fino alle due – o tre – guerre mondiali e ai totalitarismi – tirannici o democratici – che le hanno accompagnate.

Se le potenze che governano il mondo hanno ritenuto di dover ricorrere a misure e dispositivi così estremi come la biosicurezza e il terrore sanitario, che hanno istaurato ovunque e senza riserve, ma che minacciano ora di sfuggir loro di mano, ciò è perché temevano secondo ogni evidenza di non aver altra scelta per sopravvivere. E se la gente ha accettato le misure dispotiche e le costrizioni inaudite cui è stata sottoposta senza alcuna garanzia, ciò non è soltanto per la paura della pandemia, ma presumibilmente perché, più o meno inconsapevolmente, sapeva che il mondo in cui aveva vissuto fin allora non poteva continuare, era troppo ingiusto e inumano.


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Pierluigi Fagan: Nuova fase, vecchia via

pierluigifaganfacebook

Nuova fase, vecchia via*

di Pierluigi Fagan

La profonda e complicata transizione occidentale all’era complessa, si mette alle spalle una fase e ne inizia un’altra.

Sul piano politico, sembra in declino la reazione degli scontenti che ha alimentato vari tipi di reazioni c.d. “populiste-nazionaliste”. Non perché queste abbiano perso il loro sostrato causale, bensì perché non sembrano aver dato sempre risposte efficaci. In più, tali reazioni, hanno mostrato duplicità ambigue per le quali se pure hanno ottenuto consenso di una certa massa su alcuni temi, altri su i quali non avevano ricevuto mandato chiaro, non sono stati apprezzati. Si è trattato di una risposta sì, ma confusa, di una reazione, un automatico riflesso della dinamica degli opposti (di “rimbalzo dialettico”).

Sul piano geopolitico, tra la recente postura individual-egoista americana, i timori di disgregazione europea e la Brexit, l’unica a non subire rimbalzo, sembra la Brexit. E’ da vedere se il poco tempo rimasto (31 dicembre 2020) permetterà un accordo in extremis o se “cause di forza maggiore” lasciate agire volutamente, porteranno all’esito ruvido voluto da Johnson, il quale -internamente- sembra si stia impegnando a recuperare consenso presso l’élite storica dei conservatori, sacrificando Cummings, varando un potente piano strategico sul militare ed adeguandosi al nuovo “principio speranza” del capitalismo occidentale a tinte verdeggianti.


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Alessandro Barile: I vizi e le virtù del determinismo marxiano

materialismostorico

I vizi e le virtù del determinismo marxiano

di Alessandro Barile*

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 58-69, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

unnamed984ec8«Il diciottesimo secolo ha messo in discussione ogni cosa, il diciannovesimo ha il compito di concludere; e conclude con delle realtà; ma realtà che vivono e camminano»

(Balzac, Illusioni perdute, 1837-1843)

Attorno al grande problema dell’oggettività, tanto della realtà quanto dei suoi processi sociali, si è istituito un confronto che ha attraversato tutto il marxismo. Oggi il problema ha perso di rilevanza: il campo del marxismo, di per sé residuale, è profondamente venato di soggettivismo nelle sue proposizioni teoriche, e la militanza pensata tutta all’interno di una prassi politica contingente. Un recente volume di Luigi Vinci1 ci ricorda che così non fu per una lunga epoca del movimento operaio. Da Marx fino (almeno) allo scoppio della Grande guerra — e soprattutto lungo tutta l’esperienza della II Internazionale — la teoria politica della socialdemocrazia costruiva la propria forza organizzativa e narrativa pienamente dentro il campo del determinismo storico. Il famigerato “crollismo” altro non era che la fiducia in processi sociali teleologici: il capitalismo era destinato ad essere superato, a prescindere dall’azione del movimento operaio. È quanto asseriva candidamente un marxista rivoluzionario come Plechanov, laddove indicava come «la sociologia non diventa scienza che nella misura in cui perviene a comprendere la comparsa di fini nell’uomo sociale (“teleologia” sociale) come una conseguenza necessaria del processo sociale, condizionato in ultima istanza dal corso dello sviluppo economico»2.


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Carlo Magnani: Ritorna la critica dell'economia politica

lafionda

Ritorna la critica dell'economia politica

di Carlo Magnani

Emiliano Brancaccio, “Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione”, Meltemi 2020

RCB S 001405 0036h ksII U31702063286581TtC
            526x284Corriere Web SezioniCi sono molte ragioni, specie per chi intende ancora oggi perseguire la via del pensiero critico, per trovare assai utile la lettura dell’ultimo libro dell’economista Emiliano Brancaccio. Il testo è costruito in modo tale da potere essere apprezzato anche da chi non possiede specifiche conoscenze di economia: non si tratta del solito “papers”, come sfotte la categoria Giulio Sapelli, infarcito di inglese e di tabelle micragnose. Siamo convinti che Brancaccio sia anche un ottimo analista economico ma fortunatamente qui non ce lo dimostra, preferendo concentrarsi sui principali nodi di politica economica che attanagliano il presente. Dopo la chiara introduzione del curatore, Giacomo Russo Spena, il lettore incontra tre parti: in primo luogo, una serie di interviste che datano dal 2007 al 2020; poi, i resoconti di confronti che Brancaccio ha intrattenuto in occasioni pubbliche con alcuni autorevoli economisti (spicca su tutti per valore quello con Olivier Blanchard, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale, ma figurano anche dialoghi con Mario Monti e Romano Prodi); ed infine, un terzo momento è costituito da un recente saggio che costituisce una ideale chiusura teorica di tutto il lavoro.

Dovendo sintetizzare in una sola battuta l’intero libro verrebbe da dire: “finalmente ritorna la critica dell’economia politica”, intendendola proprio nel senso più genuinamente marxiano del termine. Si ha l’impressione, ascoltando e leggendo Brancaccio, di ritornare in quei luoghi dove tutto cominciò, di riascoltare quel gergo al contempo scientifico e politico che produsse la critica di classe al capitalismo; di riconnettersi cioè con la consapevolezza teorica che fu alla base di quel vasto mondo che si chiamava movimento operaio.


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Serena Ionta: Il debito italiano è sostenibile? Facciamo un po’ di chiarezza

kriticaeconomica

Il debito italiano è sostenibile? Facciamo un po’ di chiarezza

di Serena Ionta

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              1280 11. Introduzione

La crisi sanitaria innescata dal coronavirus è divenuta velocemente una crisi economica, facendo sì che molti Stati avessero la necessità di erogare ingenti risorse per finanziare la spesa pubblica e indirizzare la liquidità necessaria al sistema sanitario e agli operatori economici colpiti.

Come già evidenziato in un articolo precedente, la spesa pubblica può essere finanziata in due modi:

(1) Imposte, tendendo quindi verso un pareggio di bilancio.

(2) Deficit, finanziato da un aumento di debito pubblico o della base monetaria, operazione quest’ultima che rappresenterebbe la cosiddetta monetizzazione.

In questa sede ci si concentrerà principalmente sulla sostenibilità del debito pubblico italiano, attraverso un’analisi basata sui dati sino ad oggi disponibili. L’intento finale è quello di demistificare alcuni luoghi comuni poco fondati.

 

2. La situazione italiana pre-crisi

Nel caso in cui perdurino deficit non finanziati da moneta appositamente emessa è molto probabile che si presenti nel tempo un’accumulazione di debito: questo è quanto avvenuto in Italia e in altri paesi europei.


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Gianni De Bellis e Mario Fragnito: 2001-2016: Centralizzazione del capitale e crisi finanziaria, oppure Crisi, da cui centralizzazione del capitale?

sinistra

2001-2016: Centralizzazione del capitale e crisi finanziaria, oppure Crisi, da cui centralizzazione del capitale?

di Gianni De Bellis e Mario Fragnito

Osservazioni e critiche sull’omonimo lavoro di Emiliano Brancaccio, docente dell’Università del Sannio, ed altri (Centralization of capital and financial crisis: a global network analysisof corporate control).

imageNella letteratura non solo marxista, a partire almeno da mezzo secolo fa, non sono rare affermazioni come: “quasi 3 miliardi di persone .. quasi metà della popolazione terrestre vive con meno di 2 dollari al giorno” .. “il 20% delle persone più ricche detiene l’80% della ricchezza mondiale”; e, successivamente: “il 15% delle persone più ricche detiene l’85% della ricchezza mondiale”. E, più recentemente, a gennaio 2016, un rapporto di Oxfam diffuso in occasione del Forum economico mondiale di Davos: “Nel mondo 62 persone detengono la ricchezza di metà della popolazione più povera, mentre solo 6 anni fa erano 388 .. l’1% della popolazione mondiale possiede più del restante 99% .. l’1% più ricco degli italiani .. in possesso del 23,4% della ricchezza nazionale” ..

Certo, ricchezza e capitale non si identificano perfettamente; capitale è quella “ricchezza” che è in grado di produrne altra: una villa o uno yacht di lusso sono ricchezza ma non capitale. Però la ricchezza è sempre legata al capitale. Quindi l’idea che il capitale vada sempre concentrandosi nelle mani di chi è già ricco, mentre la maggior parte della popolazione del mondo impoverisce (al di la delle illusioni dei ludopatici e di quanti vengono influenzati fortemente dalle illusioni che il capitalismo potentemente semina ad ogni piè sospinto) soprattutto dopo la crisi di un decennio e mezzo fa, ormai appartiene non solo agli ambienti marxisti, ma va abbastanza oltre. E ciò anche nelle ricche nazioni imperialiste, dove ormai la povertà colpisce strati sempre più ampi della popolazione. Il fenomeno sembra così evidente che sembrano strane le prime parole con cui Emiliano Brancaccio e gli altri ricercatori aprono il loro scritto:


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John Bellamy Foster: Il ritorno di Engels

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Il ritorno di Engels

di John Bellamy Foster

Friedrich Engels spesso viene accusato di aver dirottato il marxismo su un terreno troppo deterministico. Ma le sue analisi su rapporto tra evoluzione, lotta di classe e ambiente ne hanno fatto un anticipatore dell'eco-socialismo

Friedrich Engels jacobin italia 990x361Pochi sodalizi politici e intellettuali possono competere con quello di Karl Marx e Friedrich Engels. Divennero famosi come co-autori del Manifesto del Partito comunista nel 1848, entrambi prendendo parte alle rivoluzioni sociali di quell’anno, ma anche di due opere precedenti: La Sacra Famiglia nel 1845 e L’ideologia tedesca nel 1846.

Verso la fine degli anni Settanta dell’Ottocento, quando i due socialisti scientifici finalmente poterono vivere in stretta vicinanza e discutere tra loro ogni giorno, spesso camminavano avanti e indietro nello studio di Marx, ciascuno dalla propria parte della stanza, solcando ripetutamente il pavimento mentre giravano sui tacchi e discutevano di idee, piani e progetti.

Spesso leggevano insieme brani dai loro lavori in corso. Engels lesse a Marx l’intero manoscritto del suo Anti-Dühring (al quale Marx contribuì con un capitolo) prima della sua pubblicazione. Marx scrisse un’introduzione a L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza di Engels. Dopo la morte di Marx nel 1883, Engels preparò i volumi due e tre del Capitale per la pubblicazione dalle bozze che il suo amico aveva lasciato. Se Engels, come riconobbe per primo, si trovava all’ombra di Marx, era nondimeno un gigante intellettuale e politico a pieno titolo.

Eppure per decenni gli accademici hanno suggerito che Engels avesse declassato e distorto il pensiero di Marx. Come ha osservato criticamente lo scienziato politico John L. Stanley nel suo postumo Mainlining Marx nel 2002, i tentativi di separare Marx da Engels – al di là del fatto ovvio che erano due individui diversi con interessi e talenti differenti – hanno teso sempre più a dissociare Engels, visto come la fonte di tutto ciò che è riprovevole nel marxismo, da Marx, visto come l’epitome dell’uomo di lettere civilizzato, e lui stesso un non-marxista.


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Flavio Luzi: Sulla metafora del nemico invisibile

quieora

Sulla metafora del nemico invisibile

di Flavio Luzi

0 22Nel chiasso mediatico generatosi negli ultimi mesi, è difficile non accorgersi della diffusa tendenza della classe dirigente e dell’opinione pubblica a ricorrere al lessico militare in riferimento alla situazione scaturita dalla diffusione del Covid-19: l’epidemia – o, meglio, la pandemia – non sarebbe altro che una “guerra” nella quale si trova coinvolto l’intero pianeta (la “terza o quarta guerra mondiale” o la “prima guerra globale”); le zone ad alto potenziale di rischio, sottoposte a limitazioni, non sarebbero altro che delle “zone rosse” e i reparti di terapia intensiva, a loro volta, delle “trincee”. Si è addirittura arrivati a concepire gli operatori sanitari come degli “eserciti” con i loro feriti e il loro caduti. È una vecchia abitudine: già Susan Sontag l’aveva messa in evidenza tra la fine degli anni Settanta e la conclusione degli anni Ottanta, nei testi Illness as Metaphor e Aids and its Metaphors, datando l’esordio delle metafore belliche in ambito bio-medico alla seconda metà dell’Ottocento. L’inizio del pensiero bio-medico moderno andrebbe ricondotto proprio al focalizzarsi di queste metafore non più, genericamente, sulla malattia in quanto tale, bensì su determinati organismi patogeni visibili all’occhio umano solo con l’ausilio di particolari strumenti, per esempio un microscopio.

Ma che tipo di guerra potrà mai essere una guerra condotta contro un virus? Come si nota leggendo Carl Schmitt, la guerra si trova all’interno di una relazione circolare, di presupposizione reciproca, con l’inimicizia.


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tonino

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Claudio Conti: Competizione per sopravvivere, il nero destino della UE

contropiano2

Competizione per sopravvivere, il nero destino della UE

di Claudio Conti

In calce un articolo di Guido Salerno Aletta

competizione sopravvivereSepolta sotto la coltre mediatica delle notizie sulla pandemia, la crisi economica marcia trionfale. Esaltata dalla stessa architettura dell’Unione Europea, fissata in trattati pensati in un’epoca di “vacche grasse”, quando la parola crisi era immediatamente associata alla “colpa” di qualcuno.

Perché si viveva “nel migliore dei mondi possibili”, e dunque se qualcosa andava storto doveva esserci per forza qualcuno che aveva “vissuto al di sopra delle proprie possibilità”, accumulando debiti invece che produrre ricchezza.

Quel mondo perfetto, del capitalismo neoliberista, non è mai esistito, se non nella retorica (qualcuno lo spieghi ai Giannini e ai Mario Monti, che non continuino ignari di tutto!). Ma adesso è la realtà a prendere a martellate in testa chiunque provi a immaginare “misure correttive” per un sistema che non sta in piedi.

L’Unione Europea, dopo dieci mesi di pandemia, non è ancora riuscita a prendere alcuna decisione sensata o comunque pratica. L’unica mezza cosetta è il fondo Sure, garantito dalla Ue, per finanziare – molto parzialmente – la cassa integrazione straordinaria decisa da tutti gli Stati membri.

Per il resto, ognun per sé, come vuole la logica mercantilista dei trattati. Tranne che per quanto riguarda la politica di bilancio, ovviamente improntata all’austerità.

Anche questa è stata presa a martellate dalla pandemia, visto che tutti i Paesi membri hanno dovuto ingigantire i rispettivi debiti pubblici per far fronte all’emergenza. Ma la “sospensione” del Patto di Stabilità non significa affatto revisione delle strategie adottate fin qui.


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Guy Van Stratten: Il cittadino criminale e il “grande internamento” del lockdown

codicerosso

Il cittadino criminale e il “grande internamento” del lockdown

Adesso più che mai è necessario rileggere Foucault

di Guy Van Stratten

foucault 800x445Per descrivere i più svariati fenomeni di tipo sociale e politico che avvengono nella società è utile, in alcuni casi, rivolgersi al pensiero di studiosi e filosofi, che funziona come una vera e propria lente di ingrandimento, come un filtro attraverso il quale possiamo leggere la realtà che ci circonda. Michel Foucault è sicuramente uno di questi: egli stesso considerava le sue opere come una vera e propria “cassetta degli attrezzi” che metteva a disposizione per chi volesse avviarsi sulle piste di ricerca da lui iniziate. I suoi studi sulle dinamiche attraverso le quali il potere si insinua negli interstizi della società moderna e contemporanea rappresentano un importante strumento che non dovremmo mai dimenticare. Adesso più che mai è necessario riprenderlo in mano per tentare di analizzare, in modo lucido e disincantato, i fenomeni sociali e politici scaturiti dall’emergenza della pandemia da Covid-19.

Da più parti, durante il lockdown di marzo-aprile, è stato richiamato il concetto di “criminalizzazione del cittadino”. Adesso, che vengono nuovamente messe in atto pratiche più o meno restrittive della libertà individuale sull’intero territorio nazionale, è interessante recuperare questo concetto. Perché criminalizzazione o, detto altrimenti, colpevolizzazione? Perché – si diceva – gli organi di governo, invece di mettere il dito sulla piaga di un sistema sanitario inefficiente e ridotto al collasso da una cattiva gestione nel corso di lunghi anni, colpevolizzavano diffusamente i cittadini indisciplinati che ‘si assembravano’ e assumevano dei comportamenti sbagliati.


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Laura Pigozzi: Infanzia e capitalismo

gliasini

Infanzia e capitalismo

di Laura Pigozzi

illustrazioni francioli 10 1024x827Il nostro capitalismo, che è indubitabilmente aggressivo, è anche un capitalismo bambino. Uno dei passaggi dall’età infantile a quella adulta consiste nel legare la pulsione aggressiva in una formazione che abbia carattere di sublimazione, che possa, cioè, costruire un ponte simbolico tra gli esseri umani, come il pensiero, l’invenzione. Possiamo chiamare il nostro capitalismo infantile anche “capitalismo pulsionale”, dato che la sua pulsionalità appare slegata, indisciplinata e disinvolta nel gioco del libero mercato. Le parole non sono mai innocenti: definire “gioco” il sistema che regge economicamente il mondo è rivelatore. Eppure, persino il gioco dei bambini ha bisogno di regole imposte da un terzo, esterno alla partita. Al contrario, per quanto riguarda gli scambi economici del nostro mondo industrializzato, si è creduto di poterli lasciare senza una disciplina, senza la guida di un terzo che, estraneo al gioco, dettasse le regole. Si è creduto che un gioco auto-amministrato potesse “dar vita di per sé a una società funzionante ed efficiente [dato che] la teoria neoclassica è stata ampiamente collaudata e ha mostrato il suo valore”, come recita uno dei testi di Peter Ferdinand Drucker, ritenuto l’inventore della scienza del management. Drucker è considerato uno dei pensatori di economia sociale e organizzazione aziendale tra i più illuminati e, mentre scriveva “credo fermamente nei liberi mercati”, sosteneva anche che le attività economiche sono il mezzo “per il raggiungimento di fini non economici (cioè umani o sociali), anziché essere fini in quanto tali”.


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Pasquale Cicalese: "Vengo dal proletariato, ne vado fiero. Il sud per me è tutto"

lantidiplomatico

"Vengo dal proletariato, ne vado fiero. Il sud per me è tutto"

Intervista a Pasquale Cicalese autore di "Piano contro Mercato"

Leo Essen intervista Pasquale Cicalese

Di «Piano contro Mercato», il libro dell’economista Pasquale Cicalese, appena uscito per AD edizioni, non vi anticipo nulla, vi consiglio solo di comprarlo su youcanprint.it, e di leggere i saggi che contiene, iniziando da uno qualsiasi, non necessariamente dal primo, come suggerisce Guido Salerno Aletta nell’Introduzione. Cicalese si è formato a Bologna, in Strada Maggiore, alla Facoltà di Scienze politiche, dove era radunato un gruppo di storici dell’economia - Carlo Poni, Fabio Giusberti, Alberto Guenzi – che ruotava introno allo strutturalismo di Braudel e a quegli storici noti con l’etichetta Economia Mondo, mentre in Via Zamboni, a Lettere, erano asserragliati i post questo e post quello, a partire da Valerio Marchetti, gran sacerdote della chiesa foucaultiana. Mentre i primi studiavano l’economia e il capitalismo – semplifico – i secondi puntavano su alcune tematiche nuove, ritenute estranee ai rapporti di produzione, quali il femminismo, i giovani, la musica, le canne, lo sballo, la trasgressione, i gay, eccetera, tematiche che non erano componibili in un ordine e un segno univoci, come possono essere la legge del valore e la fabbrica, o la sinistra comunista, richiedevano dunque un’analisi indipendente dall'economicismo e dal fabbrichismo.


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Wolfgang Munchau: Dobbiamo parlare del debito dell'Italia

lantidiplomatico

Dobbiamo parlare del debito dell'Italia

di Wolfgang Munchau

Wolfgang Munchau, il prestigioso editorialista del Financial Times direttore del sito Eurointelligence, auspicando una discussione franca e aperta, dice esplicitamente ciò che il governo italiano tenta maldestramente di nascondere, e cioè che i lavori per la riforma del MES hanno il preciso obiettivo di apparecchiare la prossima risttrutturazione del debito italiano, quando le regole di bilancio verranno ripristinate mentre l'economia italiana ancora si troverà al palo. Suggerisco in proposito l'ottimo commento di Liturri su Startmag e aggiungo un caloroso augurio al Governo che avremo nel 2023, di condurre con successo la nave Italia in queste acque pericolose.

Newsbriefing, 27 November 2020. Quando David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo, ha lanciato l'idea che la BCE cancellasse il debito pubblico contratto a seguito delle misure di sostegno economico del Covid-19, in Germania c'è stata una prevedibile reazione di indignazione. Ora la proposta è stata raccolta da Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di Giuseppe Conte, in un'intervista a Bloomberg che rilancia la questione in maniera importante, pur se la proposta non arriva direttamente da Conte.


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Antonio Di Siena: Anche la British Medical Journal complottista no vax?

lantidiplomatico

Anche la British Medical Journal complottista no vax?

di Antonio Di Siena

A proposito di vaccino anticovid.

Il British Medical Journal, una delle più antiche e prestigiose riviste mediche del mondo, ha pubblicato un interessante editoriale in cui getta ombre lunghissime sia sul vaccino di Astrazeneca che sui due americani, Pfizer e Moderna.

Accuse pesanti.

In primo luogo si denuncia la scarsissima trasparenza dei dati. Al netto degli annunci roboanti su tempistica ed efficacia (buoni per far salire la quotazione in borsa dei rispettivi titoli, immediatamente monetizzati) pare, infatti, che dei vaccini che salveranno il mondo non si sappia praticamente niente.

Nessuna informazione sul campione di soggetti sottoposto a sperimentazione. Nessuna informazione sull’efficacia nel medio/lungo periodo. Nessuna sulla capacità dei vaccinati di contagiare o meno gli altri.

Il poco che si sa, invece, riguarda gli effetti collaterali alcuni dei quali, seppur di lieve entità, comparsi in fase tre sono considerati “gravi".


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coniarerivolta: Tagliare la sanità e bastonare i dipendenti pubblici: la ricetta liberista per il disastro

coniarerivolta

Tagliare la sanità e bastonare i dipendenti pubblici: la ricetta liberista per il disastro

di coniarerivolta

In vista dello sciopero indetto per il 9 dicembre dai sindacati del pubblico impiego, il fuoco di fila dei guardiani dell’austerità non tarda a farsi vivo. Le sigle promotrici, tra le quali troviamo Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa, lamentano carenza di fondi stanziati su vari fronti: risorse per lavorare in sicurezza, per avviare una vasta programmazione occupazionale, per stabilizzare i precari, per finanziare i rinnovi dei contratti nazionali di lavoro. Ciò a fronte di un intero decennio, iniziato nel 2009, nel quale tali contratti hanno visto un sostanziale blocco degli aumenti. Oltre alle risposte istituzionali, tra i nomi più noti che in questi giorni si stanno spendendo al fine di veicolare odio e invidia nei confronti dei dipendenti pubblici, troviamo personaggi che hanno fatto ormai di questo sport una professione a tutti gli effetti.

Nessuno si sorprenderà se nella trincea delle posizioni più oltranziste a danno dei lavoratori pubblici vediamo accorrere i vari Boeri, Perotti, Ichino. A sentire quest’ultimo, che pretende di assorbire milioni di disoccupati con poche decine di migliaia di posti vacanti e qualche corso di formazione, “la logica vorrebbe che il loro trattamento [dei lavoratori pubblici] fosse lo stesso dei lavoratori privati collocati in cassa integrazione”.


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Guido Salerno Aletta: MES, l'Ultimo Robot

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MES, l'Ultimo Robot

di Guido Salerno Aletta

Superato dagli eventi, è un pericolo per la stabilità dei mercati

E' fatta così l'Unione europea: per salvarsi dalla disgregazione, ogni volta mette in piedi un Meccanismo Automatico, un Robottino che va per conto suo.

Stavolta si cerca di rimettere in moto il MES, senza rendersi conto che la realtà economica e finanziaria è estremamente cambiata da un anno a questa parte, per via della crisi sanitaria.

Il MES nasce nel 2012 come Fondo Salvastati: un meccanismo di solidarietà europea condizionata alla adozione delle riforme strutturali. Gli aiuti vengono erogati previa verifica della sostenibilità dei debiti pubblici e della capacità di restituire le somme erogate.

Nella revisione del 2019, si esplicita nel Preambolo che, quando il debito sia giudicato insostenibile, si possa procedere ad un "coinvolgimento del settore privato": si tratta di una ristrutturazione del debito, con l'allungamento delle scadenze ed il taglio del capitale. Un sistema di default controllato, alla maniera del FMI.


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Bollettino Culturale: Bozze per un'analisi della teoria dello Stato in Marx (breve risposta a Riccardo Dal Ferro)

bollettinoculturale

Bozze per un'analisi della teoria dello Stato in Marx (breve risposta a Riccardo Dal Ferro)

di Bollettino Culturale

athusser098gh6Riflettere su un argomento così complesso come lo Stato in Marx comporta diversi tipi di problemi. Un primo problema è la vastità dell'opera di Marx, un altro la complessità del suo pensiero e l'erudizione delle sue esemplificazioni. Tuttavia, questi problemi possono diventare secondari o minori rispetto ad altri di dimensioni maggiori: cosa intendiamo cercare e trovare quando parliamo di "Stato in Marx"? Un problema teorico della massima importanza, poiché riguarda la definizione dell'oggetto da indagare.

Partendo da una prima approssimazione potremmo, ad esempio, dire: l'oggetto di questa indagine è il concetto di Stato che esiste nell'opera di K. Marx. Ma poi, poco dopo, ci imbattiamo in un problema: se c'è un “concetto” è chiaro che si tratta necessariamente di una teoria. Quindi l'"oggetto" della nostra ricerca non è semplice. È complesso e potrebbe essere una "cosa" diversa da come pensavamo che fosse. Appaiono una serie di domande sollevate anche da Riccardo Dal Ferro nella sua riflessione critica sul pensiero di Marx, a cui proverò a rispondere, e che grosso modo sono: esiste una teoria dello Stato in Marx? E se sì, di quale "tipo" di teoria stiamo parlando? Qual è il suo grado di sviluppo? Implica un "concetto" di Stato?

Le preoccupazioni per il problema dello Stato in Marx avevano forse raggiunto il loro culmine negli anni Sessanta con l'affermazione di Bobbio che non solo Marx non aveva elaborato una teoria dello Stato capitalista, ma non l'aveva nemmeno fatto in relazione al futuro Stato socialista, questo perché il suo interesse centrale era stato il problema del partito.


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Federico Chicchi: L’importanza del comando capitalistico sulla riproduzione sociale

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L’importanza del comando capitalistico sulla riproduzione sociale

di Federico Chicchi

Note a margine sullo sfruttamento a partire da alcune preziose suggestioni di Christian Marazzi

0e99dc
            aae7ebe5af404a6b855aa1500474e3ecmv2I feel so extraordinary
Something’s got a hold on me
I get this feeling I'm in motion
A sudden sense of liberty
The chances are we’ve gone too far
You took my time and you took my money
Now I fear you've left me standing

True Faith, New Order, 1987

Sporgenze inesauribili della teoria militante

Ci sono luoghi della produzione militante, siano questi teorici o pratici, che non si lasciano assorbire dal crepaccio che lo scorrere del tempo cronologico genera dietro di sé. Tale dimostrazione di vitalità, ad esempio, è quella che illumina il sapere dei cosiddetti insegnamenti classici, quel sapere che continua a interpellarci nonostante tutto, quel sapere resistente ai cambiamenti, ancora necessario a pensare il presente nelle e con le sue contraddizioni. Ma non solo. Esistono a mio avviso frammenti, contributi, lamelle, schegge più difficili da scovare e levigare ma che per questo non sono meno preziosi (quando non indispensabili) per tentare di costruire un bagaglio di sapere militante all’altezza delle sfide del presente. Questo mi porta anche ad affermare che il valore teorico e politico di un sapere militante non è mai definito una volta per tutte e che per questo non può neanche essere approcciato da un fare meramente archeologico. Tra le svariate e possibili motivazioni a sostegno di questa affermazione, ce n’è una credo fondamentale, che voglio provare, molto brevemente, a proporvi di seguito.


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Fulvio Grimaldi: Assassinio Kakhrizadeh, un'altra guerra?

mondocane

Assassinio Kakhrizadeh, un'altra guerra?

di Fulvio Grimaldi

Nagorno Karabakh – Iran: obiettivo Mosca. Chi, come, perché

striscioneIl Mossad è un’organizzazione criminale con la licenza”
(Tamir Pardo, ex-capo del Mossad)

Attentato, com’è andata davvero

Tra le tante versioni che circolano, quello più attendibile in base a fonti non interessate è esemplificata nella mappa. Per certo non è credibile la fesseria di una mitragliatrice automatica, su un mezzo poi fatto saltare in aria. Operazione in grande stile, invece, con la partecipazione di 62 persone delle quali 12 in azione armata. 1) Il convoglio dello scienziato di tre vetture blindate entra nella rotonda da cui si arriva alla cittadina di Asbard. 2) Salta per aria un’autobomba che abbatte un traliccio, provoca un blackout nell’area e colpisce la vettura di coda. 3) Un’auto Hyundai Santa Fè con 4 passeggeri, quattro motociclette e due cecchini, è appostata al lato opposto. Da qui si apre il fuoco dopo l’esplosione che ha bloccato le macchine.4) Uno del commando trascina Fakhrizadeh dalla macchina e lo finisce sulla strada, dove, infatti, resta una larga pozza di sangue.

Perché il governo di Ahmed Rouhani parla di un’operazione assai meno complessa? Perché si tratta di occultare l’inefficienza dei servizi di sicurezza a protezione dello scienziato, denunciata anche dagli ambienti militari, e l’impressionante grado di infiltrazione di elementi nemici e di collaborazionismo interno. Una debolezza che contrassegna l’intero mandato dell’attuale presidente, espressione, dopo gli anni di Ahmadinejad e nonostante i tentativi di contrasto dei cosiddetti “radicali”, o “conservatori”, di quelli che in Occidente vengono magnificati come “”moderati”. Come spesso succede, la divisione di classe si traduce in divisione geopolitica: da una parte il popolo, antimperialista e per la sua sovranità, dall’altra l’élite, propensa alla consociazione nel segno del mercato senza confini.


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Marco Pondrelli: Emiliano Brancaccio. Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, a cura di Giacomo Russo Spena

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Emiliano Brancaccio. Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, a cura di Giacomo Russo Spena

di Marco Pondrelli

Una recente serie TV di successo, I Diavoli, racconta con toni shakespeariani lo scontro dentro l'alta finanza fra il CEO di un'importante banca ed il suo delfino, quando il cattivo antieuro sta per trionfare è Mario Draghi a salvare Europa ed Euro con l'oramai famoso 'whatever it takes'. Chissà se Emiliano Brancaccio, autore di 'non sarà un pranzo di gala' ha guardato questa serie, nel caso sarebbe interessante avere un suo giudizio perché leggendo il libro è difficile idelizzare in questo modo l'ex capo della BCE.

 

L'accentramento dei capitali: Brancaccio vs Losurdo

Non è semplice trovare un filo conduttore in questo volume curato da Giacomo Russo Spena, infatti esso raccoglie scritti, interviste ed interventi pubblici che si dispiegano nell'arco di oltre 10 anni. Possiamo però trovare alcuni temi ricorrenti a partire da quello più importante, già presente nell'introduzione che l'Autore scrisse a 'Il capitale finanziario' di Hilferding.


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Marco Veronese Passarella e Daniele Tori: Nasce la rete italiana post-keynesiana contro il conformismo del dibattito economico

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Nasce la rete italiana post-keynesiana contro il conformismo del dibattito economico

Daniele Nalbone intervista Marco Veronese Passarella e Daniele Tori

Partono da un approccio critico allo studio dei fenomeni economici e sociali, sulla scia dei contributi di Karl Marx, Rosa Luxembourg, John Maynard Keynes, Joseph Schumpeter, Michal Kalecki, Joan Robinson, Nicholas Kaldor, Piero Sraffa. La decisione di dar vita a una rete di studi post-keynesiani in Italia nasce dal clima di conformismo scientifico e conservatorismo metodologico che da alcuni decenni caratterizza il dibattito economico italiano.

Oggi, 27 novembre, quello che ufficialmente si chiama IPKN – Italian Post-Keynesian Network – si presenterà in Italia con un primo workshop in streaming (dalle 13.30 sulla pagina Facebook della rete).

Significativi i temi al centro dei panel che saranno introdotti da Claudia Fontanari, dell’università Roma Tre, e Eugenio Caverzasi, dell’università dell’Insubria: dopo i saluti di Engelbert Stockhammer, presidente della Post-Keynesian Economics Society (PKES) si discuterà di “Distribuzione e crescita”, “Transizione energetica e piani di lavoro garantiti” e di “Un modello ad agenti per la stagnazione secolare negli Usa”.


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Giacomo Marchetti: La transizione politica negli USA e la fine dell’egemonia statunitense

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La transizione politica negli USA e la fine dell’egemonia statunitense

di Giacomo Marchetti

Questo martedì le borse nord-americane hanno salutato positivamente l’inizio della transizione di poteri tra l’amministrazione uscente repubblicana e quella democratica. +1,5 del Dow Jones ed +1,6 dello S&P500 fotografano il sentiment dei mercati per il superamento di questo scoglio.

Donald Trump, nonostante non riconosca tutt’ora l’esito del voto, aveva detto lunedì che la sua amministrazione avrebbe iniziato a cooperare con il team di “transizione” di Joe Biden, a venti giorni dalle contestate elezioni del 3 novembre ed a meno di due mesi dall’insediamento effettivo del nuovo Presidente.

Tale decisione è senz’altro il prodotto delle pressioni del big business e del moltplicarsi delle voci non concordi, all’interno del suo partito, con la battaglia di Trump contro le presunte frodi elettorali. “Illeciti” che sembrano non avere alcuna evidenza empirica, tanto da costringere alla resa anche i politici repubblicani che avevano sostenuto all’inizio l’azione di The Orange Man.


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Guido Salerno Aletta: L'inflazione? Riparliamone tra 20 anni

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L'inflazione? Riparliamone tra 20 anni

I limiti della politica monetaria e il nodo del debito pubblico

di Guido Salerno Aletta

La deflazione indotta dalla crisi pandemica ha accelerato una tendenza già in atto che non è stata contrastata neppure dalla politica monetaria accomodante della Bce. Sottozero l'indice dei prezzi anche in Italia

Se ne parla tra vent’anni, se va bene: tanto ci vorrà, secondo il Ministro delle finanze francese Bruno Le Maire, per riassorbire l’extra debito pubblico dovuto alla crisi economica determinata dal Covid-19. Significa che saranno solo i fattori esogeni e non la politica fiscale o quella monetaria a sospingere la crescita, visto che in Europa, con i tassi già negativi, non c'è spazio di manovra.

Sono previsioni davvero ottimistiche, quasi da rito divinatorio, se si guarda alle crisi che si sono susseguite negli ultimi decenni, ad un ritmo sempre più serrato, nonostante le discipline di bilancio adottate sin dal Trattato di Maastricht e lo scudo dell’euro. Mettendole in fila, solo quelle che ricordiamo per averle in qualche modo vissute sono davvero tante, troppe: dallo shock petrolifero del 1973 a quello del 1980 che fu accompagnato da una devastante stretta monetaria americana, per non parlare della guerra portata allo Sme nel 1992 al fine di azzoppare il disegno della nascente moneta unica europea e dei condizionamenti pesantissimi che ci erano già derivati a partire dal 1985 dall’Accordo del Plaza, volto a dare sollievo all’economia americana boccheggiante per i deficit gemelli del bilancio federale e dei conti con l’estero.


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Eros Barone: Alcune osservazioni sulla Fisica dell’immortalità di Frank J. Tipler

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Alcune osservazioni sulla Fisica dell’immortalità di Frank J. Tipler

di Eros Barone

Noi fisici siamo nel complesso un gruppo estremamente arrogante di studiosi. La nostra arroganza deriva dalla nostra percezione riduzionista che vede la fisica come la scienza definitiva dell’intero universo.

F. J. Tipler, The Physics of Immortality. 1

Come risulta dall’intero impianto del libro e come dichiara lo stesso autore nel capitolo XIII, la sua ricerca, pur confrontandosi con le grandi dottrine religiose monoteistiche, si inscrive nondimeno nella tradizione della teologia laica, che nacque nei secc. XVI e XVII ad opera di scienziati e filosofi come Galileo, Descartes, Leibniz, Newton (dal quale, proprio nel suddetto capitolo, viene ripresa la definizione della teologia come branca della fisica), Hobbes e Vico. Mai prima di allora (se non si intende risalire ad Aristotele, che le ricomprendeva nelle scienze teoretiche, distinguendole però l’una dall’altra per la diversità degli oggetti d’indagine) la fisica, la filosofia e la teologia erano state considerate come un unico oggetto di studio; né lo sarebbero mai più state (con l’eccezione di Tipler e di pochi altri scienziati teologizzanti che, dimostrando uno spirito coraggiosamente anticonformistico, se si considera il programmatico agnosticismo che domina la comunità scientifica, ripropongono oggi con la teoria del Punto Omega quella ‘antica’ tradizione del mondo moderno).


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I più letti degli ultimi tre mesi

tonino

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Dec 7, 2020, 2:20:19 AM12/7/20
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Carlo Formenti: La crisi del populismo di sinistra e il socialismo possibile

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La crisi del populismo di sinistra e il socialismo possibile

di Carlo Formenti

Pubblichiamo una sintesi dell’ultimo paragrafo del capitolo conclusivo de “Il capitale vede rosso” di Carlo Formenti, un pamphlet appena uscito per i tipi di Meltemi. Nel volume l’autore chiarisce il proprio pensiero sui temi del populismo e della sovranità nazionale, propone il concetto di “socialismo possibile” allo scopo di ridefinire un’idea di socialismo del secolo XXI emancipata dai dogmatismi della tradizione marxista e ragiona sulla possibilità di rivitalizzare il progetto socialista nei Paesi occidentali e sul blocco sociale su cui lo si potrebbe fondare

capitale vede rosso formenti recensionePrendo le mosse da una considerazione: le sinistre populiste occidentali, pur avendo contribuito a riesumare la parola socialismo che il crollo del Muro e quarant’anni di controrivoluzione liberista avevano rimosso dal lessico della politica, avanzano proposte simili alle politiche socialdemocratiche del trentennio glorioso. Nel secolare dibattito su riforme e rivoluzione costoro sembrano dunque collocarsi nel campo riformista. È pur vero che il dibattito interno alla socialdemocrazia tedesca di fine 800/primo 900 su riforme e rivoluzione – oggi ripreso in ambito latinoamericano in relazione alle esperienze bolivariane – ha stemperato questa opposizione assoluta: sia Engels che Luxemburg avevano ribadito che la vera differenza è fra coloro che considerano le riforme come un fine in sé e chi le concepisce come uno strumento per preparare la rivoluzione. Resta il fatto che parliamo di programmi politici che, almeno a un primo esame, appaiono compatibili sia con il modo di produzione capitalista che con i suoi assetti istituzionali. Ma è davvero così?

La verità è che, mentre il modo di produzione fordista poteva permettersi il compromesso keynesiano fra capitale e lavoro, il capitalismo contemporaneo non intende in alcun modo rinunciare ai frutti delle vittorie ottenute dagli anni Ottanta a oggi.


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il rasoio
              di occam

200 anni di Engels: per una nuova lettura della “Dialettica della natura”

di Gabriele Schimmenti

unnamedno75epNell’anno del bicentenario di Engels, vale ancora la pena di tornare a discutere del Generale e di tenere a mente come la sua attività teorica, nelle ultime fasi della sua produzione, si fosse concentrata sul progetto incompleto di una “Dialettica della natura”. Il libro di Kaan Kangal, “Friedrich Engels and the Dialectics of Nature” (Palgrave Macmillan 2020), affronta le intenzioni, i fini, le procedure, le tesi e la storia degli effetti dell’“opera” in questione, invitandoci a ritornare ad Engels senza cadere vittima delle stratificate maldicenze sul suo conto. Solo in questo modo, da una nuova lettura di Engels, sarà possibile osservare i meriti e i limiti del progetto di una “Dialettica della natura”, del suo discorso e delle sue intenzioni.

Nei manoscritti de L’ideologia tedesca, Marx ed Engels scrissero che

conosciamo una sola scienza, quella della storia. La storia può essere considerata sotto due aspetti, ed essere suddivisa in storia della natura e storia degli uomini. Tuttavia, questi aspetti sono inseparabili: finché esistono uomini, la storia della natura e la storia degli uomini si condizionano reciprocamente.[1]

Sebbene la ricerca più recente ci mostri come entrambi i sodali fossero versati nella storia naturale (come mostrato ad esempio di recente, relativamente a Marx, dai lavori John Bellamy Forster o di Kohei Saito), è stato Engels che ha dedicato la maggior parte della sua ad un progetto in cui la natura assumeva un ruolo centrale, ovvero la cosiddetta Dialettica della natura.


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Nico Maccentelli: Riflessioni pandemiche

carmilla

Riflessioni pandemiche

di Nico Maccentelli

polizeiTrovo le polemiche interne alla sinistra di classe sul lockdown del tutto fuorvianti. Le accuse reciproche di negazionismo da una parte e dall’altra di sudditanza ai dettami imposti dal regime in materia di salute pubblica non colgono la questione essenziale che è un passaggio epocale, direi antropologico e non solo economico di crisi del capitalismo.

Un passaggio nel quale la democrazia borghese, ma più profondamente le relazioni sociali, sta subendo un mutamento non certo temporaneo e in cui si evidenzia l’incapacità del capitalismo (ma direi anche la volontà delle classi dirigenti) di affrontare la pandemia e la crisi del capitale che si accresce in questo frangente. Un sistema che cade definitivamente nella barbarie darwiniana del più forte che sopprime i più deboli, che fa la guerra, che si impone con una violenza organizzata di cui la democrazia è ormai solo un vuoto involucro.

Che siamo al crepuscolo di questo modo di produzione e di consumo lo dicono tanti segnali e di certo non occorreva la pandemia per confermarlo. Ma noi comunisti siamo sempre stati della cassandre inascoltate…

Vediamo allora di mettere alcuni punti fermi, in modo sintetico.

 

1. Ho scritto poc’anzi dell’incapacità del capitalismo di far fronte a questa ecatombe e aggiungo la sola volontà demenziale e direi suicida di riproporre la legge del più forte al netto di tutta la demagogia spicciola tra balconi, bandierine e Mattarella.

Laddove occorrerebbe una spinta rivoluzionaria della politica nel non farsi tirare la giacchetta da chicchessia e nel non guadare in faccia a nessuno, la classe politica sceglie ancora una volta l’egemonia delle oligarchie economiche.


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E.A.: Ecco chi era Friedrich Engels

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Ecco chi era Friedrich Engels

di E.A.

Duecento anni fa nasceva a Barmen in Germania, il 28 novembre 1820, Friedrich Engels. E’ uso comune prendere queste scadenze per ricordare personaggi famosi, eventi storici significativi. Un esercizio che ogni classe fa per ripescare dal passato i propri campioni o le proprie gesta, per riproporle nella situazione odierna e sfruttarle per i propri fini. Succede anche a noi, anche noi abbiamo interesse a commemorare i nostri campioni, i nostri capi storici e metterne in evidenza le caratteristiche nel modo più conveniente per la situazione di oggi. Ed allora diventa conseguente la domanda: cosa di un personaggio così lontano nel tempo, nato 200 anni fa, ci interessa ripescare oggi, quali strumenti teorici e pratici elaborò che nell’attualità a noi possono servire?

Abbiamo il dovere, a scanso di equivoci, di chiarire cosa intendiamo per “noi” e la risposta è semplice: a noi operai che abbiamo di nuovo intrapreso una lotta di liberazione della nostra classe. Non ci mettiamo ad elencare cronologicamente le opere prodotte, si possono trovare ovunque, nemmeno cercheremo di trovare l’aggettivo più consono, maestro, fondatore di chissà quale dottrina, quale nuova filosofia o religione.


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Brian Cepparulo: Debito, la fine di un tabù

osservatorioglobalizzazione

Debito, la fine di un tabù

di Brian Cepparulo

Una frase di Keynes a cui sono particolarmente affezionato recita:

“la difficoltà sta, non nelle nuove idee, ma nello sfuggire a quelle vecchie… ”

Accade, infatti, che certe idee, un po’ per conformismo, un po’ per interesse, si sedimentano nell’immaginario collettivo, si fossilizzano nella pubblica opinione, trasformandosi in dogmi difficili da superare. Diventano tabù, la cui messa in discussione provoca scandalo e resistenza. Eppure la verità sembra avere una caratteristica peculiare: ovvero la tendenza con il passare del tempo a fuoriuscire, a svelarsi, nonostante le forze che provino a celarla. Allora ciò che ieri faceva scandalo, oggi non è lo più.

Cosi il presidente del parlamento europeo, David Sassoli, sostiene l’ipotesi di cancellare il debito che gli stati hanno contratto a causa della pandemia e che la BCE ha acquistato attraverso le operazioni di alleggerimento quantitativo (il celeberrimo quantitative easing o QE).

La notizia è clamorosa per due motivi. Uno politico. Sassoli è esponente del Partito Democratico, lo schieramento che ha meglio incarnato il concetto di vincolo esterno, secondo il quale è preferibile legare le mani politiche dell’Italia con la politica valutaria, monetaria e fiscale eterodirettea e indipendente (il famoso “ce lo chiede l’Europa”).


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Alessandro Somma: Aboliamo le Regioni!

micromega

Aboliamo le Regioni!

di Alessandro Somma

Occorre un forte impegno ad abolire alcuni strati amministrativi intermedi come le Province: si chiudeva così la celebre lettera formata da Mario Draghi e Jean-Claude Trichet nella loro funzione di presidenti entrante e uscente della Banca centrale europea, che a fine 2011 aprì la strada al governo tecnico lacrime e sangue di Mario Monti. L’esecutore materiali di questo diktat fu il Governo Renzi, che però non riuscì a completare l’opera: si limitò, più che ad abolire le Province, a eliminare l’elezione diretta dei presidenti e dei consiglieri provinciali.

Probabilmente quell’opera non sarebbe neppure iniziata, se la furia austeritaria dei banchieri europei si fosse scatenata appena una decina di mesi dopo, quando scoppiò lo scandalo delle spese pazze alla Regione Lazio. La vicenda coinvolse inizialmente il consigliere berlusconiano Er Batman, al secolo Franco Fiorito, ma ben presto si allargò ad altre personalità e ad altre Regioni. Tanto che all’epoca si propose di abolire queste, in luogo delle province: se proprio si doveva risparmiare sulla democrazia, assecondando il clima da antipolitica all’epoca già imperante, allora era meglio farlo a spese degli enti territoriali che più avevano dato prova di essere un terreno fertile per il malcostume politico.


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Rocco Scalia: Il delirio di onnipotenza della tecnica, fra intelligenza artificiale e politica

kriticaeconomica

Il delirio di onnipotenza della tecnica, fra intelligenza artificiale e politica

di Rocco Scalia

Alla domanda “È più forte la tecnica o la necessità che governa le leggi della natura?” Prometeo rispose “La tecnica è di gran lunga più debole della necessità che governa le leggi della natura”
Eschilo, Prometeo Incatenato

Siamo nei primi anni del Novecento quando un sociologo tedesco, tale Max Weber, volendo dar valore alla propria “etica della responsabilità”, frutto della sublimazione dell’esistenzialismo, spiegherà che con l’affermazione della tecnica non vi poteva essere più spazio per etiche basate sulle intenzioni o sul finalismo, la posizione precaria rispettivamente del dubbio e del futuro risultava inconciliante con l’atteggiamento metodico della tecnica. Quindi, scriveva Weber, era doveroso passare ad un’etica della responsabilità, nella quale il singolo si assume, indipendentemente dalle sue intenzioni e dai suoi fini, le responsabilità di tutte le scelte che prende.

Oggi, dopo quasi un secolo, possiamo dire che anche l’etica di Weber ha fallito. La motivazione è molto semplice, Weber, suo malgrado, non poteva minimamente immaginare che la tecnica stessa, e non il singolo che tenta di governarla, sarebbe riuscita a svincolarsi dalla responsabilità.


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Paolo Zellini: La dittatura degli algoritmi prima dei computer

chefare

La dittatura degli algoritmi prima dei computer

Andrea Zanni intervista Paolo Zellini

Paolo Zellini è un matematico italiano, professore di Analisi Numerica all’Università di Roma Tor Vergata. Si è distinto negli ultimi decenni per una serie di saggi sul pensiero matematico, osservato però con uno sguardo profondamente umanistico: il libro più famoso, Breve storia dell’infinito (1980), è stato citato da Italo Calvino nelle sue Lezioni americane come il libro “che ho più letto, riletto e meditato”. Negli ultimi anni ha pubblicato La matematica degli dèi e algoritmi degli uomini (2016) e La dittatura del calcolo (2018). Tutti i suoi libri sono editi da Adelphi.

* * * *

Zanni: il suo libro “La dittatura del calcolo” è una sorta di unicum nel panorama dei testi sull’età digitale che stiamo vivendo: è un libro che parte dal principio, raccontando la storia dell’analisi numerica, cioè la storia della disciplina matematica che gli algoritmi li studia da secoli, ben prima dell’avvento dei computer. Nei suoi libri lei riesce a riprendere anche alcuni temi che affondano nel mito, nelle origini della matematica, in zone remote nel tempo e nello spazio, come l’India dei Veda e la Grecia di Euclide.


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Gianni De Bellis e Mario Fragnito: Osservazioni e critiche a “Catastrofe o rivoluzione” di Emiliano Brancaccio

sinistra

Osservazioni e critiche a “Catastrofe o rivoluzione” di Emiliano Brancaccio

di Gianni De Bellis e Mario Fragnito

unnamedliuds64p29Cerchiamo di fare alcune osservazioni e alcune critiche al lavoro di Emiliano Brancaccio “Catastrofe o rivoluzione”, tenendo conto che, essendo il compagno un accademico, il lavoro è stato scritto, appunto, con “linguaggio accademico”. Ci scusiamo in anticipo della nostra ripetitività, ma è dovuta alle osservazioni da noi fatte punto per punto, e al ribattere di certi concetti da parte di Brancaccio.

Iniziamo dal prologo, in cui Brancaccio, anticipando una sua tesi, dice:

<< la libertà del capitale e la sua tendenza a centralizzarsi in sempre meno mani costituiscono una minaccia per le altre libertà e per le istituzioni liberaldemocratiche del nostro tempo. Dinanzi a una simile prospettiva Keynes non basta, come non basta invocare un reddito. L’unica rivoluzione in grado di scongiurare una catastrofe dei diritti risiede nel recupero e nel rilancio della più forte leva nella storia delle lotte politiche: la pianificazione collettiva >>.

Ora, punto primo:

Marx, in relazione al modo di produzione capitalistico, ha sempre parlato, per quanto ne sappiamo, di “libertà per il borghese (innanzitutto libertà di sfruttare i proletari)” e di “schiavitù del lavoro salariato” per il proletario. Più estesamente: la libertà in ambito borghese è in ultima istanza libertà per il capitale; tutte le altre libertà devono, all’occorrenza, essere ad essa sacrificate, manifestando così la loro falsità, la loro apparenza soltanto, di verità.


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Il Pedante: La tempesta perfetta

ilpedante

La tempesta perfetta

di Il Pedante

Leggi qui la prima parte dell'articolo

tempesta
            182 380x582Perché allestire una pandemia di legge che rende pandemica una lunga serie di malattie altrimenti contenibili? E perché un'idea così pericolosa raccoglie i consensi di una parte importante della popolazione, specialmente ai suoi vertici? E ancora, perché una civiltà che si dichiara fedele al metodo e ai risultati delle scienze sceglie di ignorare i danni scientificamente misurabili (come le sindromi da «lockdown») e misurati (come la dubbia utilità dei «lockdown») delle sue condotte, e nel fare ciò pretende persino di agire secondo i «dettami» di una scienza che dice, impone e prescrive? Non è purtroppo possibile fornire una sola risposta a questi interrogativi, perché la contraddizione di oggi amplifica e porta a un livello (finora) mai visto una lunga serie di condizioni che già da prima agivano sull'esercizio e sulla rappresentazione della vita sociale. Essa è nuova nell'intensità, ma non nelle premesse e nei modi. La sua critica dovrebbe perciò strutturarsi nell'alveo di una più ampia critica delle contraddizioni e dei paradossi moderni nel loro sviluppo prima secolare e poi sempre più rapido, degli ultimi pochi decenni. È una critica che qui possiamo affrontare solo disordinatamente e in antologia, offrendo spunti di analisi che convergono da livelli diversi per indovinare le radici lontane del fenomeno esaminando i suoi frutti.

Nel citato articolo di maggio mi concentravo sulle suggestioni religiose di un altrimenti assurdo olocausto di sé con cui la civiltà contemporanea sembra voler propiziare la propria risurrezione scrollandosi di dosso le delusioni, le paure e i problemi irrisolti di un modello spiritualmente esausto e materialmente insostenibile.


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Dario Gentili, Elettra Stimilli, Antonio Montefusco, Paolo Napoli: La religione del debito

jacobin

La religione del debito

Dario Gentili, Elettra Stimilli, Antonio Montefusco, Paolo Napoli

Solitamente capitalismo e cristianesimo sono considerati due ambiti opposti, ma in questo dialogo intorno al libro di Elettra Stimilli emergono le fonti cristiane del modo di produzione capitalista, a partire dal concetto di «colpa»

Ascesi capitalismo jacobin italia 990x361Il saggio di Elettra Stimilli, Il debito del vivente. Ascesi e capitalismo, ripubblicato da poco, ha un obiettivo allo stesso tempo radicale e ambizioso: da che cosa deriva, da un punto di vista filosofico e culturale, il sentimento onnipresente, così tipico del nostro tempo, per il quale ci sentiamo in difetto e in colpa? Il nome che diamo a questo sentimento – debito si riallaccia a concetti culturalmente stratificati (in tedesco, per esempio, la parola Schuld indica insieme sia la colpa sia il debito, in una confusione che è comune a diverse lingue). Il debito è stato in verità anche uno strumento di governo della vita dei singoli e della costruzione di rapporti geopolitici (sappiamo bene, ormai, come quello «sovrano» e quello «privato» siano intrecciati). Soprattutto, esso si rivela uno strumento che induce a sottrarre agli uomini il controllo del loro destino. L’analisi di Stimilli riesce a individuare in questo elemento un punto cruciale che permette di comprendere le concrete modalità con le quali il capitalismo ha innestato la sua totale presa sul mondo, e sugli esseri umani: porre l’accento sulla condotta di vita individuale, che è considerata di per sé, quasi naturalmente, mancante e in difetto, permette di articolare una forma di fede nel capitalismo, che lo rende, sotto molti aspetti, indiscutibile. Consumare non è più uno obiettivo godibile. Quel deficit originario comporta soprattutto che la nostra vita sia vissuta naturalmente come una rinuncia. Rinuncia che caratterizza la nostra compartecipazione al consumo e all’ordine neoliberale, mascherando sotto l’aspetto dell’imprenditore di sé stesso un’autodisciplina feroce, priva di scopi, che permette al capitalismo di metterci a valore come esseri viventi, come, infine, «capitale umano».


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Francesco Barbetta: Riflessioni sulla democrazia borghese

nuovadirezione

Riflessioni sulla democrazia borghese

di Francesco Barbetta

Si tende a concentrare l’intera questione della democrazia nel campo stretto della politica o nel dominio dello Stato, in modo tale che tutto avvenga come se la democrazia contenesse in sé il principio del suo (auto)movimento. Le forme della politica sarebbero autointelligibili, dotate di completa autonomia e insensibili a qualsiasi determinazione “esterna”. Ora, se il marxismo è riuscito a fondare la conoscenza scientifica della società – dei diversi modi di produzione – è stato proprio perché ha dimostrato che le forme politiche e ideologiche non hanno storia, cioè che il principio della sua intelligenza non si trova in se stesse, ma nell'”istanza economica”, nell’articolazione tra i rapporti di produzione e le forze produttive materiali. La democrazia, come forma di Stato fondata sul riconoscimento della libertà e dell’uguaglianza formale tra gli individui, che, come cittadini, plasmano lo Stato secondo la volontà maggioritaria espressa nelle elezioni, è possibile solo alle condizioni di una società mercantile-capitalista. Infatti, perché si costituisse una forma politica democratica, era necessario che il lavoratore diretto fosse completamente separato dalle condizioni materiali di produzione, in modo tale da potersi presentare sul mercato come venditore della sua forza lavoro come merce.


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ilsimplicissimus: L’Oms offre nuove pandemie: l’illusionismo del potere

ilsimplicissimus

L’Oms offre nuove pandemie: l’illusionismo del potere

di ilsimplicissimus

Difficile immaginare un complotto più grande di quello teso a fare del pensiero critico una mera manifestazione complottista con addirittura un aspetto psichiatrico sul quale recentemente si sono esercitate le più belle menti da ammasso mediatico del Paese. Ciò che al tempo della guerra fredda veniva attribuito in maniera piuttosto fantasiosa ai regimi comunisti sta invece diventando una realtà in occidente dove criminalizzazione e patologizzazione del dissenso sono ormai moneta corrente e vengono combattute eliminando man mano la libertà di parola. Del resto l’espressione teoria del complotto ha un‘origine illustre, risale all’assassinio di Kennedy e indicava chi non credeva alla versione ufficiale ovvero che il presidente fosse stato assassinato da un singolo pazzoide di nome Oswald, opportunamente fatto fuori a 48 ore dall’attentato. Chi non credeva a questa tesi priva di senso era appunto complottista, mentre chi ci crede ora è trattato e giustamente da idiota. Tanto per dire. Ma è stato dalla caduta del muro di Berlino che la crisi dell’unione sovietica e l’affermazione del neoliberismo hanno trasformato la teoria del complotto in un’arma contro il dissenso che poi è diventata di uso quotidiano a partire dall’11 settembre in poi, quando ciò che si doveva nascondere diventava sempre più pesante e lo si poteva fare solo con dosi sempre maggiori di illusionismo.


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Alessandro Portelli: Tutti capitalisti? La guerra neoliberista e le strategie di resistenza

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Tutti capitalisti? La guerra neoliberista e le strategie di resistenza

di Alessandro Portelli

Scendendo lungo il Mississippi sulla zattera con Huckleberry Finn, lo schiavo fuggiasco Jim si congratula: “Sono ricco adesso. Sono proprietario di me stesso, e valgo ottocento dollari”.

Nel 1990, una delle protagoniste del movimento della Pantera nella mia facoltà spiegava: “Ci dicono che dobbiamo essere imprenditori di noi stessi, e io questo non lo sopporto”.

Il libro di Marco D’Eramo, “Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi” (Feltrinelli, 2020), è una mappa per il viaggio fra queste due frasi distanti un secolo e mezzo. Questa mappa ha un nome: si chiama “neoliberismo”. D’Eramo spiega con la sua abituale chiarezza che non si tratta di una forma estrema di liberismo, ma di un paradigma del tutto nuovo, una specie di teoria generale non solo dell’economia ma dei rapporti umani e sociali, della stessa natura umana. Nel liberismo, il principio dominante era il mercato: cioè (dicevano) uno scambio regolato che tende all’equilibrio; nel neoliberismo, il principio e la fine di tutto è l’impresa, cioè la competizione senza regole e senza limiti. Al posto dello scambio e del conflitto fra capitale e lavoro sta la trasformazione di tutti gli individui in – appunto – imprenditori di se stessi senza altro fine che la valorizzazione del proprio “capitale umano”. Da todos caballeros a todos capitalistas, scrive ironicamente D’Eramo.


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Sebastiano Isaia: La società come ideologia e come patologia

sebastianoisaia

La società come ideologia e come patologia

di Sebastiano Isaia

Oggi che l’utopia di Bacone – comandare alla natura
nella prassi – si è realizzata su scala tellurica, diventa
palese l’essenza della costrizione che egli imputava
alla natura non dominata. Era il dominio stesso. […]
Di fronte a questa possibilità l’illuminismo al servizio
del presente si trasforma nell’inganno totale delle masse.
M. Horkheimer, T. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo

Scrive Antonello Sciacchitano (da Il soggetto collettivo, Facebook):

«Ideologia come patologia sociale. Il negazionista non solo nega di appartenere a una comunità ma nega la comunità stessa. Chi rifiuta la vaccinazione indebolisce non tanto sé stesso ma il soggetto collettivo. Il vaiolo è stato estirpato dal vaccino di Jenner (1798). Tetano, difterite, morbillo e polio sono morbi tenuti sotto controllo, purtroppo non estirpati, dai rispettivi vaccini. Non vaccinarsi significa promuovere gli agenti morbosi collettivi in nome della libertà individuale che verrebbe coartata da chi ha il potere di proporre le vaccinazioni. La vera patologia sociale non è il virus, è l’ideologia».


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Salvatore Bravo: Socrate e la meraviglia

sinistra

Socrate e la meraviglia

di Salvatore Bravo

Socrate è l’archetipo della filosofia, è la personificazione dell’eterna ricerca, sempre sulla soglia delle istituzioni, perché il filosofo serve la comunità, ma non le appartiene completamente. La filosofia vive nelle istituzioni, senza esserne organica, per cui è sempre sul limitare; l’attività critica esige l’autonomia senza solitudine. Dove vi è umanità, vi è filosofia, perché l’essere umano cerca la verità, in quanto dotato di logos, nell’atto della ricerca mette in atto processi di riorientamento, si oggettivizza, si analizza per trascendersi, senza tali atti speculativi non è che individualità acefala, e pertanto senza fondamento. La ricerca lo scopre creatura altra rispetto agli animali non umani. La meraviglia1 non è nella verità, ma nel tendere verso di essa, l’atto dialettico consente di capire il sublime che alberga nell’umanità. Lo sgomento dinanzi all’anima umana e al logos è nello scoprire l’infinito nel finito, mentre si vive la finitezza dello spazio-tempo si svela in un lungo processo la verità e, quindi, l’universale. Tale meraviglia è il fondamento silenzioso e vivo di ogni civiltà. Senza la libera ricerca l’umanità resterebbe estranea all’infinito che reca dentro di sé. Socrate è l’esempio vissuto del limite che si coniuga con la grandezza, della verità limitrofa alla doxa, della razionalità critica sempre sul limite dell’abisso, ma senza il pericoloso sentiero non vi è umanità, ma solo addomesticamento del gregge al consenso.


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Dec 9, 2020, 11:24:28 AM12/9/20
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Claus Peter Ortlieb: Una contraddizione tra materia e forma

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Una contraddizione tra materia e forma

di Claus Peter Ortlieb

Sull'importanza della produzione di plusvalore relativo ai fini della dinamica della crisi

OrtliebMentre l'economia politica in carica ritiene di stare osservando solo il lato materiale del modo di produzione capitalistico, e si interessa di magnitudini quali la crescita "reale" del prodotto interno lordo, oppure del reddito "effettivo" - tutte cose che, tuttavia, sono mediate dai loro valori in denaro - la maggioranza dei testi che si legano alla teoria del valore lavoro analizza il medesimo processo di produzione in relazione alla massa di valore e di plusvalore che viene realizzata in quel processo. Entrambe la parti, sembrano partire implicitamente dal principio secondo cui si tratti solo di differenti unità di misura della ricchezza. Viceversa, questo testo parte, con Marx, dal duplice concetto di ricchezza nel capitalismo, storicamente specifico, che viene rappresentato nel duplice carattere della merce e del lavoro. Il valore, come forma dominante di ricchezza nel capitalismo, si contrappone alla ricchezza materiale, alla cui forma specifica il capitale è di fatto indifferente, ma alla quale continua ad essere indispensabile in quanto portatore del valore. Ora, con l'aumentare della produttività, queste due forme di ricchezza entrano necessariamente a far parte di un'evoluzione divergente; ed era a partire da questo che Marx poteva parlare del capitale come «contraddizione in processo». Ed è tale contraddizione che vado qui ad esaminare. L'obiettivo è quello di mettere alla prova le argomentazioni del saggio di Robert Kurz (del 1986), che ha fondato la teoria della crisi dell'ex Krisis, contro quanto meno alle argomentazioni più serie contrarie a quelle formulate da Kurz.


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Geminello Preterossi: Questo presepe non ci piace

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Questo presepe non ci piace

di Geminello Preterossi

140634312 c6b071da 3881 4ba2 90de d732ecb262f9 scaledI dpcm sono ormai armi di distrazione di massa: per distogliere l’attenzione dai problemi veri, cioè dai fallimenti di governo e regioni, si fa propaganda, scaricando sui cittadini le colpe e creando falsi miti. Ad esempio, quello del Ferragosto devastante. Peccato che l’impennata dei positivi sia cominciata un mese e mezzo dopo, a seguito della riapertura delle scuole. L’inadeguata gestione di tale riapertura e il crack dei trasporti pubblici super-affollati sono, in tutta evidenza, le cause principali del ritorno del coronavirus, insieme all’arrivo della stagione autunnale. Cosi come davanti ai nostri occhi è la vergogna della totale disorganizzazione della sanità territoriale, che causa l’ospedalizzazione della malattia. È incredibile che le persone siano abbandonate a se stesse a casa, che non vi siano certezze diagnostiche celeri né protocolli terapeutici chiari, che non si sia provveduto a mobilitare i medici di famiglia (dotandoli degli opportuni presidi di sicurezza). Non sarà che l’alto numero dei decessi, in Italia, è anche l’effetto del fallimento radicale della sanità, in particolare di quella territoriale, che impedisce di curare adeguatamente le persone a casa, facendole affollare in ospedale, magari quando è tardi?

Tutto ciò viene rimosso, e l’attenzione spostata, fin dalla primavera scorsa, via via su obiettivi fittizi: sui riders (anche se solitari), la movida, i giovani, il Natale con i parenti (persino quelli stretti, se abitano in un’altra regione, pur gialla), la Messa di Mezzanotte (notoriamente, il virus si sveglia a quell’ora).


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Maurizio Novelli, Lemanik: Centomila miliardi di asset finanziano 18.500 miliardi di Pil

milanofinanza

Centomila miliardi di asset finanziano 18.500 miliardi di Pil

Il rischio americano è tutto qui

di Maurizio Novelli, Lemanik

Lo stock di azioni e titoli di debito che finanziano l’economia Usa ha raggiunto questa cifra stratosferica. E circa 10-12.000 miliardi di dollari di risparmio estero di Cina, Giappone ed Europa contribuiscono a quel sostegno, sottraendo risorse alle loro economie. Un circolo vizioso da cui si esce con ricette che Wall Street certo non gradisce

Obbligazioni 378579 481064Mentre si avvia il cambio di amministrazione negli Stati Uniti, i mercati finanziari sono impegnati nella costruzione della piu’ grande bolla speculativa di sempre, in un contesto economico particolarmente disastrato. I postumi della crisi economica non saranno così facili da superare per le economie occidentali e il danno richiederà molto tempo per essere riparato, anche se la frenesia speculativa dei mercati cerca di far credere che non sarà così.

Le azioni dei policy makers stanno creando due economie tra loro contrapposte, quella della finanza e quella reale, con il rischio che si possano separare pericolosamente tra loro in modo irreversibile, producendo una ripresa economica a forma di K: il 10% più ricco della popolazione si trova sulla linea superiore della K e il rimanente 90% in quella inferiore, fino a creare in prospettiva l’instabilità sociale prodotta dalla disuguaglianza.

Il livello raggiunto dallo stock di asset finanziari detenuti dagli investitori e circolanti nell’economia americana a fine 2019 era pari a 5,6 volte il Pil Usa, ma in considerazione del recente aumento del debito interno per fronteggiare la crisi economica, dovrebbe essere salito a ben oltre 6 volte il PIL (in UE tale livello è inferiore a 3 volte). In sostanza, il Pil USA vale oggi circa 18.500 miliardi di dollari ma le attività finanziarie (azioni, obbligazioni e titoli cartolarizzati di ogni tipo) che lo rappresentano e servono a finanziarlo hanno raggiunto la cifra astronomica di oltre 100.000 miliardi di dollari (derivati esclusi!).


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coniarerivolta: L’austerità mascherata

coniarerivolta

L’austerità mascherata

di coniarerivolta

Recentemente l’ex Presidente del Consiglio Mario Monti, fresco della nomina a Presidente della Commissione Europea per la Salute e lo Sviluppo Sostenibile dell’OMS, è intervenuto in una trasmissione televisiva paragonando i negazionisti della pandemia da Covid-19 e del virus Sars-CoV-2 a chi si è opposto alle sue politiche restrittive basate sui tagli alla spesa pubblica, tra il 2011 e il 2012. Chi oggi nega il virus sarebbe paragonabile, nelle parole di Monti, a chi ieri osava mettere in discussione l’ineluttabilità e la necessità delle misure di austerità lacrime e sangue che il suo governo impose all’Italia tra 2011 e 2013.

Con la sua lezioncina, il Senatore a vita Monti tenta di far passare impostazioni economiche alternative al mainstream come scientificamente infondate, esattamente come quelle di coloro che mettono in discussione l’esistenza del virus. Sia chiaro: chi nega l’esistenza del Sars-CoV-2 o ne inscrive la nascita nella cornice di un complotto mondiale non ha alcuna credibilità. Il tentativo di accomunare questi deliri cospirazionisti e una critica, basata sull’evidenza dei fatti, delle politiche di austerità è una mossa tanto disperata quanto meschina.


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Miguel Martinez: L’albero della cuccagna è sempre gravido

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L’albero della cuccagna è sempre gravido

di Miguel Martinez

Dall’inizio della pandemia, falliscono circa 500 aziende al giorno in Italia.

460.000 piccole e medie aziende rischiano la chiusura.

E così, l’Italia ha deciso di regalare cinque miliardi di euro all’industria militare americana e israeliana.

Cinque miliardi divisi per circa 60.000.000 di italiani (compresi neonati e pensionati) fanno 83 euro a testa. Una famiglia di quattro persone, 332 euro.

Si tratta di acquistare dieci aerei Gulfstream G550 americani – normalmente usati da impenditori megalomani – che vengono girati all’israeliana Elta Electronics, che ci mette sopra strumenti di spionaggio.

Due sono già stati acquistati, adesso l’Italia ne compra altri otto.

Repubblica ci informa che

“Questi aerei sono letteralmente delle “spugne” di dati, capaci di intercettare qualunque emissione su un’area vastissima, analizzarla in tempo reale con l’intelligenza artificiale e distribuire i risultati ai comandi di Esercito, Marina e Aeronautica. Diventeranno gli snodi volanti di una rete di sorveglianza globale, scambiando informazioni direttamente con i satelliti, con i caccia, con le navi o con i reparti di fanteria.


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ilsimplicissimus: L’università della censura

ilsimplicissimus

L’università della censura

di ilsimplicissimus

Il fattaccio è’ accaduto in una delle più antiche e prestigiose università d’America, la Johns Hopkins, peraltro uno degli atenei più convolti della “progettazione pandemica” tanto da essere stato assieme al World Economic Forum e la Fondazione Bill e Melinda Gates, sponsor di Event 201 una sorta di esercizio su una eventuale pandemia di coronavirus, come si può ancora vedere qui. Il bollettino ufficiale dell’università, formalmente a cura degli studenti e che viene regolarmente pubblicato dal 1896 è stato costretto per la prima volta nella sua storia, a censurare l’articolo di una ricercatrice di statistica Genevieve Briand, autrice di testi econometrici nonché vicedirettore del master in economia applicata, la quale in un seminario online da cui deriva il testo, si è permessa di prendere i dati forniti dallo stesso Cdc, il centro Centro per il controllo delle malattie infettive, in pratica dominato da Fauci e compagni di vaccini e merende , per mostrare che in Usa non c’è stato alcun aumento della mortalità, nemmeno tra gli anziani e che i morti per covid non rappresentano dei decessi in più, ma “coprono” per così dire la incomprensibile e incoerente diminuzione di quelli dovuti ad altre patologie, insomma è una sorta di somma algebrica tra più e meno, come è perfettamente visibile da questa tabella che si riferisce a tre settimane tra fine marzo e inizio giugno.


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Stefano Porcari: Rapporto Censis. Il 2020 è stato “l’anno della paura”, con quello che ne consegue

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Rapporto Censis. Il 2020 è stato “l’anno della paura”, con quello che ne consegue

di Stefano Porcari

Il rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del paese, ha sintetizzato il terribile anno si sta concludendo come l’anno della paura nera, dove il virus Covid, ha innescato una paura più generale, quella su futuro dove, a dispetto della rassicurazioni istituzionali, gran parte delle si vede dentro un tunnel da cui ancora non si riesce a scorgere la fine.

Il Censis, presentando oggi il suo rapporto annuale, restituisce un quadro del paese certamente preoccupante. La brusca rottura con un modello di vita del passato rappresentata dalla pandemia, sta smuovendo profondamente la società.

Secondo il rapporto l’incertezza nei numeri e le tante voci hanno innescato negli italiani l’idea che ci dovesse essere una sovracapacità d’intervento dello Stato. E in effetti la società ha affidato alla responsabilità politica il compito di affrontare l’emergenza, di farlo velocemente, di intervenire attraverso le ordinanze di protezione civile, i decreti della Presidenza del consiglio, ed anche attraverso la compressione delle libertà civili.

Relativamente alle festività di Natale e Capodanno, secondo il Censis il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni o di inasprirle. Il 54,6% spenderà di meno per i regali da mettere sotto l’albero, il 59,6% taglierà le spese per il cenone dell’ultimo dell’anno.


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Andrea Vento: Dall’Antropocene al Capitalocene: l’evoluzione dei paradigmi interpretativi della crisi climatico-ambientale

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              futura

Dall’Antropocene al Capitalocene: l’evoluzione dei paradigmi interpretativi della crisi climatico-ambientale

di Andrea Vento

I guasti ambientali non sono prodotti dall’umanità in genere, ma dal modo di produzione capitalistico. Il 10% della popolazione produce il 50% delle emissioni di CO2, ma il 75% delle ricadute negative graverà sui popoli del sud. Segue una postfazione di Rodrigo Andrea Rivas

L’inesorabile incedere della crisi climatico-ambientale degli ultimi decenni ha indotto la comunità accademica internazionale ad ampliare e approfondire il campo di studi al fine di comprenderne cause, portata e sviluppi futuri. Un’imponente attività di ricerca, trasversale a varie discipline, che ha generato anche l’elaborazione di nuovi paradigmi teorici e terminologici. In tale ambito, particolare interesse sta rivestendo il concetto di Antropocene, da qualche anno a questa parte oggetto di un crescente numero di pubblicazioni nell’ambito delle scienze geografiche e non solo.

Il lemma “Antropocene”, proposto per la prima volta negli anni Ottanta dal biologo Eugene Stroener, ha iniziato a diffondersi, travalicando i confini disciplinari e accademici, ad opera del premio Nobel per la chimica, Paul Crutzen, per rimarcare l’intensità e la pervasività che l’attività umana aveva assunto nei confronti del processi biologici terrestri (Crutzen, 2005).


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Rémy Herrera, Zhiming Long, Zhixuan Feng e Bangxi Li: Guerra commerciale USA-Cina: il vero ladro finalmente smascherato

materialismostorico

Guerra commerciale USA-Cina: il vero ladro finalmente smascherato

di Rémy Herrera, Zhiming Long, Zhixuan Feng e Bangxi Li*

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 177-190, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

1200px FugueKarl Marx ha sostenuto che il commercio intemazionale potrebbe espandersi nel senso indicato da David Ricardo, soprattutto se i paesi coinvolti consentissero un aumento della produzione a un costo inferiore. Tuttavia, Marx ha anche aggiunto che nonostante questo guadagno immediato lo scambio opera a scapito delle economie meno industrializzate e si rivela in realtà disuguale, cioè come una forma di esproprio, non appena si tiene conto delle quantità di lavoro e degli sforzi produttivi che entrnao nella merce scambiata1. È quanto accade se un paese meno sviluppato presenta una produttività del lavoro inferiore a quella dei suoi partner di commercio estero, con meno ore di lavoro incorporate nelle merci che importa rispetto alle ore incluse nelle proprie esportazioni. I rapporti tra quantità di lavoro richieste da esportazioni e importazioni (quelle che più avanti verranno chiamate “ragioni di scambio fattoriali”) sono in questo caso sfavorevoli al Paese meno avanzato, il quale viene sfruttato per quanto riguarda i rispettivi contributi di lavoro. Tuttavia, i marxisti dopo Marx, a partire dai teorici del sistema-mondo capitalistico, mostrerebbero che l’entità delle disuguaglianze tra i paesi coinvolti nello scambio può dipendere dal differenziale nella remunerazione del lavoro, inferiore alla periferia rispetto a quanto sia al centro pur con uguale produttività2. Rivelando così la natura ineguale o espropriativa dello scambio imperialistico, Marx ha quindi confutato l’idea di un commercio internazionale che porta a equalizzare o correggere gli effetti delle disuguaglianze e ha sottolineato piuttosto i meccanismi di dominio e sfruttamento che colpiscono le economie meno industrializzate e portano alla loro sottomissione nei confronti dei paesi capitalisti ricchi3.


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John Bellamy Foster: La Dialettica della Natura di Engels nell'antropocene

resistenze1

La Dialettica della Natura di Engels nell'antropocene

di John Bellamy Foster

xpiero gilardi mare pagespeed ic rreokiqrojNel capitolo «Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia» del suo Dialettica della natura, Friedrich Engels affermava: «Ogni cosa influenza ed è influenzata da ogni altra cosa» [1]. Oggi, a duecento anni dalla sua nascita, Engels si può considerare uno dei fondatori del pensiero ecologico moderno. Se la teoria della frattura metabolica di Karl Marx è alla base dell'ecologia odierna ispirata al materialismo storico, resta pur vero che il contributo di Engels alla nostra comprensione del problema ecologico nel suo insieme rimane indispensabile - un contributo basato sulle sue approfondite ricerche sul metabolismo universale della natura, che rafforzarono e ampliarono l'analisi di Marx. Come afferma Paul Blackledge in un recente studio del pensiero di Engels, «La concezione di Engels di una dialettica della natura apre uno spazio attraverso il quale le crisi ecologiche» possono essere ricondotte alla «natura alienata delle relazioni sociali capitaliste» [2]. È proprio in virtù della completezza del suo approccio alla dialettica della natura e della società che l'opera di Engels può contribuire a chiarire le sfide epocali che l'umanità deve fronteggiare nell'antropocene, e la crisi ecologica planetaria che caratterizza l'epoca attuale.

 

In corsa verso la rovina

La rilevanza contemporanea della critica ecologica di Engels può essere colta a partire da un celebre commento del 1940 di Walter Benjamin, citato sovente dagli ecosocialisti, tratto dai «Paralipomeni» (o note a margine) delle sue «Tesi sul concetto di storia».


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Visconte Grisi: Pandemia e medicina del territorio

ilpungolorosso

Pandemia e medicina del territorio

di Visconte Grisi

Consultorio LadispoliRiceviamo e volentieri pubblichiamo questo testo del compagno Visconte Grisi, che nasce anche dalla sua lunga esperienza di medico di base e medico scolastico. Tra i suoi molti spunti che andrebbero ripresi e discussi a fondo, ne sottolineiamo in particolare due, sui quali già ci siamo espressi e su cui non sarà mai inutile ritornare: 1) lo smantellamento pressoché completo delle attività strutturate di medicina preventiva e di medicina del territorio va considerato un vero e proprio crimine sociale compiuto dalla classe dominante, in combutta tra la sua componente economica e quella politica – complici il sistema universitario e il baraccone massmediatico che l’hanno messa in pratica e difesa; 2) un’inversione di tendenza è possibile soltanto se i lavoratori e le lavoratrici riprenderanno con determinazione nelle proprie mani la difesa della propria salute ispirandosi alle importanti tradizioni di lotta del passato – tradizioni che invitiamo i più giovani a studiare, perché c’è tanto da imparare.

* * * *

La diffusione della pandemia di Covid-19 ha messo in luce, nel nostro come in altri paesi, le carenze disastrose di una medicina pubblica sottoposta da decenni a tagli nei finanziamenti e a processi sempre più accelerati di privatizzazione.

In questo intervento vogliamo mettere però in evidenza i danni clamorosi provocati dallo smantellamento, ormai quasi completo, operato nei confronti della medicina del territorio.


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Riccardo D'Orsi: La mutualizzazione del debito in Europa già esiste. Ed è l’opposto di ciò che dovrebbe essere

kriticaeconomica

La mutualizzazione del debito in Europa già esiste. Ed è l’opposto di ciò che dovrebbe essere

di Riccardo D'Orsi

La crisi del Coronavirus degli ultimi mesi ha portato ad un rilancio sul tavolo delle trattative europee di proposte finalizzate a garantire una mutualizzazione del debito tra i membri dell’Unione Economica e Monetaria. Tuttavia, il dibattito si è sin da subito caratterizzato per la solita (fallace) retorica della cicala e della formica, che vedrebbe il Nord virtuoso – e dunque degno di aver accumulato riserve – contrapposto al Sud dissoluto nella gestione delle proprie finanze pubbliche. La narrazione portata avanti dalla propaganda mediatica esterofila è dunque stata largamente conforme alle posizioni dei paesi frugali, che in uno slancio compassionevole dovrebbero farsi carico delle problematiche dovute ai “vizi” dei paesi periferici. L’assunto di partenza implicito è il solito: il mercato, in quanto ens perfectissimum, calcolerebbe già adeguatamente il rischio fondamentale associato ai singoli Stati membri, prezzando gli interessi del loro debito di conseguenza.

I rendimenti negativi sui Bund tedeschi dicono tutt’altro. Mentre prima della Crisi finanziaria globale i tassi di interesse dei paesi periferici erano inferiori al loro rischio fondamentale, a causa della scarsità di titoli sicuri, dal 2008 gli interessi sul debito degli Stati membri hanno cominciato a divergere dal valore di quanto i loro fondamentali economici avrebbero giustificato [1].


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A. Vinco: Sovranismo europeo?

sollevazione2

Sovranismo europeo?

di A. Vinco

Paris consensus tra Mosca, Pechino e Washington: l’Europa alla prova di Biden

Marta Dassù, riferimento europeo di Aspen Institute, focalizza da settimane il futuro euroatlantismo della presidenza Biden. In un commento di lunedì 30 novembre 2020 su “la Repubblica”: “L’Europa alla prova di Biden” , l’analista sviluppa significativi concetti geoeconomici e geopolitici. In una lunga intervista rilasciata al think tank “Le GrandContinent”, lo scorso 16 novembre, Emmanuel Macron lancia un sovranismo europeo, neostatalista e solidaristico, critico verso il liberismo globalista del “Washington consensus”, che definisce storicamente superato. Il presidente francese, per taluni versi, si colloca sulla scia di Vladimir Putin, il quale nel giugno 2019 nella intervista al “Financial Times” definiva conclusa l’epoca storica liberale ad egemonia occidentale.

 

Il liberismo tecnocratico globalista contro le democrazie autoritarie

La Dassù legge la proposta di un Summit delle democrazie che la presidenza Biden intenderebbe mettere sul tavolo nei suoi primi 100 giorni, riunendo gli Stati Uniti con i paesi chiave dell’Europa e con le democrazie “indo-pacifiche” come una agenda di “difesa della democrazia da tendenze illiberali, interne e esterne”.


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comidad: Il doping del potere

comidad

Il doping del potere

di comidad

Per narrare l’attuale euforia al rialzo delle Borse, i media mainstream hanno fatto ricorso ad un risvolto “umano”. La notizia della scoperta di vaccini per il Covid starebbe illudendo gli operatori finanziari su una prospettiva di ritorno a quella normalità che costituirebbe il desiderio di ognuno. Le Borse sarebbero quindi più ottimiste del dovuto.

In realtà la marcia indietro della multinazionale farmaceutica anglo-svedese Astrazeneca a proposito dei suoi test sui vaccini, semmai allontana la possibilità di un rapido ritorno alla normalità. Potrebbe darsi perciò che a “gasare” le Borse sia, al contrario, la prospettiva di una prosecuzione dell’emergenza a tempo indeterminato. Se i PIL crollano e gli indici di Borsa schizzano alle stelle, ciò indica che la speculazione finanziaria e l’economia hanno ormai poco a che vedere l’una con l’altra. Ma questo è ancora niente: i governi limitano la libertà di circolazione dei cittadini ma non la libertà di circolazione dei capitali, perciò i mitici “mercati” (cioè le multinazionali finanziarie) sono autorizzati a gonfiare bolle speculative, il cui scoppio avrebbe effetti ancora più devastanti per l’economia. Il moralismo punitivo dettato dall’emergenza sbarra le discoteche ma si arresta intimidito davanti alle Borse.


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Fabrizio Marchi: Divide et impera

linterferenza

Divide et impera

di Fabrizio Marchi

Dopo la guerra delle donne contro gli uomini, scatenata dal versante “sinistro” (in tutti i sensi…) del sistema e quella degli autoctoni contro gli immigrati, scatenata invece dal versante destro, un’altra guerra è stata fatta esplodere ad arte già da un bel po’ di tempo ma in questi tempi di covid è stata ulteriormente alimentata: quella dei lavoratori delle aziende private, delle partite IVA, degli artigiani, dei commercianti e dei lavoratori precari contro i dipendenti pubblici (insegnanti, infermieri, medici, impiegati, vigili del fuoco, agenti di polizia, netturbini ecc.), accusati di essere dei garantiti, dei privilegiati e dei fannulloni.

Anche quest’ultima guerra è stata scatenata dal versante destro (e ultra liberista) del sistema ma trova ovviamente appoggi in tanti settori del mondo economico (Confindustria in testa) e politico. Uno degli ultimi “alfieri mediatici” di questa crociata liberista è l’ex radicale e da tempo “forzista” Daniele Capezzone, un personaggio ridicolo sotto ogni profilo che imperversa sulle reti Mediaset che qualcuno ha deciso di ripescare dal nulla in cui era finito. Evidentemente da quelle parti sono a corto di personale…


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Francesco Giordano: Ogni Stato ha il popolo che si merita, ogni popolo ha lo Stato che si merita

sinistra

Ogni Stato ha il popolo che si merita, ogni popolo ha lo Stato che si merita

di Francesco Giordano

Se parliamo del Perù saltano agli occhi tre parole: corruzione, fascismo, repressione.

E non da ieri, ma almeno dal 28 luglio 1990 inizio del mandato presidenziale di Alberto Fujimori, cacciato nel 2000 perchè condannato a 25 anni di carcere per corruzione e crimini contro l’umanità.

Questo un Presidente eletto dal popolo.

Ma non finisce qui, come diceva Orazio: Dimidium facti, qui coepit, habet, ovvero "chi comincia è a metà del lavoro".

Infatti dopo il “buon” Alberto arrivò Alejandro Toledo, che rimase in carica fino al 2006. Per restare coerente con la tradizione governativa precedente anche lui fu incriminato per corruzione e fuggito negli Stati Uniti.

Ma come detto non finisce qui, e forse il bello deve ancora venire.

Dopo il “buon” Alejandro subentrò il “socialista” Alan García che rimase in carica fino al 2011, ma non si accontentò di dimettersi, volle fare di più. Infatti il 17 aprile 2019 mentre aspettava un ordine di arresto, ovviamente per corruzione, anche se meritava ben altre accuse, ha preferito uccidersi sparandosi un colpo alla testa.


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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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tonino

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Dec 11, 2020, 2:23:07 AM12/11/20
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Thomas Fazi: Lo spieghìno: Il “nuovo” MES riformato? È peggio di quello vecchio

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Lo spieghìno: Il “nuovo” MES riformato? È peggio di quello vecchio

di Thomas Fazi

mes1200Come nelle più prevedibili delle sceneggiature hollywoodiane, proprio quando il mostro sembrava ormai morto, eccolo rialzarsi per un (ultimo?) colpo di scena.

Fino all’altro giorno, infatti, erano in molti a dare per morto il MES. Per chiarezza: qui non stiamo parlando del cosiddetto “MES sanitario”, ovvero della nuova linea di credito dalle “condizionalità limitate” riservata agli Stati per le spese sanitarie, che continua ad essere oggetto di un accesso dibattito e di cui abbiamo parlato in più occasioni, ma del Meccanismo europeo di stabilità nella sua accezione più ampia, in quanto organo intergovernativo permanente che esiste dal 2011 e la cui funzione fondamentale è quella di «concedere, sotto precise condizioni, assistenza finanziaria ai paesi membri che trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato». Parliamo in sostanza dell’organo impiegato (insieme ai suoi predecessori, il FESF e l’EFSM) nel “salvataggio finanziario”, per usare un eufemismo, in cambio di “riforme”, per usare un altro eufemismo, di Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro.

Per capire di cosa parliamo può essere utile richiamare un episodio che riguarda Klaus Regling, il direttore generale del MES, che, come ricorda Carlo Clericetti, «dispone di amplissimi poteri e le cui azioni, secondo una esplicita previsione dello statuto del fondo, non possono essere contestate in nessun modo, nemmeno per via giudiziaria». Nel suo libro di memorie Adulti nella stanza, l’ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis racconta che nel tentativo di ottenere un rinvio al soffocante pagamento delle rate dei prestiti si rivolse direttamente a Regling. «Per pagare la rata nei termini stabiliti non avrei i soldi per stipendi e pensioni», gli disse Varoufakis. E Regling, senza battere ciglio, rispose: «E allora non pagare stipendi e pensioni». Questo tanto per inquadrare il plenipotenziario capo del MES.


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Robert Kurz: Denaro senza valore - Cap. XV

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              vaucan

Denaro senza valore - Cap. XV

di Robert Kurz

La fine del movimento di espansione interno, la crisi mondiale della terza rivoluzione industriale e l’imbarazzo del positivismo della sinistra

avarizia 2901788 311568Presentiamo qui un capitolo tratto da Geld ohne Wert (tr.it: Denaro senza Valore),1 l’ultimo libro importante di Robert Kurz uscito quando l’autore era ancora in vita (il libro è del 2011, Kurz ci ha lasciati l’anno seguente a causa di un errore durante una operazione chirurgica). Questa prematura quanto incredibile morte ha sfortunatamente interrotto una importante riflessione in itinere che, con ogni probabilità, avrebbe avuto ancora molto da dire. Kurz infatti al momento della sua morte aveva “solo” 68 anni e, considerando la sua notevole prolificità, tutto lascia pensare che la sua produzione si sarebbe tutt’altro che interrotta in questo punto. Nella prefazione del libro in questione, per esempio, annunciava l’uscita successiva di una serie di testi che avrebbero dovuto approfondire temi legati alla critica dell’economia politica.2

Geld ohne Wert è uno dei molti testi kurziani purtroppo ancora non tradotti in lingua italiana. In questo libro, che è la rielaborazione e ampliamento di una conferenza che avrebbe dovuto tenere in un convegno dal titolo “Magia del denaro. La sua razionalità e la sua irrazionalità” a Brema nel Marzo 2011, Kurz prova a proporre una nuova interpretazione della critica dell’economia politica, elaborando quattro grandi temi – in parte già affrontati in testi precedenti. Il primo di questi riguarda la questione delle società premoderne (o precapitalistiche, che secondo la lettura kurziana è praticamente la stessa cosa), per le quali cerca di delineare la differenza di fondo con quella moderna (o capitalistica). Interpretare le società precedenti alla nostra con gli stessi parametri con cui interpretiamo questa è un errore e una scorrettezza da un punto di vista metodologico, che non rende possibile la comprensione né dell’una né delle altre.


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Bollettino Culturale: Il Tronti di "Operai e capitale"

bollettinoculturale

Il Tronti di "Operai e capitale"

di Bollettino Culturale

558px NousSommesLePouvoirOuvrierGli anni Sessanta e Settanta furono gli anni della nascita della “Nuova Sinistra”, una fase contraddistinta dall'emergere di dibattiti ed eterodossie marxiste che entravano in rotta di collisione con i partiti comunisti dei rispettivi paesi. In questi vent'anni travagliati, emerse in Italia un'esperienza teorico-politica estremamente innovativa: l'operaismo.

L’operaismo si sviluppò nelle lotte che hanno caratterizzato il nostro paese in quegli anni, sfidando da sinistra l’egemonia del PCI sul movimento operaio italiano.

Brevemente, è doveroso ricordare che l’operaismo non nasce con Tronti ma dentro l’esperienza dei Quaderni Rossi di Raniero Panzieri, esponente dell’ala sinistra del PSI.

Nel 1964 una parte rilevante dei Quaderni Rossi, tra cui Tronti, Toni Negri e Asor Rosa, si staccò per dare vita alla rivista Classe Operaia. L’esperienza della rivista terminò nel 1967. Una parte di questi intellettuali seguì una strategia entrista, tornando nel PCI (tra cui Tronti), altri esponenti dell’operaismo confluirono in esperienze della sinistra extraparlamentare come Lotta Continua e Potere Operaio (tra cui Toni Negri).

Lo scopo del testo è riflettere sul libro di Mario Tronti “Operai e Capitale”, uscito un anno prima della fine dell’esperienza di Classe Operaia, nel 1966, e diventato un classico della Nuova Sinistra e che condensa le tesi dell’operaismo degli anni '60.

La tesi principale degli operaisti era che lo sviluppo capitalista costituiva una risposta alle lotte della classe operaia. Gli operaisti si ribellarono ad una lettura del Capitale per cui, in nome dell'economia politica, il capitale diventava oggetto della storia. Al contrario, Tronti affermava il primato del rapporto di classe sulla strutturazione della borghesia come classe. La classe operaia era tale prima dei suoi sfruttatori.


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Brian Cepparulo: “Il mito del deficit”: Stephanie Kelton e la nuova frontiera della Mmt

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“Il mito del deficit”: Stephanie Kelton e la nuova frontiera della Mmt

di Brian Cepparulo

Stephanie Kelton nel saggio “Il mito del deficit” recentemente tradotto in italiano da Fazi offre una panoramica sui miti della macroeconomia, e svela attraverso le lenti della MMT le tragedie figlie dell’ideologia del pareggio di bilancio, e le opportunità che gli stati sovrani hanno dall’abbandonare i suoi miti.

Kelton è professoressa di economia della Stony Brook University, e volto noto della scuola economica della Modern Money Theory (Teoria della Moneta Moderna) o MMT. Una teoria i cui prolegomeni sono elegantemente esplicati scorrendo i vari capitoli de il Mito del Deficit, edito da Fazi Editore.

La MMT non è una vera e propria teoria economica come si intende il marginalismo di fine ottocento o la teoria classica di Ricardo e Marx. Essa mischia elementi diversi come il cartalismo di Geroge F. Knapp e Mitchell-Innes, la finanza funzionale e la moneta come creatura statale di Abba Lerner, fondamentali concetti del pensiero di Keynes come la spesa autonoma e la disoccupazione involontaria, fino a più recenti contributi di stampo post-keynesiano come quelli di Hyman Minsky e Wynne Godley. Come ha affermato un altro suo celebre autore, Randall Wray, la MMT “siede sulle spalle dei giganti” [1].


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coniarerivolta: I tempi dei Gentiloni

coniarerivolta

I tempi dei Gentiloni

di coniarerivolta

Illustri studiosi della Bibbia vedono nella conclusione dei Tempi dei Gentili l’inizio della fine, l’avvio dell’ultima fase terrena prima dell’Armageddon e del ripristino del Regno di Dio. Negli ultimi giorni, ascoltando le dichiarazioni del Commissario Europeo Paolo Gentiloni, potremmo essere portati a pensare che ci apprestiamo, con le dovute accortezze, ad un passaggio simile. Gentiloni ha infatti messo in guardia l’Italia dall’elevato debito pubblico, criticando l’eccessiva generosità della prossima Legge di bilancio. Ascoltando Gentiloni, potremmo pensare che l’inizio della fine sia oramai giunto. Come vedremo, le sue dichiarazioni non delineano nessuno spartiacque essenziale, ma si ascrivono perfettamente alla lunga lista di regole del gioco, quelle dell’assetto politico ed istituzionale dell’Unione Europea, in cui ormai viviamo da anni. A ben vedere, la fine è iniziata quando l’Italia si è legata mani e piedi alle regole classiste europee.

Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo al marzo scorso, nelle settimane più buie della pandemia, nei primi giorni del lockdown.


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Massimiliano Bonavoglia: Per un pugno di poltrone

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Per un pugno di poltrone

di Massimiliano Bonavoglia

L’esposizione della più grande banca tedesca, la Deutsche Bank, su prodotti derivati era nel 2015 di 54,7 trilioni di euro, 5,7 volte rispetto all’intero PIL europeo, che allora contava ancora la Gran Bretagna. I derivati non sono azioni o obbligazioni, ossia investimenti su titoli societari o di Stato, ma prodotti finanziari che derivano, appunto, i propri dividendi dal valore di un bene reale, oppure da una attività finanziaria. I derivati dunque dipendono dall’andamento di altre attività o beni, e in quanto tali vengono considerati al pari di scommesse del gioco d’azzardo. Ciò che impressiona sono le dimensioni della massa monetaria che spostano e polverizzano, allorché esplodono come nella crisi finanziaria del 2008, e naturalmente le conseguenze sociali che producono (come la cancellazione di 32 milioni di posti di lavoro in quell’anno). La riforma del MES, il meccanismo europeo di stabilità, consegnerebbe al fondo la possibilità senza diritto di replica per l’Italia, di salvare banche come la Deutsche Bank, imponendo misure di rigore e persino il commissariamento preventivo all’Italia, le cui banche sono in ottima salute rispetto a quelle tedesche.


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Marco Dotti: Palantir e il capitalismo della sorveglianza

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Palantir e il capitalismo della sorveglianza

di Marco Dotti

Palantir — in Quenya, l’antico elfico, una delle lingue inventate da J. R. Tolkien — letteralmente: «coloro che sorvegliano da lontano». Pietre veggenti attraverso cui leggere eventi futuri, passati, presenti.

I nomi, si sa, non vengono a caso a chi ha testa per pensare e mezzi per agire. Peter Andreas Thiel, per esempio. L’allievo di René Girard, già consulente di Credit Swisse, co-fondatore di piattaforme (PayPal), angelic investor del primo Facebook e LinkedIn ha vista lunga, intuito fino, capacità d’azione e di visione. E buon gusto per i nomi.

Come chiamare, allora, una società di intelligence avanzata e analisi sui big data, fondata quando di big data ancora non si parlava, fornitrice di governi e agenzie di mezzo mondo?

Palantir Inc., preveggenza. Per capirci: la start-up Cambridge Analytica, di cui si è scritto e parlato, era solo una minuscola punta dell’iceberg Palantir. Un iceberg che si configura (anche) come meta-start-up: incubatore di incubatori.

Veniamo all’oggi e alla grande partita dei dati sanitari e di sicurezza. Oggi è il Regno Unito (ma non solo, nel novero rientra anche la Germania) a essere sotto i riflettori per i contratti con Palantir, segnalati come “poco trasparenti”.


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Mauro Armanino: Una Costituzione lunga dieci anni. Avventure di sabbia

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Una Costituzione lunga dieci anni. Avventure di sabbia

di Mauro Armanino

Niamey, 29 novembre 020. Questo accade nel Niger per la seconda volta. La Costituzione della settima repubblica ha compiuto, in sordina, il decimo anniversario di esistenza il 25 novembre scorso, giorno della sua promulgazione. Il Niger, giovane Repubblica ospite del Sahel che, tra le rive del mare chiamato Sahara, naviga come una nave di sabbia tra le intemperie delle democrazie ‘tropicalizzate’ di questi tempi. Nel nostro piccolo cerchiamo di ricordare quanto oggi scomoda delle parole scritte dopo un colpo di stato militare concepito come transizione per una rinnovata legittimità costituzionale. Passano gli anni e le stagioni ma rimangono le istituzioni a dare fragile perennità all’architettura della civile convivenza nel Paese. Le istituzioni, naturalmente, valgono quanto le persone che le abitano vogliano o sappiano farne. Alll’inizio di tutto, lo sappiamo, dovrebbe trovarsi il popolo, nel quale risiede la sovranità che si esercita attraverso i propri rappresentanti o per referendum. Il problema è che l’idea di popolo rischia di essere un’astrazione giuridica non suffragata da una reale identità. Si parla di un popolo delle città, delle campagne, degli allevatori nomadi, dei commercianti sedentari, dei migranti e ci si dimentica di quello degli ‘invisibili’, che non hanno né volto né voce e che sono la maggioranza.


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Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni: Come siamo arrivati fin qui? Il contagio di un’idea di salute

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Come siamo arrivati fin qui? Il contagio di un’idea di salute

di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni*

rewind1. Cronache di una primavera e di un autunno

Nei primi giorni di maggio, sul finire della cosiddetta fase 1, in un lungo post intitolato Ammalarsi di paura, analizzavamo l’inaudita gravità della situazione lombarda con gli strumenti dell’antropologia medica e dell’etnopsichiatria e proponevamo di includere fra le concause di quel disastro anche l’effetto nocebo indotto dal «terrore a mezzo stampa». Come molti testi nati in quei mesi, anche quello, in qualche modo, si era scritto da sé in tempi rapidissimi, in una sorta di stato non ordinario di coscienza indotto dal trattenimento casalingo.

Subito dopo, la fase 2 ha portato nuove questioni, nuove angosce, un’enorme stanchezza e un diverso registro di visibilità. Lungo l’estate il moto emotivo collettivo è andato nella direzione di un certo oblio: sperando che tanto la pandemia quanto il governo fossero in remissione, non abbiamo avuto voglia di fare i conti con ciò che avevamo appena vissuto. Troppo faticoso da elaborare e poi il virus non c’è quasi più, pensiamo a ripartire…

Quando la storia attraversata è traumatica e carica di angoscia, può capitare, sia ai singoli che a intere collettività, di aver voglia di pensare ad altro e “guardare avanti”, nel tentativo ambiguo di alleviare il carico emotivo senza fare i conti con le responsabilità. Luca Casarotti ha descritto questo processo, per un tutt’altro momento storico, nel suo discorso per il 25 aprile 2018. Dal punto di vista psicologico si capisce bene il perché di questa strategia, che però, alla lunga, è fallimentare e collusiva.


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Stephanie Kelton: Oggi la BCE sta finalmente facendo il suo dovere. Ma per quanto?

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Oggi la BCE sta finalmente facendo il suo dovere. Ma per quanto?

di Stephanie Kelton

Prefazione all’edizione italiana de Il mito del deficit. La teoria monetaria moderna per un’economia al servizio del popolo di Stephanie Kelton (Fazi Editore, 2020)

mitodeficitiCare lettrici e cari lettori italiani,

In questo libro utilizzo le lenti della teoria monetaria moderna (Modern Monetary Theory, MMT) per mostrare che, contrariamente a quanto gli economisti mainstream e i politici ci raccontano da decenni, i governi che emettono la propria valuta (che detengono, cioè, la sovranità monetaria) non possono mai “finire i soldi”, né possono diventare insolventi (fare default) sui titoli di debito emessi nella loro stessa valuta. A dire il vero non hanno neanche bisogno di emettere titoli di Stato per finanziare i propri deficit di bilancio. Né hanno bisogno di ricorrere alla tassazione per finanziare le proprie spese. Questo perché, in quanto emittenti di valuta, a differenza delle famiglie e delle imprese, che sono dei semplici utilizzatori di valuta, gli Stati che dispongono della sovranità monetaria possono semplicemente creare “dal nulla” tutto il denaro di cui hanno bisogno. Questi governi, dal punto di vista tecnico, hanno una capacità di spesa illimitata nella propria valuta: possono cioè acquistare senza limiti tutti i beni e servizi disponibili nella valuta nazionale. (Come spiego nel libro, questo non implica che i governi che emettono la propria valuta debbano spendere o incorrere in deficit senza limiti; esistono dei limiti, solo che non sono di natura finanziaria).

Comprendere questa semplice verità equivale a fare un vero e proprio salto di paradigma, perché significa che la maggior parte dei paesi – e in particolare le nazioni industrializzate tecnicamente avanzate e altamente sviluppate che spendono, tassano e prendono in prestito nelle proprie valute inconvertibili (e adottano un regime di cambio fluttuante) – possono “permettersi” (letteralmente) di fare molto di più per incrementare il benessere dei propri cittadini e più in generale per perseguire qualunque obiettivo politico scelgano di prefissarsi (penso per esempio alla mitigazione del cambiamento climatico) di quanto comunemente si creda.


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Fabio Ciabatti: Marx e la cartina di tornasole dell’autoemancipazione

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Marx e la cartina di tornasole dell’autoemancipazione

di Fabio Ciabatti

Dan Swain, None So Fit to Break the Chains. Marx’s Ethics of Self-Emancipation, Haymarket Books, Chicago 2020. pp. 224, 33,00 euro

international founding 1864“L’emancipazione della classe operaia deve essere opera dei lavoratori stessi”. Questa famosa affermazione di Marx appare inequivocabile. Basta però, per alimentare qualche dubbio, accostare questa citazione a un altro famoso passaggio in cui il Moro di Treviri parla dell’“organizzazione dei proletari in classe e quindi in partito politico”. Si può così concludere che l’emancipazione della classe operaia è sostanzialmente opera del Partito comunista. Peccato che, come si evince dall’intero corpus marxiano e come è stato chiarito esplicitamente in una lettera dal diretto interessato, Marx quando parla di partito si riferisce generalmente al partito della classe in senso eminentemente storico, non a una qualche specifica organizzazione politica.

In altri termini, il concetto di partito, almeno nella sua accezione dominante nell’opera marxiana, coincide con il “movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti”.1 Un movimento che si costituisce come parte, la parte proletaria in lotta con quella borghese, ponendosi l’obiettivo politico di abbattere il modo di produzione dominante e per fare ciò si cristallizza temporaneamente in specifiche organizzazioni. Saremmo però dei materialisti assai bizzarri se pensassimo che importanti sviluppi storici, come la centralità assunta dal partito nelle vicende novecentesche, siano dipesi dalla cattiva interpretazione di alcuni testi, fossero anche quelli di Marx.

La citazione con cui abbiamo aperto testimonia che l’intera opera marxiana è pervasa da un impegno etico-politico nei confronti della rivoluzione intesa come autoemancipazione del proletariato.2


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Simone Fana: La congiura contro i dipendenti pubblici

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La congiura contro i dipendenti pubblici

di Simone Fana

Un piano straordinario di occupazione nel pubblico impiego è la priorità con cui la politica e la società italiana dovranno confrontarsi nei prossimi mesi. La carenza degli organici è un dato ormai strutturale, che la crisi sanitaria ha evidenziato con ricadute drammatiche per l’intera collettività. Dalla sanità all’istruzione, dall’università ai servizi sociali, dalle funzioni amministrative degli enti locali alla manutenzione dei nostri territori, mai come oggi la necessità della ricostruzione economica e culturale del paese deve partire da un intervento massiccio di assunzioni nella pubblica amministrazione, coinvolgendo le nuove generazioni in un programma di rilancio del paese.

Eppure, i dipendenti pubblici tornano a essere il bersaglio privilegiato contro cui scagliare accuse e invettive con l’obiettivo dichiarato di addebitargli i costi della crisi. Un attacco che si è radicalizzato all’indomani dell’annuncio dello sciopero generale del pubblico impiego indetto per il 9 dicembre: da chi vorrebbe tassarli per recuperare le risorse necessarie per far fronte alla caduta del Pil a chi paventa la necessità della Cassa Integrazione per contenere la spesa pubblica. Un fenomeno che si presenta con regolarità a ogni momento di crisi dell’economia e della società italiana.


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Roberto Mander: I filantrocapitalisti. Come il capitalismo “umanitario” vuole ri-colonizzare il mondo

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I filantrocapitalisti. Come il capitalismo “umanitario” vuole ri-colonizzare il mondo

di Roberto Mander

Nicoletta Dentico “Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo” Edizione EMI 2020

Le chiamano Fondazioni umanitarie ma sono solo la punta di diamante del processo di ricolonizzazione del mondo. Il libro di Nicoletta Dentico “Ricchi e buoni?” uscito recentemente ha il grande merito di avere finalmente scoperto il velo che oscurava la realtà predatoria delle grandi Fondazioni umanitarie che altro non sono se non nuovi strumenti ideati al fine di garantire sempre maggiore ricchezza per l’elite finanziaria, per quei pochi cioè che detengono la maggior parte della ricchezza mondiale.

Il tema ci sembra cruciale per almeno per due motivi. La narrazione ufficiale, quella imposta da chi detiene il potere, esalta i motivi umanitari che hanno dato vita a progetti e “donazioni” fatte proprio da chi ha le maggiori responsabilità nel definire le attuali rotte del profitto. E’ possibile parlare di un capitalismo buono? Di chi si arricchisce causando una progressiva sofferenza e miseria nella gran parte del pianeta ma poi restituisce a quelle stesse popolazioni qualcosa del mal tolto sotto forma di programmi sanitari, agrari o educativi?


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Patrizia Cecconi: Che cosa altro deve fare Israele per meritare la tua indignazione?

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Che cosa altro deve fare Israele per meritare la tua indignazione?

di Patrizia Cecconi

Qualche giorno fa un palestinese fuori di testa, residente in Italia, ha danneggiato una statua della Madonna nel comune di Marghera.

Razzisti nostrani e democratici a senso unico hanno immediatamente levato accuse contro tutti i palestinesi e tutti i musulmani (loro non lo sanno che molti palestinesi sono cristiani!) e hanno chiesto che tutte le comunità palestinesi, l'ambasciata palestinese e addirittura il governo palestinese di Ramallah chiedessero scusa per l’azione vandalica di uno squilibrato.

Le scuse delle comunità palestinesi, sebbene non doverose, ma tuttavia sincere sono immediatamente arrivate, nonostante quella fosse l’azione di un solo palestinese, UNO, e per di più disturbato mentale, e quindi non identificabile con il popolo palestinese o con i musulmani, tanto più che la figura della Vergine Maria è sacra anche per l'Islam. Ma questo islamofobici e razzisti non lo sanno.

Ieri mattina, invece, un bambino palestinese, o meglio “un ennesimo bambino” palestinese, è stato assassinato da un soldato israeliano che gli ha sparato in pieno petto, ma nessuno ha chiesto a tutte le comunità ebraiche, al presidente dello Stato ebraico o al premier Netanyahu di condannare l'assassino, e nessuno ha preteso che tutti gli ebrei del mondo chiedessero scusa ai palestinesi.


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Raffaele Alberto Ventura: Tra collasso e distruzione creatrice

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Tra collasso e distruzione creatrice

Ivan Giovi dialoga con Raffaele Alberto Ventura 

Raffaele Alberto Ventura, detto RAV o Eschaton per chi lo segue su Facebook, è tra i giovani intellettuali maggiormente al centro del dibattito culturale italiano. L’ultimo suo libro Radical Choc offre una spiegazione ragionata, concreta e non mainstream del “collasso” della nostra fiducia verso la competenza. Ed è proprio così che lo stesso Ventura chiama la sua trilogia di libri: la “Trilogia del Collasso”, dove entrano oltre che a Radical Choc, anche e Proprio su questa trilogia oggi risponde alle nostre domande, per poterci dare uno sguardo d’insieme composizione funzionale dei suoi tre libri. Buona lettura!

* * * *

Da poco è uscito il suo terzo libro, Radical Choc, che lei ha definito l’ultimo capitolo della sua “Trilogia del collasso”, può spiegarci meglio il perché di questa trilogia?

Il collasso in questione è quello in cui ci siamo accorti di vivere nell’ultimo mezzo secolo, quando ha iniziato ad essere evidente (e non soltanto ai profeti di sventura, basta leggere i rapporti dell’OCSE degli anni ’70) che la cultura dello sviluppo economico illimitato era minata da una serie di contraddizioni insanabili.


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Valeria Finocchiaro: A qualcuno piace il ceto medio

contropiano2

A qualcuno piace il ceto medio

di Valeria Finocchiaro*

A qualcuno piace il ceto medio, tanto da vederlo ovunque, persino dove non c’è. Nel film di Billy Wilder, quando uno dei due protagonisti – travestito da donna nel corso di tutto il film – rivela al suo spasimante miliardario di essere un uomo, quello risponde “nessuno è perfetto!”. Allo stesso modo del miliardario, molti a sinistra preferiscono flirtare con un ceto medio totalmente inventato da loro, piuttosto che guardare in faccia la realtà.

Va contro il ceto medio!” è la frase che si sente ripetere più spesso da parte di chi rifiuta l’attuale proposta di patrimoniale. Non si può che essere d’accordo, a patto che si identifichi il ceto medio in Italia con chi abbia almeno 500 mila euro di patrimonio “al netto delle passività finanziarie” (cioè escludendo debiti e mutui) e della prima casa, ovvero il 10% della popolazione.

Al ceto medio, per i detrattori della patrimoniale, appartengono quelli che possiedono appena due o tre case di proprietà, oppure una casa in centro storico, oppure diverse migliaia di euro investiti in banca, oppure una barca e una casa, o ancora una villa, o un Basquiat originale. Insomma, quasi tutti gli italiani.


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Dec 13, 2020, 11:47:17 AM12/13/20
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Alessandro Pascale: Non c'è più tempo per le incertezze

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Non c'è più tempo per le incertezze

di Alessandro Pascale

Pubblichiamo un contributo di Alessandro Pascale sull'unità dei comunisti

gramsci ales proc relief mapRecentemente si è assistito ad un breve ma intenso dibattito a distanza sulla questione dell'unità dei comunisti. Avviato da Norberto Natali, è stato portato avanti teoreticamente da Eros Barone, suscitando una controproposta molto pragmatica di Burgio, Sidoli e Leoni. Le proposte operative di questi ultimi non sembrano per ora essere state seriamente prese in considerazione dalle organizzazioni esistenti, almeno non apparentemente... Natali e Barone hanno posto una serie di paletti sul cerchio in cui si dovrebbero includere i comunisti effettivamente tali, ma per chi sa leggere i bizantinismi della politica, nonostante l'apparente apertura, anche le proposte operative di Sidoli e compagni tendono nei fatti a chiudere entro un adeguato perimetro le forze di cui si auspica un'unità d'azione.

Non ho mai amato molto i sotterfugi, e preferisco i discorsi chiari ed espliciti. Nell'opera In difesa del socialismo reale(poi diventata nella II edizione Storia del Comunismo) ho svolto un'analisi abbastanza chiara e netta sui pregi e sui difetti della storia del movimento comunista italiano; pur essendo partito da una posizione scevra da pregiudizi, in molti casi mi sono trovato, studiando, a rimodulare in maniera consistente certi giudizi storici e politici pre-esistenti. Quel che ho capito, e che viene ben espresso dal tenore degli interventi citati, è che abbiamo un patrimonio enorme alle spalle, che dobbiamo saper utilizzare criticamente per comprendere fino in fondo gli errori che abbiamo commesso tutti nel passato, al fine di ricostruire un'organizzazione con fondamenta più solide.


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Paolo Ortelli: Capitalismo e democrazia, catastrofe o rivoluzione

micromega

Capitalismo e democrazia, catastrofe o rivoluzione

di Paolo Ortelli

  • Wolfgang Streeck, Jürgen Habermas, Oltre l’austerità. Disputa sull’Europa, a cura di Giorgio Fazio, Castelvecchi, Roma 2020.
  • Emiliano Brancaccio, Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, a cura di Giacomo Russo Spena, Meltemi, Milano 2020.

Katastrophe 640x420«Se, in nome della giustizia e della libertà di restituire significato e unità alla vita, fossimo mai chiamati a sacrificare una quota di efficienza nella produzione, di economia nel consumo, o di razionalità nell’amministrazione, ebbene una civiltà industriale potrebbe permetterselo.»

Karl Polanyi[1]

È da almeno dieci anni che una minoranza di studiosi sociali invoca la necessità di un cambio di paradigma economico, una minoranza che si è rinfoltita con qualche ritardo rispetto allo sgretolamento del sistema sociale che ha governato i destini del mondo negli ultimi quarant’anni. Ci è voluto un decennio di stagnazione perché tornassimo «tutti (nuovamente) keynesiani», realizzando però che ormai abbiamo perso il controllo sulle leve necessarie per applicare politiche keynesiane.

Oggi che la pandemia di Covid-19 sta facendo sentire le sue incommensurabili conseguenze economiche, anche nell’establishment istituzionale e accademico si parla finalmente di cambiare paradigma. Ma forse è a quei pochi capaci di uscire dal coro già in tempi non sospetti che dovremmo rivolgerci per trovare la bussola in questa crisi, la quale rischia di rivelarsi tanto più disastrosa quanto più, dopo lo shock pandemico, ci si illuderà di poter “tornare alla normalità”. Attenzione però, potremmo scoprire che capitalismo e democrazia sono ormai irreversibilmente incompatibili.

Wolfgang Streeck ed Emiliano Brancaccio sono tra gli studiosi sociali che hanno offerto gli strumenti analitici più preziosi in quest’epoca incerta e minacciosa.


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Geraldina Colotti: Venezuela, geopolitica post-elettorale

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Venezuela, geopolitica post-elettorale

di Geraldina Colotti

e767d089c7c8de4f8b66c765183d59a0Mentre è in corso la farsa dell’autoproclamato con la sua “consultazione popolare”, le reazioni alle parlamentari, che si sono svolte in Venezuela il 6 di dicembre, fotografano la contesa geopolitica per come si va configurando in questo scorcio del 2020. Un anno segnato dalla pandemia da coronavirus, che ha già provocato 1,57 milioni di morti (3.000 al giorno solo negli USA), quasi mezzo milione in Europa.

Un’Europa stretta nella gabbia della Ue, la cui cifra ricompatta, per l’occasione, gli interessi di banchieri, affaristi e grandi imprenditori a scapito dei settori popolari, ribadendo la stratificazione gerarchica esistente fra i suoi stessi membri. Un’Europa che vuole avere la sua fetta di torta, restando però sotto l’ombrello (Nato) del Grande Fratello nordamericano.

Il ministro degli Esteri russo, Serguéi Lavrov, ha sintetizzato adeguatamente la situazione, commentando la decisione del blocco regionale di imporre una nuova tornata di sanzioni alla Russia senza passare per gli organismi dell’ONU. L’Unione Europea – ha detto – ha rinunciato a essere uno dei poli di un sistema multipolare, continuando ad agire nell’orbita di Washington: “La politica della Germania – ha aggiunto – ci conferma che così vuole attuare Berlino, sempre che mantenga la leadership dell’Unione Europea”.

Su richiesta degli Stati Uniti, facendo riunioni a porte chiuse, la UE cerca di screditare l’ONU mediante il “meccanismo generico di imporre sanzione per violazione dei diritti umani”, ha denunciato il capo della diplomazia russa.


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Leonardo Mellace: Un’amara riflessione sulla riforma del MES

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Un’amara riflessione sulla riforma del MES

di Leonardo Mellace

Mala tempora currunt per l’Europa, potremmo dire. Il momento attuale ci restituisce l’immagine di un continente alle prese con una sfida di dimensioni epocali, la pandemia da Covid-19, che ha provocato una severa contrazione del PIL in tutti i paesi europei. L’Unione Europea, probabilmente con ritardo, ha reagito predisponendo una serie di misure di politica economica: il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) senza condizioni per le spese sanitarie (su questa linea di credito, in verità, ci sarebbe molto da dire), i fondi BEI per le imprese, il piano SURE per finanziare la cassa integrazione – misure che valgono 540 miliardi di euro di prestiti, il che inevitabilmente implica un aumento dello stock di debito pubblico – ed il Recovery Fund, anche noto come Next Generation EU, che è stato, ed ancora oggi lo è, al centro di un animato dibattito politico ed economico.

Nel marzo del 2020 la Commissione europea ha poi attivato la general escape clause, che ha condotto alla «sospensione» del Patto di Stabilità e Crescita. Nello specifico, l’attivazione di tale clausola di salvaguardia consente una deviazione «temporanea» dai parametri del Patto, permettendo ai governi di aumentare la spesa pubblica attraverso deficit di bilancio.


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Norberto Natali: La notte della madonna

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La notte della madonna

di Norberto Natali

Siccome è il cinquantenario, bisognerà pure che qualcuno ne parli.

La sera del 7 dicembre del 1970 (era anche l’anniversario dell’attacco giapponese a Pearl Harbour, nome in codice “Tora” ripetuto tre volte) ebbe inizio in Italia il piano “Tora Tora”, più noto come il tentato colpo di stato fascista capeggiato dal principe Borghese.

Non era affatto, come poi si tentò di far credere, una patetica sceneggiata da operetta: quella vicenda, invece, fu una sorta di “snodo” nel quale si incrociarono trame e forze precedenti e dal quale scaturirono conseguenze che segnarono in seguito la nostra storia.

Per fare un solo esempio, sfociarono in quella notte -che alcuni fascisti chiamarono “della madonna”- le teorie della “guerra controrivoluzionaria”, messe a punto da pochi anni, anche con un apposito convegno all’hotel Parco dei Principi di Roma, foraggiato da ambienti NATO e dal regime dei colonnelli greci e che ebbe tra i partecipanti -oltre a diversi alti ufficiali italiani e di altri paesi occidentali- P. Rauti (all’epoca capo di Ordine Nuovo, già esponente del MSI, di cui tornerà segretario una ventina di anni dopo) e G. Giannettini, giornalista de “Il Secolo d’Italia” (quotidiano del MSI) e agente del SID (servizi segreti italiani).


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Mauro Poggi: Gualtierate

mauro poggi

Gualtierate

di Mauro Poggi

Su Sky TG24 il professore di storia e attuale Ministro economico, signor Roberto Gualtieri, a proposito delle ipotesi di cancellazione o neutralizzazione del debito pubblico afferma:

Sono proposte sbagliate. Anche perché non sono previste dai trattati europei. Il Governo ha delineato una strategia di riduzione del debito pubblico che per la prima volta definisce una curva realistica e sostenibile di riduzione del debito“.

Analisi del testo:

a) “Sono proposte sbagliate”:

Va bene, ma sarebbe bello che ci spiegasse il perché. Sono proposte immorali? Ontologicamente erronee? Tecnicamente irrealizzabili?

Niente: si tratta di enunciato che fonda la sua auto-evidenza nell’immaginario collettivo cresciuto a suon di dogmi neoliberisti, e tanto ci deve bastare.

b) “Anche perché non sono previste dai trattati europei”.

Nella (teo)logica gualteriana, i trattati europei (anzi: i Trattati Europei) sono le nuove Tavole della Legge, immutabili ed eterni: una volta scritti e sottoscritti non possono essere rivisti o corretti poiché sono stati dettati da Dio agli uomini (anzi: agli europeisti) e quindi nascono perfetti e per sempre validi.


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coniarerivolta: La giusta patrimoniale e l’Europa a difesa dei ricchi

coniarerivolta

La giusta patrimoniale e l’Europa a difesa dei ricchi

di coniarerivolta

In tempi di grave crisi economica e di urgente bisogno di risorse per far fronte a tutte le conseguenze della pandemia, dalla spesa sanitaria alla spesa indispensabile per il sostegno di tutti coloro che hanno perso lavoro e reddito, ci si interroga da più parti su quale sia il modo più efficace e più giusto per trovare questi soldi.

Sui grandi mezzi di informazione sembrano esserci pochi dubbi in merito: i soldi andrebbero presi dalle tasche dei lavoratori, che si tratti di pensionati o dipendenti pubblici oppure ancora di lavoratori costretti in smart working dall’emergenza. Noi la pensiamo diversamente. Oggi più che mai appare opportuna l’introduzione di un’imposta patrimoniale che colpisca gli elevati patrimoni dei ricchi, dei ricchissimi e dei milionari. Ricordiamo che un’imposta patrimoniale è un’imposta che colpisce la ricchezza, mobiliare e immobiliare, posseduta dalle persone, dunque titoli finanziari, conti correnti ed immobili di proprietà, e si distingue pertanto dalle forme di tassazione che colpiscono i redditi delle persone.


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Pierluigi Fagan: Dietro le quinte

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Dietro le quinte

di Pierluigi Fagan

Proviamo a dare un veloce sguardo su cosa sta avvenendo dietro le quinte dell’ordinatore economico. Da dietro le quinte, giungono gli echi di una furibonda lotta tra modi diversi di intendere il futuro del sistema c.d. capitalistico.

Da una parte, c’è un vasto gruppo di funzionari del sistema dominante (economico, finanziario, geopolitico, politico) non da ieri preoccupati dai numerosi malfunzionamenti di quel sistema che ne determina la posizione ed il potere sociale. Costoro, hanno individuato da tempo due “distruzioni creatrici” per rivitalizzare le prospettive del sistema. La prima è una volontaria distruzione autoindotta rivedendo il ruolo delle energie carbonifere da sostituire con energie diverse, compatibili ambientalmente. La seconda è assecondare l’unico motore attivo dello sviluppo economico ovvero la conversione digital-informatica. Soggetti trasformativi dovrebbero esser le imprese non più solo legate alla logica stretta del profitto (shareholders i.e. azionisti), ma a quella larga dell’interesse condiviso (stakeholders, i.e. management, dipendenti, fornitori, territorio).


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Raffaele Sciortino: Dopo Trump?

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Dopo Trump?

di Raffaele Sciortino

Avvertenza: nonostante l’assertività della comunicazione scritta, quanto segue intende presentare una serie di ipotesi di lettura di una dinamica complessa e aperta a più esiti

e5e236d8 e58d 4db6 8409 5a606a96e8ed“I marxisti, non potendo oggi essere protagonisti della storia,
nulla di meglio possono augurare che la catastrofe,
sociale, politica e bellica,
della signoria americana sul mondo capitalistico”
Bordiga, 1952

Oggi e ieri

Nulla dice di più sullo stato del mondo attuale del fatto che gli Stati Uniti sempre più si presentano come una equazione impossibile. Il primo paese mercantile-capitalistico puro nella storia - privo di un passato premoderno - si divincola tra la crisi del suo comando globale e l’impossibilità di ripristinarlo nella cornice consueta dell’ordine internazionale liberale, tra spinte anti-globalizzazione e destino che ne fa la nazione “indispensabile”, per sé e per le altre, del sistema mondiale, tra crescente polarizzazione interna e aleatorietà di qualunque nuovo patto sociale che possa ricostruire un grande consenso, tra scarico dei costi all’esterno e montante riottosità di alleati e avversari a sostenerli al modo di prima.

Le elezioni di novembre sono l’ennesima conferma di questo paradosso, degno di una configurazione quasi imperiale: il disordine nel ventre della bestia oggi non equivale di per sé al benessere del resto del mondo, così come, nel passato, ogni ricomposizione interna, sociale e politica, progressista è sempre stata ricetta per disastri. Dalla guerra civile, compimento dell’emancipazione nazionale borghese, sono venuti fuori i robber barons e il decollo imperialista e nessuna soluzione alla questione dei neri. Dal New Deal e dall’alleanza “democratica” nella seconda guerra imperialista è nata la spinta decisiva al dominio mondiale; dal compromesso sociale fordista è scaturito il consenso alla Guerra Fredda e all’aggressione al Vietnam.


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Dante Barontini - Emiliano Brancaccio: Il governo balla sul Mes

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Il governo balla sul Mes

di Dante Barontini - Emiliano Brancaccio*

governo
              balla mesSe dobbiamo stare alle grida mediatiche, il governo è sull’orlo della crisi. Il che sarebbe una novità, a pochi giorni dalla fine dell’anno e dunque dall’approvazione della “legge di stabilità”, la più importante di tutte le leggi perché definisce – per l’anno successivo – come lo Stato italiano finanzierà le proprie attività (tutte, quelle normali e quelle “eccezionali”) e dove troverà le risorse per farlo.

La novità, nella legge di stabilità di quest’anno, è che oltre alla normale leva fiscale (le tasse su imprese e cittadini) si potrà calcolare anche qualche contributo europeo, nell’ottica del Recovery Fund o Next generation Eu, se e quando a Bruxelles si riuscirà a superare il veto di Polonia e Ungheria (ci stanno lavorando intensamente, pare).

Ci sono insomma decine di miliardi da gestire e questo scatena gli appetiti dentro e fuori la maggioranza di governo. C’è chi vorrebbe qualcosa anche stando all’opposizione (Forza Italia in primo luogo, ma non solo), chi vedere una fetta troppo piccola se proporzionata al suo basso bacino elettorale – Renzi, insomma – e poi Confindustria, che pretende per sé e le imprese che rappresenta l’intera posta, senza lasciare neanche uno spillo alle politiche sociali.

Anche tra Pd e Cinque Stelle, inevitabilmente, si è aperta la rissa per la stessa, con in più la complicazione di una “cabina di regia” che Conte vorrebbe capitanare insieme a Gualtieri e Patuanelli (quindi con criterio politicamente equanime), ma ricorrendo all’ennesima task force di “esperti” e “manager”. Il che sottrae certamente ai ministeri competenti una buona parte dei progetti da finanziare e del potere che ne deriva.


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Eros Barone: “Una ruota quadrata”: alcune linee del Rapporto del CENSIS sulla situazione del paese

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Una ruota quadrata”: alcune linee del Rapporto del CENSIS sulla situazione del paese

di Eros Barone

covid censis linkiesta“Il sistema-Italia è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno eccezionale, sotto i colpi sferzanti dell’epidemia. Privi di un Churchill a fare da guida nell’ora più buia, capace di essere il collante delle comunità, il nostro modello individualista è stato il migliore alleato del virus, unitamente ai problemi sociali di antica data. E di certo la rissosità della politica e i conflitti interistituzionali non aiutano. Così come nell’emergenza abbiamo trascurato i malati “ordinari”, uno degli effetti provocati dall’epidemia è di aver coperto sotto la coltre della paura e dietro le reazioni suscitate dallo stato d’allarme le nostre annose vulnerabilità e i nostri difetti strutturali, del tutto evidenti oggi nelle debolezze del sistema ‒ l’epidemia ha squarciato il velo: il re è nudo! ‒ e pronti a ripresentarsi il giorno dopo la fine dell’emergenza più gravi di prima”.

Questo è l’‘incipit’ del 54° Rapporto del CENSIS sulla situazione del paese: una rappresentazione sobriamente documentata e giustamente impietosa della odierna realtà italiana, delineata da un intellettuale organico di una delle poche frazioni intelligenti della borghesia italiana, il sociologo cattolico Giuseppe De Rita. Invitando a leggerlo nella sua interezza, ne fornisco, più che una sintesi, alcuni estratti particolarmente significativi che dovrà tenere ben presenti chiunque si cimenti con i problemi di un lavoro politico serio all’interno del movimento di classe.


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Salvatore Bravo: Recovery Fund

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Recovery Fund

di Salvatore Bravo

 

Ad un popolo impaurito

Ad un popolo impaurito si può far accettare ogni provvedimento. Se il popolo è costituito da individui senza identità, se è una somma di elementi senza unità alcuna: non ha lingua, non ha cultura, non ha tradizioni popolari, non ha religione non è più un popolo, ma solo massa omogenea plasmata dalla finanza. Il popolo non è più popolo da decenni, al suo posto vi è una massa informe che vive di desideri indotti e disperazioni contingenti. A questo popolo diseducato dal capitale ad essere soggetto attivo, a sentire il suono della propria lingua, a vivere l’ambiente e la storia in cui è immerso, che non guarda, perché ha smesso di vedere in modo empatico per calcolare l’immediato. Ad un popolo tradito e vilipeso si può far accettare il Recovery fund e ora, probabilmente, anche il MES. Si consegna il destino di un popolo, ormai plebe in attesa di “soli ristori “, alla finanza internazionale. La sovranità perduta da decenni, è ora palese, ma specialmente il destino è segnato.


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Manlio Dinucci: Come salvarsi dal Covid-19 sotto le bombe nucleari

manifesto

Come salvarsi dal Covid-19 sotto le bombe nucleari

di Manlio Dinucci

Stati Uniti. In previsione di un attacco è meglio sapere che «a causa del Covid-19 molti posti, da cui passate per andare al lavoro e ritornare, possono essere chiusi o non avere regolari orari di apertura». Le nuove paradossali istruzioni diffuse dall’agenzia per le emergenze

La Fema – Agenzia federale per la gestione delle emergenze, dipendente dal governo Usa – ha aggiornato le istruzioni alla popolazione su come comportarsi in caso di attacco nucleare. Le nuove istruzioni tengono conto del Covid-19, dei conseguenti lockdown e delle norme da seguire per proteggersi dal virus. Per essere pronti quando viene lanciato l’allarme per un imminente attacco nucleare – avverte la Fema – dovete sapere che «a causa del Covid-19 molti posti, da cui passate per andare al lavoro e ritornare, possono essere chiusi o non avere regolari orari di apertura». Dovete quindi individuare prima «i migliori luoghi in cui ripararsi, che sono gli scantinati e i piani centrali di grandi edifici».

In tali istruzioni la Fema ignora quali sono gli effetti reali (scientificamente accertati) di un’esplosione nucleare.


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Thierry Meyssan: Rompicapo alla NATO

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Rompicapo alla NATO

di Thierry Meyssan

Durante la guerra fredda nessun Paese ha mai contestato la NATO, a eccezione della Francia. Ma alla luce delle derive successive al 2001, tutti i membri (tranne la Turchia) progettano di uscirne. Anche gli USA, per i quali la NATO è tuttavia indispensabile. Un rapporto interno su come l’Organizzazione dovrebbe cambiare ne mostra le contraddizioni e quanto sia difficile riformarla

Mentre l’iperpotenza statunitense è in declino avanzato e il presidente Donald Trump ha ipotizzato l’uscita degli USA dalla NATO, gli Stati membri s’interrogano sul futuro dell’Alleanza Atlantica. Ecco perché ad aprile il segretario generale, Jens Stoltenberg, ha istituito una Commissione di Riflessione, formata da dieci personalità atlantiste, per delineare come sarà la NATO del 2030.

L’obiettivo è ridefinire l’Alleanza, come accadde nel 1967, dopo l’uscita della Francia dal comando integrato e all’approssimarsi della scadenza dei 20 anni durante i quali a nessun Paese membro era consentito uscire dal Trattato.

All’epoca il ministro belga degli Esteri, Pierre Harmel, avviò una consultazione molto vasta, che teneva conto della determinazione francese a tutelare l’indipendenza nazionale.


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Mauro Armanino: La pandemia di sabbia. Il Covid nel Sahel

sinistra

La pandemia di sabbia. Il Covid nel Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, dicembre 2020. Qui da noi è di sabbia. Fragile, imprevedibile, sconcertante, insistente, resistente e dappertutto dove si guardi. La Covid di sabbia è come un’evidenza che non abbisogna di alcuna dimostrazione. Forse per la latitudine, l’inclinazione del globo terrestre, la giovane media di età, l’imprevidenza, il calore e le resistenze alle altre malattie infettive, questa pandemia da noi non riesce ad emergere. Importata e poi trasmessa come polvere, senza direzione o continuità, si adatta, come sabbia, agli avvenimenti e alle circostanze che nel Sahel confezionano la storia. Le nostre maschere sono di polvere e quanto alla distanzazione sociale è come per i ‘gesti barriera’, intrisi di vento e di sole, sono inutili. Come la nostra democrazia e le campagne elettorali, di sabbia, come le liste approvate dalla Corte Costituzionale, come le Commissioni Elettorali che di indipendente hanno poco più del nome. Solo di sabbia è la pandemia e nessuno potrà convincerci del contrario, neppure il vaccino, composto anch’esso di sabbia e di soldi.

Hanno chiuso le scuole, gli aeroporti e, ufficialmente, le frontiere terrestri. Queste ultime sono aperte per chi viaggia di frodo, paga e esibisce documenti fasulli in cui nessuno crede e dei quali nessuno è interessato.


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Fabrizio Marchi: Staino come Fini

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Staino come Fini

di Fabrizio Marchi

Qualche sera fa, mentre facevo zapping, mi è capitato di vedere Sergio Staino, il celebre vignettista, ospite di Zoro a “Propaganda”. Personalmente provo un senso di fastidio sia per il conduttore che per il suo ospite fisso, Marco Damilano, direttore de L’Espresso, nonchè per la trasmissione che infatti non vedo mai.

Mi fermo per qualche minuto e ascolto Staino che in buona sostanza spiega che il comunismo è stato il male assoluto della storia. “Volevamo combattere il mostro – ha detto testualmente – e abbiamo creato un mostro ancora peggiore”. Uno spettacolo desolante.

Mi ha ricordato Gianfranco Fini quando diversi anni fa, quando ancora era in auge, disse che il fascismo è stato il male assoluto, prima di recarsi in Israele con la kippa in testa per essere politicamente sdoganato. Con la sola differenza che Fini stava per andare al governo e aveva bisogno della benedizione di Tel Aviv e della comunità ebraica internazionale (altrimenti non gli avrebbero consentito di far parte del governo…) mentre l’esternazione di Staino era del tutto gratuita. Un convinto pentimento, insomma.


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Michele Castaldo: Brancaccio, la catastrofe e la rivoluzione

sinistra

Brancaccio, la catastrofe e la rivoluzione

di Michele Castaldo

Un commento allo scritto «Osservazioni e critiche a “Catastrofe o rivoluzione” di Emiliano Brancaccio» di Gianni De Bellis e Mario Fragnito

9788875787578 400x600Scrive Sergio Cararo su sinistrainrete.info:

«Brancaccio, economista e docente dell’Università del Sannio, ha avuto l’occasione di incrociare la spada in dibattiti pubblici con diversi esponenti dell’establishment: da Mario Monti a Romano Prodi, da Olivier Blanchard a Lorenzo Bini Smaghi»,

dunque parliamo di un pezzo da novanta.

Per quanto mi riguarda non sono abituato a guardare nessuno dall’alto in basso e neppure dal basso in alto, ma a misurarmi con i fatti e le idee che ad essi si riferiscono. Dunque non mi impressiono di fronte a un pezzo da novanta e ascolto con interesse il contadino, lo spazzino, il ciabattino, il pescatore, il manovale e l’operaio per quello che dicono e non per la loro qualifica. Si tratta di un metodo che non tutti i militanti di sinistra sono abituati a usare.

Avevo già letto l’articolo «Catastrofe o rivoluzione» pubblicato su sinistrainrete.info e lo avevo anche commentato in modo un poco “provocatorio”, nel senso che: premesso che si vada verso una catastrofe, cerchiamo di incominciare a ragionare su cosa si debba intendere per rivoluzione. Una serie di ulteriori commenti hanno evidenziato la torre di Babele della sinistra in questa fase, ovvero una voliera nella quale ognuno canta il suo «canto libero».

Su sollecitazione di Gianni a Mario ho riletto lo stesso articolo oltre al loro commento «2001-2016 Centralizzazione del capitale e crisi finanziaria oppure: oppure Crisi, da cui centralizzazione del capitale? ». Cerco, nelle note che seguono, di chiarire il mio punto di vista.

I compagni Gianni e Mario cercano di criticare una certa ambivalenza, un certo equilibrismo di alcune posizioni, o anche di qualche clamorosa contraddizione in Brancaccio.


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Domenico Moro: Le multinazionali in Italia

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Le multinazionali in Italia

di Domenico Moro

aaa 2La multinazionale come forma tipica d’impresa del capitalismo odierno

Come abbiamo visto in un articolo precedente[1], l’Italia è un Paese appartenente al centro del sistema economico mondiale e presenta un carattere imperialista, sebbene occupi nella catena imperialista una posizione bassa e sebbene lo Stato imperialista italiano presenti delle debolezze strutturali, che spingono il capitale a base italiana a trovare appoggio, oltre che presso lo Stato nazionale, anche presso organismi sovranazionali, come la Nato e la Ue.

L’imperialismo odierno non si manifesta attraverso il controllo diretto territoriale della periferia da parte degli stati del centro, come all’epoca del colonialismo, ma attraverso il controllo dei flussi di capitale, di merci e di tecnologia, tra il centro – i paesi più sviluppati – e la periferia – i paesi meno sviluppati, subalterni e dipendenti rispetto ai primi.

Elemento centrale dell’imperialismo attuale sono le imprese multinazionali e transnazionali[2], cioè le imprese che articolano la loro rete di produzione e di vendita in paesi diversi da quelli di origine e di sede. Infatti, le multinazionali e le transnazionali sono state uno degli strumenti principali della globalizzazione e l’imperialismo attuale si può definire come imperialismo delle multinazionali e delle transnazionali.

Nonostante i processi di globalizzazione abbiano subito negli ultimi anni, dal punto di vista degli scambi commerciali, un rallentamento, in contemporanea con una certa tendenza verso la regionalizzazione in tre macro-aree, il Nord-America con al centro gli Usa, l’Europa con al centro la Germania e l’Asia con al centro la Cina[3], ciò non vuol dire che la tendenza all’internazionalizzazione del capitale sia venuta meno.


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Leonardo Mazzei: Covid: il terrore giustifica i mezzi

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Covid: il terrore giustifica i mezzi

di Leonardo Mazzei

dalla paura nasce la dittaturaChi ci segue sa quel che pensiamo del Covid. Primo, l’epidemia c’è, ma non è né la peste né la spagnola. Secondo, l’emergenza sanitaria c’è, ma al 90% è frutto dei tagli alla sanità targati euro(pa). Terzo, i morti ci sono, ma la quasi totalità è deceduta col Covid, non di Covid, e talvolta pure senza Covid. Quarto, e ben più importante, il virus è esattamente quel che lorsignori aspettavano per far passare, grazie alla paura diffusa h24 dai media, progetti e misure che avrebbero avuto ben altra opposizione in tempi normali.

Senza questo quarto e determinante aspetto, senza il decisivo fattore P (come paura), non si spiegherebbe quasi nulla di quel che sta accadendo. Tantomeno verrebbero accettate narrazioni al limite dell’assurdo, limitazioni di ogni forma di libertà, una censura di fatto applicata non solo ai “dissidenti”, ma pure alla più piccola sbavatura (vedi il caso Crisanti) nella narrazione ufficiale.

Già, il racconto ufficiale… Ma quanto è coerente questo racconto? Ecco una bella domanda alla quale vale la pena di dedicarsi. Lo faremo con una serie di esempi, che ci porteranno ad una conclusione che già anticipiamo: la narrazione ufficiale è tanto coerente nei fini (terrorizzare, terrorizzare, terrorizzare), quanto incoerente nei fatti e nelle tesi che utilizza per generare quel terrore. Anzi, da questo punto di vista, essa fa acqua da tutte le parti.

 

  1. La bufala del lockdown che “ci protegge”

Ci siamo già occupati di questa leggenda in primavera, quando, sulla base di dati ufficiali, dimostrammo quanto l’andamento dell’epidemia nei singoli paesi apparisse piuttosto indifferente alle diverse forme di contenimento adottate.


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di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

Pubblichiamo il capitolo undicesimo “L’assalto al cielo e il “mondo nuovo” tratto dal libro Il prometeismo sdoppiato: Nietzsche o Marx? di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

cover id1171 w600 t1599659103.jpgLa principale modalità operativa assunta all’interno del mondo occidentale del prometeismo di matrice collettivistico durante gli ultimi due secoli, a partire dal 1789 e dalla rivoluzione francese, è costituita dalla titanica lotta collettiva condotta da frazioni più o meno consistenti di operai e lavoratori salariati (oltre che di intellettuali) e tesa ad abbattere i rapporti di produzione classisti lottando con gravi problemi, contraddizioni interne più o meno acute e soprattutto contro nemici assai più potenti sul piano materiale per creare e costruire un “mondo nuovo”: ossia una formazione economico-sociale di matrice cooperativa e socialista, in una linea rossa che parte dagli Arrabbiati guidati da Jacques Roux e dalla congiura degli Eguali da Babeuf-Buonarroti per arrivare mano a mano all’inizio del nostro terzo millennio.

Come sottoprodotto di tale fenomeno politico-sociale, inoltre, un’altra forma importante di espressione non teorica del prometeismo rosso si è sostanziata nella speranza collettiva riposta da segmenti più o meno ampi delle masse popolari occidentali, ivi compresa la Russia, rispetto a leader politici ed “eroi rossi” (Ernst Bloch) ritenuti in possesso di eccezionali doti politiche, intellettuali e morali, tali da trasformarli più o meno completamente in supereroi agli occhi dei suoi seguaci.

Partiamo comunque dall’analisi del “prometeismo della rivolta”, ossia del titanismo insito nei processi insurrezionali popolari che sono stati purtroppo sbaragliati e annientati nel mondo occidentale, immediatamente al loro sorgere oppure dopo solo un breve istante storico di conquista del potere, dopo solo una “breve estate” (H. M. Enzensberger) di inebriante vittoria.


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Enrico Grazzini: Puntare tutto sul Recovery Fund può essere fatale per l’Italia

micromega

Puntare tutto sul Recovery Fund può essere fatale per l’Italia

di Enrico Grazzini

recovery fund crisi europaPer una volta Federico Fubini, il vice-direttore ad personam del Corriere della Sera che è contemporaneamente un esperto di finanza e un europeista convinto, ha ragione. L’Unione Europea, nonostante le fanfare europeiste, nonostante i proclami superottimistici del ministro dell’economia Roberto Gualtieri, è ancora una volta bloccata. E purtroppo non è assolutamente detto che il Recovery Fund Europeo da 750 miliardi di euro, altrimenti chiamato Next Generation EU, alla fine sarà realmente realizzato. Gli incidenti di percorso possono essere molti, alcuni già visibili, altri imprevedibili. Il futuro dell’Italia è appeso al filo del Recovery Fund, RF, e ai 209 miliardi che il nostro Paese potrebbe cominciare (forse) a spendere nella seconda metà del prossimo anno per rilanciare un’economia moribonda e una società spossata dalla crisi causata dal Covid-19. Tuttavia, Fubini spiega che potrebbero capitare delle brutte sorprese. Il governo Conte aspetta gli “aiuti” dell’Unione Europea come una manna dal cielo ma non è certo che la manna cadrà davvero. È per questo validissimo motivo che il governo dovrebbe cominciare a svegliarsi per trovare e creare anche autonomamente i soldi indispensabili per combattere la crisi.

Attualmente l’opposizione al Recovery Fund da 750 miliardi viene, come noto, da Polonia e Ungheria, i Paesi amici del sovranista Matteo Salvini, capo supremo della Lega: i due Paesi dell’est Europa bloccano un processo di finanziamento della UE che, forse per la prima volta da quando è nato l’euro, è favorevole al nostro interesse nazionale.


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Francesco Cappello: Strategie di sopravvivenza del sistema finanziario

seminaredomande

Strategie di sopravvivenza del sistema finanziario

Verso il nulla che avanza

di Francesco Cappello

verso
            il nulla 1024x641Le banche centrali a partire dalla crisi del 2007/08 nel tentativo di stabilizzare il sistema finanziario, in equilibrio intrinsecamente precario, hanno creato e immesso enormi quantità di moneta nei suoi circuiti, al fine di far quadrare bilanci pericolosamente squilibrati. Ad oggi, nel complesso, più di 30 mila miliardi di dollari la moneta a vario titolo creata (1) e immessa nel sistema finanziario, destinata a crescere a ritmi vertiginosi.

La moneta dal 1971 è moneta fiat, non più legata all’oro (fine del gold standard). Essa si crea dal nulla a volontà. Non è “risorsa” scarsa. Non ha quindi valore intrinseco.

Come fare a conferirglielo?

 

Sorgente e ruolo dell’inflazione finanziaria

Come è noto alle banche centrali di molti paesi inclusi quelli dell’Unione Europea è stata preclusa la possibilità di finanziare direttamente gli Stati; sono perciò le banche private a fare da intermediare comprando i titoli emessi dallo stato. Esse utilizzano allo scopo moneta creata appositamente dalle banche centrali. Nel contesto europeo le banche private fanno da intermediarie tra la BCE e gli Stati.


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Giairo Giani e Michele Garau: Troppo tardi, ancora presto, giusto in tempo

quieora

Troppo tardi, ancora presto, giusto in tempo

di Giairo Giani e Michele Garau

ancora
              2000x1200Nella notte tra il 23 e il 24 ottobre una sommossa scuote Napoli contro le minacce di un nuovo lockdown. Rapidamente il tono istituzionale si ammorbidisce. Scoppiano altre sommosse analoghe. Torino e Milano il 26 ottobre, Firenze il 30. Inframmezzate altre piazze, più usuali nelle forme e nei linguaggi. Il 6 novembre entrano in vigore le nuove misure di contenimento per scenari differenziati. Quelli che seguono sono appunti parzialissimi su ciò che questa finestra ha sembrato evocare sulla profondità della crisi di questo tempo. Ogni unità d’opera è insostenibile alla prova dei fatti. Ogni autorialità impudica. Siamo alle soglie di cominciamenti senza alcuna storia.

 

I. Attorno all’inesprimibile

1. Un commiato dalla politica e dalle sue parole. Suggerisce di assumersi questo impegno la notte di Napoli, la prima. Un impegno per far irrompere fatti nuovi. Qualcosa infatti si manifesta ma senza parole. Un fatto imbarazzante. Perché? Perché in secessione dal linguaggio, privo di uno proprio. Ciò che si presenta è un’iniziazione a un mondo sommerso a cui non resta che chiedere:

«rivelate i santi deliri e le iniziazioni delle parole sacre» (Proclo, Inno a tutti gli dei).

Ci sono racconti, espressioni, credenze, legami associati contro l’insostenibilità di una condizione concreta, che si approssimano a forme del comunicare, ovvero del trovarsi assieme aprendosi a un punto di emersione. Sono legami inattingibili dalla parola politica. A meno che non ci si accontenti del sociologismo della “rabbia sociale”.


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Vittorio Gioiello: Crisi dell’organizzazione capitalistica, della produzione, della circolazione delle merci, della distribuzione e dei modi di vita. E coronavirus

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Crisi dell’organizzazione capitalistica, della produzione, della circolazione delle merci, della distribuzione e dei modi di vita. E coronavirus

di Vittorio Gioiello

gioiello foto mondo dopo coviddownloadPremessa

L’attuale pandemia da Covid-19 ha aggravato la crisi capitalistica a livello internazionale.

L’ONU informa che il costo globale della pandemia da Covid-19 sarà intorno ai 220 miliardi di dollari.

L’aspetto economico principale di questa crisi consiste nel fatto che è la prima vota che il sistema si blocca sia dal lato della produzione, cioè dell’offerta, che dal lato della domanda.

Il blocco della produzione ha a sua volta prodotto il blocco degli investimenti che, sommato ai licenziamenti di massa, ha fatto precipitare le economie occidentali in una recessione molto simile ad una grande depressione. Questo è successo nei paesi sviluppati. Le ripercussioni su quelli molto più poveri sono state, ovviamente, più disastrose.

Questa crisi, quindi, è legata a doppio filo all’organizzazione capitalistica della produzione, della circolazione delle merci, della distribuzione e dei modi di vita.

Non è vero che questa crisi da pandemia giunga inaspettata. Fu prevista, per esempio, nel 2005, sulla rivista Foreign Affairs, in un articolo preveggente sulla prossima pandemia.

La crisi mette in evidenza il rapporto perverso tra società e natura.

Il primato di una produzione tesa all’estremo al fine di una estrazione di profitto si è andato ad accompagnare ad un approfondimento della devastazione ambientale e della diseguaglianza globale.

Il carattere della crisi è, inoltre, strettamente connesso con il processo di globalizzazione.


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Arturo Di Corinto: Snowden, Assange, la sorveglianza globale e l’informazione scomoda

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Snowden, Assange, la sorveglianza globale e l’informazione scomoda

di Arturo Di Corinto

130609 snowden assange split tease1 cxh96l 1024x576L’antidoto cresce là dove il male alligna. Forse.

Arpanet, la nonna di Internet, nasce negli Stati Uniti il 29 Ottobre 1969. il concetto di privacy nasce con il saggio The right to privacy scritto da due avvocati, Samuel Warren e Luis Brandeis, nel 1890, sempre negli Stati Uniti. E il primo articolo della Costituzione degli Stati Uniti è dedicato alla libertà d’espressione. La Costituzione è del 1789.

Gli Stati Uniti, nazione simbolo del free speech, patria della comunicazione senza limiti grazie a Internet e del concetto moderno di privacy, è però anche il paese della sorveglianza di massa.

Con decine di uffici, agenzie, laboratori e centri di ricerca dedicati al controllo di web, email, telefoni, volti e impronte biometriche, gli Stati Uniti sono il paese che perseguita con più determinazione i suoi figli che hanno fatto bandiera della battaglia per la privacy individuale e per la trasparenza dei pubblici poteri.

Programmi governativi dai nomi fantasiosi come Tempora e Prism, software come Carnivore e XkeyScore, leggi come il Patriot Act e la Fisa, con la sua sezione 702, sfidano costantemente la libertà che gli Stati Uniti dicono di promuovere e proteggere. A casa e fuori.

La legge forse più pericolosa per la libertà di americani e resto del mondo rimane però la sezione 702 della legge antiterrorismo FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act) che autorizza la raccolta senza mandato di ogni informazione utile allo scopo della sorveglianza globale.


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Antonio Martino: La questione sindacale

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La questione sindacale

di Antonio Martino

La crisi trentennale della rappresentanza sindacale costituisce uno dei problemi cruciali quando si tenta di sviluppare una strategia nuova per il movimento operaio italiano. Le difficoltà non riguardano certo i sindacati confederali (CGIL-CISL-UIL), ormai assurti al rango di istituzioni di sistema con una propria autonomia- naturalmente unilaterale: libertà dal basso, obbedienza all’alto – e strutture finanziarie – i CAF, i fondi pensione, le trattenute salariali- in grado di garantire risorse utili al conseguimento di determinati fini, che possiamo in questa sede sinteticamente rintracciare in due punti. Il primo è quello dell’autoconservazione, in una stasi paludosa che tende soltanto al mantenimento e alla riproduzione dei rapporti di forza dentro la galassia dei lavoratori. Il secondo, più importante, riguarda invece la funzione di «sbirro buono» che dal 1978 la trimurti svolge in nome e per conto del padronato nazionale. Cosa fa il poliziotto buono? Fa credere al prigioniero di pensare al suo bene, di non essere un servo ma un uomo come lui, libero, capace di evitare alla vittima in cattività guai ancora peggiori.


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Carlo Formenti: Le “riforme” di Giavazzi

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Le “riforme” di Giavazzi

di Carlo Formenti

“Quattro riforme possibili” titola l’editoriale del Corriere della Sera di sabato 12 dicembre, firmato da Francesco Giavazzi. Costui, da zelante imitatore di Friedrich von Hayek (l’indiscusso nume tutelare dell’ordoliberalismo, dal quale ha ereditato l’anima reazionaria ma non la perversa genialità), spiega al governo cosa dovrebbe fare per dare credibilità al piano nazionale di ripresa a partire dai fondi europei. Stanco di ascoltare generiche quanto banali dichiarazioni d’intenti, del tipo “affronteremo con determinazione la riforma della giustizia per garantire procedimenti snelli e processi rapidi”; “concentreremo gli sforzi sulla scuola” o “usciremo finalmente da un ventennio di assenza di crescita”, il nostro si impegna a riempire queste vuote promesse con proposte precise e concrete. Vediamo quali.

Le prime due riforme riguardano l’organizzazione dei tribunali e il penale. Cosa occorre fare in questo campo per migliorare le cose? Semplice: bisognerebbe gestire i tribunali come se fossero imprese (!?).


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Andrea Muratore: Il conto in perdita dell’Italia sui sussidi del Recovery

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Il conto in perdita dell’Italia sui sussidi del Recovery

di Andrea Muratore

L’accordo sul Recovery Fund nel governo italiano ha fatto esultare tutti coloro che hanno ritenuto la concessione di 209 miliardi tra contributi a fondo perduto e prestiti una vittoria di Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri nelle negoziazioni. Nella narrativa mediatica, il tema del Recovery Fund è spesso semplificato dando l’idea di una cascata di contanti pronta a fluire su di noi dall’Europa per finanziare la ripresa post-coronavirus. Poco conta che i primi fondi non arriveranno prima di luglio 2021, quasi un anno e mezzo dopo l’inizio della pandemia, che il piano italiano non sia ancora pronto e, anzi, il dibattito principale sia non tanto su come gestire i fondi ma, come dimostra la spaccatura nell’esecutivo, su chi debba esser deputato a farlo.

Ma nella terra dei gattopardi, il rischio che in fin dei conti tutto cambi perché nulla cambi è sempre dietro l’angolo. E se sul piano politico si può senz’altro notare che il Recovery Fund può stimolare, come pungolo, una razionalizzazione delle energie politiche e programmatiche verso la ricerca delle priorità del Paese, la nostra classe dirigente si sta contendendo un bottino ritenuto ampio senza guardare alla sostanza dei fatti.


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Mauro Armanino: Il ritorno dei piccioni viaggiatori: colombofilia nel Sahel

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Il ritorno dei piccioni viaggiatori: colombofilia nel Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 13 dicembre 2020. Non hanno l’ambizione di rivaleggiare coi droni, coi satelliti della cominicazione messi in orbita, con la rete del NET o tanto meno con gli aquiloni. I colombi o i piccioni, dall’arca di Noè in poi, sono stati fedeli alla missione loro affidata. Nel loro piccolo i piccioni viaggiatori hanno dato buona prova di loro, da millenni, nella storia civile e militare del mondo. Utilizzati per portare messaggi fino a mille kilometri di distanza in un giorno, andata e ritorno, hanno talvolta cambiato le sorti delle battaglie. Altre volte, a loro insaputa, hanno saputo giocare brutti tiri alle diplomazie con falsi messaggi presi per veri. La colombofilia, l’amicia coi colombi, ha trovato nel Senegal, in Africa occidentale, una nuova generazione di giovani che si è lanciata nell’allevamento dei piccioni viaggiatori. Tanto che essi, con malcelata fierezza, vorrebbero rivaleggiare con i più quotati campioni piccioni europei, belgi e francesi in particolare. E’ l’Agence France Presse, AFP, a dare la notizia di agenzia in poche e laconiche righe del dispaccio. La colombofilia, nuova passione dei giovani senegalesi, così sentenza il messaggio.


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Geminello Preterossi: Perchè la fionda?

lafionda

Perchè la fionda?

di Geminello Preterossi

La Fionda, n. 1 2021, n. 1 2021, Nulla sarà come prima?

coronavirus 17 marzo 792394.610x431Perché è lo strumento di chi si ribella all'oppressione. Di chi non può contare su grandi risorse materiali né gode di protettorati mainstream, ma mira dritto perché ha il coraggio delle idee. La forza dell'irriverenza, che fa analizzare in contropelo i luoghi comuni. La passione intellettuale e politica di chi non aderisce alle idee ricevute, ma sottopone tutte le tesi a una verifica attenta. L'ostinazione ragionata di chi non ha paura di smentire la propaganda, squarciando il velo della post-verità del sistema neoliberista. La lucida coerenza di non negare i fatti, o edulcorarli, per approfondire e cercare di capire di più, senza fermarsi di fronte alle convenienze, alle interpretazioni di comodo.

«La fionda» è uno spazio pluralista e libero di elaborazione culturale e politica, promosso da una comunità di persone che condivide alcune precise idee - statualiste, autenticamente democratiche e antiliberiste -, senza compromessi contraddittori né opacità furbesche. Ma che ha l'autentico desiderio di confrontarsi, di dare luogo a un dibattito vero, fecondo, senza tabù. Questo deve essere il tempo della nitidezza e dello spirito critico che non arretra di fronte a nulla. Solo così sarà possibile ripartire non gattopardescamente, ma cambiando paradigma.

La fionda di Davide contro Golia. Ma anche la fionda di Gian Burrasca.

* * * *

In questa rivista si parta di cose serie, non di sovranismo, moltitudine, democrazia sovranazionale e governo mondiate, diritti dei consumatori al posto di quelli dei cittadini, virtù del mercato da contrapporre allo Stato, e via cantando con i ritornelli del neoliberalismo, nelle sue varie declinazioni, e dell'altergtobalismo, viziato di subalternità culturate e antistatuatismo.


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Giuseppe Gagliano: Tra P2, apparati deviati e Usa: come la magistratura legge le “stragi di Stato”

osservatorioglobalizzazione

Tra P2, apparati deviati e Usa: come la magistratura legge le “stragi di Stato”

di Giuseppe Gagliano

Copertina Memoria Civile
            Strage di Bologna 1280x720 1Il volume al quale vogliamo rivolgere la nostra attenzione è quello curato da Angelo Ventrone e cioè L’Italia delle stragi. Le trame eversive nella ricostruzione dei magistrati protagonisti delle inchieste (1969-1980) (Donzelli 2020) che costituisce un contributo di grande rilevanza sotto il profilo storico per ricostruire le trame drammatiche della strategia della tensione che determinò – è opportuno ricordarlo-135 morti e 560 feriti.

Come osserva il curatore ciò che accade in Italia è un caso unico in tutta l’Europa occidentale. Infatti, l’Italia fu un vero e proprio laboratorio per sperimentare la strategia della tensione, strategia che fu possibile grazie alla collaborazione delle istituzioni politiche e militari italiane.

Se queste stragi furono possibili nel nostro paese ciò fu determinato dalle enormi limitazioni alla nostra sovranità politica, militare ed economica che furono gettate sia dal Trattato di Parigi sia dalla adesione dell’Italia alla Nato piaccia o meno agli storici asserviti al diktat Nato-USA.

La destabilizzazione che fu posta in essere dalla strategia della tensione – caratterizzata da attentati dinamitardi e da tentativi falliti di colpi di Stato – fu resa possibile dalla connivenza e dalla complicità dei servizi segreti italiani, dei gruppi neofascisti, delle forze armate italiane, delle istituzioni politiche italiane e da quelle imprenditoriali ma soprattutto dalla P2 e dal ruolo determinate rivestito sia dalle basi Nato in Italia sia dalla CIA, che poté muoversi sul nostro territorio come se questo fosse un protettorato americano.


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Dario Corallo: “Good ol’ Karl”. Alla riscoperta di Marx

kriticaeconomica

“Good ol’ Karl”. Alla riscoperta di Marx

di Dario Corallo

good ol Karl1200Quando Marx iniziò a scrivere “Il Capitale”, decise di partire da quello che, all’epoca, sembrava un concetto imprescindibile dell’economia, senza il quale non sarebbe potuta esistere alcuna ricchezza: la merce.

La centralità di questo concetto è ribadita proprio nella prima frase:

La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una “immane raccolta di merci” e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Perciò la nostra indagine comincia con l’analisi della merce”.

Lo schema marxiano di produzione di un valore è tanto semplice quanto elegante. Ogni merce ha un valore (V) dato dalla somma del valore intrinseco, ovvero dalla disponibilità o rarità della materia prima (M), dal bisogno che quel bene soddisfa (B) e dal lavoro necessario alla sua realizzazione (L). Quindi, per dirla in maniera semplice, V=M+B+L. L’imprenditore, non potendo determinare i primi due valori, si rifà tutto sul lavoro dei suoi dipendenti, sottraendone una parte, e “aggiungendo” una variabile che non ha niente a che fare con la merce e che Marx chiama, appunto, “plus-valore”. Questo processo di produzione e scambio della merce è ciò che permette di incrementare il capitale.

Quindi l’imprenditore utilizza del denario (D) per produrre merce (M) che verrà riveduta un valore superiore rispetto al denaro investito (D1). Il processo di accrescimento del capitale (e cioè il capitalismo, che chiameremo C) è quindi sintetizzabile con la formula C= D→M→ D1.


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coniarerivolta: Altro che aiuti: Il Fondo Monetario alimenta la disuguaglianza

coniarerivolta

Altro che aiuti: Il Fondo Monetario alimenta la disuguaglianza

di coniarerivolta

Una ricerca scientifica dal titolo ‘Gli effetti dei programmi del Fondo Monetario Internazionale sulla disuguaglianza’ ha recentemente confermato ciò che abbiamo sempre sospettato: i Paesi in cui il Fondo mette il cucchiaio, finiscono per essere più disuguali. Proviamo in questo contributo a capire meglio di cosa stiamo parlando proponendo un’analisi delle logiche di intervento del Fondo Monetario Internazionale (FMI), con particolare riferimento alle ingerenze nei Paesi in via di sviluppo. Come vedremo, non si tratta di misure che differiscono sensibilmente dalle ricette di politica economica imposte ai Paesi più avanzati da altre strutture sovranazionali.

Il Fondo Monetario è un organismo di carattere istituzionale il cui compito principale, ad oggi, è quello di concedere prestiti agli Stati che si trovano di fronte ad una impellente necessità di liquidità, o che abbisognano di una ristrutturazione del debito estero. Fin dalla sua nascita, il FMI ha operato in più di 130 Paesi. La principale caratteristica dei prestiti forniti dal FMI è che non avvengono incondizionatamente.


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A. Vinco: Dal M.S.I. al sovranismo patrimoniale?

sollevazione2

Dal M.S.I. al sovranismo patrimoniale?

di A. Vinco

Riceviamo e pubblichiamo

Giorgia Meloni e la destra di governo

Francesco Giubilei, presidente della Fondazione Tatarella e direttore di “Nazione Futura”, ha appena pubblicato una biografia politica di Giorgia Meloni: “La rivoluzione dei conservatori”. Giubilei, figura esterna a Fdi, analizza il percorso politico della leader romana, dalla iniziale militanza in Azione Studentesca sino alla guida dei conservatori europei. Giubilei sottolinea la rivendicata continuità di Fratelli d’Italia con la tradizione del Movimento sociale italiano, rimarcando la presenza della fiamma tricolore di eredità almirantiana sul simbolo ufficiale, ma evidenzia pure l’alterità della destra conservatrice italiana rispetto al neofascismo. La linea di Giorgia Meloni è concepita in continuità con il pragmatismo di Giuseppe Tatarella, storico attivista e ideologo missino, Vicepresidente del consiglio dei ministri durante il Berlusconi I. Come Marco Rizzo, sul quale abbiamo tentato di soffermarci giorni fa, sembra aver preso come referente internazionale il Socialismo nazionale han di Pechino, così Giorgia Meloni, come noto, si è sempre di più ispirata al sovranismo conservatore di Orban.


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Luca Fantuzzi: Storie di ordinaria Covid

losmemorato

Storie di ordinaria Covid

di Luca Fantuzzi

Spoiler: la morale non è gettare la croce addosso a chi, nel marasma del settore sanitario in particolare e di quello pubblico in generale, prova in qualche modo a fare il suo mestiere e anche più del suo mestiere. La morale è che forse è giunta l'ora di smettere di riempirsi la bocca con eccellenze che non esistono (più) e prendere serenamentre atto che il Covid non è, di per sé, un'emergenza, ma la situazione del SSN assolutamente sì.

È mercoledì 21 ottobre e, dopo una normale giornata di metà autunno, verso le nove di sera, una persona a me molto cara - che per comodità chiameremo Anna - è preda di un attacco di tosse stizzosa e insistente. La mattina successiva, giovedì 22 ottobre, dopo una notte in bianco anche per i dolori articolari sempre più forti, le entra pure un po' di febbre.

La diagnosi è bell'è fatta. Alle nove del mattino Anna, che ha settant'anni compiuti e dunque un po' di preoccupazione ce l'ha, entra al pronto soccorso di una ridente cittadina toscana. Visita, prelievo di sangue, RX torace e a mezzogiorno (sono passate solo tre ore, in una specie di tenda da campo di rara comodità) il tampone rinofaringeo.


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nlp: Il biopotere evolve. Intelligenza artificiale e nascita della clinica

codicerosso

Il biopotere evolve. Intelligenza artificiale e nascita della clinica

di nlp

 

1. Nascita della clinica e diffusione del biopotere

I concetti di nascita della clinica, di biopotere, i fenomeni dell’intelligenza artificiale e della robotica, non solo hanno origine nel ‘900 ma sono anche ben radicati nella storia del secolo breve. Tuttavia da allora l’antropologia del potere li ha analizzati in modo separato: da una parte il campo di forza clinico, spesso ridotto al tema della pressione disciplinare del potere istituzionale e medico sul corpo, dall’altra quello tecnologico che vive continuamente il rischio di una sua riduzione al tema del potere assunto dallo spossessamento del sé di fronte alle evoluzioni di intelligenza artificiale e robotica. Non che da entrambi i campi, separatamente, non siano arrivate intuizioni, e analisi, anche notevoli ma il punto è che oggi la riunione di questi fenomeni in un unico campo di forza ci spiega molto della evoluzione del potere clinico, del biopotere, dell’uso esteso di AI e robotica nei processi di medicalizzazione e, in definitiva, della mutazione di ciò che chiamiamo potere.


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Matteo Bifone: Tra crisi economica e sue conseguenze: diseguaglianze e povertà

la citta
              futura

Tra crisi economica e sue conseguenze: diseguaglianze e povertà

di Matteo Bifone

Recensiamo in quest’articolo l’ultimo libro di Francesco Schettino e Fabio Clementi, che analizza gli effetti economici e sociali della crisi del 2008-9 unite alle prospettive delle ripercussioni della crisi da Covid-19 e le sue conseguenze sul mondo del lavoro

È stato pubblicato di recente per le edizioni della Città del Sole un importante libro di approfondimento sull’attuale crisi economica, scritto in collaborazione tra due docenti di economia politica, Francesco Schettino e Fabio Clementi. Il testo pubblicato è diviso in due parti: nella prima Schettino fa un’analisi puntuale della crisi esplosa nel 2008, ma le cui radici rimettono alla crisi di valorizzazione del capitale cominciata negli anni Settanta, e dei suoi sviluppi nel corso dell’ultimo decennio, tra esplosione del debito pubblico e piani di austerità fiscale; nella seconda Clementi sviluppa uno studio sull’impatto che ha avuto la crisi sull’aumento delle diseguaglianze e della povertà a livello mondiale.


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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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Francesco Schettino: L’impatto della crisi su povertà e disuguaglianze*

materialismostorico

L’impatto della crisi su povertà e disuguaglianze*

di Francesco Schettino (Università della Campania L. Vanvitelli)

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 156-176, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

Povertà e disuguaglianze1. All’alba del nuovo decennio

«Caro lettore, l’economia mondiale versa in una condizione di elevata fragilità. La spinta espansiva dei primi mesi del 2018 ha perso vigore prevalentemente a causa delle tensioni commerciali. A queste, vanno aggiunte le minacce provenienti dalla vulnerabilità dei mercati finanziari e dalle incertezze geopolitiche. Tali sfide privano i policy makers della possibilità di commettere passi falsi e, al contrario, gli impongono di adottare giuste politiche a livello locale, internazionale e globale». Questo incipit sembrerebbe essere stralciato da un articolo di uno studioso marxista nell’analisi, corretta, della fase critica del capitale. Tuttavia, la fonte è di natura profondamente distinta e per questo assume, per quanto possibile, una rilevanza ancor superiore: si tratta del messaggio dell’Acting Manager del Fmi, David Lipton, pubblicato in apertura del periodico IMF Annual Report (2019). Insomma, parafrasando Lenin, ancora una volta, a fronte di una parte della sinistra radicale alla costante ricerca di “nuovismi” teorici da cui farsi incantare, sono proprio i “borghesi onesti e sinceri” (ammesso e non concesso che loro lo siano) a fornire l’analisi materiale più aderente alla fase che il capitale mondiale sta vivendo.

Il rapporto, pubblicato nell’ultimo trimestre del 2019, fa da eco ai campanelli d’allarme già suonati negli anni passati, che nel frattempo si sono moltiplicati dacché una parte cospicua di analisti inizia a tenere in adeguata considerazione il fatto che il 2020 potrebbe essere l’anno in cui le bolle finanziarie (ri)gonfiatesi, almeno dal 2008, potrebbero esplodere con una violenza forse sconosciuta.


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Giuseppe D'Elia: Patrimoniale ed egemonia: c’è ancora spazio per il Welfare State in Italia?

lafionda

Patrimoniale ed egemonia: c’è ancora spazio per il Welfare State in Italia?

di Giuseppe D'Elia

Gli italiani non hanno solo un problema con la tassazione della ricchezza accumulata. Il problema di chiunque voglia realizzare interventi basati sui pilastri costituzionali della solidarietà e dell’eguaglianza è che questi valori ideali sono stati letteralmente emarginati da decenni di propaganda individualista ed elitista

trickelDowndIl recente dibattito sulla patrimoniale, innescato da un emendamento alla Legge di bilancio di Orfini (PD) e Fratoianni (LEU), offre l’occasione per una riflessione più ampia sui valori costituzionali fondamentali della solidarietà e dell’eguaglianza e su come questi valori, e il correlato concetto di uno Stato sociale del benessere (Welfare State), siano stati messi ai margini da una cultura politica che si è fatta egemone, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso.

I due principi fondamentali sono entrambi assimilabili alla sfera del sociale e, in effetti, sono i due pilastri dei cosiddetti diritti sociali, in senso lato: «istruzione, sanità, pensioni, previdenza sociale (in caso di malattia, gravidanza, disoccupazione), servizi socio-assistenziali (per bambini e ragazzi senza famiglia, anziani, malati cronici e disabili)».

Il principio solidaristico, in particolare, è quello che propriamente si contrappone al più gretto individualismo: la solidarietà intesa come bene comune, interesse generale, prevalenza insomma di un’istanza sociale comunitaria sugli interessi dei singoli individui e/o di specifici gruppi più o meno organizzati.

L’art. 2 della Costituzione repubblicana postula l’«adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», subito dopo aver stabilito che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» ed è una scelta molto saggia questa: di grande equilibrio.


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Valerio Romitelli: La politica come esperienza

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La politica come esperienza

di Valerio Romitelli

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              3f84833aa8e54651953c5e7128f839c5mv2Cosa dice la filosofia di Alain Badiou? E cosa dice riguardo alla politica? Domande ambiziose e impegnative, sul pensiero di uno dei più importanti filosofi contemporanei, eclettico e prolifico, complesso e provocatorio. Attorno a tali questioni si sviluppa l’articolo di Valerio Romitelli, alimentato dal seminario che insieme a Luca Jourdan ha organizzato all’Università di Bologna. Romitelli mette da subito a critica due formule, tanto enfatiche quanto alla fin fine paralizzanti: «tutto è politica» oppure «la politica non conta nulla». Per andare in un’altra direzione, bisogna appunto considerare la politica come esperienza, confrontandosi con alcuni concetti fondamentali: eguaglianza e sottrazione, oggettività e soggettività, evento e comunismo. Dentro questa matassa, oggi quanto mai ingarbugliata, si possono trovare dei fili per pensare e ripensare la politica.

Valerio Romitelli è docente di Storia dei movimenti e dei partiti politici dell’Università di Bologna. Tra i suoi libri recenti ricordiamo L’amore della politica (Mucchi, Modena 2014), La felicità dei partigiani e la nostra (Cronopio, Napoli 2015), L’enigma dell’Ottobre ’17 (Cronopio, Napoli 2017).

* * * *

Sei anni fa, assieme a Luca Jourdan, presso il Corso di laurea magistrale di Antropologia culturale ed etnologia dell’Università di Bologna abbiamo dato avvio a una serie di seminari sul pensiero politico, aperti anche a non iscritti, con uno scopo assai preciso: contrastare il malcostume accademico forse attualmente accentuato dalle accresciute influenze anglofone, che obbligando a sfoggiare le più ampie conoscenze libresche induce ad associare in modo quanto mai eclettico e a volte persino ingenuo riferimenti teorici e filosofici disparati, anche tra loro contrastanti.


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Paola Rudan: Silvia Federici, se il femminismo parla al presente

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              precarie

Silvia Federici, se il femminismo parla al presente

di Paola Rudan

Da tempo, anche sotto l’impulso della sua presenza attiva nel femminismo popolare latino-americano, la riflessione di Silvia Federici ha grande diffusione editoriale. Ne sono testimonianza la seconda edizione per ombre corte di Il punto zero della rivoluzione, e la pubblicazione di due nuove raccolte – Genere e Capitale. Per una lettura femminista di Marx e Caccia alle streghe, guerra alle donne ‒ per DeriveApprodi e Nero edizioni. Ci sono in entrambi i casi contenuti inediti in Italia, insieme a saggi già noti ora riassemblati secondo due linee problematiche e di ricerca tra loro legate. Genere e Capitale, espone il confronto e lo scontro di Federici con Marx, che in Caccia alle streghe trova un campo di applicazione nella comprensione femminista di quel processo che Marx ha definito «accumulazione originaria» del capitale. I testi vanno quindi letti insieme, bisogna farlo nel lungo arco polemico in cui hanno visto la luce – dagli anni Settanta ai giorni nostri ‒ e ricercando gli strumenti che sono in grado di offrire alla critica e all’iniziativa politica femminista nel presente globale.


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Alessandro Perri: Gli Stati uniti scaricano la crisi economica sull’Eurozona

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Gli Stati uniti scaricano la crisi economica sull’Eurozona

di Alessandro Perri

Le decisioni comunicate al termine dell’ultima riunione del 2020 di ieri sera dalla Federal reserve (Fed, la “Banca centrale” statunitense) hanno confermato le aspettative. La Fed ha infatti annunciato il mantenimento dei tassi d’interesse nel range 0-0,25%, che in altre parole significa che continuerà a mantenere a un livello quasi nullo il costo del denaro.

Contemporaneamente, verrà mantenuto il ritmo degli acquisti sia dei titoli di Stato, sia dei titoli delle agenzie garantite dallo Stato, rispettivamente a un ritmo di 80 e 40 miliardi di dollari al mese.

Il livello di acquisti – afferma la Fed – rimarrà tale fin quando non saranno raggiunti «sostanziali» progressi sul fronte dell’occupazione e dell’inflazione, ossia «il massimo dell’occupazione e dell’inflazione al tasso del 2% nel lungo periodo», mantenendo una «posizione accomodante di politica monetaria fino al raggiungimento di questi risultati».

Il lungo periodo per il calcolo della media del tasso d’inflazione è, nel nuovo approccio della Fed, un arco di tempo non-definito (fino a settembre era invece annuale).


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"Nel nome della madre. In ricordo di Genoeffa"

sinistra

"Nel nome della madre. In ricordo di Genoeffa"

a cura di Francesco Giordano

Sebben che siamo donne
paura non abbiamo

Mi chiamo Genoeffa Cocconi, moglie di Alcide Cervi e madre di Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore e voglio prendere la parola, oggi, nel 2020, in questo fine 2020 faticoso per tutti e tutte.

E voglio innanzitutto ricordare anche le mie due figlie: Rina e Diomira.

Dunque sono Genoeffa Cocconi, donna, moglie e madre di nove figli.

Dopo la Liberazione si è molto parlato della famiglia Cervi.

Nel mio cuore, dentro di me, provavo orgoglio, misto a vergogna.

Orgoglio perché certo che era giusto partecipare alla Lotta di Liberazione contro chi occupava la nostra terra, contro nazismo e fascismo.

Vergogna perché pareva che io non esistessi, le mie figlie non esistessero, non avessimo avuto una vita ed un ruolo, mentre la presenza e l’attività delle donne, anche la mia, nella Resistenza è stata senza dubbio determinante.


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Geraldina Colotti: Weimar, ombelico del secolo breve

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Weimar, ombelico del secolo breve

di Geraldina Colotti

David Bernardini: La repubblica di Weimar. Lotta di uomini e ideali, Diarkos, 2020, 18,00 euro

I quindici anni scarsi della Repubblica di Weimar costituiscono uno dei capitoli più importanti della storia del Novecento. Tra il 1918 e il 1933, la Germania del primo dopoguerra fu investita da una impressionante ondata di contraddizioni economiche, politiche, ideologiche e militari. Si tentarono insurrezioni. Si approvarono costituzioni. Si sperimentarono nuove politiche economiche e singolari innovazioni artistiche. Si combatterono battaglie in cui vennero mobilitate dosi massicce di risorse ideali, spingendo a verifica le principali strategie e tattiche del pensiero contemporaneo. Una vicenda, quella di Weimar, in cui élite e masse conobbero una continua e turbolenta interazione. Una vicenda consumata sotto il segno della krisis e inghiottita dal nazismo. Di qui il suo fascino inquietante e l’attrattiva quasi morbosa esercitata ininterrottamente sugli storici e sui politici del continente europeo. Weimar significa democrazia borghese, e significa insufficienza della democrazia borghese.


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Santo Peli: Perché rileggere «Primo Maggio»

machina

Perché rileggere «Primo Maggio»

di Santo Peli

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                6fd524728ad64adf8c23ed0f1cedcd90mv2Negli anni Settanta e Ottanta «Primo Maggio» è stata una rivista importante per tante persone impegnate nelle lotte sociali e civili.

È stata una scuola di formazione, una sede di dibattito e riflessione in un periodo storico convulso, ma pieno di passioni e di generosità.

È stata una fabbrica di prototipi mentali. Ideata da Sergio Bologna, storico del movimento operaio ed esponente dell’«operaismo italiano», ha vissuto i primi anni sotto la sua direzione per poi passare, dal 1981 al 1989, a Cesare Bermani, affiancato da Bruno Cartosio. Il suo editore fu Primo Moroni, libraio della Calusca di Milano inventore di un modo nuovo di fare cultura. La sua grafica, originale e rigorosa, fu opera di Giancarlo Buonfino.

Una rivista di «storia militante» che ha affrontato con intuito e preveggenza argomenti complessi come la gestione capitalistica della moneta, il declino della grande industria fordista, l’emergere di nuove figure sociali, la trasmissione della memoria, l’avvento della logistica. Attraverso la riscoperta di pagine straordinarie di storia del proletariato migrante fu capace di creare immaginari e modelli di comportamento, di dare una diversa rappresentazione dell’America, di influenzare gli orientamenti di gruppi politici e correnti di ricerca storiografica in Germania.

Pubblichiamo di seguito, come introduzione alla raccolta completa della rivista, un intervento di Santo Peli che compare nel libro La rivista «Primo Maggio» (1973-1989) edito da DeriveApprodi.

In fondo a questa pagina, è possibile scaricare la raccolta completa in Pdf.


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Lorenzo Lodi: Intelligenza artificiale e "fine del lavoro": alcune chiavi di lettura

lavocedellelotte

Intelligenza artificiale e "fine del lavoro": alcune chiavi di lettura

di Lorenzo Lodi

Lo sviluppo tecnologico e dell’intelligenza artificiale ci portano verso la “fine del lavoro”? Quali conseguenze politiche ha il dibattito teorico odierno su questi temi? Proponiamo alcune chiavi di lettura a partire dalla lettura “Rivoluzione Globotica” di Richard Baldwin e “Schiavi del Clic” di Roberto Casilli

aiNegli ultimi anni, il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI – artificial intelligence) e della digital economy ha imposto al dibattito pubblico il tema della “fine del lavoro”; una preoccupazione che torna ciclicamente fin degli albori del capitalismo industriale, ma che nel contesto della “seconda età della macchina” – o della “quarta rivoluzione industriale” [1] – promette di trasformarsi in una realtà concreta. L’argomento appare particolarmente attuale, oggi, in un momento in cui la pandemia di Sars-Covid 19 ha dato ulteriore slancio ai processi di centralizzazione del capitale nelle mani delle “Big Tech”, anche se, a ben guardare, i vari lockdown messi in campo nei mesi scorsi hanno mostrato quanto la società contemporanea si regga ancora sul lavoro di centinaia di milioni di individui. Mai come nel marzo scorso è sembrato vero il seguente monito di Marx in una lettera a Kugelman:

sospendendo il lavoro, non dico per un anno, ma solo per un paio di settimane, ogni nazione creperebbe, è una cosa che ogni bambino sa” [2].

Detto questo, basterebbe la grancassa mediatica ed accademica sulle implicazioni delle nuove tecnologie per rendersi conto di quanto valga la pena affrontare seriamente il problema. A tale scopo, cercheremo alcune chiavi di lettura nelle pagine di due libri usciti negli ultimi mesi: “Rivoluzione Globotica” di Richard Baldwin (ed. Il Mulino, Bologna, 2020) e “Schiavi del Clic” di Roberto Casilli (Feltrinelli, Milano, 2020), del quale sarebbe stato in realtà più suggestivo tradurre letteralmente il titolo in francese: “Aspettando i Robot” (En Attendant les Robots, Seuil, Paris, 2019).


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Bollettino Culturale: Contro l'uso politico della legge del valore nell'economia politica del socialismo

bollettinoculturale

Contro l'uso politico della legge del valore nell'economia politica del socialismo

di Bollettino Culturale

soviet leader joseph stalinChe cosa dicono i sovietici per difendere la tesi secondo cui la legge del valore non può sparire immediatamente dopo la transizione dal capitalismo al socialismo?

Marx in Critica al Programma di Gotha afferma che nella fase inferiore del comunismo, segnata dalle stigmate del capitalismo, il produttore riceverebbe, dopo le detrazioni per i fondi sociali, l’equivalente esatto della quantità di lavoro da lui fornito alla società.

“Domina qui evidentemente lo stesso principio che regola lo scambio delle merci in quanto è scambio di valori uguali. Contenuto e forma sono mutati, perché nella nuova situazione nessuno può dare niente all'infuori del suo lavoro, e perché d'altra parte niente può diventare proprietà dell'individuo all'infuori dei mezzi di consumo individuali. Ma per ciò che riguarda la ripartizione di questi ultimi tra i singoli produttori, domina lo stesso principio che nello scambio di merci equivalenti: si scambia una quantità di lavoro in una forma contro una uguale quantità in un'altra.”

I sovietici usarono questo testo per avvalorare la tesi secondo cui affermare che Marx avrebbe previsto la sopravvivenza della legge del valore nel socialismo è un caso di deformazione cosciente.

In realtà Marx precisa che nella fase inferiore del comunismo, la merce, il valore e lo scambio sono scomparsi, poiché qualunque lavoro ha un carattere direttamente sociale dato che i mezzi di produzione sono ormai “bene comune” o “proprietà collettiva” dei produttori. Passa poi al problema della ripartizione del prodotto sociale e critica la rivendicazione della distribuzione secondo un “diritto eguale”, secondo l’”equità”, come era formulata nel programma di Gotha.


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Eros Barone: Un prodotto perfetto per la post-modernità ‘social’

sinistra

Un prodotto perfetto per la post-modernità ‘social’

di Eros Barone

Non occorre avere un grande acume per capire che in tempi di pandemia (ma non solo in quelli) l’evergetismo imprenditoriale, 1 soprattutto se promosso da personaggi famosi e ricchi (si pensi a Berlusconi quale finanziatore del reparto di terapia intensiva allestito presso la Fiera Campionaria di Milano), non è privo di un secondo fine economico e politico. A questa regola non si sottrae nemmeno l’operazione di beneficenza promossa dalla impagabile coppia Ferragni-Fedez: operazione il cui ricavato, ammontante a 4 milioni e mezzo di euro e finalizzato a costruire un reparto aggiuntivo di terapia intensiva presso l’Ospedale San Raffaele di Milano, è stato prodotto con il concorso del sito “Gofundme”, che ha trattenuto un 10% di commissione per tale transazione.

Sennonché questa cifra, che può sembrare enorme, sopperisce solo in minima parte a quanto serve per far funzionare un reparto di terapia intensiva. In realtà, servirebbero non benefattori interessati esclusivamente ad ottenere maggiore visibilità, ma risorse molto più consistenti da destinare al sistema sanitario e quindi un regime di tassazione più rigoroso fondato, come oggi da più parti si richiede, su una patrimoniale consistente.


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Riccardo D'Orsi: Le ragioni del crollo della produttività italiana

kriticaeconomica

Le ragioni del crollo della produttività italiana

Nanismo aziendale o nanismo politico?

di Riccardo D'Orsi

La stagnazione dell’economia italiana ha radici profonde che precedono lo scoppio della Crisi finanziaria globale del 2007/08. Mentre il reddito pro-capite medio dell’Italia ha viaggiato a lungo sugli stessi livelli di Francia e Germania, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, le sue performance economiche sono peggiorate drasticamente.

In contrapposizione ad alcuni studi che tendevano ad ascrivere i problemi dell’economia italiana a un presunto minor numero di ore lavorative rispetto ai suoi competitor [1], la letteratura sul tema è pressoché unanime nel ritenere il declino italiano un problema di produttività [2]. Mentre infatti fino agli inizi degli anni ’90 l’efficienza del processo produttivo italiano aveva tenuto il passo con le due maggiori economie europee, tra il 1990 e il 1993, e poi ancora dal 1996, la produttività italiana è crollata.

Sulla scia della teoria neoclassica dominante, che non ammette alcun ruolo della domanda aggregata nel lungo periodo, la maggior parte dei contributi accademici si è concentrata sulle cause di tale tendenza da una prospettiva che enfatizza il ruolo dell’offerta.


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coniarerivolta: Recovery Fund: sotto il vestito niente

coniarerivolta

Recovery Fund: sotto il vestito niente

di coniarerivolta

Nella settimana in cui il Parlamento italiano ha dato mandato a Conte di finalizzare l’accordo politico raggiunto all’eurogruppo per la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (il famigerato MES), aprendo la strada a un ulteriore rafforzamento del meccanismo disciplinante basato sul ricatto del debito, la propaganda europeista continua a seminare un ingiustificato ottimismo sulla base delle risorse stanziate tramite il Next Generation EU (NGEU), anche noto in Italia sotto il nome di Recovery Fund.

Abbiamo più volte analizzato le pecche strutturali del NGEU. Come scritto a chiare lettere nella NADEF, il piano europeo per la ripresa impatterà sul Pil italiano per lo 0,3% nel 2021, meno di quanto farà la politica economica nazionale. Eppure, ci viene descritto come una vera e propria svolta nell’architettura istituzionale europea, che sarebbe capace di mobilitare un ammontare tale di risorse da fornire un impulso in grado di invertire la tendenza stagnante degli investimenti pubblici, in particolare nelle economie della periferia mediterranea.


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ilsimplicissimus: La presa in giro della “comunità scientifica”

ilsimplicissimus

La presa in giro della “comunità scientifica”

di ilsimplicissimus

L’arsenale della persuasione di massa non contiene solo parole come complottista e negazionista che possono squalificare a priori chiunque osi contestare la narrazione corrente e dunque esimere dalla necessità di argomentare con il rischio di rendere palesi le mistificazioni, ma si serve anche di espressioni adiuvanti e magiche che una volta pronunciate recitano una sentenza definitiva senza alcun bisogno di spiegazioni. Si tratta, come per molti lemmi tratti dalla neolingua, di concettoidi ovvero di espressioni che si riferiscono a realtà inesistenti o puramente simboliche, ma che per trascinamento sintattico – grammaticale e analogia sembrano invece evocare qualcosa di concreto. Una di queste espressioni è la “comunità scientifica” che in questi mesi pandemici viene spesso tirata in ballo quando c’è da processare qualcuno, escludere un farmaco, affondare un’ipotesi di lavoro pericolosa per i profitti, sedare una qualche idea scomoda: tutte le volte si dice che la comunità scientifica non approva ( ovviamente senza citare alcun testo).


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Aldo Zanchetta: Il grande reset dopo la pandemia

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Dec 22, 2020, 8:46:26 AM12/22/20
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Michele Castaldo: Il modo di produzione capitalistico e la questione contadina ieri oggi e domani

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Il modo di produzione capitalistico e la questione contadina ieri oggi e domani

di Michele Castaldo

Con una nota analitica sull’India di Alessio Galluppi di “Noi non abbiamo patria

Campesinos trabajando Renato Guttuso GramscimaníaLe recenti mobilitazioni dei contadini contro le misure il governo Modi in India ci obbligano a riprendere una seria riflessione in merito alla questione agraria nel modo di produzione capitalistico e al ruolo del mondo contadino. E lo dobbiamo fare, come correnti che si richiamano agli ideali del socialismo e del comunismo, sgombrando il campo dagli ideologismi che ci trasciniamo dietro da circa due secoli. Questo vuol dire abbandonare ogni ipotesi positivista, permanendo l’attuale modo di produzione che rappresenta un movimento storico dei rapporti degli uomini con i mezzi di produzione.

Diciamo in premessa che le esperienze che si sono fino ad oggi sviluppate, contrassegnate dall’impronta rivoluzionaria in nome del socialismo e del comunismo, erano incentrate sulla proprietà della terra e del suo trasferimento dalle classi nobili alle classi plebee, che hanno caratterizzato il passaggio della produzione agricola artigianale a quella industriale. Questo passaggio, sia pure fondamentale, si è poi dimostrato solo come propedeutico alla vera questione che ha l’umanità di fronte a sé, cioè il rapporto con i mezzi di produzione e di questo con il resto della natura.

Facendo un passo indietro di poco più di 200 anni, ovvero all’indomani della rivoluzione del 1789, notiamo che il problema che si pone in India in questi anni, si era già posto in Francia, ovvero l’intervento politico del governo nei confronti delle leggi dell’economia che correvano più del tempo orario che l’uomo ha cercato di fissare per organizzare la sua vita rispetto ai tempi della natura.


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Giorgio Cesarale: Americana I

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Americana I

di Giorgio Cesarale

americana photography guide
            corrie mehl store 600x356La bella riflessione di Mario Reale sul mio pezzo intorno ai risultati delle elezioni presidenziali statunitensi affronta essenzialmente tre questioni, che sono di grande rilievo nel presente contesto politico. Cercherò di snodarvi attorno le mie considerazioni tenendo conto che ciascuna di tali questioni trapassa nell’altra secondo una logica ascendente, di crescente importanza tematica.

 

1) il giudizio sulla traiettoria politica di Bernie Sanders. Reale scrive a riguardo che forse “Bernie Sanders, che è trattato troppo male da GC (un vecchio amore «reprobato» ?), ha capito delle cose. E cioè: che da una catastrofe come quella di Trump si poteva uscire solo da «destra», che la «sua» sinistra avrebbe, con ottime probabilità, perso, che bisognava dare una mano al futuro, tenendosi anche pronto, senza tatticismi, a un eventuale ritorno delle proprie forze sulla scena politica”. Il punto di partenza dell’analisi è condivisibile: a un certo punto delle primarie democratiche, nelle settimane immediatamente successive al Super-Tuesday, Sanders ha capito che i margini della sua azione si stavano inesorabilmente restringendo, che non avrebbe avuto molto senso proseguire la sua campagna fino alla conclusione delle stesse primarie, rappresentata dalla Convention estiva del Partito democratico. Quattro anni prima, quando la sfidante era Hillary Clinton, era stato possibile, ma nella primavera del 2020, con il rapido diffondersi del Covid-19 e l’acutizzazione della crisi istituzionale innescata da Trump, una battaglia di resistenza avrebbe avuto meno chances.


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Jason Read: Colpi preventivi: Marx e Spinoza

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Colpi preventivi: Marx e Spinoza

di Jason Read

unnamedpkcd6902398htNell’età postindustriale la critica spinoziana della rappresentazione del potere capitalistico si avvicina alla verità più dell’analisi dell’economia politica.

Antonio Negri

 

In principio è la pratica

L’incontro tra Spinoza e Marx è probabilmente uno dei più produttivi nella filosofia contemporanea. Esso ha diverse origini e molteplici traiettorie, l’ondata più recente inizia con le opere di Alexandre Matheron, Gilles Deleuze e Louis Althusser, proseguendo in modi differenti, attraverso diverse varianti del marxismo e dello spinozismo. Questo incontro non riguarda, come spesso accade per le forme dominanti della scrittura filosofica e della ricerca, la necessità di distinguere le influenze che derivano dall’una all’altra, o gli argomenti che le dividono. È piuttosto un’articolazione dei loro punti di intersezione fondamentali, punti che non sono semplicemente dati, ma che devono essere prodotti da una pratica filosofica.

Uno di questi punti di articolazione è il loro comune materialismo, inteso come primato dell’azione sul pensiero, dell’ordine dei corpi e dei rapporti sulla coscienza. Ciò forse appare ovvio nel caso di Marx, la cui affermazione «non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza» va intesa come un’articolazione fondamentale del materialismo. È invece meno ovvio nel caso di Spinoza, nonostante la sua affermazione dell’identità dell’ordine e della connessione di pensiero ed estensione, di idee e cose come due espressioni dell’infinita potenza della sostanza.


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Giovanna Cracco: Epidemie di sistema

paginauno

Epidemie di sistema

di Giovanna Cracco

70 1World Economic Forum, Global Health Security, gennaio 2019: “La quantità e la diversità degli eventi pandemici è aumentata nel corso degli ultimi trent’anni, una tendenza che si prevede si intensificherà. […] La globalizzazione ha reso il mondo più vulnerabile agli impatti sociali ed economici derivanti da focolai di malattie infettive. Una stima di potenziali pandemie per il 21° secolo ne quantifica il costo economico annuale in 60 miliardi di dollari. Un’altra stima misura il costo di una pandemia per influenza in 570 miliardi di dollari l’anno […] Gli economisti valutano che, nei prossimi decenni, le pandemie causeranno perdite economiche medie annue dello 0,7% del Pil globale – una minaccia di dimensioni simili a quella stimata per il cambiamento climatico. È un livello di rischio che le imprese non possono più permettersi di ignorare”.

Da questo documento non trascorrono nemmeno dodici mesi che sul pianeta si diffonde la pandemia di Covid-19. In realtà, il World Economic Forum (WEF), noto per l’annuale incontro a Davos, parla di “rischio epidemie” fin dal 2015. Tuttavia, ciò che emerge dalla lettura dei diversi documenti è che ben poco, nella pandemia di Covid-19, è andato come il grande capitale delle multinazionali ipotizzava, prevedeva, cercava di organizzare. Ne è stato travolto – checché ne dicano ipotesi complottiste varie circolanti in rete, nell’area politica di destra come di sinistra. Ciò non significa che non abbia l’obiettivo di gestire le future epidemie per trarne profitto, come vedremo, e che ora non stia cavalcando quella attuale per uscire da una crisi strutturale (1).


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Alessandro Volponi: Debito pubblico: un mistero che si può illuminare

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Debito pubblico: un mistero che si può illuminare

di Alessandro Volponi

In questo magistrale “viaggio” Volponi ci conduce lungo vie non praticate né pensate ma che portano, attraverso una macroeconomia alla Kalecki, a ben altre modalità, che non siano quelle liberiste, di sostenere lo Stato, il welfare e il lavoro

voponi foto debito pubblicoNell’epoca dell’imperialismo l’attività finanziaria (dello Stato) non viene contenuta nei limiti del pareggio del bilancio. Di conseguenza le entrate del Tesoro, ottenute mediante l’accensione dei debiti, costituiscono una condizione permanente dell’attività finanziaria. I limiti del debito pubblico, i suoi effetti... devono essere analizzati con una visione economica generale che tenga conto della moderna funzione del debito pubblico nell’economia nazionale”. (A. Pesenti, Scienza delle finanze e diritto finanziario,1972 p. 412).

“Noi deploriamo la lotta di classe, ma dobbiamo riconoscere che nel nostro paese l’hanno iniziata le classi dirigenti, applicando un sistema tributario profondamente ingiusto”. (G. Giolitti, Discorsi extraparlamentari, p. 237).

Così come esiste una spesa “buona” e una spesa “cattiva” esiste altresì un debito buono e un debito cattivo. La qualità della spesa non è determinata dalla sua classificazione come rozzamente sovente si fa, per cui spesa corrente e spesa per investimenti sarebbero, rispettivamente, sinonimi di spreco e di oculata gestione. Si può dare eccellente spesa corrente (ad es. medicina preventiva) e pessimo investimento (praticamente quasi tutte le grandi opere degli ultimi decenni). È chiaro però che ad un investimento in infrastrutture corrisponde un patrimonio tangibile mentre alla buona spesa corrente corrisponde un patrimonio immateriale composto da salute, istruzione, sicurezza etc.


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Edoardo Gianfagna: La rivincita della Scuola Radio Elettra

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La rivincita della Scuola Radio Elettra

di Edoardo Gianfagna

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            ponticelli scuola radio elettra 01 largeTra il 1951 e il 1995 c’era la Scuola Radio Elettra (SRE) di Torino. Era una scuola per corrispondenza ideata da un chimico, Vittorio Veglia, e da un ingegnere polacco, Tomasz Carver Paszkowski. Al massimo della sua espansione la SRE aprì distaccamenti in Francia, Germania, Spagna e nel continente africano. Offriva a tutti coloro che non avevano potuto, voluto o saputo conseguire il diploma quinquennale di periti elettronici una formazione a distanza secondo un piano di studi personalizzato in 30-50 lezioni, senza scadenze prefissate e senza limiti di età; ma soprattutto senza che l’allievo si dovesse spostare da casa, e garantendogli di fatto il successo formativo.

Egli infatti riceveva via posta il materiale di studio, consistente di alcune dispense ben realizzate dal punto di vista didattico, e di un kit di componenti per fare attività pratica sulle apparecchiature. Lo scopo? Sviluppare le proprie competenze in vista dell’inserimento in un settore professionale in forte espansione, grazie al diffondersi della radio e della televisione. Alla SRE anche i test scritti si svolgevano per corrispondenza. I compiti e le prove, una volta corrette, venivano restituite all’allievo via posta. Le apparecchiature ch’egli non riusciva a far funzionare venivano visionate dai tecnici della scuola e rispedite gratuitamente.

Credo che nessuno abbia mai pensato che la SRE sia stata un’onta, un problema per il nostro paese. È lecito supporre che essa abbia contribuito, qui ed altrove, a rispondere alle richieste del mercato del lavoro in trasformazione; che abbia aiutato molte persone ad aprirsi una strada tra i cambiamenti tecnologici. La scuola per corrispondenza utilizzava i mezzi che aveva a disposizione per raggiungere persone altrimenti irraggiungibili.


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Fabio Vighi: Homo pandemicus

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Dec 24, 2020, 5:17:15 AM12/24/20
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Wolf Bukowski: La sinistra che trattiene

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La sinistra che trattiene

di Wolf Bukowski*

I. Il capitalismo come religione

Schermata del 2020 12 23 11 34 52Al prossimo capodanno, avvolto nel coprifuoco notturno, s’aprirà il genetliaco secolare, almeno secondo la datazione accettata, del frammento Kapitalismus als Religion di Walter Benjamin. Possiamo certamente confermare oggi, come si legge nel breve testo, che il capitalismo risponde alle «stesse ansie, pene e inquietudini a cui in passato davano risposta le cosiddette religioni». Nondimeno, adesso, quel passato di appartenenza religiosa, almeno per la maggioranza dei cittadini della parte di mondo che abitiamo, è ormai remoto e avvolto nella nebbia dell’indifferenza e, salvo per curiosità personale, dell’oblio. Dunque, qui e ora, la dimensione religiosa del capitalismo si regge da sola, emancipata dalle sue assonanze con le esperienze religiose storiche. In ciò si manifesta l’attualità mordente di Benjamin, che tratta del capitalismo come «fenomeno essenzialmente religioso» in senso pieno, e «non solo, come intende Weber, come […] formazione condizionata dalla religione», e il riferimento è qui ovviamente al Max autore de L’etica protestante e lo spirito del capitalismo.

Oggi forse ancor più di allora, proprio perché sgravato da ingombranti persistenze (quelle appunto delle religioni in senso storico), il capitalismo è religione altamente sincretica, opportunista, senza teologia e senza dogmi, se non quella e quelli relativi al proprio essere eterno ed eternamente adattabile al mutare delle condizioni.


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Alberto Lombardo: Covid. Il comando della finanza sul mondo

cumpanis

Covid. Il comando della finanza sul mondo

di Alberto Lombardo*

lombardo
            foto covidLa situazione sanitaria che si sta creando nel mondo in seguito alla seconda ondata del Covid-19 impone riflessioni politiche che non sono facili. Infatti, per fare un’analisi scientifica, si dovrebbe essere in grado di partire da competenze tecniche (epidemiologiche, mediche, sanitarie) che evidentemente sono molto complesse, spesso sono viziate dal punto di vista di chi le formula e soprattutto possono condurre a una guerra tra negazionisti e “affermazionisti” che seppellisce sotto una sterile polemica la corretta disamina della situazione. Cercheremo in queste riflessioni di astenerci da tali diatribe ma, dovendo pervenire a un punto di vista politico, che poi è quello che interessa i comunisti, non possiamo non tenere conto di alcuni dati.

Partiamo da un fatto. La gestione della prima fase della pandemia, dei mesi intercorsi tra la prima fase e la seconda e, conseguentemente, la gestione di questa seconda fase non sono state affatto omogenee in tutto il mondo. Pertanto anche gli effetti sulle conseguenze che stanno vivendo i vari paesi non sono affatto gli stessi. Le discriminanti che si possono intravedere non riguardano tanto i regimi che governano i diversi paesi, ma apparentemente sembrano più legate alle collocazioni geografiche delle nazioni coinvolte. Potremmo mettere da un lato Europa, poi l’America (con significative eccezioni), dall’altro l’Asia e infine l’Africa. Escludendo in un primo momento quest’ultimo continente, possiamo vedere che, nel combattere gli effetti della pandemia, hanno avuto più successo nazioni come la Cina (sia la RPC, che Taiwan), il Giappone e la Corea del Sud; mentre Europa e America (con l’eccezione di Cuba) stanno di nuovo precipitando nel baratro, nonostante abbiano intrapreso strategie molto diverse (USA e Brasile, Europa continentale, Gran Bretagna, Svezia).


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Ascanio Bernardeschi: Non sarà un pranzo di gala. Come uscire dalla catastrofe del capitalismo

la citta
                futura

Non sarà un pranzo di gala. Come uscire dalla catastrofe del capitalismo

di Ascanio Bernardeschi

L’ultimo libro di Emiliano Brancaccio illustra che la legge generale di riproduzione e tendenza del capitalismo lo rende una minaccia perfino per la democrazia liberale. L’alternativa è la pianificazione collettiva come propulsore della libera individualità sociale

4adf58fb300074ff8a293c2e3ed27c3f XLEmiliano Brancaccio, Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, a cura di Giacomo Russo Spena, ed. Meltemi, 2020.

È uscito a metà novembre un libro dell’economista Emiliano Brancaccio che dovrebbe essere letto e può essere letto agevolmente anche da chi non ha dimestichezza con l’economia, perché lascia fuori dal campo i tecnicismi per dirci l’essenziale di questa crisi e perché ci indica una risposta radicale necessaria per superare il capitalismo e non per salvarlo.

Brancaccio, docente di politica economica all’Università del Sannio, è considerato un economista eretico. È autore di numerosi saggi pubblicati da riviste internazionali e ha promosso il Monito degli economisti contro le politiche europee di austerity.

Il libro si compone di tre parti.

Nella prima vengono riproposti otto suoi articoli o interviste sulla crisi e sulle misure necessarie per affrontarla. Leggendoli si apprende quanto l’autore fosse stato preveggente a pronosticare – già l’anno precedente – la crisi del 2008 e poi a criticare gli indirizzi di politica economica vanamente seguiti per uscirne. Ma già in questi brevi articoli emergono alcune riflessione che Brancaccio svilupperà nel prosieguo del libro: sulla centralizzazione del capitale e la polarizzazione delle classi, sui ritardi della sinistra nel comprendere i cambiamenti del capitalismo, sull’insufficienza delle politiche keynesiane nell’attuale fase e sugli spazi che le politiche di austerità aprono alla destra reazionaria (Sostenere l’austerity e poi dichiararsi antifascisti? Un’ipocrisia). La serie si conclude con un’intervista pubblicata nel giugno scorso da “Jacobin” in cui si invoca un “comunismo scientifico”, cioè il superamento dei diritti e dei brevetti, che limitano la circolazione libera e l’utilizzo comune dei progressi scientifici, come sta avvenendo, per esempio, per i vaccini anti-Covid.


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Luka Slavica: Disuguaglianze: perché dobbiamo tornare a parlarne

kriticaeconomica

Disuguaglianze: perché dobbiamo tornare a parlarne

di Luka Slavica

Era il 17 settembre 2011, gli animi erano infuocati e centinaia di attivisti stavano marciando lungo il Financial District di New York: era l’inizio di quello che sarebbe da lì a poco divenuto il movimento “Occupy Wall Street” (OWS)nato da un appello online partito dal Canada. A marcia terminata, i manifestanti si accamparono pacificamente per circa due mesi a Zuccotti park, ribattezzata Liberty Square dagli occupanti, nei pressi della Borsa di New York. Le proteste contro le disuguaglianze si diffusero quindi in molte altre città degli Stati Uniti; alcune rimasero di dimensioni locali, ma tutte furono spinte dallo stesso fermento generale. Il 15 ottobre 2011 la mobilitazione culminò a livello internazionale: vennero toccate oltre 790 città, in 71 diversi paesi, anche grazie alla forte risonanza mediatica provocata dall’evento, oltre che ad un sentimento generale di simpatia verso i dissidenti da parte dell’opinione pubblica.

Fra le file degli “indignados” statunitensi, lo slogan più comunemente impresso era “We are the 99%”: l’obiettivo fortemente antigerarchico dei partecipanti era quello di denunciare l’asimmetria economica tra il top 1% più ricco (in particolare l’élite finanziaria di Wall Street) e il resto della popolazione


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coniarerivolta: Il lavoro c’è ma i lavoratori si scansano: la favoletta continua

coniarerivolta

Il lavoro c’è ma i lavoratori si scansano: la favoletta continua

di coniarerivolta

È di qualche giorno fa un titolone di un rotocalco appartenente al gruppo GEDI e alla famiglia Agnelli che annunciava la presenza di, udite udite, ben 90 mila posti di lavoro disponibili che non attendono altro che essere riempiti. La favoletta è ben nota, ma riteniamo utile raccontarla per chiarire qualche concetto e suggerire qualche linea interpretativa. Repetita iuvant: spendiamo allora qualche riga sulla propaganda che le testate, e spesso le ricerche accademiche, continuano a propinarci, per poi passare alle cose serie.

Il ritornello è ben noto, dicevamo: in Italia il lavoro non mancherebbe, tutt’altro! Purtroppo, però, i lavoratori non sono adeguatamente formati o, peggio, preferiscono poltrire godendo di qualche ‘generoso’ sussidio. Le soluzioni individuate sarebbero, tanto per cambiare, politiche dell’offerta finalizzate alla formazione dei giovani alla manovalanza – invece che rincorrer i cavalieri, l’arme e gli amori – e investimenti in politiche attive, vale a dire in tutte quelle azioni volte a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, piuttosto che lo sperpero di risorse nei sussidi di disoccupazione, i quali non incentiverebbero i cittadini a cercare attivamente un lavoro, lasciando scoperte le ghiotte opportunità che gli imprenditori italiani garantirebbero.


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Michele Zanche: Il socialismo con caratteristiche cinesi nel libro 'Cina Popolare' di Diego Angelo Bertozzi

lantidiplomatico

Il socialismo con caratteristiche cinesi nel libro 'Cina Popolare' di Diego Angelo Bertozzi

di Michele Zanche - Yizhong

È un vizio esiziale della nostra liberal-democrazia: l’assoluta leggerezza con la quale vengono emessi giudizi drastici sul resto del mondo, nell’illusione per cui tutte le informazioni che servono per potersi esprimere siano sotto la luce del sole non già dell’opinione pubblica, ma del senso comune. Storie, sacrifici e contraddizioni di paesi geograficamente lontani vengono spazzati via e fagocitati dall’arroganza del semicolto homo occidentalis che, pasciuto dal benessere prodotto dall’ultimo mezzo millennio di imperialismo e colonialismo, si chiede come mai, Anno Domini 2020, non tutti gli stati siano chiamati alle urne ogni cinque anni.

Cina popolare. Origini e percorsi del socialismo con caratteristiche cinesi di Diego Angelo Bertozzi (edito dalla nascente casa editrice dell’Antidiplomatico) è innanzitutto una risposta a tutti coloro che, più o meno consapevolmente, moraleggiano sulla Cina senza conoscerne la storia.


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Mauro Armanino: Poveri ma felici, ossia la nuova classifica ONU del Sahel

sinistra

Poveri ma felici, ossia la nuova classifica ONU del Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 20 dicembre 2020. Anche la felicità, nel Sahel, è di sabbia. Tutto qui è precario. Il clima, il lavoro, la politica, le elezioni presidenziali, e soprattutto la sicurezza alimentare. Senza parlare della scuola, la sanità e la speranza di vita. Proprio lei, la felicità, ci consente di risalire nella classifica mondiale e africana dei Paesi più o meno felici. E’il recente rapporto delle Nazioni Unite che l’attesta con certezza. Ebbene sì. I nigerini si sentono più contenti che gli abitanti di altri Paesi dell’Africa occidentale. Il Niger si trova al posto numero 103, facendo un salto di ben undici posizioni rispetto all’edizione del 2019, dove eravamo appena alla poco invidiabile 114 posizione di classifica. Ora sorpassiamo la Nigeria, il Burkina Faso, il Mali e il Togo. Ci passano invece davanti la Costa d’Avorio, il Benin, il Ghana e financo la Guinea delle recenti scandalose elezioni presidenziali. I primi della lista sono i soliti noti. La Finlandia, la Danimarca, la Svizzera, l’Islanda e la Norvegia. Detto rapporto prende in esame gli indicatori tipo il PIB, i servizi sociali, la speranza di vita, le libertà individuali, la generosità e la percezione della corruzione.


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Alessandro Visalli: Circa Emiliano Brancaccio, “Catastrofe o rivoluzione”

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Circa Emiliano Brancaccio, “Catastrofe o rivoluzione”

di Alessandro Visalli

298y87tg6L’economista Emiliano Brancaccio è sicuramente un punto di riferimento nel panorama dell’economia critica italiana ed un militante impegnato nel campo della sinistra radicale. Il testo che qui si commenta è stato pubblicato[1] dalla rivista “Il ponte” e nel libro “Non sarà un pranzo di gala[2]. Si tratta di un testo sicuramente ambizioso e notevolmente denso, nel quale l’economista dell’Unisannio compie lo sforzo di sistemare la linea dei suoi studi recenti[3] e dargli uno sbocco politico più esplicito. Già in “L’austerità è di destra[4], nel 2012, la tesi che in questo testo assume ruolo di gran lunga centrale, quella della tendenza alla concentrazione dei capitali, era presente con esplicito riferimento al classico marxista di Rudolph Hilferding[5], come una robusta critica dell’Unione Europea a guida tedesca e della logica dell’austerità. In quel testo Brancaccio prendeva anche posizione con decisione contro il “liberoscambismo di sinistra”, in parte a suo parere risalente allo stesso Marx del 1848[6], e contro quella che giustamente chiamava la “sudditanza verso il dogma liberista della totale apertura dei mercati”[7], contestando nell’ordine la tesi che l’apertura favorirebbe i paesi poveri (mentre ne aumenta la dipendenza) e quella che sarebbe garanzia di pace. Quale conclusione proponeva controllo del movimento dei capitali, standard europei sul lavoro e pianificazione per porre sotto controllo i meccanismi di formazione dei prezzi e di allocazione delle risorse e degli investimenti. Quindi la creazione da parte dello Stato di nuova occupazione “di prima istanza”. Tutte azioni per attuare le quali, scriveva, c’è bisogno di una “chiara esplicitazione di una strategia di uscita dal conclamato fallimento dell’Europa di Maastricht”[8].


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Bollettino Culturale: Sull'ideologia economica dello stalinismo: il "modo di produzione socialista"

bollettinoculturale

Sull'ideologia economica dello stalinismo: il "modo di produzione socialista"

di Bollettino Culturale

copeck6La categoria della proprietà socialista è la pietra angolare delle concezioni economiche (e sociali) dell'era di Stalin. In effetti, tutto il sistema teorico chiamato "economia politica del socialismo", che la classe dirigente iniziò a elaborare a partire dal 1936 (un progetto che, d'altra parte, fu completato solo nel 1954, con la prima edizione del Manuale di economia politica dell'Accademia delle scienze), dipende e deriva da questa proprietà socialista. L'identificazione tra proprietà statale e "proprietà socialista" come "proprietà sociale" (cioè proprietà della società nel suo insieme) venne codificata solamente nel 1936, quando venne proclamata l'abolizione delle classi antagoniste. Stalin ha poi dichiarato che "la vittoria totale del sistema socialista in tutti gli ambiti dell'economia nazionale è ormai un fatto compiuto", poiché "la proprietà socialista degli strumenti e dei mezzi di produzione è stata affermata come base incrollabile della nostra società sovietica". Nella misura in cui lo Stato è proprietario, "la nostra classe operaia non solo non è privata degli strumenti e dei mezzi di produzione ma, al contrario, li possiede in comune con l'intero popolo". Tuttavia, i presupposti della teoria della proprietà socialista erano già presenti negli anni '20, quando l'identificazione del settore statale con il settore "socialista" in contrapposizione al settore dell’"economia privata" era una tesi comunemente accettata.

La nozione di proprietà socialista si basa non solo su un vero rovesciamento dei rapporti giuridici ed economici, ma anche, e soprattutto, sull'identificazione illusoria dello Stato con la società. Così, il Manuale di Economia Politica definisce "proprietà socialista" come "proprietà sociale dei mezzi di produzione" e quest'ultima come "base dei rapporti di produzione in un regime socialista".


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Pietro Salemi: Patrimoniale: come sbagliare mira con una pistola ad acqua

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Patrimoniale: come sbagliare mira con una pistola ad acqua

di Pietro Salemi

pistolaAcquaTagliatoNel dibattito pubblico di questi ultimi giorni ha tenuto banco la proposta di emendamento alla legge di bilancio di introduzione di un’imposta patrimoniale che andrebbe ad incidere su quella platea di contribuenti che detengano un patrimonio immobiliare e mobiliare netto superiore complessivamente ai 500.000 €. La proposta, a firma di alcuni deputati di PD e LeU, prevede 4 diverse aliquote: 0,2% tra i 500.000€ e un milione di €; 0,5% da un milione a 5 milione di €; 1% tra 5 e 50 milioni di €; 2% sopra i 50 milioni di €. A queste aliquote, solo per l’anno 2021, se ne aggiunge un’altra: il 3% sui patrimoni superiori al miliardo di €. La stessa proposta di emendamento all’art. 194 della legge di bilancio disporrebbe la contestuale esenzione per le persone fisiche dall’Imposta Municipale Propria, dall’imposta di bollo sui conti correnti e sui conti di deposito titoli.

L’imposta patrimoniale è da sempre proposta capace di scaldare i cuori della sinistra e gli animi a destra. In linea di principio, è, infatti, misura idonea a perseguire finalità di giustizia sociale in vista di una più equa distribuzione della ricchezza e, in ultima istanza, di una maggiore uguaglianza sostanziale.

La misura viene presentata, se non come una vera e propria panacea, almeno come una misura giusta e necessaria. Giusta, perché ritenuta in grado di operare un’effettiva redistribuzione delle ricchezze e di rimediare alla drammatica crescita delle disuguaglianze socio-economiche. Necessaria, perché ritenuta in grado di reperire preziose risorse per l’Italia al fine di superare la crisi pandemica, nei suoi aspetti sanitari e/o economici.


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Carlo Formenti: Games of Thrones versus Hunger Games

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Games of Thrones versus Hunger Games

di Carlo Formenti

La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, si è azzardata a recitare, nel programma Rai Voice Anatomy, un monologo https://www.youtube.com/watch?v=noglabz5fvs della regina dei draghi Daenerys Targaryen, la protagonista del serial televisivo Games of Thrones che ha affascinato milioni di telespettatori di tutto il mondo. Il monologo recita così: <<Sono Daenerys, nata dalla Tempesta. I vostri padroni vi hanno mentito su di me o forse non vi hanno detto niente. Non importa. Non ho niente da dire a loro. Parlo solo a voi...>>. Per chi non abbia visto il serial, o letto la saga di George Martin da cui è tratto, il voi cui si rivolge Daenerys con queste parole si riferisce agli schiavi della città che si appresta a liberare, oppressi da una casta di crudeli padroni cui la regina dei draghi infliggerà una durissima punizione.

Una volta steso un velo di pietoso silenzio sulla pretesa della leader di destra di incarnare un'eroina della lotta contro l'oppressione, tocca riconoscerle di avere rivelato, con quel tentativo di sfruttare un'icona dell'industria culturale, una certa astuzia in materia di comunicazione politica.


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Leo Essen: Benjamin e Marx

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Benjamin e Marx

di Leo Essen

Walter Benjamin appuntava in un quadernino i titoli dei libri e l’anno in cui li aveva letti. Prima del 1933, di Marx aveva letto per intero solo Lotte di classe in Francia. In una lettera del 25 maggio 1925 all’amico Gershom Scholem, nomina due esperienza che doveva ancora fare: occuparsi di politica marxista (la dottrina marxista non la teneva, allora, in alcun conto) e di ebraismo [ Gershom Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo].

Negli anni venti il marxismo si era profondamente rinnovato. Nel 1923 erano apparsi, quasi contemporaneamente, Marxismo e filosofia di Karl Korsch e Storia e coscienza di classe di György Lukács. Persino Heidegger (di nascosto) leggicchiava Lukács e Korsch. Dunque, l’avvicinamento di Benjamin al marxismo avvenne in un clima propizio, anche se a imprimere una spinta rilevante fu l’incontro con Brecht.

Dell’influenza di Brecht su Benjamin Scholem ha un’idea negativa. Salvo un’unica eccezione – Brecht, appunto - Benjamin si occupa intensamente soltanto di autori cosiddetti “reazionari”, come Proust, Julien Green, Jouhandeau, Gide, Baudelaire, George. L’eccezione è costituita da Brecht, dice Scholem, il quale per anni ha esercitato su Benjamin un fascino ininterrotto.


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Christian Marazzi: È il capitalismo delle piattaforme, bellezza! Sulla bolla che verrà

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È il capitalismo delle piattaforme, bellezza! Sulla bolla che verrà

di Christian Marazzi

La settimana scorsa Airbnb, la compagnia di “prenotazione alloggi online”, ha debuttato a Wall Street con un’offerta pubblica iniziale (IPO) che ha sbaragliato tutte le previsioni più ottimistiche, riuscendo a raccogliere qualcosa come 87 miliardi di dollari, più del doppio del valore del più grande gruppo alberghiero del mondo. E questo il giorno dopo il debutto spettacolare di DoorDash, la compagnia di deliveryfood che con la sua IPO ha rastrellato oltre 70 miliardi di dollari. Senza dimenticare l’IPO di Zoom, l’emblema del lavoro in remoto, che ha toccato i 160 miliardi di dollari, oppure quello della sconosciuta Snowflake, un gruppo di analisi dati, che con una valutazione di 120 miliardi di dollari ha eclissato il gigante IBM che un tempo dominava il settore.

È il capitalismo delle piattaforme, bellezza! Ma è anche qualcosa che assomiglia molto, troppo, alla bolla internettiana di una ventina di anni fa, quella bolla che, dopo due anni di “esuberanza irrazionale”, di acquisti squinternati di qualsiasi cosa purché avesse un punto seguito da un com (le famose dotcom), scoppiò come un bubbone, lasciando macerie dietro di sé e preparando la speculazione successiva, quella immobiliare, che portò diritti dritti alla crisi dei subprime del ‪2007- 2008‬.


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Geraldina Colotti: Acqua e finanza, il nuovo business dei falchi di Wall Street

lantidiplomatico

Acqua e finanza, il nuovo business dei falchi di Wall Street

di Geraldina Colotti

La notizia che l’acqua verrà quotata a Wall Street con dei titoli derivati è rimbalzata sui media internazionali, consentendo di inquadrare la nuova speculazione voluta dalle grandi istituzioni internazionali – Fondo Monetario e Banca Mondiale, con il placet dell’Unione Europea – a scapito delle popolazioni più vulnerabili a livello mondiale. Com’è già accaduto per altri beni primari come mais, soia, riso o grano, anche l’acqua, essenziale per la vita quanto l’aria, avrà un prezzo in investimento dipendente dalle banche, che ne hanno il controllo mediante i derivati finanziari.

I titoli derivati sono tra gli strumenti finanziari più rischiosi, ma la propaganda capitalista che enfatizza le proprietà “taumaturgiche” e regolative del dio mercato, riesce a presentarli come strumenti vantaggiosi per gli Stati, che vengono spinti a privatizzare le risorse pubbliche, nonostante sia evidente che a guadagnare su un elemento di cui nessuno può fare a meno, come l’acqua, siano solo le grandi multinazionali.

In gran parte del mondo, le multinazionali gestiscono l’acqua potabile ingaggiando una guerra commerciale che porta a una concentrazione monopolistica sempre maggiore.


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Emiliano Brancaccio: Catastrofe o rivoluzione

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coltrane59: Dopo il Virus: la Città che verrà e quella che vorremmo

codicerosso

Dopo il Virus: la Città che verrà e quella che vorremmo

di coltrane59

IMG 20200902 095256 1“Piuttosto che distribuire ai bambini un po ‘ di giocattoli, non dovremmo aiutarli ad uscire dal vaso di sabbia e a riconquistare la città?” ( Colin Ward – Il bambino nella città)

“Ci hanno mescolato le anime e ormai abbiamo tutti gli stessi pensieri. Noi aspettiamo, ma niente ci aspetta, né un’astronave, né un destino” (Gianni Celati – Verso la Foce).

La seconda ondata del Covid-19 sta lasciando sulla strada milioni di morti in tutto il mondo e le conseguenze economiche, sociali e culturali sono e saranno devastanti. A distanza di quasi un anno dall’inizio della pandemia non sono ancora state adottate le misure giuste per arginarla. In particolare l’Occidente, basta guardare l’Italia, sta dimostrando tutta la sua incapacità gestionale, politica e scientifica a costruire un modello di lotta al virus chiaro, efficace e omogeneo.

Ma finito questo momento drammatico cosa rimarrà delle nostre città? Cosa capiremo da questa grande lezione storica? Che tipo di memoria collettiva potrà nascere da queste rovine umane e culturali?

 

Sanità e territorio

La Pandemia ha messo in luce una serie di mancanze della situazione della sanità occidentale e soprattutto di quella italiana: quasi 70.000 morti al momento, carenza di medici e infermieri lasciati allo sbando, problemi di materiale sanitario, bombole, ossigeno, mascherine, mancanze di terapie intensive e di posti letto dovute ai tagli effettuati dalle politiche neo liberiste di governi presieduti dalla destra o dal centro sinistra.


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Fabio Frosini: Prefazione a "Il marxismo di Gramsci"

lavocedellelotte

Prefazione a "Il marxismo di Gramsci"

di Fabio Frosini

Antonio Gramsci antropologiaÈ in uscita, con la casa editrice Red Star Press, il libro Il marxismo di Gramsci dell’argentino Juan Dal Maso: un’opera che dal 2017 ha costituito un significativo contributo in Argentina e in America Latina nel dibattito – molto ricco ed eterogeneo nel Cono Sur – sul marxismo e sui grandi temi politici legati all’opera di Antonio Gramsci e in particolare ai suoi Quaderni del Carcere.

Questo libro esce finalmente anche in italiano (dopo l’edizione in lingua portoghese) con una traduzione a cura della redazione della Voce delle Lotte, e per maggiori informazioni sull’acquisto invitiamo a scrivere alle nostre pagine sui social o alla nostra mail reda...@lavocedellelotte.it.

Riproduciamo di seguito, come primo di molti materiali che proponiamo per lo studio e il dibattito attorno a questa opera, la prefazione a cura di Fabio Frosini, professore di Storia della filosofia all’Università di Urbino “Carlo Bo” autore di La religione dell’uomo moderno. Politica e verità nei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci e di altri libri, membro della IGS- Italia e dell’equipe che sta curando una nuova edizione critica dei Quaderni.

* * * *

1. Questo libro tratta un argomento – Gramsci come “marxista” – importante e molto controverso. Infatti, nella quasi immensa quantità di interpretazioni di Gramsci, quest’ultimo è stato poco a poco allontanato dalla tradizione marxista. Da principio, si è sostenuto che si trattava di un marxista molto originale, quindi, che il suo era un marxismo radicalmente originale e innovativo; infine, si è parlato di Gramsci come di un post-marxista, o in alcuni casi come un autore che non ha nulla a che fare con il marxismo (essendo piuttosto riconducibile alla tradizione del pensiero liberale o, addirittura, cattolico).


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Antonello Boassa: Dizionario di ipocrisie, false prove, occultamenti. La guerra mediatica dell’impero

linterferenza

Dizionario di ipocrisie, false prove, occultamenti. La guerra mediatica dell’impero

di Antonello Boassa

I pellerossa erano “illegali”, occupavano una terra non destinata loro. Così il parere di molti intellettuali americani. Secondo il “Destino manifesto”, ideologia diffusa nella prima metà dell’ottocento tra gli invasori “legali”, gli immensi spazi che si aprivano ai loro occhi erano stati assegnati ai conquistatori irrevocabilmente da Dio stesso. E dunque tutto poteva essere “preso”. Terre, fiumi, montagne, animali. Chi si fosse opposto avrebbe agito criminalmente contro la volontà del Signore e quindi doveva essere eliminato, a meno che non avesse obbedito incondizionatamente al nuovo Padrone.

Una tale ideologia coinvolgeva – è bene precisarlo – sia gli individui più spregevoli sia le anime belle che in un modo o nell’altro accettavano un tale stato di cose come inevitabile. Gran parte della letteratura e della cinematografia ha voluto e saputo magnificare la conquista del West mitizzando mediante le star del cinema un’avventura bellica che ben poco ha di cavalleresco e molto ha invece di genocidio premeditato e giustificato. Non solo battaglie tra frecce e fucili ma anche e soprattutto incursioni vigliacche contro comunità di vecchi, bambini, donne, in assenza dei guerrieri. Nella totale impunità stupri, tortura, saccheggio, omicidi.


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Thierry Meyssan: Chi distrugge il Libano e perché

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Chi distrugge il Libano e perché

di Thierry Meyssan

Se negli ultimi due decenni la distruzione di cinque Stati del Medio Oriente Allargato ha richiesto guerre sanguinose, in Libano la guerra i libanesi se la sono fatta da soli, pur senza rendersene conto. La Resistenza ha assistito impotente al crollo del Paese. È la dimostrazione che si può vincere una guerra senza doverla necessariamente fare

Il Libano, spesso presentato a torto come «il solo Stato democratico arabo», persino come «la Svizzera del Medio Oriente», in pochi mesi è crollato. Eventi in successione – le manifestazioni popolari contro la classe politica (2019), la crisi bancaria (2019), la crisi sanitaria (luglio 2020) e l’esplosione al porto di Beirut (agosto 2020) – hanno provocato la brusca scomparsa delle classi medie e un abbassamento generale del tenore di vita dell’ordine del 200%.

Secondo i libanesi, la causa di quest’orrore sarebbe la gestione catastrofica del Paese da parte d’una classe politica i cui dirigenti sono tutti corrotti, salvo quelli della comunità confessionale cui immancabilmente dichiara di appartenere la persona con cui si sta parlando. Questo pregiudizio assurdo rivela una popolazione intollerante e maschera la realtà.


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Tomasz Konicz: Il coefficiente di stupidità della Sinistra

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Il coefficiente di stupidità della Sinistra

di Tomasz Konicz

La stupidità è la miglior alleata dell'opportunismo di sinistra, la crisi attuale lo dimostra ancora una volta

don
            maitz the idiotCapitalismo o morte? In un'intervista pubblicata nel dicembre del 2019, il famoso marxista americano David Harvey ha reso assai chiaro, con una franchezza deprimente, in che cosa possa rapidamente degenerare la teoria di Marx, quando, dopo decenni, si continua ad ignorare in maniera sovrana la crisi sistemica, e di conseguenza non si dà forma ad un adeguato concetto di crisi [*1]. Rivoluzione? Una «fantasia comunista», oramai non viviamo più nel 19° secolo. Il capitale è «too big to fail», è diventato troppo necessario, e pertanto non possiamo permetterci il suo crollo. D'altra parte, le cose devono essere «mantenute in movimento», dal momento che in caso contrario «moriremmo quasi tutti di fame». E c'è bisogno anche che investiamo il nostro tempo per «rianimarlo», questo capitale, dice Harvey. Forse si potrebbe lavorare lentamente ad una riconfigurazione graduale del capitale, ma un «rovesciamento rivoluzionario» è qualcosa che «non può e non deve accadere»; e bisogna anche si lavori attivamente per fare in modo che non avvenga. Allo stesso tempo, alla fine il professore marxista ha osservato anche che il capitale è diventato «troppo grande, troppo mostruoso» per poter sopravvivere. Insomma, si tratterebbe di un «percorso suicida».


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Giulio Di Donato: Manifesto per la sovranità democratica

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Manifesto per la sovranità democratica

di Giulio Di Donato

Questo mondo colpevole, che solo compra, spettacolarizza e disprezza ci ha nauseati. Noi protestiamo in modo radicale. Lo facciamo con un clamore e una violenza rivoluzionaria perché la nostra critica verso la società patinata dell’indifferenza, degli inganni e della mercificazione universale è totale e intransigente. E di tutto siam capaci fuorché di attenerci all’ordine degradante dell’orda[1]

Mix vignette Mauro Biani partigiani manif25 apr16Suona paradossale, nelle settimane del distanziamento sociale e del ripiegamento solitario, presentare un testo che raccoglie gli esiti di un dialogo. Eppure questo tempo sospeso è stato anche il tempo in cui si sono creati e alimentati rapporti, affinate e precisate nuove idee, concepiti e realizzati nuovi progetti.

Oggi raccogliamo i frutti di questo intenso lavoro di semina: discuteremo infatti i temi teorici e politici trattati in questo prezioso volume dal titolo Contro Golia. Manifesto per la sovranità democratica, Rogas edizioni, frutto di un dialogo fra Gabriele Guzzi e il Prof. Geminello Preterossi. Questo testo inaugurerà una nuova collana di studi politici, “Inciampi”, diretta dallo stesso Preterossi, che impreziosirà il già ricco catalogo della Rogas edizioni, e andrà ad affiancarsi alle iniziative avviate e promosse sia da l’Indispensabile che da La Fionda (da segnalare l’uscita, sempre in questi giorni, del primo numero del cartaceo).

A discutere i contenuti di questo dialogo, assieme ai due protagonisti, ci sarà Vladimiro Giacché, autore di illuminanti saggi di argomento filosofico ed economico. La prima presentazione non poteva che partire da lui: non solo per le affinità e il legame di amicizia con il Prof. Preterossi, ma anche per la sua capacità di cogliere le implicazioni filosofiche e politiche dei fenomeni economici, collocando e inquadrando storicamente questi ultimi. Uno studioso, inoltre, che ha previsto con largo anticipo gli effetti della crisi che stiamo vivendo, le cui ragioni vanno ricercate nelle contraddizioni sistemiche del cosiddetto finanzcapitalismo globale e nei limiti strutturali del processo di integrazione europea.


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Antiper: La strada meno percorsa. Appunti su comunismo e natura umana

antiper

La strada meno percorsa. Appunti su comunismo e natura umana

di Antiper

mitoraj 1Due strade divergevano in un bosco ed io,
io presi quella meno percorsa
e questo ha fatto tutta la differenza”
Robert Frost, The road not taken [1]

È passato molto tempo dal Manifesto [2] ma del comunismo si continua a parlare; e molto, stando alle quotidiane dichiarazioni di morte di cui è oggetto. Evidentemente lo “spettro” – come ebbero a definirlo Marx ed Engels (e oggi il termine sembra ancor più appropriato, se è vero che della prospettiva del comunismo si dice che sia morta e sepolta) – sembra incutere ancora una certa qual inquietudine.

Non c’è da stupirsi, in fondo. I capitalisti (o quanto meno i loro “intellettuali organici”) sanno bene che il modo di produzione capitalistico genera le loro ricchezze, ma anche una serie di irrisolvibili contraddizioni; ed è proprio dentro queste contraddizioni, prima ancora che nella soggettiva consapevolezza degli uomini, che si costituiscono la possibilità e la necessità storica del “nuovo mondo”, del non ancora esistente.

Viviamo in una società in cui la maggior parte degli individui ha smesso di domandarsi quale sia il senso della propria esistenza e persino se debba esisterne uno. Ogni giorno ci muoviamo dentro un sistema di relazioni sociali che si è costituito nel corso di migliaia di anni e che abbiamo ereditato da ciò che è venuto prima di noi.

“Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione.


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Angelo d’Orsi: Tornano le “Lettere dal carcere” di Gramsci in una nuova edizione

micromega

Tornano le “Lettere dal carcere” di Gramsci in una nuova edizione

di Angelo d’Orsi

Quando, nella primavera del 1947, uscì in libreria un volume intitolato “Lettere dal carcere”, pubblicato da Einaudi, in una dimessa, ma elegante edizione in brossura, con copertina grigia, pochi ci fecero caso. Ma quando, qualche mese dopo, nell’estate, quel libro ottenne inopinatamente il Premio Viareggio, scoppiò il “caso”: sia perché si trattava non di un testo classicamente di narrativa, sia perché l’autore era mancato (ben dieci anni prima), e oltre tutto era “un comunista”, anzi colui che all’epoca veniva identificato come fondatore del Partito comunista italiano.

Alludo naturalmente ad Antonio Gramsci, che con quel Premio, che suscitò infinite polemiche da parte degli ambienti cattolici conservatori e in generale della destra, venne all’improvviso scoperto dalla cultura e dalla politica italiane. Fino ad allora il suo nome era noto soltanto a una parte dei militanti comunisti, soprattutto del Partito, e ancora meno fuori di quell’ambito, compresi gli ambienti antifascisti. Si sapeva soltanto che era stato “il fondatore” del Partito (cosa peraltro non vera perché sappiamo da tempo che quel ruolo fu di Amadeo Bordiga) e che era una delle vittime illustri del regime mussoliniano. Insomma di Gramsci era al massimo noto, non a tutti, il nome, inserito nel martirologio antifascista.


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Paolo Quintili: Benjamin, Baudelaire e la modernità

filosofiainmov

Benjamin, Baudelaire e la modernità

Una voce critica nella folla

di Paolo Quintili

Il 26 settembre 1940 moriva il filosofo marxista ebreo e «eretico» Walter Benjamin (1889-1940), a Port Bou, sulla costa atlantica della Spagna, in fuga dalla persecuzione nazista, e in vana attesa d’imbarcarsi per gli Stati Uniti, dove l’attendevano a New York gli amici Max Horkheimer e Theodor W. Adono, nel ricostituito il nucleo dell’Institut für Sozialforschung di Francoforte, soppresso nel 1933 dal regime nazista. Quando Benjamin si tolse la vita con un’overdose di morfina, portava con sé i manoscritti dell’ultima opera, dedicata a Baudelaire e ai Passages di Parigi. A ottant’anni dalla scomparsa, oggi il suo lascito intellettuale non cessa di suscitare interesse per l’ampiezza e la profondità di vedute su temi filosofici fondamentali, ancora oggi. In particolare, il tema della «modernità» (termine forgiato da Baudelaire), la quale, malgrado le sirene del «postmodernismo», è ancora la nostra, nei primi decenni del ventunesimo secolo.

Tra i molteplici temi affrontati da Benjamin, il maggiore è dunque senz’altro la critica della modernità capitalistica, che trova espressione letteraria nell’opera del maggiore poeta della «Parigi capitale del secolo XIX», Charles Baudelaire (1821-1867).


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Sergio Scorza: Se questo è un sindacato…

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Se questo è un sindacato…

di Sergio Scorza

Fatti e antefatti dell’inesorabile declino dei principali sindacati italiani.

Le vicende della CISL documentate dall’eccellente inchiesta di Report, andata qualche giorno fa su Rai3, avrebbero fatto arrossire anche uno come Jimmi Hoffa, se fosse ancora vivo.

Ispezioni pilotate, dimissioni forzate, opacità, omertà, violenze psicologiche, mobbing, abusi, distrazione di fondi, arricchimenti illeciti ai danni degli iscritti et.

Tutto in un quadro di omertà e di opacità assoluta in cui il dirigente apicale di turno, pur di difendere il proprio ruolo di padrone assoluto del sindacato e pappone alle spalle dei lavoratori, non va mai per il sottile quando si tratta di bastonare duramente qualche dirigente periferico che abbia osato – anche solo minimamente – criticare il suo sistema di potere personale ed i suoi enormi privilegi.

Ma, riassumiamole per sommi capi, le vicende raccontate da Report:

1. SUPERSTIPENDI E PENSIONI D’ORO. Nel 2015, un ex dirigente della #CISL, Fausto Scandola, aveva denunciato che alcuni dirigenti di quel sindacato avevano accumulato un lordo previdenziale ben superiore a quanto stabilito dal regolamento dell’epoca. In alcuni casi si arrivava anche al doppio, 200mila euro, quando il limite previsto era ca. 87mila.


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Luca Cangemi: L’anticomunismo triste di Ezio Mauro

marx xxi

L’anticomunismo triste di Ezio Mauro

di Luca Cangemi

Con La dannazione. 1921. La sinistra divisa all'alba del fascismo (Feltrinelli editore, 2020), libro dedicato alla scissione di Livorno e alla nascita del Partito Comunista, Ezio Mauro completa la trilogia anticomunista iniziata con L'anno del ferro e del fuoco (a cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre) e proseguita con Anime prigioniere (a trenta anni dalla caduta del Muro di Berlino).

Sono libri che non si segnalano certo per l’accuratezza e le novità della ricerca storica (per le quali, se non altro, manca il tempo: in questi, pochi, anni oltre alla trilogia Mauro ha scritto diversi altri volumi, su argomenti importanti e innumerevoli articoli impegnativi). Eppure sono libri che vanno analizzati attentamente.

Analizzati, innanzitutto, perché parte di una complessa operazione politico-culturale sviluppata con ampi mezzi, di cui i testi sono il centro (anche se a volte sembrano solo il pretesto).

Da ognuno di questi libri si dirama una fitta serie di altri “prodotti”: audiolibri, video, pagine patinate di settimanali, interviste televisive, eventi di varia natura. Una operazione egemonica diretta a vari segmenti di pubblico e, in primo luogo, a costruire una narrazione anticomunista non gridata, normalizzata, fungibile in diversi contesti.


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tonino

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Dec 28, 2020, 2:19:39 AM12/28/20
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Roberto Fineschi: Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare

marxdialectical

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare

di Roberto Fineschi

Trascrizione leggermente rivista della conferenza tenutasi online il 3 maggio 2020 organizzata dalla Rete dei Comunisti. Video. Inedito

el populismoLo sforzo di questo intervento è iniziare a pensare le dinamiche di classe, la configurazione dei soggetti che agiscono storicamente e politicamente in quella sottofase dello sviluppo del modo di produzione capitalistico che chiamo “capitalismo crepuscolare”; si vedrà come il nodo della violenza nasca intrinsecamente in seno a queste dinamiche e come la violenza ed il suo inasprimento siano un portato necessario dello sviluppo di strutturazioni sociali complesse.

Uno dei punti chiave di questa fase è la “crisi” del concetto di persona. Il concetto di persona è la chiave logica, istituzionale, giuridica del mondo borghese e per un largo periodo di tempo la sua rivendicazione è stata una lotta progressista; se si pensa al periodo rivoluzionario, conflittuale della classe borghese contro le forze dell'ancien régime, è proprio l'affermazione dell'universalità della persona, dell’uomo in generale come principio che ha carattere assolutamente positivo. Qui già emerge un punto chiave: la storicità di queste categorie; questa storicità implica che una categoria come quella di persona abbia una funzione storicamente progressiva in un determinato momento di sviluppo dei rapporti di forza e che possa averne una negativa, o diversa, in altre fasi. Perché nella teoria di Marx, che fa da orizzonte di riferimento in queste considerazioni, un concetto chiave è quello della storicità dei soggetti e dei modi di produzione; nel caso specifico ciò significa che, secondo Marx, l’uomo in generale non esiste, la persona astratta non esiste come dato naturale, è piuttosto essa stessa risultato di processi storici, di modificazioni dei modi di produzione che implicano esattamente che questo stesso concetto di uomo in generale si produca storicamente. Si tratta di un punto veramente chiave, perché tutta l’ideologia borghese si basa sul naturalismo della persona, cioè sul ritenere che uomo e persona siano la stessa cosa.


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Patrick Cuninghame: Negri a Francoforte

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Negri a Francoforte

La polemica tra la Teoria critica e il marxismo autonomo

di Patrick Cuninghame

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              026a78ec138d406fb04d4cc549b2ba69mv2L’operaismo politico italiano e la Scuola di Francoforte sono, indubbiamente, due grandi movimenti teorico-politici del Novecento. Hanno alcuni tratti comuni dal punto di vista dei riferimenti genealogici, innanzitutto la rottura con l’ortodossia e il dogmatismo marxisti; hanno, soprattutto, profonde divergenze nello sviluppo politico. Alla ricerca dell’emergenza delle nuove soggettività della lotta di classe, l’operaismo; la constatazione di un’integrazione ormai avvenuta, di una società divenuta gabbia totalitaria, la prima generazione francofortese. In questo articolo Patrick Cuninghame analizza il rapporto di comunanze e contrasti tra i due movimenti di pensiero in particolare attraverso le analisi di Toni Negri, dalla teoria dello Stato-piano fino al concetto di impero. Tenendo ben presente, ci dice l’autore, che mentre l’operaismo è stato un pensiero incarnato in una costellazione di esperienze rivoluzionarie militanti, la Teoria critica è rimasta ai margini dell’attività politica diretta, finendo spesso per limitarsi a osservare le macerie della storia.

Patrick Cuninghame è professore di sociologia alla Universidad Autónoma Metropolitana di Città del Messico. Tra i suoi saggi sul tema qui trattato si segnalano Autonomism as a Global Social Movement (2010), El «Otoño caliente»: Consejos de fábrica y asambleas obreras autónomas italianas de la década de 1970 (2017) e The Self-Organization of the Mexican Multitude Against Neoliberal State Terror: The Cnte Dissident Teachers’ Movement Against the 2013 Education Reform (2020).

* * * *

Per esplorare l’interazione tra la Teoria critica e l’operaismo e post-operaismo italiani, prendo in considerazione i dibattiti teorici, perlopiù polemici, tra Negri e la Scuola di Francoforte, con l’obiettivo di valutare il contributo di Negri a tale scuola.


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Fulvio Grimaldi: Giornalismo in Italia al tempo del covid e dell'inversione sinistra-destra

mondocane

Giornalismo in Italia al tempo del covid e dell'inversione sinistra-destra

di Fulvio Grimaldi

Media e papa castigano chi si lamenta (cioè chi dubita e chi protesta). Variante Covid: punizione globalista per Brexit

krakkenZitto, il nemico ti cancella

Qualche riga in aggiunta, partendo da lontano. Coloro che sono stati incaricati, a forza di miliardi e trilioni, di gestire le comunicazioni tra gli esseri umani, i signori HighTech delle piattaforme, hanno sancito che chiunque, nel Web, contrasti con - o dica cose diverse da - OMS, Bill Gates e Joe Biden, è FUORI! Parlare di tampone dubbio, vaccino incerto, brogli elettorali da ieri non si puo' più. Potete immaginarvi come questo possa riverberarsi sui nostri informatori, quelli della stampa generalista, detta anche ufficiale, o di regime. Quella per la quale quanto divergeva dal dogma nella rete dava tanto fastidio da dover essere soppressa. Non trovi forse un magistrato, in tempi da Palamara, che avalli ogni arbitrio contro la libertà? Basta che vada sul sito "Open" del supergiornalista Enrico Mentana e sa subito cosa deve decretare.

E, a proposito di magistratura ai tempi di Palamara e della stampa ai tempi di Mentana, consentitemi un inciso per dire "auguri, complimenti e brava" al sindaco Virginia Raggi, finalmente sgravata delle infinite vessazioni cui è stata sottoposta. Vessazioni che hanno ripreso a far ghignare una Roma e un establishment devoti ai Buzzi, ai Carminati, ai Casamonica, grazie alle frecce velenose scagliate sulla sindaca dalla Procura di Pignatone, che ha mollato la presa solo perchè il capo è transitato in Vaticano. Dardi roventi sostenuti dalla disponibilità mercenaria dei media a mentire, contraffare, occultare e dei Cinque Stelle poltronari, capeggiati dalla virago cripto-piddina Roberta Lombardi, a vendicarsi di una collega dalla coerenza assoluta e dai nervi d'acciaio.


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Domenico Moro: La “distruzione creatrice” del G30 di Draghi e l’intervento dello Stato come concentratore del capitale

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La “distruzione creatrice” del G30 di Draghi e l’intervento dello Stato come concentratore del capitale

di Domenico Moro

LON 20201221 202155 249307 660x400Ogni crisi è occasione per il capitale di ristrutturarsi. Questo vale a maggior ragione per la crisi odierna, che è la più profonda dal ’29 e imporrà cambiamenti che vanno studiati, dal punto di vista del lavoro salariato, per capire come si trasformerà il modo di produzione capitalistico e, di conseguenza, il terreno di lotta fra le classi.

In questo senso è interessante quanto emerge dall’ultimo rapporto del Gruppo dei Trenta (G30), un think tank, fondato su iniziativa della Rockefeller Foundation nel 1978, che fornisce consulenze sui temi di economia internazionale e monetaria[1]. Il G30 è formato da accademici e banchieri o ex banchieri provenienti dalle più importanti banche centrali mondiali. Tra di essi ci sono Mario Draghi, che fa parte del comitato direttivo, e Jean Claude Trichet, ex presidenti della Bce, Janet Yellen, ex presidente della banca centrale Usa, la Fed, ed ora ministro del Tesoro designato da Biden, Raghuram Rajan, ex governatore della Banca centrale dell’India, Yi Gang, governatore della Banca centrale cinese, ed economisti di fama mondiale come Kenneth Rogoff, Paul Krugman, e Laurence Summers.

La situazione economica attuale è descritta dal G30 in modo catastrofico: le economie mondiali si stanno avvicinando “al bordo di una scogliera”. Durante la presentazione del rapporto Draghi ha affermato che “Stiamo entrando in un’era nella quale saranno necessarie scelte che potrebbero cambiare profondamente le economie”. La domanda più importante è: “Chi dovrà decidere quali compagnie dovranno essere aiutate?”


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Francesco Galofaro: Sorpresa! I comunisti cinesi sono marxisti

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Sorpresa! I comunisti cinesi sono marxisti

di Francesco Galofaro*

Recensione a: Rémi Herrera e Zhiming Long, La Cina è capitalista?, Bari, Edizioni MarxVentuno, 2019

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            xijinping 1Le edizioni MarxVentuno hanno appena pubblicato un utile volume dal titolo La Cina è capitalista? L'opera è frutto di una felice collaborazione tra un ricercatore del centro di economia della Sorbona e un economista, professore dell'Università Tshinghua di Pechino. Gli autori intendono dimostrare come la convinzione diffusa che la Cina sia una nazione capitalista sia un luogo comune; al contrario, la Cina deve il proprio attuale successo internazionale proprio al fatto di essere un'economia socialista. Insomma: il socialismo funziona: la dimostrazione avviene sotto un profilo essenzialmente storico-economico, con una vera e propria caterva di dati, grafici, indicatori, senza che questo pregiudichi in nulla la leggibilità di una scrittura estremamente coinvolgente … Per i numeri, rinviamo il lettore al volume, mentre qui vorremmo riassumerne e discutere le tesi principali argomentate dai due autori.

 

1. Caratteri generali dell'economia cinese

Non è possibile comprendere la Cina contemporanea se non si tengono ferme due caratteristiche della sua economia:

1) Si tratta di un contro-modello (p. 82). Non è possibile ridurlo all'economia capitalista occidentale, subordinata alla supposta razionalità dell'alta finanza, e nemmeno all'economia sovietica, in cui lo Stato si appropria di ogni cosa; l'economia cinese si è sviluppata anzi in opposizione all'una e all'altra;


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Rocco Ronchi: Biopolitica del virus

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Biopolitica del virus

di Rocco Ronchi

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            corpi 01Le prese di posizione sulla pandemia di Giorgio Agamben, ora raccolte nel volume A che punto siamo edito da Quodlibet, hanno suscitato stupore e irritazione. Gli si rimprovera, e non velatamente, l’adesione alla tesi della “dittatura sanitaria”. La semplificazione giornalistica delle tesi agambeniane è brutale e ingenerosa, tuttavia è un fatto che la piazza negazionista non ha avuto difficoltà a fare proprie le parole d’ordine di una una delle più raffinate, potenti e precise teorie filosofiche che la contemporaneità abbia prodotto. La questione sollevata da questo uso politico della filosofia è, a mio giudizio, enorme e va ben oltre i semplici confini della buona o cattiva ermeneutica. La questione, direi, è innanzitutto politica. Ciò che si registra, se guardiamo alle piazze della protesta, è infatti la singolare convergenza che si è venuta a creare tra la critica dell’ideologia neoliberale – dunque qualcosa di molto leftish nella sua genealogia intellettuale – e la mobilitazione di masse spaventate che delirano complotti orditi da élites sataniche e che sognano palingenesi fasciste. Non c’era certo bisogno del Covid perché si avviasse questo processo di cui l’Italia è stata storicamente un laboratorio per tutto il Novecento. Il Covid lo ha però accelerato, facendo, come si suole dire, venire i nodi al pettine.

Tagliare questi nodi con il moralismo di chi si sente autorizzato a giudicare sommariamente mi pare un grave errore. I passi da compiere sono piuttosto due: innanzi tutto comprendere la fondatezza e, direi, l’immanente necessità della posizione agambeniana; poi, ed è il passo più importante, mostrare come tra le “virtù” del Covid sia da annoverare il fatto che ci costringe, volenti o nolenti, a riformulare diversamente il problema che Agamben, per coerenza intellettuale, non poteva non porre.


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coltrane59: Dopo il Virus: la Città che verrà e quella che vorremmo

codicerosso

Dopo il Virus: la Città che verrà e quella che vorremmo

di coltrane59

IMG 20200902 095256 1“Piuttosto che distribuire ai bambini un po ‘ di giocattoli, non dovremmo aiutarli ad uscire dal vaso di sabbia e a riconquistare la città?” ( Colin Ward – Il bambino nella città)

“Ci hanno mescolato le anime e ormai abbiamo tutti gli stessi pensieri. Noi aspettiamo, ma niente ci aspetta, né un’astronave, né un destino” (Gianni Celati – Verso la Foce).

La seconda ondata del Covid-19 sta lasciando sulla strada milioni di morti in tutto il mondo e le conseguenze economiche, sociali e culturali sono e saranno devastanti. A distanza di quasi un anno dall’inizio della pandemia non sono ancora state adottate le misure giuste per arginarla. In particolare l’Occidente, basta guardare l’Italia, sta dimostrando tutta la sua incapacità gestionale, politica e scientifica a costruire un modello di lotta al virus chiaro, efficace e omogeneo.

Ma finito questo momento drammatico cosa rimarrà delle nostre città? Cosa capiremo da questa grande lezione storica? Che tipo di memoria collettiva potrà nascere da queste rovine umane e culturali?

 

Sanità e territorio

La Pandemia ha messo in luce una serie di mancanze della situazione della sanità occidentale e soprattutto di quella italiana: quasi 70.000 morti al momento, carenza di medici e infermieri lasciati allo sbando, problemi di materiale sanitario, bombole, ossigeno, mascherine, mancanze di terapie intensive e di posti letto dovute ai tagli effettuati dalle politiche neo liberiste di governi presieduti dalla destra o dal centro sinistra.


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Fabio Frosini: Prefazione a "Il marxismo di Gramsci"

lavocedellelotte

Prefazione a "Il marxismo di Gramsci"

di Fabio Frosini

Antonio Gramsci antropologiaÈ in uscita, con la casa editrice Red Star Press, il libro Il marxismo di Gramsci dell’argentino Juan Dal Maso: un’opera che dal 2017 ha costituito un significativo contributo in Argentina e in America Latina nel dibattito – molto ricco ed eterogeneo nel Cono Sur – sul marxismo e sui grandi temi politici legati all’opera di Antonio Gramsci e in particolare ai suoi Quaderni del Carcere.

Questo libro esce finalmente anche in italiano (dopo l’edizione in lingua portoghese) con una traduzione a cura della redazione della Voce delle Lotte, e per maggiori informazioni sull’acquisto invitiamo a scrivere alle nostre pagine sui social o alla nostra mail reda...@lavocedellelotte.it.

Riproduciamo di seguito, come primo di molti materiali che proponiamo per lo studio e il dibattito attorno a questa opera, la prefazione a cura di Fabio Frosini, professore di Storia della filosofia all’Università di Urbino “Carlo Bo” autore di La religione dell’uomo moderno. Politica e verità nei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci e di altri libri, membro della IGS- Italia e dell’equipe che sta curando una nuova edizione critica dei Quaderni.

* * * *

1. Questo libro tratta un argomento – Gramsci come “marxista” – importante e molto controverso. Infatti, nella quasi immensa quantità di interpretazioni di Gramsci, quest’ultimo è stato poco a poco allontanato dalla tradizione marxista. Da principio, si è sostenuto che si trattava di un marxista molto originale, quindi, che il suo era un marxismo radicalmente originale e innovativo; infine, si è parlato di Gramsci come di un post-marxista, o in alcuni casi come un autore che non ha nulla a che fare con il marxismo (essendo piuttosto riconducibile alla tradizione del pensiero liberale o, addirittura, cattolico).


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Alessandro Visalli: Circa Emiliano Brancaccio, “Catastrofe o rivoluzione”

tempofertile

Circa Emiliano Brancaccio, “Catastrofe o rivoluzione”

di Alessandro Visalli

298y87tg6L’economista Emiliano Brancaccio è sicuramente un punto di riferimento nel panorama dell’economia critica italiana ed un militante impegnato nel campo della sinistra radicale. Il testo che qui si commenta è stato pubblicato[1] dalla rivista “Il ponte” e nel libro “Non sarà un pranzo di gala[2]. Si tratta di un testo sicuramente ambizioso e notevolmente denso, nel quale l’economista dell’Unisannio compie lo sforzo di sistemare la linea dei suoi studi recenti[3] e dargli uno sbocco politico più esplicito. Già in “L’austerità è di destra[4], nel 2012, la tesi che in questo testo assume ruolo di gran lunga centrale, quella della tendenza alla concentrazione dei capitali, era presente con esplicito riferimento al classico marxista di Rudolph Hilferding[5], come una robusta critica dell’Unione Europea a guida tedesca e della logica dell’austerità. In quel testo Brancaccio prendeva anche posizione con decisione contro il “liberoscambismo di sinistra”, in parte a suo parere risalente allo stesso Marx del 1848[6], e contro quella che giustamente chiamava la “sudditanza verso il dogma liberista della totale apertura dei mercati”[7], contestando nell’ordine la tesi che l’apertura favorirebbe i paesi poveri (mentre ne aumenta la dipendenza) e quella che sarebbe garanzia di pace. Quale conclusione proponeva controllo del movimento dei capitali, standard europei sul lavoro e pianificazione per porre sotto controllo i meccanismi di formazione dei prezzi e di allocazione delle risorse e degli investimenti. Quindi la creazione da parte dello Stato di nuova occupazione “di prima istanza”. Tutte azioni per attuare le quali, scriveva, c’è bisogno di una “chiara esplicitazione di una strategia di uscita dal conclamato fallimento dell’Europa di Maastricht”[8].


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Bollettino Culturale: Sull'ideologia economica dello stalinismo: il "modo di produzione socialista"

bollettinoculturale

Sull'ideologia economica dello stalinismo: il "modo di produzione socialista"

di Bollettino Culturale

copeck6La categoria della proprietà socialista è la pietra angolare delle concezioni economiche (e sociali) dell'era di Stalin. In effetti, tutto il sistema teorico chiamato "economia politica del socialismo", che la classe dirigente iniziò a elaborare a partire dal 1936 (un progetto che, d'altra parte, fu completato solo nel 1954, con la prima edizione del Manuale di economia politica dell'Accademia delle scienze), dipende e deriva da questa proprietà socialista. L'identificazione tra proprietà statale e "proprietà socialista" come "proprietà sociale" (cioè proprietà della società nel suo insieme) venne codificata solamente nel 1936, quando venne proclamata l'abolizione delle classi antagoniste. Stalin ha poi dichiarato che "la vittoria totale del sistema socialista in tutti gli ambiti dell'economia nazionale è ormai un fatto compiuto", poiché "la proprietà socialista degli strumenti e dei mezzi di produzione è stata affermata come base incrollabile della nostra società sovietica". Nella misura in cui lo Stato è proprietario, "la nostra classe operaia non solo non è privata degli strumenti e dei mezzi di produzione ma, al contrario, li possiede in comune con l'intero popolo". Tuttavia, i presupposti della teoria della proprietà socialista erano già presenti negli anni '20, quando l'identificazione del settore statale con il settore "socialista" in contrapposizione al settore dell’"economia privata" era una tesi comunemente accettata.

La nozione di proprietà socialista si basa non solo su un vero rovesciamento dei rapporti giuridici ed economici, ma anche, e soprattutto, sull'identificazione illusoria dello Stato con la società. Così, il Manuale di Economia Politica definisce "proprietà socialista" come "proprietà sociale dei mezzi di produzione" e quest'ultima come "base dei rapporti di produzione in un regime socialista".


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Pietro Salemi: Patrimoniale: come sbagliare mira con una pistola ad acqua

lafionda

Patrimoniale: come sbagliare mira con una pistola ad acqua

di Pietro Salemi

pistolaAcquaTagliatoNel dibattito pubblico di questi ultimi giorni ha tenuto banco la proposta di emendamento alla legge di bilancio di introduzione di un’imposta patrimoniale che andrebbe ad incidere su quella platea di contribuenti che detengano un patrimonio immobiliare e mobiliare netto superiore complessivamente ai 500.000 €. La proposta, a firma di alcuni deputati di PD e LeU, prevede 4 diverse aliquote: 0,2% tra i 500.000€ e un milione di €; 0,5% da un milione a 5 milione di €; 1% tra 5 e 50 milioni di €; 2% sopra i 50 milioni di €. A queste aliquote, solo per l’anno 2021, se ne aggiunge un’altra: il 3% sui patrimoni superiori al miliardo di €. La stessa proposta di emendamento all’art. 194 della legge di bilancio disporrebbe la contestuale esenzione per le persone fisiche dall’Imposta Municipale Propria, dall’imposta di bollo sui conti correnti e sui conti di deposito titoli.

L’imposta patrimoniale è da sempre proposta capace di scaldare i cuori della sinistra e gli animi a destra. In linea di principio, è, infatti, misura idonea a perseguire finalità di giustizia sociale in vista di una più equa distribuzione della ricchezza e, in ultima istanza, di una maggiore uguaglianza sostanziale.

La misura viene presentata, se non come una vera e propria panacea, almeno come una misura giusta e necessaria. Giusta, perché ritenuta in grado di operare un’effettiva redistribuzione delle ricchezze e di rimediare alla drammatica crescita delle disuguaglianze socio-economiche. Necessaria, perché ritenuta in grado di reperire preziose risorse per l’Italia al fine di superare la crisi pandemica, nei suoi aspetti sanitari e/o economici.


 

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tonino

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Alessandro Visalli: Pochi appunti sul ‘femminismo della differenza’

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Pochi appunti sul ‘femminismo della differenza’

di Alessandro Visalli

68 1080x675Da quando ad ognuno di noi capitò di aprire gli occhi e quando poi arrivammo all’età della ragione scoprimmo che nel mondo ci sono molte e diverse gerarchie, diverse forme di esercizio di autorità (da parte di madri, di padri, di maestri/e, di posizioni e ruoli, di ricchi, di colti e di tecnici, ...) e tutti scoprimmo, con il tempo, che queste forme allo stesso momento tengono insieme la società e gli consentono di funzionare. Il loro segno è dunque ambiguo, necessario e sempre sul punto di eccedere.

Parimenti, quando iniziammo a crescere ognuno di noi si sentì interrogato dal proprio genere, da quello che la società propone come modello appropriato di genere, e quindi fummo spinti ad interrogarci sulla differenza che si percepisce ovunque, e si incontra sempre, tra una certa visione e sensibilità ed un’altra. Nella media, naturalmente, perché esistono sempre individui intermedi, più vocati ad alcune sensibilità, aperti ad un altro “lato” come si dice. Anzi, non esistono personalità ben formate, normali, che non abbiano elementi di entrambe le sensibilità idealtipiche.

Quanto queste differenze sono biologia, quanto cultura, quanto proprio morfologia, quanto esperienza di base? Quanto dipendono dal momento centrale della riproduzione (che è in assoluto il momento di massimo dimorfismo)? Quanto, magari, proprio dalla meccanica dell’atto sessuale (simmetricamente opposto, si dà e si riceve)?

Difficile, e probabilmente impossibile dirlo con certezza. Una cosa è sicura: ci sono delle differenze. Un’altra, però l’accompagna: la specie è unica, la sua base genetica (circa ventimila geni) coincide in grandissima parte in tutti ma la sua espressione (ovvero la codifica delle proteine) differisce sensibilmente.


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Thomas Fazi: Recovery Fund: manuale di autodifesa contro la propaganda di regime

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Recovery Fund: manuale di autodifesa contro la propaganda di regime

di Thomas Fazi

bce euroQuando si parla del programma Next Generation EU (NGEU), comunemente noto in Italia con il nome di Recovery Fund, una premessa è d’obbligo: quello che nei media viene presentato come un accordo già chiuso deve in realtà ancora superare un ostacolo non da poco, ovverosia la ratifica da parte di tutti e 27 i parlamenti nazionali dell’UE. Si tratta, a detta dei più, di un passaggio puramente formale, che si dovrebbe concludere entro la prima metà del 2021. E probabilmente hanno ragione: è difficile immaginare che un parlamento nazionale possa far naufragare un accordo negoziato dal governo che ne è espressione. Tuttavia non è da escludere che il percorso possa riservare delle sorprese. Soprattutto in Olanda, dove si andrà al voto a marzo e dove il primo ministro Mark Rutte è stato fortemente criticato per l’accordo. Quanto meno, la mancata ratifica dell’accordo da parte dei parlamenti nazionali dovrebbe suggerire una certa prudenza quando si parla di Recovery Fund.

Fatta questa doverosa premessa, vediamo di entrare nel dettaglio del cosiddetto Recovery Fund. Partiamo innanzitutto dall’aspetto strettamente finanziario. L’accordo si compone di due pezzi: il programma Next Generation EU, appunto, pari a 750 miliardi (che la Commissione andrà a prendere sui mercati) spalmati su sei anni, di cui 390 miliardi dovrebbero venire corrisposti agli Stati membri sotto forma di trasferimenti “a fondo perduto” (come vedremo, le virgolette sono d’obbligo) e 360 miliardi sotto forma di prestiti; e il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, ovvero il bilancio europeo classico, pari a poco più di 1.000 miliardi di euro (di poco superiore all’ultimo bilancio europeo 2014-2020). In totale circa 1.800 miliardi.


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Andrea Zhok: "Ero convinto a fare il vaccino. Poi ho aperto un giornale"

lantidiplomatico

"Ero convinto a fare il vaccino. Poi ho aperto un giornale"

di Andrea Zhok

Personalmente, cercando di informarmi sulle caratteristiche del vaccino finora autorizzato, mi stavo convincendo dell'opportunità di farlo.

Poi ho aperto un giornale.

In prima pagina troviamo la sottosegretaria Zampa che furoreggia, spiegando come sia giusto imporre l'obbligo vaccinale ai dipendenti pubblici.

Subito sotto Burioni che burioneggia da par suo tuonando sull'irresponsabilità di chi ha dubbi, e chiedendo a gran voce l'intervento della forza pubblica per obbligare i refrattari.

Altre tre righe sotto ed è la volta di Pietro Ichino, l'uomo che rinasce dalle bende in cui è mummificato solo quando sente la magica parola "licenziamento", che ci spiega come sia legalmente sacrosanto licenziare chi rifiuta di vaccinarsi.

La chicca qui è che l'ineffabile Ichino ti spiega anche come tu sia assolutamente LIBERO di non vaccinarti, salvo poi venire licenziato. Il che chiarisce bene il concetto di libertà dei liberisti: "O la borsa o la vita" è per loro un classico esempio di libera scelta.


Eh, niente, a pagina finita tutti i dubbi che avevo rimosso sono tornati, insieme all'irrefrenabile impulso a mettere sacchetti di sabbia alle finestre e sbarrare la porta.

E come reagire altrimenti davanti ad una batteria di aspiranti dittatorelli, privi di qualsivoglia competenza in merito, e che comunque nel merito non pensano proprio di entrare, che smaniano per vedere la gente vaccinata con TSO e il supporto dei carabinieri.

E sono gli stessi, proprio gli stessi, che si riempiono la bocca di democrazia, che fanno i cazziatoni sui diritti umani violati in giro per il mondo, e che magari poi chiederanno il consenso al popolo sovrano nelle urne.

Ciò che traspare qui è l'illimitato grado di arroganza, protervia, e ignoranza mista a spocchia di un'intera classe dirigente. Gente che pensa di essere autorizzata a trattare chiunque non siano loro stessi e la cerchia di illuminati cui si autoiscrivono, come stupido bestiame. Gente che non dovrebbe avere la responsabilità neanche della questua in chiesa o del giornalino di classe, altro che di guidare un paese.



Leo Essen: Un altro schiaffo cinese a Stati Uniti ed Europa

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Un altro schiaffo cinese a Stati Uniti ed Europa

di Leo Essen

Secondo indiscrezioni riportate da Digital King, su Weibo, entro marzo 2021 Huawei lancerà un nuovo computer laptop, il Qingyun L410, il quale sarà dotato – è questa la novità – di un processore proprietario, il Kirin 990.

Inoltre, altra novità davvero interessante, il laptop sarà fornito di un sistema operativo domestico. China Electronics Group, Wuhan Shenzhidu Technology e molte altre società nazionali, insieme, hanno creato un sistema operativo cinese che supporta Huawei HiSilicon, Kunpeng, Loongson, Shenwei, Zhaoxin, Feiteng, Haiguang e altre CPU domestiche.

HiSilicon è un’azienda di semiconduttori fabless, con sede a Shenzhen, e di proprietà di Huawei. Negli anni ha acquistato diverse licenze da ARM per i processori Cortex, sulla base dei quali ha sviluppato il processore proprietario Kirin che adesso viene montato sugli SmartPhone Huawei e che sarà usato anche sul nuovo Laptop.

Il laptop avrà un display da 14 pollici, con una risoluzione di 2K, 8 GB di RAM e 512 GB di memoria SSD, e sarà dotato del sistema operativo UOS 20.


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Salvatore Bravo: Ecclesia del capitale

sinistra

Ecclesia del capitale

di Salvatore Bravo

 

Transumanesimo in San Pietro

Il presepe scelto da Papa Bergoglio per il 2020 2021 non è un semplice presepe, si può supporre sia un “presepe di passaggio” verso una nuova umanità. Le figure sono stilizzate, i personaggi sono riconoscibili per la loro funzione e non certo per i tratti somatici tradizionali con i quali solitamente si rappresenta l’augusta famiglia. Da esso giunge un’aria spettrale, il transumanesimo sembra voler planare tra di noi per fondare un nuovo inizio. La nascita del bambin Gesù è stata una rivoluzione nella storia dell’umanità, con essa il baricentro del mondo si è spostato dalla potenza alla fragilità, dal corpo alla condivisione empatica: rivoluzione mai completata, in molti casi, solo annunziata, poiché la chiesa ha avuto la funzione di contenere la rivoluzione e di deviarla verso la trascendenza. Oso dire che senza cristianesimo tradizionale non vi sarebbe stato il pensiero comunista e rifomista.


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Stefano G. Azzarà: Liberalprogressismo, liberalconservatorismo e “sovranismo” nella crisi della democrazia moderna

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Liberalprogressismo, liberalconservatorismo e “sovranismo” nella crisi della democrazia moderna

di Stefano G. Azzarà

119706688 10220752707582143 5524448694293155846 oIl 9 gennaio interverrò alla Rosa-Luxemburg-Konferenz - appuntamento di dibattito teorico ormai divenuto istituzionale per i comunisti e la sinistra europea e dedicato quest'anno al confronto tra razionalismo e irrazionalismo - presentando una sintesi del mio libro "Il virus dell'Occidente".

Nel frattempo, Junge Welt (11.12.2020) ha tradotto e pubblicato un estratto, nel quale parlo del concetto di "popolo", della genesi della democrazia moderna e della sua attuale crisi, caratterizzata dall'involuzione in chiave imperiale dell'universalismo, dalla reazione particolarista (populismo e sovranismo) e dell'imminente riconciliazione tra queste due varianti del liberalismo. Nel link in fondo la versione tedesca, qui di seguito il testo in italiano. Seguirà presto il programma della Konferenz.

* * * *

I rapporti di forza politico-sociali sono il segreto della democrazia moderna nella sua lunga storia. E sono, alla stessa stregua, il mistero della sua crisi nella sua più rapida agonia. Dal momento in cui e fino a quando i rapporti di forza tra le classi in lotta si sono mossi verso un maggiore equilibrio, si sono prodotte le condizioni per la fioritura di imponenti processi di democratizzazione. Finché le classi subalterne sono riuscite a difendersi e poi a farsi rispettare, conquistando il riconoscimento attraverso la loro capacità di agire il conflitto in maniera consapevole e organizzata, si è innescato un grandioso meccanismo di redistribuzione dello status, della ricchezza materiale e immateriale, del potere e della cultura che non ha certamente realizzato l’eguaglianza ma che sulla strada dell’eguaglianza si è quantomeno incamminato. E che ha dato vita alla democrazia moderna, arrivando per certi tratti e in certi momenti particolarmente felici anche a mettere in discussione i rapporti di proprietà e il controllo della produzione stessa.


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Monica Quirico, Gianfranco Ragona, Roberto Salerno: Prendere parola

lavoro
              culturale

Prendere parola

di Monica Quirico, Gianfranco Ragona, Roberto Salerno

markus spiske stadium scaled e1608671053768La pandemia di Covid19 è un fenomeno epocale, rispetto al quale è opportuno porre domande adeguate più che proporre risposte nette.

Viviamo un tempo di gravi difficoltà, di disaccordi, incertezze e paure diffuse. Su un punto, però, crediamo si possa trovare una convergenza di opinione: l’anno 2020 con la pandemia di Covid19 rappresenta davvero una «svolta epocale». Negli ultimi trent’anni si è forse abusato di questa espressione. Si potrebbe ipotizzare, non senza fondamento, che in occidente abbiamo sviluppato (o recuperato) una tendenza alla drammatizzazione, che in realtà cela un processo di normalizzazione dell’emergenza: un aspetto di cui tener conto, nel valutare l’impatto della pandemia. Essa, certo, si connota come un evento spartiacque, capace di distinguere nella storia, con grande nettezza, un prima e un dopo. E su scala planetaria

Proprio la propagazione capillare del virus costituisce il carattere peculiare dell’evento, ancor più dei numeri. Questi ultimi, infatti, nella loro vaghezza sembra svolgano la funzione di portarci rapidamente dal tormento (se consideriamo l’elevato numero di morti attribuibili al virus) al cinismo, (se rapportiamo lo stesso numero ad altre malattie o alla popolazione complessiva).

 

La diffusione dell’ingiustizia

È stato opportunamente osservato che la pandemia colpisce più severamente le fasce povere delle popolazioni , (ri)portando alla luce – se ce ne fosse ancora bisogno – un terreno sociale fortemente polarizzato, con le diseguaglianze in progressivo aumento in tutto il mondo: non soltanto quelle economiche, o non da sole, perché spesso intersecate con le diseguaglianze di genere e di razza e di età.


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Claudio Gnesutta: Se il capitale si concentra

sbilanciamoci

Se il capitale si concentra

di Claudio Gnesutta

Tra crisi della pandemia e nuove politiche keynesiane, le trasformazioni del capitalismo prendono la strada di un maggior potere della finanza, una crescente centralizzazione del capitale, nuovi rischi per la democrazia nel libro di Emiliano Brancaccio ‘Non sarà un pranzo di gala’

getImageI pesanti riflessi della crisi sanitaria provocata dal Covid-19 sull’economia sono stati affrontati in un’ottica “keynesiana” sostenendo dei redditi e prevedendo investimenti pubblici (Next Generation EU). Si tratta di interventi che, per noi europei, innovano la politica di austerità prevalsa negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2007-08, ma non è dato sapere se sono espressione dell’eccezionalità del momento o indicano un nuovo orientamento della politica economica europea. In quest’ultimo caso si tratta di capire se politiche “keynesiane”, per quanto serie possano essere le loro attuazioni, siano sufficienti a mettere ordine nel nostro mondo, e quale ordine. 

È una questione che va oltre il contingente; la cui risposta può essere formulata solo con una visione generale del processo sociale. Prova a offrirla Emiliano Brancaccio nel suo recente libro (Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, Meltemi Editore, 2020) nel quale raccoglie le interviste e gli interventi in dibattiti ai quali ha partecipato negli ultimi cinque anni. Il messaggio dell’autore – come riprende Russo Spena nell’introduzione – è che “le politiche economiche ordinarie non solo pregiudicano lo sviluppo e il benessere sociale ma rischiano anche di preparare il terreno per una violenta revanche oscurantista”; una tesi che, disseminata in tutti i saggi, trova un’esposizione sistematica nell’ultimo, quello che si presta come sottotitolo del libro.


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Marco Pondrelli: Alessandro Aresu, Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina

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Alessandro Aresu, Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina

di Marco Pondrelli

Dopo la recensione di Francesco Galofaro presentiamo questo libro che da una lettura altrettanto interessante della Cina

Il libro di Alessandro Aresu non è un libro semplice ed il lettore distratto corre il rischio di perdersi. L'Autore prima di affrontare il confronto fra Stati Uniti e Cina costruisce le proprie fondamenta teoriche trovando solidi agganci in importanti pensatori. Da questa riflessione, da cui emerge l'impronta dei maestri di Aresu (Guido Rossi, Natalino Irti e Massimo Cacciari) deriva la definizione di 'capitalismo politico'. Senza approfondire e capire questo passaggio non si capirebbe perché questa categoria possa valere per la Cina, per gli USA ma non per l'Europa.

L'idea di 'capitalismo politico', debitrice all'elaborazione di Max Weber, si definisce alla luce della crescita del ruolo della burocrazia statale ed in riferimento al commercio internazionale. Sarebbe interessante approfondire (ma la cosa richiederebbe uno spazio eccessivo) il rapporto fra Adam Smith e Carl Schmitt a cui l'Autore dedica un intero capitolo.


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Leo Essen: La tassazione in Italia: una partita di giro a favore del mercantilismo

lantidiplomatico

La tassazione in Italia: una partita di giro a favore del mercantilismo

di Leo Essen

Nel 2018 i dipendenti del settore privato erano 15 milioni 479 mila. 10 milioni 108 mila lavoravano a tempo pieno, di questi 1 milione 230 mila erano apprendisti, intermittenti, somministrati e stagionali. Percepivano una paga media annua di € 21.753. I part-time erano 5 milioni 370 mila, di questi 706 mila erano apprendisti, intermittenti, somministrati e stagionali.

 

I notax area

I dipendenti privati mediamente percepivano una paga di € 10.658. Un lavoratore con un reddito complessivo lordo annuo di 8.145 risultava incapiente, cadeva nella cosiddetta no tax area, e non pagava IRPEF. Anche un lavoratore con un reddito di € 11.650 acquisiva un credito di imposta (bonus Renzi) che nei fatti lo collocava nella zona della non tassazione. Stessa cosa per un lavoratore con un reddito di € 13.450, con un figlio a carico al 50% (con più di 3 anni) e detrazioni per oneri per complessivi € 90.


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coniarerivolta: Natale in casa Brambilla: ricordati di santificare il profitto

coniarerivolta

Natale in casa Brambilla: ricordati di santificare il profitto

di coniarerivolta

Recentemente il parlamentare europeo leghista Angelo Ciocca ha affermato che “se si ammala un lombardo vale di più che se si ammala una persona di un’altra parte d’Italia” e che dunque il vaccino anti Covid-19 dovrebbe essere distribuito prioritariamente ai lombardi anziché ai cittadini delle altre regioni italiane. Un’affermazione così sciocca e così profondamente intrisa di razzismo non avrebbe neanche diritto a un commento su questo blog, ma ci sono alcuni aspetti che è il caso di approfondire, per sottolineare che le disgustose parole di Ciocca, lungi da rappresentare un “caso isolato”, sono, in realtà, rappresentative di una logica spietata insita nel sistema economico in cui viviamo.

Il ragionamento, se così si può dire, di Ciocca è di una semplicità disarmante. Il nostro sostiene che non bisogna distribuire il vaccino sulla base del livello di rischio, esposizione e fragilità della popolazione, ma sulla base della produttività economica: la regione più produttiva, più ricca, è il motore del Paese e per questo deve uscire prima dall’incubo della pandemia per poter poi trainare il resto dell’economia italiana. In altri termini, bisogna in primo luogo salvaguardare i lavoratori più produttivi ovvero quelli che lavorano nei settori e nelle aree geografiche che garantiscono maggiori profitti.


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Alessandra Ciattini: Sulla dibattuta natura della società cinese

la citta
              futura

Sulla dibattuta natura della società cinese

di Alessandra Ciattini

Il sistema economico-sociale cinese è probabilmente una forma di socialismo “di” o “con” mercato, la cui evoluzione può avere esiti diversi

Scopo di questo articolo non è quello di svelare la natura della società cinese che, come mettono in evidenza Rémy Herrera e Zhiming Long (La Cina è capitalista? “Marx XXI”, 2020), nonostante tante dispute accese tra “esperti”, costituisce a tutt’oggi un “enigma” (p. 32). Più modestamente tenterò di dare conto dei contenuti di questo interessante volumetto, che individua nel sistema economico-sociale cinese elementi socialisti sia pure contraddittori, facendo un rapido parallelo con quanto è sostenuto in un’opera ben più densa, Il socialismo con caratteri cinesi. Perché funziona? di Zhang Boying, curato in italiano da Andrea Catone.

Una prima cosa interessante da mettere in evidenza è che, contrariamente a quanto si sostiene con insistenza in Occidente, lo straordinario sviluppo della Cina, che ne fa il principale oppositore degli Stati Uniti, non è avvenuto quarant’anni fa con l’apertura ai mercati, ma poggia su una civiltà che ha cinquemila anni di storia.


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tonino

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Jan 1, 2021, 2:42:10 AM1/1/21
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Leonardo Mazzei: Peggio di un complotto

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Peggio di un complotto

di Leonardo Mazzei

davos
            soll 600x391Covid e Grande Reset viaggiano in coppia, proprio come i carabinieri. Senza il virus, il violento piano di ristrutturazione (e distruzione) sociale della cupola oligarchica sarebbe evidentemente improponibile. Perlomeno oggi, quantomeno nei termini desiderati da lorsignori. Questo è un fatto.

Con il virus ciò che era improponibile diventa all’improvviso altamente probabile, per molti addirittura inevitabile, per i non pochi ultras del “nulla sarà come prima” addirittura auspicabile. E questo è un altro fatto.

Che ad oggi i più vedano solo il virus e non ancora l’orribile disegno sociale che gli si staglia dietro è un terzo fatto, che certo non possiamo negare. Questo è anzi lo snodo decisivo, perché l’epidemia svolge la duplice funzione di cortina fumogena e di nave rompighiaccio, quella che deve aprirsi la strada verso il “nuovo mondo” distopico del Grande Reset.

Secondo alcuni questi tre fatti sarebbero la prova di un vero e proprio complotto. Una cospirazione che avrebbe avuto come prima mossa la deliberata diffusione del virus stesso. Possiamo escludere a priori una tale ipotesi? Assolutamente no. Chi scrive è lontano mille miglia dalla forma mentis del complottista, tuttavia anche i complotti esistono e – pur non spiegandola nei suoi flussi profondi – possono talvolta contribuire a fare la storia.

Ma qui avanziamo un’altra ipotesi, per molti aspetti peggiore, di sicuro più inquietante di quella del “semplice” complotto. Un’ipotesi che il complotto non lo esclude del tutto, ma che da esso è comunque indipendente.


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Carlo Formenti: Filosofia prêt à porter

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Filosofia prêt à porter

Un pensiero che non vuole più essere inattuale

di Carlo Formenti

0 89967«Polemos (la guerra) è il padre di tutte le cose» recitava Eraclito, non a caso fra i filosofi più amati da Marx. Ma mentre Marx inquadrava il detto nella cornice del pensiero dialettico, pensando alla guerra di classe, più che alla guerra in generale, il pensiero ermeneutico ricama su questo frammento presocratico (come su molti altri) per estrarne tutt’altro, dal momento che il conflitto antagonistico è stato espulso dall’orizzonte dei temi “politicamente corretti”. E dal catalogo della correttezza politica è stata espulsa anche la vocazione alla inattualità del pensiero, visto che gli autori inattuali tendono a coltivare visioni utopistiche che oggi vengono automaticamente associate ai campi di sterminio.

In un bell’articolo pubblicato sul sito di Micromega http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/07/30/filosofia-del-ritiro-ritiro-della-filosofia/?fbclid=IwAR2pbt022V8vXY5SxTtSlzWp-zFjTa-qNXfOxvLxhwZAUoPALcNsHxGwN-o Yuri Di Liberto utilizza, per definire questa svolta antipolitica che accomuna larga parte del pensiero contemporaneo, la categoria di "filosofia del ritiro": «non si tratta di un progetto filosofico univoco, ma di una linea di tendenza della filosofia occidentale che, sulla base dell’equazione potere=totalitarismo, ha forgiato una panoplia di concetti che mirano alla reinterpretazione dello scenario del conflitto in termini di un’opposizione manichea tra il potere costituito (il male assoluto) e la relazionalità immanente; o, per usare i termini di Deleuze e Guattari, tra il molare (Stato, paranoia) e il molecolare (il desiderio, lo “schizo”».


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Mariagiovanna Scarpa: Vaccino Pfizer-BioNTech, cosa sappiamo

ippocrate

Vaccino Pfizer-BioNTech, cosa sappiamo

Composizione, meccanismo d'azione, efficacia, sicurezza

di Mariagiovanna Scarpa*

vaccini con grafica esclusiva 640 ori crop master 0x0
              640x360La Dott.ssa Mariagiovanna Scarpa, Coordinatrice di IppocrateOrg per il Regno Unito, ha sintetizzato nel suo scritto – che vi invito a leggere – la posizione del Movimento Ippocrate in relazione al vaccino Pfizer.

Le considerazioni espresse sono state elaborate sulla base delle conoscenze che ci sono concesse: sia da quanto dichiarato dal produttore del vaccino, da una parte, sia da quanto oggi la scienza può oggettivamente concludere in base ai dati in possesso, dall’altra.

Pertanto le valutazioni prodotte non sono da considerarsi come espressione di conclusioni scientifiche definitive ma soltanto quale momento di riflessione da arricchire con successivi auspicati contributi.

Quando parlo di ulteriori contributi intendo l’approfondimento di ambiti quali:

  • la corsa alla messa a punto del vaccino con i rischi potenziali (sia nel breve ma soprattutto nel medio/lungo periodo) connessi alla drastica riduzione dei tempi di sperimentazione;
  • il campo ancora in gran parte inesplorato dei vaccini genici;
  • l’efficacia e sicurezza di vaccini proteici alternativi a quelli genici di cui conosciamo la sicurezza;
  • la possibile inutilità di un vaccino somministrato ad una popolazione che si sta avviando verso l’immunità di gregge;
  • se sia eticamente accettabile che alcune informazioni sul vaccino di proprietà dell’Azienda Produttrice rimangano tali quando sono necessarie per valutarne la sua pericolosità;
  • …e altro.

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Valerio Romitelli: Così vicino, così lontano

maggiofil

Così vicino, così lontano*

di Valerio Romitelli

Recensione a Giacomo e Piero Despali, “Autonomi”, VI, DeriveApprodi, 2020

C’è una battuta probabilmente circolante persino prima del ‘68 che dice che in un partito Marxista-Leninista occorre essere almeno in tre, così la “linea rossa” può allearsi col “centro” ed espellere la “linea nera”… o viceversa.

Oggi forse non fa più ridere nessuno, ma credo faccia ben capire alcuni clamorosi difetti di settarismo e dogmatismo di quell’esperienza dalla quale sia pur trasversalmente vengo. Per di più avendo quasi sempre vissuto a Bologna, ma in epoca militante molto più tra Trento e Parigi, ci si può chiedere che c’entro io con i Collettivi politici veneti per il potere operaio. Ebbene, oltre all’amicizia e agli impegni condivisi da anni con alcuni promotori di questo testo, mi sento d’entrarci anzitutto come lettore appassionato. Questa raccolta di memorie e riflessioni l’ho trovata infatti costituire un raro e prezioso documento di ripensamento delle esperienze militanti degli anni ‘70 che è e resterà estremamente importante.


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Lucio Caracciolo: La complicata agenda di Joe Biden

osservatorioglobalizzazione

La complicata agenda di Joe Biden

Francesco Laureti intervista Lucio Caracciolo

Il 7 dicembre 2020 CrossfireKM ha avuto il piacere di conversare con il prof. Lucio Caracciolo, fondatore e attuale direttore di “Limes – Rivista Italiana di Geopolitica” e docente di Studi Strategici presso l’Università Luiss a Roma. L’Osservatorio ha l’onore di poter presentare la traduzione italiana di questa conversazione per la quale ringraziamo di cuore l’autore, Francesco Laureti, e l’intera redazione di Crossfire.

Sebbene originariamente il fulcro dell’intervista dovesse essere l’evoluzione delle relazioni tra Unione europea e Stati Uniti d’America a seguito del successo elettorale di Joe Biden, l’intervistatore poteva trattenersi dall’ampliare il campo di analisi, coprendo così una varietà notevole di questioni. Tra queste, si possono menzionare la guerra commerciale tra Pechino e Washington, le relazioni tra Stati Uniti e Germania, il gasdotto Nord Stream 2 e l’evolversi del conflitto libico nei mesi a venire.

* * * *

Francesco Laureti: Il nostro ospite odierno è un esperto di geopolitica e docente italiano. Editorialista per “La Repubblica” e “L’Espresso”, fonda “Limes – Rivista Italiana di Geopolitica” nel 1992 e ne riveste da allora la carica di direttore amministrativo.


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Michele Paris: USA, gli hacker e la propaganda

altrenotizie

USA, gli hacker e la propaganda

di Michele Paris

La certificazione ufficiale della vittoria di Joe Biden nelle presidenziali del 3 novembre scorso si è accompagnata negli Stati Uniti al riesplodere improvviso di una violenta campagna anti-russa, come al solito alimentata, per quanto riguarda il fronte dei media, soprattutto dal New York Times e dal Washington Post. A innescare la nuova escalation era stata la notizia di un attacco su larga scala, registrato poco più di una settimana fa, contro le reti informatiche di alcune agenzie governative. Anche se, come sempre, non è stata presentata alcuna prova concreta circa le responsabilità, l’operazione è stata subito attribuita ai servizi di sicurezza del Cremlino, contro il cui occupante e il suo governo vengono quotidianamente sollecitate misure punitive durissime.

A subire l’incursione degli hacker sono state svariate compagnie private e, tra gli organi di governo, il dipartimento del Tesoro e del Commercio, tutti accomunati dall’utilizzo dei servizi informatici della società SolarWinds. Fin dall’articolo della Reuters che ne aveva dato per primo notizia, tutti i resoconti dell’intrusione hanno indicato come autori dell’attacco un gruppo collegato ai servizi segreti esteri russi (SVR) e noto col nome di “Cozy Bear” o “APT29”.


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Salvatore Bravo: L'uguaglianza in Platone

sinistra

L'uguaglianza in Platone

di Salvatore Bravo

 

Lombroso alle porte

La Repubblica (Πολιτεία) d Platone è un libro eterno, perché pone problemi che l’umanità dibatte da sempre, e specialmente, poiché con la potenza critica della Filosofia è capace di staccarsi dalle contingenze della storia per osare soluzioni che rappresentano il limite massimo del pensabile in talune questioni. Il problema dell’uguaglianza tra uomini e donne ci offre un Platone che molto ha da insegnare alla protervia dei contemporanei. Si assiste in questi decenni segnati dal consolidamento del pensiero ad un assottigliamento graduale della discussione e della formazione pubblica. La liberazione da ogni limite, in nome del mercato, sta utilizzando la questione femminile per consolidare il capitalismo. Il genere femminile è descritto come migliore in ogni circostanza, mentre il genere maschile è rappresentato come, nel migliore dei casi, limitato, più spesso come un potenziale e pericoloso reazionario da rieducare.


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Paolo Di Remigio: Una prospettiva filosofica sulla fine della scuola occidentale

badialetringali

Una prospettiva filosofica sulla fine della scuola occidentale

di Paolo Di Remigio

Scuola di fine ottocento 669489609Quella che per abitudine si chiama scuola pubblica non è più pubblica, neanche nel nome, e non è più scuola, nel senso di istituzione diretta a educare i giovani alla conoscenza. L’estinzione della scuola pubblica è momento della decadenza dello stato occidentale. Nel corso della lotta per escluderlo dall’economia, alcuni lo hanno considerato un importuno che mette le mani nelle tasche dei cittadini e ne cede la ricchezza alla politica clientelare; altri vi hanno rinvenuto l’origine di ogni male. Si è così perduta l’intuizione della sua essenza e del suo fine: riesce incomprensibile che lo stato sia la forma libera della comunità, garante del libero volere di ognuno, che il suo primo fine sia rendere sacra la persona e intangibile la sua esistenza. Il rifiuto dello stato nasce dal disconoscere la nozione di libertà e il suo nesso con quella di legge. Da queste nozioni dipende però anche la disposizione al conoscere; l’incomprensione dello stato si associa dunque al disprezzo della conoscenza. Ne è vittima la scuola che, abbandonata a interessi estranei, è soffocata dall’attivismo ignorante e si estingue.

 

I. Distinzioni filosofiche

a) Libertà e stato

Di solito la libertà è intesa come sinonimo di arbitrio, come possibilità di scelta; se fosse così, lo stato, che limita l’arbitrio imponendo le leggi, sarebbe negazione della libertà[1]. Chi non facesse differenza tra impulso, arbitrio e libertà non potrebbe che concordare con la conclusione di questo sillogismo.


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Flavio Luzi: Glosse in margine all’epidemia come politica

archeologiafil

Glosse in margine all’epidemia come politica

di Flavio Luzi

flavio.001Penosamente amare quel che non si ama,
da quando il fumo uccide,
ecco, ubbidire.
Patrizia Cavalli

1. Nemo propheta acceptus est in patria sua

“A me sembra che il vero compito politico, in una società come la nostra, sia quello di criticare il funzionamento delle istituzioni, soprattutto di quelle che appaiono come neutrali e indipendenti, e di attaccarle in maniera tale che la violenza politica che si esercita oscuramente in esse sia finalmente smascherata, così da poter essere combattuta”. Con queste parole, in un dibattito televisivo tenutosi a Eindhoven nel 1971, un ridente Michel Foucault ribatteva alle posizioni espresse in quell’occasione dal suo avversario, Noam Chomsky. Il filosofo francese si riferiva a tutte quelle istituzioni – come l’Università, l’Istruzione, la Psichiatria e la Giustizia – che diversamente dall’Esercito, dalla Polizia e dal Carcere, si presentano in maniera apparentemente neutrale, affrancata dall’evidente circolazione (sottomissione ed esercizio) del potere politico. Dietro le funzioni di distribuzione del sapere, della promozione della libera ricerca, della cura dei disturbi mentali, dell’amministrazione del diritto, queste istituzioni – o, se si preferisce, questi dispositivi epistemico-sociali – occultano la violenza politica che continuamente esercitano sui corpi degli individui, disciplinandoli e soggettivizzandoli come studenti, come anormali, come colpevoli. In tal senso, dal punto di vista foucaultiano, non vi è ragione alcuna di ritenere che l’istituzione sanitaria e, più in generale, il sapere medico siano esenti da questo tipo di mistificazione, dimostrandosi sinceramente neutrali, estranei a qualsivoglia ideologia, potere o violenza politica.


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Giorgio Agamben: Gaia e Ctonia

quodlibet

Gaia e Ctonia

di Giorgio Agamben

9788879693363 0 0 626 75I.

Nel greco classico, la terra ha due nomi, che corrispondono a due realtà distinte se non opposte: ge (o gaia) e chthon. Contrariamente a una teoria oggi diffusa, gli uomini non abitano soltanto gaia, ma hanno innanzitutto a che fare con chthon, che in alcune narrazioni mitiche assume la forma di una dea, il cui nome è Chthonìe, Ctonia. Così la teologia di Ferecide di Siro elenca all’inizio tre divinità: Zeus, Chronos e Chtonìe e aggiunge che «a Chtonìe toccò il nome di Ge, dopo che Zeus le diede in dono la terra (gen)». Anche se l’identità della dea resta indefinita, Ge è qui rispetto ad essa una figura accessoria, quasi un nome ulteriore di Chtonìe. Non meno significativo è che in Omero gli uomini siano definiti con l’aggettivo epichtonioi (ctonii, che stanno su chthon), mentre l’aggettivo epigaios o epigeios si riferisce solo alle piante e agli animali.

Il fatto è che chton e ge nominano due aspetti della terra per così dire geologicamente antitetici: chton è la faccia esterna del mondo infero, la terra dalla superficie in giù, ge è la terra dalla superficie in su, la faccia che la terra volge verso il cielo. A questa diversità stratigrafica corrisponde la difformità delle prassi e delle funzioni: chthon non è coltivabile né se ne può trarre nutrimento, sfugge all’opposizione città/campagna e non è un bene che possa essere posseduto; ge, per converso, come l’eponimo inno omerico ricorda con enfasi, «nutre tutto ciò che su è chthon» (epi chthoni) e produce i raccolti e i beni che arricchiscono gli uomini: per coloro che ge onora con la sua benevolenza, «i solchi della gleba che danno vita sono carichi di frutti, nei campi prospera il bestiame e la casa si riempie di ricchezze e essi governano con giuste leggi le città dalle belle donne» (v.9-11).


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Pasquale Cicalese: Salario sociale. La Cina lo attiva, gli Usa ne parlano e solo l'Europa pensa a smantellarlo

lantidiplomatico

Salario sociale. La Cina lo attiva, gli Usa ne parlano e solo l'Europa pensa a smantellarlo

di Pasquale Cicalese

Avete capito? La Cina non vuole fare la fine degli Usa e punta sul salario sociale di classe e su minore tassazione fiscale sui redditi medio bassi. Da un articolo del 24 dicembre di LI YANG sul China Daily:

Colmare il divario di reddito crescente cruciale per la prosperità della nazione

La Central Economic Work Conference che si è conclusa venerdì invita a promuovere l'occupazione, migliorare la rete di sicurezza sociale, ottimizzare la distribuzione del reddito, espandere la dimensione del gruppo a reddito medio e promuovere la prosperità comune.

A causa dell'impatto della nuova pandemia di coronavirus, il ritmo di ripresa della domanda è notevolmente più lento di quello dell'offerta. Le vendite totali al dettaglio di beni di consumo finora quest'anno non hanno ancora raggiunto i livelli dello stesso periodo dell'anno scorso.

È naturale che le autorità centrali insistano sull'aumento della domanda interna, che domina molti settori economici chiave.

La produzione e gli investimenti sono da tempo la priorità dello Stato e sono motori di crescita efficaci, ma la riforma del sistema di distribuzione del reddito è ancora in ritardo.


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Alessandro De Giuli: Note sul "Grande Reset"

liberiamolitalia

Note sul "Grande Reset"

di Alessandro De Giuli

Il pregio probabilmente maggiore di questo libro di Ilaria Bifarini (Phasar Edizioni – Firenze) sta nel presentare, con un linguaggio semplice e ben scritto, tutti i temi salienti che si affacciano al dibattito di questi mesi segnati dalla crisi economica e dal covid. Il sottotitolo traccia il percorso: “dalla Pandemia alla nuova normalità” mentre l’incedere dei capitoli, sempre interessante, fornisce dati e informazioni ma soprattutto i punti di vista forti della discussione che si sta sviluppando tra le massime élite del mondo politico, economico, culturale e produttivo a fronte della manifesta crisi del modello neoliberista.

Sullo sfondo della cronaca quotidiana modellata dal virus e delle risposte estemporanee delle cancellerie internazionali, Ilaria Bifarini riannoda il senso dei temi caldi degli ultimi anni: la disoccupazione tecnologica, le innovazioni produttive intraprese dalle grandi corporation leader della ricerca più avanzata, la società sempre più divaricata tra masse di impoveriti e multimiliardari, il trans umanesimo (ovvero l’ibridazione tra uomo e macchina) di origine californiana, la robotizzazione, la scomparsa di interi settori del mondo del lavoro sostituiti da soluzioni fondate sull’intelligenza artificiale, i limiti della globalizzazione e la questione dello Stato, il problema ecologico, il 5G.


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Francesco Piccioni: C’è chi cresce e chi si strozza con le proprie mani

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C’è chi cresce e chi si strozza con le proprie mani

di Francesco Piccioni

Capire le differenze tra fenomeni che da lontano appaiono simili è fondamentale per orizzontarsi nel mondo. Non è che ci voglia una mente immensa (“la distinzione è la potenza dell’intelletto”, spiegava il maestro di pensiero dialettico), però almeno un po’ bisogna studiare, stare attenti, non lasciarsi andare al “tutto è uguale” e dunque arrendersi all’indistinto.

In materia macroeconomica, avvelenati da 30 anni di pensiero unico neoliberista, questa resa è abituale. Anche compagni una sacco speranzosi in un futuro migliore si fermano davanti alla complessità del reale, temendo di inciampare mentre avanzano in quella terra incognita.

Che però bisogna attraversare, se si vogliono cambiare davvero le cose e non solo lanciare maledizioni contro le ingiustizie del capitalismo.

Tra gli oggetti misteriosi dell’economia contemporanea c’è certamente la Cina, odiata o benedetta, ma così difficile da analizzare che si preferisce spesso lasciar perdere e utilizzare categorie fornite – non certo in modo disinteressato – dai propagandisti che imperano sui media mainstream.


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Salvatore Bravo: Umanesimo

sinistra

Umanesimo

di Salvatore Bravo

 

Verità ed inquietudine

Le parole-concetto della filosofia sono verità che si storicizzano per esaltare l’umanità degli esseri umani e favorirne formazione e sviluppo. Non c’è umanità senza verità, quest’ultima non porta la pace, ma il conflitto, poiché guardare la verità, significa lottare con se stessi, far emergere le resistenze alla sua “presenza”. L’Umanesimo è lotta, è parola che smaschera falsi miti e, specialmente, forme di compensazione alla fragilità umana. La verità prima che si svela e rileva all’essere umano in ascolto alla propria natura è che “non è padrone” di nulla. Si appartiene ad una comunità, non la si può ridurre ad un ente da dominare. Ogni soggetto nell’incontro con se stesso si ritrova persona plurale, poiché ogni vita è sintesi di una comunità vissuta. Ascoltare l’essere è, dunque, orientarsi verso la dimensione del radicamento senza che esso possa essere definito o posseduto, perché la verità nello svelarsi “ammicca” senza lasciarsi possedere.


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Stefano Virgilio: Trincia, Umanesimo europeo. Sigmund Freud e Thomas Mann

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Trincia, Umanesimo europeo. Sigmund Freud e Thomas Mann

di Stefano Virgilio

Francesco Saverio Trincia: Umanesimo europeo. Sigmund Freud e Thomas Mann, Scholè, 2019

9788828400370 0 0 573 75Umanesimo europeo. Sigmund Freud e Thomas Mann, ultimo lavoro di Francesco Saverio Trincia, uscito nei tipi di Morcelliana/Scholè (2019), è un denso e interessante tentativo di riscoprire alcuni tratti della portata filosofica (termine particolarmente significativo, considerando la diffidenza di Freud nei confronti della filosofia) della psicoanalisi freudiana alla luce del filtro interpretativo di Thomas Mann. Parallelo a tale riscoperta è il proposito di fare chiarezza e di reinterpretare alcuni aspetti del pensiero freudiano in modo tale che, senza facili sensazionalismi o avventurismi ermeneutici, vi si possano accostare categorie apparentemente lontane, attraverso un metodo che procede senza contrapporre elementi opposti (ad esempio “razionalità e irrazionalità”, “progresso e regresso”), bensì mostrando “hegelianamente” una loro reciproca implicazione ossimorica.

Sotto questo punto di vista, degno di interesse è già il titolo, che associa il concetto di “umanesimo” al padre della psicoanalisi. Tale nesso, infatti, non appare affatto immediato, e non è un caso che l’autore dedichi al «senso del problema» l’intero primo capitolo, nel quale illustra gli scopi del lavoro e il percorso attraverso il quale si propone di raggiungerli. Trincia cerca di mettere a fuoco il modo in cui si può parlare di “umanesimo” all’interno del pensiero freudiano e, va detto, si tratta di un’impresa non facile, non foss’altro per il fatto che «Freud non definisce se stesso mai “umanista”. Nessuna dottrina e tanto più nessuna retorica o ideologia dell’uomo è presente nel suo universo concettuale e clinico» (p. 12).


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Salvatore Bravo: Su Ivan Illich

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Su Ivan Illich

di Salvatore Bravo

La dipendenza dall’abbondanza castrante, una volta radicata in una cultura, genera la “povertà modernizzata”. Nella velocità, niente resta, niente è assaporato, niente è conosciuto. Velocità e calcolo sono due aspetti dello stesso silenzio infecondo che minaccia ogni vita.

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              1280x800.jpgAccelerazioni e crisi

L’accelerazione del tempo è uno degli aspetti fondanti del capitalismo assoluto. Lo spazio ed il tempo scompaiono sotto i colpi dell’accelerazione. Niente è vissuto con pienezza, ma molto è vissuto in modo epidermico. Non si tocca nessuna profondità, ma ogni realtà è consumata a ritmi sempre più esponenziali fino a ridursi a presenza nominale. Il nichilismo dello spazio e del tempo è l’effetto delle forze che esigono l’accelerazione dei tempi di spostamento come dei tempi di consumo in nome dell’economicismo. Tutto scompare nella velocità, niente resta, niente è assaporato, niente è conosciuto. L’alienazione tecnocratica è assoluta, poiché non è possibile sviluppare il senso dell’appartenenza in nessun luogo, e nello stesso tempo la precarietà frammenta l’io in innumerevoli ruoli, senza unità.

L’accelerazione ha una doppia valenza: controlla riducendo ogni realtà a numero con precisione maniacale, spinge alla produzione veloce a cui corrisponde un ritmo sempre più nichilistico di consumo. Il calcolo di precisione è la grande rete in cui ingabbiare il mondo. Velocità e calcolo sono due aspetti dello stesso silenzio infecondo che minaccia ogni vita. La struttura economica è nel segno della nullificazione, programma ogni esperienza in funzione del risultato immediato senza mediazione dialettica.


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Giulio Gisondi: Libertà e socialdemocrazia. A proposito del modello svedese di fronte al Sars-Cov-2

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Libertà e socialdemocrazia. A proposito del modello svedese di fronte al Sars-Cov-2

di Giulio Gisondi

981bba57 aa4b 4feb b17f cccb64c7cfde 16x9 600x338Appare oggi particolarmente complesso parlare della Svezia e delle misure adottate dal Paese scandinavo nel fronteggiare l’epidemia di Sars-Cov-2, senza rendersi consapevolmente o inconsapevolmente portavoce di una posizione ideologica, di una forma di propaganda e di una polarizzazione sempre più marcata: una divisione tra quelli che potremmo definire, da un lato, i tutto-chiuditisti, sostenitori a tutti i costi di generalizzate chiusure e limitazioni delle libertà personali; dall’altro, degli apri-tuttisti, coloro per i quali non andrebbe adottata alcuna misura di chiusura o di limitazione per evitare il diffondersi del contagio, né tantomeno, alcuna misura di protezione individuale e collettiva.

Questa discussione, che da giorni e mesi si sta consumando su tv, giornali, blog e social, non sembra portare a grandi risultati, né sul piano della conoscenza e comprensione di un fenomeno, né tantomeno su quello dell’analisi, ma è funzionale alla creazione di un falso dibattito tra opposte tifoserie che, se da un lato garantisce un alto livello di audience, dall’altro esclude ogni possibilità di reale approfondimento e lucida riflessione. Come per altri temi di attualità legati alla diffusione dell’epidemia e alle misure di contrasto, dalla scelta delle terapie farmacologiche all’opposizione vaccinisti/anti-vaccinisti, mask/no-mask, fino alle limitazioni delle libertà, la polarizzazione del dibattito sulle scelte sanitarie e politiche del governo e delle autorità svedesi segna una divisione mediaticamente orientata tra buoni e cattivi, tra quanti pensano e si muovono nel campo del politicamente corretto e dell’accettabilità pubblica, e quanti, invece, rientrano nella dimensione del politicamente e mediaticamente censurabile o del cosiddetto complottismo.


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Domenico Moro: Keynesismo e Marxismo a confronto su disoccupazione e crisi

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Keynesismo e Marxismo a confronto su disoccupazione e crisi

di Domenico Moro

disoccupati 741x600La crisi del Covid-19 ci pone davanti ad un aumento della disoccupazione di massa. Secondo l’Istat nel III trimestre del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, gli occupati sono diminuiti di 622mila unità (-2,6%), fra questi i dipendenti sono diminuiti di 403mila unità e gli indipendenti di 218mila unità. I disoccupati[1] sono invece aumentati di 202mila unità (+8,6%) raggiungendo la cifra di 2milioni 486mila. Anche gli inattivi – cioè quelli che comprendono i cosiddetti “scoraggiati” che neanche provano a cercare lavoro – sono cresciuti di 265mila unità (+2%)[2]. Bisogna, inoltre, aggiungere che l’aumento dei disoccupati e degli inattivi avviene in un contesto di blocco dei licenziamenti. Ad essere state colpite dall’aumento della disoccupazione sono state, fino ad ora, le figure precarie dei lavoratori a tempo determinato. Secondo alcune stime[3], l’eliminazione del blocco dei licenziamenti potrebbe generare un milione di disoccupati in più, portando il loro numero totale a oltre 3,5 milioni, una cifra impressionante, che metterebbe a dura prova non solo la tenuta del welfare ma anche la tenuta sociale e politica del sistema.

Comunque, la situazione occupazionale italiana era tutt’altro che rosea anche prima del Covid-19. L’economia italiana è stata una delle più lente nella Ue a recuperare dalla crisi precedente. Nel 2019, il numero degli occupati (22milioni 687mila) era ancora leggermente inferiore al picco pre-crisi, registrato nel 2008 (22milioni 698mila)[4]. Anche nel confronto con il resto della Ue la situazione italiana è tra le peggiori: il tasso di occupazione (15-64 anni) in Italia nel 2019 era del 59%, mentre era del 68,4% nella Ue a 27 e del 68% nell’area euro, con la Germania al 76,7%, la Francia al 65,5%, e la Spagna al 63,3%[5].


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Vittorio Pelligra: “La meritocrazia non è un meccanismo di liberazione, ma un’ideologia pericolosa”

kriticaeconomica

“La meritocrazia non è un meccanismo di liberazione, ma un’ideologia pericolosa”

Alessandro Bonetti intervista Vittorio Pelligra

Abbiamo intervistato Vittorio Pelligra, professore di politica economica all’Università di Cagliari, che nella sua rubrica Mind the economy sul Sole 24 Ore ha sollevato un interessante dibattito sulla meritocrazia

merito 2 1200Bonetti: Lei sottolinea come molti movimenti che si definiscono progressisti, liberali, di sinistra abbiano introiettato l’idea di meritocrazia. Pensiamo a Blair, Obama, Renzi. Qual è la grande contraddizione?

Pelligra: Più che una contraddizione è un equivoco, nel senso che l’idea di merito è solo apparentemente semplice. È in realtà un concetto complesso, sia dal punto di vista filosofico sia dell’implementazione operativa: merito di cosa, merito per chi? Quanto “merito”?

L’equivoco nasce in buona fede nel tentativo di dare risposta a domande reali. Spesso queste risposte, però, sono diventate semplicistiche scorciatoie. E così, a sinistra l’idea di merito è assurta a una sorta di antidoto alle disuguaglianze. Si afferma che l’attuale struttura sociale tende a rigenerare le disuguaglianze, perché punta più agli esiti che alle opportunità. Quindi se riuscissimo a far partire tutti dalle stesse opportunità potremmo isolare l’effetto della dotazione di partenza dal merito e dall’impegno individuale e perciò diventerebbe possibile incentivare l’impegno premiando il merito stesso. Questo è un tentativo lodevole, ma è logicamente impossibile.

Infatti, tutto quello che è impegno è fortissimamente determinato da elementi che non sono impegno, come l’essere nato in una certa famiglia, in un certo paese, in un determinato momento storico. Oggi sappiamo che il processo di accumulazione di capitale umano funziona attraverso un meccanismo di complementarità dinamica: riesco a imparare se ho imparato ad imparare. Lo stesso impegno, dunque, produce risultati differenti in base alle dotazioni iniziali che dipendono totalmente dalla fortuna.


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Francesca Romana Capone: La storia come chiave per comprendere la pandemia

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La storia come chiave per comprendere la pandemia

di Francesca Romana Capone

mascherina 1918

Per orientarci nella pandemia attuale, più che i numerosissimi “instant book” pubblicati a tempo di record, possono essere utili letture legate a malattie del passato e, comunque, edite prima dell’emergere del COVID-19 che, necessariamente, ha mutato lo sguardo sul problema. Vedremo, allora, quanto l’efficacia dell’azione sanitaria sia connessa ad aspetti legati alla politica, alla comunicazione, alla fiducia e, in ultima istanza, alla capacità di comprendere i limiti stessi della nostra conoscenza.

* * * *

Contro gli instant book

Leggere è anche un modo per orientarsi nel presente, per guardare all’oggi da punti di vista inediti, lontani nello spazio e nel tempo. Ma la letteratura ha un peculiare rapporto con il tempo, lontano dall’immediatezza cui ci hanno abituato internet e i mezzi tecnologici. Non sorprende, quindi, che per interpretare l’attuale situazione pandemica possano risultare più utili libri usciti ben prima che SARS-COV-2 facesse la sua comparsa, oppure riferiti a pandemie di un remoto passato.

Tuttavia gli eventi eccezionali (guerre, attentati, epidemie) stimolano il mercato editoriale a sfornare decine e decine di “instant book”. Se è vero che questi testi possono nascere anche da una reale urgenza di fissare sulla pagina gli eventi osservati (ci si conservano molti taccuini d’autore legati ad avvenimenti storici importanti), altrettanto la mancata sedimentazione e rielaborazione del pensiero e delle idee, finiscono per renderli piuttosto effimeri. Non a caso gli scrittori del passato hanno usato i propri taccuini per dare profondità e verità a narrazioni di finzione, scritte successivamente e ben altrimenti meditate, piuttosto che per documentare un evento.


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Alessandro Visalli: Pochi appunti sul ‘femminismo della differenza’

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Pochi appunti sul ‘femminismo della differenza’

di Alessandro Visalli

68 1080x675Da quando ad ognuno di noi capitò di aprire gli occhi e quando poi arrivammo all’età della ragione scoprimmo che nel mondo ci sono molte e diverse gerarchie, diverse forme di esercizio di autorità (da parte di madri, di padri, di maestri/e, di posizioni e ruoli, di ricchi, di colti e di tecnici, ...) e tutti scoprimmo, con il tempo, che queste forme allo stesso momento tengono insieme la società e gli consentono di funzionare. Il loro segno è dunque ambiguo, necessario e sempre sul punto di eccedere.

Parimenti, quando iniziammo a crescere ognuno di noi si sentì interrogato dal proprio genere, da quello che la società propone come modello appropriato di genere, e quindi fummo spinti ad interrogarci sulla differenza che si percepisce ovunque, e si incontra sempre, tra una certa visione e sensibilità ed un’altra. Nella media, naturalmente, perché esistono sempre individui intermedi, più vocati ad alcune sensibilità, aperti ad un altro “lato” come si dice. Anzi, non esistono personalità ben formate, normali, che non abbiano elementi di entrambe le sensibilità idealtipiche.

Quanto queste differenze sono biologia, quanto cultura, quanto proprio morfologia, quanto esperienza di base? Quanto dipendono dal momento centrale della riproduzione (che è in assoluto il momento di massimo dimorfismo)? Quanto, magari, proprio dalla meccanica dell’atto sessuale (simmetricamente opposto, si dà e si riceve)?

Difficile, e probabilmente impossibile dirlo con certezza. Una cosa è sicura: ci sono delle differenze. Un’altra, però l’accompagna: la specie è unica, la sua base genetica (circa ventimila geni) coincide in grandissima parte in tutti ma la sua espressione (ovvero la codifica delle proteine) differisce sensibilmente.


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Thomas Fazi: Recovery Fund: manuale di autodifesa contro la propaganda di regime

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Recovery Fund: manuale di autodifesa contro la propaganda di regime

di Thomas Fazi

bce euroQuando si parla del programma Next Generation EU (NGEU), comunemente noto in Italia con il nome di Recovery Fund, una premessa è d’obbligo: quello che nei media viene presentato come un accordo già chiuso deve in realtà ancora superare un ostacolo non da poco, ovverosia la ratifica da parte di tutti e 27 i parlamenti nazionali dell’UE. Si tratta, a detta dei più, di un passaggio puramente formale, che si dovrebbe concludere entro la prima metà del 2021. E probabilmente hanno ragione: è difficile immaginare che un parlamento nazionale possa far naufragare un accordo negoziato dal governo che ne è espressione. Tuttavia non è da escludere che il percorso possa riservare delle sorprese. Soprattutto in Olanda, dove si andrà al voto a marzo e dove il primo ministro Mark Rutte è stato fortemente criticato per l’accordo. Quanto meno, la mancata ratifica dell’accordo da parte dei parlamenti nazionali dovrebbe suggerire una certa prudenza quando si parla di Recovery Fund.

Fatta questa doverosa premessa, vediamo di entrare nel dettaglio del cosiddetto Recovery Fund. Partiamo innanzitutto dall’aspetto strettamente finanziario. L’accordo si compone di due pezzi: il programma Next Generation EU, appunto, pari a 750 miliardi (che la Commissione andrà a prendere sui mercati) spalmati su sei anni, di cui 390 miliardi dovrebbero venire corrisposti agli Stati membri sotto forma di trasferimenti “a fondo perduto” (come vedremo, le virgolette sono d’obbligo) e 360 miliardi sotto forma di prestiti; e il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, ovvero il bilancio europeo classico, pari a poco più di 1.000 miliardi di euro (di poco superiore all’ultimo bilancio europeo 2014-2020). In totale circa 1.800 miliardi.


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Leo Essen: Centri sociali contro legge del valore-lavoro. Una storia triste

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Centri sociali contro legge del valore-lavoro. Una storia triste

di Leo Essen

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Per il Romanticismo di Jena (Friedrich Schlegel, Frammento 70) tutta l’arte deve diventare scienza, e tutta la scienza deve diventare arte; poesia e filosofia devono essere unificate. L’arte e la scienza, la scienza e la vita, non sono l’una fuori dall’altra. Non sono generi diversi, o stili diversi di un supposto sapere umano che li porrebbe come forme nelle quali racchiudere il contenuto umano. Non c’è nessuna forma, nessun genere, nessun metodo che preceda l’umano, e non c’è alcun umano al di fuori di una forma. Forma e contenuto sono l’una il riflesso dell’altro, sono l’una nell’altro: unità di teoria e prassi, di cosa estesa e di cosa pensante (Spinoza).

L’arte non è distinta dal mondo, gli artisti o gli intellettuali non sono una categoria separata che si propone di riformare il mondo. L’attività artistica (o politica - non fa differenza) è immediatamente trasformazione del mondo.

Dal Romanticismo di Jena emergono due tendenze.

Una tendenza progressiva, attivistica, pragmatistica, filo-tecnologica (che include Marx, e soprattutto Lenin) che vede nella tecnologia la possibilità di trasformazione positiva del mondo. Un'opportunità di liberazione (elettricità + soviet) che, tuttavia, corre il rischio che il mondo si rimangi la promessa (o che il capitalismo tecnologico si rimangi l’istanza libertaria). Oggi questa prospettiva sembra incarnata dalla Cina.


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Michele CastaldoIn morte di Agitu Gudeta

lacausadellecose

In morte di Agitu Gudeta

di Michele Castaldo

5fec440f24000017078ad988Ogni fatto tragico come l’uccisione di una persona pone degli interrogativi sulla irrazionalità del genere umano, più è efferato un crimine e maggiori sono le domande: perché? Ma l’uccisione di Gudeta, una donna etiope di 43 anni, rifugiata da un paese ex colonia italiana e imprenditrice nel paese, un tempo colonizzatore, pone qualche domanda in più, in modo particolare perché chi l’ha uccisa è Suleiman Adams, un uomo nero ghanese immigrato in Italia, che lavorava alle sue dipendenze.

Si pone come premessa la domanda: che metodo usare per esprimere un giudizio? Negli ultimi anni ci siamo abituati al termine femminicidio per indicare l’uccisione di mogli, conviventi, amanti, fidanzate uccise dal maschio per la rottura di un rapporto sentimentale dove il corpo femminile soccombe purtroppo alla forza bruta del maschio che uccide per la perdita di possesso di quel corpo, non solo e non sempre per ragione sessuale, ma anche perché aveva riposto in esso ogni ragion d’essere della propria vita.

L’uccisione di Gudeta non è inquadrabile solo in queste casistiche, perché, almeno per quel che se ne sa, fra la femmina etiope e il maschio ghanese c’era un rapporto diverso da quelli che comunemente vengono riferiti ai sentimenti, che inducono il maschio a usare violenza fino all’uccisione. Dunque per esaminare quel tipo di rapporto, dobbiamo cercare di inquadrarlo correttamente e scoprire quali molle – o cause – scattano in determinate circostanze. Questo, per un verso, e l’uso che vien fatto di una tragedia da parte delle forze politiche che esprimono precisi interessi di forze sociali, per l’altro verso. Altrimenti parliamo del nulla.


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Il Pungolo Rosso: A colloquio con Marx e altri maestri sulla questione fiscale

ilpungolorosso

A colloquio con Marx e altri maestri sulla questione fiscale

di Il Pungolo Rosso

evasione fiscale 835x437«Essi [gli operai] debbono spingere all’estremo le misure proposte dai democratici (…) e trasformarle in attacchi diretti alla proprietà privata. Così ad esempio (…) se i democratici proporranno l’imposta proporzionale, gli operai proporranno l’imposta progressiva; se i democratici proporranno essi stessi una imposta progressiva moderata, i lavoratori insisteranno per una imposta così rapidamente progressiva che il grande capitale ne sia rovinato; se i democratici reclameranno che si regolino i debiti di stato, i proletari reclameranno che lo stato faccia bancarotta. Le richieste degli operai dovranno sempre regolarsi sulle concessioni e sulle misure dei democratici.» [K. Marx – F. Engels, Indirizzo del Comitato Centrale alla Lega dei comunisti, marzo 1850 – in K. Marx, Opere. Lotta politica e conquista del potere, Ed. Riuniti, p. 425.]

Alcuni compagni hanno fatto alla nostra proposta di un’imposta patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della popolazione (che appartiene alla classe capitalistica nelle sue varie componenti), con il gettito da destinare a fini di classe, questa stramba critica: non sarebbe “marxista” né classista. A loro dire la questione fiscale è del tutto interna alla classe capitalistica e/o al rapporto tra classe capitalistica e mezze classi. Per sua natura, quindi, non riguarda gli operai, il proletariato, i salariati. Anzi, molto peggio: occuparsene e avanzare rivendicazioni in materia, servirebbe solo ad ottenebrare le menti dei suddetti con falsi problemi.

L’insistenza di questa critica ci ha fatto venire voglia di andare a colloquio con i maestri, a cominciare da Marx, e porre loro qualche domanda. Di seguito i risultati del colloquio che è stato, si può immaginare, di grande interesse. Ne riferiamo qui solo una parte – l’altra parte, di non minore rilevanza, riguarda l’uso dell’arma fiscale da parte del colonialismo.


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Nicolas e Perenelle Flamel: Il generale nel suo labirinto

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Il generale nel suo labirinto

di Nicolas e Perenelle Flamel

 

L’epilogo della politica

Chi ha vissuto gli anni della prima repubblica sa che cosa significa il dualismo maggioranza/opposizione: la maggioranza incarnava il deep state, ovvero quell’insieme di poteri economico-giuridici che dettavano l’agenda politica, mentre l’opposizione aveva, come si può facilmente evincere dal significante, all’epoca ancora legato al significato, il ruolo di contrastarla.

L’opposizione mai, nella storia della prima repubblica, è stata un’alleata di governo, sarebbe stato un inutile ossimoro, si sarebbe chiamato governo di larghe intese. Le parole sono importanti.

L’opposizione è, lapalissianamente, la minoranza, ciò non vuol dire che non abbia ampi margini d’azione e non debba opporsi usando tutti gli strumenti a sua disposizione. Si chiama dualismo ed è la regola alla base del concetto stesso di democrazia. Questo per far chiarezza sul significato politico dei termini che si usano e per definire i diversi ambiti d’azione, liberandoli da opportunismi insensati.


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Alberto Negri: Tutti fuorilegge, tranne il Mossad

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Tutti fuorilegge, tranne il Mossad

di Alberto Negri*

L’anno della pandemia in Medio Oriente è finito come era iniziato. Il tre gennaio scorso gli americani uccidevano con un drone a Baghdad il generale iraniano Qassem Soleimani; mentre il Mossad, come hanno sostenuto tutti i media israeliani, ha concluso l’anno facendo fuori Mohsen Fakhrizadeh, scienziato che ha guidato i programmi nucleari di Teheran.

Non solo. Trump ha promesso di mantenere, d’accordo con Israele, la “massima pressione” sull’Iran fino al giorno in cui resterà alla Casa Bianca. Le sorprese quindi possono non essere finite. Si può dire che da quelle parti pace e guerra sono in mano al Mossad.

“Se qualcuno viene per ucciderti, alzati e uccidilo per primo”, recita una frase del Talmud, il testo fondamentale dell’ebraismo. Fin dalla sua nascita, nel 1948, Israele ha fatto di questo insegnamento la propria parola d’ordine, forse a causa del trauma della Shoah e della sensazione che l’intero popolo ebraico sia in costante pericolo.


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Miguel Martinez: Il Grande Reset

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Il Grande Reset

di Miguel Martinez

Quasi sicuramente avrete sentito parlare del Grande Reset, o Great Reset.

In genere presentato come l’ultima demenziale teoria del complotto, da affiancare ai rettiliani del simpatico David Icke [1], l’ennesima prova che solo un pazzo potrebbe avere qualcosa da obiettare al sistema in cui viviamo.

Ora, qualcosa di vero c’è: siamo una specie incredibilmente collaborativa, conformista, opportunista e credulone, per cui spesso per non conformare quando conviene conformare bisogna essere davvero un po’ strani. [2]

Per l’opinionista inglese, Oliver Kamm, dietro la diffusione dell’idea del Grande Reset, ci sarebbe “l’apparato propagandistico del regime di Putin” che diffonderebbe “folli asserzioni di oscuri blogger” (gli anticomplottisti sono sempre pronti a denunciare i complotti altrui..).

Solo che questa volta c’è un problema: The Great Reset esiste davvero.

E’ stato il tema centrale dell’incontro (covidianamente virtuale) del Forum Economico Mondiale (World Economic Forum, WEF) quest’estate, ed è anche il titolo di un libretto di cui è coautore il presidente dello stesso Forum, Klaus Schwab.


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Associazione Corvelva APS: Polietilenglicole nei Vaccini Covid!!

corvelva

Polietilenglicole nei vaccini Covid!!

Lo stesso composto denunciato da Corvelva nel 2018 viene messo all'indice da Science

di Associazione Corvelva APS

In questi giorni abbiamo letto con interesse un articolo apparso sul quotidiano La Verità.1 L’ottimo pezzo di Antonio Grizzuti del 3 gennaio si occupava di un approfondimento pubblicato sulla nota rivista scientifica Science,2 che riporta notizia di gravi reazioni allergiche legate al vaccino Pfizer-Biontech.

Avevamo già comprato l’articolo (del giornalista scientifico Job de Vrieze), cogliendo un aspetto per noi fondamentale perché strettamente connesso alle analisi sui vaccini da noi commissionate nell'ormai l'intanto 2017. Proviamo a spiegarci meglio, premettendo che non stiamo parlando di problemi del vaccino anti-SarsCov-2, ma di una possibile omissione da parte degli enti di controllo italiani ed europei nei confronti di vaccini già immessi in commercio da anni.

L’articolo su Science fa riferimento a delle “reazioni allergiche gravi in almeno 12 persone che hanno ricevuto il vaccino COVID-19 prodotto da Pfizer e BioNTech” e queste reazioni potrebbero essere dovute all’ingrediente principale del vaccino, il polietilenglicole (PEG).”


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Eros Barone: “Una figura colossale”: Dante Alighieri

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Una figura colossale”: Dante Alighieri

di Eros Barone

Portrait
                de DanteUna lettura più attenta rivela l’impossibilità di distinguere, sia pure idealmente, quelle che sono le componenti fondamentali del genio di Dante: la serietà e grandiosità, incorporata in un fermo disegno strutturale, del proposito etico e, dall’altra parte, una straordinaria plasticità di invenzioni figurative e una prodigiosa fertilità di risoluzioni stilistiche e verbali.

N. Sapegno, Storia della Letteratura Italiana, vol. I, Garzanti, Milano 1965-1969, p. 76.

Ma se potessimo intravedere anche solo di spalle Dante Alighieri che s’inerpica sull’Appennino, non capiremmo della Divina Commedia qualcosa di più di quel che oggi ne sappiamo? 1

C. Garboli, Pianura proibita, Adelphi, Milano 2002, p. 133.

 

  1. L’ultimo poeta del medioevo e il primo poeta moderno”

Non esiste gesto o atteggiamento umano che Dante, nella Divina Commedia (per tacere delle altre opere), non abbia descritto, scolpito, evocato, e ciò è stato riconosciuto dagli autori più diversi, i quali non hanno mancato di rendere il loro omaggio all’autore del “poema” cui “ha posto mano e cielo e terra” 2 e all’artefice primo della lingua italiana. In tal senso, come ha scritto uno di essi, Dante è davvero “l’inevitabile”. 3 E come non ricordare che non vi è esercizio più sano per la mente e per il cuore, nonché per i sensi, della ‘lectura Dantis’? Sì, anche e soprattutto per i sensi, giacché questi organi traggono uno speciale godimento dalla lettura, ancor meglio se ad alta voce, delle terzine incatenate dell’Alighieri. Il che è comprovato, fra l’altro, dal costante successo che hanno riscosso tali letture nel corso del tempo: da Carmelo Bene, passando attraverso Roberto Benigni, sino a Vittorio Sermonti.


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Salvatore Bravo: Metafore di Heidegger

sinistra

Metafore di Heidegger

di Salvatore Bravo

 

Prospettive

La capacità di guardare e l’ampiezza dello sguardo sono il vero indicatore della qualità di un’epoca. La nostra si caratterizza, al di là dei proclami, per una visuale a corto raggio, lo sguardo ricade sempre sull’immediato, al punto che anche il futuro è solo la ripetizione del presente. Non vi è che lo scorrere del tempo cronologico senza prospettiva reale e pensata. In economia come in politica cambiano le merci come i volti dei politicanti, ma si assiste alla ripetizione di soluzioni già vissute, e si prospetta un’economia che segue parametri del passatio disfunzionali al presente. L’economia segue l’ordine della quantità nella forma del cemento e della produzione senza limiti. La politica è solo piccola politica, nella quale ogni componente non ha che una prospettiva limitata ai propri interessi di parte espressione di potentati, il cui fine è solo la sussunzione del popolo e la conservazione di poteri e privilegio.


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Carlo Formenti: Crisi e pericolo giallo

perunsocialismodelXXI

Crisi e pericolo giallo

Pensieri in libertà di fine anno

di Carlo Formenti

YellowTerrorTanto Lenin che Gramsci ci ricordano che le crisi economiche e sociali, per quanto gravi, non bastano a garantire la possibilità di un cambiamento rivoluzionario. Perché tale cambiamento possa avvenire, spiegano, è necessario che si verifichino almeno altre due condizioni. In primo luogo, deve esistere una profonda crisi istituzionale, tale da incrinare la capacità delle classi dirigenti di mantenere il controllo sullo Stato e sui suoi apparati (a partire da quelli repressivi). Detto altrimenti: le élite possono perdere l’egemonia, ma se hanno la possibilità e i mezzi di sostituire l’egemonia con il dominio è molto difficile rovesciarle. Inoltre deve esistere una forza politica organizzata, radicata nei territori e nei luoghi di lavoro, dotata di un programma politico che risponda agli interessi e ai bisogni della maggioranza della popolazione, e decisa a conquistare il potere per realizzare un cambio di regime.

Da quando la crisi pandemica è venuta a sommarsi ai postumi della crisi del 2008, generando uno sconquasso economico e sociale di proporzioni gigantesche, paragonabile (se non superiore) a quello provocato dalla crisi del 1929, con un crollo verticale di produzione e consumi, con un tragico aumento dei livelli di povertà, disoccupazione e disuguaglianza sociale (problemi già incancreniti da decenni di guerra di classe dall’alto condotta dai regimi neoliberisti contro le classi subalterne), abbiamo sentito ripetere a ogni piè sospinto la frase <<nulla sarà come prima>>. Ovviamente questa profezia si tinge di coloriture opposte: da un lato, la paura di chi teme di veder messo in discussione il proprio potere dopo quarant’anni di dominio incontrastato, dall’altro, la speranza di chi si augura che ciò possa realmente avvenire.


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Fabio Vighi: Prolegomeni a un capitalismo francescano

filosofiainmov

Prolegomeni a un capitalismo francescano

di Fabio Vighi (Università di Cardiff)

banca large1. Mitologie del Male

La conjuration des imbéciles è il titolo di un breve scritto di Jean Baudrillard pubblicato su Libération il 7 maggio 1997 1. Prendendo spunto dal successo politico conseguito in quegli anni da Le Pen padre, Baudrillard si scaglia contro il moralismo conformistico della sinistra, che vede legato a doppio filo all’ascesa del Front National. Due domande di quello scritto colpiscono al cuore del nostro presente: ‘È possibile oggi proferire anche solo qualcosa d’insolito, d’insolente, di eterodosso o paradossale senza essere automaticamente etichettati di estrema destra? […] Perché tutto ciò che è morale, conforme e conformista, e che era tradizionalmente di destra, è passato oggi a sinistra?’ Baudrillard sostiene che la sinistra, ‘spogliandosi di ogni energia politica’, si è trasformata in ‘una pura giurisdizione morale, incarnazione di valori universali, paladina del regno della Virtù e custode dei valori museali del Bene e del Vero, una giurisdizione che vuole responsabilizzare tutti senza dover rispondere a nessuno.’ In tale contesto, ‘l’energia politica repressa si cristallizza necessariamente altrove – nel campo nemico. E così la sinistra, incarnando il regno della Virtù, che è anche il regno della più grande ipocrisia, non può che alimentare il Male.’

La tesi di Baudrillard può essere utile a tastare il polso di un’epoca, la nostra, che ha sviluppato una vera e propria ossessione ideologica per il Male. Questo perché la mitopoietica del Male serve oggi a consolidare l’illusione della fondatezza morale del capitalismo globalizzato.


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Luca Colaninno Albenzio: La lunga marcia verso la Brexit

osservatorioglobalizzazione

La lunga marcia verso la Brexit

di Luca Colaninno Albenzio

Il 30 dicembre 2020 Londra ha ratificato l’accordo per le relazioni bilaterali post-Brexit concluso con le autorità dell’Unione Europea. In questo articolo ripercorriamo le dinamiche politiche e gli ostacoli affrontati dalle parti in causa nella lunga fase negoziale

Brexit Boris JohnsonLa politica è uno specialismo che richiede preparazione, dedizione e studio[1]. Nessuno pensa di affidarsi ad un medico o ad un amministratore di condominio sol perché questi si è appena proposto sul mercato. Nell’ambito della politica ci sono varie branche, ognuna con le sue specificità, con i suoi conoscitori, con i suoi apparati amministrativi serventi.

La congruità della politica estera al tempo della globalizzazione è fondamentale per la tenuta di ogni Stato, come simmetricamente durante l’Ottocento era importante il Ministero degli Interni per il mantenimento del potere.

Il coordinamento tra i Ministeri degli Esteri e i rispettivi organi politici di vertice è una necessità ineludibile nel mondo di oggi. È nell’ordine delle cose che i Presidenti degli Stati Uniti si occupino di politica estera, pur avendo spesso Segretari di Stato di spessore. Il Presidente russo Vladimir Putin, al potere dal 1999, sebbene abbia come Ministro degli Esteri uno dei maggiori esperti del mondo diplomatico, vale a dire Sergej Lavrov, mostra di conoscere bene i maggiori dossier internazionali. Il Ministro degli Esteri cinese, Wang Li, è il fedele replicante della linea portata avanti dal Presidente Xi Jinping.

Presidenze degli Esecutivi e Ministeri degli Esteri non possono essere di fatto sedi vacanti, perché in politica estera il dilettantismo, nella migliore delle ipotesi, porta ad una ossequiosa irrilevanza.


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Fabio Ciabatti: Il comunismo possibile della Comune di Parigi

carmilla

Il comunismo possibile della Comune di Parigi

di Fabio Ciabatti

Kristin Ross, Lusso comune. L’immaginario politico della Comune di Parigi, Rosenberg & Sellier, Torino 2020, pp. 260, 16,00 euro

La scarsità delle risorse disponibili e la sperequazione nella distribuzione della ricchezza a danno delle classi popolari: questi fenomeni sociali sembrano oramai accettati come dati naturali e ineluttabili da un senso comune che è stato rafforzato da una crisi oramai più che decennale e appena intaccato dalle politiche di contrasto alle conseguenze economiche della pandemia in atto. È proprio su questi presupposti, e non prioritariamente su pregiudizi etnico-culturali, che, per esempio, la destra ha costruito un discorso sull’immigrazione semplice e apparentemente razionale: gli stranieri sottraggono agli autoctoni bisognosi lavoro, case popolari, servizi pubblici. Oggi sembra impossibile intaccare le premesse di tale ragionamento e anche per questo non si riesce a incidere sul senso comune.

Eppure non è stato sempre così. C’è stato un tempo in cui è stato possibile rivendicare la ricchezza per tutti e tutte.


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ilsimplicissimus: Botti di capodanno per una catastrofe

ilsimplicissimus

Botti di capodanno per una catastrofe

di ilsimplicissimus

Si dovrebbe augurare buon anno come è stato per tutti i 31 dicembre delle nostre vite e di certo ci saranno le masse sedotte e stuprate che non vedranno l’ora di brindare a vaccini nell’illusione di essere libere: anzi esse rinunceranno volentieri alle proprie libertà fondamentali, in primis quella di dire di no, in cambio di libertà minime, da gregge appunto come quella di passeggiare o di uscire la sera o di non portare mascherine. E’ la storia di quarant’anni in cui si sono svendute le conquiste sociali in cambio di lenticchie e più si svende più i profittatori si convincono che non verrà opposta resistenza: quindi potrete farvi siringare come San Sebastiano che tanto le segregazioni ci saranno lo stesso, di virus in virus, di variante in variante fino a che gran parte della popolazione non abbia più le risorse economiche per vivere senza l’elemosina del potere e soprattutto non abbia più il lavoro che è il presupposto della partecipazione politica. E del resto domani cercherò di spiegare che la copertura al 90 per cento del vaccino è solo questione di soldi: per una malattia che ha un R0 intorno all’ 1, 5 basta molto meno come spiega la letteratura medica in vigore fino 10 mesi fa.


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Antiper: Commento a David Harvey, L’importanza della Cina nell’economia mondiale

antiper

Commento a David Harvey, L’importanza della Cina nell’economia mondiale

di Antiper

Commento a David Harvey, L’importanza della Cina nell’economia mondiale, settimo capitolo di The Anti-capitalist Chronicles, Pluto press, 2020. Traduzione CR per Antiper (dicembre 2020)

Nel suo ultimo lavoro [1] il marxista di origine britannica David Harvey dedica un capitolo [2] all’analisi del ruolo della Cina sulla scena economica e tecnologica internazionale.

Harvey inizia la propria analisi raccontando un episodio di “cronaca finanziaria”: siamo nel 2019 e Apple subisce un brutto colpo alle proprie quotazioni di borsa per aver dovuto riconoscere di non essere in grado di cogliere gli obiettivi di vendita previsti, soprattutto rispetto al mercato cinese. Apple produce in Cina e in Cina controlla una quota di mercato del 6-7%, che rappresenta comunque un valore enorme; d’altra parte, l’80% di quel mercato è ormai saldamente nelle mani di aziende cinesi che fino a 10 anni fa esistevano quasi solo sulla carta e che oggi, dopo aver preso il controllo del mercato interno, stanno prendendo il controllo anche di buona parte di quello internazionale.


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marxismoggi

Dall'Antropocene al Capitalocene

L'evoluzione dei paradigmi interpretativi della crisi climatico-ambientale

di Andrea Vento*

L'inesorabile incedere della crisi climatico-ambientale degli ultimi decenni ha indotto la comunità accademica internazionale ad ampliare e approfondire il campo di studi al fine di comprenderne cause, portata e sviluppi futuri. Un'imponente attività di ricerca, trasversale a varie discipline, che ha generato anche l'elaborazione di nuovi paradigmi teorici e terminologici. In tale ambito, particolare interesse sta rivestendo il concetto di Antropocene, da qualche anno a questa parte, oggetto di un crescente numero di pubblicazioni nell'ambito delle scienze geografiche e non solo.

Il lemma Antropocene, proposto per la prima volta negli anni '80 dal biologo Eugene Stoermer, ha iniziato a diffondersi, travalicando i confini disciplinari ed accademici, ad opera del premio Nobel per la chimica, Paul Crutzen, per rimarcare l'intensità e la pervasività che l'attività umana aveva assunto nei confronti dei processi biologici terrestri (Crutzen, 2005[1]). In ambito ambientalista il concetto evidenza invece il passaggio di stato del nostro Pianeta, causato dal manifestarsi su scala globale della crisi climatico-ambientale di origine antropogenica, assurta ad elemento caratterizzante di una nuova era geologica.


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tonino

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Jan 8, 2021, 4:47:21 AM1/8/21
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Giancarlo Lutero: La multimodalità del processo di astrazione in Marx nella relazione fra logica formale e dialettica

materialismostorico

La multimodalità del processo di astrazione in Marx nella relazione fra logica formale e dialettica

di Giancarlo Lutero*

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 70-130, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

unnamed87538gr«La trama nascosta è più forte di quella manifesta» Eraclito, DK I - 162

   1. Introduzione

Uno dei meriti storici della tradizione dialettica moderna è stato indiscutibilmente quello di favorire la transizione da una visione statica ad una dinamica del sapere scientifico e nel cercare di far comprendere come il progresso scientifico e sociale sia un processo travagliato, problematico, e di come esso sia intimamente connesso col pensiero filosofico. Si può sostenere che G.W.F. Hegel, ed i suoi “cattivi allievi” K. Marx, F. Engels e Lenin, siano stati tra i più autorevoli araldi di questa visione dialettica del rapporto fra conoscenza scientifica e visione critica del mondo, favorendo il superamento di quelle concezioni euristiche che interpretavano le verità scientifiche come dato immutabile ed assoluto. Sebbene si siano chiaramente manifestati i limiti a cui sono andate incontro le scienze particolari1, tuttavia, assistiamo in questo frangente al dominio sociale incontrastato dello scientismo e ad un persistente stato di separazione conflittuale e d’incomprensione fra la cultura umanisticofilosofica e quella tecnico-scientifica, nefasto esito della divisione del lavoro e dei saperi. Non si può negare il peso crescente che hanno assunto nel mondo odierno le scoperte scientifiche e le loro applicazioni tecniche: i risultati della ricerca scientifica occupano così un ruolo sempre più preminente, trasmettendo un senso di grande autorevolezza attraverso i principali mezzi di comunicazione di massa e assumendo un ruolo imprescindibile nei centri di produzione del sapere e della ricchezza.


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Eleonora Zeper: Era digitale, era provinciale

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Era digitale, era provinciale

di Eleonora Zeper

imageo986yu5La verità è che la verità cambia
Friedrich Nietzsche

Ho sempre deprecato il proliferare del lessico filosofico nel corso dei secoli, mi è sempre sembrato che la storia della filosofia fosse una storia di incomprensioni lessicali: sarebbe dunque onesto dichiarare, all’inizio di ogni nostro discorso, l’inaffidabilità dello strumento di cui ci serviamo.

Nell’ultimo anno molte delle parole e delle categorie che usavamo per definire la nostra realtà sociale hanno perso ogni consistenza. Ce ne sono state offerte prontamente delle altre quali distanziamento sociale, didattica a distanza, assembramento… Chiedo scusa dunque se quest’articolo procede a tentoni: a me mancano ancora le parole per descrivere tutto questo.

*

Un mio collega e amico si è dichiarato favorevole alla chiusura totale nel periodo natalizio: il problema sono gli ospedali e un “paese civile” non può far morire la gente. L’ha detto con convinzione e io, come con lui mi capita spesso, non ho saputo ribattere in alcun modo.

Qualche giorno fa un altro mio caro amico mi ha detto che non sarebbe passato a casa mia per chiacchierare delle nostre rispettive vite e stare un po’ assieme, così come avevamo concordato da qualche giorno. Mi scrive per dirmi che il giorno di Natale intende vedere i suoi genitori e che dunque, nei giorni precedenti, preferisce evitare ogni rischio di contagio e vedersi all’aperto. Ero dispiaciuta e un po’ irritata.


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Giacomo Marchetti: Geopolitica dell’accordo sugli investimenti tra Unione Europea e Cina

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Geopolitica dell’accordo sugli investimenti tra Unione Europea e Cina

di Giacomo Marchetti

In calce un articolo di di Stuart Lau, Wendy Wu (South China Morning Post)

cina unione europea geopolitica scaledDopo sette anni di negoziati, Cina ed Unione Europea concludono un accordo sugli investimenti, a poco più di tre settimane dall’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.

Uno smacco per Washington, un’ancora di salvezza per Bruxelles ed un successo per la partita geopolitica di Pechino.

Il China-UE Comprehensive Agreement on Investement (CIA) dovrà essere ratificato dal Parlamento Europeo e potrebbe essere operativo già all’inizio del prossimo anno, quando il mondo potrebbe avere superato questa prova pandemica e gli equilibri tra i maggiori attori geo-politici essere profondamente mutati rispetto a quelli di un anno fa.

È il secondo accordo che la Cina conclude – dopo il RCEP di metà novembre scorso – nel periodo della tormentata transizione politica statunitense iniziata con la conclusione del processo elettorale il 3 novembre scorso.

I colloqui per questa intesa erano iniziati nel 2013.

Un anno chiave in cui la Cina vide rallentare la sua crescita impetuosa e l’amministrazione Obama, in piena strategia di contenimento cinese attraverso il Pivot To Asia, con la cornice del TPP – l’ipotesi di accordo trans-pacifico. da cui Trump si sganciò un anno dopo la sua elezione – e l’esclusione di Pechino dall’accordo tra le sei banche centrali (USA, UE, UK, Giappone, Canada e Svizzera) di fine ottobre, sembrava in grado di determinare un piano politico che consolidasse il proprio ruolo guida.


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Riccardo Barbero: Il socialismo nel XXI secolo secondo Nancy Fraser, Slavoj Žižek e altri

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Il socialismo nel XXI secolo secondo Nancy Fraser, Slavoj Žižek e altri

di Riccardo Barbero

Il nostro destino non è ancora deciso

Le recenti crisi finanziarie, sociali, ambientali e sanitarie del sistema economico e sociale globalizzato, che si è fondato negli ultimi quarant’anni sull’egemonia indiscussa del pensiero ultraliberista, hanno riaperto un ampio dibattito filosofico, politico, economico, accademico e militante sulla necessità di superare il sistema attuale. Naturalmente emergono proposte diverse: qualcuno propone solo delle correzioni al processo di globalizzazione; altri vagheggiano un ritorno alle politiche riformiste dei trenta anni gloriosi. Ma c’è anche chi, sull’onda del movimento sviluppatosi negli Stati Uniti con le posizioni “socialiste” di Bernie Sanders, Alexandria Ocasio-Cortez e The Squad, della rivista “Jacobin”, ripropone l’idea del socialismo come società capace di superare le contraddizioni e i limiti dell’attuale sistema capitalistico. Ecco tre esempi di quest’ultimo tipo, pur diversi tra loro. Nancy Fraser è una storica femminista americana che è recentemente intervenuta con un articolo su “The Guardian” per evidenziare il rischio di subalternità del movimento femminista “della seconda fase” agli ideali e alle pratiche individualiste del neoliberismo, trascurando gli obiettivi egualitari e collettivi “della prima fase”.


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A. Vinco: L’enigma cinese

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L’enigma cinese

di A. Vinco

Sulle interpretazioni della natura sociale della Repubblica popolare

 

Deng Xiaoping tra maoismo e socialismo

Deng Xiaoping, considerato da Ezra Vogel il più grande statista del ‘900, non fu probabilmente mai un maoista ortodosso, se non durante il periodo della “guerra popolare di lunga durata” (rènmìn zhànzhèng). Mao Zedong dopo la rottura con l’URSS riteneva fosse possibile contrastare “l’Imperialismo di Yalta” con il volontarismo idealistico, l’incentivo morale e la santità pauperistica del contadiname asiatico: “la Cina è santa poiché è povera” fu uno dei leitmotiv maoisti. A differenza del grande timoniere, Deng riteneva che la sfida al campo occidentale e sovietico andasse viceversa portata basandosi sulla sviluppo radicale delle forze produttive, accompagnato dal corso graduale delle note Quattro Riforme, con la scienza e la tecnologia in posizione egemone. Deng Xiaoping e Liu Shao Chi teorizzarono non a caso dalla fine degli Anni ’50 il Grande Balzo in Avanti (Dàyuejìn) e le Quattro Riforme possono essere ben considerate una evoluzione del Grande Balzo, nella prospettiva del primato mondiale han, per quanto il nuovo primato mondiale dell’Impero di Mezzo non sia mai stato esplicitamente teorizzato da Deng.


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Redazione Contropiano: L’aiutino americano alle campagne regionali del PD

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L’aiutino americano alle campagne regionali del PD

di Redazione Contropiano

Anno nuovo, nuova campagna elettorale in arrivo per alcune delle più importanti città italiane.

Ma tra PD e Lega ormai non ci si scontra più davvero tra idee ed ideologie. Priorità di investimento per lo sviluppo del territorio, priorità di tutele dei settori sociali ed economici, ecc – e relativi “gruppi di interesse”- sono i temi su cui si scontravano candidati e liste di partito ma ora la differenza appare davvero flebile.

Per cui finisce che le campagne elettorali possono risultare un po’ banali, senza passione, o addirittura noiose, e quando la politica è alla frutta in termini di consensi attivi e militanti, non resta che affidarsi a qualche “esperto di comunicazione”, che sappia trasformare una battuta in polemica, una polemica in un caso di stato, ecc.

Sostanzialmente in un balletto di comunicazione social e fuori social, appaltate a questa o quella agenzia di social media manager.

Con qualche migliaia di euro si può fare tutto, anche convincere un po’ di elettori su come e cosa e come votare!


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Mauro Armanino: Il quarto Re Magio era originario del Sahel

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Il quarto Re Magio era originario del Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, Epifania 2021. Lo attestano inesistenti vangeli apocrifi mai ritrovati e proprio per questo la notizia è attendibile. Il quarto Re sembra venisse dal Sahel e si è unito ai tre ben più famosi Re Magi tramite ben note piste carovaniere, attestate fin dall’antichità. Oro, incenso, mirra e… sabbia. I più sobri vangeli canonici hanno evitato di prendere in considerazione l’ultimo dei Re in questione per ovvi motivi. L’oro per il re, l’incenso per la divinità e la mirra per indicare il tipo di morte che il messia avrebbe dovuto patire. Questi i doni simbolici che la lettura teologica del vangelo di Matteo propone ai suoi lettori. Come inserire dunque il quarto Re che come dono offre solo un po' di sabbia appena colta, sarebbe stato un problema a dir poco insormontabile. La soluzione più facile è stata quella di censurare il quarto Re, originario del Sahel, che si era permesso di offrire, senza prevenire, qualche manciata di sabbia. E così fu. Anche i presepi più aggiornati e contestualizzati non prendono in conto l’ultimo Re, censurato dalle versioni ufficiali, marginalizzato e infine espunto dalle cronache più autorevoli. La cosa non sorprende più di tanto perché la sabbia non ha mai goduto di particolare attenzione o favore da parte dei teologi, dei politici e neppure dei sindacalisti.


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Alessandro Visalli: Spartiacque, il 2020

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Spartiacque, il 2020

di Alessandro Visalli

unnamedàèo7ti7Ci sono anni simbolici, nei quali passa la storia e che restano nella memoria come spartiacque. Possiamo annoverare tra questi il 1914, il 1917, il 1929, il 1934, il 1939, la grande tragedia del novecento, e, insieme, la grande promessa di liberazione. Dopo abbiamo il 1945, il 1968, il 1978, l’ampliarsi della promessa, la crescita, la liberazione del terzo mondo, la riduzione delle ineguaglianze in occidente, il grande ciclo di lotte operaie nella secolare continuità con quello ottocentesco. E poi le date del riflusso, il 1980, 1989-1991, 1992 (Maastricht), 1999 (Euro), 2001 (la Cina nel Wto). Le date della crisi, 2007, 2012, 2018.

Qui cade lo spartiacque, il 2020.

Come per ognuno degli anni simbolici elencati ci sarà da riflettere a lungo sugli eventi ed i loro effetti.

Non è accaduto tutto in questo anno, anzi, tutto quel che è accaduto è solo l’esito per certi versi ovvio, necessario ed atteso, di lunghe linee di crisi. Ambientali, economiche, sociali e politiche. Nel secondo decennio del nuovo secolo il mondo si trovava sempre più in una fase di caos sistemico[1] che era tenuto a fatica a freno da potenze politico-militari ormai declinanti e da sistemi d’ordine monetari costretti ad inventare sempre nuovi meccanismi per conservare la gerarchia data[2]. Dalla fine del primo decennio era ormai chiarissima la sempre maggiore fragilità del capitalismo finanziarizzato occidentale, costantemente sull’orlo del crollo, e lo stato di estrema sofferenza di quella dittatura del pensiero di economisti morti da tempo e della legittimazione degli interessi che questi servivano nella quale siamo da decenni.


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Redazione Contropiano: Criptovalute e crisi del dollaro

contropiano2

Criptovalute e crisi del dollaro

di Redazione Contropiano

Di seguito l'articolo di Guido Salerno Aletta

criptomonete crisi dollaroIl mondo delle criptovalute è entrato nelle dinamiche economiche prima come una curiosità, poi come un mezzo per speculazioni (o fregature) eccezionali, fino a diventare una minaccia importante per le monete ufficiali, dietro cui c’è uno Stato o un insieme di Stati.

Nulla più della moneta, infatti, segnalava il potere pubblico, la forza dello Stato, la possibilità esclusiva di “creare denaro dal nulla”, al bisogno. Solo quella forza statuale, infatti, poteva assicurare che lo scambio tra merci e pezzi di carta fosse uno scambio sicuro per entrambi i contraenti.

Ma le criptomonete sono state create da soggetti privati (sono ormai circa 1.500). Fanno a meno anche della forma cartacea e assumono quella di righe di codice. Il loro stesso valore di scambio è altamente incerto, volatile, dipendendo da un “mercato” non regolato da nessun soggetto pubblico.

A complicare la situazione interviene la creazione di criptovalute di Stato che andranno ad affiancare-sostituire quelle ufficiali.

Questo articolo di Guido Salerno Aletta, che parte dalle considerazioni svolte nel “Discorso al mercato” del presidente della Consob, Paolo Savona, illumina sulle molte conseguenze relative alla digitalizzazione delle monete. A partire da quella geostrategicamente più rilevante: la destabilizzazione del dollaro, a questo punto della storia forse la principale arma dell’arsenale degli Stati Uniti.

Per arrivare a quella altrettanto importante della separazione netta tra sistemi di pagamento e sistema finanziario, ossia tra supporto indispensabile all’economia reale e speculazione mirante a “far denaro con il denaro”.


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Bollettino Culturale: "Il Capitale del XXI secolo di Piketty: una critica

bollettinoculturale

"Il Capitale del XXI secolo di Piketty: una critica

di Bollettino Culturale

the piketty ism a childhood illness for the 21st
            century a37“Il capitale nel XXI secolo” è uno dei libri più importanti dell’economista francese Thomas Piketty. La maggior parte dei commenti al libro di Piketty finiscono per associarlo, in qualche modo, con l'altro Capitale, di Karl Marx, trovando commentatori che pensano che sia una continuazione o un "aggiornamento" delle proposizioni marxiane. Questa associazione è del tutto sbagliata, anche se, in alcuni momenti, è stata incoraggiata dallo stesso autore (come sembra indicare il titolo stesso). La sua accettazione presuppone la completa cancellazione della teoria sociale di Marx. La critica contenuta nei brevi commenti che seguono si muoverà intorno a questo punto per cercare di evidenziare alcuni dei principali risultati di Piketty, nonché i limiti fondamentali della teoria contenuta nel suo libro, in ciò che dice rispetto alla sua capacità di spiegare la società capitalista contemporanea.

Lo studio di Piketty sull'evoluzione della disuguaglianza patrimoniale (poiché si riferisce alla disuguaglianza dal punto di vista della proprietà dei "beni" in generale) è il più grande mai realizzato, utilizzando un enorme database. I risultati empirici di questo studio sono il principale risultato scientifico raggiunto da Piketty e dal suo team e rappresentano l'aspetto più positivo del loro lavoro.

Proprio per questo motivo, questa è stata la parte del libro che ha ricevuto le recensioni più negative dagli economisti “ortodossi” e dai portavoce dei padroni in generale, assieme alla sua proposta di “imposta sul capitale” e sulle successioni.


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Paolo Cacciari: Benedetto capitalismo

comuneinfo

Benedetto capitalismo

di Paolo Cacciari

Nel finire dell’anno una notizia è passata sotto tono: un incontro di papa Bergoglio con un nutrito gruppo di amministratori delegati di alcune tra le più grandi imprese e banche del mondo. Non si è trattato di una visita di cortesia ma della entrata ufficiale del Vaticano come partner nel Council for Inclusive Capitalism, una organizzazione che – fa sapere il loro sito – rappresenta un gruppo di imprese che capitalizzano più di 10,5 trilioni di dollari. Intanto la copertina del Time ci rassicura e apre l’anno nuovo con The Geat Reset. un nuovo inizio per il capitalismo: è lo slogan del prossimo incontro del World Economic Forum di Davos che si terrà a Singapore. Non c’è più da preoccuparsi. Saranno proprio loro, le grandi corporation, a salvarci…

Nel concitato finire dell’anno una notizia è passata sotto tono: un incontro di papa Bergoglio e del fedele cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, con un nutrito gruppo di chief executive officier, manager e amministratori delegati di alcune tra le più grandi imprese e banche del mondo, tra cui British Petroleum, Banca d’America, Allianz, Dupont, Visa, Johnson&Johnson, Amundi, Master Card e fondazioni tra cui la Rockfeller e la Ford Foundation.


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Fabrizio Poggi: La Germania “europeista” del senatore Bagnai

contropiano2

La Germania “europeista” del senatore Bagnai

di Fabrizio Poggi

È ormai cronaca passata l’intervento di Alberto Bagnai in Senato, nel corso del quale il parlamentare leghista, motivando il voto contrario del suo gruppo alla legge di bilancio, ha detto, tra l’altro, che “In un afflato europeista il 1 settembre 1939 la Germania invase la Polonia perseguendo a modo suo, che nel frattempo è cambiato nelle forme ma non nella sostanza, l’obiettivo di una unificazione del Continente a suo uso e consumo“.

Apriti cielo – «improvvido oratore», «paragone allucinante» e «di una gravità inaudita», «Salvini e la Lega dovrebbero prendere le distanze» (come se le quotidiane esternazioni leghiste siano molto “distanti” da certe pestilenze razziali del passato) – insomma: diciamo la verità, Bagnai avrebbe potuto e dovuto, forse, comporre diversamente le proprie argomentazioni.

Ma la sostanza, ci sembra, non è quella che ha fatto correre all’acquasantiera i sedicenti “antifascisti a intermittenza”.

Confessiamo – non per falsa modestia – di non avere alcuna competenza economica per giudicare i dati riportati da Bagnai nel suo intervento a Palazzo Madama.


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Eros Barone: Un intellettuale eclettico fra ipodemocrazia, capitalismo e massoneria

sinistra

Un intellettuale eclettico fra ipodemocrazia, capitalismo e massoneria

di Eros Barone

Si può definire come ipodemocrazia un regime formalmente democratico, che è però privo di sostanza vitale, in altri termini è un mero guscio vuoto. Espropriazione della sovranità nazionale e della sovranità popolare, concentrazione del potere verso l’alto in ristretti gruppi oligarchici, partecipazione sempre più limitata e flebile alla vita pubblica, astensionismo elettorale che coinvolge oltre la metà dei cittadini aventi diritto al voto, emarginazione e discredito delle strutture intermedie (partiti, sindacati, Regioni ecc.): questi alcuni tratti salienti della ‘ipodemocrazia’, definibile anche come ‘post-democrazia’. Sennonché è evidente che un regime di questo tipo provoca necessariamente una traslazione di poteri in vari luoghi, molti dei quali opachi, per non dire impenetrabili. La crescente diffusione e penetrazione della massoneria nei gangli vitali dello Stato e di altre istituzioni collaterali (tra cui la Chiesa) è allora causa ed effetto di quel fenomeno che viene rubricato correntemente, con un sintagma peraltro fuorviante, come ‘crisi della politica’.


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Tonguessy: Just in case Vs Just in time

comedonchisciotte.org

Just in case Vs Just in time

di Tonguessy

C’era una volta uno Stato che si prendeva cura dei cittadini. La nostra favola inizia così: nel patto per la Modernità ognuno aveva un ruolo con diritti e doveri. I cittadini si facevano in quattro, spostandosi dove il capitale aveva organizzato la loro vita industriale. Grazie all’impianto costituzionale i compiti erano assegnati scrupolosamente. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro secondo l’art.1, quindi ogni cittadino è chiamato a questo dovere. In cambio (art.32) la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

Insomma il contratto si basava sulla reciprocità, il vecchio do ut des di diritto romano. Il Just in Case (lo si fa come precauzione, per prevenire danni possibili) si fonda proprio su tale reciprocità: nel caso succeda qualche problema ci si cautela con un dimensionamento abbondante. Se il massimo danno possibile è 10 ci si attrezza per 10 anche se normalmente il danno è solo 1. Just in case…..

Dal punto di vista commerciale questa era la prassi di gestione dei ricambi, ad esempio. Ogni rivenditore aveva un magazzino che sapeva offrire quanto l’attività richiedeva. Metti che ci siano due identiche rotture, si rende necessario almeno due pezzi di ricambio identici. Di solito non succede, ma just in case…..


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Fabio Vighi: Homo pandemicus

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tonino

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Jan 10, 2021, 2:33:37 AM1/10/21
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Piotr: Il token del ticket

sinistra

Il token del ticket

La coppia Joe Biden-Kamala Harris

di Piotr

00058F49 biden e harrisIl Congresso ha dunque certificato la vittoria di Joe Biden che il 20 di questo mese, dopo il giuramento, sarà in office assieme alla sua vice, Kamala Harris.

Il ticket Biden-Harris mi preoccupa e non poco.

Joe Biden dopo una lunghissima carriera spesa ad appoggiare ogni tipo di aggressione imperialistica americana è felicemente approdato alla senile che si sta vivendo con tratti inquietanti. Che abbia con sé una valigetta con la quale poter far scoppiare l'olocausto nucleare è pensiero agghiacciante. Per consolarmi mi ripeto che la storia della valigetta e del “comandante supremo” non sta esattamente come ce la raccontano e che se i generali non vogliono far scoppiare una guerra nucleare il capo della Casa Bianca non può farci nulla.

Kamala Harris è una donna piena di sé che non si capisce a che titolo sia stata scelta come vice presidente, a meno di rivolgersi alla categoria di “token person”, una figura tipica del politicamente corretto.

Come mi spiegò il grande economista statunitense Michael Hudson mentre stavo traducendo la sua autobiografia, un “token” è una sorta di ornamento formale nelle apparizioni pubbliche degli uomini politici negli USA e mi spiegò che “un politico ha sempre dietro si sé un token Nero o Ispanico quando parla”.

La prima funzione della Harris sembra dunque, così d'acchito, essere quella di un token non-bianco, un token non-uomo, un token, insomma, della “diversità” condensata.


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Controversie sull’Ideologia tedesca. Dalla filologia all’interpretazioneRoberto Fineschi:

marxdialectical

Controversie sull’Ideologia tedesca. Dalla filologia all’interpretazione

di Roberto Fineschi

image66753frCirca un anno fa, su “Historia Magistra”[1] ho cercato di presentare al lettore italiano lo stato filologico corrente del testo noto come Ideologia tedesca dopo la sua ri-pubblicazione nella nuova edizione storico-critica[2]. Gli editori della MEGA2, provocatoriamente, hanno dichiarato che il testo non esiste e questo ovviamente ha dato adito a discussioni e dibattiti perché nella ricezione grande peso è stato dato a questo testo come luogo di origine del “materialismo storico”. A mio modo di vedere, le dichiarazioni degli editori sono fattualmente vere, ma presentano il rischio di fuorviare la comprensione effettiva di che cosa fosse quel testo per gli stessi Marx ed Engels. Riprendo qui alcune delle conclusioni che avevo svolto nel suddetto articolo che sintetizzano il discorso. In una prima parte spiego in che senso gli editori della MEGA hanno sicuramente ragione; in una seconda cerco però di chiarire i rischi che si corrono prendendo troppo alla lettera le loro affermazioni. I fatti sono:

"1) Marx ed Engels non hanno mai scritto un libro dal titolo L’ideologia tedesca. Volevano invece dare alle stampe il primo numero di una rivista trimestrale alla quale dovevano contribuire diversi autori. L’impossibilità di pubblicarlo portò a ipotizzare la realizzazione, pure mai concretizzata, di un volume a sé che includesse solo i loro contributi.

2) A parte che [in una nota occasionale di Marx], nessuno dei due autori ha mai utilizzato “Ideologia tedesca” come titolo generale. In tutte le altre occasioni - lettere, articoli, opere, faldoni in cui il testo era conservato - tanto nel periodo giovanile che maturo non utilizzarono alcun titolo.


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Guy Van Stratten: La medicalizzazione della società

codicerosso

La medicalizzazione della società

di Guy Van Stratten

Medicina, bio-politica e spettacolo dal XVIII secolo all’epoca del Covid

medicalizzazioneOggi, nell’epoca del Covid, assistiamo a una medicalizzazione della società pervasiva e diffusa. Lo sguardo medico si allarga sempre di più a vasti strati della società, si intreccia in modo inestricabile con la politica e con le forme di controllo e di polizia. Lo sguardo medico, sotto il nome di “Comitato tecnico scientifico”, decide se e come i cittadini possono esercitare le proprie libertà e i propri diritti. Estendendosi in modo diffuso nei più svariati media, dai social agli organi di informazione, esso finisce per confondersi con la dimensione spettacolare che agli stessi media è sottesa. Medici e virologi popolano in modo pervasivo, ormai, i telegiornali, le discussioni, i salotti televisivi. Dominando territori in cui la politica non riesce ad arrivare, lo sguardo medico si trasforma in un vero e proprio organo di potere: per mezzo dei numeri, dei conteggi, delle statistiche enunciate quotidianamente, in forma spettacolare, su quegli stessi media, esso domina le menti e i corpi degli individui generando ora ansie e paure, ora conforto e sollievo. Il potere politico tace e lascia la parola alla medicina, la quale possiede un potere che, nella mentalità collettiva ormai digitalizzata, assume valenze taumaturgiche quasi come i “re taumaturghi” di cui ha scritto Marc Bloch, che dominavano le mentalità e i corpi degli individui. L’attuale medicalizzazione diffusa assume indubitabili connotazioni bio-politiche: essa, infatti, appare strettamente connessa a un controllo sempre più serrato e pervasivo della popolazione.


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Carlo Formenti: La presa di Capitol Hill

perunsocialismodelXXI

La presa di Capitol Hill

L'America non è questo. No, l'America è proprio questo

di Carlo Formenti

231419706 ee85a700 2952 41dc 841a 49a5f4b62b04Ascoltato in un talk show su La 7 dedicato all’assalto a Capitol Hill: l’ineffabile Veltroni rilancia il detto (del cui copyright non ricordo in questo momento il detentore) secondo cui l’assalto al Parlamento di Washington starebbe al populismo come la caduta del Muro di Berlino sta al comunismo, nel senso che entrambi gli eventi segnerebbero il culmine di una parabola, inaugurandone al tempo stesso l’inevitabile curva discendente. Dopo l’articolo di Aldo Cazzullo, che qualche giorno fa si è avventurato a celebrare l’inizio di una fase di “normalizzazione”, questo è un secondo esempio degli sforzi con cui le élite occidentali si impegnano a sostituire le loro speranze alla realtà.

Che il primo populismo (sia nelle varianti di destra che in quelle di sinistra) stesse esaurendo la sua spinta propulsiva era chiaro a chiunque dotato di un minimo di capacità analitica. A sinistra, movimenti come Podemos, France Insoumise, l’M5S (benché in quest’ultimo caso sinistra suoni come una parola grossa) e le ali di sinistra del Labour inglese e dei Dem americani, si sono lasciati irretire dalle sirene liberali, accogliendone l’invito a fare fronte comune contro il pericolo “fascista” (scambiare i populismi di destra con il fascismo storico è stato possibile perché la cultura delle sinistre è succube del pensiero di autori come Foucault, Deleuze e Guattari, i quali hanno de storicizzato il fascismo, derubricandolo a categoria psico-antropologica), perdendo autonomia e capacità egemonica.


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Sandro Moiso: Il declino dell’impero americano

carmilla

Il declino dell’impero americano

di Sandro Moiso

Rambo TrumpE’ certamente difficile scrivere nell’immediato per spiegare quanto è accaduto il 6 gennaio al centro dell’impero occidentale. Ma alcune considerazioni si possono trarre fin da ora, naturalmente cercando di andare oltre le vuote formule democraticistiche espresse dai media internazionali e nazionali e, soprattutto, andando oltre la parziale spiegazione dei fatti attribuiti ad un unico deus ex machina: il presidente ancora in carica, anche se è ormai difficile capire per quanto tempo, Donald Trump.

Certamente il piagnisteo democratico, espresso sia da Joe Biden che dai suoi colleghi stranieri, non serve a spiegare i fatti, piuttosto tende ad intorbidirli, rivendicando per gli Stati Uniti un primato nella difesa dell’ordinamento democratico che dimentica il ruolo apertamente controrivoluzionario e reazionario che la capitale dell’impero e i suoi massimi rappresentanti hanno svolto a livello internazionale e interno.

Elencare le decine di azioni militari, poliziesche e golpiste condotte dall’intelligence e dalle armi statunitensi in ogni angolo del globo e del paese sarebbe qui troppo lungo, ma almeno alcuni fatti vanno ricordati: dall’intrusione di inizio Novecento, armi alla mano, negli affari interni del Messico e del Nicaragua per impedire o stravolgere le rivoluzioni in atto alla rimozione golpista di Mohammed Mossadeq in Iran nel 1953 per impedirgli di nazionalizzare il petrolio e rinsaldare sul trono la fedele dinastia Pahlavi oppure dal rovesciamento violentissimo del governo Allende in Cile nel 1973 al colpo di Stato in Brasile del 1° aprile 1964, che instaurò una dittatura militare filo-statunitense che durò ben 21 anni, fino ai più recenti tentativi di rovesciamento del governo venezuelano, solo per fare alcuni esempi.


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Leo Essen: Centri sociali contro legge del valore-lavoro. Una storia triste

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Centri sociali contro legge del valore-lavoro. Una storia triste

di Leo Essen

dec 0I

Per il Romanticismo di Jena (Friedrich Schlegel, Frammento 70) tutta l’arte deve diventare scienza, e tutta la scienza deve diventare arte; poesia e filosofia devono essere unificate. L’arte e la scienza, la scienza e la vita, non sono l’una fuori dall’altra. Non sono generi diversi, o stili diversi di un supposto sapere umano che li porrebbe come forme nelle quali racchiudere il contenuto umano. Non c’è nessuna forma, nessun genere, nessun metodo che preceda l’umano, e non c’è alcun umano al di fuori di una forma. Forma e contenuto sono l’una il riflesso dell’altro, sono l’una nell’altro: unità di teoria e prassi, di cosa estesa e di cosa pensante (Spinoza).

L’arte non è distinta dal mondo, gli artisti o gli intellettuali non sono una categoria separata che si propone di riformare il mondo. L’attività artistica (o politica - non fa differenza) è immediatamente trasformazione del mondo.

Dal Romanticismo di Jena emergono due tendenze.

Una tendenza progressiva, attivistica, pragmatistica, filo-tecnologica (che include Marx, e soprattutto Lenin) che vede nella tecnologia la possibilità di trasformazione positiva del mondo. Un'opportunità di liberazione (elettricità + soviet) che, tuttavia, corre il rischio che il mondo si rimangi la promessa (o che il capitalismo tecnologico si rimangi l’istanza libertaria). Oggi questa prospettiva sembra incarnata dalla Cina.


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In morte di Agitu Gudeta

di Michele Castaldo

5fec440f24000017078ad988Ogni fatto tragico come l’uccisione di una persona pone degli interrogativi sulla irrazionalità del genere umano, più è efferato un crimine e maggiori sono le domande: perché? Ma l’uccisione di Gudeta, una donna etiope di 43 anni, rifugiata da un paese ex colonia italiana e imprenditrice nel paese, un tempo colonizzatore, pone qualche domanda in più, in modo particolare perché chi l’ha uccisa è Suleiman Adams, un uomo nero ghanese immigrato in Italia, che lavorava alle sue dipendenze.

Si pone come premessa la domanda: che metodo usare per esprimere un giudizio? Negli ultimi anni ci siamo abituati al termine femminicidio per indicare l’uccisione di mogli, conviventi, amanti, fidanzate uccise dal maschio per la rottura di un rapporto sentimentale dove il corpo femminile soccombe purtroppo alla forza bruta del maschio che uccide per la perdita di possesso di quel corpo, non solo e non sempre per ragione sessuale, ma anche perché aveva riposto in esso ogni ragion d’essere della propria vita.

L’uccisione di Gudeta non è inquadrabile solo in queste casistiche, perché, almeno per quel che se ne sa, fra la femmina etiope e il maschio ghanese c’era un rapporto diverso da quelli che comunemente vengono riferiti ai sentimenti, che inducono il maschio a usare violenza fino all’uccisione. Dunque per esaminare quel tipo di rapporto, dobbiamo cercare di inquadrarlo correttamente e scoprire quali molle – o cause – scattano in determinate circostanze. Questo, per un verso, e l’uso che vien fatto di una tragedia da parte delle forze politiche che esprimono precisi interessi di forze sociali, per l’altro verso. Altrimenti parliamo del nulla.


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Il Pungolo Rosso: A colloquio con Marx e altri maestri sulla questione fiscale

ilpungolorosso

A colloquio con Marx e altri maestri sulla questione fiscale

di Il Pungolo Rosso

evasione fiscale 835x437«Essi [gli operai] debbono spingere all’estremo le misure proposte dai democratici (…) e trasformarle in attacchi diretti alla proprietà privata. Così ad esempio (…) se i democratici proporranno l’imposta proporzionale, gli operai proporranno l’imposta progressiva; se i democratici proporranno essi stessi una imposta progressiva moderata, i lavoratori insisteranno per una imposta così rapidamente progressiva che il grande capitale ne sia rovinato; se i democratici reclameranno che si regolino i debiti di stato, i proletari reclameranno che lo stato faccia bancarotta. Le richieste degli operai dovranno sempre regolarsi sulle concessioni e sulle misure dei democratici.» [K. Marx – F. Engels, Indirizzo del Comitato Centrale alla Lega dei comunisti, marzo 1850 – in K. Marx, Opere. Lotta politica e conquista del potere, Ed. Riuniti, p. 425.]

Alcuni compagni hanno fatto alla nostra proposta di un’imposta patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della popolazione (che appartiene alla classe capitalistica nelle sue varie componenti), con il gettito da destinare a fini di classe, questa stramba critica: non sarebbe “marxista” né classista. A loro dire la questione fiscale è del tutto interna alla classe capitalistica e/o al rapporto tra classe capitalistica e mezze classi. Per sua natura, quindi, non riguarda gli operai, il proletariato, i salariati. Anzi, molto peggio: occuparsene e avanzare rivendicazioni in materia, servirebbe solo ad ottenebrare le menti dei suddetti con falsi problemi.

L’insistenza di questa critica ci ha fatto venire voglia di andare a colloquio con i maestri, a cominciare da Marx, e porre loro qualche domanda. Di seguito i risultati del colloquio che è stato, si può immaginare, di grande interesse. Ne riferiamo qui solo una parte – l’altra parte, di non minore rilevanza, riguarda l’uso dell’arma fiscale da parte del colonialismo.


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Eros Barone: “Una figura colossale”: Dante Alighieri

sinistra

Una figura colossale”: Dante Alighieri

di Eros Barone

Portrait
                de DanteUna lettura più attenta rivela l’impossibilità di distinguere, sia pure idealmente, quelle che sono le componenti fondamentali del genio di Dante: la serietà e grandiosità, incorporata in un fermo disegno strutturale, del proposito etico e, dall’altra parte, una straordinaria plasticità di invenzioni figurative e una prodigiosa fertilità di risoluzioni stilistiche e verbali.

N. Sapegno, Storia della Letteratura Italiana, vol. I, Garzanti, Milano 1965-1969, p. 76.

Ma se potessimo intravedere anche solo di spalle Dante Alighieri che s’inerpica sull’Appennino, non capiremmo della Divina Commedia qualcosa di più di quel che oggi ne sappiamo? 1

C. Garboli, Pianura proibita, Adelphi, Milano 2002, p. 133.

 

  1. L’ultimo poeta del medioevo e il primo poeta moderno”

Non esiste gesto o atteggiamento umano che Dante, nella Divina Commedia (per tacere delle altre opere), non abbia descritto, scolpito, evocato, e ciò è stato riconosciuto dagli autori più diversi, i quali non hanno mancato di rendere il loro omaggio all’autore del “poema” cui “ha posto mano e cielo e terra” 2 e all’artefice primo della lingua italiana. In tal senso, come ha scritto uno di essi, Dante è davvero “l’inevitabile”. 3 E come non ricordare che non vi è esercizio più sano per la mente e per il cuore, nonché per i sensi, della ‘lectura Dantis’? Sì, anche e soprattutto per i sensi, giacché questi organi traggono uno speciale godimento dalla lettura, ancor meglio se ad alta voce, delle terzine incatenate dell’Alighieri. Il che è comprovato, fra l’altro, dal costante successo che hanno riscosso tali letture nel corso del tempo: da Carmelo Bene, passando attraverso Roberto Benigni, sino a Vittorio Sermonti.


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Salvatore Bravo: Metafore di Heidegger

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Metafore di Heidegger

di Salvatore Bravo

 

Prospettive

La capacità di guardare e l’ampiezza dello sguardo sono il vero indicatore della qualità di un’epoca. La nostra si caratterizza, al di là dei proclami, per una visuale a corto raggio, lo sguardo ricade sempre sull’immediato, al punto che anche il futuro è solo la ripetizione del presente. Non vi è che lo scorrere del tempo cronologico senza prospettiva reale e pensata. In economia come in politica cambiano le merci come i volti dei politicanti, ma si assiste alla ripetizione di soluzioni già vissute, e si prospetta un’economia che segue parametri del passatio disfunzionali al presente. L’economia segue l’ordine della quantità nella forma del cemento e della produzione senza limiti. La politica è solo piccola politica, nella quale ogni componente non ha che una prospettiva limitata ai propri interessi di parte espressione di potentati, il cui fine è solo la sussunzione del popolo e la conservazione di poteri e privilegio.


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Fabio Vighi: Homo pandemicus

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Militant: Il Covid, la “sinistra radicale” e Gagliardini

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tonino

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Jan 12, 2021, 2:33:18 AM1/12/21
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Andrea Pannone: Accumulazione del capitale e crisi

materialismostorico

Accumulazione del capitale e crisi

“Vecchi” concetti in un nuovo schema teorico

di Andrea Pannone

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 131-155, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

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            IMG 0479 ok 501x500In un recente articolo su Jacobin Marco Palazzotto (PALAZZOTTO 2019), ha ricordato, in occasione del centenario della morte di Rosa Luxemburg, il fondamentale contributo alla critica dell’economia politica della rivoluzionaria polacca. In particolare, l’autore si sofferma sulla domanda che emerge chiaramente nel libro L’accumulazione del capitale (LUXEMBURG 1913): da dove proviene la domanda continuamente crescente che sta alla base del progressivo allargamento della produzione capitalistica nello schema di Marx (esposto nel secondo libro del capitale)? In questo scritto si prova a fornire uno schema di produzione allargata molto diverso, anche se ispirato, da quello di Marx e che integra, in modo originale, alcuni aspetti del contributo fornito da Augusto Graziani con la Teoria del Circuito Monetario (GRAZIANI 2003). Tale schema permetterà di rispondere alla questione sollevata dalla Luxemburg mostrando come un sistema ‘puramente’ capitalistico possa in effetti, sebbene solo casualmente, generare la domanda di merci prodotte in regime di accumulazione. Ad ogni modo, questa possibilità non mette assolutamente il sistema al riparo da crisi ricorrenti, allontanabili solo con una continua e crescente creazione di mezzi monetari, che però espone il sistema stesso all’innesco ricorrente di bolle speculative, a un aumento esponenziale delle diseguaglianze distributive e al rischio di ulteriori crisi. Il lavoro è articolato come segue: nel primo paragrafo verrà esemplificato lo schema di riproduzione allargata di Marx.


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Antiper: Sull’universalismo comunista

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Sull’universalismo comunista

di Antiper

capitalist
            globalizationAnche se per molti versi il comunismo moderno si distingue profondamente dai vari “comunismi” precedenti è pur vero che, per altri versi, ne costituisce lo sviluppo.

Ad esempio, l’abolizione della proprietà privata è certamente un elemento distintivo e permanente di una concezione “comunista” [1]; come si potrebbe infatti pensare una società comunista che preservasse la possibilità della proprietà privata [2]? D’altra parte il modo in cui questa richiesta viene avanzata – ad esempio, “abolizione per tutti” o “abolizione solo per una parte” – cambia, e di molto, la situazione.

Quella che la proprietà privata sia uno straordinario elemento di disarmonia e di conflitto sociale costituisce una delle più geniali intuizioni filosofiche di Platone; un’intuizione geniale e precoce in quanto operata in una società ancora molto primitiva dal punto di vista della proprietà.

“Chi segue la strada in discesa si trova di fronte al compito di mostrare a uomini (antropologicamente?) interessati al denaro e al potere che la giustizia è preferibile all’ingiustizia, e che la filosofia ha una utilità politica, in quanto solo i filosofi – con alcuni accorgimenti istituzionali quali l’abolizione della famiglia e della proprietà privata – possono essere i governanti immuni da conflitto di interessi di cui la città ha bisogno” [3]


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Emanuele Dell'Atti: Verso un “socialismo possibile”

lafionda

Verso un “socialismo possibile”

di Emanuele Dell'Atti

Note a: Carlo Formenti, Il capitale vede rosso. Il Socialismo del XXI secolo e la reazione neomaccartista, Meltemi, Milano 2020

1573 319Davanti alla sede della borsa di New York, a Wall Street, vi è una grande statua di bronzo che raffigura un toro nerastro, testa bassa, sguardo feroce. Quel toro – scrive Carlo Formenti nel suo ultimo lavoro che compendia e rilancia, ridiscutendola, la laboriosa riflessione che ha svolto negli ultimi anni[1] – è la perfetta raffigurazione degli “spiriti animali” del capitalismo contemporaneo che ha infilzato “con le corna della controrivoluzione neoliberista le classi subalterne e ne ha schiacciato le capacità di resistenza” (p. 8), attraverso un’opera costante di smantellamento del welfare, precarizzazione del lavoro, privatizzazioni sistematiche, depotenziamento dei partiti della sinistra tradizionale.

Come è potuto avvenire tutto questo e in così poco tempo? Evidentemente, scrive l’autore, con il contributo del potere politico: i governi dei maggiori Paesi occidentali, infatti, hanno fatto di tutto per adattare alle esigenze del capitalismo il quadro istituzionale e legislativo, dimostrando, così, che la tesi della “fine dello Stato” è errata. Lo Stato è vivo e vegeto, ma non più come garante degli interessi generali, bensì come strumento per dissodare il terreno ai mercati, privatizzando beni e servizi, deregolamentando i flussi finanziari, riducendo le tasse ai super ricchi, tagliando sulla spesa sociale primaria e sui diritti dei lavoratori. La globalizzazione, infatti, non è stata il frutto di “leggi” economiche, ma “un disegno politico volto a distruggere i rapporti di forza del proletariato americano ed europeo attraverso l’arruolamento di sterminate masse di neo-salariati a basso costo nei Paesi in via di sviluppo” (p. 99).


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Andrea Zhok: L'elefante nella stanza

andreazhok

L'elefante nella stanza

di Andrea Zhok

Mi pare ci sia una considerevole incomprensione circa il significato della sospensione degli account FB e Twitter di Donald Trump.

Il problema non è Donald Trump, non sono le sciocchezze minatorie che ha detto o può dire, non è la sua figura politica né personale.

Concentrarsi su questo significa pulire la polvere dai mobili, senza notare l'elefante che defeca nella stanza.

Tutte le questioni di merito specifico intorno a Trump, o se è per questo intorno a chiunque altro, sono qui irrilevanti.

Il problema, di gravità straordinaria, e che nessuno pensa di affrontare, è il fatto che i più estesi e influenti mezzi di dibattito pubblico rimasti a disposizione sul pianeta (o almeno nel mondo occidentale) possano essere gestiti in maniera arbitraria da parte di piattaforme private, sulla scorta di decisioni che non devono rispondere a nessuno.

Il caso di Trump è semplicemente emblematico: se un politico, miliardario, e presidente ancora in carica della nazione più potente del mondo, può essere silenziato sui social media, qualcuno delle frotte di amanti della libertà che ora si fregano le mani capisce che chiunque può essere messo a tacere in ogni momento, con qualunque pretesto?


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Commonware: The Battle of Capitol Hill

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The Battle of Capitol Hill

di Commonware

La battaglia di Capitol Hill. Un evento di enorme portata simbolica, che giunge a maturazione dopo settimane di preparazione, mesi di agitazione, anni di mobilitazione e radicalizzazione, sia aperta che sotterranea.

Quello che doveva essere un comizio si è trasformato in una battaglia. «Doveva finire in un’acampada»… è finita con la sede del Congresso assediata, poi assaltata, infine saccheggiata, mentre i politici venivano evacuati. Non succedeva dal 1814, da quando gli inglesi invasero Washington e bruciarono la Casa bianca nella guerra anglo-americana. L’eco dell’evento fa vibrare corde profonde della tradizione politica americana raccontata da Hollywood. I costumi di scena, le bandiere, non erano a caso.

Un movimento che si sbaglierebbe a ridurre al folklore della sua “ala creativa” di Indiani metropolitani – in questo caso sciamani di Qanon – che lascia sul campo bossoli, sangue, quattro morti e il dubbio di quanto esso sia andato oltre Trump, a prescindere da Trump, a discapito di Trump – ennesimo apprendista stregone? –a cui la situazione è chiaramente sfuggita di mano – non si può sapere quanto deliberatamente.


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Massimo Gezzi: Cosa succede dove la scuola non ha chiuso

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Cosa succede dove la scuola non ha chiuso

di Massimo Gezzi

Insegno in un liceo di Lugano, in Svizzera. Le considerazioni che espongo in queste righe, dunque, non riguardano direttamente l’Italia e la scuola italiana, ma forse possono essere di qualche interesse nella riflessione generale che si va svolgendo in questi giorni. Vorrei provare a raccontare cosa succede in un Paese che ha deciso di non chiudere la scuola, neanche per un giorno, dalla fine di agosto al 23 dicembre.

Innanzitutto qualche dato, forse impreciso nei dettagli minuti perché pescato qua e là online, ma di certo affidabile per capire e comparare gli ordini di grandezza. La Svizzera ha una densità abitativa media maggiore dell’Italia (215 circa contro 205 circa abitanti per km quadrato), con picchi altissimi in alcune città (Ginevra, Zurigo). Il Covid qui ha avuto un impatto molto forte, specie durante la seconda ondata, anche per le restrizioni decisamente più blande rispetto a quelle adottate dall’Italia (a tal proposito il grafico 1, qui sotto, fotografa chiaramente l’andamento dell’indice della severità della risposta dei due governi): se in Italia ci sono stati quasi 360 casi ogni 10.000 abitanti, il numero in Svizzera sale a più di 550 casi (dati presi da qui) e dalla fine di ottobre, come si vede dal grafico 2, la differenza tra i due stati si fa sempre più netta e marcata a svantaggio della Svizzera.


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Fabrizio Pezzani: La finanza ed i “crimini contro l’umanità”

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La finanza ed i “crimini contro l’umanità”

di Fabrizio Pezzani

La Storia ha sempre presentato violenze e drammi fatti da imperatori , dittatori , regimi politici sanguinari .. con un elenco infinito di tragedie e di stermini di massa, “ l’uomo non è un essere mansueto “, scriveva S. Freud. Di fronte a questi drammi nel tempo si è formata una maggiore coscienza ed alla fine della seconda guerra mondiale venne costituito il Tribunale speciale di Norimberga per giudicare i crimini di guerra del nazionalsocialismo e dei suoi tragici attori. Il processo di Norimberga nell’affermare “i crimini di guerra come crimini contro l’umanità” è stato una pietra miliare nella storia e nella ricerca di una forma di giustizia per frenare gli eccessi dell’animo umano che sono sempre continuati ma spessocolpevolmente dimenticati perché lontani dagli interessi prevalenti.

Esistono anche forme di oppressione e distruzione di massa che sono più “intangibili “nelle loro manifestazioni ma la dolosità evidente di queste forme di oppressione nasconde la mano e la responsabilità di chi le commette ; nella finanza queste mani sono nascoste da schermi di infiniti, società fantasma collocate in paradisi fiscali spesso inagibili; la finanza dietro questi schermi diventa una forma di arma non convenzionale da guerra con effetti destabilizzanti su paesi e collettività che finiscono per generare povertà e disuguaglianze inaccettabili.


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Sandro Arcais: Il virus visto da lontano

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Il virus visto da lontano

di Sandro Arcais

Costretti da un dibattito in cui le posizioni sono tagliate con l’accetta, se non sei tuttochiudista, sei aprituttista, e se non sei un fanatico vaccinista, sei un fanatico antivaccinista. La polarizzazione radicale delle posizioni, la reciproca condanna, l’incomunicabilità assoluta perché difesa dall’accusa pendente di tradimento, sono caratteristiche dei fronti in guerra, delle guerre che prevedono la distruzione totale del nemico, delle guerre di religione.

Per sfuggire a questa visione asfittica, vi propongo di distanziarci momentaneamente dalla stretta attualità, e di farlo prendendo in mano due libri e due autori. Il primo è Big Farm Makes Big Flu, di Rob Wallace, il secondo è Armi, Acciaio e Malattie, di Jared Diamond.

Partiamo dal secondo. Nel suo testo, Jared Diamond tenta di dare una risposta a una semplice domanda: perché sono stati gli Europei a sopraffare i grandi imperi del continente americano? Perché non sono stati gli aborigeni australiani a conquistare l’Europa?


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Leonello Tronti: Investimenti, profitti e ripresa: il problema italiano

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Investimenti, profitti e ripresa: il problema italiano

Un’analisi di lungo periodo

di Leonello Tronti

20202130jpg 326x245La lunga fase di declino economico dell’Italia si può sintetizzare nella “legge del meno uno”: dal 1995 in poi, l’economia cresce ogni anno (in media) un punto in meno dell’insieme dell’Eurozona. In questo deludente risultato quale ruolo svolgono gli investimenti? Per rispondere a questa domanda l’articolo sottopone a un’analisi di lungo periodo (1995-2019) l’indebolimento della funzione di investimento dell’economia italiana. L’analisi empirica è anzitutto comparativa con altri paesi europei, in termini sia di crescita del volume degli investimenti, sia dell’incidenza sul Pil, sia degli effetti sulla crescita. In tutti i casi si conferma il continuo peggioramento relativo della situazione italiana. Un altro aspetto di rilievo è quello della comune tendenza prociclica alla riduzione in rapporto al valore aggiunto degli investimenti pubblici e privati, con un più forte ridimensionamento di quelli pubblici. Nel caso del settore pubblico la riduzione è legata alle politiche di austerità che, in un paese caratterizzato da una spesa corrente elevata, hanno investito in misura crescente la spesa in conto capitale. In quello del settore privato si riscontra invece la compresenza di ragioni opposte: da un lato l’indebolimento della maggioranza delle imprese ad opera delle sfide tecnologiche, di apertura dei mercati globali e della moneta unica; ma dall’altro la creazione di un ambiente interno particolarmente se non eccessivamente favorevole, non solo in termini di costo del denaro e del lavoro (diretto e indiretto), ma anche di politiche contributive e fiscali attuate da governi di varia coloritura politica. In questa situazione, nonostante le fortissime perturbazioni che attraversano il periodo, il saggio di profitto in rapporto al valore aggiunto si è fortunatamente dimostrato notevolmente stabile e resiliente.


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ElisabettaTeghil: “Si tace a se stesse e a se stessi la verità”

Coordinamenta2

“Si tace a se stesse e a se stessi la verità”

di ElisabettaTeghil

vaccini
              300x300Il paradiso è promesso solo per quelle che si prestano a tenere nell’inferno la stragrande maggioranza delle altre.

<Quattro passi/Note sul femminismo nella fase neoliberista del capitale>

E’ avvenuto quello che preparavano da tempo. E’ avvenuto. Il potere ha avuto o creato o sfruttato, non importa, con la così detta pandemia, la possibilità di portare a compimento la trasformazione epocale della società che l’ideologia neoliberista aveva teorizzato e pianificato. Le modalità e le logiche utilizzate nei territori coloniali, nei territori da predare, oggi vengono utilizzate nell’occidente capitalista, nei territori metropolitani e non solo. La gestione delle popolazioni occidentali da parte della nuova aristocrazia borghese transnazionale, l’iperborghesia, per mano dei governi locali complici e servi, è di occupazione militare: metodi e modalità sono quelli applicati nelle colonie. Questo due volte: la prima come presa di possesso fisica del territorio da parte di unità militari/poliziesche che si muovono come truppe di occupazione e come tali vengono percepite e subite dalla popolazione, tanto che militari e uomini in divisa si permettono violenze, prevaricazioni con larga discrezionalità e come benefit del loro lavoro, la seconda perché come le popolazioni indigene e native, i cittadini/e occidentali vengono presentati come infantili, irresponsabili, incapaci di autogestione, bisognosi di una guida. Le cittadine/i vengono convinte che sono senza storia e senza memoria e viene propagandato che l’unica strada per loro percorribile è l’assoggettamento volontario. Se questo non avviene si usa la forza.


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Ascanio Bernardeschi: Dal lavoro a cottimo allo smart working

la citta
              futura

Dal lavoro a cottimo allo smart working

di Ascanio Bernardeschi

Lo smart working è una forma di lavoro a cottimo che agevola lo sfruttamento. Occorre impedire che anche dopo l’epidemia venga esteso indiscriminatamente e senza il controllo dei lavoratori organizzati

79a0d6a4899b79994a919b2a20690507 XLKarl Marx, nella sezione VI del libro primo del Capitale [1], dedicata al salario, inserisce il capitolo 19 sul salario a cottimo. È interessante seguire alcuni passaggi perché certi contenuti sono riferibili non solo a questa specifica forma di retribuzione ma anche più in generale a una specifica forma del rapporto di lavoro e a una modalità lavorativa di grande attualità.

Una prima considerazione sul cottimo è che “la qualità del lavoro è qui controllata dall’opera stessa, la quale deve possedere bontà media […] Esso offre al capitalista una misura ben definita dell’intensità del lavoro” (p. 605).

Viene meno quindi la necessità di assoldare dei controllori: “siccome qui la qualità e l’intensità del lavoro sono controllate dalla forma dello stesso salario, si rende superflua buona parte della sorveglianza del lavoro. Questa forma costituisce quindi la base […] di un sistema di sfruttamento e di oppressione […] Questo sistema si chiama in Inghilterra in modo caratteristico «sweating system» (sistema del sudore)”.

Ciò nonostante il lavoratore può essere indotto suo malgrado a condividere gli obiettivi di produttività: “Dato il salario a cottimo, è naturalmente interesse personale dell’operaio impegnare la propria forza-lavoro con maggiore intensità possibile, il che facilita al capitalista un aumento del grado normale dell'intensità. Ed è allo stesso modo nell’interesse personale dell’operaio prolungare la giornata lavorativa” (pp.606-7).


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Giovanni Iozzoli: La campagna militar-vaccinale

carmilla

La campagna militar-vaccinale

di Giovanni Iozzoli

Come volevasi dimostrare, questa maledetta pandemia sta devastando quel po’ di residui democratici di cui il mondo occidentale menava ancora vanto. In Italia ci siamo rapidamente assuefatti alla sospensione delle libertà costituzionali a mezzo DPCM; e il punto non è tanto l’utilità profilattica del lockdown (su cui esistono ampi margini di discussione) quanto la terribile passività con cui la società ha accettato e introiettato questa nuova schiacciante prassi: le libertà fondamentali non sono più indisponibili ai governi – non sono più naturalmente “nostre”, come recita il catechismo liberale; appartengono a chi ha in mano gli strumenti di coercizione e il monopolio della forza (l’esecutivo). Un bel salto all’indietro di circa 250 anni, nel rapporto tra cittadini e Sovrano.

Oggi è la pandemia, domani potrebbe essere qualsiasi altra emergenza, più o meno fondata: la strada è ormai tracciata, la società si sta tristemente abituando al coprifuoco come governo delle crisi sociali.


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Agata Iacono: Sentenza Assange e l'imbarazzante spettacolo dei media italiani

lantidiplomatico

Sentenza Assange e l'imbarazzante spettacolo dei media italiani

di Agata Iacono

La Stampa italiana tace sul processo ad Assange così come ha taciuto sulla kafkiana vicenda che ha portato in carcere nel Regno Unito il fondatore di WikiLeaks.

E tace sulla decisione della Corte britannica di rifiutare l'estradizione, oggi, negli Stati Uniti.

Ma quando non tace, è peggio.

In un vergognoso articolo, il Corriere lo definisce un hacker, non un giornalista perseguitato per aver osato offrire al mondo una piattaforma dove documentarsi direttamente per re-informarsi senza il filtro deformante dei media mainstream.

Assange è considerato un eroe della libertà di informazione, il simbolo del diritto di conoscere e del dovere di indagare.

Ma, evidentemente, i "colleghi" nostrani hanno dimenticato la mission del giornalismo.

O, semplicemente, l'hanno sempre ignorata, preferendo omologarsi alla falsa narrazione funzionale al potere di turno e al sistema che ne nutre il padrone.


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ilsimplicissimus: Perché non possiamo non dirci complottisti

ilsimplicissimus

Perché non possiamo non dirci complottisti

di ilsimplicissimus

Sarebbe interessante proporre una storia della menzogna, cominciare da Machiavelli, prendere in esame Derrida che ha provato a farla disancorandola da quella dell’errore, citare Hannah Arendt secondo cui essa è ormai elevata a sistema, tirare in ballo il filosofo russo Aleksander Koyrè il quale trova una assoluta coincidenza tra quello che avviene nel totalitarismo conclamato e nella sedicente libera modernità e magari finire con Vàclav Havel, ex dissidente per il quale ci troviamo in uno stadio di post totalitarismo nel quale non si impone alla gente di crede e combattere in qualcosa con la costrizione, ma si riesce a coinvolgerla nella menzogna cosi che essa stessa sia vittima e allo stesso tempo megafono degli inganni. Lo strumento per ottenere questo scopo sono ovviamente i media e il loro bombardamento comunicativo, ma questa dinamica vive della paura di apparire fuori del pensiero comune, dell’area di consenso, di mettere in crisi costrutti o fedeltà senza più significato e così a forza di non contraddire la menzogna anche quando questa è sospettabile, palese o addirittura apertamente rivelata questa diventa alla fine necessaria per svolgere la propria vita e per nascondere a stessi la propria alienazione.


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Brian Cepparulo: Il virus dei legami

lafionda

Il virus dei legami

di Brian Cepparulo

Le politiche di contenimento al virus, a prescindere dalla loro effettiva efficacia, si configurano come un attacco senza precedenti ai legami umani, alle relazioni, all’aggregazione sociale e al senso di collettività, oltre che alla prossimità e alla fisicità dei contatti. Non sono a conoscenza di civiltà o regimi politici del passato che si siano accaniti in tal modo nei confronti della dimensione più intima della natura umana.

L’uomo infatti è un essere intrinsecamente sociale, è un homo socius [1]. Egli nasce all’interno di un nucleo sociale, che è la famiglia e avvia il suo sviluppo psichico a partire dalla relazione di dipendenza dalla madre.

I classici, ad esempio gli antichi greci, riconoscevano questo dato di realtà. Aristotele affermò che l’uomo è “zoon politikon” (animale politico). E ancora che “lo schiavo è colui che non ha legami, che non ha un suo posto, che si può utilizzare dappertutto e in diversi modi. L’uomo libero invece è colui che ha molti legami e molti obblighi verso gli altri, verso la città e verso il luogo in cui vive” [2].


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Guido Salerno Aletta: L'Illusione di Andare Avanti

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L'Illusione di Andare Avanti

di Guido Salerno Aletta

La Globalizzazione è la catastrofe della classe media dell'Occidente

Non serve a niente essersi sbarazzati di Donald Trump, che voleva a tutti i costi un nuovo mandato presidenziale.

Il problema non è riuscire a rimettere insieme i cocci in America, superare una frattura sociale, prima ancora che politica, che si è esacerbata per le polemiche sui brogli elettorali e sui complotti orditi a danno di un sistema di voto trasparente ed affidabile su cui si fonda la fiducia nella democrazia.

E non è neppure cruciale il destino del GOP, capire se sarà Trump a fondare un nuovo partito portandosi via una gran parte degli elettori repubblicani, o se invece sarà il vecchio apparato a sbarazzarsi di un ex-Presidente ormai squalificato da tutta la stampa mondiale, per il modo in cui si è conclusa la Marcia dei suoi sostenitori a Washington: la inammissibile violazione di Capitol Hill ha assunto aspetti carnevaleschi, assai più che drammatici, che rimarranno indelebili. E che mortificheranno per sempre la coscienza dei milioni di sostenitori e di elettori di Trump che non si possono riconoscere in questa orrenda pagliacciata.


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Fabio Vighi: Homo pandemicus

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tonino

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Carlo Formenti: Quel marxismo ridotto a "terrapiattismo"

perunsocialismodelXXI

Quel marxismo ridotto a "terrapiattismo"

di Carlo Formenti

30c9bfa0 8bd2 4f54 bfca 884c38efc9c8 largeHosea Jaffe e Gunder Frank, benché esponenti di rilievo del marxismo (sebbene defilati ed “eretici”), hanno avuto il coraggio di puntare il dito contro l’incapacità della maggior parte dei loro compagni di strada (a partire dagli stessi Marx ed Engels) di emanciparsi da una visione eurocentrica. Basti pensare, in proposito, al disprezzo nei confronti delle culture precapitalistiche (liquidate come arretrate e barbare e destinate ad essere “civilizzate” dal capitalismo) che trasuda da certe pagine del Manifesto, o ai giudizi espressi in molti degli scritti raccolti nell’antologia Cina, India, Russia (con l’eccezione di alcuni testi dell’ultimo Marx, nei quali veniva valorizzato e riconosciuto il potenziale rivoluzionario delle comunità di base dei contadini russi).

Di questo e altri limiti della tradizione marxista occidentale (vedi in proposito gli scritti di Domenico Losurdo) mi sono occupato, assieme all’amico Onofrio Romano, in un recente volumetto pubblicato da DeriveApprodi (Tagliare i rami secchi, 2019). La lettura di un libro di Paolo Perulli (Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo, La nave di Teseo) mi stimola a riprendere il filo di quei ragionamenti. Chiarisco subito che questa non è una recensione, nel senso che il libro in questione – alquanto ambizioso – tocca un ampio ventaglio di problemi che richiederebbero considerazioni più estese di quelle che intendo svolgere in questo scritto, nel quale mi limiterò a esaminare gli aspetti che più hanno sollecitato la mia attenzione critica.


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Michele Castaldo: Usa gennaio 2021: il dito indica la luna

lacausadellecose

Usa gennaio 2021: il dito indica la luna

di Michele Castaldo

02 capitol insurgencyChi pensava ad un passaggio tranquillo da Trump a Biden, nella cosiddetta più vecchia democrazia del mondo moderno, è servito. Si tratta di una ulteriore dimostrazione della illusione di chi osserva i fatti del mondo partendo dai propri desideri. Poveri sciocchi che in Occidente, in modo particolare, abbondano; un modo per esorcizzare la paura per il terreno che si muove sotto i piedi, per il bradisismo del modo di produzione capitalistico ormai in crisi irreversibile.

Ora, che Trump fosse un fenomeno da baraccone, lo si sapeva, ma non si facevano i conti con gli strati sociali di decine di milioni di americani che lo avevano eletto e che lui ben rappresentava sul piano storico, un popolo che credeva che una certa storia potesse durare all’infinito, che si potesse bivaccare comunque e sempre sfruttando e opprimendo milioni di propri simili.

Arriva il giorno che dovrà finalmente sancire sul piano democratico, nel tempio della democrazia rappresentativa, la vittoria del nuovo presidente, e dunque il passaggio dei poteri da Trump a Biden, e che succede? Che il popolo sconfitto alle elezioni, dunque per via democratica, scende in piazza e istigato dal proprio leader dà l’assalto al Campidoglio, non riconoscendo né il voto nè a maggior ragione la sconfitta del proprio presidente. Lo stupore e lo sgomento in tutto l’Occidente, di personaggi che allevati nell’attuale modo di produzione rappresentano la pochezza di quanto si diceva in apertura. Ora di fronte a una rivoluzione i cosiddetti intellettuali e analisti d’alto bordo, rimangono sgomenti proprio perché immaginano il mondo secondo i propri desideri e non riescono perciò a capire e a spiegare i fatti, che invece vanno spiegati partendo dalle cause che li stanno generando.


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Geraldina Colotti: 2021, il risveglio dei popoli dell'America Latina. Sfide e prospettive

lantidiplomatico

2021, il risveglio dei popoli dell'America Latina. Sfide e prospettive

di Geraldina Colotti

720x410c50Per la rivoluzione bolivariana, l’anno politico si è aperto con l’assunzione del nuovo Parlamento, a maggioranza chavista, frutto delle elezioni del 6 di dicembre. Una vittoria della democrazia partecipata e protagonista, che continua a scommettere sulla coscienza e l’organizzazione popolare per affrontare le sfide a cui deve far fronte, sia all’interno che all’esterno del paese.

Basta confrontare le immagini convulse e grottesche diffuse dopo l’assalto trumpista al Campidoglio negli USA con quelle corali, sorridenti e piene di dignità dei 277 deputati e deputate della nuova legislatura in Venezuela, per rendersi conto della diversità dei due modelli, della prospettiva e degli effetti divergenti che producono.

Basta confrontare la levatura del discorso di Jorge Rodriguez, psichiatra e poeta, figlio di un rivoluzionario ucciso dalle democrazie camuffate della IV Repubblica, eletto a capo della giunta direttiva, con il semplicismo torvo e minaccioso di Trump e dei suoi accoliti, per capire quale sia la “minaccia inusuale e straordinaria” rappresentata dalla rivoluzione bolivariana per l’imperialismo.

Da una parte, i versi di Pablo Neruda, con i quali Rodriguez ha concluso il suo discorso, dall’altra le urla suprematiste dei continuatori del Ku Klux Klan. Da un lato, le proposte chiare e dirette, aperte al dialogo ma con rispetto, dei deputati chavisti, dall’altra un sistema in crisi conclamata, che affida i suoi piani all’aggressione aperta o a quella nascosta, ma che risulta comunque nefasto per il suo stesso popolo e per quelli che vorrebbe sottomettere.


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Sebastiano Isaia: Make America breaking bad

sebastianoisaia

Make America breaking bad

di Sebastiano Isaia

«Io dubito che sarei qui se non fosse per i social media, sarò onesto» (D. Trump, 22 ottobre 2017).

«Il rischio di consentire al presidente di continuare a usare il nostro servizio in questo momento è semplicemente troppo grande. Per questo estendiamo il blocco che abbiamo deciso sui suoi account Facebook e Instagram a tempo indeterminato e per almeno le prossime due settimane, fino a quando una pacifica transizione di potere sarà completata» (Mark Zuckerberg). Lei non sa chi sono io! Io sono il Presidente degli Stati Uniti, nientedimeno! «Shut up!»

La Comunità che ci apparecchiano i capitalisti del Web è sempre più intransigente circa ciò che può essere definita comunicazione politicamente corretta. E allora un maligno sospetto mi viene, pensando ai miei post pubblicati su Facebook e rilanciati su Twitter…

Ho appena finito di leggere un articolo molto interessante che Raffaele Alberto Ventura scrisse nel 2016 per dar conto del “fenomeno-Trump” con un approccio inteso ad andare oltre le comode interpretazioni che su di esso allora circolavano nel cosiddetto mainstream politico e giornalistico, diviso in tifosi e avversari del “populismo”.


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Lorenzo D'Onofrio: Black bloc al gusto meme

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Black bloc al gusto meme

di Lorenzo D'Onofrio*

Il mondo “complottista”, qualunque cosa questo termine voglia dire, è stato davvero l’arma di salvezza del potere liberal-globalizzatore che lo ha abilmente alimentato, almeno dall’11 settembre 2001. Un potere sempre più lontano dagli interessi popolari, delegittimato e squalificato in ogni sua espressione moderna, che ha esacerbato le disuguaglianze a ogni latitudine (per gestione diretta o interferenza) e annichilito il meccanismo democratico della politica.

In un trentennio ha completato la restaurazione di quel modello ottocentesco che, dopo due conflitti mondiali, aveva ceduto il passo alle esperienze costituzionali, alla partecipazione delle masse popolari, ai tentativi di affermazione del socialismo. Sembra impossibile, ma in neanche due decenni, dall’aspirazione socialista siamo passati all’ispirazione social individualista.

L’esplosione del fenomeno social ha amplificato e velocizzato vorticosamente il tritacarne già sperimentato con la TV commerciale, in cui sono aboliti sia i confini spazio-temporali che quelli fra il serio e il faceto, fra la gioia e l’orrore, fra il politicamente corretto e la provocazione fine a se stessa, il tutto mascherato dall’illusione egotica della partecipazione influente e della democrazia diretta.


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Bruno Guigue: Caso Jack Ma. Quale messaggio lancia la Cina al mondo?

lantidiplomatico

Caso Jack Ma. Quale messaggio lancia la Cina al mondo?

di Bruno Guigue*

Con questa bella unanimità che la caratterizza, la stampa pluralista del mondo civilizzato ci invita ora a piangere sulla sorte di Jack Ma, il famoso miliardario misteriosamente scomparso.

Lo sfortunato uomo d'affari riapparirà un giorno o sprofonderà nell'ombra di un regime totalitario pronto a tutto pur di stabilire il suo dominio? Finirà in un campo di concentramento, triste compagno di sventure dei poveri uiguri che non sono stati ancora mangiati vivi? Sta raccogliendo patate in una fattoria, brandendo una pala di carbone in una centrale termica, o forse sta preparando un tè al crisantemo in un'oscura casa di riposo per capitalisti recalcitranti?

In effetti, niente di tutto questo. La sua famiglia ha già annunciato che è a casa, beh, e che preferisce mantenere un profilo basso per un po' date le circostanze.

Ecco fatto, non c'è bisogno di piangere davanti al televisore, Jack ha solo tirato su la cinghia. Perché? Perché è troppo avido. L'azienda da lui creata è in procinto di conquistare una posizione di monopolio e tende a sottoporre i propri soci a condizioni esorbitanti.


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Loretta Bolgan: Vaccino Covid, "Si rischia una reazione avversa fatale"

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              italiani

Vaccino Covid, "Si rischia una reazione avversa fatale"

Monica Camozzi intervista Loretta Bolgan

Su Affaritaliani.it il parere di Loretta Bolgan, Harvard Medical School di Boston. "Alterazioni epigenetiche e infertilità"

Mentre si ascolta Loretta Bolgan parlare del vaccino, la sensazione è quella di una roulette russa. Laurea in chimica e tecnologia farmaceutiche, dottorato in scienze farmaceutiche e research fellow alla Harvard Medical School di Boston, quindi ricercatrice industriale per aziende che producono kit diagnostici e si è occupata di registrazione di farmaci, Bolgan teme, nell’ordine, “un rischio gravissimo di reazione avversa fatale; il pericolo di reazioni autoimmuni, di malattie gravi a carico del sistema nervoso; la possibilità che si verifichino alterazioni epigenetiche, ovvero capaci di modificare l’espressione dei geni. Infine, l’ipotesi che possa essere attaccato il sistema riproduttivo con lo spettro dell’infertilità”.

“Sono sempre stata per la libertà vaccinale e terapeutica, ma questa volta sono assolutamente contro l’autorizzazione del vaccino. Non è stato rispettato alcun principio di precauzione. La popolazione farà da cavia”.


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Matteo Bifone: Lukács e l’irrazionalismo

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              futura

Lukács e l’irrazionalismo

di Matteo Bifone

Recensione dell’ultima raccolta di testi lukacsiani elaborata da Antonino Infranca nella quale si analizza la relazione dell’importante filosofo ungherese con due concetti di estrema rilevanza come dialettica e irrazionalismo

Di sicuro interesse per tutti gli studiosi del grande filosofo ungherese, tra i principali marxisti del XX secolo, è la raccolta di suoi testi sul rapporto tra dialettica e irrazionalismo, curata da Antonino Infranca e edita da poco da Punto Rosso. Il libro si compone di undici saggi che coprono un arco temporale estremamente vasto, che va dal 1932 al 1970, riflettendo l’evoluzione teorica del rapporto del filosofo con il tema dell’irrazionalismo, che ha attraversato tutto il corso della sua vita, e che ha trovato ne La distruzione della ragione una sistematizzazione di estrema rilevanza.

Il testo si apre e si chiude con due saggi su Goethe considerato dall’autore come un precursore della dialettica, in grado di anticipare, seppur in forma embrionale e eccessivamente soggettivistica, il carattere dialettico della storia.


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Roberto Fineschi: Cento anni di Pci. Riflessioni aperte

la citta
                futura

Cento anni di Pci. Riflessioni aperte

di Roberto Fineschi

La crisi e l’ingloriosa fine del Pci sono dipese da trasformazioni storiche epocali del modo di produzione capitalistico; mancarono allora e mancano oggi risposte intellettuali e pratiche all’altezza delle sfide da affrontare. Individuare le semplificazioni teoriche su cui quella politica si basava è un primo necessario passo per cercare risposte alternative

d2c94f18bec6a858c1df8274c0123ad6 XLSe ha ancora senso continuare a dirsi comunisti, cercare di trasformare il mondo per renderlo più giusto, libero, vivibile, le ragioni di una lotta non si possono limitare alla difesa della propria sopravvivenza o a un astratto senso di umanità o al disgusto per il sopruso. A questo fine sembra che oggi sia di nuovo necessario fare il fatidico passaggio dall’utopia alla scienza, o meglio raffinare la nostra scienza. A dispetto di quanto possa pensare il senso comune, infatti, anche la scienza si muove, cambia, sia soggettivamente che oggettivamente: non solo si capisce sempre di più e in forme rinnovate, ma anche l’oggetto della conoscenza si modifica, ha una storia e con lui la nostra comprensione di esso. Anche il modo di produzione capitalistico ha una sua storicità e quindi la comprensione che ne abbiamo deve adeguarsi alle sue fasi. Questo non significa che quanto si credeva prima fosse sbagliato, ma che diventa parte di sviluppi più complessi. Il mancato adeguamento è stata, credo, una delle concause della crisi profonda del marxismo e dei partiti che a esso si ispiravano. Il Pci non ha fatto eccezione.

Che cos’era diventato il marxismo-leninismo del Pci? Procedendo in maniera estremamente schematica e inevitabilmente approssimativa, si possono forse individuare alcuni punti chiave:

1. la classe operaia come soggetto antagonista; l’idea della tendenziale polarizzazione sociale in operai contro capitalisti;


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Andrea Muni: Re-istituire la soggettività. Il Basaglia che rimuoviamo

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Re-istituire la soggettività. Il Basaglia che rimuoviamo

di Andrea Muni

franco
                basaglia 1Quale soggettività restituire? Basaglia e Foucault

Restituire la soggettività significa restituire uno spazio vuoto. Uno spazio fisico, sociale e istituzionale, dove sia finalmente possibile intessere relazioni non alienate e (pre)normate; uno spazio reale dove costruire un’esperienza di sé e degli altri appena un po’ meno progettuale e calcolabile di quella oggi forzosamente inoculata nei corpi umani dalle varie discipline “dolci” del neo-liberalismo. Ma non solo, in un senso più teorico la “soggettività” e la “restituzione” che ci interessano chiamano anche in causa lo spazio, il vuoto, prodotti dall’oscillazione di due operazioni reciproche e fondamentali:

1) Un certo qual masochismo – che Basaglia stesso menziona esplicitamente nelle Conferenze brasiliane – di cui le istituzioni e coloro che le incarnano dovrebbero imparare a riscoprire il gusto. Uno spazio di restituzione della soggettività che interessa quella che potremmo chiamare – con un’espressione a effetto – l’autodistruttività dell’istituizione.

DOMANDA: Io vorrei che lei approfondisse il problema del ruolo dello psichiatra e dello spazio che egli deve dare alla sua autodistruzione, dato che la distruzione della situazione significa rompere con la struttura borghese e con il potere che questa ha sul controllo della salute.

BASAGLIA: Il problema che lei pone mi sembra molto giusto perché il problema della distruzione del manicomio non può avvenire che attraverso gli operatori che lavorano nel campo della salute, e quindi è una situazione effettivamente un po’ masochista, autodistruttrice. […] I movimenti, i partiti e i sindacati che vogliono la trasformazione di una società non possono sopportare che il proletariato e il sottoproletariato siano trattati in questo modo nelle istituzioni dello Stato.


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Sebastiano Isaia: La classe impossibile secondo Nietzsche – e secondo Marx

sebastianoisaia

La classe impossibile secondo Nietzsche – e secondo Marx

di Sebastiano Isaia

fnLa “dignità del lavoro” è uno dei più stolti
vaneggiamenti moderni. È un sogno di schiavi.
E questa necessità sfibrante della vita, che si
chiama lavoro, dovrebbe essere “dignitosa”?
(F. Nietzsche).

La dignità dell’uomo e la dignità del lavoro, sono
i miseri prodotti di una schiavitù che vuole
nascondersi a sé stessa (F. Nietzsche).

L’aforisma 206 di Aurora, il saggio pubblicato da Friedrich Nietzsche nel 1881, ha per titolo La classe impossibile. A quale classe sociale si riferisce l’autore, e perché la considera impossibile? Per avere una prima risposta non dobbiamo fare altro che leggere i suggestivi passi che seguono: «Povero, lieto e indipendente! – queste cose insieme sono possibili; povero, lieto e schiavo! – anche queste sono possibili, – e agli operai, della schiavitù della fabbrica, non saprei dire niente di meglio, posto che essi non avvertano in generale come un’infamia, il venir adoperati in tal modo, ed è quel che accade, come ingranaggi di una macchina e, per così dire, come tappabuchi dell’umana arte dell’invenzione!» (1). La classe impossibile di cui parla Nietzsche è dunque quella operaia, e, per essere ancor più precisi, si tratta della classe operaia del Vecchio Continente: «Gli operai in Europa d’ora innanzi dovrebbero dichiararsi come classe un’impossibilità umana». E come singoliindividui? Il tema non è sviluppato dall’autore e certamente non intende approfondirlo chi scrive, ma semplicemente sfiorarlo. Tra poco vedremo che la specificazione geosociale della nietzschiana “questione operaia” ha un preciso significato – e d’altra parte allora solo l’Europa vantava una forte, moderna e politicamente organizzata classe operaia.


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Mike Davis: La rivolta sulla collina

blackblog

La rivolta sulla collina

di Mike Davis

I "sacrilegi" compiuti ieri nel nostro tempio della democrazia - oh, la povera città profanata e stuprata sulla collina, ecc. ecc. - hanno rappresentato una "insurrezione" solo in senso tragicomico. Quella che essenzialmente era una grossa banda di motociclisti vestiti come se fossero artisti da circo e guerrieri barbari - incluso il tipo con la faccia dipinta, travestito da bisonte cornuto impellicciato - ha preso d'assalto l'ultimo Country Club rimasto, occupando il trono del vicepresidente Pence, inseguendo i senatori fin dentro la rete fognaria, scaccolandosi e strappando documenti e, soprattutto, scattando un numero infinito di selfie da mandare ai ragazzi che erano rimasti a casa. Diversamente, non avrebbero potuto nemmeno farsene neppure lontanamente un'idea. (L'estetica era in puro stile Buñuel & Dali: «Una sola ed unica regola, assai semplice: non sarebbe stata accettata alcuna immagine che avrebbe potuto contribuire ad una qualche spiegazione razionale di qualsiasi tipo.»)

Ma era successo qualcosa di inaspettatamente profondo: era come se un deus ex machina avesse sciolto l'incantesimo che teneva Trump legato alle carriere dei falchi di guerra conservatori e ai giovani leoni di destra, di modo che loro ambizioni fino al giorno prima erano state frenate dal culto presidenziale.


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coniarerivolta: La crisi non è uguale per tutti: crolla l’occupazione femminile

coniarerivolta

La crisi non è uguale per tutti: crolla l’occupazione femminile

di coniarerivolta

La pandemia da Covid-19 ha innescato una drammatica crisi economica, per descrivere la quale non servono tante parole. Gli effetti sono sotto i nostri occhi, ogni giorno e ogni istante, e promettono solamente di peggiorare nei mesi a venire, non appena i minimi ammortizzatori sociali di questi mesi verranno meno, sotto la spinta di Confindustria e del suo desiderio di usare la crisi sanitaria per regolare definitivamente i conti con il mondo del lavoro.

Le conseguenze economiche della pandemia, però, non sono uguali per tutti e non possono esserlo, all’interno di un sistema economico che trae alimento dalla disuguaglianza e dallo sfruttamento. Abbiamo già visto come le fasce più abbienti della popolazione, in Italia e più in generale nei Paesi a capitalismo avanzato, abbiano approfittato dei mesi passati per accrescere ancora di più la loro ricchezza. Il recente Rapporto SVIMEZ 2020 sull’economia e la società del Mezzogiorno mostra una dimensione ulteriore del meccanismo disumano attraverso il quale i privilegi di pochi si reggono sulle spalle dei molti.


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Miguel Martinez: Sorveglianza totale

kelebek3

Sorveglianza totale

di Miguel Martinez

Scopro che un abile hacker si è impossessato del mio nome, cognome, codice fiscale e indirizzo di casa, tramite un numero di telefono secondario che avevo.

Siccome non ho lo smartphone, il danno per me spero che sia minimo, e non ho nulla contro il hacker che ha fatto le stesse cose che mi fa ogni giorno Bill Gates;[1] ma il fatto mi ricorda come tutti i dati che regaliamo costituiscano un unico ente, diviso solo da fragilissimi regolamenti e firewall.

Un secolo fa, e cioè lo scorso aprile, la trasmissione Rai Presa Diretta produsse una puntata, che vi presento in fondo a questo post e che invito a guardare con attenzione, perché spiega molto bene il mondo cui andiamo incontro.

Negli stessi giorni, avevo recensito qui un articolo della sociologa Daniela Danna:

http://kelebeklerblog.com/2020/04/14/il-modo-di-produzione-informatico/

Daniela scriveva:

il modo di produzione capitalistico informatico per poter dispiegare completamente il suo potenziale economico e politico esige la progressiva riduzione di tutti i contatti umani su cui non si possono raccogliere dati. L’incontro faccia a faccia, il contatto umano diretto è in concorrenza con quello informatico.”


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Manlio Dinucci: Dietro il verdetto di Londra su Julian Assange

manifesto

Dietro il verdetto di Londra su Julian Assange

di Manlio Dinucci

L'arte della guerra. Un processo pubblico a Julian Assange negli Usa sarebbe estremamente imbarazzante per l’establishment politico-militare. Quale prova dei «crimini» di Assange l’accusa dovrebbe mostrare i crimini di guerra Usa, portati alla luce da WikiLeaks

Da un processo ingiusto – quello di Londra a Julian Assange, fondatore di WikiLeaks – è scaturita una sentenza che a prima vista appare giusta: la non-estradizione del giornalista negli Stati uniti, dove lo attende una condanna a 175 anni di reclusione in base alla Legge sullo spionaggio del 1917. Resta da vedere, al momento in cui scriviamo, se e in che modo Assange verrà scarcerato dopo sette anni di confino all’ambasciata ecuadoregna e quasi due anni di carcere duro a Londra.

Si parla di rilascio su cauzione, ma, se Washington fa appello contro la sentenza (come appare certo), il procedimento di estradizione può essere riaperto e Assange deve restare a disposizione della magistratura in Gran Bretagna. C’è poi il fatto che nel verdetto la giudice Vanessa Baraister si è detta convinta della «buona fede» delle autorità Usa e della regolarità di un possibile processo negli Stati uniti, motivando il verdetto solo con «ragioni di salute mentale» che potrebbero portare Assange al suicidio.


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Alba Vastano: La Rivoluzione costituzionale

lavoroesalute

La Rivoluzione costituzionale

di Alba Vastano

L’origine di tutti i mali che affliggono il nostro Paese, e molti altri Stati, è stato il radicarsi del sistema economico neoliberista che ha condotto alla diseguaglianza economica. Ѐ il neoliberismo con i suoi tentacoli maldestri e cinici a smantellare ogni principio costituzionale e in primis il principio di eguaglianza, alla base di ogni sistema democratico. Lo smantellamento dei principi fondamentali della Costituzione ha prodotto la fine dello Stato sociale e uno squilibrio profondo nel rapporto fra pubblico e privato

Subiamo attacchi da ogni fronte. Non è solo la pandemia che ci ha cambiato la vita e ci ha reso diversi, soli nelle nostre case, privi della socialità. C’è il caos nella politica mondiale e in quella del nostro Paese. Governi raffazzonati per rimpasti occasionali e governanti di cui, tantomeno oggi con la pandemia in corso, non ci si può fidare per le inappropriate scelte riguardo i provvedimenti da adottare in una situazione d’emergenza qual è l’attuale. Ѐ questa incapacità gestionale dell’emergenza in corso la risultante di un’incuria politica e sociale che ha luogo nel nostro Paese da molte legislature dove l’ultimo e dimenticato riferimento di legge è stato ed è la prima legge a cui riferirsi.


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Fabio Vighi: Homo pandemicus

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tonino

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Jan 18, 2021, 2:11:30 AM1/18/21
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Dante Barontini: Scene di un declino, in diretta tv

contropiano2

Scene di un declino, in diretta tv

di Dante Barontini

A seguire un articolo di Guido Salerno Aletta

congresso soldati usa 6Gli Stati Uniti sono oltre l’orlo della crisi di nervi. E si apprestano ad assistere al giuramento del nuovo Presidente in un clima da stadio d’assedio.

Il declino è evidente per tutti, tranne che per “gli amici dell’Amerika” installati nei governi o nelle direzioni del media (Repubblica e Corriere su tutti). O meglio: se ne accorgono anche loro, ma subito gli parte la “narrazione” secondo cui ora cambia tutto. Va via Trump il cazzaro, arriva Biden il solido vecchio attrezzo, e si ricomincia come prima.ome sempre in politica, e anche in geopolitica, tocca guardare ai dati materiali – ricchezza, interessi, commerci, ecc – molto più che alle dichiarazioni politiche.

E i dati dell’Amerika sono impietosi.

Spiega su Teleborsa l’ottimo Guido Salerno Aletta che gli Usa sono diventati il più grande debitore al mondo.

alla fine del terzo trimestre dello scorso anno, la posizione debitoria finanziaria netta degli USA verso l’estero (IIP) ha raggiunto il record negativo di 13.950 miliardi di dollari: a fronte di attività detenute per 29.410 miliardi ha passività per 43.360 miliardi. Rapportata al PIL, è arrivata al 66%.

Per fare un paragone, stanno messi peggio solo i Paesi colpiti dai default bancari e del debito pubblico a seguito della crisi finanziaria del 2008: l’Irlanda ha un debito estero pari al 172% del PIL, la Grecia al 151%, la Spagna al 74%.”


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Eugenio Donnici: 10 giorni che sconvolsero il Mondo

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10 giorni che sconvolsero il Mondo

di Eugenio Donnici

soldatiEra il 17 ottobre del 1920, quando il giornalista e scrittore J. Reed, dopo aver partecipato al Congresso dei popoli orientali, a Baku, si ammalò di tifo e lasciò la vita terrena, interrompendo le sue attività di ricerca su uno dei più grandi esperimenti sociale, al quale ebbe il privilegio di partecipare attivamente e di decantare le gesta e le trame di quegli avvenimenti, con una memoria visiva che somigliava ad una moderna macchina da presa e con una penna sagace che analizzava in profondità i movimenti conflittuali che scaturivano dalle dinamiche in corso.

Il suo libro sulla Rivoluzione russa è un’opera avvincente e di un elevato spessore narrativo, che ha ispirato, tra l’altro, in un contesto meno entusiasmante, il film Ottobre di Sergej Mikhajlovič Ejzenštejn, nel 1927. Dopo circa un secolo dalla sua pubblicazione riesce ancora a rompere la piatta noia quotidiana e ci sottrae alle mille sirene che ci orientano verso le chiacchiere frivole e vuote che alimentano, per la stragrande maggioranza, il dibattito politico attuale.

Sullo sfondo tre grandi avvenimenti che s’intrecciano tra di loro: la Grande guerra, la Rivoluzione politica e la Rivoluzione sociale. Sulla scena principale il proletariato che insorge e tanti protagonisti con le loro sfaccettature, le loro passioni, spesso, guidate dall’intelligenza. Userei le parole dell’autore per dire che il suo libro «è un brano di storia, per come lui stesso l’ha vissuta». Potremmo dire: un racconto del proprio vissuto o un racconto di cui si vive l’esperienza personale e interpersonale, le forti emozioni, la fredda logica e le situazioni paradossali che dissolvono i ragionamenti lineari e unidirezionali.


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Nicolò Galasso: Recensione a Per un nuovo materialismo di Roberto Finelli

sinistra

Recensione a Per un nuovo materialismo di Roberto Finelli

di Nicolò Galasso

Roberto Finelli: Per un nuovo materialismo. Presupposti antropologici ed etico-politici, Rosenberg & Sellier 2018

9788878856417 0 221 0 75Il percorso teorico «delle pagine che seguono prova a ricongiungere vita e politica» (p. 9). Così, nella Premessa, Roberto Finelli presenta il suo ultimo lavoro. Il tentativo, tanto ambizioso quanto accurato e rigoroso, è quello di elaborare una nuova antropologia, di orientamento materialista ma non prigioniera del riduzionismo meccanicistico ottocentesco, con cui pensare una nuova forma di politica, coerente con le esigenze dell’oggi e, allo stesso tempo, non immemore della vis emancipativa della migliore tradizione marxista. Vita e politica da non intendere, pertanto, nell’accezione inflazionata di biopolitica, bensì focalizzando l’attenzione sul nesso strutturale che le lega, essendo la seconda la condizione di possibilità e di fioritura della prima: la politica quindi non ridotta a tecnica di funzionamento delle istituzioni, bensì pensata nel suo valore trascendentale di condizione di possibilità sia dell’agone politico sia dell’individuo che vi partecipa. Una volta sgombrato il campo dai possibili equivoci terminologici, risulta chiara la valorizzazione della psicoanalisi di matrice freudiana che Finelli propone come base del suo discorso.

I primi due capitoli del libro sono, infatti, dedicati a Freud. Nel primo si ripercorre, con acribia e singolare sensibilità critica, il percorso intellettuale del medico austriaco da L’interpretazione delle afasie (1891) a il Progetto di una psicologia (1895). L’interesse che questo periodo della ricerca di Freud suscita in Finelli non si giustifica solamente con la costatazione che questi sono gli anni decisivi per la svolta psicoanalitica la quale, infatti, si manifesterà di lì a poco.


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Piero Pagliani: Dopo l'uomo nero, la Roccia Nera

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Dopo l'uomo nero, la Roccia Nera

di Piero Pagliani (Piotr)

blackrock
            678x381Trump non era un rivoluzionario e quindi non poteva fare nessuna rivoluzione. Ha fatto finta di promuoverne una, tutta interna al grande schema capitalistico e imperiale, creando aspettative e raggiungendo alcuni successi, pochi di tipo materiale, molti di più di tipo ideologico in quanto si è fatto interprete del trumpismo, un fenomeno sociale preesistente alla sua corsa alla Casa Bianca: in sintesi, ha fatto smaltire i sentimenti di rivalsa dei deplorables (mai altro termine fu più rivelatore dei sentimenti politici e morali di chi lo utilizzò) che non ne potevano più dell'ipocrisia dei buoni sentimenti di chi li licenziava, gli portava via la casa, li impoveriva, toglieva il futuro a loro e ai loro figli, mentre si arricchiva a dismisura. Di conseguenza, in varia misura i cattivi sentimenti hanno iniziato o ricominciato a diventar popolari.

Trump ha costruito poco e prodotto molti pasticci inconcludenti, tuttavia ha creato apprensione nei suoi avversari che sapendo che tutto il sistema è in bilico precario, hanno tremato al pensiero che un falso profeta, senza spina dorsale e casinaro, facente parte della loro stessa risma, come Trump, mettesse a repentaglio quell'equilibrio anche solo facendo “Bù!”.

Così Trump è diventato l'Uomo Nero, che difatti fa “Bù!”.

Come succede dopo le rivoluzioni fallite (o mai tentate) emerge qualche forma di bonapartismo. In questo caso ri-emerge e si rinvigorisce il bonapartismo dei Dem, o più precisamente del partito trasversale neo-liberal-con, che sotto la bandiera arcobaleno di “diritti” che non intralciano di una virgola il sistema, hanno immediatamente inzeppato il governo di donne di destra ma politicamente corrette.


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Andrea Muni: Non indispensabili allo sforzo critico del Paese

chartasporca

Non indispensabili allo sforzo critico del Paese

di Andrea Muni

silvia per
            me 2Sono certo di non essere l’unico della mia generazione a vivere un sentimento di crescente estraneità nei confronti di ciò che rappresenta l’Informazione, la Cultura, il Sapere pseudo-progressisti (leggi, ahimé, neoliberali) nel nostro Paese. Lo dico, lo denuncio da marxista semplice – certamente non da rossobruno, né tanto meno da clerico-fascista à la Fusaro; lo dico come uno per cui tra il salario più alto e quello più basso dei lavoratori di una società democratica non dovrebbe passare una differenza superiore al 20-30 per cento; uno per cui i mezzi di produzione (soprattutto dell’Informazione e della Cultura) non dovrebbero essere detenuti da privati che ne possono disporre a piacimento; uno che non accetterà mai il genocidio, l’olocausto culturale – di parlate, usanze, pratiche, giochi, forme di socialità particolari (spesso secolari) – consumatosi all’ombra degli ultimi tragici decenni di globalizzazione.

La caccia alla volpe dei big della Cultura e dell’Informazione di pseudosinistra al negazionista – ossia a tutti quelli che non appoggiano le scelte del governo o semplicemente sollevano dubbi sulle misure anti-Covid – è il nuovo sport preferito dell’autoproclamata “parte migliore del Paese”. Non importa se nel frattempo i principali virologi e immunologi, poverini, vittime a propria volta di questo carrozzone mediatico, si accapigliano vergognosamente e pubblicamente tra loro dicendo tutto e il contrario di tutto. Loro sono scienziati, non si toccano e non si discutono! Ovviamente solo fino a quando tirano acqua al mulino della narrazione desiderata, perché in caso contrario diventano di colpo nemici su cui sparare a zero.


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Bollettino Culturale: Lenin e la dittatura del proletariato contro Stalin

bollettinoculturale

Lenin e la dittatura del proletariato contro Stalin

di Bollettino Culturale

unnamed 7876La rivoluzione bolscevica dell'ottobre 1917 può essere considerata fondamentale per la storia del XX secolo come lo fu la Rivoluzione francese del 1789 per il XIX secolo. La Rivoluzione d’Ottobre fu la prima rivoluzione a porsi come obiettivo dichiarato la costruzione del socialismo. Lo scopo di questo articolo è discutere la concezione di Vladimir Ilich Lenin del concetto di dittatura proletaria, confrontandola con la sua battuta d'arresto: la concezione del socialismo di Joseph Stalin. Partiamo dal presupposto dell’attualità del principio leniniano della dittatura del proletariato e della sua indispensabilità per pensare al superamento del capitalismo e la costruzione del socialismo. La negazione e l'abbandono del principio della dittatura del proletariato da parte dei partiti eurocomunisti degli anni '70, in particolare dei partiti comunisti italiano, francese e spagnolo, è un'indicazione della necessità di salvare questa discussione. Nel caratterizzare i paesi dell'Europa Orientale come membri del campo del socialismo realmente esistente, gli eurocomunisti consideravano tali formazioni sociali come socialiste. L'idea difesa dagli eurocomunisti di transizione democratica al socialismo, riduce il principio della dittatura proletaria a una delle possibili strategie di transizione al socialismo, cioè a una possibile via al socialismo. Pertanto, l'abbandono di questo principio è giustificato dagli eurocomunisti a causa della scomparsa di un contesto storico che avrebbe richiesto l'uso di questa particolare strategia: la Russia del 1917.


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Carlo Formenti: Quel marxismo ridotto a "terrapiattismo"

perunsocialismodelXXI

Quel marxismo ridotto a "terrapiattismo"

di Carlo Formenti

30c9bfa0 8bd2 4f54 bfca 884c38efc9c8 largeHosea Jaffe e Gunder Frank, benché esponenti di rilievo del marxismo (sebbene defilati ed “eretici”), hanno avuto il coraggio di puntare il dito contro l’incapacità della maggior parte dei loro compagni di strada (a partire dagli stessi Marx ed Engels) di emanciparsi da una visione eurocentrica. Basti pensare, in proposito, al disprezzo nei confronti delle culture precapitalistiche (liquidate come arretrate e barbare e destinate ad essere “civilizzate” dal capitalismo) che trasuda da certe pagine del Manifesto, o ai giudizi espressi in molti degli scritti raccolti nell’antologia Cina, India, Russia (con l’eccezione di alcuni testi dell’ultimo Marx, nei quali veniva valorizzato e riconosciuto il potenziale rivoluzionario delle comunità di base dei contadini russi).

Di questo e altri limiti della tradizione marxista occidentale (vedi in proposito gli scritti di Domenico Losurdo) mi sono occupato, assieme all’amico Onofrio Romano, in un recente volumetto pubblicato da DeriveApprodi (Tagliare i rami secchi, 2019). La lettura di un libro di Paolo Perulli (Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo, La nave di Teseo) mi stimola a riprendere il filo di quei ragionamenti. Chiarisco subito che questa non è una recensione, nel senso che il libro in questione – alquanto ambizioso – tocca un ampio ventaglio di problemi che richiederebbero considerazioni più estese di quelle che intendo svolgere in questo scritto, nel quale mi limiterò a esaminare gli aspetti che più hanno sollecitato la mia attenzione critica.


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Michele Castaldo: Usa gennaio 2021: il dito indica la luna

lacausadellecose

Usa gennaio 2021: il dito indica la luna

di Michele Castaldo

02 capitol insurgencyChi pensava ad un passaggio tranquillo da Trump a Biden, nella cosiddetta più vecchia democrazia del mondo moderno, è servito. Si tratta di una ulteriore dimostrazione della illusione di chi osserva i fatti del mondo partendo dai propri desideri. Poveri sciocchi che in Occidente, in modo particolare, abbondano; un modo per esorcizzare la paura per il terreno che si muove sotto i piedi, per il bradisismo del modo di produzione capitalistico ormai in crisi irreversibile.

Ora, che Trump fosse un fenomeno da baraccone, lo si sapeva, ma non si facevano i conti con gli strati sociali di decine di milioni di americani che lo avevano eletto e che lui ben rappresentava sul piano storico, un popolo che credeva che una certa storia potesse durare all’infinito, che si potesse bivaccare comunque e sempre sfruttando e opprimendo milioni di propri simili.

Arriva il giorno che dovrà finalmente sancire sul piano democratico, nel tempio della democrazia rappresentativa, la vittoria del nuovo presidente, e dunque il passaggio dei poteri da Trump a Biden, e che succede? Che il popolo sconfitto alle elezioni, dunque per via democratica, scende in piazza e istigato dal proprio leader dà l’assalto al Campidoglio, non riconoscendo né il voto nè a maggior ragione la sconfitta del proprio presidente. Lo stupore e lo sgomento in tutto l’Occidente, di personaggi che allevati nell’attuale modo di produzione rappresentano la pochezza di quanto si diceva in apertura. Ora di fronte a una rivoluzione i cosiddetti intellettuali e analisti d’alto bordo, rimangono sgomenti proprio perché immaginano il mondo secondo i propri desideri e non riescono perciò a capire e a spiegare i fatti, che invece vanno spiegati partendo dalle cause che li stanno generando.


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Geraldina Colotti: 2021, il risveglio dei popoli dell'America Latina. Sfide e prospettive

lantidiplomatico

2021, il risveglio dei popoli dell'America Latina. Sfide e prospettive

di Geraldina Colotti

720x410c50Per la rivoluzione bolivariana, l’anno politico si è aperto con l’assunzione del nuovo Parlamento, a maggioranza chavista, frutto delle elezioni del 6 di dicembre. Una vittoria della democrazia partecipata e protagonista, che continua a scommettere sulla coscienza e l’organizzazione popolare per affrontare le sfide a cui deve far fronte, sia all’interno che all’esterno del paese.

Basta confrontare le immagini convulse e grottesche diffuse dopo l’assalto trumpista al Campidoglio negli USA con quelle corali, sorridenti e piene di dignità dei 277 deputati e deputate della nuova legislatura in Venezuela, per rendersi conto della diversità dei due modelli, della prospettiva e degli effetti divergenti che producono.

Basta confrontare la levatura del discorso di Jorge Rodriguez, psichiatra e poeta, figlio di un rivoluzionario ucciso dalle democrazie camuffate della IV Repubblica, eletto a capo della giunta direttiva, con il semplicismo torvo e minaccioso di Trump e dei suoi accoliti, per capire quale sia la “minaccia inusuale e straordinaria” rappresentata dalla rivoluzione bolivariana per l’imperialismo.

Da una parte, i versi di Pablo Neruda, con i quali Rodriguez ha concluso il suo discorso, dall’altra le urla suprematiste dei continuatori del Ku Klux Klan. Da un lato, le proposte chiare e dirette, aperte al dialogo ma con rispetto, dei deputati chavisti, dall’altra un sistema in crisi conclamata, che affida i suoi piani all’aggressione aperta o a quella nascosta, ma che risulta comunque nefasto per il suo stesso popolo e per quelli che vorrebbe sottomettere.


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Leonello Tronti: Investimenti, profitti e ripresa: il problema italiano

economiaepolitica

Investimenti, profitti e ripresa: il problema italiano

Un’analisi di lungo periodo

di Leonello Tronti

20202130jpg 326x245La lunga fase di declino economico dell’Italia si può sintetizzare nella “legge del meno uno”: dal 1995 in poi, l’economia cresce ogni anno (in media) un punto in meno dell’insieme dell’Eurozona. In questo deludente risultato quale ruolo svolgono gli investimenti? Per rispondere a questa domanda l’articolo sottopone a un’analisi di lungo periodo (1995-2019) l’indebolimento della funzione di investimento dell’economia italiana. L’analisi empirica è anzitutto comparativa con altri paesi europei, in termini sia di crescita del volume degli investimenti, sia dell’incidenza sul Pil, sia degli effetti sulla crescita. In tutti i casi si conferma il continuo peggioramento relativo della situazione italiana. Un altro aspetto di rilievo è quello della comune tendenza prociclica alla riduzione in rapporto al valore aggiunto degli investimenti pubblici e privati, con un più forte ridimensionamento di quelli pubblici. Nel caso del settore pubblico la riduzione è legata alle politiche di austerità che, in un paese caratterizzato da una spesa corrente elevata, hanno investito in misura crescente la spesa in conto capitale. In quello del settore privato si riscontra invece la compresenza di ragioni opposte: da un lato l’indebolimento della maggioranza delle imprese ad opera delle sfide tecnologiche, di apertura dei mercati globali e della moneta unica; ma dall’altro la creazione di un ambiente interno particolarmente se non eccessivamente favorevole, non solo in termini di costo del denaro e del lavoro (diretto e indiretto), ma anche di politiche contributive e fiscali attuate da governi di varia coloritura politica. In questa situazione, nonostante le fortissime perturbazioni che attraversano il periodo, il saggio di profitto in rapporto al valore aggiunto si è fortunatamente dimostrato notevolmente stabile e resiliente.


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ElisabettaTeghil: “Si tace a se stesse e a se stessi la verità”

Coordinamenta2

“Si tace a se stesse e a se stessi la verità”

di ElisabettaTeghil

vaccini
                300x300Il paradiso è promesso solo per quelle che si prestano a tenere nell’inferno la stragrande maggioranza delle altre.

<Quattro passi/Note sul femminismo nella fase neoliberista del capitale>

E’ avvenuto quello che preparavano da tempo. E’ avvenuto. Il potere ha avuto o creato o sfruttato, non importa, con la così detta pandemia, la possibilità di portare a compimento la trasformazione epocale della società che l’ideologia neoliberista aveva teorizzato e pianificato. Le modalità e le logiche utilizzate nei territori coloniali, nei territori da predare, oggi vengono utilizzate nell’occidente capitalista, nei territori metropolitani e non solo. La gestione delle popolazioni occidentali da parte della nuova aristocrazia borghese transnazionale, l’iperborghesia, per mano dei governi locali complici e servi, è di occupazione militare: metodi e modalità sono quelli applicati nelle colonie. Questo due volte: la prima come presa di possesso fisica del territorio da parte di unità militari/poliziesche che si muovono come truppe di occupazione e come tali vengono percepite e subite dalla popolazione, tanto che militari e uomini in divisa si permettono violenze, prevaricazioni con larga discrezionalità e come benefit del loro lavoro, la seconda perché come le popolazioni indigene e native, i cittadini/e occidentali vengono presentati come infantili, irresponsabili, incapaci di autogestione, bisognosi di una guida. Le cittadine/i vengono convinte che sono senza storia e senza memoria e viene propagandato che l’unica strada per loro percorribile è l’assoggettamento volontario. Se questo non avviene si usa la forza.


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Ascanio Bernardeschi: Dal lavoro a cottimo allo smart working

la citta
                futura

Dal lavoro a cottimo allo smart working

di Ascanio Bernardeschi

Lo smart working è una forma di lavoro a cottimo che agevola lo sfruttamento. Occorre impedire che anche dopo l’epidemia venga esteso indiscriminatamente e senza il controllo dei lavoratori organizzati

79a0d6a4899b79994a919b2a20690507 XLKarl Marx, nella sezione VI del libro primo del Capitale [1], dedicata al salario, inserisce il capitolo 19 sul salario a cottimo. È interessante seguire alcuni passaggi perché certi contenuti sono riferibili non solo a questa specifica forma di retribuzione ma anche più in generale a una specifica forma del rapporto di lavoro e a una modalità lavorativa di grande attualità.

Una prima considerazione sul cottimo è che “la qualità del lavoro è qui controllata dall’opera stessa, la quale deve possedere bontà media […] Esso offre al capitalista una misura ben definita dell’intensità del lavoro” (p. 605).

Viene meno quindi la necessità di assoldare dei controllori: “siccome qui la qualità e l’intensità del lavoro sono controllate dalla forma dello stesso salario, si rende superflua buona parte della sorveglianza del lavoro. Questa forma costituisce quindi la base […] di un sistema di sfruttamento e di oppressione […] Questo sistema si chiama in Inghilterra in modo caratteristico «sweating system» (sistema del sudore)”.

Ciò nonostante il lavoratore può essere indotto suo malgrado a condividere gli obiettivi di produttività: “Dato il salario a cottimo, è naturalmente interesse personale dell’operaio impegnare la propria forza-lavoro con maggiore intensità possibile, il che facilita al capitalista un aumento del grado normale dell'intensità. Ed è allo stesso modo nell’interesse personale dell’operaio prolungare la giornata lavorativa” (pp.606-7).


 

 

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tonino

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Jan 20, 2021, 3:21:03 AM1/20/21
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Carlo Formenti: Quando a dichiarare lo stato di emergenza sono i giganti del web

perunsocialismodelXXI

Quando a dichiarare lo stato di emergenza sono i giganti del web

di Carlo Formenti

5227873 1629 giganti web 2Nel primo decennio del Duemila mi ero concentrato sull’analisi dell’impatto della rivoluzione digitale su economia, politica e cultura, pubblicando, nell’ordine, Incantati dalla Rete (Cortina, 2000), in cui analizzavo il retroterra culturale (un mix di ideologie libertarie e New Age) dei manager della Net Economy; Mercanti di futuro (Einaudi 2002), dedicato al ruolo delle nuove tecnologie nel processo di finanziarizzazione dell’economia globale; Cybersoviet (Cortina 2008), una critica delle profezie sulle magnifiche sorti e progressive della democrazia di Rete, e Felici e sfruttati (Egea 2011) in cui indagavo i dispositivi di integrazione di consumatori, lavoratori autonomi e classi “creative” nel processo di valorizzazione delle Internet Company. Questa quadrilogia può essere descritta, in sintesi, come un’opera di decostruzione delle illusioni che le sinistre postmoderne hanno a lungo coltivato - e tuttora coltivano (ma io stesso le avevo in parte condivise fino alla fine dei Novanta) – sulla presunta capacità delle nuove tecnologie di agire da fattore di democratizzazione dei sistemi produttivi e sociali.

Negli ultimi dieci anni mi sono occupato solo saltuariamente, e mai in modo sistematico, di questi argomenti , preferendo dedicare la mia attenzione alle forme inedite che la lotta di classe veniva assumendo con l’aggravarsi della crisi sistemica e alle strategie messe in campo dalle élite dominanti per conservare la propria egemonia.


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Francesco Maimone: Suggestioni pansalutistiche

orizzonte48

Suggestioni pansalutistiche

di Francesco Maimone

Tra negazione della costituzione e sue interpretazioni patafisiche. Cattivi presagi. Pubblichiamo questo importante post di Francesco Maimone, prima parte di un approfondimento che appare importante e necessario in questo peculiare momento storico

ElfK5ZtXYAAhqCi“… se gli uomini dei Paesi occidentali non vogliono trovarsi un giorno in una di quelle mostruose società descritte nei romanzi avveniristici, … società d’insetti specializzati, gerarchizzati e indifferenti, bisogna che procedano ad un vasto rinnovamento della loro concezione e della loro pratica della democrazia

[L. BASSO, citando P. Mendès France]

1. L’“emergenza” Covid-19 ha innescato la prevedibile propaganda pro vaccini più di quanto non sia avvenuto per l’adozione del “Decreto Lorenzin” (D.L. 7 giugno 2017 n. 73, convertito in L. 31 luglio 2017, n. 119). E poiché ci è stato detto che “Lascienza non è democratica” (qui, p.6), gli espertologi di turno si stanno cimentando nel perfezionamento della loro comunicazione da consegnare di volta in volta alla grancassa mediatica, esternando vieppiù con precisione anche i metodi che secondo loro andrebbero utilizzati contro i riottosi “negazionisti no-vax” che osassero soltanto pensare di rifiutare l’iniezione. A tale riguardo, taluno ha voluto farci sapere, con piglio arcigno e senza pregiudizi, che “Quelli che lavorano contro i vaccini, quelli dovranno essere zittiti, non bisognerà nemmeno dargli il diritto di parola, da nessuna parte…davvero questa volta non scherziamo più”; qualcun altro, in stile altrettanto pacato e liberale, ha invece affermato: “… Io penso che lo Stato prima o poi dovrà prendere per il collo alcune persone per farle vaccinare.


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Adriana Bernardeschi e Ascanio Bernardeschi: Pci: le lezioni di una storia

la citta
              futura

Pci: le lezioni di una storia

di Adriana Bernardeschi e Ascanio Bernardeschi

L’abbandono dei principi fondativi del partito di Gramsci è alla radice della fine del Pci. Come superare l’attuale frammentazione dei comunisti e rilanciare il loro protagonismo nella società italiana

1825f9332bc782d93c6d201cd1a002d9 XLCome premessa a questo contributo in occasione del centenario della fondazione del Partito Comunista Italiano, c’è un aneddoto personale che ci fa piacere condividere e che ci pare sia significativo per comprendere, pur nella complessità di quell’esperienza e nelle sue contraddizioni, la sua grandezza. Durante l’ultimo congresso, quello di scioglimento del partito, nostra madre/nonna, in un momento di attesa durante lo svolgimento dei lavori e delle votazioni nella sezione locale della nostra piccola città, in piedi, irrequieta, l’aria tetra e mesta, disse queste parole: “Stiamo facendo la veglia al morto”.

Non dimenticheremo mai quell’immagine e quelle parole, ricche di significato nella loro tragica semplicità. Perché quella semplice frase restituisce la misura di cosa abbia rappresentato quel partito per la generazione dei partigiani, di chi spendendo la propria gioventù per sconfiggere il fascismo, con indicibili sacrifici, ha considerato l’attività politica per la liberazione dell’uomo, per il comunismo, come qualcosa di inscindibile dal proprio scopo di vita.

Quel partito per loro era una famiglia. I compagni e le compagne di partito un’umanità di cui fidarsi per lo scopo – e il tipo di morale che guidava la loro vita – che li accomunava. Era la possibilità di agire concretamente dal basso in vista di un orizzonte altissimo, di un mondo nuovo da costruire per gli uomini e le donne di domani. Era in definitiva il senso del proprio operare. La militanza politica in quel partito e le speranze che questa alimentava erano per gli uomini e le donne di quella generazione di comunisti assolutamente sovrapposti al senso stesso della propria esistenza.


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Thomas Fazi: A uccidere è l'euro e l'austerità - Corollario (censurato) alle dichiarazioni di Miozzo

lantidiplomatico

A uccidere è l'euro e l'austerità - Corollario (censurato) alle dichiarazioni di Miozzo

di Thomas Fazi

Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico (CTS), ha dichiarato che l’Italia non può “permettersi” un altro lockdown, per quanto questo, a sua detta, sarebbe l’unico modo per abbassare realmente il numero di morti giornalieri, che rimane drammaticamente alto.

Insomma, ci teniamo le centinaia di morti giornaliere, uccidendo al contempo l’economia – senza una chiusura forzata il governo evita di dover rimborsare le imprese, nonostante il crollo del fatturato –, perché “non ci sono i soldi”.

E questo nonostante la pandemia abbia reso ormai chiaro che “i soldi”, come si diceva, altro non sono che numeri sui computer delle banche centrali, le quali, ovviamente, possono crearne in quantità illimitata; e abbia smascherato “il mito del deficit”, per cui la capacità di fare deficit di un paese dipenderebbe dai suoi livelli di deficit e/o di debito, quando è ormai altrettanto chiaro che la capacità di fare deficit di un paese dipende unicamente dal sostegno della banca centrale, indipendentemente dai livelli di deficit e/o di debito di un paese (per dubbi a riguardo bussare al Giappone).


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Alessandro Guerriero: Le nostre vite fra Covid e telelavoro: cosa ci dice una ricerca sul campo

kriticaeconomica

Le nostre vite fra Covid e telelavoro: cosa ci dice una ricerca sul campo

di Alessandro Guerriero

Il telelavoro è stata la diretta e obbligata scelta della maggior part dei governi europei durante la prima fase della pandemia da Covid-19, iniziata nel Marzo 2020.

Il numero degli occupati in telelavoro a tempo pieno è quadruplicato ad Aprile 2020 rispetto all’anno precedente, passando dall’11% al 40% in Europa (Eurofond 2020, pagina 3).

Il working paper “Telework, work organisation and job quality during the COVID-19 crisis realizzato per la Commissione Europea da economisti tra cui risalta il nome di Marta Fana, analizza gli effetti che ha avuto questo drastico cambiamento nel mondo impiegatizio in tre Stati europei durante la prima ondata di Covid-19: Francia, Italia e Spagna.

La ricerca si basa su venticinque interviste a lavoratori per ogni Stato citato in precedenza. Gli intervistati sono 75 in totale, di cui 44 con un alto livello occupazionale e 31 con un livello medio-basso, 39 sono donne e 36 gli uomini, 57 sono occupati nel privato e 18 nel pubblico.


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Maria Grazia Dondini: «Medici di base impotenti. Ma ho continuato a curare»

bussolaquotidiana

«Medici di base impotenti. Ma ho continuato a curare»

L.Scrosati intervista la dottoressa Maria Grazia Dondini

«La medicina territoriale è stata esclusa dai giochi e si è voluto creare una distanza tra noi e i pazienti, ma io ho continuato a curare e non ho avuto né un decesso, né un ricovero in terapia intensiva». La testimonianza di un medico di base di Bologna che rivela come il ministero «abbia disincentivato i pazienti dal ricorrere a noi medici di famiglia». Il mistero delle sovradiagnosi da Covid e dell'attendibilità dei tamponi.

E' sempre più chiaro che uno dei problemi maggiori nella gestione di questa emergenza sanitaria, riguarda la “messa in quarantena” dei medici di base. Viene loro chiesto di fare tamponi, ma vengono ostacolati nel fare il lavoro proprio di identificazione di una malattia in base alla sintomatologia dei pazienti, con conseguente cura. Di un malato, importa solo sapere se sia positivo e negativo al tampone; e nel caso di positività, si mette in atto tutto il carrozzone di identificazione dei contatti, isolamenti, etc. «La medicina territoriale è stata esclusa dai giochi e si è voluto creare una distanza tra noi e i pazienti», dice alla Bussola la dottoressa Maria Grazia Dondini, medico di Medicina generale di Monterenzio, in provincia di Bologna.


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Aníbal Malvar: Istruzioni democratiche per uccidere un giornalista

comedonchisciotte.org

Istruzioni democratiche per uccidere un giornalista

di Aníbal MalvarPúblico

Se nella vecchia Europa e nella Grande America godiamo di una qualche indiscutibile virtù questa è la nostra beata ingenuità a credere alla nostra stessa propaganda. Siamo giornalisti talmente bravi che ci inganniamo da soli, vendiamo epidemie marcate Eau de Démocratie e viviamo e moriamo pieni di orgoglio, appestando spudoratamente altri esseri umani, animali e vegetali. Non posso pensare in modo meno furioso a noi stessi quando sento il nome di Julian Assange, quando vedo il volto sfigurato e alienato di Julian Assange.

Ma in questo caso non si tratta di mettere gocce di plutonio arricchito nel caffellatte; con il permesso di Eduardo Inda (*) abbiamo assassinato il più importante giornalista del XXI secolo con metodi più lenti, crudeli e inquisitori. L’Inquisizione, cari amici, non è morta. Quello che succede è che ora, invece di torturare, bruciare e uccidere in nome di Dio, lo si fa in nome della democrazia.


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Maxime Vivas: Cade la fake news degli Usa come 'la più grande democrazia del mondo'

lantidiplomatico

Cade la fake news degli Usa come 'la più grande democrazia del mondo'

intervista a Maxime Vivas

"Cosa fare? quello che fate voi, quello che faccio io. Nel contesto politico dei nostri paesi, teniamo accesa la fiamma per i giorni in cui il fuoco potrebbe diventare un incendio. Ci vorranno cambiamenti politici perché la gente si riappropri dei media. E non dimentico il ruolo della strada". Come AntiDiplomatico abbiamo avuto il privilegio di intervistare Maxime Vivas*, noto giornalista, scrittore e attivista comunista francese. Vivas è stato uno dei pochi, se non l'unico giornalista occidentale ad aver realizzato un reportage in Tibet e Xinjiang - diventati poi libri che hanno smascherato la propaganda occidentale contro Pechino come 'Dietro il sorriso. Il lato nascosto del Dalai Lama', edito da Anteo(Cavriago) e 'Ouïghours, pour en finir avec les Fake news' - e si intende come nessuno forse in Europa delle fake news create ad arte contro quei paesi che hanno il solo torto di offrire al mondo un modello di sviluppo migliore delle barbarie neo-liberiste di Usa e Ue. "Nel mio libro racconto come la matrice delle accuse contro il Tibet e quella contro lo Xinjiang siano la stessa cosa. In entrambi i casi ci sono quattro temi identici: genocidio, religione oppressa, cultura estirpata, sterilizzazione delle donne. Quattro fake news."


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plv: «Vorrei ma non voglio». I danni della DAD, il ruolo delle Regioni e le contraddizioni di Bonaccini

giap3

«Vorrei ma non voglio». I danni della DAD, il ruolo delle Regioni e le contraddizioni di Bonaccini

di plv*

Foto 7 LapiniIl 23 Dicembre 2020, in diverse città d’Italia, Priorità alla Scuola è scesa in strada davanti alle scuole con cartelli che dicevano «Ci vediamo il 7». Tutti sapevano che la scuola non avrebbe riaperto. Tutti sapevano che la curva dei contagi si sarebbe alzata, sarebbe stato impossibile il contrario. E a quel punto quali sarebbero state le misure prese?

Prima un rinvio (all’11). Poi un po’ di articoli adeguati sui giornali giusti. Poi un po’ di shopping e infine l’ennesimo rinvio. Ad eccezione di Toscana, Valle d’Aosta, Abruzzo e Alto Adige, l’apertura delle scuole è stata rimandata a più avanti. In alcune regioni fino al 31 gennaio.

Come volevasi dimostrare.

Sulla chiusura della scuola si assiste a un dibattito tra istituzioni preoccupante, dal momento che diversi attori, pur giocando un ruolo chiave, non si assumono la responsabilità politica, portando a un’opacità de facto. È opaco il modo in cui si arriva alle decisioni (spesso poco chiare anch’esse), e non si capisce nemmeno chi sia l’effettivo decisore. Questo è grave, anche a prescindere dalla scuola.

In un sistema fondato sullo scaricabarile, tocca guardare anche alle azioni di chi sta su un gradino diverso.

Ma prima: che si può fare per riaprire la scuola nelle migliori condizioni di sicurezza possibili?

Una campagna di screening con tamponi rapidi della popolazione legata alla scuola. Se le regioni lo vogliono questa può essere una possibilità. Arcuri dixit (dal minuto 53:30).


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Mario Tronti: Origini ed eredità dell’operaismo

dellospiritolibero

Origini ed eredità dell’operaismo

Giulia Dettori intervista Mario Tronti

Pubblichiamo un’intervista curata da Giulia Dettori per la rivista “Filosofia Italiana” sul numero 2 del 2020

220px Operaismo anni 70Mario Tronti è un filosofo e politico italiano, fondatore, insieme a Raniero Panzieri, dell’operaismo, corrente eterodossa del marxismo teorico in Italia attraverso cui, negli anni Sessanta, sulla scia degli eventi generati dal 1956, intraprende una ricerca teorica che mira a creare un rapporto diretto tra intellettuali e classe operaia, senza la mediazione dei partiti.

La fase operaista porta Tronti a collaborare con le riviste «Quaderni rossi» (1961-1964) e «classe operaia» (1963-1967), di cui è stato anche direttore, e a raccogliere nell’opera Operai e capitale (1966) le elaborazioni più importanti di questo periodo. È la chiusura di «classe operaia» a segnare per lui la fine dell’esperienza operaista, nonché l’accettazione della sconfitta del modello delle lotte salariali in fabbrica.

Da questo momento si dedica alla carriera accademica, insegnando filosofia morale e filosofia politica all’Università di Siena, e inaugura una nuova fase del suo pensiero: quella della teorizzazione dell’autonomia del politico, nella convinzione che sia arrivato il momento di portare le lotte sui salari ad un più alto livello di scontro, all’interno delle istituzioni e dello Stato. Sono di questo periodo le opere Hegel politico (1975), Sull’autonomia del politico (1977), Soggetti, crisi, potere (1980), Il tempo della politica (1980). Nel 1981 fonda, inoltre, «Laboratorio politico», rivista bimestrale di intervento politico.

Alla fine degli anni Settanta Tronti intraprende un ulteriore e differente approfondimento del suo pensiero politico, legato a una sempre più chiara disillusione intorno alla possibilità di riaprire una fase di lotta e al tramonto, insieme a quella che egli definisce la «storia del grande Novecento», del movimento operaio, considerato la forma massima con cui si è espresso il conflitto della politica moderna contro la storia.


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Il Rovescio: Note urgenti contro la campagna militar-vaccinale

ilrovescio

Note urgenti contro la campagna militar-vaccinale

di Il Rovescio

Istantanea 2021 01 12 12 48 24L’attuale campagna “militar-vaccinale”, pur non arrivando come un fulmine a ciel sereno, è un evento senza precedenti. Il silenzio al riguardo di parte “antagonista” (e anche, con rare eccezioni, anarchica) ci sembra un inquietante segno dei tempi.

Di sicuro stiamo pagando la scarsa attenzione – quando non addirittura l’appoggio – con cui in ambiti “di movimento” era stata affrontata l’introduzione delle vaccinazioni obbligatorie da parte del governo italiano per conto della Glaxo. Non solo rispetto alla medicalizzazione forzata che ha fatto all’epoca un importante balzo in avanti (e che ha preparato il contesto per l’attuale crociata medico-politico-mediatica contro chiunque esprima un parere anche solo blandamente dubbioso sui vaccini anti-Covid); ma proprio per l’accettazione del discorso dominante sul rapporto tra corpo, difese immunitarie e virus, che ha favorito le metafore apertamente belliche alla base dell’attuale gestione politico-sanitaria. Queste assenze e queste debolezze hanno contribuito a lasciar spazio alle più svariate tesi cospirazioniste su cui prolifera l’estrema destra. Ma l’attuale campagna di vaccinazioni non andrebbe contrastata solo per non lasciar spazio a (per mera reazione non si va mai lontano), bensì per la gravità delle sue conseguenze, dalle quale sarà molto difficile tornare indietro.

In questa campagna convergono gli enormi interessi dell’industria farmaceutica (pezzo importante della speculazione finanziaria e di tutto il “sistema del debito”, quindi dell’attacco alle condizioni di vita e di lavoro di miliardi di sfruttati) e la potenza propagandistica degli Stati.


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Mario Gangarossa: Giuseppi Conte

mariogangarossa

Giuseppi Conte

di Mario Gangarossa

Giuseppi Conte è il risultato della rivoluzione grillina e nello stesso tempo ne è l'interprete più conseguente.

E l'incarnazione del "ragioniere" evocato dal Giannini dell'Uomo Qualunque.

Non è un trasformista perché per trasformarsi occorre partire da qualche parte e da qualche parte arrivare.

Occorre avere un programma che non sia quello dell'amministrare l'esistente.

E nemmeno un opportunista.

E' un qualunquista.

Non è né di destra né di sinistra. Da buon ragioniere usa la partita doppia trattando i suoi interlocutori come numeretti allineati e ben incolonnati in ordine di grandezza e di importanza.

In tempi di crisi anche uno zerovirgola fa comodo in una contabilità il cui unico scopo è la sopravvivenza dell'Azienda.


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Fabrizio Marchi: Cina: “socialismo con caratteristiche cinesi” o “capitalismo con caratteristiche cinesi” (o altro ancora)?

linterferenza

Cina: “socialismo con caratteristiche cinesi” o “capitalismo con caratteristiche cinesi” (o altro ancora)?

di Fabrizio Marchi

Condivido complessivamente questa analisi di Carlo Formenti su un certo marxismo occidentale, eurocentrico e dogmatico, ma mantengo ancora forti riserve sul giudizio e sulla natura del sistema cinese. Infatti, per quanto riguarda la Cina, è ancora troppo presto per stabilire se, cito testualmente dall’articolo in oggetto, “quel mix di marxismo e confucianesimo che Perulli considera come un “residuo”, destinato a essere riassorbito dallo strapotere delle forme di vita capitalistiche, si è viceversa dimostrato come un potente dispositivo per usare il mercato capitalistico a fini totalmente diversi dalla pura accumulazione di profitti”.

Sarei meno frettoloso nel tirare le somme e aspetterei ancora anche perché sappiamo bene come la duttilità, la flessibilità e la capacità di incistarsi in contesti culturali e sociali molto diversi fra loro costituiscano le più grandi “qualità” e punti di forza del capitalismo insieme alla sua capacità di rigenerarsi e trasformarsi (trasformazione che è tuttora in corso…).


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Emanuel Pietrobon: Se pensi ti cancello

insideover

Se pensi ti cancello

di Emanuel Pietrobon

Un vecchio adagio sostiene che “la realtà supera la fantasia”, e quanto sta accadendo negli Stati Uniti è l’ennesima dimostrazione che la saggezza antica è fonte di verità sempreverdi. In uno scenario che ricorda – quantomeno a livello di metodica – la trama del film drammatico “Se mi lasci ti cancello”, qualcuno ha scoperto come cancellare il ricordo di una persona, Donald Trump in questo caso, dalla mente delle persone: la de-piattaformizzazione.

Tutto ha avuto inizio il 7 gennaio, giorno in cui Mark Zuckerberg ha deciso di bloccare le pagine ufficiali del presidente su Facebook e Instagram. Il casus belli è stato l’assalto al Campidoglio – il cui bilancio provvisorio è di cinque morti, più di sessanta feriti e oltre ottanta arresti – che, secondo Zuckerberg, sarebbe avvenuto su istigazione di Trump.

Misure restrittive basate sulla sospensione temporanea dei profili ufficiali di Trump sono state adottate anche da Twitter e Snapchat, i quali hanno legittimato il ricorso alla censura in termini medesimi, ma il boicottaggio si sta estendendo a macchia d’olio, ad esempio su YouTube, travolgendo anche realtà identificate con il presidente, come la piattaforma sociale Parler.


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Francesco Santoianni: "Non possiamo permetterci di tenere chiuso il Paese"

lantidiplomatico

"Non possiamo permetterci di tenere chiuso il Paese"

Il "Comitato tecnico scientifico" si spacca

di Francesco Santoianni

Covid: siamo, ormai alla resa dei conti. Da una parte Andrea Crisanti, artefice di una indiscriminata disseminazione di tamponi nel Veneto che, anche per questo, emarginato dalla giunta Zaia e messo sotto accusa da tanti medici, ora invoca ancora più vessatori lockdown. Dall’altra Agostino Miozzo coordinatore del Comitato tecnico scientifico che, sostanzialmente, dichiara il fallimento della strategia dei tamponi e dei lockdown finora seguita:

"Non possiamo permetterci di tenere chiuso il Paese fino alla fine dei contagi. L'Italia deve imparare a convivere col virus. (…) La terapia più sicura sarebbe quella di mettere l’Italia sotto una campana di vetro: porta sprangata e tutti chiusi in casa. L’abbiamo fatto, ora non è più possibile."

E alla domanda dell’intervistatore “Quindi, addio lockdown totale succeda quel che succeda?” così risponde:

"L’immunità di gregge si otterrà solo a vaccinazione collettiva ultimata. Ma serve troppo tempo, il Paese non può aspettare la fine dell’anno. Le categorie produttive sono al collasso e la gente è profondamente ferita sul piano psicologico. Dunque, alcune concessioni sono indispensabili."


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Miguel Martinez: Un precedente che sigilla il nostro futuro

kelebek3

Un precedente che sigilla il nostro futuro

di Miguel Martinez

Ho scritto velocemente, e con le mie limitate competenze, segnalatemi per favore eventuali errori

Stanotte, a mezzanotte, cambia la storia.

Ieri, abbiamo parlato del modo di produzione informatico.

Cioè di come un pugno di aziende abbia spalancato un nuovo continente da saccheggiare: quello dei dati, dove la specie umana quasi intera lavora come manodopera gratuita, ventiquattro ore al giorno, sette giorni la settimana.

I neofeudatari hanno un’unica preoccupazione: la possibilità che possano insorgere concorrenti.

Non è facile, perché chi vuoi che possa consegnare più velocemente di Amazon? Chi vuoi che ti possa trovare più contatti di WhatsApp, di cui si parlava ieri?

Però non si sa mai…

In questi mesi, è nato Parler.

Non può concorrere con i Neofeudatari sul numero di foto di gattini o sulla qualità delle barzellette, però offre qualcosa che gli altri non hanno, e questa è la base di ogni normale concorrenza:


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2020-10-23 Hits 2232

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Fabio Vighi: Homo pandemicus

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2020-10-27 Hits 1723

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tonino

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Jan 22, 2021, 3:15:13 AM1/22/21
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Alessandro Visalli: Incroci, corrispondenze, potere, tecnologia: social e censura

tempofertile

Incroci, corrispondenze, potere, tecnologia: social e censura

di Alessandro Visalli

Olivetti Programma 101 Museo scienza e tecnologia
            MilanoMeryle Secrest, in una biografia del 2019[1], tratteggia da consumata professionista quale è lo straordinario cespuglio di coincidenze, intrighi, interessi e casi che fermarono, tra il 1959 ed il 1963 la possibilità che il significativo vantaggio acquisito nello sviluppo dell’information technology di massa da un’innovativa e influente azienda italiana, ed il suo creativo management tecnico, producesse effetti imprevedibili e mettesse in prospettiva a rischio la stessa egemonia americana. Si tratta di una nuova biografia di Adriano Olivetti che descrive la parabola della fabbrica, dalla fondazione da parte del socialista Camillo, padre di Adriano, fino alla gestione de Benedetti, dal 1978. L’azienda cresce nel settore apparentemente marginale delle piccole macchine per ufficio e si fa strada grazie ad un mix straordinario di innovazione tecnica, sagacia imprenditoriale, cura per la qualità e il design, amore per il territorio e attenzione al fattore umano. Non è la sede di richiamare questi aspetti, per i quali rimando ai post[2] scritti sul tema.

L’azienda cresce, sotto la guida di un sognatore pratico e non esente da capacità di adattamento anche nelle relazioni politiche e internazionali. Negli anni del fascismo Adriano, che accompagnerà personalmente l’amico Turati fuori del paese, riesce infatti, pur essendo di origini ebraiche, a conservare un rapporto con il regime mentre lavora segretamente alla sua caduta. Triangolando con i servizi angloamericani dell’Oss, in particolare con una figura chiave come Angleton, con lo pseudonimo di mr Brown, si impegna negli ultimi anni della guerra a tessere una rete di contatti trasversale, tra i partiti antifascisti in Italia e all’estero, e rapporti con rami della famiglia reale, per cercare di favorire la caduta del regime.


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Donatello Santarone: La Cina di Marx

ospite
              ingrato

La Cina di Marx

di Donatello Santarone

1EpWFIhvnpTeBGk4lmRSZIgDue sterline ad articolo: tanto era il compenso che Karl Marx, «il nostro corrispondente da Londra», percepiva per i suoi densi e documentati articoli sul quotidiano statunitense «New York Daily Tribune», articoli che spaziavano dalla schiavitù in America al Risorgimento italiano, dalle guerre dell’oppio in Cina al colonialismo britannico in India, dalla servitù della gleba nella Russia zarista alla guerra di Crimea, dalle dittature borghesi di Napoleone III (1808-1873) e Lord Palmerston (1784-1865) alle crisi finanziarie e commerciali dei principali paesi europei.

La «New York Daily Tribune» fu fondata nel 1841 come giornale della componente di sinistra del partito whig americano. Nei decenni Quaranta-Cinquanta si distinse per la campagna antischiavista, e negli anni in cui vi collaborarono Marx ed Engels era l’organo del partito repubblicano statunitense. Marx dall’inizio del 1853 scriveva gli articoli direttamente in inglese e alcuni venivano talvolta pubblicati senza l’indicazione dell’autore. Ma le indicazioni contenute nei taccuini in cui Marx e sua moglie Jenny annotavano la data di stesura o di spedizione dei singoli articoli e quelle presenti nella corrispondenza di Marx ed Engels negli stessi anni consentono di individuarne, al di là di ogni dubbio, la paternità letteraria. Gli articoli di Marx, inoltre, subivano spesso più o meno pesanti interventi redazionali.

La «Tribune» è stata fondata da Horace Greeley nel 1841 come organo militante delle cause progressiste, benché con un particolare carattere americano e cristiano. […] Durante il periodo in cui egli [Marx] vi scrisse, il giornale contava più di 200.000 lettori ed era il quotidiano più diffuso nel mondo in quel periodo.


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Marco Cosentino: Il punto sulle cure e sui vaccini

ippocrate

Il punto sulle cure e sui vaccini

Francesco Servadio intervista il prof. Marco Cosentino

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            20200911 WA0063A quasi un anno di distanza dall’inizio della pandemia di coronavirus, non ci è dato ancora di intravvedere una via d’uscita: malati, decessi, ospedali perennemente in affanno, oltre a una crisi economica che si preannuncia catastrofica, sono gli elementi molto inquietanti che si profilano per i prossimi mesi di questo 2021, allineato perfettamente al 2020 appena conclusosi. A fare il punto sull’emergenza sanitaria, sulle terapie e sui vaccini contro il Covid-19 è il medico Marco Cosentino, dottore di ricerca in Farmacologia e Tossicologia, nonché professore ordinario di Farmacologia presso la Scuola di Medicina dell’Università dell’Insubria, dove dirige il Centro di ricerche in Farmacologia Medica. Il professor Cosentino è inoltre autore di centinaia di pubblicazioni su riviste internazionali, di libri e capitoli di libri, inerenti la fisiopatologia e la farmacoterapia di malattie del sistema nervoso e del sistema immunitario, la farmacologia clinica, la farmacogenetica e la farmacovigilanza.

* * * *

Professore, la terza ondata pare ormai inevitabile. Tuttavia il mainstream si sofferma quasi esclusivamente sul vaccino, non ancora disponibile per tutti, anziché sulle cure. Cosa sta succedendo?

“Si evidenzia senza ombra di dubbio un problema di natura organizzativa e strategica. Ad un anno ormai quasi compiuto dalla manifestazione della vicenda, le strutture e attività, nonché il modus operandi del sistema sanitario proseguono, tuttavia, come se l’emergenza fosse appena stata dichiarata.


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Gioacchino Toni: Il turismo come pratica di consumismo di massa

carmilla

Il turismo come pratica di consumismo di massa

di Gioacchino Toni

Sarah Gainsforth, Oltre il turismo. Esiste un turismo sostenibile?, Eris, Torino 2020, pp. 64, € 6,00

«Dal canto suo il turismo è eterotopico: genera i propri luoghi, che adatta ai propri fini […] Per diventare turisticamente compatibile, una realtà deve prima estirpare i modi di vita tradizionali in cui affonda le proprie radici» (Rodolphe Christin)

Nel corso degli ultimi decenni sono diverse le città e le zone paesaggistiche che in ogni parte del mondo sono soggette a processi di trasformazione profonda determinati dal turismo di massa. Espulsione dai centri storici degli abitanti economicamente più svantaggiati e delle attività commerciali tradizionali sostituiti rispettivamente da ondate di turisti a cui vengono destinati gli alloggi e da infrastrutture commerciali ad essi dedicate, abnorme concentrazione di popolazione in spazi ridotti (overtourism), aumento dell’inquinamento, edificazione di opere di forte impatto urbanistico-ambientale realizzate al solo scopo di attrarre visitatori ad eventi di breve durata, cancellazione di quell’identità storica, culturale e paesaggistica che erano alla base dell’attrattività delle località. Insomma, il turismo di massa sta letteralmente distruggendo l’ecosistema urbano e naturale di molte zone del pianeta.


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Francesco Piccioni: La politica e la guerra, al tempo delle piattaforme

contropiano2

La politica e la guerra, al tempo delle piattaforme

di Francesco Piccioni

Una piattaforma di comunicazione “aperta a tutti” decide di togliere la parola al presidente degli Stati Uniti, una volta considerato “l’uomo più potente del mondo”.

Quella piattaforma, tra l’altro, è statunitense, in teoria sottoposta alle leggi di quel Paese e in ultima analisi allo stesso Presidente.

Lasciamo da parte ogni considerazione su Trump, perché in questo caso è indifferente che sia un truffatore reazionario – come certamente è – oppure qualsiasi altra cosa.

La domanda sollevata dalla decisione di Twitter e Facebook investe infatti problemi sistemici di ben altro rilievo: il rapporto tra piattaforme social, mezzi di comunicazione di massa, politica e Stati.

Il fatto che un Ceo possa staccare la spina dell’altoparlante del presidente degli Stati Uniti senza alcun controllo e bilanciamento è sconcertante. Non è solo una conferma del potere di queste piattaforme, ma mostra anche profonde debolezze nel modo in cui la nostra società è organizzata nello spazio digitale“, ha affermato il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, in un editoriale pubblicato su Politico e su Le Figaro.


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Manlio Dinucci: Trent’anni fa la guerra del Golfo

manifesto

Trent’anni fa la guerra del Golfo

di Manlio Dinucci

L'arte della guerra. La guerra del Golfo è la prima guerra a cui partecipa sotto comando Usa la Repubblica italiana, violando l’articolo 11 della Costituzione

Trent’anni fa, nelle prime ore del 17 gennaio 1991, iniziava nel Golfo Persico l’operazione «Tempesta del deserto», la guerra contro l’Iraq che apriva la sequenza delle guerre del dopo guerra fredda. Essa viene lanciata dagli Usa e dai loro alleati nel momento in cui, dopo il crollo del Muro di Berlino, stanno per dissolversi il Patto di Varsavia e la stessa Unione Sovietica. Ciò crea una situazione geopolitica interamente nuova, e gli Usa tracciano una nuova strategia per trarne il massimo vantaggio. Negli anni Ottanta gli Usa hanno sostenuto l’Iraq di Saddam Hussein nella guerra contro l’Iran di Khomeini. Ma quando nel 1988 termina questa guerra, gli Usa temono che l’Iraq acquisti un ruolo preminente nella regione. Attuano quindi di nuovo la politica del «divide et impera».

Spingono il Kuwait a esigere l’immediato rimborso del credito concesso all’Iraq e a danneggiarlo sfruttando oltremisura il giacimento petrolifero che si estende sotto ambedue i territori.


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Andrea Zhok: La fabbrica dei complottisti

lantidiplomatico

La fabbrica dei complottisti

di Andrea Zhok

Ecco, sembra ieri che ci dicevano che eravamo tutti una grande famiglia senza confini e appartenenze. Eravamo tutti parte di un policromo villaggio globale dove regnava la libertà, e dove eravamo tutti virtualmente uguali, dove potevamo trovarci a comunicare tra pari da un capo all’altro del globo, uniti in un grande dialogo habermasiano.

Certo, le vicissitudini del mercato avevano creato dei monopoli mondiali delle comunicazioni telematiche, e tuttavia, levare sospetti su quei giovani americani brillanti, filantropi d’animo nobile e lieve, emblemi del successo nella terra delle opportunità, beh, era veramente meschino.

E dopo tutto non erano gli americani ad averci salvato da tutte le dittature del passato e del futuro, non sono loro gli abitanti della land of the free and the home of the brave, quelli che proverbialmente se fanno qualcosa, lo fanno per il bene dell’umanità (come qualunque film americano può autorevolmente testimoniare )?

E poi un bel giorno, capita che accendi la TV e senti che Amazon e Google stanno facendo la guerra a social media reputati 'di destra' (c'è dunque un censimento preventivo per l'accesso ai social?).


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Leonardo Mazzei: Ma quale "golpe"?

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Ma quale "golpe"?

di Leonardo Mazzei

«Vedendo le corna e sentendo I muggiti di Jack Angeli, il buffone che pareva appena giunto a Capitol Hill dal raduno leghista di Pontida, si può essere indotti a credere che l’assalto al Congresso degli Stati Uniti sia stato una goliardata, secondo la definizione con cui spesso i fascisti minimizzano le loro violente imprese. In realtà c’è stato un tentativo di golpe promosso, organizzato e gestito da Donald Trump.» Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo)

«Quindi tutto farebbe pensare, ma non abbiamo prove, che c’è stato un tentativo di golpe motivato dai grandi interessi delle multinazionali, della borghesia, dei settori militari e che, ad un certo punto, probabilmente, le cose non sono andate come dovevano andare, per cui non si sono schierati i poteri forti nella loro complessità e l’emergenza è rientrata». Luciano Vasapollo (Rete dei Comunisti)

«Chi sono? Proletari, mi verrebbe da dire. Poveracci poco istruiti, marginali, facilmente manipolabili, junk food e fake news, marionette nelle mani di uno sciagurato che li ha usati per il suo potere. E’ così che si diventa fascisti?». Giorgio Gori (Partito Democratico)


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Eros Barone: Cento anni fa nasceva a Livorno il partito rivoluzionario della classe operaia italiana

sinistra

Cento anni fa nasceva a Livorno il partito rivoluzionario della classe operaia italiana

di Eros Barone

Dedicato ad Antonio Montessoro 1

1921 500x500
              c1. Una crisi postbellica oscillante tra rivoluzione e reazione

L’Italia venne a trovarsi, negli anni immediatamente successivi alla fine della prima guerra mondiale, in una posizione intermedia tra la relativa stabilità delle potenze vincitrici (Francia e Gran Bretagna) e la totale disgregazione degli imperi centrali. In effetti, la guerra aveva impoverito i popoli e ridotto la loro capacità di acquisto, il che si constatava in Italia anche meglio che altrove. La scena politica italiana vide pertanto un lungo succedersi di agitazioni sociali, che assunsero a volte un carattere prerivoluzionario. Le basi stesse dello Stato liberale furono colpite da un processo di erosione, che compromise la legittimità della vecchia classe dirigente sottoposta, da un lato, alla spinta rivoluzionaria delle masse proletarie radicalizzate e, dall’altro, alla mobilitazione nazionalista dei ceti medi e degli ex-combattenti. Di fronte all’esplodere del conflitto sociale sull’intero territorio nazionale (il numero degli scioperi nel 1919 fu superiore del 112% rispetto a quello del 1914, ma quello degli scioperanti risultò addirittura cresciuto del 500%), il padronato non riuscì a costruire una linea di resistenza e preferì cedere sul piano delle rivendicazioni salariali al fine di evitare una radicalizzazione politica dello scontro. La spina dorsale di questo possente movimento di massa era costituita dai settori della classe operaia maggiormente coinvolti nella ristrutturazione bellica: i metallurgici e i tessili. In questi settori, dove più radicate erano le avanguardie storiche del movimento sindacale, ma dove, nel contempo, maggiore era stata l’immissione di forza-lavoro nuova, proveniente dalle campagne, si compiva quel processo di unificazione della classe operaia che imprimeva il suo sigillo alla fase ascendente del ciclo.


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Geraldina Colotti: Brigate Rosse, la parte dannata della storia

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Brigate Rosse, la parte dannata della storia

di Geraldina Colotti

colotti brigate rosse 2Durante il secolo scorso, l’Italia non ha avuto soltanto il più grande Partito comunista d’Europa e il più grande sindacato d’Europa, ma, per quasi un ventennio, anche l’estrema sinistra più forte d’Europa. Un fermento esploso con il ’68, ma incubato nell’insofferenza crescente verso la linea dell’accomodamento nel recinto delle compatibilità “democratiche” portata avanti dal Pci.

Un processo che, per strappi e rotture, ha prodotto una critica a 360° della società borghese, presente nei diversi tentativi politici di costruire un’alternativa alla linea del “compromesso storico” e dell’“eurocomunismo”: la “stagione dei gruppi extraparlamentari”, un tentativo di costruzione di un partito di massa (Lotta Continua), e anche la formazione di un’opposizione armata.

Quello della nascita e dello sviluppo di una lotta armata durata quasi vent’anni, è un “rompicapo” che non si spiega attingendo meccanicamente ai “classici” del marxismo, ma neanche abbandonandosi all’interpretazione dietrologica di chi, facendo spallucce alla storia, cerca in questo modo di evitare l’analisi materialistica di quell’insorgenza, e quella della sconfitta di tutte le ipotesi scese in campo nel grande Novecento.

Occorre invece guardare in faccia la realtà delle cose: quando i comunisti non hanno più alcuna capacità di incidere nella realtà del paese, quando concetti che un tempo univano, oggi appaiono motivi surreali di divisioni interne, quando persino la proposta di un riformismo conseguente è scomparsa dall’orizzonte politico concreto, non è possibile “cavarsela” con le teorie dei tradimenti dei capi, o con quelle delle dietrologie e dei complotti.


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Leo Essen: MMT: il mito della riserva federale

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MMT: il mito della riserva federale

di Leo Essen

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            practiceI

Gli Stati Uniti d’America, dice Stephanie Kelton (Il Mito del Deficit), sono ricchi di risorse reali – tecnologie avanzate, forza-lavoro istruita, macchinari, suoli fertili e un’abbondanza di risorse naturali. Abbiamo la benedizione di avere tutto ciò che conta in quantità sufficienti - dice. Possiamo costruire un’economia che offra a tutti la possibilità di vivere una vita degna, non dobbiamo fare altro che orientare il bilancio pubblico in funzione delle risorse reali.

Senza soldi queste risorse rimangono inutilizzate – ferme. Senza una domanda sufficiente i lavoratori rimangono disoccupati e i macchinari si arrugginiscono nei capannoni e i laureati vanno a fare gli spazzini. Poiché solo lo Stato può immettere moneta in circolazione, tocca allo Stato fare la prima mossa.

Ma quanti soldi può far girare lo Stato? C’è forse un limite, o può operare incondizionatamente?

Un limite c’è, dice Stephanie Kelton, e si chiama inflazione. Come si insegna agli studenti del primo anno di economia, dice, l’eccesso di spesa pubblica si manifesta come inflazione. Un deficit è la prova di una spesa eccessiva solamente se innesca spinte inflazionistiche.

Il bilancio dello Stato non funziona come il bilancio di una famiglia. Esso è solo uno strumento per regolare la quantità di moneta in circolazione. E la prova che questo bilancio è stato gestito male è la disoccupazione.


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Lorenzo Battisti: La sinistra, la Cina e la pandemia

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La sinistra, la Cina e la pandemia

di Lorenzo Battisti

La debolezza della sinistra italiana, anche di quella più dura, la si vede ancora di più oggi. Ci sono affermazioni che si diffondono, un pensiero che entra come il coltello nel burro. Anche in quella sinistra che ha (aveva?) preso la Cina a riferimento. Infatti anche qui si dice: “Se il governo apre i negozi, è ovvio che la gente si affolli!”. Quasi “la folla” fosse un soggetto animalesco, guidato da istinti animali, privo di razionalità e di qualità umane.

Se il semaforo pedonale diventa verde, significa che io posso attraversare la strada, non che devo farlo. E comunque faccio attenzione se arriva qualcuno. Ma non è quello che è avvenuto. Ancora una volta, una manifestazione plastica che mostra come in Occidente non si riesca più a pensare l’altro da sè. Nessun pensiero universale, collettivo, generale. Io voglio consumare, il governo dispotico leva finalmente i divieti, io vado a consumare. Instintualmente. Come se nulla fosse successo. Come se non ci fossero migliaia di persone (ripeto, persone) che ogni giorno muoiono soffocate e sole nelle terapie intensive. Come se non avessimo appreso niente da un anno di raccomandazioni e precauzioni.


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Vincenzo Scalia: Le tessere ideologiche del domin(i)o

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Le tessere ideologiche del domin(i)o

di Vincenzo Scalia

Il dibattito sull’egemonia neoliberista si è sviluppato, in molti casi, attorno alla formula di pensiero unico, per riferirsi sia alla mancanza di alternative intellettuali e progettuali al capitalismo, sia alle conseguenze quasi dittatoriali di un dominio incontrastato. D’altra parte, i paesi che ancora si proclamano comunisti, a partire dalla stessa Cina, sono pienamente integrati all’interno dell’economia capitalista globale, e non ipotizzano minimamente lo studio o la proposta di modelli sociali o economici alternativi. Ma come e perché ha vinto il neoliberismo? Cosa sarebbe il pensiero unico?

Marco D’Eramo, nel suo ultimo lavoro, Dominio, edito da Feltrinelli, cerca di colmare queste lacune, compiendo un poderoso lavoro di ricostruzione della trama di potere dispiegata dal capitalismo post-fordista a partire dalla crisi del 1973, ma divenuta più evidente dal 1989 in poi. Innanzitutto, ci spiega D’Eramo, dobbiamo intenderci sulla natura dell’egemonia neoliberista. Non abbiamo a che fare con un potere, bensì con un dominio.


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Miguel Martinez: I Fiduciosi e i Diffidenti

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I Fiduciosi e i Diffidenti

di Miguel Martinez

Su Internazionale, mi segnalano un articolo, firmato Wu Ming 1, Come nasce una teoria del complotto e come affrontarla.

Racconta del mondo dei complottisti americani credenti di QAnon, e descrive, senza cadere in eccessi demonizzanti, le loro credenze: la fede in un misterioso Q che su Internet svelerebbe a puntate i complotti orditi da una setta satanista, e l’eroica lotta contro la setta, condotta dietro le quinte del più improbabile di tutti i supereroi dopo Superciuk, lo speculatore immobiliare Donald Trump.[1]

Poi Wu Ming 1 ci rivela che il grande Q potrebbe essere la reincarnazione troll di un personaggio inventato da quattro scrittori bolognesi di sinistra nel 1999 per dimostrare quanto sia facile far credere a complotti: troppo bello per essere vero, ma ci voglio credere. [2]

Sento però che in questo articolo manca però qualcosa di fondamentale, che dovrebbe essere alla base di ogni discorso sul “complottismo”. [3]


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Alberto Giovanni Biuso: Perchè la DAD non è didattica

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Perchè la DAD non è didattica

di Alberto Giovanni Biuso

Ieri studenti, insegnanti ed anche presidi, hanno protestato affinché venga posto fine alla Didattica a Distanza (DAD). Un altro segnale positivo, nonostante gli evidenti limiti, della insostenibilità dello Stato d’emergenza permanente e della crescente consapevolezza che non si può più vivere nel terrore

Ci sono delle formule che confessano da sole il proprio limite. L’acronimo Dad –‘didattica a distanza– è una di esse. Per la chiara e documentata ragione che ‘insegnare a distanza’ è una contraddizione in termini. Insegnare è infatti un’attività e una sfida che consiste nell’incontro tra persone vive, tra corpimente che occupano lo stesso spaziotempo non per trasmettere nozioni ma per condividere un mondo.

 

Scambiare saperi

Insegnare significa costruire giorno dopo giorno, saluto dopo saluto, sorriso dopo sorriso una relazione profonda, rispettosa e totale con l’Altro, in modo da riconoscersi tutti nella ricchezza della differenza. Insegnare significa abitare un luogo politico fatto di dialoghi, di conflitti, di confronto fra concezioni del mondo e pratiche di vita.


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Lorenzo Di Russo: Le banche creano moneta ogni giorno: chi si preoccupa della monetizzazione lo sa?

kriticaeconomica

Le banche creano moneta ogni giorno: chi si preoccupa della monetizzazione lo sa?

di Lorenzo Di Russo

La monetizzazione del deficit consiste nel finanziamento diretto dei disavanzi statali da parte della banca centrale, tramite l’emissione di nuova moneta. Chi avversa questa soluzione prefigura come conseguenza della sua applicazione scenari iperinflazionistici da Repubblica di Weimar, sostenendo che qualora la BCE, previa una modifica dei trattati, “stampasse moneta” da destinare alle casse dei governi europei, l’aumento diffuso dei prezzi sarebbe inevitabile.

Rimandiamo per adesso l’analisi sulla dubbia fondatezza economica della suddetta ipotesi, in questa sede si vuole semplicemente evidenziarne l’incoerenza. Difatti è difficile comprendere la ragione per cui questi timori inflazionistici si manifestino esclusivamente quando a creare moneta sia la banca centrale per finanziare deficit pubblici, e non quando a fare ciò siano le banche commerciali per finanziare deficit privati.

 

Le banche non prestano il denaro dei depositi…


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tonino

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Jan 24, 2021, 2:08:20 AM1/24/21
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Alexander Höbel: La storia del Pci, fra processi di apprendimento e strategia egemonica

marxismoggi

La storia del Pci, fra processi di apprendimento e strategia egemonica

di Alexander Höbel

schermata 2018 09 19 alle 17 37 251. Una storia organica, una strategia di lunga durata

La storia del Partito comunista italiano, di cui nel gennaio 2021 si celebrerà il centenario della fondazione, è stata da sempre oggetto, oltre che di una storiografia spesso straordinaria (si pensi a Paolo Spriano ed Ernesto Ragionieri), anche di molte letture deformanti, viziate dal pregiudizio ideologico quando non dalla vera e propria incomprensione. Tale tipo di revisionismo storico applicato a una vicenda grande e complessa come quella del Pci ha conosciuto ovviamente una nuova fioritura dopo il 1989-91, trovando nuovi adepti a destra ma anche a sinistra.

La fine non esaltante del Pci, avviata dalla svolta occhettiana della Bolognina, a indotto molti a rileggere in negativo tutta quella storia, oppure a individuare questo o quel “peccato originale”, da cui sarebbe iniziata – come un processo inevitabile – la dissoluzione del partito: la “svolta di Salerno” del 1944, il “compromesso storico” ecc. La conseguenza è che la vicenda del Pci viene “fatta a pezzi”, assumendone solo alcune parti e liquidando il resto.

Non si tratta, a mio parere, di un metodo adeguato alla conoscenza storica e nemmeno al giudizio politico. Non perché, ovviamente, nell’esperienza del Pci non vi siano stati errori, debolezze, passaggi discutibili, o non si possa criticare questa o quella scelta; ma perché utilizzando tale metodo si rischia di smarrire un elemento fondamentale, che è quello della organicità dell’esperienza del comunismo italiano e di quell’italo-marxismo che ha in Gramsci e in Togliatti i suoi pilastri, ma segna di sé tutta la cultura politica e la strategia di lunga durata del Pci.


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Antiper: DAD o non DAD? Questo (non) è il problema

antiper

DAD o non DAD? Questo (non) è il problema

di Antiper

insegnanteCon l’esplosione della pandemia anche il mondo della scuola ha dovuto attrezzarsi e parte delle lezioni in presenza sono state sostituite con lezioni a distanza; questo ha fatto nascere uno scontro senza esclusione di colpi tra i sostenitori (della necessità) della didattica a distanza (DAD) – prudentemente rinominata nella seconda fase didattica digitale integrata (DDI) – e i suoi avversari (tra le cui fila troviamo il variegato mondo dei libertari-negazionisti, ma anche una certa parte della sinistra “radicale” che ha, ormai da molto tempo, smarrito la capacità di “cogliere il punto” in ogni situazione).

Come sempre, sarebbe stato utile evitare di schierarsi in modo aprioristico e anti-dialettico su fenomeni che in realtà hanno una portata molto più vasta di quanto possa apparire a prima vista così come sarebbe utile riuscire a cogliere le opportunità offerte dalla didattica digitale (anche a distanza) pur senza mettere in discussione l’importanza della didattica in presenza che se è superiore lo è soprattutto in quanto offre la possibilità di sviluppare relazioni sociali (piuttosto che per la sua presunta maggiore capacità di produrre conoscenza [1]). E in una società come quella in cui viviamo, in cui le relazioni sociali si impoveriscono giorno dopo giorno, è fondamentale valorizzare i momenti di incontro e di scambio non virtuali, specialmente in quella fase molto evolutiva che è l’adolescenza. La pandemia non è solo un grande problema di salute e di certo non è soprattutto un problema di mancati profitti delle imprese: è, innanzitutto, un problema di (ridotta) socialità delle persone. D’altra parte: siamo davvero convinti che il tipo di socializzazione offerta dalla scuola sia la socializzazione di cui i giovani hanno bisogno?


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Maurizio Lazzarato: Do you remember revolution?

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Do you remember revolution?

di Maurizio Lazzarato

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            b6bb11a3ef2d40568bcff65de5a39112mv2Dopo aver avviato in «scatola nera» una discussione, che crediamo continuerà, sul tema della crisi della militanza politica vogliamo tentare ora di avviarne un’altra sul tema connesso della bancarotta della progettualità rivoluzionaria. A mo’ di prologo a questa discussione proponiamo l’introduzione di Maurizio Lazzarato al suo libro Do you remember revolution?, di prossima pubblicazione per DeriveApprodi, che lo scorso anno aveva dato alle stampe del medesimo autore Il capitalismo odia tutti. Fascismo o rivoluzione.

* * * *

«Non possiamo negare che la società borghese ha vissuto, per la seconda volta il suo XVI secolo decimosesto, un secolo che spero suonerà a morto per lei così come il primo l'ha chiamata in vita. Il vero compito della borghesia è la costituzione di un mercato mondiale (…). Siccome il mondo è rotondo, sembra che questo compito sia stato portato a termine con la colonizzazione della California, dell'Australia e con l'inclusione della Cina e del Giappone. Ecco la questione difficile per noi: sul continente la rivoluzione è imminente e avrà sin da subito un carattere socialista. Ma non sarà essa necessariamente schiacciata in questo piccolo angolo di mondo, dato che il movimento della società borghese è, in regioni molto più vaste, ancora in ascesa?»

Karl Marx

Il libro nasce come commento a queste poche righe di una lettera di Marx a Engels, datata 8 ottobre 1858. Marx fissa il quadro della rivoluzione: il mercato mondiale. Lo spazio dove scoppierà: l’Europa. La forza soggettiva che la porta e l’incarna: la classe operaia.


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Domenico Moro: Il contesto socio-economico della nascita del PCd’I

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Il contesto socio-economico della nascita del PCd’I

di Domenico Moro

Schermata del 2021 01 22 16 27 32La nascita di una nuova organizzazione dipende non solo dalla volontà soggettiva di chi la fonda ma anche dal contesto socio-economico. Lo stesso avvenne per la nascita del Partito comunista d’Italia (Pcd’I) nel gennaio di cento anni fa e per questa ragione è utile descrivere, sia pure per sommi capi, il contesto nel quale il partito fu fondato. La nascita del Pcd’I non sarebbe pienamente comprensibile al di fuori della tendenza imperialista dell’Italia, della guerra mondiale, della crisi economica e sociale successiva e del biennio rosso.

 

L’Italia imperialismo fragile ma aggressivo

L’Italia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento assunse una fisionomia da Paese imperialista, in contemporanea al diffondersi dell’industria pesante e alla formazione di grandi concentrazioni di potere industriali-finanziarie. La svolta decisiva per il “decollo” dell’industria italiana avvenne tra il 1899 e il 1915, nel periodo cosiddetto giolittiano, dal nome del politico, Giovanni Giolitti, che fu egemone in quel periodo storico. Momento importante di questo periodo fu la guerra contro la Turchia (1911-1912), che, oltre a portare l’annessione come colonia della Libia, aprì le porte ad una rapida penetrazione italiana nei Balcani e persino in Asia Minore.


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coniarerivolta: La crisi politica e le trame dell’austerità

coniarerivolta

La crisi politica e le trame dell’austerità

di coniarerivolta

renziofortunaMentre la curva della pandemia non accenna a dare segnali di tregua e le conseguenze economiche della crisi sanitaria si fanno sempre più drammatiche – come segnalano ad esempio le ultime stime del MEF, che indicano una disoccupazione oltre il 12% nel 2021 – una imminente crisi di Governo ha catturato ormai da diversi giorni il centro del palcoscenico. Il redivivo Matteo Renzi, leader di Italia Viva, sembra davvero intenzionato a far cadere il Governo Conte Bis, lamentando una serie di gravi mancanze dell’Esecutivo nella gestione degli ultimi mesi. Renzi e la sua ciurma, infatti, ribadiscono a ogni occasione che la loro battaglia non è per una poltrona in più ma esclusivamente sui contenuti, sulle idee, sui valori!

A onor del vero, dal ponte sullo Stretto ad Autostrade, pochi sono stati gli ambiti che sono stati risparmiati da una sparata estemporanea. Ma, volendo identificare quello che sembra il tema che sta più a cuore ai nostri, la principale accusa scagliata da Renzi contro il Governo di cui fa parte riguarderebbe il mancato accesso ai fondi del cosiddetto MES sanitario.

 

Renzi e il MES sanitario: una bugia dalle gambe corte

Renzi ha, infatti, rispolverato il tema della necessità di ricorrere al MES per incrementare la spesa sanitaria, assumere più personale e comprare più materiale, arrivando addirittura a dichiarare che se avessimo fatto ricorso al MES sei mesi fa ad oggi avremmo più persone vaccinate.


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Alessandro Visalli: Incroci, corrispondenze, potere, tecnologia: social e censura

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Incroci, corrispondenze, potere, tecnologia: social e censura

di Alessandro Visalli

Olivetti Programma 101 Museo scienza e tecnologia
            MilanoMeryle Secrest, in una biografia del 2019[1], tratteggia da consumata professionista quale è lo straordinario cespuglio di coincidenze, intrighi, interessi e casi che fermarono, tra il 1959 ed il 1963 la possibilità che il significativo vantaggio acquisito nello sviluppo dell’information technology di massa da un’innovativa e influente azienda italiana, ed il suo creativo management tecnico, producesse effetti imprevedibili e mettesse in prospettiva a rischio la stessa egemonia americana. Si tratta di una nuova biografia di Adriano Olivetti che descrive la parabola della fabbrica, dalla fondazione da parte del socialista Camillo, padre di Adriano, fino alla gestione de Benedetti, dal 1978. L’azienda cresce nel settore apparentemente marginale delle piccole macchine per ufficio e si fa strada grazie ad un mix straordinario di innovazione tecnica, sagacia imprenditoriale, cura per la qualità e il design, amore per il territorio e attenzione al fattore umano. Non è la sede di richiamare questi aspetti, per i quali rimando ai post[2] scritti sul tema.

L’azienda cresce, sotto la guida di un sognatore pratico e non esente da capacità di adattamento anche nelle relazioni politiche e internazionali. Negli anni del fascismo Adriano, che accompagnerà personalmente l’amico Turati fuori del paese, riesce infatti, pur essendo di origini ebraiche, a conservare un rapporto con il regime mentre lavora segretamente alla sua caduta. Triangolando con i servizi angloamericani dell’Oss, in particolare con una figura chiave come Angleton, con lo pseudonimo di mr Brown, si impegna negli ultimi anni della guerra a tessere una rete di contatti trasversale, tra i partiti antifascisti in Italia e all’estero, e rapporti con rami della famiglia reale, per cercare di favorire la caduta del regime.


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Donatello Santarone: La Cina di Marx

ospite
              ingrato

La Cina di Marx

di Donatello Santarone

1EpWFIhvnpTeBGk4lmRSZIgDue sterline ad articolo: tanto era il compenso che Karl Marx, «il nostro corrispondente da Londra», percepiva per i suoi densi e documentati articoli sul quotidiano statunitense «New York Daily Tribune», articoli che spaziavano dalla schiavitù in America al Risorgimento italiano, dalle guerre dell’oppio in Cina al colonialismo britannico in India, dalla servitù della gleba nella Russia zarista alla guerra di Crimea, dalle dittature borghesi di Napoleone III (1808-1873) e Lord Palmerston (1784-1865) alle crisi finanziarie e commerciali dei principali paesi europei.

La «New York Daily Tribune» fu fondata nel 1841 come giornale della componente di sinistra del partito whig americano. Nei decenni Quaranta-Cinquanta si distinse per la campagna antischiavista, e negli anni in cui vi collaborarono Marx ed Engels era l’organo del partito repubblicano statunitense. Marx dall’inizio del 1853 scriveva gli articoli direttamente in inglese e alcuni venivano talvolta pubblicati senza l’indicazione dell’autore. Ma le indicazioni contenute nei taccuini in cui Marx e sua moglie Jenny annotavano la data di stesura o di spedizione dei singoli articoli e quelle presenti nella corrispondenza di Marx ed Engels negli stessi anni consentono di individuarne, al di là di ogni dubbio, la paternità letteraria. Gli articoli di Marx, inoltre, subivano spesso più o meno pesanti interventi redazionali.

La «Tribune» è stata fondata da Horace Greeley nel 1841 come organo militante delle cause progressiste, benché con un particolare carattere americano e cristiano. […] Durante il periodo in cui egli [Marx] vi scrisse, il giornale contava più di 200.000 lettori ed era il quotidiano più diffuso nel mondo in quel periodo.


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Marco Cosentino: Il punto sulle cure e sui vaccini

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Il punto sulle cure e sui vaccini

Francesco Servadio intervista il prof. Marco Cosentino

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            20200911 WA0063A quasi un anno di distanza dall’inizio della pandemia di coronavirus, non ci è dato ancora di intravvedere una via d’uscita: malati, decessi, ospedali perennemente in affanno, oltre a una crisi economica che si preannuncia catastrofica, sono gli elementi molto inquietanti che si profilano per i prossimi mesi di questo 2021, allineato perfettamente al 2020 appena conclusosi. A fare il punto sull’emergenza sanitaria, sulle terapie e sui vaccini contro il Covid-19 è il medico Marco Cosentino, dottore di ricerca in Farmacologia e Tossicologia, nonché professore ordinario di Farmacologia presso la Scuola di Medicina dell’Università dell’Insubria, dove dirige il Centro di ricerche in Farmacologia Medica. Il professor Cosentino è inoltre autore di centinaia di pubblicazioni su riviste internazionali, di libri e capitoli di libri, inerenti la fisiopatologia e la farmacoterapia di malattie del sistema nervoso e del sistema immunitario, la farmacologia clinica, la farmacogenetica e la farmacovigilanza.

* * * *

Professore, la terza ondata pare ormai inevitabile. Tuttavia il mainstream si sofferma quasi esclusivamente sul vaccino, non ancora disponibile per tutti, anziché sulle cure. Cosa sta succedendo?

“Si evidenzia senza ombra di dubbio un problema di natura organizzativa e strategica. Ad un anno ormai quasi compiuto dalla manifestazione della vicenda, le strutture e attività, nonché il modus operandi del sistema sanitario proseguono, tuttavia, come se l’emergenza fosse appena stata dichiarata.


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tonino

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Jan 26, 2021, 7:59:45 AM1/26/21
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Roberto Fineschi: Abbozzo di riflessione sul PCI e sulla sua crisi

cumpanis

Abbozzo di riflessione sul PCI e sulla sua crisi

di Roberto Fineschi

fineschi foto abbozzo di riflessioneCon molte riserve e ritrosie vergo queste note per il centenario della fondazione del Partito Comunista Italiano, non essendo io uno storico e tanto meno un esperto di questo tema specifico. Quanto segue sono riflessioni sviluppate soprattutto nella prospettiva di un conoscitore della teoria di Marx come teoria della processualità storica. Si tratta di commenti provvisori, schematici e quanto mai aperti a essere discussi. Sono riflessioni che hanno inevitabilmente sullo sfondo il presente e le sue problematiche. Il tema abbozzato è quello dello snodo degli anni settanta, la figura di Berlinguer e i cambiamenti storici allora intervenuti e probabilmente ancora irrisolti.

 

1. Gli anni settanta e Berlinguer come figura di un momento di svolta

Gli anni settanta sono segnati dalla strategia del “compromesso storico” che, nella mente dei suoi promotori, si reggeva su due fondamentali premesse teoriche, strategiche e di fatto:

1) la crisi del comunismo sovietico come modello di socialismo praticabile in occidente (in realtà iniziava a delinearsi l’idea della sua impraticabilità in generale): esso non funzionava in quanto autoritario (i freschi fatti cecoslovacchi del ‘68 lo avevano dimostrato) e in quanto non-europeo (impossibile realizzarlo nell’Europa occidentale con la sua complessa stratificazione sociale e le sue diffuse libertà formali);

2) il colpo di stato in Cile: una via parlamentare al socialismo non era possibile perché, anche in caso di vittoria elettorale, le forze dell’imperialismo mondiale avrebbero messo fine in forma violenta a tale esperienza.


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Carlo Formenti: Dalla IBM alla Gig Economy

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Dalla IBM alla Gig Economy

Tutti i modi per dividere i lavoratori

di Carlo Formenti

5535457 95 2020 10 20 TLBNei primi anni Settanta, dopo un’esperienza di lotta sindacale nella multinazionale americana di cui ero dipendente (la 3M Minnesota), mi fu offerta la possibilità di divenire funzionario dei metalmeccanici, con l’incarico di seguire i settori a prevalente composizione tecnico impiegatizia. Per un giovane (23 anni), era una incredibile opportunità, sia di fare nuove esperienze, sia di valutare il potenziale conflittuale degli strati medio alti della classe lavoratrice che, in quegli anni (sull’onda delle lotte studentesche e operaie del 68/69), sembrava in crescita. Quindi, dopo qualche esitazione dettata da scrupoli ideologici (militavo nel Gruppo Gramsci, una delle formazioni della sinistra extraparlamentare duramente critiche nei confronti delle organizzazioni tradizionali del movimento operaio) decisi di accettare. I compagni di organizzazione condivisero la mia scelta, anche perché la proposta veniva dalla FIM di Milano che, a quei tempi, rappresentava – malgrado l’affiliazione confederale alla CISL - la punta più avanzata del movimento sindacale “ufficiale”, tanto sul piano rivendicativo (aumenti uguali per tutti) quanto sul piano organizzativo (appoggio all’organizzazione operaia di base fondata sui delegati di reparto - Quam mutatus ab illo !).

Seguirono tre anni di preziose esperienze di lotta (sia pure soggette ai limiti di uno di strato di classe restio, per mentalità e cultura, a condividere le velleità antagoniste dell’operaio comune) che mi consentirono di allungare lo sguardo verso quell’imminente futuro di ristrutturazioni tecnico-organizzative che – assieme ai processi di finanziarizzazione e delocalizzazione produttiva – avrebbero consentito al capitale di sbaragliare il nemico di classe.


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Niccolò Biondi: Feudalesimo 2.0, le due anime del neoliberalismo

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Feudalesimo 2.0, le due anime del neoliberalismo

di Niccolò Biondi

monbiotDopo l’assalto dei sostenitori di Trump alle stanze di Capitol Hill è arrivata la censura da parte di Facebook, Google, Twitter ed altre piattaforme agli account dell’ormai ex Presidente degli Stati Uniti: un evento che segna un salto di qualità nella gestione politica dei social network e dello spazio virtuale, e che mostra apertamente una delle dinamiche profonde che stanno portando il sistema politico occidentale verso una forma di feudalesimo 2.0 in cui, a farla da padrone, sono dei colossi economici privati che non solo sono in grado di svincolarsi rispetto alla presa dei poteri pubblici nazionali, ma che – nel caso specifico dei social network – hanno il potere di regolare, controllare e gestire quello spazio virtuale che, nei fatti, ha oggi assunto le funzioni pubbliche e politiche che anticamente erano svolte dall’agorà. Sui social network, infatti, avviene oggi la gran parte del dibattito pubblico e si forma quindi l’opinione politica dei cittadini: chi ha il potere di decidere chi ha titolo legittimo a parlare, che cosa legittimamente si può affermare e il modo in cui si può farlo (quali parole sono ammesse, quali vengono censurate, et cetera) ha de facto un potere superiore a quello dei politici e delle istituzioni pubbliche, dato che i politici e le istituzioni pubbliche si trovano a dover operare in una realtà socio-culturale (dalla cui opinione diffusa dipende la propria legittimità) i cui tratti sono definiti dal dibattito che avviene sui social network e nella forma permessa dai loro proprietari.


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Giacomo Marchetti: Jack Ma, ovvero la dissolvenza del capitalismo cinese…

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Jack Ma, ovvero la dissolvenza del capitalismo cinese…

di Giacomo Marchetti

A seguire un articolo di Tom Mitchell, Yuan Yang e Ryan McMorrow

Dopo tre mesi di assenza ed una discreta quantità industriale di illazioni sulla sua sorte, Jack Ma, il multimiliardario cinese e quarto uomo più ricco della Repubblica Popolare, è riapparso mercoledì di questa settimana in un video.

Era “scomparso”, se così si può dire, il 24 ottobre, da quando aveva apertamente criticato i regolatori finanziari cinesi in un forum a Shanghai.

Il fondatore del colosso digitale Alibaba, che secondo le stime controlla il 55% dei pagamenti digitali in Cina in un regime di duopolio de facto, aveva mosso critiche piuttosto dure che devono avere indisposto la dirigenza del Partito Comunista Cinese perché mettevano in discussione, in primis, la governance del settore bancario, che è totalmente in mano pubblica.

Tra l’esponente di spicco della borghesia monopolistica cinese e le autorità politiche della Repubblica Popolare vi era una netta contrapposizione che esprimeva due punti di vista difficilmente conciliabili: da un lato lo sviluppo delle innovazioni finanziarie, di cui Ma è promotore, senza alcun calcolo del rischio che comportano, dall’altro la necessità di prevenire e annullare i rischi che i mercati finanziari producono sempre.


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Borne: I fuochi della rivolta e il ballo in maschera dei suprematisti

commonware

I fuochi della rivolta e il ballo in maschera dei suprematisti

di Borne

"Borne" risponde alla riflessione di Commonware sull'assalto a Capitol Hill

Le lotte e i sommovimenti statunitensi arrivano da questa parte dell’atlantico sempre attraverso la mediazione di una lente spettacolarizzante: se da una parte the land of the free resta peculiare per la sua interpretazione radicale di tutti le contraddizioni sollevate dalla pandemia, dall’altra si pone come modello di una parte essenziale della politica occidentale, cioè il piano della rappresentazione democratica.

Sentiamo dire da più parti che il sistema americano è messo in tensione dalla polarizzazione politica che lo attraversa, ma questa affermazione va approfondita e messa in dubbio, se non altro perché il grande ciclo di espansione apertosi negli anni ‘70, ha avuto uno dei suoi meccanismi di stabilità proprio nella capacità di mantenere polarizzazioni politiche che alimentassero la dialettica democratica interna: se la democrazia funziona e ricompone le fratture imposte dalle lotte antirazziste americane, è proprio grazie a un’inclusione conflittuale dentro la sfera democratica; alcune marginalità acquistano una rappresentazione poiché la loro conflittualità è rappresentabile dialetticamente.


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Giuseppe Germinario: Conte 2 e 1/2…quasi 3

italiaeilmondo

Conte 2 e 1/2…quasi 3

di Giuseppe Germinario

Ad un Matteo che langue e che rischia di fermarsi sulla soglia del traguardo o tuttalpiù di giungere alla meta vincitore, ma spossato, da alcuni anni nello scenario politico italiano si avvicenda un altro Matteo pronto a risorgere improvvisamente dalle ceneri. Entrambi amano l’azzardo e il colpo di scena, in particolare l’abbandono ostentato del palcoscenico.

Matteo I soprattutto perché è un istintivo. Diciotto mesi fa ha abbandonato la scialuppa di Giuseppi, sicuro di poter raccogliere a giorni il frutto elettorale della sua azione politica e fiducioso delle rassicurazioni del suo alter ego, Matteo II. Mal gliene incolse. Aveva sottovalutato la spregiudicatezza del suo clone e il trasformismo ecumenico e senza patemi e remore di Giuseppe Conte. Tutto sommato, però, gli è andata bene. Ha potuto conservare ancora per tempo in un unico consesso le due anime poco armoniche che ormai costituiscono il suo partito eludendo quelle scelte obbligate e dirimenti che di lì a poco la contingenza politica lo avrebbe costretto a prendere; le due anime essendo quella storica, localistica, fornita di radici territoriali e sociali ben delimitate e di una classe dirigente con una qualche esperienza amministrativa; quella nazionale tanto appariscente e conclamata, quanto priva di contenuti solidi e di portatori all’altezza della situazione sino a rischiare di scivolare ripetutamente nell’effimero.


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Sandro Arcais: Pil e morti

pensieriprov

Pil e morti

di Sandro Arcais

Viviamo in tempi confusi, ma non perché questa caratteristica sia dei tempi che viviamo. La realtà è che noi siamo confusi, al limite della follia. Siamo come la classica mosca che ostinatamente tenta inutilmente di uscire da una finestra chiusa e sbatte in continuazione contro il vetro. Non vede il vetro e quindi pensa che non ci sia. E ci sbatte in continuazione contro, ripetendo ottusamente lo stesso errore.

Prendiamo il pensiero della Moratti sulla distribuzione dei vaccini: distribuire il vaccino sulla base dei criteri della mobilità, dell’incidenza della pandemia, della densità della popolazione e del pil.

Il riferimento al Pil come criterio per distribuire i vaccini tra le Regioni, precisa l’assessorato al Welfare, non si riferisce alla “ricchezza” di un territorio, e quindi dei suoi abitanti, ma al numero delle sue imprese e quindi alla capacità di favorire “un riavvio del motore economico del Paese”. (qui)

Moratti non fa altro che applicare la logica della distribuzione dei finanziamenti ai servizi sociali sulla base della spesa storica alla distribuzione dei vaccini.


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Giorgio Cesarale: Americana II. 6 gennaio 2021: insurrezione, colpo di Stato o cosa?

filosofiainmov

Americana II. 6 gennaio 2021: insurrezione, colpo di Stato o cosa?

di Giorgio Cesarale

È appena terminato l’Inauguration Day della Presidenza Biden e un empito di emozione ha invaso il petto della stampa borghese, dalle Alpi alle Piramidi dal Manzanarre all’Hudson. Quel che si spera è che sia la volta buona per risistemare il volto, invero sfigurato, della vecchia signora “democrazia americana”. Bei tempi quando uno dei più commoventi combattenti per il “mondo libero”, Angelo Panebianco, poteva scrivere che “dalla fine della Seconda guerra mondiale” l’America “ha contribuito a difendere e a sostenere” la “società liberale occidentale”, di contro a tutti quei cattivoni dei totalitari, che magari oggi sono putiniani e filo-cinesi, ma ieri erano comunisti, e che, in quanto “nemici del libero mercato e della democrazia (occidentale)”, da “sempre, odiano l’America perché, con le idee e con le armi, ha sostenuto, e difeso (contro i vari tipi di totalitarismo che si sono succeduti nel corso del tempo), questi due pilastri della società liberale” (Le ipocrisie di chi odia l’America, “Corriere della sera”, 20 maggio 2017).


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Dinos Giagtzoglou: Il corpo al lavoro

ilrovescio

Il corpo al lavoro

di Dinos Giagtzoglou

51X8sg0ev9LMentre è già partita la campagna militar-vaccinale più grande della storia, in cui le multinazionali farmaceutiche e gli Stati si spartiscono i relativi interessi (i giganteschi profitti, le prime; la potenza propagandistica, la retorica nazionalista e la blindatura di ogni dissenso, i secondi), ci è parso utile ripubblicare un testo di tre anni fa, scritto nel periodo delle vaccinazioni obbligatorie introdotte dal governo italiano per conto della Glaxo. Non solo, come si legge nel testo, da tempo si brevettano e si quotano in borsa farmaci non ancora sperimentati, ma oggi, per la prima volta, si autorizza la somministrazione di vaccini mRNA – basati, cioè, sulla tecnica dell’editing genetico – dopo solo tre mesi di sperimentazioni, laddove farmaci basati sulla stessa tecnica (e rivolti a un pubblico molto più limitato) non avevano ancora ricevuto un’autorizzazione, nemmeno dopo anni di test clinici. Che si tratti di una sperimentazione biotecnologica di massa è un dato di fatto (anche in senso “clinico”). Un salto in avanti di cui nessun pensiero critico può trascurare la portata.

* * * *

Il corpo al lavoro

Il progetto finale della scienza è ormai, in modo non più occulto, il dominio totale dell’oggetto sul soggetto, della “macchina” sull’uomo, del non-essere, spacciato come dover essere, sull’essere.

G. Cesarano, E. Ginosa, L’utopia capitalista, 1969

Il contenuto reale dell’alternativa in gioco è apocalisse o rivoluzione … la rivoluzione della vita contro la morte è una rivoluzione totale, una rivoluzione biologica, definitoria delle sorti della specie.

G. Cesarano, G. Collu, Apocalisse e rivoluzione, 1973


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Fosco Giannini: Il socialismo per cui dobbiamo batterci, e il partito comunista che ci serve

la citta
            futura

Il socialismo per cui dobbiamo batterci, e il partito comunista che ci serve

di Fosco Giannini

I limiti teorici, organizzativi e pratici che sono alla radice della scomparsa del Pci. Quale partito comunista serve oggi?

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            Tesserapcd21Ponendomi l’obiettivo di star dentro uno spazio ragionevole per poter affrontare seriamente la questione postami dall’ormai prestigioso giornale “La Città Futura” (un ragionamento sul 100esimo del PCd’I e su quale partito comunista per il presente e il futuro) non posso che preannunciare un linguaggio simile alla musica jazz, spesso basata su interi periodi sincopati.

Per ciò che riguarda l’intera storia del Pcd’I-Pci c’è innanzitutto da liberarsi da un “equivoco” che è stato ed è ancora obliquamente coltivato da alcuni dei gruppi dirigenti comunisti italiani successivi allo scioglimento del Pci: l’“equivoco” per cui la colpa dell’autodissolvimento del più grande partito comunista dell’occidente capitalistico sia stata solamente di Achille Occhetto. Credo che le avanguardie a cui posso rivolgermi attraverso “La Città Futura” sappiano già che questa “lettura” non solo è perniciosamente idealistica, ma è soprattutto brutalmente opportunista, poiché punta a deresponsabilizzare tutta la lunga fase “berlingueriana” che precede l’assassinio politico di Occhetto e a mitizzare acriticamente l’intera storia del Pci. Questo atteggiamento di rimozione è opportunista poiché tendente a ottenere il consenso (elettorale, militante) dei comunisti/e provenienti dal Pci, ed è nefasto poiché ha precluso e continua a precludere un’analisi seria della storia del movimento comunista italiano da cui possa partire un progetto di ricostruzione di un partito comunista all’altezza dei tempi e dell’odierno scontro di classe in Italia. D’altra parte, vi saranno pure dei motivi oggettivi per i quali le formazioni comuniste italiane successive al Pci siano andate tutte incontro a sostanziali e sempre più tristi fallimenti. E la rinuncia a un’analisi senza sconti della lunga storia del dissolvimento del Pci è senz’altro uno dei motivi oggettivi del fallimento delle esperienze politiche successive a essa.


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Nico Maccentelli: Mi è semblato di vedele un gatto!

carmilla

Mi è semblato di vedele un gatto!

di Nico Maccentelli

Schermata 2020 01 02 alle 08.48.44 300x293Il balzo del gatto “rosso”

In questo periodo la Cina è balzata alla ribalta nel mondo per la sua poderosa crescita economica, con le sue svolte pianificate sia a livello interno che nei rapporti internazionali, e non ultima per la capacità di affrontare velocemente crisi d’ogni tipo, compreso quella pandemica del covid. Ovviamente il mainstream prosegue la sua demonizzazione con la stantia vulgata anticomunista, con le solite modalità di amplificare e distorcere ogni episodio repressivo, quando poi tace sui crimini in Colombia, Cile, Palestina, Ucraina, Siria, nei feudi dell’impero USA-UE-NATO. Ma in realtà si tratta di comprendere una realtà sociale e culturale nettamente diversa dalla nostra, al di là delle veline di regime. Anche nell’ambito della sinistra anticapitalista le posizioni sono variegate e spesso in polemica tra loro. Ma l’esigenza di approfondire il tema della Cina da più approcci, economico, sociale, politico e culturale è un’esigenza sempre più sentita tra i compagni: proprio oggi alle ore 15,00 è possibile assistere al forum dal titolo: La Cina nel mondo multipolare, organizzato dalla Rete dei Comunisti, su fb con interventi di spessore (1). Inoltre segnalo due contributi: l’opera di Pasquale Cicalese: Piano contro mercato (2) e per quanto riguarda la storia della Cina nel periodo della Rivoluzione Socialista (fino alla Rivoluzione Culturale inclusa), suggerisco il seminario tenuto da Roberto Sassi nel 2017 a Pisa, dal titolo: Ribellarsi è giusto! visionabile su youtube (3)

Il mio scopo in questo intervento è però quello di partire da un approccio politico, che investe la visione stessa di socialismo sulla scorta di un’esperienza in buona parte già esaurita, e che riguarda principalmente quella porzione di mondo che la vulgata borghese occidentale definisce tutt’oggi come “comunismo” e che costituiva la quasi metà del pianeta. Una porzione di mondo che comprendeva con la Cina il socialismo reale sovietico.


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comidad: L’hard power di creare emergenze

comidad

L’hard power di creare emergenze

di comidad

Si è detto che i fatti di Capitol Hill avrebbero messo in crisi il “soft power” statunitense. Può darsi. In compenso agli USA rimane l’hard power, e non c’è potere più “hard” di quello di creare emergenze. Adesso infatti ci sarebbe una nuova emergenza: il “trumpismo”, che non è finito con il tramonto della presidenza del cialtrone Trump. Anzi, saremmo solo all’inizio dell’emergenza “trumpismo”. Minacciosamente ci si ricorda che Trump ha un seguito di settantaquattro milioni di elettori, ovviamente tutti armati, compresi i vecchietti. Lo scorso anno un “futurologo” americano, George Friedman, aveva già previsto che gli USA sarebbero precipitati in una sorta di nuova guerra civile, da cui però l’America risorgerà, per citare Petrolini, “più bella e più superba che pria”.

La nuova emergenza americana ha immediatamente contagiato (o suggestionato?) l’Europa, che sarebbe piena anch’essa di “trumpiani”, i “sovranisti”. Come anche altri “opinion leader”, Massimo Giannini lancia l’allarme ed individua un primo pericolo in Giorgia Meloni, troppo tiepida nel prendere le distanze dall’assalto al Congresso USA.


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Thierry Meyssan: Mark Zuckerberg censura governi

voltairenet

Mark Zuckerberg censura governi

di Thierry Meyssan

Facebook, la società di Mark Zuckerberg, è solita censurare governi. Dopo aver chiuso a dicembre 2020 account collegati all’esercito francese in Centrafrica e in Mali, e a gennaio 2021 quelli del presidente in carica degli Stati Uniti, ora ha chiuso quelli del team del presidente ugandese.

La decisione ha preceduto di qualche giorno le elezioni presidenziali in Uganda, cui il presidente Yoweri Museveni si era ricandidato, e ha favorito il concorrente, il cantante Bobi Wine.

Sono azioni che applicano l’accordo di collaborazione fra la multinazionale e l’Atlantic Council per favorire «l’utilizzazione corretta di Facebook nelle elezioni nel mondo intero, vigilando la disinformazione e l’ingerenza straniera, aiutando a educare i cittadini e la società civile».

Nel 2011, su richiesta d’Israele, Facebook censurò gli account che esortavano i palestinesi dei Territori a sollevarsi [1].


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Eric Toussaint: «Sospendere il pagamento del debito»

codicerosso

«Sospendere il pagamento del debito»

Nadjib Touaibia intervista Eric Toussaint

Éric Toussaint è il portavoce della rete mondiale CADTM (Comitato per l’abolizione dei debiti illegittimi)

 

Lo scorso mese di aprile il G20 ha valutato la questione di una sospensione del pagamento degli interessi del debito dei Paesi poveri fino alla fine del 2020. Di che si tratta in real?

In realtà le misure prese dal G20 sono totalmente insufficienti per quanto concerne un alleggerimento del debito e inaccettabili, dato che implicano di approfondire le politiche neoliberiste. Di 135 Paesi in via di sviluppo (PVS) il G20 ha ritenuto che 73 potessero beneficiare eventualmente di una proroga del pagamento del loro debito bilaterale (cioè il debito tra Stati). Questo rappresenta, nel migliore dei casi, l’1,6 % del debito pubblico estero dei PVS. Se un Paese vuole prorogare il pagamento del suo debito bilaterale deve impegnarsi ad attuare un programma neoliberista imposto dal FMI. Le limitazioni sono tali che solo 46 Paesi hanno chiesto di aderire alla normativa del G20. Bisogna rilevare che il G20 non ha accordato nessun annullamento, si trattava solo di rimandare il pagamento di una parte del debito.

 

In Africa il peso del debito pubblico è passato dal 35% del PIL al 60% tra il 2010 e il 2018. Il suo rimborso presuppone una media del 13% di rendita. Come uscire da questa spirale?

Per uscire da questa spirale bisogna sospendere il pagamento del debito e inoltre prendere altri provvedimenti: introdurre un’imposta di crisi sulle grandi fortune e le rendite più alte, imporre multe alle imprese responsabili della grande frode fiscale, congelare le spese militari…

 

In questo periodo di pandemia crede che sia legittimo reclamare il diritto alla sospensione del pagamento del debito per far fronte ai bisogni delle popolazioni?

Sì, naturalmente. Esistono argomenti solidi e giuridici che possono sostenere una decisione unilaterale di sospensione del pagamento. Per esempio questi due:

1) Lo stato di necessità: Uno Stato può smettere di rimborsare il debito perché il pagamento gli impedisce di rispondere ai bisogni più urgenti della popolazione. È esattamente il caso concreto che stanno affrontando ora numerosi Paesi del pianeta, la vita dei loro abitanti è direttamente minacciata se non si riesce a finanziare una serie di spese urgenti per salvare il massimo di vite umane.

2) Il cambiamento fondamentale delle circostanze: L’esecuzione di un contratto di debito si può sospendere se le circostanze cambiano in modo fondamentale indipendentemente dalla volontà del debitore. La giurisprudenza in materia riconosce che un cambiamento fondamentale delle circostanze può impedire l’esecuzione di un contratto internazionale.

Quando uno Stato invoca lo stato di necessità o il cambiamento fondamentale delle circostanze, il carattere legittimo o no del debito perde d’importanza. Anche se il debito reclamato al Paese è legittimo questo non impedisce la sospensione del pagamento.

Un aumento drastico delle spese in sanità pubblica avrà grandi effetti benefici per combattere altre malattie che affliggono soprattutto i Paesi del Sud, specialmente i Paesi africani. Si calcola che annualmente la malaria uccida 400.000 persone, soprattutto in Africa. La tubercolosi è una delle prime dieci cause di mortalità nel mondo, nel 2018 ha ucciso un milione e mezzo di persone. Le morti per malattie diarroiche arrivano a più di 430.000 l’anno. Circa 2 milioni e mezzo di bambini muoiono ogni anno nel mondo di denutrizione, direttamente o per malattie correlate con la mancanza di immunità dovuta alla denutrizione. Queste malattie e la denutrizione si potrebbero combattere con successo se i governi vi dedicassero le risorse sufficienti invece di rimborsare il debito.

 

Quale Paese può citare come esempio di quelli che hanno preso la decisione di sospendere il pagamento degli interessi del debito?

Dal novembre 2008 l’Ecuador ha sospeso il rimborso di una gran parte del suo debito seguendo le raccomandazioni di una commissione di audit integrale del debito alla quale ho partecipato come rappresentante del CADTM. Concretamente il Paese ha smesso di pagare gli interessi sui titoli venduti a Wall Street per un importo di 3 miliardi e 200 milioni di dollari. La stampa finanziaria internazionale ha strepitato, ma nel giugno del 2009 i proprietari del 91% dei titoli citati hanno accettato una perdita del 65%. Questo ha rappresentato per l’Ecuador un guadagno di più di 300 milioni di dollari l’anno per 20 anni. Questa riduzione del debito permise al Governo di aumentare considerevolmente le spese sociali negli anni 2009, 2010 e 2011, specialmente in sanità. Le condizioni di vita della popolazione sono migliorate in modo notevole. La vittoria dell’Ecuador sui suoi creditori è stata assoluta. E quando il Paese è tornato sui mercati finanziari gli investitori hanno fatto la fila per prestare al Paese.


Fonte www.rebelion.org, traduzione dallo spagnolo per Codice Rosso di Andrea Grillo


Militant: Giuseppi e il bomba

militant

Giuseppi e il bomba

di Militant

La commedia all’italiana che da anni si è impossessata, ormai, della politica istituzionale del Paese sta offrendo, in questi giorni, un altro spettacolo, che non abbassa la qualità della nostra grande tradizione teatrale. Due gli attori principali, secondo il classico copione (un “evergreen”, sempre molto efficace) degli antagonisti-litiganti, così diversi eppure così simili. Il primo è Matteo Renzi, un attore già da tempo sulle scene, nonostante l’ancor giovane età: di fatto nato sul palcoscenico, con importanti punti di riferimento teorici alle spalle, ultimo epigone di una grande scuola teatrale, quella democristiana, da tempo in declino, non tanto a livello di contenuti (che di fatto riescono ancora a imporsi, anzi: più di prima!), quanto di personale politico, molto scaduto negli anni. Lo stesso Renzi rappresenta un’evoluzione/involuzione del teatrante democristiano, alla ricerca di un equilibrio molto sottile tra la promozione degli interessi della sua parte politica e l’esaltazione di un personalismo esasperato (tanto che a Firenze era conosciuto con un efficace nomignolo: “il bomba”).


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Davide Romaniello: Uno sguardo eterodosso sull’economia italiana

sbilanciamoci

Uno sguardo eterodosso sull’economia italiana

di Davide Romaniello

L’ultimo libro dell’economista Antonella Stirati, “Lavoro e salari. Un punto di vista alternativo sulla crisi”, fornisce una chiave di lettura eterodossa sui temi dell’attualità economica. Il testo sarà presentato il prossimo 22 gennaio in un evento online promosso dalla Rete Italiana Post-Keynesiana

È forse ineluttabile la crisi dell’economia Italiana? Ci sono caratteristiche endemiche della struttura economica e sociale del nostro paese per cui la situazione di alta disoccupazione che si protrae ormai da tempo possa essere ritenuta un fatto naturale? Sono necessarie importanti “riforme strutturali” (e quelle che abbiamo già subito hanno prodotto i risultati sperati)? A queste e altre domande risponde l’ultimo libro di Antonella Stirati, professoressa di Economia politica presso l’Università di Roma Tre, Lavoro e salari. Un punto di vista alternativo sulla crisi (edizioni L’asino d’oro). Il testo è organizzato in tre sezioni che possono essere intese autonomamente, ma che sono logicamente legate dall’approccio teorico seguito dall’autrice. A partire dal lavoro di Piero Sraffa (1960)[1] e dagli sviluppi successivi che si devono in particolare a Pierangelo Garegnani, viene recuperato il contributo degli economisti classici allo studio della distribuzione del reddito (tra tutti Smith, Ricardo e Marx), coniugandolo con una teoria della produzione e dell’occupazione di matrice keynesiana.


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Leonardo Mazzei: Cosa ci si deve aspettare?

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tonino

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Feb 1, 2021, 5:23:53 AM2/1/21
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Fausto Sorini e Salvatore Tiné: Alle origini della Bolognina e della «mutazione genetica» del Pci

marx xxi

Alle origini della Bolognina e della «mutazione genetica» del Pci

Un contributo per tenere aperta la riflessione storica

di Fausto Sorini e Salvatore Tiné

In occasione dei 100 anni della nascita del Partito Comunista d'Italia riproponiamo questo articolo

conclusioni politicheNell’analisi delle cause piú profonde del processo di «mutazione genetica» del Pci, destinato a sfociare nella svolta della Bolognina e quindi nella sua tragica auto-dissoluzione, è necessario riprendere la riflessione sulla storia dei comunisti italiani dal 1945 al 1989. Si è trattato infatti di un processo storico profondo, ma tutt’altro che lineare e fino alla fine sempre aperto a sviluppi e a esiti diversi e perfino contrapposti tra loro: la «mutazione genetica» che gradualmente e nelle forme di una trasformazione tanto profonda quanto «molecolare» ha investito una parte importante dei gruppi dirigenti a tutti i livelli del partito, la loro prassi concreta come la loro ideologia e cultura politiche, nel corso dei drammatici e travagliatissimi anni Settanta e Ottanta, ha incontrato ostacoli e resistenze tenaci, generando sempre contraddizioni e conflitti anche aspri, non solo tra i quadri del partito, ma anche nel suo corpo, ovvero nella massa degli iscritti e dei militanti. Sappiamo che il tema delle cause della «mutazione genetica» del Pci è destinato a rimanere ancora per molto tempo oggetto di una riflessione aperta e problematica. Ma sarebbe assai negativo non discuterne, non affrontare nemmeno o rimuovere il tema di enorme rilievo storico e politico, o riducendo tutto ad un colpo di testa dell’ultima ora della gestione occhettiana.

Non c’è dubbio che con la segreteria di Achille Occhetto la mutazione giunge a compimento. Serve un pretesto, un’occasione propizia per giustificare una svolta drastica, in un partito in cui forte è ancora il legame degli iscritti e dei militanti con il suo nome e i suoi simboli legati alla tradizione della III Internazionale.


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Francesco Piccioni: “Vogliamo fare l’impero europeo”, detto chiaro e tondo

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“Vogliamo fare l’impero europeo”, detto chiaro e tondo

di Francesco Piccioni

impero
            europeoE’ strano come sia passato quasi inosservato, tra molti compagni sempre “sul pezzo” quando si tratta di cogliere un sciocchezza di Salvini o una sacrosanta soddisfazione di Eric Cantona, un titolo di prima pagina del confindustriale Sole24Ore: «L’Europa? Sia un impero potente al servizio di buoni propositi».

Da anni ci battiamo – con qualche successo, per fortuna – per spiegare che l’Unione Europea non è “soltanto” un mercato comune, ma una sovrastruttura semi-statuale che sta realizzando da 30 anni, a colpi di trattati comunitari e “raccomandazioni” sempre più ultimative un trasferimento di poteri politici dagli Stati nazionali alla struttura con sede a Bruxelles (o a Francoforte, per quanto riguarda la Banca centrale).

Facciamo questo lavoro di “spiegazione” sciorinando fatti, indicando il contenuto dei trattati, illustrando certe decisioni e certi “diktat”, che nell’insieme descrivono una politica di classe, determinata e feroce nei confronti di lavoratori (“fissi” e precari), pensionati, disoccupati, giovani e via elencando categorie popolari.

Un “mercato comune”, del resto, non si preoccuperebbe di controllare le politiche di bilancio dei singoli Stati, non cercherebbe (con non molto successo) di individuare una politica estera unitaria, di costruire coordinamenti gerarchici di polizie, intelligence, forze militari, apparati ideologici e di comunicazione, ecc.

Ma torniamo al titolo del Sole, perché il virgolettato appartiene al ministro dell’economia francese, Bruno Le Maire, che si candida a succedere all’attuale presidente, Emanuel Macron, ai minimi della popolarità in vista delle elezioni del 2022.


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Thomas Fazi: Le radici social-liberiste del PCI

lafionda

Le radici social-liberiste del PCI

di Thomas Fazi

neoliberismIn un recente articolo ho ripercorso l’importante dibattitto economico che ebbe luogo nel 1976 nelle file del PCI, che portò il partito, nonostante il suo miglior successo elettorale di sempre – nelle elezioni politiche di quell’anno il Partito Comunista ottenne il 34 per cento dei voti, poco meno della DC –, ad offrire la sua adesione incondizionata alle politiche di austerità e di moderazione salariale promosse dal governo monocolore DC, sostenuto dal PCI nella forma dell’appoggio esterno al governo di solidarietà nazionale, e come quella svolta “economica” abbia rappresentano il primo passo verso la svolta “politica” che quindici anni dopo avrebbe portato alla morte del partito.

In quella sede, però, per ragioni di spazio, non ho approfondito le ragioni che portarono il PCI a prendere quella decisione, così determinante per il futuro del partito. È opinione diffusa secondo gli esponenti della sinistra contemporanea che esse vadano rintracciate unicamente nella difficilissima congiuntura storica in cui si trovava il nostro paese – e in particolare il PCI – e che la “disputa accademica” tra gli economisti vicini al partito, oggetto del mio articolo succitato, abbia avuto un ruolo del tutto marginale.

Come ha scritto l’amico Mario Monaco in un commento a margine di quell’articolo,

«l’azione politica del Partito Comunista va calata nella realtà difficilissima dell’epoca, nella quale il PCI dovette fare fronte a tentativi stragisti e golpisti, a movimenti alla sua sinistra che non vedevano l’ora di fare la festa a Botteghe Oscure, a forze reazionarie di ogni risma all’interno di un paese cattolico, socialmente conservatore e con un fortissimo tessuto imprenditoriale nel centro-nord del paese, il tutto in presenza di una scelta di campo politica, strategica, economica e oserei dire ideologica, fatta dall’Italia nel 1948».


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Francesco Cappello: Sinistre mutazioni genetiche

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Sinistre mutazioni genetiche

Le scelte liberiste del PCI

di Francesco Cappello

cappello foto berlingue e scalfari All’inizio degli anni ’80, in quell’Italia dominata dalla strategia della tensione, con gli elenchi della P2 da poco venuti alla luce, dopo 35 anni di opposizione, moralizzazione, contenimento dei consumi, austerità e lotta all’inflazione diventano parole d'ordine del PCI di Enrico Berlinguer.

La reazione di E. Berlinguer e del PCI a quella male intesa inflazione da costi (1) causata dalle prime crisi petrolifere degli anni ‘70, che accadeva nel seno di una economia generalmente espansiva, la quale aveva permesso al nostro paese di risollevarsi dalle macerie della guerra, crescendo con un ritmo vertiginoso del 5,5% in media per 35 anni è già leggibile in un intervento del 1976, in cui il segretario comunista era intervenuto sulle pagine dell’Unità denunciando il “pericolo inflazione“ rispetto al quale, peraltro, il potere d’acquisto dei lavoratori era già protetto dal meccanismo della indicizzazione di salari e stipendi, la cosiddetta scala mobile.

Che la causa dell’inflazione fosse prevalentemente esogena, legata cioè alle crisi petrolifere mediorientali, era inizialmente riconosciuto da parte di economisti, politici e media seppure nel seguito tale consapevolezza verrà progressivamente rimossa. Ad essere rimossa la differenza tra inflazione da costi, da domanda e inflazione da mancata, pronta risposta dell’offerta… e ancora inflazione da eccesso di moneta in circolazione rispetto alla forza dell’economia. In Italia, il 14 febbraio 1984 il decreto di San Valentino approvato dal governo Craxi tagliò 3 punti percentuali della scala mobile, accogliendo la proposta avanzata da Ezio Tarantelli nell'aprile del 1981 sul quotidiano La Repubblica.


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Sergio Cararo: Sul governo Conte giochi spericolati

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Sul governo Conte giochi spericolati

di Sergio Cararo

La maionese del secondo governo Conte alla fine è impazzita. Continuano a piovere pietre da ogni lato, anche da dentro la maggioranza, e soluzioni diventano perciò avventurose.

Per tutta la giornata di lunedi si sono rincorse voci di una nuova salita del premier al Quirinale per rassegnare le dimissioni, magari vedersi assegnare un reincarico per un nuovo governo – il Conte ter – e quindi proseguire una navigazione a vista che sembra ormai essere l’unica ginnastica consentita.

La “salita” è prevista per questa mattina. Le dichiarazioni parlano di un possibile governo Conte ter, ma sul fatto che lo scenario sia questo più di qualche dubbio continuiamo a nutrirlo. Anche perché tutti gli attribuiscono l’intenzione di provare a fare un “governo di salvezza nazionale”, con le “forze europeiste”. E questo obbiettivo, obbiettivamente, potrebbe essere raggiunto – forse anche più facilmente – tramite qualche esponente “tecnico”, preso dalla ricca squadriglia di funzionari sovranazionali con passaporto italiano.

Qualche legittimo dubbio deve essere venuto anche a Conte. In questo circo di fratelli-coltelli, le assicurazioni che la prosecuzione della legislatura possa portare ancora la sua firma non appaiono così granitiche.


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ilsimplicissimus: Trump e il Disney word

ilsimplicissimus

Trump e il Disney word

di ilsimplicissimus

Alle volte è imbarazzante avere ragione, soprattutto quando si è quasi da soli ad averla. Quando venne eletto Trump la cosa mi fece un enorme piacere, non tanto per lo schiaffo dato alla Clinton e ai poteri globalisti di Wall Street perché immaginavo che comunque il presidente ne sarebbe stato impigliato, ma perché nella sua rozzezza nativa avrebbe finito per mostrare cosa era davvero l’America, cosa era diventata e cosa non era mai stata. Confidavo che questo tycoon avrebbe strappato il sipario di buone intenzioni, moralismo fasullo e pretesa di democrazia modello che sta dietro l’eccezionalità per mostrare di che lagrime grondi e di che sangue il progetto imperiale. In questo senso si pone come una delle figure più importanti della storia americana moderna e dunque anche occidentale: ha smascherato la favola secondo cui gli Usa sarebbero una democrazia sana e funzionante che può e deve fare da modello a tutte le altre. Trump ha mostrato agli americani, senza volerlo, che le istituzioni democratiche, già portatrici di un germe elitario, si sono pervertire rispetto a quelle di origine. Proprio il fatto che egli sia stato eletto contro il consueto aggregato di potere ha creato le tensioni che poi hanno strappato il sipario e fatto comparire in maniera quello che ci sta dietro.


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Mauro Armanino: Diserzioni di sabbia. Eroi, poeti e santi del Sahel

sinistra

Diserzioni di sabbia. Eroi, poeti e santi del Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 17 gennaio 2021. Perfino Dio, sembra, ha disertato il cielo, almeno a partire dall’ultimo natale. Da allora molti altri l’hanno imitato o, in alcuni casi, persino anticipato. Per esempio Antoine, la moglie e i loro quattro figli che abbandonano il Congo Democratico della Repubblica per l’Eldorado. Fanno tappa nel Burkina Faso per guadagnare abbastanza onde continuare il viaggio. Algeria, Libia, Marocco o forse altrove chissà. Muore la madre di malattia e il padre coi figli sbarcano a Niamey l’altro sabato. Attraversano le frontiere chiuse pagando alle forze dell’ordine, doganieri e assimilati, quanto avevano messo da parte per raggiungere il lontano Tchad. Da lì sarebbero poi passati nella Poco Repubblica Centrafricana per poi scivolare da dove erano partiti, pieni di speranze, due anni prima. Adesso ospiti in una casa protetta attendono il giorno che forse verrà, come sempre, magari quando meno lo si aspetta. Nel Sahel ci impegnamo a disertare le priorità ‘durabili’ pianificate dai donatori di umanitario a buon mercato. Disertiamo le misure barriera, la distanziazione sociale, le maschere, il coprifuoco, il confinamento e soprattutto l’amore a distanza. Il nostro Sahel è lui stesso, così come lo vedete, una diserzione rispetto al mondo che volete organizzarci a vostra immagine e somiglianza.


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Thomas Fazi: L'inutilità della UE

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L'inutilità della UE

di Thomas Fazi

Wolfgang Münchau: «L’UE sempre più inutile, ha toppato anche l’approvvigionamento dei vaccini»

La campagna vaccinale europea procede a passo di lumaca: al 22 gennaio, la UE aveva vaccinato solo l’1,89 per cento della sua popolazione, a fronte del 9,32 per cento della popolazione nel Regno Unito. Alla faccia di quelli che dicevano che con la Brexit il paese sarebbe rimasto a corto di aspirine.

Il motivo è che le dosi (di tutti i fornitori) in Europa stanno arrivando molto più a rilento del previsto – e di quanto non stia avvenendo nei paesi extra-UE.

Pare, per esempio, che AstraZeneca abbia destinato a paesi extra-UE (probabilmente il Regno Unito) le dosi di vaccino che erano state prodotte in Europa (in Belgio, oltre che nel Regno Unito), grazie a un prefinanziamento della UE, per essere destinate agli Stati membri in base a precisi accordi contrattuali di consegne trimestrali. Ma si tratta di un’ipotesi, perché la verità è che la UE non sa «quali dosi sono state prodotte finora, e dove, da AstraZeneca e, se sono state consegnate, a chi». A dir poco imbarazzante.


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Carlo Formenti: I dannati del clic

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I dannati del clic

Lavoro digitale e nuove forme di sfruttamento

di Carlo Formenti

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            Economy 1Il ruolo delle tecnologie digitali nella progettazione di nuove forme di sfruttamento delle classi lavoratrici, è al centro di un incontro organizzato dalla CGIL per martedì 2 febbraio https://www.centroriformastato.it/non-solo-rider-le-antiche-nuove-forme-di-sfruttamento-di-chi-lavora-per-e-con-le-piattaforme-digitali-5/. Negli ultimi anni, il tema è stato affrontato da diverse ricerche: dal libro di Riccardo Staglianò, Lavoretti. Così la sharing economy ci rende tutti più poveri (Einaudi 2018) al più recente Schiavi del clic. Perché lavoriamo tutti per il nuovo capitalismo (Feltrinelli 2020), di Antonio Casilli, il quale parteciperà all’incontro di cui sopra. Quel “tutti” che accomuna i due sottotitoli (“ci rende tutti più poveri”, “perché lavoriamo tutti”), sembra suggerire che gli autori credano di riconoscere, in queste nuove forme di sfruttamento, un tratto generalizzabile, universale dell’attuale fase di sviluppo capitalistico. Nel testo che segue mi propongo di problematizzare questa tesi. Ma prima è opportuno sintetizzare il contributo dei due libri alla comprensione di una serie di fenomeni che stanno mettendo in discussione alcuni concetti di base della sociologia del lavoro, dalla relazione fra tecnologia e occupazione all’idea stessa di lavoro.

Sulla questione della disoccupazione tecnologica Staglianò (cfr. la recensione che Alessandro Visalli gli ha dedicato http://tempofertile.blogspot.com/2018/10/riccardo-stagliano-lavoretti.html?q=gig+economy) resta nel solco della tradizione marxista: l’odierna tecnologia “ruba” il lavoro, come ha fatto fin dalla prima rivoluzione industriale, e lo fa non tanto e non solo per ragioni “oggettive” – cioè come effetto collaterale di un inevitabile quanto irreversibile “progresso” tecnico-scientifico – ma anche e soprattutto perché è lo strumento principale grazie al quale il capitale contiene il costo del lavoro quando questo accumula rapporti di forza tali da sfidare il profitto.


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Robert Kurz: Il canto del cigno dell’economia di mercato

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              di vaucan

Il canto del cigno dell’economia di mercato

di Robert Kurz

5e9610c7b43fec6780d030f0 o U v2Proponiamo qui una breve quanto densa intervista rilasciata al giornale politico TERZ1 da Robert Kurz nell’aprile 2000, poco dopo l’uscita del suo libro più famoso, lo Schwarzbuch Kapitalismus, cioè Libro nero del capitalismo (Eichborn Verlag, 1999).2 Un titolo, ad onor del vero, che non era quello che l‘autore aveva pensato per quest’opera, come dice anche nell’intervista. Il titolo che aveva prescelto (die Mühlen des Teufels, in italiano I mulini del diavolo) non indica, infatti, una semplice replica ai vari “libri neri” sul comunismo, in voga all’epoca. Piuttosto, richiama una critica feroce e sostanziale al sistema del capitale all’interno del quale Kurz pone anche il modello del socialismo reale, “vittima” soltanto presunta della potenza capitalistica, la quale – secondo la vulgata – avrebbe vinto questa lotta fra titani, solo apparentemente opposti.

In questa intervista Kurz tocca, di passata, alcuni dei temi salienti del suo pensiero, presenti anche nel libro in questione:

1) lo sguardo critico, già accennato, ai regimi dell’est, letti come modernizzazione forzata di recupero; tutt’al più, cioè, come immaturo succedaneo, anche parecchio difettoso, del modello capitalistico, quindi tutt’altro che sua presunta alternativa;

2) la crisi del lavoro astratto come crisi (non recuperabile) del capitalismo, dovuta al contradditorio modo di funzionamento del sistema stesso;

3) la barbarie come esito “naturale” della crisi di questo sistema, già fondamentalmente barbaro. La crisi definitiva del capitalismo, dunque, come una sorta di “ritorno alle origini”, solo senza più spazi reali di crescita;


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Giacomo Marchetti - Rete dei Comunisti: Forum Cina/1. Nel mondo multipolare: passato, presente e prospettive

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Forum Cina/1. Nel mondo multipolare: passato, presente e prospettive

di Giacomo Marchetti - Rete dei Comunisti

forum cina multipolare 500x300«Le discussioni sul presente e il futuro della Cina – una potenza “emergente” – mi lasciano sempre poco convinto. Alcuni sostengono che la Cina abbia scelto una volta per tutte la “via capitalista” e intenda anche accelerare la sua integrazione nella globalizzazione capitalista contemporanea. Chi propone questa ipotesi ne è abbastanza soddisfatto, e spera solo che questo “ritorno alla normalità” (essendo il capitalismo la “fine della storia”) sia accompagnato da uno sviluppo in direzione di una democrazia di stile occidentale (partiti, elezioni, diritti umani).

Costoro credono – o devono credere – nella possibilità che in questa maniera la Cina possa gradualmente raggiungere in termini di reddito pro capite il livello delle società opulente occidentali, cosa che io non ritengo possibile. La destra cinese condivide questo punto di vista. Altri deplorano tutto questo in nome dei valori di un “socialismo tradito”.

Altri si associano alle espressioni dominanti della pratica occidentale del China bashing Altri ancora, quelli al potere a Pechino, descrivono questo sentiero come “socialismo con caratteristiche cinesi”, senza essere più precisi. Comunque, ci si può fare un’idea più precisa leggendo i testi ufficiali e in particolare i piani quinquennali, che sono accurati e vengono presi piuttosto sul serio.

Nei fatti la domanda “la Cina è capitalista o socialista” è mal posta, troppo generica e astratta perché una qualsiasi risposta abbia senso nei termini di questa alternativa assoluta. Nei fatti, la Cina ha continuato a seguire un percorso originale dal 1950, forse persino sin dalla rivolta dei Taiping nel diciottesimo secolo».

Samir Amin, Cina 20131

Introduzione

Le contraddizioni aperte dagli anni ’50 nel movimento comunista dallo scontro – talvolta anche militare – tra il PCC ed il PCUS sono da sempre al centro dell’analisi e del posizionamento delle forze comuniste.


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Roberto Fineschi: Per il comunismo. Il concetto di classe

la citta
              futura

Per il comunismo. Il concetto di classe

di Roberto Fineschi

La crisi del Pci è dipesa anche da un’inadeguata definizione del concetto di classe. A tal fine è determinante il ruolo dei soggetti nell’attività lavorativa e le modalità del suo svolgimento. Accanto alla classe operaia dell’industria devono essere prese in considerazione oggi molte altre figure alle dipendenze di fatto del capitale per la sua valorizzazione e gli esclusi dal lavoro

5506bac382e397bb85ddaaecc03ee20b XLPremessa

In un precedente articolo sulla crisi del Pci individuavo, tra gli altri, due punti fondamentali che credo abbiano minato le sue capacità interpretative e di reazione ai cambiamenti di fase del modo di produzione capitalistico. Il primo è una inadeguata definizione del concetto di classe, il secondo un’incapacità di individuare le dinamiche concrete di trasformazione materiale dei processi economico-sociali e del loro connesso riverbero ideologico. In questa sede vorrei riprendere la prima delle due questioni.

Nella storia del Pci la declinazione fondamentale del concetto di “classe” è consistita nell’identificazione privilegiata del soggetto antagonista nella “classe operaia”. Nella dinamica storico-politica e poi nell’evoluzione della teoria dell’egemonia, essa si è estesa a includere nel “blocco storico” i contadini, al punto che sulle bandiere rosse sventolavano la falce e il martello. Il grande valore di questa alleanza e la sua centralità in una fase determinata della storia contemporanea dettero, da una parte, grande forza a quel movimento nella fase in cui essa sembrava effettivamente incarnare la soggettualità preponderante. È invece sembrato che il declino di quelle istanze reali sancisse una crisi definitiva anche del partito che se ne dichiarava portavoce, almeno nel cosiddetto mondo occidentale avanzato. I mutamenti storici che hanno ridefinito decisamente le configurazioni determinate della lotta di classe hanno lasciato spiazzati un po’ tutti.


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Fabio Nobile: Spunti su una crisi "compatibile”

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Spunti su una crisi "compatibile”

di Fabio Nobile

La sensazione di distanza dal dibattito che ho provato nel momento in cui Renzi ha aperto la crisi è il punto di partenza del ragionamento che proverò a sviluppare.

Nell’eterna transizione italiana dalla prima alla seconda repubblica, che non ha mai visto prendere una forma definita, la gestione di questa crisi evidenzia non solo un basso livello del ceto politico ma soprattutto uno scontro tutto interno a forze politiche “compatibili” o “compatibilizzate” con l’ordine esistente. Forse questo aspetto, da molti sottovalutato, è ciò che emerge con più forza. In realtà questo è l’unico, fondamentale e sicuramente il più importante vero obiettivo raggiunto dalle classi dominanti negli ultimi trent’anni nella lunga agonia delle trasformazioni istituzionali del Paese. A cento anni dalla nascita del Partito Comunista in Italia è un dato che va assolutamente sottolineato.

Ma veniamo a quanto sta avvenendo.

In primo luogo, è evidente quanto faccia gola alle forze politiche la possibilità di poter gestire nei prossimi due anni i 220 miliardi del Recovery Fund. Tale gestione post pandemia potrebbe garantire un consenso in vista della scadenza naturale del 2023 nonché un posizionamento politico e di potere di cui ora si mettono le premesse.


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Federico Giuliani: L’Ue sblocca gli aiuti ma l’Italia resta al palo: uno su due va alla Germania

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L’Ue sblocca gli aiuti ma l’Italia resta al palo: uno su due va alla Germania

di Federico Giuliani

In attesa di capire come sarà strutturato il prossimo governo italiano, Giuseppe Conte – o chi per lui – dovrebbe osservare ciò che sta succedendo in Europa e prendere appunti. Non c’è bisogno di guadare troppo lontano. La Germania, piaccia o non piaccia, in questa pandemia di Covid-19 continua a essere un modello di efficienza, tanto nella gestione dell’emergenza sanitaria quando nel sapersi districare nella burocrazia europea. E così, mentre l’Italia spera nei maxi aiuti/prestiti di Bruxelles (vedi Mes e Recovery Fund) senza ancora aver presentato piani adeguati e muovendosi alla rinfusa (vedi i dissidi in seno ai giallorossi sul Fondo salva-Stati), i tedeschi hanno messo la quinta per accaparrarsi la metà degli altri aiuti sbloccati dall’Europa, addirittura uno su due.

Di che cosa si tratta? Data l’emergenza sanitaria provocata dal Sars-CoV-2, Bruxelles ha alleggerito la pressione sui vari Paesi membri, consentendo interventi di spesa senza violare il divieto di aiuti di Stato e, soprattutto, bypassando il Patto di stabilità. Lo scorso marzo, infatti, Ursula von der Leyen, alla guida della Commissione Ue, aveva annunciato l’attivazione della clausola di sospensione delle regole del suddetto Patto di stabilità su debito e deficit pubblici.


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Michele Franco: Panzieri, il valore dell’eresia

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Panzieri, il valore dell’eresia

di Michele Franco

Il 21 gennaio – una data cara – è arrivato nelle librerie un lavoro editoriale di un giovane compagno di Quarto (un comune dell’area metropolitana napoletana) dedicato alla figura di Raniero Panzieri.

Il libro, scritto da Marco Cerotto, si chiama “Raniero Panzieri e i “Quaderni Rossi”. Alla radice del neomarxismo italiano”. La casa editrice è: “Derive Approdi” che, da sempre, cura la pubblicazione di testi e raccolte afferenti al variegato filone teorico ed analitico che – a vario titolo – è ascrivibile alla corrente del cosiddetto Operaismo.

Diciamo subito che il testo di M. Cerotto è un utile compendio – mai didascalico ma sempre con l’accuratezza di rilevare, di volta in volta, gli snodi culturali e politici salienti – dell’opera di Raniero Panzieri. Un libro che aiuta la riscoperta delle elaborazioni di una figura che molti vorrebbero collocata o nell’oblio o in una sorta di richiamo mitologico ad una fase eroica e irripetibile dello scontro di classe nel nostro paese.


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Francesco Galofaro: Facebook e Twitter sono Stati sovrani? La nuova sovranità algoritmica

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Facebook e Twitter sono Stati sovrani? La nuova sovranità algoritmica

di Francesco Galofaro

Il caso di Donald Trump ha fatto discutere, ma il presidente USA non è il solo uomo politico che, nel mese di gennaio, è stato tacitato da Twitter e Facebook. L’8 gennaio Twitter ha sospeso permanentemente il profilo di Trump per un presunto rischio di incitamento alla violenza in relazione al cambio della presidenza USA[1]. L’attacco di Twitter, Facebook & c. è chiaramente strumentale e interessato, dato che arriva dopo il cambio al vertice di Washington. Negli ultimi quattro anni, le regole di questi media non hanno impedito a Trump e ai suoi sostenitori di dire quel che è parso loro meglio.

Il 9 gennaio Twitter ha bloccato l'account dell'ambasciata cinese degli Stati Uniti per un post che difendeva le politiche di Pechino nello Xinjiang. Il post riprendeva un articolo del China Daily secondo il quale, grazie alle politiche del governo cinese, le donne di etnia uigura non sono più considerate "macchine per bambini". Secondo la piattaforma social, questo modo di esprimersi viola le sue politiche contro la "disumanizzazione"[2]. A parere di chi scrive, si direbbe piuttosto il contrario, poiché l’ambasciata rivendica il diritto delle donne ad essere considerate persone; è chiaro che si tratta di una scusa qualsiasi per operare una censura di natura politica sulla comunicazione del nemico.


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tonino

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Feb 3, 2021, 2:18:16 AM2/3/21
to sante gorini

Roberto Sassi: Forum Cina /2. La linea di Mao

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Forum Cina /2. La linea di Mao

di Roberto Sassi

Intervento al convegno La Cina nel mondo multipolare il 16 Gennaio 2020

forum cina linea maoPremessa

La mia relazione coprirà un arco di tempo piuttosto ampio ed affronterà problemi complessi, fortunatamente come introduzione ai temi trattati posso rimandare all’ottimo intervento del compagno Angelo D’Arcangeli per l’Accademia Rebelde il 27 novembre 2020 (https://youtu.be/ltRjeWEkAuo), che ripercorre in maniera sintetica le origini della rivoluzione cinese, il suo sviluppo e i primi decenni dell’edificazione socialista.

Nel periodo che va dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949 al 1976, anno in cui muoiono Zhou Enlai e Mao Zedong e la Cina cambia profondamente, esulando dai dati meramente macroeconomici, l’aspettativa di vita è passata da 40 a 65 anni (in India, nello stesso periodo, è passata da 38 a 54); la popolazione cinese è cresciuta da circa 550 milioni a circa 900 milioni di abitanti; il tasso di alfabetizzazione è passato dal 20% ad oltre il 65%; l’emancipazione della donna ha raggiunto grandi traguardi.

In questi anni, il governo è stato saldamente in mano al Partito Comunista Cinese, che pure ha sviluppato al suo interno e riversato nella società un ampio e spesso aspro confronto sui temi dell’edificazione della società socialista, così come ampio ed aspro fu spesso il confronto durante il precedente sviluppo della guerra di popolo.

Le figure di Mao Zedong e Zhou Enlai sono espressione con una certa evidenza di due tendenze: una dinamica, volta al movimento, al superamento degli assetti raggiunti, l’altra equilibratrice, volta alla stabilizzazione, al consolidamento dei risultati ottenuti.


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Mattia Gambilonghi: La democrazia sociale novecentesca come forma politica della parità relativa tra capitale e lavoro

marxismoggi

La democrazia sociale novecentesca come forma politica della parità relativa tra capitale e lavoro

di Mattia Gambilonghi*

846087a2fbedac47e57324d11ba9e8b1L’obiettivo del saggio in questione è quello di chiarire l’accezione del termine che dà il titolo al volume, quello, cioè, di “democrazia sociale”, e, in secondo luogo, di mettere in luce il legame che questa particolare forma politica viene ad instaurare, da un lato, con il cosiddetto costituzionalismo democratico-sociale (o “della seconda ondata”), e, dall’altro, con le forme di interventismo e di governo dei processi economici e sociali affermatesi a partire dall’entre-deux-guerres.

Inizieremo col dire che l’idea e il concetto di “democrazia sociale” ci sembra in larga parte coincidente e sovrapponibile con quello di “Stato sociale”, a patto però di concepire quest’ultimo non, à la Fortshoff, semplicemente come un segmento o una sezione dell’ordinamento politico e della sua organizzazione, ovvero come l’insieme delle erogazioni e delle prestazioni che attraverso le politiche economiche e di bilancio sono assicurate dallo Stato per tutelare e garantire i soggetti più deboli o in condizioni di difficoltà. Al contrario, secondo uno sguardo ed un approccio improntati alla globalità, lungi dall’essere un qualcosa di non-strutturale e di estremamente contingente e congiunturale – legato cioè ai programmi e alle deliberazioni politiche e in ragione di ciò inevitabilmente destinato ad espandersi o a contrarsi in base agli orientamenti del momento – lo Stato sociale va qui inteso nella sua accezione più larga e specificamente giuridica, sarebbe a dire, come una vera e propria forma di Stato dotata di una propria specifica razionalità interna e proprio per questo capace di distinguersi e di differenziarsi dal punto di vista qualitativo sia dai suoi predecessori, come ad esempio le varianti e diverse declinazioni dell’ottocentesco Stato liberale di diritto (Rechtsstaat, rule of law, ecc.), che dalle forme politiche caratterizzanti invece il ciclo neoliberale inauguratosi nel corso degli anni Ottanta.


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Tommaso De Lorenzis, Valerio Guizzardi, Massimiliano Mita: Rosso: quindicinale del Gruppo Gramsci

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Rosso: quindicinale del Gruppo Gramsci*

di Tommaso De Lorenzis, Valerio Guizzardi, Massimiliano Mita

Pubblichiamo la prima delle tre sezioni di archivio della rivista «Rosso». A questa seguiranno «Rosso – giornale dentro il movimento» e «Rosso – per il potere operaio».

La raccolta è scaricabile gratuitamente in fondo a questa pagina

Schermata del 2021 02 02 15 08 22Può apparire strano che la nascita della più celebre rivista dell’Autonomia non sia da attribuire a nessun segmento di quella dirompente costellazione teorico-politica che si è soliti chiamare «operaismo» italiano. Tanto più che, proprio a leggendarie pubblicazioni periodiche, le molteplici traiettorie del marxismo operaista hanno legato, da «Quaderni rossi» a «Contropiano», la loro travagliata fortuna.

Imprevedibili diversivi del caso? Bizzarrie della Storia? Oppure segni indicativi che prefigurano ciò che sarà? Difficile da dire. Di sicuro, sulla copertina del primo numero – recante la data del 19 marzo 1973 – si legge: «Rosso quindicinale politico-culturale del Gruppo Gramsci».

Agli albori, dunque, c’è un’altra eterodossia: quella deviazione dal formalismo dogmatico della tradizione emme-elle, praticata da un’area in rotta con il Partito comunista d’Italia (marxista-leninista) e facente capo a Romano Madera. Se l’intera vicenda di «Rosso» è avvolta dalle nebbie della rimozione, pedaggio pagato al permanere d’una riserva inquisitoria in campo storiografico, altrettanto arduo risulta ricostruire il profilo della realtà che ne promosse la fondazione. Delle ragioni di questa difficoltà si è scritto di recente, alludendo – da un lato – ai velenosi frutti della stagione repressiva e, dall’altro, a quella naturale assimilazione del «prima» al «dopo» che si generò, nella percezione di molti protagonisti, al momento dello scioglimento del Gruppo, ufficializzato nel dicembre del ’73.


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coniarerivolta: Recovery Fund: un’ipoteca sulla politica economica

 

coniarerivolta

Recovery Fund: un’ipoteca sulla politica economica

di coniarerivolta

Sul banco degli imputati, come capro espiatorio della crisi del governo Conte-bis, è piombata la gestione del Recovery Fund approntata dall’esecutivo. La crisi è infatti iniziata subito dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dell’ultima versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il 12 gennaio 2021, che ha innescato una serie di critiche serrate da parte delle istituzioni europee, tra cui quelle del Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni e del vice presidente della Commissione Dombrovskis. L’argomento è scottante perché riguarda il programma di politica economica dei prossimi sei anni, anni in cui i vincoli di bilancio torneranno ad essere stringenti e dunque le uniche risorse spendibili rischiano di essere quelle previste da PNRR. Una evidenza questa, scritta nera su bianco nello stesso Piano di Ripresa.

Abbiamo già discusso le ragioni dei severi richiami all’Italia da parte dell’UE e dei suoi più attenti portavoce nostrani, che coincidono con l’inizio della campagna politica e mediatica per il ritorno alla disciplina di bilancio e all’austerità.


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Niccolò Biondi: GameStop: come i pesci piccoli hanno sbranato i pescecani della finanza

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GameStop: come i pesci piccoli hanno sbranato i pescecani della finanza

di Niccolò Biondi

In un oceano in cui i pesci grossi divorano costantemente i pesci piccoli, a volte accade che siano i pesci grossi ad essere sbranati. È ciò che è accaduto in questi giorni nella borsa di Wall Street: migliaia di piccoli investitori hanno causato perdite miliardarie a vari grandi hedge funds, all’interno di un’operazione di speculazione sulle azioni di GameStop.

Ma avvolgiamo un attimo i nastri, e partiamo dall’inizio di questa storia. GameStop è un’azienda, con negozi in tutto il mondo, che opera nel settore videoludico; da anni a questa parte, a causa della crescente digitalizzazione dei videogames (una delle due versioni della Playstation 5, uscita lo scorso novembre, non ha neppure il lettore CD: molti videogiocatori ormai si limitano a scaricare i giochi in formato digitale, direttamente dai portali virtuali senza quindi acquistare il supporto fisico), sta costantemente perdendo quote di mercato e valore azionario, al punto che il valore di borsa dei suoi titoli è recentemente giunto ad uno dei minimi storici. È accaduto così che, qualche giorno fa, vari hedge funds e grandi investitori della borsa di Wall Street hanno deciso di mettere in opera una strategia di “short selling”, scommettendo sul ribasso ulteriore delle azioni di GameStop.


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Luciano Vasapollo: Cina: luci ed ombre nella continuità della pianificazione socialista

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Cina: luci ed ombre nella continuità della pianificazione socialista

di Luciano Vasapollo

Il Presidente attuale Xi Jinping si caratterizza spiccatamente per la sua guida in una fase in cui la Cina passa da uno stato di fortissimo sviluppo all’esercizio di uno status di potenza internazionale. Egli assume in sé le caratteristiche dell’innovatore nella continuità politica.

Proprio la continuità ideologica lo distingue, agli esordi della sua ascesa a Presidente (dopo essere stato vicepresidente del paese): secondo quanto riferito dal New York Times, egli in uno dei suoi primi viaggi e colloqui con i vertici del paese identificò le ragioni del collasso sovietico nello sgretolamento delle idee e dei valori del socialismo, dichiarando contestualmente la volontà del loro recupero e della loro ispirazione. In occasione della XX riunione dell’Ufficio Politico del CC del Parto Comunista Cinese, il Presidente Xi ha posto in particolar modo tracciato la continuità teorica del materialismo dialettico nello sviluppo della politica dei comunisti cinesi, da Mao a Xi appunto, affermando «il materialismo dialettico è la visione del mondo e la metodologia dei comunisti cinesi».

I fondamenti della dialettica del materialismo prendono le mosse, citando Engels, dall’universalismo della materia che unisce il mondo intero, che innerva l’oggettività delle cose da cui partire per l’analisi e per delineare e prospettive, in luogo del soggettivismo.


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comidad: Se non hanno pane che mangino gerarchie

comidad

Se non hanno pane che mangino gerarchie

di comidad

Agli inizi del 2016 la stampa diffuse la notizia che un film biografico sul campione olimpico Jesse Owens, vincitore di quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936, ripristinava la verità storica sul famoso aneddoto secondo cui Hitler si sarebbe rifiutato di stringere la mano al “negro” Owens. Sulla base della testimonianza e dei documenti fotografici forniti dallo stesso Owens, si è potuto ricostruire che in realtà Hitler strinse la mano al campione olimpico statunitense; fu invece proprio il presidente USA Franklin Delano Roosevelt a rifiutarsi di ricevere Owens alla Casa Bianca.

Le anticipazioni di stampa sul film furono poi smentite dai fatti, poiché si vide che la trama di “Race” continuava ad attenersi alla vecchia e falsa versione ufficiale, e non faceva alcun cenno alla discriminazione da parte di Roosevelt. I produttori di “Race” avevano investito una montagna di soldi, per cui non potevano correre il rischio di ritrovarsi il film emarginato dalla distribuzione. Anche tutti i tentativi di Owens di convincere i giornalisti a pubblicare la vera versione dei fatti, avevano ottenuto solo comprensione umana, poiché nessun giornalista se l’era sentita di giocarsi la carriera narrando di un Roosevelt più razzista persino di Hitler.


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coniarerivolta: Profitto contro stato sociale: la crisi accelera la resa dei conti

coniarerivolta

Profitto contro stato sociale: la crisi accelera la resa dei conti

di coniarerivolta

banchettoÈ passato meno di un anno dallo scoppio della pandemia da Covid-19 in Italia. Ad oggi, nonostante i diversi vaccini messi a punto, siamo ben lontani dal poter parlare della fine dell’emergenza. Molti settori economici sono tutt’ora interessati da limitazioni e da vere e proprie chiusure. Alcuni dei servizi essenziali funzionano ancora a singhiozzo, come i servizi sanitari e la scuola. I contagi giornalieri sono ancora oltre diecimila in tutto il Paese e i morti si contano a centinaia ogni giorno. Anche la campagna vaccinale va a rilento.

In parole povere, il ritorno alla normalità sembra ancora lontanissimo, per molti aspetti. C’è, però, un ambito nel quale la normalità potrebbe tornare prima del previsto: quello della disciplina di bilancio. Il problema è che non è una buona notizia. Il termine disciplina, infatti, non ha nulla a che vedere con le presunte virtù che potrebbe evocare. Con disciplina di bilancio si identifica il rispetto del pareggio tra le entrate e le uscite dello Stato, un’imposizione che da quasi trenta anni soffoca la crescita economica, con conseguente aumento della disoccupazione, e che ha portato il Paese ad affrontare l’emergenza Coronavirus con un sistema sanitario fortemente indebolito. È il binario morto dell’austerità, tanto caro alle classi dominanti e all’Unione Europea, dal quale solo negli ultimi mesi, per effetto del crollo delle entrate fiscali e delle (insufficienti) misure tampone per l’economia, si è temporaneamente deviato. Ma la normalità, intesa come pieno ossequio di questo paradigma, pare dietro l’angolo.


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Riccardo Bellofiore: Capitale senza rivoluzione?

palermograd

Capitale senza rivoluzione?

di Riccardo Bellofiore

Pubblichiamo la relazione di Riccardo Bellofiore alla conferenza sul centenario della rivoluzione d’ottobre tenuta a Roma il 18-22 gennaio 2017 e organizzata dall’associazione e rete C17. L’intervento è stato trascritto e pubblicato in Comunismo necessario – Manifesto a più voci per il XXI secolo, a cura di C17 (Mimesis, 2019).

L’intervento è strutturato in due parti. Nella prima troverete le domande poste da C17. La seconda parte è dedicata alle risposte di Riccardo Bellofiore

Domande di C17:

files8o75f5Cos’è diventato il Capitale nel XXI secolo? Come intendere la “singolarità” del capitalismo neoliberale? Si tratterà per un verso di qualificare – su scala globale – la nuova composizione del lavoro e dello sfruttamento. Ma anche, chiaramente, la composizione del Capitale stesso, tra estrazione del valore e finanza. Per l’altro di percorrere gli antagonismi e la produzione di soggettività (ambivalente) che segnano das Kapital contemporaneo.

1. Aggiornare la critica

Condizione e finalità della critica dell’economia politica borghese è, per Marx, l’esistenza delle classi e la loro incessante lotta: attraverso la «scoperta» dello sfruttamento, la critica marxiana rende visibile la società divisa in luogo dell’individuo isolato e la storia in luogo dell’eternità delle categorie dell’economia politica. Tuttavia, il nuovo paradigma economico-politico «borghese» oggi dominante ha radicalmente modificato il suo oggetto e le forme attraverso cui mistifica il conflitto di classe: alle classi sociali è stato sostituito l’individuo proprietario, alla legge del valore-lavoro quella del valore-utilità, fondando l’origine dell’economia sullo scambio di mercato anziché sulla produzione. In che modo una critica dell’economia politica adeguata al tempo presente deve confrontarsi con queste modifiche nell’oggetto della scienza economica?


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Francesco Del Vecchio: La guerra a Big Tech

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La guerra a Big Tech

di Francesco Del Vecchio*

Amazon, Apple, Google e Facebook sono sotto indagine negli Stati Uniti, dopo anni di mosse controverse

Schermata 2021 01 27 alle 09.29.15 1440x708Nei giorni dell’attacco a Capitol Hill, Facebook, Twitter e altri social network hanno preso decisioni senza precedenti nei confronti di Trump, rimuovendo post e profili legati all’ex presidente. C’è chi ha accusato le piattaforme di censura e chi invece ha rinfacciato loro di essere intervenute troppo tardi e in maniera puramente simbolica dopo anni in cui hanno hanno avuto un ruolo fondamentale proprio nel normalizzare e diffondere messaggi violenti. Una contraddizione e un conflitto che hanno comunque ricordato a tutti la centralità che i social occupano oggi nel dibattito pubblico. Le conseguenze dell’assalto al Congresso, tuttavia, rischiano di nascondere quella che fino a qualche mese fa era stata la storia centrale nel confronto tra la politica statunitense e Big Tech (Facebook, appunto, e Amazon, Apple, Google) e che riguarda la lotta al monopolio dei colossi tecnologici, contro cui la politica americana sembra (o almeno sembrava) aver trovato un accordo pressoché totale.

Lo scontro è esploso nello scorso ottobre, giungendo all’avvio di un processo contro Google da parte del Dipartimento di Giustizia statunitense. “Per molti anni, Google ha usato tattiche anticoncorrenziali per mantenere ed estendere il suo monopolio sul mercato dei servizi di ricerca generale e sulla pubblicità di ricerca, ovvero i pilastri del suo impero”, si legge nelle 57 pagine dell’accusa. Il Dipartimento di Giustizia ha evidenziato anche le differenze tra la Google di vent’anni fa, nata come una promettente start-up con un metodo di ricerca innovativo, e quella di oggi, ovvero “un monopolio che detiene il controllo totale di internet”.


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Enzo Gamba: Ma siamo sicuri che andrà tutto bene?

la citta
              futura

Ma siamo sicuri che andrà tutto bene?

I comunisti e la guerra di classe prossima ventura

di Enzo Gamba

La gravità della crisi acuisce la lotta tra borghesia e proletariato e tra grandi e piccoli capitali, sottomette ancora di più lo Stato al mercato e accentua la trasformazione bonapartista della politica. Per questo serve un programma minimo che unisca gli sfruttati e dia impulso alla costituzione del partito comunista

618a076585d77d8fbdbe7b813181766a XLCrisi economica e sanitaria

Verso la fine del 2019, nelle previsioni di alcuni avvertiti economisti, non solo marxisti, si indicava l’anno 2020 come l’anno in cui la crisi strutturale dell’economia mondiale capitalistico-finanziaria avrebbe avuto l’ennesimo crollo, un nuovo episodio di crisi che si determinava all’interno di quella che sembrava essere, ormai da decenni, la “normale” linea decrescente di recessione e stagnazione dell’economia mondiale capitalistica finanziaria, cioè di una tendenza complessiva che, pur negativa, prevedeva e teneva conto anche degli aspetti di “controtendenza”, come è il caso dell’economia cinese. Nell’anno 2020, nelle avvedute previsioni di questi economisti, sarebbero venuti al pettine anche i nodi delle gigantesche bolle finanziario-speculative che già nell’autunno del 2019 avevano cominciato a creare notevoli problemi.

Purtroppo, verso la fine di quell’anno iniziava silenziosamente a esplodere l’altra bolla, quella pandemica. Proprio come si espande una crisi economica, ma in questo caso a una velocità notevolmente maggiore, la crisi sanitaria dovuta alla Covid-19 ha bloccato l’economia mondiale e si è compenetrata con la crisi economica già operante: la crisi strutturale capitalistica ha preso la forma della crisi sanitaria, colpendo in maniera differenziata sia per nazioni, sia per classi, sia per settori economici produttivi, commerciali e finanziari.


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Il Pedante: Citizen Donald

ilpedante

Citizen Donald

di Il Pedante

L'esclusione dell'allora presidente uscente degli Stati Uniti d'America Donald Trump dai più importanti social network ha suscitato critiche, entusiasmi e sconcerto. La purga, partita da Twitter il 7 gennaio durante i disordini di Capitol Hill, ha poi coinvolto anche Facebook, Instagram, Twitch, Tik Tok, Snapchat, YouTube, Shopify e, indirettamente, anche piattaforme non allineate come Parler, affondato dalla decisione di Apple, Google e Amazon di non fornire più le infrastrutture tecniche necessarie al suo funzionamento. Gli alternativi Telegram, Signal e Gab resistevano, e di conseguenza imbarcavano milioni di nuovi utenti incassando l'accusa di ospitare pericolose orde di ultradestra.

È noto che il motivo addotto di questi oscuramenti a catena sarebbe la presunta diffusione di incitamenti alla violenza e di notizie false o controverse sull'esito elettorale. È però vero che già nel primo video censurato da Twitter, Trump invitava i riottosi del Campidoglio ad

andare a casa, ora. Abbiamo bisogno di pace. Dobbiamo rispettare la legge e l'ordine. Dobbiamo rispettare le persone straordinarie che difendono la legge e l'ordine. Non vogliamo che ci si faccia male. È un momento molto difficile... è un'elezione fraudolenta, ma non possiamo fare il gioco di queste persone. Abbiamo bisogno di pace. Perciò andate a casa.

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Filippo La Porta: Neanche “dalla parte del torto” si trova posto

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Neanche “dalla parte del torto” si trova posto

di Filippo La Porta

Avete mai auspicato, almeno una volta, che venissero aboliti i talk show televisivi (magari attraverso un DPCM), diseducativi e parassitari?

Interpretando – credo – malumori diffusi, lo ha proposto recentemente Davide Brullo – scrittore, critico talentuoso, polemista, stroncatore “professionale” – nel blog “L’intellettuale dissidente”. La sua descrizione del talk è impietosamente oggettiva: “invita all’ira civica, incivile, percorre il contagio della rabbia… tutti condannano, tutti bruciano, tutti sbraitano, e “nessuno che si ritiri in un arcano pudore, dando credito all’individuo”. Al talk, spazio dove tutto viene digerito, dove si parla solo per inscenare una “lite conformista”, Brullo contrappone – con mossa felice – il teatro. Nel talk nessuno è mai veramente stesso, mentre nel teatro l’attore “può essere interamente l’altro”. Potremmo chiosare: nel teatro si celebra il dantesco “ver c’ha faccia di menzogna”, il vero che si esprime cioè attraverso una finzione dichiarata come tale, mentre in un talk assistiamo impotenti alla menzogna che ha la faccia del vero, che simula e pretende una autenticità falsa.


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Sandro Moiso: La vita al tempo della peste

carmilla

La vita al tempo della peste

di Sandro Moiso

Maria Paola Zanoboni, La vita al tempo della peste. Misure restrittive, quarantena, crisi economica, Editoriale Jouvence, Milano 2020, pp. 218, 18,00 euro

«Dico adunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia città di Fiorenza, oltre a ogn’altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza». La prima testimonianza scritta dell’incontro tra le prime forme di società capitalistica ed epidemie gravi ha una data compresa tra il 1349, anno in cui Giovanni Boccaccio diede piglio alla penna per ambientare all’interno del panorama delineato dalla diffusione della peste della metà del XIV secolo il Decameron, e il 1351, anno in cui ne terminò la stesura.

E’ necessario cogliere questo collegamento tra albori del capitalismo bancario e mercantile ed epidemie poiché è proprio da quel momento che prende le mosse il testo di Maria Paola Zanoboni pubblicato da Jouvence.


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Giuseppe Masala: Propofol e morti Covid. Alcune semplici domande

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Propofol e morti Covid. Alcune semplici domande

di Giuseppe Masala

Una notizia straordinaria è arrivata ieri dall'ospedale di Montichiari in provincia di Brescia: è stato arrestato il primario del Pronto Soccorso per aver somministrato a due pazienti affetti da Covid19 un farmaco che ne ha causato la morte. Attenzione, l'accusa è terrificante, omicidio volontario. Dunque non si tratterebbe di un errore umano ma di un atto volontario e cosciente posto in essere per chissà quale recondito motivo. Siamo di fronte dunque ad un Mengele dei nostri giorni? No, credo che le cose siano più complesse. E assolutamente più preoccupanti.

Partiamo dalle dichiarazioni di Carlo Montaperto, presidente dell'associazione nazionale primari ospedalieri della Lombardia, che a Radio RTL 102.5 ha dichiarato: "Sono stati usati dei farmaci che vengono utilizzati per una pre intubazione : nei reparti di medicina e di pronto soccorso ciò avveniva, venivano utilizzati farmaci come il propofol che viene utilizzato per l’induzione dell’anestesia e farmaci che sono bloccanti della contrazione muscolare, perché spesso e volentieri i pazienti che devono essere intubati sono anche molto agitati. Questa era la prassi: un paziente che deve essere intubato, deve ricevere una dose di questi farmaci”.


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Geminello Preterossi: The Great Reset: una nuova rivoluzione passiva

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The Great Reset: una nuova rivoluzione passiva

di Geminello Preterossi

blog opportunities risk mgmt great resetDa un po’ di tempo si sente parlare di Great Reset. Che non si tratti di un’invenzione di complottisti, da liquidare con autocompiacimento, lo testimonia il fatto che al tema è stato dedicato di recente un libro, di cui è autore, insieme a Thierry Malleret, Klaus Schwab, non proprio l’ultimo scappato di casa, visto che ha fondato il World Economic Forum di Davos (di cui è attualmente direttore esecutivo), cioè il “club” che raccoglie i più ricchi e potenti del mondo. “Great Reset” è, non a caso, il tema del convegno annuale di Davos appena concluso (svoltosi quest’anno rigorosamente da remoto). Al progetto, il Time ha dedicato qualche mese fa la sua copertina. Ma cosa si intende, precisamente, con questa parola d’ordine? Se leggiamo il libro di Schwab e Malleret, nonché i contributi da tempo presenti sul tema, sul sito del Forum e altrove, possiamo farcene qualche idea, non proprio rassicurante.

L’impressione è che si tratti di una grande operazione di controffensiva egemonica, rispetto ai movimenti di protesta anti-establishment cresciuti nell’ultimo decennio, per effetto del crollo finanziario del 2008, e alla crisi di consenso che ha investito il finanzcapitalismo e la globalizzazione, producendo un disallineamento tra masse e rappresentanza politica. Per certi aspetti, è un’operazione ideologica preventiva, volta cioè a evitare che dalla pandemia sorgano ricette e sensibilità che recuperino sul serio la centralità dello Stato e della politica nella loro autonomia, rimettendo in campo il conflitto sociale e politiche di programmazione in grado non solo di redistribuire, limando i profitti, ma anche di orientare a fini pubblici, collettivi, l’economia, all’insegna ad esempio dei principi del costituzionalismo sociale e democratico.


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Pier Paolo Dal Monte: L’annichilimento dell’essere sociale e l’ontologia fantasma

frontiere

L’annichilimento dell’essere sociale e l’ontologia fantasma

di Pier Paolo Dal Monte

0 13177Scrisse l’imperatore Artaserse nel suo testamento al figliolo Shapur:

La popolazione deve sempre essere occupata. Quando non ha lavoro, quando langue nell’inazione, inizia a criticare l’operato dell’autorità. Questo porta alla formazione di gruppi e conventicole che, con agende diverse, si oppongono al Re […] Pertanto il Re deve vigilare sulle conventicole¹.

Questo è ancora oggi uno degli arcana imperii cruciali: è necessario scongiurare il pericolo che si formino le conventicole per impedire che si possa affermare un sensus communis diverso da quello che scaturisce dai mezzi di manipolazione di massa e dagli onnipresenti dispositivi elettronici che fabbricano la realtà fantasma. Perché non deve poter esistere altra realtà all’infuori della verità auto-veritativa che impone chi controlla il mondo fantasma.

È indispensabile evitare che le persone interagiscano tra loro, scongiurare il pericolo ch’esse possano confidarsi reciprocamente, magari esprimendo dubbi sulla realtà fantasma, della quale vengono continuamente nutrite, che possano coltivare lo scetticismo nei confronti della fiaba dei nostri tempi. E, per fugare questo pericolo, occorre cancellare il mondo reale, perché, si sa, la gente mormora e potrebbe farsi sfuggire non solo che “i fatti hanno la testa dura” ma, soprattutto, che “pancia vuota non vuole consigli”.

Questo mormorio incontrollato potrebbe scoperchiare il vaso di Pandora e far trapelare ciò che gli arcana imperii tengono gelosamente celato: se non è possibile riempire le pance vuote², o ammorbidire la testa dei fatti, allora occorre abolire i fatti. Se la realtà contraddice il racconto, allora è necessario cancellare la realtà e tessere un velo di fattoidi che ricopra interamente il reale, sostituendone l’immagine.


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Marco Valisano: Niente sarà più come prima

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Niente sarà più come prima

Scenari ambivalenti del post-Covid

di Marco Valisano

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                55f20278f96c4cfab48e13e18b6411femv21. Introduzione

Il fenomeno Covid-19 ha dato vita, negli ultimi mesi, a una letteratura fiorente e piuttosto variegata. Se ne può capire bene il perché. Oltre all’impatto sociale, economico e politico che il virus ha avuto a livello globale, l’occasione è stata ed è ghiotta per affrontare temi di antica data o per mettere alla prova le teorie più svariate, come quella relativa allo stato di eccezione permanente in cui vivremmo (Agamben 2020) fino a più vaste tematiche di biopolitica (De Carolis 2020), di politica ambientale, di politica economica (Dalla Vigna 2020; Di Cesare 2020; Marchetti-Romeo 2020; Chomsky 2020); c’è chi ha insistito sulle conseguenze di rottura della pandemia (Harari 2020), chi invece ha sottolineato i tratti di continuità (Houllebecq 2020).

Gli individui isolati l’uno dall’altro e costretti in cattività durante il famigerato lockdown hanno poi fornito ulteriore materiale per le analisi e i consigli dei life coaches, categoria professionale che spopola ormai da diversi anni. Si possono trovare libri e opuscoli che distribuiscono ricette costellate di rituali quotidiani per cavarsela meglio nella situazione di isolamento o per riuscire, finita questa emergenza di cui in realtà non si vede la fine, a ritrovare un equilibrio e tornare a una vita normale (cfr. Ter Kuile 2020; Wilson Guttas 2020).


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Paolo Paesani: L’Europa di fronte alle sfide dell’Economia Politica

eticaeconomia

L’Europa di fronte alle sfide dell’Economia Politica

di Paolo Paesani

In queste settimane, i paesi membri dell’Unione Europea stanno definendo i rispettivi piani d’investimento nell’ambito del NextGenerationEU. Dal successo di questi progetti dipende il consolidamento dell’economia e del modello sociale europeo e la ripresa dell’integrazione europea su basi di rinnovata fiducia. Almeno questo è l’auspicio, a fronte di un’emergenza pandemica che ha trovato l’Europa divisa, preda di rivendicazioni contrapposte, e con disuguaglianze crescenti. Tale situazione è il risultato di molteplici cause, in parte strutturali, in parte legate agli effetti della crisi dei debiti sovrani che ha coinvolto alcuni paesi dell’eurozona tra il 2011 e il 2012, a partire dalla Grecia.

Alla genesi di questa crisi, agli errori commessi dalle autorità europee e nazionali (tedesche e francesi in primis) nella gestione delle prime fasi, agli interventi successivi messi in campo dalla Banca Centrale Europea per salvaguardare l’integrità dell’eurozona, sono dedicati gli ultimi capitoli del nuovo libro di Sergio Cesaratto, Heterodox Challanges in Economics – Theoretical Issues and the Crisis of the Eurozone, pubblicato nel 2020 dalla casa editrice Springer, come versione inglese del precedente Sei Lezioni di Economia Politica (editore Diarkos).


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Pasquale Cicalese: Contrordine neoliberisti”. Il debito non è il problema!

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Contrordine neoliberisti”. Il debito non è il problema!

di Pasquale Cicalese

In calce l'articolo di Giavazzi

Punto e a capo. Il decano degli economisti mainstream, in realtà ingegnere, Francesco Giavazzi ha scoperto l’acqua calda. Due volte.

La prima: “il problema del nostro Paese non è il debito, ma l’assenza di crescita“. Se l’Italia crescesse il debito si ripagherebbe, perché il rapporto debito pil avrebbe al denominatore un numero maggiore. Ci è arrivato dopo decenni, lui, assieme all’altro campione, Alberto Alesina, teorici dell'”austerità espansiva”.

Il secondo, Giavazzi sostiene che il Recovery Fund non è un “regalo” dell’Europa, ma sono soldi per lo più nostri. Anzi, ma questo non lo dice, il nostro Paese è contributore netto (dà più di quanto riceve), come da decenni.

Occorre secondo lui fare investimenti in sanità, cambiamento climatico, ecc. accompagnati da “riforme strutturali” nella Pubblica amministrazione e nella giustizia.

Tutto vero, per quanto molto parziale. Ma sorprendete per uno che ha costruito la sua carriera raccontando esattamente l’opposto.


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Alberto Melotto: La casta dei molesti

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La casta dei molesti

di Alberto Melotto*

Nei giorni scorsi Massimo Recalcati ha detto la sua sul tema della didattica a distanza. Sappiamo che questa non è una notizia, di ben altro dovremmo parlare, ad esempio di come, finalmente, un settore prezioso e vitale della popolazione italiana, quello degli studenti dei licei e delle università, stia dando validi segni di risveglio, stia occupando le scuole per significare senza ombra di dubbio il diritto all’insegnamento in presenza, oltre che il diritto a non essere rinchiusi nell’appartamento di papà e mamma a tempo indefinito, in un perenne arresto domiciliare.

Il nodo della matassa è proprio questo: l’intervento di Recalcati, fatto con toni non violenti, semmai bonari e suadenti com’è nel suo stile, tende comunque a narcotizzare queste proteste studentesche, a disinnescarne la potenza eversiva rispetto alla nuova società che ci vogliono imporre, a reprimere il dissenso usando modalità “soft power” come dicono gli strateghi della Nato, ovvero la propaganda al posto delle maniere forti.


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Riccardo Paccosi: La posta in gioco della pandemia

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La posta in gioco della pandemia

di Riccardo Paccosi

Putin conferma quale sia la posta in gioco della pandemia: la volontà delle multinazionali di sostituirsi agli Stati

All'incirca dal mese di novembre, sto scrivendo ripetutamente che il senso politico ultimo della pandemia si è ormai palesato, ch'è visibile a chiunque tranne alla massa di zombie assoggettati alla narrazione dominante.

La pandemia, ho scritto a più riprese, è il terreno su cui si sta giocando la partita dell'ingresso diretto delle multinazionali nella governance tanto globale quanto delle singole nazioni.

Non più influenza e potere d'indirizzo come nei decenni scorsi, ma diretta funzione amministrativa e normativa della sfera pubblica. Tutto questo è ravvisabile nelle trattative in corso fra stati-nazione e corporation intorno ai vaccini, intorno al tracciamento biometrico, intorno ai social media.

Ed è riscontrabile, altresì e nella formulazione più esplicita possibile, in saggi teorico-strategici quali "COVID 19 - The Great Reset" di Klaus Schwab.


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Sergio Cararo: Retroscena di un paese “commissariato”, da dieci anni

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Retroscena di un paese “commissariato”, da dieci anni

di Sergio Cararo

L’incarico a Mario Draghi di formare il governo non è stata una sorpresa. Era esattamente il coniglio che le classi dominanti italiane ed europee da mesi volevano tirare fuori dal cilindro facendo fuori il governo Conte, sia nella prima che nella seconda versione.

Esattamente dieci anni dopo, Mario Draghi è tornato così a commissariare dall’alto il nostro paese. Lo aveva fatto nel 2011, firmando il 5 agosto una lettera come presidente entrante della Bce che costrinse Berlusconi alle dimissioni, portò Monti al governo e introdusse misure odiose e antipopolari come la Legge Fornero sulle pensioni e i licenziamenti, l’art.81 in Costituzione, i tagli feroci alla sanità.

Dieci anni dopo è tornato sul luogo del golpe e viene presentato come l’uomo della salvezza per gestire il Recovery Fund, evitare di lasciare il paese senza un governo in un momento d’emergenza e mettere insieme un po’ di classe politica meno cialtrona di quella vista dal 1992 a oggi ( e qui ha poco o niente da scegliere).

Ma perché, quando e come hanno cominciato a fare le scarpe a Conte e preparato il terreno al Commissario Draghi?


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Matteo Bortolon: Pilastro Draghi

lafionda

Pilastro Draghi

di Matteo Bortolon

Da anni si parla di Draghi come candidato alla presidenza del Consigli dei ministri, con appoggi abbastanza trasversali.

Negli anni Draghi ha collezionato anche una discreta schiera di oppositori, che lo vedono come il braccio dei poteri forti, ancella del neoliberismo e dei poteri privatistici.

I fatti in relazione ai quali viene più criticato sono : il processo di smantellamento delle aziende di Stato dei primi anni Novanta, la sua aderenza a Goldman Sachs al volgere del secolo, e la famosa lettara scritta ad agosto 2011 assieme all’allora governatore della BCE Trichet.

Il novero di tali eventi, che riesce ad attirarsi le critiche tanto dell’area di sinistra anticapitalista che di populismo identitario, presenterebbe già da sé un bilancio impietoso, ma posti così sembrano un mosaico incompleto, come l’identità di qualche figura del mondo antico di cui ci sono rimasti alcuni provvedimenti e documenti, ma il cui volto resta nascosto e solo con la perizia della ricostruzione storica si tenta di colmare i vuoti.


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Marco Bersani: Draghi, il pilota automatico dei mercati

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Draghi, il pilota automatico dei mercati

di Marco Bersani

"L’Italia è in guerra. Ha un comando e degli alleati. L’attende, non si sa quando, un dopoguerra molto difficile, dato che era entrata in guerra già in condizioni di debolezza cronica. (..) oggi vi sono ragioni eccezionali per non curarsi troppo dell’aumento del debito, ma presto verrà reintrodotta una disciplina di disavanzi e debiti pubblici, e noi più di altri arriveremo a quell’appuntamento dopo l’impennata di questi anni; inoltre, la «revisione strategica» della politica della Bce, che Christine Lagarde ha avviato, difficilmente permetterà di fare affidamento a lungo sulla possibilità di finanziare a costo zero il disavanzo italiano”.

Sono le parole con le quali, non più tardi di due settimane fa, il senatore Monti, fratello gemello per via paterna -Goldman Sachs- del neo incaricato Mario Draghi, esprimeva una stiracchiata fiducia all’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Più che una dichiarazione di fiducia, le parole di Monti sono sembrate un viatico all’avvicendamento, che da ieri è divenuto realtà con l’incarico a Mario Draghi a formare un governo, e la conferma di come ad ogni crisi corrisponda un commissariamento della politica e della democrazia (così fu con Ciampi dopo tangentopoli e con lo stesso Monti dopo la crisi finanziaria del decennio scorso).


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Andrea Muratore: Il “partito di Draghi”: chi lo sponsorizza tra Usa, Europa e Vaticano

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Il “partito di Draghi”: chi lo sponsorizza tra Usa, Europa e Vaticano

di Andrea Muratore

Mario Draghi ha accettato l’offerta di Sergio Mattarella per formare un esecutivo di alto profilo capace di dare al Paese le risposte alle crisi lasciate aperte dal governo Conte II sul fronte politico, economico, sanitario. Una mossa, quella del presidente della Repubblica, che può essere letta sotto diverse prospettive. In primo luogo come l’iniziativa personale che ai sensi della Costituzione gli è garantita una volta esauritasi la fase di consultazione tra le forze politiche che ha mostrato l’incapacità di M5S, Pd, LeU e Italia Viva di confermare la loro alleanza. In secondo luogo, come una presa di posizione discrezionale rispetto alla possibilità di elezioni anticipate, che il Quirinale intende riservarsi come extrema ratio. In terzo luogo, poi, come la speranza che Draghi, prendendo il posto di Conte, possa garantire la leadership necessaria a federare un programma comune.

C’è però un aspetto fondamentale del processo di nomina di Draghi che è legato a dinamiche non completamente connesse al contesto italiano, ma che richiamano importanti scenari internazionali.


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Simone Luciani: SuperMario, e il porto sicuro in cui approdò il Titanic

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SuperMario, e il porto sicuro in cui approdò il Titanic

di Simone Luciani

Abbiamo un vincitore, ed è «La Stampa». Nel rito pagano dei Baccanali in onore del tecnico che arriva e salverà (indubbiamente…) il Paese, nella zuccherosa, colesterolemica orgia di ritratti e bozzetti in lode del deus ex machina della tragedia (amara, invece, amarissima) di un’Italia lacerata a livello sanitario, economico, sociale e psicologico, per distacco è il quotidiano torinese, già della famiglia Agnelli, già di De Benedetti, di nuovo della famiglia Agnelli, a sbaragliare la concorrenza e stendere gli avversari con una combinazione montante-jab-montante cui nessun organo di stampa potrebbe resistere.

E sì che i giornaloni ce l’hanno messa tutta, nella gara a portare l’omaggio più gradito. Non uno che manchi all’appello, in biografie a tutta pagina che somigliano a un elenco di trofei degno delle teche in vetro del Barcellona. Una laurea con Caffè di qua (chissà che direbbe, a proposito…), un dottorato di là, una medaglia su, un civil servant di giù, il whatever it takes che troviamo a pagine unificate praticamente ovunque.


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Lorenzo Zamponi: Il giorno della marmotta: il ritorno dei tecnici

jacobin

Il giorno della marmotta: il ritorno dei tecnici

di Lorenzo Zamponi

draghi jacobin italia 1320x481Dieci anni dopo Monti, con Mario Draghi torna il «governo tecnico», una specialità italiana che segna l'ennesima morte della politica. L’élite economica prova così ad apparecchiare la tavola per gestire in modo diretto i soldi in arrivo dall’Ue

Il due febbraio è il giorno della Candelora, quando per tradizione si dovrebbe poter prevedere la fine dell’inverno. È il «giorno della marmotta» in cui è ambientato Ricomincio da capo, film del 1993 in cui il personaggio interpretato da Bill Murray è condannato a rivivere all’infinito la stessa giornata. Ed è parso a molti di rivivere le giornate dell’autunno 2011 quando il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, prendendo atto del fallimento del tentativo di ricomporre l’alleanza di governo tra Pd, M5S, Leu e IV, ha annunciato il varo di «un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica», e dato l’incarico di formare il nuovo governo a Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia ed ex presidente della Banca centrale europea.

Si prospetta all’orizzonte un nuovo governo tecnico, a dieci anni dall’esecutivo guidato da Mario Monti. Il clima mediatico è sorprendentemente simile: a due ore dall’annuncio di Mattarella, già si leggevano e si sentivano lodi sperticate all’«uomo che ha salvato l’Europa e ora salverà l’Italia» e si agitavano scenari apocalittici in caso di fallimento dell’operazione, dal ritiro dei 209 miliardi di Next Generation Eu al ritorno del rischio di default. Con ogni probabilità nelle prossime ore la pressione dei mercati e delle cancellerie europee si farà sentire con forza, magari attraverso il solito meccanismo dello spread, in modo da convincere anche i renitenti, nell’opinione pubblica e in parlamento, ad appoggiare Draghi.


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Alessandro Di Battista: Perché bisogna dire no a Draghi

lantidiplomatico

Perché bisogna dire no a Draghi

di Alessandro Di Battista - TPI

Ognuno avrà la sua opinione su Mario Draghi e sulla crisi politica italiana. Ma oltre alle opinioni esistono i fatti. Elenchiamoli. La lenta costruzione di un governo caro alle élite nasce nell’estate del 2019 quando Renzi aprì al Movimento 5 Stelle solo per prendere tempo. Incassò un paio di ministri e subito dopo creò IV, preoccupandosi, ovviamente, di lasciare svariati “pali” renziani all’interno del PD. Se non ci fosse stata la pandemia la demolizione del Conte II sarebbe avvenuta mesi fa. Questa fu la ragione per la quale mi opposi ad un governo con il PD. Semplicemente non mi fidavo di Renzi e, soprattutto dei suoi ventriloqui. La Storia parla da sé.

Altro fatto incontrovertibile: tutto l’establishment italiano ha lavorato incessantemente per evitare che il Movimento 5 Stelle governasse liberamente. Ricordo lo spread ballerino all’inizio del Conte I, ricordo gli attacchi dei giornali, ricordo le fantasmagoriche inchieste sull’occultamento di frigorifero da parte del padre di Di Maio.


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Mauro Poggi: Il drago che verrà

mauro poggi

Il drago che verrà

di Mauro Poggi

Ci aveva già provato nel 2018 con l’esiguo Cottarelli, ora pare che il presidente Mattarella ci voglia riprovare con il ben più sontuoso Draghi in odore di quirinalato.

Al di là della pretestuosità della motivazione ufficiale (la crisi economico-sanitaria), a impedire la naturale soluzione elettorale è la consapevolezza che l’esito segnerebbe un tracollo per i partiti che hanno sostenuto il Governo Conte 2 e “consegnerebbe il Paese alla destra”. Ne seguirebbe un governo inviso all’Europa, con prevedibili ritorsioni su Recovery Fund e spread.

Un concetto espresso in tutte le salse da vari autorevoli commentatori, ognuno incurante del fatto che questo modo di ragionare sancisce l’impressionante declino della ragione democratica, iniziato da quando il Paese si consegnò anima e corpo alle ragioni europeiste.

È probabile che l’ipotesi di un governo tecnico presieduto da Draghi goda già di ampio consenso in Parlamento: sarebbe strano che il Presidente della Repubblica commettesse lo stesso errore del 2018, quando cercò di imporre un nome che alla prova dei fatti nessuno voleva.


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Fabrizio Marchi: Il “golpe bianco” di Mario Draghi (dopo quello di Monti del 2011)

linterferenza

Il “golpe bianco” di Mario Draghi (dopo quello di Monti del 2011)

di Fabrizio Marchi

Siamo al secondo commissariamento del Paese dopo quello del 2011 quando Berlusconi fu defenestrato dal “golpe bianco” di Monti, sostenuto ovviamente dall’establishment dell’Unione Europea, di cui Monti è un solerte e fedele funzionario.

All’epoca in tanti (un po’ gonzi, lo vogliamo dire?…) festeggiarono per la caduta di Berlusconi, non capendo che si stava aprendo l’era della “tecnocrazia” come vera e propria “tecnica” e modalità di governo.

Ora sta accadendo la stessa identica cosa, cambiano solo gli attori, protagonisti e comprimari, con Mario Draghi che entra prepotentemente sulla scena, dopo che molti illustri analisti o presunti tali (lo ricordo benissimo) per molto tempo avevano ripetuto che il “nostro” non aveva nessuna intenzione di “scendere direttamente in politica” e tanto meno di assumere le redini del governo. In realtà è proprio questo il modo per preparare la scesa in campo di un tecnocrate, costruendogli l’immagine di uomo super partes, appunto, di “tecnico” fuori dalle beghe e dalle litigiosità dei partiti ed estraneo ad una classe politica arruffona, inadeguata e screditata; insomma, una sorta di salvatore della patria.


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Niccolò Biondi: Il governo tecnico di Draghi: la nuova marcia su Roma

lafionda

Il governo tecnico di Draghi: la nuova marcia su Roma

di Niccolò Biondi

Dopo la caduta del governo Conte – che, con tutti i limiti e le contraddizioni del caso, ha rappresentato una parziale tregua rispetto alle politiche di macelleria sociale e smantellamento della Costituzione degli ultimi trenta anni – si sta profilando all’orizzonte un governo tecnico guidato da Mario Draghi, nel giubilo dell’establishment politico e mediatico che incensa di lodi il “salvatore della patria”.

I governi tecnici sono, da sempre, la migliore prospettiva per i liberali e per le categorie sociali (soprattutto imprenditori e industriali) che rappresentano, nonché il punto in cui il liberalismo economico sfocia nell’autoritarismo. In questa ottica si può affermare che il governo tecnico guidato da Draghi si configuri come una nuova marcia su Roma, che inaugura una nuova stagione politica reazionaria, con logiche politiche neocorporativa all’interno di un governo diretto del capitalismo italiano. Ma andiamo per ordine. Come mai il governo “tecnico” rappresenta l’ideale politico liberale, ed è un punto di congiunzione con l’autoritarismo e il fascismo?


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coniarerivolta: Draghi Presidente, ce lo spiega l’Unione Europea

coniarerivolta

Draghi Presidente, ce lo spiega l’Unione Europea

di coniarerivolta

La crisi politica che si svolge sotto i nostri occhi appare difficile da decifrare se ci limitiamo alle dinamiche partitiche e personali. Sicuramente c’è stato un duello tra Conte e Renzi, sicuramente Italia Viva vorrebbe avere più peso nel governo e, soprattutto, nella spartizione delle risorse pubbliche che sarà definita nel Recovery Plan. Eppure, ci sembra impossibile comprendere quello che sta succedendo se non si allarga lo sguardo al contesto economico e sociale entro cui si svolge il teatrino dei tavoli di trattativa, del toto-ministri e delle conferenze stampa. Il contesto è quel piano inclinato che determina le tendenze di fondo, ovvero le dinamiche principali, più importanti, che trascinano dietro di sé tutti gli altri eventi, le carriere politiche dei singoli, le fortune dei partiti.

La più efficace fotografia del contesto ce la offre, su un piatto d’argento, una figura chiave dell’establishment europeo, Marco Buti, il capo di gabinetto (ruolo tecnico-politico) del Commissario Europeo agli Affari Economici e Finanziari Paolo Gentiloni. In una lectio magistralis all’Università di Firenze del 29 gennaio, Buti sintetizza i possibili scenari che aspettano l’Italia dietro l’angolo della crisi politica, attraverso l’immagine di una “trilogia impossibile”.


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Mattia Marasti, Alessandro Bonetti e Matteo Lipparini: La tecnica non è mai neutrale. Guida critica alla Draghi-mania

kriticaeconomica

La tecnica non è mai neutrale. Guida critica alla Draghi-mania

di Mattia Marasti, Alessandro Bonetti e Matteo Lipparini

In un momento drammatico come quello che stiamo vivendo, mentre la crisi economica si intreccia a quella sanitaria, la classe politica ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza. Ponendo meschini egoismi davanti alla stabilità del governo, ci si è addentrati in una crisi politica inopportuna, innescata fra le altre cose dal MES. Uno strumento che perfino Cottarelli e Boeri ritengono inutile in questo momento.

È iniziata poi una guerra personale di veti incrociati, comizi davanti ai giornalisti e lunghe attese, incomprensibili a una popolo già abbastanza provato.

In circostanze diverse, questa crisi avrebbe portato il Presidente della Repubblica a sciogliere le camere convocando elezioni anticipate. Ma viste le circostanze, Mattarella ha preferito convocare l’ex governatore della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea Mario Draghi.

Draghi è un personaggio più complesso di quello che si sta dipingendo in queste ore. Quello che però desta preoccupazione è l’idea che la tecnica sia, in qualche modo, il silver bullet per risolvere problemi che affliggono il nostro Paese da oltre 30 anni.


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Piero Pagliani: Dal Gruppo Gramsci all'autonomia operaia: un percorso tutt'altro che lineare (1)

perunsocialismodelXXI

Dal Gruppo Gramsci all'autonomia operaia: un percorso tutt'altro che lineare(I)

di Piero Pagliani

rosso avete pagato caro non avete pagato tuttoIntroducendo la pubblicazione della prima delle tre sezioni di archivio della rivista "Rosso" sul sito Machina https://www.machina-deriveapprodi.com/post/rosso-quindicinale-del-gruppo-gramsci, Tommaso De Lorenzis, Valerio Guizzardi e Massimiliano Mita cercano di spiegare come mai la più nota rivista dell'Autonomia non sia nata dal filone "classico" dell'operaismo che si è dipanato da "Quaderni Rossi" a "Contropiano", bensì da un'altra componente "eretica" delle sinistre radicali, vale a dire dal Gruppo Gramsci, nato dalla confluenza di due scissioni, la prima dai gruppi dell'area marxista leninista "ortodossa", la seconda dal Movimento studentesco milanese. La presentazione sopra citata, pur fornendo alcuni elementi utili per ricostruire quella originale esperienza storica presenta - dal punto di vista di chi, come chi scrive, ne ha vissuto in prima persona la fase iniziale - due limiti di fondo: in primo luogo, si tratta di una versione troppo "continuista" del passaggio dalla prima alla seconda versione di Rosso, laddove le differenze sia teoriche sia pratico organizzative fra Gruppo Gramsci e Autonomia furono non di poco conto (non a caso solo una parte di chi aveva militato nel Gramsci confluì in Autonomia), inoltre manca un'adeguata riflessione sulle contraddizioni e sui limiti soggettivi che contribuirono - non meno delle condizioni oggettive create dalla crisi e dalla ristrutturazione capitalistica, oltre che dal riflusso delle lotte operaie e dalla repressione di Stato - al tragico epilogo della storia dell'Autonomia. A questi due punti il blog dedicherà due interventi: qui di seguito potete leggere il primo, di Piero Pagliani, ne seguirà un secondo del sottoscritto. (Carlo Formenti)


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Luca De Crescenzo: Il vaccino chi salverà?

lordinenuovo

Il vaccino chi salverà?

di Luca De Crescenzo

I. L’economia politica dei vaccini

LON 20210127 190941 505761 908x600Il mondo ha festeggiato il nuovo anno all’insegna del vaccino, nella speranza di potersi mettere alle spalle quello appena trascorso, guarendo definitivamente dalla pandemia che l’ha colpito. Con il taglio delle scorte e i ritardi nelle consegne delle dosi di Pfizer e AstraZeneca, l’entusiasmo ha cominciato a lasciar spazio alla preoccupazione. Il punto è che non basta un farmaco a fare la cura. Vale per l’individuo ma vale anche per la popolazione. Per la fisiologia dell’organismo le condizioni di vita incidono sul decorso di una malattia quanto la medicina pensata per curarla. Per quella dell’intera umanità, la modalità e la velocità con cui la medicina viene distribuita e prodotta incidono quanto il suo profilo farmacologico. L’economia politica è la farmacocinetica delle masse. Nel caso della pandemia da Covid, più spazio e tempo di diffusione si concede al virus, più strade gli si offrono per mutare, per diventare non solo più virulento o infettivo ma anche eventualmente capace di aggirare le protezioni immunitarie suscitate dai vaccini, vanificandone l’efficacia e ricominciando il ciclo. L’epidemiologo evoluzionista Robert Wallace ha chiamato “molteplicità di gregge”1 questa possibilità di esplorazione concessa al virus, in contrapposizione a chi riteneva che lasciargli libertà fosse la strada per raggiungere “l’immunità di gregge”. Un illusione svanita con i brividi suscitati dall’emergere delle varianti prima inglese, poi sudafricana e ora brasiliana. Come ha detto Philip Kraus, che coordina il gruppo di esperti sui vaccini dell’OMS, “la rapida evoluzione di queste varianti suggerisce che se è possibile che il virus evolva un fenotipo resistente ai vaccini, questo può accadere prima di quanto sperassimo”2. In questa corsa alle armi contro il virus, il sistema immunitario della nostra società soffre di pericolose patologie.


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La teoria monetaria moderna per un’economia al servizio del popolo

di Stephanie Kelton

ISBN LA MODERNA TEORIA DELLA MONETACare lettrici e cari lettori italiani,

in questo libro utilizzo le lenti della teoria monetaria moderna (Modern Monetary Theory, MMT) per mostrare che, contrariamente a quanto gli economisti mainstream e i politici ci raccontano da decenni, i governi che emettono la propria valuta (che detengono, cioè, la sovranità monetaria) non possono mai “finire i soldi”, né possono diventare insolventi (fare default) sui titoli di debito emessi nella loro stessa valuta. A dire il vero non hanno neanche bisogno di emettere titoli di Stato per finanziare i propri deficit di bilancio. Né hanno bisogno di ricorrere alla tassazione per finanziare le proprie spese. Questo perché, in quanto emittenti di valuta, a differenza delle famiglie e delle imprese, che sono dei semplici utilizzatori di valuta, gli Stati che dispongono della sovranità monetaria possono semplicemente creare “dal nulla” tutto il denaro di cui hanno bisogno. Questi governi, dal punto di vista tecnico, hanno una capacità di spesa illimitata nella propria valuta: possono cioè acquistare senza limiti tutti i beni e servizi disponibili nella valuta nazionale. (Come spiego nel libro, questo non implica che i governi che emettono la propria valuta debbano spendere o incorrere in deficit senza limiti; esistono dei limiti, solo che non sono di natura finanziaria).

Comprendere questa semplice verità equivale a fare un vero e proprio salto di paradigma, perché significa che la maggior parte dei paesi – e in particolare le nazioni industrializzate tecnicamente avanzate e altamente sviluppate che spendono, tassano e prendono in prestito nelle proprie valute inconvertibili (e adottano un regime di cambio fluttuante) – possono “permettersi” (letteralmente) di fare molto di più per incrementare il benessere dei propri cittadini e più in generale per perseguire qualunque obiettivo politico scelgano di prefissarsi (penso per esempio alla mitigazione del cambiamento climatico) di quanto comunemente si creda.


Giulio De Petra: Switch off

crs

Switch off

di Giulio De Petra

Continuare a vivere malgrado il rischio del contagio ha generato una "pandemia digitale" che ha accentuato le criticità della trasformazione digitale già evidenti nel mondo di prima. Ogni sistema, dall'algoritmo più complesso al software più semplice, pone una questione politica in ognuno degli ambiti in cui viene utilizzato, dall'informazione alla sanità, dalla politica alla cultura, dalla scuola all'organizzazione dello Stato

Il protrarsi nel tempo della pandemia ha avuto come conseguenza una ulteriore accelerazione nella diffusione e nell’uso di tecnologie digitali. Si è prodotto uno straordinario “switch off” digitale, ovvero l’impossibilità di proseguire in molti aspetti della nostra vita con modalità che non prevedano il ricorso esclusivo ai dispositivi digitali.

Straordinario non solo per la sua rapidità, che ha costretto ognuna/o di noi a un salto repentino nella propria capacità di uso degli strumenti digitali, pena l’essere esclusi, ad esempio, dal mantenere le proprie relazioni sociali e affettive. Ma anche per la sua pervasività, perché lo switch off ha riguardato anche l’acquisto e il consumo di beni e servizi, l’attività educativa della scuola, le attività culturali e politiche, le pratiche religiose.


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Andrea Muratore: Vaccini: cosa si può imparare dal fallimento europeo?

kriticaeconomica

Vaccini: cosa si può imparare dal fallimento europeo?

di Andrea Muratore

La querelle che ha interessato le nazioni dell’Unione Europea e AstraZeneca e Pfizer (le principali case farmaceutiche occidentali impegnate nella produzione di vaccini per il Covid-19), relativamente al taglio arbitrario delle forniture decretato da queste ultime, è un’istruttiva lezione per le future rotte politico-economiche del Vecchio Continente.

 

L’importanza dell’interesse nazionale

In primo luogo, scopre quelle pulsioni da tempo latenti sul valore geopolitico e strategico della corsa al vaccino. Alla prova dei fatti, la statunitense Pfizer e la britannica AstraZeneca si sono comportate come compagnie di bandiera, dando priorità alle forniture per la popolazione dei propri Paesi.

AstraZeneca in particolare ha valorizzato l’interesse nazionale del Regno Unito: Londra ha infatti dato il via libera all’utilizzo del vaccino AstraZeneca solo il 31 dicembre 2020, poco dopo la formalizzazione dell’accordo con l’Ue, al fine di non avere vincoli legali sulla condivisione del brevetto.


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Marco D’Eramo: The Short Happy Life of Fake News

ospite
              ingrato

The Short Happy Life of Fake News

di Marco D’Eramo

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo di Marco D’Eramo, uscito su «New Left Review» il 12 gennario 2021. Ringraziamo l’autore e la rivista per aver permesso la ripubblicazione sull’Ospite ingrato

Never believe anything that has not been officially denied
Claud Cockburn1

Qui nescit dissumulare, nescit regnare
Louis XI le Prudent, re di Francia (1461-1483)2

È affascinante seguire le traiettorie dei modi di dire. Per esempio, nell’ultimo anno, grazie anche al virus Covid-19, la più gettonata è stata naturalmente la locuzione «We enter in uncharted territories», modo raffinato per dire che non ci capiamo niente. Poi queste espressioni scompaiono, spesso all’improvviso, a volte gradualmente. Viene da chiedersi perché. Fortuna e sfortuna delle espressioni linguistiche seguono un corso erratico, indecifrabile. Come mai quest’anno è stato usato così poco il termine fake news? Eppure solo tre anni infuriava su tutti i media; su di esso si scrivevano persino disegni di legge in vari parlamenti,3 mentre ora sembra quasi cancellato dal nostro vocabolario. E non è che quest’anno si sia mentito meno di quattro o tre anni fa. Anzi.


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Valerio Romitelli: Militante: la parola più bella

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Militante: la parola più bella

di Valerio Romitelli

A proposito del libro di Natacha Michel, Le roman de la politique (La fabrique, Paris 2020)

Libro sui generis, questo «romanzo» (al momento disponibile solo in francese) è tale fino in fondo: pieno di aneddoti, scenari molteplici, sentimenti contrastanti, drammi, farse, tragedie, personaggi e circostanze sorprendenti; ma – proprio come promette il suo titolo – dalla prima all’ultima sua pagina è anche tutto consacrato alla «politica». Ovviamente, non certo a quella più tristemente conosciuta nei tempi attuali e oramai quasi unanimemente mal sopportata, sempre a caccia di consensi e voti o finalizzata alla gestione di funzioni statali. Per questo genere di politica Natacha Michel riserva la stigmatizzazione inventata ad hoc da Sylvain Lazarus, «in esteriorità»: politiche in esteriorità, cioè asservite ad altri scopi rispetto a quelli dichiarati, pensate ed esperite strumentalmente, in funzione di interessi già dati, a essa estranei, istituzionali, economici o criminali. La politica di cui questo libro dà conto è invece una politica «in interiorità», cioè promossa e sperimentata da militanti non dediti ad altro che a rendere possibile ciò che pensa gente senza potere come operai d’origine straniera o cittadini declassati.


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2020-11-23 Hits 2344

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tonino

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Feb 7, 2021, 2:56:13 AM2/7/21
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Vincenzo Bello: Per una politica economica critica: il capitalismo contemporaneo secondo Emiliano Brancaccio

marxismoggi

Per una politica economica critica: il capitalismo contemporaneo secondo Emiliano Brancaccio

di Vincenzo Bello

capitalism is crisis
            1La questione dei vaccini, dalla loro produzione esigua ai ritardi nella distribuzione da parte delle multinazionali e, prima ancora, la pandemia del Covid-19 con la sua gestione, politica ed economica, hanno messo in evidenza le contraddizioni del mondo capitalistico, in particolare quella tra profitto e diritto alla salute, ovvero tra interessi del capitale e democrazia. D’altronde non ci si può aspettare nulla di diverso da un sistema basato sulla pura logica di mercato in cui la determinazione delle quote di vaccini e il loro prezzo viene regolato sulla base della concorrenza e delle forze di mercato. In questo solco si inserisce anche l’affermazione di Letizia Moratti, che vorrebbe distribuire il vaccino in proporzione al PIL. È la ricchezza il criterio che stabilisce la distribuzione dei vaccini.

Non sarebbe possibile e necessaria una produzione pubblica del vaccino? Il diritto alla salute è o non è più importante del profitto privato? Esiste davvero un trade off tra salute e produzione, il cosiddetto trade off pandemico? E se sì, come può essere superato[1]?

Sono domande tutt’altro che retoriche, perché ci costringono a prendere atto della fase attuale del capitalismo storico e ci pongono dinanzi alla necessità di uscirne.

Il capitalismo costituisce l’oggetto di studio dell’economista Emiliano Brancaccio, marxista, quindi eretico secondo l'orizzonte del pensiero dominante. I suoi scritti rispondono all’urgente bisogno di analizzare le contraddizioni delle teorie mainstream dell’economia e, a partire dalla critica a queste ultime, elaborare visioni alternative.


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Thomas Meyer: Adorno, la destra radicale e la democrazia totalitaria

blackblog

Adorno, la destra radicale e la democrazia totalitaria

di Thomas Meyer

210122
            adornoL'ascesa del populismo di destra in questi ultimi anni, richiede una spiegazione. Più volte, in diversi momenti, è stato sottolineato che i movimenti di destra degli ultimi anni non cadono semplicemente dal cielo, ma devono essere visti nel contesto del neoliberismo e delle sue convulsioni sociali di questi ultimi decenni. Secondo Wilhelm Heitmeyer [*1], l'autoritarismo, così come viene espresso e rivendicato dai populisti o dai radicali di destra, si trova già racchiuso e contenuto nel neoliberismo, il quale si presenta sempre come senza alternativa. L'erosione dei processi democratici, la liquidazione della rete sociale, il potenziamento dello Stato di polizia, la fondamentale insicurezza sociale e la resa immediata dell'individuo agli imperativi della valorizzazione del capitale rendono evidente l'autoritarismo del regime neoliberista [*2]. Infine, ma non meno importante, la quota percentuale verificata della popolazione che ha una visione razzista del mondo, è aumentata costantemente nel corso degli anni. Di conseguenza, oggi abbiamo un alto potenziale di «misantropia centrata sul gruppo» che non è affatto una novità degli ultimi anni. [*3]

Le strategie di destra puntano a «spostare i confini di ciò che può essere detto». Indubbiamente, anche la «borghesia volgare» (Heitmeyer) ha contribuito a questo, come appare chiaramente nelle opere di Sloterdijk [*4] e di Sarrazin [*5]. Come scrive Heitmeyer, è «un fatto che, sotto un sottile strato di maniere civili e gentili ("borghesi") si nascondono atteggiamenti autoritari che diventano sempre più visibili, generalmente nella forma di una retorica sempre più rabbiosa» [*6].


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Eros Barone: Le ragioni della forza della frazione di Bordiga

sinistra

Le ragioni della forza della frazione di Bordiga

di Eros Barone

114054458 2cad8a63 7c75 4a6f 8504 73d2065d89c7Come si desume dalla lettura del Manifesto ai lavoratori d’Italia, pubblicato dal Comitato Centrale del Partito comunista d’Italia il 30 gennaio del 1921, quindi pochi giorni dopo la scissione dal Partito socialista italiano e la conseguente costituzione del PCd’I, la forza della frazione bordighiana e la ragione del primato che conquistò nel Partito comunista appena costituito derivano da una ideologia rigorosa, coerente ed intransigente, tale da conseguire il successo nel momento in cui occorreva tagliare i nodi. Tutto il pensiero di Bordiga si condensa in un concetto-cardine del marxismo: lo Stato è l’organo della dittatura di una classe, occorre dunque abbattere lo Stato borghese con la forza e sostituirgli la dittatura del proletariato. La dottrina della rivoluzione è dunque racchiusa in questo sillogismo: non esiste un altro modo di fare la rivoluzione né di avvicinarsi ad essa.

Il movimento sindacale, che tende a soluzioni parziali dei problemi che nascono tra la borghesia e il proletariato, ha solo un valore limitato di organizzazione e di propaganda, e solo a questo titolo il partito se ne interessa e vi interviene. La partecipazione al parlamento è dannosa, perché sottrae energie alla rivoluzione proletaria e le impiega invece a valorizzare un organo che deve essere distrutto come organo principale del potere borghese. Strumento della rivoluzione è, dunque, solo il partito politico del proletariato e al suo rafforzamento deve essere dedicata tutta l’attività dei comunisti fino alla presa del potere. La individuazione della pura essenza della rivoluzione proletaria nella lotta frontale tra borghesia e proletariato è ciò che rende attuale la lezione di Bordiga nella situazione odierna, in antitesi alle deformazioni, alle mistificazioni e alle falsificazioni della teoria marxista-leninista perpetrate dal riformismo, teorizzate dal revisionismo e favorite dall’opportunismo, con tutti i gravi cedimenti rispetto al potere borghese che da esse sono inevitabilmente derivati nel pensiero e nell’azione del movimento operaio.


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Gennaro Zezza: Lavoro e salari: un punto di vista alternativo sulla crisi

economiaepolitica

Lavoro e salari: un punto di vista alternativo sulla crisi

di Gennaro Zezza

L’ultimo libro di Antonella Stirati, docente di economia all’Università Roma Tre e figura di riferimento nel dibattito tra economisti “eterodossi”, ha un titolo – Lavoro e salari – che già richiama due argomenti cruciali per l’economia italiana. Ma, come vedremo, nel volume c’è molto di più.

Il lavoro è introdotto da una prima parte teorica, ma affrontata con un linguaggio divulgativo, in cui l’autrice sintetizza i punti salienti dell’approccio dominante alla macroeconomica, che chiameremo anche “ortodosso”, o mainstream, contrapponendolo ad approcci alternativi, o “eterodossi”, alla spiegazione del funzionamento dei sistemi economici. L’approccio dominante ritiene che l’operare indisturbato dei mercati garantisca crescita economica e un tasso minimo di disoccupazione compatibile con bassi livelli di inflazione. Nelle parole di Solow, il PIL reale tende a crescere fluttuando intorno ad un trend “prevalentemente determinato dal lato dell’offerta”, ossia dalla disponibilità di fattori produttivi e dalla loro produttività, mentre “le fluttuazioni [attorno al trend] sono prevalentemente determinate da impulsi della domanda aggregata”.[i]


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Luca Paterlini: Il bene comune contro l’ideologia del merito

kriticaeconomica

Il bene comune contro l’ideologia del merito

di Luca Paterlini

Nel libro “The Tyranny of Merit. What’s Become of the Common Good?” (pubblicato a settembre 2020), il filosofo comunitarista Michael J. Sandel sottolinea il ruolo altamente dannoso per la democrazia giocato dall’ideologia del merito, diffusa nelle élites contemporanee e parte integrante del linguaggio mediatico.

Il suo nucleo essenziale consiste nel credere che una società giusta dovrebbe permettere a chiunque, senza distinzioni di etnia, genere, e di condizioni socio-economiche di partenza, di avere successo, di arrivare fin dove il proprio talento e i propri sforzi lo permettono. Il successo personale all’interno della grande competizione capitalistica diventa dunque un segno del proprio valore e del proprio impegno.

 

Ideologia e Realtà

È da questa retorica che nasce l’insistenza sulla responsabilità personale e sulla mobilità sociale, considerata la soluzione contro le diseguaglianze seguite ai processi di globalizzazione.


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Thomas Fazi: Che cosa aspettiamo a requisire i brevetti vaccinali?

lantidiplomatico

Che cosa aspettiamo a requisire i brevetti vaccinali?

di Thomas Fazi

L’ideologia dominante si evince tanto da quello che i detentori del potere quanto, se non di più, da quello che non dicono.

L’indegna sceneggiata a cui stiamo assistendo in merito ai vaccini anti-COVID ne è una dimostrazione lampante. A fronte di colossali ritardi nelle consegne e gravissimi inadempienze contrattuali da parte delle case farmaceutiche, che rischiano di comportare non solo un enorme costo economico, a causa del prolungamento delle misure di contenimento del virus, ma anche un’intollerabile perdita di vite umane – solo per l’Italia si stima che il ritardo nella fornitura dei vaccini riguarderà almeno 7 milioni di persone –, la Commissione europea e i governi europei (inclusa l’Italia) non hanno saputo fare di meglio che minacciare ridicole azioni legali contro le società coinvolte.

Parliamo di procedimenti che possono impiegare mesi, se non anni, per dare qualche risultato: tempi assolutamente incompatibili con la necessità di porre fine nel minor tempo possibile allo stillicidio quotidiano di morti, e impedire che la pandemia sanitaria si trasformi in una pandemia economica e sociale ancor più grave.


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Pierluigi Fagan: Chiudere porte per aprire portoni

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Chiudere porte per aprire portoni

di Pierluigi Fagan

Eccoli qui, come puntualmente previsto già ai tempi del referendum del 2016, dopo aver chiuso la porta dei corridoi con l'Europa, i britannici bussano ai portoni asiatici per entrare in relazioni di scambio con la parte di mondo più vivace, oggi ma in solida prospettiva anche nei prossimi decenni. UK si appresta a far formale domanda di entrata nel trattato CPTPP (Brunei, Singapore, Malaysia, Vietnam, Giappone + i Commonwealth Australia, Nuova Zelanda, Canada + Messico, Cile e Perù). CPTPP è il trattato che seguì a un lungo processo promosso a suo tempo da Obama (TPP) da cui Trump aveva poi sfilato gli USA. Sono poi andati avanti sotto la direzione del Giappone ed alla fine hanno firmato, per altro felici di essersi tolti dalle scatole gli americani che imponevano norme non gradite sulla farmaceutica ed i diritti di brevetto.

Il CPTPP è più stretto ma anche più ambizioso del RCEP, che recentemente è stato firmato tra Cina, Asean e Giappone, Corea, Australia e Nuova Zelanda, prevedendo norme sul libero commercio nei servizi e nelle nuove tecnologie.


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Sergio Cesaratto: Next degeneration EU

economiaepolitica

Next degeneration EU

di Sergio Cesaratto

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            finalIl cosiddetto Recovery Fund è il Convitato di pietra della crisi di governo, come scusa di litigio o oggetto di appetito politico. La sua importanza è solo relativa, date le sue ridotte dimensioni finanziarie, la sua tempistica inadeguata, l’impronta europea sui contenuti ben lontana da una organica politica industriale per il continente, i contenuti sociali sospesi fra ipocrisia, demagogia e velleità. Il Recovery Fund appare così inadeguato sia come sostegno alla domanda aggregata che alla capacità industriale italiana (ed europea). Avanzeremo qui alcune osservazioni sul documento del governo italiano (Piano di Ripresa e Resilienza dell’Italia, PNRR – 12 gennaio 2021) [1] ricordando che Il Piano dovrà essere presentato in via ufficiale entro il 30 aprile 2021.

 

1. Assenza di analisi a monte e a valle

I mali dell’economia italiana vengono da lontano.[2] Il miracolo economico degli anni cinquanta e sessanta non risolse le problematiche storiche del Paese: in senso spaziale essendo stato concentrato nel nord-ovest, con successive estensioni nel nord est e, temporaneamente, nella fascia nord adriatica; in senso occupazionale in quanto la limitata industrializzazione non ha assalito le sacche di disoccupazione meridionale, femminile, giovanile, e la sottoccupazione nel terziario parassitario; in senso tecnologico mancando negli anni settanta-ottanta il salto dalle produzioni meccaniche a quelle più elettroniche; sul piano sociale facendo mancare un moderno riformismo verso le classi lavoratrici, a favore dell’inclusione clientelare. Dalla fine degli anni sessanta, il mancato riformismo e lo iato fra le aspettative di consumo e l’insufficienza della torta da spartire ha esacerbato il conflitto sociale fra capitale, lavoro e i topi nel formaggio, con una ricaduta su un uso inefficiente della spesa pubblica e la tolleranza dell’evasione fiscale.


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Vincenzo Comito: Passi avanti nel controllo delle imprese digitali

sbilanciamoci

Passi avanti nel controllo delle imprese digitali

di Vincenzo Comito

Improvvisamente ai due lati dell’Atlantico e anche in Cina le autorità hanno dato vita a iniziative, o almeno dichiarazioni, per regolamentare lo strapotere dei giganti del web: Google, Facebook, Apple e Amazon. Ma i Gafa preparano la controffensiva con azioni di lobbying

regno unito big tech arrivo nuova agenzia regolare
            aziende v4 483800 1280x960Sono molti anni che si discute ai due lati dell’Atlantico della necessità di introdurre adeguate forme di controllo sulle imprese digitali, che intanto crescono in dimensioni e potere. Le più grandi tra di esse, tutte statunitensi o cinesi, hanno raggiunto ormai valutazioni in Borsa di dimensioni enormi: la Apple, solo per fare un caso, vale ormai quasi 2.000 miliardi di dollari. Esse sono fonte di problemi crescenti su moltissimi fronti: su quelli della tutela della concorrenza, della gestione dei dati, del controllo dei contenuti, delle questioni fiscali, della dimensione etica delle scelte, del lavoro, infine di quello politico più generale. Per molti in Occidente appare essere in gioco la stessa democrazia.

Negli ultimi mesi, per la verità, è partita all’improvviso e con grande clamore una campagna per interventi decisi, sia in Occidente che in Cina. Ma i giganti del settore hanno tanto denaro e tanti dati a disposizione che, forse, è molto difficile che siano seriamente infastiditi, almeno in Occidente (Livni, 2020). Comunque il quadro appare differente tra un’area e l’altra.

Le autorità cinesi, quali che siano le loro motivazioni, stanno facendo sul serio nel tentativo di porre sotto controllo i grandi gruppi digitali e si stanno muovendo con grande rapidità e decisione nell’esecuzione, forse fin troppo.

Le situazione per quanto riguarda gli Stati Uniti e l’UE appare differente e un recente articolo apparso su The Economist, aveva a questo proposito il significativo titolo di “credibility gap” (The Economist, 2020).


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Ascanio Bernardeschi: Per un nuovo protagonismo dei comunisti in Italia

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Per un nuovo protagonismo dei comunisti in Italia

di Ascanio Bernardeschi

bernardeschi fotocavallorosso per un nuovo protagoismoLo scopo di questo contributo non è una ricostruzione storiografica delle vicissitudini attraversate dal Pci nel corso della sua esistenza ma quello di partire da alcuni snodi di questa storia per trarne alcune lezioni utili per il presente. Tuttavia, ai fini di questa riflessione mi pare utile un sommario richiamo a tali snodi, consapevole del rischio di tediare i tantissimi compagni per i quali un tale sunto appare superfluo.

A seguito del grande evento della rivoluzione di Ottobre, ma anche della sconfitta dell’occupazione delle fabbriche, favorita sia dalla linea opportunista dei riformisti che dall’incapacità di direzione politica dei massimalisti, Antonio Gramsci e il gruppo dirigente che lo circondò intesero a costruire un partito in cui la solida impostazione teorica e l’internazionalismo proletario si sposassero con la presenza attiva all’interno delle classi lavoratrici, con un’organizzazione ferrea e con l’iniziativa politica. La pratica del centralismo democratico, l’idea della costruzione del partito prioritariamente nei luoghi di lavoro all’interno dei quali introdurre forme di democrazia consiliare, l’approntamento di strumenti di comunicazione e propaganda idonei – considerate l’epoca e la situazione – erano funzionali a questo molteplice compito.

Perfino negli anni bui della clandestinità sotto il regime fascista, in quelle durissime condizioni, non venne meno tale impegno e il Partito riuscì ad aderire, nei limiti consentiti dalla situazione, alle pieghe della società e a costruire un reticolo di cellule in cui l’iniziativa politica, quale per esempio la diffusione della stampa clandestina, si abbinava alla formazione dei quadri. Lo stesso carcere fu per molti l’“università” che permise di far crescere quadri dirigenti di grande valore.


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Luca Cangemi: Un blocco imperialista digitale?

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Un blocco imperialista digitale?

di Luca Cangemi

Da qualche giorno si parla nel mondo (molto meno in Italia, a parte un utile articolo di Alessandro Aresu su Limesonline) di un documento pubblicato dal “China Strategy Group” dal titolo (abbastanza eloquente), Asymmetric Competition: A Strategy for China & Technology Actionable Insights for American Leadership.

Si tratta in effetti di un testo di grandissimo interesse - sotto molti e diversi profili - che mette in fila alcune delle questioni essenziali della scena mondiale di oggi e di domani, operando proposte assai significative.

Intanto qualche parola sugli estensori del documento, le cui biografie ci illustrano, oltre ogni possibile dubbio, la caratteristica certamente non accademica del testo.

La mente del China strategy group e del documento risponde al nome di Eric Schmidt, ex CEO di Google, tra i più ascoltati guru e oligarchi del mondo digitale. E della grande famiglia di Google sono altri tra gli estensori del rapporto, a partire da Jared Cohen, attuale CEO di Jigsaw (tech incubator di Google) nonché ex consigliere di Condoleeza Rice e Hilary Clinton.


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Noi Restiamo: Amazon: un modello tentacolare

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Amazon: un modello tentacolare

di Noi Restiamo

La logistica, già settore strategico all’interno della crisi sistemica in cui si trova il modo di produzione capitalistico, con lo scoppio della pandemia ha visto accrescere a livello globale ulteriormente la sua centralità, in particolare i colossi dell’e-commerce, grazie al prevedibile incremento degli acquisti online e alla forte spinta alla digitalizzazione che la fase pandemica ha facilitato, hanno visto aumentare esponenzialmente i loro profitti, Amazon su tutti, arrivando a triplicare nel 2020 l’utile netto e raggiungendo i più alti profitti della sua storia.

Il settore della logistica pesa particolarmente in Italia per la posizione che il nostro paese occupa nel processo di riorganizzazione produttiva dell’UE e la conseguente deindustrializzazione di questo: la crisi socio-economica, data dalle ripercussioni delle restrizioni dovute al Covid, che si è abbattuta sui lavoratori, in primis quelli dei settori della vendita al dettaglio, ha invece rafforzato la posizione di Amazon in Italia, che quest’anno ha aperto 1600 nuove posizioni lavorative e ha annunciato la costruzione di due nuovi centri di smistamento.


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Francesco Capo: L’idrossiclorochina è efficace, lo dice uno studio americano

byoblu

L’idrossiclorochina è efficace, lo dice uno studio americano

Solo il governo e il CTS tacciono!

di Francesco Capo

Il Covid-19 si può e si deve curare a casa. Noi di Byoblu lo stiamo dicendo da mesi intervistando professori universitari, medici di famiglia, biologi, associazioni e movimenti di cittadini e operatori sanitari che in Italia e in tutto il mondo hanno curato e continuano a curare i loro pazienti con protocolli di cura tempestivi ed efficaci, basati su diversi farmaci tra cui l’idrossiclorochina e l’azitromicina.

 

Lo studio dell’American Journal of Medicine

Adesso lo scrive anche l’American Journal of Medicine in uno studio pubblicato nell’ultimo numero di gennaio 2021, firmato da 23 professori universitari e a cui hanno partecipato anche l’Università di Siena e di Torino.

Lo studio raccomanda l’assunzione, sotto il controllo medico, di idrossiclorochina, azitromicina e zinco.

L’idrossiclorochina è un antimalarico con proprietà anti infiammatorie; se somministrata subito, alla comparsa dei primi sintomi come la febbre alta, “può ridurre la progressione della malattia, prevenire l’ospedalizzazione e portare a una riduzione della mortalità”, scrivono i ricercatori.


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Yanis Varoufakis: “Draghi al servizio di Bruxelles, ogni democratico dovrebbe dire di no”

radiopop

“Draghi al servizio di Bruxelles, ogni democratico dovrebbe dire di no”

Alessandro Gilioli intervista Yanis Varoufakis

Ministro delle Finanze greco proprio durante la crisi finanziaria che portò Atene a un passo dalla bancarotta, Yanis Varoufakis commenta con il direttore Alessandro Gilioli l’ipotesi di affidare il nuovo Governo a Mario Draghi.

* * * *

Lei ha conosciuto molto bene Draghi quando era ministro delle finanze in Grecia. Ci può dire che impressione le ha fatto dal punto di vista umano, ma soprattutto dal punto di vista della sua visione politica?

Umanamente Draghi è come tutti gli altri a Bruxelles e Francoforte, almeno per come lo ricordo all’Eurogruppo. Politicamente è al servizio dell’ordine finanziario. Tecnicamente è molto capace, e ha mostrato grandi capacità di capire cosa va bene e cosa no nella logica del servizio all’ordine finanziario e all’establishment. In questo senso è il premier ideale per l’Italia, se quello che voi veramente volete è implementare le politiche di Bruxelles e Berlino, e di fingere che il Recovery Fund è veramente la salvezza dell’Italia. Mentre non è altro che un pacchetto di debiti.


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tonino

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Feb 9, 2021, 10:24:15 AM2/9/21
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Lamberto Lombardi: La battaglia attorno al PCI

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La battaglia attorno al PCI

di Lamberto Lombardi*

Riceviamo da Lamberto Lombardi

lavoro cccp manifestoTrent'anni fa, poco prima del suo settantesimo compleanno, finiva il PCI, per scelta quasi unanime dei suoi dirigenti e con plauso unanime e spesso ironico dei suoi avversari. Fu seguito, in pochi anni, dalla scomparsa di tutti gli altri Partiti della Prima Repubblica.

Trent'anni è un lasso di tempo ampio che ha consentito di sistemare, magari immeritatamente, i La Malfa, gli Zanone, i De Martino, Nenni, e perfino Andreotti, nell'indisturbato album dei ricordi, quello da riaprire solo nelle ricorrenze comandate. Non così è per il PCI.

Sorprendentemente gli sforzi imponenti di collocarlo su di un binario morto della Storia sembrano fallire ripetutamente e lo riscontriamo nell'opinionistica borghese, e non solo in quella espressasi intorno al centenario della sua nascita, lo ritroviamo in quel suo atteggiamento di attenzione non placata, tra il livoroso e lo sprezzante, ma anche in una sua curiosità mai attenuata, volta ad indagare una storia che in nessun modo si è riusciti a ridurre a inerte stereotipo.

Sarà per l'insostenibile leggerezza della politica italiana di oggi, sarà per la dimenticabile teoria dei suoi personaggi e delle sue vicende dimenticate in poche settimane, sarà per l'inveterata abitudine e necessità degli opinionisti nostrani a fare settimanalmente professione di anticomunismo, sarà per un oscuro e non confessabile rimorso, sarà che di quella storia siano in pochi ad averci davvero capito qualcosa, sarà, infine, che quel vuoto non è mai più stato davvero politicamente riempito, ma ci pare che attorno al PCI sia ancora in atto un'aspra battaglia nonostante nulla sembra esistere che la imponga all'ordine del giorno.


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Sandro Moiso: Pandemia, economia e crimini della guerra sociale

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Pandemia, economia e crimini della guerra sociale

Stagione 2, episodio 2: il falò delle vanità

di Sandro Moiso

Il falò della vanità della scienza medica (al servizio del capitale)

miracolo a milano“Possiamo essere pessimisti, darci per vinti e quindi lasciare che accada il peggio. Oppure possiamo essere ottimisti, cogliere le opportunità che certamente esistono e in questo modo cercare di fare del mondo un posto migliore. Non c’è altra scelta.” [Ottimismo (malgrado tutto) – Noam Chomsky]

Ormai più di un mese fa, domenica 27 dicembre, avrebbe dovuto avere inizio la terapia miracolosa, sospesa tra interessi economici, miracoli degni del cinema di Vittorio De Sica, creduloneria mediatica e (pseudo) scienza. Successivamente i ritardi nelle consegne, gli ingarbugliati (a dir poco) contratti firmati dall’Unione Europea con le ditte produttrici, il malfunzionamento degli apparati sanitari preposti e l’incompetenza delle amministrazioni locali, basata su anni di tagli della spesa per la salute dei cittadini e di prevaricazioni politiche in nome dell’interesse privato sbandierati come “eccellenza sanitaria”, hanno finito col fare più danni di qualsiasi protesta No Vax1.

Come se ciò non bastasse anche il nazionalismo economico si è ritagliato il suo spazio vitale nella corsa ai vaccini così che, nonostante la contrarietà manifestata da numerosi virologi ed esperti (o almeno presunti tali)2, anche il governo italiano, insieme al suo commissario straordinario Arcuri, ha deciso di investire in patria per sostenere quello della Reithera, di cui non si conosce assolutamente il grado di efficacia e la cui prima consegna è stimata per l’autunno di quest’anno. Ma si sa…piatto ricco mi ci ficco!


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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

comedonchisciotte.org

Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

di Leopoldo Salmaso*

comedonchisciotte org informazione alternativa
              comedonchisciotte org informazione alternativa bombo
              bombus terrestris 750x430Secondo alcuni ingegneri aeronautici il bombo non può volare, però il bombo non legge le loro pubblicazioni e vola lo stesso.

Secondo Pfizer & C. il ‘vaccino’ a RNA messaggero non può modificare il genoma, però il ‘vaccino’ non legge i comunicati di Pfizer e…

Anzitutto alcune precisazioni:

P1. Il proverbiale calabrone non è un calabrone ma un bombo (Bombus terrestris) su cui un secolo fa Antoine Magnan e altri (1) scrissero che non poteva volare in base ai loro studi di aerodinamica.

P2. Il paradosso non è un paradosso, tanto che Magnan dovette correggere i propri studi invece che ‘correggere’ i bombi.

P3. il cosiddetto ‘paradosso del calabrone’ è diventato proverbiale per indicare la presunzione di tanti ‘apprendisti stregoni’ che pretendono piegare la Natura alla loro visione ultra semplificata della realtà.

Con tali premesse, mi propongo di illustrare perché e come un vaccino a mRNA si può comportare come i bombi, ignorando i comunicati Pfizer.

Per sviluppare il contraddittorio, propongo al lettore di proseguire con una fiction processuale:

 

A (Avvocato accusatore): Chiamo a deporre il dottor Leopoldo Salmaso… Dottore, dica brevemente le sue qualifiche, in particolare per farci capire la sua posizione riguardo ai vaccini.


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coniarerivolta: Tutti i governi sono politici, ma quelli tecnici sono più politici degli altri

coniarerivolta

Tutti i governi sono politici, ma quelli tecnici sono più politici degli altri

di coniarerivolta

Nei giorni scorsi, complice la crisi del governo Conte-bis, si è tornati a parlare dell’eventualità di un governo tecnico. L’ipotesi è circolata non solo nelle parole degli opinionisti e degli editorialisti, ma anche in quelle di vari esponenti politici. Per la guida dell’ipotetico governo tecnico, è stato spesso fatto il nome dell’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi come, ad esempio, da Salvini e da Renzi.

Ma cosa si intende quando si parla di governo tecnico? Si parla di un esecutivo composto esclusivamente o prevalentemente da personalità non appartenenti a partiti politici o, comunque, non presenti in Parlamento sotto il simbolo di partiti politici. Il governo tecnico, come ogni governo, deve avere la fiducia delle Camere, ma tale sostegno si configura come un semplice appoggio esterno: normalmente, nessuna delle forze politiche che sostiene il governo ha suoi rappresentanti tra i ministri, sebbene ci sia la possibilità di ibridi a prevalenza di tecnici, ma con qualche casella occupata da esponenti politici.


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Redazione: Mario Draghi inaugura la controrivoluzione, ma non può salvare l'Italia

vocidallestero

Mario Draghi inaugura la controrivoluzione, ma non può salvare l'Italia

di Redazione

In questo articolo sul  Telegraph del 3 febbraio, Ambrose Evans Pritchard commenta l'incarico a Draghi per la formazione del nuovo governo in Italia in maniera molto realistica e disincantata, con un significativo sottotitolo:

"Draghi, sinonimo di difesa dell'euro, potrebbe essere l'uomo che sovrintende all’Italexit"

Innanzitutto Pritchard ricorda come la "disavventura dell'Italia con l'unione monetaria" abbia portato a due decenni perduti, a tassi di disoccupazione giovanile altissimi e ad una trappola di deflazione da debito, e come il Movimento Cinque Stelle, partendo da posizioni di rivolta contro l'establishment Ue, sia stato addomesticato e cooptato, seguendo la parabola di Syriza in Grecia. Pritchard descrive questo ultimo passaggio dell'incarico a Draghi come il completamento di un radicale cambio di marcia:

 "dalla rivolta democratica contro l'euro e le élite pro-UE, fino all'estremo opposto di un governo tecnico sotto il Mister Euro per eccellenza, senza passare per elezioni.


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Francesco Piccioni: L’era Draghi. Altro ciclo, altro gioco

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L’era Draghi. Altro ciclo, altro gioco

di Francesco Piccioni

Un ciclo si è chiuso, in Italia. L’incarico a Mario Draghi di formare un governo mette fine al tentativo di creare una gestione politico-economica del Paese che fosse coerente con le indicazioni vincolanti dell’Unione Europea, ma utilizzando le “risorse” endogene, ossia la “classe politica” nazionale.

Questo è d’altronde lo schema istituzionale previsto dai trattati europei, che assumono classicamente la forma del “vincolo esterno”. Uno schema in cui ogni singolo paese deve autonomamente ridisegnare la propria struttura economica e istituzionale secondo le “linee guida” che la Commissione Europea (il “governo” della Ue) controlla minuziosamente, co-gestendo le politiche di bilancio di tutti gli Stati membri.

Per la quarta volta negli ultimi 30 anni questo schema è stato rotto. Le difficoltà nel costruire stabili maggioranze di governo in grado di mettere a punto “riforme” altamente impopolari – da quella sulle pensioni a quelle sul mercato del lavoro, dalla distruzione della sanità pubblica a quella di scuola ed università altrettanto pubbliche, ecc – si è sempre tradotto in rissosità politica, frammentazione partitica, crisi di governo.


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comidad: Nel migliore dei mondi possibili ci aspettano tanti sacrifici

comidad

Nel migliore dei mondi possibili ci aspettano tanti sacrifici

di comidad

In base al racconto dei media viviamo nel migliore dei mondi possibili: un mondo in cui i miliardari sono filantropi, i governi si accorano per la nostra salute, le multinazionali farmaceutiche ci amano, i Presidenti della Repubblica rinunciano a vaccinarsi per primi in modo da lasciare la precedenza a noi; e, infine, un mondo dove le istituzioni europee ci inondano di miliardi per curare le ferite della nostra economia.

Questa era la notizia buona. La notizia cattiva è che, a fronte di tanta illuminata benevolenza, vi sono masse ingrate e oscurantiste, composte da complottisti, negazionisti, terrapiattisti, no-vax, populisti, nazionalisti, sovranisti, ed anche da incapaci/corrotti già pronti a sprecare i preziosissimi fondi europei.

Ci si potrebbe domandare chi mai possa credere ad una rappresentazione così demenziale. In realtà il credere o meno non c’entra, poiché qui siamo nell'ambito del pre-ideologico, cioè dello schema relazionale, che prescinde dal pensiero cosciente e dal discorso.


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Redazione: Mario Draghi: la politica dei padroni

lordinenuovo

Mario Draghi: la politica dei padroni

di Redazione

mario
            draghiLa crisi istituzionale aperta da Matteo Renzi ha avuto come conseguenza il conferimento a Mario Draghi dell’incarico di formare un governo “istituzionale” da parte del presidente della Repubblica. Dopo un giro di consultazioni, in corso proprio da questa mattina a Montecitorio, con partiti e parti sociali Draghi stesso salirà di nuovo al Colle e per decidere se sciogliere o meno la riserva ed iniziare dunque un nuovo esecutivo che subentri al Conte II.

Quella del governo “istituzionale” è una strada che è stata spesso percorsa nel passato recente. Ciò che mostra la storia recente è che in momenti cruciali e in vista di scelte di importanza strategica la ritualità della politica cessa e si decide di fare affidamento sul tecnocrate a disposizione in quel preciso momento storico: governo Ciampi (ex-presidente della Banca d’Italia) in seguito a Tangentopoli, governo Dini (anch’egli ex-governatore della Banca d’Italia) e conseguente riforma del sistema pensionistico ed infine il governo Monti (presidente della Bocconi e già commissario Europeo per l’Italia), nato su l’incapacità politica del governo Berlusconi IV di attuare le riforme volute dall’UE (si pensi a quella che poi sarebbe diventata la legge Fornero).
In questo senso il filo conduttore dei governi tecnici, o sedicenti tali, è quello di avere a capo una personalità di garanzia del sistema capitalista italiano, una personalità riconosciuta solitamente anche a livello internazionale (come nel caso di Monti).

Per questo motivo, l’incarico conferito a Mario Draghi non è assolutamente una novità. Lo è invece la situazione economica in cui versa il Paese. La pandemia da Covid-19 ha riportato il paese a livelli di crescita paragonabili a quelli del 19951, e con lo sblocco dei licenziamenti prossimo venturo l’Italia si appresta a vivere una stagione di tensioni sociali potenzialmente esplosive.


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Fosco Giannini: Dopo Conte, l'avvento dei Draghi. La marionetta Renzi, gli USA e la Cina

lantidiplomatico

Dopo Conte, l'avvento dei Draghi. La marionetta Renzi, gli USA e la Cina

di Fosco Giannini*

Nel rapporto di collaborazione che si è costituito tra il nostro giornale e “Cumpanis” pubblichiamo, come anticipazione, il prosssimo editoriale di Fosco Giannini per “Cumpanis”

immagini.quotidiano.netCrisi e caduta del governo Conte, incarico a Draghi e ruolo di Renzi. Nel provincialismo dilagante della “cultura” politica italiana, in pochissimi alzano gli occhi per vedere da che parte è venuta la spinta reale e determinante affinchè un nuovo scenario politico si determinasse nel nostro Paese. Renzi - nella “distrazione” generale, nella cecità di chi crede che un’Italia dominata politicamente dall’imperialismo USA, occupata militarmente dalla NATO e genuflessa ai voleri neoimperialisti dell’Ue sia un Paese libero e autonomo - è eletto a deus ex machina, a grande giocatore di poker, al nuovo principe machiavellico in grado di determinare sia il caos che il suo conseguente e nuovo ordine politico in Italia. E’ vero che i dirigenti di Italia Viva avevano già chiaramente anticipato, ben prima che Mattarella desse l’incarico esplorativo a Fico per un nuovo governo dopo il Conte 2, l’avvento di Draghi. Ma ciò sta solo a dimostrare quanto Draghi fosse già, e da tempo, l’uomo del vecchio ordine imperialista e capitalista, nordamericano ed europeo, quanto quest’ ordine abbia lavorato contro il governo Conte 2 e a favore di Draghi, e non sta certo a dimostrare quanto Renzi sia l’architetto del nuovo quadro politico italiano. La stessa demonizzazione, da parte di quella vasta area politica liberista della quale il PD è sicuramente il massimo rappresentante, di un Renzi quale cinico distruttore del governo Conte, è funzionale a sorreggere l’idea di un’Italia “autonoma”, priva di padroni, libera dagli USA, dalla NATO e dall’Ue, un Paese nel quale, purtroppo, possono però spadroneggiare dei corsari politici come Renzi.


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Francesco Piccioni: Cina. Il nodo del socialismo, dalla conquista del potere alla costruzione della società

contropiano2

Cina. Il nodo del socialismo, dalla conquista del potere alla costruzione della società

di Francesco Piccioni

cina conquista potereUn pianeta poco conosciuto, molto favoleggiato. Siamo stati tutti maoisti, almeno per giorno, ma non è che sapessimo molto di più di quanto scritto da Mao nei suoi libri (o anche solo nel “libretto rosso”). Qualcuno ha approfondito, certo, ma “la massa” dei militanti si fermava alle parole d’ordine generali.

Il movimento comunista in Occidente d’allora, e soprattutto il movimento del ‘68, si accontentava di trovare un’alternativa appassionante, stante l’insofferenza per il “socialismo reale” brezneviano.

Ovvero, le “guardie rosse”, “bombardare il quartier generale”, “potere alle masse” e non alla burocrazia.

Una ricezione molto ideologica, per forza di cose. Non del tutto sbagliata, ma indubbiamente parziale.

Poi la rottura dell’incanto: la morte di Mao, il ritorno di Deng, “arricchitevi”. La delusione che produce disinteresse. Di lì uno sguardo sempre più distratto su quel pianeta, considerato ad un certo punto “acquisito al capitalismo”.

Il lento ritorno all’analisi è parallelo alla crescita di rilevanza economica e tecnologica.

La pandemia e la crescita dei consumi hanno costretto tutti a riflettere nuovamente. A porsi domande, prima di sparare risposte piene di nulla.

La prima cosa su cui bisognerebbe riflettere seriamente è la differenza essenziale tra la lotta per la conquista del potere politico e la successiva costruzione della società. Quanto a tipo di partito, tipologia dei quadri, competenze utilizzabili, pianificazione dell’azione, priorità nel rapporto avanguardia-masse. Fare i guastatori del sistema dominante e gestirne/costruirne un altro, anche intuitivamente, sono mestieri differenti.


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Giulio Di Donato: Draghi: l’apostolo dell’élite

lafionda

Draghi: l’apostolo dell’élite

di Giulio Di Donato

Va riconosciuto un merito al Presidente Mattarella: il suo invito a superare le ‘formule’ che hanno ingessato la dialettica politica al tempo del Conte II rappresenta un’operazione di igiene e di chiarezza politica.

Negli ultimi due anni il sistema politico sembrava essersi riequilibrato intorno alle coordinate abituali: attorno ad un bipolarismo tradizionale, privo di una contesa reale e mancante di senso, che non polarizza il campo su specifici contenuti ma su parole vuote e astratte che possiedono contemporaneamente un significato ma anche il suo opposto.

Con l’investitura di Draghi si torna invece allo scenario post elezioni del 2018, quando era emerso che il cleavage fondamentale del sistema politico era tra le forze filo-establishment e le forze antisistema (che avrebbero formato il governo giallo-verde).

Il quadro politico può oggi finalmente ricomporsi attorno alle linee di frattura più vere e profonde:

  • da una parte il polo della subalternità al vincolo esterno, dall’altra un’opzione a favore dell’interesse nazionale da declinare guardando alle fasce di popolo legate alla domanda interna; da una parta il principio di fedeltà ai Trattati europei posti a tutela della concorrenza e della stabilità dei prezzi,

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Manlio Dinucci: Verso il 2030, è NATO il futuro

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Verso il 2030, è NATO il futuro

di Manlio Dinucci

La Nato guarda al futuro. Per questo il Segretario generale Jens Stoltenberg ha convocato, il 4 febbraio in videoconferenza, studenti e giovani leader dei paesi dell’Alleanza perché propongano «nuove idee per la Nato 2030».

L’iniziativa rientra nel crescente coinvolgimento di università e scuole, anche con un concorso sul tema: «Quali saranno le maggiori minacce alla pace e alla sicurezza nel 2030 e come la Nato dovrà adattarsi per contrastarle?».

Per svolgere il tema i giovani hanno già il libro di testo: «Nato 2030 / United for a New Era», il rapporto presentato dal gruppo di dieci esperti nominato dal Segretario generale. Tra questi Marta Dassù che, dopo essere stata consigliera di politica estera del premier D’Alema durante la guerra Nato alla Jugoslavia, ha ricoperto importanti incarichi nei successivi governi e venne anche nominata dal premier Matteo Renzi nel cda di Finmeccanica (oggi Leonardo), la maggiore industria bellica italiana.

Qual è la «nuova era» che prospetta il gruppo di esperti?


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Piccole Note: La censura di Big Tech e lo zar della realtà...

piccolenote

La censura di Big Tech e lo zar della realtà...

di Piccole Note

Il Washington Post ha pubblicato uno studio della New York University che analizza le accuse di faziosità mosse dai repubblicani contro i social media. Lo studio è giunto alla conclusione che non c’è alcuna evidenza che questi abbiano peccato in partigianeria durante la campagna elettorale e che la censura contro Trump discendeva da motivi “ragionevoli”.

 

La scure delle Big Tech

Il WP da sempre è apertamente anti-Trump, né ci stupiremmo se quanti hanno condotto la ricerca pubblicata siano in qualche modo in rapporto con i social in questione.

Non ci sarebbe che da sorridere per una ricerca tanto sciocca e per i suoi esiti scontati, ché lo schieramento di Big Tech contro il predecessore di Biden è evidente anche a un bambino.

Axios ha elencato le società digitali che, del tutto o in parte, lo hanno censurato: Reddit, Twitch, Shopify, Twitter, Google, YouTube, Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok, Apple,Discord, Pinterest, Amazon AWS, Stripe, Okta, Twilio…


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Mauro Armanino: L’uomo che dice tutto. Rivolte informali del Sahel

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L’uomo che dice tutto. Rivolte informali del Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 24 gennaio 2021. Si chiama Mohamedjiman Traoré ed è originario della Guinea Conakry. Anche Sekou Touré, il secolo passato, aveva gridato un clamoroso no alla proposta francese di continuare la colonizzazione del Paese sotto mentite spoglie. Traoré ha il suo conto ‘Facebook’ e si trova a Niamey, la capitale del Niger, ormai da nove mesi, il tempo di una rinascita. Non sarebbe la prima perché lui è nato e morto varie volte prima di approdare al nome col quale si definisce: l’uomo che dice tutto. Lui, apprendista autista di camion coi cinesi nel suo paese e poi con la licenza in regola per guidarli alle cave di granito. Quest’ultimo è un ottimo elemento di costruzione per l’interminabile crescita edilizia della Cina popolare. Si sentiva maltrattato e, in fondo, schiavo nel suo Paese di origine. Alcuni amici suoi, emigrati da qualche tempo in Algeria, lo invitano a raggiungerlo per profittare delle ricchezze del Paese e cercare altrove ciò che a casa non poteva trovare. Traoré lavora per qualche anno ad Abidjan nel porto, scaricando casse di pesci e si lascia infine convincere per passare il Sahara, il mare di sabbia, per raggiungere infine ad Algeri gli amici che insistono perché vada.


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Giancarlo Scarpari: Democrazia procedurale

ilponte

Democrazia procedurale

di Giancarlo Scarpari

RENZI AGF kquC 835x437IlSole24Ore WebAlcuni deputati all’Assemblea costituente avevano coltivato ed elaborato un progetto ambizioso, quello di dar vita non a un semplice Stato di diritto (tripartizione di poteri, pesi e contrappesi istituzionali, rappresentanza tramite elezioni, diritti di libertà, ecc.), bensì a uno Stato sociale di diritto, una repubblica, cioè, che non si limitava ad assicurare a tutti l’eguaglianza formale davanti alla legge, ma che assumeva su di sé il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitavano, di fatto, la libertà e l’eguaglianza dei cittadini.

Questa proposta, elaborata da Lelio Basso e formalizzata nel capoverso dell’art. 3, costituiva dunque un impegno rivolto al presente e soprattutto al futuro; introduceva, nell’architettura liberale delle istituzioni del nuovo Stato, un vincolo per governo e parlamento diretto a rimuovere, progressivamente, storiche ineguaglianze e rendere così finalmente concreti quei principi di una democrazia formale destinati altrimenti a rimanere sulla carta. Ma questo impegno, come fu approvato, fu subito disatteso.

Nettamente contrari a questa norma si dichiararono i giuristi del “partito romano”, allora egemone in Vaticano, che, chiedendosi allarmati con padre Messineo «quali fossero gli ostacoli di ordine economico e sociale che la Repubblica ha il compito di rimuovere», paventavano che alcune forze politiche potessero individuare tra questi ostacoli la proprietà e la religione, sì da spalancare, con questa norma così interpretata, le porte a un vero e proprio «totalitarismo di Stato».


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Anselm Jappe: Alcuni punti essenziali della critica del valore

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Alcuni punti essenziali della critica del valore

di Anselm Jappe

jappe198Il sistema capitalista è entrato in una grave crisi. Questa crisi non è solamente ciclica, bensì finale: non stiamo parlando di un collasso imminente, ma della disintegrazione di un sistema plurisecolare. Non si tratta della profezia di un evento futuro, ma della constatazione di un processo divenuto visibile alla fine degli anni '70 e le cui radici affondano nell'origine stessa del capitalismo. Ciò a cui stiamo assistendo, non è il passaggio ad un altro regime di accumulazione (come è avvenuto con il fordismo), e non si stratta neppure dell'avvento di nuove tecnologie (come nel caso dell'automobile), né ci troviamo di fronte al dislocamento del centro di gravità verso altre regioni del mondo; ma siamo a fare i conti con l'esaurimento di quella che è la sorgente stessa del capitalismo: la trasformazione del lavoro vivente in valore.

Le categorie fondamentali del capitalismo – così come sono state analizzate da Marx nella sua critica dell'economia politica - sono il lavoro astratto e il valore, la merce e il denaro, le quali si riassumono nel concetto di «feticismo della merce». Una critica morale, che si dovesse basare sulla denuncia dell'«avidità», non coglierebbe qual è l'essenziale della questione.

Non si tratta di essere marxisti o post-marxisti, o di interpretare l'opera di Marx, oppure di completarla con nuovi contributi teorici. È necessario ammettere che esiste una differenza tra il Marx «esoterico» e il Marx «essoterico», tra il nucleo concettuale e lo sviluppo storico, tra l'essenza e il fenomeno.


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Tobia Savoca: Il complottismo nasconde i conflitti

jacobin

Il complottismo nasconde i conflitti

di Tobia Savoca

Il diffuso cospirazionismo dei nostri tempi, frutto della crescente crisi della politica, si rivela utile alle destre per offrire una spiegazione al malessere sociale e a chi detiene il potere per patologizzare qualsiasi pensiero critico

complottismo jacobin italia 1 990x361Che determinate persone o gruppi, per il loro potere politico, economico o sociale, possano influenzare gli eventi, sembrerebbe un’evidenza. In fondo qualsiasi forma di potere si fonda sulla capacità di influire e prendere decisioni capaci di modificare il corso della storia. Eppure tale evidenza sembra essere svanita vista la facilità con cui qualsiasi ipotesi di complotto viene oggi ridicolizzata («gombloddo»).

 

I complotti esistono, i complottisti pure

Anzitutto partiamo da un’affermazione semplice, quasi banale: i complotti esistono. Non tutte le teorie del complotto sono rimaste teorie. Alcune sono state verificate. Ma se sono le prove a permettere di discernere tra scoperta di una cospirazione e mero delirio paranoico, quello che permette di svolgere questo processo critico sono le intuizioni e il sospetto.

Certo, i «maestri del sospetto» che Paul Ricoeur ha individuato in Nietzsche, Freud e Marx, grazie al sospetto e al dubbio avevano svelato i meccanismi dell’essere umano riguardo alla religione, al suo inconscio e alla società del capitale. Ma si trattava di un sospetto critico, insito nella contraddizione e nella complessità del pensiero, non nella semplificazione mitologica degli eventi. Oggi il sistema mediatico alternativo trasmesso nei social network ha invece scatenato un delirio opposto.


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Thomas Fazi: G30, il think tank presieduto da Draghi dove troverete molte risposte

lantidiplomatico

G30, il think tank presieduto da Draghi dove troverete molte risposte

di Thomas Fazi

Molti si chiedono quale sarà la filosofia di politica economica a cui si ispirerà il nascente governo Draghi.

Diversi commentatori – basandosi su un’interpretazione assolutamente fallace dell’operato di Draghi alla BCE (l’idea che le politiche monetarie espansive rappresentino una politica “keynesiana”); su un suo ormai celebre articolo di qualche mese fa sul Financial Times, in cui Draghi ha sdoganato il debito pubblico (quello “buono”); e in alcuni casi, persino tirando in ballo i suoi studi con uno dei più grandi economisti keynesiani del secolo scorso, Federico Caffè – sembrano convinti che Draghi si muoverà nel solco di una politica sostanzialmente espansiva, addirittura, appunto, “keynesiana”.

Insomma, una politica opposta a quella austeritaria di Monti. Ma è lo stesso Draghi a smentire queste previsioni ireniche nella sua ultima uscita pubblica, ovvero il recentissimo rapporto sulle politiche post-COVID redatto dal G30 – ufficialmente un think tank, fondato su iniziativa della Rockefeller Foundation nel 1978, che fornisce consulenza su questioni di economia monetaria e internazionale, secondo molti un centro di lobbying dell’alta finanza – presieduto proprio da Draghi insieme a Raghuram Rajan, ex governatore della banca centrale indiana.


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Angelo Baracca: Chi ricorda il golpe del 1962, quando l’Italia fu …

labottegadelbarbieri

Chi ricorda il golpe del 1962, quando l’Italia fu …

… fu condannata a un ruolo subalterno?

di Angelo Baracca

Un popolo che perde la memoria non ha una guida per il futuro

C’era un volta un Boiardo di stato, che era stato anche partigiano, era un boss della Democrazia Cristiana, ma coltivava un sogno, di un riscatto dell’Italia dal regime fascista proiettandola in un ruolo protagonista nel contesto internazionale, lanciata nello sviluppo di tecnologie di punta. Si chiamava Enrico Mattei. E non era solo: il suo sogno era condiviso, anche se non in termini omogenei, da Adriano Olivetti, Domenico Marotta, Felice Ippolito, Mario Tchou, e molti altri imprenditori, politici, intellettuali.

Questa storia non c’è nei manuali di storia, forse i giovani non conoscono neanche questi nomi, tanto meno i loro progetti. E non sanno che questo sogno si infranse attorno al 1962, fu un vero golpe sanguinoso, mai chiarito fino in fondo, ordito dai poteri forti internazionali (e i loro lacchè nazionali) che non potevano tollerare un ruolo autonomo dell’Italia nel panorama internazionale.


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ilsimplicissimus: Siete pronti ad entrare in Agenda?

ilsimplicissimus

Siete pronti ad entrare in Agenda?

di ilsimplicissimus

Fino a qualche settimana fa solo adombrare la possibilità di un rapporto tra pandemia narrata, ossessione vaccinista e controllo sociale, provocava la messa al bando per eccesso di fantasia e complottismo, con tanto di debunker ovvero smascheratori di bugie e di fake news impegnati a deridere (dietro compenso ovviamente) chi osava varcare quella soglia. Adesso invece è improvvisamente realtà: il parlamento tedesco il 29 gennaio scorso (9 giorni dopo l’insediamento di Biden) ha infatti ratificato l’adozione dell’agenda ID2020, ovvero della raccolta elettronica di dati su ogni singolo cittadino che non solo tenga conto ovviamente delle vaccinazioni, che sono l’occasione per introdurre questo strumento, ma di tutto ciò che lo riguarda dalla salute, al lavoro, dalle cartelle cliniche, ai beni posseduti, ai rapporti bancari, alle abitudini di spesa, alle situazioni personali, alle inclinazioni politiche o di altro genere e insomma tutto ciò che si può sapere di una persona espresso in 200 punti (estensibili poi a piacere) , aggiornati in automatico che saranno disponibili non soltanto alle agenzie governative, ma anche a quelle private. Ora per coloro ai quali l’espressione Agenda ID2020 suoni nuova basti sapere che è stata progettata da Bill Gates come parte del “pacchetto vaccinazioni”.


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Enrico Voccia: Vaccini, stato, capitale

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Vaccini, stato, capitale

di Enrico Voccia

Innanzitutto una premessa: non sono affatto su posizioni noVax, anzi ritengo che i vaccini siano stati una delle grandi conquiste dell’umanità, che hanno prima salvato e poi migliorato l’esistenza di miliardi di esseri umani. Ritengo, inoltre, che, insieme ad altre di tipo strettamente farmacologico, questa strada di ricerca vada battuta con sempre maggiore insistenza, soprattutto perché l’umanità va con ogni probabilità incontro a rischi pandemici sempre più gravi, alcuni dei quali potrebbero far sembrare a loro confronto l’attuale pandemia una sciocchezzuola. Si pensi, solo per fare un esempio, al rischio assai concreto che si sviluppino batteri della polmonite antibiotico-resistenti al punto tale da superare indenni l’effetto di qualunque tipo di antibiotico oggi conosciuto.[1]

Quello su cui invece concentreremo l’attenzione, partendo dalla questione dei ritardi nella consegna delle dosi vaccinali e dei contenuti – nonché della segretezza – dei contratti intercorsi tra le case farmaceutiche e gli stati, è il rapporto che si va configurando tra il potere politico e le grandi aziende multinazionali, in modo particolare dalla firma dei famigerati accordi di libero commercio dalla fine degli anni Novanta ad oggi.[2]


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Carlo Formenti: Dal Gruppo Gramsci all'Autonomia Operaia: un percorso tutt'altro che lineare (II)

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Dal Gruppo Gramsci all'Autonomia Operaia: un percorso tutt'altro che lineare (II)

di Carlo Formenti

Rosso
            giugno 74Nella prima puntata Piero Pagliani ha già colto alcuni degli snodi essenziali che consentono di decodificare quel mix di elementi di continuità e di discontinuità che caratterizzò la transizione dal primo al secondo Rosso e la (parziale) confluenza dei militanti del Gruppo Gramsci nell’Autonomia. Credo valga tuttavia la pena di compiere un ulteriore sforzo di approfondimento, non tanto per soddisfare le curiosità storiografiche degli appassionati di quella convulsa stagione della lotta di classe (né tantomeno per appagare le smanie memorialistiche del sottoscritto, che di quella stagione fu uno dei tanti protagonisti), ma perché penso che molti dei problemi teorici e delle sfide politiche che ci troviamo oggi di fronte fossero già contenuti – almeno in nuce – in quegli eventi.

Gli autori che hanno introdotto la pubblicazione della prima tranche dei materiali di “Rosso” su “Machina” richiamano giustamente l’attenzione sulle differenti scelte organizzative effettuate da Gruppo Gramsci e proto Autonomia per strutturare l’intervento politico in fabbrica. In effetti, i CPO (collettivi politici operai) e le Assemblee Autonome non rispecchiavano solo diverse opzioni “tecniche”. I primi erano concepiti come un’articolazione politica destinata a operare all’interno dei consigli dei delegati, la struttura sindacale di base subentrata alle vecchie Commissioni Interne per estendere la base di rappresentanza democratica al di là degli iscritti alle organizzazioni sindacali. Attribuendo a quelle inedite strutture sindacali un potenziale di auto organizzazione paragonabile (nei limiti dettati dai differenti contesti storici) ai consigli operai di inizio Novecento, il Gruppo Gramsci concepiva l’intervento al loro interno come un obiettivo prioritario di cui i CPO erano gli strumenti organizzativi (il modello era quello dell’intervento di fabbrica dell’Ordine Nuovo nel Biennio Rosso).


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Thomas Fazi: Mario Draghi: breve biografia di un incappucciato della finanza

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Mario Draghi: breve biografia di un incappucciato della finanza

di Thomas Fazi

draghiMontiE alla fine, come da copione, l’“operazione Draghi”, a cui il sistema, nonché Draghi stesso, lavorano alacremente da anni – i servizi fotografici su Draghi che fa la spesa al supermercato, accarezza i cagnolini e vola in economica, ma anche lo stesso, ormai celebre, articolo sul Financial Times in cui Draghi, novello keynesiano, ha riabilitato il debito pubblico (quello “buono”, ça va sans dire) – è stata portata in porto. Ed è subito gara tra i politici e commentatori nostrani ad annunciare la seconda venuta di Cristo.

In questa sede non mi soffermerò sulle manovre di palazzo che ci hanno portato a questo punto. Mi limiterò a evidenziare come le principali responsabilità, a mio avviso, siano da imputarsi non a Renzi, come vuole la vulgata, ma allo stesso Conte, agli occhi di tutti la principale vittima di questa operazione. Se oggi, infatti, Draghi – letteralmente l’incarnazione vivente del vincolo esterno – può presentarsi come il salvatore della patria che può garantire l’arrivo e il “buon uso” dei fantastiliardi dell’Europa, è precisamente perché Conte in primis ha avallato fin dall’inizio la logica del vincolo esterno, presentando il Recovery Fund come un generoso regalo di mamma Europa che lo scolaretto Italia avrebbe dovuto fare di tutto per meritarsi e “spendere bene”, e anzi senza i quali saremmo stati perduti. Insomma, Conte – sospinto da MoVimento Cinque Stelle e PD – non ha fatto che alimentare l’idea dell’Italia come nazione minus habens incapace di gestire se stessa e perennemente bisognosa dell’aiuto (e a volte della “rieducazione”) di qualche “provvidenziale” attore esterno, per definizione più civilizzato e capace di noi.


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Yurii Colombo: La «seconda vita politica» di Amadeo Bordiga

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La «seconda vita politica» di Amadeo Bordiga

Capitalismo e crisi ambientali

di Yurii Colombo

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            036767deb4b54044a5069c446057a649mv2Per la storiografia il Bordiga «che conta» è quello «politico», è la traiettoria che lo porta dalla milizia nella gioventù socialista napoletana a diventare il pivot della scissione comunista nel 1921 a Livorno, a dirigere il Partito comunista d’Italia negli anni dell’ascesa del fascismo e infine a entrare in contrasto con la nuova direzione gramsciano-togliattiana della «bolscevizzazione» fino all’epico scontro con Stalin al VI Esecutivo allargato dell’Internazionale comunista a Mosca nel 1926. Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso questo percorso – che non può essere ovviamente slegato dalla storia della sinistra socialista intransigente prima e della sinistra comunista poi – destò un certo interesse della storiografia italiana «ufficiale» (Cortesi, De Clementi, Livorsi, De Felice[1]) prima di tornare ad appannaggio sostanzialmente degli storici simpatetici al comunista napoletano (Peregalli, Saggioro, Gerosa[2]), al defluire dei movimenti che avevano accesso per qualche tempo l’interesse per ogni tipo di eresia del movimento operaio. Tuttavia se si esclude il pioneristico In attesa della grande crisi. Storia del Partito Comunista Internazionale (1952-1982) del già citato Sandro Saggioro, pubblicato qualche anno fa per i tipi di Colibrì e la meritoria opera di ripubblicazione sistematica dei suoi scritti da parte delle organizzazioni bordighiste, l’elaborazione del Bordiga sconfitto e isolato dall’Italia della ricostruzione e del boom rimane ancora ampiamente un territorio inesplorato. Recuperarla sarebbe invece importante perché probabilmente rappresenta il periodo più fecondo dal punto di vista teorico del comunista napoletano.


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Gianluca Cicinelli: Cancellare il debito con la Bce

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Cancellare il debito con la Bce

di Gianluca Cicinelli

Cancellare il debito pubblico dei Paesi europei in mano alla Bce, che da sola detiene, tramite i titoli di Stato, il 25% del debito totale della Ue. La richiesta viene da oltre 100 economisti che hanno lanciato un appello chiedendo un atto concreto per consentire il superamento della crisi nel dopo pandemia. Un appello nato fra un gruppo di economisti francesi, a cui hanno aderito da tutta Europa, che compare da venerdì 5 febbraio su nove giornali nell’Unione, tra cui Le Monde, El Pais e Avvenire. Una richiesta avanzata per contrastare una crisi dai risvolti socialmente devastanti, che tocca anche l’Italia naturalmente, dove i vari bonus monopattino e i soldi promessi ma (quasi) mai arrivati ai cassintegrati sono poco più che un placebo rispetto a quanto deve ancora accadere. Il debito pubblico complessivo degli Stati europei è di 2500 miliardi di euro.?utm_source=newsletter_1325&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-sinistrainrete&acm=1_1325""L’indebitamento pubblico delle nazioni europee è aumentato vertiginosamente con le misure messe in campo per proteggere imprese e persone, un atto dovuto alle popolazioni. Ma prima o poi quei soldi dovranno essere restituiti con conseguenze funeste per le economie più fragili e il rischio dell’esplosione di rivolte sociali, che spaventa gli economisti proprio in funzione dell’ingovernabilità totale della povertà crescente.


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Sergio Cararo: Il M5S alla prova del rospo sul governo Draghi

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Il M5S alla prova del rospo sul governo Draghi

di Sergio Cararo

Per il M5S, il partito che più di tutti ha pagato presso per la sua doppia esperienza di governo (prima con la Lega poi con il Pd), il sostegno al governo Draghi sarà un punto di verifica tra il passaggio ad un movimento politico civico e di governo (forse con Conte come capo politico, ndr) o subire ulteriori smottamenti e rotture con la nascita di un punto di tenuta più coerente con le origini anti-sistema del movimento.

Fonti interne al M5S non sono ottimiste su questa seconda ipotesi. Sembra agire pesantemente un combinato disposto tra l’opportunità della prosecuzione della legislatura (che può contare sul tornaconto anche personale di chi si è trovato “baciato dalla fortuna” entrando in parlamento, ndr) e la cooptazione di Conte sia nel governo sia come figura “popolare” da mettere come capo politico del M5S.

Insomma un movimento nato e cresciuto per contrastare i poteri forti, si ritroverebbe a fare da stampella ad un governo guidato da uno dei maggiori esponenti dei “poteri forti” della finanza e del vincolo esterno europeo.


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Matteo Masi: Draghi. Destra, sinistra e momento populista

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Draghi. Destra, sinistra e momento populista

di Matteo Masi

Ora che Draghi sta cercando di formare un governo in molti, soprattutto a sinistra, stanno iniziando a dire che alla fine l’accordo M5S-PD a guida Conte non era poi così male. Era alla fine un freno, era la cosa migliore che si potesse avere in Italia.

Non so se per perdita di memoria, per una diversa impostazione politica o una valutazione diversa sul momento populista, ma, evidentemente, si sta perdendo di vista quello che era effettivamente il Conte II. Il 5 settembre 2019, giorno del giuramento di Conte per il secondo Governo, scrivevo in un post su facebook:”con questo nuovo governo si certifica la distruzione del campo populista [Ma non del momento], anzi, meglio, un suo riassorbimento nel campo delle forze sistemiche. [..] Questo governo potrà benissimo fare anche cose buone ma all’interno di una cornice data [quella della UE], senza più nessun impulso a cambiarla, anzi il grosso del lavoro sarà indirizzato a consolidarla. Questo consolidamento verrà per di più nascosto da “specchietti per progressisti””.


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Mauro Armanino: Antichi e nuovi Ostaggi nel Sahel

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Antichi e nuovi Ostaggi nel Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 31 gennaio 2021. I più siamo ostaggi del destino. Proprio come Johnson che la guerra civile in Liberia ha scacciato da bambino nel Ghana con la sua famiglia in un campo di rifugiati. Sua madre e suo figlio si trovano oggi negli Stai Uniti dove lui stesso era approdato qualche anno fà come ‘indesirato’. Dopo la prima guerra civile nel suo paese era emigrato in Senegal e dopo qualche tempo, per aereo, era approdato nella Jamaica di Bob Marley del movimento Rasta. Da lì era sbarcato nel Messico. Pure lui, come migliaia di altri migranti, aveva passato il muro che separa i due paesi e trascorso almeno sei mesi a Washington. Giusto il tempo di dargli un ‘Passaporto Mondiale’ (Wolrd Passport) per rispedirlo al mittente e cioè in Senegal. Passa in Guinea e, con l’idea di andare in Europa, cerca invano di raggiungere la Libia. Non è mai riuscito ad attraversare la frontiera. Da oltre 6 anni il Niger è diventata la sua patria. Passa qualche mese ospite nella Casa di Arresto di Niamey e, appena fuori, chiede a sua madre, ormai anziana, di mandargli i soldi delle valigie per il viaggio. Nell’attesa ripara sedie per il giorno che verrà del ritorno ad una casa che non c’è.


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tonino

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Feb 13, 2021, 9:26:16 AM2/13/21
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Carlo Formenti: Appunti per una discussione sui nostri compiti

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Appunti per una discussione sui nostri compiti

di Carlo Formenti

Foiso Fois La mattanza 1951 372x221Il progetto di Nuova Direzione è nato in un clima economico, politico e sociale caratterizzato dai seguenti fattori fondamentali:

1) il prolungarsi della crisi economica globale iniziata nel 2008, che ha visto un’Italia penalizzata da processi di deindustrializzazione, ataviche debolezze strutturali, tagli alla spesa pubblica e instabilità politica, incapace di recuperare i livelli pre crisi. Fra i maggiori sintomi di sofferenza del sistema Paese: elevati livelli di disoccupazione, con punte da record della disoccupazione giovanile; aumento vertiginoso dei livelli di disuguaglianza; aggravamento dello squilibrio fra regioni del Nord e del Sud; progressivo deterioramento dei servizi pubblici, penalizzati da tagli e privatizzazioni; processi di gentrificazione dei maggiori centri urbani e acuirsi delle contraddizioni con periferie e semiperiferie; difficoltà di gestione dei flussi migratori.

2) Le crescenti contraddizioni con l’Unione Europea, prodotto delle scelte politiche di quelle élite nazionali (di sinistra come di destra) che, a partire dagli anni Novanta, hanno costantemente utilizzato l’integrazione del Paese nel quadro delle regole economiche e istituzionali imposte dal processo di integrazione europea come vincolo esterno per giustificare politiche antipopolari (austerità, riforme delle pensioni e del lavoro, privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, ecc.).


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Davide Gallo Lassere: Ritorno al presente. Spazi globali, natura selvaggia, crisi pandemiche

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Ritorno al presente. Spazi globali, natura selvaggia, crisi pandemiche

di Davide Gallo Lassere

[Nel contributo precedente pubblicato da LPLC, Davide Gallo Lassere ha ripreso le analisi di Andreas Malm a proposito del Capitalocene e dei legami tra capitalismo ed energia fossile a partire da una prospettiva operaista. In questo contributo prosegue il confronto con le tesi di Malm, e in particolare con il suo ultimo testo, pubblicato recentemente, La chauve-souris et le capital [Il pipistrello e il capitale]. Vengono discusse in particolare le ipotesi strategiche che l’autore svedese presenta nella seconda parte del testo e che sintetizza nella formula del «leninismo ecologico». La traduzione è di Andrea Moresco]

PipistrelloChiariamolo sin da ora: la diagnosi tracciata da Malm della pandemia in corso è illuminante ma, seppur stimolante, la proposta/provocazione di un leninismo ecologico che avanza nel suo entusiasmante pamphlet sul Covid-19 ci sembra alquanto discutibile. Lo sembra, per giunta, alla luce dei presupposti epistemologici e delle analisi storiche elaborate dallo stesso Malm nei suoi precedenti lavori, ruotanti attorno alla centralità politica delle lotte sociali. Essa pare anche in contrasto con l’esame dello spazio globale che Malm conduce nel suo saggio. A tal proposito, le letture operaiste dei classici del pensiero rivoluzionario e delle geografie contemporanee del capitale offrono, a nostro avviso, un buon vaccino contro quel febbrile «desiderio di Stato» che emerge da alcune pagine de Il pipistrello e il capitale.[1]

Procediamo con ordine. I percorsi della genealogia e della critica del Capitalocene ci hanno portato in Cina – luogo di intensa concentrazione di molteplici tendenze globali. Ed è proprio da questa regione che occorre ripartire se vogliamo comprendere i processi che sconvolgono da cima a fondo il nostro presente. Le logiche temporali all’opera dietro il cambiamento climatico ci mostrano che più il pianeta si surriscalda, più altre dinamiche complesse e multiscalari retroagiscono sugli ecosistemi, surriscaldandolo ancor più a loro volta.


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Il Lato Cattivo: Ancora su Covid-19 e oltre

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Ancora su Covid-19 e oltre

Un aggiornamento

di Il Lato Cattivo

adobestock 333508830«L’inizio della Grande Depressione nel 1929 – o più esattamente il tracollo dell'economia mondiale e la rovina del capitalismo liberale – segnalò uno stato di emergenza per l'intero mondo capitalista. […] Il disastro economico e l'angoscia esistenziale divisero la società in due fronti politico-ideologici, inasprendo il conflitto. Quello che un individuo pensava o faceva non era più una faccenda personale, ma era diventato di colpo, che piacesse o no, espressione dello scontro politico in atto sulle cause e sulle possibili soluzioni della crisi globale.» (Wolfgang Schivelbusch, Tre New Deal)

 

Introduzione

A distanza di dieci mesi dalla pubblicazione di Covid-19 e oltre1, è venuta l’ora di riesaminare sommariamente l'insieme di quelle analisi e ipotesi formulate più o meno «in presa diretta», per vedere dove avevamo colto nel segno e dove invece è necessario, alla luce degli ulteriori accadimenti, aggiustare il tiro. In seconda istanza, procederemo ad isolare alcuni momenti forti di questa prima fase della crisi mondiale, e ne proporremo un'analisi.

Cominciamo col ricapitolare gli elementi della nostra diagnosi che ci sembrano confermati dal corso degli eventi. In essa, la pandemia da Covid-19 assumeva una pluralità di significati e di funzioni oggettive, che proveremo qui a riassumere. Essa appariva ad un tempo (e in ordine sparso):

  • come fatto di accertata gravità dal punto di vista puramente medico-sanitario (sembra un'ovvietà, ma a scanso di equivoci…), destinato dunque a perdurare per un certo tempo;


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Emiliano Brancaccio: “Draghi al governo? Non un keynesiano ma un distruttore creativo”

brancaccio

“Draghi al governo? Non un keynesiano ma un distruttore creativo”

Massimo Franchi intervista Emiliano Brancaccio

“Le risorse del Recovery Plan sono molto modeste rispetto all’enormità di questa crisi. Draghi rischia di rivelarsi non troppo diverso dai governi “tecnici” che l’hanno preceduto”

Professor Emiliano Brancaccio, lei è sempre stato molto critico con Mario Draghi. Non è sorpreso da un consenso così ampio per il suo governo anche a sinistra?

Questa nuova avventura di Draghi nel ruolo di premier viene presentata in base a una narrativa “tecno-keynesiana”: cioè l’idea che questa volta è diverso, che il tecnico è chiamato non a tagliare – come successo storicamente – ma a distribuire ingenti risorse. Questo contribuisce al consenso generalizzato. Ma su questa idea che Draghi incarni un’ottica di tipo keynesiano io ho molti dubbi.

 

Lei contesta che il fatto che le risorse ci siano o che Draghi le distribuirà nella maniera migliore?

Io dico che il Recovery plan ha risorse modeste rispetto ad una crisi doppiamente più grave rispetto al 2011. Se infatti prendiamo i 209 miliardi che devono arrivare all’Italia, abbiamo 127 miliardi di prestiti che – in una ragionevole previsione sullo spread – non portano oltre un risparmio di 4 miliardi l’anno.


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Riccardo Realfonzo: “Il Recovery non basta, cancelliamo il debito”

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“Il Recovery non basta, cancelliamo il debito”

A. Guerriero e A. Bonetti intervistano Riccardo Realfonzo

Abbiamo intervistato Riccardo Realfonzo, professore di Economia Politica all’Università del Sannio, direttore della rivista Economia e Politica e firmatario di un appello per la cancellazione del debito detenuto dalla Banca centrale europea. L’appello è stato promosso, fra gli altri, da Mauro Gallegati, Steve Keen e Thomas Piketty.

* * * *

D: Insieme a oltre 100 economisti, lei ha sottoscritto un appello alla Banca centrale europea per cancellare il debito pubblico dei Paesi europei da essa detenuto. Il fine sarebbe quello di facilitare la ripresa dalla crisi Covid. Da dove nasce questa proposta e quali effetti potrebbe avere sulle economie europee?

R: La proposta nasce dalla consapevolezza che il Recovery Fund europeo è del tutto insufficiente a rilanciare la crescita a seguito della pandemia. Prendiamo il caso dell’Italia. Come è noto, si tratta di 209 miliardi. Sembrano tanti, ma sono in gran parte prestiti, c’è il consistente contributo nazionale anche per la parte non a prestito, il periodo temporale su cui vanno spalmati è di ben sei anni. Insomma, lasciando perdere la propaganda e facendo bene i conti ci si rende conto che la spinta allo sviluppo italiano sarà molto modesta. E così non si arresterà nemmeno la corsa del rapporto tra debito pubblico e PIL che, dopo aver già sfiorato a fine 2020 il 160%, in assenza di nuove misure crescerà ancora nei prossimi anni. La cancellazione del debito posseduto dalla BCE aiuterebbe le finanze dei Paesi europei, liberando anche spazi fiscali a favore di misure espansive per la ricostruzione ecologica e sociale. La BCE è la nostra banca, è posseduta dalla Banche Centrali nazionali, la cancellazione di quel debito – parliamo del 25% del debito pubblico complessivo europeo – è come la mano destra che cancella il debito della mano sinistra.

 

D: La presidente della BCE Christine Lagarde ha dichiarato che la cancellazione del debito è inconcepibile poiché viola i trattati (articolo 103 TFEU). La cancellazione dei debiti pubblici potrebbe far sì che la banca centrale finisca per avere un capitale negativo, fatto che alcuni nel dibattito economico vedono come un problema. Inoltre, alcuni prevedono un aumento eccessivo dell’inflazione come effetto della vostra proposta. Lei come risponde a queste tre obiezioni?

R: La risposta della Lagarde ha una natura squisitamente politica, non ha senso tecnico. Qui non siamo in presenza di un finanziamento diretto della spesa e non c’è nessun articolo dei trattati che proibisce la cancellazione del debito pubblico. Al contrario il protocollo numero 4 accluso al Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea esplicita che la BCE può stampare moneta accrescendo il suo capitale, in caso di perdite sopraggiunte. Quella sul rischio inflazione la considero una battuta di spirito. Questo rischio al momento è del tutto assente, siamo in un quadro deflazionistico e rimarremo ancora a lungo lontani dall’inflazione al 2% auspicata dalla BCE.

 

D: La proposta da lei sottoscritta è già stata sotto i riflettori del dibattito economico e politico, raggiungendo un pubblico più vasto dei soli addetti ai lavori. Infatti, il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, in un’intervista a Repubblica del 14 novembre scorso, ha proposto la cancellazione dei debiti pubblici detenuti dalla BCE. Secondo lei, alla luce del fatto che la vostra proposta potrà essere realizzata solo con un cambiamento dei trattati, è possibile che ci sia una convergenza politica in Italia e in Europa su questo tema?

R: Io credo che la nostra proposta non violi nessun trattato. Sono consapevole che la risposta alla crisi del Covid-19 sia stata diversa da quella che le istituzioni europee tragicamente congegnarono dopo la crisi finanziaria del 2008, che fu all’insegna dell’austerità. Ma le misure fin qui adottate sono insufficienti e non riescono a contenere l’impatto asimmetrico che la pandemia sta avendo in una Europa già prima della pandemia caratterizzata dalla contrapposizione tra Paesi in progresso ed altri fermi al palo. L’auspicio è che la politica europea, magari su spinta italiana, possa fare un altro passo, mettendo la Banca Centrale al servizio dello sviluppo e della coesione, come avviene ad esempio negli USA.

 

D: Cosa pensate della soluzione alternativa di trasformare i titoli di Stato in mano alla BCE in titoli perpetui, il che non violerebbe i trattati?

R: Nel nostro appello è avanzata esplicitamente anche questa possibilità, una sorta di second best. Infatti, trasformare il debito pubblico in possesso dell’Eurosistema in titoli perpetui e infruttiferi equivale a sterilizzare il debito.

 

D: Quali Paesi europei, dati alla mano, avrebbero maggiori vantaggi dalla cancellazione dei debiti? Come far accettare questa scelta a chi avrà meno vantaggi?

R: I benefici tendenzialmente maggiori li avrebbero quei Paesi periferici che hanno condizioni più gravi della finanza pubblica e minori spazi fiscali, ma ciò andrebbe a favore della tenuta complessiva dell’Unione Europea. Nel passato gli acquisti della BCE hanno seguito la cosiddetta regola della capital key, cioè sono stati effettuati essenzialmente in proporzione al PIL dei Paesi. Con la pandemia, opportunamente, questa regola non è stata più seguita e quindi paesi come l’Italia, la Spagna, la Grecia e la Francia hanno molto beneficiato degli acquisti. La nostra proposta potrebbe essere naturalmente oggetto di una misura anche non integrale di cancellazione, che gioverebbe in maniera più omogenea a favore di tutti i Paesi.

 

D: Dall’ultima bozza del Recovery Fund italiano, una buona parte dei prestiti verrà utilizzata per finanziare spese già programmate e quindi non aggiuntive. Non c’è il rischio che così la cancellazione del debito non porti gli effetti sperati sull’economia reale? I governi potrebbero decidere di non spendere? Come si potrebbe scongiurare questo rischio?

R: Il Piano approvato dal governo Conte il 12 gennaio scorso non funziona. Al di là del fatto che in quel documento manca una chiara strategia di politica industriale, declinata anche sul livello territoriale, L’idea che quasi un terzo delle risorse vada a finanziare progetti già in essere va necessariamente superata. Le risorse sono poche e l’Italia deve spendere tutte per nuovi progetti, in particolare per investimenti pubblici, che generano la maggiore spinta alla crescita. La sfida è spendere tutto, presto e bene. Il lavoro organizzativo che il prossimo governo dovrebbe fare è esattamente questo. Un compito per nulla semplice, dopo che negli ultimi decenni i governi hanno lasciato in soffitta gli strumenti della programmazione economica e della pianificazione territoriale. Ora bisogna tornare ad alcuni di quegli strumenti e bisogna farlo con una pubblica amministrazione adeguatamente riformata e motivata.



Dario Salvetti: L’Italia degli ultimi 28 anni

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L’Italia degli ultimi 28 anni

di Dario Salvetti*

Mettiamo qua, perché lo condividiamo in pieno, questo commento uscito sulle reti sociali di Dario Salvetti, un metalmeccanico, un compagno che abbiamo avuto l’onore di conoscere in diverse iniziative. Una analisi impietosa ma assolutamente ineccepibile della cosiddetta “sinistra” sindacale e politica italiana. La stessa che si appresta a benedire il nuovo corso politico che inaugura il Signor Mario Draghi. Buona lettura

In Italia negli ultimi 28 anni, dall’ultimo Governo Andreotti (giugno 1992), ci sono stati 18 Governi.

Di questi 8 sono stati di centrosinistra o comunque guidati da un esponente del Pd (Prodi, D’Alema 1, D’Alema 2, Amato 2, Prodi 2, Letta, Renzi, Gentiloni), . Ci sono stati 4 Governi tecnici o di larga coalizione (Amato, Ciampi, Dini, Monti) di cui 3 appoggiati dai Ds o dal Pd. C’è stato poi l’ultimo Governo Conte con la partecipazione del Pd. I Governi di centrodestra sono stati 4 (4 Governi Berlusconi). C’è stato poi il Governo Conte con Lega e 5 Stelle.

Su 18 Governi i Ds prima e il Pd poi ne hanno quindi appoggiati 12.


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Fabrizio Marchi: Il Messia venuto a salvarci e il tramonto della politica (e della democrazia)

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Il Messia venuto a salvarci e il tramonto della politica (e della democrazia)

di Fabrizio Marchi

La “politica al tramonto” è il titolo di un bel libro del filosofo della politica, Mario Tronti. Mai titolo (ma vale anche per il libro) fu più attuale per descrivere il presente.

L’incarico a Draghi ufficializza e, anzi, faremmo meglio a dire, consacra, la fine della politica e della democrazia sostanziale. Perché un conto è il liberalismo e un altro la democrazia. Sono due concetti ben diversi che sono stati unificati per un certo periodo storico – diciamo dalla fine della seconda guerra mondiale fino al crollo del blocco sovietico e alla nascita dell’UE – e che ora tornano a separarsi.

E il bello (si fa per dire…) è che tutte le forze politiche hanno sostanzialmente plaudito alla “scesa in campo del Salvatore”, da quelle tradizionalmente di governo (PD e Forza Italia) a quelle che millantavano di essere “antisistema”, cioè la Lega e il M5S.

Draghi è stato trasformato in una sorta di Messia, colui che dall’alto dei Cieli della Finanza europea e mondiale sceglie di farsi carne per poterci salvare, cioè per liberarci dalle pastoie di una politica (con la p minuscola) litigiosa, rissosa, meschina e, naturalmente, incapace di governare.


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Francesco Saraceno: Per un’economia della complessità

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Per un’economia della complessità

di Francesco Saraceno

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la Prefazione di Francesco Saraceno al libro di Mauro Gallegati, “Il mercato rende liberi”, LUISS, 2021.

morinDove ha sbagliato l’economia “mainstream” nel creare le condizioni per la crisi finanziaria globale del 2007-2008? Per quale motivo le ricette di politica economica che essa ha ispirato a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso hanno progressivamente, in nome dell’efficienza dei mercati, dato un peso preponderante alla finanza a scapito dell’economia reale, trascurato l’analisi della distribuzione delle risorse e dei suoi effetti sull’economia, eliminato la politica macroeconomica dalla cassetta degli attrezzi dei decisori, spinto per una deregolamentazione sempre più estrema e, alla fine, reso l’economia mondiale un gigante dai piedi d’argilla, un castello di carte fatto crollare nell’estate del 2007 dal fallimento di due oscuri fondi d’investimento? Soprattutto, è in grado quella stessa teoria di evolvere in modo da poter evitare gli errori del passato? Il dibattito è aperto e, c’è da sperarlo, non si chiuderà molto presto. C’è da sperarlo perché le ragioni del “fallimento degli economisti” sono molto profonde e una revisione radicale del nostro modo di fare economia, di insegnarla, di utilizzarla per consigliare i policy makers, si impone.

Bisogna dire che, contrariamente a quanto è avvenuto in passato, la crisi del 2007 ha avviato un salutare processo di ripensamento. Vista la dimensione della crisi e la manifesta incapacità della teoria dominante di coglierne i meccanismi (la stragrande maggioranza dei modelli utilizzati da banche centrali e ministeri dell’Economia non prevedeva la possibilità di crisi finanziarie!) era difficile fare altrimenti.


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Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva: H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore

ilcomunista

H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore

Una valutazione critica

di Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva

fedro plato immagine1. L’opera di Backhaus rappresenta un indispensabile grimaldello per l’accesso ai temi fondamentali della critica dell’economia politica di Marx.Questo grimaldello può essere utilizzato efficacemente sia per comprendere il dibattito che ha caratterizzato la ricezione dell’opera di Marx a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, che per accedere direttamente ai problemi che caratterizzano l’esposizione marxiana e che rappresentano ancora oggi un terreno di vivace discussione tra gli studiosi.

La corrente interpretativa di cui Backhaus è l’iniziatore, ormai riconosciuta nella letteratura critica con il nome di «Neue Marx-Lektüre»1, ha trovato in Italia una diffusione quasi coeva alla pubblicazione delle opere in lingua originale, grazie alle tempestive traduzioni delle opere di Schmidt, Reichelt e Krahl. Questi autori avevano svolto il loro apprendistato teorico presso la Scuola di Francoforte e l’originalità dei loro lavori non risiedeva tanto nei temi trattati, in qualche modo già al centro della discussione nel dibattito marxista sia occidentale che orientale, quanto nella spregiudicatezza con cui questi temi erano trattati. Si cominciava a mettere in discussione, come sulla sponda francese aveva iniziato a fare la scuola di Althusser, la ricezione che il marxismo aveva sviluppato dell’opera di Marx nonché l’autocomprensione di Marx nei confronti della propria metodologia e delle proprie ascendenze rispetto alla filosofia hegeliana. Si cercava di ripensare la teoria del capitale al di fuori delle strette maglie che le interpretazioni economicistiche – soprattutto di matrice anglofona – l’avevano racchiusa, concentrate quasi esclusivamente sulla disputa relativa alla trasformazione.


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Pièces et main d’œuvre: Contro l’organizzazione scientifica del mondo

resistenzealnanomondo

Contro l’organizzazione scientifica del mondo

Intervista a Pièces et main d’œuvre

5f2caa28c466724ac18a46a2bce0e87bEcco un’intervista apparsa nel numero estivo di La Décroissance, molto opportunamente dedicata a “natura e libertà”.

Possiamo produrre beni e servizi – artificiali – solo distruggendo le materie prime – naturali. Questo è ciò a cui i produttori stanno lavorando dall’addomesticamento del fuoco all’uso di “macchine da fuoco”, durante la “rivoluzione industriale” all’inizio del XIX secolo e una fantastica espansione delle forze produttive sempre più eccitate. La scienza (R & D, innovazione) è stata la forza trainante di questo boom.

Possiamo produrre di più, di più e più velocemente solo razionalizzando la produzione; dall’estrazione delle materie prime alla distribuzione di beni e servizi finiti.

Possiamo razionalizzare la produzione solo eliminando i tempi morti, gli errori e gli sprechi, in altre parole reprimendo e sopprimendo sempre di più il fattore umano.

Questo è il metodo a cui gli ingegneri hanno lavorato dall’inizio del XX secolo, trasformando gli uomini in macchine prima di sostituirli con macchine secondo quella che hanno chiamato “l’organizzazione scientifica del lavoro”.

Con il fantastico aumento delle forze distruttive che lasciano sempre meno materie prime naturali da trasformare in beni e servizi artificiali per una popolazione sempre più grande e avida, la tecnocrazia sta stabilendo all’inizio del XXI secolo l’organizzazione scientifica del mondo. Razionamento / razionalizzazione.

In breve, l’incarcerazione dell’uomo-macchina in un mondo di macchine, un pianeta intelligente (IBM), una “Macchina Generale” (Marx), in cui tutti i circuiti e componenti, vivi o inerti, umani o oggetti, saranno interconnessi e controllati dai macchinisti, grazie alla miriade di megadati trasmessi dalle reti 5G ed elaborati da algoritmi di supercomputer (AI).


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Andrea Zhok: Il risveglio dal sogno democratico

lantidiplomatico

Il risveglio dal sogno democratico

di Andrea Zhok

L'avventura istituzionale che chiamiamo 'democrazia', salvo una manciata di casi, ha vita breve. Inizia ad avere una qualche diffusione in forme limitate nell'ultima parte dell'800, giunge alla prima forma di suffragio universale agli inizi del '900, e diviene fenomeno di massa nel mondo occidentale solo dopo il 1945. Si tratta insomma di un'assoluta novità sul piano storico.

Nonostante le infinite chiacchiere sul 'mondo liberaldemocratico' in verità esiste di diritto solo un mondo liberale o un mondo democratico, che solo occasionalmente possono fare dei pezzi di strada assieme.

Nella visione liberale il diritto di voto, i diritti politici in generale, sono correlati al diritto di proprietà: ha propriamente diritto a decidere solo chi ha economicamente 'qualcosa da perdere'. La tendenza naturale della prospettiva liberale va dunque verso un'oligarchia censitaria, estendibile fino a divenire una semi-democrazia censitaria (posto che il ceto proprietario sia assai diffuso).


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Francesco Piccioni:Chi legge il “nuovo ordine” con gli occhiali vecchi diventa cieco

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Chi legge il “nuovo ordine” con gli occhiali vecchi diventa cieco

di Francesco Piccioni

Guardando al comportamento dei media e dei giornalisti “prime firme” in questi giorni, l’impressione è sconfortante. Sono passati nell’arco di poche ore dalla critica acuta – più spesso “a prescindere” – dell’ex governo e di tutte le forze politiche, all’adorazione assoluta del nuovo Re Sole.

L’analisi dei fatti è scomparsa – e del resto ancora non è stato fatto nulla, neppure la lista dei ministri – e quindi si specula. Intanto sul programma, complici le solite “veline” parziali che però, stavolta, difficilmente possono venire dall’entourage stretto del Presidente Incaricato.

Alcuni titoli di prima pagina sono da incorniciare: “Salvini innamorato di Draghi viene elogiato dalla gente. Riceve complimenti al supermercato” (Libero), “Draghi. Programma di coesione sociale” (Repubblica, come se sia mai esistito un governo che si presentava promettendo disgregazione sociale), “Il Pd non mette veti sulla Lega” (Corriere della Sera), “Draghi non si faccia fregare” (Il Tempo), “Pazzi per Draghi” (Il Foglio), “Nell’agenda Draghi le partite Iva in crisi; redditi in picchiata e caccia ai ristori” (IlSole24Ore), tanto da far risultare almeno serio il funereo “La fine del posto di lavoro” (ItaliaOggi).


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Valerio Macagnone: Stato, comunità e democrazia

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Stato, comunità e democrazia

di Valerio Macagnone

Nello scenario odierno ricorre con una certa metodicità l’appello progressista a nuovi processi di identificazione individuale e collettiva che mettano da parte parole come “Stato” e “comunità” viste come un retaggio di un passato anacronistico destinato a non vedere nuova luce. Si costruiscono e distruggono comunità virtuali a ritmi incessanti, si promuovono nuove identità al fine di rassicurare l’individuo e inserirlo in gruppi dove esiste un ancoraggio precario. Tuttavia, come sosteneva il sociologo Zygmunt Bauman “la fiducia è stata bandita dal luogo ove ha dimorato per la maggior parte della storia moderna. Ora vaga qua e là alla ricerca di nuovi approdi, ma nessuna delle alternative a disposizione è riuscita fino a questo momento a eguagliare la solidità e l’apparente naturalezza dello Stato-nazione”.[1]

A fronte di questa evidenza le forze progressiste in Italia e, in senso lato, nel “mondo occidentalizzato”, non riescono a offrire una soluzione allo scontro con le forze globali e stentano a riconoscere il patriottismo costituzionale come un’opzione realistica.


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Moreno Pasquinelli: Contro Draghi, il fronte del rifiuto

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Contro Draghi, il fronte del rifiuto

di Moreno Pasquinelli

“Mai col Pd”, “Mai senza Conte”, “Mai più con Renzi”, “Mai con lo psiconano”, “Mai con la Lega”, “Mai più governi tecnici”, “Mai coi 5 stelle” “Mai con Draghi-Dracula”; e via negando. Sembrerebbe convalidata la tesi di Carl Schmitt secondo cui tutti i concetti della dottrina politica dello Stato sarebbero concetti teologici secolarizzati. L’analogia tiene, in questo caso, ove si rammentasse la tesi della teologia apofatica, la quale affermava che, in quanto a Dio, non si potesse dire alcunché di positivo. Ovvero Dio sarebbe ineffabile e inconoscibile e non resterebbe che l’abbandono mistico, aggiungiamo irrazionale, al divino.

Usciamo dall’analogia metafisica e voliamo basso. Si discettta sulla terapia economica che adotterà per far uscire il Paese dal marasma di una crisi sistemica senza precedenti. Come se Draghi avesse la capacità di compiere il miracolo. A ben vedere è proprio l’illusione che il nostro possa compierlo che spiega come tutti, di riffa o di raffa, sgomitano per salire sul carro del demiurgo, scambiando Draghi per un deus ex machina che risolve a da un senso alla tragedia italiana.


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Fabio Ciabatti: Tra soggetto e oggetto, la classe operaia di Panzieri

carmilla

Tra soggetto e oggetto, la classe operaia di Panzieri

di Fabio Ciabatti

Marco Cerotto, Raniero Panzieri e i “Quaderni rossi”. Alle radici del neomarxismo italiano, DeriveApprodi, Roma 2021, pp. 138, € 10,00

raniero panzieri mario tronti gaspare de caro toni
            negri torino 1962L’opera intellettuale e l’attività di organizzatore culturale di Raniero Panzieri (Roma 1921 – Torino 1964) sono il punto di avvio del marxismo italiano che si sviluppa al di fuori delle organizzazioni storiche della classe operaia negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso e in particolare dell’operaismo, grazie soprattutto alla fondazione della rivista “Quaderni Rossi”, pubblicata dal 1961 al 1966. L’operaismo sarà successivamente associato principalmente ad altre figure intellettuali come Mario Tronti e Toni Negri, anche a causa della prematura scomparsa di Panzieri, avvenuta all’età di 43 anni. A cento anni dalla sua nascita vale la pena recuperare il contributo originale del pensatore romano, troppo spesso relegato al ruolo di semplice precursore. A tal fine torna utile il libro scritto da Marco Cerotto, Raniero Panzieri e i “Quaderni Rossi”. Alle origini del neomarxismo italiano, pubblicato da DeriveApprodi.

Dirigente del Partito Socialista, direttore della rivista Mondo operaio, traduttore del secondo libro de Il capitale di Marx, Panzieri si caratterizza da subito per un marxismo non ortodosso, sostenendo l’idea della democrazia diretta e la concezione del partito-strumento. La pubblicazione delle Sette tesi sul controllo operaio, scritte nel 1958 con Lucio Libertini, segna il punto di svolta nella biografia intellettuale di Panzieri e avvia il suo allontanamento dal Partito Socialista. Si trasferisce l’anno successivo a Torino dove lavora fino al 1963 per la casa Editrice Einaudi e dà vita alla rivista cui il suo nome è indissolubilmente associato. La vecchia capitale sabauda rappresenta un osservatorio privilegiato per studiare il cuore del “neocapitalismo” italiano: la grande fabbrica fordista-taylorista e la nuova composizione di classe formata da quello che sarà successivamente definito operaio massa.


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Giacomo Marchetti: BlackRock, come il capitale finanziario controlla la politica in USA e UE

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BlackRock, come il capitale finanziario controlla la politica in USA e UE

di Giacomo Marchetti

In calce un articolo di Werner Rügemer da Workers World

download 4Quando guardiamo alla realtà materiale che sta alla base del sistema economico finanziario in Occidente, e la sua sempre maggiore pervasività nella capacità di orientare complessivamente la politica, ci accorgiamo di come la parola democrazia sia un vecchio arnese inservibile per le élites che governano il mondo occidentale.

Inutile, quindi, fare un “test di democraticità” come criterio di interpretazione delle dinamiche politiche del mondo in cui viviamo.

Certo il suo valore evocativo è utile nella costruzione di “narrazioni” da vendere al popolino, soprattutto quando la comunicazione politica costringe a spacciare un ipotetico “nuovo prodotto” da piazzare sul mercato, rappresentandolo nella veste di “migliore soluzione” per una crisi di governance che porta le forme della democrazia ad un impasse.

Questo blocco è in realtà solo l’espressione fenomenica delle convulsioni di una più profonda crisi sistemica. cui le classi davvero “dirigenti” vorrebbero dare un output preciso, diverso dalla loro radicale rimozione da parte dei subalterni ed alla costruzione di un sistema sociale alternativo.

Hanno fallito, che se ne vadano!”. Od in termini più caustici: “Andiamo a bruciargli la casa!”, come ci ha suggerito la rivolta dei Ciompi a Firenze diversi secoli fa.

Il marketing politico pro-Draghi, come quello pro-Biden per gli Stati Uniti – al netto del disgustoso servilismo del giornalismo nostrano e dell’altrettanto deprecabile opportunismo della classe politica tutta, da Fratelli d’Italia a Leu – nel nostro ridotto nazionale è l’esempio più lampante di questa tendenza ad incensare “la democrazia” proprio quando smette di esistere.


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Luigi Pandolfi: Mario Draghi, una vita per le élites

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Mario Draghi, una vita per le élites

di Luigi Pandolfi

draghi
            660x330E fu così che Mario Draghi arrivò davvero. Una scelta disperata del Capo dello Stato per scongiurare l’abisso ad un paese già pesantemente segnato da crisi economica ed emergenza sanitaria? Solo gli ingenui possono credere ad una narrazione di questo tipo. Più passano le ore, più diventa chiaro che l’operazione Draghi era partita molto tempo prima che Matteo Renzi si incaricasse di accelerarne il compimento. Non è complottismo. L’Italia è entrata nella pandemia con un’economia barcollante sul crinale tra stagnazione e recessione, ma soprattutto con un quadro di finanza pubblica incompatibile con le regole europee. Un quadro che la stessa crisi pandemica ha finito per aggravare ulteriormente, per il concorso di due fattori: il crollo del Pil e l’espansione a debito del bilancio statale. Cosa accadrà quando ritorneranno le regole del fiscal compact? Siamo di fronte a una sospensione momentanea delle stesse o la crisi costituirà un’occasione per superarle? Sono domande che in molti si sono fatti in questi mesi. Di certo, un impegno sul rientro dal debito il Governo Conte l’ha già preso nell’ultimo Documento di Economia e Finanza (Def), ma è nel Recovery fund che si trova una risposta più esaustiva a questi interrogativi. È vero che i soldi, per una buona parte da restituire, sono tanti, ma la loro erogazione avverrà a una precisa condizione: che si facciano le cosiddette “riforme di contesto”, alle quali è legata anche la sostenibilità del debito. E chi pensa che queste riforme servano a ripristinare una serie di diritti sociali cancellati in questi anni è totalmente fuori strada.


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Dante Barontini: E’ restaurazione. Più contro il popolo che contro il populismo

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E’ restaurazione. Più contro il popolo che contro il populismo

di Dante Barontini

In soli dieci giorni l’orizzonte italiano si è rovesciato. Eravamo in una situazione terribile, con un governo “incapace di fare le riforme”, una classe politica al di sotto di ogni considerazione, categorie commerciali in rivolta, un caos di messaggi “comunicativi” contrastanti, nessuna luce in fondo al tunnel, se non quella del treno che ci stava arrivando addosso.

Il mondo occidentale era nelle stesse condizioni. La pandemia galoppante stava lì a dimostrare che il neoliberismo in versione tedesco-anglossassone – quello che voleva “convivere con il virus” per mantenere in piedi l’economia – non reggeva il confronto con il “socialismo con caratteristiche cinesi” e neanche con le economie capitalistiche del Pacifico, che avevano limitato i danni economici (o addirittura erano cresciute, come Pechino) preoccupandosi di salvare la popolazione impedendo o tenendo sotto controllo i contagi.

Un modo sull’orlo dell’abisso, insomma, segnato dall’assalto suprematista a Capitol Hill, paradigmatico dei rischi che stavano precipitandoci sulla testa.


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comidad: Draghi, ma che cacchio ci fai lì?

comidad

Draghi, ma che cacchio ci fai lì?

di comidad

Oggi, qualunque discorso si faccia, occorre premettere una sorta di professione di fede nei “valori” ufficiali, allontanando da sé il sospetto di far parte di qualche setta di eccentrici, quindi bisogna dichiarare preventivamente: io non sono no-vax, io non sono negazionista, io non sono complottista, io non sono terrapiattista. Si tratta di un approccio ingenuo e un po’ patetico alla comunicazione, come se vivessimo in un mondo di interlocutori alla pari, nel quale il problema fosse solo quello di capirsi a vicenda. Il mondo reale ovviamente non funziona così.

La gerarchia è un rapporto sociale squilibrato, il che comporta anche uno squilibrio comunicativo, perciò gli argomenti e i ruoli della comunicazione sono già predeterminati e non è previsto che si possa dire qualcosa di diverso. La comunicazione ufficiale, il mainstream, rivendica inoltre il privilegio di contraddirsi. Spostando l'attenzione sulla falsa minaccia no-vax, si distrae dai paradossi della campagna vaccinale, presentata come soluzione dell’emergenza Covid.


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Simone Valesini: Vaccini tra guerre e brevetti

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Vaccini tra guerre e brevetti

di Simone Valesini

La guerra dei vaccini alla fine è arrivata, e la sensazione è che stiamo già perdendo. Pfizer ha tagliato le forniture destinate ai paesi Ue; ha chiesto, e ottenuto, di venderci anche la famosa sesta dose che pensavamo di aver trovato in regalo nelle fiale; ci ha ricordato negli scorsi giorni che le forniture settimanali sono una gentile concessione, perché le penali per la mancata consegna delle dosi promesse si calcolano, da contratto, su base trimestrale. AstraZeneca, dal canto suo, ha già annunciato un consistente taglio nel primo trimestre 2021, iniziando un braccio di ferro con la Commissione Europea sui termini di un contratto (desecretato proprio all’apice della querelle) in cui l’azienda ritiene di essersi impegnata solamente a fare “del proprio meglio” per consegnare le dosi acquistate.

Per Moderna si vedrà, d’altronde è appena arrivata sulla scena, ma con un totale di 160 milioni di dosi destinate all’Ue (e poco meno di un milione e mezzo per l’Italia) non rientra tra i pilastri del nostro piano vaccinale. Il risultato, intanto, è che la campagna di vaccinazioni senza precedenti che ci era stata promessa è ancora ai blocchi di partenza. E mentre i nostri politici accusano e minacciano ritorsioni, Big Pharma scrolla le spalle e fa affari dove più le conviene.


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Paolo Cacciari: In Debt We Trust

sbilanciamoci

In Debt We Trust

di Paolo Cacciari

L’espansione del debito è la norma e il motore del capitalismo globale finanziarizzato. In “Debito sovrano”, Paolo Perulli indaga genesi, dinamiche e conseguenze della folle corsa all’indebitamento che ci rende tutti – Stati, imprese, famiglie, individui – schiavi del mercato (e che non si concluderà bene)

Paolo Perulli è un giurista, professore di sociologia economica e del lavoro. Con una lunga esperienza di ricerche territoriali e aziendali, una originaria formazione sindacale all’Istituto di ricerca della Cgil, da ultimo ha insegnato al dipartimento di Scienze politiche dell’università del Piemonte Orientale. La sua nuova pubblicazione (Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo, La nave di Teseo, 2020, pp. 316, euro 20) si presenta come una vasta indagine transdisciplinare sull’evoluzione del capitalismo in chiave storica (lungo le tre grandi crisi del ’29, del ’73 e del 2008), filosofica (Marx, Simmel, Weber, Benjamin, soprattutto), geopolitica (l’insorgenza cinese), finanche antropologica e psicologica. La “fase estrema” è quella della presente epoca del capitalismo pienamente finanziario e globale, cioè dell’“economia indebitante”, che induce al debito per produrre altro debito, in una spirale di crescita esponenziale.


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Dante Barontini: “Cosa farà Draghi?” L’ha già spiegato, basta leggere

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“Cosa farà Draghi?” L’ha già spiegato, basta leggere

di Dante Barontini

In calce l'intervista di Mario Draghi al Financial Times del 25 marzo 2020

cosa
              fara draghiOgni giorno ha la sua pena, anche nel lavoro giornalistico. Quella di oggi è districarsi nel reticolo delle infinite supposizioni su “cosa farà Draghi”. Come avvertiva ieri il nostro giornale, il modo migliore di non capirci nulla è cercare di indovinare seguendo il chiacchiericcio dei talk show, da 30 anni esperti di gossip politico ma a digiuno dei fondamentali. Sia della politica che dell’economia.

I titoli di oggi, sui quotidiani mainstream, rendono bene l’idea. Il Corriere della Sera prova a fare la sua anticipazione, garantendo di avere “fonti” ben addentro al giro di consultazioni (banalmente: le delegazioni entrate ieri e qualche portavoce in vena di “narrazioni”): “Draghi, i cinque punti per il rilancio”.

Quelli di Fiat-Repubblica, che lavorano esattamente nello stesso modo, fa una sintesi numerica diversa: “Draghi, subito tre riforme per rispondere all’Europa”. Si vede che a Molinari sta a cuore ricordare la dipendenza assoluta di questo esecutivo da Bruxelles. Non a torto, del resto…

L’altrettanto Fiat-La Stampa riduce a soltanto due i nodi centrali, “Istruzione e fisco, l’agenda Draghi”.

Il Giornale è sulla stessa linea, con un più sobrio “Il piano di Draghi”. Mentre l’altrettanto destrorso Libero prova a interpretare l’oggi con gli occhiali di ieri, o di “ricondurre l’ignoto al noto”, buttandola sull’orgia politica cui sono abituati gli italici: “Draghi assediato dai postulanti. Vince chi leccherà di più”.


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Geminello Preterossi: Draghi e governo della finanza: Non prevarranno!

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Draghi e governo della finanza: Non prevarranno!

di Geminello Preterossi

sovranismo 11608931. E ti amo Mario

Sgombriamo il campo da un equivoco. Il problema non è la “persona” Draghi. Che ha fatto buone scuole, è stato allievo di Caffè, ama l’Opera ed è pure romanista. Qualità che apprezzo. In politica, però, conta ciò che si rappresenta, le visioni di fondo e gli interessi che ci muovono, e i fatti, le scelte che si sono compiute. I “fatti” di Draghi sappiamo quali sono. Mi limito a un breve ripasso, ma non per amor di polemica, bensì perché si tratta di questioni fondamentali, rivelative di un approccio, di una visione appunto, oltre che dei precisi interessi che Mito-Mario ha sempre scelto di garantire, da quando è entrato nel grande gioco del potere. Ci ricordiamo tutti il ricatto antidemocratico alla Grecia di Tsipras, attraverso la chiusura della liquidità da parte della BCE, per indurla ad accettare il Memorandum imposto dalla Troika e punire la pretesa greca di resistervi, in nome peraltro della volontà popolare esplicitamente espressa. Così come la lettera Trichet-Draghi, che intimava al governo Berlusconi di seguire un preciso programma di “riforme” neoliberiste (ben poco compatibile, peraltro, con il nucleo fondativo, sociale e lavorista, della Costituzione del 1948, formalmente ancora vigente). Anche in quel caso, seguì una pressione dall’alto sui titoli di Stato italiani, per far schizzare lo spread e indurre Berlusconi alle dimissioni: fu co-decisa da Draghi. La maggioranza di Berlusconi era in difficoltà, probabilmente sarebbe entrata in crisi lo stesso da lì a breve, ma l’esito naturale di una crisi politica sarebbero state le elezioni.


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Bollettino Culturale: Fine del lavoro, Universal Basic Income e teoria del valore-lavoro

bollettinoculturale

Fine del lavoro, Universal Basic Income e teoria del valore-lavoro

di Bollettino Culturale

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            1f40Tra correnti di pensiero diverse ed eterogenee, l'argomento basato sulla tesi della fine del lavoro è sempre più diffuso e accettato. Una delle tesi più note e generalizzate nel tessuto di questo pensiero è l'idea che l'economia mondiale stia attraversando una fase di automazione generalizzata che a un ritmo accelerato sostituisce il lavoro vivo con le macchine. Da questo punto di vista, il progresso tecnico ha preso una velocità che fa a meno del lavoro come generatore di valore, tanto che i robot avranno una possibilità sempre maggiore di produrre i beni necessari per soddisfare i bisogni umani.

Questo approccio, basato sull'idea della fine del lavoro, prese il largo dagli anni '80 con l'offensiva che il capitale ha portato avanti contro il lavoro durante le fasi iniziali del neoliberismo. Da allora, l'ideologia dominante ha difeso l'eternità del capitalismo attraverso il suo slogan della "fine del lavoro-fine della storia" che non significa altro che denigrare la teoria del valore-lavoro negando lo sfruttamento e negando il lavoro come fonte di valore e plusvalore. Non solo, ma fondamentalmente la negazione della centralità del lavoro da parte degli apologeti del capitale implica negare, come dice Mészáros nella prefazione al libro di Antunes “Il lavoro e i suoi sensi”, “l’effettiva esistenza d’una forza sociale in grado di istituire un’alternativa egemonica all’ordine costituito”.

André Gorz è uno dei massimi esponenti di questa corrente di pensiero e il suo approccio centrale ruota intorno all'idea che il lavoro sia la creazione del capitalismo nella sua fase industriale.


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coniarerivolta: Finché c’è vita vai al lavoro: l’amara ricetta dell’Unione Europea

coniarerivolta

Finché c’è vita vai al lavoro: l’amara ricetta dell’Unione Europea

di coniarerivolta

Nel processo ormai trentennale di smantellamento dello Stato sociale in Italia e in Europa, alle pensioni è spettato e continua a spettare il ruolo di boccone prelibato, oggetto di furiosi attacchi reiterati volti alla progressiva riduzione dei diritti pensionistici dei lavoratori. Da diversi anni l’Unione europea è in prima linea nel delineare in modo preciso e martellante le tappe dell’austerità pensionistica. Raccomandazioni, moniti, lettere, linee guida. Tutto converge verso lo stesso obiettivo: ridurre all’osso il pilastro previdenziale pubblico per favorire la previdenza privata, dietro cui si annidano i giganteschi interessi degli intermediari finanziari (banche, assicurazioni, società di investimento).

Per favorire questo processo, per anni si è attivata una campagna assillante basata sulla presunta insostenibilità dei sistemi previdenziali in un’epoca di invecchiamento della popolazione. Si è agitato lo spettro di conti pensionistici descritti in modo tendenzioso come al collasso e si è fatto leva su un falso senso di “giustizia” intergenerazionale contro gli avidi anziani divoratori di pensioni pubbliche pagate dai giovani precari.


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Piccole Note: Wuhan: gli esperti OMS escludono la fuga dal laboratorio

piccolenote

Wuhan: gli esperti OMS escludono la fuga dal laboratorio

di Piccole Note

Dopo circa un mese di permanenza a Wuhan e di indagini sull’origine della pandemia, un team di esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha indetto una conferenza stampa per comunicare che: “I risultati della ricerca suggeriscono che è estremamente improbabile che un’ipotesi di incidente di laboratorio spieghi l’introduzione del virus nella popolazione umana”.

Le dichiarazioni di Ben Embarek, scienziato danese portavoce della missione Oms, sembrerebbero smentire alcune “certezze” che hanno accompagnato la pandemia sul piano politico. Le responsabilità cinesi sulla creazione e la diffusione del virus, nota principale della grancassa mediatica da oltre un anno, non ha trovato alcun riscontro.

 

Il mercato di Huanan non è il mostro delle fiabe

Allo stesso modo sembrerebbe esclusa come fonte anche l’oramai famigerato mercato di Huanan. Infatti, “secondo l’attuale conclusione della ricerca di questo gruppo di studio congiunto, il mercato di Huanan potrebbe non essere il primo luogo in cui si è verificata l’epidemia”.


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Walter Tortorella: Recovery Fund e MES: i 7 peccati capitali che insegna la politica di coesione

economiaepolitica

Recovery Fund e MES: i 7 peccati capitali che insegna la politica di coesione

di Walter Tortorella

Mentre imperversa la sceneggiata tra Recovery Fund e MES, ovvero su condizionalità e sussidi per del denaro che la maggior parte della politica vorrebbe “a gratis”, in un parziale disinteresse generalizzato lo stato di avanzamento dei fondi SIE 2014-2020 della politica di coesione (siamo quintultimi in Europa con il 40% della spesa)[1] e del Fondo Sviluppo e Coesione – che sono sostanzialmente “a gratis” – fanno emergere ancora una volta una crisi nella performance di spesa che è innanzitutto crisi di capacità istituzionale e amministrativa. Ovviamente i target sono raggiunti anche grazie all’inatteso, quanto cinicamente provvidenziale, Covid-19 che ha consentito di dirottare risorse e scontrinare spese praticamente sulla qualunque un po’ per tutti i Programmi deviando l’attuale ciclo di programmazione su un binario morto.

Si conferma, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, la assai parziale utilità dell’attività programmatoria – attività che dura non meno di tre/quattro anni coinvolgendo una molteplicità di comprimari più o meno convinti di una partecipazione salvifica – che porta alla definizione a livello nazionale e regionale di un quadro di interventi e misure, eterodiretto dal livello comunitario, che poi puntualmente viene disatteso o alla meglio rinviato al ciclo di programmazione successiva.


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ilsimplicissimus: Time ammette il “complotto” contro Trump

ilsimplicissimus

Time ammette il “complotto” contro Trump

di ilsimplicissimus

Ormai mi coglie un senso di repulsione a sentir parlare di democrazia, visto che questa parola è costantemente sulle labbra dei fascisti del XXI° secolo e di quelli che a tutti i costi non vogliono vedere la realtà, nemmeno di fronte all’evidenza, nemmeno se qualche fonte informativa ritenuta autorevole e monda di fake news gliela sbatte in faccia. Come è accaduto con Time, la rivista che pubblica l’uomo dell’anno, di rigida osservanza globalista essendo stata per decenni uno dei banditori a stampa dell’imperialismo Usa: ora dice che in effetti c’è stata” una campagna ombra”, vale a dire nascosta per salvare la democrazia da Trump e dalle sue tendenze autoritarie. Insomma un’alterazione della la democrazia per salvare la democrazia, il classico argomento delle tirannie e dei golpe. E infatti a leggere l’articolo sembra davvero di stare leggendo un romanzo distopico perché la manipolazione della elezioni fatta nel timore che le manipolasse l’avversario è proprio qualcosa di letterario: invece è tutto vero, fa parte della realtà contemporanea e del livello miserabile cui è giunta la percezione e l’idea della politica della politica.


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Vladimiro Giacchè: È la contraddizione che muove il mondo

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tonino

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Feb 17, 2021, 7:43:26 AM2/17/21
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Carlo Formenti: Piano contro mercato

perunsocialismodelXXI

Piano contro mercato

di Carlo Formenti

Pensieri a margine di un libro di Pasquale Cicalese e di un post di Alessandro Visalli

usa cinaPer uno studioso di economia che si ispira esplicitamente al marxismo e che – “difetto” ancora più grave – non appartiene alla corporazione degli economisti accademici, trovare una collocazione editoriale per i propri scritti è impresa al limite dell’impossibile. Pasquale Cicalese ci è riuscito grazie alla coraggiosa iniziativa degli amici del sito Lantidiplomatico https://www.lantidiplomatico.it/ i quali, dall’agosto 2020, hanno lanciato la L. A. D. Gruppo editoriale, una casa editrice che pubblica e.book e libri acquistabili online. Il suo libro Piano contro mercato. Per un salario sociale di classe raccoglie una serie di articoli pubblicati su diversi siti (Marx 21, Contropiano, Lantidiplomatico, Carmillaonline e La Contraddizione) in un arco temporale che va dal 2012 al 2020.

Nella “Prefazione” Guido Salerno Aletta – nome noto ai lettori di Milano Finanza - anticipa le ragioni di un titolo che evoca lo scontro fra i due modelli di sviluppo che oggi si fronteggiano a livello globale: da un lato, il dominio del Mercato che caratterizza il mondo occidentale, dall’altro il dominio della Politica che caratterizza la Cina, ovvero centralità dell’accumulazione finanziaria versus centralità del salario sociale. Mentre nelle prime righe della “Postfazione” Vladimiro Giacché dichiara senza mezzi termini di considerare Pasquale Cicalese “uno dei pochi economisti italiani che valga la pena di leggere”, e questo non tanto e non solo perché non è un economista accademico, quanto perché “poche categorie professionali sono uscite screditate come questa dalla Grande Recessione e, più in generale, dalle vicende economiche dell’ultimo decennio”. Provo a spiegare perché condivido questo giudizio.


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L'Antieuropeista: Perché Draghi?

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Perché Draghi?

di L'Antieuropeista

draghi bis 300x169 2La tragica Seconda Repubblica, iniziata con la firma del Trattato di Maastricht, è una spirale, un cerchio che si chiude e si riapre senza soluzione di continuità. Ogni nuovo giro inizia con un governo tecnico, che dovrebbe mondare le colpe dei precedenti esecutivi politici troppo attenti al consenso popolare per implementare con rapidità ed efficacia le necessarie riforme strutturali indicate con solerzia dalle istituzioni europee.

Il governo Ciampi, insediatosi nel 1993, ha lavato i peccati della classe politica primo-repubblicana appena travolta dall’evento mediatico di Tangentopoli; ma si trattava di un governo misto, in cui il Presidente del Consiglio, esterno ai partiti, doveva tenerne in considerazione almeno in parte le necessità. Il governo Dini, in carica dal 1995, ha proseguito il lavoro, configurandosi come il primo governo compiutamente tecnico della Repubblica italiana e trascinando il Paese verso l’ambito appuntamento dell’euro.

È seguito oltre un decennio di alternanza sul modello americano tra le due coalizioni neoliberali di centro-destra e di centro-sinistra, fino a che i nodi dell’Unione Europea, che avevano nel frattempo depresso crescita, occupazione e produttività, sono venuti al pettine accentuando in Europa, e in particolare in Italia, la crisi finanziaria globale del 2008. Dopo due anni di rimbalzo, i “sacrifici necessari” dovuti all’innalzamento automatico del deficit e del debito pubblico hanno condotto a furor di popolo e di stampa al terzo governo tecnico, anche in questo caso puro, vale a dire composto esclusivamente da ministri a-partitici.


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Michele Castaldo: Il governo del banchiere taumaturgo

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Il governo del banchiere taumaturgo

di Michele Castaldo

c5422f52741365a4c05859795b0e2b2cNon solo i racconti delle religioni, ma anche la storia laica è ricca di personaggi raccontati in modo mitologico, in genere dopo la loro morte, anzi nella stragrande maggioranza dei casi dopo che da moltissimi anni avevano abbandonato la grigia terra. Nel caso di Mario Draghi, ancora in vita, è già un mito, ovvero l’uomo dei miracoli in economia. E chi se no poteva essere chiamato a governare un paese in crisi? Sicché le speranze superano la fantasia e nel personaggio si ripongono le certezze di uscire dalla crisi e di riprendere il cammino fulgido del capitalismo italiano. Dunque da destra, da centro e da sinistra, tutti concordi nell’applaudire finalmente l’uomo giusto, quello che ci salverà dalla pandemia del Covid-19 con la vaccinazione di massa e ci rilancerà come paese nella nuova fase economica, politica, sociale, culturale e ambientale. Insomma un nuovo mondo di un nuovo benessere. L’uomo giusto, al posto giusto, nel momento giusto.

Il tentativo di queste note è quello di cercare di ragionare con freddezza evitando stupidi proclami. Ce n’è già troppi in giro che vi si dedicano.

Partiamo da un primo dato di fatto: il banchiere Mario Draghi è stato chiamato (da Mattarella o dai grandi gruppi dell’economia?) perché, come dice il filosofo Cacciari, la politica ha fallito. Il che è vero, ma siamo alla constatazione del fatto, non alla sua spiegazione. Allora dovremmo cercare di spiegare perché la politica ha fallito. Se in meno di tre anni cadono due strani governi di segno “opposto” vuol dire che c’è qualcosa di grosso che si muove nelle viscere della terra che sobbalza poi in superficie.


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Fabio Scolari: Toyotismo. Qualità totale per chi?

inchiesta

Toyotismo. Qualità totale per chi?

di Fabio Scolari*

Giappone8975Prima di entrare nel vivo delle questioni è utile partire da una breve premessa di ordine storico sullo sviluppo, a seguito del secondo conflitto mondiale, del capitalismo giapponese. Richiamare questo elemento è assolutamente necessario se si vogliono comprendere le caratteristiche essenziali del metodo di organizzazione del lavoro ohnista[1]. Non farlo rischierebbe, infatti, di determinare una rappresentazione mistificata ed edulcorata dei suoi tratti più oppressivi e manipolatori. Quindi, capire i motivi della sconfitta del sindacalismo di classe nipponico è il primo passo per scoprire i segreti che hanno prodotto prima l’ascesa economica internazionale della Toyota e poi dell’intero Giappone.

 

La sconfitta del sindacalismo di classe

Il Giappone, uscito sconfitto dalla Seconda Guerra Mondiale, dovette affrontare nei decenni successivi una serie di forti ristrutturazioni, sotto l’amministrazione del generale statunitense Mac Arthur, che ebbero come conseguenza la «modernizzazione» forzata ed accelerata delle strutture socio-economiche nazionali.

A questo proposito, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto indicano l’imposizione di una costituzione redatta nel 1946 da funzionari americani, che trasformò l’autocrazia imperiale in una monarchia costituzionale (solo grazie a questo patto l’imperatore Hirohito poté conservare il trono) ed introdusse un sistema parlamentare, ed una radicale riforma agraria.


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Alessandro Visalli: Note e commenti ad “Appunti per una discussione sui nostri compiti” di Carlo Formenti

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Note e commenti ad “Appunti per una discussione sui nostri compiti” di Carlo Formenti

di Alessandro Visalli

paesaggio 2Questo breve testo è il commento dell'intervento di Carlo Formenti "Appunti per una discussione sui nostri compiti", pubblicato sul sito di Nuova Direzione.

Il punto cruciale del lungo testo mi pare la definizione del progetto originario che ha dato vita a Nuova Direzione, consigliando peraltro la accelerazione finale, non da tutti condivisa[1], verso la costituzione in soggetto politico a gennaio 2020.

Questo è stato descritto da Carlo in una duplice prospettiva:

1- Nel breve termine, cercare di intercettare una significativa diaspora in uscita dal M5S[2] perché scontenta della formazione del governo “bianco-giallo” Conte II. La possibilità che ciò si verificasse scaturiva direttamente dalla manifesta incapacità di tradurre il “contenitore dell’ira” di grande successo del movimento degli anni 2008-18 in un “contenitore di potere”[3] che fosse in grado di fare la differenza, traducendo il paese fuori delle secche neoliberali nelle quali è da decenni[4],

2- Nel medio termine, fornire un centro di aggregazione politico-culturale e, insieme, il nucleo organizzativo per addensare forze antisistemiche giocabili in senso neo-socialista.

Come sintetizzavo nella mia relazione in assemblea, “Passare tra Scilla e Cariddi”[5], la ristrutturazione del decennio 2008-18 è l’estenuazione delle dinamiche di spoliticizzazione e divaricazione gerarchizzante dell’intero trentennio neoliberale.


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Rosso giornale dentro il movimento

Memorie di un redattore

di Paolo Pozzi

Pubblichiamo la seconda delle quattro tranche di «Rosso» (1974-1975). La prima è disponibile qui. Seguiranno «Rosso dentro il movimento (nuova serie)» e «Rosso per il potere oparaio»

0e99dc
              aabd13b1cbcb4217a5bce23fa01e79e5mv2«Rosso» si stampava nell’hinterland milanese, quando ancora c’era la bruma che oggi non c’è più. La galaverna rivestiva di bianco i campi dove sfrecciava la metropolitana. La verde.

Neograf, Cartotecnica, Il Registro: alcuni dei nomi. Magari ci sono ancora. Gli stampatori: tutta gente che pensava alla lira. Cataloghi di bagni e docce, dépliant di fiere e mercati, giornalini dei commercianti locali, qualche rivista pornografica e «Rosso». L’importante erano i danè. Le cambiali non le volevano.

Capitava anche di finire adottati. Uno di questi, con un nome indimenticabile, si chiamava Tresoldi, mi veniva a prendere alla stazione del metrò di Cologno, mi portava a pranzo con lui e alla sera mi riaccompagnava a Milano. Aveva una casa molto grande e nella sala un angolo bar tutto di marmo. A lui devo la conoscenza, ahimè tardiva visto che non ero più un ragazzino, di quel dono degli dei che va sotto il nome di Campari shakerato col gin. Con lui sono entrato per la prima volta in vita mia a San Siro. Mi portava nel pomeriggio a vedere le partire di Coppa Italia del Milan.

«Rosso dentro il movimento» era curato sostanzialmente dal sottoscritto che raccoglieva i contributi degli organismi operai e studenteschi e quelli provenienti dai movimenti femminista e omosessuale. Non esisteva un menabò fisso. Ma non potevano mancare i contributi delle principali realtà dell’autonomia di fabbrica, dei servizi (Alfa, Sit Siemens, Face Standard, Fiat di Cassino, Petrolchimico di Marghera, Policlinico di Roma, ecc.) e dei collettivi studenteschi. Come non potevano mancare le cronache del movimento di autoriduzione che stava dilagando e le pagine sulla repressione che colpiva il movimento. Lo spazio di «Rosso tutto il resto» a ogni numero diventava più grande.


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tonino

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Feb 19, 2021, 4:05:05 AM2/19/21
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Pino Ferraris: Raniero Panzieri: per un socialismo della democrazia diretta

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              ingrato

Raniero Panzieri: per un socialismo della democrazia diretta

di Pino Ferraris

Il 14 febbraio 1921 nasceva a Roma Raniero Panzieri, intellettuale marxista, militante e dirigente del Partito socialista italiano, poi fondatore e animatore, fino alla morte prematura (9 ottobre 1964), del gruppo e della rivista «Quaderni rossi». Lo ricordiamo con il saggio che Pino Ferraris gli dedicò nell’opera L’altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico, a cura di Pier Paolo Poggio, vol. II, Il sistema e i movimenti (Europa: 1945-1989), Jaca Book, Milano 2011, pp. 381-401

2021.2.15. FERRARISLa figura di Raniero Panzieri ha avuto, nel corso degli anni e dei decenni successivi alla sua morte, un destino paradossale. Tra rimozioni e mitizzazioni, tra dispute patrimoniali e sommarie stroncature è accaduto che la sua biografia politico-culturale, che ha una robusta coerenza di fondo, sia stata spezzata, smembrata: il “meridionalista” di Palermo è stato assolutamente oscurato dall’“operaista” di Torino, il suo ruolo di dirigente politico viene scisso dalla sua attività di produttore di cultura, colui che «per tutta la vita si è dedicato al partito e che viene spinto da una sorta di disperazione a formare gruppi di altro genere»1 viene proposto come “il Battista” dei gruppi minoritari degli anni ’70.

Panzieri dedicò gran parte del suo impegno culturale a smontare “sistemi” cristallizzati di pensiero nel movimento operaio. Persino il suo approccio a Marx, punto di riferimento costante e sicuro della sua elaborazione culturale, era così libero e creativo da renderlo completamente disponibile «all’operazione chirurgica di separare il Marx vivo e ancor oggi utilizzabile da ciò che nella sua opera rappresenta gli incunaboli del riformismo e del diamat».2 La prima edizione postuma di una parte dei suoi scritti apparve inchiodata sotto l’incredibile titolo La ripresa del marxismo-leninismo in Italia.3

Il protagonista del disgelo culturale, l’anticonformista innovatore del pensiero di una sinistra che faticava a uscire dalle rigidità dogmatiche dello stalinismo e della guerra fredda, per un non breve periodo subì le deformazioni indotte da quel «recupero anacronistico di culture politiche da immediato dopoguerra»4 che coinvolse buona parte della sinistra degli anni ’70.


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Bollettino Culturale: La proposta di Jacques Bidet di ricostruzione e rifondazione del "Capitale" di Marx

bollettinoculturale

La proposta di Jacques Bidet di ricostruzione e rifondazione del "Capitale" di Marx

di Bollettino Culturale

marx3Il libro di Jacques Bidet, intitolato Explication et reconstruction du “Capital”, è così audace che il lettore si sente sfidato a seguire il suo autore dall'inizio alla fine. Non solo audace, ma anche estremamente provocatorio per chiunque proponga di leggere Marx alla luce di nuovi fenomeni contemporanei. Il libro ha un contenuto straordinariamente denso, che richiede una profonda conoscenza del Capitale da parte di coloro che desiderano giudicare, con correttezza, la proposta di rifondazione di Bidet.

La prima parte del suo libro è dedicata alla Spiegazione il cui scopo è quello di completare l'esposizione di Marx basata su ciò che ha lasciato implicito e persino incompleto. Più chiaramente, si tratta di aggiungere nuovi concetti all'esposizione di Marx che non sono stati esplorati da lui, ma che, in un certo senso, non gli sarebbero estranei. Nella seconda parte, la Ricostruzione, Bidet propone una nuova esposizione categorica del Libro I, in modo che "sia all'altezza delle sue ambizioni: scientificamente coerente, empiricamente rilevante e politicamente significativo".

 

La controversia sulle letture del Capitale

Chiunque si impegni in una simile impresa, non può ignorare che il Capitale è già oggetto di letture che godono di una certa posizione di monopolio nel campo accademico. Bidet lo sa molto bene. Mette in evidenza le tre interpretazioni più conosciute e accettate, sottolineando i loro crediti dovuti, sottolineando le loro inadeguatezze teoriche.


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Michael Roberts: La tendenza dominante è quella di affrontare le sfide storiche?

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La tendenza dominante è quella di affrontare le sfide storiche?

di Michael Roberts

apocalisseDi recente, la neo-confermata segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, ed ex capo della Fed [N.d.T.: Il Federal Reserve System, conosciuto anche come Federal Reserve ed informalmente come la Fed, è la banca centrale degli Stati Uniti], Janet Yellen, ha esposto in una lettera indirizzata al suo stesso staff quali sono le sfide che il capitalismo statunitense dovrà affrontare. Ciò che ha detto è che « l'attuale crisi è assai diversa da quella del 2008. Ma la sua portata, e le sue dimensioni, se non più grandi, non sono da meno. La pandemia ha provocato la devastazione totale dell'economia. Intere industrie hanno sospeso il loro lavoro. Sedici milioni di americani si trovano ancora a dipendere dall'assicurazione sulla disoccupazione. Gli scaffali dei magazzini dei supermercati si stanno svuotando. » Questo è adesso; ma andando avanti, leggiamo che Yellen dice che ci sono state « quattro crisi storiche: il Covid-19 è una. Ma in aggiunta alla pandemia, il paese sta affrontando anche una crisi climatica, una crisi di razzismo sistemico, e una crisi economica che si prepara da cinquant'anni. »

Yellen non ha specificato quale sarebbe questa crisi cinquantennale. Ma si è dimostrata fiduciosa che l'economia dominante è in grado di trovare la soluzione a tutte queste crisi.

« L'economia non è solo qualcosa che si può trovare sui libri di testo. Non è nemmeno, semplicemente, un insieme di teorie.


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Nuova Direzione: Il Governo Draghi

nuovadirezione

Il Governo Draghi

di Nuova Direzione

Il governo Draghi è stato varato, se avremo l’astensione di Fratelli d’Italia sarà il primo governo della storia repubblicana senza alcuna forza politica organizzata all’opposizione. Il governo nel quale si completa magnificamente il percorso del quarantennio neoliberale. Con esso viene proclamato che della democrazia non c’è alcun bisogno, se non nella forma residuale notarile di imprimatur al governo dei “migliori”. Anche, e soprattutto, quando personalmente non lo sono.

Di fronte ad una svolta di tale dimensione Nuova Direzione rifiuta la logica del “male minore”. La strada del “male minore”, nella recente tradizione della sinistra italiana, è la forma specifica che ha sempre preso il sentiero in discesa, quello facile, verso il burrone. L’unica strada da cercare, faticosamente perché in salita, è quella del “bene possibile”. Ma prima che possibile, deve essere “bene”.

Con essa rifiuta nel modo più netto e deciso l’idea che al mondo come è non ci sia alternativa, e quella intimamente connessa che l’accelerazione verso le frontiere della tecnica, l’affidamento fiducioso alla modernità, sia sempre progresso.


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Perché uscire dall'euro è necessario

di Marco Pondrelli

Domenico Moro: Eurosovranità o democrazia? Perché uscire dall'euro è necessario, Meltemi, 2020

Sull'euro e sull'Unione europa si scrive molto, ma purtroppo le categorie ed i ragionamenti impiegati sono spesso un florilegio di pressappochismo e luoghi comuni. Non è il caso di Domenico Moro, il quale ha il merito di chiarire in modo lucido e chiaro le categorie che utilizza.

Un elemento centrale nel libro è quello del cosmopolitismo che 'si basa sulla affermazione globale degli interessi individuali dell'élite capitalistica al di sopra dello Stato nazionale di provenienza, mantenendone, però, l'utilizzo e ben salda la natura di classe'[pag. 38]. Come nel caso del segretario del Partito Comunista della Federazione Russa Gennadij Zjuganov, il termine 'cosmopolitismo' può essere interpretato solo capendone la natura di classe ed imperialistica. Ecco perché esso non va confuso con l'internazionalismo.

Lo strumento principe del cosmopolitismo in Europa è l'euro, del quale Moro denuncia la natura di classe quando afferma che 'non è una questione inerente alla difesa della nazionalità bensì inerente alla democratizzazione dello Stato e, più precisamente, alla modificazione del rapporto fra Stato e classi subalterne al capitale'[pag. 63].


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Francesco Carraro: Orlando e Garavaglia: due ministri e un messaggio in codice

scenarieconomici

Orlando e Garavaglia: due ministri e un messaggio in codice

di Francesco Carraro

Pensavate ci fosse qualcosa di peggio di andare a votare partiti orgogliosamente populisti e sovranisti nel 2018 e ritrovarsi poi Draghi al Governo nel 2021? E invece c’è. Per capirlo, però, bisogna fare un passo indietro e rendersi conto di come l’attuale situazione politica italiana sia davvero qualcosa di impensabile, e indicibile, se vista con gli occhi di tre anni fa. Dalle urne erano usciti vincitori, su tutti, Lega e 5 Stelle. I quali – per quanto lontani e talora antitetici – venivano entrambi da anni di campagne contro il dominio dei mercati, contro l’establishment, contro l’euro. Cioè – a sintetizzare in due parole e in una persona – contro Mario Draghi e tutto ciò che rappresenta.

Ecco, se qualcuno, in allora, avesse pronosticato che ci sarebbe stato Draghi premier con l’appoggio dei grillini, dei leghisti e dei piddini gli avrebbero minimo minimo fatto un TSO. E invece c’è. Ma andiamo oltre, e avanti. Cosa dimostra l’operazione Draghi? Per chi riesca a smettere i panni del tifoso di qualsiasi schieramento, esprime una cosa sola: la geometrica potenza dell’establishment, dei mercati e della finanza. I quali sono così sicuri della propria invulnerabilità da poter ricavare “qualsiasi” risultato da qualunque esito elettorale.


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Savino Balzano: Politiche attive per il lavoro: il solito mantra sciocco del politicamente corretto

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Politiche attive per il lavoro: il solito mantra sciocco del politicamente corretto

di Savino Balzano

Quando si parla di lavoro e di diritti i peggiori non sono i liberisti e gli alfieri del capitale di stampo europeistico. Quelli li riconosci subito e tutto sommato li dai già per “persi” perché tanto lo sai che parlano e agiscono per partito preso: non li smuoverai mai perché sono sensibili solo al soldo del padrone.

Chi davvero mette a dura prova il sistema nervoso sono i quelli che, pur in buona fede, non fanno altro che ripetere ossessivamente e convintissimamente i loro mantra perbenisti e assolutamente privi di fondatezza: i sindacati purtroppo sono pieni di questa gente.

Non dimenticherò mai le reazioni al “Decreto Dignità” del Governo giallo-verde.

A prescindere dal giudizio che si possa nutrire su quell’esperienza di governo (lo so che per alcuni l’impulso di gridare “fascisti!” è davvero troppo forte), c’è da dire che quel provvedimento sia stato l’unico intervento decente in materia di lavoro degli ultimi anni (parecchi anni): una battuta d’arresto al ricorso ai contratti precari, interventi significativi (molto significativi) e di tutela in materia di somministrazione di lavoro (il vecchio interinale).


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Angelo D’Arcangeli: Il PCI e il complesso problema della bolscevizzazione del partito

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Il PCI e il complesso problema della bolscevizzazione del partito

di Angelo D’Arcangeli

partitoIl centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia sta suscitando numerosi dibattiti, iniziative e pubblicazioni, in un intrecciarsi di ricordi, commemorazioni e riflessioni sul passato, sul presente e sul futuro. Tra nostalgia e sogni di nuovi assalti al cielo.

Il PCI è stato un protagonista assoluto del ‘900 italiano e la sua esperienza, ricca e contraddittoria, oltre a suscitare ancora un certo immaginario contiene molti elementi utili per la nostra “cassetta degli attrezzi” e, quindi, per approcciare con maggiori strumenti e cognizione di causa con il grande enigma irrisolto dello scorso secolo: la rivoluzione in Occidente.

E’ questa l’ottica e questo il motivo per cui occorre “fare i conti” con la storia del PCI, tirarne un bilancio. Senza inutili giudizi schematici e facili “ismi” o, al contrario, semplificazioni accondiscendenti verso importanti errori politici. Ma, semplicemente, per imparare. O, almeno, per cercare di farlo.

A questo fine condivido alcune riflessioni sulla storia del PCI, come contributo al dibattito e ad un’elaborazione più vasta e articolata, collettiva. Lo faccio soffermandomi su alcuni snodi della storia del partito che reputo particolarmente importanti e, anche, molto utili per comprenderne il percorso.

Il PCI nacque per la potente spinta data dalla Rivoluzione d’Ottobre al movimento socialista e operaio di tutto il mondo e per un Biennio rosso che aveva mostrato, rovinosamente, l’insufficienza rivoluzionaria del PSI.


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Antonella Corsani: Riprendiamoci i saperi, riprendiamoci la vita

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Riprendiamoci i saperi, riprendiamoci la vita

Emiliana Armano dialoga con Antonella Corsani

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            58900295ef604841a9e8d476b3ab4a8dmv2In occasione della recente pubblicazione del suo libro, Chemins de la liberté. Le travail entre hétéronomie et autonomie abbiamo invitato Antonella Corsani ad approfondire presupposti e implicazioni della sua ricerca.

Questo libro si iscrive in una prospettiva critica delle tesi sul capitalismo cognitivo – concetto che Antonella Corsani ha contribuito in modo importante ad introdurre nel dibattito teorico-politico – ed è scritto a partire dalla sua esperienza di inchiesta di più di quindici anni, prima nel movimento degli intermittenti dello spettacolo, poi nel movimento delle cooperative di attività e di impiego. È contemporaneamente uno studio di ampio respiro, insieme militante e teorico, che investe trent’anni di elaborazione critica e pratica del pensiero post-operaista, e ricostruisce in maniera chiara e puntuale la nascita negli anni ‘90 e la successiva articolazione delle tesi sul capitalismo cognitivo. Uno studio che ha il coraggio e il merito di fare un bilancio sulle coordinate teoriche fondamentali di un concetto, che è stato centrale nella teoria dei movimenti radicali. Riuscendo a tenere coesa, in una visione militante e rigorosa, sistematica e severa, la teoria e l’esperienza politica in un tentativo di situare questi diversi piani in maniera relata. In corso d’opera, durante il periodo di elaborazione ho avuto il piacere di dialogare con Antonella Corsani e ora quello di poterle rivolgere alcune domande sugli intenti e sulle tesi contenute nel suo libro per poterlo far conoscere e discutere. Qui di seguito riporto questo dialogo.

* * *

D. Vuoi fornire, ai lettori, qualche elemento sul percorso teorico e politico che ti ha condotta a scrivere Chemins de la liberté. Il progetto come è nato? Come si è inserito tra la contingenza del tuo attuale lavoro di ricerca in Università e i tuoi precedenti studi e ricerche militanti? Come hai pensato che fosse l’occasione di fare il punto di un percorso collettivo…?


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Sollevazione: Covid: il punto di vista di Liberiamo l'Italia

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Covid: il punto di vista di Liberiamo l'Italia

di Sollevazione

covid si cura 600x391I. Premessa

Ad un anno dal suo inizio, dovrebbe essere chiara a tutti la volontà politica di costringerci in uno stato di emergenza perpetuo.

L’Operazione Covid è stata accuratamente pianificata dall’alto e costruita a vari livelli, anche se nel nostro Paese l’emergenza sanitaria che ne è seguita è figlia anzitutto dello sfascio della sanità italiana, causata dalla crescente privatizzazione e da decenni di tagli targati “Europa”.

Il Covid è però anche un’arma, lo strumento che l’oligarchia dominante sta usando (non solo in Italia) per rimodellare la società in base ai propri disegni ed interessi. Da qui la politica delle chiusure per far sì che il pesce grosso mangi quelli piccoli; da qui l’imposizione delle attività “a distanza” per isolare le persone l’una dall’altra; da qui la narrazione terroristica per coprire il dramma della disoccupazione e della precarietà che ne consegue; da qui le mille misure autoritarie pensate per fermare sul nascere ogni opposizione.

“Great Reset” per l’appunto definisce icasticamente la corrente strumentalizzazione della cosiddetta pandemia al fine di instaurare il nuovo ordine mondiale di cui il World Economic Forum è l’ennesimo latore. In questo quadro la “Finanziarizzazione dell’Economia” organizzata in modo da drenare risorse dall’Economia Reale, nel cui ambito si svolgono le nostre attività quotidiane, ha raggiunto ormai dimensioni ipertrofiche e non è più in grado di sostenersi continuando a drenare risorse, senza collassare. L’enorme progressiva capitalizzazione dei cosiddetti derivati, vere e proprie scommesse sulle quotazioni dei titoli, ha raggiunto dimensioni pari a molti multipli del PIL mondiale.


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Dante Barontini: Due governi in uno: chi comanda e chi no

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Due governi in uno: chi comanda e chi no

di Dante Barontini

L’analisi concreta della situazione concreta, suggeriva qualcuno, spazza via molte chiacchiere e tutte le “narrazioni”. Ossia quel castello di fuffa costruito dagli spin doctor di regime per convincerci che quella cosa marrone sul piatto è davvero cioccolata.

Applicato l’”analisi concreta” alla composizione del governo Draghi ne vien fuori che si tratta di due governi in uno.

Il più importante è quello che deve gestire il Recovery Fund e soprattutto rispettare le “linee guida” della Commissione Europea, avviando quella ristrutturazione del modello produttivo e soprattutto del “modello sociale” lì indicato.

E’ il vero cuore del nuovo esecutivo, composto infatti di soli “tecnici” – tutti di altissimo livello – abituati a muoversi nelle giunture che legano l’evoluzione nazionale con le istituzioni (e le politiche) sovranazionali.

Basterebbe solo l’elenco per capirlo. Al ministero dell’economia (finanze, tesoro, bilancio riuniti in un solo dicastero) è stato chiamato Daniele Franco, fino a ieri direttore generale della Banca d’Italia, prima ancora ragioniere dello Stato abituato a mettere in discussione le “coperture finanziarie” di decisioni politiche “spot” (gli 80 euro di Renzi, per esempio), universalmente conosciuto come “uomo di Draghi”. Non perché sia un obbediente esecutore – sarebbe fargli torto – ma per l’assoluta identità di vedute.


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coniarerivolta: Draghi non viene in pace: la condizione per il Recovery Fund è l’austerità

coniarerivolta

Draghi non viene in pace: la condizione per il Recovery Fund è l’austerità

di coniarerivolta

Mentre si lavora per assicurare al Presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, la più ampia maggioranza parlamentare per dare vita – dieci anni dopo l’esperienza del Governo Monti – all’ennesimo governo tecnico, sul piano comunicativo si ripete come un mantra il seguente messaggio: “Monti è stato chiamato per tagliare la spesa, Draghi invece è stato chiamato per spendere le risorse concesse all’Italia dall’Unione Europea”. Questo mantra veicola una rassicurazione tutta politica: “Non temete, l’esperienza tragica della macelleria sociale operata da Monti non si ripeterà; al contrario, Draghi viene in pace per spendere nel migliore dei modi possibili quei fiumi di denaro che le istituzioni europee elargiscono”. Sembrerebbe un ottimo auspicio. Purtroppo, si tratta di volgare propaganda, come è evidente se si passa dal piano comunicativo alla materialità dei documenti istituzionali che, nero su bianco, disciplinano il funzionamento del Recovery Fund.

La falsa rassicurazione circa il compito assegnato al Governo Draghi poggia su due assunti. Il primo assunto, esplicito, è che l’Italia possa beneficiare di un trasferimento di risorse di entità straordinaria da parte dell’Unione Europea: ci troveremmo letteralmente ricoperti d’oro, o meglio di euro, ed avremmo solo il bellissimo problema di come spendere bene questi soldi piovuti da Bruxelles.


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Piccole Note: Lotta al COVID-19: nuove e vecchie cure

piccolenote

Lotta al COVID-19: nuove e vecchie cure

di Piccole Note

Dinnanzi all’interesse suscitato dalla corsa ai vaccini ogni altro argomento relativo al virus passa oggi in secondo piano. Ma nella lotta alla pandemia un aspetto importante, forse persino più importante dei vaccini, almeno fino a quando non sarà vaccinata una massa critica sufficiente ad arrestarla, sono le cure.

Ogni tanto qualche buona notizia la si coglie nei giornali, L’autorevole TimesofIsrael il 5 febbraio scorso titolava “Il nuovo farmaco israeliano ha curato 29 dei 30 casi di COVID moderati / gravi in ​​pochi giorni”.

La nota dettagliava come il Tel Aviv’s Ichilov Medical Center abbia sviluppato un nuovo farmaco che ha completato con successo la sperimentazione di fase 1 aiutando molti pazienti con sintomi moderati e gravi a guarire rapidamente.

Un enorme passo avanti, scrive il giornale israeliano, “le fonti ospedaliere hanno infatti riferito che “la sostanza EXO-CD24 individuata dal professor Nadir Arber è stata somministrata a 30 pazienti le cui condizioni erano moderate o gravi e 29 di loro si sono ripresi in 3-5 giorni”.


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Pietro Salemi: Draghi, il PUL e la democrazia che non ci possiamo permettere

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Draghi, il PUL e la democrazia che non ci possiamo permettere

di Pietro Salemi

Chi avesse perso gli ultimi giorni di politica, potrebbe stupirsi. Chi ne ha seguito, con occhio vigile e critico, gli ultimi 30 anni, prova molta amarezza e poco stupore. E’ bene, comunque ricapitolare le ultime convulsioni della Repubblica.

Conte ha definitivamente lasciato Chigi e ha tenuto una conferenza stampa su un tavolino in mezzo alla strada.

La Lega di Salvini offre il sostegno a Draghi, dichiarando che sull’Unione Europea e sull’Euro aveva scherzato.

I 5Stelle, come sempre, sono passati dal No, al ni, al Sí a Draghi e si accodano, perciò, non solo a Renzi, ma anche a Berlusconi, Salvini, Zingaretti, Bonino e Calenda ed altri centristi vari. Nel frattempo, si mette in scena un voto della base tramite la piattaforma Rousseau. Una consultazione a babbo morto, posto che l’ex-Goldman Sachs ha già ricevuto l’endorsment dall’intero gotha del MoVimento (ex-)populista.

LeU ci pensa: in realtà Speranza e Bersani scalpitano per entrare, mentre a Fratoianni non è piaciuto com’è iniziata la cosa e gli viene forte andare al governo con Salvini (mentre con Forza Italia, alla fine, non c’è problema).


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Fosco Giannini: Contro il governo Draghi!

lantidiplomatico

Contro il governo Draghi!

di Fosco Giannini, direttore di “Cumpanis”

Nello spirito di collaborazione che si è instaurato con "Cumpanis”, “L’AntiDiplomatico” pubblica come anticipazione il nuovo editoriale della rivista

720x410c50Venerdì 12 febbraio. Mario Draghi sale al Quirinale, scioglie la riserva e presenta la lista dei ministri. Nasce il suo governo. Solitamente, “il suo governo”, è una locuzione tendente - nella dialettica fra presidente del consiglio e ministri - a chiarire chi è il capo di un esecutivo. In questo caso, invece, “il suo governo” è un’espressione totalmente affermativa, nel senso che l’intero governo è sotto il potere di Draghi ed egli non ne è il presidente ma il “dictator”. Quali forze hanno determinato quest’esito nefasto per la democrazia italiana e, per essere meno elusivi, per il movimento operaio complessivo italiano, per “la classe”? Attraverso quali passaggi si è giunti a sottomettere il governo, il parlamento, l’intera politica, l’intero Paese al comando di Draghi? Le forze che hanno spento la luce della democrazia italiana non sono rintracciabili nel vacuo vaudeville della nostra politica: esse sono oltreconfine e oltreoceano e si svelano lungo l’asse euroatlantico Usa-Ue, Biden e Merkel-Macron. E’ decisivo collocare immediatamente e prioritariamente sia la caduta del governo Conte che la costituzione del governo Draghi nel contesto internazionale, poiché questa lettura dei fatti è - non casualmente - quella più rimossa e negata, sia dall’intero arco delle forze politiche parlamentari che dall’intero sistema mediatico. Come, infatti, tutti i cicisbei, i cavalier serventi degli USA, della NATO e dell’Ue che sostengono il governo Draghi, possono arrivare a disvelare la semplice verità, e cioè che sono state proprio queste potenze mondiali ad intervenire sul quadro politico italiano al fine di far cadere i due governi Conte, che, pur mantenendo una natura essenzialmente filo-imperialista, spostavano troppo, e “insopportabilmente” per gli USA, il loro asse commerciale verso la Russia e la Cina? E, conseguentemente, portare l’uomo di cui più hanno fiducia, Draghi, a guidare l’Italia e il nuovo Parlamento di spauriti vassalli che lo ha incoronato?


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Alexander Höbel: Il centenario del Pcd’I e i caratteri originali del comunismo italiano

la citta
              futura

Il centenario del Pcd’I e i caratteri originali del comunismo italiano

di Alexander Höbel

La storia del Pci è caratterizzata dal tentativo di percorrere una via originale al socialismo in Italia e in Occidente. Il tentativo è stato soffocato da oscure trame italiane e internazionali e dalle politiche liberiste e trasformazioni che hanno inciso pesantemente sull’aggregazione e la forza della classe lavoratrice

d02817b298fae86c7f8203594a4f86ae XL1. Il centenario della fondazione del Partito comunista d’Italia, che si sta ricordando in queste settimane, è stata l’occasione per riprendere la discussione sull’esperienza di quello che è stato il maggiore partito comunista dell’Occidente.

La lettura maggiormente veicolata nel dibattito pubblico dai media mainstream è stata quella che attribuisce al “peccato originale” della scissione comunista del ’21 tutti i mali della sinistra italiana, individuando nel Congresso di Livorno l’inizio di una vera e propria “dannazione”, quella appunto delle scissioni e delle divisioni. È una interpretazione che oscura un elemento decisivo, ossia che la frattura interna al movimento operaio si era prodotta non a Livorno, ma sul piano internazionale e su una questione decisiva come la guerra o la pace, allorché, nel 1914-15, i partiti socialisti e socialdemocratici, tradendo la marxiana parola d’ordine “proletari di tutti i paesi, unitevi!”, avevano votato in massa i crediti di guerra, facendo fallire la II Internazionale e mandando i lavoratori di tutti i paesi a uccidersi sui campi di battaglia. La nascita della “sinistra di Zimmerwald”, di cui Lenin fu uno dei maggiori protagonisti, e poi dei partiti comunisti fu la reazione a tutto questo; del resto, la Rivoluzione d’Ottobre vinse con la parola d’ordine della pace, oltre a quella del “potere ai soviet”, ossia alla prospettiva di un ordine nuovo fondato sul potere dei lavoratori, di quel socialismo che finalmente sembrava farsi concreta realtà storica.


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Federico Chicchi, Emanuele Leonardi, Stefano Lucarelli: L’imprinting come nuova logica dello sfruttamento

sudcomune

L’imprinting come nuova logica dello sfruttamento

Oltre la dissoluzione del rapporto salariale*

di Federico Chicchi, Emanuele Leonardi, Stefano Lucarelli(1)

71i2MYMAQQLL’oggetto analitico di questo libro è lo sfruttamento contemporaneo, o meglio la sua indagine a partire dall’armamentario concettuale della critica dell’economia politica marxiana – e in particolare dalla nozione chiave di sussunzione – per poi metterlo alla prova della contemporaneità ed eventualmente aggiornarlo. In questo senso, il nostro lavoro affonda le radici in un dibattito tutt’altro che recente, almeno per quanto riguarda la galassia del neo-operaismo italiano. Infatti, già alla fine degli anni Settanta dalle preziose colonne della rivista «Primo Maggio», Christian Marazzi dava una lettura delle trasformazioni qualitative che avevano colpito la composizione di classe, e al contempo metteva in luce alcuni limiti che caratterizzavano l’armamentario teorico dell’operaismo degli anni Sessanta:

«assumendo come “prius” la classe operaia come misura del capitale e dei suoi movimenti ci si incolla di fatto ad una dimensione quantitativa dello scontro fra capitale e operai. Manca completamente la valutazione qualitativa, soggettiva delle trasformazioni che questo rapporto genera sulla dinamica complessiva della società. Questa dimensione qualitativa viene recuperata con la “crisi della legge del valore”, crisi che ci permette di “comportarci” soggettivamente al di fuori del vincolo capitalistico, al di fuori del “produttivismo” delle lotte operaie. La crisi della legge del valore è il coronamento coerente di questo primo operaismo, ma purtroppo è una analisi impotente di fronte alle trasformazioni indotte dallo stesso rapporto capitale-operai sul resto della società (come, ad esempio, la riarticolazione del processo produttivo sul territorio, il decentramento, le runaway industries, ecc). Sia chiaro, qui non si tratta di negare la crisi della legge del valore, ma di scavare nell’articolazione del suo processo di crisi, e quindi di evitare di assumerla come fatto lineare, teleologico» (2).


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coniarerivolta: E allora il MES?

coniarerivolta

E allora il MES?

di coniarerivolta

Nell’assistere all’insediamento del neonato Governo Draghi, un esecutivo che si appresta ad amministrare l’austerità per i prossimi anni e a mettere i tre soldi del Recovery Fund al servizio delle richieste di Confindustria, una domanda ci viene spontanea: ma che fine ha fatto il famigerato Meccanismo Europeo di Stabilità (altrimenti detto MES)? La lettura dei giornali di questi giorni è disorientante: fino ad un paio di settimane fa il ricorso al MES era considerato una priorità e l’unico argine al definitivo collasso del sistema sanitario nazionale. Oggi, invece, il tema sembra sbiadito sullo sfondo, trattato alla stregua di un elemento marginale o, addirittura, un’operazione non più conveniente. Viene dunque da chiedersi come mai, in così poco tempo, politici e commentatori abbiano fatto scomparire dalla scena un elemento che si era preso il centro del palcoscenico.

Riavvolgendo il nastro, di MES si è iniziato a parlare in maniera insistente fin dai primi mesi della pandemia, nel marzo del 2020, quando questo prestito capestro sembrava essere, nelle dichiarazioni di molti, l’unica via per ottenere le risorse utili ad arginare la pandemia e a uscire dalla crisi.


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Fabrizio Casari: Ecuador, un’altra Bolivia?

altrenotizie

Ecuador, un’altra Bolivia?

di Fabrizio Casari

Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Potrebbe cominciare così, da questo detto antico e mai smentito, il racconto del nuovo, ennesimo, tentativo di colpo di stato in America Latina. Lo scenario è l’Ecuador, potenza energetica del Cono Sud, che dopo aver subito per 5 lunghi anni il governo di Lenin Moreno, traditore fattosi eleggere con la sinistra mentre in segreto obbediva all’ufficio della CIA a Quito, adesso sembra dover subire persino l’onta ignobile di un colpo di Stato sul modello boliviano. Ovvero, il disconoscimento del risultato elettorale e l’affermazione di un governo mai eletto ma deciso dalla OEA e dagli Stati Uniti.

I fatti sono chiari e le intenzioni altrettanto. Una settimana fa si celebrava il primo turno delle elezioni presidenziali e parlamentari del Paese andino. Risultava vincitrice la coppia formata da Andrés Arauz e Carlos Rebascall, candidati dell’alleanza progressista che si ispira all’ex presidente Rafael Correa ed alla sua politica del buen vivir che trasformò l’Ecuador da grumo di schiavitù in un paese libero, da colonia statunitense in una nazione indipendente.


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Miguel Martinez: Il mondo in una lattina

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Il mondo in una lattina

di Miguel Martinez

“L’ambiente”, ci dicono, è questo o quel problema.

Basta differenziare meglio, compensare il CO2, mettere fuorilegge le vecchie auto rugginose, cambiare lampadine, innalzare pale eoliche…

Invece, non è un problema, è tutto un sistema che ci sta portando alla catastrofe.

Se lo fai notare, ci sarà sempre qualcuno con il ditino imparatore che dirà, “ah, lamentarsi del sistema è solo una scusa per non fare qualcosa”.

No, dobbiamo ognuno di noi fare il massimo possibile per non essere complici. Sapendo che non sarà mai abbastanza e che sul piano pratico sarà del tutto inutile.

Perché…

Prendiamo un oggettino dall’aspetto innocuo, una lattina di Coca Cola.

I dati risalgono al 1999 e si riferiscono all’Inghilterra, saranno cambiate tantissime cose, ma l’importante è capirne il senso e la portata, e poi moltiplicare per tutti gli altri oggetti neutrali che ci circondano.


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Fabio Nobile: Non è una parentesi

laboratorio

Non è una parentesi

di Fabio Nobile

Come era facilmente ipotizzabile e prevedibile, la crisi del Governo Conte non poteva che spostare ancora più a destra l’asse politico complessivo del Paese. Renzi ha svolto il suo compito senza indugi e, ad oggi, la sua ricompensa è la sopravvivenza politica, nonché la rimozione dalla scena dell’ex presidente del consiglio con cui è in diretta competizione per coprire lo spazio politico estremamente fluido che, da Forza Italia al Movimento cinquestelle, vedrà dopo questi eventi una continua evoluzione. Ma l’intero quadro viene e verrà modificato dall’irruzione di Draghi nella scena politica, un’irruzione preannunciata da molto tempo.

Gli obiettivi raggiunti con l’incarico a Draghi offrono la cloche di comando della politica economica ed industriale per la ricostruzione post pandemia a chi, come il neo-premier, è espressione diretta dell’elitès capitalistiche euro-atlantiche. Non è un mistero che Draghi, proprio per ciò che rappresenta, sia uomo gradito alla nuova amministrazione Biden non meno ostile di quella precedente alla Cina e alla Russia in uno scontro ormai sempre meno latente.


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Carlo Formenti: Dominio senza egemonia

perunsocialismodelXXI

Dominio senza egemonia

Appunti per una storia delle classi dirigenti italiane

di Carlo Formenti

Pubblico qui di seguito il testo integrale dell'intervento di cui ho letto un estratto nel corso del convegno "Malattia nazionale. Distorsioni di un capitalismo piccolo piccolo" che è appena stato trasmesso sui canali della Rete dei Comunisti e di Contropiano

77a0bb2a0dbc3a021032b1eef8c5e524 w h mw mh cs cx cyLa borghesia italiana non è mai riuscita a costruire uno Stato decente né ad aggregare un blocco sociale in grado di esercitare una reale egemonia (in senso gramsciano). Di conseguenza per conservare il potere, da un lato ha spesso dovuto ricorrere al dominio, schiacciando con la forza la resistenza delle classi subalterne quando si sono ribellate (senza riuscire a loro volta a produrre una concreta alternativa sistemica), dall’altro lato ha altrettanto spesso dovuto ricorrere all’appoggio esterno di potenze straniere.

Ciò vale fin dalla nostra costituzione come nazione indipendente. Il cosiddetto Risorgimento è stato l’esito, più che di una rivoluzione popolare (di cui si sono avuti solo accenni con episodi isolati come le Cinque Giornate di Milano e la Repubblica Romana), di guerre di conquista del Regno di Savoia a spese di altri staterelli, guerre che sono state vinte grazie all’appoggio francese prima e prussiano poi (senza dimenticare la benevola neutralità inglese: vedi lo sbarco di Garibaldi in Sicilia). In particolare, l’annessione del Regno delle Due Sicilie è stata una vera e propria colonizzazione interna, associata all’espropriazione delle risorse del Meridione, che sono servite a finanziare l’accumulazione primitiva del capitalismo settentrionale, (vedi le analisi di Nicola Zitara) e dalla repressione selvaggia delle masse contadine cui non è stato concesso nulla perché occorreva assicurarsi il consenso dei latifondisti.

Il trasformismo e il giolittismo che hanno gestito il Paese unificato nei decenni successivi hanno offerto una ulteriore conferma della cronica incapacità di dare vita a robuste istituzioni statali e a una classe dirigente degna di tale nome.


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Leo Essen: Con gli analfabeti non si può fare la guerra

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Con gli analfabeti non si può fare la guerra

di Leo Essen

Bundesarchiv Bild 183 H0611 0500 001 Berlin
              Intellektuelle bei FriedenskundgebungCon gli analfabeti non si può fare la guerra
(Bertolt Brecht)

Sul numero 84 del 2001 della Rivista La Contraddizione, Vladimiro Giacché propone la traduzione di alcuni testi minori di Bertolt Brecht, ai quali premette una breve e preziosa presentazione che mostra quanto istruttiva era ancora la loro lettura. Soprattutto, dice Giacché, questi testi sono preziosi per fugare un luogo comune della politologia borghese contemporanea, rappresentato dall’opposizione di democrazia e totalitarismo. Luogo comune che, dice, ha il suo nume tutelare in Hannah Arendt, e che oggi (2001) è pienamente egemone, e consente di cogliere tre obiettivi in un colpo solo: a) trasformare la democrazia parlamentare in un feticcio; b) demonizzare l’esperienza sovietica, assimilata in tutto e per tutto alla Germania nazista; c) cancellare il puro e semplice dato di fatto che la Germania nazista fu un Paese capitalista.

Per quanto riguarda direttamente i testi di Brecht, devo ammettere che ancora oggi, 2021, sono utili per fugare altrettanti luoghi comuni della politologia borghese che dominano il dibattito televisivo-filosofico nostrano.

Non solo è importante tenere a mente che il fascismo è stato legato alla necessità di conservare l'ordine sociale capitalista, e che, qualsiasi cosa se ne dica, e nonostante le differenze, anche enormi, con gli anni Trenta del Novecento, il capitalismo è vivo e vegeto e cerca, anche con i mezzi più disumani, di organizzare le nostre esistenze.


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Franco Milanesi: Militanza: ancora su rivolta e rivoluzione

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Militanza: ancora su rivolta e rivoluzione

di Franco Milanesi

Questo testo, tratto da: Franco Milanesi, Militanti. Un’antropologia politica del Novecento, Edizioni Punto Rosso, Milano 2010, si coniuga a testi precedentemente pubblicati in occasione dell’inaugurazione della rivista, lo scorso settembre, sul tema «rivolta e rivoluzione»: Benedetto Vecchi, Una rivolta senza rivoluzione; Serge Quadruppani, L’incendio rivoluzionario contro la carbonizzazione del pianeta. (La seconda onda mondiale delle sollevazioni e ciò che essa combatte); Mimmo Sersante, Il tempo della rivolta

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              0fe13e9e79c7440d90b81457b21a6990mv2Il flusso della ribellione, le mete della rivoluzione

Il «fare» della militanza non è il passaggio all’atto di una teoria (come se ne fosse l’«applicazione») ma è la sua trasfigurazione nell’agire di un soggetto che si impegna per sovrapporre ideale e pratica politica. Questo nesso sconvolge alcune della categorie del politico, evidenziando i margini angusti di un linguaggio che transita quasi immutato dal XV al XX secolo. Osservate dall’angolazione del soggetto politico militante (fenomeno tipicamente novecentesco) alcuni concetti come rivolta, potere, ideologia – mostrano una slabbratura dei margini che obbliga ad un ripensamento che li adegui alla specificità del tempo della politica totale.

Questa critica alla tradizione concettuale occidentale è necessaria se si vogliono comprendere a fondo i due termini che hanno storicamente turbato e scosso la presenza borghese: rivolta e rivoluzione. La teoresi si è affannata attorno ad essi distinguendoli, unificandoli, contrapponendoli e soprattutto prendendo parte per l’uno o per l’altro. Ricostruire alcune curvature di questo percorso (così tipicamente novecentesco) serve a far chiarezza attorno al nucleo significativo della militanza.


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Fabio Sciatore: “Non sarà un pranzo di gala”, l’ultimo libro di Emiliano Brancaccio

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“Non sarà un pranzo di gala”, l’ultimo libro di Emiliano Brancaccio

La pianificazione è sexy!

di Fabio Sciatore

Riflessioni su alcuni capitoli di Non sarà un pranzo di gala, l’ultima raccolta di scritti di Emiliano Brancaccio

Questa rosa – disse il dottor Heidegger – questo stesso fiore rinsecchito e che quasi si sgretola, fiorì cinquantacinque anni fa. Mi fu dato da Sylvia Ward, il cui ritratto è appeso laggiù, ed era mia intenzione appuntarmelo al petto il giorno del nostro matrimonio. Per cinquantacinque anni questa stessa rosa è stata custodita fra le pagine di questo volume. Ora, credereste possibile che questa rosa di mezzo secolo fa possa fiorire ancora?

(Nathaniel Hawthorne, L’esperimento del dottor Heidegger)

Dimenticate i teoremi neoliberali sulla libertà d’impresa; il loro tempo, fatto di continui rilanci al futuro del benessere collettivo, perché prima di tutto doveva venire la crescita del capitale, è ufficialmente scaduto, alla luce dell’incapacità delle società neoliberali (con delle rarissime eccezioni) di far fronte ad un brutto virus.


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Carlo Clericetti: Draghi bifronte

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Draghi bifronte

di Carlo Clericetti

Un cattolico sociale, come dicono Enzo Visco e Roberto Schiattarella, che lo hanno conosciuto da vicino? Un uomo dell’austerità, che firmò la lettera col suo predecessore alla Bce Jean-Claude Trichet chiedendo all’Italia lacrime e sangue? Quello che ai greci le lacrime e il sangue ha pesantemente contribuito a farli versare, come lo accusa Yanis Varoufakis? Uno che considera sorpassato il modello sociale europeo, meno spietato del capitalismo anglosassone, come dichiarò in un’intervista al Financial Times? E magari un liberista fautore della “distruzione creatrice” schumpeteriana, secondo l’accusa di Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo appena pubblicata sempre sul Financial Times?

E però Draghi è anche quello del whatever it takes, quello che Obama, quando c’era un problema serio, chiedeva “Mario che ne pensa”?. Quello che ha detto che con gli alti debiti pubblici bisogna rassegnarsi a convivere, quello che ha fatto una distinzione tra “debito buono e debito cattivo”. Quello che, solo per aver accettato l’incarico di provare a formare un governo, ha fatto scendere di colpo lo spread di una ventina di punti…


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Carlo Musilli: Il governo del “tutti per uno”

altrenotizie

Il governo del “tutti per uno”

di Carlo Musilli

Il governo Draghi contiene tutti i partiti (a parte Fratelli d’Italia), ma al contempo li esclude dalla stesura del Recovery Plan. La partita più importante è affidata a una sorta di Consiglio d’amministrazione interno all’Esecutivo e composto dai tre ministri tecnici più importanti: Daniele Franco all’Economia, Vittorio Colao all’Innovazione tecnologica e Roberto Cingolani alla Transizione ecologica.

Il primo sarà il guardiano della finanza pubblica, mentre il secondo e il terzo smisteranno la maggior parte dei 209 miliardi in arrivo da Bruxelles: le regole del programma Next Generation Eu prevedono infatti che il 37% delle risorse sia impiegato in progetti green e il 20% per il digitale. Nell’ambito di questo Cda, la poltrona di amministratore delegato spetta naturalmente a Mario Draghi, che - per blindare in modo definitivo la missione - ha anche tenuto per sé la delega ai rapporti con l’Unione europea.

I tempi sono stretti. Il nuovo governo ha intenzione di riscrivere il Recovery Plan approntato dall’esecutivo uscente e per farlo avrà poco più di due mesi.


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Moreno Pasquinelli: La politica al posto di comando

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La politica al posto di comando

di Moreno Pasquinelli

Se ne sentono, riguardo alla missione affidata a Draghi, di tutti i colori. Ce n’è una che le supera tutte, quella secondo cui, con il nostro, ce ne andremmo più facilmente dall’euro. Patetico alibi di quelli che una volta si sarebbero chiamati rinnegati.

Nessuno abbia dubbi che le mosse di Draghi, quali che saranno gli inciampi che troverà sul suo percorso (grandi), si dispiegheranno dentro una ferrea cornice eurista ed atlantista.

Subito dietro, nella classica delle scemenze, c’è l’idea che il governo Draghi sarà un “Monti 2.0”, ovvero attuerà politiche fiscali restrittive e non espansive, ovvero di tagli alla spesa pubblica e forti dosi di ulteriore austerità.

No, il nuovo governo è un nemico ben più insidioso e temibile in quanto, pur sempre proseguendo sul solco del liberismo (l’idea della “crescita” fondata su alti tassi di disoccupazione, quindi bassi salari e alta precarizzazione del lavoro), tenterà di far leva sulla spesa pubblica per tentare di rilanciare la domanda aggregata (spesa in investimenti e consumi dei diversi comparti economici).


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tonino

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Feb 23, 2021, 12:02:38 PM2/23/21
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Robert Kurz: I due Marx

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I due Marx

di Robert Kurz

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            doppioNel momento in cui ci si trova a commemorare delle nascite, delle morti, o altri anniversari che risalgono a più di un secolo prima, l'oggetto del ricordo, il più delle volte, si è già trasformato in un pezzo da museo finito tra i reperti di un passato ormai morto che non suscita più la minima emozione. Le pagine culturali dei quotidiani, i dignitari della cultura e i curatori fallimentari della storia possono celebrare il loro "evento" stando comodamente appoggiati agli scaffali sui quali sono esposti i ricordi che un tempo avevano fatto battere assai più velocemente i loro cuori. Il "Manifesto del partito comunista" del 1848, redatto da due giovani intellettuali allora pressoché sconosciuti, Karl Marx e Friedrich Engels, ha conservato per molto tempo una sua freschezza ed attualità sorprendente. Un testo che, anche dopo più di un secolo, continua ancora a suscitare un odio rabbioso e ad essere messo all'indice - mentre allo stesso tempo ha una diffusione pari a quella della Bibbia - un testo del genere deve per forza contenere tanta dinamite intellettuale quanto ne possa bastare per un'epoca intera.

Ciò malgrado, il "Manifesto" ormai non potrà più festeggiare il suo 150° anniversario come se fosse un documento che viene discusso in maniera controversa nel bel mezzo del tumulto delle lotte sociali. In un qualche punto degli anni 1980 - al più tardi con la grande svolta verificatasi nel 1989 - questo testo rimasto scottante per così tanto tempo, improvvisamente tutt'a un tratto è diventato freddo e scialbo; è come se, da un giorno all'altro il suo messaggio si fosse come ingiallito, e oggi, anche se lo si studia ancora, lo si fa ormai «senza né odio né passione», come se fosse solo la testimonianza di una storia finita.


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Marco Grispigni: Anni Settanta e violenza politica

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Anni Settanta e violenza politica

di Marco Grispigni

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              febf3b322d3448e3a1cfc382920257cemv2Nel solco aperto dall’intervista a Paolo Persichetti, ospitiamo un contributo di Marco Grispigni sul tema della violenza politica nel lungo Sessantotto italiano. Un tema che non può essere eluso nel dibattito storiografico sul periodo, ma che vede ancora oggi gli storici e le storiche arrancare, in linea generale, di fronte alla voluminosa preponderanza delle interpretazioni politico-giornalistiche e, in tono minore di quelle memorialistiche. Prendendo a pretesto il volume di Gentiloni Silveri sulla storia dell’Italia repubblicana, Grispigni evidenzia i limiti di buona parte delle ricostruzioni storiografiche sul tema della violenza politica.

Dalla definizione dell’oggetto stesso degli studi (cos’è esattamente la violenza politica?) alla periodizzazione del fenomeno (con le polemiche intorno al ruolo periodizzante dei due «grandi eventi» rappresentati dalla Strage di Piazza Fontana e del rapimento e uccisione di Aldo Moro, fino alla (in)capacità di leggere la varietà fenomenologica del fenomeno armato sul piano non solo dei repertori d’azione, ma anche della progettualità e della capacità di comunicare ed interagire coi movimenti di massa.

Se conoscere ciò che eravamo ci permette di capire meglio ciò che siamo oggi, l’importanza del tema della violenza politica negli anni Settanta del secolo scorso non risiede solo, quindi, nella necessità di comprendere il fenomeno in sé, ma anche e soprattutto in quella di saperlo collocare in modo corretto nella storia recente d’Italia, sottraendolo dal ruolo di «alibi» per qualsiasi ricostruzione storica ad uso politico che assolva dalle proprie responsabilità una classe imprenditoriale e politica che, in modo bipartisan, ci ha portato esattamente alla situazione in cui siamo. [A. P.]


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Lelio Demichelis: Dall’austerità di Berlinguer, al cancello di Arundhati Roy

economiaepolitica

Dall’austerità di Berlinguer, al cancello di Arundhati Roy

di Lelio Demichelis

Demichelis Squilibrio 690x1024Gennaio 1977: al Teatro Eliseo di Roma si svolge un Convegno di intellettuali – promosso da Enrico Berlinguer e dal suo Pci – su un tema particolarissimo e anche molto scivoloso, quello dell’austerità come via per arrivare, se non ad una società socialista almeno ad una società più giusta. È un rovesciamento radicale delle forme classiche (ottocentesche e novecentesche) del marxismo. Il Convegno fece allora molto discutere, ma verrà anche archiviato/rimosso con grande rapidità.

È stata una grande occasione persa? Forse sì, se rileggiamo quell’evento con gli occhi di oggi – dopo quarant’anni di neoliberalismo e di tecnologie di rete, di disuguaglianze sociali aumentate, di crisi ambientale/climatica che sarebbe già arrivata al ‘punto di non ritorno’ secondo Jonathan Franzen (e molti scienziati), di autocrazia/totalitarismo del sistema industriale/industrialista (o il totalitarismo della società tecnologica avanzata secondo Marcuse, che lo descriveva già settant’anni fa e oggi diventato ipertecnologico[i]), di classe operaia evaporata, di governo del mondo da parte di un oligopolio di imprese private (il Gafam e annessi e connessi). Quel Convegno e il successivo Progetto politico a medio termine, potevano essere analoghi al cancello di cui ha scritto Arundhati Roy a proposito della pandemia? – «un cancello tra un mondo e un altro. Possiamo attraversarlo trascinandoci dietro le carcasse del nostro odio, dei nostri pregiudizi, la nostra avidità, le nostre banche dati, le nostre vecchie idee, i nostri fiumi morti e i cieli fumosi. Oppure possiamo attraversarlo con un bagaglio più leggero, pronti a immaginare un mondo diverso. E a lottare per averlo»[ii].


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Leonardo Mazzei: La terza ondata, quella che non c'è

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La terza ondata, quella che non c'è

di Leonardo Mazzei

Dati aggiornati al 16 febbraio 2021: i casi di Covid nel mondo sono dimezzati (-49,9%) rispetto al picco dell’11 gennaio, quelli in Italia sono calati del 68,9% rispetto al picco del 14 novembre scorso. Si sa, col coronavirus i dati valgono quello che valgono, ma quelli ufficiali della media mobile a 7 giorni questo ci dicono. Il virus sembrerebbe dunque volerci lasciare, i virologi e gli espertoni non ne hanno invece intenzione alcuna. I Ricciardi, i Crisanti e i Galli (ma sono solo tre nomi tra i tanti) hanno conquistato il palcoscenico e non lo vogliono mollare.

Assieme a loro la solita stampa. Siccome il carnevale delle varianti non bastava, su la Repubblica di stamattina è spuntata perfino un’immaginifica supervariante. Ma super perché? Perché – ecco la solita scoperta dell’acqua calda del giornalone iper-draghiano – “può ridurre l’efficacia del vaccino”. Ma va! Chi l’avrebbe mai detto? Ma non erano proprio i vaccini l’indiscussa arma finale dell’epica battaglia di chi ci vuol portare nel distopico mondo del Great Reset?


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M. M. Bartolucci, P. P. Dal Monte: Un governo tecnico non è mai politico

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Un governo tecnico non è mai politico

di M. M. Bartolucci, P. P. Dal Monte

Appunti a margine del seminario di Frontiere su “tecnica e politica” tenutosi il 13 febbraio 2021

Chiarezza lessicale

Il termine “tecnica” deriva da teknè, che, dal punto di vista etimologico, indica, genericamente, la “capacità di fare”¹; quindi, per definizione, non può essere un paradigma epistemico, dal momento che denota, semplicemente, l’abilità di affrontare un problema pratico e rappresenta, quindi, un paradigma gestionale.

“Politica” invece, deriva dal termine greco polis, che designava una comunità di uomini unita nella costruzione di un destino comune. “Comunità” è concetto ben diverso da quello, moderno, di società che, etimologicamente, identifica un’ “unione di scopo”. La comunità si riconosce, come tale, non in funzione di uno scopo, ma di un destino.

La polis è una comunità nella quale le diverse voci hanno pari dignità e si manifestano in un processo dialettico, la cui sintesi è l’azione politica che, solo a questo punto, si dispiega come azione di governo.


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Emanuele Dell’Atti: La pedagogia econometrica, ovvero come crescere una generazione di balilla neoliberali

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La pedagogia econometrica, ovvero come crescere una generazione di balilla neoliberali

di Emanuele Dell’Atti

Anche se la notizia del prolungamento dell’anno scolastico non è ufficiale, il dibattito che ha scatenato è reale, come reale è la retorica che lo sottende. Una retorica intrisa di luoghi comuni e veicolata da una radicata ideologia che considera la scuola – e in generale tutto ciò che non produce profitti ma è solo una voce di spesa nei bilanci – non una risorsa da potenziare, ma un problema da risolvere. Ma, al netto del dibattito corrente, per inquadrare tutto quel che appare come un fenomeno episodico o una sortita dell’ultima ora, occorre guardare a quanto sta accadendo al mondo della scuola da almeno vent’anni. Ci si accorgerà che, ogniqualvolta si parli di politiche scolastiche come “esigenza prioritaria” del paese, c'è sempre da temere: sotto, infatti, non c'è mai uno spirito di rilancio autentico e disinteressato della scuola come “tempio della formazione” e una riqualificazione dei docenti come vettori di “saperi infunzionali”, ma sempre interessi ed esigenze di altra natura.

La conferma giunge con la nomina a ministro dell’istruzione di Patrizio Bianchi, in perfetta continuità con le politiche delle “riforme” che, attraverso l’ossessivo mantra delle “competenze”, della “autonomia” e del “capitale umano”, hanno letteralmente trasfigurato la scuola italiana.


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Anonimo: Pillole

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Pillole

Sulla condizione depressiva, individuale e collettiva

di Anonimo

Pastiglie per viaggiare e pastiglie per dormire e
Pastiglie per mangiare e pastiglie per sognare e
Pastiglie per il bene e pastiglie per il male e
Pastiglie ad ogni ora in mille mille forme
Sister staccala dal blister
Siamo più selvagge di tutte queste altre artiste

Chadia Rodriguez

1. Colazione. Economia politica della psicopatologia

Se per esercizio mentale indossassimo per un attimo i soli occhiali della crisi esistenziale – individuale e collettiva – che si è approfondita durante l’ultimo anno della pandemia globale, e ci sforzassimo di accettare queste come uniche lenti per analizzare il sistema sociale, potremmo descriverne così cultura, organizzazione, soggetto: psicopatologizzazione del discorso collettivo, industria psichiatrica, malato-massa.


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Alba Vastano: Il partito dalle pareti di vetro

lavoroesalute

Il partito dalle pareti di vetro

di Alba Vastano

I comunisti oggi sono messi con le spalle al muro e con la prospettiva di un futuro che li vede fuori dai giochi della rappresentanza politica… Un’accurata analisi sul che fare, sulle basi teoriche su cui si fonda e vive un partito comunista, può essere favorita dalla lettura del saggio ‘Il partito dalle pareti di vetro’ di Alvaro Cunhal, segretario generale del Pcp

4f424d273207076187fcaaac234fe4fd XLNell’anno domini 2021 la politica è morta, insieme con le ideologie già defunte. Sebbene questo in corso sia un anno importante per chi di un’ideologia in particolare ne fa il senso della propria vita. Ricorre quest’anno, infatti, il centenario della Fondazione del Partito comunista italiano, che modificò all’epoca e nei decenni a venire la visione del mondo, tentando di annullare il binomio dominante/dominato, re/suddito, padrone/schiavo e rendendo centrale la questione del lavoro e l’organizzazione della società. L’obiettivo a cui tendere per Antonio Gramsci, fra i fondatori del partito, e secondo Marx, il filosofo di Treviri, si basava sul rovesciamento di ogni forma di capitalismo, tramite la rivoluzione del proletariato. Cosa vuol dire oggi essere comunisti e praticare il comunismo sembra non essere più percettibile nella visione comune della società odierna globlizzata e nel linguaggio politico attuale. Anche perché la classe di appartenenza, il proletariato, ha cambiato forma e nome: da operaio/ lavoratore a consumatore in balìa dei mercati.

Tanto più complesso risulta agire in una realtà in cui il bene comune, i diritti sociali, la parità fra le persone e il principio di uguaglianza, uno di capisaldi della nostra Costituzione espresso nell’articolo 3 , sono valori scomparsi che hanno ceduto il posto alle privatizzazioni, alle riforme a danno del lavoratore, alla scomparsa del diritto per tutti ad una vita degna e dignitosa. Le politiche liberiste in atto hanno smantellato lo Stato di diritto per lasciare il posto allo Stato delle banche e degli speculatori finanziari, i grandi tycoon capitalisti.


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David Broder: Quello Draghi è il primo governo occidentale compiutamente "post-democratico"

lantidiplomatico

Quello Draghi è il primo governo occidentale compiutamente "post-democratico"

di David Broder*

Con l'attuale quadro, "è estremamente preoccupante che una tale forza[Fratelli d'Italia] sia l'unica opposizione, con la sinistra sia assente che incapace di rappresentare qualsiasi tipo di alternativa politica a Draghi", secondo David Broder,storico del comunismo italiano e francese, nella sua interessante analisi che illustra come la il Governo Draghi sia il primo governo occidentale compiutamente "post-democratico"

draghi 3Il nuovo governo italiano di Mario Draghi è stato salutato per aver unito tutte le forze politiche dal centro-sinistra alla Lega di estrema destra. Eppure l'adulazione dell'ex capo della Banca Centrale Europea come "salvatore nazionale" continua una tendenza che eleva le decisioni economiche tecnocratiche al di sopra delle scelte democratiche - e sono gli italiani della classe operaia che ne soffriranno.

Mai eletto a nessuna carica pubblica, il nuovo primo ministro ha voluto assicurare agli italiani comuni che aveva a cuore i loro interessi. Ex funzionario della Commissione europea, ha ribadito che il suo obiettivo era ricostruire la fiducia tra i cittadini e le loro istituzioni e superare il preoccupante crollo sociale causato dall'aumento della disoccupazione.

In vista del suo primo voto di fiducia al Senato, il nuovo premier ha promesso di far uscire l'Italia dalla crisi ripulendo le finanze pubbliche, combattendo l'evasione fiscale, garantendo la coesione sociale e riportando l'economia a una crescita sostenibile. I media hanno quasi unanimemente elogiato il tecnocrate per aver salvato l'Italia dal caos lasciato da una classe politica in bancarotta: in mezzo a tanta adulazione, non è stata una sorpresa che abbia iniziato il suo mandato con l'84% di consensi pubblici.

Tutto ciò è accaduto nell'autunno 2011, quando l'ex consigliere di Goldman Sachs Mario Monti è diventato primo ministro italiano. Il suo ormai famigerato governo ha continuato a introdurre una strabiliante austerità che ha spinto verso l'alto la disoccupazione ed ha portato ad un calo del 3% del PIL. Tale fu il crollo di questa figura "provvidenziale", che quando Monti si presentò alle elezioni politiche quindici mesi dopo la sua nomina, solo un elettore su dieci appoggiò il suo partito.


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Rete Scuola Saperi e Cura: Come sopravvivere alla valutazione al tempo del Covid

gliasini

Come sopravvivere alla valutazione al tempo del Covid

Manuale per docenti, studenti e genitori

di Rete Scuola Saperi e Cura

Gli uccelli interno asini 5 page 0001 1024x752L’articolo che pubblichiamo di seguito è un contributo della Rete scuola saperi e cura sul tema della valutazione a scuola al tempo del Covid 19. La rete, formata da insegnanti genitori e studenti, è nata a Napoli durante la pandemia con l’intento di ripensare radicalmente l’educazione e la cura come processi sociali complessi e campi di battaglia sui quali si giocano il presente e il futuro, non solo della scuola. Ci sembra che, nel tempo di emergenza che viviamo, il tema del “giudizio” sui bambini e i giovani e la forma che esso assume a scuola sia uno dei nodi centrali dei quali peraltro si discute poco o lo si fa a partire da approcci nel migliore dei casi superficiali. A dispetto di quanto viene affermato nelle norme e nei discorsi ufficiali, la scuola è preda di una ossessione valutativa, intenta alla somma e alla misurazione delle cosiddette competenze, un furore che non riesce a fermarsi nemmeno davanti ad una crisi globale come quella che attraversiamo. È la prova che il ceto pedagogico ne è soggiogato avendo assorbito la pratica del “valutare e punire” come unico modo possibile. Intento della rivista è (anche) quello di dare spazio a quei gruppi che provano ad uscire da questo pensiero “a una dimensione”. (Gli asini)

Se c’è una cosa che l’emergenza sanitaria ha messo bene in evidenza è la differenza tra ciò che è veramente indispensabile rispetto a ciò che non lo è. Niente più lezioni, voti, niente più test INVALSI, simulazioni o addestramenti, niente più Alternanza Scuola Lavoro, niente più verifiche. Dopo una prima sensazione di straniamento, è stato presto chiaro quello di cui si sentiva veramente la mancanza: la relazione umana, tra studenti e insegnanti, tra studenti e studenti. Anche se mediati o surrogati attraverso tecnologie più o meno efficaci, sono stati il dialogo e l’interazione ciò che abbiamo cercato e tentato subito di riprodurre.” (Rossella Latempa, 31/03/2020)


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Militant: Il Governo Draghi, ossia la lotta di classe dall’alto… whatever it takes

militant

Il Governo Draghi, ossia la lotta di classe dall’alto… whatever it takes

di Militant

Oltre ogni ragionevole previsione il tintinnio delle casse di Bruxelles e il machiavellismo di Renzi – o opportunismo, fate un po’ voi – sono riusciti nel miracolo politico di disarticolare la maggioranza del governo Conte e di rimescolare tutta, ma proprio tutta la geografia parlamentare. Governo Conte che certamente non vantava la più solida delle maggioranze, per l’appunto, ma che quantomeno si teneva saldamente aggrappato alla figura dell’omonimo e al suo inspiegabile consenso popolare, allontanando lo spauracchio della crisi di governo con lo spauracchio ancor più grosso della crisi pandemica. Con il collasso dell’equilibrio precario governativo, quello che era il fantasma europeista di Draghi, agitato dai salotti buoni e dai loro megafoni editoriali ogniqualvolta si prefigurasse una crisi di governo, è diventato infine carne e sangue e ci viene servito, senza il minimo imbarazzo, sub specie patriottica.

Elemento curioso, per non dire tragico di tutta questa storia, è il sostanziale unanimismo con cui una figura come quella di Mr. Austerity è stata accolta dalle forze politiche parlamentari.


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Manlio Dinucci: Governo Draghi, per chi suona la campanella

manifesto

Governo Draghi, per chi suona la campanella

di Manlio Dinucci

Con la tradizionale cerimonia della campanella, è avvenuto a Palazzo Chigi il passaggio di consegne tra Giuseppe Conte e Mario Draghi. In attesa di verificare quale sarà il programma politico del nuovo governo multipartisan, sostenuto da quasi l’intero arco parlamentare, se ne possono prevedere le linee guida attraverso i curricula di alcuni ministri e del presidente del consiglio.

Il fatto che alla Difesa e agli Esteri siano stati riconfermati Roberto Guerini (Pd) e Luigi Di Maio (5 Stelle) indica che il governo Draghi rafforzerà ulteriormente l’«atlantismo», ossia l’appartenenza dell’Italia alla Nato sotto comando Usa. Emblematici gli ultimi atti dei due ministri nel precedente governo.

Guerini si è recato sulla portaerei Cavour, nave ammiraglia della Marina militare, che da Taranto salpava per gli Stati uniti dove acquisirà la certificazione per operare con i caccia di 5a generazione F-35B della Lockheed Martin.


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Jean Luc Mélenchon: Monetizzare e cancellare il debito

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Monetizzare e cancellare il debito

di Jean Luc Mélenchon

Sulla scia dei 50 economisti che su Le Monde hanno firmato un appello riguardo l’annullamento del debito detenuto dalla BCE[i], Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise, ha pubblicato un interessante articolo su La Tribune, di cui qui offriamo la traduzione[ii].

La signora Lagarde dovrebbe andare al Louvre. Potrebbe così recarsi fino alla stele sulla quale è inciso il Codice di Hammurabi. Certo, non è un testo delicato. «Occhio per occhio, dente per dente» è severo! Ma lo stesso crudele realismo si esprime in un altro modo a proposito di debiti. Il caso trattato è quello del debitore che ha subito i danni di un’alluvione o di un disastro. Il sovrano dell’anno 1750 a. C. dice che questo debitore «non restituirà il grano al creditore, immergerà la sua tavoletta [sulla quale erano segnati i debiti] nell’acqua e non darà l’interesse di quest’anno». Immerga la sua tavola nell’acqua, signora Lagarde! Cancelli i debiti pubblici detenuti dalla BCE. Perché sennò, come il debitore che ha subito l’inondazione, arriverà presto il momento in cui, lungi dal potervi pagare, il debitore le infliggerà la bancarotta totale. Cancelli! Ne abbiamo bisogno oggi per uscire dalla crisi creata dalla pandemia e ripristinare la capacità di azione dello Stato.


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Giorgio Agamben: L’arbitrio e la necessità

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L’arbitrio e la necessità

di Giorgio Agamben

La questione se i governi si servano consapevolmente della pandemia per dichiarare uno stato di eccezione che rafforza i loro poteri al di là di ogni limite o se essi non avessero altra scelta che l’emergenza è mal posta. Quel che avviene oggi, come in ogni crisi storica decisiva, è che le due cose sono entrambe vere: l’uso dello stato di eccezione come uno stratagemma e l’impossibilità di governare altrimenti che attraverso di esso coincidono. Il sovrano, pur agendo in modo assolutamente arbitrario, è nello stesso tempo costretto alla decisione incessante sull’eccezione che ne definisce in ultima analisi la natura. L’epoca che stiamo vivendo è, cioè, quella in cui l’illegittimità dei poteri che governano la terra appare in piena luce: poiché essi hanno perso ogni possibilità di configurarsi in un ordine simbolico riconoscibile, essi sono obbligati a sospendere la legge e i principi costituzionali che potrebbero definirlo. Lo stato di eccezione diventa in questo senso lo stato normale e chi governa non può in nessun caso governare altrimenti.


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Eros Barone: Per il 200° anniversario della nascita di Friedrich Engels

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Feb 25, 2021, 4:37:03 AM2/25/21
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Carlo Formenti: L'eurocentrismo "funzionale" di Marx ed Engels

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L'eurocentrismo "funzionale" di Marx ed Engels

Paradossi e contraddizioni del concetto di modo di produzione asiatico

di Carlo Formenti

Mi scuso con i lettori, ma la mia insufficiente conoscenza delle funzioni del template di questa piattaforma mi ha impedito di inserire le traslitterazioni corrette dei nomi di persone e istituzioni russe per cui queste parole risultano malamente "italianizzate"

S. V. Ivanov. Yuris Day. 1908Le accuse di eurocentrismo ai due autori del Manifesto del Partito Comunista nonché fondatori del socialismo scientifico non sono nuove. Una delle requisitorie più dure in tal senso si deve al sudafricano Hosea Jaffe, esponente delle correnti marxiste più attente alle lotte di liberazione dei popoli coloniali ed ex coloniali; costui, in un saggio intitolato Davanti al colonialismo: Engels, Marx e il marxismo (Jaca Book, Milano 2007) arriva ad affibbiare ad Engels l’epiteto di euro-razzista e di social-sciovinista tedesco, citandone alcune frasi (che oggi farebbero effettivamente rizzare i capelli sulla testa a ogni militante di sinistra) contenute in scritti sulla guerra degli Stati Uniti contro il Messico, sulla conquista francese dell’Algeria e sulla colonizzazione italiana dell’Eritrea. Il suo giudizio è meno severo nei confronti di Marx, in quanto ritiene che i suoi scivoloni eurocentrici – comunque meno plateali di quelli di Engels - siano riscattati dal suo fondamentale contributo all’analisi del ruolo del colonialismo nel processo di accumulazione capitalistica.

Con Onofrio Romano, nel libro Tagliare i rami secchi. Catalogo dei dogmi marxisti da archiviare (DeriveApprodi 2019), che contiene la trascrizione di una nostra lunga conversazione, ho rilanciato – sia pure in forma meno virulenta – critiche analoghe, estendendole all’insieme della cultura marxista occidentale e riproponendo l’opposizione fra marxismo occidentale e marxismo orientale teorizzata da Domenico Losurdo (Il marxismo occidentale, Laterza, Roma-Bari 2017).


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Luca Colamini: Necessario o superfluo? Comunismo, bisogni umani e i rischi di una semplificazione pseudo-socialista

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Necessario o superfluo? Comunismo, bisogni umani e i rischi di una semplificazione pseudo-socialista

di Luca Colamini

audience 868074 1920 1024x681.x67568“Il capitalismo ti dà il superfluo, il socialismo ti dà il necessario”: così recita uno slogan, coniato e diffuso da Marco Rizzo e largamente impiegato nel corso di comizi e interventi su organi televisivi e di stampa. Apparentemente una formula snella ed efficace, una sintesi chiara e senza fronzoli, che va dritta al punto ed è comprensibile da tutti. Coerente, peraltro, con l’immagine bread and butter di quadri politici capaci di rabboccare l’olio del motore dell’automobile e di tirare di boxe. Gente vicina alla classe operaia, di cui condivide il linguaggio, le abitudini e il buon senso.

Ma quali sono i presupposti di un simile slogan? Non intendiamo certo “fare le pulci” a una formula propagandistica per puro e sterile esercizio polemico. Tuttavia, anche quando si adatta il registro al contesto, le parole d’ordine qualificanti di un’organizzazione comunista dovrebbero contenere ed esprimere sinteticamente una solida impostazione teorica, legarsi a un’adeguata analisi della situazione storica contemporanea e della “fase”, e agli obiettivi di avanzamento del movimento operaio. Per questa ragione, gli slogan vanno sempre interrogati, e occorre considerare accuratamente la possibilità che inducano ad assumere posizionamenti tattici improduttivi o dannosi, o addirittura riflettano un orizzonte strategico inadeguato. Nel caso della formula in questione, la ricerca dell’efficacia comunicativa corre il serio rischio di veicolare distorsioni teoriche, controproducenti sul piano pratico e politico, e per giunta subalterne ai leitmotiv della propaganda borghese circa la natura e gli obiettivi del socialismo. Ma andiamo con ordine.


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Sebastiano Isaia: A sua immagine e somiglianza

sebastianoisaia

A sua immagine e somiglianza

Sul concetto di sussunzione reale del lavoro al capitale

di Sebastiano Isaia

clas6La cooperazione degli operai comincia soltanto nel
processo lavorativo, ma nel processo lavorativo hanno
già cessato d’appartenere a se stessi. Entrandovi, sono
incorporati nel capitale (K. Marx).

1. Studiare l’Industrial Smart Working e la cosiddetta Fabbrica Intelligente (cioè robotizzata e digitalizzata), chiamata anche Industria 4.0 e in altri mille modi (tutti ugualmente suggestivi e idonei alla mistificazione del rapporto sociale capitalistico da parte di economisti, sociologi e politici “modernisti”), ha avuto per me soprattutto il significato di ritornare a riflettere su un fondamentale concetto marxiano: la sussunzione reale del lavoro sotto il capitale, con annessa dialettica tra sussunzione formale e sussunzione reale. Una dialettica che peraltro si presta benissimo, a mio avviso, come chiave di interpretazione analogica di molti e importanti fenomeni sociali che si danno fuori dai luoghi immediati della produzione del valore, e che investono appunto aspetti della nostra vita che sembrano non avere nulla a che fare con la sfera immediatamente economica. Di più: è proprio questa dialettica che, a mio avviso, giustifica l’uso – si spera non ideologico – del concetto di sussunzione totale della vita da parte del capitale, anche se è nella sfera produttiva (di plusvalore) che tale concetto trova il suo più pregnante e puntuale riscontro.

I teorici della Fabbrica Intelligente affermano che a differenza della vecchia fabbrica, quella di nuova concezione richiede agli operai non solo di eseguire gli ordini ma soprattutto di pensare (nientedimeno!), anche in “modalità creativa” e, addirittura, “critica” [1]. Ma si tratta di una truffa ideologica (vedi, ad esempio, il concetto di Coboticacollaborative robot –, che rimanda all’«assistenza collaborativa» del robot nei confronti del lavoratore), di un guazzabuglio terminologico inteso a capovolgere i termini della questione, a mistificare la realtà, la quale vede il capitale assorbire sempre più completamente nel proprio corpo il lavoratore.


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Valerio Macagnone: La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi

lafionda

La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi

di Valerio Macagnone

“Non sarai tanto ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, vero Buddy? È il libero mercato.”

L’esito della rivoluzione neoliberale può essere perfettamente compreso alla luce di questa battuta di Gordon Gekko nel film “Wall street” di Oliver Stone. Un esito che nasce da una storia abilmente narrata con la spinta suggestiva di nuove idee e di parole d’ordine vecchie e nuove, con la capacità strategica di usare a proprio vantaggio le elaborazioni teoriche avversarie, con la capacità di camuffamento verbale e con la forza finanziaria e mediatica di plasmare un immaginario collettivo che, in preda all’amnesia permanente dell’evoluzione storica della democrazie occidentali, non possiede gli strumenti culturali per poter operare i paragoni tra le diverse fasi della storia del pensiero umano e dei poteri costituiti.


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Salvatore Bravo: Euro, la nuova eucarestia

sinistra

Euro, la nuova eucarestia

di Salvatore Bravo

 

Moneta irreversibile

«L’euro è irreversibile»,[1] con tale affermazione Draghi svela l’integralismo antidemocratico dell’Europa della finanza. L’irreversibilità dell’euro materializza i propositi della nuova religione della finanza. Con l’annuncio di Draghi la storia si è conclusa, ciò che verrà dopo è irrilevante, perché l’euro decreta lo spartiacque tra il passato ed il presente eternizzato. Siamo tutti fedeli, ai piedi dell’altare dell’euro, ormai dogma ideologico dell’infallibilità della finanza.

L’euro non è una moneta, ma un progetto totalitario indiscutibile. Tornano in mente le utopie dei totalitarismi riconosciuti del Novecento: dal nazionalsocialismo hitleriano all’Unione Sovietica passando per il Fascismo, ogni totalitarismo si è dichiarato eterno, si è presentato come l’eterno in terra, come la trascendenza realizzata e conclusa nell’immanenza. Il tempo nell’ideologia totalitaria è sempre eguale, è un tempo consumato nella pienezza del presente.

Non vi è nessun vuoto, nessuna possibilità che possa generarsi nuova vita con innovative strutture temporali di senso. Il tempo dell’euro è tempo del silenzio, in cui i poteri forti usano le istituzioni democratiche per svuotarne il senso.


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Dante Barontini: Discorso moscio, “riforme” durissime

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Discorso moscio, “riforme” durissime

di Dante Barontini

La prima sortita di Mario Draghi nelle vesti di Presidente del Consiglio ha sorpreso molti osservatori e analisti politici, a prescindere dalle appartenenze. Lo stesso era avvenuto con la presentazione della “squadra” dei ministri.

Se due punti fanno una linea, possiamo logicamente attenderci che questa sarà la cifra della sua azione/comunicazione nei prossimi mesi.

La prima sorpresa sta nel fatto che non ha dato grandi “indicazioni programmatiche”, se non per quanto riguarda due riforme “volute dall’Europa” e dall’evoluzione tecnologica (giustizia civile e pubblica amministrazione), e un veloce accenno a quella fiscale (da affidare ad “esperti” e sulla falsariga di quella danese).

Che sia stato un discorso “moscio” e non esaltante, non solo è un giudizio soltanto nostro. Il Circap (Center for the study of Political Change) dell’università di Siena, che da anni conduce un’analisi della “densità programmatica” dei discorsi dei premier, rileva che Draghi “pare aver voluto fissare un orizzonte di priorità ampie (in parte dettate anche dal “vincolo europeo”), destinate a caratterizzare l’agenda dei governi a venire (almeno nei prossimi 6 anni), più che declinare il programma del suo esecutivo, rinviandone semmai il dettaglio alle varie fasi della definizione e implementazione del Recovery Plan italiano.


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comidad: Giocano a poteri buoni e poteri cattivi

comidad

Giocano a poteri buoni e poteri cattivi

di comidad

La presidenza Biden è ancora nella fase dell’idillio con gli apparati e con i media. Non ci sarebbe però da stupirsi se, di qui a poco, i conflitti istituzionali si riaccendessero e Joe Biden venisse chiamato a rendere conto di ogni soldo rubato e di ogni fondoschiena palpeggiato, magari anche per fatti di trenta o cinquanta anni fa.

Al contrario di ciò che ci propina il mainstream, le narrazioni cospirative alla Qanon nascono come strumento di comunicazione per i conflitti interni al potere, ed hanno un effetto propagandistico a doppio taglio, cioè efficace per due diverse categorie di pubblico. Le menti “rozze e primitive”, anche se non danno retta ai dettagli più caricaturali della narrazione, sono comunque indotte a pensare che lassù si stia svolgendo un’epica lotta tra un potere trasparente e “buono” (Trump) ed un altro potere subdolo e cattivo (il “Deep State”). Si tratta di una rappresentazione a parti invertite rispetto a quella dei media mainstream, nella quale Trump è il “cattivo” e la cospirazione la fanno i “troll” russi.


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Sandro Moiso: Sulla transitorietà delle forme e delle decisioni politiche nella stagione delle emergenze

carmilla

Sulla transitorietà delle forme e delle decisioni politiche nella stagione delle emergenze

di Sandro Moiso

Andrea Salvatore, Carl Schmitt. Eccezione / Decisione / Politico / Ordine concreto / Nomos, DeriveApprodi, Roma 2020, pp. 88, 9,00 euro

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            nella tempesta«Temo i lettori superficiali» (Carl Schmitt, Interrogatorio n. 2161, Norimberga 29 aprile 1947)

Il pensiero di Carl Schmitt (1888-1985), comunque lo si voglia considerare, continua ancora oggi a porre questioni di estremo interesse. La lettura di queste riflessioni intorno all’opera del filosofo, giurista e politologo, offerte da Andrea Salvatore, docente di Filosofia politica presso il dipartimento di Filosofia dell’Università di Roma Sapienza, permette di coglierne i motivi di attualità, sdoganandolo di fatto dall’ambito quasi esclusivamente giuridico e dall’area del pensiero politico conservatore o fascista in cui a lungo è stato relegato.

Certo la sua adesione al regime nazista fin dal maggio del 1933 e il fatto che egli abbia mantenuto la sua carica di docente presso l’Università Humboldt di Berlino, da quello stesso anno fino al 1945, non hanno certo contribuito a suscitare a “sinistra” l’attenzione nei confronti del suo pensiero. Eppure, eppure… le sue riflessioni sulle dinamiche politico-giuridiche che rendono attuative e condivise le norme che regolano lo Stato e la società moderna rimangono tutt’ora decisamente interessanti, proprio per la spregiudicatezza delle sue formulazioni.

Va detto subito, piaccia o meno, che il pensiero di Carl Schmitt non ammette alcuna possibilità di cambiamento sostanziale di un sistema politico-giuridico dato in assenza di un suo rovesciamento.


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M. Minetti: Aristocrazia e tecnocrazia diretta

rizomatica

Aristocrazia e tecnocrazia diretta

di M. Minetti

MOSHED 2021 2 7 18 5 30In chi scrive di politica possiamo spesso riconoscere uno sbilanciamento tra la capacità di analizzare la realtà e quella di progettarne il cambiamento.

L’analisi viene condotta sulla base di concetti interpretativi comuni, appoggiando le nuove conoscenze ad una solida base di studi pregressi, ai dati, alla osservazione dei fenomeni coevi.

Il progetto di trasformazione sociale che i vari autori esprimono, invece, rappresenta molto di più l’insieme dei valori a cui fanno riferimento e l’immagine pubblica che vogliono dare di sé stessi al mondo.

La prima parte degli studi di tutti costoro è quindi utile alla conoscenza, la seconda spesso totalmente velleitaria. Per mia sfortuna, non posso a mia volta sfuggire a questa valutazione empirica. Il futuro semplicemente non è scritto e non si ispira alla teoria.

 

Il tramonto delle masse

Da più fronti convergono teorie che interpretano la realtà attuale come una evoluzione della egemonia unipolare degli USA, quello che Bush senior chiamò Nuovo Ordine Mondiale (NWO) in seguito alla caduta dell’URSS (1), in uno scontro multipolare in cui libero mercato e democrazia rappresentativa non sono più dei modelli indiscussi. Questo NWO è durato circa trenta anni e coincide con ciò che abbiamo chiamato globalizzazione o neoliberismo.

Nella crisi della democrazie parlamentari, dovuta alla più ampia crisi della rappresentanza politica, sono emersi molti studi che hanno definito le strutture sociali e politiche del presente o del prossimo futuro in modi diversi ma concordi, spesso con ossimori fantasiosi.


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Diego Giachetti: Panzieri e le minoranze comuniste del suo tempo

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Panzieri e le minoranze comuniste del suo tempo

di Diego Giachetti

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              8705067c78e04018957a17e44cde3b45mv2A cent’anni dalla sua nascita, Raniero Panzieri rimane una delle figure più importanti nella storia dell’intellettualità militante e del movimento operaio del secondo dopoguerra. Il recente libro di Marco Cerotto pubblicato da DeriveApprodi (Raniero Panzieri e i «Quaderni rossi». Alle origini del neomarxismo italiano) dedicato alla sua biografia teorica e politica e altre iniziative, tra cui lo «Scavi» sulla nostra rivista, permettono di approfondire i diversi aspetti di una figura ancora in buona misura da riscoprire. L’articolo di Diego Giachetti è un ulteriore prezioso contributo in questa direzione. In particolare, l’autore si concentra su un tema di ricerca inesplorato, ovvero i rapporti che Panzieri ha avuto con le minoranze comuniste presenti alla sinistra del Partito comunista negli anni Cinquanta e Sessanta. Con bordighisti e trotskisti mantenne infatti una relazione di contatto diretto e una dialettica critica e rispettosa, individuandone i limiti ma anche il peso nella rottura della cappa staliniana del Pci, che dopo gli eventi del 1956 era percepita sempre più intollerabile da molti militanti. Analizzando elementi di convergenza e di divergenza, utilizzando materiali rari o dimenticati, Giachetti ricostruisce con precisione storica e interesse politico un pezzo significativo di quello snodo fondamentale del Novecento.

* * * *

Tra le tante questioni emerse nel corso delle ricerche sulla figura esemplare di Raniero Panzieri (1921-1964), alcune meritano di essere poste come ipotesi per un lavoro di approfondimento ancora da farsi. Mi riferisco nello specifico ai suoi rapporti con le minoranze comuniste presenti alla sinistra del Partito comunista negli anni Cinquanta e Sessanta.


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Andrea Zhok: Il Fascino discreto della "competenza"

lantidiplomatico

Il Fascino discreto della "competenza"

di Andrea Zhok

Sui social e sui giornali la borghesia italiana ha gli occhi lucidi di commozione vedendo finalmente un riconoscibile rappresentante dei propri criteri di eccellenza al timone del paese.

L'argomento fondamentale che viene promosso a sostegno di questa adesione, che è invero innanzitutto emotiva, di pelle, è che Draghi è un "competente", e che ha messo nei ruoli chiave dei "competenti".

Tuttavia, il discorso qui è un po' più complicato di come ci viene spacciato.

Da un lato è vero che "non tutti possono fare tutto", e che un certo grado di competenza, di esperienza e studio in un settore, è un viatico essenziale per poter svolgere un ruolo politico apicale, come la gestione di un ministero.

Questo è particolarmente vero nel caso di chi voglia svolgere una politica innovativa, perché in assenza di una robusta competenza non può che affidarsi all'expertise dei burocrati ministeriali, che sono una potente forza conservatrice (non apri il Parlamento "come una scatoletta di tonno" se sei privo di apriscatole).


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Carlo Clericetti: Draghi comincia male

soldiepotere

Draghi comincia male

di Carlo Clericetti

Un discorso programmatico disegna le grandi linee e non è la sede per indicazioni specifiche sul programma di governo. Ma almeno una Mario Draghi l’ha data, e su una materia importante come il fisco, che è una di quelle che segnano un discrimine tra politiche di destra e di sinistra. E la sua indicazione punta chiaramente a destra.

“La Danimarca, nel 2008, nominò una Commissione di esperti in materia fiscale. La Commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L'aliquota marginale massima dell'imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata”.

Draghi pronuncia questa frase parlando del fatto che una riforma fiscale non si può fare ritoccando una tassa qua e una là, ma bisogna considerare il sistema nel suo complesso: e questo è giusto fuor di ogni dubbio. Ma nell’esempio che va a pescare non parla solo di metodo, aggiunge un’indicazione precisa sulla direzione che potrebbe prendere la riforma: riduzione di due punti del prelievo sia elevando la fascia esente, sia riducendo l’aliquota marginale, cioè quella che si paga sulla quota più alta del reddito. Meno tasse ai poveri, ma anche meno tasse ai ricchi.


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Fulvio Grimaldi: Il mondo nuovo: fuori Gheddafi, dentro Draghi

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Il mondo nuovo: fuori Gheddafi, dentro Draghi

di Fulvio Grimaldi

 

10 anni dall'uccisione della Libia e di Gheddafi

Alla chiacchierata su migranti, motivi e obiettivi, aggiungo qualche riflessione su Gheddafi e sul perchè, ai suoi tempi, nessun "povero libico perseguitato" (e pochi altri) fosse mai fuggito a Lampedusa, mentre gli studenti libici studiavano gratis in mezzo mondo. L'11 febbraio 2011, a Bengasi, con l'assalto armato dei soliti mercenari jihadisti di USA e Nato a caserme e stazioni di polizia, iniziò l'ennesima, cosiddetta "primavera araba", stavolta contro il popolo libico e la sua sovranità. Terminò, dopo otto mesi di resistenza, guidata fino alla sua morte da Muammar Gheddafi, padre dell'indipendenza libica, con la totale frantumazione del paese più prospero dell'Africa e del mondo arabo.

 

Alligatori e lucertole

Sotto la tunica, il Messia non è che un altro cravattato, alla Ciampi, Dini, Amato, Prodi. Dirige un governo Rothschild, fatto da un nucleo di sicari della monarchizzazione globale, con un contorno di nullità innocue (PD-6Stelle) a fingere politica.


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Dante Barontini: Draghi si presenta come un vecchio democristiano hitech

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Draghi si presenta come un vecchio democristiano hitech

di Dante Barontini

Draghi ha finalmente parlato, in Senato, per chiedere la fiducia al nuovo governo. E tutti attendevano naturalmente il suo discorso.

Dopo aver sfrondato la retorica catto-democristiana – si sente a grande distanza il peso ideologico di Comunione e Liberazione, influente anche come numero di ministri “formati” nelle sue fila – alcune cose emergono con chiarezza, mentre molte restano nascoste sotto un velo di genericità che non dipende solo dall’occasione (i programmi concreti si discutono quando vengono presentate leggi o decreti).

Rientra in questo ambito tutta la parte iniziale, dedicata all’”unità”, alla “responsabilità nazionale”, alla “politica che non ha fallito”, ecc.

Partiamo dalle certezze. Questo è un governo che

nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori. Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione.


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Tomasz Konicz: Il coefficiente di stupidità della Sinistra

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Feb 27, 2021, 12:27:31 PM2/27/21
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Rete dei comunisti: La ristrutturazione capitalistica europea passa per la scuola

rete dei com

La ristrutturazione capitalistica europea passa per la scuola

di Rete dei comunisti

scuolaziendaÈ finita l’era dei supplenti al Ministero dell’Istruzione

La nomina di un economista a capo del Ministero dell’Istruzione è solo l’ultimo e conseguente passo del cambio di rotta che si è impresso alla direzione dell’istruzione nel capitalismo maturo, che data almeno dal Rapporto Faure del 1972, ossia da quando si cerca di conglobare l’istruzione direttamente nella sfera economica, per rispondere a quella crisi economica che abbiamo definito sistemica che inizia negli stessi anni.

In Europa i destini dell’istruzione sono stati affidati da un trentennio agli organi decisionali della UE, i quali con le loro “raccomandazioni” hanno guidato i ministeri dell’educazione dei paesi membri. Da questo punto di vista, lo abbiamo ribadito più volte, tra i ministri italiani non c’è fondamentale differenza, e il loro colore politico è soltanto un fatto superficiale (tolto il fatto che quelli di centrosinistra sono più zelanti degli altri).

I ministri dell’istruzione italiani degli ultimi decenni sono passati dall’essere degli accademici e/o politici come i democristiani Mattarella, Russo Jervolino, Bianco, ai “sinistri” Luigi Berlinguer (docente di diritto e rettore dell’Università di Siena) a accademici umanisti come Tullio De Mauro, per giungere a gente priva di “competenze” come la Gelmini, la Moratti, o debolissime come la ministra Azzolina. In mezzo, una pletora di ministri più o meno inutili o dal peso specifico pari a zero in termini di “progetto politico”.


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Giovanni De Matteo: Rinascimento cyberpunk: da Neuromante a Mr. Robot

quadernidaltritempi

Rinascimento cyberpunk: da Neuromante a Mr. Robot

di Giovanni De Matteo

Ricognizione sul genere alla luce dei classici ristampati in “Cyberpunk” e della serie Mr. Robot

mappe
            cyberpunk2 04In principio era il cowboy della consolle. L’hacker, il pirata del cyberspazio, lo scorridore dell’interfaccia.

La sua comparsa in letteratura è graduale e comincia a prendere forma dalla metà degli anni Settanta, prima con Rete globale di John Brunner (1975) e pochi anni dopo con Vernor Vinge e Il vero nome (1981), che già preludono agli sviluppi successivi ma, come i loro protagonisti assillati dall’anonimato e dalla copertura delle rispettive identità, sono ancora delle ombre vagamente delineate. L’irruzione formale del nuovo protagonista sulla scena della fantascienza si ha all’inizio degli anni Ottanta, grazie ai racconti di William Gibson Johnny Mnemonico (1981) e soprattutto La notte che bruciammo Chrome (1982), e poi a un romanzo di culto, che ne riprende le premesse e le spinge alle estreme conseguenze, segnando uno spartiacque nella storia della fantascienza (e non solo).

“Case aveva ventiquattro anni. A ventidue era un cowboy, un pirata del software, uno dei più bravi nello Sprawl. Era stato addestrato dai migliori in assoluto, da McCoy Pauley e Bobby Quine, leggende del ramo. Aveva operato in un trip quasi permanente di adrenalina, un effetto collaterale della giovinezza e dell’efficienza, collegato a un deck da cyberspazio su misura che proiettava la sua coscienza disincarnata in un’allucinazione consensuale: la matrice. Ladro, aveva lavorato per altri ladri più ricchi, che gli avevano fornito l’arcano software per penetrare le brillanti difese innalzate dalle reti delle multinazionali, per aprirsi un varco in banche-dati pressoché sterminate”

(Gibson, 2021).


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Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli: La Cina contemporanea, erede principale dell’Ottobre Rosso e del bolscevismo

cumpanis

La Cina contemporanea, erede principale dell’Ottobre Rosso e del bolscevismo

Per il centesimo anniversario del partito comunista cinese

di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

36228974. UY385 SS385 Quale tipo di eredità politica lascia e proietta fino ai nostri giorni l’epocale rivoluzione bolscevica del 1917, l’eroico “assalto al cielo” condotto con successo un secolo fa dagli operai e contadini dell’ex impero zarista, diretti dal partito di Lenin?

Dove si cristallizza concretamente l’attualità politico-sociale e il significato odierno, vivo e contemporaneo della Rivoluzione d’Ottobre?

Si tratta di una domanda semplice che trova una risposta politico-teorica altrettanto chiara, anche se sgradita e indigesta per larga parte della sinistra antagonista italiana, affetta sia da una prolungata impotenza politica di tipo anarcoide che da un puerile eurocentrismo: l’erede principale dell’Ottobre Rosso, all’inizio del terzo millennio, è costituito dalla Cina prevalentemente socialista dei nostri giorni.

Si è ormai attuata proprio quella scissione epocale tra “Oriente avanzato” (avanzato sul piano politico-sociale, e ai nostri giorni anche in campo tecnologico-produttivo) e “Occidente arretrato” (arretrato e reazionario sul piano politico-sociale) che Lenin aveva previsto, in modo geniale e provocatorio, fin dal maggio 1913 in un suo splendido articolo dal titolo omonimo e pubblicato sulla Pravda, scritto che il cosiddetto marxismo occidentale, da Otto Bauer fino ad arrivare a Toni Negri e a Žižek, evita come la peste bubbonica.

Certo, la sedimentazione concreta che rimane ancora oggi della rivoluzione bolscevica si rivela e si mostra anche nella memoria collettiva favorevole rispetto ad essa che è emersa di recente all’interno dalla coscienza di milioni di operai, contadini e intellettuali di sinistra di tutto il mondo, a partire ovviamente dal gigantesco continente-Russia.


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Eros Barone: Congo

sinistra

Congo

di Eros Barone

In fatto di minerali il Congo è il paese più ricco dell’Africa nera: il più grande produttore mondiale di cobalto e di diamanti industriali e il settimo paese al mondo per la produzione del rame. Vi sono inoltre grandi giacimenti d’oro, stagno, zinco, tungsteno e uranio. Un particolare interesse rivestono per l’industria del settore informatico, a causa delle loro proprietà elettriche, i diamanti blu, di cui esistono vasti giacimenti nella zona vulcanica dei monti Virunga, situata nell’Africa orientale lungo il confine tra il Ruanda, la Repubblica Democratica del Congo e l’Uganda.

Vi è poi il coltan, denominazione usata in Africa per indicare (particolarmente nella regione geografica del Congo) una columbite-tantalite con un tenore relativamente alto di tantalio. Come è noto da tempo, il coltan è un minerale estratto in quella regione, che costituisce la posta in gioco per cui competono le diverse e avverse forze, di carattere locale e internazionale, interessate, direttamente o indirettamente, ad alimentare la guerra civile nella suddetta regione.


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Mario Gangarossa: Antifascismo

mariogangarossa

Antifascismo

di Mario Gangarossa

L'antifascismo è stata la più efficace arma di distrazione di massa con la quale la borghesia, sinistra e progressista, ha costruito la sua egemonia politica e culturale sulle classi sfruttate a cui bisognava dare comunque un obiettivo "politico".

Un nemico da combattere, un fantasma capace di agitarne i sonni.

Gli intellettuali della classe al potere che mantiene ben salde le redini dello Stato democratico, e che i libri e i giornali oltre a leggerli li scrivono, sanno bene che il fascismo, nelle forme che abbiamo conosciuto nel secolo scorso, esiste solo nella testa di qualche disadattato nostalgico.

Il fascismo non è un problema politico.

Al massimo è una questione di polizia da affrontare con buoni servizi d'ordine e un po' di sana vigilanza militante, uniche medicine da usare con le frange più aggressive e violente del nemico di classe.


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Sergio Scorza: La crisi delle classi dirigenti genera mostri: il populismo antipopulista

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La crisi delle classi dirigenti genera mostri: il populismo antipopulista

di Sergio Scorza

"È vero che i dati quantitativi sulla criminalità nel corso degli anni sono andati migliorando, ma la percezione che ne hanno i cittadini no. Deve essere la percezione a guidare l’azione, a stimolare un’azione sempre più efficace”.

La “percezione” e “la sicurezza”, ovvero, due clichés dominanti nella narrazione e nella retorica del populismo reazionario assunti come punto di partenza e “guida all’azione” da Mario Draghi nel suo discorso di inaugurazione da Presidente del consiglio.

E’ un populismo più sottile, ma di tipo paradossale: mentre pare proporsi come argine al populismo, cerca il rapporto diretto tra sè – il capo carismatico – e le masse abbagliate da una ponderosa ed unanime campagna mediatica in suo favore. E tuttavia, non si tratta di un inedito.

In passato, anche un fine e sofisticato giurista come Giuliano Amato ha usato espressioni simili e in più di un’occasione. Molto più recentemente, Marco Minniti, ne aveva fatto un cardine della propria esperienza da ministro degli interni.


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Diritti Scuola Cultura: Appello al governo: Cura, Democrazia, Fiducia

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Appello al governo: Cura, Democrazia, Fiducia

di Diritti Scuola Cultura

È passato un anno dall’inizio della pandemia. La discontinuità politica che il Paese oggi sta vivendo sia l’occasione per un radicale cambio di paradigma, nell’evidenza che gli approcci finora adottati si sono rivelati rovinosamente inadeguati, nel metodo e nel merito. Il necessario rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni è stato gravemente compromesso dalla recente gestione della cosa pubblica ed è urgente ripristinarlo e svilupparlo in modo costruttivo. Queste sono le proposte e richieste che rivolgiamo al nuovo governo.

* * * *

Appello al governo

CURA, DEMOCRAZIA, FIDUCIA

È passato un anno dall’inizio della pandemia. La discontinuità politica che il Paese oggi sta vivendo sia l’occasione per un radicale cambio di paradigma, nell’evidenza che gli approcci finora adottati si sono rivelati rovinosamente inadeguati, nel metodo e nel merito. Il necessario rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni è stato gravemente compromesso dalla recente gestione della cosa pubblica ed è urgente ripristinarlo e svilupparlo in modo costruttivo.


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Alessandro Visalli: Alcune note sul discorso di fiducia di Mario Draghi al Senato

tempofertile

Alcune note sul discorso di fiducia di Mario Draghi al Senato

di Alessandro Visalli

draghi camera discorso fiduciaSiamo davanti a tempi davvero complessi. Tempi nei quali ci si divide, e giustamente.

A volte solo perché si era già divisi e si era giunti ad un crocicchio nel quale sembrava di stare insieme, ma provenendo da sentieri diversi. Un attimo si era stati nello stesso posto, ma, in effetti, la traiettoria era diversa. Ognuno aveva una sua dinamica.

Altre volte si era nello stesso posto e tempo perché, ad un certo grado, si condivideva un’urgenza primaria, ma questa, al cambiare del contesto necessariamente si dissolve repentinamente. I fatti impongono infatti sempre nuovi ordinamenti, e ci si scopre diversi. Improvvisamente l’amico diviene avversario.

Uno dei termini di maggiore divisione è il giudizio sul governo che si presenta, dichiarandosi necessario.

Capita allora che un discorso[1] per certi versi mediocre, piuttosto banale (ma non privo di chiarezza, a suo modo, di una sua scolastica), nell’articolo[2] di Carlo Galli diventa “concreto e di alto respiro”. Oppure è il senso dell’urgenza e della priorità che fa dire[3] a Mario Tronti che c’è “nientedimeno” che da ridisegnare i confini della divisione dei poteri e si è in presenza di un mutamento di clima politico che rende possibile l’elezione di un capo dello Stato “di sicura garanzia”.

Ovunque, insomma, nelle diverse parti ed anime della borghesia italiana, si respira un clima di sollievo: l’ubriacatura del 2018 si può archiviare, le plebi possono essere ricacciate nei piani bassi dai quali avevano rumorosamente cercato di risalire. Finalmente!


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V. Siracusano Raffa: Stretti tra Popper e Voltaire: il vicolo cieco del liberalismo

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Stretti tra Popper e Voltaire: il vicolo cieco del liberalismo

di V. Siracusano Raffa

affilato MOSHED 2021 2 11 23 56 18 05qI sostenitori del ban a Trump saranno in qualche modo consapevoli del paradosso della tolleranza: teorizzata da Karl Popper, tale situazione apparentemente senza via d’uscita è data dal fatto che una società tollerante è destinata ad essere travolta dagli intolleranti al suo interno, per cui è necessario che si dimostri intollerante nei loro riguardi. Una posizione un po’ più complessa è forse quella del filosofo Rawls, per il quale la società giusta deve tollerare gli intolleranti e limitarli solo nella misura in cui i tolleranti temono per la sicurezza loro e del sistema nel suo complesso. Dall’altra parte ci sono i voltairiani della domenica, che spesso citano il filosofo illuminista a sproposito perché la ormai celebre frase “non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo” è apocrifa, in quanto se ne trova traccia solo nella biografia redatta da Evelyne Beatrice Hall sotto pseudonimo, che la mise tra virgolette per errore. Tale posizione comunque implica che non si possa limitare l’espressione altrui, qualunque siano le conseguenze.Tra questi due estremi spesso si naviga a vista, e il soggetto coinvolto e le circostanze specifiche hanno un ruolo non trascurabile nel determinare i termini della questione. Nel frattempo, con l’avvento di internet sembra che la libertà di espressione possa raggiungere nuove vette, e contemporaneamente si avverte la necessità di mettere dei paletti affinché il diritto di tutti ad esprimersi liberamente non leda altri diritti. Internet va regolamentato? Di certo il tecnoentusiasmo secondo cui la rete, democratica ed immensamente libera, ci avrebbe a sua volta liberato si è dimostrata un’ingenua utopia.


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Salvatore Biasco: La società, lo stato, il capitalismo del futuro

una citta

La società, lo stato, il capitalismo del futuro

Gianni Saporetti intervista Salvatore Biasco

cover lrLa pandemia ci ha fatto ripensare al ruolo dello stato come protagonista dell’organizzazione sia della società che della produzione; il rinnovo della macchina amministrativa mai attuato e i tanti punti su cui intervenire, con la partecipazione dei cittadini, dalla sanità, all’habitat, alla scuola, ai giovani; le disuguaglianze da combattere e la possibilità di condizionare il capitalismo a partire dal problema ambientale, ma non solo. Intervista a Salvatore Biasco, economista, già professore ordinario alla Università La Sapienza di Roma, ha ricevuto diversi riconoscimenti in campo accademico e culturale ed è presente nel dibattito pubblico con saggi in vari campi raccolti nel suo sito www.salvatore-biasco.it.

* * * *

Vorremmo parlare del Recovery Plan e di questa cifra stratosferica su cui tutti stanno almanaccando. Come interpreti ciò che sta succedendo? Tu cosa pensi che sarebbe giusto fare?

Mah, interpretare quel che succede con categorie politiche è un azzardo, anche perché dai tempi di Bertinotti abbiamo imparato che, ad di là di ciò che è scritto nei trattati di politologia, esiste anche l’elemento follia (e avventurismo) nella politica.

Possiamo invece dire qualcosa su ciò che oggi sarebbe desiderabile accadesse riguardo al Recovery Plan (noi continuiamo a chiamarlo così, ma in realtà si chiama Piano per la Nuova Generazione, Next Generation Plan). Sarebbe bene tener presente la sua destinazione. Quel che è certo è che siamo in un momento in cui bisogna prendere una strada o l’altra, dare una direzione al futuro del paese.


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Andrea Sartori: Sulla paura di parlare e sul parlare a vanvera

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Sulla paura di parlare e sul parlare a vanvera

di Andrea Sartori

Il governo di Boris Johnson affronta il tema delicato della libertà di parola nelle università inglesi, per evitare che anche il Regno Unito incorra in quella che ad alcuni osservatori pare una vera e propria deriva in atto nei campus americani. L’iniziativa annunciata da Johnson è infatti orientata a contrastare la censura, da parte dell’accademia, del pensiero non per forza di cose allineato ai principi – nominalmente inclusivi e tolleranti – della cosiddetta sinistra liberal. In Italia, su di un piano in apparenza diverso e sul versante filoeuropeo, Mario Draghi chiama Paola Ansuini alla direzione della comunicazione di Palazzo Chigi, promettendo di dare un taglio all’uso smodato di annunci via Twitter e Facebook a cui ci avevano abituato, tra gli altri, sia Rocco Casalino sia Matteo Renzi. La linea per Draghi sembra ora essere quella del comunichiamo qualcosa se c’è qualcosa da dire.

Si tratta di due propositi provenienti da due versanti politici opposti rispetto alla questione dell’Europa, ma entrambi sembrano presagire una svolta culturale nell’accidentato rapporto che il linguaggio intrattiene con la politica, perlomeno in anni in cui i social media e la comunicazione che essi facilitano, sembrano aver perso qualunque salutare attrito con la realtà.


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Paolo Di Remigio, Fausto Di Biase: Il primato della teoresi

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Il primato della teoresi

di Paolo Di Remigio, Fausto Di Biase

Le riforme che distruggono la scuola sono state rese accattivanti dall'impiego di una parola che fa la figura del prezzemolo sul pesce: non deve mai mancare. Competenza è diventata una di quelle parole-ameba studiate dal linguista Uwe Poerksen, che, mutuate dal linguaggio specialistico ed entrate nel linguaggio comune, assumono connotati cangianti. Si comprende dunque che questa parola è diventata bersaglio polemico da parte degli studiosi più seri e attenti, ma che con la sua mutevolezza può aver eluso i loro arpioni.

Ci sembra che qualcosa di simile sia accaduto al recente articolo del prof. Coniglione su roars[1]. Qualche osservazione sulla semantica di competenza può giovare al nostro ragionamento. Averla considerata soltanto un sinonimo di specializzazione scientifica ha indotto infatti il professore a trattare il rapporto tra conoscenza e competenza come se coincidesse con il rapporto tra conoscenza universale e conoscenza particolare. Quest'ultimo, come ogni rapporto tra genere e specie, non è una vera opposizione, perché il particolare contiene l’universale: il mio gatto ha tutti i caratteri propri del felino e, più su ancora, dell’animale.


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Francesco Piccioni: Addio, vecchia cara “sovranità popolare”…

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Addio, vecchia cara “sovranità popolare”…

di Francesco Piccioni

Passano i giorni, non è cambiato ancora nulla, anche se i media di regime ci raccontano splendide favole sul nuovo governo. Esempi? Repubblica di oggi, con la sua prima pagina entusiastica “Vaccini, Draghi accelera”.

Non dubitiamo che il nuovo premier abbia dato ordine di darsi una mossa per accelerare una campagna vaccinale segnata da defaillance assurde (a Varese sono stati convocati tutti – tutti – gli over 80 alle 8 di mattina, facendoli mettere in fila per ore al freddo e al gelo). Sa bene che sulla copertura di una fascia considerevole della popolazione si gioca anche la ripresa delle attività economiche in stand by (non quelle industriali, che non si sono mai fermate).

Però sappiamo per certo – sempre dalla stampa mainstream – che i vaccini mancano perché le multinazionali (Pfizer, Moderna, AstraZeneca) non stanno rispettando le forniture previste nei contratti (peraltro secretati, come fossero armi). Dunque, “accelerare” sui vaccini, con buona pace del nuovo direttore di Repubblica, è piuttosto difficile.


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Tommaso Nencioni: Con il governo Draghi non inizia ma finisce la tregua sociale

manifesto

Con il governo Draghi non inizia ma finisce la tregua sociale

di Tommaso Nencioni

Capitalismo. A fronte delle incertezze della politica, le classi dominanti hanno imposto una soluzione corporativa della crisi, consegnando i pubblici poteri alla finanza e all’industria. Se il disegno si compie, qualche beneficio ne potrà trarre l’occupazione nei settori vincenti della competizione così come qualche compensazione per gli sconfitti

La composizione del governo Draghi, e prima ancora la natura della manovra che aveva portato alla fine del Conte bis, già lasciano trasparire molto di ciò che ci attende. Tralasciamo pure gli aspetti «vintage» e maschilisti della nuova compagine, così come le preoccupazioni legate alla gestione della pandemia da parte di un governo a forte caratterizzazione leghista; guardiamo oltre la cortina di nebbia mediatica avvolta attorno al nuovo uomo della provvidenza.

A colpire sono gli aspetti di restaurazione notabilare, la trazione smaccatamente nordista e pro-impresa dell’esecutivo. Ma al servizio di quale idea di Paese, di quale modalità del suo inserimento nel contesto internazionale, di quali interessi sociali?


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Carlo Formenti: Esistono scenari alternativi allo stato di cose presente?

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Esistono scenari alternativi allo stato di cose presente?

Dieci autori cercano di rispondere

di Carlo Formenti

Qui di seguito anticipo la mia Introduzione al volume collettaneo "Dopo il neoliberalismo. Indagine collettiva sul futuro", che sarà in libreria il prossimo 11 marzo per i tipi di Meltemi

visioni eretiche dopo il neoliberalismo formenti
            09.58.11 Page 4ridIl progetto di questo libro è nato nell’autunno del 2019 da uno scambio di idee fra Pierluigi Fagan, Piero Pagliani e il sottoscritto. Fagan ci ha segnalato La grande regressione, un volume collettaneo del 2017 a cura di Heinrich Geiselberger (pubblicato in italiano da Feltrinelli) che raccoglieva 14 interventi di vari autori (fra cui Arjun Appadurai, Zygmunt Bauman, Nancy Fraser, Bruno Latour e Slavoj Zizek) invitati a fare il punto sullo “stato del mondo” dopo le crisi che lo hanno investito dall’inizio del nuovo millennio. Per quanto interessante, questa rassegna ha un limite: tutti i contributi analizzano da diversi punti di vista la crisi, ma senza prospettare possibili vie d’uscita, quasi gli autori si limitassero a ripetere il detto di Gramsci che recita “il vecchio muore ma il nuovo non può ancora nascere”. Perciò ci siamo chiesti perché non compiere un passo ulteriore, immaginando possibili scenari alternativi allo stato di cose presente, senza scadere in sterili esercizi di futurologia. Dopodiché abbiamo iniziato a cercare interlocutori disposti a condividere il rischio dell’impresa.

Tradurre quella suggestione nel prodotto editoriale che avete in mano non è stato compito banale. La pandemia del Covid19 ha reso più complicato trovare compagni di avventura e distribuirci gli argomenti da affrontare, ma soprattutto ha rallentato lo scambio di idee e informazioni nel corso della stesura dei contributi, obbligandoci a interagire esclusivamente attraverso i canali virtuali.


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Alessandro Guerriero: Smith e Marx sono davvero così diversi?

kriticaeconomica

Smith e Marx sono davvero così diversi?

di Alessandro Guerriero

Questo articolo vuole evidenziare le similitudini presenti tra l’analisi di Smith e quella di Marx sull’origine del profitto, due autori spesso ritenuti molto distanti tra loro e dunque raramente confrontati

Smith and Marx 1 min 696x365Nei passi delle loro due opere principali, ovvero “La Ricchezza delle Nazioni” di Adam Smith e “Il Capitale” di Karl Marx, è possibile invece trovare delle somiglianze. Questo alla luce del fatto che Marx si basa sulla teoria del valore-lavoro, che è presente già in Smith circa cento anni prima.

Una delle possibili similitudini attiene al profitto: Marx nel primo libro del capitale vuole svelare quello che gli economisti classici (leggi Smith e Ricardo) non avevano spiegato, ossia quale sia l’origine del profitto.

Secondo Marx la risposta si trova nel fatto che in una società capitalistica, poiché i mezzi di produzione sono nelle mani dei capitalisti, il lavoratore deve vendere la propria forza lavoro per avere in cambio un salario. Quest’ultima dunque si trasforma in una merce che si scambia sul mercato (per forza lavoro si intende la capacità astratta di ogni persona nel lavorare).

Semplificando, nella società moderna ogni lavoratore è obbligato a lavorare per avere un salario e quindi vende la sua forza-lavoro, che diventa infine una merce scambiata al suo prezzo naturale, ovvero il salario.

Per esempio, una merce comune potrebbe essere un orologio: generalizzando, l’orologiaio vende la sua merce, ovvero l’orologio, a 100 euro. La stessa cosa fa il lavoratore, che vende la sua merce, ovvero la forza lavoro, ad una cifra pari al suo salario.


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Andrea Sartori: Se siamo una "classe" di pazienti

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Se siamo una "classe" di pazienti

di Andrea Sartori

SARTORI IMMAGINE La
            classe operaia va in paradiso 1Quello di classe è il concetto di cui il pensiero filosofico e sociale contemporaneo è orfano. La lotta contro lo sfruttamento del lavoro e la sofferenza (pàthos, in greco) che tale sfruttamento provoca, infatti, non è più condotta in nome d’una classe di lavoratori in relazione dialettica o antagonistica con il capitale, ma in nome d’un diritto civile alla giustizia sociale, declinata nei suoi vari aspetti. Il miglioramento delle condizioni economico-sociali è posto sullo stesso piano del diritto a un equo trattamento di genere e alla non-discriminazione su base etnica, religiosa, culturale. Il problema del lavoro e l’appartenenza di classe perdono pertanto la loro connotazione marxista e confluiscono nel variegato alveo delle identità influenzate da più o meno distorte relazioni sociali e di dominio. Ognuna di queste identità è da rivendicare a proprio modo, data l’assenza per esse d’una cornice concettuale comune. In altri termini, non v’è – o non vi sarebbe – un ambito economico sottostante a condizionare quelle identità: identità dei propri corpi e delle proprie tradizioni culturali, identità religiose e identità legate a uno specifico gruppo sociale o etnico storicamente sottoprivilegiato e negletto dalle istituzioni.

È tuttavia lecito chiedersi se la coppia lavoro/capitale davvero non svolga più alcun ruolo di primo piano nel determinare le condizioni di vita di ciascuno. A quest’interrogativo si potrebbe legare un altro quesito: la nozione tecnico-operativa e sociologicamente delimitata di classe è scomparsa perché ha perso importanza o perché, all’opposto, se ne è inflazionato a dismisura il significato, al punto da renderlo non più circoscrivibile, e pertanto invisibile per eccesso (e non per mancanza) di diffusione?


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Michele Castaldo: Nell’inferno del saccheggio africano

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Nell’inferno del saccheggio africano

di Michele Castaldo

5788453 2032 congo obbligo perL’uccisione nella Repubblica Democratica del Congo dell’ambasciatore italiano e del carabiniere che gli faceva da scorta offre l’occasione per riflettere su quello che è un vero e proprio inferno causato dalle potenze coloniali in quel continente in una fase di crisi, come quella attuale, del moto-modo di produzione capitalistico, aggravata per di più dalla pandemia del Covid-19.

Ovviamente si sprecano da una parte le parole di riprovazione e di orrore nei confronti dei responsabili del fatto di sangue, mentre dalla parte opposta si sprecano gli elogi per le qualità delle due vittime cadute nell’imboscata in quel paese. E il popolo “beve”. Passano pochi giorni e tutto si dimentica, tutto riprende come prima. Eppure

tutti quelli che devono sapere sanno, ma tutti fingono di non sapere. Tutti conoscono la verità, ovvero gli interessi da cui sono mosse determinate strutture statali e/o umanitarie, ma tutti mentono spudoratamente sapendo di mentire. Eppure la verità è talmente evidente in certi ambienti che nel darne notizia – come nel caso del telegiornale delle 20 de La7, il suo direttore Mentana dice due cose in netto contrasto fra loro: « Diamo notizia del tremendo fatto di sangue avvenuto nel Congo, un paese poverissimo », per poi proseguire affermando, poche parole dopo: « una nazione ricchissima di materie prime di importanza strategica ». Una realtà talmente forte che, come la tosse, non può essere contenuta e fuoriesce dalle labbra di un noto asservito al potere del capitale.


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Bollettino Culturale: I cicli economici in Minsky

bollettinoculturale

I cicli economici in Minsky

I. La lettura di Keynes di Minsky

di Bollettino Culturale

minskyIntroduzione

Hyman Philip Minsky (1919-1996) è stato uno dei principali specialisti in teoria monetaria e finanziaria nella seconda metà del XX secolo. Ha formulato la sua ipotesi di instabilità finanziaria (d'ora in poi, IIF), mostrando che le economie capitaliste in espansione sono intrinsecamente instabili e inclini alle crisi, quindi, la sua ipotesi contribuisce anche alla spiegazione dei cicli economici.

Se Schumpeter sviluppa la sua analisi dei cicli economici basandosi sulle innovazioni nei mercati dei prodotti non finanziari, Minsky, a sua volta, elabora la sua interpretazione dei cicli sulla base delle innovazioni derivanti dalle dinamiche dei fenomeni monetari presenti nelle economie capitaliste finanziariamente sofisticate. Il principio centrale dell'organizzazione della sua teoria si basa sul già citato IIF, su cui si basa il paradigma di Wall Street, il cui significato racchiude la pietra angolare di tutta la sua analisi: il primato e l'assoluta centralità delle relazioni finanziarie sulla comprensione di qualsiasi fenomeno in un'economia capitalista finanziariamente sofisticata.

Minsky ha contribuito a:

a) un'interpretazione “finanziaria” della Teoria Generale e una critica della sua interpretazione convenzionale;

b) un contributo teorico fondamentale, l'ipotesi di instabilità finanziaria e altre sussidiarie, come la sua teoria dell'inflazione;


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Alba Vastano: ‘Il capitale disumano’. Ritratto di un tecnocrate, dal faceto al serio

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‘Il capitale disumano’. Ritratto di un tecnocrate, dal faceto al serio

di Alba Vastano

Draghi è oggi il premier eletto con standing ovation finale, perché tutto il sistema parlamentare odierno è conforme alle politiche neoliberiste europee di cui Draghi è il simbolo e l’esecutore. Per comprendere qual è il compito di un tecnocrate dell’austerity, basterebbe fare riferimento ad una letterina che ci arrivò il 5 agosto 2011. Ripercorrere la sua escalation nel mondo dell’alta finanza europea e l’esecuzione capitale avvenuta sugli Stati nazionali, svelando la sua vera natura di strangolatore di popoli, è un atto di chiarezza e di onestà

immagine 4Via Conte. Habemus Mario Draghi al governo. I suoi ormai fedelissimi estimatori dal centro destra al centrosinistra sostengono che, da super esperto qual è, sia l’uomo che saprà risolvere in breve i tanti guai derivanti da anni di crisi dovuta all’incompetenza dei governanti precedenti. Sono in molti, infatti, nelle fila dei partiti parlamentari, a fidarsi delle competenze di alto spessore del banchiere dell’Ue. Tranne una piccola frangia di occasionali dissidenti, tutte le forze parlamentari sono entrate a far parte del bacino delle larghe intese, realizzando un’anomalia governativa che fino a ieri sembrava impossibile. Ebbene, grazie alla nuova accozzaglia politica di centro destra e centrosinistra, i fini matematici, con l’occasione, sono riusciti a superare l’impossibile fino ad oggi: sommare le pere con le mele.

Tutti a festeggiare la bizantina intesa e a magnificare sua eccellenza, mister Europe, dimenticando le beghe pubbliche da osteria, di cui sono stati attori protagonisti fino a ieri e a cui ormai eravamo, da spettatori inermi, avvezzi e quasi rassegnati. Perché le continue schermaglie parlamentari movimentavano, a volte spassosamente, le nostre giornate, specie in questi tempi spenti di pandemia, in cui l’informazione mainstream ha impennate notevoli nello share televisivo.


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Mar 3, 2021, 11:34:15 AM3/3/21
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Lorenzo Zamponi: Il governo dei Giavazzi

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Il governo dei Giavazzi

di Lorenzo Zamponi

La nomina dell'economista liberista come consigliere a Palazzo Chigi getta le ombre del passato sulla riconversione ecologica promessa da Mario Draghi

Francesco Giavazzi jacobin italia 990x361Una restaurazione, senza neanche passare per la rivoluzione. È difficile non pensarla in questi termini, di fronte all’ipotesi, riportata da molti organi di stampa, che sia Francesco Giavazzi a sostituire Mariana Mazzucato, teorica dello «stato imprenditore» e di un nuovo modello keynesiano nell’innovazione, nel ruolo di consigliere economico della Presidenza del Consiglio. Sarebbe il quarto incarico governativo a nostra memoria per il professore della Bocconi: dirigente del Ministero del Tesoro tra il 1992 e il 1994, a occuparsi di privatizzazioni, poi consigliere economico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi quando quest’ultimo era definito da Guido Rossi «l’unica merchant bank in cui non si parla inglese», tra il 1998 e il 2000, e infine consulente di Mario Monti per la spending review nel 2012. Anni meravigliosi, in cui sono state poste le fondamenta dell’economia pubblica italiana come la conosciamo ora.

Un suo ritorno a Palazzo Chigi, già anticipato, del resto, dall’utilizzo di frasi intere tratte da un suo editoriale dello scorso anno nel discorso con cui il presidente del consiglio Mario Draghi ha chiesto la fiducia alle camere, sarebbe un segnale molto netto dell’impostazione ideologica che Draghi intende dare al proprio governo. Dopo settimane di chiacchiere su keynesismo e liberalsocialismo e di stucchevoli riferimenti a Federico Caffè come «maestro» del presidente del consiglio, a prevalere nell’organigramma dell’esecutivo sarebbe una scuola nettamente diversa.


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McKenzie Wark: Una teoria della storia come macchina del tempo

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Una teoria della storia come macchina del tempo

di McKenzie Wark

Pubblichiamo un estratto dal nostro prossimo libro, Il capitale è morto. Il peggio deve ancora venire di McKenzie Wark

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            k6m910352702s612x612w0hnDMFjzzoxPgjckPlr
            sYuBswAygliu0aD3wX10jw8QENon sappiamo più cosa sia il socialismo, o come ottenerlo,
eppure resta il nostro obiettivo.
Deng Xiaoping

Mettiamo che hai una macchina del tempo. Diciamo che la fai viaggiare fino a tornare alla metà degli anni Settanta del secolo scorso. Una volta a destinazione, ne esci fuori e vai alla ricerca delle persone che, a quei tempi, erano importanti. Spieghi loro alcune cose di quanto sta succedendo nel XXI secolo. Alcune delle storie che racconti per alcune di queste persone hanno senso, altre sembrano del tutto folli.

Per esempio, mettiamo che la macchina del tempo ti abbia portato nella Cina della metà degli anni Settanta, e ti trovi a spiegare che, entro la fine del secondo decennio del secolo successivo, il destino dei mercati globali sarà nelle mani del Partito Comunista Cinese. Suonerebbe abbastanza folle. Tra la metà e la fine degli anni Settanta, la Cina ha visto la caduta della Banda dei Quattro, il maoismo all’acqua di rose di Hua Guogeng e, infine, l’ascesa al potere di Deng Xiaoping. Ma persino allora la Cina attuale sarebbe stata inimmaginabile per chiunque – tranne che per Deng Xiaoping.

Se viaggiassi con la macchina del tempo fino all’Unione Sovietica della metà degli anni Settanta, le reazioni sarebbero più diverse. Leonid Brežnev è al potere da più di dieci anni, e sembra che lo sarà per sempre. Le guerre per procura non vanno poi così male, visti i buoni risultati in Angola e la vittoria schiacciante in Vietnam, almeno fino all’invasione sovietica dell’Afganistan nel 1979.


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Stefano G. Azzarà: Il vero programma di Draghi

mateblog

Il vero programma di Draghi

di Stefano G. Azzarà

Draghi, Confindustria e il sistema industriale dei media stanno facendo un capolavoro. Sarà impossibile anche per pennivendoli linguisticamente bendotati del calibro di un cazzullo o un gramellini pompare in via artificiale il consenso di questo governo, che è al di sotto di qualunque peggiore previsione e che già suscita ironie e disillusione. Non sarà però necessario farlo. Sara sufficiente mostrarlo per quel che è. Sara sufficiente distinguere l'azione cristallina di Draghi dallo spettacolo indecoroso dei partiti, lasciati a scannarsi per posti privi di potere reale e a farsi i dispetti a vicenda proprio per meglio far risaltare l'aura di oggettività del tecnocrate competente. Così da detournare e rendere funzionali anche le critiche di ogni provenienza facendole lavorare al contrario. Con il risultato di incanalare le contraddizioni sociali non contro questa formula politica e i suoi presupposti ma contro la politica stessa e ancor più contro la forma partito, che ne vengono delegittimate momento per momento. Per un po' basterà, giusto il tempo di spartirsi la torta e impostare le direttrici del futuro. Poi quando le contraddizioni non si conterranno più, si vedrà come sterilizzarle di nuovo. In tutto ciò, pur con un'autostrada aperta davanti, sinistra non pervenuta.


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Dante Barontini: E Draghi comincia a scoprire di non essere un drago…

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E Draghi comincia a scoprire di non essere un drago…

di Dante Barontini

La prima regola che ti insegnano i professori bravi, già al liceo, è “agli esami, parla soltanto di quello che hai studiato davvero; non ti buttare ad indovinare”. Più drastico e serio, il comandamento di Mao Zedong: “chi non ha fatto inchiesta non ha diritto di parola”.

Altrimenti ti esponi a figuracce come quella del neo sottosegretario leghista all’istruzione – all’istruzione! – Rossano Sasso, che spara una citazione da Topolino attribuendola a Dante. Ognuno ha il suo curriculum letterario, certo, ma il silenzio è d’oro, se non sai niente di una certa materia…

Coi parvenu della politica parlamentare è fin troppo facile sparare a palle incatenate, ma se ti chiami Mario Draghi dovresti essere un po’ più accorto. Non è che ti puoi appellare alla mancanza di esperienza…

I media hanno servilmente glissato sulla stupidaggine pericolosa che ha proposto addirittura in sede di Consiglio Europeo (il vertice dei capi di stato e di governo), aprendo alla possibilità di vaccinare le persone soltanto con le prime dosi, invece che due, in modo da coprire una platea più vasta.


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Leonardo Mazzei: Covid all'israeliana

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Covid all'israeliana

di Leonardo Mazzei

A leggere i giornali italiani Israele è un modello. Una campagna vaccinale da record, un’organizzazione efficiente ancorché di stampo militare, un’efficacia del vaccino molto elevata almeno secondo i dati del ministero della Sanità. Un quadretto idilliaco per l’ineffabile Burioni:

«I dati che arrivano da Israele sono oltre ogni aspettativa, tra poco potrebbero essere liberi da questo incubo grazie al vaccino. Non è possibile che l’Europa rimanga indietro. Vacciniamo tutti, whatever it takes».

Come non è difficile da immaginare, le cose stanno però in maniera molto, ma molto diversa da come ci vengono presentate. Il primato nelle vaccinazioni è solo il frutto di una sperimentazione di massa pro-Pfizer, spesso conseguita con la forza, la violenza e il ricatto. Le modalità nazi-sioniste della sua realizzazione, sono la manifestazione più avanzata dell’autoritarismo dispiegato connaturato con il nascente regime del Great Reset.

In quanto ai risultati in materia di lotta al Covid, essi sono ben diversi da quelli vantati tanto dal governo israeliano, quanto dai suoi amici che occupano la scena mediatica in occidente.


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Elisabetta Teghil: La «cura», il «lavoro di cura», l’odio di classe

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La «cura», il «lavoro di cura», l’odio di classe

di Elisabetta Teghil

emergenza 768x556I nostri avversari sono gli avversari dell’umanità. Non è vero che abbiano “ragione dal loro punto di vista”: il torto sta nel loro punto di vista. Forse è inevitabile che siano così, ma non è necessario che esistano. E’ comprensibile che si difendano, ma essi difendono preda e privilegi, e comprendere in questo caso non deve significare perdonare.

Bertolt Brecht

Nel contesto attuale di emergenza attuata per la così detta pandemia c’è un discorso che rimbalza  in varie accezioni su testate giornalistiche, in interpellanze parlamentari, in articoli di opinione, in prese di posizione politiche negli ambiti più diversi. E’ quello della <cura>.

Si dice che abbiamo perso di vista un aspetto molto importante della vita cioè il prendersi cura del pianeta in cui viviamo, degli altri, dei più fragili,della società nel suo complesso e di noi stesse/i e  che quindi abbiamo trascurato le cose che contano. Chi ha trascurato cosa? E che noi donne che siamo particolarmente attrezzate e sensibili alla cura degli altri dovremmo essere considerate con particolare attenzione, gratificate, anche economicamente, e prese come esempio.

 

Note di premessa

Il lavoro di cura è quel carico di lavoro quotidiano, ininterrotto ed estorto gratuitamente che il sistema patriarcale e capitalista, in questo momento neoliberista, pretende dalle donne e che viene “naturalizzato” come congeniale al genere femminile.


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Silvia D’Autilia: I conti che non tornano della pandemia. Un dibattito in corso

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I conti che non tornano della pandemia. Un dibattito in corso

di Silvia D’Autilia

monalisa 4893660 1920Il senso di possibile può essere definito come la capacità di pensare a tutto ciò che potrebbe essere, senza considerare ciò che è più importante di ciò che non è.
(R. Musil –
L’uomo senza qualità)

 

Prologo

Qualche settimana fa, con il titolo “Non indispensabili allo sforzo critico del paese”, Andrea Muni firmava qui su Charta Sporca un pezzo sull’immiserimento del dibattito nell’ambito della presente emergenza sanitaria. Terminava la sua riflessione con una richiesta, diciamo un desiderio, quello di poter approfondire il tema con altre persone con le quali discutere cos’abbia prodotto e accelerato questa mancanza di approfondimento rispetto alle trasformazioni da cui siamo stati interessati.

 

Un punto di partenza

C’è una parola che fin dalla seconda riga riassume bene il succo dell’intero testo: estraneità. È quel senso di non-appartenenza a un clima politico, culturale e mediatico che nel raccontare una realtà già di per sé onerosa, ne svilisce l’ampiezza e la complessità. È un vento gelido di approssimazione, che per non curarsi capillarmente dei dettagli, preferisce amputarli, asfaltarli dietro etichette, minimizzazioni e griglie dicotomiche per cui se da una parte ci sono i responsabili benpensanti, dall’altra ci sono evidentemente gli stolti.


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Alessandro Mantovani: Interpretare Bordiga

sinistra

Interpretare Bordiga

recensione di Alessandro Mantovani

Sul libro di Pietro Basso: Bordiga. Una presentazione, ed. Punto Rosso, 2021

unnamed3616“In Italia sono più tenaci di quanto non si creda certi motivi del primo internazionalismo”. (A. Viglongo, Bordiga impolitico “La rivoluzione Liberale”, n. 33, 30 ottobre 1923

Son passati più di cinquant’anni dalla sua morte, ma parlare di Bordiga è ancora difficile. Certo, le assurde falsificazioni stalinistiche che ne facevano un controrivoluzionario quando non una pedina del fascismo, sono ormai finite nella discarica della storia; coperte da una coltre di vergogna sono anche le ricostruzioni in salsa togliattiana che lo rimuovevano, in favore di Gramsci, dal ruolo di primo piano avuto nella fondazione e direzione del Partito comunista d’Italia dal 1921 al 1923. Continua però a godere di “cattiva stampa”, e la maggior parte di chi ne parla – per lo più senza conoscerlo o conoscendolo molto poco – ripete, sotto il manto dell’autorità di Lenin e Trotzky, il mantra del Bordiga dottrinario e settario. L’intento sottaciuto di tali accuse è quasi sempre quello di giustificare le più ardite piroette politiche odierne, lo scomporsi e ricomporsi di alleanze puramente strumentali ed elettoralistiche, contrabbandate come attuali applicazioni del fronte unico e via cantando.


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Dante Barontini: Il governo matrioska

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Il governo matrioska

di Dante Barontini

I “due governi in uno” procedono tranquillamente, al coperto della divisione dei compiti che lo caratterizza e delle “distrazioni di massa” abilmente messe in piedi dalla “comunicazione istituzionale”. E intanto si fanno nella massima discrezione sia nomine decisive in Banca d’Italia che per quanto riguarda i servizi segreti.

L’attenzione di tutti viene attirata sul solito, indecente, spettacolo dell’assalto alla diligenza, con 49 sottosegretari 49, scelti col manuale “Cencelli rinforzato”. C’era infatti da soddisfare non soltanto i vari partiti, ma le singole correnti di ognuno. E siccome mai come questa volta sono “tutti insieme”, la contrattazione è stata più scoperta e puzzolente del solito.

Nulla di tutto ciò sembra turbare il silenziosissimo monarca di Palazzo Chigi, che fin dal primo giorno ha assunto come suo obbiettivo esclusivo le “riforme di cui ha bisogno il paese” – quelle “necessarie” a rendere l’Italia un paese totalmente dipendente dalle filiere produttive in primo luogo tedesche e in parte anche francesi (e statunitensi, ci mancherebbe) – mentre “tutto il resto” viene lasciato agli appetiti e alle esigenze di visibilità della più inguardabile classe politica dell’Occidente.


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Carmelo Germanà: Mario Draghi, ovvero il salvatore della patria

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              onoratodamen

Mario Draghi, ovvero il salvatore della patria

di Carmelo Germanà

La santificazione di Mario Draghi è uno degli eventi più nauseanti a cui abbiamo assistito in questi anni. Dai politicanti di tutti gli schieramenti, ai giornali, alle televisioni, ecc. tutti a genuflettersi al cospetto del nuovo Messia. Tanto che in Senato, nel suo discorso di insediamento a capo del governo, l’ex banchiere, ora sua eminenza ed ecologista allo stesso tempo, ha sentito il dovere di fare riferimento al collega Sua Santità papa Francesco, citandolo a proposito dei guasti alla natura e delle probabili conseguenze pandemiche causate dall’uomo: «Le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l'opera del Signore».

Naturalmente il papa, e tanto meno Draghi, non possono precisare che a distruggere il pianeta è questo sciagurato sistema che si chiama capitalismo. Non sono i proletari i responsabili del disastro, i quali per vivere sono costretti a vendere la propria forza lavoro, ma i borghesi che antepongono alla vita i loro profitti, il denaro a qualunque altra cosa.


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Tomaso Montanari: Le tasse, la progressività e gli “infortuni” del presidente del Consiglio

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Le tasse, la progressività e gli “infortuni” del presidente del Consiglio

di Tomaso Montanari

«Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta». L’infelice battuta del discorso con cui il banchiere centrale prova a indossare i panni di capo di un governo verde conferma l’ovvio: tutto si misura sul metro economico-finanziario. Per capire se, alla prova dei fatti, questo governo andrà più a destra o più a sinistra, bisognerà seguire i soldi. In particolare, quella riforma fiscale che, sono ancora parole di Draghi, «segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio». In realtà, indica molto di più: indica il tasso reale di democrazia e di giustizia di una società. E proprio mentre Draghi parlava, arrivava nelle librerie un metro lucidissimo su cui misurare la riforma fiscale che verrà: il libro che il costituzionalista Francesco Pallante ha dedicato all’Elogio delle tasse (Edizioni Gruppo Abele, 14 euro).

Sfidando un cumulo di luoghi comuni, e decostruendo il fumo dei programmi politici attraverso una nuda analisi della realtà, Pallante verifica la distanza che corre tra il progetto costituzionale di un fisco progressivo e il suo incessante smantellamento.


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Mauro Armanino: Polvere di democrazia (e vento) nel Sahel

sinistra

Polvere di democrazia (e vento) nel Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 7 febbraio 2021. In questi giorni lei è dappertutto. Inutile prevedere, anticipare, pulire, sperare di esserne risparmiati o tenere chiuse porte e finestre notte e giorno. La polvere passa e si stende come un velo impercettibile e inesorabile su ogni superficie, abitata o meno, del pianeta Sahel. Si impone come una realtà tangibile allo sguardo, le dita, negli strumenti di communicazione, sui libri allineati nellle biblioteche e i dossier urgenti da classificare negli uffici. Penetra senza scampo negli anfratti incustoditi della casa e nelle istituzioni più autorevoli della Repubblica. La polvere è quanto di più quotidiano e feriale si possa immaginare. Non c’è nulla di quanto accade che possa rivendicare una qualche autonomia dal suo fascino discreto e pervasivo. Provare ad eliminarla è rasentare la temerarietà perché, qualche tempo dopo averla scacciata, tenuta a bada o eliminata, lei, tenace e combattiva, sicura di sé tornerà ad rioccupare lo spazio da cui era stata evacuata. La polvere si infiltra, si autogenera, prospera e, arrogante uanto basta, si rende indispensabile.


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Marco Cerotto: Traiettorie operaiste nel lungo ’68 italiano

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Traiettorie operaiste nel lungo ’68 italiano

di Marco Cerotto

copertina Agustoni 1080x675Il libro «Traiettorie operaiste nel lungo ’68 italiano», dedicato per l’espressione della volontà unanime agli operai della Whirlpool di Napoli, è anzitutto il risultato di un lavoro teorico collettivo, nato dalle molteplici assonanze che uniscono il gruppo di ricerca napoletano e il Groupe de recherches matérialistes parigino, rispecchiante l’esito fruttuoso di un incontro seminaraiale svoltosi tra il 20 e il 21 dicembre 2018 presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Napoli “Federico II”.

Questo testo si propone di rintracciare le influenze delle potenze assiologiche del neomarxismo italiano nella particolare soggettività di classe emergente nel cosiddetto «lungo decennio», orientandosi ad analizzare la complessità della produzione critica dell’operaismo italiano elaborata sin dai primi anni Sessanta, la quale approda alla lucida constatazione dell’affermazione di una figura potenzialmente rivoluzionaria negli sviluppi neocapitalistici, come l’operaio-massa, confrontandosi con il rapido susseguirsi dei differenti cicli di lotte operaie e con la formazione delle prime organizzazioni classiste dopo il biennio rosso del 1968-69.

Nella prima parte del testo «All’origine della Nuova Sinistra», e in particolare nel saggio che apre il libro «Il dibattito sull’autonomia nel Partito socialista italiano», Mariamargherita Scotti mette in evidenza come i germi della «Nuova Sinistra» siano presenti principalmente nel Psi, probabilmente per la peculiare tradizione politico-culturale di questo partito, che nei meriti e nei limiti lo differenziava notevolmente dal Partito comunista. «Autonomia» è il concetto che viene recuperato per spiegare l’esistenza di questo filone «critico» collocato preminentemente nel Psi, all’interno del quale figure politiche come Gianni Bosio e Raniero Panzieri vengono elevate a precursori teorici del marxismo critico.


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Roberto Paura: Finitudine ed escatologia nell’era del presente esteso

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Finitudine ed escatologia nell’era del presente esteso

di Roberto Paura

Un mondo a venire dopo la vita? Le risposte di Bart Ehrman, Brunetto Salvarani e Telmo Pievani

mappe
            morte 07Se dovessimo svolgere un sondaggio su quale sia considerato oggi il modo migliore di morire, scopriremmo che le risposte sono quasi unanimi: all’improvviso, meglio se nel sonno, senza nemmeno accorgersene. Chiudere gli occhi e non svegliarsi più. Eppure, nel passato poche cose avrebbero atterrito più di questa. Morire improvvisamente senza la possibilità di ottenere il conforto dei sacramenti e della remissione dei peccati avrebbe potuto compromettere ogni speranza di salvezza nell’aldilà. Il trapasso, dopotutto, può ben essere doloroso, ma ha una durata limitata; l’eternità, invece, è davvero lunga, e nessuno vorrebbe trascorrerla tra i tormenti. Così scriveva ad esempio il teologo bizantino Giovanni Crisostomo nella sua Omelia sul Vangelo di Giovanni: “Se dovesse accadere (Dio non voglia!) che per una morte improvvisa dovessimo lasciare questa terra non battezzati, anche se saremo ricolmi di ogni virtù, il nostro destino non potrà che essere l’inferno e il verme velenoso e il fuoco inestinguibile e catene indissolubili” (cit. in Ehrman, 2020).

All’apogeo di quella grande costruzione sociale occidentale che fu la Cristianità, nemmeno la morte assicurava la fine di ogni preoccupazione per il “caro estinto”. In virtù della “comunione dei santi” – lo stretto legame che, secondo la teologia cattolica, esiste tra i vivi e i morti – la preghiera per chiedere l’intercessione dei santi a favore delle anime dei defunti, spesso attraverso messe in suffragio, serviva ad abbreviare il periodo di penitenza nel Purgatorio, dove si riteneva che finisse la maggior parte delle anime (i dannati, va da sé, finiscono all’inferno, soprattutto se sono morti senza essersi potuti pentire, da cui la paura di una morte improvvisa; i santi, che finiscono direttamente in paradiso, sono obiettivamente pochi).


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Yakov Feygin: L’alleanza deflazionista

kriticaeconomica

L’alleanza deflazionista

di Yakov Feygin*

Pubblichiamo un’analisi sulla coalizione deflazionista scritta da Yakov Feygin, già ricercatore ad Harvard, e originariamente pubblicata sul sito “Phenomenal World”

m money
            696x365Un modo efficace per scrivere la storia degli ultimi trent’anni del ventesimo secolo”, scrisse l’economista Albert Hirschman nel 1985,”potrebbe essere quello di concentrarsi sulle reazioni distintive dei vari paesi al medesimo problema dell’inflazione mondiale“. Dal momento che stava scrivendo proprio mentre la “grande inflazione” globale degli anni ’70 era in fase calante, Hirschman non poteva prevedere quanto avesse ragione.

Come ha scritto recentemente Claudia Sahm sul New York Times, la paura della grande inflazione degli anni ’70 domina ancora il pensiero della Federal Reserve, anche se i suoi recenti messaggi fanno presagire che il vento stia cambiando. In commenti recenti, l’avvertimento di Larry Summers che gli assegni da duemila dollari avrebbero fatto sì che l’economia si surriscaldasse eccessivamente così da generare inflazione ha tradito una cecità decennale sull’argomento.

Gli economisti non hanno una buona comprensione di ciò che causa l’inflazione. Nei programmi introduttivi dei corsi di macroeconomia, il mantra di Milton Friedman “l’inflazione è sempre un fenomeno monetario” rimane centrale: con questa affermazione, Friedman intende che un’eccessiva crescita dei prezzi avviene quando uno Stato allenta le proprie politiche sull’offerta di moneta, espandendo così la base monetaria. Recenti ricerche hanno però messo in discussione questa popolare dottrina.


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Eros Barone: Una straordinaria sintesi del Manifesto marx-engelsiano: omaggio a Umberto Eco

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Una straordinaria sintesi del Manifesto marx-engelsiano: omaggio a Umberto Eco

di Eros Barone

«Non si può sostenere che alcune belle pagine possano da sole cambiare il mondo. L’intera opera di Dante non è servita a restituire un Sacro Romano Imperatore ai comuni italiani. Tuttavia, nel ricordare quel testo che fu il Manifesto del Partito Comunista del 1848, e che certamente ha largamente influito sulle vicende di due secoli, credo occorra rileggerlo dal punto di vista della sua qualità letteraria o almeno – anche a non leggerlo in tedesco – della sua straordinaria struttura retorico-argomentativa.

Inizia con un formidabile colpo di timpano, come la Quinta di Beethoven: “Uno spettro si aggira per l’Europa” (e non dimentichiamo che siamo ancora vicini al fiorire preromantico e romantico del romanzo gotico, e gli spettri sono entità da prendere sul serio). Segue subito dopo una storia a volo d’aquila sulle lotte sociali dalla Roma antica alla nascita e sviluppo della borghesia, e le pagine dedicate alle conquiste di questa nuova classe “rivoluzionaria” ne costituiscono il poema fondatore – ancora buono oggi, per i sostenitori del liberismo. Si vede (voglio proprio dire ‘si vede’, in modo quasi cinematografico) questa nuova inarrestabile forza che, spinta dal bisogno di nuovi sbocchi per le proprie merci, percorre tutto l’orbe terraqueo (e secondo me qui il Marx ebreo e messianico sta pensando all’inizio del Genesi), sconvolge e trasforma paesi remoti perché i bassi prezzi dei suoi prodotti sono l’artiglieria pesante con la quale abbatte ogni muraglia cinese e fa capitolare i barbari più induriti nell’odio per lo straniero, instaura e sviluppa le città come segno e fondamento del proprio potere, si multinazionalizza, si globalizza, inventa persino una letteratura non più nazionale bensì mondiale.


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ilsimplicissimus: L’Europa di Münchhausen e il passaporto vaccinale

ilsimplicissimus

L’Europa di Münchhausen e il passaporto vaccinale

di ilsimplicissimus

Sapete quel famoso barone di Münchhausen che era andato sulla luna, viaggiava sulle palle di cannone e si era salvato dalle sabbie mobili tirandosi per i capelli? Quello che insomma raccontava le più fantastiche balle vedendosi protagonista di mille straordinarie avventure vissute solo nella fantasia, ma che pretendeva che fossero credute dai suoi interlocutori? Bene quella è esattamente l’Europa, anzi la Ue, un grigio condensato di apparati burocratici al servizio del lobbismo più sfacciato e prepotente, ma anche degli intrighi dell’egemonia tedesco – carolingia, la quale ogni volta si rivela una totale delusione al limite del grottesco anche sul piano dell’azione perché mentre la piccola e valorosa Cuba è riuscita a fare un vaccino, l’Europa no o meglio singole aziende private tedesche si sono accordate con quelle americane per trarre il maggio lucro possibile dalla narrazione pandemica. Però adesso i tanto sospirati vaccini visti, anzi per meglio dire imposti con la tirannia delle balle quale unica soluzione al covid, scarseggiano anche perché Pfizer e AstraZeneca hanno improvvisamente diminuito la produzione con pretesti offensivi per l’intelligenza, ma che non si sa bene a cosa sia dovuto nella realtà: forse a un timore per il dilagare dei decessi posti vaccino e della marea di reazioni avverse che non potranno essere coperte e nascoste per sempre, forse a dubbi sulla loro efficacia o sulle loro conseguenze a lungo termine superficialmente escluse , forse alla volontà di mantenere inalterato l’allarme Covid, forse anche a semplice tentativo di speculazione.


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Giulia Bertotto: Perché la funzione ancestrale dei poli genitoriali fa così paura?

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Perché la funzione ancestrale dei poli genitoriali fa così paura?

di Giulia Bertotto

Si è scatenata una tempesta di insulti e critiche su Carlo Ciccioli (FdI Marche), il quale ha affermato che: “Il padre deve dare le regole e la madre deve accudire, senza una di queste figure i bambini possono zoppicare andando avanti nella vita. Queste cose si studiano in psicoanalisi”.

Proprio così, peccato che la quasi totalità degli psicologi abbia abdicato alla propria missione e al benessere della specie umana per abbracciare un’ideologia di tolleranza che in realtà esprime una reazione distruttivo-compensativa della funzione del Padre e della Madre. Al di la delle posizioni politiche o ideologiche, mi sta a cuore rilevare cosa accade nella dinamica profonda di questi conflitti.

Per un grottesco paradosso occorre oggi autorizzare le donne a sentirsi fiere di essere e rappresentare il valore dell’accoglienza e dell’accudimento che tutti noi apprendiamo nel grembo e nella nostra prima casa: la mamma.


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Stephanie Kelton: Le risorse infinite della Bce

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Le risorse infinite della Bce

Maria Teresa Cometto intervista Stephanie Kelton

Intervista all'economista americana Stephanie Kelton, autrice del libro 'Il mito del deficit': 'Draghi è consapevole'

La Banca centrale europea ha una capacità infinita di fornire supporto alle nazioni che ne hanno bisogno. Mario Draghi lo sa e alla guida del nuovo governo può usare tutta la spesa pubblica di cui ha bisogno per aiutare i lavoratori italiani. Dalla sua ha anche la teoria monetaria moderna (Mmt, Modern monetary theory) spiegata dall’economista americana che ne è la più nota divulgatrice, Stephanie Kelton, nel libro Il mito del deficit appena pubblicato in Italia da Fazi editore. Docente di Economia e politica pubblica alla Stony Brook university (New York) e consulente economico di Joe Biden e Bernie Sanders, Kelton ha spiegato a L’Economia come la Mmt fa ripensare in modo completamente diverso la risposta necessaria alle grandi crisi come quella causata dal Covid-19.

* * *

È vero che secondo la Mmt un governo può e deve stampare moneta liberamente per finanziare la spesa pubblica, senza preoccuparsi del volume dei debiti e deficit nè del rischio di default?


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Joseph Halevi: Ricordo di Domenico Mario Nuti

rproject

Ricordo di Domenico Mario Nuti

di Joseph Halevi

nuti
            635x580Il 22 dicembre del 2020 è venuto a mancare Domenico Mario Nuti, Professore di economia (in pensione dal 2010) all’Università La Sapienza di Roma. Si tratta di una perdita profonda che lascia un grande vuoto. Ho conosciuto Mario Nuti agli inizi degli anni Settanta in Gran Bretagna, incontrandolo più tardi a Fiesole quando era Professore presso l’Istituto Universitario Europeo. Fu Nuti a caldeggiare come referente ufficiale, assieme a Paolo Sylos Labini, la mia candidatura ed assunzione presso la facoltà di economia dell’Università di Sydney che avvenne alla fine di quella stessa decade. Il mio personale ricordo é di grande stima ed affetto, malgrado la lontananza e la diversità nella natura degli impegni avessero diluito fino ad annullarla la frequentazione reciproca. E’ nello spirito della profonda ammirazione ed affetto che nutro per Mario Nuti che presento le note che seguono.

Nuti nacque ad Arezzo il 16 agosto del 1937 e nel 1962 si laureò in giurisprudenza alla Sapienza, allora ancora chiamata Università degli Studi di Roma. Il resto dell’anno ed il 1963 lo passò a Varsavia come fellow dell’Accademia delle Scienze polacca studiando con Michal Kalecki ed Oskar Lange, due personalità cruciali del pensiero economico in generale e di quello marxista e della pianificazione socialista in particolare. Da Varsavia si trasferì a Cambridge ove nel 1970 ottenne il Ph.D. in economia con Maurice Dobb, un’altra figura di primissimo piano per le teorie economiche di matrice marxiana ed anche per l’elaborazione di criteri di pianificazione in condizioni di emancipazione dal sottosviluppo, e con Nicholas Kaldor, il fondatore della teoria della crescita post-keynesiana.


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Riccardo Bernini: Su di noi e sugli interventi di Formenti e Visalli

nuovadirezione

Su di noi e sugli interventi di Formenti e Visalli

di Riccardo Bernini

team spirit 2447163 640La prima questione posta a dibattito pare essere se reputare chiusa o ancora aperta la “fase politica” sulla quale ND è stata poggiata. Con quel che ne consegue.

In cosa consisteva questa “fase politica”?

A connotarla non credo fosse solo il manifestarsi in Italia di populismo e sovranismo, attraverso M5S e Lega, quali “contenitori dell’ira” dei variegati “ceti medi”.

In ballo era la crisi della rappresentazione politico-istituzionale della seconda Repubblica, una gabbia che chiudeva e chiude nel dominio totalitario neo-liberale l’alternarsi al governo di destra e sinistra. O, ancora più radicalmente, una crisi che segnava lo scollamento tra questa rappresentazione e la società, nel più complessivo divergere dalla democrazia del liberalismo.

Prima di officiare pubbliche esequie al M5S, visti i sommovimenti interni, attenderei un attimo. Almeno il tempo dell’autopsia a corpo freddo.

Trovo altresì che le manovre che hanno portato al governo Draghi abbiano confermato la tendenza allo scollamento dalla società delle “alternanze prive di alternativa”, proprio nel momento in cui da destra a sinistra gli viene garantita una maggioranza parlamentare ben superiore al credito concesso dall’opinione pubblica.

La procurata impotenza della democrazia istituzionale italiana della seconda Repubblica, subalterna e de-sovranizzata dalla globalizzazione nell’ordine euro-occidentale, vero motivo del distacco dalla società, ritorna a motivo della sua esautorazione, coprendone l’origine e le responsabilità.


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Fabio Ciabatti: La crisi di governo come spettacolo

carmilla

La crisi di governo come spettacolo

di Fabio Ciabatti

grisùLa triste commedia messa in scena dalla classe politica durante l’ultima crisi di governo è stata unanimemente e fortemente condannata dai media main stream. Siamo di fronte a una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti, si lamentano commentatori di ogni risma, e i partiti sono capaci soltanto di fare giochi di palazzo dimenticandosi dell’interesse generale. Vergogna! Alla gogna! Eppure la maniacalità con cui viene seguito ogni sussurro proveniente dalle stanze e dai corridoi del “palazzo” suscita molti dubbi sul significato reale dell’indignazione sbandierata da giornalisti e opinionisti. Se del solito teatrino della politica si tratta, perché puntare ossessivamente i riflettori su questi attori di serie B? In realtà quello che è andato in scena con la complicità di giornali, televisioni e media digitali non è tanto una rappresentazione teatrale di pessima fattura quanto un vero e proprio spettacolo, nel senso che a questo termine attribuiva Debord.

“Lo spettacolo – sostiene il padre del situazionismo – riunisce il separato, ma lo riunisce in quanto separato”.1 Per quel che qui ci interessa possiamo sostenere che lo spettacolo della crisi di governo ha riunificato, a suo modo, la sfera politica e quella economica; la prima intesa come l’istanza che si presume possa garantire l’interesse generale e la coesione complessiva di una società, la seconda come l’ambito in cui i singoli capitali organizzano la produzione finalizzata al perseguimento del profitto.

A questo proposito chiediamo un po’ di pazienza perché vorremmo ribadire, come si sarebbe detto un tempo, alcune banalità di base. E ci piace farlo, a mo’ di omaggio, attraverso un testo di qualche anno fa di Ellen Meiksins Wood, importante esponente del marxismo politico, scomparsa nel gennaio di cinque anni fa.2


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Pasquale Cicalese: Il sogno di una “catena del valore” senza investimenti

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Il sogno di una “catena del valore” senza investimenti

di Pasquale Cicalese

Alle ore 6.30 di stamane Il sussidiario pubblicava il consueto editoriale di Giulio Sapelli. Ma come al solito questo analista svia.

Innanzitutto, la caduta del saggio di profitto è avvenuta non 30 anni fa, ma alla fine degli anni sessanta. La successiva “guerra al salario”, di cui parla Sapelli, con spostamento da salari a profitti e rendite, partì nel 1973 con la Trilaterale.

In Italia solo alcuni settori di Potere Operaio – non Negri -, l’Autonomia Operaia e pochi altri, cui fu riservata la non benevola attenzione dell’autorità giudiziaria, colsero il dato storico, mentre il Pci si votava all’austerità.

La stessa caduta del saggio di profitto – ma questo Sapelli non lo dice – dà la possibilità di avviare controtendenze, e sono 5, elencate da Marx nel Capitale e specificate dettagliatamente da Grossmann.

L’unica scelta concreta tra le 5 controtendenze è stata però il capitale produttivo di interesse, vale a dire la finanziarizzazione, resa possibile dalle banche centrali.


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Daniel Fabbricatore: Ricostruire la missione universalistica del Sistema Sanitario Pubblico

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Ricostruire la missione universalistica del Sistema Sanitario Pubblico

Analisi e proposte per un radicale cambio di sistema

di Daniel Fabbricatore

È ormai indubbio che un sistema di sviluppo irrispettoso degli equilibri del pianeta, con l’invasione delle foreste tropicali, la sottrazione degli animali al loro habitat e dunque la distruzione degli ecosistemi con conseguente liberazione dei virus dai loro ospiti naturali, ha aumentato la probabilità per questi microrganismi di adattarsi a nuovo ospite, l’Uomo, per poi avere grazie al mondo globalizzato una corsia preferenziale per dar luogo ad una Pandemia.

Eppure ci si è trovati impreparati innanzi a tale fenomeno per una mancanza di politiche preventive dipesa, ancora una volta, dal modello economico-sociale dominante con le continue privatizzazioni e l’irruzione delle logiche del Mercato nella Medicina, generando un sistema incentrato sul profitto trasformando la salute in una merce. Essendo l’unico scopo delle lobby private del settore quello di massimizzare i profitti, queste sono disinteressate ai servizi territoriali e alla prevenzione che, sottraendo loro dei clienti, diventa un’antagonista, o usando un temine proprio del Mercato, un competitor.


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Jacopo Sala: Il culto del capitale di Walter Benjamin

kriticaeconomica

Il culto del capitale di Walter Benjamin

di Jacopo Sala

Il frammento 74, realizzato nella seconda metà del 1921 e pubblicato per la prima volta nel 1985 nelle Gesammelte Schriften, rappresenta il fondamento dell’idea benjaminiana di capitalismo. In questo testo di poche pagine dalla densità quasi visionaria, il capitalismo si presenta come una vera e propria religione che tende a potenziare la sua logica di perpetuazione attraverso un sinistro meccanismo di indebitamento e colpevolizzazione da cui non è possibile fuggire.

A differenza di numerosi studiosi che hanno tentato di dare cogenza teologica al fenomeno economico, Benjamin propone un’interpretazione totalmente innovativa del sistema capitalistico. Egli sostiene che il capitalismo non è soltanto una conformazione religiosa, ma è esso stesso essenzialmente un fenomeno religioso sviluppatosi in modo parassitario nelle società. Questa complessa strutturazione religiosa ci consente di mettere a fuoco la mutazione di superficie e la continuità di fondo che caratterizzano il capitalismo moderno: esso si trasforma, ma il suo apparato è permanente.


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Alessandro Visalli: Emiliano Brancaccio, “Non sarà un pranzo di gala”

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Emiliano Brancaccio, “Non sarà un pranzo di gala”

di Alessandro Visalli

www.mondadoristore.itLa raccolta di interviste e saggi di Emiliano Brancaccio, raccolte nel libro “Non sarà un pranzo di gala[1] spazia dal 2007 al 2020 ma ha un centro tematico abbastanza definito, si tratta di una ambiziosa interpretazione di taglio strutturale del funzionamento del modo di produzione capitalistico, delle caratteristiche della crisi in corso e delle prospettive che questa apre.

Del saggio chiave del testo avevamo già parlato[2], tra l’altro provocando una piccata reazione dell’autore via social (ed una violenta reazione dei suoi molti fan). Proprio questa mi ha indotto a riprendere in mano il testo e cercare in esso le ragioni di una confutazione della mia interpretazione del saggio per “Il ponte”, o, almeno, di un giudizio più equilibrato. Sfortunatamente la natura di scritti d’occasione e molto sintetici non consente di ‘mordere l’osso’ (come una volta mi disse un revisore editoriale in riferimento ad un mio testo). Quindi ho sostenuto la cosa con alcune altre fonti: la prefazione al libro di Hilferding[3]; la bibliografia[4] fornita dallo stesso sul suo sito al problema, centrale, della ‘legge di tendenza’ alla centralizzazione del capitale.

 

Premessa

Conviene capirsi subito, nessuno e tanto meno io, nega che esista una tendenza alla concentrazione del capitale, né che questa sia inscritta entro alcuni meccanismi potenti che si giovano della libera circolazione dei capitali e sfruttano i differenziali di mobilità di questi. Una buona parte della letteratura che il nostro cita a piede dei suoi saggi, quella che non si riferisce al dibattito contemporaneo ma rientra nel novero del dibattito marxista, è da me adoperata centralmente nel mio testo sulla “teoria della dipendenza”[5] anche se con diverso taglio di lettura.


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Bollettino Culturale: "Managerial capitalism. Ownership, mamagement and the coming new mode of production" di Gerard Dumenil e Dominique Levy: una recensione critica

bollettinoculturale

"Managerial capitalism. Ownership, mamagement and the coming new mode of production" di Gerard Dumenil e Dominique Levy: una recensione critica

di Bollettino Culturale

v2n4 cover graphic web24Capitalisti e manager sono termini ricorrenti nel linguaggio popolare e accademico. Chiunque fosse mosso dalla nozione di classi sociali, non sotto forma di classi funzionali, definite dalla sociologia in ragione delle attività che i loro membri esercitano, ma attraverso grandi forze sociali che spiegano il movimento storico della società mondiale, sarebbe incuriosito dalla affermazione che nella società odierna prevalga il capitalismo manageriale.

Il libro Managerial capitalism rende lo scenario più complesso utilizzando anche l'espressione “modo di produzione”. Classi e modi di produzione sono termini della teoria marxiana. Se scrivere un libro ha il ruolo di provocare stupore, il libro di Gérard Duménil e Dominique Lévy svolge questa funzione.

Gli autori affermano che la società contemporanea è organizzata nella forma di un nuovo modo di produzione, il capitalismo manageriale, vittorioso nella lotta sul comunismo. Non è il capitalismo come siamo abituati a riconoscerlo, ma un capitalismo ibrido, composto da una combinazione di proprietari dei mezzi di produzione con manager privati ​​e amministratori statali. Da qui l'espressione, facilmente traducibile dall’inglese, di capitalismo manageriale.

Le principali questioni sollevate dal libro sono: 1. se la società mondiale è entrata in un nuovo modo di produzione e 2. se le classi sociali che ne farebbero parte sarebbero i manager, oltre alle organizzazioni della borghesia e del proletariato.


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Paolo Spena: La questione comunista oggi, 30 anni dopo Rifondazione

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La questione comunista oggi, 30 anni dopo Rifondazione

di Paolo Spena*

addio ad armando cossutta 4ckvLa tesi principale di questo articolo, scritto a pochi giorni dalla ricorrenza dei 30 anni dalla nascita del Movimento per la Rifondazione Comunista, è che i limiti che hanno caratterizzato quell’esperienza hanno continuato nel tempo a viziare i tentativi di tenere aperta un’ipotesi comunista in Italia, e soprattutto continuano a farlo ancora oggi. L’assenza di una vera rottura con l’opportunismo, che non è una attitudine umana ma una precisa concezione politica, ideologica e organizzativa, ha impedito il bilancio critico che sarebbe davvero necessario per avanzare. È al contempo una critica e un’autocritica e contiene dei giudizi che, specie a chi è stato parte di questa storia, possono apparire aspri. Il dibattito politico tra i comunisti in Italia lo è, quando è reale e non ammantato dai formalismi. L’intento è stimolare il dibattito e la riflessione collettiva, individuare i problemi che chiunque cerchi costruire una prospettiva comunista nell’Italia del 21° secolo dovrebbe porsi. In questo, la franchezza vale più dei formalismi e anche delle invettive. E credo sia questo lo spirito che dobbiamo avere nel confronto.

* * * *

Era il 3 febbraio 1991 quando circa 90 delegati su 1259, al congresso della “Bolognina” in cui Achille Occhetto tramutò il PCI nel PDS, annunciarono in conferenza stampa a Rimini che non avrebbero aderito al nuovo partito. Una settimana dopo, il 10 febbraio, si tenne al Teatro Brancaccio di Roma la prima assemblea del “Movimento per la Rifondazione Comunista”, con un esecutivo provvisorio che avrebbe portato, nel dicembre dello stesso anno, al primo congresso del Partito della Rifondazione Comunista.


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Christian Marazzi: Un Mario vale l'altro?

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Un Mario vale l'altro?

Giuseppe Molinari intervista Christian Marazzi

chinese dragon colorful.jpeg 2Si fa presto a dire che la nomina di Draghi rappresenta un’edizione aggiornata del governo «lacrime e sangue» di Mario Monti. Già nei tuoi precedenti interventi ci invitavi a guardare anche alle discontinuità nell’approccio dei governi e delle istituzioni finanziarie alla gestione della crisi. Si delinea un «nuovo corso» in cui le politiche fiscali di intervento pubblico, coniugandosi con le politiche monetarie espansive, riacquistano sempre più importanza. La nomina di Draghi e, ancora prima, l’approvazione del Next Generation EU, si iscrivono in questo contesto. Ovviamente, ci sono alcuni elementi che ritornano nella scelta di Draghi: così come nel 2011, viene nominato un «governo tecnico», «un governo dei competenti» per sanare le insufficienze della politica e per incolonnare l’Italia all’interno di un determinato paradigma. In questo caso, però, probabilmente il governo Draghi non sarà chiamato soltanto ad imporre l’austerity ma a definire un piano di spesa per i fondi che arriveranno. Cosa ne pensi?

Inizio con una premessa: questo nuovo governo certifica il collasso della rappresentanza. È un discorso che ci siamo fatti già da qualche anno, ma è avvenuto in un modo per certi versi inimmaginabile, per i partiti sarebbe stato difficile fare peggio di così. È l’attestazione di un problema serio nella società.


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Il Pungolo Rosso: Il nuovo assalto all’Africa, eterno vaso di miele per i vecchi e i nuovi colonialisti

ilpungolorosso

Il nuovo assalto all’Africa, eterno vaso di miele per i vecchi e i nuovi colonialisti

di Il Pungolo Rosso

coltanPur se occultato in mezzo a una nauseante melassa di stato vetero/neocoloniale, alle orecchie del “grande pubblico” (dalle micro-informazioni) dovrebbe essere arrivato in questi giorni il nome coltan, l’oro bianco degli ultimi tre decenni. Il sottosuolo del Congo ne detiene l’80% delle riserve mondiali, ed è questa la causa prima (a seguire i diamanti, l’uranio, il cobalto, il patrimonio idro-elettrico, etc.) del terribile massacro avvenuto a cavallo del secolo in Congo, che lo ha trasformato, anche a guerra “finita”, in un permanente terreno di scontri armati, condotti sostanzialmente per procura. Per procura delle società multinazionali affamate del minerale, e dei vecchi e nuovi colonialisti.

Il coltan, una miscela complessa di columbite e tantalite, è un minerale preziosissimo per la fabbricazione di telefoni cellulari, computer portatili, GPS, auto (air bag), equipaggiamenti chimici, satelliti, armi guidate, motori di jet, missili, macchine fotografiche, apparecchi per la visione notturna, televisori al plasma, console per i videogiochi, strumenti per l’odontoiatria e la chirurgia, a causa della sua eccezionale resistenza al calore e alla corrosione, della sua capacità di aumentare la rifrangenza del vetro, di ottimizzare il consumo di corrente elettrica, nonché per il suo contenuto di uranio, e chi più ne ha più ne metta. L’inizio dell’estrazione dei minerali che compongono il coltan precede la seconda guerra mondiale, ma è solo degli ultimi tre decenni lo scatenato arrembaggio mondiale al coltan, guidato dalle multinazionali dell’elettronica, della chimica, etc. statunitensi, francesi, giapponesi, tedesche, britanniche e via dicendo: Apple, Microsoft, Thomson, Sony, Nokia, Bayer, etc., con l’accompagnamento dei relativi stati (e ambasciate) – la massima delle multinazionali italiane traffica, invece, soprattutto in petrolio, gas, energia elettrica.


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Monica Di Barbora: L’effetto lockdown sulla scuola

officinaprimomaggio

L’effetto lockdown sulla scuola

di Monica Di Barbora

Nota: il testo è stato redatto a conclusione dell’anno scolastico 2019/20; l’impianto dell’articolo è strutturato, quindi, sulla prima esperienza di didattica a distanza nel periodo marzo/giugno. Sono stati, tuttavia, inseriti degli aggiornamenti a novembre a fronte di alcuni recenti studi e importanti novità

10.scuola dibarbora 1024x724Ne siamo usciti peggiori. Fare un bilancio della didattica emergenziale online che vada oltre la mera valutazione pedagogica ma provi a pensare al sistema dell’istruzione come parte fondamentale di un più ampio contesto sociale non consente un grande ottimismo. Sgombriamo subito il campo da ogni fraintendimento: i/le docenti, nella maggioranza dei casi, si sono messi in gioco con grande disponibilità e creatività. E bambine e bambini, ragazze e ragazzi hanno affrontato, in età critiche e delicate, una situazione complessa per la quale nessuno li aveva preparati. Inoltre, era oggettivamente difficile immaginare un’alternativa plausibile in una situazione così drammatica.

Ciononostante i problemi emersi sono considerevoli e coinvolgono una pluralità di piani, al di là delle valutazioni più strettamente didattiche. In generale, possiamo dire che la chiusura delle scuole ha generato un incremento delle diseguaglianze in diversi ambiti. Il punto è che lo stravolgimento comportato dal confinamento si è innestato su un sistema che dalle disparità trae vantaggio.

Per quanto riguarda, più nello specifico, il settore scolastico, è sotto gli occhi di tutti che si tratta di un contesto in enorme sofferenza. Riforme avviate e abbandonate che si succedono praticamente a ogni avvicendamento ministeriale; strutture fatiscenti; problemi annosi nel sistema di reclutamento del personale; scarso riconoscimento economico e sociale della classe docente (ricorderete gli strali della ministra Gelmini contro la scuola “stipendificio” a fronte di stipendi tra i più bassi d’Europa); contenimento delle spese, quando non veri e propri tagli (si veda il rapporto Ocse 2019 che mette a confronto le scuole dei paesi europei su una pluralità di parametri tra cui gli stipendi della classe docente).


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Lorenzo Zamponi: Il governo dei Giavazzi

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Il governo dei Giavazzi

di Lorenzo Zamponi

La nomina dell'economista liberista come consigliere a Palazzo Chigi getta le ombre del passato sulla riconversione ecologica promessa da Mario Draghi

Francesco Giavazzi jacobin italia 990x361Una restaurazione, senza neanche passare per la rivoluzione. È difficile non pensarla in questi termini, di fronte all’ipotesi, riportata da molti organi di stampa, che sia Francesco Giavazzi a sostituire Mariana Mazzucato, teorica dello «stato imprenditore» e di un nuovo modello keynesiano nell’innovazione, nel ruolo di consigliere economico della Presidenza del Consiglio. Sarebbe il quarto incarico governativo a nostra memoria per il professore della Bocconi: dirigente del Ministero del Tesoro tra il 1992 e il 1994, a occuparsi di privatizzazioni, poi consigliere economico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi quando quest’ultimo era definito da Guido Rossi «l’unica merchant bank in cui non si parla inglese», tra il 1998 e il 2000, e infine consulente di Mario Monti per la spending review nel 2012. Anni meravigliosi, in cui sono state poste le fondamenta dell’economia pubblica italiana come la conosciamo ora.

Un suo ritorno a Palazzo Chigi, già anticipato, del resto, dall’utilizzo di frasi intere tratte da un suo editoriale dello scorso anno nel discorso con cui il presidente del consiglio Mario Draghi ha chiesto la fiducia alle camere, sarebbe un segnale molto netto dell’impostazione ideologica che Draghi intende dare al proprio governo. Dopo settimane di chiacchiere su keynesismo e liberalsocialismo e di stucchevoli riferimenti a Federico Caffè come «maestro» del presidente del consiglio, a prevalere nell’organigramma dell’esecutivo sarebbe una scuola nettamente diversa.


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McKenzie Wark: Una teoria della storia come macchina del tempo

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Una teoria della storia come macchina del tempo

di McKenzie Wark

Pubblichiamo un estratto dal nostro prossimo libro, Il capitale è morto. Il peggio deve ancora venire di McKenzie Wark

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              k6m910352702s612x612w0hnDMFjzzoxPgjckPlr
              sYuBswAygliu0aD3wX10jw8QENon sappiamo più cosa sia il socialismo, o come ottenerlo,
eppure resta il nostro obiettivo.
Deng Xiaoping

Mettiamo che hai una macchina del tempo. Diciamo che la fai viaggiare fino a tornare alla metà degli anni Settanta del secolo scorso. Una volta a destinazione, ne esci fuori e vai alla ricerca delle persone che, a quei tempi, erano importanti. Spieghi loro alcune cose di quanto sta succedendo nel XXI secolo. Alcune delle storie che racconti per alcune di queste persone hanno senso, altre sembrano del tutto folli.

Per esempio, mettiamo che la macchina del tempo ti abbia portato nella Cina della metà degli anni Settanta, e ti trovi a spiegare che, entro la fine del secondo decennio del secolo successivo, il destino dei mercati globali sarà nelle mani del Partito Comunista Cinese. Suonerebbe abbastanza folle. Tra la metà e la fine degli anni Settanta, la Cina ha visto la caduta della Banda dei Quattro, il maoismo all’acqua di rose di Hua Guogeng e, infine, l’ascesa al potere di Deng Xiaoping. Ma persino allora la Cina attuale sarebbe stata inimmaginabile per chiunque – tranne che per Deng Xiaoping.

Se viaggiassi con la macchina del tempo fino all’Unione Sovietica della metà degli anni Settanta, le reazioni sarebbero più diverse. Leonid Brežnev è al potere da più di dieci anni, e sembra che lo sarà per sempre. Le guerre per procura non vanno poi così male, visti i buoni risultati in Angola e la vittoria schiacciante in Vietnam, almeno fino all’invasione sovietica dell’Afganistan nel 1979.


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Mar 9, 2021, 2:08:11 AM3/9/21
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Il documento degli ex M5S “L’ Alternativa c’è”

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Il documento degli ex M5S “L’ Alternativa c’è”

di *******

Primo manifesto di "L'alternativa c'è"

M5S exI nostri principi

● Ci sentiamo ancora collegati al programma elettorale col quale siamo stati eletti nel marzo 2018 nel M5S di allora e per il quale i cittadini ci hanno accordato la loro fiducia e riposto in noi la speranza di un cambiamento. Vogliamo restare fedeli a tutto questo e considerare il programma del 2018 come base di partenza per ogni ulteriore sviluppo.

● La nostra azione nasce in opposizione al governo Draghi, ma esprime una più generale opposizione ai governi ‘tecnici’ e al ‘vincolo esterno’ dietro cui si nascondono politiche neoliberiste che applicano il darwinismo sociale all’economia e alla vita delle persone.

● Mettiamo al centro della politica la persona, la comunità e l’ambiente, non il mero profitto. La politica, e dunque il controllo democratico, deve tornare a governare la cosa pubblica.

● La nostra collocazione è oltre gli schieramenti di destra e sinistra storicamente determinati, che non bastano più a interpretare la realtà, la cultura e i processi economici e sociali, né la geopolitica. Non ci interessano le vecchie etichette e le finte contrapposizioni che nascondono compromessi, interessi trasversali e grandi ammucchiate. Vale ancora il concetto: “Un’idea non è di destra né di sinistra. È un’idea, buona o cattiva”. Il nostro programma ha come riferimento il popolo sovrano – che è il primo attore dell’articolo 1 e dell’articolo 3 della Costituzione – e crede in un forte intervento dello Stato nella sfera economica e sociale.


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Leonardo Mazzei: Il declino italiano e san Draghi

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Il declino italiano e san Draghi

di Leonardo Mazzei

liberiamo litalia 600x391Le cifre del declino italiano sono tante e tutte convergenti. La caduta del Pil nel 2020 (-8,9%) non ha precedenti nel dopoguerra. Un vero tracollo, che non è stato però un fulmine a ciel sereno, bensì il picco negativo di una decadenza iniziata vent’anni fa. Ce lo ricorda un pezzo del Sole 24 Ore del 25 febbraio.

L’articolo di Gianni Trovati – Il gelo italiano lungo 20 anni – si basa su un’elaborazione dei dati ufficiali della Commissione europea. Il fine è quello di mettere a confronto l’andamento dell’economia italiana con quello dell’intera Eurozona. Il risultato è impressionante. Dal 2001 al 2020 l’Italia ha perso oltre il 18% rispetto all’insieme dell’area euro. Una vera catastrofe, ma ovviamente il quotidiano di Confindustria si guarda bene dal chiedersi cosa sia successo di particolare 20 anni fa.

I numeri del Sole non lasciano comunque spazio a troppe discussioni sulla drammatica decadenza del nostro Paese. Leggiamo:

«La lunga stagnazione italiana ha ridotto del 18,4% il peso del nostro Paese sul complesso della produzione cumulata dall’Eurozona nei suoi confini attuali. Oggi il Pil italiano vale il 14,5% di quello dell’area euro, contro il 17,7% coperto nel 2001, all’interno di un quadro che negli anni a cavallo del 2000 era piuttosto stabile».

Quale la conseguenza sul reddito medio degli italiani è presto detto:


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Lorenzo Battisti: Il vaccino come arma geopolitica

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Il vaccino come arma geopolitica

di Lorenzo Battisti

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            1020x533IlSole24Ore WebFin dall’inizio questa pandemia è stata anche (e sopratutto) una questione economica e geopolitica (almeno nel mondo occidentale). Lo si è visto quando i paesi colpiti erano solo due, Italia e Cina (inizio e fine della nuova Via della Seta), trattati come appestati e condannati all’isolamento commerciale internazionale: gli altri paesi vedevano nella diffusione del virus a questi paesi un modo per rubare loro clienti sui mercati internazionali. Inoltre era un modo per bloccare il piano cinese OBOR che permetteva a questo paese di uscire dal nascente blocco americano (il Pivot to Asia di Obama). In sostanza, nessuna cooperazione o solidarietà, ma competizione.

Il gioco oggi rimane lo stesso. Sono solo cambiati i termini del problema. Ora che la malattia è diventata pandemica, ora che questa si è diffusa a tutto il globo, il primo blocco economico che ne esce approfitta della situazione per prendere spazi economici ai blocchi che non sono riusciti a uscirne. In sostanza, prima si riesce a vaccinare tutta la popolazione e più si possono perlomeno limitare i danni economici e sociali.

In questo contesto diventa centrale la vaccinazione di massa della propria società. Da qui deriva la corsa di tutti al vaccino. Facciamo quindi il punto sulle vaccinazioni e sui vaccini per capire cosa sta succedendo.

Il primo fattore da considerare è l’ostilità alla vaccinazione. Quello che, da un punto di vista individuale, è un diritto da esercitare o meno, da un punto di vista collettivo è un’arma da utilizzare contro i concorrenti economici. In questo i “complottisti” e i “negazionisti”, lungi dall’essere più intelligenti degli altri (come danno a credere e come sembrano convinti di essere) funzionano da utili scemi dei blocchi economici concorrenti. Altroché patriottismo e sovranismo.


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Maurizio Disoteo: La scuola nella pratica confezione apri e chiudi

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La scuola nella pratica confezione apri e chiudi

di Maurizio Disoteo

Forse Draghi e i suoi ministri sono stati impressionati dalle “pratiche confezioni apri e chiudi” decantante dalla pubblicità di marche di caffè, di formaggi e di surgelati. Almeno a questo fa pensare la disinvoltura, al limite del cinismo, con cui il governo ha annunciato il provvedimento per cui al raggiungimento dei 250 casi di Covid su 100.000 abitanti le scuole passeranno automaticamente in didattica a distanza, con provvedimento però non governativo ma del presidente della Regione.

Non è stato precisato se, quando i contagi dovessero calare, le scuole potranno riprendere la modalità in presenza. E’ chiaro soltanto che un tale provvedimento rischia di creare un continuo apri e chiudi devastante per alunni, personale e per la didattica. Provvedimento annunciato tra l’altro, in una conferenza stampa dei ministri Gelmini e Speranza, senza la presenza del responsabile dell’istruzione Bianchi, forse ancora affaccendato a sognare illusori prolungamenti dell’anno scolastico, come se avessimo la garanzia che a giugno la situazione pandemica sarà sotto controllo.


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Matteo Bortolon: Regole del recovery dallo shock ai «denti»

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Regole del recovery dallo shock ai «denti»

di Matteo Bortolon

In questa fase di riposizionamento continuo di tutti, accanto ai sostenitori del M5S e del PD, oramai tramortiti dalle giravolte dei loro vertici, vanno collocati anche gli estimatori della Lega che, contrariamente all’orientamento precedente, hanno votato il 10 febbraio al Parlamento europeo in modo favorevole al regolamento (COM(2020) 0408) del Recovery and Resilience Facility (« Dispositivo di Ripresa e Resilienza »).

Di fatto non sarebbe cambiato nulla, vista la strabordante maggioranza che ha determinato un tale esito (582 favorevoli, 40 contrari e 62 astenuti), ma a quanto pare le linee di convergenza registrate in relazione al «governissimo» Draghi si riflettono pure nelle istituzioni comunitarie.

Tale approvazione, pressoché scontata, fa un po’ di notizia solo come testimonianza del nuovo corso « europeista » del partito di Salvini ; si rischia di lasciarsi passare sotto al naso il contenuto di tale regolamento, che costituisce il vero evento della settimana su scala continentale.


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Giulio De Petra: Il sapere delle reti sociali e l’incompetenza dei tecnici di governo

centroriformastato

Il sapere delle reti sociali e l’incompetenza dei tecnici di governo

di Giulio De Petra

1. Con la nomina di viceministri e sottosegretari il governo Draghi esaurisce il percorso della sua costituzione e con le prime misure per il contrasto della pandemia inizia quello della sua azione. Non si esaurisce però l’onda lunga delle valutazioni e dei commenti che, per quanto riguarda la sinistra, si addensano intorno a due poli.

Il primo è quello di chi, rassicurato dal ‘profilo’ di Draghi e di parte dei ministri, saluta con favore il nuovo governo e, anche se non ne condivide completamente i programmi, considera tuttavia positivo avere a che fare con un interlocutore autorevole e competente, in grado di interpretare il cambiamento di rotta delle politiche economiche dell’Europa, e capace di superare, se non addirittura di contrastare le pulsioni populiste che hanno dato origine a questa legislatura.

Il secondo, all’opposto, è quello di chi considera Draghi l’esecutore, se non lo stratega, di una operazione di normalizzazione della anomalia politica italiana da parte dei centri di potere del capitalismo europeo, che sotto l’urto della crisi economica generata dalla pandemia, hanno bisogno di porre sotto tutela la provincia italiana e di consolidare l’integrazione del nord Italia con i sistemi produttivi di Germania e Francia.


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Andrea Zhok: I nuovi muri

nuovadirezione

I nuovi muri

di Andrea Zhok

L’editore Meulenhoff ha tolto il compito di tradurre la poetessa afroamericana Amanda Gorman alla scrittrice olandese Marieke Lucas Rijneveld dopo il pubblico bombardamento di critiche piovute sulla scelta della traduttrice.

Secondo un diffuso, o quantomeno vocale, ‘public sentiment’ la Rijneveld sarebbe inadeguata al compito in quanto donna bianca.

La casa editrice Meulenhoff si era difesa dicendo di aver scelto la Rijneveld in quanto affine nello stile e nei toni, e la poetessa olandese sembrava essere una scelta appropriata.

L’editore aveva inoltre assicurato che un gruppo di lettori avrebbe testato la traduzione per valutare se contenesse un linguaggio offensivo, stereotipi o altre improprietà.

Ma niente di questo è bastato, e di fronte alla montante protesta si è deciso di cambiare traduttrice.

Perché menzionare questo episodio, che molti, non senza ragioni potrebbero trovare semplicemente ridicolo?


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Stefano Lucarelli: L’economia ha bisogno della complessità

economiaepolitica

L’economia ha bisogno della complessità

Nella factory degli economisti underground.

di Stefano Lucarelli

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Sei anni fa Dani Rodrik ha pubblicato per Oxford University Press un saggio che, in modo responsabile, affronta una serie di riflessioni scomode circa lo stato in cui si trova la teoria economica[1]. Smarcandosi dall’idea che la scienza economica sia un campo di confronto fra scuole diverse, Rodrik prende sul serio le manifestazioni di insoddisfazione provenienti soprattutto dagli studenti. L’economista turco – oggi professore alla John Kennedy School of Governance dell’Università di Harvard – presta attenzione in particolare al Report della Post-Crash Economics Society[2] e alla grave accusa in esso contenuta: l’economia, così come è insegnata agli studenti nei corsi universitari diffonde vedute ristrette e lo fa rigettando il pluralismo e trascurando di fatto l’etica, la storia, la politica. Come se gli studenti fossero stati folgorati dallo spirito di Schumpeter, il quale, come è noto, ormai al termine della sua carriera accademica americana, scrisse all’interno della sua History, pubblicata solo dopo la sua morte: “Essi [i miei studenti americani] mancano del senso storico che nessuno studio pratico può dare. Questa è la ragione per cui è molto più facile farne dei teorici che degli economisti.”[3]

Per Rodrik la rappresentazione che i critici fanno della scienza economica sarebbe viziata proprio dal modo in cui l’economia viene insegnata, ma non risponderebbe a quanto accade all’interno della disciplina, nel mondo della ricerca: “Il problema, dal punto di vista degli studenti, è che molto di ciò che si insegna in un corso propedeutico di economia è un inno al mercato.


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Carlo Formenti: Luci e ombre di un sogno neogiacobino

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Luci e ombre di un sogno neogiacobino

L’assalto al cielo mancato di Podemos

di Carlo Formenti

La versione di Pablo IglesiasIl libro di Francesco Campolongo e Loris Caruso, Podemos e il populismo di sinistra. dalla protesta al governo (appena uscito per i tipi di Meltemi), è un buon viatico alla comprensione di un fenomeno politico che, agli occhi di molti militanti delle sinistre radicali europee (e anche, mi sembra di poter dire, agli occhi dei due autori) è probabilmente l’unico esempio di esperimento riuscito di populismo di sinistra nel Vecchio Continente. Come i lettori scopriranno, il mio parere è meno ottimista, ma di questo più avanti. Il lavoro di Campolongo e Caruso è un ibrido in cui convivono le caratteristiche del reportage (ospita una robusta massa di dati, notizie e informazioni), della ricerca accademica (molti i riferimenti scientifici, che ritroviamo nella ricca bibliografia finale) e della discussione teorica politicamente impegnata. Per estrarne gli spunti che considero utili all’approfondimento del tema, articolerò la mia esposizione in due parti: nella prima, mi limiterò a sintetizzare il racconto delle origini, della storia e dell’evoluzione di Podemos contenuto nei capitoli dal secondo al settimo compresi; nella seconda discuterò le tesi interpretative degli autori esposte nel primo ottavo e nono capitolo (anche se qualche annotazione critica verrà anticipata nella prima parte, attraverso brevi incisi). Ho scelto questa soluzione perché si presta a evidenziare come l’accurata descrizione del fenomeno Podemos offertaci da Campolongo e Caruso si presti a diverse interpretazioni.


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Ernesto Burgio: Dopo un anno di pandemia. Siamo ostaggi di Big Pharma?

antropocene

Dopo un anno di pandemia. Siamo ostaggi di Big Pharma?

di Ernesto Burgio

Un
            anno di pandemiaL'Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato che i decessi da Covid hanno superato oggi (15/01/2021) i 2 milioni su oltre 94 milioni di casi accertati, con un indice di letalità superiore al 2% (in Italia sfiora il 3,5%: un indice molto alto, simile a quello ipotizzato per la Spagnola1 e circa 30 volte superiore a quello dell'influenza stagionale2). Eppure, è evidente che a fronte di Paesi che hanno registrato un numero di casi e tassi di letalità e mortalità altissimi (Belgio, Italia, Perù, Messico, Gran Bretagna, Brasile…) ce ne sono altri che hanno saputo affrontare adeguatamente la situazione, fermando immediatamente la pandemia (Vietnam, Cambogia, Australia, Nuova Zelanda, Cuba, Islanda). Dovrebbe essere chiaro, quindi, che soltanto il rafforzamento della medicina territoriale e la tempestiva messa in campo di sistemi efficaci di isolamento dei casi e di tracciamento e monitoraggio dei contatti potrebbe ridurre la circolazione del virus e di conseguenza il temuto incremento delle sue mutazioni adattative alla nuova specie e che sarebbe necessaria ed urgente, una riorganizzazione complessiva dei sistemi sanitari occidentali, con potenziamento della medicina territoriale e dei dipartimenti di medicina preventiva. E questo anche in prospettiva futura, dato che la pandemia non è un evento accidentale e imprevisto, ma un dramma lungamente annunciato e che potrebbe ripetersi, essendo il prodotto di una crisi ecosistemica e soprattutto microbio-ecosistemica monitorata da decenni e causata dalla nostra guerra irresponsabile contro la Natura: deforestazioni, agricoltura e allevamenti intensivi, inquinamento dell’intera ecosfera (atmosfera, idrosfera, biosfera e catene alimentari), urbanizzazione e crescita senza freni di immense megalopoli eco-insostenibili.


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Pierluigi Fagan: Popolo, élite, democrazia

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Popolo, élite, democrazia

di Pierluigi Fagan

(Post pensante, quindi pesante) Il “populismo” era una espressione politica manifestatasi a cavallo tra XIX e XX secolo in Russia, negli Stati Uniti d’America e in periodi relativamente più recenti in Sud America. Le prime due manifestazioni politiche fotografavano una opposizione tra una vasta porzione di popolo, agricolo, contro i poteri dominanti del tempo, tempi in cu la composizione sociale era molto semplificata. Leggermente diversa la composizione sociale in Sud America, figlia del diverso corso storico di quel continente. Papa Francesco (che è argentino), ebbe a ricordare che secondo lui, populismo era anche quello di Hitler e del suo partito-movimento che s’impose durante le convulsioni finali della Repubblica di Weimar.

Ho sempre nutrito una infastidita diffidenza verso l’utilizzo recente di questa categoria, in quanto democratico radicale non ho mai capito la differenza tra populismo e demagogia, stante che un democratico sa molto bene cos’è la demagogia in quanto storica malattia degenerativa proprio della democrazia.


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Yahia Al Mimi: Abbandonare la “nuda vita” per riscoprirsi popolo

kriticaeconomica

Abbandonare la “nuda vita” per riscoprirsi popolo

di Yahia Al Mimi

Celebre figura oscura del diritto romano arcaico è l’Homo Sacer, persona bandita che può essere uccisa da chiunque, ma non può essere sacrificata in alcun rituale religioso.

La parola sacer ha un significato ben diverso dalla parola “sacralità” che riscontriamo oggi nella religione cristiana: si tratta infatti di tutto ciò che troviamo al di fuori della cornice della società civile e dalla vita politica. Homo sacer è l’assassino che poteva essere ucciso senza che fosse considerato un assassinio; è il reietto, il fuorilegge, nonché la figura prediletta ripresa dal pensiero filosofico di Giorgio Agamben.

Torniamo quindi ai principi fondamentali da cui discende l’immagine dell’Uomo Sacro: occorre partire da una dicotomia diversa da quella schmittiana di amico/nemico (sublimata da Chantal Mouffe in amico/avversario), ossia quella di Zoe e Bios.

Questo duo di ascendenza greca soleva infatti distinguere nettamente tra “la vita politica, di gruppo, qualificata” (Bios) e il semplice fatto di vivere – “la nuda vita” – definita come Zoe.


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Leopoldo Salmaso: Le oltre 676 mila varianti del Sars-Cov2

byoblu

Le oltre 676 mila varianti del Sars-Cov2

intervista a Leopoldo Salmaso

Nelle ultime settimane hanno fatto la loro comparsa le varianti del Covid19: inglese, brasiliana…ma di che cosa si tratta davvero? Come vengono individuate? E, cosa importante, rendono il Sars-Cov2 più pericoloso? Ne parliamo su #Byoblu24 con il medico chirurgo Leopoldo Salmaso, epidemiologo con una lunga esperienza in Tanzania. “Innanzitutto non sono un no-vax – spiega Salmaso – visto che ho per lungo tempo lavorato nel campo della vaccinazione in Tanzania per malattie molto serie. Tuttavia quello che sta accadendo è che i vaccini anti-Covid19 stanno creando delle varianti. Pensate che ne sono state depositate oltre 676 mila”.


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Eros Barone: Non c’è nulla da salvare: è tutta da distruggere

sinistra

Non c’è nulla da salvare: è tutta da distruggere

di Eros Barone

«E senza dubbio il nostro tempo…preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà. l’apparenza all’essere…Ciò che per esso è sacro non è che l’illusione, ma ciò che è profano è la verità. Anzi il sacro si ingigantisce ai suoi occhi via via che diminuisce la verità e l’illusione aumenta, cosicché il colmo dell’illusione è anche per esso il colmo del sacro 1

Ho appreso ‘summo cum gaudio’ che la bolsa kermesse carnevalesca del Festival di Sanremo sta registrando un crollo della ‘audience’ televisiva. Il fenomeno tuttavia non sorprende se si considera il periodo di pandemia che stiamo attraversando e le relative conseguenze psico-sociali che tale fenomeno genera. Semmai vi sarebbe da sorprendersi che un paese il quale è avvezzo ad applaudire i morti durante le funzioni funebri non abbia riservato a questo annuale appuntamento canoro una reazione più festosa, ma “la Signora della porta accanto”, quella con cui c’è poco da scherzare, imponendo uno stile di vita penitenziale privo di qualsiasi ‘libido’, ha scoraggiato comportamenti poco appropriati alla congiuntura in corso.


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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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Matteo Di Lauro: Controlli ai flussi di capitali: un’opzione eretica?

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Controlli ai flussi di capitali: un’opzione eretica?

di Matteo Di Lauro

globalelectronicflowslargeNel suo ultimo libro Emiliano Brancaccio evoca spesso la limitazione della libera circolazione di capitali come strumento per prevenire la destabilizzazione delle economie da parte di capitali esteri[1]. Come spesso è accaduto nella storia recente, è stata la libera circolazione di capitali e merci che ha portato a crisi della bilancia dei pagamenti. Ne è un esempio la crisi del debito sovrano che, nonostante il nome fuorviante, è stata invece causata da forti squilibri nella bilancia dei pagamenti all’interno dell’Eurozona.

Ma torniamo alla libera circolazione dei capitali. È un’ipotesi estremista e priva di esempi storici?

In realtà è vero l’esatto opposto, la storia dell’economia moderna si è quasi sempre caratterizzata da un controllo sui capitali da parte degli stati e gli ultimi 30 anni nella storia europea costituiscono un’eccezione a un diritto da sempre esercitato da parte degli stati di controllare i flussi di capitale. Per quanto la vulgata tenda a farci credere che viviamo in una situazione di normalità, questa è solo un’illusione. Qui mi limiterò a parlare delle misure atte alla limitazione della circolazione dei capitali in Europa, e di quanto, fino a pochi anni fa, fossero ampiamente praticate dalla maggior parte degli stati occidentali.

L’architettura monetaria di Bretton Woods concepiva esplicitamente l’introduzione di controlli ai flussi di capitale e gli stati europei dopo la Seconda guerra mondiale erano particolarmente avversi alla liberalizzazione dei flussi di capitali in quanto questi avrebbero influenzato il tasso di cambio e costretto in alcuni casi a dover far fronte a pressioni esterne al tasso di interesse.


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Lucio Russo: Pandemia, ricerca e miopia

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Pandemia, ricerca e miopia

di Lucio Russo

pexels photo 4226868Nel 1963 Giuseppe Saragat dette il via a una feroce campagna di stampa contro Felice Ippolito che, dirigendo il CNEN, aveva osato spendere danaro pubblico nella ricerca nucleare, portando l’Italia a livelli competitivi in questo settore. L’11 agosto di quell’anno, in un articolo sul “Corriere della Sera”, Saragat si chiedeva: “Perché non aspettare che questa competitività sia realizzata da paesi che hanno quattrini da spendere?”

È ben noto che Saragat vinse su tutta la linea: Ippolito fu processato e condannato a 11 anni di carcere per reati risibili (dalla concussione per avere un giorno accompagnato il figlio a scuola con l’auto del CNEN al versamento allo stato di una grossa somma senza avere ottenuto preventivamente la prescritta autorizzazione) e la ricerca nucleare applicata italiana fu azzerata [1]. Parallelamente al processo Ippolito fu celebrato il processo contro Domenico Marotta, che aveva diretto l’Istituto Superiore di Sanità portandolo a livelli mai più raggiunti (si può darne un’idea ricordando che nel 1947 il biochimico svizzero Daniel Bovet lasciò la direzione dell’Istituto Pasteur di Parigi per venire a lavorare a Roma presso l’ISS, dove svolse le ricerche che nel 1957 gli avrebbero fruttato il premio Nobel, e nel 1948 lo raggiunse il biochimico tedesco naturalizzato britannico Ernst Boris Chain, che il premio Nobel l’aveva già ricevuto).

Non voglio qui cercare le cause profonde di quell’attacco vincente alla ricerca applicata italiana, di cui paghiamo ancora le conseguenze (l’ho fatto altrove); qui mi limito a sottolineare l’argomento che Saragat riteneva fosse condivisibile dal pubblico: perché spendere danaro per fare ricerca invece di usufruire gratis della ricerca altrui?


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Fulvio Bellini: I molteplici significati del Recovery Fund

cumpanis

I molteplici significati del Recovery Fund

di Fulvio Bellini

bellini foto recovery fundPremessa: le parole sono importanti

Il termine “Recovery Fund” in Italia è sulla bocca di tutti. Politici, giornalisti, imprenditori di questo paese si stanno rendendo conto che si è ormai raggiunto il fondo di una crisi strutturale che è iniziata negli anni novanta dello scorso secolo. Tuttavia, quando le soluzioni a mali lasciati crescere per decenni non si intravedono, è uso della classe dirigente invocare lo “stellone italico”, versione laica della “divina Provvidenza” che tanto ruolo ha avuto nella nostra millenaria cultura cattolica, una “volontà superiore” cioè che ridia speranza per il futuro. Nell’era della Pandemia da Covid-19 lo “stellone italico” si chiama “Recovery Fund”. Ma siccome la nostra classe dirigente è notoriamente provinciale, anche se usa con dovizia locuzioni inglesi, riesce a mistificare definizioni espresse nelle lingue straniere. In Italia, il fondo UE lo si chiama “Recovery Fund” ma la sua denominazione ufficiale è “Next Generation EU”: questa spontanea trasformazione lessicale da parte della nostra informazione di regime cela un retro pensiero che è opportuno evidenziare. In italiano “Recovery Fund” significa “fondo di ripresa o di recupero”; “Next generation EU” significa “prossima generazione dell’Unione europea”. Vogliono dire la stessa cosa? Ufficialmente sì, ma a ben pensarci ci si può scorgere un dettaglio rivelatore. La classe dirigente italiana intende il Recovery fund come qualcun altro che metta tanti soldi per riparare i danni che il liberismo in salsa italica ha causato negli ultimi trent’anni.


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David Graeber: Quando questo incubo sarà finito

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Quando questo incubo sarà finito

di David Graeber

In questo testo scritto poco prima della sua morte, David Graeber sostiene che dopo la pandemia, non possiamo tornare ad accettare il sistema. Si dovrebbe cominciare dal prendersi cura di chi si prende cura degli altri

Ad un certo punto nei prossimi mesi, la crisi sarà dichiarata conclusa e potremo tornare ai nostri lavori «non essenziali». Per molti sarà come svegliarsi da un sogno.

Sicuramente i media e la classe politica ci incoraggeranno a pensarla in questo modo. È già successo dopo il crollo finanziario del 2008. Ci fu un breve momento di rimessa in discussione (Che cos’è la «finanza», in fondo? Non sono i debiti di altre persone? Che cos’è il denaro? È anche solo debito? Cos’è il debito? Non è solo una promessa? Se il denaro e il debito sono solo una raccolta di promesse che ci facciamo l’un l’altro, non potremmo crearne di diversi tipi altrettanto facilmente?). La finestra venne sbarrata quasi istantaneamente da coloro che insistevano sul fatto di stare zitti, di smettere di pensare e tornare al lavoro, o almeno iniziare a cercarne uno.


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Gian Marco Martignoni: «Il privilegio della schiavitù» di Ricardo Antunes

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«Il privilegio della servitù» di Ricardo Antunes

recensione di Gian Marco Martignoni

Gli effetti della nuova divisione internazionale del lavoro, le trasformazioni della prestazione lavorativa e le conseguenze sulla nuova morfologia del lavoro sono al centro del libro «Il privilegio della servitù» (Edizioni Punto Rosso: 314 pagine, 20 euro) del sociologo Ricardo Antunes, che analizza il perpetuarsi dell’alienazione nei luoghi di lavoro, al di là delle false credenze veicolate dal fluente dizionario dell’ideologia imprenditoriale. Osservatorio privilegiato di queste trasformazioni è l’emergente realtà brasiliana che – stante l’alternarsi negli ultimi decenni di una fase di sfrenato neoliberismo a un’altra segnata da un social-liberismo sostanzialmente assistenziale – spiega abbondantemente le ragioni del recente successo elettorale dell’estrema destra rappresentata da Jair Bolsonaro, nel quadro di una tendenza di carattere internazionale. L’approccio di Antunes prosegue la ricerca avviata con «Addio al lavoro» e «ll lavoro e i suoi sensi», contestando le tesi di Andrè Gorz e di Jurgen Habermas sulla presunta centralità del lavoro immateriale e la perdita di rilevanza della teoria del valore lavoro, poiché il lavoro produttivo è tutt’altro che scomparso, essendosi irradiato nel sud est asiatico e nelle semi periferie del mondo, ove quello informale ne è il tratto dominante.


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Aldo Zanchetta: In Italia il primo governo targato Great Reset

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In Italia il primo governo targato Great Reset

di Aldo Zanchetta

La nomina del generale Figliuolo a Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 è significativa da molti punti di vista: connessa da un lato con la narrazione della Pandemia come guerra mondiale contro un nuovo nemico feroce e inafferrabile, il virus Sars.CoV.2, anticipa come cambierà la strategia su uno dei fronti più disastrati della guerra e non solo, quello italiano. E la necessità di un nuovo nemico da combattere, tutti dalla stessa parte per quanto possibile, sembra una necessità alla quale il ‘sistema’, per la sua stabilità, non può derogare, dopo il pericolo rosso, il terrorismo islamico è la volta del virus, il primo di tanti che obbligheranno a uno stato di belligeranza sanitaria permanente.

Che siamo di fronte a una nuova ‘grande guerra’ lo aveva annunciato nell’aprile del 2020, poco dopo la dichiarazione della pandemia, il grande teorico della lotta ai virus presenti e futuri, Bill Gates, che da poco aveva lasciato gli ultimi incarichi ancora ricoperti in Microsoft per dedicarsi a tempo pieno alle ‘truppe scelte’ da lui predisposte: la Fondazione Bill&Melinda Gates, la Cepi (The Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) e la Gavi (The Vaccine Alliance), dopo aver occupato finanziariamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità, della quale è il principale finanziatore.


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comidad: Ambasciatori e droni italiani in Congo

comidad

Ambasciatori e droni italiani in Congo

di comidad

Una delle scadenze più significative della società “occidentale” è il cosiddetto “dibattito”, a cui ognuno a modo suo sente di dover partecipare; finché forse un giorno non gli si svela l'orribile segreto, e cioè che di quello che dice, o non dice, non gliene frega niente a nessuno. Il “dibattito” è infatti un rituale che ha una sua viziosa circolarità: sembra partire da determinate premesse, procedere e acquisire nuove posizioni, salvo poi ritrovarsi puntualmente di nuovo al punto di partenza. In “democrazia” il finto ascolto e la fittizia apertura alle critiche sono cerimoniali che servono a ribadire le gerarchie comunicative tra i “superiori” e gli “inferiori”. Attraverso un contorto sentiero dialettico, si arriva persino a denunciare le malefatte dei ricchi e dei potenti, per poi alla fine concludere che è sempre colpa dei poveri e dei deboli. Questo inesorabile paradigma comunicativo può essere verificato anche tutte le volte che si parla di Africa.

L'assassinio dell'ambasciatore italiano, del suo carabiniere di scorta e del suo autista nella Repubblica Democratica del Congo ha riportato all’evidenza il paradosso dell’ex Congo belga, uno dei Paesi più ricchi di materie prime al mondo, ma anche uno di quelli economicamente più poveri.


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coniarerivolta: Il lavoro e i piani bellicosi del Governo Draghi

coniarerivolta

Il lavoro e i piani bellicosi del Governo Draghi

di coniarerivolta

licenziareAncora non ci sono certezze su quella che sarà la politica economica e sociale del governo Draghi. Allo stato attuale, l’esecutivo guidato dall’ex Presidente della BCE non ha ancora adottato provvedimenti tali da indicare quelle che saranno le sue mosse, sebbene alcune nomine di consiglieri economici non facciano dormire sonni tranquilli. Ben presto, però, ne sapremo di più.

 

Blocco dei licenziamenti e integrazioni salariali: si avvicinano le scadenze

Tra circa un mese, infatti, scadrà il blocco dei licenziamenti, da ultimo prorogato dalla Legge di bilancio fino al 31 marzo. Lo stesso giorno, inoltre, è il termine ultimo di copertura della cassa integrazione ordinaria con causale Covid-19, mentre per la cassa integrazione in deroga la scadenza è prevista, attualmente, per il 30 giugno. In entrambi i casi, però, il periodo massimo di cassa integrazione è fissato in dodici settimane.

Ricordiamo brevemente che cos’è la cassa integrazione. Si tratta di un meccanismo di integrazione salariale, pensato per garantire ai lavoratori un sostegno economico nel momento in cui, a causa delle ridotte esigenze produttive delle imprese presso le quali sono stati assunti o durante fasi di riorganizzazione e di crisi aziendale, vengono lasciati a casa per alcuni periodi, o il loro orario lavorativo si riduce. Durante questi periodi, ai lavoratori viene versato un trattamento economico che ammonta all’80% della retribuzione globale che sarebbe loro spettata per le ore di lavoro non prestate.


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Malte Fabian Rauch: An-archē e Indifferenza: Tra Giorgio Agamben e Reiner Schürmann

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An-archē e Indifferenza: Tra Giorgio Agamben e Reiner Schürmann

di Malte Fabian Rauch

Malte3.001Il saggio di Malte Fabian Rauch An-archē and Indifference: Between Giorgio Agamben and Reiner Schürmann sarà pubblicato dalla, e consultabile sulla, rivista Philosophy Today, 65:3 (Summer 2021). Questo saggio pionieristico di Rauch tocca uno degli assi di ricerca più fecondi e cari al Laboratorio di Archeologia Filosofica — la relazione tra il pensiero di Giorgio Agamben e quello di Reiner Schürmann — tentando di esortare chi legge al confronto nonché alla rielaborazione (in) comune di questo nesso cruciale e, tuttavia, ancora largamente inesplorato. Di seguito, in anteprima, la traduzione annotata a cura di F. Della Sala e F. Guercio.

* * * *

Nelle ultime pagine de L’uso dei corpi di Giorgio Agamben, il concetto di ‘vera anarchia’ si rivela come il punto di fuga politico dell’intero progetto Homo sacer[1]. Reiner Schürmann, il quale era sembrato finora solo un riferimento molto occasionale, appare qui improvvisamente come uno degli interlocutori decisivi di Agamben. Alcuni dei lettori più attenti di quest’ultimo, Jean-Luc Nancy ed Étienne Balibar, hanno sottolineato l’importanza di questo riferimento[2]. E tuttavia nella trattazione generale dell’opera di Agamben tale connessione ha ricevuto per lo più scarsa attenzione. Prova ne è che, per avvicinarsi alla nozione agambeniana di anarchia, seppur l’opera di Schürmann è stata utilizzata, non si è però fatta menzione della sua discussione esplicita[3]. Questo saggio è un tentativo di chiarire l’importanza di questo rapporto – sia per l’effetto che ha avuto sul lavoro di Agamben, sia per la leggibilità del lavoro di Schürmann nel presente.


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Thomas Fazi: Squilibri della bilancia commerciale: il vero tallone d’Achille della MMT?

csepi

Squilibri della bilancia commerciale: il vero tallone d’Achille della MMT?

di Thomas Fazi

Schermata 2021 03 02 alle 12.05.50In un suo paper Imbalances, what imbalances? A dissentig view il prof. Randall Wray sosteneva, correttamente, che gli squilibri finanziari si equilibrano e che il problema è semmai da ricercare nel fatto che questi "squilibri" segnano, piuttosto, dei rapporti di forza di natura asimmetrica. E' anche su questa premessa che bisognerebbe ragionare ogni qualvolta ci approcciamo all'argomento riguardante gli "squilibri commerciali". In tale ottica riceviamo e con piacere pubblichiamo un articolo di Thomas Fazi che, attraverso una puntuale disamina, tenta di fare chiarezza sulla questione partendo dal punto di vista della MMT. Argomento già affrontato su questo sito a più riprese nel corso degli anni passati (si veda l'articolo "La MMT e i vincoli esterni" e la video intervista al prof. Wray "Lo squilibrio della bilancia dei pagamenti", "Deficit commerciale e debito estero", "Il cambio flessibile è sempre conveniente?").

Thomas con questo lavoro si pone in prima battuta in un'ottica 'oggettiva', analizzando gli aspetti sotto la lente tecnico-economica, per arrivare a concludere correttamente, come anche noi sosteniamo da sempre, che in ultima analisi l'aspetto focale da prendere in considerazione è quello strettamente correlato alle dinamiche afferenti la sfera politica.

Dunque un articolo esauriente e interessante di cui ne consigliamo vivamente la lettura. Complimenti![CSEPI]

*****

Quando si parla di teoria monetaria moderna (modern monetary theory, MMT), una delle obiezioni più comuni in cui capita di imbattersi, anche tra chi condivide l’assunto di fondo della teoria – ovverosia che uno Stato che dispone della sovranità monetaria (cioè che emette la propria valuta e non vincola quest’ultima a un tasso di cambio fisso) non è sottoposto a vincoli finanziari di alcun tipo in quanto può letteralmente creare tutta la moneta che vuole –, è che la MMT trascurerebbe, o almeno tenderebbe a sottovalutare, la questione dei saldi commerciali.


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Dante Barontini: Zingaretti se ne va, non sarà l’unico…

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Zingaretti se ne va, non sarà l’unico…

di Dante Barontini

Come nelle saghe simil-nibelungiche che popolano la televisione d’inverno, eserciti politici sparsi nella pianura vengono spazzati via dall’alito dei Draghi volteggianti nell’aere…

Stavolta tocca al Pd, con il segretario Nicola Zingaretti, convinto alle dimissioni – a suo dire – dall’indegno spettacolo della lotta per le poltrone che caratterizzerebbe il suo stesso partito. Difficile crederci, vista la storia del Pd e dello stesso Zingaretti (uno che di poltrone e gestione amministrativa se ne intende), perciò sarà meglio evitare di farsi depistare.

Per capirci qualcosa bisogna alzarsi al di sopra del livello “fenomenico” espresso dalla più squallida classe politica dell’Occidente. Lo stesso terremoto, appena qualche giorno prima, ha scosso dalle fondamenta il Movimento 5 Stelle, con la conversione istantanea del suo “gruppo dirigente” dall’anti-draghismo al viva-draghismo europeista ed atlantico, e la contemporanea diaspora di una parte non secondaria dei suoi parlamentari, ora costituiti in “alternativa”.


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Manlio Dinucci: La pericolosa strategia Usa-Nato in Europa

manifesto

La pericolosa strategia Usa-Nato in Europa

di Manlio Dinucci

Si sta svolgendo nello Ionio, dal 22 febbraio al 5 marzo, l’esercitazione Nato Dynamic Manta di guerra anti-sottomarino. Vi partecipano navi, sottomarini e aerei di Stati Uniti, Italia, Francia, Germania, Grecia, Spagna, Belgio e Turchia. Le due principali unità impegnate in questa esercitazione sono un sottomarino nucleare Usa da attacco della classe Los Angeles e la portaerei francese Charles de Gaulle a propulsione nucleare assieme al suo gruppo di battaglia, comprendente anche un sottomarino nucleare da attacco. La Charles de Gaulle, subito dopo, andrà nel Golfo Persico. L’Italia, che partecipa alla Dynamic Manta con navi e sottomarini, è la «nazione ospite» dell’intera esercitazione: ha messo a disposizione delle forze partecipanti il porto di Catania e la stazione elicotteri della Marina sempre a Catania, la stazione aeronavale di Sigonella (la maggiore base Usa/Nato nel Mediterraneo) e la base logistica di Augusta per i rifornimenti. Scopo dell’esercitazione è la caccia ai sottomarini russi nel Mediterraneo che, secondo la Nato, minaccerebbero l’Europa.


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Jack Orlando: La fabbrica del militante

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La fabbrica del militante

di Jack Orlando

Guido Carpi, Lenin. La formazione di un rivoluzionario (1870-1904), Stilo Editrice, Bari 2020, pp. 247, 18€

A cento e passa anni da quell’Ottobre, dal primo giorno del diluvio operaio, cosa resta dell’architetto della rivoluzione bolscevica?

Tendenzialmente poco, verrebbe da dire, data la sistematica opera di demonizzazione del comunismo che procede, ormai sfacciata, a livello istituzionale, mediatico ed accademico. Una vulgata fattasi verità che procede spedita attraverso gli innocenti nelle foibe, i gulag, Lenin che mangia i bambini, l’Armata Rossa che stupra Berlino e Che Guevara che ammazza gli omosessuali, come un fiume di fango liberale diretto a tappare ogni via d’uscita da un presente asfittico di miseria e morte. Nulla fuori di qui, nulla, se non barbarie, fuori dal capitale.

Poco ne resterebbe anche se si pensasse al graduale, ma sempre più largo, accantonamento (se non proprio di condanna alle volte), da parte dei movimenti degli ultimi due o tre decenni, non solo di Lenin ma di qualsiasi precedente storico, politico e teorico in cui ad essere protagonista è un soggetto collettivo organizzato attorno ai cardini della disciplina, della dedizione e delle ovvie rigidità che queste comportano.


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Geraldina Colotti: Chávez tra Bolivar e Marx

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Chávez tra Bolivar e Marx

di Geraldina Colotti

La rivoluzione bolivariana, oltreché il merito di aver rivitalizzato il sogno del Libertador prospettando una seconda indipendenza per la Patria Grande, ha avuto anche il merito di aver messo in dialogo il pensiero di Simon Bolivar con quello socialista. Un progetto di non facile ricezione, in Europa, neppure fra quelle aree della sinistra che avevano deciso di appoggiare Chávez, vincendo le reticenze dovute al suo essere militare.

Rimaneva, soprattutto in Italia, la memoria del tentativo effettuato da Mussolini e dagli storici fascisti di manipolare il significato del giuramento di Monte Sacro, compiuto nel 1805 dal Libertador nel luogo della prima secessione della plebe nella Roma Antica. In quel luogo simbolico, Bolivar, accompagnato dal maestro libertario Simon Rodriguez giurò di combattere per la libertà e l’indipendenza dell’America.

Concetti opposti a quelli del dittatore italiano, che considerava l’imperialismo “una legge eterna e immutabile della vita”, utile alla volontà di espansione di una razza superiore. Per questi pregressi, una parte dell’estrema destra italiana ha cercato di manipolare anche la figura di Chávez, fino alla sua scomparsa.


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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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Mar 13, 2021, 10:09:33 AM3/13/21
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Pino Cabras: L’alternativa c’è

lafionda

L’alternativa c’è

Leandro Cossu intervista Pino Cabras

5788066 1246 m5s bandiera4 fg 20210218201025Abbiamo intervistato Pino Cabras, deputato sardo eletto nel 2018 col MoVimento Cinquestelle, “dissidente” della fiducia al Governo Draghi e fondatore della componente del gruppo misto “L’Alternativa c’è”.

* * * *

Il voto della fiducia al governo Draghi non è di certo il primo che vede lei e gli altri “dissidenti” prendere una posizione non allineata rispetto al resto del gruppo parlamentare ma di sicuro più coerente al programma del MoVimento Cinque Stelle per le elezioni del 2018. Penso, per esempio, alla riforma del MES votata a metà di dicembre dello stesso anno. L’espulsione a seguito del voto contrario al Governo Draghi è stato il culmine di un processo di snaturamento del MoVimento iniziato da quando è diventato partito di governo?

Il M5S ha esaurito assai più presto del previsto la propria spinta propulsiva che derivava dagli anni in cui era il “partito della crisi”, ossia la forza politica che rappresentava milioni di cittadini sommersi da quel che definisco l’Europeismo Reale e che premevano per un’alternativa al rigorismo dei “dittatori dello spread”. Il problema è che assieme a una retorica che suonava rivoluzionaria, il M5S non esprimeva anche una progettualità altrettanto coraggiosa e intransigente rispetto al cuore delle decisioni, ossia la politica economica. In un certo senso ci si accontentava di governare i milioni di euro, ma i miliardi li governava lo stato profondo: cioè le tecnostrutture burocratiche, una cinghia di trasmissione fra Bruxelles e Francoforte e le opache decisioni economiche di quei palazzi romani inaccessibili alla classe dirigente grillina, concentrata sulla “scatoletta di tonno” di Montecitorio, in parte già svuotata.


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Federico Corriente: Chi ha paura di Jacques Camatte?

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Chi ha paura di Jacques Camatte?

di Federico Corriente

Il lettore potrà rendersi conto che l’invar­ianza dichiarata-proclamata al­l’i­ni­zio, quella della teoria del proleta­riato, è già inclusa in un’altra assai piú vasta: la ricer­ca di una comunità umana, il cui com­plemento è la messa in risalto della di­struzione delle antiche comunità e l’ad­domesticamento degli uomini e delle donne cosí come la lotta contro di esso, una delle condizioni storiche per­ché il tentativo di fondare una comunità uma­na possa realizzarsi. («Communauté et devenir», 1994)

Schermata del 2021 03 12 16 03 32I. Inizi di Jacques Camatte nella sini­stra comunista italiana e prime opere. Rottura con il pc-int

Gli inizi di Camatte si trovano nel Par­tito Comunista Internazionale (PC-Int), uno tra gli eredi del Partito Co­munista Italiano originale, che l’Internazional­e Comunista finí per espellere intorno al­l’an­no 1928. In quanto ai dati biografici, è cu­rioso che quasi non ve ne siano: Camatte è riuscito a rendersi molto piú «anti-spettacola­re», di Guy Debord, ad esempio. Il poco che sap­piamo è che nacque vicino a Marsiglia nel 1935 e che lavorò come professore di Scienze della Vita e della Terra in varie località del sud della Francia (Tolone, Brignoles e poi Ro­dez) fino al 1967. Quanto alla sua iniziale mi­litanza nella Frazione Francese della Sini­stra Comunista In­ternazionale, entrò nel gruppo di Marsiglia nel 1953. Un paio d’anni piú tar­di, conobbe a Napoli Bordiga (che visse fino all’anno 1970), con il quale concorderà un gran numero dei suoi primi testi.

Nel 1957 il gruppo francese della Sinistra Comunista Internazionale cominciò a pubblicar­e la rivista Programme Communiste, sotto la direzione di una donna, Suzanne Voute — germanista e traduttrice di gran parte dell’ope­ra di Marx per le edizioni Gallimard e La Pléiade, in collaborazione con Maximilien Ru­bel — che arrivò da Parigi per stabilirsi nel Sud e farsi carico della direzione del gruppo. A quanto sembra, segnò subito la personalità di Camatte (non è azzardato supporre che Camatt­e abbia imparato il tedesco da lei). Suzan­ne Voute precedentemente aveva animato la Fra­zione Francese della Sinistra Comunista Inter­nazionale sino agli anni 1949–1950, quando il suo compagno sentimentale, l’ex membro del POUM Albert Masó («Véga»), portò la grande maggioranza della FFGCI nelle file di «Socia­lisme ou Barbarie».


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Andrea Turco: Il governo di unità militare

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Il governo di unità militare

di Andrea Turco

La nomina a commissario per l'emergenza del generale Figliuolo rinnova il mito per cui l'unica organizzazione efficace è quella militare, cioè autoritaria. E per le forze armate il Covid si conferma un affare che aumenta finanziamenti e visibilità

figliuolo jacobin italia 990x361In una scena famosa del film Vogliamo i colonnelli – feroce satira di Mario Monicelli che immagina un colpo di Stato in Italia sull’esempio del regime greco a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta – un gruppo sgangherato di nostalgici fascisti e vecchi arnesi dell’esercito si ritrova ad arringare giovani uomini bianchi che nelle intenzioni dovrebbero costituire la manovalanza del golpe. Il più esagitato è l’onorevole Giuseppe Tritoni, interpretato da Ugo Tognazzi. Le sue parole, a distanza di quarant’anni, risultano paradigmatiche:

Ordine, Obbedienza, Disciplina! Basta con l’anti-storica uguaglianza. Ma che vuol dire? Ma perché un ingegnere deve essere uguale a un muratore… madonna di un dio! Soltanto i coglioni sono uguali l’uno all’altro.

Di quel film, zeppo di riferimenti nemmeno troppo velati al principe Junio Valerio Borghese e alla destra del Movimento Sociale Italiano, quella appena riportata è una delle battute invecchiate meglio. Alla pari dell’invocazione del titolo. Nel dibattito pubblico, almeno in quello mainstream, di fronte alla millantata indisciplina del popolo italiano si finisce prima o poi fatalmente per invocare l’esercito. Ancor di più nell’era Covid che stiamo vivendo. Il governo Draghi ha accelerato questo processo. Il fatto più emblematico in questo senso è il recente affidamento della gestione dell’emergenza Coronavirus al generale di corpo d’armata Francesco Paolo Figliuolo, dal 2018 comandante logistico dell’Esercito italiano.


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Isabelle Stengers: Covid-19: liberarsi dall’immaginario capitalista?

labottegadelbarbieri

Covid-19: liberarsi dall’immaginario capitalista?

Naïm Kharraz (*) intervista Isabelle Stengers

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              couv HDIsabelle Stengers, filosofa che studia la produzione del sapere, in questa intervista rilasciata all’Atelier des Droits Sociaux [sotto il testo originale, in francese] sviluppa il modo in cui l’immaginario capitalista mette in pericolo scienze, democrazia e ambiente. Spiega come quest’immaginario abbia potuto provocare risposte nate nel panico più assoluto durante la pandemia del Covid 19. E ci ricorda che è essenziale continuare a sviluppare la nostra capacità di immaginario solidale per contrastare ciò che provoca le catastrofi, oggi la pandemia e disastri ecologici futuri.

* * * *

Durante il confinamento, tutta una serie di persone è stata dimenticata. Possiamo citare i-le lavoratori-trici del sesso, i senzatetto, i-le migranti… Questa dimenticanza é volontaria? È il risultato di un’ideologia? O questa dimenticanza è inevitabile in tutte le società organizzate come la nostra?

«Non credo affatto che sia un problema legato ad una società che possa rendere inevitabile qualcosa. Ci sono molti modi di costruire una società. Quello che è stato fatto ai nostri anziani per esempio, con il pretesto che erano vulnerabili, sarebbe del tutto inconcepibile in società più tradizionali, dove si rispettano gli anziani. E rispettarli non significa rinchiuderli. Ma in ogni caso penso che la parola “dimenticare” sia quella giusta perché questo confinamento deve essere capito partendo da una reazione di panico. E quando c’è panico, si dimenticano molte cose! Si reagisce sotto l’influenza di un’emergenza che impedisce di pensare.


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Salvatore Bravo: Lo “sconfittismo” di G. La Grassa funzionale al neoliberismo

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Lo “sconfittismo” di G. La Grassa funzionale al neoliberismo

di Salvatore Bravo

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              obrerosFallimenti e ricostruzioni teoriche

Gianfranco La Grassa (Conegliano, 19 gennaio 1935) è un post-marxista definizione generica e nel contempo embrionale, perché la galassia del post-marxismo è abitata da un mondo plurale, in cui convivono una molteplicità di posizioni e tendenze, ma non è ancora chiaro quale prevalga. È un pensatore che segna il passaggio dal crollo del marxismo a una nuova postura di sinistra ancora incerta, quindi, dai tratti indefiniti, benché usi le categorie marxiane per leggere il presente. Il punto di partenza di La Grassa è il constatare il sostanziale fallimento del comunismo reale, poiché la classe operaia non è stata capace di gestire l’apparato industriale. Di fondo vi è un limite teorico di Marx e del marxismo che ha “ridotto” la contrapposizione tra capitale e salario a semplice opposizione giuridica tra proprietari e non proprietari. La realtà storica effettiva, invece, non è semplice antitesi giuridica, ma opposizione tra capacità di gestione manageriale della proprietà (dominanti) e sulla sponda opposta l’incapacità decisionale dei subalterni (dominati), i quali sono subalterni non solo per la condizione economica, ma specialmente perché sono esclusi dai circuiti decisionali delle imprese e del capitale. Il comunismo reale ha palesato tale “privazione culturale” con l’effetto che la rivoluzione è ricaduta su se stessa, si è burocratizzata, ha nuovamente escluso gli operai ed i contadini dalla gestione del potere. Il lavoratore collettivo produttivo ipotizzato da Marx, quale punto nodale per la messa in atto del comunismo non si è materializzato, poiché si è riformata una nuova classe di gestori del potere economico di cui la classe operaia è stata suddita.


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Francesco Coniglione: Ancora su specialismo e competenze. Una replica opportuna

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Ancora su specialismo e competenze. Una replica opportuna

di Francesco Coniglione

Questo articolo replica a quello pubblicato ieri di Di Remigio e Di Biase, Il primato della teoresi

Displaying Expertise Through Blogging 600x342 1Ringrazio innanzi tutto Paolo Di Remigio e Fauste Di Biase per il loro intervento, che pone in modo intelligente alcune questioni che nel mio articolo erano rimaste sottintese e che non avevo avuto modo di approfondire visto la sua destinazione primaria (ricordo che era nato come un post su Facebook, poi ripubblicato come tale su Roars). E devo anche dire che se per un aspetto l’articolo citato richiede delle precisazioni da parte mia, per il resto non posso che essere d’accordo con i due autori nella critica che loro fanno alla “barbarie pedagogica” e alla necessità di rivendicare il ruolo della “teoresi”. E in merito potrei citare diversi miei articoli (pubblicati anche su Roars – basta scorrerne l’indice), in cui ho rivendicato le stesse cose.

Ma veniamo al merito del principale rimprovero fattomi: io avrei confuso competenza e specializzazione scientifica, sicché ho trattato “il rapporto tra conoscenza e competenza come se coincidesse con il rapporto tra conoscenza universale e conoscenza particolare”. L’impressione che io abbia confuso questi due aspetti potrebbe derivare dal fatto che non li ho esplicitamente distinti, ritenendo tale opportuna differenziazione implicitamente data. Pertanto non ritengo tale omissione particolarmente grave: in fondo la conoscenza specialistica è la condizione necessaria per avere delle competenze, anche se da sola non è sufficiente.


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Matteo Di Lauro: Controlli ai flussi di capitali: un’opzione eretica?

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Controlli ai flussi di capitali: un’opzione eretica?

di Matteo Di Lauro

globalelectronicflowslargeNel suo ultimo libro Emiliano Brancaccio evoca spesso la limitazione della libera circolazione di capitali come strumento per prevenire la destabilizzazione delle economie da parte di capitali esteri[1]. Come spesso è accaduto nella storia recente, è stata la libera circolazione di capitali e merci che ha portato a crisi della bilancia dei pagamenti. Ne è un esempio la crisi del debito sovrano che, nonostante il nome fuorviante, è stata invece causata da forti squilibri nella bilancia dei pagamenti all’interno dell’Eurozona.

Ma torniamo alla libera circolazione dei capitali. È un’ipotesi estremista e priva di esempi storici?

In realtà è vero l’esatto opposto, la storia dell’economia moderna si è quasi sempre caratterizzata da un controllo sui capitali da parte degli stati e gli ultimi 30 anni nella storia europea costituiscono un’eccezione a un diritto da sempre esercitato da parte degli stati di controllare i flussi di capitale. Per quanto la vulgata tenda a farci credere che viviamo in una situazione di normalità, questa è solo un’illusione. Qui mi limiterò a parlare delle misure atte alla limitazione della circolazione dei capitali in Europa, e di quanto, fino a pochi anni fa, fossero ampiamente praticate dalla maggior parte degli stati occidentali.

L’architettura monetaria di Bretton Woods concepiva esplicitamente l’introduzione di controlli ai flussi di capitale e gli stati europei dopo la Seconda guerra mondiale erano particolarmente avversi alla liberalizzazione dei flussi di capitali in quanto questi avrebbero influenzato il tasso di cambio e costretto in alcuni casi a dover far fronte a pressioni esterne al tasso di interesse.


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Lucio Russo: Pandemia, ricerca e miopia

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Pandemia, ricerca e miopia

di Lucio Russo

pexels photo 4226868Nel 1963 Giuseppe Saragat dette il via a una feroce campagna di stampa contro Felice Ippolito che, dirigendo il CNEN, aveva osato spendere danaro pubblico nella ricerca nucleare, portando l’Italia a livelli competitivi in questo settore. L’11 agosto di quell’anno, in un articolo sul “Corriere della Sera”, Saragat si chiedeva: “Perché non aspettare che questa competitività sia realizzata da paesi che hanno quattrini da spendere?”

È ben noto che Saragat vinse su tutta la linea: Ippolito fu processato e condannato a 11 anni di carcere per reati risibili (dalla concussione per avere un giorno accompagnato il figlio a scuola con l’auto del CNEN al versamento allo stato di una grossa somma senza avere ottenuto preventivamente la prescritta autorizzazione) e la ricerca nucleare applicata italiana fu azzerata [1]. Parallelamente al processo Ippolito fu celebrato il processo contro Domenico Marotta, che aveva diretto l’Istituto Superiore di Sanità portandolo a livelli mai più raggiunti (si può darne un’idea ricordando che nel 1947 il biochimico svizzero Daniel Bovet lasciò la direzione dell’Istituto Pasteur di Parigi per venire a lavorare a Roma presso l’ISS, dove svolse le ricerche che nel 1957 gli avrebbero fruttato il premio Nobel, e nel 1948 lo raggiunse il biochimico tedesco naturalizzato britannico Ernst Boris Chain, che il premio Nobel l’aveva già ricevuto).

Non voglio qui cercare le cause profonde di quell’attacco vincente alla ricerca applicata italiana, di cui paghiamo ancora le conseguenze (l’ho fatto altrove); qui mi limito a sottolineare l’argomento che Saragat riteneva fosse condivisibile dal pubblico: perché spendere danaro per fare ricerca invece di usufruire gratis della ricerca altrui?


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Fulvio Bellini: I molteplici significati del Recovery Fund

cumpanis

I molteplici significati del Recovery Fund

di Fulvio Bellini

bellini foto recovery fundPremessa: le parole sono importanti

Il termine “Recovery Fund” in Italia è sulla bocca di tutti. Politici, giornalisti, imprenditori di questo paese si stanno rendendo conto che si è ormai raggiunto il fondo di una crisi strutturale che è iniziata negli anni novanta dello scorso secolo. Tuttavia, quando le soluzioni a mali lasciati crescere per decenni non si intravedono, è uso della classe dirigente invocare lo “stellone italico”, versione laica della “divina Provvidenza” che tanto ruolo ha avuto nella nostra millenaria cultura cattolica, una “volontà superiore” cioè che ridia speranza per il futuro. Nell’era della Pandemia da Covid-19 lo “stellone italico” si chiama “Recovery Fund”. Ma siccome la nostra classe dirigente è notoriamente provinciale, anche se usa con dovizia locuzioni inglesi, riesce a mistificare definizioni espresse nelle lingue straniere. In Italia, il fondo UE lo si chiama “Recovery Fund” ma la sua denominazione ufficiale è “Next Generation EU”: questa spontanea trasformazione lessicale da parte della nostra informazione di regime cela un retro pensiero che è opportuno evidenziare. In italiano “Recovery Fund” significa “fondo di ripresa o di recupero”; “Next generation EU” significa “prossima generazione dell’Unione europea”. Vogliono dire la stessa cosa? Ufficialmente sì, ma a ben pensarci ci si può scorgere un dettaglio rivelatore. La classe dirigente italiana intende il Recovery fund come qualcun altro che metta tanti soldi per riparare i danni che il liberismo in salsa italica ha causato negli ultimi trent’anni.


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Stefano Lucarelli: L’economia ha bisogno della complessità

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L’economia ha bisogno della complessità

Nella factory degli economisti underground.

di Stefano Lucarelli

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Sei anni fa Dani Rodrik ha pubblicato per Oxford University Press un saggio che, in modo responsabile, affronta una serie di riflessioni scomode circa lo stato in cui si trova la teoria economica[1]. Smarcandosi dall’idea che la scienza economica sia un campo di confronto fra scuole diverse, Rodrik prende sul serio le manifestazioni di insoddisfazione provenienti soprattutto dagli studenti. L’economista turco – oggi professore alla John Kennedy School of Governance dell’Università di Harvard – presta attenzione in particolare al Report della Post-Crash Economics Society[2] e alla grave accusa in esso contenuta: l’economia, così come è insegnata agli studenti nei corsi universitari diffonde vedute ristrette e lo fa rigettando il pluralismo e trascurando di fatto l’etica, la storia, la politica. Come se gli studenti fossero stati folgorati dallo spirito di Schumpeter, il quale, come è noto, ormai al termine della sua carriera accademica americana, scrisse all’interno della sua History, pubblicata solo dopo la sua morte: “Essi [i miei studenti americani] mancano del senso storico che nessuno studio pratico può dare. Questa è la ragione per cui è molto più facile farne dei teorici che degli economisti.”[3]

Per Rodrik la rappresentazione che i critici fanno della scienza economica sarebbe viziata proprio dal modo in cui l’economia viene insegnata, ma non risponderebbe a quanto accade all’interno della disciplina, nel mondo della ricerca: “Il problema, dal punto di vista degli studenti, è che molto di ciò che si insegna in un corso propedeutico di economia è un inno al mercato.


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Carlo Formenti: Luci e ombre di un sogno neogiacobino

perunsocialismodelXXI

Luci e ombre di un sogno neogiacobino

L’assalto al cielo mancato di Podemos

di Carlo Formenti

La versione di Pablo IglesiasIl libro di Francesco Campolongo e Loris Caruso, Podemos e il populismo di sinistra. dalla protesta al governo (appena uscito per i tipi di Meltemi), è un buon viatico alla comprensione di un fenomeno politico che, agli occhi di molti militanti delle sinistre radicali europee (e anche, mi sembra di poter dire, agli occhi dei due autori) è probabilmente l’unico esempio di esperimento riuscito di populismo di sinistra nel Vecchio Continente. Come i lettori scopriranno, il mio parere è meno ottimista, ma di questo più avanti. Il lavoro di Campolongo e Caruso è un ibrido in cui convivono le caratteristiche del reportage (ospita una robusta massa di dati, notizie e informazioni), della ricerca accademica (molti i riferimenti scientifici, che ritroviamo nella ricca bibliografia finale) e della discussione teorica politicamente impegnata. Per estrarne gli spunti che considero utili all’approfondimento del tema, articolerò la mia esposizione in due parti: nella prima, mi limiterò a sintetizzare il racconto delle origini, della storia e dell’evoluzione di Podemos contenuto nei capitoli dal secondo al settimo compresi; nella seconda discuterò le tesi interpretative degli autori esposte nel primo ottavo e nono capitolo (anche se qualche annotazione critica verrà anticipata nella prima parte, attraverso brevi incisi). Ho scelto questa soluzione perché si presta a evidenziare come l’accurata descrizione del fenomeno Podemos offertaci da Campolongo e Caruso si presti a diverse interpretazioni.


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Ernesto Burgio: Dopo un anno di pandemia. Siamo ostaggi di Big Pharma?

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Dopo un anno di pandemia. Siamo ostaggi di Big Pharma?

di Ernesto Burgio

Un
            anno di pandemiaL'Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato che i decessi da Covid hanno superato oggi (15/01/2021) i 2 milioni su oltre 94 milioni di casi accertati, con un indice di letalità superiore al 2% (in Italia sfiora il 3,5%: un indice molto alto, simile a quello ipotizzato per la Spagnola1 e circa 30 volte superiore a quello dell'influenza stagionale2). Eppure, è evidente che a fronte di Paesi che hanno registrato un numero di casi e tassi di letalità e mortalità altissimi (Belgio, Italia, Perù, Messico, Gran Bretagna, Brasile…) ce ne sono altri che hanno saputo affrontare adeguatamente la situazione, fermando immediatamente la pandemia (Vietnam, Cambogia, Australia, Nuova Zelanda, Cuba, Islanda). Dovrebbe essere chiaro, quindi, che soltanto il rafforzamento della medicina territoriale e la tempestiva messa in campo di sistemi efficaci di isolamento dei casi e di tracciamento e monitoraggio dei contatti potrebbe ridurre la circolazione del virus e di conseguenza il temuto incremento delle sue mutazioni adattative alla nuova specie e che sarebbe necessaria ed urgente, una riorganizzazione complessiva dei sistemi sanitari occidentali, con potenziamento della medicina territoriale e dei dipartimenti di medicina preventiva. E questo anche in prospettiva futura, dato che la pandemia non è un evento accidentale e imprevisto, ma un dramma lungamente annunciato e che potrebbe ripetersi, essendo il prodotto di una crisi ecosistemica e soprattutto microbio-ecosistemica monitorata da decenni e causata dalla nostra guerra irresponsabile contro la Natura: deforestazioni, agricoltura e allevamenti intensivi, inquinamento dell’intera ecosfera (atmosfera, idrosfera, biosfera e catene alimentari), urbanizzazione e crescita senza freni di immense megalopoli eco-insostenibili.


 

 

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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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Bollettino Culturale: Riflessioni su "Addio al lavoro?" e note a margine sul concetto di classe-che-vive-di-lavoro

bollettinoculturale

Riflessioni su "Addio al lavoro?" e note a margine sul concetto di classe-che-vive-di-lavoro

di Bollettino Culturale

ADEUS AO TRABALHO 1250460359BLe trasformazioni nel mondo del lavoro hanno influenzato la sua forma di essere, raggiungendo dimensioni oggettive e soggettive dei soggetti collettivi o della classe-che-vive-di-lavoro, come suggerisce l'autore. Il punto di riferimento di questo testo sono gli anni '80, un periodo in cui il libro “Addio al lavoro? Le metamorfosi e la centralità del lavoro” sottolineava che gli effetti non erano limitati al mondo sottosviluppato, ma abbracciavano anche il mondo sviluppato. La rottura degli schemi produttivi ha portato con sé un inasprimento dei livelli di degrado dei soggetti, rendendoli flessibili, allo stesso tempo ha portato allo smantellamento delle organizzazioni sindacali, che si basavano sul modello tradizionale di accumulazione, in cui il lavoro aveva ancora un certo potere contrattuale nell'ambito industriale e una relativa partecipazione ai profitti aziendali. Antunes presta particolare attenzione alla contraddizione strutturale tra capitale-lavoro, tenendo conto di come il nuovo regime di accumulazione ha ridefinito le forme di sfruttamento, nonché indebolito le forme tradizionali di lotta.

Grazie al suo lavoro è possibile osservare come il taylorismo-fordismo ha cessato di essere il principale modello di organizzazione del lavoro, iniziando a fondersi con forme più flessibili di accumulazione, a cui vengono assegnate varie denominazioni, come: "neofordismo", "neo-taylorismo", "postfordismo".

Diverse sono le caratteristiche di questo nuovo modello: specializzazione flessibile; deconcentrazione industriale; nuovi modi di controllare la forza lavoro; rottura o flessibilizzazione di ogni vincolo; controllo della qualità totale…


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Alessandro Visalli: La discussione entro Nuova Direzione

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La discussione entro Nuova Direzione

Osservazioni sulle note di Riccardo Bernini

di Alessandro Visalli

pesciNell’ultimo mese, in vista della seconda assemblea di Nuova Direzione, è stato avviato un dibattito che per ora ha visto un primo intervento di Carlo Formenti[1] e di Alessandro Visalli[2], ed una replica nel merito e molto articolata di Riccardo Bernini[3].

Il pezzo di Formenti, che apre la discussione, ricostruisce sinteticamente il contesto nel quale aveva preso forma il progetto organizzativo di Nuova Direzione, il cui scopo era di tentare di addensare le varie forze che nel quinquennio dal 2014 al 2019 avevano via via sviluppato una critica alla arrendevole posizione delle sinistre italiane ed internazionali verso la mondializzazione e i progetti di governance sovranazionale (sopra tutti l’Unione Europea). Ovvero di proporre una piattaforma che muovesse dalla sovranità costituzionale, superando anche le esitazioni e compromessi della piattaforma di “Patria e Costituzione” che, pure, alcuni dei protagonisti, come i due primi scriventi, avevano contribuito attivamente a promuovere[4]. Nuova Direzione era, insomma, solo l’ultimo anello di una catena di tentativi, variamente prodotti entro diverse associazioni, per ricostituire nel paese un punto di vista socialista, orientato alle ‘periferie’ (ovvero al mondo del lavoro debole, agli ambienti sociali periferici e alle relative soggettività), e potenzialmente egemonico[5].

Il principale elemento diagnostico che mosse quella serie di tentativi era che si era aperto, con la crisi del 2008-13, in tutto il mondo occidentale, un “momento Polanyi” nel quale lo scollamento tra i luoghi più dinamici dell’economia e i relativi ceti internazionali privilegiati e la grande maggioranza si era reso manifesto e provocava ormai una divaricazione non contenibile.


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Marcello Musto: Tanti auguri Rosa Luxemburg

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Tanti auguri Rosa Luxemburg

di Marcello Musto

rosa luxemburg jacobin italia 990x361Rosa Luxemburg nasceva 150 anni fa. Si sentiva a casa sua «in tutto il mondo, ovunque ci siano nubi e uccelli e lacrime umane», innovò il marxismo e capì che la classe operaia doveva lottare contro la guerra e la militarizzazione della società

Quando nell’agosto del 1893, al Congresso di Zurigo della Seconda internazionale, dalla presidenza dell’assemblea fu menzionato il suo nome, Rosa Luxemburg si fece spazio senza indugiare tra la platea di delegati e militanti che riempivano la sala stracolma. Era una delle poche donne presenti al consesso, ancora giovanissima, di corporatura minuta e con una deformazione all’anca che la costringeva a zoppicare sin dall’età di cinque anni. Nei presenti, il suo apparire sembrò destare l’impressione di trovarsi dinanzi a una persona fragile.

 

La questione nazionale

Stupì tutti, invece, quando, dopo essere salita su una sedia, per farsi ascoltare meglio, riuscì ad attirare l’attenzione dell’intero uditorio, sorpreso dall’abilità della sua dialettica e affascinato dall’originalità delle sue tesi. Per la Luxemburg, infatti, la rivendicazione centrale del movimento operaio polacco non doveva essere la costruzione di una Polonia indipendente, come veniva ripetuto all’unanimità. La Polonia era ancora tripartita tra gli imperi tedesco, austro-ungarico e russo; la sua riunificazione risultava di difficile attuazione, mentre ai lavoratori andavano prospettati obiettivi realistici che avrebbero dovuto generare lotte pratiche nel nome di bisogni concreti.


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coniarerivolta: Per un servizio sanitario nazionale e per non speculare sulla pandemia

coniarerivolta

Per un servizio sanitario nazionale e per non speculare sulla pandemia

di coniarerivolta

Ad un anno dall’ingresso del Coronavirus nelle nostre vite, ci troviamo sempre nel mezzo della pandemia: contagi ancora in crescita, decessi giornalieri nell’ordine delle centinaia, e ricoveri che ancora non mostrano una significativa inversione di tendenza. Cicli e ondate a cui assistiamo da mesi, fatti di aumento dei morti, chiusure, riaperture, euforia, esaltazione ed incoscienza: scene degne degli Ultimi giorni di Pompei. Le necessarie misure di contenimento, che in molti casi hanno previsto la chiusura di interi comparti, hanno fisiologicamente portato ad un calo del reddito e dell’occupazione, con conseguenze nefaste sulle condizioni di vita di milioni di persone, ed in particolare per le componenti più precarie della classe lavoratrice.

In questo quadro drammatico, una speranza di tornare ad avere una vita normale, che in molti casi significa tornare a percepire un reddito, si è accesa da qualche mese: la vaccinazione. Un processo che, per portare ai risultati desiderati, deve essere messo in campo in maniera rapida ed efficace e che pertanto abbisogna di ingenti risorse: l’esatto contrario di quanto invece fatto negli anni passati al sistema sanitario pubblico, falcidiato dai tagli.


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Il pungolo rosso: La posta in gioco. Riflessioni e proposte per un femminismo rivoluzionario

ilpungolorosso

La posta in gioco. Riflessioni e proposte per un femminismo rivoluzionario

di Il pungolo rosso

E’ uscito il Quaderno n. 1 del Cuneo rosso dedicato alla “questione di genere”, inquadrata come questione strutturale e internazionale. A partire da questa ottica, lo scritto ricostruisce il nesso tra le lotte contro ogni forma di oppressione, sfruttamento differenziale, discriminazione, violenza (fisica, sessuale, psicologica) che colpisce le donne nella società capitalistica, e la lotta rivoluzionaria per abbattere il capitalismo. Le specifiche contraddizioni che vivono la grande maggioranza delle donne, a cominciare dalle proletarie, hanno gradi di brutalità differenti nelle diverse parti del mondo, e sono mutate nel corso del tempo solo ed esclusivamente nella misura in cui lo hanno imposto con la forza le lotte delle donne e il fiancheggiamento (raro, in verità) del movimento operaio organizzato. Il patriarcalismo (nelle sue diverse forme) e l’oppressione della donna sono elementi organici al funzionamento del capitalismo. Ne deriva la necessità, per il movimento femminista, di fondare la sua lotta di liberazione su una prospettiva anticapitalista e rivoluzionaria.


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Marco Zanussi: Criptovalute e blockchain, un’introduzione

kriticaeconomica

Criptovalute e blockchain, un’introduzione

di Marco Zanussi

Negli ultimi tempi si sente con sempre maggiore intensità e frequenza parlare di blockchain. In effetti, la dinamica della diffusione di informazioni al suo riguardo è molto frequente nelle innovazioni distruttive (radicali) nel mondo socio-economico:

iniziale diffidenza – eccessiva proposizione – ritorno ai minimi relativi – graduale crescita/stabilizzazione

Tale dinamica è propria di una bolla finanziaria legata ad un sottostante di valore, ed in questo caso è possibile affermare che il sottostante sia potenzialmente distruttivo degli attuali paradigmi socio-economici sotto molti aspetti.

C’è chi ritiene che la tecnologia blockchain possa avere un impatto più che proporzionale rispetto all’avvento di Internet, perfetto esempio di distruzione creativa schumpeteriana.

L’argomento è stato più e più volte abusato nelle sue possibili applicazioni e spesso si è identificato esclusivamente con l’ambito monetario/fintech relativo alle criyptovalute, note ai più principalmente grazie al bitcoin.


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lorenzo merlo: Storia e Sentimenti

sinistra

Storia e Sentimenti

di lorenzo merlo

Perché la storia si ripete da sempre secondo un cliché conflittuale che, nonostante le belle intenzioni pubbliche e private, non riusciamo mai a superare? È una contraddizione alla quale non potremo mai fuggire, o quei propositi hanno la possibilità di realizzarsi?

Senza alternativa

Se ad un campione di umani si chiedesse di disegnare l’albero fuori dalla finestra, a consegna ultimata constateremmo un varietà di alberi. Nonostante l’evidenza delle molteplici diversità, l’esperimento – che si può ripetere con qualunque altro oggetto – potrebbe non bastare a generare in noi nuove domande, a rivedere vecchie convinzioni. Non basterebbe a farci prendere per mano noi stessi per avviarci a rivisitare il giro del palazzo della vita, per scoprire dove e perché avevamo imboccato il bivio che ci ha condotti a certe convinzioni, alla fabbrica della storia. Cioè, dove abbiamo deciso di prendere la via per ego e cosa ci ha distratto al punto da non vedere che c’erano strade alternative.


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Rodolfo Ricci: Draghi, il Principe all’inizio degli anni ’20

cambiailmondo

Draghi, il Principe all’inizio degli anni ’20

di Rodolfo Ricci

principe niccolo
            machiavelliLe élites, non sono necessariamente di destra o di sinistra. L’importante è che stiano sopra. Stando in alto possono mediamente osservare con imparzialità ideologica da che parte conviene pendere. La funzione delle élites è quella di riprodurre se stesse, cioè di riconfermare la dimensione sintetica dell’Alto e quella del Basso. E di proiettarla in avanti nel tempo con strumenti di diversa natura, nonché variabili rispetto ai mutevoli contesti; per questa proiezione sono preferibili strumenti egemonici, fondati su qualità riconosciute o riconoscibili, per esempio sull’autorevolezza, piuttosto che quelli quantitativi (forza, denaro, ecc.) o normativi o prescrittivi, che costituiscono sempre possibilità di ultima istanza.

L’ egemonia della scolastica capitalistica è stata fondamentalmente il denaro e il suo gioco infinito di accumulazione inteso come grazia che designa i suoi possessori e interpreti; non è detto che esso debba continuare ad essere il mezzo preferibile in un contesto oscillante e declinante di sistema. Alla fine, ciò che le élites debbono preservare è la dimensione di potere e di dominio, non lo strumento che ad esse serve per raggiungerlo.

Un concetto più interessante, da questo punto di vista, perché ancora più neutro e naturale, è quello della “competenza”, che rimanda all’antica qualità sciamanica di intercettare le forze superiori. Nella sua versione laica, legata alla scienza e alla sua manipolazione, si tratta di un concetto scalabile, a prima vista, non legato per forza alla finanza, né all’appartenenza a uno specifico settore sociale o confraternita, quindi non appare attaccabile, se non in seconda istanza, come “di parte”.


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Francesca Romana Capone: Il complesso rapporto tra storia ed evoluzione

anticitera

Il complesso rapporto tra storia ed evoluzione

di Francesca Romana Capone

Il saggio Storia ed evoluzione di Edmund Russell, offre lo spunto per ragionare, in termini più ampi, sull’intreccio che ha legato l’evoluzione biologica e quella culturale sin dalla comparsa delle idee di Darwin. Proprio un “eretico” di inizio Novecento, Pëtr Kropotkin, con il suo Il mutuo appoggio, di recente ripubblicato in italiano, aiuta a mettere in evidenza alcuni nodi problematici nella relazione di “scambio” tra storia e biologia evoluzionistica

glenn carstens peters ddnin8mvgla unsplash 1È la natura che guida la storia?

“Unificare le conoscenze di storia e biologia all’interno della storia evoluzionistica ci permette di comprendere il passato meglio di quanto non possano fare le due discipline prese singolarmente”1 . È questa la principale conclusione del saggio Storia ed evoluzione. Un nuovo ponte tra umanesimo e scienza di Edmund Russell, pubblicato di recente da Bollati Boringhieri. Un testo che si offre soprattutto come un programma di ricerca: partendo dal presupposto che l’uomo non solo è effetto, ma anche causa di processi evolutivi (si pensi, ad esempio, ai batteri resistenti agli antibiotici, oltreché alle specie vegetali e animali consapevolmente selezionate), Russell si propone di far convergere gli strumenti dello storico e dell’evoluzionista nell’analisi della storia umana. È infatti convinzione dello studioso che uno sguardo capace di cogliere aspetti quali la coevoluzione delle specie o la diversa velocità dell’evoluzione genetica e culturale, sia in grado di offrire spiegazioni più profonde di alcuni fenomeni storici.

Lo studioso affronta in via preliminare alcuni aspetti più o meno noti della teoria evoluzionistica: dai diversi tipi di selezione già ipotizzati da Darwin (naturale, metodica, inconscia, sessuale)2, al problema dell’estinzione, dall’impatto dell’uomo sulle altre specie, fino alla coevoluzione dell’essere umano e delle piante e animali che condividono il suo ambiente. Fin qui si tratta di mettere insieme considerazioni già abbastanza note, legate all’importanza della domesticazione o al devastante impatto umano sulla biodiversità cioè, in ultima analisi, agli effetti dell’evoluzione antropogenica – ovvero determinata dall’uomo – sul nostro mondo.


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Federico Battistutta: Assalto al cielo (e ritorno). Sulla teologia politica di Mario Tronti

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Assalto al cielo (e ritorno). Sulla teologia politica di Mario Tronti

di Federico Battistutta

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              bf3bf0ef0cc14182bea36bf6817d7de7mv2Mario Tronti, si sa, ha sempre avuto il coraggio di muoversi in partibus infidelium, tentando di avanzare sul terreno nemico, appropriandosi del suo pensiero per rovesciarlo in un’altra direzione. In questo percorso, a partire dagli anni Ottanta, inizia quello che Federico Battistutta definisce il «terzo momento» della sua ricerca, cioè lo sviluppo del filone teologico-politico. È comprendendone i motivi e gli scopi che possiamo leggere le riflessioni trontiane sullo spirito libero – uno spirito che nulla a che vedere con le pappette del cuore new age: «stare in pace con sé, oggi, vuol dire entrare in guerra con il mondo». Oppure sulla profezia, vale a dire la capacità di vedere e dire quello che gli altri non vedono e non dicono: non la visione idealizzata dell’utopia, bensì la forza sovvertitrice di un realismo rivoluzionario; non un pensiero rivolto al futuro, ma l’anticipazione di un altro presente possibile. In questo percorso Tronti è sempre guidato dal suo sguardo irriducibilmente unilaterale, dalla parzialità del punto di vista – non quello degli ultimi, ma di chi rifiuta di esserlo; non il grido di debolezza delle vittime, ma l’urlo di guerra di una forza collettiva; non l’interesse generale di salvare il mondo, ma l’interesse di parte di metterlo sottosopra. In questo cammino trontiano, più che ricercare cesure nette, è meglio provare a osservare la misteriosa curva della sua retta.

Consigliamo di accompagnare il saggio con la lettura di M. Tronti, Noi operaisti, DeriveApprodi, Roma 2009.

* * *

Per preghiera, dovete intendere qualcos’altro rispetto al canto nella Chiesa cristiana: pregando si grida, si geme, si prende d’assalto il cielo.
Jacob Taubes


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Maurizio De Giovanni: Se fosse un giallo…

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Se fosse un giallo…

di Maurizio De Giovanni*

Se fosse un romanzo, qualche mese fa ci sarebbe stata una riunione.

In un posto lussuoso e segreto, con una ampia vetrata che dà sul mare e consente di guardare gli yacht ondeggianti placidamente, coi marinai a bordo che preparano un perfetto pranzo a base di pesce.

Alla riunione avrebbero partecipato pochi uomini, sei o sette.

Di mezza età ma ben tenuti, nessuno dei quali noto alla stampa o alla televisione, abituati a non farsi vedere e a dare secchi comandi a qualche collaboratore incaricato di muovere le fila.

Una riunione rara, perché normalmente si sentono attraverso linee criptate e sicure: ma il momento è grave, meglio parlarsi de visu.

Se fosse un romanzo, l’occasione sarebbe enorme e pressoché irripetibile: arrivano duecentodieci miliardi dal cielo in questo piccolo povero paese che la mezza dozzina di uomini riuniti ha già spolpato fino all’osso.


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comidad: Doppiopesismi

comidad

Doppiopesismi

di comidad

 

1-

Da anni le autorità statunitensi e messicane portano avanti una guerra ostinata contro i trafficanti di droga.

La droga proviene soprattutto dalla Colombia dove si trovano la maggior parte delle piantagioni per le droghe illegali. Una guerra che non sembra aver dato grandi risultati e che non ha fermato neppure gli scontri fra i famosi cartelli per il controllo dei traffici. I conflitti fra le bande armate in Messico e Colombia sono diventati endemici e persino tema ricorrente per l’industria cinematografica. Davvero sfortunati gli USA che, pur essendo i principali consumatori di droga al mondo, hanno perso anche questa guerra al narcotraffico.

Proprio come in Afghanistan, quando la produzione di oppio crebbe in maniera esponenziale sotto l’occupazione USA rispetto al periodo talebano. E’ evidente che insinuare che le multinazionali USA possano avere degli interessi nel traffico della droga sarebbe meschino.


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Cristina Corradi: Onore al Bordiga, verace fondatore del Partito Comunista d’Italia

maggiofil

Onore al Bordiga, verace fondatore del Partito Comunista d’Italia

di Cristina Corradi

Un ingegnere agrario
che scriveva letterario
senza firmare i testi,
primo segretario del Partito
Comunista d’Italia,
conosceva il capitale:
anarchia mercantile,
dispotismo aziendale,
tecnoburocrazia al potere
su prodotti del lavoro,
sperpero di ricchezza sociale.

Non stupisce che nelle svogliate commemorazioni per il centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia, il ruolo e il contributo del suo reale fondatore siano stati per lo più ignorati.


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Giovanni Bruno: Lo stile Draghi

la citta
              futura

Lo stile Draghi

di Giovanni Bruno

I caratteri fondamentali marcati dal governo Draghi sono soprattutto in politica estera, con una forte sottolineatura europeista e con il rafforzamento della collocazione atlantista; si sta costituendo un blocco sociale modernizzatore e reazionario, che può consolidarsi attraverso le riforme annunciate dal presidente del Consiglio

L’emergenza ininterrotta: continuità e discontinuità tra gli esecutivi Conte bis e Draghi

Fino ad ora, i primi passi del governo Draghi non hanno mostrato alcuna discontinuità nella gestione della crisi sanitaria, nonostante le grandi aspettative da più parti (politiche e sociali): l’attesa che si riaprissero le attività commerciali, sportive e della ristorazione, che vi fosse un approccio meno “terroristico” e più rassicurante sull’andamento della pandemia, che l’organizzazione del piano vaccinale divenisse improvvisamente efficiente e si iniziasse una rincorsa all’immunizzazione per raggiungere in poche settimane la piena libertà…


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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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tonino

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Mar 17, 2021, 4:25:30 AM3/17/21
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Michele Castaldo: Le difficoltà del sindacalismo alternativo in questa fase

lacausadellecose

Le difficoltà del sindacalismo alternativo in questa fase

di Michele Castaldo

italpizza sap polizia modena sicobasCi sono stati nei giorni scorsi dei fatti gravissimi da parte delle istituzioni dello Stato democratico, cioè della polizia e della magistratura contro il SI Cobas, un piccolo sindacato nel quale sono confluite le necessità di lavoratori della Logistica, a maggioranza immigrati di colore, per difendersi contro le infami condizioni di lavoro. Stabilite le debite distanze con la democrazia repubblicana e le sue leggi, che vengono utilizzate a fisarmonica, cioè secondo le circostanze e le convenienze della pressione del dio capitale, guardiamo al di qua della linea di confine, cioè fra quanti in un modo o in un altro si richiamano alla difesa delle necessità del proletariato e alle sue difficoltà in un momento molto complicato per gli oppressi e sfruttati in ogni angolo del pianeta per una crisi capitalistica senza precedenti nella storia moderna. Lo dobbiamo fare senza spocchia, senza presunzione, senza una stupida difesa di bottega, ovvero senza fanciullesco estremismo, cercando di relazionarci correttamente ai fatti piuttosto che predeterminare la nostra opinione sui fatti per volgerli a nostro favore.

Il 22 marzo prossimo – salvo sorprese dell’ultima ora sempre possibile – ci sarà uno sciopero generale indetto dalle organizzazioni storiche del proletariato italiano Cgil, Cisl, Uil contro Amazon su una piattaforma ovviamente non rivoluzionaria e molto interlocutoria, è inutile nascondercelo.

Come si dovrebbe comportare un piccolo sindacato come il SI Cobas che negli ultimi anni si è esposto oltremodo nel settore della Logistica ed ha costruito le sue “fortune” in termini di credibilità con costi altissimi in termini di repressione dei propri quadri, dirigenti e militanti?


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Giacomo Marchetti: I giganti della rete dietro la repressione in India; e poi nel mondo

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I giganti della rete dietro la repressione in India; e poi nel mondo

di Giacomo Marchetti

In calce un articolo di Naomi Klein da Intercept

giganti rete repressione india 720x300Rispetto a ciò che sta accadendo in India, ciò che colpisce è il miope eurocentrismo di un gran parte del movimento ecologista – e non solo – occidentale, nonostante la repressione contro il vasto movimento che sostiene la lotta dei contadini indiani abbia coinvolto anche Disha Ravi – una ventenne fondatrice di Friday For Future – e la condivisione di massa di un “toolkit” (versione digitale di un manuale di base per l’attivismo politico) elaborato da Greta Thumberg.

Eppure il caso giudiziario della ventenne ecologista e dell’altra giovane sindacalista Nodeep Kaur sono solo la punta dell’iceberg della profonda torsione autoritaria in corso in India, nel tentativo di stroncare il più grande movimento sociale mondiale del XXI secolo.

Forniamo due cifre sulle due più recenti iniziative nazionali basandoci su ciò che riporta la Monthly Review Online. Nella giornata di blocco stradale del 6 febbraio (Chakka Jaam) sono stati mobilitati milioni di contadini in più di 3.000 centri, in più di 600 distretti dell’Unione. Mentre alla giornata di blocco delle ferrovie (rail roko) del 18 febbraio sono stati interessati 600 centri, nella maggior parte degli Stati indiani. Come riporta la storica rivista statunitense: “è stato per l’India il blocco ferroviario più esteso della storia recente”.

Le questioni che vengono poste ci riguardano da vicino visto che, tra l’altro, l’India è un laboratorio per ciò che saranno i socials nord-americani nel futuro e di come l’informazione sia diventata uno dei principali campi di battaglia nella guerra asimmetrica che contrappone le élites mondiali ed il resto del pianeta.


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Michele Garau:Dentro e contro l’ipotesi autonoma

quieora

Dentro e contro l’ipotesi autonoma

Alcune note sul libro L’hypothèse autonome di Julien Allavena.

di Michele Garau

ipotesi autonoma 2000x1200Di libri sull’autonomia e il 77 in Italia ce ne sono tantissimi. Perlopiù tutti vertono sulla stessa ricostruzione lineare ed univoca, salvo alcune meritevoli eccezioni. Si tratta di una storia fatta di «c’era un volta», di nomi, date e luoghi che si inanellano senza intoppi. Prima ci sono i «Quaderni rossi» e «Classe operaia», la monumentale tradizione dell’operaismo italiano, con i suoi padri nobili ed i suoi scismi. Poi viene «Potere operaio», la crisi dei gruppi e la ricomposizione intorno ad un nuovo soggetto. Un susseguirsi di firme e sigle, una successione di date ed eventi fondatori: nel 1962 gli scontri di Piazza Statuto e nel 69 la rivolta di corso Traiano, nel 73 l’occupazione di Mirafiori e finalmente il 77. Il 7 aprile del 79, con centinaia di militanti inquisiti ed arrestati, arriva il brusco epilogo di tutta la vicenda. La storia dell’«Autonomia» come filiazione nobile della più lunga «sequenza rossa» italiana. Infine c’è l’eredità cumulativa delle categorie teoriche, anch’esse in un perfetto continuum: dall’«operaio massa» all’«operaio sociale», dal sistema taylorista della catena di montaggio alla «fabbrica diffusa» della metropoli.

Da questa sfilata vien fuori il profilo di una realtà politica con i suoi testi sacri, i suoi leaders e le sue correnti interne: quella che salacemente, nel 1980, la rivista «Insurrezione» chiamava «PAO» (Partito dell’Autonomia Operaia). È lo stesso Negri, d’altronde, ad evocare sulle pagine di «Rosso», nel 1978, il progetto di costituire un «Partito dell’autonomia»: in questo modo suggellando una parabola che, come alcuni hanno sottolineato, era cominciata dentro «Potere operaio», nel 1970, con la proposta di un «Partito dell’insurrezione», ed ha dunque come proprio filo conduttore una considerazione dell’autonomia e dell’autorganizzazione delle lotte del tutto strumentale alla priorità di una centralizzazione organizzativa d’avanguardia.


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Marco D’Eramo: “Dominio”

minimamoralia

“Dominio”

di Marco D’Eramo

“Dominio” è il nuovo libro di Marco D’eramo. Un testo importante, e illuminante, su come la lotta di classe ingaggiata dai ricchi contro i poveri si sia sviluppata in modo drammatico negli ultimi decenni. Ringraziamo l’autore e l’editore Feltrinelli per questo estratto.

“Riassumiamo in quattro parole il patto sociale tra i due stati. Voi avete bisogno di me, perché io sono ricco e voi siete povero; facciamo dunque un accordo tra noi: io vi permetterò che voi abbiate l’onore di servirmi, a condizione che voi mi diate il poco che vi resta per la pena che io mi prenderò di comandarvi.”

Jean-Jacques Rousseau, Discorso sull’economia politica (1755)

Rivoluzione. Quando pronunciamo questa parola, pensiamo sempre a oppressi che insorgono contro gli oppressori, a sudditi che rovesciano i potenti, a dominati che si ribellano contro i dominanti. Ci vengono in mente i Levellers che a Londra decapitarono re Carlo I nel 1649; i sans-culottes che a Parigi entrarono nella Bastiglia nel 1789 e ghigliottinarono re Luigi XVI nel 1793; gli schiavi neri haitiani che nel 1791 incendiarono le piantagioni dei loro padroni e nel 1801 dichiararono l’indipendenza di Haiti; i bolscevichi che a San Pietroburgo presero il Palazzo d’Inverno nel 1917 e fucilarono lo zar Nicola II a Ekaterinenburg nel 1918; i barbudos cubani che assaltarono la Caserma Moncada nel 1953 e cacciarono il dittatore Fulgencio Battista nel 1959.


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Piccole Note: Usa, Cina, Russia: l'era della competizione tra potenze

piccolenote

Usa, Cina, Russia: l'era della competizione tra potenze

di Piccole Note

La nuova Guerra Fredda sarà sempre più glaciale. Interesserà, infatti, un’area che in passato non aveva quasi nessuna rilevanza, cioè l’Artico. Lo spiega un dettagliato articolo del National Interest, che descrive così i motivi e i termini della contesa: “L’era della ‘competizione tra grandi potenze’ è arrivata e si sta svolgendo tra Stati Uniti, Russia e Cina nell’Artico”.

“Tale regione vitale non interessa solo le rotte marittime strategiche che si stanno aprendo a causa dei cambiamenti determinati dal clima, ma è interessante anche perché possiede enormi riserve di risorse energetiche, metalli preziosi e giacimenti di terre rare”.

 

I nuovi orizzonti artici

L’articolo è scritto da Robert O’Brien, ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, e annota come la precedente amministrazione si sia accorta dell’importanza strategica dell’Artico e abbia preso coscienza, in ritardo, dei passi avanti fatti dalla Russia per sfruttarne le ricchezze, e sia così corsa ai ripari.


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Leonardo Mazzei: Covid: la smentita indiana

sollevazione2

Covid: la smentita indiana

di Leonardo Mazzei

Se ne dicono tante in questi mesi di caos vaccinale. Una che va per la maggiore riguarda il presunto “successo di Israele”, grazie al record di inoculazioni targato Pfizer-BioNTech. Quale sia il reale significato di questo primato è già stato oggetto di un precedente articolo. Qui ci limitiamo ad un breve aggiornamento.

Ad oggi, con una percentuale di vaccinati del 56%, Israele continua ad avere una media di 3.519 casi al giorno. Rapportando i casi alla popolazione, è come se l’Italia ne avesse ora 24.375, mentre – ma con una vaccinazione 11 volte più bassa – ne ha in realtà 20.316. Aggiungiamo a questo che il calo dei casi in Israele, rispetto al picco del 16 gennaio, non solo è in linea con quello di altri paesi, ma è addirittura più lento e contraddittorio di quello che lo stato sionista aveva registrato dopo il precedente massimo del settembre 2019, quando dei vaccini non c’era neppure l’ombra. Mi pare che ciò basti ed avanzi per nutrire almeno qualche dubbio su un “successo” che i media vorrebbero indiscusso e soprattutto indiscutibile.


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Guido Salerno Aletta: La Guerra economica si fa con i Vaccini e l'Europa ha già perso

teleborsa

La Guerra economica si fa con i Vaccini e l'Europa ha già perso

In Occidente, vincono Israele, Inghilterra ed USA

di Guido Salerno Aletta

Alcuni Paesi Occidentali stanno andando avanti a rotta di collo con le vaccinazioni.

Da Israele giunge la notizia che il merito di essere riusciti ad avere tutte le dosi necessarie per vaccinare l'intera popolazione è del Premier Benjamin Netanyahu, che una notte decise di chiamare personalmente il Ceo della ditta produttrice offrendogli un prezzo doppio, pur di averle tutte immediatamente. La notte stessa, utilizzando i fondi di emergenza dell'Esercito, fu fatto il pagamento pattuito e partirono gli aerei militari da trasporto per caricare i vaccini già prodotti.

Dalla Gran Bretagna, si viene a sapere che già a luglio scorso il loro governo aveva stipulato per primo una partnership con una industria, assicurandosi la priorità nelle consegne. Il Premier Boris Johnson ora gongola, perché la campagna vaccinale va a gonfie vele.

Negli USA, il Presidente Joe Biden ha appena promesso che l'intera popolazione potrebbe essere già vaccinata per il 1° maggio. Anche loro, non hanno problemi di sorta.


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Carlo Formenti: Dal socialismo reale al socialismo possibile

perunsocialismodelXXI

Dal socialismo reale al socialismo possibile

Appunti sul socialismo del secolo XXI

di Carlo Formenti 

Anticipo il mio contributo al libro di autori vari "Dopo il neoliberalismo. Indagine collettiva sul futuro" che sarà in libreria fra due giorni per i tipi di Meltemi

1477285019964 si riunisce a pechino il partico
              comunista cinese 200 delegati 4 giorni di lavoro I. Un eventuale socialismo del secolo XXI non somiglierà alle utopie otto/novecentesche

Nessun nuovo progetto di trasformazione del mondo in senso socialista sarà praticabile senza tagliare i “rami secchi” che appesantiscono il tronco della cultura marxista (1). In particolare:

1. Va ripudiata la metafisica della storia che ritiene la transizione dal capitalismo al socialismo un’ineluttabile “necessità”. Al dogma secondo cui il capitalismo, dal momento che produce il suo “affossatore” – cioè il proletariato – sarebbe gravido di una nuova formazione economico-sociale, va sostituito l’auspicio che, date certe condizioni, l’affossatore potrà forse svolgere tale funzione, ma ciò non è scontato: in un modo o nell’altro il capitalismo certamente finirà, ma l’autodistruzione della società non è meno possibile della nascita di una società migliore.

2. Anche l’identità dell’affossatore andrebbe ridefinita. La cultura marxista non si è mai seriamente impegnata in tal senso: il Soggetto rivoluzionario è sempre stato assunto come un dato apriori, mai sottoposto a verifiche empiriche. Lo stesso Marx, descrivendo il capitale-automa rispetto al quale gli operai sono ridotti a organi viventi, lascia chiaramente intendere che la “classe in sé” non è in grado di emanciparsi dalla condizione di forza lavoro, di capitale variabile incorporato nel capitale al pari delle macchine, dei metodi e delle tecniche organizzative. Dunque, se non si colma il vuoto di analisi empirica di cui sopra, e se non si aggiornano le idee di Lenin e Gramsci sul partito rivoluzionario, non si va da nessuna parte.


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Leo Essen: Bataille e la Teoria del valore-lavoro

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Bataille e la Teoria del valore-lavoro

di Leo Essen

Carte didentité de Bataille 1940I

In primo luogo Bataille si rivolge al valore-uso, e mostra il suo incardinamento nell’economia ristretta. Dunque, mostra come sia vana la proposta, presente, per esempio, in Pasolini e in Marcuse, di rifiuto del valore-scambio e di un ritorno al valore-uso. Il valore-uso non solo è il puntello del valore-scambio, come pensa Marx, ma è esso stesso, in quanto prodotto, momento di quel processo di valorizzazione che si compie (Aufheben) nel ritorno (ROI) dell'investimento.

In secondo luogo, e soprattutto, Bataille si rivolge proprio all’investimento, mostrando come ogni investimento, in quanto passaggio dall’intenzione all’atto, dalla cattiva possibilità all’attualità, è il momento mediano di un processo che lega l’inizio alla fine, che tiene in pugno, o pretende di tenere in pungo, il futuro.

In terzo luogo, Bataille si volge all’utilità e dice che è utile il prodotto che non ha altre possibilità se non quelle computate dall’inizio, e che dunque l’utilità del neo-classicismo pone il mercato, e non viceversa.

L’operaio, dice Bataille, produce un bullone per il momento in cui il bullone servirà a sua volta a montare una macchina di cui qualcun altro godrà sovranamente, nelle sue passeggiate contemplative.

Non bisogna leggere in questa posizione il disprezzo per il lavoro manuale che si trova, per esempio, in Oscar Wilde. Bataille non vuol contrapporre il lavoro manuale al lavoro artistico o intellettuale e dire che il lavoro manuale è servile mentre il lavoro artistico o il lavoro di ingegno è libero (sovrano). Non vuole nemmeno dire che il lavoro manuale è asservito alla direzione di un altro, del padrone, mentre il lavoro artistico è autonomo.


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Federico Bertoni: L’università in scatola

sudcomune

L’università in scatola

Intervista a Federico Bertoni

In Sudcomune. Biopolitica Inchiesta Soggettivazioni, n. 1-2, 2016 (Ed. Deriveapprodi)

copertina sudcomune 1.2 1L’intervista a Federico Bertoni, in occasione della pubblicazione del suo importante lavoro Universitaly. la cultura in scatola, è stata condotta nell’ambito dell’inchiesta sugli studenti e le trasformazioni dell’Università che l’Associazione sudcomune e il “Laboratorio sulle transizioni, i mutamenti sociali e le nuove soggettività” dell’Università di Roma 3 hanno iniziato nel corso del 2016. Universitaly è un libro che coglie nel segno, che descrive chiaramente “dall’interno” i principali elementi della crisi universitaria (ossia della formazione dell’università neoliberale in Italia) ed offre le categorie adeguate alla sua comprensione, nonché diversi spunti critici per il suo superamento.

* * * *

SUDCOMUNE: La lettura di Universitaly è importante per diversi motivi, tra cui il fatto che le trasformazioni indotte dalle recenti riforme universitarie sono lette dall’interno, da un prof. che ama il suo lavoro e vorrebbe “mettere in comune” il suo sapere. In «Cominciò tutto così», uno dei primi paragrafi del libro, si legge che quando hai cominciato a insegnare, ai primi anni del 2000, «il ’68 era ormai lontano come il giurassico. Stava iniziando l’era dell’eccellenza». Più in avanti nel testo, a proposito del corpo docente scrivi: «Siamo in piena mutazione: ci stiamo trasformando a tutti gli effetti in amministratori, ingranaggi della macchina ed esecutori solerti di ingiunzioni burocratiche, azioni che compiamo in gran parte attraverso i dispositivi informatici (…) Non vogliamo capire che l’evoluzione del sistema universitario ha cambiato la natura stessa delle responsabilità: il nostro compito primario non è più contribuire al progresso della conoscenza e condividerla con gli studenti, ma reagire puntualmente alle ingiunzioni ed eseguire i comandi in modo rapido, completo e preciso».


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Mathew D. Rose: Sfide eterodosse in economia, di Sergio Cesaratto

insight

Sfide eterodosse in economia, di Sergio Cesaratto

recensione di Mathew D. Rose

Heterodox Challenges in Economics by Sergio Cesaratto, Published by Springer

Il libro fornisce gli strumenti necessari per comprendere l'attuale crisi in cui sono precipitate l'UE e l'Eurozona.

Non avrei mai pensato di descrivere un libro di economia come “una lettura deliziosa”, ma “Heterodox Challenges in Economics” di Sergio Cesaratto è esattamente questo. È ben scritto, spesso divertente, e l’analisi della politica economica viene poi applicata alle difficoltà economiche dell'UE e della zona euro. La passione per l'insegnamento di Cesaratto - è professore di Politica monetaria e fiscale europea presso l'Università di Siena - plasma la narrazione. Il libro è stato pubblicato nel 2020 e include l'inizio della crisi COVID, in altre parole è molto aggiornato.

E’ un libro sull'economia politica, non solo sull'economia. La rilevanza del materiale è resa chiara da esempi tratti da eventi attuali e storici, come dalla vita quotidiana. Mentre il libro inizia con questioni economiche - che cosa è esattamente l'economia eterodossa - man mano che procede, approfondisce sempre più gli effetti dell'economia sulle nostre vite e sui suoi aspetti politici.


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Pino Cabras: Centomila morti versus 35 morti. Si può dire che qui è tutto da rifare?

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Centomila morti versus 35 morti. Si può dire che qui è tutto da rifare?

di Pino Cabras

 

100mila – o del neoliberismo

L'8 marzo 2021 la macabra contabilità della crisi Covid ha superato in Italia la soglia psicologica dei 100mila morti. Sebbene in una chiave tragica, la rotondità del numero ci spinge a riflettere e a comparare. Tutti gli Stati e tutte le società, qualunque fosse il loro tipo di regime politico, senza eccezioni, nel corso degli ultimi 400 giorni hanno avuto una priorità: adeguare radicalmente regole, spese, comportamenti, profilassi, rispetto all'immensa novità del coronavirus. Tranne rarissime eccezioni, la politica e i media italiani non estendono la comparazione mondiale oltre il giro ristretto e limitato dei paesi che chiamano pomposamente se stessi come "la comunità internazionale": cioè i paesi capitalistici occidentali e i loro 'clientes' segnati da decenni di neoliberismo. Tutto il resto dell'ecumene - anche se ormai annovera più paesi, più popolazione, perfino più PIL - non è incluso nel concetto di ‘comunità internazionale’ da noi in voga e perciò non conta e sparisce dalla narrazione. Le comparazioni esposte risultano monche, incomplete e pertanto fuorvianti.


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Fabrizio Tringali: "Euro e Draghi, Italia verso una nuova crisi”

generalmagazine

"Euro e Draghi, Italia verso una nuova crisi”

Francesco Puppato intervista Fabrizio Tringali

L’autore: “Moneta unica e trattati UE impediranno al Paese di difendersi“.
Draghi intenzionato a chiudere gli aiuti; nel suo Report ufficiale descrive l’imminente futuro: drammatica crisi di solvibilità

Con l’euro si è creata una valuta senza Stato.

Gli Stati che hanno aderito alla moneta unica, infatti, hanno perso la loro valuta nazionale cedendo, con essa, la sovranità monetaria.

Ezra Pound diceva che “uno Stato che non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro, è come un ingegnere che non può costruire strade per mancanza di chilometri”; ed infatti il passo è breve: avendo creato una valuta senza Stato, si è potuto di fatto togliere il potere decisionale alla politica mettendolo nelle mani della finanza (ovvero a quelli che chiamiamo “mercati”).

Se vogliamo è quello che il filosofo Galimberti definisce come il passaggio decisionale dalla politica all’economia, che a sua volta per decidere si basa sulla tecnica. O quello che l’economista Alberto Bagnai sostiene quando dice che “l’euro è un metodo di governo”.


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Fabrizio Marchi: Un’atmosfera sempre più pesante e irrespirabile

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Un’atmosfera sempre più pesante e irrespirabile

di Fabrizio Marchi

L’ideologia politicamente corretta sta rendendo il clima, ogni giorno che passa, sempre più pesante, soprattutto in quegli ambiti di lavoro che – guarda caso (ma non a caso…) – riguardano la formazione e la comunicazione.

Chi ha lavorato o lavora nella scuola, nell’università, nel mondo della comunicazione e dei media, nella politica (nei partiti e in tutte le loro articolazioni associative e/o “culturali”), ben lo sa.

L’atmosfera è sempre più irrespirabile e assumere pubblicamente ma anche privatamente (il pettegolezzo diventa delazione) una posizione critica comporta conseguenze che possono andare dalla semplice (si fa per dire, perché può avere risvolti psicologici e umani gravi e a volte devastanti…) emarginazione sociale e umana, alla inibizione di ogni spazio professionale e di opportunità di avanzamento, fino al licenziamento in tronco e/o la chiusura dall’oggi al domani (diciamo pure da un’ora all’altra) di trasmissioni televisive.

Chi ha lavorato o tuttora lavora in questi settori (strategici) sa perfettamente che queste mie parole non sono il prodotto di una mente paranoica ma corrispondono alla realtà.


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tonino

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Mar 19, 2021, 3:41:23 AM3/19/21
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Carlo Formenti: Glosse a "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (I)

perunsocialismodelXXI

Glosse a "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (I)

di Carlo Formenti

0 0 626 75Nota introduttiva

L’ultima opera del più grande filosofo marxista del 900 (Gyorgy Lukacs, 1885 – 1971) è di gran lunga la meno conosciuta. Alla Ontologia dell’essere sociale Lukacs iniziò a lavorare nel 1960, subito dopo avere concluso la sua Estetica, ma non fu pubblicata che diversi anni dopo la morte (in due volumi usciti, rispettivamente, nel 1984 e nel 1986). L’edizione italiana (uscita assai più tardi, nel 2012, per i tipi di PGRECO) si articola in quattro volumi, il primo dei quali contiene i Prolegomeni all’ontologia dell’essere sociale che in realtà fu scritto per ultimo, per sintetizzare e chiarire i concetti dell’opera principale (sia perché Lukacs non era soddisfatto della struttura espositiva che le aveva dato, sia per replicare alle critiche e alle osservazioni che gli erano state fatte da alcuni allievi). Questo ritardo non è tuttavia il solo né l’unico motivo per cui il pensiero dell’ultimo Lukacs continua ad essere meno conosciuto di quello dei suoi lavori “classici”, come Storia e coscienza di classe (1) o La Distruzione della ragione (2). A questa “rimozione” contribuirono infatti tanto la sua collocazione in un’epoca storica caratterizzata da una profonda crisi del marxismo, quanto le critiche sfavorevoli che un gruppo degli allievi di Lukacs – fra cui Agnes Heller, oggi nume tutelare del pensiero liberale – fecero circolare sulla Ontologia prima che l’opera venisse pubblicata (3). Senza dimenticare il non trascurabile impegno richiesto dalla lettura di un testo complesso e lungo quasi 2000 pagine.

Nella sua Introduzione, Nicolas Tertulian richiama l’attenzione su alcuni dei temi principali affrontati dall’autore. In particolare, si concentra sulla critica tanto di quelle interpretazioni del pensiero marxiano che attribuiscono alla storia la natura di un processo teleologico governato da una ferrea necessità immanente, per cui ogni fase di sviluppo rappresenterebbe una tappa verso un esito predeterminato, quanto di quelle che lo associano a una sorta di determinismo univoco dei fattori economici.


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Tendenza internazionalista rivoluzionaria: Prima ferma risposta all'aggressione padronale-statale al SI Cobas

ilpungolorosso

Prima ferma risposta all'aggressione padronale-statale al SI Cobas

Ora bisogna continuare, e allargare il fronte di resistenza e di lotta

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

piacenza 3L’azione repressiva scattata a Piacenza contro decine di proletari e di attivisti del SI Cobas ad opera della questura e della procura della repubblica, ha avuto nei giorni scorsi una forte risposta: con la proclamazione immediata di scioperi di protesta in una serie di magazzini della logistica, a iniziare da quelli Tnt-FedEx, e con la partecipata, vibrante manifestazione di sabato 13, che ha portato nella città migliaia di lavoratori e di solidali ad esprimere la ferma determinazione a battersi senza paura contro questa aggressione padronale-statale.

Gli slogan “Siamo tutti Arafat, siamo tutti Carlo”, “chi tocca uno, tocca tutti”, “la repressione non ferma le lotte”, “SI Cobas, SI Cobas”, hanno espresso la realtà viva e sempre più ramificata di un organismo sindacale combattivo che ha alle proprie spalle un decennio di prove difficili, superate solo in virtù dei suoi fermi principi classisti, della sua pratica di reale auto-organizzazione, dell’energia indomita di migliaia di proletari immigrati. Queste sue caratteristiche, uniche nel contesto del sindacalismo di base, gli hanno consentito di fronteggiare più di un attacco padronal-mafioso e istituzionale uscendo dalle difficoltà, quasi sempre, più forte e autorevole di prima, grazie anche al fiancheggiamento di gruppi di veri solidali (non parolai). La risposta di lotta di questi giorni e l’orgoglio di molti dei suoi aderenti di appartenere in qualità di protagonisti a tale storia di lotte, sono le migliori premesse per riuscire a ricacciare indietro una volta di più la pretesa degli apparati repressivi dello stato di piegare questa organizzazione, criminalizzandola e criminalizzando con essa la lotta di classe in quanto tale.


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Carlo Crosato: I volti della biopolitica

micromega

I volti della biopolitica

di Carlo Crosato

Con l’esplosione della pandemia, le misure di controllo biopolitico si sono intensificate, passando, in termini foucaultiani, da strategie disciplinanti a un approccio governamentale e normalizzante. Per studiare questi passaggi è utile il saggio di Ottavio Marzocca, "Biopolitics for Beginners. Knowledge of Life and Government of People" (Mimesis 2020), che permette anche di comprendere meglio il dibattito sulla biopolitica che si è svolto sulle pagine dell'ultimo “Almanacco di Filosofia” di “Micromega”

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              admoria 2156752 960 7201. Ricominciare da Foucault

Se si risale alle prime occorrenze della parola “biopolitica”, ci si imbatte in una serie di autori tedeschi dei primi decenni del secolo scorso, teorici dello Stato in senso organicistico, naturalistico e, in generale, vitalistico. Approfondendo la metafora dello Stato come corpo vivente, autori come Rudolph Kjellen, Karl Binding, Eberhard Dennert, Eduard Hahn, rigettano l’idea della politica come limite artificiale imposto agli impulsi naturali, per rinvenire un irriducibile fondo naturale che deve essere conservato dallo stato politico in cui esso trova l’ovvia continuazione. Si tratta di nozioni che avranno grande fortuna durante i decenni del fascismo in Europa, e altrettanto discredito dopo la Seconda guerra mondiale, sebbene non siano mancati, dagli anni Sessanta fino agli anni Novanta, tentativi di recuperare il concetto di “biopolitica” al fine di offrire una rappresentazione sociologica dell’agire politico fondata sugli esiti della socio-biologia, della biologia comportamentale, dell’evoluzionismo.

Quando, durante il corso “Bisogna difendere la società” e nel volume dello stesso anno La volontà di sapere, Michel Foucault introduce nel suo apparato concettuale la nozione di “biopolitica”, la storia di questa parola assume un corso ben differente, aprendo un orizzonte di studi politici nuovo e ancora oggi promettente. Lo testimonia il recente libro di Ottavio Marzocca, Biopolitics for Beginners. Knowlodge of Life and Government of People, Mimesis 2020. L’inversione prodotta da Foucault con i suoi lavori è duplice.


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Sandro Arcais: La Repubblica al capolinea

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La Repubblica al capolinea

di Sandro Arcais

dsc 0386Con l’avvento di Draghi si chiude un ciclo e se ne apre uno nuovo. Come ha affermato Lucio Caracciolo

Questo governo è spartiacque. Fine di un non-regime, quello successivo alla Prima Repubblica, seguito per trent’anni da un declino tendente al caos.

Se Draghi fallirà, fallirà l’Italia. Se riuscirà, avremo un’altra repubblica. Presidenziale di fatto se non di diritto, perché la selezione dei ministri di questo esecutivo è funzionale al trasferimento di Draghi al Quirinale

Detto in altra maniera, più colorita, con Draghi si è sotterrato il corpo ormai in avanzato stato di putrefazione della Repubblica nata dalla Resistenza e basata sulla Costituzione e si sancisce anche in Italia la vittoria schiacciante del capitale nella sua decennale lotta di classe dall’alto contro il lavoro.

Con Draghi, si chiude il lungo ciclo apertosi con la nascita della Repubblica (se non prima, sin dal collasso della monarchia, l’8 settembre 1943) in cui il “quarto partito” evocato da De Gasperi, sconfitto nella lotta per la guida del nuovo stato nato dalle ceneri della monarchia fascista, intraprende una sorda e paziente guerra di condizionamento e contenimento dei progetti dei vittoriosi partiti di massa, in particolare di quello cattolico. Le loro casematte sono i ministeri e le istituzioni finanziari, la grande impresa privata e le sue organizzazioni sindacali, i sostanziali e pesanti appoggi esterni, inglesi, soprattutto, e statunitensi.

Questo lungo ciclo può essere diviso in almeno cinque fasi:


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Franco Piperno: Appunti per un manifesto di Machina (1)

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Appunti per un manifesto di Machina (1)

di Franco Piperno

La vita politica come bisogno specifico, naturale, di comunità

Al di fuori della statualità e senza i partiti

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              1798c165c4dd4de88b5e5bcff3ea2212mv21. Premessa

Nelle note che seguono, sulle orme di M. Bookchin, D. Harvey e A. Magnaghi, introduciamo, risalendo all’origine delle parole, una marcata distinzione tra attività politica e dispositivi statuali. Etimologicamente, con la parola «politica» s’intende la gestione collettiva di una comunità, sia essa una intera città o solo un quartiere. Così, la precondizione architettonica perché la politica si svolga è la costruzione di un luogo dove i cittadini possano riunirsi – si pensi alla «agorà» ateniese, al «forum» romano nell’epoca repubblicana, al «centro storico» del comune medievale italiano, alle «piazze» della rivoluzione francese e poi della Comune di Parigi, al «Soviet» della prima rivoluzione russa del 1905 e poi di nuovo di quella grande, quella dell’ottobre 1917. Nella «polis», il popolo, il «demos», amministra la vita quotidiana tramite l’assemblea dei cittadini, un corpo politico in presenza – una condivisione sentimentale, di gioia e dolore, faccia a faccia, a contatto di gomito gli uni con gli altri. L’assemblea qualche volta elegge altre volte sorteggia i delegati, per mandare a effetto le decisioni comunemente prese; e questi delegati sono vincolati al mandato e possono essere revocati immediatamente qualora lo disattendano. All’interno della comunità il rapporto di scambio non è esclusivamente mercantile – scambio tra equivalenti – ma risulta piuttosto regolato dal principio – del tutto naturale, lo stesso che si sperimenta nelle relazioni parentali e amicali – secondo il quale ognuno dà quel che può e riceve ciò di cui ha bisogno.


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Matthieu Amiech: Verso una società-macchina

comuneinfo

Verso una società-macchina

Amélie Poinssot intervista Matthieu Amiech

Per Matthieu Amiech, editore e pensatore critico dello sviluppo tecnologico, la crisi legata al Covid è “una manna dal cielo per i giganti del digitale“. Di fronte alla “informatizzazione di tutta la vita sociale”, di fronte alla “chiusura” o quasi della vita democratica, i cittadini si trovano oggi “senza difesa morale e politica”. La sua risposta: “disobbedienza concertata”

mina fc 3QKsG0fDrC8 unsplash 1024x683È un anno viviamo sotto il “regime Covid”. Un nuovo regime di relazioni sociali fatto di perdita del contatto, della fine di ogni festeggiamento, di inaridimento culturale e arretramento democratico. Un regime in cui la tecnologia digitale s’è imposta a tutti i livelli, senza mai mettere in discussione l’impatto ecologico di questo cambiamento. Per Matthieu Amiech, un pensatore di lunga data dello sviluppo delle tecnologie, questo impatto è molto profondo. Già nel 2013, in un’opera collettiva firmata dal gruppo Marcuse (Movimento autonomo di riflessione critica per l’uso dei sopravvissuti dell’economia), metteva in guardia: il titolo era: Libertà in coma – Saggio sull’identificazione elettronica e le ragioni per opporvisi, sulle minacce poste dalla società digitale all’uguaglianza e alle libertà. Oggi è allarmato dalla gestione tecnocratica e autoritaria della pandemia. Coordinatore e co-fondatore di La Lenteur, una piccola casa editrice creata nel Tarn nel 2007, Matthieu Amiech ha pubblicato numerosi testi critici sugli sviluppi tecnologici, da Internet al mondo agricolo, compreso l’energia nucleare, oltre a libri che trattano di anarchismo o ecologia politica.

* * * *

Telelavoro, teleconsulti, videoconferenze, click and collect, piattaforme VOD … Il Covid e l’isolamento a cui siamo stati costretti hanno accresciuto il ruolo del digitale nelle nostre vite nell’ultimo anno. Quali tracce lascerà tutto questo?

Non solo le tracce saranno profonde, la questione è chiaramente se stiamo assistendo (o meno) a un cambiamento nella vita sociale.


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Ernesto Burgio: La prima pandemia dell’Antropocene

scienzaetecnologia

La prima pandemia dell’Antropocene

Una crisi biologica e sanitaria globale ampiamente prevista

di Ernesto Burgio

La pandemia e un evento epocaleÈ importante sottolineare che l’attuale epidemia da nuovo Coronavirus (SARS-CoV2) non è soltanto la prima grande pandemia del III millennio, ma anche la prima dell’Antropocene. Diciamo questo a significare che non si tratta di una sorta di incidente di percorso: un evento biologico casuale, estemporaneo e imprevedibile. Ma di un episodio particolarmente drammatico, per le sue modalità di manifestazione e per le sue conseguenze a livello sanitario, sociale, economico-finanziario e politico (ancora non del tutto prevedibili) di una lunga crisi biologica conseguente alla “Guerra alla Natura” o, per usare le parole delle ultime due encicliche, alla sua stessa “Casa Comune” da parte di Homo sapiens sapiens.

Una crisi biologica e sanitaria globale, del resto ampiamente prevista e preannunciata come imminente da quasi 20 anni da scienziati di tutto il mondo e in particolare da virologi, “cacciatori di virus” ed epidemiologi. Sappiamo infatti dall’inizio di questo secolo che il mondo dei microrganismi è in subbuglio e che migliaia di “nuovi virus” potenzialmente letali per l’uomo (Ebola, Nipah, Hendra, Marburg ma soprattutto nuovi sottotipi di Orthomyxovirus influenzali e di Bat-Coronavirus dei pipistrelli) sono pronti a fare il “salto di specie”: dalle “specie serbatoio” che li ospitano da milioni di anni, agli animali ammassati negli allevamenti intensivi, negli immensi mercati alimentari e nelle sterminate periferie urbane del Sud del pianeta e infine all’uomo. E questo a causa dei cambiamenti climatici, dello stravolgimento degli ecosistemi (micro)biologici, delle deforestazioni selvagge, dell’inquinamento chimico-fisico sempre più onnipervasivo e del proliferare di megalopoli in cui decine di milioni di esseri umani vivono in condizioni di miseria e promiscuità senza precedenti nella storia (almeno sul piano delle dimensioni).


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Antonino Infranca: Rileggendo le riflessioni di un maestro sul proprio maestro

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Rileggendo le riflessioni di un maestro sul proprio maestro

Giuseppe Prestipino ripensa Lukács

di Antonino Infranca

IMG 1644A pochi mesi dalla scomparsa di Prestipino un piccolo libro (Su Lukács. Frammenti di un discorso etico-politico) riporta la nostra attenzione sull’analisi che il filosofo italiano ha dedicato a Lukács, soprattutto a un aspetto centrale dell’ultimo Lukács: l’etica. Come è noto Lukács negli ultimi anni della sua vita, all’incirca negli ultimi venti anni, si dedicò alla stesura di un vero e proprio sistema filosofico. Prima l’Estetica, a cui sarebbe seguita un’Etica. Dopo aver terminato l’Estetica – almeno nella forma monumentale in cui la conosciamo, 1600 pagine, perché l’intenzione di Lukács era di scriverne un secondo volume – il filosofo ungherese si accingeva a scrivere questa Etica, ma si rese conto che avrebbe prima dovuto definire il soggetto di questa etica e, quindi, iniziò a scrivere l’Ontologia dell’essere sociale. Quest’opera era stata appena terminata, insieme alla sua versione più breve e più agile, i Prolegomeni all’Ontologia dell’essere sociale, quando la morte fermò l’opera sistematica di Lukács. Dell’Etica ci rimangono degli appunti, da cui con qualche difficoltà si può trarre qualche concetto.

Prestipino, però, riuscì soprattutto negli anni di fine secolo a rintracciare qualche concetto di natura etico-politica di Lukács e La Porta, il curatore del libro, è riuscito a sintetizzare questa ricerca nelle pagine di questo libretto, soprattutto è riuscito a sintetizzare l’attitudine di Lukács verso la grande questione della democrazia: «La democrazia è per Lukács essere con l’altro, o essere fra gli altri» (p. 12). Si nota che la democrazia, categoria della politica, ha un contenuto etico, un’apertura all’Altro e una convivenza con gli altri, in modo che l’individuo è un essere-in-comune con gli altri, l’individuo è in fondo una comunità di azioni reciproche.


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Federico Leoni: Recalcati, conversione all'infanzia

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Recalcati, conversione all'infanzia

di Federico Leoni

9788806249243 0 0 626 75Conosciamo tutti il ritornello. La nostra è una società di eterni adolescenti, addirittura di eterni bambini. L’età adulta resta confinata all’orizzonte, inafferrabile e ormai indesiderabile. Peter Pan è il santo patrono di nuove generazioni di sdraiati.

Naturalmente chi parla degli sdraiati immagina di starsene in piedi, ben dritto, in mezzo a un paesaggio molle, nebbioso, orizzontale. Dimostra una certa fierezza per questa sua stazione eretta. Eppure non è anche questo sogno di essere grandi e di grandezza, un sogno da bambini o forse il sogno da bambini per eccellenza?

Massimo Recalcati ha pubblicato due libri, recentemente, contemporaneamente. Sono due libri molto diversi ma molto solidali. Si saldano intorno al tema dell’infanzia, appunto. Consentono di leggerlo in tutt’altro modo. Disegnano una specie di filosofia dell’infanzia perenne, di psicoanalisi dell’infanzia perenne. E poi si saldano intorno al tema della conversione, intorno alla parola conversione.

Ora, si sa che l’infanzia è materia da psicoanalisti, si sa che Freud ne fa l’età decisiva di quello che sarà una vita. Certi primi incontri lasciano il segno, il fantasma di un soggetto prende forma per non smettere mai più di visitare quella vita futura. Meno chiaro è che cosa abbia a che fare la conversione con l’infanzia. A meno di non pensare che la conversione sia sempre il passaggio da una vita vecchia a una vita nuova, il gesto con cui qualcuno tenta di fare qualcosa di nuovo della propria vita vecchia. Allora anche la conversione è materia da psicoanalisti, dopo essere stata, per secoli, materia da teologi. Anche questo passaggio di mano è interessante. Ci torneremo.


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Antonio Rei: Il Lettopardo

altrenotizie

Il Lettopardo

di Antonio Rei

Cambiare tutto per non cambiare niente. Il Gattopardo, al Nazareno, ha le sembianze di un democristiano felpato, sornione e un po’ sonnolento. È Enrico Letta, eletto domenica segretario del Pd. Il risultato in assemblea è bulgaro (860 sì, 2 no e 4 astenuti), ma solo perché l’ex Premier, di fatto, non aveva avversari: era l’unico nome spendibile per non lasciare la nave alla deriva e allo stesso tempo disinnescare la guerra civile. Almeno per ora.

Sotto il profilo politico, l’ascesa di Letta segna un punto a favore di Nicola Zingaretti. Con le dimissioni a sorpresa, l’ex leader del partito ha spiazzato gli avversari interni, ossia Base Riformista, la corrente degli ex renziani (che poi tanto ex non sono). Il progetto di Guerini, Lotti & Co. era chiaro: logorare il segretario fino all’autunno, costringerlo a convocare un congresso con le primarie e sostituirlo con Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna. Per capire la strategia, bisogna considerare che Base riformista domina i gruppi parlamentari dem (galeotte furono le liste elettorali colonizzate da Renzi nel 2018), ma allo stesso tempo ha numeri risibili in assemblea.


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Andrea Muratore: Quali alternative contro il metodo McKinsey?

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Quali alternative contro il metodo McKinsey?

di Andrea Muratore

Ha fatto recentemente molto discutere la rivelazione anticipata da Radio Popolare e rilanciata da Repubblica sulla nomina della multinazionale leader nella consulenza strategica, McKinsey, come partner del governo nella fase di riscrittura del Recovery Plan, uno degli obiettivi su cui Mario Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco sono maggiormente focalizzati.

Tra richieste di chiarimenti, opacità e cortocircuiti comunicativi, nel tardo pomeriggio del 6 marzo il Mef ha diramato uno scarno comunicato in cui ha confermato l’indiscrezione sottolineando che McKinsey “non è coinvolta nella definizione dei progetti del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza ndr)” e che l’accordo con la società “ha un valore di 25mila euro + IVA”, prevedendo operazioni finalizzate alla consulenza sull’apparato burocratico-amministrativo complementare alla definizione dei progetti del Recovery italiano.

La nomina di McKinsey ha suscitato diverse critiche tra gli oppositori e i critici del nuovo esecutivo: Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana), Giuseppe Provenzano e Francesco Boccia (Pd) sono stati solo alcuni degli esponenti che hanno rilevato la problematicità, accusando il governo Draghi di affidarsi a società esterne per lavorare al grande progetto che il governo Conte II ha, con grande approssimazione, lasciato incompiuto.


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db: Due o tre cose che so di Johnson e Johnson

labottegadelbarbieri

Due o tre cose che so di Johnson e Johnson

di db

A seguire due (o venti … o tremila) cose che NON so di J & J più una ricerca e una “quasi” conclusione

Arrivano. Arrivanoooooo. E tutti strepitano. Ma arrivano chi? Gli extraterrestri? I libri del cantastorie Angelo Maddalena? I “ristori” del governo di Mario Draghi (che sia santo subito)? Oppure stanno arrivando i rinforzi che ci faranno vincere lo scudetto? Arrivano i giovani virgulti, ovviamente sex balance, che tra-tra-trascineranno le sinistre italiane a risorgere «più belle e più legggiadre che pria»?

Ma cosa pensate? Arrivano i vaccini Johnson & Johnson che porteranno l’Italia fuori dalla pandemia. Avete già sentito questa storia? Può darsi: ma vaccino nuovo e (presunto) buono caccia vaccino vecchio e (presunto) cattivo… o certamente in poche dosi.

Però c’è una domanda che mi urge e pizzica. Possiamo fidarci di J&J? Intendo per serietà nelle forniture e ancor più per efficacia dei farmaci. Sembra ieri che il coro mediatico giurava: Pfizer è il meglio. Tanto da “dimenticarsi” – curioso, vero? – alcuni passaggi storici non rassicuranti nella storia e/o nell’etica della “big” ditta. E a suo tempo codesta piccola “bottega” ricordò qualche fatto e il suo contesto (*) … Di recente il nome Pfizer sta perdendo l’aureola di santità ma ora la luce divina risplende su J&J.


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Lucrezia Fanti: Tutte le bugie del neoliberismo

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Tutte le bugie del neoliberismo

di Lucrezia Fanti

“Il mercato rende liberi”, il nuovo libro di Mauro Gallegati, è un corpo a corpo con la teoria economica dominante per mostrarne tutti i limiti concettuali e metodologici, insieme alle gravi conseguenze sociali e ambientali prodotte dalla sua acritica e fideistica accettazione. Ma un’alternativa esiste

Con il rigore e l’ironia di sempre, Mauro Gallegati torna nel suo ultimo libro a sfatare uno dei miti del nostro tempo: il mercato rende liberi. Lo fa attraverso una pars destruens che mostra le incoerenze logiche e le debolezze teoriche dell’approccio assiomatico marginalista – tutt’oggi dominante nella disciplina economica – e una pars construens che descrive l’approccio teorico e modellistico dei Sistemi Adattivi Complessi (SAC), sviluppato negli ultimi anni e considerato più idoneo a studiare il funzionamento dei sistemi economici contemporanei.

 

La critica dell’impianto modellistico e teorico dominante

La fede cieca nel funzionamento del mercato, così come descritto dagli assiomi che stanno alla base dei modelli economici di impianto marginalista, ha trasformato l’economia in una scienza inutile, incapace – per costruzione – di descrivere il funzionamento dinamico delle economie contemporanee e soprattutto di spiegare le crisi che negli ultimi decenni hanno afflitto le società in cui viviamo.


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Marinella Correggia: Tanzania, muore il presidente John Pombe Magufuli

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Tanzania, muore il presidente John Pombe Magufuli

Il bersaglio di turno. Ricostruzione dei fatti fino all’epilogo (marzo 2020-marzo 2021)

di Marinella Correggia

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            5461354Fra i «principi elementari della propaganda di guerra» (ai quali la storica belga Anne Morelli venti anni fa ha dedicato un libro) efficacissima è la demonizzazione dell’avversario di turno, al quale si attribuisce ogni genere di terribili parole, opere, omissioni e pensieri. E in quella che molti politici occidentali hanno chiamato «la nostra guerra a Covid-19 con la quale stiamo scrivendo una pagina di storia» (e nella quale non hanno mai ammesso una sconfitta decretata dai numeri), di certo la Tanzania è stata fra i bersagli, fin dallo scorso mese di giugno 2020.

Ma cominciamo dalla fine. Dalla sera del 17 marzo 2021, quando in una chat del Movimento degli africani in Italia appaiono in rapida sequenza quattro notizie che riguardano tutte l’Africa. In Niger un gruppo di qaedisti (frutto avveleNato della guerra del 2011 in Libia) uccide 58 persone. In Mozambico a Capo Delgado, jihadisti (che infettano il paese da qualche tempo) uccidono bambini di fronte alle loro madri. Il tribunale di Milano assolve gli imputati Eni per l’inquinamento in Nigeria. La quarta notizia riguarda la Tanzania.

 

Morte di un presidente diventato inviso all’estero

Il 17 marzo 2021 muore il presidente John Pombe Magufuli, all’ospedale Mzena di Dar es Salaam dove era ricoverato dal 14; un precedente ricovero il 6 marzo. La vicepresidente Samia Suluhu Hassan ha indicato come causa della morte i gravi problemi cardiaci dei quali soffriva da dieci anni - aveva anche un pacemaker.


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Eros Barone: Le ragioni del materialismo dialettico di Lenin

sinistra

Le ragioni del materialismo dialettico di Lenin

di Eros Barone

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              streetart2     1. Premessa storica

Per situare nel contesto specifico il maggiore saggio filosofico di Lenin, vale a dire Materialismo ed empiriocriticismo, bisogna tener conto di due circostanze particolarmente importanti: la condizione della cultura filosofica russa nella prima metà del secolo XX; l’interazione delle diverse formulazioni teoriche dei filosofi russi con i programmi politici che caratterizzarono sia la fase prerivoluzionaria che la fase postrivoluzionaria. In quel lasso di tempo la filosofia russa aveva seguito un’evoluzione del tutto differente da quella del resto dell’Europa. L’illuminismo non era sfociato nell’idealismo e questo non aveva dato luogo al positivismo, come in Francia e in Germania, bensì tendenze illuministiche, idealistiche e positivistiche avevano contrassegnato contemporaneamente e non senza una certa confusione la vita culturale russa. La ragione di questo ‘décalage’ storico-filosofico va cercata nel fatto che mentre la naturale evoluzione della filosofia nei paesi occidentali aveva scandito il passaggio della borghesia da classe dirigente economica a classe dirigente politica (basterà ricordare a questo riguardo la nota tesi di Stalin, per il quale l’idealismo e il positivismo corrispondono rispettivamente all’ascesa e al trionfo della borghesia), in Russia la nascita della borghesia fu un evento improvviso e per certi aspetti persino prematuro, che coprì, si può dire, l’arco di una generazione, talché la nuova classe finì col portare avanti concezioni del mondo sostanzialmente contraddittorie. In questo senso è particolarmente illuminante la letteratura russa della seconda metà dell’Ottocento, specie in alcuni scrittori come Čechov.


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Michele Castaldo: Vaccini: una questione molto complicata

lacausadellecose

Vaccini: una questione molto complicata

di Michele Castaldo

f6938919 e259 4294 b5a7 142c976531f2 mediumAvevo cominciato a scrivere queste note una decina di giorni prima che accadesse la sospensione della distribuzione del vaccino AstraZeneca; purtroppo mi sono rivelato facile profeta, ma non era difficile. Riparto con ulteriore convinzione nell’esporre le mie tesi. Sono comparsi negli ultimi giorni sul Corriere della sera due articoli uno a firma di Fabio Colasanti, economista, il 6/3/21, e l’altro di Angelo Panebianco, politologo, l’8/3/21, che pongono in modo chiaro e schietto un problema che ne richiama molti altri e sui quali è necessario soffermare l’attenzione senza inforcare le lenti dell’ideologismo perché non ci aiuterebbero.

La questione di fondo nell’affrontare correttamente la necessità del vaccino, secondo i due saggisti, consisterebbe nella differenza tra l’agire pragmatico di certi paesi come Usa, Gran Bretagna e Israele, da una parte, quello giuridico dalla parte opposta, riferendosi all’Europa.

Se i due illustri saggisti si scomodano con tanta determinazione per intervenire su una questione che dovrebbe filare liscia come l’olio, vuol dire che c’è una preoccupazione di fondo irrisolta, ed è inutile fare finta di niente. E dalla lettura dei loro scritti emerge con chiarezza la difficoltà che consiste nella diffidenza popolare sulla valenza dei vaccini per debellare un virus che si sta dimostrando di una potenzialità del tutto imprevista (del tutto imprevista?) e di una varianza che complica oltremodo la possibilità di combatterlo.


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Manlio Dinucci: L’Europa chiamata alle armi contro Cina e Russia

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L’Europa chiamata alle armi contro Cina e Russia

di Manlio Dinucci

L'arte della guerra. La crescita del gigante rosso la cui crescita mette in discussione mette a rischio l’ordine economico mondiale dominato finora dagli Stati uniti e dalle maggiori potenze occidentali

L’Accordo Ue-Cina sugli investimenti, siglato il 30 dicembre dalla Commissione europea, potrebbe non essere ratificato dagli europarlamentari in base all’accusa che Pechino viola i diritti umani. È il paravento dietro cui si nasconde il vero motivo: la crescente pressione esercitata dagli Stati uniti sull’Europa per creare una coalizione contro la Cina. La strategia di Washington – da Obama a Trump e ora a Biden – è quella del «contenimento» della Cina, la cui crescita mette in discussione l’ordine economico mondiale dominato finora dagli Stati uniti e dalle maggiori potenze occidentali.

Sono le multinazionali e altre imprese statunitensi ed europee che hanno delocalizzato da decenni gran parte delle loro produzioni in Cina, realizzando enormi profitti. La Cina non è rimasta però semplicemente la «fabbrica del mondo» in cui si va a produrre perché la manodopera costa meno. Ha realizzato un proprio sviluppo produttivo e tecnologico e, su tale base, progetti come la Nuova Via della Seta.


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Mario Gangarossa: Il pasticcio di AstraZeneca

mariogangarossa

Il pasticcio di AstraZeneca

di Mario Gangarossa

Un pasticciaccio brutto quello di AstraZeneca.

Una miscela esplosiva fatta di pressioni e sollecitazioni, necessità oggettive e emergenze, dilettantismo e protagonismo.

Interessi di botteghe grandi e piccole.

Sullo sfondo una sola cosa è chiara.

Chi uscirà per primo dall'epidemia, conquisterà nuovi mercati e guadagnerà influenze e egemonie.

Ciò rende la partita della vaccinazione di massa il punto di forza ma anche quello di massima debolezza di ogni paese.

Il terreno sul quale si può vincere o perdere tutto.

Cerchiamo, quindi, di non focalizzare l'attenzione sull'aspetto puramente sanitario che ci imprigiona dentro dettagli secondari senza farci comprendere il quadro generale.

Che è un quadro di vera e propria guerra commerciale la cui posta in gioco non sono quante donne o quanti uomini sopravvivranno, ma quali capitali vinceranno la concorrenza.


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Gabriele Guzzi: Attacco alla Pubblica Amministrazione

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Attacco alla Pubblica Amministrazione

di Gabriele Guzzi

Quello che leggiamo sui giornali ha tutta la sembianza di un attacco spudorato ai diritti e alle vite di milioni di persone.

É stato firmato ieri con i sindacati un “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”. Con la narrazione di voler finalmente ricolmare il gap occupazionale che colpisce la pubblica amministrazione, sembra che si voglia radicalmente intervenire sulle modalità contrattuali del lavoro pubblico, degradandola a quella specie di precariato perenne che da anni colpisce il settore privato (spesso esternalizzato dal pubblico).

Si parla, con la solita ebbrezza, di “rimuovere i tetti anacronistici e le rigidità contrattuali”, di “accelerare le assunzioni”, “modificare strutturalmente i sistemi di reclutamento della PA”.

Il paradiso? Che belle parole: rimuovere i tetti, le rigidità, accelerare… evocano in noi un immaginario di efficienza e decisa risolutezza.

Il punto è, e quasi nessun giornale lo spiega, che i tetti anacronistici sono i limiti all’assunzione a tempo determinato e le spese per il trattamento accessorio, legiferate in questo ultimo decennio di già attacco alla stabilità occupazionale.


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Franco Piperno: L’angoscia dell’individuazione: note sul movimento del ’77

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L’angoscia dell’individuazione: note sul movimento del ’77

di Franco Piperno

Ricordiamo con questo testo di Franco Piperno, dedicato al movimento del ’77, il 12 marzo di 44 anni fa, ossia la «terribile bellezza» di quel giorno di insurrezione.

* * *

Come per il ’68, Il Movimento del ’77 nasce dall’università – lo attestano le cronache. Ma a differenza di quel che era accaduto nel marzo del ’68, nel febbraio del ’77 affiora, fin da subito, già all’inizio di quel mese, un sentimento collettivo, spartito dalle moltitudini in rivolta, quasi una dichiarazione pubblica di estraneità assoluta non solo verso la scuola e l’università ma anche verso il regime politico-sociale vigente nel paese; una autonomia irreversibile dalle istituzioni statuali che è penetrato nel senso comune e si esprime nella determinazione manifesta di rompere il monopolio statale della violenza per praticare, in forma finalmente scoperta, la legittima difesa, fosse anche tramite l’uso delle armi. L’immagine icastica di questa autonomia si è fissata per sempre nelle foto di Tano D’Amico che mostrano Paolo e Daddo cadere feriti a Roma, il 2 di febbraio, in piazza Indipendenza; feriti nel tentativo di difendere il corteo degli studenti dall’assalto dei gendarmi; feriti sì ma armati, con la pistola ancora in pugno.


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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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carmilla

Pandemia, economia e crimini della guerra sociale

Stagione 2, episodio 3: disciplinamento dell’immaginario e del lavoro

di Sandro Moiso

pandemia 3
            300x268Ho scritto recentemente, a proposito del pensiero di Carl Schmitt, che il concetto di “eccezione” è fondativo della sovranità ovvero del potere dello Stato, qualsiasi sia la forma politico-istituzionale che questo assume: «Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione»1.

Da questa affermazione è possibile far derivare che l’eccezionalità, o stato di eccezione, e la facoltà/forza di deciderne gli aspetti formali e strutturali costituiscono le condizioni che devono sostanziare ogni governo poiché, se nelle fasi “normali” la normativa vigente è sufficiente a governare l’esistente e a dirimerne le contraddizioni, è proprio nella gestione di una fase inaspettata, e dunque potenzialmente pericolosa, che si esprime la vera autorità, riconosciuta come tale.

Se questo risulta essere piuttosto significativo dal punto di vista meramente politico, soprattutto in una fase come quella che stiamo attraversando e che abbiamo precedentemente definito come “epidemia delle emergenze”2, assume un’ulteriore importanza una volta che lo si associ alle riflessioni di Michel Foucault sul “potere di disciplina”.

In che consiste un simile potere? L’ipotesi che vorrei avanzare è che esiste, nella nostra società, qualcosa che potremmo definire un potere disciplinare. Con tale espressione mi riferisco, semplicemente, a una certa forma, in qualche modo terminale, capillare, del potere, un ultimo snodo, una determinata modalità attraverso la quale il potere politico – i poteri in generale – arrivano, come ultima soglia della loro azione, a toccare i corpi, a far presa su di essi, a registrare i gesti, i comportamenti, le abitudini, le parole; mi riferisco al modo in cui tutti questi poteri, concentrandosi verso il basso fino ad investire gli stessi corpi individuali, lavorano, plasmano, modificano, dirigono, quel che Servan chiamava “le fibre molli del cervello”3.


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Marcello Musto: L’alternativa possibile della Comune di Parigi

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L’alternativa possibile della Comune di Parigi

di Marcello Musto

Il 18 marzo del 1871 scoppiò in Francia una nuova rivoluzione che mise in pratica la democrazia diretta e l'autogoverno dei produttori. Quell'esperienza indica ancora come si può costruire una società radicalmente diversa da quella capitalista

comune parigi jacobin italia 990x361I borghesi avevano sempre ottenuto tutto. Sin dalla rivoluzione del 1789, erano stati i soli ad arricchirsi nei periodi di prosperità, mentre la classe lavoratrice aveva dovuto regolarmente sopportare il costo delle crisi. La proclamazione della Terza Repubblica aprì nuovi scenari e offrì l’occasione per ribaltare questo corso. Napoleone III era stato sconfitto e catturato dai tedeschi, a Sedan, il 4 settembre 1870. Nel gennaio dell’anno seguente, la resa di Parigi, che era stata assediata per oltre quattro mesi, aveva costretto i francesi ad accettare le condizioni imposte da Otto von Bismarck. Ne seguì un armistizio che permise lo svolgimento di elezioni e la successiva nomina di Adolphe Thiers a capo del potere esecutivo, con il sostegno di una vasta maggioranza legittimista e orleanista. Nella capitale, però, in controtendenza con il resto del paese, lo schieramento progressista-repubblicano era risultato vincente con una schiacciante maggioranza e il malcontento popolare era più esteso che altrove. La prospettiva di un esecutivo che avrebbe lasciato immutate tutte le ingiustizie sociali, che voleva disarmare la città ed era intenzionato a far ricadere il prezzo della guerra sulle fasce meno abbienti, scatenò la ribellione. Il 18 marzo scoppiò una nuova rivoluzione; Thiers e la sua armata dovettero riparare a Versailles.

 

Di lotta e di governo

Gli insorti decisero di indire subito libere elezioni, per assicurare all’insurrezione la legittimità democratica. Il 26 marzo, una schiacciante maggioranza (190.000 voti contro 40.000) approvò le ragioni della rivolta e 70 degli 85 eletti si dichiararono a favore della rivoluzione.


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Stefano Harney e Fred Moten: Fantasia nella stiva

neronot

Fantasia nella stiva

Logistica dello schiavismo e fantasie di fuga

di Stefano Harney e Fred Moten

Un estratto di Undercommons. Pianificazione fuggitiva e studio nero di Stefano Harney e Fred Moten, recentemente pubblicato da Tamu Edizioni e Archive Books, nella traduzione a cura di Emanuela Maltese. Ringraziamo l’editore per la disponibilità

CONTAINER 1536x629Logistica, o del trasporto marittimo

Lavorare oggi significa che ci viene chiesto sempre più di fare senza pensare, sentire senza emozioni, muoverci senza attrito, adattarci senza discutere, tradurre senza pausa, desiderare senza scopo, connettere senza interruzione. Solo poco tempo fa, molti di noi dicevano che il lavoro fosse passato attraverso il soggetto al fine di sfruttare le nostre capacità sociali, per spremere più forza lavoro dal nostro lavoro. L’anima discendeva nell’officina, come scriveva Franco «Bifo» Berardi o, come suggeriva Paolo Virno, ascendeva come nel virtuosismo di un oratore senza spartito. Più prosaicamente, abbiamo sentito proporre l’imprenditore, l’artista e l’investitore tutti come nuovi modelli di soggettività in grado di favorire l’incanalamento dell’intelletto generale. Ma oggi ci viene da chiederci: perché preoccuparsi proprio del soggetto, perché passare in rassegna degli esseri del genere per raggiungere l’intelletto generale? E perché limitare la produzione ai soggetti i quali, dopotutto, sono una così piccola parte della popolazione, una storia così piccola dell’intellettualità di massa? Ci sono sempre stati altri modi per mettere i corpi al lavoro, persino per mantenere il capitale fisso di tali corpi, come direbbe Christian Marazzi. E ad ogni modo, per il capitale il soggetto è diventato troppo ingombrante, troppo lento, troppo incline all’errore, un soggetto che controlla troppo, per non parlare di una forma di vita troppo rarefatta, troppo specializzata. Eppure, non siamo noi a porre questa domanda. Questa è la domanda automatica, insistente e determinante del campo della logistica.


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coniarerivolta: I ‘competenti’ alla prova dei fatti: congedi e bonus baby-sitting sono le prime vittime

coniarerivolta

I ‘competenti’ alla prova dei fatti: congedi e bonus baby-sitting sono le prime vittime

di coniarerivolta

A un anno dall’inizio della pandemia, gran parte dell’Italia da lunedì 15 marzo è entrata, ancora una volta, in zona rossa: circa 43 milioni di persone – il 72% della popolazione italiana – distribuite in 11 regioni dovranno dunque nuovamente adattarsi al complesso insieme di regole e limitazioni introdotte per contenere la diffusione dei contagi.

Fortunatamente, però, il governo dei competenti guidato da Mario Draghi è tra noi e non tarderà ad adottare tutte le misure del caso per sostenere le famiglie e i lavoratori e le lavoratrici italiani, stremati dopo un anno a dir poco sfiancante, che ha colpito in maniera particolarmente feroce soprattutto la componente femminile della popolazione. Le dichiarazioni di Draghi riguardo il lancio della Strategia Nazionale per la Parità di Genere in occasione della Giornata Internazionale delle Donne per cui “un non solo simbolico riconoscimento della funzione e del talento delle donne [è] essenziale per la costruzione del futuro della nostra nazione”, sembrerebbero rassicuranti. Un elogio alla donna a cui si è recentemente accodato anche il nuovo segretario del PD.


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ilsimplicissimus: L’Istat conferma (non volendo) il tragico travisamento pandemico

ilsimplicissimus

L’Istat conferma (non volendo) il tragico travisamento pandemico

di ilsimplicissimus

Sebbene ancora non si disponga di darti certi e reali, ovvero non a campione, l’Istat che ricordiamo è un istituto governativo, nel suo quinto rapporto sostiene che vi sarebbero stati nel 2020 100.526 morti in più rispetto alla media degli scorsi 5 anni, dunque con un aumento del 15, 6 percento. Si tratta di cifre che apparentemente paiono giustificare tutti i provvedimenti anticostituzionali e la distruzione di una notevole parte dell’economia del Paese ed è con questa angolazione che le ha presentate l’informazione mainstream, ma che invece, letti con un’attenzione che i più ormai non sono in grado di esercitare, decostruiscono la narrazione apocalittica e pongono invece enormi problemi proprio sui modi con cui è stata gestita la pandemia e sulla marea di morti di stato. Cominciamo col dire che non tutti quei 100 mila in più sono morti di Covid, per 25.635 non c’è stato proprio verso di trasformali in vittime del coronavirus che così scendono a 74.891, anzi in realtà di meno perché nei mesi di Gennaio e Febbraio, del 2020, ovvero quelli precovid, vi sono stati 7600 morti in meno rispetto alla media degli anni precedenti, i decessi in più appartengono solo ai 10 mesi successivi e perciò bisogna aggiungere ai 25 635 decessi in eccesso non covid anche 7600 e risulta un cifra di 33.235.


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Alessio Mannino: Tre milioni di non autosufficienti, vittime dell’ipocrisia liberale

kriticaeconomica

Tre milioni di non autosufficienti, vittime dell’ipocrisia liberale

di Alessio Mannino

Puntuale come le tasse, la passeggiata di Kant a Königsberg e la lagna “i bambini, nessuno pensa ai bambini?!” della moglie del reverendo Lovejoy dei Simpsons, prima o poi doveva arrivare la geremiade dell’editorialista liberale dedicata ai “più deboli”. Sul Corriere della Sera del 12 marzo il tal membro della sterminata categoria, Dario Di Vico, ne ha confezionata una coi fiocchi, estraendo dal mazzo per l’occasione i 3 milioni di anziani non autosufficienti, causa malanni fisici o psichici (Alzheimer, Parkinson).

Forse ancor più dei comuni indigenti, si tratta di persone che necessitano di aiuto permanente, sulle quali si sofferma il corrierista di buon cuore per esorcizzare il rischio che siano tagliate fuori dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. “Il welfare italiano”, ricorda allarmato Di Vico, “è stato interessato negli ultimi anni da diversi interventi di riforma, dall’Aspi del 2012 al Reddito di cittadinanza del 2019 fino all’Iscro del 2021, ma nessuno di essi ha riguardato la platea dei non autosufficienti”.


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Andrea Zhok: Verità e storia: cosa significa comprendere la storia?

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Verità e storia: cosa significa comprendere la storia?

intervista ad Andrea Zhok

Oggi, per la rubrica Verità e Storia, abbiamo con noi il Prof. Andrea Zhok, docente di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Tra le sue pubblicazioni monografiche ricordiamo: Il concetto di valore: dall’etica all’economia (2001), Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo (Jaca Book 2006), Emergentismo (ETS 2011), La realtà e i suoi sensi (ETS 2012), Rappresentazione e realtà (Mimesis 2014), Libertà e natura (Mimesis 2017), Identità della persona e senso dell'esistenza (Meltemi 2018) e Critica della ragione liberale (Meltemi 2020).

* * * *

Un luogo comune vuole che la storia sia lo studio degli avvenimenti passati, più precisamente degli atti compiuti dall’uomo nel procedere delle differenti epoche e civiltà. L’uomo non è però solo il protagonista principale della storia, è anche colui che sviluppa la stessa comprensione storica: è il soggetto umano che si approccia al passato.


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Marino Badiale: Fine partita. Ha vinto la barbarie

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Fine partita. Ha vinto la barbarie

Lettere al futuro IV

di Marino Badiale

Schermata 2021 03 09 alle 09.22.221. Introduzione

“Socialismo o barbarie” è un notissimo slogan dovuto a Rosa Luxemburg, contenuto in un testo scritto durante la Prima Guerra Mondiale [1]. È stato usato molte volte nel Novecento, a indicare il pericolo di una degenerazione regressiva e barbarica delle società occidentali (regressione la cui analisi specifica si differenziava fra i vari autori), e la necessità di una evoluzione socialista per prevenire tale degenerazione. Un critico potrebbe obbiettare che, nel Novecento, il socialismo non ha vinto ma la barbarie tanto temuta non è in definitiva arrivata: il nazifascismo è senz’altro l’evento storico più simile alla temuta regressione, ma esso è stato sconfitto da forze interne alle stesse società capitalistiche (assieme, ovviamente, all’URSS), che hanno così dimostrato di essere capaci di esprimere efficaci controtendenze rispetto agli elementi di barbarie sorti al proprio interno. Può dunque sembrare arrischiato riproporre oggi lo slogan “socialismo o barbarie”, perché si potrebbe venire smentiti, come è successo per tutto il Novecento. Sono però convinto, e l’ho argomentato in altri interventi [2], che il capitalismo abbia ormai esaurito la sua capacità di rappresentare una potenzialità contraddittoria di progresso, e sia entrato in una fase univocamente regressiva, che porterà in tempi non troppo lunghi ad una sua crisi irreversibile. Purtroppo tale crisi non sarà quella che speravano i movimenti comunisti e socialisti degli ultimi due secoli: non si tratterà di una fase turbolenta, magari drammatica, che porterà a sostituire il capitalismo morente con un socialismo ecologico, pacifico, in grado di conservare le conquiste spirituali della modernità e metterle al servizio del libero sviluppo di ogni individuo.


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Emanuele Lepore: Tra marxismi e post-marxismi: una mappatura globale

micromega

Il rasoio di Occam

Tra marxismi e post-marxismi: una mappatura globale

di Emanuele Lepore

È appena uscito il “Routledge Handbook of Marxism and Post-Marxism”, curato da Alex Callinicos, Stathis Kouvelakis e Lucia Pradella (Routledge, 2021). Si tratta di un importante contributo agli studi marxiani contemporanei, ricco di numerose estensioni storico-geografiche e teoriche

Schermata del 2021 03 21 11 12 33È stato dato da poco alle stampe il Routledge Handbook of Marxism and Post-Marxism, a cura di Alex Callinicos, Stathis Kouvelakis e Lucia Pradella. Ne offriremo qui una presentazione generale, in cui proveremo a individuare alcuni fili che di questo handbook costituiscono la fitta trama.

Il volume si caratterizza anzitutto come una ricognizione puntuale dell’ampio e variegato spettro di esperienze teoriche del marxismo e del post-marxismo, secondo una scansione abbastanza netta, che ripercorriamo brevemente: la prima parte è dedicata al momento fondativo del marxismo, alle figure di Karl Marx e Friedrich Engels. Se è vero che il marxismo è costitutivamente “teoria della crisi” (Kouvelakis 2005), allora il ritorno alla fondazione si presenta come una necessità storica, rispondendo alla quale è possibile guadagnare una nuova prospettiva tanto sulle fonti a cui si fa ritorno, quanto sugli eventi determinati che si vuole comprendere. In questo caso, si può dire che il ritorno sia riuscito, poiché nel saggio dedicato specificamente a Karl Marx, Lucia Pradella – tenendo fede ad uno degli impegni teorici stabiliti in L’attualità del Capitale (2010) – imposta un confronto ravvicinato con chi ha inteso scorgere nell’opera marxiana assenze tematiche e vicoli ciechi, dalla questione di genere al presunto eurocentrismo della critica di Marx all’economia politica.


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Gabriele Toccaceli: Una nota bibliografica: La moneta del comune

sudcomune

Una nota bibliografica: La moneta del comune

di Gabriele Toccaceli

In Sudcomune. Biopolitica Inchieste Soggettivazione, n. 1-2, 2016 (Ed. Deriveapprodi)

81KH5AG65L. AC SX355 Il libro a cura di Emanuele Braga (ricercatore, artista e coreografo) e Andrea Fumagalli (professore di Economia politica all’Università di Pavia) si articola sostanzialmente in tre parti nel quale sono contenuti vari interventi sui circuiti di moneta complementare e sulle cripto-valute da parte di numerosi esperti o attivisti. Oltre ai curatori, Massimo Amato, Laurent Baronian, Domenico De Simone, Enric Duran, Marco Giustini, Giorgio Griziotti, Stefano Lucarelli, Christian Marazzi, Pekka Piironen, Denis Roio, Jerome Roos, Marco Sachy, Tiziana Terranova, Carlo Vercellone, Akseli Virtanen.

Il libro, nasce in buona parte da alcuni eventi che si sono tenuti nel corso del 2014: il Convegno sulla moneta del comune tenutosi a Milano (21 e 22 giugno 2014), il workshop su Algoritimi e Capitale ospitato dalla Unità di Ricerca e Cultura Digitale del Goldsmiths College di Londra (20 gennaio 2014), il lancio del progetto europeo D-Cent (Londra, 31 marzo 2014), l’esperienza della Robin Hood Minor Asset Management Cooperative (discussa tra l’altro a Dublino dal 17 al 20 novembre 2014) (1).

In questi incontri i partecipanti hanno cercato di analizzare criticamente il processo globale di finanziarizzazione e i nuovi meccanismi di dominio capitalista, cercando al contempo di riflettere sulla possibilità che un circuito finanziario alternativo possa rompere l’egemonia e la governance finanziaria che quotidianamente si esercita sulle nostre vite.


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Maria Micaela Bartolucci: Die Zauberflöte o (contro) il distopico mondo degli azionisti

frontiere

Die Zauberflöte o (contro) il distopico mondo degli azionisti

Singspiel incompleto, in più atti

di Maria Micaela Bartolucci

Il capitalismo degli azionisti, Stakeholder capitalism, altro non è se non la materializzazione del sogno accarezzato, ormai da molti decenni, dalle élite liberali mondiali, che hanno profuso sforzi considerevoli per dar forma, in modo demiurgico, a quella che potremmo definire una vera e propria aziendalizzazione della società, in perfetta sincronia, perché assolutamente necessaria, con la distopica costruzione di una visione del mondo sotto forma di mercato totale, che deve concernere ed investire di sé ogni minimo spazio della vita dell’essere umano.

Il mondo doveva essere trasformato e gestito seguendo i paradigmi progettuali di una nuova idea di azienda: via i confini, che, in quest’ottica diventano superflui, un ostacolo da abbattere per favorire la libera circolazione di merci e di capitali, ma, soprattutto di persone, quelle decise da loro, forza lavoro da spostare, in una perpetua mobilità, nel segno di un’ineluttabile flessibilità che altro non è se non precarizzazione totale che rende difficili i legami e, di conseguenza, le reazioni e le rivendicazioni.


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Leonardo Mazzei: AAA, onestà intellettuale cercasi

sollevazione2

AAA, onestà intellettuale cercasi

di Leonardo Mazzei

AAA, onestà intellettuale cercasi: questo l’annuncio che dovrebbe campeggiare in testa alle prime pagine dei giornaloni e nei titoli dei Tg. Ma questo sarebbe possibile solo ove l’oggetto della ricerca fosse presente in quei luoghi almeno in minima dose. Ma così palesemente non è. Ed è proprio per questo che la ricerca è difficile. Oggi, in tempi di narrazione pandemica unificata e di regime, addirittura disperata.

Detta così sembrerebbe quasi la mitica scoperta dell’acqua calda. Del resto, l’onestà intellettuale è da sempre merce rara. Ma qui non stiamo parlando di un’onestà perfetta ed assoluta, difficile da ottenersi per chiunque. Qui vogliamo occuparci invece della manifesta disonestà intellettuale che ci viene riversata addosso a tonnellate ogni dì. Per essere più chiari: una cosa è insistere su una propria idea anche quando i suoi presupposti cominciano a vacillare nella realtà fattuale; altra cosa è negare l’esistenza stessa dei fatti che la inficiano. Nel primo caso siamo di fronte ad un errore correggibile, al massimo ad un peccato veniale; nel secondo alla menzogna bella e buona.


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Livio Cerneca: Cosa ci insegna un virus che “cambia”? Un’allegoria tridimensionale

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Cosa ci insegna un virus che “cambia”? Un’allegoria tridimensionale

di Livio Cerneca

Se un’allegoria ha bisogno di essere spiegata, o non è una buona allegoria, o chi fa fatica a capirla non conosce le premesse e il contesto.

Le disastrose conseguenze della pandemia da Covid-19 sono un’allegoria che utilizza un sistema di simboli specifici (il virus, la malattia, la morte, la costrizione, l’isolamento) per rappresentare una condizione generale (la nostra organizzazione sociale ed economica) e dimostrarne l’inadeguatezza.

Un’allegoria talmente efficace che, invece di limitarsi a illustrare la realtà utilizzando similitudini figurate, costruisce un modello tridimensionale e funzionante di ciò che vuole descrivere.

Non si può certo dire che non sia un’ottima allegoria, e anzi, è tra le migliori che si possano immaginare. Eppure, nonostante ci stia macinando nei suoi ingranaggi che si muovono con sincronismo prodigioso, non ne comprendiamo il significato. Non siamo capaci di trovare il nesso. Se ci riuscissimo, riconosceremmo al volo il fallimento del metodo che abbiamo finora applicato alla gestione del mondo e ci affretteremmo a cambiare rotta.


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Marco Zanussi: Come funziona la blockchain? Gli algoritmi di consenso

kriticaeconomica

Come funziona la blockchain? Gli algoritmi di consenso

di Marco Zanussi

Nel primo articolo sono state poste le basi per capire che cosa sia e come nasce blockchain. In questo si proseguirà in tal senso, cercando di gettare luce sul suo funzionamento.

La blockchain non è altro che un “registro distribuito ed immutabile di transazioni organizzate in blocchi e cronologicamente ordinate grazie ad un algoritmo che le valida rendendole distribuite in tutta la rete”.

“La catena di blocchi” – da cui deriva il nome della tecnologia – è resa possibile dalla struttura logica che le sta alla base. Questa, per validare le transazioni in oggetto, si avvale dei cosiddetti algoritmi di consenso (AdC), metodi crittografici che permettono di ottenere la fiducia degli utenti-client, rendendo la transazione immutabile e verificabile da ognuno di essi, essendo da essi stessi validata ed inscritta nel registro di cui ogni client detiene una copia. Detti metodi fanno tanto da iscrivere la transazione solamente una volta elaborata e crittografata secondo complessi calcoli matematici, utilizzando quindi la capacità di calcolo dei client del sistema, come sarà possibile analizzare nel prosieguo con più attenzione.


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Mar 25, 2021, 7:02:52 AM3/25/21
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Carlo Formenti: Glosse a "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (II)

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Glosse a "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (II)

di Carlo Formenti

La pubblicazione delle mie Glosse alla "Ontologia" di Gyorgy Lukacs prosegue con questa seconda puntata (qui la prima) che raggruppa la seconda e la terza sezione tematica

3a540578849b96324dfe2307a92611272. Critica del materialismo meccanicista

La critica delle interpretazioni meccaniciste e deterministe del pensiero di Marx è un filo rosso che attraversa tutta l’Ontologia, per cui lo ritroveremo in tutte le sezioni in cui sono articolate queste Glosse. In questa seconda sezione, tuttavia, intendo concentrare l’attenzione soprattutto su due aspetti: 1) il modo in cui, nel pensiero di Lukacs, il principio della determinazione (in ultima istanza!) della coscienza da parte del fattore economico si associa all’affermazione della (relativa!) libertà del fattore soggettivo; 2) la critica della feticizzazione oggettivistica della tecnica.

Parto da un passaggio particolarmente illuminante per quanto riguarda il primo punto: il metodo dialettico, scrive Lukacs, riposa sul già accennato convincimento di Marx che nell’essere sociale l’economico e l’extraeconomico di continuo si convertono l’uno nell’altro, stanno in una insopprimibile interazione reciproca, da cui però non deriva (…) né uno sviluppo storico privo di leggi (…) né un dominio meccanico <<per legge>> dell’economico astratto e puro. Ne deriva invece quella organica unità dell’essere sociale in cui alle rigide leggi dell’economia spetta per l’appunto e solo la funzione di momento soverchiante (vol. II, pp. 290/91). Il passaggio è denso e ricco di aspetti degni di rilievo. In primo luogo, l’affermazione secondo cui economico ed extraeconomico si convertono di continuo l’uno nell’altro, fa eco alla concezione dell’essere sociale come complesso di complessi descritta nella prima sezione: nessuna dimensione dell’essere sociale è separata dalle altre da un confine rigido, per cui il gioco dialettico delle interazioni reciproche è continuo, e soprattutto non è mai unidirezionale, nel senso che nessuna dimensione condiziona le altre senza venirne a sua volta condizionata.


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Giorgio Paolucci: Sul declino degli Usa e l’inasprirsi della guerra imperialista permanente

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              onoratodamen

Sul declino degli Usa e l’inasprirsi della guerra imperialista permanente

di Giorgio Paolucci

usakillNel nostro vocabolario esiste una parola che più di tutte
rappresenta una speranza per il futuro; questa parola è: Comunismo
(G. Greco)

Le ha davvero provate tutte Donald Trump pur di ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali. Ha perfino spinto i suoi sostenitori più accaniti a occupare e a mettere a soqquadro la sede del Congresso convocato -come previsto dalla costituzione - per certificare la vittoria di Joe Biden. Un’irruzione con armi alla mano e che pare mirasse a bloccare i lavori dei deputati e a sequestrare la speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi e a dare una lezione, in stile Klu Klux Klan, al vicepresidente Pence per non essersi opposto alla procedura parlamentare per la ratifica della vittoria di Biden da Trump ritenuta illegittima perché, a suo dire, conseguita per mezzo di gravi brogli elettorali. Accusa mai ritirata nonostante tutte le corti statali e quella federale ne abbiano certificata l’infondatezza.

Definirlo un tentativo di golpe, nell’accezione classica del termine, forse è eccessivo, benché -stando alle ultime indagini dell’Fbi - non sia mancata una qualche complicità da parte di qualche dirigente e agente della polizia locale e di alcuni parlamentari del partito repubblicano.

In ogni caso, sarebbe fuorviante considerarlo un episodio isolato, frutto della personalità disturbata di Trump come si trattasse di un aspirante dittatorello di una qualsiasi repubblica delle banane e non il presidente della prima potenza imperialistica mondiale.


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Franco Berardi Bifo: Evento e struttura in Marx

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Evento e struttura in Marx

Note su La guerra civile in Francia

di Franco Berardi Bifo

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              c61a5c03fe004ca283fedd48106416bfmv2Il concetto di rivoluzione non viene elaborato in modo specifico nelle opere di Marx: si potrebbe dire, sostiene Franco Berardi Bifo, che quello di rivoluzione non è neppure un concetto, per lui: è un evento difficilmente concettualizzabile in termini strutturali. Ne parla negli scritti storici, nel Manifesto del partito comunista e ne La guerra civile in Francia. Questo breve documento, pubblicato a Londra nel 1871, raccoglie tre discorsi tenuti al Consiglio generale dell’Internazionale. Le pagine centrali del pamphlet sono dedicate alla Comune di Parigi, di cui in questi giorni ricorrono i 150 anni: in presa diretta Marx ne coglie la straordinaria novità, come manifestazione autonoma della classe operaia in quanto soggetto politico. La Comune durò meno di cento giorni, eppure marcò in modo profondo l’immaginazione politica del secolo successivo, fino ad arrivare ai giorni nostri. Quell’esperimento, «forma politica finalmente scoperta», non è la manifestazione di una tendenza implicita ma un evento imprevedibile, in quanto la struttura non implica necessariamente ogni evento. Marx lo capisce, perché non era un determinista e neppure un dottrinario bisbetico, un dogmatico credente nella necessità storica. Centocinquant’anni dopo, ripercorriamo con Bifo quel viaggio incantato alla scoperta di qualcosa che non ci aspettiamo.

* * * *

Marx non ha parlato molto di rivoluzione. Il concetto di rivoluzione non viene elaborato in modo specifico nelle sue opere. Oserei dire che quello di rivoluzione non è neppure un concetto, per lui: è un evento che difficilmente si può concettualizzare in termini strutturali.


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Edmond Dantès: Il discorso dominante del virus

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Il discorso dominante del virus

di Edmond Dantès

immagini.quotidiano.net16La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.
George Orwell, 1984

L’emergenza del virus ha portato con sé anche un discorso dominante, creato dal potere e diffuso dai suoi più svariati servitori mediatici: i telegiornali, i giornali e tutte le diramazioni create dalla Rete. Tale discorso dominante parla della verità o, meglio, di ciò che è giusto, di ciò che è bene. Una caratteristica di questo discorso è infatti quella di essere contrapposto, quasi in forma manichea, a ciò che viene definito come male, come sbagliato. Da una parte c’è il bene, dall’altra c’è il male. Anche un bambino di quattro anni capirebbe che non può funzionare così, non deve funzionare così. Il discorso dominante funziona invece come un blocco monolitico al quale non ci si può contrapporre se non si vuole cadere vittima della pratica dell’interdetto e del divieto.

Come nota Michel Foucault ne L’ordine del discorso, pressoché in tutte le società esistono “narrazioni salienti che si raccontano, si ripetono, si fanno variare; formule, testi, insiemi ritualizzati di discorsi che si recitano, secondo circostanze ben determinate; cose dette una volta e che si conservano, perché vi si presagisce qualcosa come un segreto o una ricchezza”.1 Tali narrazioni possono benissimo essere rappresentate, nelle società antiche, dai racconti mitici e dai miti in generale. Nella società contemporanea, in cui la parola mitica in senso proprio è stata completamente rimossa, quegli stessi racconti mitici del passato hanno assunto le vesti di una vera e propria nuova ‘mitologia’, quella della società dei consumi.


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Anselm Jappe: Considerazioni sulla relazione tra la televisione e la società

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Considerazioni sulla relazione tra la televisione e la società

di Anselm Jappe

tele jappePuò essere utile cominciare precisando alcune idee di Guy Debord, autore del libro La società dello spettacolo [*1]. La critica radicale dello spettacolo formulata da Debord va ben oltre una semplice critica della televisione e dei mass media. Egli stesso ha detto: «Lo spettacolo non può essere inteso come un abuso del mondo visibile, come un prodotto delle tecniche della diffusione di massa delle immagini» [*2]. Riconoscere, oggi, un valore "profetico" al libro di Debord pubblicato nel 1967 è, pertanto, facile, ma è anche riduttivo qualora la perspicacia di Debord venga vista solo nel fatto che egli prevedeva una società dominata da una dozzina o da un centinaio di canali televisivi di intrattenimento o notizie-spettacolo. Al giorno d'oggi, negli ambienti che si ritengono più intelligenti è di moda storcere il naso di fronte allo "spettacolo", ed esistono registi televisivi e ideatori di programmi per la tv, in Italia, e ministri francesi che amano citare Debord ed elogiarlo. Tuttavia, però Debord ha già detto nel suo libro che: «Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra le persone, mediato dalle immagini.» [*3]. Ha detto anche che lo spettacolo, inteso nella sua totalità, è allo stesso tempo sia il risultato che il progetto del modo di produzione esistente. Di fatto, egli parla della società dello spettacolo, vale a dire, di una società che funziona come uno spettacolo.

Dal momento che Debord non è più un autore "marginale" o "maledetto", ritengo che il concetto di società spettacolare da lui sviluppato sia già noto: si traccia di una società basata sulla contemplazione passiva, in cui gli individui, anziché vivere in prima persona, guardano le azioni degli altri.


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Elia Pupil intervista Alain Badiou

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Elia Pupil intervista Alain Badiou

alain badiouAlain Badiou, nato a Rabat, in Marocco, il 17 gennaio 1937, è stato insegnante presso l’Università di Paris VIII Saint-Denis Vincennes. Attualmente è professore all’École normale supérieure di Parigi.

Tra i membri fondatori del Parti socialiste unifié, nel 1967 si unì ad un gruppo di studio intitolato a Baruch Spinoza, organizzato da Louis Althusser alla Scuola Normale e nello stesso anno partecipò alla fondazione dell’Union des communistes de France marxiste-léniniste, partito di ispirazione maoista di cui fu dirigente fino agli anni ’80. Partecipò al ’68. Influenzato dal pensiero di Althusser e Lacan, nel 1969 divenne membro dell’Università di Parigi VIII dove ebbe l’opportunità di confrontarsi con pensatori del calibro di Gilles Deleuze e Lyotard. Nel 1999 passa all’École normale supérieure. Badiou è anche un famoso drammaturgo.

Tra le sue opere principali troviamo: La République de Platon, Théorie du sujet, Saint Paul. La fondation de l’universalisme, L’Être et l’Événement, L’Hypothèse communiste e Métaphysique du bonheur réel.

* * * *

1. Nel contesto dell’ipotesi comunista, come pensa che possa rinascere un nuovo polo rivoluzionario in Occidente, dopo il crollo delle socialdemocrazie e l’avvento della demagogia dell’eterogeneità nei movimenti? Come, e quale evento occorre attendere per sviluppare una situazione storica che sia favorevole a una rottura degli equilibri?


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Marinella Correggia: Tanzania, muore il presidente John Pombe Magufuli

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Tanzania, muore il presidente John Pombe Magufuli

Il bersaglio di turno. Ricostruzione dei fatti fino all’epilogo (marzo 2020-marzo 2021)

di Marinella Correggia

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            5461354Fra i «principi elementari della propaganda di guerra» (ai quali la storica belga Anne Morelli venti anni fa ha dedicato un libro) efficacissima è la demonizzazione dell’avversario di turno, al quale si attribuisce ogni genere di terribili parole, opere, omissioni e pensieri. E in quella che molti politici occidentali hanno chiamato «la nostra guerra a Covid-19 con la quale stiamo scrivendo una pagina di storia» (e nella quale non hanno mai ammesso una sconfitta decretata dai numeri), di certo la Tanzania è stata fra i bersagli, fin dallo scorso mese di giugno 2020.

Ma cominciamo dalla fine. Dalla sera del 17 marzo 2021, quando in una chat del Movimento degli africani in Italia appaiono in rapida sequenza quattro notizie che riguardano tutte l’Africa. In Niger un gruppo di qaedisti (frutto avveleNato della guerra del 2011 in Libia) uccide 58 persone. In Mozambico a Capo Delgado, jihadisti (che infettano il paese da qualche tempo) uccidono bambini di fronte alle loro madri. Il tribunale di Milano assolve gli imputati Eni per l’inquinamento in Nigeria. La quarta notizia riguarda la Tanzania.

 

Morte di un presidente diventato inviso all’estero

Il 17 marzo 2021 muore il presidente John Pombe Magufuli, all’ospedale Mzena di Dar es Salaam dove era ricoverato dal 14; un precedente ricovero il 6 marzo. La vicepresidente Samia Suluhu Hassan ha indicato come causa della morte i gravi problemi cardiaci dei quali soffriva da dieci anni - aveva anche un pacemaker.


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Eros Barone: Le ragioni del materialismo dialettico di Lenin

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Le ragioni del materialismo dialettico di Lenin

di Eros Barone

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              streetart2     1. Premessa storica

Per situare nel contesto specifico il maggiore saggio filosofico di Lenin, vale a dire Materialismo ed empiriocriticismo, bisogna tener conto di due circostanze particolarmente importanti: la condizione della cultura filosofica russa nella prima metà del secolo XX; l’interazione delle diverse formulazioni teoriche dei filosofi russi con i programmi politici che caratterizzarono sia la fase prerivoluzionaria che la fase postrivoluzionaria. In quel lasso di tempo la filosofia russa aveva seguito un’evoluzione del tutto differente da quella del resto dell’Europa. L’illuminismo non era sfociato nell’idealismo e questo non aveva dato luogo al positivismo, come in Francia e in Germania, bensì tendenze illuministiche, idealistiche e positivistiche avevano contrassegnato contemporaneamente e non senza una certa confusione la vita culturale russa. La ragione di questo ‘décalage’ storico-filosofico va cercata nel fatto che mentre la naturale evoluzione della filosofia nei paesi occidentali aveva scandito il passaggio della borghesia da classe dirigente economica a classe dirigente politica (basterà ricordare a questo riguardo la nota tesi di Stalin, per il quale l’idealismo e il positivismo corrispondono rispettivamente all’ascesa e al trionfo della borghesia), in Russia la nascita della borghesia fu un evento improvviso e per certi aspetti persino prematuro, che coprì, si può dire, l’arco di una generazione, talché la nuova classe finì col portare avanti concezioni del mondo sostanzialmente contraddittorie. In questo senso è particolarmente illuminante la letteratura russa della seconda metà dell’Ottocento, specie in alcuni scrittori come Čechov.


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Michele Castaldo: Vaccini: una questione molto complicata

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Vaccini: una questione molto complicata

di Michele Castaldo

f6938919 e259 4294 b5a7 142c976531f2 mediumAvevo cominciato a scrivere queste note una decina di giorni prima che accadesse la sospensione della distribuzione del vaccino AstraZeneca; purtroppo mi sono rivelato facile profeta, ma non era difficile. Riparto con ulteriore convinzione nell’esporre le mie tesi. Sono comparsi negli ultimi giorni sul Corriere della sera due articoli uno a firma di Fabio Colasanti, economista, il 6/3/21, e l’altro di Angelo Panebianco, politologo, l’8/3/21, che pongono in modo chiaro e schietto un problema che ne richiama molti altri e sui quali è necessario soffermare l’attenzione senza inforcare le lenti dell’ideologismo perché non ci aiuterebbero.

La questione di fondo nell’affrontare correttamente la necessità del vaccino, secondo i due saggisti, consisterebbe nella differenza tra l’agire pragmatico di certi paesi come Usa, Gran Bretagna e Israele, da una parte, quello giuridico dalla parte opposta, riferendosi all’Europa.

Se i due illustri saggisti si scomodano con tanta determinazione per intervenire su una questione che dovrebbe filare liscia come l’olio, vuol dire che c’è una preoccupazione di fondo irrisolta, ed è inutile fare finta di niente. E dalla lettura dei loro scritti emerge con chiarezza la difficoltà che consiste nella diffidenza popolare sulla valenza dei vaccini per debellare un virus che si sta dimostrando di una potenzialità del tutto imprevista (del tutto imprevista?) e di una varianza che complica oltremodo la possibilità di combatterlo.


 

 

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tonino

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Mar 27, 2021, 9:26:22 AM3/27/21
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Alessandro Visalli: Klaus Schawb e Thierry Malleret, “Covid 19: The great reset”

tempofertile

Klaus Schawb e Thierry Malleret, “Covid 19: The great reset”

di Alessandro Visalli

time great reset
            hero image2Il prof Schwab è un ingegnere che ha anche un dottorato in economia alla famosa Università di Friburgo, in pratica la patria dell’ordoliberalesimo, con un master in Public Administration ad Harvard, fondatore del Word Economic Forum[1] ed autore di un libro di grande successo come “The Fourth Industrial Revolution” nel 2016. Si tratta, insomma, di una persona con un curriculum accademico indiscutibile, apprezzabilmente interdisciplinare, e di certissima derivazione ideologica-culturale. Uno dei papi del capitalismo contemporaneo, insomma.

Thierri Malleret è più giovane, sulle sue spalle sarà caduta la redazione di gran parte del libro. Si occupa di analisi predittiva (una remunerante specializzazione) e di Global Risk al Forum. Educato alla Sorbona in scienze sociali e specializzato ad Oxford in storia dell’economia (master) ed economia (dottorato). Si è mosso tra banche d’affari, think thank, impegni accademici e servizio presso il primo ministro francese.

Questo libro fa parte di una proliferante letteratura. Un tipo di letteratura divulgativa ed esortativa, molto generica e contemporaneamente molto larga nella visione, fatta per tradursi in presentazioni da convegno attraenti e stimolanti, dirette ad un pubblico di manager e imprenditori che hanno bisogno di sentirsi consapevoli, aggiornati e progressisti con poco sforzo. Una lettura da weekend sul bordo della piscina.


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Francesco Biagi: L’urbanesimo rivoluzionario e la critica della vita quotidiana della Comune di Parigi

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L’urbanesimo rivoluzionario e la critica della vita quotidiana della Comune di Parigi

di Francesco Biagi

[La redazione di Thomas Project pubblica in forma estesa l’intervento orale di Francesco Biagi intervenuto nel convegno online “La Comune di Parigi 150 anni dopo” (qui il video completo del convegno organizzato dal Partito della Rifondazione Comunista). Una versione più breve di questo testo sarà pubblicata la prossima settimana, in un volume che raccoglie gli atti per le edizioni della rivista settimanale “Left”]

Schermata 2021 03 19 alle 02.25.39Ogni politica di emancipazione deve puntare a distruggere l’apparenza “dell’ordine naturale”, deve rivelare che quello che ci viene presentato come necessario e inevitabile altro non è che una contingenza, deve insomma dimostrare che quanto abbiamo finora reputato impossibile è, al contrario, a portata di mano. (Mark Fisher, Realismo Capitalista, p. 53)

In questo intervento cercherò di esporre brevemente l’innovativa interpretazione che Henri Lefebvre ha dato della Comune di Parigi. Non c’è qui lo spazio per raccontare l’importanza dell’autore ancora troppo ignorato nel dibattito marxista italiano, ma ci basti pensare che nella sua vita si occupò di riattualizzare il contributo di Marx ed Engels alla luce dei problemi posti dalla modernità capitalistica lungo il XX secolo. Mi concentrerò in modo particolare sull’evento della Comune in quanto (1) “rivoluzione urbana” capace di sovvertire l’oppressione di classe imposta a livello spaziale e urbanistico e in quanto (2) possibilità realizzata di trasformazione concreta della vita quotidiana grazie all’agire politico del movimento operaio. È necessaria tuttavia un’altra piccola postilla: le riflessioni di Lefebvre che qui espongo, come vedremo, sono fortemente debitrici delle discussioni che l’autore ha intrattenuto con Guy Debord e l’Internazionale Situazionista.


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Anna Curcio: Le differenze del capitale. Razza, genere, antagonismo, compatibilità

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Le differenze del capitale. Razza, genere, antagonismo, compatibilità

di Anna Curcio

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              85009f04de2bf1f3bb670cedbbcmv2L’ordine del discorso femminista e antirazzista ha ormai conquistato il mainstream, dal livello mediatico a quello politico-istituzionale. L’elezione di Kamala Harris, o il passaggio di Angela Davis da ricercata dall’Fbi a una delle cento donne più influenti secondo il «Time», ci parlano di qualcosa più specifico e profondo del semplice pinkwashing: qualcosa che chiama in causa le forme del comando capitalistico, che adesso invoca le attitudini del lavoro femminile (mai naturali e sempre storicamente determinate), dalla cura alle relazioni. In questo ricco e denso contributo, Anna Curcio propone una riflessione per ripercorre il rapporto storico che lega razza e genere al processo del capitale e interrogare, tra antagonismo e compatibilità capitalistica, la lotta femminista e antirazzista oggi.

* * * *

Negli ultimi tempi, la nostra attenzione è stata con insistenza sollecitata da questioni che qui per sintesi chiamerò di razza e genere, riservandomi di ritornare sui due termini nel corso del testo. Si tratta di sollecitazioni di segno diverso e finanche opposto, che interrogano inequivocabilmente la pratica teorica dell’antirazzismo e della lotta femminista e pongono, mi pare, l’urgenza di una riflessione.

La razza e il razzismo continuano a produrre violenza e morte, non solo negli Stati Uniti e lungo i confini nazionali, la violenza di genere ha assunto tale ricorsività che è stato coniato il termine «femminicidio». La pandemia ha seminato morte, paura e impoverimento in maniera disproporzionale lungo le gerarchie della razza e le donne sono state le più colpite dall’ondata di licenziamenti innescati dalla crisi sanitaria, quelle su cui maggiormente si è riversata la violenta riorganizzazione della riproduzione.


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Eros Barone: Il gatto e il topo: note sulla negazione lagrassiana del comunismo

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Il gatto e il topo: note sulla negazione lagrassiana del comunismo

di Eros Barone

Premetto che è giusto cogliere quanto di positivo e di fecondo è pur presente nella elaborazione di un ex-marxista come Gianfranco La Grassa, al netto dell’oggettivismo spinoziano di derivazione althusseriana e di una lettura della crisi mondiale come esclusivo conflitto fra gruppi dominanti: lettura che, anche se declinata in chiave apertamente nazionalitaria, è molto affine a quella proposta dall’organizzazione politica “Lotta comunista”. Nell’apologia delle concezioni lagrassiane, che G. P. svolge in una nota recentemente apparsa su questo sito, vi è però un luogo comune che ovviamente non poteva non figurarvi, e che è quello relativo alle errate previsioni di Marx.

Orbene, dopo aver richiamato, sul piano epistemologico, la natura ipotetica e condizionale della previsione (riconducibile alla correlazione “se…allora”) e, su quello metodologico, la distinzione fra previsioni morfologiche e teleologiche (laddove accennerò alle prime, che riguardano le leggi che regolano la struttura e la dinamica del modo di produzione capitalistico, e ometterò le seconde, il cui oggetto, individuato da Lenin, è la formazione economico-sociale capitalistica e, quindi, il complesso rapporto fra struttura e sovrastrutture),


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Miguel Martinez: Bright Green Lies

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Bright Green Lies

di Miguel Martinez

Se c’è un colore che mi fa una certo disgusto di questi tempi, è il verde.

Francamente, preferisco il grigio, della nostra gatta.

Scrive Gianfranco Amendola:

“Adesso basta con questo imbroglio per cui tutti, anche se sono i peggiori inquinatori, diventano di colpo così verdi che più verdi non si può. La parola magica che lo consente è “sostenibile”. Ormai è tutto “sostenibile”: le auto, l’agricoltura, la pesca, la finanza, la moda…. e chi più ne ha più ne metta. Ma, se poi andiamo a vedere, si tratta quasi sempre di apparenza o di minime ed irrilevanti modifiche palesemente finalizzate ad aumentare vendite, consumi e profitti, senza intaccare realmente l’attuale modello di sviluppo i cui effetti stiamo duramente pagando in termini di salute e di qualità della vita.”

Abbiamo addirittura un ministro della transizione ecologica che proviene da una fabbrica di armi (vabbè, la guerra un pochinino riduce la popolazione, ma l’ecologia non è tutta lì).

La tragedia profonda sta nel fatto che il conflitto viene presentato come se fosse, tra il fabbricante di armi appassionato di energia nucleare, e i retrivi scettici che dicono che non esiste nemmeno una questione ambientale.


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Marco Cattaneo: Monti e la distruzione della domanda interna

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Monti e la distruzione della domanda interna

di Marco Cattaneo

Credo che sia il caso di chiarire un equivoco relativo a un’intervista rilasciata da Mario Monti a Fareed Zakaria nel 2012. Intervista molto nota ma molto mal compresa.

Si parla di quando Monti era presidente del consiglio del suo (catastrofico) governo.

Trovate qui il video e il testo. Il punto chiave è il seguente (dal minuto 2:10).

Zakaria: “In Italia, come lei dice, avete fatto più consolidamento fiscale di qualsiasi altro paese. Avete anche realizzato riforme strutturali. Ora, da dove arriverà la domanda ? Serve che qualcuno acquisti i vostri prodotti. State dicendo che la Germania dovrebbe essere il compratore ?”

Monti: “Beh noi stiamo migliorando la nostra competitività grazie alle riforme strutturali. In effetti stiamo distruggendo domanda interna via consolidamento fiscale. Da qui in poi, serve un intervento sulla domanda in Europa, un’espansione della domanda. Come lei ha chiaramente indicato, in Italia abbiamo problemi perché abbiamo ottenuto ottimi risultati sul piano fiscale – ma saranno davvero sostenibili nel lungo termine se il denominatore, il PIL, non cresce ?”.


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Primato della resistenza: potere, opposizione e divenire

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Primato della resistenza: potere, opposizione e divenire

Questa scheda libro del testo di Marco Checchi, pubblicato per Bloosmbury Academic, ci riporta su un piano fondamentale dell’innovazione politica: quello della riflessione sul primato del concetto di resistenza. La pubblichiamo come strumento di estensione di dibattito proprio su retroterra filosofico-politico e potenzialità del concetto di resistenza [npl]

Che ce ne facciamo della resistenza oggi? Facciamo ancora resistenza? Resistenza a cosa? Attraverso lo sguardo microfisico di Michel Foucault, la resistenza la si può osservare in tutte quelle pratiche, quei comportamenti, quei gesti che non si piegano al potere e tracciano un’alternativa: uno sciame di forze ribelli che attraversano sia la società che gli individui. Piccole, disperse, spontanee, mobili, incoerenti e camaleontiche: dall’incontro collettivo di queste resistenze, dalla loro codificazione, a volte emergono movimenti, lotte, barricate e rivoluzioni. Questi macro-eventi di resistenza però sono rari, specialmente rispetto alla continua presenza del potere.


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Marco Bersani: Pandemia, un anno di errori assai poco innocenti

manifesto

Pandemia, un anno di errori assai poco innocenti

di Marco Bersani

Un anno di covid. Una generazione (gli anziani) è stata falcidiata, un'altra consegnata all'isolamento e al disagio (infanzia e adolescenza), le famiglie (specialmente le donne) precarietà

Dall’inizio della pandemia, e senza soluzione di continuità fra governo Conte e governo Draghi, le misure messe in atto per fronteggiarla hanno seguito sei precise traiettorie, ispirate da una comune quanto discutibile idea generale.

Le sei direzioni dell’intervento sono:

a) ridurre al minimo le restrizioni all’attività delle imprese, che, quasi ovunque, hanno continuato a produrre senza vincoli;

b) intervenire con sussidi, il 70% dei quali per sostenere le imprese stesse e il restante 30% per tamponare in qualche modo la disperazione sociale;

c) nessun intervento sul sistema sanitario, che ha continuato ad essere privo di ogni dimensione territoriale e ad essere focalizzato sull’ospedalizzazione, determinandone la saturazione ad ogni nuova ondata di contagi;


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Michele Castaldo: La questione sindacale e il sindacalismo alternativo in questa fase

lacausadellecose

La questione sindacale e il sindacalismo alternativo in questa fase

di Michele Castaldo

Festa di Popolo del pittore Andrea Guida 2005Senza girarci troppo intorno cerchiamo di andare al cuore del problema: la questione sindacale non è una fra le tante, ma è la questione delle questioni inerente il rapporto del proletariato, cioè il produttore di valore, col capitale. Detto rapporto non si presenta sempre allo stesso modo ma segue l’andamento dell’accumulazione capitalistica, l’estensione del modo di produzione, le trasformazioni tecnologiche dei mezzi di produzione, il rapporto della concorrenza fra le merci comprese le merci operaie e la concorrenza al loro interno. Su tale questione l’insieme della sinistra si è rotta parecchi denti senza mai riuscire a venirne a capo per un vizio d’origine mai superato, quello di non mettere al centro il soggetto-agente, che è il proletariato, e la sua azione dipendente dall’andamento del modo di produzione.

Queste note sono motivate da alcuni fatti che stanno accadendo in Italia e nel settore specifico della Logistica, ovvero il trasferimento delle merci attraverso colossi del settore come Amazon, ad esempio, ma che rivestono caratteri generali della contrattazione tra la merce proletaria e il capitalista, ovverossia quella che storicamente si è definita come la questione sindacale.

Dal momento che in Italia, all’interno di questo settore, è emersa la necessità di organizzarsi dei lavoratori per lo più immigrati e di colore, trovando in alcuni militanti dell’estrema sinistra residuale degli anni ’70 del secolo scorso, la disponibilità a farlo, si è costituito una decina d’anni fa un piccolo sindacato, il SI Cobas, che è balzato sulla scena perché per tutto questo periodo ha saputo tenere testa al padronato del settore e alla più brutale repressione da parte delle istituzioni dello Stato democratico italiano.


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Giorgio Gattei: Inside Marx. Viaggio al fondo del pianeta. Cronache marXZiane n. 3

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Inside Marx. Viaggio al fondo del pianeta. Cronache marXZiane n. 3

di Giorgio Gattei

43414423 303Sono stato trasportato sul pianeta Marx dall’astronave marxziana “La Grundrisse” nel 1968 e laggiù ho vissuto per più di mezzo secolo, interessandomi soprattutto alla sua composizione geologica costituita da una “crosta” di Prezzi di mercato, da un “mantello” di Prezzi naturali/Prezzi di produzione e da un “nucleo” di Valore, come ho raccontato nella Cronaca precedente. Però sulla sostanza del Valore le congetture teoriche, nell’impossibilità di arrivare fino al nucleo, si erano nel tempo così ingarbugliate che il governo marxziano ha deciso di organizzare una spedizione scientifica apposita per verificare come andassero le cose laggiù. La spedizione è stata affidata ad un esploratore di qualità come Piero Sraffa (che peraltro non era nemmeno un marxziano: era chiamato l’“Uomo dalla luna” per il ritratto che una volta aveva dato di sè scrivendo che, «se un uomo caduto dalla luna sulla terra registrasse l’ammontare delle cose consumate in ogni impresa e le quantità prodotte da ogni impresa durante un anno, ne potrebbe dedurre a quali valori le merci devono essere vendute, se il tasso di profitto deve essere uniforme e il processo di produzione ripetuto: le equazioni mostrerebbero così che le condizioni dello scambio sono interamente determinate dalle condizioni della produzione»).


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Stefano Lucarelli: Come insegnare la teoria economica?

kriticaeconomica

Come insegnare la teoria economica?

A proposito di un recente libro di Mauro Gallegati

di Stefano Lucarelli

Questo scritto riporta l’intervento di Stefano Lucarelli alla presentazione del libro “Il mercato rende liberi” di Mauro Gallegati organizzata da Kritica Economica

insegnamento economia 696x3651. Il mercato rende liberi?

Che il mercato non renda liberi lo si può leggere anche nelle principali opere dei pensatori liberali. Adam Smith ben sapeva che le dinamiche competitive potevano tradursi in una centralizzazione dei capitali e che la divisione del lavoro poteva condurre all’alienazione dei lavoratori (a meno che lo Stato non si fosse preoccupato di intervenire anzitutto organizzando la pubblica istruzione). Luigi Einaudi nelle Lezioni di Politica Sociale parlava di mercati che potevano funzionare grazie al cappello a doppia punta dei gendarmi e al ruolo necessario di altri pubblici poteri.

Ciò che rende interessante il libro di Mauro Gallegati è che dietro al titolo accattivante si nasconde un viaggio ben narrato e comprensibile ai non addetti ai lavori nei piani alti della teoria economica.

 

2. Una critica ai modelli neoclassici

Il libro comincia con un attacco ai modelli DSGE, le nuove vesti dei modelli EEG (equilibrio economico generale) utilizzati da molti decisori nel mondo economico nonostante debolezze analitiche e conferme empiriche insoddisfacenti. Vediamo come vengono descritti da Banca d’Italia:


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Rete dei Comunisti: Old e new doctor stranamore

rete dei com

Old e new doctor stranamore

di Rete dei Comunisti

Lo sferzante attacco – dai toni volutamente diretti e trash – del neo Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, contro il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, è stato un cosiddetto fulmine a ciel sereno solo per chi, nei mesi scorsi, ha abboccato alla mistificante narrazione mainstream che ha presentato la vittoria dei democratici come la fine della tirannide Trumpiana e la riaffermazione – “finalmente” – dei sacri valori dell’universalismo democratico nel centro della metropoli imperialista.

Già nel corso della campagna elettorale delle presidenziali statunitensi e nel successivo epilogo culminato con l’assalto a Capitol Hill – che è stato un evento tutt’altro che grottesco o folkoristico – è venuta montando una retorica apologetica , da parte dei circoli democratici (fortemente influenti nelle grandi catene della comunicazione globale), i quali hanno iniziato a costruire, sia per l’opinione pubblica interna americana e sia per quella internazionale, il nuovo pericolo russo che insidierebbe le sorti della concordia e della democrazia mondiale.


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Leonardo Mazzei: Uno di loro

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Uno di loro

di Leonardo Mazzei

 

Il ritorno di Letta il nipote

A volte ritornano… Dopo 7 anni di esilio dorato e volontario in quel di Parigi, Enrico Letta è volato a Roma per farsi incoronare segretario del Pd. A differenza dello zio, da un trentennio nello stabile ruolo di braccio destro ed eminenza grigia del Cavaliere, il nipote ha avuto i suoi alti e bassi. Se il “basso” fu il frutto della pugnalata renziana all’inizio del 2014, la possibilità che adesso gli si schiuda l’occasione di un nuovo “alto” è curiosamente arrivata da un’altra piratesca scorribanda del Bomba di Rignano.

Mentre sette anni fa Renzi lo sfrattò senza pudore da Palazzo Chigi per prenderne il posto – tanti ricorderanno il suo famoso #enricostaisereno -, stavolta è stata la crisi di governo di gennaio ad aprirgli la strada del Nazareno. La sequenza dei fatti è inequivocabile: prima Renzi fa cadere Conte, quindi arriva Draghi, poi Zingaretti è costretto a dimettersi da segretario proprio per la sua gestione della crisi, infine giunge Letta a sostituirlo alla guida del Pd.

Dunque, in questo strano 2021, Letta ritorna da Parigi proprio grazie all’iniziativa di quell’amicone che nel 2014 ce lo aveva in un certo senso spedito. Questo esito involontario, e certamente non previsto, ci dice molte cose sulle caratteristiche abbastanza caotiche sia della crisi del Pd che, più in generale, di quella dell’intera politica italiana.


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Stefano G. Azzarà: I morti del capitale

materialismostorico

I morti del capitale

di Stefano G. Azzarà

I "morti di Bergamo" - sui quali tutti fanno a gara a piangere per dimostrarsi buoni e sensibili spargendo retorica - ci ricordano in realtà l'arroganza del grande capitale industriale, che in quella zona fece pressioni terribili sui vertici politici al fine di impedire o rallentare il più possibile l'arresto della produzione e dunque dei profitti.

I morti di Bergamo, perciò, sono vittime del capitale, delle privatizzazioni, del prevalere degli interessi particolari sul bene comune.

Il sistema industriale dei media oggi, invece di rammentarlo, ha fatto di tutto per oscurare questo dato di fatto e per presentare quelle morti, come i morti della pandemia in generale, come morti per caso o per sfortuna.

Privi di strumenti di comunicazione degni di questi nome, privi di ogni autonomia politica e intellettuale, anche noi però finiamo per dimenticarlo [SGA].

* * * *

Da "Il virus dell'Occidente".


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comidad: La sinergia tra moralismo e affarismo nella genesi delle false emergenze

comidad

La sinergia tra moralismo e affarismo nella genesi delle false emergenze

di comidad

Difficilmente una linea politica realistica può diventare egemonica, in quanto, proprio perché realistica tenderà a mediare. Al contrario, una linea politica irrealistica può avvalersi di effetti di “rimbalzo” sociale che possono potenziarne a dismisura la portata, sino a renderla egemonica.

In molti hanno notato che il lockdown ha i suoi “tifosi” nell’opinione pubblica. Si tratta di coloro che vedono nelle chiusure e nelle restrizioni una preziosa occasione educativa di riscatto morale e di riaffermazione di valori essenziali. Ad esempio, secondo alcuni con il lockdown il diritto alla salute stabilirebbe la sua priorità nei confronti del profitto.

Peccato che ad essere sacrificato sia solo il profitto dei baristi e dei ristoratori e non quello delle multinazionali del digitale che, grazie al lockdown, hanno visto lievitare i guadagni ed il valore dei propri titoli azionari. Si tratta di un caso esemplare in cui il moralismo ha fatto involontariamente da sponda al business. Mentre l’economia sprofonda e milioni di persone finiscono sul lastrico, gli affari di alcune lobby affaristiche prosperano. Che l’economia e gli affari siano cose diverse, e spesso opposte, dovrebbe essere una nozione elementare; ma c’è appunto un diaframma moralistico ad impedirne la comprensione.


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Giorgio Riolo: La Comune di Parigi (18 marzo-28 maggio 1871)

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La Comune di Parigi (18 marzo-28 maggio 1871)

Tra “assalto al cielo” e dura e terrena realtà del potere e delle armi dei dominanti

di Giorgio Riolo

A veloce introduzione di questa riflessione di Riolo un appunto tratto da una recensione de “il manifesto” del 2. 10. 2019 (qui): « Forse qualche rimpianto ma nessun rimorso per il tempo passato che va solo studiato e compreso; non si torna alla Comune, ma lo spirito di quell’esperienza, la pratica di condivisione e fraternità che ha animato il tempo breve della primavera parigina del 1871 può essere utile per costruire una nuova, radicale comunità dell’Europa». [E. A.]

I.

Nella primavera del 1971, centenario della Comune di Parigi, molti di noi, giovani e giovanissimi, cominciammo a conoscere, meglio e profondamente, questo passaggio decisivo nella storia dei movimenti di emancipazione, del movimento operaio in particolare. Avevamo comunque alle spalle il biennio 1968-1969 e la scuola e la pedagogia e l’autoapprendimento della ondata trasformativa di quella particolare fase storica. In Italia e in Occidente e nel resto del mondo.


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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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tonino

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Mar 29, 2021, 3:15:19 PM3/29/21
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Un amico di Winston Smith: L’affare Covid. Tra Emergenza spettacolare ed epidemia dolosa

ilrovescio

L’affare Covid. Tra Emergenza spettacolare ed epidemia dolosa

di Un amico di Winston Smith

Istantanea 2021 03 13 09 34 24Un anno di emergenza. Stato e tecnocrati sono riusciti finora a creare una sorta di “cerchio perfetto”: se la curva dei contagi cala, è merito del governo; se cresce, è per l’allentamento delle restrizioni e lo scarso senso di responsabilità della gente (e vai con i servizi mediatici sempre-uguali sui Navigli, sullo shopping, sulla movida…). Nel caso in cui fossero minimamente organizzate le cure domiciliari per i malati di Covid, il merito verrebbe probabilmente attribuito alle vaccinazioni; se queste ultime risultassero ampiamente inefficaci, la colpa sarebbe comunque del virus con le sue “diaboliche” e imprevedibili mutazioni. Anche la denuncia delle inefficienze della Sanità e la rivendicazione di misure governative sganciate dalla logica del profitto rientrano perfettamente nel cerchio.

Se tanti aspetti di ciò che è successo e che segnerà a lungo le nostre vite sono stati affrontati – cause strutturali del “salto di specie” dei virus, incompatibilità tra tecno-industria e salute, accelerazione verso una società digitalizzata, militarizzazione, sperimentazione biomedica di massa …­– non avevamo ancora preso di petto l’“affare Covid”. Si è analizzato, cioè, ciò che Stato e tecnocrati hanno realizzato a partire dall’epidemia come dato di fatto, non le scelte politico-sanitarie ben precise che hanno fatto di quel dato una Emergenza.

È ciò che si propone questa piccola, ma densa e approfondita, “contro-inchiesta arrabbiata” realizzata da un compagno. Si tratta di un testo “mostruoso”. L’idea di una Emergenza “costruita ad arte” è un pensiero che facciamo fatica a far nostro, ma che non possiamo evitare di prendere in considerazione. Una tesi che potrebbe scandalizzare persone a noi vicine e risultare fin troppo familiare a persone che vogliamo invece tenere lontane.


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Fabrizio Poggi: “Agitando i pugni contro Cina e Russia, l’America va verso la catastrofe”

contropiano2

“Agitando i pugni contro Cina e Russia, l’America va verso la catastrofe”

di Fabrizio Poggi

pugni al
            cielo usaPutin è “un killer” e Xi “un tagliagole” ha stabilito Joe-Burisma-Biden; Mosca «destabilizza la situazione nei paesi vicini», evoca il segretario NATO Jens Stoltenberg; e il capo della diplomazia UE Josep Borrell e il suo superiore, il segretario di stato yankee Antony Blinken tuonano contro l’atteggiamento «di sfida della Russia, inclusa la persistente aggressione contro Ucraina e Georgia», ecc. ecc.

La dichiarazione di guerra di USA e vassalli è consegnata: una guerra energetica alla Russia, soprattutto per il “North stream 2”, e una guerra commerciale alla Cina. Mosca ha risposto per ora (annunciate contromisure anche alle sanzioni imposte dal Canada) in maniera non particolarmente dura; più tempestiva e determinata Pechino.

Il confronto tra USA e Russia ha dunque raggiunto una nuova fase. La prima fase, di “accumulazione della tensione”, scrive Aleksandr Khaldej su Svobodnaja pressa, ha coperto il periodo tra il 2000 e il 2007; dal 2007 al 2014, la seconda fase, di “contrapposizione”; quindi, la terza, avviata con gli eventi in Siria e Ucraina, è già quella della guerra, quando il «desiderio di danneggiare il nemico non è più commisurato al danno verso se stessi. Niente trattative in questa fase; ora parlano i cannoni: non importa se di ferro o mediatici».

Poi, di incidente in incidente, si arriva alla quarta fase, quella del “equilibrio di posizione” e della “stanchezza di guerra“, dopo di che sarà forse possibile tornare alle trattative.


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Carlo Bertani: Cervelli all’ammasso

carlobertani

Cervelli all’ammasso

di Carlo Bertani

La tragicomicità della politica italiana si basa soltanto sugli scherni, i dejà vu, le battutacce nei confronti degli avversari: programmi, decisioni, proposte…cosa sono?

Così, oggi, dobbiamo celebrare un rito propiziatorio per la grande pensata del guru a 5 Stelle: la creazione (dal nulla, che finirà nel nulla) di un cosiddetto Ministero della Transizione Ecologica aggiudicato a Roberto Cingolani. Se scegliessi la vulgata imperante, direi soltanto che era un fervente frequentatore della Leopolda, ma entrerei in contraddizione con quanto sopra esposto: meglio, allora, passare ai progetti.

Devo riconoscere che il piatto è un poco poverello: l’Idrogeno “Verde” e la fusione nucleare.

Della seconda si fa presto a dire: sono almeno vent’anni che la Francia si è assunta l’onere del progetto, e risultati non se ne vedono. Non perché i francesi non siano capaci di creare un generatore d’energia basato sulla fusione nucleare: semplicemente perché, ri-creare le condizioni di pressione e temperatura che ci sono sul Sole, non è mica uno scherzo.


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Alessandro De Virgilio: "Abbiamo i farmaci anti Covid ma pochi lo sanno"

agi

"Abbiamo i farmaci anti Covid ma pochi lo sanno"

Parla Salvatore Spagnolo

di Alessandro De Virgilio

Il cardiochirurgo calabrese: "I pazienti possono essere trattati a domicilio con Aspirina, Cortisone ed Eparina che vanno somministrati subito. L'efficacia delle cure è limitata perché sono praticate tardivamente, quando il virus ha causato danni ai polmoni e ai vasi sanguigni"

Il trattamento a domicilio con Aspririna, Eparina e Cortisone potrebbe ridurre l’aggressività del Covid 19 bloccandone alcuni degli effetti più letali, come le patologie polmonari, ma a patto che i pazienti siano trattati immediatamente, prima che i sintomi si manifestino.

A sostenerlo è Salvatore Spagnolo, cardiochirurgo calabrese con una competenza specifica nel trattamento dell’embolia polmonare massiva, che lancia un vero e proprio appello alle autorità sanitarie affinché informino la popolazione di questa possibilità. "Affrontare il virus nella fase iniziale - dice all'AGI - costerebbe meno e migliorerebbe i risultati. Purtroppo, invece, i medici prescrivono i farmaci solo quando i pazienti si presentano da loro con la malattia in fase avanzata".


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Beatrice Carbini: Usa: attacco convergente al monopolio delle Big Tech

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Usa: attacco convergente al monopolio delle Big Tech

di Beatrice Carbini

In America si è svolta la più grande indagine antitrust del secolo e, a fine settembre, i dirigenti delle Big Tech sono stati convocati dal Congresso per rispondere alle accuse di monopolio.

Numerosi procedimenti avviati dal Comitato Antitrust contro le più grandi aziende tecnologiche (Google, Facebook, Amazon, Microsoft ed Apple) hanno portato la Commissione Giustizia del Congresso ad accertare il monopolio delle Big Tech nel mercato della pubblicità online e in quello dei social network. Situazione sotto gli occhi di tutti, ma finora mai ritenuta un problema al quale porre limiti.

 

Il potere delle Big Tech

Il documento in questione ha concluso che ciascuna delle Big Tech ha il monopolio nel proprio settore: Google nella ricerca via internet, Facebook nei social, Amazon nell’ e-commerce e così via.


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Thomas Fazi: Keynes contro il capitalismo

lafionda

Keynes contro il capitalismo

di Thomas Fazi

Per Keynes, «l’ozio forzato» – la disoccupazione – era il male sociale per eccellenza: «uno spreco di risorse materiali e di vite umane che non potrà mai essere rimediato e che non può difendersi con ragioni di ordine finanziario». Da cui la sua famosa massima per cui «[è] meglio occupare gente a scavare buche e a ricolmarle che non occuparla affatto».

In verità, l’obiettivo di Keynes era molto più ambizioso del semplice mantenimento di un livello ottimale di produzione o dell’abolizione della disoccupazione (come disse la nota economista keynesiana Joan Robinson, Keynes non auspicava di certo un mondo in cui la gente sarebbe stata costretta a scavare buche); il suo auspicio era che le sue teorie contribuissero a inaugurare una nuova era (postcapitalistica?) per l’umanità, in cui i bisogni economici fondamentali dell’uomo sarebbero stati soddisfatti e dunque per la prima volta egli si sarebbe trovato «di fronte al suo vero, costante problema: come impiegare la sua libertà dalle cure economiche più pressanti, come impiegare il tempo libero che la scienza e l’interesse composto gli avranno guadagnato, per vivere bene, piacevolmente e con saggezza».


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Raúl Zibechi: La grande politica digitale

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La grande politica digitale

di Raúl Zibechi

Della piccola politica si occupano i governi, che non hanno possibilità di influenzare la grande politica, perché non si propongono cambiamenti strutturali e si limitano a secondarie questioni di maquillage e di estetica politica, soprattutto utilizzando i mezzi di comunicazione di massa. Lo sviluppo digitale fa parte invece della grande politica che i governi, in generale, affrontano con le modalità della piccola politica, come se fosse un processo inevitabile nella vita umana, come la nascita e la morte, come l’alba e il tramonto. Nel recensire la Tirannia dell’algoritmo di Miguel Benasayag, Raúl Zibechi ritorna alla distinzione gramsciana tra grande e piccola politica. Quella tirannia, imposta a velocità pazzesca e onnipresente, colonizza la vita e sopprime l’alterità e i conflitti. In questo modo ci lascia inermi e ci priva della dimensione corporea, fa di noi soltanto dei dati binari incisi su chip, il che ci immobilizza rinchiudendoci nell’individualità. Non abbiamo ancora trovato modi di agire che siano in grado di affrontare la “rivoluzione digitale”, non per negarla, ma per evitare che distrugga la vita. Quello che stiamo imparando è che nulla può cambiare se ci limitiamo alla piccola politica di palazzo


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Luciano Vasapollo: Marx e il socialismo del XXI secolo, a partire dallo spazio dello sfruttamento

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Marx e il socialismo del XXI secolo, a partire dallo spazio dello sfruttamento

Giulia Rustichelli intervista Luciano Vasapollo

Vasapollo: “non dal tempo ma dallo spazio dei Sud il riscatto degli esclusi”. Marx e il socialismo nel XXI secolo, con Bolívar e Martí, Gramsci e Che, Fidel e Chavez. Importante conferenza ieri di Luciano Vasapollo promossa dalla Rete dei Comunisti con le testimonianze di compagni tunisini del Comitè de défense du peuple de Tunisie e compagni marocchini de La Voie Démocratique. L’economista ritiene che l’incontro tra i popoli del Mediterraneo può rappresentare il momento storico per un rilancio dell’ideologia marxista nella concretezza di una situazione di evidente e forte ingiustizia che aspetta un riscatto

foto 967912 908x560 680x420La situazione che vivono i giovani nell’altra sponda del Mediterraneo, con le dovute differenze, non appare troppo lontana dalla situazione di precarietà che esperiscono i giovani nelle periferie dell’Unione Europea: migliaia di questi salpano dal Nord Africa per giungere sulla costa Nord del Mediterraneo al fine di migliorare le proprie condizioni salvo poi ritrovarsi emarginati e sfruttati, mentre numerosi loro coeatanei italiani, spagnoli e greci emigrano verso i paesi del centro Europa. Sono le Periferie che vengono derubate dei propri beni, delle ricchezze e dei giovani, il cui futuro viene devastato.

Luciano Vasapollo, professore di politica economica alla Università La Sapienza di Roma e membro della segreteria nazionale della Rete dei Comunisti, amico oltre che firma autorevole di questo giornale online, ritiene che l’incontro di solidarietà e complementarietà tra i popoli del Mediterraneo possa rappresentare una rottura di classe storica per l‘attualizzazione dell’ideologia marxista nella sua espressione gramsciana e per il socialismo nel XXI secolo dando l’occasione concreta per un riscatto da condizioni di grave ingiustizia proprio mentre in questo inizio 2021 la situazione della sponda sud del Mediterraneo torna ad essere infuocata.


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Franco Piperno: Lavoro e tempo di lavoro in Marx

bollettinoculturale

Lavoro e tempo di lavoro in Marx

di Franco Piperno

Pubblichiamo per gentile concessione dell'autore

image by DavidHilton1 807x455 cI) Cento anni dopo.

A più di un secolo dalla morte, Marx viene trattato, tanto nell’opinione quanto nell’accademia, come ”un cane morto”. La situazione è quindi ottima per riprendere lo studio dei suoi testi, per rifare i conti con lui. Procedere su questa strada, comporta, in primo luogo, sgombrare il terreno dall’ovvio, rifiutare la relazione di causalità tra l’attuale discredito di cui gode il Nostro ed il crollo del socialismo di stato nell’Europa dell’Est. L’inconsistenza logica della dottrina marxista, così come la cattiva astrazione sulla quale si fondava la legittimità dei regimi socialistici, erano nascoste solo agli occhi di chi non voleva vedere. Tutto era chiaro già da prima, da molto prima.

A testimonianza che il senso comune non ha atteso il crollo del muro di Berlino per formulare un giudizio– sulla teoria del socialismo scientifico e sulla natura del socialismo di stato– riproponiamo, qui di seguito, un breve commento a riguardo, scritto nel 1983, in occasione del centenario della morte di Marx, quando il Paese dei Soviet esisteva ancora (1).

“La celebrazione di K.Marx, nel centenario della morte, costituisce quel piccolo dettaglio più illuminante che un intero discorso. Innanzi, tutto chi celebra chi? Giacche’ bisognerà bene augurarsi che esista qualche differenza tra il Marx celebrato dal compagno Andropov, attuale primo ministro sovietico ed ex-capo del K.G.B.; e quello di cui si ricorda il militante dell’Autonomia nelle prigioni italiane.


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Davide Sisto: Byung-Chul-Han. La società senza dolore

doppiozero

Byung-Chul-Han. La società senza dolore

di Davide Sisto

61efelfdxal“Il filosofo tedesco più letto nel mondo” (El Pais), “La punta di diamante di una nuova, accessibile filosofia tedesca” (The Guardian), “Uno dei più importanti filosofi contemporanei” (Avvenire). Byung-Chul Han è, senza dubbio, uno dei pensatori attualmente più apprezzati a livello internazionale. I suoi libri sono letti e studiati non solo dagli addetti ai lavori nel campo della filosofia, ma in ogni settore disciplinare intento a decifrare con lucidità le caratteristiche del presente. Addirittura, Der Spiegel usa il termine “gratitudine” per l’audacia con cui il filosofo sudcoreano cerca di interpretare quella complessità del reale che, quotidianamente, rischia di sopraffarci e di soffocarci.

Il segreto dell’universale entusiasmo nei confronti di Han è riconducibile, soprattutto, alla sua capacità di vestire plausibilmente i panni di un Günther Anders del XXI secolo, quindi di un critico radicale, pessimista e apocalittico delle principali tendenze politiche, sociali, culturali e tecnologiche odierne, adottando però uno stile di scrittura tanto cristallino quanto fascinoso e attraente. Le proposizioni perlopiù stringate, che connotano la forma dei suoi brevi pamphlet polemici, celano una scrupolosa ricerca dell’immagine perfetta per togliere il fiato al lettore, nonché del gioco di parole più seducente che, facendoci progressivamente aumentare lo stato d’ansia, stimoli in noi il lato maggiormente critico e censore del presente. Non fa eccezione il nuovo pamphlet, intitolato in modo enfatico Una società senza dolore, il quale addirittura estremizza la forma stilistica adottata nei libri precedenti. Ne è senza dubbio complice la particolare delicatezza del tema scelto da Han: il rapporto assai problematico tra il mondo contemporaneo e il dolore.


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Carlo Clericetti: I mistificatori del debito pubblico

micromega

I mistificatori del debito pubblico

di Carlo Clericetti

Davvero è il debito il nostro problema più grande? Stiamo scaricando un peso sui nostri figli e sulle generazioni future? A entrambe le domande la risposta è un secco “no”, senza ombra di dubbio. Purtroppo le regole europee, ora per fortuna sospese, sono state elaborate in base a questa ottica sbagliata e c’è anche il rischio che si voglia tornare a qualcosa di simile. Sarebbe una pessima mossa. Nel frattempo, qualche economista e molti opinionisti dovrebbero smetterla di dire sciocchezze

Non passa giorno che non si senta in televisione qualche economista che ci rimprovera di “scaricare sui nostri figli l’enorme onere del debito pubblico”. Commentatori e opinionisti di ogni genere fanno coro: il debito pubblico è un mostro che abbiamo creato, che minaccia continuamente di divorarci e di far finire lo Stato in bancarotta. È il nostro primo problema, il più drammatico, il più importante. Le nostre forze e il nostro impegno devono prima di tutto puntare a ridurlo, ad ogni costo. A costo di tagliare lo Stato sociale? Ma certo. A costo di lasciare qualche milione di persone senza lavoro? Che ci vuoi fare… A costo di avere, in uno dei paesi più ricchi del mondo, qualche milione di famiglie in povertà? Così va il mondo.


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Ian Angus: Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema Terra

sinistra

Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema Terra

Prefazione

di Ian Angus

Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema terra, di Ian Angus, Asterios Editore, 2020, pag. 288

La terra non è inquinata perché l’uomo è un animale particolarmente sporco e neppure perché siamo in troppi. Il difetto di origine sta nella società umana, nei modi in cui la società ha deciso di conquistare, distribuire, e usare la ricchezza estratta con il lavoro umano dalle risorse del nostro pianeta. Una volta chiarite le «origini sociali» della crisi possiamo metterci a impostare un piano adeguato di interventi sociali per risolverla.

Barry Commoner1

Nel corso degli ultimi venti anni, la scienza della Terra ha compiuto un enorme balzo in avanti, combinando nuove ricerche condotte in diverse discipline per ampliare la nostra comprensione del sistema terrestre nel suo complesso. Questi lavori hanno chiaramente permesso di constatare che il pianeta è entrato in una fase nuova e poco rassicurante della sua evoluzione: l'Antropocene.


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coniarerivolta: Licenziare per crescere: la trovata dei competenti

coniarerivolta

Licenziare per crescere: la trovata dei competenti

di coniarerivolta

Con il passare delle settimane, e nonostante il nostro Paese si trovi ancora nel mezzo della pandemia, si avvicina la scadenza del blocco dei licenziamenti, destinato a diventare una misura sempre più limitata e selettiva. In maniera non sorprendente, e verosimilmente per preparare il terreno al colpo di spugna con cui il governo Draghi ripristinerà la piena libertà di licenziamento, diversi cantori del liberismo hanno iniziato un fuoco di fila contro la misura che ad oggi, molto parzialmente, limita tale ‘libertà’ per le imprese.

Ma in cosa consiste il blocco dei licenziamenti? Oltre ad un’estensione degli ammortizzatori sociali e della Cassa integrazione, il Decreto Cura Italia ha anche proibito i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e sospeso tutte le procedure di licenziamento collettivo. Il blocco dei licenziamenti, è bene chiarirlo subito, è una misura di tutela per i lavoratori a costo zero per le imprese, poiché è accompagnato dall’estensione della Cassa integrazione senza onere aggiuntivo, quindi a carico esclusivo dello Stato. Con il Decreto Agosto, poi, è stata introdotta una prima deroga, che ha permesso di sospendere il rapporto di lavoro alle aziende in liquidazione.


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Giovanni Iozzoli: AAA Associazione a delinquere cercasi

carmilla

AAA Associazione a delinquere cercasi

di Giovanni Iozzoli

Ed eccoci arrivati al dunque. Molti dei nodi di cui si dibatteva nei mesi scorsi stanno giungendo inesorabilmente al pettine: escono, cioè, dalla dimensione delle ipotesi e delle analisi, precipitando sui famosi “rapporti di produzione” e sulle catene di comando che strutturano la società. Del resto, tutta la decretazione speciale, i coprifuoco, la militarizzazione dei territori, la passivizzazione di massa – l’intero sistema di “prevenzione sanitaria” – non potevano non avere ricadute sul piano direttamente politico. Un primo riassetto riguarda i piani alti; abbiamo un governo di pseudo unità nazionale in cui l’intero quadro partitico è stato azzerato, frullato e ricomposto dentro un triste impianto euro-tecnico: l’eutanasia di un ceto politico, di una classe dirigente, di un residuo partitocratico, si è consumata in un lampo, senza emettere un gemito.

Tra le pieghe della società reale stanno invece increspandosi le onde della repressione politica tradizionale: ci riferiamo in particolare all’inchiesta di Piacenza contro i Si Cobas e a tutto il corollario di provocazioni con le quali si sta cercando di schiacciare all’angolo questa esperienza sindacale.


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Pasquale Cicalese: L'Europa è senza futuro. Romano Prodi confessa oggi di aver sbagliato tutto da sempre

lantidiplomatico

L'Europa è senza futuro. Romano Prodi confessa oggi di aver sbagliato tutto da sempre

di Pasquale Cicalese

Cambiare totalmente analisi, ma non ammettere neanche morti di aver sbagliato tutto da sempre…

Romano Prodi, oggi su Il Messaggero, di fatto sconfessa le sue stesse teorie, la sua storia, la sua Accademia, la sua stessa politica economica portata avanti da decenni. Una politica volta alla guerra al salario, al proletariato, alla frantumazione produttiva, allo smantellamento dei colossi pubblici. Su tto questo, silenzio assoluto.

Ma oggi dice chiaramente che nel mondo si va verso l’integrazione della catena del valore e che l’Europa su questo, rispetto a Usa e Cina è notevolmente in ritardo. Perciò occorre(rebbe) un forte intervento pubblico, nonché misure di restrizione al commercio mondiale, principalmente nei confronti della Cina. In una dinamica di competizione, ovvio; mai che si ragioni in termini di cooperazione o approccio win-win

L’integrazione della catena del valore è il modello asiatico, mutuato da Schumpeter, che lo stesso Marx ne aveva scritto. Non devi avere solo il controllo del capitale, ma della catena, se vuoi stare sul mercato mondiale.


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tonino

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Mar 31, 2021, 7:23:09 AM3/31/21
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Domenico Cortese e Luca Giovinazzo: Brunetta, i sindacati e il nuovo accordo per la Pubblica Amministrazione tra aziendalizzazione del servizio pubblico e colpevolizzazione del singolo

lordinenuovo

Brunetta, i sindacati e il nuovo accordo per la Pubblica Amministrazione tra aziendalizzazione del servizio pubblico e colpevolizzazione del singolo

di Domenico Cortese e Luca Giovinazzo

Schermata del 2021 03 30 17 04 17Un governo nato sotto la tediosa e sgradevole retorica della “competenza” non poteva non porre tra i primi punti all’ordine del giorno l’ennesimo appello per una Pubblica Amministrazione “riformata”, “rinnovata” e “produttiva”. «Ho invitato a cena i leader sindacali, è stata la base di un accordo di collaborazione», ha dichiarato il Ministro Renato Brunetta,1 facendo subito un quadro chiaro della prassi utilizzata per tali intese a porte chiuse e in ambienti in cui tutto entra meno che la pressione delle istanze dei lavoratori e delle loro piazze. La Pubblica Amministrazione (PA), ricordiamo, è l’insieme degli enti pubblici che concorrono all’esercizio e alle funzioni dell’amministrazione di uno Stato nelle materie di sua competenza. La maggior parte di queste materie interessa servizi di interesse generale, la cui utilità e qualità si può misurare soltanto in relazione alle necessità e al funzionamento del resto del sistema-paese e non a seconda delle “merci prodotte nell’unità di tempo” (si pensi all’ufficio anagrafe di un comune, alla formazione degli studenti in un liceo o al servizio 118 del sistema sanitario). Spesso, oltretutto, la PA è tenuta ad offrire, per assicurare il funzionamento omogeneo dei servizi pubblici ed (in teoria) il solidarismo sociale, dei servizi in territori le cui comunità non sarebbero economicamente capaci di “retribuire” il sistema amministrativo per i servizi che offre. E, tuttavia, la tendenza politica, negli ultimi anni, è stata quella di far somigliare sempre più la PA, nelle politiche finanziarie relative ad essa e nei suoi parametri di valutazione, ad una azienda privata. A cominciare proprio dalle riforme Brunetta implementate durante i primi anni del Berlusconi IV.


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Il Rovescio: Sui vaccini biotecnologici e sull’opposizione mediaticamente modificata

ilrovescio

Sui vaccini biotecnologici e sull’opposizione mediaticamente modificata

di Il Rovescio

external content.duckduckgo.com 8«L’attività dei biologi che, fino all’invenzione del DNA, trascurava la dialettica della natura a vantaggio della conoscenza frammentaria di quest’ultima, lasciava il mondo più o meno com’era. Per contro, dal momento in cui intraprende la modificazione di un solo organismo nei suoi laboratori, la biotecnologia comincia in realtà un esperimento su scala planetaria, cioè una cosa ben diversa da un esperimento».

«Il fondo della questione è che questi tecnici salariati che posano da scienziati per denunciare l’oscurantismo dei loro oppositori non sono più niente di simile, neanche nel senso restrittivo e specialistico del termine: in quanto discendenti degenerati degli scienziati dell’epoca borghese, sono essi stessi esempi della degradazione delle specie di cui sono gli artefici. Il precetto cristallizzato nella loro tecnica non è scientifico ma – logicamente, perché è una guerra quella che conducono – militare: si va avanti e poi si vedrà».

«La continuità che esiste tra l’agricoltura industriale e il suo perfezionamento biotecnologico è anche quella che porta naturalmente dalla medicina meccanicistica all’ingegneria genetica applicata all’essere umano. È dunque stupido voler distinguere, come fanno molti oppositori della disseminazione di organismi geneticamente modificati, eventuali applicazioni terapeutiche delle biotecnologie, che ci si guarderebbe dal disapprovare per non urtare l’opinione generale o perché si è convinti che esse rappresentino un progresso auspicabile».

Così scriveva, nel lontano 1999, l’Encyclopédie des Nuisances nelle sue Osservazioni sull’agricoltura geneticamente modificata e sulla degradazione delle specie.


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Ascanio Bernardeschi: Un dibattito produttivo?

la citta
              futura

Un dibattito produttivo?

di Ascanio Bernardeschi

c19b15f2f214db2a095e013acc18f933 XLSe si condivide l’idea che la categoria di lavoro produttivo, come definito da Marx, ha finalità diverse da quella di delimitare la classe sfruttata che si contrappone al capitale, qual’è il vantaggio di allontanarci da quella categorizzazione?

Su invito del collettivo politico de “La Città Futura”, scrissi per il numero del 22 gennaio scorso di questo giornale un articolo sul concetto di lavoro produttivo al fine di aprire un dibattito su questa categoria economica. L’articolo, nell’aderire alla definizione marxiana, precisava che la stessa, per quanto utile sia ai fini della conoscenza del punto di vista del capitale sia per mantenere fermo il principio che l’unica la fonte del plusvalore sia il lavoro non pagato, non fosse idonea a definire la classe che si contrappone al capitale, la quale deve includere anche lavoratori non addetti alla produzione diretta del plusvalore. A tale articolo si rinvia anche per il tentativo di collocare le varie tipologie di lavoratori (e non lavoratori) rispetto al conflitto di classe.

La discussione che ne è seguita, insieme a adesioni a questa impostazione, ha registrato anche due posizioni che se ne differenziano: una più restrittiva e una più inclusiva.

La restrittiva eccepisce sull’inclusione nella categoria del lavoro produttivo del lavoro intellettuale, e in generale quello dedito alle produzioni immateriali. Di tale posizione non è stato redatto un vero e proprio articolo ma solo degli apprezzabili materiali di discussione.


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Carlo Formenti: Il concetto di nazione. Ovvero, una patata bollente per il marxismo

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Il concetto di nazione. Ovvero, una patata bollente per il marxismo

di Carlo Formenti

10361Spulciando il catalogo online di El Viejo Topo https://www.elviejotopo.com/ editore storico della sinistra iberica (al quale devo due edizioni di altrettanti miei saggi e la conoscenza di importanti materiali teorici in lingua spagnola), mi sono imbattuto in un titolo che ha catturato la mia attenzione: La base material de la nación. El concepto de nación en Marx y Engels, di Carlos Barros (dal profilo biografico dell’autore ho appurato che si tratta di uno storico medievista, fra i fondatori del partito comunista galiziano e membro del comitato centrale del PCE).

A intrigarmi, ancor più dell’argomento scottante (la questione nazionale è sempre stata fonte di problemi irrisolti e di conflitti teorici e ideologici in campo marxista), è stato il sottotitolo, il quale, come mi è stato confermato da un breve video di presentazione del libro registrato dall’autore, allude all’esistenza di un discorso sistematico e coerente, se non di una vera e propria teoria, dei due fondatori del materialismo storico sull’argomento in questione. La cosa mi è parsa sorprendente, non essendo a conoscenza di scritti di Marx ed Engels dedicati alla questione nazionale di peso e dimensioni paragonabili a quelli di altri mostri sacri del pensiero socialcomunista, Lenin su tutti (1).

Tuttavia, dopo avere acquistato e letto l’e.book di Barros, ho avuto conferma che il mio difetto di informazione non è frutto di disattenzione o ignoranza: effettivamente Marx ed Engels non hanno scritto nulla di sistematico sul concetto di nazione.


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Leo Essen: Le Lezioni di Napoleoni sul capitolo sesto inedito di Marx

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Le Lezioni di Napoleoni sul capitolo sesto inedito di Marx

di Leo Essen

unnamedp97e43Nella primavera del 1971 Claudio Napoleoni tiene alcune lezioni sul Capitolo sesto inedito di Marx. L’anno successivo le Lezioni vengono pubblicate da Boringhieri. Riscuotono quasi immediatamente un grande successo, tanto che nel 74, 75 e 79 vengono ristampate. Poi cala il sipario. L’edizione del 79 si trova ancora in vendita nel 1990.

Il testo pubblicato, che riproduce la trascrizione delle lezioni tenute all’UniTo, è sorprendente, sia per la chiarezza, sia per il rigore filologico. Una vera rarità nel panorama della ricerca universitaria italiana. Leggerlo rende la sensazione di partecipare a un seminario. La sua influenza, meritata, si è estesa a tutta la galassia della sinistra radicale – marxista e non marxista. L’andamento ripetitivo, tipico delle lezioni universitaria, invece di appesantire la lettura, ha quasi un effetto ipnotico. Di più, suscita quella sensazione di stupore che solo le grandi opere riescono a suscitare.

Il tema del libro è riassunto in poche righe nella Lezione settima, dove Napoleoni dice che uno dei modi attraverso i quali Marx stabilisce la differenza tra la produzione capitalistica e altri modi di produzione è questo: che mentre altri modi di produzione sono indirizzati al consumo di qualcuno, viceversa la produzione capitalistica è produzione di ricchezza astratta, ossia ricchezza destinata a riconvertirsi in ricchezza addizionale; con la conseguenza che, mentre nel primo caso il valore-uso ha una rilevanza decisiva – proprio perché il processo è finalizzato al consumo -, nel secondo caso, il valore-uso diventa irrilevante, non in quanto scompare, perché questo naturalmente è impossibile, ma in quanto il valore-uso diventa un semplice supporto materiale per la ricchezza come tale. Ricchezza come tale, la cui espressione formale è il valore, che ha poi nel valore-scambio la sua necessaria rappresentazione o espressione fenomenica.


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Adriano Ercolani: Quando finirà il Kali Yuga? Apocalisse e catastrofe dal Novecento a oggi

nazione
              indiana

Quando finirà il Kali Yuga? Apocalisse e catastrofe dal Novecento a oggi

di Adriano Ercolani

hieronymus boschs apocalyptic visionsIl Novecento è stato un secolo attraversato da una profonda inquietudine apocalittica. In filosofia da Heidegger a Deleuze e Derrida, da Kojève a Fukuyama, passando per l’esistenzialismo, nella riflessione politica e sociologica da Pasolini a Baudrillard, in poesia da T.S.Eliot agli Ermetici e ai New Apocaliptycs inglesi, nell’arte da Munch a Bacon, nella letteratura attraverso le distopie antiutopistiche di Orwell, Huxley, Dick, Ballard, nella musica popolare di canzoni come A Hard Rain’s a-Gonna Fall di Bob Dylan o Eve of Destruction di Barry McGuire, nel cinema di massa con opere d’autore quali Il Dottor Stranamore di Kubrick, Melancholia di Lars Von Trier, I figli degli uomini di Cuarón, ma anche l’intero filone di film post-apocalittici dominante nel mercato americano. Soprattutto questo sentimento si manifesta più che mai nella ricerca spirituale, riferendosi non solo alla prospettiva escatologica di maestri orientali dal grande seguito come Shri Mataji Nirmala Devi e Ramana Maharshi, ma anche al pensiero di figure considerate fuori dagli schemi del calibro di Quinzio e Ceronetti. In queste e moltissime altre opere, in tutti i campi del sapere e della sfera creativa, si respira il senso di una fine ineluttabile, di una necessaria catastofe palingenetica.

Ciò si è manifestato talvolta come anticipazione profetica, l’anelito al potere sacro della violenza che animava le avanguardie storiche in mezzo ai due conflitti bellici, in altri casi invece si è tradotta nella contemplazione delle macerie dopo il disastro, esemplificata dall’arte giapponese del Dopoguerra.


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Un amico di Winston Smith: L’affare Covid. Tra Emergenza spettacolare ed epidemia dolosa

ilrovescio

L’affare Covid. Tra Emergenza spettacolare ed epidemia dolosa

di Un amico di Winston Smith

Istantanea 2021 03 13 09 34 24Un anno di emergenza. Stato e tecnocrati sono riusciti finora a creare una sorta di “cerchio perfetto”: se la curva dei contagi cala, è merito del governo; se cresce, è per l’allentamento delle restrizioni e lo scarso senso di responsabilità della gente (e vai con i servizi mediatici sempre-uguali sui Navigli, sullo shopping, sulla movida…). Nel caso in cui fossero minimamente organizzate le cure domiciliari per i malati di Covid, il merito verrebbe probabilmente attribuito alle vaccinazioni; se queste ultime risultassero ampiamente inefficaci, la colpa sarebbe comunque del virus con le sue “diaboliche” e imprevedibili mutazioni. Anche la denuncia delle inefficienze della Sanità e la rivendicazione di misure governative sganciate dalla logica del profitto rientrano perfettamente nel cerchio.

Se tanti aspetti di ciò che è successo e che segnerà a lungo le nostre vite sono stati affrontati – cause strutturali del “salto di specie” dei virus, incompatibilità tra tecno-industria e salute, accelerazione verso una società digitalizzata, militarizzazione, sperimentazione biomedica di massa …­– non avevamo ancora preso di petto l’“affare Covid”. Si è analizzato, cioè, ciò che Stato e tecnocrati hanno realizzato a partire dall’epidemia come dato di fatto, non le scelte politico-sanitarie ben precise che hanno fatto di quel dato una Emergenza.

È ciò che si propone questa piccola, ma densa e approfondita, “contro-inchiesta arrabbiata” realizzata da un compagno. Si tratta di un testo “mostruoso”. L’idea di una Emergenza “costruita ad arte” è un pensiero che facciamo fatica a far nostro, ma che non possiamo evitare di prendere in considerazione. Una tesi che potrebbe scandalizzare persone a noi vicine e risultare fin troppo familiare a persone che vogliamo invece tenere lontane.


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Fabrizio Poggi: “Agitando i pugni contro Cina e Russia, l’America va verso la catastrofe”

contropiano2

“Agitando i pugni contro Cina e Russia, l’America va verso la catastrofe”

di Fabrizio Poggi

pugni al
            cielo usaPutin è “un killer” e Xi “un tagliagole” ha stabilito Joe-Burisma-Biden; Mosca «destabilizza la situazione nei paesi vicini», evoca il segretario NATO Jens Stoltenberg; e il capo della diplomazia UE Josep Borrell e il suo superiore, il segretario di stato yankee Antony Blinken tuonano contro l’atteggiamento «di sfida della Russia, inclusa la persistente aggressione contro Ucraina e Georgia», ecc. ecc.

La dichiarazione di guerra di USA e vassalli è consegnata: una guerra energetica alla Russia, soprattutto per il “North stream 2”, e una guerra commerciale alla Cina. Mosca ha risposto per ora (annunciate contromisure anche alle sanzioni imposte dal Canada) in maniera non particolarmente dura; più tempestiva e determinata Pechino.

Il confronto tra USA e Russia ha dunque raggiunto una nuova fase. La prima fase, di “accumulazione della tensione”, scrive Aleksandr Khaldej su Svobodnaja pressa, ha coperto il periodo tra il 2000 e il 2007; dal 2007 al 2014, la seconda fase, di “contrapposizione”; quindi, la terza, avviata con gli eventi in Siria e Ucraina, è già quella della guerra, quando il «desiderio di danneggiare il nemico non è più commisurato al danno verso se stessi. Niente trattative in questa fase; ora parlano i cannoni: non importa se di ferro o mediatici».

Poi, di incidente in incidente, si arriva alla quarta fase, quella del “equilibrio di posizione” e della “stanchezza di guerra“, dopo di che sarà forse possibile tornare alle trattative.


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tonino

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Apr 2, 2021, 2:21:48 AM4/2/21
to sante gorini

Alessandro Visalli: Glosse a “Il concetto di nazione. Ovvero una patata bollente per il marxismo”, di Carlo Formenti

tempofertile

Glosse a “Il concetto di nazione. Ovvero una patata bollente per il marxismo”, di Carlo Formenti

di Alessandro Visalli

allegoria Italia UnitaSul suo blog Carlo Formenti ha pubblicato[1] una recensione del testo spagnolo “La base material de la nación en Marx y Engels” di Carlos Barros. In questo testo proverò a ricostruire il suo argomento ed aggiungere qualche altro spunto. In particolare, dalla rilettura di un saggio di Lelio Basso su “La natura dialettica dello Stato secondo Marx”, contenuto in un libro autori vari del 1977, “Stato e teorie marxiste[2]. Non si tratta, dunque, di trattare l’enorme tema del concetto di Stato (o, e non è ovviamente la stessa cosa, di nazione) nel marxismo, e neppure in Marx o Engels, ma di aggiungere una semplice glossa ad un passaggio.

Infatti, Carlo conclude il suo pezzo scrivendo:

“Se già ai tempi di Marx era impossibile fissare criteri universalmente validi per rispondere alla domanda su quali lotte nazionali sostenere, oggi l’impresa è ben più ardua: è giusto sostenere l’irredentismo catalano anche se assume i connotati di un “separatismo dei ricchi” (6); è giusto appoggiare le rivendicazioni di tibetani, uiguri e abitanti di Hong Kong contro il governo centrale della Cina Popolare, anche se è alimentato e sostenuto dall’imperialismo occidentale e ha caratteri esplicitamente antisocialisti? E ancora: ha senso attribuire un significato progressivo all’integrazione europea in nome dell’accelerazione dello sviluppo economico, anche se il costo di tale sviluppo è la subordinazione e l’impoverimento delle nazioni (e delle classi subalterne!) mediterranee da parte della Germania? È giusto considerare ideologicamente regressivo il carattere patriottico delle rivoluzioni bolivariane dell’America Latina? Rispondere a ognuna di queste domande richiede di svolgere un’analisi concreta di tutti i fattori economici, socioculturali, storici e geopolitici implicati in ogni singola situazione, dopodiché l’unico fattore di cui tenere conto - in ultima istanza - per dare loro risposta resta a mio avviso quello della valutazione degli interessi di classe in campo; certamente non quello dello sviluppo delle forze produttive” (corsivo mio).


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Avis de tempêtes: Vulnerabilità

finimondo

Vulnerabilità

di Avis de tempêtes

PawelKuczynski 2A livello microscopico, la distruzione di autonomia e la riduzione degli spazi che determinano la propria vita, mediante l'introduzione di protesi sempre più tecnologiche, con le logiche conseguenti, non può che dar luogo — in proporzione al grado di lobotomizzazione e di appiattimento che ognuno subisce — ad una disperazione feroce. La ruota del progresso gira sempre più rapidamente. Se un tempo erano necessarie diverse generazioni per le vaste trasformazioni della società, oggi, nello spazio di una sola generazione, sembra quasi di non far parte dello stesso mondo. Una tale impennata di velocità richiede una inaudita capacità di adattamento dell'essere umano e non manca di produrre a sua volta un’intera gamma di «difetti» funzionali al mondo nel suo complesso, ad esempio sotto forma di nevrosi o malanni fisici. E dato che l'essere umano non vive isolato sopra una cometa, abitando sul pianeta Terra, qualsiasi assetto del suo «habitat» ne influenza le possibilità e la capacità di riflettere, ma anche di sentire ed agire. Questa non è ovviamente una peculiarità della società ipertecnologica che conosciamo: si potrebbe affermare infatti che ogni civiltà operi in questo modo. La domanda da porsi allora va un po' più a fondo: una drastica pianificazione dell'habitat non provoca una perdita di autonomia e una soppressione di libertà, ed ogni adeguamento non è in sé antinomico alla libertà? Ma simili domande superano di gran lunga le modeste riflessioni di questo articolo.


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Eros Barone: Una disputa italo-tedesca su Dante

sinistra

Una disputa italo-tedesca su Dante

di Eros Barone

dante alighieri
            638x425In questo anno giubilare le acque stagnanti della cultura italiana sono state smosse da un lungo e interessante articolo del quotidiano tedesco «Frankfurter Rundschau» dedicato a Dante Alighieri e alla lingua italiana. Dare conto della disputa che ne è nata può essere opportuno per più motivi: verificare come viene considerato il “sommo poeta” in base all’ottica critica di un qualificato giornalista di un importante paese europeo; osservare come reagiscono gli esponenti ufficiali della cultura italiana a questo tipo di ottica; trarne elementi utili per un approfondimento multilaterale della poesia e della personalità di Dante, quale specchio in cui si riflette una vicenda plurisecolare che mette in gioco l’identità storica di un paese, l’Italia, che è caratterizzato dal complesso e conflittuale binomio: “nazione antica, Stato giovane”.

Ma leggiamo alcuni stralci dell’articolo che ha innescato la disputa: “Il 14 settembre 1321 il fiorentino Dante Alighieri morì in esilio a Ravenna, quindi perché un articolo su Dante oggi? L’anno scorso, il 25 marzo è stato introdotto come Dante Day1 in Italia. Il più grande poeta italiano deve essere commemorato in questa data ogni anno. Perché il 25 marzo? In questo giorno, un Venerdì Santo dell'anno 1300, si dice che abbia iniziato il suo viaggio attraverso l'inferno, il purgatorio e il paradiso. Dante ama giocare con i numeri. La sua grande poesia, la Divina Commedia, inizia con le parole: ‘Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita’. Poiché una data di nascita non è stata registrata, si è concluso presto da queste informazioni che Dante era nato nel 1265.


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Domenico Moro: Stimoli anticrisi: le differenze fra USA ed Eurozona

lordinenuovo

Stimoli anticrisi: le differenze fra USA ed Eurozona

di Domenico Moro

La crisi del Covid-19 sta funzionando come un reset dell’intero sistema capitalistico mondiale. La crisi, che è la maggiore dal ’29, sta dando la possibilità di spendere denaro pubblico come mai era accaduto prima in assenza di guerre. A questo proposito si può dire che quella che viene definita una “guerra” al virus sta rivelandosi utile per il capitalismo, in affanno da molti anni e non in grado crescere a ritmi sufficienti, un po’ come se fosse una guerra vera. Del resto, è noto che l’uscita dalla crisi del ’29 avvenne solamente grazie alle enormi spese belliche e alla ricostruzione dovute alla Seconda guerra mondiale. L’espansione del debito pubblico ne è una conseguenza immediata. Tuttavia, non in tutti i centri del capitalismo mondiale si risponde nello stesso modo.

In particolare si sta evidenziando una differenza nell’entità della spesa statale per la ripresa dell’economia tra la Ue e gli Usa, che può scavare un solco ancora più profondo tra la ripresa degli Usa e quella dei paesi Ue, in particolare quelli dell’eurozona. Recentemente l’Ocse ha rivisto al rialzo la crescita prevista per il 2021 negli Usa dal 3,2% al 6,5%, mentre la crescita dell’eurozona sarà solo del 3,9%.


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coniarerivolta: La sai l’ultima dei competenti? Se sei disoccupato è colpa tua

coniarerivolta

La sai l’ultima dei competenti? Se sei disoccupato è colpa tua

di coniarerivolta

La pandemia continua ad infuriare e mietere vittime, al ritmo di 500 al giorno. Le prospettive economiche sono fosche a dir poco, con la disoccupazione pronta ad esplodere non appena il blocco dei licenziamenti sarà mandato in soffitta, dopo un 2020 che ha già prodotto 500 mila occupati in meno, e un fantasmagorico piano europeo di supporto alla ripresa fatto di poche risorse e molte condizioni capestro. In questo contesto drammatico, l’attenzione generale, la nostra attenzione, è rivolta comprensibilmente all’immediato, al domani, alla prossima settimana, a come provare ad uscire integri da un anno tragico, tutelando la propria salute e navigando a vista nel mare in tempesta della crisi economica che morde. Mentre però lavoratori, studenti e pensionati stringono i denti e aspettano tempi migliori, il nemico si organizza e pianifica già il futuro post-pandemia. Ci sono buoni motivi per ritenere che il Governo Draghi sia pronto a porre le basi per un ulteriore attacco ai residui di stato sociale che hanno resistito a quattro decenni di controrivoluzione neoliberista, e le attuali discussioni sulla prossima riforma degli ammortizzatori sociali ne sono un chiaro esempio.


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Francesco Maringiò: Il destino dell'Europa nella nuova guerra fredda

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Il destino dell'Europa nella nuova guerra fredda

di Francesco Maringiò

Pubblichiamo l'intervento di Francesco Maringiò tenuto al convegno organizzato dall'international manifesto Group, il convegno può essere visto qui

Nel 1946, dall’ambasciata americana a Mosca, George Kennan scrisse al dipartimento di Stato un telegramma speciale, passato alla storia con il nome di “Long Telegram”. La teoria in esso espressa ispirò la politica del “containment” di Truman nel ’47 e del seminario strategico segreto (il Solarium Exercise) dell’estate del 1953 voluto dal Presidente Eisenhower. Il seguito di quelle scelte è parte della storia: nascita dell’Alleanza Atlantica (NATO), guerra fredda, corsa al riarmo atomico, conflitti regionali in Asia e Africa.

In realtà, come dimostrano i documenti declassificati dagli archivi britannici e statunitensi, già durante gli ultimi anni della guerra, gli Stati Uniti lavoravano per rendere permanente la loro presenza nel continente europeo (almeno nella sua parte occidentale) e contribuire a rafforzare un processo di integrazione continentale che rappresentasse da un lato una controffensiva del capitale europeo al protagonismo del movimento operaio e dei movimenti di liberazione partigiani e, dall’altro, fosse parte integrante di un blocco di dominio euro-atlantico.


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lorenzo merlo: Il senso estetico del PD

sinistra

Il senso estetico del PD

di lorenzo merlo

Il comando si riduce ad un appeal che raduna le attenzioni più di quanto possa un argomento razionalmente presentato. Una premessa non soddisfatta da Zingaretti e neppure lo sarà da Letta.

Senza capo non c’è coda. Sull’impossibilità del PD di avere e tenere una rotta che punti ad un mondo che gli faccia onore. Se il tratteggio di queste righe è in qualche misura attendibile, se non emergono considerazioni che le rendano fallaci, dentro il crogiolo della politica da mercato, l’epilogo delle correnti sfascia-partito era ed è il minimo che possa accadere.

 

Lapidario

Gli oppositori hanno gioco facile a dare contro il PD. Se una volta lo scontro era portato e/o difeso dalle corazze ideologiche, imbracciate dai reggimenti di popolo, oggi i prodi della parte povera del mondo avanzano, anzi vagolano indifesi e disarmati, disposti a sedersi al tavolo per una briscola insieme agli odiati nemici. Tengono un’ombra sull’angolo e parlano di tutto, di passato e di futuro, ma sempre con nostalgia. Chi li ascolta non sa più chi sta da una parte e chi dall’altra.


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La qualità della ricerca scientifica (VQR) e la “Nota” di dissenso di Pasinetti

economiaepolitica

La qualità della ricerca scientifica (VQR) e la “Nota” di dissenso di Pasinetti

di La redazione

vqr 2020 0Nei giorni scorsi ha destato una certa attenzione l’ultima boutade di Tito Boeri e Roberto Perotti, due noti economisti dell’Università Commerciale L. Bocconi, i quali hanno dichiarato che “l’unico modo per migliorare le università italiane è premiare chi fa la ricerca migliore”, e che tuttavia “le tre Vqr non hanno contribuito a rendere più selettiva l’allocazione dei fondi pubblici alle università”[1].

A nostro avviso, ciò che emerge da questa proposta è un tentativo di utilizzare le politiche nazionali di valutazione della ricerca e distribuzione dei finanziamenti pubblici per accentuare le divergenze nelle dotazioni finanziarie degli Atenei (a vantaggio della stessa Università Bocconi). Ciò avviene nel momento in cui nel dibattito accademico iniziano a cadere molte certezze riguardo l’uso scriteriato della meritocrazia e la necessità di spingere i giovani studiosi che vogliono concorrere nelle posizioni accademiche a conformarsi sempre più a un profilo di ricerca standardizzato. Ad oggi, gli economisti che lavorano su campi di ricerca meno popolari e/o con metodi innovativi, comunque non riconducibili al mainstream neoclassico-liberista, hanno meno probabilità di essere abilitati per posizioni accademiche di alto livello, anche indipendentemente dai famigerati indicatori bibliometrici[2]. Si tratta di un esito che sembra confermare i timori espressi da Luigi Lodovico Pasinetti (classe 1930, uno degli economisti italiani più celebri nel panorama internazionale, per i suoi contributi riconducibili al paradigma sraffiano e post-keynesiano[3]) in dissenso con Guido Tabellini (Università L. Bocconi) a proposito della Relazione finale del Panel sull’Area 13 (Economics[4]).


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Rino Frescatta: Scienza, metafisica e potere

frontiere

Scienza, metafisica e potere

di Rino Frescatta

wheel
            800x445La crisi della scienza e la sua degenerazione hanno delle cause interne ed esterne, che molti, occupandosi delle distorsioni della scienza moderna, individuano nella natura del rapporto instaurato con l’economia e con il potere.

 

Il cappio dell’economia

La ricerca ovviamente ha bisogno di ingenti fondi, è quindi fondamentale chiedersi chi la finanzi e quali siano i suoi interessi.

Lo scienziato, come tutti i lavoratori, è soggetto al volere del padrone capitalista: chi fornisce il capitale decide, indirizza la ricerca e, se vuole, distorce i contenuti e manipola i risultati in modo da poter avvalorare una posizione precostituita, per ricavarne un utile a beneficio di un ristretto gruppo o di qualche attore economico.

Lo stato di penuria conseguente ai tagli al sistema di finanziamento e alle riforme del sistema di reclutamento espone anche gli enti di ricerca pubblici (istituti e università) alla necessità di ricorrere a finanziamenti esterni, erodendo l’integrità e l’indipendenza che solo il finanziamento pubblico potrebbe e dovrebbe garantire.

La ricerca pubblica rimane ostaggio di logiche privatistiche che impongono criteri di valutazione e assegnazione delle risorse che, per un distorto concetto di qualità e merito, favoriscono il conformismo scientifico e orientano la ricerca verso filoni o settori specifici, a danno di altri.


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Antonio Martone: Dallo “stato di paura” all’identità del clic”

linterferenza

Dallo “stato di paura” all’identità del clic”

di Antonio Martone

118485035 1001873796910995 8158190737482927354 n1. La paura di Hobbes

La paura è uno dei temi politici fondamentali di ogni tempo. Più in generale, anzi, un’analisi delle emozioni primarie dovrebbe essere propedeutica al pensiero politico. Lo sapeva bene Machiavelli che è il primo grande pensatore che fa della paura il fondamento del potere. Già in età rinascimentale, con il Segretario fiorentino, la paura s’impone sulla scena storica nella sua purezza, indipendentemente da qualsiasi forma di etica o di morale trascendente.

Il filosofo che fonda le categorie guida del Moderno attraverso la deduzione scientifica della produttività della paura è, però, certamente Thomas Hobbes. L’autore del Leviatano, diversamente da Machiavelli, la cui politica poteva ancora essere ascritta all’ambito dell’“arte di governo del Principe”, elabora una vera e propria scienza, una biotecnologia, assente in natura, finalizzata all’edificazione dello Stato, che sola consente di salvare dal male naturale. Il grande impianto di Hobbes si mostra integralmente strutturato sul rapporto protezione/obbedienza, e cioè lo Stato offre sicurezza nel mentre richiede obbedienza. Lo Stato contiene la paura, concentrandola, per così dire, su un punto soltanto, ossia su se stesso. Il vantaggio è che, in questo modo, la paura diviene circoscrivibile e visibile: basta attenersi alla volontà del Leviatano per scongiurare i rischi di morte violenta. In questo senso, lo Stato è, come affermava Max Weber, il “monopolista incontrastato della forza fisica ‘legittima’.


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Andrea Zambrano: Non vogliono curare: escluso dal Cts il medico da Nobel

bussolaquotidiana

Non vogliono curare: escluso dal Cts il medico da Nobel

di Andrea Zambrano

Draghi conferma che esiste solo il vaccino, cure domiciliari inesistenti. Infatti Cavanna, neo testimonial per il Nobel 2021 e simbolo del covid at home, è stato escluso dal Comitato Tecnico Scientifico. La strategia è chiara: il covid non va curato, bisogna usare i ricoveri per spargere paura, vaccinare e rassicurare tenendo un occhio alle vacanze

Le vacanze sì, le cure no. Nel corso della conferenza stampa di ieri, il presidente del Consiglio Mario Draghi, affiancato dal ministro della Salute Roberto Speranza, ha toccato tre argomenti: i vaccini, la ripresa post pandemica e la scuola. Si è parlato anche di vacanze e il premier ha consigliato agli italiani di prenotarle, mentre il viceministro Pierpaolo Sileri aveva già tranquillizzato l’umore italico che «al mare staremo senza mascherina».

Prenotare le vacanze mentre oggi siamo alle prese con una pandemia che non ci lascia scampo e che fa morire 500 persone al giorno negli ospedali? Quindi a giugno, luglio e agosto sappiamo già che, per parafrasare una celebre battuta, nun ce n’è coviddi? E chi ci dà questa garanzia?


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Gustavo Piga: Draghi vs. Conte e il Recovery Fund

gustavopiga

Draghi vs. Conte e il Recovery Fund

di Gustavo Piga

Sono due le sfide su cui si giudicherà il contributo specifico di Mario Draghi all’uscita dalla crisi economica, ben al di là delle briciole che sono i risparmi di spesa per interessi, di massimo 2 miliardi l’anno (0,1% del PIL), che appaiono all’orizzonte al calare dello spread. Hanno a che vedere rispettivamente con il “quanto” e con il “come” della gestione di tutte le risorse che ruotano attorno al Recovery Plan, sia quelle rese disponibili dall’Europa, sia quelle che si vorrà rendere disponibili dall’interno.

Sul “quanto” il Governo uscente lascia numeri chiari, utili per un futuro confronto. Dei 196 miliardi di euro previsti dal Recovery, 127 arriveranno come prestiti. Di questi 127, 74 (quasi il 40% del totale della somma totale) vanno a finanziare progetti già esistenti, sostituendo prestiti “italiani” con prestiti “europei”, portando dunque solo un piccolo risparmio di interessi – essendo le somme UE a tassi leggermente inferiori – ma senza un impatto addizionale su crescita e occupazione. I rimanenti 53 miliardi a prestito, da utilizzare su progetti “nuovi”, e quindi effettivamente capaci di generare crescita aggiuntiva, si propone di spenderli nel secondo triennio, dal 2024 al 2026, troppo tardi.


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Piccole Note: I rapporti tra Big Pharma e l'amministrazione Biden

piccolenote

I rapporti tra Big Pharma e l'amministrazione Biden

di Piccole Note

I media ci bombardano di notizie sul Covid-19. Il virus si vende bene, da qui un profluvio di articoli non indimenticabili. Per fortuna a volte si trovano articoli seri, come quello di The Intercept che rivela il gigantesco conflitto di interesse dell’amministrazione Biden riguardo le Big Pharma (titolo: “La cerchia ristretta di Biden ha forti legami con i produttori di vaccini”).

L’impressionante elenco si apre con Linda Thomas-Greenfield ambasciatrice all’ONU, sede nella quale una moltitudine di Paesi poveri e in via di sviluppo sta chiedendo la liberalizzazione dei brevetti del vaccino per permetterne una produzione più capillare e una distribuzione più rapida.

Linda Thomas-Greenfield, scrive The Intercept, ha avuto tra i propri munifici clienti proprio la Pfizer, che di questa proposta non vuol neanche sentire parlare: “Thomas-Greenfield e il suo numero due, Jeffrey DeLaurentis, in precedenza hanno lavorato per Albright Stonebridge Group (ASG), società di consulenza fondata dall’ex Segretario di Stato Madeleine Albright”.


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comidad: La sopravvivenza della Russia sempre meno compatibile con l'esistenza di Gazprom

comidad

La sopravvivenza della Russia sempre meno compatibile con l'esistenza di Gazprom

di comidad

Per replicare alle scomposte e insolenti accuse di Joe Biden, Vladimir Putin si è esibito in un abile esercizio di dialettica ritorsiva, improntato al motto: “ciascun dal cuor suo l'altrui misura”. Putin ha potuto facilmente rincarare la dose osservando che la storia degli USA è segnata dalla pratica disinvolta del genocidio.

Un commentatore esterno potrebbe anche ricordarsi delle “kill list” di Obama (di cui Biden certamente sapeva); ed anche notare la faccia tosta della propaganda degli USA e dei suoi Paesi sudditi nel celebrare come paladino della democrazia un nazista come il sedicente “oppositore” Navalny, noto in Russia soprattutto per la sua istigazione alla violenza contro i musulmani.

Tutto vero ma non pertinente. Nella replica di Putin mancava infatti l’osservazione più ovvia e più importante, e cioè la constatazione del nonsenso di un presidente USA che brucia i suoi rapporti e la sua credibilità personale nei confronti del suo omologo a capo dell'altra grande potenza nucleare, la Russia appunto. Persino se Putin fosse realmente il super-assassino descritto da Biden, egli rimane comunque il capo di una potenza nucleare con cui sarebbe inevitabile trattare in caso di crisi internazionale.


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tonino

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Apr 4, 2021, 5:33:49 AM4/4/21
to sante gorini

Marcello Concialdi: Populismo, Dietrologia e Dominio

cumpanis

Populismo, Dietrologia e Dominio*

Contro l’ideologia della mancanza di alternative

di Marcello Concialdi

Concialdi FOTO Populismo Dietrologia e DominioIn un breve saggio sul populismo di destra e di sinistra, contenuto nel recente Dal punto di vista comunista, Slavoj Žižek afferma che occorrerebbe appoggiare il populismo di sinistra, ben sapendo che fallirà, con l’augurio che dal fallimento possa emergere qualcosa di nuovo. Il filosofo sloveno è convinto che i populismi siano fenomeni permessi dal sistema capitalistico proprio perché questi riuscirà, tramite il loro fallimento, a ottenere la conferma di sé e lo sparigliamento dell’avversario al momento apparentemente più pericoloso. Per Žižek ogni istanza che proviene dal basso, che sia la lotta contro la migrazione o l’uscita dall’Ue, e per quanto sia giustificata, si rovescia in un fallimento finalizzato a dimostrare, sempre e ancora di più, quanto non esistano alternative al modello omnipervasivo imperante. Questa dinamica spinge Žižek all’affermazione estrema: occorre accelerare la disfatta populista per ottenere un nuovo modello di politica che possa finalmente proporsi come paradigma efficace contro il dominio contemporaneo.

Ciò che rende questo dominio profondo e difficile da scalzare non è solo l’effettivo rapporto di potere che c’è tra l’élite e il popolo – di natura economica come bene insegna Marx -, ma anche un’egemonia – una forma ideologica, un sistema di sapere – che relega qualsiasi discorso contrario a questa all’ambito della non-verità o, nel caso più estremo, a quello del tabù. A contribuire al trionfo della narrazione egemonica c’è il fatto che i pozzi del populismo sono fortemente inquinati dalla tendenza digitale “democratica” a mescolare il vero e il falso, in un innegabile circolo consequenziale costituito da populismo e contro-narrazione. Una circolarità che conduce il populismo ad abbeverarsi a piene mani dalla fonte digitale, percepita come spazio di verità e critica.


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nucleo comunista internazionalista: Marxismo e scienza borghese

nucleocomunista

Marxismo e scienza borghese

di nucleo comunista internazionalista

berlino
              anttilockdownLa nostra netta posizione politica contro la vaccinazione obbligatoria e contro ogni discriminazione verso chi la rifiuta è per il fatto che giudichiamo questa “cura della malattia” Covid 19 una autentica sperimentazione di massa di cui siamo cavie.

Respingiamo nella maniera più assoluta l’idea largamente prevalente nell’attuale movimento di classe che “siccome non siamo scienziati, lasciamo discutere questa cosa agli scienziati…” (sentito dire da autentici militanti di classe, da reali avanguardie di lotta! Il che dà la misura dell’annientamento politico subito dalla nostra classe, dello stato in cui versiamo e da cui dobbiamo riprenderci). Sembrerebbe che la lotta di classe condotta da postazione comunista rivoluzionaria debba essere sospesa, rimandata a dopo la fine della “guerra al Covid” eludendo il nodo centrale della questione cioè che il metodo e i mezzi adottati per sconfiggere la malattia non sono materia neutra al di sopra delle classi da lasciare in mano “alla scienza” e alla surroga di reale comunità umana quale è lo Stato.

Il nostro schieramento dentro “la guerra al Covid” che è parte di una più generale guerra “per la vita o per la morte” che è in atto innescata dalla catastrofe capitalistica, è conseguente ai principi splendidamente esposti nello studio di cui ripubblichiamo i capitoli centrali.

* * * *

Da il programma comunista nn. 21-22/1968

Marxismo e Scienza borghese

B. La medicina

Se prendiamo il casi della medicina, vediamo che anche il suo oggetto non è un dato naturale. In realtà, sia l’uomo che le sue malattie sono in larga misura determinati da tutto il complesso delle sue condizioni di vita.


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Marco Cerotto: Panzieri a Francoforte. E poi subito a Torino

machina

Panzieri a Francoforte. E poi subito a Torino

di Marco Cerotto

Schermata del 2021 04 03 13 58 45Riprendendo alcuni spunti e suggestioni di un articolo di Patrick Cuninghame pubblicato in questa sezione lo scorso dicembre (Negri a Francoforte. La polemica tra la Teoria critica e il marxismo autonomo), Marco Cerotto approfondisce una parte della diversificata genealogia che porta allo sviluppo del cosiddetto «neomarxismo» italiano. Lo fa in particolare attraverso la figura di Panzieri – a cui lo stesso autore ha dedicato un prezioso volume uscito di recente nella collana Input di DeriveApprodi (Raniero Panzieri e i «Quaderni rossi») – in relazione con le analisi della teoria critica francofortese, a cominciare da quelle di Friedrich Pollock. Per questa strada l’autore individua la specificità dell’operaismo italiano, nelle sue differenti espressioni, rispetto agli intellettuali francofortesi e alle loro tesi sull’alienazione consumistica e sull’integrazione della classe operaia. Il contributo si conclude aprendo un’altra riflessione importante, sulla rilettura marxiana condotta dalla «Neue Marx-Lektüre» e da Hans-Jürgen Krahl. Per approfondire i temi dell’articolo, oltre al testo e al volume già indicati, consigliamo la lettura del contributo di Diego Giachetti Panzieri e le minoranze comuniste del suo tempo e lo «Scavi» dedicato a Panzieri, a cura di Sergio Bianchi e Alessandro Marucci.

* * *

Influenze culturali del marxismo occidentale

Recentemente è stato pubblicato un articolo piuttosto interessante e che ha proposto un’indagine molto accurata sulle influenze degli intellettuali francofortesi sull’operaismo italiano, in particolare su Negri.


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Guy Van Stratten: “C’è troppa gente in giro!”: con la zona rossa, tornano gli “sceriffi”

codicerosso

“C’è troppa gente in giro!”: con la zona rossa, tornano gli “sceriffi”

di Guy Van Stratten

Puntuali come la zona rossa sono tornati gli “sceriffi“, i solerti cittadini che controllano che non ci sia “troppa gente in giro” e che aiutano le forze dell’ordine nel loro benemerito lavoro. Anche a Livorno, con il ritorno della Toscana nella cosiddetta “zona rossa”, sono tornati gli sceriffi che comunicano i loro inappuntabili report alle testate locali. Perfetti quanto raccapriccianti, questi report sono stati diffusi ampiamente sui social scatenando le più diverse reazioni. Ora, qui non voglio certo inserirmi nel marasma dei commenti da social, beceri e saturi di idiozie, quanto invece svolgere alcune riflessioni.

Il fenomeno sociale dello “sceriffo” che comunica le sue lamentele da irreprensibile cittadino (“ma dove sono i controlli?”; “ci dovrebbe essere più polizia! e l’esercito?”; “sembra di essere in zona bianca, tutti a prendere la tintarella!”) ci rimanda a un certo populismo di matrice neoliberista, assai diffuso nell’Occidente capitalista, a cominciare dagli Stati Uniti. I cittadini si organizzano per difendere la propria comunità da un pericolo esterno, sia esso rappresentato dagli immigrati o da qualsiasi elemento sconosciuto e ‘diverso’ (una dinamica molto simile, ad esempio, sta alla base della nascita del Ku Klux Klan durante l’apartheid).


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Mauro Armanino: Transizioni di sabbia nel Sahel

sinistra

Transizioni di sabbia nel Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 28 febbraio 2021. Gentile connazionale, si raccomanda anche per oggi di evitare qualsiasi spostamento non strettamente necessario e di stare lontano da ogni tipo di assembramento. Stessa raccomandazione valida per tutto il week end. Qui a Niamey da qualche giorno il governo ha decretato l’interruzione della connessione net. Il motivo non dichiarato è quello di ridurre la comunicazione tra le persone e i gruppi dell’opposizione suscettibili di organizzare manifestazioni post elettorali in città. In effetti, dopo aver annunciato, con relativa fretta, l’esito, ancora da confermare, del secondo turno delle presidenziali, si sono registrati disordini nella capitale e in altre città. L’annunciata vittoria del candidato del potere, Mohammed Bazoum, è stata contestata dall’opposizione che denuncia come non valide le elezioni del 21 febbraio 2021. Capiamo meglio, adesso, il messaggio dell’ Ambasciata italiana di Niamey riportato in apertura dello scritto. La non accettazione contestata delle cifre pubblicate dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente è stata seguita da un invito a manifestare il proprio dissenso per il ‘tradimento’ perpetrato alla verità delle urne.


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Joe Galaxy: The Magnificent Thirty

offline

The Magnificent Thirty

di Joe Galaxy

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            CR CoverNel dicembre 2020 è uscito un testo decisamente interessante per le sorti del mondo sottoposto alla pressione “Covid”. Si tratta di Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid [it: Rilanciare e ristrutturare il settore aziendale post-covid], una pubblicazione proveniente dal cosiddetto “gruppo dei 30”, che ha come significativo sottotitolo Designing Public Intervention [it: Progettare interventi di politica pubblica].

Per capire di cosa parla questo agile (ma forse non troppo) libercolo, può essere utile leggere il comunicato stampa e il relativo abstract, che funge anche da presentazione, che qui traduciamo e che sono comunque reperibili on line rispettivamente, nell’originaria lingua inglese, qui e qui.

Ma, prima ancora, è forse il caso di dire due parole su questo famoso “gruppo dei 30”. Questo gruppo raccoglie trenta fra i più eminenti economisti e politici (molti uomini e, come sempre, poche donne) del globo. Il loro scopo, considerando l’esperienza e la profonda conoscenza del mondo politico ed economico ad essi riconosciuta, consiste prevalentemente nell’analizzare a fondo lo status quo e redigere documenti attraverso i quali consigliare per il meglio i potenti di turno sul da farsi affinché il sistema possa godere di buona salute, o almeno della migliore possibile. Niente di misterioso od esoterico, dunque. Si possono raccogliere moltissime informazioni su di loro con un semplice tour sul web, e i loro documenti sono facilmente reperibili e scaricabili on line qui (tutti rigorosamente in english, naturalmente).


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Luca Perrone: Nello specchio del capitalismo della formazione

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Nello specchio del capitalismo della formazione

di Luca Perrone

Recensione di Luca Perrone al libro del ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, "Nello specchio della scuola" (il Mulino 2020).

Recensione
              PerroneNello specchio della scuola è un testo di carattere divulgativo edito da il Mulino nell'ottobre 2020 nella collana "Voci", e che potrebbe essere considerato come uno dei tanti contributi sulla crisi della scuola italiana, se non fosse per il suo autore, Patrizio Bianchi, neo Ministro dell'Istruzione del governo Draghi. Bianchi, come noto, è un economista, è stato Rettore dell’Università di Ferrara fino al 2010 e Assessore alle politiche europee per lo sviluppo, scuola, formazione, ricerca, università e lavoro della Regione Emilia-Romagna, e in questo ruolo nel 2010-12 ha progettato e realizzato la riforma della formazione professionale regionale, suo cavallo di battaglia. Dal gennaio 2020 è stato direttore scientifico della Fondazione Internazionale Big Data e Intelligenza Artificiale per lo Sviluppo Umano. Ha fatto parte del gruppo di lavoro per la gestione della ripartenza scolastica nell'ambito della pandemia Covid voluto dal precedente ministro Azzolina. Nel 2018 ha inoltre pubblicato il libro 4.0. La nuova rivoluzione industriale. Un curriculum di tutto rispetto che forse non ne fa il rappresentante apicale del capitalista collettivo, ma che va ben al di là della ingenerosa maschera di Crozza.

Nello specchio della scuola vale la pena di essere letto e discusso, e ha un interesse specifico per noi. Bianchi parte dall'assioma dello stretto legame fra l'educazione e lo sviluppo: «uno sviluppo socialmente ed economicamente sostenibile nel tempo si fonda sulla capacità di organizzare le competenze, le abilità manuali e il giudizio critico delle persone, e di trasformare queste in quel valore aggiunto che è la vera ricchezza di una comunità». Valore, ricchezza, persone, organizzazione, sviluppo: parole pesanti, mai neutre.


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Francesco Pezzulli: L’Università indigesta. Note da un’inchiesta

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L’Università indigesta. Note da un’inchiesta

di Francesco Pezzulli

Schermata del 2021 04 02 16 15 34Con questo contributo di Francesco Pezzulli riprendiamo il percorso, nell’ambito della rubrica Transuenze, dedicato alle «industrie riproduttive» a cui già erano dedicati due articoli sulle trasformazioni della scuola all’epoca della didattica distanziata (cfr. Didattica a distanza: insegnare con le macchine e Didattica a distanza e logica dell'emergenza). L’autore propone alcune riflessioni, basate su un lavoro di inchiesta, sulla condizione studentesca nell’Università trasformata dalle riforme che, da quella «Ruberti» al termine degli anni Ottanta del secolo scorso a quella «Gelmini» circa dieci anni fa, ne hanno cambiato radicalmente funzioni, tempi, spazi. Il contributo, in particolare, si sofferma sul lato oscuro dell’esperienza formativa ridotta a prestazione; una riflessione utile, a maggior ragione se giustapposta alle retoriche della competenza che fanno da quinta, fin troppo rumorosa, della ristrutturazione post Covid del modello sociale italiano.

* * * *

«Togliendo dagli studi tutto il bello (come si fa ora), spegnendo lo stile e la letteratura, e il senso dei pregi e dei piaceri di essi, ec, ec, non si torrà dagli studi ogni diletto, perché anche le semplici cognizioni, il semplice vero, i discorsi qualunque intorno alle cose, sono dilettevoli. Ma certo si torrà agli studi una parte grandissima, forse massima del diletto che hanno; si scemerà di moltissimo la facoltà di dilettare che ha questo bellissimo trattenimento della vita: quindi si farà un vero disservizio, un danno reale (e non mediocre per Dio) al genere umano, alla società civile».

G. Leopardi, Zibaldone, 1828

Passaggi universitari

Togliere il diletto agli studi è un danno per il genere umano scriveva Leopardi. Ed oggi che l’università vive in funzione del grado di occupabilità dei suoi studenti il disastro è compiuto e il diletto scomparso.


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Guy Van Stratten: Inaccettabile una nuova retorica del “siamo in guerra”

codicerosso

Inaccettabile una nuova retorica del “siamo in guerra”

di Guy Van Stratten

Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile, in Liguria, dove si impiegano le farmacie come punto di attivazione vaccini, come leggiamo in questo articolo, ha usato parole come “guerra” e “emergenza” (non è un caso, tra l’altro, che il suo superiore sia un generale dell’esercito, Figliuolo): “Noi siamo in guerra. Servono norme da guerra”. È veramente inaccettabile che, da parte delle istituzioni, venga nuovamente impiegato il campo semantico della guerra per riferirsi all’emergenza da Covid 19. Già un anno fa, il potere aveva diramato allarmismi mediante la retorica del “siamo in guerra contro il virus”. Come avevo già osservato in diversi interventi usciti fra marzo e aprile 2020 su “Codice Rosso”, il presunto “stato di guerra” serve solo a colpevolizzare ancora di più i cittadini e a far cessare, di colpo, tutte le prerogative di una democrazia perché, in “guerra”, tutti i diritti vengono meno. Inutile anche ricordare nuovamente che le guerre le scatenano gli esseri umani e non certo i virus.


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Riccardo Achilli: Euro-integrazione e destra tedesca: il ruolo della Corte Costituzionale di Karlsruhe

criminitalia

Euro-integrazione e destra tedesca: il ruolo della Corte Costituzionale di Karlsruhe

di Riccardo Achilli

Dunque, quanto si paventava da tempo si è realmente avverato: il processo legislativo di approvazione del Next Generation Fund si è arrestato, proprio nel cuore dell’’impero, ovvero in quella Germania che ha di fatto conformato le regole di funzionamento della Bce e dei Trattati. Si è fermato perché la Corte Costituzionale di Karlsruhe ha ordinato al Presidente della Repubblica Federale di non ratificare la legge di approvazione del Recovery Fund, votata a larga maggioranza in Parlamento, nelle more della discussione di un ricorso presentato da Bernd Lucke, economista accademico ed ex membro di Afd (la destra sovranista tedesca).

Lucke contesta che il meccanismo del Recovery Fund produca di fatto un trasferimento di risorse finanziarie dagli Stati più virtuosi (come la Germania) a quelli più indebitati, come il nostro, e che questo trasferimento sia incostituzionale in base alla Legge Fondamentale tedesca. Da un punto di vista strettamente costituzionale, in effetti, Lucke potrebbe avere alcune ragioni da vendere: il meccanismo costituzionale tedesco prevede un limite inderogabile all’indebitamento (il c.d. “debt brake”, che impedisce al Governo federale di superare un disavanzo strutturale dello 0,35% del Pil) ed un limite a risorse prese a prestito, che non possono superare l’ammontare degli investimenti (ovviamente quelli tedeschi, non quelli di altri Paesi).


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Sara Nocent e Davide Amato: Draghi, un messia “tecnico”?

kriticaeconomica

Draghi, un messia “tecnico”?

di Sara Nocent e Davide Amato 

Oggi tutti sono pazzi per Draghi: il tecnico per eccellenza, l’uomo dal curriculum che tutti vorremmo avere, pronto a mettersi al servizio del Paese per salvarlo dalla catastrofe economica. Questa almeno è l’immagine che ci presentano le maggiori testate nazionali che lo sostengono, ma poniamoci una prima domanda: quando Draghi parla di “salvare il Paese”, intende salvare tutti gli italiani indiscriminatamente? O intende invece “tutti i lavoratori”, o magari “tutte le imprese”? Nessuna delle tre, e a dircelo è lui stesso nel suo discorso al Senato:

Uscire dalla pandemia non sarà come accendere la luce […] sarebbe un errore proteggere tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”.

Parafrasiamo: il carrozzone economico del Sud inefficiente e non competitivo dovrà cambiare, fare sacrifici, piegarsi alle leggi spietate del mercato, oppure fallire. Al contrario, il settore produttivo del settentrione, ben rappresentato dai 18 ministri del Nord di questo esecutivo, sarà sostenuto e incentivato.


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Guido Salerno Aletta: Per gli Stati, la Grande Pacchia è già finita

teleborsa

Per gli Stati, la Grande Pacchia è già finita

di Guido Salerno Aletta

Nuove tasse per iniziare a finanziare il Recovery Fund ed il Piano Biden

Gli interventi di emergenza disposti dalla BCE e dalla FED hanno assicurato finora la stabilità dei mercati finanziari, che avrebbero potuto reagire negativamente alla flessione dell'attività economica derivata dalla crisi sanitaria scatenata dall'epidemia di Covid-19.

La liquidità ulteriore che è stata immessa, insieme ai tassi di interesse tenuti al minimo, ha evitato che il maggior fabbisogno dei bilanci pubblici intervenuti a sostegno dell'economia determinasse una situazione di tensione all'atto delle emissioni di nuovo debito e soprattutto un pericoloso aumento del loro costo.

Nessuno deve illudersi che le banche centrali finanzieranno la ripresa degli investimenti, né il Recovery Fund deciso dalla Unione europea né il Programma "Build Back Better" che è stato predisposto nel corso della campagna per le presidenziali americane dal ticket Biden-Harris: questi piani ammontano, rispettivamente, a 750 miliardi di euro per l'Unione europea ed a 4.000 miliardi di dollari per gli USA.


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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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tonino

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Apr 8, 2021, 11:02:54 AM4/8/21
to sante gorini

coniarerivolta: Alla solidarietà di Cuba il capitalismo risponde con l’embargo

coniarerivolta

Alla solidarietà di Cuba il capitalismo risponde con l’embargo

di coniarerivolta

graziecubamolePochi giorni fa, al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU è stata presentata una mozione per la cessazione delle sanzioni economiche unilaterali applicate nei confronti di alcuni Paesi durante il periodo della pandemia. La mozione avanzata da Cina, Palestina e Azerbaigian a nome dei Paesi non allineati era finalizzata, tra le altre cose, a permettere alle nazioni schiacciate dal peso insostenibile degli embarghi di riprendere fiato e accedere sui mercati internazionali a merci essenziali per affrontare la crisi.

La mozione non vincolante – un mero strumento di pressione – è passata con 30 voti a favore, 2 astenuti e 15 contrari, tra cui, tristemente, tutti quelli appartenenti all’Unione europea, Italia compresa. Tra i paesi più duramente colpiti da queste sanzioni, figura certamente Cuba (oltre a Venezuela, Siria, Iran), colpevole di non essersi mai allineata alle politiche internazionali perseguite dagli Stati Uniti. L’UE e l’Italia appoggiano così fedelmente una logica di subalternità e attiva complicità rispetto alla politica estera statunitense, basata da sempre sul sistematico annichilimento militare o economico delle nazioni che sfidano gli interessi americani, soprattutto se queste sviluppano politiche di stampo socialista che sfidano apertamente il paradigma economico dominante.

Per comprendere l’enorme importanza del problema cerchiamo di capire quali sono le conseguenze economiche delle sanzioni.


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Franco «Bifo» Berardi: L’inimmaginabile

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L’inimmaginabile

Dall’Era Pandemica alla Vax War: evoluzione di una rivolta prevedibile

di Franco «Bifo» Berardi

vaccini e1599214381713…Per conservarsi, il più malato degli animali malati, l’uomo, è costretto a inibire le forze vitali che gli premono dentro, a reprimere gli impulsi che naturalmente lo muovono…

Roberto Esposito, Immunitas. Protezione e negazione della vita

Vax Wars

Quando il virus si diffuse rapidamente sul pianeta, lo scambiammo per un invisibile nemico comune e ci sentimmo per un breve momento affratellati. «Andrà tutto bene», scrivevano i ragazzini sui cartelli. Voleva dire: l’umanità associata non può che vincere la battaglia contro il male. Non è sempre andata così?

In verità non è sempre andata così, anzi. Ma potevamo e volevamo crederlo, perché eravamo impegnati nell’ennesima battaglia contro la natura, che stava tentando di sterminarci. Tutta la storia umana è stata una successione di battaglie contro la natura: da quelle battaglie nacquero la tecnica, la medicina, la civiltà sociale. Poi la natura iniziò il suo contrattacco, non per odio nei nostri confronti ma per cieca necessità. Onde oceaniche anomale, foreste in fiamme, ghiacciai alla deriva, e alla fine il virus.

In un primo momento ci siamo sentiti uniti come un unico corpo minacciato. Poi è intervenuta la tecnica, determinazione non simbolica del linguaggio che si inserisce direttamente nella vita, e ha prodotto la formula chimico-algoritmica di un vaccino, che poi non è proprio un vaccino ma piuttosto una protesi mutagena inserita nel sistema immunitario. In seguito, nel giro di pochi mesi è arrivata la produzione delle fiale, dei sieri, dei contenitori, insomma tutta la filiera industriale che rende disponibile la protezione, l’immunità.


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Università libera, università del futuro

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Università libera, università del futuro

Dieci tesi per un manifesto

[‘Dieci tesi per un Manifesto’ è un testo redatto da un gruppo di docenti di diverse aree scientifiche dell’Università di Padova. Il gruppo è nato dal bisogno di condividere esperienze e riflessioni rispetto alla straordinaria trasformazione che sta coinvolgendo in questo periodo l’Università. La pandemia da SARS-CoV-2 ha infatti prodotto una strepitosa accelerazione di alcuni processi che erano stati elaborati e avviati al di fuori di essa e che, secondo gli estensori del Manifesto, rischiano ora sotto la spinta di una logica emergenziale di diventare prassi ordinaria senza nemmeno la possibilità di essere discussi. I materiali elaborati dal gruppo sono reperibili qui]

LSwX2a6CYKjNP7CVQswmhBxQqb4ybI Q8KnkNPlPKME1. L’università libera è l’università del futuro

Solo la tutela e la garanzia della libera manifestazione del pensiero nelle attività di ricerca e nella didattica, la promozione e la salvaguardia delle differenze culturali e scientifiche nel pluriversum dei saperi è in grado di generare avanzamento virtuoso nelle conoscenze, nelle arti, nelle tecniche, e di creare uno scarto temporale rispetto alle urgenze del contingente in grado di immaginare, pensare, prefigurare, anticipare gli scenari futuri. Ogni forma esplicita o surrettizia di standardizzazione e di uniformazione procedurale, di valutazione algoritmica dei risultati della ricerca e degli apprendimenti, di controllo tecnologico delle attività dei docenti- ricercatori, oltre ad essere negatrice della libertà accademica, mutila qualsiasi intenzione conoscitiva, ne costringe il raggio d’azione entro orizzonti ristretti, consegnando l’operosità accademica alla sola risoluzione di problemi di corto respiro dettati da Agenzie per lo più interessate all’utile immediato.


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Leandro Cossu: Finché ci sono fake news c’è speranza!

lafionda

Finché ci sono fake news c’è speranza!

di Leandro Cossu

È uscito a febbraio 2021 Finché ci sono fake news c’è speranza. Libertà di espressione, democrazia, nuovi media, per Rubbettino editore, il nuovo saggio di Carlo Magnani, docente di Diritto dell’informazione presso l’Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino. Oltre a essere un libro rigoroso e strutturato sui delicati rapporti tra il concetto di verità, i regimi democratici e le loro relazioni reciproche, si tratta anche di un gustoso pamphlet di critica sagace di molti aspetti del dibattito pubblico che, per pigrizia o per malafede, vengono lasciati impliciti senza essere tematizzati. Una vera e propria boccata di ossigeno per tutti coloro che non si riconoscono nel pessimismo e nel paternalismo dal sapore reazionario onnipresenti nella discussione mainstream. È abbastanza evidente che il dibattito pubblico dell’élite intellettuale, sempre più scollato dalla sensibilità delle masse, ama vedere riflessa la propria sedicente superiorità morale in anti-feticci: parole sulle quali vengono costruiti castelli di carta e narrazioni martellanti reiterate a tal punto da far perdere a quelle parole il loro dubbio significato; concetti usati per spiegare acriticamente l’evidente crisi e decadenza dei regimi democratici. Tra queste, appunto, post verità e fake news, concetti sapientemente decostruiti da Magnani.


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Salvatore Bravo: Il Che Guevara africano

sinistra

Il Che Guevara africano

di Salvatore Bravo

Thomas Isidore Noël Sankara (Yako, 21 dicembre 1949 – Ouagadougou, 15 ottobre 1987) è stato Presidente del Burkina Faso dal 1983 al 1987, anno in cui fu assassinato durante un colpo di Stato sostenuto dalla Francia e dagli Stati Uniti. Sankara affermava che le idee non muoiono, si possono ammazzare coloro che le professano, ma le idee sopravvivono. Sankara non è stato un santo, ma è stato comunque un martire, perché in nome del popolo e delle idee ha sacrificato la sua vita, ha lasciato una traccia su cui abbiamo il dovere di pensare e costruire un modello altro rispetto all’attuale. Aveva la chiarezza che la politica deve gestire l’economia, senza tale dialettica non si hanno che oligarchie che dominano e riducono repubbliche e democrazie a pura attività procedurale. Il suo discorso sul debito all'Organizzazione per l'Unità Africana del 29 luglio 1987 ci parla ancora, perché esplicita una verità che vale per i paesi africani, ma anche per i paesi occidentali. Il colonialismo non è terminato, ma ha cambiato forma, anzi è diventato più subdolo, per dominare uno Stato non necessariamente si devono utilizzare i cingolati, ma uno Stato può essere dominato con i prestiti.


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Mauro Armanino: Disobbedienze e divieti nel Sahel e in altre parti del mondo

sinistra

Disobbedienze e divieti nel Sahel e in altre parti del mondo

di Mauro Armanino

Niamey, 21 marzo 2021. La manifestazione dell’opposizione, annunciata da due settimane e prevista per il sabato 20 marzo, è stata vietata da un’ordinanza un paio di giorni prima della data. Troppo tardi per reagire e organizzarsi in altro modo. A giustificazione del divieto il timore di disordini in città, dopo quanto accaduto alla rapida e anticipata pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali. L’uso del net è stato sospeso nel Paese per una decina di giorni, vietando il diritto alla comunicazione. Profittando dell’epidemia, la cui diffusione è stata qui e in genere nel Sahel estremamente ridotta, sono state vietate manifestazioni, assemblee numerose e chiuse a tratti scuole, moschee e chiese. E’stata vietata la circolazione perché si son chiuse le frontiere tra i Paesi dell’Africa Occidentale. Per chi viaggia in aereo non ci sono divieti se si passa il test di controllo Covid alla partenza e all’arrivo. Quanto al passaggio delle frontiere tra questi Paesi, pur ufficialmente vietato, con un poco di incoscienza e di soldi a doganieri e altri addetti ai lavori, si transita.


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Enrico Grazzini: Debito pubblico e sovranità monetaria: perché l’Italia rischia il default

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Debito pubblico e sovranità monetaria: perché l’Italia rischia il default

di Enrico Grazzini

Schermata del 2021 04 06 20 52 05Che il presidente Draghi dichiari che è il momento di non preoccuparsi del debito pubblico è in parte una buona notizia. Ma finché non recupereremo sovranità monetaria prima o dopo i mercati chiederanno il conto

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha affermato nella conferenza stampa del 25 marzo che “questo non è il momento di preoccuparsi per il debito pubblico”. Per alcuni aspetti questa affermazione è più che giusta: l’aumento della spesa pubblica è infatti indispensabile per contrastare l’emergenza sanitaria; e senza fare nuovo debito la povertà, i fallimenti e la disoccupazione dilagherebbero senza limiti e la pesantissima recessione italiana sarebbe ancora più grave. Ma per molti altri aspetti l’affermazione di Draghi è invece pericolosa e sbagliata: ormai il debito pubblico italiano in euro è arrivato al 160% del prodotto interno lordo ed è molto probabile che senza una svolta decisa di 180 gradi diventi ingestibile. In Italia si sta diffondendo (anche presso gli economisti e i politici più progressisti e illuminati) l’idea illusoria e dannosa che il debito pubblico conti poco perché “tanto la BCE e l’Europa ci proteggeranno” e perché grazie al Next Generation EU da 750 miliardi di euro l’economia europea e italiana riprenderà a correre. È un grave errore. Prima o poi i mercati faranno pagare all’Italia il conto del debito.

Solo qualche tempo fa il presidente del parlamento europeo David Sassoli ha proposto la cancellazione dei debiti in pancia alla BCE, una proposta avanzata anche da diversi economisti, tra cui Thomas Piketty, Gaël Giraud, Leonardo Becchetti e Riccardo Realfonzo, che hanno sottoscritto l’appello “Cancelliamo il debito detenuto dalla Bce e torniamo padroni del nostro destino”.


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Fulvio Bellini: Mario Draghi, uno dei Cavalieri dell’Apocalisse

cumpanis

Mario Draghi, uno dei Cavalieri dell’Apocalisse

di Fulvio Bellini

Bellini FOTO Editoriale.jfif Premessa: la storia non è finita nonostante Mario Draghi

Tra le varie forme di morfina che vengono date alla nostra società in stadio terminale, come appunto si fa con i malati di cancro per i quali le diffuse metastasi non danno più speranza di guarigione ma si applicano le cure palliative, vi è anche quella di convincere l’opinione pubblica che la storia sia giunta al suo epilogo, avendo “messo in tasca” la moneta d’oro perfetta: la democrazia parlamentare sul dritto ed il sistema liberista sul dorso del conio. Nel 1992 uno dei tanti maggiordomi del capitalismo trionfante, Francis Fukuyama, pubblicò il famoso saggio “La fine della storia e l’ultimo uomo”. Sosteneva questo erudito lacchè che la caduta del muro di Berlino rappresentava la volontà dell’umanità di tendere inesorabilmente ai sistemi politici ed ai principi della democrazia liberale, meta conclusiva della vicenda storica di ogni popolo della Terra. Chi ha scritto la sceneggiatura della commedia o del dramma, dipende da quale prospettiva la si vede, relativa all’ascesa alla Presidenza del Consiglio di Mario Draghi (e vedremo che non si tratta di sceneggiatori di Bruxelles ma di Washington) a mio avviso si sono ispirati almeno al titolo dello smentitissimo saggio di Fukuyama, creando un personaggio che rappresentasse contemporaneamente la fine per una certa vicenda politica italiana e l’ultimo uomo possibile al governo del Bel Paese. Per gli ideologhi stile Fukuyama, il concetto di fine della storia sottende anche l’esenzione dalla necessità di studiarla, essendo ormai inutile ragionare del nostro passato e dei suoi protagonisti.


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Loretta Bolgan: Sono così necessari i vaccini?

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Sono così necessari i vaccini?

Intervista esclusiva alla Dottoressa Loretta Bolgan

Laureata in chimica e tecnologia farmaceutiche, con un dottorato di ricerca in scienze farmaceutiche e una collaborazione come consulente scientifico con Rinascimento Italia sulle problematiche del Covid-19, ci ha colpito per la sua onestà intellettuale e la sua competenza tecnica

vaccino
              anti covid 1020x680Parliamo di vaccini. Lei ha già detto che ne esistono moltissimi e di tutti i tipi. Quelli che interessano il nostro Paese sono, mi corregga se sbaglio, AstraZeneca, Pfizer e Moderna.

Che differenze ci sono tra questi vaccini? Potrebbero essere pericolosi? Come mai vengono spacciati per essere sicuri quando basterebbe andare sul sito di AstraZeneca e di Pfizer per capire che la “fase 3” della sperimentazione siamo noi?

Considerando che ci sono delle domande multiple, cominciamo dalla tipologia di vaccini che abbiamo in corso di sperimentazione e da quelli che sono già approvati.

Noi, adesso, abbiamo in commercio questi tre: due vaccini a mRNA (che sono quelli della Pfizer e della Moderna) e poi quello dell’AstraZeneca.

Teniamo conto che sono in corso di autorizzazione anche il Johnson&Johnson e lo Sputnik V, che sono due vaccini a vettore adenovirale.

Inoltre, a tutt’oggi abbiamo circa duecentosessanta vaccini in corso di sperimentazione clinica e ottanta sono in corso di registrazione.

La maggioranza di questi vaccini sono a proteine con adiuvanti. Più o meno quelli che utilizziamo anche per i bambini.

Una piccola parte sono vaccini di nuova generazione, che contengono come antigene vaccinale il gene della proteina che, in questo caso, è la spike — ovvero la proteina di superficie del virus che gli permette di legarsi al recettore ACE2 presente sulla membrana delle cellule per entrare e infettarle.


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Ernesto Burgio: Il vaccino ci aiuterà, ma non ci libererà dalle pandemie

lantidiplomatico

Il vaccino ci aiuterà, ma non ci libererà dalle pandemie

di Ernesto Burgio*

Non sembrano essere in molti, in questi giorni, a rendersi conto che l’Italia è tornata, come nel marzo scorso, il paese in cui la pandemia miete più vittime. Eppure i dati epidemiologici sono eloquenti: per numero dei contagi abbiamo raggiunto l’ottavo posto, ma l’indice di letalità è secondo solo a Messico e Iran e in linea con Gran Bretagna e Perù. Persino Stati Uniti e Brasile sembrano star meglio di noi.

Se poi guardiamo al numero dei decessi giornalieri, siamo tornati in cima alla lista e il presidente dei medici del Fnomceo ha denunciato la morte di altri 27 medici in 10 giorni, e parlato di «strage degli innocenti».

Eppure, nel nostro paese si fa a gara nell’interpretare ottimisticamente i primi rallentamenti della curva dei contagi; ci si schiera in modo sempre più critico nei confronti delle strategie di contenimento decise dal governo; si cerca di convincere tutti che la svolta è dietro l’angolo, grazie a vaccini dichiarati in tempi record efficaci e sicuri, mediante comunicati stampa, dalle stesse multinazionali che li producono; si attacca chi si permette di avanzare dubbi non sull’importanza dei vaccini, ma sulle modalità della comunicazione e sull’eccessiva fretta con cui si è proceduto, per la prima volta nella storia, nel percorso di sperimentazione.


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Piccole Note: La spia russa, il navigatore e lo Sputnik (per tacer del Donbass)

piccolenote

La spia russa, il navigatore e lo Sputnik (per tacer del Donbass)

di Piccole Note

Tanto rumore per nulla. L’arresto di un ufficiale di fregata della Marina militare italiana, accusato di aver venduto segreti ai russi, sembra un remake nostrano dalla commedia shakespeariana.

A dirlo anche il colonnello Mario Mori, già capo dei Ros, del Sisde e di qualcos’altro. Secondo lui, che sa della materia, la vicenda è stata gonfiata per dargli un’enfasi che non ha.

Non c’è molto da spiare in Italia, i nostri, di segreti, son “relativi”, spiega Mori. In effetti, ai russi potrebbe far gola il segreto della Nutella, ma poco altro, che mica siam “pesi massimi”, come dice Mori, come russi, americani e cinesi.

Peraltro anche la paga per il servizio la dice lunga: sarebbero 5mila gli euro corrisposti al capitano fregato, che per quel prezzo gli deve aver venduto qualche segreta ricetta del cuoco di bordo.

Peraltro lo spionaggio è attività comune, aggiunge Mori. Lo fanno russi, americani, cinesi… insomma, così fan tutti. Tutti spiano tutto, ed è nota non solo l’attività, ma anche gli addetti ai lavori.


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Daniela Trollio: Il grande silenzio: il Covid in Palestina e in Israele

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Il grande silenzio: il Covid in Palestina e in Israele

di Daniela Trollio (*)

Israele sembra essere il paese dei primati: più di 50 anni di occupazione coloniale della Palestina senza che nessuno abbia mai pensato di difendere i diritti umani dei palestinesi; ha un arsenale che va dalle 80 alle 200 bombe atomiche (oltre a quelle chimiche e biologiche) senza aver mai ricevuto una visita dell’AIEA; ha creato il più grande campo di concentramento mondiale a cielo aperto a Gaza.

Ora può vantare un altro record: con più di 2,7 milioni di persone (israeliane) vaccinate con la prima dose del vaccino Pfizer (su una popolazione di circa 9 milioni) e 500.000 che hanno ricevuto la seconda dose, è diventato il campione delle vaccinazioni contro il Covid-19 grazie ad un contratto esclusivo con la multinazionale Pfizer.

Peccato che la grancassa mediatica dimentichi alcune cose: Israele è una società militarizzata e informatizzata, il controllo dei cittadini e dei non-cittadini è minuzioso e sistematico, la violazione dei diritti civili in nome della sicurezza è “normale”.

Andiamo avanti.


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Antonio Mazzeo: No privacy. Verso la militarizzazione dei dati sensibili dei vaccinati d’Italia

antoniomazzeo

No privacy. Verso la militarizzazione dei dati sensibili dei vaccinati d’Italia

di Antonio Mazzeo

Militarizzare la banca dati con milioni di dati personali e sanitari sensibili e centralizzarne il controllo nelle mani di un’unica figura, preferibilmente un generale d’armata con tanto di penna sul cappello. No, no non è l’ossessione di complottisti e No Wax per il Grande Fratello di orwelliana memoria, ma il disegno strategico del governo Draghi e del sistema societario chiamato a gestire l’emergenza pandemia e la complessa campagna di vaccinazione della popolazione italiana.

Lunedì 8 marzo 2021: a Palazzo Chigi s’incontrano per analizzare alcuni aspetti del piano di vaccinazione in via d’implementazione nel Paese il Presidente del Consiglio Mario Draghi, i ministri della Salute e per gli Affari regionali, Roberto Speranza e Maria Stella Gelmini, il neo-commissario straordinario per l’emergenza gen. Francesco Paolo Figliuolo, il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio e l’amministratore delegato di Poste Italiane SpA, Matteo Del Fante. Sui temi all’ordine del giorno e sugli esiti di quel confronto è l’ufficio stampa di Poste Italiane a fornire una puntuale ma inquietantissima descrizione.


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tonino

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tonino

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Apr 10, 2021, 2:09:23 PM4/10/21
to sante gorini

G. P.: Una vera donna

conflitti e strategie 2

Una vera donna

di G. P.

rosa
              luxemburg grav ll mese scorso è stato l’anniversario della nascita della comunista polacca Rosa Luxemburg. Il contributo teorico di costei alla comprensione degli eventi della sua epoca storica è stato piuttosto fuorviante ma la sua passione rivoluzionaria non può essere messa in discussione, considerato che pagò con la vita il tentativo di una sollevazione socialista in Germania.

La sua polemica con Lenin sull’importanza del partito e dell’avanguardia organizzata nei processi rivoluzionari, che la Luxemburg negava perché confidava nella spontaneità della classe operaia, portò il russo ad affermare che: “le aquile possono saltuariamente volare più in basso delle galline, ma le galline non potranno mai salire alle altitudini delle aquile. Rosa Luxemburg sbagliò sulla questione dell’indipendenza della Polonia; sbagliò nel 1903 nella sua valutazione del menscevismo; sbagliò nella sua teoria dell’accumulazione del capitale; sbagliò nel luglio 1914, quando, con Plekhanov, Vendervelde, Kautsky ed altri, sostenne la causa dell’unità tra bolscevichi e menscevichi; sbagliò; in ciò che scrisse dal carcere nel 1918 (corresse poi la maggior parte di questi errori tra la fine del 1918 e l’inizio del 1919, dopo esser stata rilasciata). Ma a dispetto dei suoi errori lei era – e per noi resta – un’aquila”.

La Luxemburg aveva, inoltre, fornito una interpretazione del capitalismo assolutamente errata, purtroppo recuperata anni dopo dalle correnti terzomondiste e “sottosviluppiste” che fecero perdere altro tempo sull’intendimento  delle questioni sostanziali della dinamica capitalistica.


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Marco Maurizi: Per la critica dell’ecologia apolitica

antropocene

Per la critica dell’ecologia apolitica

Antropocene e capitale

di Marco Maurizi

antropocene6564“If it’s true that plastic is not degradable, well, the planet will simply incorporate plastic into a new paradigm: the earth plus plastic. The earth doesn’t share our prejudice toward plastic. Plastic came out of the earth. The earth probably sees plastic as just another one of its children. Could be the only reason the earth allowed us to be spawned from it in the first place. It wanted plastic for itself. Didn’t know how to make it. Needed us. Could be the answer to our age-old egocentric philosophical question, “Why are we here?” Plastic… asshole.”

​(George Carlin)

Il disagio dell'Antropocene

La definizione di “antropocene” [1] come epoca geologica in cui la traccia dell’umano sembra assumere una centralità finora mai avuta rispetto ai processi naturali si presta a numerosi equivoci. L’idea dell’affermarsi progressivo, inarrestabile e forse irreversibile del predominio dell’uomo rispetto alla natura, infatti, necessita di essere verificato e chiarito dal punto di vista di entrambi i termini che la compongono: in che senso “predominio”? In che senso “dell’uomo”? Cominciamo con il primo punto.

Il termine “antropocene”, infatti, può essere declinato in due sensi diversi e riceve una coloritura differente a seconda di come viene accentato. Si può pensare, da un lato, che la nostra specie abbia raggiunto un tale livello di espansione da imprimere il proprio segno caratteristico sul pianeta, alterando l’ambiente in modo tale da lasciare tracce geologiche più o meno indelebili del proprio passaggio.


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Geminello Preterossi: Uscire dal lockdown delle menti

lafionda

Uscire dal lockdown delle menti

di Geminello Preterossi

riscossa contadina Sasso 2 790x500 1“Non crediate che io sia venuto a portare la
pace sulla terra; non sono venuto
a portare la pace, ma la spada”
(Vangelo di Matteo, 10, 34)

Il paradosso del presente, in cui l’orizzonte delle attese collettive si è abbassato e le matrici della memoria comune inaridite, pone interrogativi affrontabili solo attraverso una rinnovata dialettica tra cose ultime e penultime: è possibile una nuova fede politica e spirituale che nasca da una spietata critica del presente e dei sui luoghi comuni perbenisti, senza poter contare su una dimensione utopica, metapolitica? E come evitare che questa “uscita dal presente” imbocchi la strada senza uscita dell’irrealismo, o peggio delle distorsioni antistatali e antipolitiche che le retoriche su presunti “compimenti” post-politici nell’immanenza, garantiti da un’improbabile autonoma produttività del sociale, implicano? È possibile alimentare una vera energia dal basso, che funga da antidoto al disfattismo e susciti nuove speranze, senza poter contare su una qualche forme di religione secolare? O, detto altrimenti: è possibile avere una grande visione del mondo mobilitante, che è necessaria a spostare rapporti di forza e a imporre compromessi avanzati, sapendo da una parte che non ci sono mete finali garantite, compimenti definitivi, e dall’altra che il “capitalismo come religione” rappresenta un tempo apocalittico?

Da un lato c’è bisogno di un orizzonte che non sia angusto, dall’altro questo andare “al di là” non può presumere di realizzare il Giardino terrestre, superando definitivamente conflitti, ambivalenze, effetti di potere.


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CityStrike: L’evanescenza del Recovery Fund

citystrike

L’evanescenza del Recovery Fund

di Collettivo Comunista Genova City Strike

Il Recovery Fund? Per adesso è come Godot, lo aspettiamo”.[1]

Con queste parole, nel luglio dello scorso anno, l’economista Emiliano Brancaccio commentava il fantomatico intervento comunitario all’interno della querelle tutta italiana in cui, la classe politica nazionale, voleva presentarsi come artificiosamente divisa tra europeisti a “tutto tondo” – che dall’UE avrebbero preso ogni cosa, MES e Recovery Fund appunto – e gli europeisti “critici” – che mentre denunciavano le condizionalità esplicite del MES, tacevano quelle nascoste nei tecnicismi burocratici del Recovery Fund.

Sono trascorsi appena 9 mesi da da quei giorni, che appaiono però un’era geologica.

Il logorio prodotto dalla non gestione della pandemia, in cui hanno prevalso gli interessi esclusivi dei padroni del vapore [2] al costo di 111.030 morti tra la popolazione [3] e una vita da carcerati in libertà condizionale per tutti gli altri, ha segnato pesantemente il passo alla popolazione.

Più o meno consciamente, infatti, si sta facendo strada nel corpo sociale la consapevolezza per cui, oggi come un anno fa, non si vede ancora la fine a questa situazione e quando fine ci sarà, certamente non sorriderà alle classi popolari.


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Pierluigi Fagan: Montesquieu a Pechino

pierluigifaganfacebook

Montesquieu a Pechino

di Pierluigi Fagan

La notizia è la firma del Comprehensive Strategic Partnership con scadenza a 25 anni tra Iran e Cina, infrastrutture vs energia, un classico. A breve termine, l’Iran che sta sulla faglia Occidente – Oriente come Russia, Turchia, Siria, impedito di volgersi ad Ovest, si volta ad Est, la Cina ottiene alimentazione per il suo sviluppo. Ma le cose più interessanti si intravedono a medio-lungo termine.

Pechino ottiene una importante casella nella sua strategia di infrastruttura commerciale nota come Belt and Road Initiative. Come da cartina, l’Iran è cerniera fondamentale del progetto (infatti l'accordo giunge dopo cinque anni di trattative, qui non s'improvvisa nulla), vediamo perché:

1) La partnership con l’Iran permette alla via che dalla Cina passa nelle repubbliche centroasiatiche (tramite la Cina occidentale ovvero lo Xinjiang, da cui i problemi con gli Uiguri) di darsi una alternativa. Andare a nord verso la Russia o andare a Sud, appunto in Iran.


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Andrea Zhok: Un paio di osservazioni sul "Sofagate"

andreazhok

Un paio di osservazioni sul "Sofagate"

di Andrea Zhok

Riassumendo:

In data 6 aprile 2021 ad Ankara, nel contesto di un incontro diplomatico al massimo livello tra UE e Turchia, Ursula von der Leyen, presidentessa della Commissione Europea, viene fatta sedere su di un sofà, in una locazione distante dal presidente del Consiglio Ue Charles Michel e dal presidente turco Erdogan. Simmetricamente, sul sofà di fronte alla von der Leyen si trova il ministro degli esteri turco.

La von der Leyen manifesta stupore per questa collocazione.

Come interpretare questo evento?

1) Partiamo dalla chiave di lettura pressoché universalmente utilizzata come chiave principale sui media italiani (e non solo), ovvero che sia espressione del sessismo/maschilismo di Erdogan.

Ora, è noto che in Turchia, paese che ha visto un avvicendamento delle vecchie maggioranze laiche, legate ai militari, con governi di matrice islamista, è in corso da tempo una battaglia, politica e culturale, tra una componente della società fortemente occidentalizzata, prevalentemente urbana, ed un entroterra islamico e tradizionalista.


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Roberto Fineschi: Marx oggi. Una rinascita?

marxdialectical

Marx oggi. Una rinascita?

di Roberto Fineschi

Introduzione a Karl Marx 2013. A cura di Roberto Fineschi, Tommaso Redolfi Riva e Giovanni Sgro’, numero monografico de «Il Ponte», LXIX, 5-6, mag.-giu. 2013

marx engels 51. Da più parti, non solo nel nostro paese, si parla apertamente di una Marx-Renaissance. In realtà l'interesse per il nostro autore non è mai venuto meno completamente; anche nei momenti più difficili degli ultimi decenni sono apparsi libri e saggi, alcuni dei quali di notevole valore. Ciò che però probabilmente si intende non è tanto stabilire se, da un punto di vista teorico, Marx sia stato oggetto di studio, quanto se egli sia ancor oggi un autore “efficace”, ovvero utilizzabile per comprendere la realtà e, soprattutto, trasformarla. Alla dimensione teorica se ne affianca quindi una più genericamente culturale (Marx fra i padri spirituali del pensiero progressista) e, infine, una più strettamente politica (Marx strumento pratico di lotta). Di questi tre livelli, l'unico ad aver sostanzialmente retto al colpo mortale inflitto dalla fine del cosiddetto “socialismo reale” mi pare sia il primo. Renaissance è allora forse da intendersi come auspicio che, da questo livello base, si torni a dare un contenuto più sostanzioso anche agli altri due; in questa prospettiva pare effettivamente essere rinato un interesse più diffuso, né strettamente teoretico né immediatamente politico, nei confronti della sua opera; dal primo livello, Marx sta riguadagnano terreno nel secondo. Il terzo pare al momento decisamente fuori portata, almeno in numerose realtà occidentali.

Non c'è bisogno di spendere molte parole per ricordare il peso della svolta – proprio “die Wende” la chiamano convenzionalmente in Germania – rappresentata dalla caduta del muro di Berlino, e non solo dal punto di vista degli equilibri geopolitici mondiali dei quali non si intende ovviamente parlare in questa sede.


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Bruno Astarian: Il valore come forma sociale dei mezzi di produzione

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Il valore come forma sociale dei mezzi di produzione

di Bruno Astarian

[Capitolo IV de L'Abolition de la valeur, Entremonde, Ginevra 2017]

4 key 85webDopo avere esaminato il pensiero di Marx in merito al valore e alla sua abolizione, e dopo avere visto quali problemi esso pone, possiamo ora presentare il nostro modo di affrontare la questione. Anch’esso è storicamente determinato. Poiché cerchiamo di comprendere il modo di produzione capitalistico dal punto di vista del suo superamento, il nostro sguardo sulla società capitalistica è determinato dalle forme attuali della lotta delle classi, allo stesso modo che per Marx in relazione alla sua epoca. Marx metteva in primo piano le lotte del proletariato per creare cooperative1. Da parte nostra, consideriamo che le lotte più significative della nostra epoca siano le rivolte anti-lavoro degli operai presi nel contesto della crisi del fordismo. Queste lotte sono apparse negli anni 1960-‘70 nei paesi industrializzati dell’Occidente2. Le ritroviamo oggi in Oriente, dove una parte significativa del lavoro industriale fordizzato è stata trasferita. In queste rivolte, il proletariato affronta il capitale rigettando la propria identità di classe del lavoro. Esso rivendica poco o nulla, non rispetta gli strumenti di lavoro e non avanza delle proposte di presa in carico dell’economia. Quando, anziché rivendicare dei miglioramenti, distrugge in modo apparentemente cieco i mezzi stessi della sua sopravvivenza all’interno del capitale (fabbriche, infrastrutture dei quartieri in cui vive, scuole, mezzi di trasporto etc.), esso esprime il rifiuto di ciò che lo assegna alla condizione proletaria. Ciò non esclude delle lotte più tradizionali (lotte rivendicative o tentativi di autogestione, ad esempio). Ma nel movimento perpetuo e cangiante della lotta di classe, occorre portare un’attenzione particolare alle lotte anti-lavoro in quanto sono la manifestazione delle contraddizioni più avanzate del modo di produzione capitalistico3.


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Gaetano Fontana: Il Mare (ex) nostrum al centro di dispute pericolose

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              onoratodamen

Il Mare (ex) nostrum al centro di dispute pericolose

di Gaetano Fontana

Negli ultimi mesi l’area del Mediterraneo è al centro di pericolose tensioni regionali ed internazionali. La Libia continua ad essere divisa al suo interno per essere spartita da forze esterne, in Siria le elites politiche e militari appaiono sempre più indebolite, ed entrambe sono chiaramente lontane dal trovare soluzioni pacifiche

canale sicilia sar messina 518Per rendere chiaro lo scenario che si sta delineando in questa area, che è bene ribadire è in piena evoluzione, conviene valutare le dinamiche dei singoli attori e i contrapposti interessi in gioco.

Il 15 settembre 2020 viene formalizzato il trattato di pace “Peace to Prosperity”, fortemente voluto da Donald Trump a suggello del suo mandato presidenziale. La “Pax Americana”, come la definiva the Donald, che prevedeva la normalizzazione dei rapporti tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein, di fatto si potrebbe sostanziare nell’annessione da parte israeliana di 132 insediamenti in Cisgiordania. “ L’accordo del secolo” è in perfetta continuità con la politica estera americana avviata da Trump nel febbraio 2017 con l’incontro ufficiale alla Casa Bianca con il primo ministro israeliano Netanyahu e proseguita con lo spostamento dell’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme nel dicembre 2017 e con il riconoscimento delle alture del Golan come territorio di Israele nel marzo del 2019.

Il piano dell’ex presidente americanoTrump sottende però un progetto strategico di più ampio respiro. Grazie al rafforzamento dei rapporti con gli alleati storici degli Stati Uniti, cioè Israele e Arabia Saudita, l’amministrazione americana intende perseguire l’obiettivo di spaccare il fronte arabo e creare un contesto regionale che faccia da scudo militare contro i nemici statunitensi e dei suoi alleati israeliani, in una sorta di richiamo alla Middle East Strategic Alliance” nota come “Nato Araba” nella quale includere le ricche monarchie del golfo.


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Francesco Mercadante: Che cosa hanno in comune Pfizer, BlackRock, Facebook e le banche?

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Che cosa hanno in comune Pfizer, BlackRock, Facebook e le banche?

di Francesco Mercadante

Si ringrazia Michaela Odderoli, web analyst, per il contributo di ricerca

Pfizer, entità inafferrabile da 214 miliardi di dollari, è la terza azienda farmaceutica al mondo. Per descriverla, nella recente letteratura giornalistica, si sono sprecati appellativi e similitudini d’ogni genere e specie: “(…) come un Titano” qualcuno scrive, rievocando le ancestrali forze cosmogoniche; altri la associa con Moloch, la temibile divinità cananea dell’Antico Testamento; non manca poi chi ricorre alla spaventosa figura del Leviatano, anch’essa veterotestamentaria; si è giunti pure a Humbaba, il terrificante guardiano della foresta nell’epopea di Gilgameš. Insomma, s’è lasciata la fantasia a briglie sciolte e, come spesso accade, s’è ecceduto allontanandosi molto dai fatti. Noi, però, già che ci siamo, vogliamo contribuire ad arricchire la lista e aggiungiamo l’immagine di Briareo: non già per partecipare al gioco di differimento, bensì per offrire un medium di pertinenza: Briareo, figlio di Urano e Gea, ha cinquanta teste e cento mani; non a caso, è altrimenti noto come centimani. Ci proponiamo, infatti, di guidare il lettore all’interno della selva oscura di quegli intrecci finanziari che caratterizzano il mondo del farmaco e, oggi, in particolare dei vaccini anti-covid.


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ilsimplicissimus: L’ideologia del divieto di cura

ilsimplicissimus

L’ideologia del divieto di cura

di ilsimplicissimus

Nel post di ieri dedicato al rapporto rischi – benefici dei vaccini e al modo con cui si bara su di esso, ho mostrato che il sostanziale “divieto di cura” è stato una delle basi su cui si appoggia ancora oggi la narrativa pandemica. Questo orientamento delle multinazionali del farmaco si è in realtà manifestato da anni e per motivi del tutto ovvi per colossi che lavorano nell’ottica del profitto: curare troppo bene non conviene. Nella primavera del 2018 Goldman Sachs in un report per gli investitori del settore biotecnologico titolato Genome revolution si chiedeva: “E’ un modello di business sostenibile curare i pazienti?” E viene riportato l’esempio del trattamento per l’epatite C della Gilead Sciences che ha raggiunto tassi di guarigione superiori al 90%. In USA le vendite di questo trattamento hanno raggiunto un picco di 12,5 miliardi di dollari nel 2015. Ma poi il profitto ha iniziato a crollare:


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Geraldina Colotti: L’ossessione degli USA contro il Venezuela. L’odissea di un cittadino italiano

lantidiplomatico

L’ossessione degli USA contro il Venezuela. L’odissea di un cittadino italiano

di Geraldina Colotti

Questa notizia bisognerebbe incorniciarla perché illustra bene la vera e propria caccia alle streghe portata avanti dagli Stati Uniti per perseguire chiunque tenti di bypassare il blocco economico-finanziario imposto dagli Stati Uniti al Venezuela. Ieri le agenzie stampa avevano dato la notizia, e oggi compare su un noto quotidiano l’intervista all’interessato.

È accaduto questo: un ristoratore italiano, per nulla coinvolto in politica, si è visto bloccare tutti i conti per mesi per ordine di Washington. Un caso di omonimia. Era stato scambiato per un imprenditore di una società svizzera che avrebbe svolto transazioni commerciali con una filiale di Pdvsa, l’impresa petrolifera di Stato venezuelana.

Il malcapitato ha descritto la sua odissea nell’aver dovuto far fronte a una situazione inedita, a cui nessuno, in Italia, sapeva dare spiegazioni. Dice di essersela cavata da solo, di aver contattato il Dipartimento del Tesoro nordamericano, e di aver infine risolto dopo qualche mese. Per inquadrare al meglio la notizia, consigliamo di attingere alla conferenza internazionale, tenuta di recente dal viceministro per le Politiche contro il bloqueo del Venezuela, William Castillo. S’intitola “5 miti sulle sanzioni”, diffusi per negare l’impatto e la portata reale delle misure coercitive unilaterali imposte al Venezuela.


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tonino

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Apr 12, 2021, 12:30:44 PM4/12/21
to sante gorini

Domenico Moro: Draghi e il grande reset del capitalismo

lordinenuovo

Draghi e il grande reset del capitalismo

di Domenico Moro

mariodraghi 7 lapresse1280In una recente intervista Draghi si è definito un “socialista liberale”. A parte il fatto che non si capisce bene cosa sia un “socialista liberale”, che appare essere un ossimoro, Draghi non può essere definito socialista in alcun senso. Draghi è, comunque, una personalità importante nella storia degli ultimi trenta anni, durante i quali si è quasi sempre trovato in posizioni centrali nei momenti di svolta. Se volessimo definirlo potremmo dire che è “un agente strategico del capitale”, perché ha sempre operato in base alle esigenze generali dell’accumulazione capitalistica. In particolare, Draghi è interno alle logiche del capitale multinazionale atlantico e europeo. Del resto, è stato per molti anni ospite fisso delle riunioni del Gruppo Bilderberg, un think tank che riunisce annualmente alcuni tra i capitalisti e i politici più influenti delle due sponde dell’Atlantico, i Paesi dell’Europa occidentale e gli Stati Uniti. Come ha recentemente ricordato nella sua autobiografia Franco Bernabè, per anni membro del comitato direttivo del Bilderberg e già amministratore delegato di Eni e Telecom Italia, Draghi svolse negli anni ’90 un ruolo decisivo, come direttore generale del Tesoro, nella privatizzazione di una parte notevole delle imprese di Stato. Dopo la sua permanenza al Tesoro, Draghi ha ricoperto ruoli centrali nel mondo della finanza internazionale. È stato prima dirigente della sede europea e poi membro dell’esecutivo della statunitense Goldman Sachs, una delle maggiori banche d’affari del mondo, nei primi anni 2000. Successivamente ha ricoperto il ruolo di governatore della Banca d’Italia in un momento delicato, dopo le dimissioni di Fazio, favorendo i processi di concentrazione bancaria a livello nazionale.


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Cristina Quintavalla: Gli operai si organizzano in partito

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Gli operai si organizzano in partito

A cento anni dalla nascita del PCd’I

di Cristina Quintavalla

pdci nascita“Gli operai della Fiat sono ritornati al lavoro. Tradimento? Rinnegamento delle idealità rivoluzionarie? Gli operai della Fiat sono uomini in carne ed ossa. Hanno resistito per un mese. Sapevano di lottare e di resistere non solo per sé, non solo per la restante massa operaia torinese, ma per tutta la classe operaia italiana. Hanno resistito per un mese. Erano estenuati fisicamente perchè da molte settimane e da molti mesi i loro salari erano stati ridotti e non erano più sufficienti al sostentamento famigliare, eppure hanno resistito per un mese[…] sapevano che ormai alla classe operaia erano stati tagliati i tendini, sapevano di essere condannati alla sconfitta, eppure hanno resistito per un mese. Non c’è vergogna nella sconfitta degli operai della Fiat.”[1]

Questo articolo de L’Ordine nuovo fa riferimento alla cocente sconfitta subita dai lavoratori della Fiat dopo l’estrema lotta ingaggiata all’annuncio da parte della dirigenza dell’azienda e di altre fabbriche di Torino di voler licenziare migliaia di operai.

In particolare il 16 marzo 1921 la Fiat, in crisi, come altre aziende costrette a riconvertire la produzione da bellica in civile, comunicò la volontà di licenziare 1500 operai e di ridurre l’orario di lavoro agli altri.

Alle proteste operaie Agnelli contrappose la serrata e fece presidiare le officine dall’esercito.

Il 6 maggio, dopo una lunga resistenza, gli operai, quelli non licenziati, furono richiamati al lavoro uno ad uno, su chiamata individuale. [2] Col capo chino, a testa bassa, sconfitti, umiliati rientrarono nei loro stabilimenti dove pochi mesi prima avevano innalzato le bandiere rosse sulle ciminiere.


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Michele Di Mascio: Antivirali: fondamentali nella prossima fase della pandemia

scienzainrete

Antivirali: fondamentali nella prossima fase della pandemia

di Michele Di Mascio

46576857245 e4f58a2443 kI farmaci antivirali potrebbero essere uno strumento fondamentale per affrontare la prossima fase della pandemia, quella che sarà caratterizzata dall’emersione di nuove varianti virali. Gli antivirali ad ampio spettro, come il molnupiravir, sono stati identificati quando i virologi dei coronavirus hanno compreso che il gene della polimerasi, la macchina fotocopiatrice del virus, risulta molto conservato nel processo di speciazione dei virus a RNA. La pressione immunitaria agisce, infatti, soprattutto sul gene della proteina spike virale, il target dei vaccini, mentre nessuna pressione dovrebbe agire sul gene della polimerasi virale. In più gli antivirali perdono di efficacia quando somministrati troppo tardi dopo l’infezione e dunque potrebbero essere particolarmente utili per le persone “consapevoli” di essere state esposte al virus. Questo è quello che avviene per i contagi domestici, che sono un driver importante dell’epidemia di COVID-19.

In molti paesi, il decorso dell’epidemia da SARS-CoV-2 conferma nella sostanza le previsioni formulate dal gruppo di epidemiologi della University of Hong Kong coordinato da Joseph Wu, in un articolo pubblicato su Lancet già alla fine del mese di gennaio 2020: senza distanziamento sociale e mascherine, si sarebbe infettato più del 50% della popolazione in pochi mesi. Durante l'anno trascorso, diverse varianti virali, più veloci a diffondersi e, purtroppo, più letali, hanno in parte sostituito il ceppo originario di Wuhan. In più, stanno mettendo alla prova i vaccini sviluppati finora.


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Francesco Piccioni: Ora è l’establishment a rifiutare il neoliberismo…

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Ora è l’establishment a rifiutare il neoliberismo…

di Francesco Piccioni

Prendere atto che un paradigma è finito non è mai semplice. In scienza è stato faticosissimo (solo dopo Galileo e Copernico è stato messo a punto un pensiero in grado di sottrarre la ricerca scientifica al dominio delle “sacre scritture”). In economia ci si scontra con molto più materiali interessi che sono prosperati sul vecchio paradigma e hanno qualcosa (non tutto, niente paura!) da perdere.

Proprio perché si tratta in fondi solo di cambiare il quadro di riferimento in cui fare business, i cambi di paradigma economico sono leggermente più semplici. Ma richiedono comunque che la vecchia fase sia così evidentemente conclusa che nessuno – tra le forze economiche che contano – possa essere contrario.

Quello che è iniziato negli Usa è esattamente un cambio di paradigma economico. Ossia un tentativo di rettificare, in piena corsa, i criteri fondamentali di funzionamento del sistema capitalistico occidentale.


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comidad: L'austerità continua sotto mentite spoglie (e con l'omertà della Lega)

comidad

L'austerità continua sotto mentite spoglie (e con l'omertà della Lega)

di comidad

Secondo un luogo comune consolidato, destra e sinistra sarebbero ormai uguali. Se si guarda la questione dal punto di vista dei risultati di governo, la tesi è più che attendibile; ma si tratta in effetti solo di una parte della verità.

A causa dei suoi complessi di superiorità morale e intellettuale la sinistra è facilmente manipolabile dai media; inoltre il suo sforzo di dimostrarsi “credibile” e “responsabile”, la rende più insicura e vulnerabile ai ricatti morali e, in definitiva, più docile alle direttive del mainstream. Anche da parte di molti commentatori di sinistra si avanza, con argomenti spesso solidi, l’idea che oggi il PD sia il partito più organico all’establishment ed agli interessi delle oligarchie sovranazionali, quindi lo stesso PD andrebbe considerato il maggiore nemico nello schieramento politico.

La lucidità dell’establishment però non va sopravvalutata, di conseguenza non vanno sottovalutati i suoi sedimentati pregiudizi nei confronti della sinistra “di governo”, che, per quanto addomesticata, continua ad essere percepita come una minaccia potenziale.


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Giorgio Cattaneo: Appello a Draghi: ascolti Ippocrate, che i malati Covid li guarisce a casa

ippocrate

Appello a Draghi: ascolti Ippocrate, che i malati Covid li guarisce a casa

di Giorgio Cattaneo

Ammesso che il Premio Nobel abbia ancora un senso, forse sarebbe il caso di conferirlo a chi ha imparato a guarire i malati di Covid senza neppure ricoverarli in ospedale. In Italia operano 60 medici, volontari: sicuramente si irriterebbero, se qualcuno li chiamasse eroi. Fanno una cosa semplicissima, il loro dovere. In questo mondo affollato di impostori e soprattutto di codardi, loro sfoderano il coraggio elementare di chi non scherzava, quando - all'inizio della carriera - prestò il famoso giuramento nel nome di un medico greco, nato nel V secolo avanti Cristo. E' da lui - Ippocrate - che la loro associazione prende in prestito il nome, evocandone la missione: stare dalla parte del malato, sempre, ad ogni costo. E in questo caso, che cosa ottengono? Incredibile: la guarigione. Letteralmente: la guarigione del 100% dei malati, curati a casa, con le medicine appropriate. Non è uno scherzo: guariscono proprio tutti. Il mitico Covid, nelle loro mani, diventa un'affezione perfettamente affrontabile. Sono maghi, stregoni, taumaturghi? No: sono medici. Non dispongono certo di superpoteri. Ma sanno una cosa, l'unica che conti: occorre agire subito, scegliendo con sicurezza le medicine da somministrare.


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Sergio Bologna: L’incidente di Suez e la fabbrica del mondo

doppiozero

L’incidente di Suez e la fabbrica del mondo

Paolo Perulli intervista Sergio Bologna

mare tarantoLa conclusione della crisi di Suez con la ripresa dei flussi marittimi non significa necessariamente il ritorno al business as usual, come si affrettano a cantare gli osservatori economici mondiali. Come nelle crisi finanziarie e in quelle ecologiche e pandemiche, si è trattato di un preciso segnale di fallimento del mercato e del necessario ripensamento del modello di trasporti mondiali delle merci sin qui invalso (gigantismo navale, importazione dall’Asia di gran parte dei prodotti, anche quelli essenziali e strategici, perdita di capacità produttiva dei sistemi locali in agricoltura e nell’industria, danni all’ambiente e inquinamento) i cui costi ambientali, sociali ed economici sono crescenti.

Sulla crisi del trasporto marittimo mondiale di questi giorni abbiamo intervistato Sergio Bologna (Trieste 1937), storico, germanista, traduttore di L’anima e le forme di G. Lukács, studioso del nuovo lavoro autonomo, e uno dei maggiori esperti italiani di logistica e trasporti marittimi che su questi temi ha scritto Le multinazionali del mare (2010).

* * * *

1. La crisi delle forniture mondiali di merci causata dall’incidente occorso alla Ever Given è un episodio eclatante: è un fatto isolato, o mette in luce una criticità nel sistema mondiale della logistica marittima? Quali sono i costi ambientali, oltre che economici e sociali, dell’attuale sistema? Chi sono i vincitori e chi sono i perdenti?

È necessario iniziare dalla situazione che si era determinata dopo la crisi del 2008/9. Sorsero allora i primi dubbi sul modello della globalizzazione, non tanto sui processi di delocalizzazione quanto sulla sostenibilità delle catene di fornitura (le supply chain).


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Costantino Rover: Blockchain, criptovalute e economia verde: occhio ai facili entusiasmi…

osservatorioglobalizzazione

Blockchain, criptovalute e economia verde: occhio ai facili entusiasmi…

di Costantino Rover

CaptureLa tecnologia della blockchain è una tecnologia fantastica che cambierà il nostro modo di agire, di scambiarci la proprietà delle cose, di scrivere contratti e persino di pensare e di essere.

Sembra una strada spianata verso la libertà digitale di ciascuna persona ed anche la via maestra verso la green economy.

In superficie è una promessa di quelle che rassicurano.

Abbiamo scavato per cercare le auspicate conferme.

Blockchain e Bitcoin sono davvero la rivoluzione verde verso cui siamo convinti di essere in cammino?

Sono compatibili fra di loro, sviluppo economico e finanziario sostenibile, politiche ambientaliste, politiche salariali, blockchain e cryptocurrency?

Questi ultimi anni sono stati caratterizzati dal ripetuto annuncio della rivoluzione della blockchain, dalla comparsa di molteplici cripto valute e dal lancio della campagna per la guerra ai cambiamenti climatici. Ma siamo certi che la blockchain, il Bitcoin più le sue sorelle e il friday for future siano compatibili tra di loro?

Con la blockchain possiamo già da oggi comprare e vendere e persino possedere monete non emesse da banche, non vincolate ad una area geografica, ad uno Stato, un confine o a un mercato specifico.

Con la blockchain potremo anche garantire servizi pubblici o monitorare la supply chain (cioè la filiera completa: dal produttore al consumatore passando attraverso tutta la catena di fornitori, trasportatori…) e persino la qualità di ciò che indossiamo o mangiamo.


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Enrico Vigna: Joe Biden e la Russia

cumpanis

Joe Biden e la Russia

di Enrico Vigna

“Cumpanis” ringrazia Enrico Vigna per questo prezioso e come sempre documentatissimo contributo

Vigna Foto
            BidenMolti nel periodo dell’ultima campagna elettorale negli Stati Uniti, in particolare nella cosiddetta sinistra italiana, avevano ingenuamente, maldestramente o strumentalmente interpretato la fine dell’era Trump, il giocatore di golf miliardario, narcisista, scriteriato e spesso disorientante, come un segnale di speranza in un cambiamento progressista e in una prospettiva di nuove e più amichevoli relazioni tra le potenze mondiali e nelle aree di crisi o guerra. In questi primi mesi di reggenza, la nuova amministrazione USA ha già delineato e sancito quali saranno gli scenari dei prossimi anni.

Altro che processi di pacificazione, intesa o conciliazioni, la prospettiva sarà di un inasprimento delle relazioni internazionali, nuove tensioni e nuove conflittualità.

È iniziata l’era con cui i leader mondiali dovranno ora fare i conti: l’era di Joe Biden, il simbolo raffigurato del Liberal World Order, l’Ordine Liberale Mondiale.

Eppure, sarebbe sufficiente leggere e documentarsi sui programmi e dichiarazioni elettorali e sulle personalità messe a guida dell’Amministrazione per immaginare i passi futuri.

Qui vorrei documentare in particolare l’aspetto del rapporto con la Russia, anche alla luce delle dichiarazioni offensive e minacciose dei giorni scorsi da parte di Biden verso Putin, un vero e proprio atto ostile e ingiurioso, fuori da qualsiasi prassi diplomatica nella storia delle relazioni internazionali tra paesi.


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Alessandro Somma: Contro la Costituzione: il neoliberismo di Sabino Cassese

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Contro la Costituzione: il neoliberismo di Sabino Cassese

di Alessandro Somma 

Per il giurista il “potere di interdizione” di sindacati, magistratura, Corte dei conti e Autorità anticorruzione sarebbe alla base dell’“inerzia che blocca il Paese”. Una tesi antidemocratica

Nei primi decenni del secolo scorso la retorica antidemocratica si è impadronita del discorso pubblico, anticipando e accelerando l’avvento dei fascismi.

In Italia ci si è scagliati contro la “dominazione delle masse disgregate e amorfe” alla base del “potere politico oppressivo e demagogico” del parlamento[1]. In Francia quest’ultimo è stato equiparato a una onnipotente “macchina per fabbricare le leggi”, che impedisce all’esecutivo di far prevalere principi superiori[2]. In Germania si è sostenuta l’incompatibilità tra democrazia ed economia di mercato: “tutta l’attività parlamentare è necessariamente votata alla ricerca di bilanciamenti di interessi e di compromessi”[3]. E questo aveva reso lo Stato una “preda” di partiti, e il capo dell’esecutivo il “vertice di un comitato dedito al commercio delle vacche”[4], condannato a subire l’azione delle “forze caotiche della massa”[5].


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Piccole Note: Il NYT: quando il capo dell'Isis collaborava con l'Us. Army

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Il NYT: quando il capo dell'Isis collaborava con l'Us. Army

di Piccole Note

“In un verbale di interrogatorio riservato, il detenuto iracheno M060108-01 è presentato come un prigioniero modello, ‘collaborativo’ con i suoi carcerieri americani e insolitamente loquace. A volte sembrava che facesse di tutto per rendersi utile, soprattutto quando gli veniva offerta la possibilità di dare informazioni sui suoi rivali interni dell’organizzazione, allora nota come Stato islamico dell’Iraq”.

“Il detenuto sembra essere più collaborativo ad ogni sessione”, riferisce un verbale del 2008 riguardante il prigioniero, il cui vero nome è Amir Muhammad Sa’id Abd-al-Rahman al-Mawla. ‘Il detenuto sta fornendo molte informazioni sui membri dell’Isis’, aggiunge un altro verbale”.

“Come documentato nei 53 verbali resi in parte pubblici, la collaborazione di Mawla con le forze armate americane comprendeva l’assistenza al personale specializzato nel riprodurre gli identikit dei più importanti ricercati per sospetto terrorismo, ma egli è arrivato perfino a indicare i ristoranti e i caffè preferiti dai suoi ex compagni”.


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Dante Barontini: L’Unione Europea cade a vite

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L’Unione Europea cade a vite

di Dante Barontini

In che acque naviga il progetto neoliberista disegnato in un’altra epoca (gli anni ‘80 e ‘90, intorno alla caduta del Muro) e che non riesce a fare i conti con i nuovi tempi?

In pochi mesi di vera emergenza l’Unione Europea ha inanellato batoste su molti fronti, al punto che anche gli opinion maker più militarizzati cominciano a dubitare della capacità di tenuta del marchingegno tecnoburocratico innestato a Bruxelles.

Un breve e incompleto giro d’orizzonte può dare il quadro del disastro.

 

a) Gestione della pandemia

Nella primissima fase la UE è rimasta quasi indifferente, anche quando il precipitare della situazione in Italia doveva costringere tutta Europa a considerare l’epidemia un proprio problema, non isolato alla Cina o al lombardo-veneto (“beh, quei meridionali che non si lavano”, come “i cinesi che mangiano topi vivi” di Zaia).


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Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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tonino

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Apr 18, 2021, 2:04:32 AM4/18/21
to sante gorini

Valerio Romitelli: La follia senza speranza della Comune

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La follia senza speranza della Comune

di Valerio Romitelli

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            parigi 1871La proporzione è quasi certa: più le figure di rivoluzionari sono state sfortunate, “dannate”, più sono oggi rivalutate; più le loro biografie sono state con esiti tristi e tragici, più la sensibilità dominante si dimostra benevola, favorendo e accogliendo persino saggi, articoli, video o film che ne celebrano le gesta. Si pensi ad esempio ai casi di Rosa Luxemburg, Benjamin, Gramsci, Che Guevara o le Pantere Nere, tutti finiti nei peggiori dei modi e negli ultimi anni oggetto di un non trascurabile culto culturale.

Una spiegazione facile facile non manca: così in effetti si confermerebbe la predominanza contemporanea di quello che è stato chiamato il “paradigma vittimario”. Sarebbe a dire la propensione a dire male di tutto e tutti i più noti protagonisti della Grande Storia, salvo appunto le vittime, i perdenti di qualunque provenienza; con, come morale della favola, che solo tra questi ultimi si possono trovare dei paladini di autentici valori, comunque mai operativi, se non idealmente, e solo per “anime belle”.

Un’altra spiegazione la troviamo in La rivoluzione napoletana. Biografie, racconti, ricerche del 1799 scritto da Benedetto Croce[1]. Secondo lui non c’è alcun mistero del perché i protagonisti, per lo più giovani e raffinati intellettuali (come la famosa ed ammirata Eleonora Fonseca Pimentel), di questo breve e alla fin fine quanto mai tragico evento non possono non suscitare simpatie. La chiave di questa benevola e immarcescibile fama postuma starebbe proprio nel precoce e cruento spegnimento della loro impresa ad opera di lazzaroni incitati dal clero più oscurantista.


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Carlo Formenti: Glosse alla "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (IV)

perunsocialismodelXXI

Glosse alla "Ontologia dell'essere sociale" di Lukàcs (IV)

di Carlo Formenti

lukacs23456Con questo post si conclude il mio commentario alla “Ontologia dell’essere sociale” di Gyorgy Lukacs, una delle opere più importanti, se non la più importante, che un filosofo marxista abbia scritto nel Novecento. Come ho chiarito nella prima puntata, non era mia intenzione, non essendo chi scrive un filosofo accademico, produrre un’analisi filologica, né tanto meno una esegesi accurata e completa, dell’ultimo fondamentale lavoro del grande pensatore ungherese. Il mio obiettivo, più modesto, ma forse più utile e interessante sul piano ideologico, era simile a quello del commentario ai “Quaderni dal carcere” di Gramsci che ho inserito in un mio recente libro (1), vale a dire estrarre dai quattro volumi della Ontologia i passaggi che ritengo più stimolanti per interpretare la realtà contemporanea, ma soprattutto più adatti a fornire indicazioni teoriche – da intendere marxianamente come guide per la prassi – per restituire motivazioni alla lotta di classe, in un momento storico in cui l’offensiva del capitale sembra avere ridotto ai minimi termini le nostre capacità di resistenza. Se e in che misura ci sia riuscito lo giudicheranno i lettori. Aggiungo solo che l’insieme dei materiali pubblicati in queste quattro puntate ha le dimensioni di un saggio di media lunghezza, di cui potrebbe rappresentare la prima stesura, da rivedere e correggere nel caso decidessi di pubblicarne una versione cartacea, ma devo ancora capire se valga la pena di farlo .

* * * *

5. Libertà, socialismo, utopia

Nella quarta sezione abbiamo esaminato la critica lukacsiana delle ideologie associate ad alcune sfere dell’essere sociale, come la religione e il diritto (che tuttavia, come si è visto, Lukacs non liquida come dimensioni ”illusorie”, prive di consistenza ontologica) .


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coniarerivolta: Un milione di occupati in meno, ma i competenti hanno la soluzione: licenziare

coniarerivolta

Un milione di occupati in meno, ma i competenti hanno la soluzione: licenziare

di coniarerivolta

Un milione di lavoratori in meno. Comincia così, con un affresco drammaticamente crudo dell’attuale situazione del mercato del lavoro in Italia, un commento apparso lo scorso 7 aprile su Repubblica, a firma Tito Boeri. Personaggio, costui, che ha fatto in più occasioni capolino sul nostro blog, difficilmente per ricevere apprezzamenti. Le migliori intenzioni sembrano animare l’ex presidente dell’INPS: il titolo del suo intervento, ‘Come creare nuovo lavoro’, sembra una manna dal cielo, qualcosa di cui, vista la situazione in cui verte lo scenario occupazionale in Italia da ormai molti anni, ci sarebbe estremamente bisogno. L’articolo di Boeri, tuttavia, non si cimenta in un’analisi di lungo periodo delle dinamiche del mercato del lavoro italiano, ma si sofferma unicamente su quanto accaduto all’occupazione ‘dai giorni dei primi tre contagiati di coronavirus’, ossia dallo scorso febbraio ad oggi.

Boeri parte da una fotografia asettica della distruzione di lavoro che la pandemia ci ha portato: un crollo dei dipendenti con contratti temporanei (-13%), una sensibile riduzione dei lavoratori autonomi (-7%), e una perdita occupazionale (1 milione di lavoratori in meno) che ha maggiormente colpito le fasce più fragili della classe lavoratrice, quali donne e giovani.


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Alberto Bradanini: L'ambasciatore Bradanini sugli uiguri: «Parlare di genocidio è totalmente fuori luogo»

lantidiplomatico

L'ambasciatore Bradanini sugli uiguri: «Parlare di genocidio è totalmente fuori luogo»

Giordano Merlicco intervista Alberto Bradanini

Alla fine di marzo, Usa e Ue hanno imposto sanzioni contro la Cina. In proposito, il FarodiRoma ha intervistato Alberto Bradanini, che da ambasciatore ha rappresentato l’Italia a Hong Kong e Pechino. Bradanini è uno dei massimi esperti di questioni cinesi nel nostro paese e, terminata la carriera diplomatica, ha iniziato una proficua attività pubblicistica. Nel 2018 ha dato alle stampe “Oltre la Grande Muraglia” e prossimante, per i tipi di Sandro Teti, vedrà la luce la sua ultima fatica “Cina: l’irresistibile ascesa”.

* * * * 

Ambasciatore, come giudica le recenti sanzioni contro Pechino adottate da Stati Uniti e Unione Europea?

Sul piano del diritto internazionale si tratta di sanzioni illegittime perché unilaterali non essendo state decretate da un organismo come il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sono una manifestazione della guerra fredda dichiarata dagli Stati Uniti a un paese, la Repubblica Popolare, che per il suo peso economico aspira legittimamente a occupare il suo spazio nel mondo.


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Noi Restiamo: Bocconi boys, ancora voi? Ma non dovevamo vederci più?

noirestiamo

Bocconi boys, ancora voi? Ma non dovevamo vederci più?

di Noi Restiamo

Ma, nonostante tutto questo, la borghesia inglese […], che si arricchisce direttamente sulla miseria degli operai, non vuol sapere nulla di questa miseria. Essa, che si sente una classe potente […] si vergogna di mettere a nudo dinnanzi agli occhi del mondo la piaga dell’Inghilterra; non vuole confessare a sé stessa che gli operai sono miseri, altrimenti essa, la classe abbiente, dovrebbe portare la responsabilità morale di questa miseria.
(F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra)

Il 17 Marzo, su Repubblica, è apparso un articolo a firma di Boeri e Perotti, che decidono di intervenire su un argomento, quello della ricerca, per illuminare dall’alto del loro “metodo di efficienza” tutti i lavoratori e le lavoratrici del mondo della ricerca che stanno cercando di raccapezzarsi su cosa ne verrà fatto di questo settore. Un settore che oggi, a partire dalla questione del vaccino e della guerra dei brevetti, si è rivelato in tutta la sua importanza strategica. Proprio da questo articolo, si è creato giustamente un dibattito molto ampio che ha sollevato accuse non da poco ai due Bocconi Boys. Fatto in sé che assume tutta la sua rilevanza alla luce di quello che la pandemia globale ha messo in rilievo rispetto all’organizzazione della nostra società tutta.


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Anonim*: Il bisogno (in)interrotto di una vita in comune

paroleecose2

Il bisogno (in)interrotto di una vita in comune

Che importa chi parla?, rubrica anonima

di Anonim*

bicocca1. Che fare?

Sono mesi ormai che mi chiedo insistentemente “che fare” nel regime di ‘austerità’ sociale impostoci a partire dallo scorzo marzo. Affatto evitabile in tempi ordinari – la ‘normalità’ è appunto il momento in cui non ci si pone il problema: le cose vanno da sé – quella domanda mi balena sempre più ossessivamente in testa, costringendomi a ritornare sulle tracce della mia storia personale (o meglio, della mia vicenda generazionale) e a interrogarmi quindi anche sul senso politico delle mie scelte di vita più e meno recenti. Con crudele puntualità, le implicazioni non solo esistenziali ma anzitutto sociali e storiche delle nostre stesse esistenze vengono infatti sbalzate in primo piano proprio da situazioni di crisi, individuale o collettiva, ed è allora che le contraddizioni, reali o apparenti che siano, si fanno più sentire. È allora, inoltre, che siamo obbligati a superare tali contraddizioni, per sperimentare nel migliore dei casi soluzioni di vita impensate. È allora che l’urgenza di costruire una prassi innovativa e il dovere di formulare e condividere un discorso propositivo diventano impellenti. In vista perciò di uno scioglimento possibile della paralisi pragmatica che mi (e ci) affligge, mi sono rivolto, come è opportuno fare talvolta, a un classico del pensiero politico – nello specifico, del pensiero sociale libertario, trovandovi una risposta più immediata di quel che avrei sperato. Scrive infatti Colin Ward, in un passo memorabile del suo Anarchia come organizzazione:


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Sandro Moiso: Amadeo Bordiga e la passione del comunismo

carmilla

Amadeo Bordiga e la passione del comunismo

di Sandro Moiso

Pietro Basso, Amadeo Bordiga, una presentazione, Edizioni Punto Rosso, Milano 2021, pp. 158, 18 euro

bordiga9086Al contrario di quanto buona parte della cosiddetta Sinistra Comunista ha sperato per molto tempo, la catastrofe del socialismo reale e il declino e successiva scomparsa, inevitabili poiché collegati alla prima, dei partiti ex-stalinizzati del ‘900 non ha affatto contribuito a sollevare il velo di menzogne e distorsioni storico-politiche che ha ricoperto l’esperienza comunista, nei decenni intercorsi tra il 1926 e il 1989, grazie alla narrazione dei partiti e delle istituzioni che pensavano di essersi liberati di ogni serio avversario a “sinistra”.

Per questo motivo la figura di Amadeo Bordiga ha pagato due volte la sua irriducibile opposizione sia al capitalismo trionfante successivo alla seconda guerra imperialista e mondiale che al “marxismo” deviato e corrotto, spacciato come teoria della classe operaia, prodotto dagli stalinisti e dai loro successivi epigoni. Una figura, quella del primo segretario del Partito Comunista d’Italia fondato a Livorno nel 1921, rimossa per lunghi anni dalla storia dello stesso partito e mal riproposta, allo stesso tempo, dai suoi seguaci della seconda metà del ‘900 che alternativamente si sono dedicati alla riproposizione acritica, se non mitica, delle sue scelte e idee politiche oppure, in tempi più recenti, ad un autentico tiro al piccione nei suoi confronti, in una sorta di rivolta contro un padre con cui, troppo spesso, non si son fatti davvero i conti storicizzandone ruolo e personalità.

Motivo per cui giunge gradita, per chiunque non voglia vivere soltanto di miti e foscoliane illusioni oppure di menzogne, la presentazione di Bordiga proposta da Pietro Basso per le Edizioni Punto Rosso.


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Andrea Fumagalli: Pandemia e biocapitalismo cognitivo

thomasproject

Pandemia e biocapitalismo cognitivo

Luca Onesti intervista Andrea Fumagalli

[Pubblichiamo l’intervista di Luca Onesti ad Andrea Fumagalli uscita nel n. 4/2020 (pp. 159-166) della rivista. Il volume completo è consultabile qui]

Schermata 2021 04 06 alle 22.19.58Partiamo dalla crisi sanitaria attuale. È indicativo che in questi mesi le due regioni con il divario di ricchezza e di risorse forse più grande in Italia, la Lombardia e la Calabria, siano diventate i luoghi in cui le contraddizioni della gestione economica e politica del sistema sanitario si sono mostrate in maniera più drammatica. Qual è lo scenario a cui siamo di fronte a seguito della politica di tagli e di disinvestimento degli ultimi decenni in questo campo?

Le due regioni presentano scenari molto diversi se non opposti. La Lombardia è la regione italiana che più ha privatizzato la sanità, in seguito a varie riforme, dopo che la sanità è stata regionalizzata. Tali riforme si sono mosse su due piani: concentrazione della sanità pubblica in grandi ospedali, con l’effetto di prolungare i tempi di attesa, ma anche di sfruttare le economie di scala per ridurre i costi, e via libera alle cliniche private per le visite specialistiche ad alta redditività. Il risultato è stato un peggioramento della qualità del servizio e lo smantellamento della sanità territoriale, con gli effetti distorti e critici che l’emergenza sanitaria ha evidenziato.

All’opposto, la Calabria è una delle regioni che ha maggiormente subito i tagli del finanziamento al Servizio Sanitario Nazionale (circa 47 miliardi di euro negli ultimi 10 anni), senza che tale tagli venissero compensati da una crescita della sanità privata (come è avvenuto in Lombardia).


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Edmond Dantès: Il discorso dominante del vaccino

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Il discorso dominante del vaccino

di Edmond Dantès

“Dipinte in queste rive
son dell’umana gente
le magnifiche sorti e progressive
-Giacomo Leopardi, La Ginestra o il fiore del deserto

“Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”
-Dante, Inferno, III, 51

Come il virus, anche il vaccino si è incagliato nella mentalità collettiva sotto forma di discorso dominante. Come il virus è pericolosissimo e estremamente letale per tutti, nessuno escluso, così il vaccino è sicuro per tutti, è l’unica ancora di salvezza nella terribile tempesta scatenata dal Covid 19. Il vaccino si è trasformato in una entità sovrana e perfetta, tanto da assumere alcune caratteristiche divine. Del resto, non c’è da stupirsi, siamo in Italia (che prosegue ottusamente nella campagna vaccinale nonostante siano stati sollevati diversi dubbi in molti paesi europei), un paese saldamente ancorato a un arcaico cattolicesimo ma anche a una diffusa fede per qualsiasi forma di religione e divinità, dal buddismo al Mago Otelma.


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Gian Marco Martignoni: Ancora su «Dominio» di Marco d’Eramo

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Ancora su «Dominio» di Marco d’Eramo

di Gian Marco Martignoni

Fu la Commissione Trilaterale (*) nel 1975 a sentenziare che l’avanzata e le conquiste riportate dal movimento operaio su scala internazionale avevano determinato un «eccesso della democrazia», dando così la stura a quella rivoluzione conservatrice che con gli inizi degli anni ’80 trovò in Ronald Reagan e Margaret Thatcher i suoi alfieri. Poi, con la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, i paladini del libero mercato non incontrarono più seri ostacoli sul loro cammino, poiché la sinistra socialdemocratica – folgorata dalla “ terza via “ teorizzata dal sociologo Anthony Giddens – introiettò l’assoluta centralità dell’impresa e la devastante logica privatizzatrice dello Stato Sociale che ne è conseguita. Tanto che le Usl sono diventate aziende con i pazienti clienti, a discapito dell’universalità e della doverosa funzionalità dei sistemi sanitari occidentali, come abbiamo potuto verificare in tempi di sindemia. Per non parlare di quanti, dismessa la fastidiosa e ormai ingombrante identità comunista, hanno immaginato di poter temperare il liberismo, a fronte dell’enfasi sui processi indotti dalla globalizzazione dei mercati e la metamorfosi post-fordista dei rapporti di lavoro.


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Roberto Paura: Perturbatori della realtà: viaggio nel situazionismo 3.0

quadernidaltritempi

Perturbatori della realtà: viaggio nel situazionismo 3.0

di Roberto Paura

La rassegna di Edmund Berger in “Accelerazione” traccia il filo conduttore tra Dada e la CCRU

Randonautica è un’app popolare tra i giovanissimi utenti di TikTok, almeno stando a quel che raccontano i media boomer. In base alla propria posizione, l’app restituisce delle coordinate generate casualmente, dove l’utente si deve recare fisicamente se intende realizzare delle esperienze di “perturbazione del campo della realtà”, per usare una terminologia cara a Philip Dick. Giunta sul posto, l’utente probabilmente non troverà nulla di particolare, ma l’aspettativa la condurrà a cercare un significato in un rottame abbandonato, in una crepa nel muro, in un oggetto incongruo. Dietro l’app c’è una costellazione di concetti tipici dell’epoca postmoderna, tra cui il Fatum Project, che cerca di verificare se la coscienza umana sia in grado di modificare la realtà a livello quantistico, spingendo l’utente a concentrarsi su un evento che intende far accadere e fornendo poi le coordinate del luogo dove recarsi attraverso un generatore di casualità quantistica, che sfrutta cioè i princìpi della meccanica quantistica per produrre numeri casuali. Ma ancora più dietro c’è un concetto forse sconosciuto ai giovanissimi tiktokers, che risale agli anni Cinquanta del secolo scorso: la deriva psicogeografica, termine complesso con cui Guy Debord e i situazionisti definiscono l’ozioso girovagare per la città senza una meta fissa.


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Ottavio Marzocca: Sorveglianza globale e metropoli pandemica. Attualità e genealogia di un disastro

archeologiafil

Sorveglianza globale e metropoli pandemica.

Attualità e genealogia di un disastro

di Ottavio Marzocca*

L’articolo di O. Marzocca, Sorveglianza globale e metropoli pandemica. Attualità e genealogia di un disastro è stato originariamente pubblicato in Abitare il territorio al tempo del Covid, a cura di A. Marson e A. Tarpino, “Scienze del Territorio”, numero speciale, 2020, pp. 18-28

sorveglianza21. Attualità

   1.1 Un mondo zoonotico: la scoperta di ciò che si sapeva

Un punto di partenza molto utile per contestualizzare l’evento della pandemia di SARS-COV2 è certamente la definizione di Emerging Infectious Diseases con la quale gli esperti e le istituzioni sanitarie definiscono una gran parte delle patologie potenzialmente pandemiche della nostra epoca[1]. Questa definizione si riferisce alle malattie trasmissibili la cui diffusione da alcuni decenni va crescendo e fra le quali la World Health Organization (WHO) attualmente ritiene particolarmente pericolose, oltre la SARS-COV2: la febbre emorragica Crimea-Congo, le malattie da virus Ebola e Marburg, la febbre di Lassa, la MERS (Middle East Respiratory Syndrome), la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), l’infezione da virus Nipah e da Henipavirus, le febbri Rift Valley e Zika. Un fatto degno di considerazione in proposito è che la stessa Organizzazione, nell’aggiornare periodicamente questo elenco, generalmente indica anche una malattia ancora sconosciuta, un ‘Disease X’; il che sta a significare che «una seria epidemia internazionale potrebbe essere causata da un patogeno del quale attualmente non si sa che possa provocare malattia nell’uomo»[2]. È una sorta di ‘Disease X’, infatti, quello che si è trasformato in pandemia nel 2020[3].


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Lanfranco Binni: Il virus atlantico

ilponte

Il virus atlantico

di Lanfranco Binni

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            barghouthiSul fronte occidentale niente di nuovo. L’uso politico della pandemia sta scatenando gli arcaici armamentari di un atlantismo per tutte le borse: la dichiarata “guerra al virus” (ma non alle sue cause naturali e sociali) sta accelerando processi di tradizionale confronto militare tra Occidente e Oriente, tra Nord e Sud. Le miserabili ragioni finanziarie e speculative della “guerra dei vaccini” sono nobilitate, nelle narrazioni al servizio delle multinazionali farmaceutiche, dalle loro implicazioni geopolitiche: i vaccini del “mondo libero” contro la peste dell’impero del male (la Cina, la Russia, Cuba, ecc.). In prima linea, ancora una volta, gli Stati Uniti d’America con il loro potente apparato industriale-militare capace di mobilitare schieramenti e alleanze, minacce e deterrenze, azioni di forza e intrighi internazionali. La nuova amministrazione Biden, impegnata a gestire un paese post-trumpiano profondamente diviso, ancora una volta cerca soluzioni esterne alle complesse difficoltà interne, economiche e politiche, liberando gli istinti animali di un capitalismo di mercato ossessionato dalla perdita della supremazia sul mondo minacciata dai successi economici e geopolitici delle complesse strategie del Partito comunista cinese. Il multilateralismo dichiarato dai democratici statunitensi nella campagna elettorale contro la trumpiana America first sta riassumendo i toni e la sostanza di un’aggressività unipolare da sostenere con determinazione nello scenario globale. I “vaccini della libertà” e i nuovi missili ipersonici sono branditi come strumenti intercambiabili con disinvoltura maccartista («meglio morti che rossi», minacce di rappresaglie a chi collabora con il “nemico”, campagne di mobilitazione e schieramento delle opinioni pubbliche).


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Carlo Formenti: Il fantasma bifronte di Peròn

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Il fantasma bifronte di Peròn

di Carlo Formenti

Juan Peron con banda de presidenteNei miei ultimi libri (1) ho dedicato ampio spazio al tema del “socialismo del secolo XXI”, occupandomi delle cosiddette rivoluzioni bolivariane (termine appropriato soprattutto per quella venezuelana, quella ecuadoriana si autodefinisce revolución ciudadana e quella boliviana socialista tout court). In quelle pagine ho esaminato i motivi del fallimento delle sinistre tradizionali (sia socialdemocratiche che rivoluzionarie, queste ultime nelle loro molteplici varianti ideologiche: stalinisti, trotskisti, maoisti, ecc.) in contrappunto al successo dei populismi di sinistra capeggiati da leader come Chavez, Correa e Morales (successo oggi in discussione su tutti i fronti). Ho inoltre tentato di evidenziare le peculiarità del contesto socioeconomico e della composizione di classe ed etnica dei Paesi interessati, e di analizzare il dibattito teorico associato ai fenomeni politici in questione, con particolare attenzione alle teorie di Laclau sul populismo e al marxismo “eretico” di Linera.

L’influenza che le esperienze appena citate hanno esercitato su movimenti come lo spagnolo Podemos, che ha tentato di “clonarle” nel contesto europeo (2), è all’origine del successo che le teorie del filosofo argentino Ernesto Laclau (3) hanno ottenuto negli ultimi anni, anche in casa nostra. Chi mi conosce sa che, pur apprezzando il contributo che questo autore ha dato alla comprensione di alcuni aspetti del fenomeno populista, non ho mai condiviso tale entusiasmo (soprattutto se associato alle tesi della sua amica e sodale, Chantal Mouffe, che, nei suoi ultimi lavori (4), ha “purgato” il discorso di Laclau delle sue implicazioni sovversive e antagoniste, e dalle influenze gramsciane che ne ispiravano il pensiero, unitamente alla filosofia strutturalista e post strutturalista).


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Sergio Cararo: L’Italia “spezzerà le reni” alla Turchia? Sull’orlo del gorgo

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L’Italia “spezzerà le reni” alla Turchia? Sull’orlo del gorgo

di Sergio Cararo

Cooperazione o collisione di interessi tra Italia e Turchia? “Erdogan è un dittatore di cui si ha bisogno” ha affermato Draghi a seguito dello screzio sulla visita della Von der Leyen ad Ankara, e poi ha aggiunto che: “Con questi chiamiamoli dittatori bisogna essere franchi nell’espressione della visione della società ma pronti a cooperare per gli interessi del Paese. Bisogna trovare l’equilibrio giusto”.

Dopo le parole di Draghi contro Erdogan, il ministero degli Esteri di Ankara ha convocato l’ambasciatore italiano ad Ankara. Il ministro degli Esteri turco, Cavusoglu, ha replicato alle dichiarazioni del Presidente del consiglio italiano con toni pesanti: “Il premier italiano, nominato, Mario Draghi, ha rilasciato una dichiarazione populista e inaccettabile nei confronti del nostro presidente della Repubblica, che è stato scelto attraverso elezioni” – ha detto Cavusoglu – “Condanniamo con forza le parole riprovevoli e fuori dai limiti e le rispediamo al mittente”.

Con un tocco di perfidia molto levantina, il ministro degli esteri turco ha sottolineato come Draghi non sia un presidente eletto – ma nominato – mentre Erdogan è stato eletto. Altri esponenti politici turchi hanno invece fatto esplicito riferimento ai dittatori nella storia italiana ricordando Mussolini.


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coniarerivolta: I padroni ci indicano la via: più Stato è meglio

coniarerivolta

I padroni ci indicano la via: più Stato è meglio

di coniarerivolta

Quale ruolo debba avere il settore pubblico nell’economia e, dunque, quali debbano essere le dimensioni dello Stato sono questioni tornate al centro del dibattito politico internazionale in seguito alla doppia crisi sistemica che ha colpito l’economia internazionale, prima con la Grande crisi finanziaria (2007-2009) e poi con lo scoppio della attuale crisi pandemica da Covid-19. Dopo decenni di sbronza neoliberista, caratterizzati da una riduzione delle prerogative economiche assegnate all’attore pubblico, in un contesto globale votato al libero commercio, la crisi pandemica ha reso drammaticamente evidente come l’ideologia prevalente serva unicamente a portare acqua agli interessi della classe dominante e non quelli generali.

Di fronte a questo disastro, però, i cantori del neoliberismo non mollano la presa e, senza vergogna, continuano a professare la loro fede. Recentemente, sulle pagine del Corriere della Sera è stato pubblicato un articolo con un titolo esplicito: “Uno Stato troppo pesante può bloccare l’economia”.


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Sébastien Navarro: Abitare la catastrofe

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Abitare la catastrofe

La Resilienza, ovvero la Capitolazione

di Sébastien Navarro

«Dopo il 2011, vale a dire tre generazioni dopo Hiroshima,
i giapponesi sono ridiventati dei topi da laboratorio.»
(Jean-Marc Royer, Le monde comme projet Manhattan.)

«La cosa più terrificante della radioattività, è che essa annienta lo spirito; e questo ciò che sento profondamente dentro di me. Su ogni minima cosa della vita quotidiana, nutro dei dubbi. Non c'è più alcuna certezza. Ogni cosa vacilla. Tutto quanto è falso. È così che viene soffocata la coscienza», è questo ciò che nell'autunno del 2012 constata Yasushiro Abe, responsabile del Cinema Forum Fukushima, un anno e mezzo dopo che i nuclei dei tre reattori della centrale nucleare di Fukushima Daiichi sono entrati in fusione.

Ogni cosa vacilla, tutto quanto è falso, la coscienza rimane come soffocata; queste poche parole, quasi basterebbero a riassumere il lavoro paziente e minuzioso fatto da Thierry Ribault, nel suo ultimo libro intitolato "Contro la Resilienza".


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I più letti degli ultimi tre mesi

Leopoldo Salmaso: Vaccini Covid e il paradosso del calabrone

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tonino

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Apr 18, 2021, 2:05:15 AM4/18/21
to sante gorini

Stefano G. Azzarà: Crisi storiche e naturalismo capitalistico

materialismostorico

Crisi storiche e naturalismo capitalistico 

di Stefano G. Azzarà (Università di Urbino)

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

82188faf8d5e66960e5623c9fbe4ab28 XLLe crisi acute mettono in evidenza le contraddizioni, le fragilità e linee di faglia di ogni società storica come di ogni sistema politico e economico. In tutte le epoche, guerre su vasta scala, cadute repentine della produzione, eruzioni rivoluzionarie, terremoti, carestie ma anche epidemie hanno interrotto il normale funzionamento della vita delle nazioni e hanno sottoposto a stress imprevisti i loro assetti, conducendole a volte anche al collasso quando queste tensioni superavano il livello di soglia e in particolare quando potevano far leva su fratture profonde pregresse che sino a quel momento erano rimaste più o meno celate o erano state in qualche modo suturate. Così che sarebbe interessante completare l’indagine di Walter Scheidel sull’impatto livellatore e redistributivo dei «Quattro Cavalieri» – «guerre di massa, rivoluzioni trasformative, fallimenti degli Stati e pandemie letali» – indagando «se e come» la presenza di gravi forme di disuguaglianza sociale o altre asimmetrie abbiano potuto «contribuire a generare questi shock violenti»1.

Sotto questo aspetto, le società capitalistiche, e tanto più quelle avanzate come la maggior parte dei paesi appartenenti alla civiltà occidentale, dovrebbero comunque dimostrarsi in linea di principio avvantaggiate rispetto alle società tradizionali o a quelle improntate a una diversa organizzazione della produzione e della riproduzione. Per quanto certamente più complesse delle formazioni sociali precedenti o di quelle concorrenti, come già Gramsci aveva compreso nel cartografare la loro «robusta catena di fortezze e di casematte»– una complessità che per il suo pluralismo, oltretutto, viene di solito fatta valere anche come una caratteristica positiva di fronte a possibili configurazioni alternative e più centralizzate del legame sociale –, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra queste società hanno in gran parte superato il problema della sussistenza e dei bisogni primari su scala di massa.


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Geraldina Colotti: Sulle “sanzioni”, il doppio discorso dell’imperialismo “democratico”

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Sulle “sanzioni”, il doppio discorso dell’imperialismo “democratico”

di Geraldina Colotti

BPPochi giorni fa, è morto in carcere della Florida, negli Stati Uniti, un militante delle Black Panthers, Chip Fitzgerald. Era prigioniero da 51 anni, nonostante un ictus che lo aveva ridotto in sedia a rotelle. Gli avevano sempre negato le misure alternative. Aveva 71 anni. Una notizia che sarà forse motivo di giubilo per i forcaioli di casa nostra, che invocano la “certezza della pena”, mentre propongono leggi per condonare chi ruba soldi pubblici per il proprio profitto, e impongono sacrifici a chi non può sfuggire al controllo, i lavoratori dipendenti.

Un modello basato sul “diritto penale del nemico”, una tendenza intrinseca all’economia di guerra su cui si sta riassestando il sistema capitalista a livello globale per rispondere alle lotte per il potere delle classi popolari. In Perù, ci sono comunisti in carcere che hanno quasi novant’anni, e si mettono in galera anche gli avvocati. Stesso sistema in Colombia, in Spagna, in Francia, dove George Ibrahim Abdallah, militante libanese-palestinese è stato liberato dopo oltre 37 anni di carcere e dove ancora si trova il comandante Carlos, palestinese di origine venezuelana, detenuto dal 1994.

E che dire dell’ergastolo ostativo, della tortura bianca del 41 bis in Italia e dei prigionieri politici ai quali, in perfetto stile da Inquisizione viene chiesto di pentirsi per avere accesso alle misure alternative? Il fronte dei pacifisti con l’elmetto, che all’occorrenza si dicono persino comunisti, sostiene questo apparato in nome della legalità borghese a cui dovrebbero affidarsi le classi popolari.


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Tommaso Minotti: Esclusione, rabbia e rancore: il problema della povertà bianca negli Usa

osservatorioglobalizzazione

Esclusione, rabbia e rancore: il problema della povertà bianca negli Usa

di Tommaso Minotti

usa poverta capitol
            hillIniziamo dalla fine. La conclusione di questo articolo, nonché la sua tesi, è che alla base delle proteste di Capitol Hill avvenute nella giornata del 6 gennaio ci sia il malcontento delle classi basse e bassissime della popolazione bianca statunitensi. In altre parole, l’elefante nella stanza della società statunitense, cioè l’endemica povertà che colpisce i diseredati bianchi, ha reagito alla sconfitta di colui nel quale riponevano le speranze di una vita migliore. Speranze mal riposte ovviamente. Si è giustamente parlato molto della polarizzazione che sta falcidiando gli USA e del fatto che ciò che è successo al Campidoglio sia un atto sintomatico della “crisi dell’impero” a stelle e strisce. Tutto vero ma poi le analisi si restringono nella definizione della folla trumpista come complottista, antisemita, nazionalista e altri aggettivi che nascondono quella che è la vera domanda: chi sono coloro che sono scesi in piazza? La risposta non può essere i Proud Boys o i complottisti di QAnon perché non è la realtà. Dietro a quelle sigle c’è il malcontento di chi si sente trascurato e tradito da chi doveva aiutarlo durante la tempesta che in questo caso è la dura crisi economica che ha investito gli Stati Uniti. Una crisi che sembrava alle spalle ma è stata acuita e rintuzzata dalla pandemia le cui conseguenze saranno particolarmente nefaste.

Quando il movimento del Black Lives Matter fece il suo dirompente ingresso nelle città americane la stampa mondiale si prodigò in analisi più o meno approfondite, più o meno azzeccate delle ragioni per cui queste manifestazioni avvenivano.


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Salvatore Bianco: Virus Capitale e Freno di Emergenza

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Virus Capitale e Freno di Emergenza

Breve itinerario filosofico tra Marx, Fraser e Benjamin

di Salvatore Bianco

Interpellato sulle continue mutazioni del Coronavirus, il virologo Fabrizio Pregliasco, dell’Università degli Studi di Milano, così si è espresso: «Cerca variazioni sul tema nella sua opera cieca di riproduzione, coinvolgendo più soggetti possibili».

Ebbene, mutatis mutandis è esattamente quanto fa da sempre Das Kapital e quanto ha continuato a fare a cavallo tra vecchio e nuovo secolo. In questo ultimo scorcio temporale, solo accennando ad un itinerario fenomenologico si potrebbe ipotizzare che abbia proceduto dapprima tramite la consueta lobby delle armi (Guerra del Golfo e lotta al terrorismo islamico), passando poi per le banche e la grande finanza delle bolle immobiliari (con conseguente crisi dei mutui subprime e «grande recessione»), per affidarsi in tempi di pandemia alle multinazionali di Big Pharma ed ai colossi digitali garanti del distanziamento sociale. Indispensabile cornice alle varianti su richiamate, nella sua opera – del Capitale si intende – di cieca accumulazione, è l’evento della caduta del muro di Berlino dell’89’ e la conseguente proiezione globale del mercato capitalista, che proprio quella rovinosa caduta ha propiziato.


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Marco Cattaneo: Moneta Fiscale, ristori e rilancio dell’economia

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Moneta Fiscale, ristori e rilancio dell’economia

di Marco Cattaneo

Sull’utilità o meno dei lockdown per risolvere la crisi pandemica si può discutere. Ma è inconcepibile continuare ad attuarli senza compensare adeguatamente cittadini e aziende che subiscono pesantissimi danni economici senza averne minimamente colpa.

Le agitazioni di piazza di questi ultimi giorni sono da condannare quando e se sfociano in violenze, ma esprimono un malessere totalmente comprensibile e sono indici di tensioni a cui è folle non dare risposte adeguate.

Le regole disfunzionali dell’eurosistema hanno impedito di intervenire con sostegni forti e tempestivi, come quelli introdotti in tante altre economie avanzate – Asia, Nord America, paesi europei extra UE ed extra eurozona.

Il principale strumento d’intervento predisposto dalla UE – il Next Generation Fund – è stato approvato un anno fa ma non ha ancora erogato un centesimo, vittima di complicazioni e pastoie nel suo processo di approvazione da parte di 27 parlamenti. E’ comunque del tutto insufficiente nella dimensione e pesantemente vincolato e condizionato. Se mai partirà, rischia di produrre più danni che benefici.


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implicitissima: Sorpresa: ci sono ancora medici che curano

ilsimplicissimus

Sorpresa: ci sono ancora medici che curano

di ilsimplicissimus

Potrebbe sembrare modesto e improprio pubblicare il racconto di una dottoressa di base, in mezzo all’imperversare di luminari che dicono tutto e il contrario di tutto come banderuole al vento del mercato pandemico e vaccinale. Invece è la scelta migliore perché sono questi i medici più a contatto con i pazienti, più vicini all’esperienza concreta nonché gli ultimi nella catena degli “investimenti” umani di Big Pharma e in generale di una medicina orientata al profitto . Dunque non hanno conflitti di interesse o comunque non così grossi da chiudere la bocca. Perciò mi piace riportare l’esperienza di una dottoressa bolognese, Grazia Dondini, raccontata qualche tempo fa in un intervista e sulle pagine di Auret, Associazione autismo e terapie:_

“Noi medici di medicina generale, tutti gli anni, generalmente da ottobre a marzo, vediamo polmoniti interstiziali, polmoniti atipiche. E tutti gli anni le trattiamo con antibiotico. Si tratta di sintomi simil-influenzali – tosse, febbre, poi compare “senso di affanno” – che non si esauriscono nell’arco di qualche giorno.


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Mauro Armanino: Confinamenti, sconfinamenti e tre giocattoli nel Sahel

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Confinamenti, sconfinamenti e tre giocattoli nel Sahel

di Mauro Armanino

Niamey, 13 marzo 2021. Li ha posti con un gesto naturale sulla tomba di terra di Aliya morta a due mesi. Un pesciolino, una trombetta e un uccellino. Questi i giochi da bambini che Johnson, lui stesso malato, ha deposto sulla terra ancora fresca di sepoltura. Un gesto di sconfinata tenerezza perché Aliya, ovunque essa si trovi in questo momento, possa imparare a giocare ciò che, nella sua troppo breve esistenza, non ha potuto fare prima. Accanto ai giochetti colorati di plastica, una croce di ferro piantata nella terra, sconfinata come tutte le croci dei cimiteri e della storia umana. Saranno per sempre assieme, i giochetti e la croce, nel leggero strato di cemento buttato sulla terra come un secondo grembo in attesa di germoglio. I fiori e i rami piantati accanto al momento della sepoltura già erano secchi di vento che soffia in questi giorni su Niamey, la capitale. Altrettanto sconfinata appare l’avventura di Patrick originario dalla Repubblica Democratica del Congo che ha abbandonato nel 2005 per andare altrove a cercare la sua vita smarrita in patria.


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Michele Castaldo:  Il sindacalismo operaio nell’attuale caotica fase storica

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Il sindacalismo operaio nell’attuale caotica fase storica

di Michele Castaldo

unnamedh87657Prendiamo spunto dal risultato referendario in un impianto di Amazon negli Usa per riflettere sulla possibilità di costituire il sindacato all’interno dei suoi stabilimenti e tornare a discutere della questione centrale che ha di fronte il proletariato in questa fase. Al riguardo ci sono altri contributi, ad esempio quello del compagno Alessio Galluppi, ricco di spunti, sul suo blog “noinonabbiamopatria”, al quale perciò rimandiamo per una dovizia di particolari. In queste note cerco solo di riannodare i fili di un ragionamento già impostato nelle sue le linee essenziali.

I fatti: negli Usa il sindacato RWDSU, che aderisce all’Afl-Cio, sollecitato da alcuni lavoratori dell’impianto di Bessemer in Alabama, aveva raccolto le firme per indire

un referendum per la costituzione del sindacato all’interno dello stabilimento. Dopo un paio di mesi di estenuante attesa e di pesante campagna da parte di Amazon, la maggioranza dei lavoratori ha bocciato l’ipotesi, consegnandosi così mani e piedi nelle braccia dell’azienda, rifiutandosi cioè di costituirsi collettivamente per la contrattazione delle proprie condizioni normative e salariali.

Diciamo fin da subito che non schiumiamo di rabbia per il comportamento operaio a Bessemer e di quello – conseguente – del sindacato RWDSU che si era proposto. La storia del movimento operaio, al riguardo, ne racconta di ogni specie e chi ha avuto la possibilità di trovarsi in lotte operaie e proletarie non può che confermare. E una certa Rosa Luxemburg ci metteva in guardia al riguardo:


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Eleonora Fiorani: Materialismo dialettico e questione ecologica

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Materialismo dialettico e questione ecologica

di Eleonora Fiorani*

Il testo che segue è tratto da una intervista radiofonica realizzata il 27 febbraio 1988 nel corso della trasmissione “A VOCE – rivista parlata per una cultura antagonista” da Radio Città 103 di Bologna, venne pubblicato sulla rivista “La Contraddizione” nel numero 12, del maggio-giugno 1989. Ringraziamo Roberto Sassi per averlo recuperato e rimesso in circolazione

Burani
              nuovo e belloLa “sparizione del marxismo” e le forze produttive

Ormai non si parla nemmeno più di “crisi del marxismo”, il marxismo è un pensiero “dimenticato” ed è un pensiero dimenticato nella misura in cui,oggi, è in crisi il concetto stesso di “modernità”. Il marxismo è pensiero della modernità, è la teoria che analizza gli elementi fondamentali della realtà, dal punto di vista della produzione e del modo col quale l’uomo vive la cosiddetta “seconda grande rivoluzione” che è quella industriale. Oggi, che viene messa in discussione la stessa rivoluzione industriale, vengono messi in discussione i contenuti della modernità, oggi il marxismo sembra sparito. In realtà non c’è nei media, in realtà è un momento di assenza dovuto a una serie di cause estremamente complesse.

Una delle cause più interessanti è l’emergere, drammaticamente oggi, della polemica sulle “forze produttive”. Contrariamente a tutta l’analisi che è stata fatta nel momento “caldo”, quando le forze produttive sono state incorporate direttamente nel capitale (sia nell’organizzazione del lavoro che nel modo di produzione) e che ha interpretato questo processo come “salto” diverso del capitalismo, Marx sosteneva che c’è una contraddizione fondamentale tra mezzi e modi di produzione, tra forze produttive e rapporti di produzione. Sosteneva che un sistema “crolla”, ma anche che ci vuole sempre il “becchino”, perché niente crolla da solo. Ed è questo il grande contributo di Lenin che ha esaminato questo becchino fino in fondo.


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nucleo comunista internazionalista: A furor di scienza, a furor di stato, a furor di popolo

nucleocomunista

A furor di scienza, a furor di stato, a furor di popolo

di nucleo comunista internazionalista

Vaccini, vaccini e ancora vaccini. Militarizzato il settore della sanità. L'imbarazzo dell'attuale movimento di classe

caligariLa campagna militar-vaccinale procede a tappe forzate. Il governo italiano primo, e se non ci sbagliamo unico al momento caso al mondo, ha decretato l’obbligo di vaccinazione cioè la militarizzazione dei lavoratori del settore sanitario dando una indubbia dimostrazione di forza. Grazie all’altrettanto indubbio consenso politico-sociale che sorregge la campagna militar-vaccinale e sfruttando la condizione attuale di totale smarrimento ed impotenza della classe lavoratrice italiana.

Le operazioni procedono seppur incappando in una serie di contrattempi che ne rallentano il ritmo. Stranamente scaturiti principalmente dalle “complicazioni” registrate sul campo (sul corpo degli esseri umani) relative, a quanto pare, ad un solo particolare tipo di vaccino, quello anglo-svedese di Astra Zeneca. A cui nel frattempo hanno pensato bene di cambiare nome per motivi di marketing. Stranamente, perché proprio questo vaccino risulta “miracoloso” (parola chiave usata ripetutamente da virologi ed esperti vari che accettiamo e adopereremo anche noi) in Gran Bretagna dove, così ci dicono, la malattia Covid 19 è in via di drastico contenimento. Assai meno “miracolosa” invece la serie di “effetti collaterali” alla sua somministrazione in Europa continentale. Misteri… “della scienza”.

In proposito ci ha colpito il paragone fatto dall’ineffabile Alessandro Sallusti fra le vittime degli “effetti collaterali” di questa immensa sperimentazione di massa in atto ed i soldati alleati falciati “da fuoco amico durante lo sbarco in Normandia: mica per questo si è fermata allora l’operazione di liberazione dal Male”!


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Marco Cedolin: Si è aperto il più grande processo italiano per crimini ambientali

dolcevita

Si è aperto il più grande processo italiano per crimini ambientali

di Marco Cedolin

Abbiamo parlato diffusamente lo scorso anno dello scandalo dei Pfas, a causa del quale solamente in Veneto oltre 350mila persone hanno bevuto per decenni, e continuano a bere, acqua pesantemente contaminata da sostanze tossiche in grado di provocare malattie degenerative del cervello, una lunga serie di tumori, cardiopatie e malattie collegate al diabete, solo per citare alcune delle moltissime patologie messe in relazione con l’accumulo di questi veleni all’interno del corpo umano nel corso di molteplici studi.

L’inquinamento da Pfas, sostanze vietate negli stati Uniti dal 2001 a causa della loro tossicità per l’ambiente e gli esseri viventi e considerate dalla Commissione europea interferenti endocrini dal 2009 non riguarda solamente il Veneto (che comunque risulta essere la più vasta zona oggetto di contaminazione), ma anche la provincia di Alessandria, quella di Pisa, i bacini dei fiumi Lambro e Olona in Lombardia, il distretto tessile di Prato e il Polo conciario campano.

Finalmente nello scorso mese di marzo al tribunale di Vicenza si è aperto, dopo otto anni di denunce e un anno e mezzo di udienze preliminari, quello che può essere considerato il più grande processo per crimini ambientali italiano.


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Manlio Dinucci: Moby Prince, la pista Usa

manifesto

Moby Prince, la pista Usa

di Manlio Dinucci

Da venticinque anni, i familiari chiedono invano la verità. Dopo tre inchieste e due processi

«Mayday Mayday, Moby Prince, siamo in collisione, prendiamo fuoco! Ci serve aiuto!»: questo il drammatico messaggio trasmesso venticinque anni fa, alle 22:25:27 del 10 aprile 1991, dal traghetto Moby Prince, entrato in collisione, nella rada del porto di Livorno, con la petroliera Agip Abruzzo. Richiesta di aiuto inascoltata: muoiono in 140, dopo aver atteso per ore invano i soccorsi. Richiesta di giustizia inascoltata: da venticinque anni, i familiari chiedono invano la verità. Dopo tre inchieste e due processi. Eppure essa emerge prepotentemente dai fatti. Quella sera nella rada di Livorno c’è un intenso traffico di navi militari e militarizzate degli Stati uniti, che riportano alla base Usa di Camp Darby (limitrofa al porto) parte delle armi usate nella prima guerra del Golfo. Ci sono anche altre misteriose navi. La Gallant II (nome in codice Theresa), nave militarizzata Usa che, subito dopo l’incidente, lascia precipitosamente la rada di Livorno.


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Guido Salerno Aletta: Lifecare State, il nuovo Leviatano

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Lifecare State, il nuovo Leviatano

Potere assoluto per la Protezione della vita umana e del Pianeta

di Guido Salerno Aletta

A partire dagli anni Ottanta, con una crisi dopo l'altra, il liberismo ha costretto gli Stati a smantellare il sistema di diritti sociali creato con il Welfare State nelle due patrie del capitalismo, nell'Inghilterra di Lord Beveridge e negli Stati Uniti di F. D. Roosevelt.

La liberalizzazione dei movimenti di capitale e la apertura dei mercati ha reso ingestibili i processi di crescita.

Da un anno a questa parte siamo di fronte ad un nuovo passaggio, cruciale, che riguarda i diritti di libertà e la legittimazione del potere degli Stati.

Dopo secoli di lotta contro Monarchi assoluti ed i Dittatori di ogni genere, in Occidente stanno evaporando senza un sussulto i presidi, le garanzie ed i limiti che sono stati imposti agli Stati con le Costituzioni democratiche.

Sono diventate carta straccia.


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Adam Buick: Il covid e il dilemma non necessario del capitalismo

antropocene

Il covid e il dilemma non necessario del capitalismo

di Adam Buick

La crisi provocata dalla pandemia di coronavirus ha messo chiaramente in luce la natura del capitalismo come sistema in cui la maggior parte delle persone dipende da un reddito da lavoro dipendente. Si trovano in questa posizione perché esclusi dalla proprietà e dal controllo dei luoghi in cui lavorano per produrre ricchezza. Questi sono in mano a una minoranza, generalmente delle corporation, che li utilizzano al solo scopo di produrre beni e servizi per un profitto.

Per ottenere il denaro utile ad acquistare ciò di cui hanno bisogno, la maggioranza esclusa deve entrare nel mercato del lavoro e vendere con successo la propria forza-lavoro in cambio di un salario od uno stipendio. Quelli che hanno un lavoro stabile e quindi un reddito regolare, riescono a convincere una banca o un istituto di credito a concedere loro un prestito a lungo termine per l'acquisto di un appartamento, che sarà loro se rimborseranno il mutuo con gli interessi. Quelli che hanno un lavoro precario e scarsamente retribuito devono fare affidamento sui sussidi statali o sull'economia informale per sopravvivere. Coloro che sono inabili al lavoro, a causa di una lunga malattia o di una disabilità, devono fare affidamento esclusivamente sui magri sussidi concessi dallo Stato.


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tonino

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Apr 20, 2021, 1:57:36 AM4/20/21
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Elisabetta Teghil: “Analisi concreta di cose concrete”

Coordinamenta2

“Analisi concreta di cose concrete”

di Elisabetta Teghil

donghi 180«non esiste una verità astratta, la verità è sempre concreta»
Lenin

Se il pensiero dialettico, come diceva Lenin, consiste nell’«analisi concreta delle condizioni e degli interessi delle diverse classi» significa che deve analizzare il tempo presente e gli interessi di classe nel tempo presente e prima di tutto definire sempre nel tempo presente la composizione di classe.

Il neoliberismo è la struttura ideologica della borghesia transnazionale che ha portato avanti in questi anni una guerra all’interno della propria classe senza esclusione di colpi e ha ridotto le borghesie nazionali ad un ruolo di servizio e proletarizzato la piccola e media borghesia. Ci troviamo di fronte a un variegato insieme di strati sociali oppressi e vessati dal neoliberismo, un arco che va dalle classi medie impoverite al sottoproletariato urbano, agli immigrate e alle immigrate. Questa composizione ha fatto sì che molti abbiano gridato alla scomparsa delle classi sociali, alla definizione di un insieme sociale caratterizzato da fluidità e quindi difficilmente catalogabile ed inquadrabile.

Ma è la vessazione neoliberista che accomuna tutti questi strati sociali seppure in modalità e con livelli di sfruttamento diversificati ma solo apparentemente in contraddizione. E’ proprio l’operare dell’ideologia neoliberista che vorrebbe far credere alla scomparsa delle classi e che inoltre mette in atto una serie di meccanismi molto precisi, ma anche di facile lettura, per fomentare uno strato sociale contro l’altro.

Abbiamo assistito in questi anni ad una lunga serie di tentativi, nella maggior parte dei casi riusciti, di mettere impiegati contro commercianti, cittadini contro dipendenti pubblici, precari contro così detti garantiti, insegnanti contro genitori, proletari delle periferie contro immigrati, uomini contro donne…e, tanto per rimanere all’attualità, vaccinati contro non vaccinati, fragili contro tutelati, chi ha avuto dei sussidi contro chi non li ha avuti…


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Anselm Jappe: Una storia della critica del valore attraverso gli scritti di Robert Kurz

blackblog

Una storia della critica del valore attraverso gli scritti di Robert Kurz

di Anselm Jappe

Robert Kurz friend correttoRobert Kurz, il principale teorico della «critica del valore» in Europa, è morto il 18 luglio 2012 a Norimberga, in Germania, a causa di un errore medico; aveva 68 anni. Questa morte prematura ha interrotto un lavoro immenso che durava da 15 anni, e che in Francia si comincia appena ora a conoscere. Nato nel 1943 a Norimberga, dove ha trascorso tutta la sua vita, Kurz partecipa in Germania, nel 1968, alla «rivolta degli studenti» e alle intense discussioni in seno alla «nuova sinistra». Dopo una brevissima adesione al marxismo-leninismo, e senza aderire ai «Verdi» nel momento in cui effettuavano in Germania la loro svolta «realista», nel 1987 fonda la rivista "Marxistische Kritik", ribattezzata "Krisis" qualche anno più tardi. La rilettura di Marx, proposta allora da Kurz e dai suoi primi compagni di lotta (tra cui Roswitha Scholz, Peter Klein, Ernst Lohoff e Norbert Trenkle), non li ha certo portati a farsi degli amici nella sinistra radicale. Tutti quelli che hanno visto i propri dogmi - come la «lotta di classe» e il «lavoro» - rovesciati e abbattuti uno dopo l'altro, in nome di una messa in discussione delle basi stesse della società capitalista: valore mercantile e lavoro astratto, denaro e merce, Stato e nazione. Kurz, autore prolifico e scrittore vigoroso, sovente polemico, collaboratore regolare di alcuni importanti giornali, soprattutto in Brasile, conferenziere notevole, sceglie tuttavia di rimanere al di fuori dell'università e delle altre istituzioni accademiche, e decide di vivere grazie a un lavoro proletario: vale a dire, impacchettando la notte le copie di un giornale locale.


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Giovanni Mazzetti: Tre documenti relativi ad un momento chiave (1983) dell'instaurarsi della crisi attuale

centrostudieiniz

Tre documenti relativi ad un momento chiave (1983) dell'instaurarsi della crisi attuale

Presentazione di Giovanni Mazzetti

Formazione on line, Quaderno n. 4/2021

Screenshot 2021 04 19 Microsoft Word 1. Ogni generazione passa alle successive una serie di conquiste materiali nelle condizioni di vita che ha realizzato durante la sua esistenza. Nel nostro caso, ad esempio, si tratta dell’acqua corrente direttamente a casa, invece che da attingere alle fontane pubbliche o addirittura alla sorgente; dell’illuminazione elettrica pubblica e privata, al posto delle torce e delle candele; della capacità di leggere e di scrivere, invece di far affidamento sulla sola trasmissione orale del sapere; dello sviluppo della medicina scientifica, al posto delle pratiche magiche preesistenti; delle forme di comunicazione istantanea a distanza, in luogo delle vecchie lettere postali; ecc. Ma quasi sempre trasmette allo stesso tempo la convinzione, delle generazioni che quelle conquiste hanno realizzato, che il modo in cui esse sono state acquisite sia qualcosa di intrinseco ad esse, e quindi insuperabile. Come sottolinea Marx, riferendosi ad un aspetto di quest’intreccio tra innovazione e conservazione, poiché i borghesi hanno introdotto il sistema industriale di produzione, si giunge maldestramente alla conclusione che gli impianti industriali non possano esistere altrimenti che come capitale.

La comprensione di ciò che è implicito in questo modo di comportarsi è complicata dal fatto che, non diversamente dagli altri animali, gli esseri umani tendono a sottrarsi ai cambiamenti quando questi sembrano non essere stati determinati dalla loro volontà. E infatti in un primo momento rifiutano ciò che contraddice le loro aspettative “spingendo per ripristinare lo stato di cose precedente”; stato di cose che, “l’influenza perturbatrice di fattori considerati esterni” tende a modificare.


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Pierluigi Fagan: Sovrano è chi decide. E chi decide è chi ha il potere di decidere

lantidiplomatico

Sovrano è chi decide. E chi decide è chi ha il potere di decidere

di Pierluigi Fagan*

Il 20 gennaio, Joe Biden prende ufficialmente possesso della Casa Bianca, sei giorni dopo cade il Governo Conte, tre settimane dopo, entra in carica il Governo Draghi. Tre settimane dopo si dimette da segretario PD Zingaretti e pochi giorni dopo torna dalla legione straniera francese lo sbiadito Letta.

Molinari a nomina Exor quindi casa Agnelli, è già direttore di Repubblica da un anno. I primi di Aprile, il nuovo ed indaffarato Presidente del Consiglio italiano trova il tempo per far la sua prima visita estera in Libia dove si sta tentando una via di stabilizzazione ancora incerta basata su un governo di origine affaristico-tripolitana, ovvero la parte salvata dalla capitolazione contro le armate di Haftar (Egitto, Russia, Emirati Arabi, Francia), dalla Turchia.

Ma qualche giorno dopo, il cauto e diplomatico Draghi dà del dittatore a Erdogan nel mentre il capo del governo libico e con lui mezzo governo si reca in Turchia a portare omaggi e prender ordini.


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comidad: Draghi sta lì a confonderti, non a convincerti

comidad

Draghi sta lì a confonderti, non a convincerti

di comidad

Draghi ci ha fatto sapere che il presidente turco Erdogan è un “dittatore” ma che comunque un accordo con lui bisogna trovarlo. Si tratta della stessa linea tracciata da Biden nei confronti dell'Unione Europea: Erdogan è “cattivo” ma dovete sciropparvelo lo stesso. I media fanno eco: Erdogan è “dittatore”, è macho, maltratta le donne, ma tiene l’Europa per i cosiddetti, poiché ha sul suo territorio qualche milione di profughi siriani che potrebbe lanciarci contro come migranti.

L’Unione Europea dovrà perciò sganciare ancora qualche miliardo per indurre il “dittatore” a tenersi i profughi. Ecco una situazione ghiotta per allestire un bel dibattito morale, se debba prevalere la difesa dei “diritti umani” oppure la realpolitik. Il presidente USA Harry Truman diceva: “Se non puoi convincerli, confondili”. Truman sarebbe stato molto più sincero se avesse detto: anche se puoi convincerli, confondili lo stesso, perché le convinzioni passano, mentre la confusione rimane.


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Lorenzo De Piccoli: La rivoluzione dei computer quantistici tra scienza, economia e politica

kriticaeconomica

La rivoluzione dei computer quantistici tra scienza, economia e politica

di Lorenzo De Piccoli

Nel linguaggio colloquiale e nei mass media, la fisica quantistica è spesso dipinta come una branca della scienza particolarmente astrusa e incomprensibile, tanto da essere impiegata talvolta proverbialmente come la disciplina “difficile” per eccellenza; non sorprende affatto quindi la grande quantità di incomprensioni e mistificazioni intorno a un importante ambito di applicazione della fisica quantistica, ovvero la computazione quantistica.

Nonostante questo argomento venga spesso completamente ignorato o presentato in maniera assai approssimativa dai media generalisti, questa tecnologia è al centro di una vera e propria corsa agli armamenti del nuovo millennio, in cui a competere sono in particolare Stati Uniti e Cina, e che avrà in futuro implicazioni di grande portata, anche se ad oggi ancora difficili da prevedere.

Nel corso di questo articolo, spiegheremo concisamente di che cosa si parla esattamente quando si parla di “computer quantistico”, e di che cosa può fare un computer quantistico rispetto a un computer “classico”, nelle sue possibili applicazioni negli ambiti militari, scientifici ed economici.


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ilsimplicissimus: Quei conti che non tornano mai

ilsimplicissimus

Quei conti che non tornano mai

di ilsimplicissimus

Come faccio ormai da un anno ogni tanto aggiorno le cifre, se non altro quelle che giungono dall’Istat, per mettere a nudo, senza possibilità di scampo, la mistificazione che viene operata. Lo faccio anche se mi rendo conto che qualsiasi ragionamento è inutile per chi vive di paura e comunque non riesce a stonare nel coro, viene emotivamente trasciato nella trenodia dei media Dunque secondo l’Istituto di statistica che rimane fermo ai numeri forniti per l’anno scorso vi sarebbero stati nel 2020 100.526 morti in più rispetto alla media degli scorsi 5 anni, dunque con un aumento del 15, 6 percento. Si tratta di cifre che apparentemente paiono giustificare tutti i provvedimenti anticostituzionali e la distruzione di una notevole parte dell’economia del Paese ed è con questa angolazione che le ha presentate l’informazione mainstream, ma che invece, letti con un’attenzione che i più ormai non sono in grado di esercitare, decostruiscono la narrazione apocalittica e pongono invece enormi problemi proprio sui modi con cui è stata gestita la pandemia e sulla marea di morti di stato.


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Camilla Emmenegger: Maschere democratiche. La figura dell’ipocrisia tra storia e critica

micromega

Maschere democratiche. La figura dell’ipocrisia tra storia e critica

di Camilla Emmenegger

Schermata del 2021 04 18 18 08 11Per Leonard Mazzone, il quale l'ha argomentato in "Ipocrisia. Storia e critica del più socievole dei vizi", (uscito da poco per Orthotes), la nostra vita politica è affollata di esempi di “ipocrisia democratica”, dal tradimento sistematico dei valori di eguale libertà, pure affermati in generale. Si tratta di una strategia di immunizzazione dal potere della critica.

Tra il 2015 e il 2016 la deregolamentazione del mercato del lavoro prevista dal Jobs Act – che include tra le altre cose l’eliminazione dell’obbligo di reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa – è stata promossa dal governo in carica in nome dei benefici che ne sarebbero derivati per i lavoratori, soprattutto in termini di aumento dell’occupazione. Tra il 2018 e il 2019 il primo governo Conte ha giustificato la politica dei “porti chiusi” sostenendo che le nuove misure avrebbero dissuaso i migranti a partire dalle coste nordafricane, diminuendo così il numero di morti nel mar Mediterraneo. Più recentemente, l’operazione politica che ha portato alla nomina di Mario Draghi a Presidente del Consiglio è stata presentata come l’unica soluzione possibile per far fronte a un’emergenza politica e istituzionale, al punto da ottenere uno dei sostegni più ampi nella storia della Repubblica.

Secondo l’analisi proposta da Leonard Mazzone in Ipocrisia. Storia e critica del più socievole dei vizi, uscito da poco per Orthotes, questi sono tutti esempi di “ipocrisia democratica”.


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Bollettino Culturale: Discussione sulla Modern Monetary Theory: pregi e limiti

bollettinoculturale

Discussione sulla Modern Monetary Theory: pregi e limiti

di Bollettino Culturale

unnamed90885fyIntroduzione alla MMT

Secondo la Modern Monetary Theory (MMT), le principali difficoltà di bilancio che ogni paese deve affrontare sono, in realtà, poste dai governi stessi che seguono la visione ortodossa della "finanza sana". Cerchiamo di affrontare le principali intuizioni della MMT. Quando si discute della visione della MMT, si parte principalmente dalle idee di Randall Wray, il principale esponente di questa linea di pensiero.

La base teorica della MMT è la Finanza Funzionale di Abba Lerner e la nozione cartalista nozionale della valuta di Knapp. Entrambe le teorie mettono in discussione la visione convenzionale ed egemonica della condotta delle politiche macroeconomiche. In considerazione di ciò, si propone di sollevare le principali critiche della MMT alla visione ortodossa della "finanza sana", difesa dal New Macroeconomic Consensus (NMC). La MMT evidenzia importanti intuizioni che consentono di comprendere la necessità di un regime fiscale più flessibile, che dia spazio ad azioni strategiche di governo, con l'obiettivo principale di mantenere la piena occupazione.

La MMT parte dalla teoria cartalista della moneta, secondo la quale lo Stato ha la prerogativa di emettere la moneta e, attraverso la riscossione delle tasse denominate in quella moneta, imporre le sue richiesta alla società. La moneta fiat è vista come un "simbolo" che rappresenta per il pubblico la capacità di far fronte agli oneri con lo Stato.


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Alessandro Visalli: Piccole glosse ad un post di Vincenzo Costa: la fine della Unione Europea

tempofertile

Piccole glosse ad un post di Vincenzo Costa: la fine della Unione Europea

di Alessandro Visalli

von der lyenA partire dalla crisi del 2007 un neolingua si fa avanti. O meglio, a partire dal dispiegarsi degli effetti sociali della crisi sistemica innestata dal crollo della piramide dei debiti intrecciati ed incorporati nei meccanismi riproduttivi della società. Questa neolingua indica l’asserragliamento dei “Giusti” nella difesa delle categorie (rapresentation matters), nella politica delle identità che ne consegue, la ricerca di una zona senza traumi (safe space) ben presidiata da virtue signaling. In un interessante libro (anche se radicalmente aneddotico) da poco uscito[1] viene citato un raccontino di Meghan Daum sulla metropolitana di New York:

“era mezzanotte, nel vagone c’era poca gente: due ragazzi discutevano tra loro, un gruppo di ragazze in minigonna. A un certo punto sale un senzatetto, nero, barcollante, non si capiva se strafatto, ubriaco o con qualche problema psichiatrico (Daum scommette su tutte le cose insieme).

La accosta, lei non se lo fila, lui ripiega sul gruppo di ragazze. Che continuano per qualche fermata a chiacchierare con lui, secondo la (plausibile) interpretazione di Daum perché sono compiaciute del loro rivolgere generosamente la parola a un disagiato, e perché a loro sembra una creatura esotica allo zoo. Quando arriva alla sua fermata, il tizio si avvia all’uscita lanciando baci e auguri alle ragazze, e dicendo a Daum ‘tu invece passa una notte di merda, stronza’.


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Leanna First-Arai: La distruzione dell'ecosistema ha alimentato la pandemia. La contaminazione ambientale ha fatto il resto

antropocene

La distruzione dell'ecosistema ha alimentato la pandemia. La contaminazione ambientale ha fatto il resto

di Leanna First-Arai

Il 30 dicembre 2019, un'e-mail urgente è circolata su Internet. In essa la commissione sanitaria del municipio di Wuhan segnalava il trattamento di più pazienti con "polmonite da causa sconosciuta". Da allora, i ricercatori hanno identificato gli anticorpi del SARS-CoV-2, il virus che causa il Covid-19, in campioni ematici e salivari di Stati Uniti, Francia e Italia, lasciando intendere che l'esposizione umana al virus potrebbe essersi verificata ben prima di quel cluster individuato a Wuhan, in Cina. Gli scienziati sono ben lungi dall'individuare le condizioni esatte in cui il Covid-19ha avuto origine. Ma il lavoro è in corso.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità e una Commissione Covid-19 di The Lancet stanno tentando il tracciamento del Covid per capire come le autorità responsabili della salute pubblica potrebbero in futuro prevenire pandemie di tali proporzioni. Nel frattempo, gli epidemiologi concordano sul fatto che gli umani hanno contratto il virus verosimilmente dai pipistrelli, attraverso una trasmissione correlata a quegli stessi cambiamenti nell'uso del suolo che contribuiscono alla crisi climatica.


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Guido Viale: Quale anticapitalismo?

facebook

Quale anticapitalismo?

di Guido Viale

Molte compagne e compagni (di strada?) insistono nel qualificare le loro idee, prassi e lotte come “anticapitaliste” senza mai chiedersi veramente che cosa significhi. Per molti è sottinteso che al di là del capitalismo non può esserci che un esito obbligato: il comunismo o il socialismo; che il capitalismo non sia che un bozzolo entro cui cresce una larva pronta a trasformarsi in farfalla e a spiccare il volo quando il bozzolo verrà perforato. Non la pensava così Marx, che sosteneva sì, che il capitalismo alleva in seno il suo antagonista, ma rifiutava di delineare la società futura perché non aveva mai pensato che fosse già tutta presente in nuce in quelle “forze produttive” a cui il capitale impedirebbe di manifestare le proprie potenzialità. Che è invece una tesi, mai pienamente esplicitata, presente in molti scritti del neo-operaismo. La questione investe il rapporto tra le forme dei conflitti e delle iniziative che si scontrano con il dominio del capitale e i connotati di un “altro mondo possibile”.

Oggi al modello di comunismo come statalizzazione di tutti gli aspetti della vita – passaggio obbligato verso la società senza classi - non si rifà più nessuno: è fallito per sempre con l’esperimento sovietico.


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Paolo Cacciari: Oltre l’immaginario del dominio

comuneinfo

Oltre l’immaginario del dominio

di Paolo Cacciari

Quelli di sopra hanno deciso: per affrontare le crisi profonde che viviamo occorre affidarci alle grandi imprese e alle fondazioni filantropiche. Per questo parlano di transizione senza dire dove andare e come farlo. Tuttavia, esperienze e tentativi di vivere senza creare ogni giorno il capitalismo esistono ovunque. Di certo, ricorda Paolo Cacciari, «non basta una semplice giustapposizione di rivendicazioni… Per fuoriuscire dall’economicismo capitalista, ci spiegano i movimenti femministi, bisogna uscire dall’immaginario del dominio (antro e androcentrico) e entrare nell’ordine di idee della cura di sé stesse/i, degli altri/e, del pianeta…»

Partiamo dalla diagnosi, per capire se siamo d’accordo sulla prognosi. La crisi che sta attraversando il mondo occidentale, e non solo, è profonda, strutturale, di senso. Lo ammettono persino le elite tecnocratiche globalizzate che detengono il potere economico concentrato in una manciata di super conglomerati, trast transnazionali, che si sentono franare il terreno sotto i piedi.


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lorenzo merlo: L’orrore di fondo

sinistra

L’orrore di fondo

di lorenzo merlo

Nonostante si sia a un passo dal baratro, avanziamo spediti col vento in poppa della scienza e della tecnologia verso i successi nascosti nell’era digitale. Nonostante qualcuno ci stia informando che potrebbe andare diversamente, non sappiamo rispondergli altro che: “Che vuoi tu, stupido essere inferiore?” E allora, ecco qualche stupida illazione.

L’ecosistema può essere definito come un corpo al quale non si possono sottrarre o aggiungere parti. Se così fosse, ecosistema e bioregione sarebbero sinonimi di equilibrio.

È una considerazione banale. Ma non per tutti.

A capitanare la crociata di un’altra verità, non naturale ma arrogante, quindi umana, è la cosiddetta scienza, quella con la quale chiunque è disposto a riempirsi la bocca per dimostrare che più in là non si può andare. Per affermare l’ultima verità. E chi non ci crede è semplicemente un idiota. È il trionfo dello scientismo, religione che vede tra i propri adepti la maggioranza degli scienziati. Lo si trova nei sussidiari delle elementari, nei genitori fieri di mostrare come girino gli elettroni, nei copy pubblicitari, in bocca ai giornalisti, nei titoli dei giornali.


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tonino

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Apr 22, 2021, 2:28:15 AM4/22/21
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Filippo Violi: L’oracolo di Essen. Per un esercizio di militanza rivoluzionaria

contropiano2

L’oracolo di Essen. Per un esercizio di militanza rivoluzionaria

di Filippo Violi

oracolo essenSillogismi, ragionamenti contrapposti, contraddittori (antilogia), vogliono provare che le stesse cose possono essere buone o cattive, giuste o ingiuste. Ad esempio che le navi si scontrino, per l’armatore è male, ma per i costruttori è bene. Che un prezzo di un bene prodotto dalla terra aumenti per l’agricoltore è positivo per il commerciante è negativo. E si possono mettere giù milioni e milioni di esempi a tal proposito.

Attraverso questa tesi, Protagora (in ragionamenti demolitori) cercava di allenare i discepoli alla discussione. E questa potrebbe essere una delle tante linee di pensiero (o di fuga) che percorrendola incontra, su un avamposto militante, il manoscritto “Servire Dio e Mammona”, di Leo Essen, edito da L’Antidiplomatico 2021.

Ma ce ne sarebbero tante altre, come ad esempio la tendenza a cercare nell’uomo – e non fuori – i criteri del pensiero, lo studio, l’analisi razionalistica e allo stesso tempo antiaccademica che mette tutto in discussione e non accetta nulla se non attraverso il vaglio critico, e quindi lo scontro, o la discussione in senso agonistico per dirla ancora con Protagora.

Oppure, l’inclinazione verso la dialettica e il paradosso tipica dei sofisti, col tentativo però di andare oltre lo sterile relativismo conoscitivo e morale, semplicemente seguendo la passione incondizionata per la verità e il rifiuto di ridurre la filosofia a retorica fine a se stessa.


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Marco d'Eramo: Scienziati o esperti? Come il Covid ha cambiato il rapporto tra scienza e società

micromega

Scienziati o esperti? Come il Covid ha cambiato il rapporto tra scienza e società

di Marco d'Eramo

Nessuno è più distante dallo scienziato quanto l’esperto. Tanto più quando i fatti sono incerti, la posta in gioco alta e le decisioni urgenti come in una situazione di pandemia, dove l’interesse politico legittima alcune letture scientifiche e non altre

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            800x594Non abbiamo mai visto tanti camici bianchi come nell’ultimo anno: epidemiologi, virologi, infettivologi, medici e primari di tutte le specializzazioni, da rianimazione a pneumologia, spuntano come funghi da ogni telegiornale, in ogni social medium. Grazie al Covid sembra che gli scienziati abbiano fatto irruzione nella nostra vita. Ma è un’invasione destinata a diventare occupazione permanente, oppure è un fenomeno transitorio? Forse è giunto il momento di chiedersi come se l’è cavata la scienza in questo frangente e come è cambiato il rapporto tra scienza e società, un rapporto ambiguo, almeno a stare alle resistenze che nel mondo si manifestano contro la vaccinazione, persino tra gli stessi operatori sanitari.

Intanto, come ha fatto osservare Isabelle Stengers in una recente intervista, questo rapporto va inquadrato in una situazione di panico. Una parola scomoda da usare, perché a nessuno fa piacere ammettere di essere preda di questo sentimento. Eppure la parola è appropriata:

“il confinamento va capito a partire da una reazione di panico. E quando c’è panico dimentichiamo tante cose! Reagiamo sotto la spinta di un’emergenza che impedisce di pensare. Questo panico ci ha guidato, ha accentuato tutte le disuguaglianze sociali, tutti i rapporti di forza … In fondo credo che abbiamo assistito a un’indifferenza a tutto ciò che non era mantenimento dell’ordine pubblico”.

La seconda osservazione di Stengers è che bisogna parlare di scienze al plurale e non di scienza al singolare:


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Mario Tronti: Introduzione agli «Scritti inediti di economia politica» di Marx

machina

Introduzione agli «Scritti inediti di economia politica» di Marx

di Mario Tronti

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              c68f500b2c6d430fa7f577ae57384dc0mv2«Quando il giovane Kautsky domandò a Marx se egli non pensava di pubblicare una edizione completa delle sue opere, Marx rispose: “Queste opere devono prima di tutto essere scritte”. Se si pensa che fu data nel 1881, questa risposta acquista un senso più profondo di quanto non appaia a prima vista. È chiaro che la ricerca marxista non può esaurirsi oggi in una Marx-philologie: perché sarebbe questa veramente la morte del marxismo. È altrettanto chiaro però che da qui bisogna partire, se si vuole riprendere un discorso che con l’opera di Marx abbia un rapporto non di fedeltà – che è atteggiamento passivo – ma di coerenza – che è rapporto attivo di conoscenza e di sviluppo insieme». Così Mario Tronti conclude la prima parte dell’introduzione agli Scritti inediti di economia politica di Marx (inediti in lingua italiana), pubblicati da Editori Riuniti nel 1963 e da lui stesso tradotti. Attraverso questi brani e frammenti, Tronti anticipa anche la rivoluzionaria lettura operaista dei Grundrisse, che in Italia sarebbero stati tradotti solo alcuni anni dopo. Complessivamente, ci fa seguire tutto il cammino marxiano nell’analisi dell’economia politica, dall’inizio fino alla sua lenta morte, il suo ribaltarla dall’interno, mostrando come ciò che sembra un elemento naturale ed eterno è in realtà una forma storica, che dunque può essere rotta e sovvertita. Perché, questo è il punto, «critica dell’economia politica vuol dire per Marx critica del capitalismo». Questa introduzione – purtroppo non più riproposta prima d’ora – è perciò un testo formidabile e fondamentale per comprendere Marx, per condurlo contro e oltre il marxismo, e anche oltre se stesso; è decisivo per comprendere lo straordinario stile trontiano nell’afferrare la radice dei problemi e rovesciarla dal punto di vista della lotta di classe. Portandoci laddove possiamo vivere interamente «il dramma felice del teorico marxista, che si trova a voler distruggere l’oggetto del proprio studio; anzi, a studiare l’oggetto esattamente per distruggerlo: l’oggetto della propria analisi è il proprio nemico».


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Pino Cabras: «Perché le pandemistar non vogliono un'altra normalità»

lantidiplomatico

«Perché le pandemistar non vogliono un'altra normalità»

di Pino Cabras*

Da 430 giorni in qua, ogni volta che mi sintonizzo su La 7 per dare un’occhiata a ‘Otto e mezzo’, vedo praticamente sempre la stessa trasmissione. Un giro ristretto di opinionisti che ripetono a ciclo continuo il medesimo kit di informazioni, invariabilmente incentrate sulla grande crisi che ha sconvolto le nostre esistenze e replica ogni santo giorno uno e un solo film. Mai che si senta una voce davvero dissonante, una visione da un’angolazione diversa, uno scienziato che esca dal giro incestuoso e provinciale delle pandemistar italiote, che pensano di aver salvato più vite di tutti ma affiancano i loro severissimi moniti a un record mondiale di morti che surclassa in proporzione i numeri di tanti altri paesi. Cosa su cui noi altri parlamentari de «L’Alternativa c’è» chiederemo una bella commissione d’inchiesta con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Anche oggi mi sono affacciato al teatrino di Lilli Gruber, ma – a differenza di altre volte – non me ne sono andato dopo i soliti 15 secondi.


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Marco Cattaneo: Gli euroausterici e la Total Factor Productivity

bastaconeurocrisi

Gli euroausterici e la Total Factor Productivity

di Marco Cattaneo

Come noto a chi segue questo blog, gli euroausterici sono una setta di commentatori economici che negano a oltranza, a dispetto di qualsiasi evidenza contraria, che la stagnazione economica italiana abbia qualcosa a che vedere con l’euro, con le regole di funzionamento dell’eurozona e con le massicce dosi di austerità fiscale prescritte all’Italia prima per entrare a far parte del club della moneta unica, e poi per rimanerci.

La stagnazione italiana nasce da moooooolto prima, secondo loro. Tipo venti o trent’anni in anticipo rispetto al fatidico 1° gennaio 1999, data di nascita dell’euro.

Come si concilia tutto ciò con il fatto che il PIL procapite italiano, fino alla seconda metà degli anni Novanta, teneva il passo o addirittura guadagnava terreno rispetto alle medie UE15 ?


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Il Pedante: Il dito...

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Il dito...

di Il Pedante

All'inizio di quest'anno, quando ancora frequentavo il social network Twitter, un esponente di un importante partito italiano mi rivolgeva pubblicamente la critica di concentrare oltremodo la mia attenzione sul tema delle «vaccinazioni». Nello stesso messaggio suggeriva l'immagine di un «drappo rosso» per significare forse il furore con cui reagirei alle discussioni sull'argomento. Da allora sono trascorsi poco più di cento giorni durante i quali, mentre io tacevo, il segretario dello stesso partito è intervenuto sullo stesso social citando vaccini e vaccinazioni non meno di 94 volte, cioè in pratica ogni giorno. Lo stesso partito è poi entrato nel Governo e ha ottenuto alcuni dicasteri, tra i quali quello del Turismo, il cui titolare non si stanca di ripetere che le sorti di uno dei settori produttivi più importanti del nostro Paese dipendono dalla disponibilità di vaccini e dall'avanzamento del piano vaccinale, come mai era successo nella nostra pur secolare storia turistica e sanitaria. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, un presidente di regione dello stesso partito ha pronosticato ieri che le vaccinazioni «stabiliranno un nuovo ordine mondiale». Nientemeno.


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Igor Giussani: Clima. Come evitare un disastro, di Bill Gates

apocalottimismo

Clima. Come evitare un disastro, di Bill Gates

recensione di Igor Giussani

Quando mi accingo a leggere un libro di chiaro orientamento progressista-sviluppista, non mi aspetto ricette miracolose che non possono esistere, spero solo di non dovermi sorbire unicamente centinaia di pagine di ideologismo mal argomentato: insomma, quello che mi è capitato quando ho avuto la malsana idea di sacrificare il mio tempo libero per cose come L’ambientalista ragionevole di Patrick Moore o peggio ancora Elogio della crescita felice di Chicco Testa.

Da questo punto di vista, devo sicuramente ringraziare Bill Gates e ammettere che il suo ultimo parto editoriale Clima. Come evitare un disastro. Le soluzioni di oggi le sfide di domani mi ha in qualche modo riconciliato con con questo tipo di saggistica. E’ doveroso rendere onore al nemico quando dimostra ingegno e capacità, del resto ho sempre considerato Gates una persona tanto criminale quanto intelligente, di sicuro molto più dei suoi detrattori ingenui dediti al cospirazionismo facile che, a colpi di fake news, non fanno altro che portare acqua al suo mulino.


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Domenico Moro: La parabola del M5S da partito alternativo al nuovo centro-sinistra

lordinenuovo

La parabola del M5S da partito alternativo al nuovo centro-sinistra

di Domenico Moro

Beppe Grillo lingua 766x600Il Movimento 5 Stelle (M5S) rappresenta una delle novità più importanti della vita politica italiana degli ultimi dieci anni e ha contribuito anche nel rendere più difficile – certo insieme ad altri più importanti fattori – la rinascita di una aggregazione politica di sinistra radicale e comunista. Per questo è importante chiedersi le ragioni sia della sua rapida ascesa sia dell’altrettanto rapida discesa che sembra stia attraversando nell’ultimo periodo. Una discesa che è speculare alla sua evoluzione da partito alternativo al sistema politico complessivo a partito che sta in una larghissima maggioranza in appoggio al governo Draghi e che sta diventando una costola del nuovo centro-sinistra progettato dal PD a direzione lettiana.

I numeri dell’evoluzione del M5S sono impressionanti. Alle politiche del 2013 il M5S aveva raccolto il 25,56% dei consensi, risultando pressoché appaiato al PD, che prese il 25,43%. Nel 2018 il M5S, presentatosi sempre da solo alle elezioni politiche, raccolse ben il 32,68% dei voti alla Camera dei deputati, risultando il primo partito e staccando di ben 14 punti il secondo partito, il PD, che raccolse appena il 18,76% dei suffragi. In valori assoluti il M5S ebbe 10milioni e 732mila voti contro i 6milioni e 161mila del PD. Si tratta di un distacco tra la prima e la seconda forza politica che nella storia elettorale italiana si è verificato poche volte con questa ampiezza. Però, in soli tre anni di governo, il M5S ha quasi dimezzato, secondo i più recenti sondaggi, la sua quota di elettorato, scendendo dal primo al quarto posto tra i vari partiti. Infatti, al primo posto troviamo la Lega (22%), seguita dal PD (20%), da Fratelli d’Italia (18%) e dal M5S (17%). Senza contare che un terzo dei suoi parlamentari ha abbandonato il partito.


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Paolo Di Remigio e Fausto Di Biase: Il disastro della scuola e l’insostenibile rilancio della sua autonomia

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Il disastro della scuola e l’insostenibile rilancio della sua autonomia

di Paolo Di Remigio e Fausto Di Biase

scuola9085Poiché la realtà si manifesta solo alla conoscenza disinteressata, acquisirla è il fine essenziale della scuola. Insensibile al significato della teoresi, il recente libro ‘Nello specchio della scuola” del ministro Bianchi si mantiene fedele alla riforma dell’autonomia scolastica e alla dispersione dei compiti della scuola tra addestramento al lavoro esecutivo, indottrinamento ideologico e dilettantismo ricreativo. Non la preoccupazione per il disastro della scuola, ma quella per la crisi dell’economia italiana lo induce a invocare come panacea didattica un aumento di spesa in suo favore; infatti non rinuncia al progetto assurdo di ridurre di un anno l’istruzione secondaria e imputa i dati orribili sull’ignoranza degli alunni italiani alla didattica del Novecento, nonostante la sua antica estinzione. Dalle pagine del suo libro esce così assolta l’autonomia scolastica, una rivoluzione dall’alto contro lo spirito della scuola che, discacciatene le discipline, ha dapprima voluto trasformarla in una congerie di istituti professionali legati alle economie locali e infine l’ha ridotta a un’azienda per l’erogazione di servizi assistenziali. Ripromettersi il miglioramento della scuola conservandovi la causa del male, l’autonomia, è un controsenso.

L’acquisizione dell’habitus teoretico è il fine della scuola e ha una sua forma distinta dalle applicazioni pratiche.


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Alessio Giacometti: Il mondo digitale non è sostenibile

iltascabile

Il mondo digitale non è sostenibile

di Alessio Giacometti

Tra emissioni, consumi, rifiuti e impronta ambientale, la rivoluzione informatica è sempre meno ecologica

shutterstock 1794432823La foto è del 1994: un giovane e intrepido Bill Gates si cala con fune e imbragatura in un bosco di abeti. Nella mano sinistra tiene bene in vista un iridescente CD-ROM, la destra è poggiata su una pila di fogli di carta che pareggia in altezza il fusto degli alberi. Il messaggio del ragazzo che vuole portare un calcolatore elettronico su ogni scrivania d’America e del mondo non chiede spiegazioni: guardate quanta informazione ci sta in un disco compatto di memoria, quanta carta ci farà risparmiare l’archiviazione digitale dei dati informatici. Basta già poca immaginazione per intravedere un futuro sfavillante in cui l’informazione, ormai quasi del tutto smaterializzata, viaggerà dal centro pulsante di un microchip fino allo schermo luminoso di un computer che potremo tenere in tasca. Alleggeriremo così la nostra impronta sull’ambiente, muoveremo i dati e non le cose, ci faremo efficienti e sostenibili. È la promessa spregiudicata di una rivoluzione digitale ed ecologica assieme.

A distanza di quasi trent’anni da quello scatto divenuto nel frattempo celebre, il savio e visionario Gates ama ancora farsi passare per guru della sostenibilità digitale, eppure la sua profezia pare essersi realizzata soltanto per metà. La rivoluzione digitale si è in effetti compiuta, almeno in larga parte, mentre la crisi climatica è sempre lì che incombe, anzi: sempre più. Ridimensionato l’ottimismo acritico della prima ondata per l’innovazione digitale – già messo in discussione, su basi economiche e politiche, da autori come Evgeny Morozov – le cosiddette ICT (information and communications technologies) hanno alla fine deluso le aspettative più rosee di riduzione dell’impatto ambientale.


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Fabrizio Marchi: Deliquio di Acerbo (R.C.) contro Marco Rizzo (PC)

linterferenza

Deliquio di Acerbo (R.C.) contro Marco Rizzo (PC)

di Fabrizio Marchi

Il segretario di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo – forse solo per dare segni di vita – ha pesantemente attaccato (insultato?…) il segretario del Partito Comunista, Marco Rizzo, asserendo o insinuando ( e soprattutto deformando quanto ha dichiarato) che le sue argomentazioni sarebbero quelle tipiche dei “rozzobruni e della destra clericofascista”, accusandolo, di fatto, anche se indirettamente (cito testualmente: “Il Pci votava con le formazioni laiche e liberali le riforme sui diritti, non si alleava con la parte più retriva delle gerarchie cattoliche e i fascisti…”) di volersi alleare con le gerarchie cattoliche e addirittura con i fascisti per ragioni di mero opportunismo, cioè per accattivarsi le simpatie di settori popolari che hanno introiettato la propaganda di destra. Di seguito il link del suo outing:

https://www.facebook.com/acerbomaurizio/photos/a.792560544157318/3840570226022986


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Manlio Dinucci: Ucraina, bomba Usa in Europa

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Ucraina, bomba Usa in Europa

di Manlio Dinucci

Caccia F-16 Usa, inviati dalla base di Aviano, sono impegnati in «complesse operazioni aeree» in Grecia, dove ieri è iniziata l’esercitazione Iniochos 21.

Essi appartengono al 510th Fighter Squadron di stanza ad Aviano, il cui ruolo è indicato dall’emblema: il simbolo dell’atomo, con tre fulmini che colpiscono la terra, affiancato dall’aquila imperiale. Sono dunque aerei da attacco nucleare quelli impegnati dalla US Air Force in Grecia, che ha concesso nel 2020 agli Stati uniti l’uso di tutte le sue basi militari.

Partecipano all’Iniochos 21 anche cacciabombardieri F-16 e F-15 di Israele ed Emirati Arabi Uniti. L’esercitazione si svolge sull’Egeo a ridosso dell’area comprendente Mar Nero e Ucraina, dove si concentra la maxi esercitazione Defender-Europe 21 dell’Esercito Usa.

Queste e altre manovre militari, che fanno dell’Europa una grande piazza d’armi, creano una crescente tensione con la Russia, focalizzata sull’Ucraina. La Nato, dopo aver disgregato la Federazione Iugoslava inserendo il cuneo della guerra nelle sue fratture interne, si erge ora a paladina dell’integrità territoriale dell’Ucraina.


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Anderson Deo: Lukács e la possibilità di una di una Ontologia sociale critica

filosofiainmov

Lukács e la possibilità di una di una Ontologia sociale critica

di Anderson Deo

La recente pubblicazione di una raccolta di saggi, Georg Lukács and the Possibility of Critical Social Ontology, ha riaperto il dibattito sulla possibilità di elaborare e definire un’ontologia sociale critica. Il libro si concentra sulle molteplici dimensioni del pensiero di Lukács, ma soprattutto con maggiore enfasi e interesse sull’Ontologia dell’essere sociale di Lukács, che è probabilmente il tentativo più riuscito della definizione di una tale ontologia sociale critica, anche se la sua conoscenza non è tanto diffusa, quanto meriterebbe un’opera di tale densità e maturità teorica. La raccolta, curata da Michael Thompson, conta su 14 articoli divisi in 4 sezioni, con autori di vari paesi, che hanno dedicato i loro saggi alla comprensione e al dibattito dell’opera di György Lukács.

Nella prima parte, intitolata “Aspetti fondamentali dell’Ontologia dell’essere sociale di Lukács”, Antonino Infranca, Miguel Vedda, Endre Kiss e Matthew J. Smetona, analizzano alcuni dei temi fondamentali alla formulazione di un’ontologia originalmente nuova, elaborata da Lukács.


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Jeffrey A. Tucker: Muore un altro mito Covid: la sanificazione compulsiva

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Muore un altro mito Covid: la sanificazione compulsiva

di Jeffrey A. Tucker*

Andare al supermercato nel Massachusetts nel 2020 ti garantiva di respirare nuvole di disinfettante. Un impiegato a tempo pieno strofinava i carrelli della spesa tra un cliente e l’altro. I nastri trasportatori alla cassa venivano sfregati e puliti tra una vendita e l’altra. Le superfici di vetro venivano spruzzate il più spesso possibile. Le tastiere di plastica dei terminali POS non solo erano ricoperte di plastica – perché mettere la plastica sulla plastica fermasse il virus della Covid non è mai stato chiaro – ma venivano anche spruzzate tra un uso e l’altro.

Gli impiegati guardavano attentamente le mani per vedere cosa si toccava, e quando si usciva dallo spazio si inondava l’area con lo spray detergente.

Era lo stesso negli uffici e nelle scuole. Se una sola persona risultava positiva al test PCR, l’intero locale doveva essere evacuato per una fumigazione di 48 ore. Tutto doveva essere pulito, spruzzato e strofinato, per sbarazzarsi del virus della Covid che sicuramente doveva essere presente in quel brutto posto. La pulizia rituale assumeva un elemento religioso, come se il tempio dovesse essere purificato dal diavolo prima che Dio potesse o volesse tornare.


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tonino

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Apr 24, 2021, 2:30:51 AM4/24/21
to sante gorini

Carlo Formenti: Bordiga, ovvero il ritorno del rimosso

perunsocialismodelXXI

Bordiga, ovvero il ritorno del rimosso

di Carlo Formenti

bordigaPerché parlare di Amedeo Bordiga? Lo spunto mi è venuto dalla lettura di un’antologia di testi del primo leader del Partito Comunista d’Italia, tradotti in inglese e pubblicati da un editore di Boston a cura di Pietro Basso: The Science and Passion of Communism. Selected Writings of Amedeo Bordiga (1912-1965). Anche se, a dire il vero, era da tempo che mi tentava l’idea di ragionare su questa ingombrante figura storica del marxismo italiano, sia perché la mia prima esperienza di militanza politica (parlo del 1962-63, anni in cui ero poco più che adolescente), fu in una formazione bordighista; sia perché ho sempre pensato che la damnatio memoriae alla quale Bordiga è stato condannato dal Partito Comunista Italiano sia stata un grave sbaglio, da un lato perché i suoi errori teorici e politici non furono tali da giustificare questa rimozione totale, dall’altro perché proprio analizzando quegli errori – invece di rimuoverli -, assieme ad alcuni suoi illuminanti contributi sulle tendenze del capitalismo dopo la Seconda guerra mondiale, si sarebbe potuto arricchire il patrimonio teorico del marxismo contemporaneo.

Il lavoro di rimozione è stato molto accurato, per cui immagino che moltissimi compagni (soprattutto se al di sotto dei cinquanta - sessant’anni) non sappiano nemmeno chi fosse. Perciò credo sia prima di tutto il caso di tracciarne un sintetico profilo biografico. Nato a Ercolano nel 1889, Bordiga ha compiuto il suo apprendistato politico nella federazione giovanile del Partito Socialista, a partire dal 1910. In quegli anni i socialisti erano in grande crescita: nelle varie leghe erano inquadrati più di un milione e mezzo di lavoratori, e il partito controllava la CGIL, nata nel 1906.


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Luigi Cerchi: La logica eleatica della nuova scuola o il paradosso dei problemi spacciati per soluzioni

lordinenuovo

La logica eleatica della nuova scuola o il paradosso dei problemi spacciati per soluzioni

di Luigi Cerchi

Scuola in vendita 768x5761. La voce del padrone

Il 24 marzo 2021 la rete Eurydice, di cui è parte integrante l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, ha pubblicato un rapporto, Teachers in Europe. Careers, development and well-being, che ha preso in esame la condizione dei docenti della scuola secondaria inferiore nei paesi dell’Organizzazione del trattato nordatlantico (tranne i due nordamericani), dell’Associazione europea di libero scambio e dell’Unione Europea nonché in Bosnia ed Erzegovina e nella Repubblica di Serbia, per un totale di trentotto stati. Si tratta di uno studio che rientra in una serie di pubblicazioni che tale rete periodicamente effettua allo scopo sia di diagnosticare lo stato di avanzamento della ristrutturazione scolastica in questa fase storica sia di fornire delle indicazioni di indirizzo alle varie realtà locali chiamate a declinare un comune imperativo di efficienza e produttività. Il carattere plurale della compagine scolastica tende infatti a disarticolare o quantomeno ad attenuare la spinta riformatrice che si dipana dalle indicazioni strategiche dei nuovi assetti di mercato ed occorre una cinghia di trasmissione che funga al contempo da rilevazione degli esiti, da individuazione delle misure ancora da intraprendere e da sollecitazione di eventuali modifiche al piano originario che siano in grado di accentuarne la spinta propulsiva. Questa matrice intrinsecamente borghese della pubblicazione ne vincola e predetermina il raggio d’azione e costituisce un’avvertenza fondamentale per un approccio che voglia non solo subirne la veste informativa e divulgativa ma finanche leggere la realtà nascosta tra le righe di un testo in gran parte statistico.


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Collettivo Le Gauche: Tra soggetto e oggetto, la verità: Lukács e Marx

collettivolegauche

Tra soggetto e oggetto, la verità: Lukács e Marx

di Collettivo Le Gauche

soggetto e oggettoSoggetto

Martin Heidegger è uno dei filosofi più importanti del secolo scorso che influenza fortemente la lettura del presente da parte di molti. Il confronto critico con lui ha particolare importanza perché egli ha correttamente individuato uno degli elementi più importanti che distinguono l’uomo dall’animale: la sua progettualità.

Certo, nemmeno la materia “inerme” sta mai ferma (pensiamo al moto dei pianeti, del ciclo dell’acqua, dei rivolgimenti geologici), però l’uomo, in quanto essere biologico, ha un livello di complessità superiore a quello della materia che si trasforma per puro gioco delle leggi della fisica e della chimica, avendo delle leggi proprie peculiari al suo essere biologico e riproducendosi come individuo, come società e come specie ponendo i propri presupposti, a differenza dei moti naturali che non necessariamente pongono i loro presupposti, e infatti si possono consumare ed annullare spontaneamente.

Le forme di vita meno coscienti si adattano tramite mutazioni genetiche casuali che creano varietà di caratteristiche entro tale specie, di cui sopravvivono soltanto gli esemplari più adatti alle condizioni in cui sono posti. Questo adattamento avviene “sulle spalle del singolo esemplare” tramite la sua vita e morte e le mutazioni genetiche ecc., quindi possiamo parlare di adattamento passivo.

Al crescere della complessità biologica, però, gli organismi si emancipano sempre più dalla loro assoluta passività e impossibilità di adattamento individuale, pur con ovvi salti: una pianta che spontaneamente tende le foglioline verso la luce del sole è incomparabilmente più passiva rispetto ad un animale che si può muovere e che può quindi cambiare il suo ambiente circostante.


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Roberto Fineschi: Epidemie, storia, capitalismo. Passi indietro e passi avanti

materialismostorico

Epidemie, storia, capitalismo. Passi indietro e passi avanti

di Roberto Fineschi (Siena School for Liberal Arts)

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

influenza
            spagnola   1. Pare che le epidemie siano un qualcosa di tipicamente umano, un tutt’uno con la vita associata. Quando nell’antica Mesopotamia sono nate le prime civiltà si è creato il contesto ideale perché esse prosperassero e si diffondessero. La vita comune di ingenti masse di individui che mangiano, bevono, espletano le proprie necessità fisiologiche, producono nello stesso luogo creò presupposti mai esistiti in precedenza per cui condizioni igieniche estreme e contiguità massiccia favorirono malattie e contagi; a ciò va aggiunta la convivenza promiscua con animali di vario tipo dai quali e ai quali trasmettere germi, bacilli ed ogni altra forma di vita potenzialmente nociva. La domesticazione umana, animale e ambientale va all’unisono con infezioni e malattie. Si calcola che, anche al tasso naturale di crescita, la popolazione mondiale dal 10.000 a.C al 5.000 a.C avrebbe dovuto almeno raddoppiare, invece, alla fine del periodo, essa era aumentata di appena un 25%, passando da 4 a 5 milioni, nonostante condizioni che in teoria avrebbero dovuto implicare anche più di una duplicazione (rivoluzione neolitica). Nei cinquemila anni successivi aumentò invece di una ventina di volte. Si ipotizza che, proprio a causa di epidemie e di un plurimillenario processo di adattamento della specie alle nuove condizioni di vita, l’espansione della popolazione sia stata drasticamente rallentata. Epidemiologicamente, si trattò con tutta probabilità del periodo più mortifero della storia umana. Sembra che le popolazioni mesopotamiche avessero già l’idea del contagio per trasmissione e che adottassero misure analoghe a quella della quarantena.


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Nicolò Bellanca: Lupi e cavallette: sul declino dell’Italia

micromega

Lupi e cavallette: sul declino dell’Italia

di Nicolò Bellanca

Se perdurano ristagno dell’economia e disillusione dei cittadini verso la res publica è perché il nostro Paese è squassato dal particolarismo. La diagnosi di Andrea Capussela nel volume "Declino Italia" (Einaudi) e le possibili strategie di intervento

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            1280I maggiori problemi dell’Italia di oggi sono la stagnazione dell’economia e la sfiducia nella politica. Di questi problemi esistono numerose diagnosi. Limitiamoci all’economia. Che essa abbia avuto, nel primo decennio del secolo, il tasso di crescita medio annuo più basso del mondo, è stato spiegato invocando – alternativamente o cumulativamente – i limiti dimensionali delle imprese e la loro eccessiva specializzazione in attività tradizionali e a ridotto impatto sui mercati internazionali, livelli di concorrenza mediocri in vasti settori protetti, l’indebitamento della finanza pubblica, l’invecchiamento demografico e i suoi effetti per il mercato del lavoro, le rigidità nel mercato dei diritti proprietari, l’insufficiente spesa in “ricerca e sviluppo”, l’inadeguata formazione delle risorse umane, il peggioramento dei servizi collettivi (materiali e immateriali), la mancanza di politiche economiche efficaci e altro ancora.

Tuttavia, simili spiegazioni poggiano sulle “cause prossime”: occorre infatti capire per quali ragioni le imprese restano piccole, il debito pubblico esplode, la qualità dell’istruzione è carente, e così via. Occorre inoltre riconoscere che, a più riprese, il nostro Paese si è impegnato in stagioni di riforme rilevanti[1]. Ebbene perché, malgrado questi tentativi riformatori, perdurano il ristagno dell’economia e la disillusione dei cittadini verso la res publica?

La risposta che a me sembra più convincente trae ispirazione dal potente schema teorico di Mancur Olson[2]. I piccoli gruppi hanno di solito maggiore facilità ad organizzarsi, in quanto i loro membri possono meglio conoscersi e controllarsi a vicenda.


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Salvatore Bravo: La DAD nel futuro

sinistra

La DAD nel futuro

di Salvatore Bravo

unnamedjii74wuLa DAD malgrado il suo effettivo fallimento didattico è oggi lo scorcio attraverso cui intravedere il futuro della della pubblica istruzione e della democrazia. Dalla DAD non si torna indietro ripetono da destra come da sinistra, non ci sono voci dissenzienti o critiche, ma solo precisazioni e diverse sfumature nella concordia generale. Dove manca l’opposizione non vi è democrazia, il dibattito assente indica che siamo da decenni nella postdemocrazia: la crisi delle grandi narrazioni filosofiche e politiche ha coinvolto anche i valori democratici. L’istruzione struttura portante degli Stati democratici affonda con essa, e nessuno, pare, voglia salvarla. Si distrugge la sua essenza formativa inneggiando all’innovazione continua, alla fuga dal vecchio per nuovi orizzonti.

Si assiste al plauso generale, non si rilevano limiti nell’azione didattica, ma l’unico problema evidenziato, in genere, è relativo all’l’erogazione del servizio non fruibile a tutti gli studenti. La discussione non verte sulla qualità dell’insegnamento, ma sul mezzo, sulla sua efficienza e sulla rete. Le rimostranze dei sindacati sono anch’esse limitate alla “democratizzazione” del mezzo senza discutere sulla qualità dell’istruzione.

Chiunque abbia esperienza della DAD constata quanto la distanza e le videolezioni contribuiscano ad un livello di attenzione molto basso, le ore contratte facilitano contenuti diluiti, le interrogazioni promuovono, è il caso di affermare, “gli intraprendenti” che grazie a una serie di piccoli accorgimenti riescono a superare le prove.


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Filippo Violi: L’oracolo di Essen. Per un esercizio di militanza rivoluzionaria

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L’oracolo di Essen. Per un esercizio di militanza rivoluzionaria

di Filippo Violi

oracolo essenSillogismi, ragionamenti contrapposti, contraddittori (antilogia), vogliono provare che le stesse cose possono essere buone o cattive, giuste o ingiuste. Ad esempio che le navi si scontrino, per l’armatore è male, ma per i costruttori è bene. Che un prezzo di un bene prodotto dalla terra aumenti per l’agricoltore è positivo per il commerciante è negativo. E si possono mettere giù milioni e milioni di esempi a tal proposito.

Attraverso questa tesi, Protagora (in ragionamenti demolitori) cercava di allenare i discepoli alla discussione. E questa potrebbe essere una delle tante linee di pensiero (o di fuga) che percorrendola incontra, su un avamposto militante, il manoscritto “Servire Dio e Mammona”, di Leo Essen, edito da L’Antidiplomatico 2021.

Ma ce ne sarebbero tante altre, come ad esempio la tendenza a cercare nell’uomo – e non fuori – i criteri del pensiero, lo studio, l’analisi razionalistica e allo stesso tempo antiaccademica che mette tutto in discussione e non accetta nulla se non attraverso il vaglio critico, e quindi lo scontro, o la discussione in senso agonistico per dirla ancora con Protagora.

Oppure, l’inclinazione verso la dialettica e il paradosso tipica dei sofisti, col tentativo però di andare oltre lo sterile relativismo conoscitivo e morale, semplicemente seguendo la passione incondizionata per la verità e il rifiuto di ridurre la filosofia a retorica fine a se stessa.


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Marco d'Eramo: Scienziati o esperti? Come il Covid ha cambiato il rapporto tra scienza e società

micromega

Scienziati o esperti? Come il Covid ha cambiato il rapporto tra scienza e società

di Marco d'Eramo

Nessuno è più distante dallo scienziato quanto l’esperto. Tanto più quando i fatti sono incerti, la posta in gioco alta e le decisioni urgenti come in una situazione di pandemia, dove l’interesse politico legittima alcune letture scientifiche e non altre

185213
            800x594Non abbiamo mai visto tanti camici bianchi come nell’ultimo anno: epidemiologi, virologi, infettivologi, medici e primari di tutte le specializzazioni, da rianimazione a pneumologia, spuntano come funghi da ogni telegiornale, in ogni social medium. Grazie al Covid sembra che gli scienziati abbiano fatto irruzione nella nostra vita. Ma è un’invasione destinata a diventare occupazione permanente, oppure è un fenomeno transitorio? Forse è giunto il momento di chiedersi come se l’è cavata la scienza in questo frangente e come è cambiato il rapporto tra scienza e società, un rapporto ambiguo, almeno a stare alle resistenze che nel mondo si manifestano contro la vaccinazione, persino tra gli stessi operatori sanitari.

Intanto, come ha fatto osservare Isabelle Stengers in una recente intervista, questo rapporto va inquadrato in una situazione di panico. Una parola scomoda da usare, perché a nessuno fa piacere ammettere di essere preda di questo sentimento. Eppure la parola è appropriata:

“il confinamento va capito a partire da una reazione di panico. E quando c’è panico dimentichiamo tante cose! Reagiamo sotto la spinta di un’emergenza che impedisce di pensare. Questo panico ci ha guidato, ha accentuato tutte le disuguaglianze sociali, tutti i rapporti di forza … In fondo credo che abbiamo assistito a un’indifferenza a tutto ciò che non era mantenimento dell’ordine pubblico”.

La seconda osservazione di Stengers è che bisogna parlare di scienze al plurale e non di scienza al singolare:


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Mario Tronti: Introduzione agli «Scritti inediti di economia politica» di Marx

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Introduzione agli «Scritti inediti di economia politica» di Marx

di Mario Tronti

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              c68f500b2c6d430fa7f577ae57384dc0mv2«Quando il giovane Kautsky domandò a Marx se egli non pensava di pubblicare una edizione completa delle sue opere, Marx rispose: “Queste opere devono prima di tutto essere scritte”. Se si pensa che fu data nel 1881, questa risposta acquista un senso più profondo di quanto non appaia a prima vista. È chiaro che la ricerca marxista non può esaurirsi oggi in una Marx-philologie: perché sarebbe questa veramente la morte del marxismo. È altrettanto chiaro però che da qui bisogna partire, se si vuole riprendere un discorso che con l’opera di Marx abbia un rapporto non di fedeltà – che è atteggiamento passivo – ma di coerenza – che è rapporto attivo di conoscenza e di sviluppo insieme». Così Mario Tronti conclude la prima parte dell’introduzione agli Scritti inediti di economia politica di Marx (inediti in lingua italiana), pubblicati da Editori Riuniti nel 1963 e da lui stesso tradotti. Attraverso questi brani e frammenti, Tronti anticipa anche la rivoluzionaria lettura operaista dei Grundrisse, che in Italia sarebbero stati tradotti solo alcuni anni dopo. Complessivamente, ci fa seguire tutto il cammino marxiano nell’analisi dell’economia politica, dall’inizio fino alla sua lenta morte, il suo ribaltarla dall’interno, mostrando come ciò che sembra un elemento naturale ed eterno è in realtà una forma storica, che dunque può essere rotta e sovvertita. Perché, questo è il punto, «critica dell’economia politica vuol dire per Marx critica del capitalismo». Questa introduzione – purtroppo non più riproposta prima d’ora – è perciò un testo formidabile e fondamentale per comprendere Marx, per condurlo contro e oltre il marxismo, e anche oltre se stesso; è decisivo per comprendere lo straordinario stile trontiano nell’afferrare la radice dei problemi e rovesciarla dal punto di vista della lotta di classe. Portandoci laddove possiamo vivere interamente «il dramma felice del teorico marxista, che si trova a voler distruggere l’oggetto del proprio studio; anzi, a studiare l’oggetto esattamente per distruggerlo: l’oggetto della propria analisi è il proprio nemico».


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Domenico Moro: La parabola del M5S da partito alternativo al nuovo centro-sinistra

lordinenuovo

La parabola del M5S da partito alternativo al nuovo centro-sinistra

di Domenico Moro

Beppe Grillo lingua 766x600Il Movimento 5 Stelle (M5S) rappresenta una delle novità più importanti della vita politica italiana degli ultimi dieci anni e ha contribuito anche nel rendere più difficile – certo insieme ad altri più importanti fattori – la rinascita di una aggregazione politica di sinistra radicale e comunista. Per questo è importante chiedersi le ragioni sia della sua rapida ascesa sia dell’altrettanto rapida discesa che sembra stia attraversando nell’ultimo periodo. Una discesa che è speculare alla sua evoluzione da partito alternativo al sistema politico complessivo a partito che sta in una larghissima maggioranza in appoggio al governo Draghi e che sta diventando una costola del nuovo centro-sinistra progettato dal PD a direzione lettiana.

I numeri dell’evoluzione del M5S sono impressionanti. Alle politiche del 2013 il M5S aveva raccolto il 25,56% dei consensi, risultando pressoché appaiato al PD, che prese il 25,43%. Nel 2018 il M5S, presentatosi sempre da solo alle elezioni politiche, raccolse ben il 32,68% dei voti alla Camera dei deputati, risultando il primo partito e staccando di ben 14 punti il secondo partito, il PD, che raccolse appena il 18,76% dei suffragi. In valori assoluti il M5S ebbe 10milioni e 732mila voti contro i 6milioni e 161mila del PD. Si tratta di un distacco tra la prima e la seconda forza politica che nella storia elettorale italiana si è verificato poche volte con questa ampiezza. Però, in soli tre anni di governo, il M5S ha quasi dimezzato, secondo i più recenti sondaggi, la sua quota di elettorato, scendendo dal primo al quarto posto tra i vari partiti. Infatti, al primo posto troviamo la Lega (22%), seguita dal PD (20%), da Fratelli d’Italia (18%) e dal M5S (17%). Senza contare che un terzo dei suoi parlamentari ha abbandonato il partito.


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Paolo Di Remigio e Fausto Di Biase: Il disastro della scuola e l’insostenibile rilancio della sua autonomia

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Il disastro della scuola e l’insostenibile rilancio della sua autonomia

di Paolo Di Remigio e Fausto Di Biase

scuola9085Poiché la realtà si manifesta solo alla conoscenza disinteressata, acquisirla è il fine essenziale della scuola. Insensibile al significato della teoresi, il recente libro ‘Nello specchio della scuola” del ministro Bianchi si mantiene fedele alla riforma dell’autonomia scolastica e alla dispersione dei compiti della scuola tra addestramento al lavoro esecutivo, indottrinamento ideologico e dilettantismo ricreativo. Non la preoccupazione per il disastro della scuola, ma quella per la crisi dell’economia italiana lo induce a invocare come panacea didattica un aumento di spesa in suo favore; infatti non rinuncia al progetto assurdo di ridurre di un anno l’istruzione secondaria e imputa i dati orribili sull’ignoranza degli alunni italiani alla didattica del Novecento, nonostante la sua antica estinzione. Dalle pagine del suo libro esce così assolta l’autonomia scolastica, una rivoluzione dall’alto contro lo spirito della scuola che, discacciatene le discipline, ha dapprima voluto trasformarla in una congerie di istituti professionali legati alle economie locali e infine l’ha ridotta a un’azienda per l’erogazione di servizi assistenziali. Ripromettersi il miglioramento della scuola conservandovi la causa del male, l’autonomia, è un controsenso.

L’acquisizione dell’habitus teoretico è il fine della scuola e ha una sua forma distinta dalle applicazioni pratiche.


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Alessio Giacometti: Il mondo digitale non è sostenibile

iltascabile

Il mondo digitale non è sostenibile

di Alessio Giacometti

Tra emissioni, consumi, rifiuti e impronta ambientale, la rivoluzione informatica è sempre meno ecologica

shutterstock 1794432823La foto è del 1994: un giovane e intrepido Bill Gates si cala con fune e imbragatura in un bosco di abeti. Nella mano sinistra tiene bene in vista un iridescente CD-ROM, la destra è poggiata su una pila di fogli di carta che pareggia in altezza il fusto degli alberi. Il messaggio del ragazzo che vuole portare un calcolatore elettronico su ogni scrivania d’America e del mondo non chiede spiegazioni: guardate quanta informazione ci sta in un disco compatto di memoria, quanta carta ci farà risparmiare l’archiviazione digitale dei dati informatici. Basta già poca immaginazione per intravedere un futuro sfavillante in cui l’informazione, ormai quasi del tutto smaterializzata, viaggerà dal centro pulsante di un microchip fino allo schermo luminoso di un computer che potremo tenere in tasca. Alleggeriremo così la nostra impronta sull’ambiente, muoveremo i dati e non le cose, ci faremo efficienti e sostenibili. È la promessa spregiudicata di una rivoluzione digitale ed ecologica assieme.

A distanza di quasi trent’anni da quello scatto divenuto nel frattempo celebre, il savio e visionario Gates ama ancora farsi passare per guru della sostenibilità digitale, eppure la sua profezia pare essersi realizzata soltanto per metà. La rivoluzione digitale si è in effetti compiuta, almeno in larga parte, mentre la crisi climatica è sempre lì che incombe, anzi: sempre più. Ridimensionato l’ottimismo acritico della prima ondata per l’innovazione digitale – già messo in discussione, su basi economiche e politiche, da autori come Evgeny Morozov – le cosiddette ICT (information and communications technologies) hanno alla fine deluso le aspettative più rosee di riduzione dell’impatto ambientale.


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Stefano G. Azzarà: Crisi storiche e naturalismo capitalistico

materialismostorico

Crisi storiche e naturalismo capitalistico 

di Stefano G. Azzarà (Università di Urbino)

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

82188faf8d5e66960e5623c9fbe4ab28 XLLe crisi acute mettono in evidenza le contraddizioni, le fragilità e linee di faglia di ogni società storica come di ogni sistema politico e economico. In tutte le epoche, guerre su vasta scala, cadute repentine della produzione, eruzioni rivoluzionarie, terremoti, carestie ma anche epidemie hanno interrotto il normale funzionamento della vita delle nazioni e hanno sottoposto a stress imprevisti i loro assetti, conducendole a volte anche al collasso quando queste tensioni superavano il livello di soglia e in particolare quando potevano far leva su fratture profonde pregresse che sino a quel momento erano rimaste più o meno celate o erano state in qualche modo suturate. Così che sarebbe interessante completare l’indagine di Walter Scheidel sull’impatto livellatore e redistributivo dei «Quattro Cavalieri» – «guerre di massa, rivoluzioni trasformative, fallimenti degli Stati e pandemie letali» – indagando «se e come» la presenza di gravi forme di disuguaglianza sociale o altre asimmetrie abbiano potuto «contribuire a generare questi shock violenti»1.

Sotto questo aspetto, le società capitalistiche, e tanto più quelle avanzate come la maggior parte dei paesi appartenenti alla civiltà occidentale, dovrebbero comunque dimostrarsi in linea di principio avvantaggiate rispetto alle società tradizionali o a quelle improntate a una diversa organizzazione della produzione e della riproduzione. Per quanto certamente più complesse delle formazioni sociali precedenti o di quelle concorrenti, come già Gramsci aveva compreso nel cartografare la loro «robusta catena di fortezze e di casematte»– una complessità che per il suo pluralismo, oltretutto, viene di solito fatta valere anche come una caratteristica positiva di fronte a possibili configurazioni alternative e più centralizzate del legame sociale –, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra queste società hanno in gran parte superato il problema della sussistenza e dei bisogni primari su scala di massa.


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Geraldina Colotti: Sulle “sanzioni”, il doppio discorso dell’imperialismo “democratico”

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Sulle “sanzioni”, il doppio discorso dell’imperialismo “democratico”

di Geraldina Colotti

BPPochi giorni fa, è morto in carcere della Florida, negli Stati Uniti, un militante delle Black Panthers, Chip Fitzgerald. Era prigioniero da 51 anni, nonostante un ictus che lo aveva ridotto in sedia a rotelle. Gli avevano sempre negato le misure alternative. Aveva 71 anni. Una notizia che sarà forse motivo di giubilo per i forcaioli di casa nostra, che invocano la “certezza della pena”, mentre propongono leggi per condonare chi ruba soldi pubblici per il proprio profitto, e impongono sacrifici a chi non può sfuggire al controllo, i lavoratori dipendenti.

Un modello basato sul “diritto penale del nemico”, una tendenza intrinseca all’economia di guerra su cui si sta riassestando il sistema capitalista a livello globale per rispondere alle lotte per il potere delle classi popolari. In Perù, ci sono comunisti in carcere che hanno quasi novant’anni, e si mettono in galera anche gli avvocati. Stesso sistema in Colombia, in Spagna, in Francia, dove George Ibrahim Abdallah, militante libanese-palestinese è stato liberato dopo oltre 37 anni di carcere e dove ancora si trova il comandante Carlos, palestinese di origine venezuelana, detenuto dal 1994.

E che dire dell’ergastolo ostativo, della tortura bianca del 41 bis in Italia e dei prigionieri politici ai quali, in perfetto stile da Inquisizione viene chiesto di pentirsi per avere accesso alle misure alternative? Il fronte dei pacifisti con l’elmetto, che all’occorrenza si dicono persino comunisti, sostiene questo apparato in nome della legalità borghese a cui dovrebbero affidarsi le classi popolari.


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Tommaso Minotti: Esclusione, rabbia e rancore: il problema della povertà bianca negli Usa

osservatorioglobalizzazione

Esclusione, rabbia e rancore: il problema della povertà bianca negli Usa

di Tommaso Minotti

usa poverta capitol
            hillIniziamo dalla fine. La conclusione di questo articolo, nonché la sua tesi, è che alla base delle proteste di Capitol Hill avvenute nella giornata del 6 gennaio ci sia il malcontento delle classi basse e bassissime della popolazione bianca statunitensi. In altre parole, l’elefante nella stanza della società statunitense, cioè l’endemica povertà che colpisce i diseredati bianchi, ha reagito alla sconfitta di colui nel quale riponevano le speranze di una vita migliore. Speranze mal riposte ovviamente. Si è giustamente parlato molto della polarizzazione che sta falcidiando gli USA e del fatto che ciò che è successo al Campidoglio sia un atto sintomatico della “crisi dell’impero” a stelle e strisce. Tutto vero ma poi le analisi si restringono nella definizione della folla trumpista come complottista, antisemita, nazionalista e altri aggettivi che nascondono quella che è la vera domanda: chi sono coloro che sono scesi in piazza? La risposta non può essere i Proud Boys o i complottisti di QAnon perché non è la realtà. Dietro a quelle sigle c’è il malcontento di chi si sente trascurato e tradito da chi doveva aiutarlo durante la tempesta che in questo caso è la dura crisi economica che ha investito gli Stati Uniti. Una crisi che sembrava alle spalle ma è stata acuita e rintuzzata dalla pandemia le cui conseguenze saranno particolarmente nefaste.

Quando il movimento del Black Lives Matter fece il suo dirompente ingresso nelle città americane la stampa mondiale si prodigò in analisi più o meno approfondite, più o meno azzeccate delle ragioni per cui queste manifestazioni avvenivano.


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tonino

unread,
Apr 26, 2021, 2:19:18 AM4/26/21
to sante gorini

 

Donato Salzarulo: Verso il 25 aprile. Segnalazioni

poliscritture

Verso il 25 aprile. Segnalazioni

di Donato Salzarulo

resistenza 1«Il dono di riattizzare nel passato la scintilla della speranza è presente solo in quello storico che è compenetrato dall’idea che neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.»
(W. Benjamin, Sul concetto di storia)

1.- Il 6 Aprile 2021 è stato pubblicato sul sito dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri (www.reteparri.it) un appello, sottoscritto da più di cento storici e studiosi, «per un riconoscimento ufficiale dei crimini fascisti in occasione dell’ottantesimo anniversario dell’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito italiano».

Infatti, fu il 6 Aprile del 1941 che le truppe italiane, di concerto con quelle tedesche ed ungheresi, attaccarono il Regno jugoslavo da diversi punti e l’occuparono. Nella spartizione del “bottino” all’Italia toccò buona parte della Slovenia (tra cui Lubiana), della Dalmazia, del Montenegro e del Kosovo.

Come scrivono gli storici nell’appello, «durante l’occupazione fascista e nazista, e fino alla Liberazione nel 1945, in questo territorio si contano circa un milione di morti. L’Italia fascista ha contribuito indirettamente a queste uccisioni con l’aggressione militare e l’appoggio offerto alle forze collaborazioniste che hanno condotto vere e proprie operazioni di sterminio. Ma anche direttamente con fucilazioni di prigionieri e ostaggi, rappresaglie, rastrellamenti e campi di concentramento, nei quali sono stati internati circa centomila jugoslavi.


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Tomasz Konicz: Economia intossicata dagli stimoli: il sistema finanziario globale in una gigantesca bolla di liquidità

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Economia intossicata dagli stimoli: il sistema finanziario globale in una gigantesca bolla di liquidità

di Tomasz Konicz

KoniczI mercati azionari sono in pieno boom. Nonostante la crisi del coronavirus e l'impoverimento di centinaia di milioni di salariati. Ciò che a prima vista appare come contraddittorio, è una conseguenza della lotta contro la crisi ed è il sintomo di un sistema finanziario globale che è esso stesso in ginocchio, e lo è ancora di più proprio per il fatto che si trova in una gigantesca bolla di liquidità. A circa un anno dall'ultimo scoppio di crisi - innescato dalle conseguenze della pandemia, ha fatto sprofondare centinaia di milioni di lavoratori salariati nella miseria più nera - i mercati finanziari stanno vivendo quella che è una delle più grandi impennate di tutta la loro storia. I mercati statunitensi - quanto meno - difficilmente potrebbero stare meglio. Dopo aver subito un collasso, corrispondente a circa il 34% nel mese in cui ha avuto inizio la pandemia, nel mese di marzo del 2020; nei dodici messi successivi l'indice Standard & Poor 500 ha raggiunto i suoi nuovi massimi storici, salendo del 75%, proprio nel momento in cui la malnutrizione e la vera e propria fame sono magicamente aumentati anche negli Stati Uniti. Dalla fine della seconda guerra mondiale, per le azioni è stato l'anno migliore, hanno sottolineato i media americani in quello che è stato l'anniversario del fantasmagorico boom delle azioni, il quale si è accompagnato ad una crollo di 3,5 punti percentuali del prodotto interno lordo degli Stati Uniti.


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Andrea Cavazzini: Lotte di classe nel capitalismo avanzato

operaviva

Lotte di classe nel capitalismo avanzato

Avventure della dialettica nel lavoro di Hans-Jürgen Krahl

di Andrea Cavazzini 

l portavoce dellUnione degli Studenti Socialisti
                SDS Hans Jurgen Krahl r al leggio. Il 28 maggio 1968
                nella Grand Broadcasting Hall dellHessisc
                940x704Un teorico critico e la sua congiuntura

Questa rapida esposizione dedicata a Hans-Jürgen Krahl (1943-1970) è strettamente connessa ad altre riflessioni sviluppate in altri testi dedicati alla Germania e al movimento studentesco in generale1. In effetti, Krahl riflette sull’aporia connessa alla relazione esistente tra il proletariato e la sua coscienza (che possiamo formulare come relazione tra classe e coscienza di classe, o perfino tra strutture sociali e determinazioni politiche). Una riflessione che si incontra anche pensando alla congiuntura dell’Europa centrale e del marxismo tedesco nel periodo immediatamente precedente e immediatamente successivo alla Rivoluzione d’ottobre, alla I guerra mondiale, e al fallimento della Rivoluzione tedesca. Prima della I guerra mondiale, queste aporie riguardavano in prima battuta la contraddizione tra, da una parte il peso sociale e politico del movimento operaio tedesco, la forza e il prestigio delle sue organizzazioni, dall’altra la sua drammatica impotenza politica, la sua posizione subalterna nei confronti dello Stato imperialista, la sua acquiescenza alle ideologie conformiste, la sua impreparazione tattica e strategica al tempo della caduta del Reich. Dopo la guerra, questa contraddizione prese la forma di una distanza tra la radicalizzazione politica degli strati intellettuali verso destra e verso sinistra (che sublimò la crisi della civiltà borghese, l’espansione di una accesa, perfino apocalittica atmosfera ideologica, la formazione di uno strato di militanti preparati per l’azione rivoluzionaria professionale – diffusione di discorsi e pratiche bolsceviche, la fondazione della Terza Internazionale); e una offensiva delle masse che sembrava definitivamente bloccata a Ovest, e destinata a una stabilizzazione di lungo termine nella Russia sovietica.


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Manlio Dinucci: Ordine Usa contro la Russia: Italia sull’attenti

manifesto

Ordine Usa contro la Russia: Italia sull’attenti

di Manlio Dinucci

Il ministro degli Esteri Di Maio e il ministro della Difesa Guerini sono stati convocati d’urgenza al quartier generale della Nato a Bruxelles, per una riunione straordinaria del Consiglio Nord Atlantico il 15 aprile: il giorno stesso in cui, a Washington, il presidente Biden firmava l’«Ordine esecutivo contro le dannose attività estere del governo russo».

L’Ordine non decreta solo espulsioni di diplomatici e sanzioni economiche, come hanno riportato i media. «Se la Russia prosegue o intensifica le sue destabilizzanti azioni internazionali», stabilisce l’Ordine, «gli Stati uniti imporranno costi tali da provocare un impatto strategico sulla Russia». Proprio per preparare l’«impatto strategico», ossia una intensificata escalation politico-militare contro la Russia, è stato convocato il Consiglio Nord Atlantico a livello dei ministri degli Esteri e della Difesa dei 30 paesi della Nato, presieduto formalmente dal segretario generale Stoltenberg, di fatto dal segretario di Stato Usa Blinken e dal segretario Usa alla Difesa Austin.


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Geraldina Colotti: Cuba, uno schiaffo all’imperialismo che brucia ancora

lantidiplomatico

Cuba, uno schiaffo all’imperialismo che brucia ancora

di Geraldina Colotti

La relazione di Raul Castro, all’VIII Congresso del Partito Comunista Cubano (Pcc) ha ricordato la lunga battaglia di Cuba per conservare la sua indipendenza, difendendola dalle continue aggressioni dell’imperialismo. Il Congresso si è svolto nei sessant’anni dall’invasione mercenaria della Baia dei Porci – dal 17 al 19 aprile del 1961 – con la quale la Cia voleva farla finita con la giovane rivoluzione che, il 16 aprile del 1961, aveva dichiarato il proprio carattere socialista con le parole di Fidel Castro.

“L’invasione di Playa Girón avvenuta durante il mandato di un presidente democratico – ha ricordato Raul, alludendo a Kennedy –, si inseriva nel programma per rovesciare Fidel Castro che prevedeva sabotaggi, azioni terroriste, il sostegno a bande controrivoluzionarie che massacrarono giovani, contadini e operai. Mai dimenticheremo i 3.478 morti, vittime del terrorismo di stato”.

Oggi, i documenti desecretati del Pentagono mostrano che, già nel 1960, la Cia aveva tentato di comprare il pilota che doveva portare a Praga una delegazione cubana di cui faceva parte Raul, affinché lo uccidesse simulando un incidente aereo.


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Piccole Note: Gates, Big Pharma e il suprematismo dei vaccini

piccolenote

Gates, Big Pharma e il suprematismo dei vaccini

di Piccole Note

“Secondo il Wall Street Journal, l’azienda americana Johnson & Johnson ha contattato privatamente gli altri produttori di vaccini per chiedere loro di unire gli sforzi per la ricerca sui rischi di coaguli di sangue. Il quotidiano racconta che la J&J voleva creare un’alleanza con le altre aziende per comunicare con una sola voce benefici e rischi dei vaccini e dei coaguli di sangue. Ma solo AstraZeneca – che in Europa è da settimane al centro di una controversia sui rischi di coaguli del sangue – ha aderito. I dirigenti di Pfizer e Moderna, invece, hanno declinato l’invito. Il loro vaccino, ritengono le due aziende, è sicuro, e unirsi al progetto potrebbe macchiare la loro reputazione“.

 

Vaccini, il tentativo di un’alleanza mondiale

Così una nota su Dagospia racconta una nuova puntata della guerra dei vaccini che si combatte sulla nostra pelle. La notizia del tentativo di Johnson & Johnson per riaprire un tavolo di collaborazione per migliorare l’efficacia dei vaccini è respinta dagli stessi che sono diventati, di fatto, i monopolisti nel mercato dell’Occidente, il più ricco.


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Piero Bevilacqua: La transizione ecologica non è una riforma ma una rivoluzione

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La transizione ecologica non è una riforma ma una rivoluzione

di Piero Bevilacqua

Come bene argomentato da P.G. Ardeni e M. Gallegati l’annunciata rivoluzione verde europea e la sua versione italiana, la transizione ecologica, sembrano esaurirsi in un progetto di innovazione tecnologica orientato a ridurre i gas climalteranti, a limitare gli impatti dell’energia fossile, a rendere insomma il mondo un po’ meno sporco e a continuare tuttavia nella «crescita». Come se il problema fosse solo questo. C’è un treno che corre a velocità crescente e in traiettoria lineare, senza stazioni e senza destinazione finale, che sembra voler uscire dalla terra e continuare nello spazio delle galassie, e l’ambizione è di fargli produrre meno fumo e meno rumore, ma spingendolo a correre ancora di più. Si fa finta di non capire (o non si capisce realmente) che il problema è il treno, non la qualità dei suoi carburanti. La grande questione è il capitalismo nella fase storica presente e nella configurazione dei suoi poteri a livello mondiale.

Sino a poco meno di un secolo fa il capitalismo, nonostante le alterazioni prodotte nel corso del 1800, era un sistema compatibile con le risorse disponibili e con gli equilibri del pianeta.


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Osservatorio Repressione: Populismo giustizialista e controllo sociale: come si è arrivati a tutto questo?

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Populismo giustizialista e controllo sociale: come si è arrivati a tutto questo?

di Osservatorio Repressione

giustizialismo populista controlloNegli ultimi decenni, una questione si è dimostrata trasversale a tutte le forze politiche, quella relativa alla sicurezza.

Oggi, l’idea di sicurezza è divenuta capace di generare consenso vasto e acritico per il solo fatto di essere nominata e abbiamo assistito al diritto penale divenire dominante manifestando tutti i sintomi del morbo populista: l’allarmismo sulla sicurezza che condiziona un’opinione pubblica che si sente sempre più insicura, eccitata dall’antipolitica e dalla spettacolarizzazione della giustizia; il ruolo moralizzatore assunto dalla magistratura; la strumentalizzazione delle vittime che trasfigura la giustizia in un risarcimento simbolico all’intera comunità e che rende insostenibile la presunzione d’innocenza.

Ma dietro alla criminalizzazione si profila lo spettro della guerra di tutti contro tutti in cui lo Stato, che non è più in grado di distribuire giustizia sociale, promette sicurezza. Il declino del welfare ha allargato le maglie del linguaggio della colpa e della pena, ha esteso l’uso delle istituzioni penitenziarie e del controllo sociale coattivo, come a compensare la fragilità dello stato sociale.

Nonostante le statistiche sulla criminalità descrivano una società più sicura e una diminuzione costante del numero dei reati nell’ultimo decennio, la percezione d’insicurezza e paura – alimentate da politica e media – genera consenso verso chi si propone come giustiziere.


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Anselm Jappe: Il gatto, il topo, la cultura e l'economia

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Il gatto, il topo, la cultura e l'economia

di Anselm Jappe

zibechi libroUna delle favole dei fratelli Grimm – immagino che siano conosciute anche in Messico – si chiama “Il gatto e il topo in società”. Un gatto convince un topo dell’amicizia che ha per lui; mettono su casa insieme, e in previsione dell’inverno comprano un vasetto di grasso che nascondono in una chiesa. Ma con il pretesto di dover andare a un battesimo, il gatto esce diverse volte e si mangia man mano tutto il grasso, divertendosi poi a dare risposte ambigue al topo su quanto ha fatto. Quando finalmente vanno insieme alla chiesa per mangiare il vasetto di grasso, il topo scopre l’inganno, e il gatto per tutta risposta mangia il topo. L’ultima frase della favola annuncia la morale: “Così va il mondo”.

Direi che il rapporto tra la cultura e l’economia rischia fortemente di assomigliare a questa favola, e vi lascio indovinare chi, tra la cultura e l’economia, svolge il ruolo del topo e chi quello del gatto. Soprattutto oggi, nell’epoca del capitalismo pienamente sviluppato, globalizzato e neoliberale. Le questioni che vuole affrontare questo “foro de arte publico”, e che vertono tra l’altro sulla questione chi deve finanziare le istituzioni culturali e quali aspettative, e di quale pubblico, deve soddisfare un museo, rientrano in una problematica più generale: quale è il posto della cultura nella società capitalistica odierna? Per tentare di rispondere, io prenderò dunque le cose un po’ più alla larga.

A parte la produzione – materiale e immateriale – con cui ogni società deve soddisfare i bisogni vitali e fisici dei suoi membri, essa crea ugualmente una serie di costruzioni simboliche.


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Eros Barone: La controversia sull’imperialismo e l’accumulazione del capitale tra Rosa, Nikolaj e Ilič

sinistra

La controversia sull’imperialismo e l’accumulazione del capitale tra Rosa, Nikolaj e Ilič

di Eros Barone

arghiriSi tratta di vedere non soltanto i contrasti, ma anche l’unità. Nelle crisi questa unità si afferma con forza elementare, mentre secondo Rosa Luxemburg quest’unità è assolutamente impossibile. In altri termini: nel capitalismo Rosa Luxemburg cerca delle contraddizioni superficiali, logico-formali, che non siano dinamiche, che non si sopprimano, che non siano elementi di un’unità contraddittoria, ma neghino invece recisamente questa unità. In realtà abbiamo a che fare con contraddizioni dialettiche che sono contraddizioni di una totalità, che si sopprimono periodicamente e si riproducono costantemente, per fare poi esplodere l’intero sistema capitalistico in quanto tale solo a un determinato livello dello sviluppo, ossia per annientare insieme a sé anche il tipo precedente di unità,

Nikolaj I. Bucharin

  1. L’origine e il significato dell’Accumulazione del capitale di Rosa Luxemburg

L’interesse di Rosa Luxemburg verso i problemi dell’accumulazione capitalistica nacque dalle difficoltà concettuali che ella riscontrò nell’esporre gli schemi marxisti della riproduzione allargata, allorché era impegnata nella stesura di un manuale popolare di economia politica nel periodo a cavallo tra il primo e il secondo decennio del ’900.

Come è noto, nella Terza Sezione del II volume del Capitale Marx delinea in primo luogo il processo della riproduzione semplice, in cui non esiste accumulazione, secondo il seguente schema, laddove I è il settore che produce i mezzi di produzione e II quello che produce i mezzi di consumo:


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Silvia Ribeiro: Mascherine senza nano-materiali

comuneinfo

Mascherine senza nano-materiali

di Silvia Ribeiro

Nei primi giorni di aprile, diverse organizzazioni internazionali, tra cui ETC Group, Center for International Environmental Law (CIEL), Health Care Without Harm (HCWH) e Women Committed to a Common Future (WECF), hanno inviato una lettera urgente all’Unione Europea chiedendo di vietare l’uso di mascherine facciali e dispositivi di protezione sanitaria con nanografene e altre nanoparticelle: comportano troppi rischi di tossicità polmonare e lasciarle sul mercato potrebbe «minare pericolosamente la fiducia del pubblico nell’indossare maschere» hanno sostenuto le Ong. Anche in Italia si discute da tempo sul grafene: c’è chi ne ipotizza la tossicità in attesa di conferme e chi ne decanta le virtù in quanto “materiale delle meraviglie”. Silvia Ribeiro, che i lettori di Comune conoscono molto bene e da tre decenni è direttrice per l’América Latina di ETC, con status consultivo di fronte al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, spiega in questo articolo le ragioni della lettera all’Unione Europea, che non ha ancora trovato il tempo per rispondere. Quel tipo di mascherine sono intanto state ritirate dal mercato dal ministero della salute canadese e il Belgio, a sua volta, ha ritirato dal mercato 15 milioni di mascherine contenenti nanoparticelle di biossido di titanio e d’argento


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Carlo Formenti: Maternità surrogata: la nuova bandiera della sinistra neoliberale

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Maternità surrogata: la nuova bandiera della sinistra neoliberale

di Carlo Formenti

Fra la fine degli anni Novanta e i primi del Duemila Marisa Fiumanò, psicanalista lacaniana non sospetta – per cultura e biografia – di nutrire sentimenti bacchettoni, pubblicò una serie di libri e saggi sul tema della fecondazione assistita. Nei suoi scritti (per una bibliografia completa consultare il suo sito) ebbe il coraggio di andare controcorrente rispetto alla vulgata femminista che vedeva in quella pratica un nuovo strumento di “emancipazione” della donna, oltre che un mezzo per soddisfare il desiderio delle coppie infertili. In particolare, mise in luce come dietro quel fenomeno si nascondesse: 1) un’alleanza fra tecnologia e mercato finalizzata ad alimentare e sfruttare un bisogno umano; 2) un nuovo, pericoloso passo verso l’oggettivazione/mercificazione del corpo; 3) un altrettanto pericoloso passo verso la neutralizzazione della differenza e del desiderio sessuali; 4) la scarsa, per non dire nulla, attenzione nei confronti del “prodotto” (il bambino) e del suo diritto a “sapere” della propria origine.


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Leonardo Mazzei: Emergenzialismo, ultimo volto del capitalismo

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Emergenzialismo, ultimo volto del capitalismo

di Leonardo Mazzei

A sentire i mezzi di informazione saremmo alla “riapertura”, o ancor più pomposamente alla “ripartenza”. E’ così? No, non è così. Posto che un allentamento delle misure era nelle cose, considerato che le proteste di queste settimane una certa pressione l’hanno esercitata, chi canta vittoria è fuori dalla realtà.

L’allentamento di Draghi è infatti millimetrico. Resta la folle “Italia a colori”, rimane il coprifuoco e vengono introdotti nuovi “pass” per la mobilità tra le regioni. Emblematico poi il caso dei ristoranti: quelli al chiuso (cioè la stragrande maggioranza) potranno riaprire solo il primo giugno, solo a pranzo e con regole capestro peggiori di prima. Dei famosi “sostegni” non si conosce ancora il dettaglio, ma sembrano pensati per le aziende di maggiori dimensioni: i piccoli e le partite Iva non si facciano illusione alcuna. Per chi non l’avesse capito, è questa la “distruzione creativa” annunciata da Draghi fin dal suo insediamento.


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ilsimplicissimus: Capitalismo virale

ilsimplicissimus

Capitalismo virale

di ilsimplicissimus

L’altro giorno l’amministratore delegato di Blackrock, Larry Fink ci ha voluto deliziare con una delle stupidaggini che spesso escono di bocca agli ometti che salgono sui trampoli del denaro per parere intelligenti ed essere acclamati come emblema di un’epoca “C’è una cosa di cui noi americani e europei dobbiamo essere orgogliosi: è stato il capitalismo a creare i vaccini con metodi rivoluzionari, non la Cina. I vaccini cinesi sono efficaci solo al 50 per cento. La forza del capitalismo non è apprezzata abbastanza”. Come forse potete immaginare sono stronzate dalla prima all’ultima sillaba, prima di tutto perché l’affermazione sui vaccini cinesi è del tutto gratuita, priva di qualsiasi prova e proveniente dall’ennesimo agit prop che ogni tanto spunta fuori dal cappello magico dei servizi americani, poi perché l’efficacia dei vaccini occidentali è chiaramente gonfiata da studi scorretti, come è stato riconosciuto da moltissimi ricercatori e infine perché né il vaccino cinese né quello russo danno la marea di affetti avversi che hanno costretto perfino autorità sanitarie complici di Big Pharma ( vedi qui ) a sospenderne qualcuno, AstraZeneca e J&J, sebbene anche gli altri provochino più o meno le stesse reazioni.


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Loretta Bolgan: Sono così necessari i vaccini?

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tonino

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Apr 30, 2021, 1:18:23 AM4/30/21
to sante gorini

Etienne Balibar: Lo Stato, il Pubblico, il Comune: tre concetti alla prova della crisi sanitaria

materialismostorico

Lo Stato, il Pubblico, il Comune: tre concetti alla prova della crisi sanitaria

di Etienne Balibar (University of California, Irvine)

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

IMG 5677Lo scopo di questo breve scritto è abbozzare alcune riflessioni congiunturali, relative all’articolazione di tre concetti che occupano un posto centrale nel dibattito pubblico. Riflessioni che, lungi dal distoglierci dalla situazione di crisi in cui siamo entrati, dovrebbero anzi permetterci di comprendere meglio le scelte che la crisi sta imponendo. È tuttavia necessaria qualche osservazione preliminare, affinché la discussione non assuma un carattere eccessivamente accademico.

 

1. Apprendere nella crisi

Innanzi tutto, voglio sottolineare l’incertezza dei tempi. Sto scrivendo alla metà di maggio (2020), per una pubblicazione che sarà disponibile a luglio… È molto presto per sviluppare una riflessione compiuta sul tema, e questo perché vi è l’intenzione di mettere in circolazione una pluralità di proposte nel momento stesso in cui queste si rendono necessarie a causa dell’intensità della crisi. Eppure, sarà forse già troppo tardi… Non abbiamo alcuna certezza che ciò che pensiamo oggi potrà essere ancora sostenibile tra due mesi. Non sappiamo se e quando “finiranno” la pandemia e la crisi sanitaria che questa provoca. Non sappiamo quale sarà l’entità e quali gli effetti della crisi economica che ne consegue. Non sappiamo quali saranno le ripercussioni, in termini di sofferenza e distruzione, ma anche di proteste, rivolte, di movimenti sociali e politici. E tuttavia, è da questo insieme di cose che dipende il referente di realtà delle parole di cui ci serviamo e, conseguentemente, il loro senso.


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Carlo Formenti: Metamorfosi del taylorismo

perunsocialismodelXXI

Metamorfosi del taylorismo

Le insidie della "umanizzazione" del lavoro

di Carlo Formenti

mirafiori L’atteggiamento dei movimenti operai di ispirazione marxista nei confronti della tecnologia è sempre stato determinato dalla convinzione che lo sviluppo delle forze produttive è di per sé -a prescindere dal suo essere prodotto del processo di accumulazione capitalistica - un fattore progressivo, nella misura in cui crea le condizioni per la transizione a una forma più avanzata di civiltà. Per questo motivo, la rivolta luddista contro l’introduzione dei telai meccanici nell’Inghilterra dell’Ottocento - benché gli storici ne riconoscano il ruolo nella genesi di una embrionale coscienza di classe (1) – è stata generalmente classificata come una vana resistenza – eroica, ma oggettivamente conservatrice – al processo di industrializzazione, dal momento che questo avrebbe favorito la crescita numerica degli “affossatori” del modo di produzione capitalistico. Per la stessa ragione Marx, tanto nel Manifesto quanto nel Capitale, esalta la funzione “rivoluzionaria” del capitale che, nella sua irresistibile avanzata, spazza via tutte le forme economiche e sociali “arretrate” (arrivando a celebrare la missione “civilizzatrice” dell’imperialismo britannico in India (2) – pur riconoscendone i crimini). Per lo stesso motivo, infine, tanto Lenin che Gramsci diedero un giudizio positivo sulle “scoperte” di Taylor, ritenendo che i principi dell’organizzazione “scientifica” del lavoro rappresentassero un’importante innovazione di cui la classe operaia avrebbe dovuto impadronirsi, per sviluppare la produzione e avanzare più rapidamente verso il socialismo.


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Il Pedante: L'afasia e l'ultramondo

ilpedante

L'afasia e l'ultramondo

di Il Pedante

ultram181.

Rincasavo a notte fonda dopo una serata con gli amici. Camminando notai un uomo inginocchiato sul marciapiede, con la fronte che toccava terra. Da un certa distanza, sembrava quasi un fedele prostrato alla Mecca. Mi avvicinai e vidi che muoveva la testa ansimando. Mi avvicinai ancora e capii che non stava pregando, ma leccava forsennatamente l'asfalto, come un morto di fame. Mi rivolse uno sguardo allucinato. Io abbassai il mio e mi allontanai in fretta senza voltarmi.

2.

«Il monito del vescovo: dire no al vaccino significa non essere cristiani».

3.

«Quell'essere senza occhi seduto al tavolo di fronte se l'era bevuta con l'entusiasmo del fanatico e avrebbe snidato, denunciato e vaporizzato come una furia chiunque avesse fatto notare che fino alla settimana precedente la razione di cioccolato era stata di trenta grammi».

4.

Il Partito vi diceva che non dovevate credere né ai vostri occhi né alle vostre orecchie. Era, questa, l'ingiunzione essenziale e definitiva.

***

Per quanto siano distanti, le opinioni possono solo confrontarsi su un terreno comune e ancorarsi a un denominatore che definisca il quadrante dello scontro.


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Edmond Dantès: La paura, i “nemici interni” e la mascherina all’aperto

offline

La paura, i “nemici interni” e la mascherina all’aperto

di Edmond Dantès

index63k6“E lasciamo stare che l’uno cittadino l’altro schifasse, e quasi niuno vicino avesse dell’altro cura, e i parenti insieme rade volte o non mai si visitassero e di lontano; era con sì fatto spavento questa tribolazione entrata ne’ petti degli uomini e delle donne, che l’un fratello l’altro abbandonava, e il zio il nipote, e la sorella il fratello, e spesse volte la donna il suo marito; e, che maggior cosa è e quasi non credibile, li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano”.

Giovanni Boccaccio, Decameron, I

Le riflessioni che svolgerò qui sotto nascono da una premessa teorica molto semplice: l’idea che portare la mascherina all’aperto, in qualsiasi luogo e situazione, sia una grande idiozia. Contrariamente che nei luoghi chiusi, negli spazi aperti è assolutamente improbabile che venga trasmesso un virus influenzale. Ma andiamo a leggere cosa prevede il DPCM del 3 dicembre 2020, l’ennesimo di una sfilza di decreti surreali e contraddittori, in merito all’uso delle mascherine:

«Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie, nonché obbligo di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande».


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Salvatore Tinè: Note sul movimento comunista internazionale. Dalla storia ad oggi

marxismoggi

Note sul movimento comunista internazionale. Dalla storia ad oggi

di Salvatore Tinè*

una pittura astratta di donna di notte su tela
            impressionismo moderno il modernismo marinism kgwf4yQuesto numero della rivista “Marx Ventuno” mi pare molto importante per vari motivi. In primo luogo, per gli elementi di informazione e di riflessione sullo stato attuale del movimento comunista internazionale contenuti nel rapporto del gruppo di ricerca della Accademia Marxista dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali. E’ un rapporto interessante perché la riflessione sullo stato dei principali partiti comunisti nel mondo contemporaneo e quindi sui modi e le forme anche nuove e originali in cui viene ridefinendosi l’unità del movimento comunista ne ripercorre le origini e la storia. Il centenario della nascita del Komintern caduto nel 2019 è stato per tanti partiti comunisti l’occasione per riflettere su una fase della loro storia per molti aspetti cruciale e decisiva.

E’ stato infatti proprio negli anni della nascita e della formazione dell’Internazionale comunista, come partito mondiale centralizzato della rivoluzione proletaria internazionale, ma imperniato sulla funzione dirigente del partito e dello stato sovietici, che il movimento comunista ha acquisito già nel corso degli anni ’20 e poi nel decennio successivo certo in uno dei periodi più drammatici e convulsi dell’intera storia mondiale, alcuni dei tratti caratteristici destinati a segnarne l’intera storia.

Come si rileva nel Rapporto dell’Accademia marxista cinese, questa forma organizzativa del partito mondiale centralizzato assunta dall’unità movimento comunista in quel periodo è stata oggetto di una approfondita riflessione critica e anche di giudizi e valutazioni diversi tra loro nel corso delle molte iniziative e dibattiti organizzati dai partiti comunisti in occasione del centenario del Komintern.


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Alex Callinicos: Capitalismo e catastrofe

antropocene

Capitalismo e catastrofe

di Alex Callinicos

Il Covid e il cambiamento climatico non sono aberrazioni: sono aspetti della permanente crisi globale del sistema

covid climat“La fine è vicina. L’esecuzione efficace dei test potrà migliorare le distanze sociali fino all'arrivo dei vaccini […] Avere diversi vaccini altamente efficaci per questo orribile virus dopo meno di un anno è un risultato abbastanza sorprendente, tra le cose più grandi che noi abbiamo - con noi intendo sia l'umanità in generale che i biologi molecolari in particolare - mai realizzato.”

Così scriveva Rupert Beale del Francis Crick Institut nella London Review of Books all'inizio del mese scorso. Ma prima di iniziare a festeggiare, dovremmo ricordare che un anno fa la possibilità che il mondo potesse essere travolto da una pandemia che avrebbe ucciso milioni di persone e innescato la peggiore crisi economica dagli anni '30 era al di là dell'immaginazione di quasi tutti noi.

Beale conclude il suo articolo con un avvertimento: “Siamo stati abili, ma anche fortunati. Sviluppare un vaccino Sars-CoV-2 è risultato relativamente facile. Il virus che causerà la prossima pandemia potrebbe non essere così indulgente.” La recente rapida diffusione delle infezioni grazie all'emergere di un nuovo ceppo di Covid-19 è un cupo avvertimento dei limiti della nostra capacità di comprendere, e tanto meno di controllare la natura.

Quindi ora dovremmo saperne di più. Molti di noi hanno letto pionieri marxisti come Mike Davis e Rob Wallace che per anni avvertivano che la distruzione della natura da parte del capitalismo stava creando le condizioni per pandemie come il Covid-19. Forse questa pandemia non era prevedibile, ma lo era certamente il fatto che ci sarebbero state delle pandemie (al plurale) paragonabili alla terribile epidemia influenzale del 1918-19, la quale uccise tra i 50 ei 100 milioni di persone.


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Andrea Pannone: Sulla ‘legge’ del valore-lavoro in Marx. Una nuova soluzione formale.

bollettinoculturale

Sulla ‘legge’ del valore-lavoro in Marx. Una nuova soluzione formale.

di Andrea Pannone

images09b6b43dIl recente bicentenario della nascita di Karl Marx (1818-2018) e l’evoluzione della crisi dell’economia mondiale, palesatasi a partire dal 2008 e successivamente aggravata dall’emergenza pandemica tutt’ora in corso, hanno riacceso l’interesse per il contributo economico e politico del filosofo di Treviri e per il contenuto della sua opera più rappresentativa -i tre libri de Il Capitale – rivitalizzando apparentemente il dibattito sulla possibile attualizzazione di (almeno) parte di quell’analisi (si veda ad esempio Bellofiore 2019, Bellofiore e Fabiani 2019, Gattei 2020, Bellofiore 2020, Brancaccio 2020). Nonostante il lodevole intento di questi contributi, resta quasi del tutto assente il tentativo di ripensare formalmente la ‘legge’ del valore-lavoro e il suo rapporto con la circolazione delle merci, in un modo che sia altresì coerente con alcune specificità di funzionamento di un’economia capitalistica moderna. Questa assenza costituisce, a mio parere, un limite fondamentale della più recente discussione sul Capitale proprio in virtù del fatto che, a partire dal presunto errore marxiano nell’esposizione formale della formazione di un saggio generale del profitto, la ‘legge’ del valore-lavoro è stata progressivamente data per defunta. Il presente lavoro si cimenta esplicitamente su questo punto cercando di fornire una soluzione formale non convenzionale. Nel primo paragrafo viene richiamato brevemente il problema della matematizzazione della legge del valore, partendo da Bortkiewitz fino alla soluzione fornita da Sraffa in Produzione di Merci a mezzo merci.


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Massimiliano Tomba: Nuovi bisogni emancipativi

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Nuovi bisogni emancipativi

Hans-Jürgen Krahl (1943-1970)

di Massimiliano Tomba

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                1ok 1628x1089Movimenti antiautoritari nella società tardocapitaliste

Il nome di Hans-Jürgen Krahl è indissolubilmente legato al ’68 tedesco. La sua morte, in seguito ad un incidente stradale nel febbraio 1970, fu sentita come una indubbia perdita per il movimento di emancipazione nelle metropoli. “La breve biografia politica di Hans-Jürgen Krahl, la cui attività di agitatore e il suo lavoro teorico hanno contribuito significativamente a determinare la politica del movimento di protesta, riflette il processo di formazione di molti giovani della sinistra che non ritrovano più un nocciolo razionale in un partito comunista rivoluzionario e che intrapresero un lungo tragitto di tradimento nei confronti della loro classe borghese rifuggendo le garanzie del potere ricevute in eredità”1. Allievo di Adorno, con il quale si addottora con una Dissertazione dal titolo Naturgesetz der kapitalistischen Bewegung bei Marx (La legge naturale del movimento di capitale in Marx), Krahl si confronta costantemente con la riflessione della Scuola di Francoforte e la tradizione della filosofia classica tedesca, cercando di ripensarne i fondamenti nella direzione di un percorso teorico intrecciato alla prassi politica. Al centro di questa riflessione c’è l’analisi dei rapporti economici e sociali dei sistemi di dominio tardocapitalistici. Un tema presente nelle discussioni dei movimenti antiautoritari della fine degli anni Sessanta.


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Carmelo Germanà: L’imperialismo: fase suprema dello sfacelo capitalistico

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              onoratodamen

L’imperialismo: fase suprema dello sfacelo capitalistico

di Carmelo Germanà

La parabola discendente del ciclo economico capitalistico del secondo dopoguerra, accelerata dal Covid-19, prosegue inesorabilmente. Vecchie e nuove potenze imperialistiche si confrontano per il predominio del pianeta a sottolineare la permanente conflittualità generata da un sistema economico i cui attori regolano i loro conti con l’esercizio della violenza e della rapina. L’imperialismo moderno è l’espressione del capitalismo giunto a minacciare la stessa vita sulla terra

Schermata del 2021 04 27 10 27 09L’antistoricità del sistema capitalista si evidenzia compiutamente nella ricorrenza delle sue crisi, quando le contraddizioni accumulate esplodono in tutta la loro forza. In queste circostanze emerge con grande evidenza il paradosso originato dall’enorme sviluppo delle forze produttive, le quali a un certo punto non sono più in grado di garantire una adeguata redditività del capitale investito. Di conseguenza si palesa il contrasto tra la sempre maggiore ricchezza prodotta e il diffondersi, allo stesso tempo, tra i lavoratori e nella società di incertezza e povertà. L’attuale devastante situazione non è causata dal Covid-19, come vorrebbe far credere la propaganda borghese, la pandemia ha certamente amplificato gli effetti, ma la crisi era già presente da prima ed è tutta interna ai meccanismi dell’accumulazione capitalista. La finanziarizzazione delle economie mature è stata la risposta data dal capitale a questa crisi che si protrae, con alti e bassi, da decenni. Crisi che ha colpito in particolare la maggiore potenza imperialista mondiale: gli Stati Uniti d’America. Le misure messe in atto dagli stati, lungi dal risolvere i problemi, non fanno altro che ampliarli e procrastinarli nel tempo.

Il dominio della finanza significa per gli Usa drenare parassitariamente plusvalore da ogni angolo del pianeta. I meccanismi di tale rapina risiedono nel signoraggio del dollaro e nella produzione di capitale fittizio che permettono alla borghesia americana di incamerare una rendita finanziaria ingente.[1]


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Andrea Fumagalli: Biopolitica del vaccino

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Biopolitica del vaccino

di Andrea Fumagalli

In questo testo[1] si denunciano alcuni nodi problematici nella produzione e distribuzione del vaccino anti-Covid19, esito del prevalere di interessi economici sul essere collettivo e dell’abbraccio mortale tra grandi case farmaceutiche e le istituzioni di governi che hanno il monopolio di vaccinazione. Non è una novità. La storia della medicina moderna, in particolar modo dei vaccini, ha assunto sempre più il carattere di un profittevole business economico: non sempre curare conviene. A differenza di altre malattie diffuse nei paesi poveri, puntare sulla ricerca vaccinale per il Covid è al centro delle attuali strategie biopolitiche di profitto. La posta in gioco è troppo alta e le mutazioni del virus potranno reiterare nel tempo la necessità della vaccinazione, incrementando i relativi guadagni. Soprattutto se i brevetti del vaccino rimarranno saldamente in possesso dell’industria delle Big Pharma

Vaccino
            Anti CovidUna delle questioni al centro del dibattito pubblico è oggi il tema dei vaccini. Le istituzioni hanno il monopolio della vaccinazione, possono concederla o negarla: non esiste uno statuto dei diritti del vaccinando. Ed esiste la paura come sentimento diffuso, promosso anzi. Il vaccino potrebbe essere la risoluzione dell’epidemia Covid-19, lo strumento che ci consentirà di ritornare a una vita normale, sempre però mantenendo le dovute cautele, comportandoci responsabilmente e facendo ancora qualche sacrificio.

Il vaccino è l’illusione in grado farci sopportare le restrizioni che ci sono imposte, facendoci credere che non saranno per sempre. Ma non si distingue mai, nella comunicazione di stato, il provvisorio dal definitivo; sul punto prevale un’ambigua reticenza. In realtà il monopolio statale e l’oligopolio delle Big Pharma sul vaccino rafforza il dominio del capitale sulla vita umana. Si tratta di un rapporto squilibrato, dove il coltello dalla parte del manico è detenuto dalle Big Pharma. Sono loro che producono il vaccino e che dettano le condizioni per le forniture.


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Giacomo Marchetti: La Bideneconomics spiegata dal capo dei consiglieri economici Usa

contropiano2

La Bideneconomics spiegata dal capo dei consiglieri economici Usa

di Giacomo Marchetti

bidenomics
            deesAbbiamo tradotto questa lunga conversazione, di circa un’ora, tra Ezra Klein e Brian Deese, capo-economista del neopresidente Biden che già lavorava nell’amministrazione Obama.

Qui viene spiegato l’attuale ampio programma economico federale. nonché le differenze che sussisterebbero tra il 2009 e l’oggi.

Inizialmente pubblicata in forma di podcast, è apparsa come trascrizione sul New York Times il 9 aprile.

Deese è il tipico prodotto di quel sistema delle “porte girevoli” che caratterizza le élite statunitensi, lo dimostra il suo curriculum che da “giovane economista” dello staff di Obama l’ha portato, prima di giungere nell’amministrazione Biden, con un ruolo dirigenziale nella BlackRock.

Due principi, innanzitutto, sembrano innervare le politiche fin qui intraprese e da prendere da parte dell’attuale amministrazione statunitense: la coscienza della crescente disuguaglianza economica e del cambiamento climatico, secondo le parole dell’intervistato. Deese li pone come due elementi che differenziano il contesto attuale da quello precedente durante l’era Obama.

Ma l’urgenza dell’azione economica in grado di risanare la frattura sociale prodottasi, e riparare la catastrofe ambientale che si sta consumando, è vista all’interno del vero aspetto di novità sostanziale: l’emersione della Cina come potenza economica.


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R. Landor: Intervista a Karl Marx (1871)

machina

Intervista a Karl Marx (1871)

di R. Landor

Landor, corrispondente del The World, intervista Marx a Londra il 3 luglio 1871. Soltanto un paio di mesi prima, la Comune di Parigi era stata soffocata nel sangue. Il testo venne pubblicato il seguente 18 luglio

0e99dc
              02d17f1867224d06bf29025b8e4b3f23 mv2Londra, 3 luglio 1871. Mi avete chiesto di raccogliere informazioni sull’Associazione Internazionale e io ho cercato di farlo. Attualmente, si tratta di un’ardua impresa. Londra è indiscutibilmente il quartier generale dell’Associazione, ma gli inglesi sono spaventati e sentono odor d’Internazionale dappertutto, come re Giacomo sentiva odor di polvere da sparo dopo la famosa congiura. Naturalmente, il livello di consapevolezza dei membri dell’Associazione è aumentato con la sospettosità del pubblico e se gli uomini che la dirigono hanno un segreto da custodire, il loro stampo è tale da custodirlo bene. Ho fatto visita a due dei suoi esponenti più in vista; con uno di essi ho parlato liberamente e qui di seguito riferisco il succo della nostra conversazione. Mi sono personalmente accertato di una cosa, e cioè che si tratta di un’associazione di veri lavoratori, ma che questi lavoratori sono guidati da teorici politici e sociali appartenenti a un’altra classe. Uno degli uomini che ho visto, fra i massimi dirigenti del Consiglio, si è fatto intervistare seduto al suo banco da lavoro, e a tratti smetteva di parlare con me per ascoltare le lamentele espresse in tono tutt’altro che cortese da uno dei tanti padroncini del quartiere che gli davano da lavorare. Ho sentito quello stesso uomo pronunciare in pubblico discorsi eloquenti, animati in ogni loro passo dalla forza dell’odio verso le classi che si autodefiniscono governanti. Ho capito quei discorsi dopo aver assistito a uno squarcio della vita domestica dell’oratore. Egli deve essere consapevole di possedere abbastanza cervello da organizzare un governo funzionante ma di essere costretto a dedicare la sua vita alla più estenuante routine di un lavoro puramente meccanico.


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Donato Salzarulo: Verso il 25 aprile. Segnalazioni

poliscritture

Verso il 25 aprile. Segnalazioni

di Donato Salzarulo

resistenza 1«Il dono di riattizzare nel passato la scintilla della speranza è presente solo in quello storico che è compenetrato dall’idea che neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.»
(W. Benjamin, Sul concetto di storia)

1.- Il 6 Aprile 2021 è stato pubblicato sul sito dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri (www.reteparri.it) un appello, sottoscritto da più di cento storici e studiosi, «per un riconoscimento ufficiale dei crimini fascisti in occasione dell’ottantesimo anniversario dell’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito italiano».

Infatti, fu il 6 Aprile del 1941 che le truppe italiane, di concerto con quelle tedesche ed ungheresi, attaccarono il Regno jugoslavo da diversi punti e l’occuparono. Nella spartizione del “bottino” all’Italia toccò buona parte della Slovenia (tra cui Lubiana), della Dalmazia, del Montenegro e del Kosovo.

Come scrivono gli storici nell’appello, «durante l’occupazione fascista e nazista, e fino alla Liberazione nel 1945, in questo territorio si contano circa un milione di morti. L’Italia fascista ha contribuito indirettamente a queste uccisioni con l’aggressione militare e l’appoggio offerto alle forze collaborazioniste che hanno condotto vere e proprie operazioni di sterminio. Ma anche direttamente con fucilazioni di prigionieri e ostaggi, rappresaglie, rastrellamenti e campi di concentramento, nei quali sono stati internati circa centomila jugoslavi.


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Tomasz Konicz: Economia intossicata dagli stimoli: il sistema finanziario globale in una gigantesca bolla di liquidità

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Economia intossicata dagli stimoli: il sistema finanziario globale in una gigantesca bolla di liquidità

di Tomasz Konicz

KoniczI mercati azionari sono in pieno boom. Nonostante la crisi del coronavirus e l'impoverimento di centinaia di milioni di salariati. Ciò che a prima vista appare come contraddittorio, è una conseguenza della lotta contro la crisi ed è il sintomo di un sistema finanziario globale che è esso stesso in ginocchio, e lo è ancora di più proprio per il fatto che si trova in una gigantesca bolla di liquidità. A circa un anno dall'ultimo scoppio di crisi - innescato dalle conseguenze della pandemia, ha fatto sprofondare centinaia di milioni di lavoratori salariati nella miseria più nera - i mercati finanziari stanno vivendo quella che è una delle più grandi impennate di tutta la loro storia. I mercati statunitensi - quanto meno - difficilmente potrebbero stare meglio. Dopo aver subito un collasso, corrispondente a circa il 34% nel mese in cui ha avuto inizio la pandemia, nel mese di marzo del 2020; nei dodici messi successivi l'indice Standard & Poor 500 ha raggiunto i suoi nuovi massimi storici, salendo del 75%, proprio nel momento in cui la malnutrizione e la vera e propria fame sono magicamente aumentati anche negli Stati Uniti. Dalla fine della seconda guerra mondiale, per le azioni è stato l'anno migliore, hanno sottolineato i media americani in quello che è stato l'anniversario del fantasmagorico boom delle azioni, il quale si è accompagnato ad una crollo di 3,5 punti percentuali del prodotto interno lordo degli Stati Uniti.


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Andrea Cavazzini: Lotte di classe nel capitalismo avanzato

operaviva

Lotte di classe nel capitalismo avanzato

Avventure della dialettica nel lavoro di Hans-Jürgen Krahl

di Andrea Cavazzini 

l portavoce dellUnione degli Studenti Socialisti
                SDS Hans Jurgen Krahl r al leggio. Il 28 maggio 1968
                nella Grand Broadcasting Hall dellHessisc
                940x704Un teorico critico e la sua congiuntura

Questa rapida esposizione dedicata a Hans-Jürgen Krahl (1943-1970) è strettamente connessa ad altre riflessioni sviluppate in altri testi dedicati alla Germania e al movimento studentesco in generale1. In effetti, Krahl riflette sull’aporia connessa alla relazione esistente tra il proletariato e la sua coscienza (che possiamo formulare come relazione tra classe e coscienza di classe, o perfino tra strutture sociali e determinazioni politiche). Una riflessione che si incontra anche pensando alla congiuntura dell’Europa centrale e del marxismo tedesco nel periodo immediatamente precedente e immediatamente successivo alla Rivoluzione d’ottobre, alla I guerra mondiale, e al fallimento della Rivoluzione tedesca. Prima della I guerra mondiale, queste aporie riguardavano in prima battuta la contraddizione tra, da una parte il peso sociale e politico del movimento operaio tedesco, la forza e il prestigio delle sue organizzazioni, dall’altra la sua drammatica impotenza politica, la sua posizione subalterna nei confronti dello Stato imperialista, la sua acquiescenza alle ideologie conformiste, la sua impreparazione tattica e strategica al tempo della caduta del Reich. Dopo la guerra, questa contraddizione prese la forma di una distanza tra la radicalizzazione politica degli strati intellettuali verso destra e verso sinistra (che sublimò la crisi della civiltà borghese, l’espansione di una accesa, perfino apocalittica atmosfera ideologica, la formazione di uno strato di militanti preparati per l’azione rivoluzionaria professionale – diffusione di discorsi e pratiche bolsceviche, la fondazione della Terza Internazionale); e una offensiva delle masse che sembrava definitivamente bloccata a Ovest, e destinata a una stabilizzazione di lungo termine nella Russia sovietica.


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tonino

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May 2, 2021, 11:44:43 AM5/2/21
to sante gorini

Un amico di Wiston Smith: Ancora su L’affare Covid. Una controreplica

ilrovescio

Ancora su L’affare Covid. Una controreplica

di Un amico di Wiston Smith

La controreplica che segue risponde a un testo pubblicato su roundrobin.info. Siccome ritorna su alcune questioni dell’Affare Covid e finisce per toccare anche nodi che vanno oltre la risposta a quell’articolo, mi sembra il caso di pubblicarla anche qui (un amico di Winston Smith)

external content.duckduckgo.com 7Sono Un amico di Winston Smith, ovvero l’autore materiale di L’Affare Covid.. Ho letto le Due obiezionial mio lavoro pubblicate su roundrobin.info. Credo che necessitino di una risposta, non solo per le posizioni dell’autore (che peraltro dice esplicitamente di non volerle argomentare), ma per i numerosi fraintendimenti e errori di lettura su quanto ho scritto. Se condizione di ogni dibattito è (sforzarsi di) capire cosa sta dicendo l’interlocutore, al di là di quanto si possa o meno essere d’accordo, è importante rettificare certe distorsioni. Non tanto per intavolare un dibattito a due (che di fronte a un approccio così poco “argomentativo”, oltre che scomposto, è impossibile), ma per evitare che qualcuno vi abbocchi e le prenda per buone, liberandosi così della fatica di confrontarsi col testo originario. Un dibattito attorno a domande così urgenti (cos’è questa maledetta “pandemia”, quanti dei suoi effetti nefasti siano imputabili al virus in sé e quanti alla sua gestione statal-capitalistica, quali spinte economiche, statali, tecnologiche stiano dando forma agli eventi mondiali – per dirne solo alcune) non può e non deve essere inquinato. Di confusione, in giro e nelle teste, ce n’è già abbastanza.

Nel cercare di afferrare in queste obiezioni un filo che forse non c’è, vado per punti.

Primo. L’autore crede di leggere nel mio scritto «una divisione tra destra e sinistra sull’approccio al covid», che nella sua testa riguarderebbe addirittura i governi (visto che cita le politiche opposte di alcuni esecutivi di destra sulla questione-Covid, oltre all’iniziale “cambio in corsa” del conservatore Boris Johnson sul lockdown), un po’ come se io polarizzassi il mondo tra sinistre e governi di sinistra che cercano di chiuderci in casa con ogni mezzo necessario, e destre e governi di destra che sarebbero per il “liberi tutti”.


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Frank Cimini - Valerio Renzi - Il Faro di Roma: Amnistia, altro che estradizione dalla Francia

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Amnistia, altro che estradizione dalla Francia

di Frank Cimini* - Valerio Renzi** - Il Faro di Roma***

amnistiaNon tutta la stampa italiana ha seguito l’ordine di scuderia dei grandi gruppi editoriali stretti intorno a Mario Draghi, Confindustria e il “partito della vendetta” (oltre che del pil). Non si tratta di molti articoli, ma è comunque giusto segnalarli.

******

«C’è anche in programma una visita di Stato in Francia del presidente Sergio Mattarella e dovrebbe essere firmato il Trattato Quirinale per rafforzare i rapporti bilaterali. In questo contesto Macron potrebbe dare il via libera alle estradizioni chieste alla Francia dalla ministra Marta Cartabia nell’ultima riunione con il suo omologo francese».

Intervistato da Repubblica lo scrittore francese Marc Lazar risponde alla domanda su un possibile cambiamento di linea del governo d’Oltralpe sulla presenza a Parigi di persone condannate in Italia per fatti di lotta armata. Lazar polemizza con gli intellettuali francesi che avevano nei giorni scorsi firmato un appello a favore della dottrina Mitterand «perché sul tema c’è ancora troppa ignoranza».

Eppure a proposito di cambiamenti di linea va registrato che Lazar dieci anni fa intervistato da Paolo Persichetti sul quotidiano Liberazione aveva detto: «Dopo la dietrologia e le commissioni parlamentari di inchiesta ora è il tempo degli storici».

Quindi ora non sarebbe più il caso di storicizzare ma di consegnare all’Italia una dozzina di protagonisti di una stagione politica lontanissima e di portarli in carcere adesso che hanno tutti un’età più vicina agli 80 che ai 70.


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Armando Lancellotti: Ignoranza della storia e assenza di futuro

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Ignoranza della storia e assenza di futuro

di Armando Lancellotti

Adriano Prosperi, Un tempo senza storia. La distruzione del passato, Einaudi, Torino, 2021, pp. 128, € 13.00

art gaudio copertina 1L’ultimo libro di Adriano Prosperi – professore emerito presso la Scuola Normale Superiore di Pisa – è la lezione magistrale di uno storico di grande spessore che, in un intreccio di riferimenti che spaziano dalla storiografia alla filosofia, dalla sociologia all’antropologia e all’analisi economico-politica, affronta, in poco più di cento pagine, una materia oltremodo complessa e magmatica, quella delle intricate relazioni tra tempo, memoria, storia, realtà presente e prospettive future. Si parla di memoria, quindi, che innanzi tutto è una funzione psichica umana, incerta e fragile per la sua limitatezza soggettiva, ma è anche la memoria collettiva, fatta di ricordi ed esperienze comuni, di un canone da tramandare alle generazioni successive e poi, ancora, è la memoria del testimone, materia preziosa su cui lo storico è chiamato ad esercitare il proprio accorto lavoro di comprensione e conoscenza, così come sulla memoria intesa come immenso accumulo di dati e documenti che le istituzioni preposte selezionano, archiviano e conservano, salvandolo dagli abissi dell’oblio. Perché il ricordare è sempre necessariamente connesso al dimenticare ed è proprio nell’equilibrata e corretta interazione tra memoria ed oblio che si costruisce un buon rapporto col passato e con la storia. Quella storia – spiega Prosperi – che per lo storico è innanzi tutto historia rerum gestarum, storiografia, ossia narrazione delle vicende umane, che è altra cosa dalla storia intesa come l’insieme di quelle stesse concrete vicende umane, che a loro volta si distinguono dalla realtà naturale del mondo in cui sono sempre collocate, nonostante gli uomini, soprattutto i contemporanei, tendano a dimenticarlo e a trascurarne l’importanza, con conseguenze che la pandemia che stiamo vivendo dimostra al di là di ogni dubbio.


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Gianni Giovannelli: Prescrizione e vendetta

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Prescrizione e vendetta

di Gianni Giovannelli

La giustizia è p’er povero, Crestina
Le condanne pe lui so sempre pronte
Sai la miseria che tiè scritto in fronte?
Questa è carne da boja; e c’indovina

G.G. Belli, sonetto 1511

Il professor Draghi a volte si sente scoraggiato e magari non sa più che pesci pigliare; dentro il governo continuano a litigare senza sosta e rendono difficile l’operazione che gli è stata affidata. Il bracco ungherese sarebbe disponibile a mordere i ministri riottosi, o troppo avidi, ma non si può fare, e così viene lasciato nel parco privato di Città della Pieve. Altre sono le soluzioni, il trovare un compromesso, o uno stratagemma, è diventato una necessità quasi quotidiana per il primo ministro italiano; le decisioni sostanziali vengono prese altrove e non sono discutibili, ma bisogna far comprendere ai partiti che affollano l’esecutivo di rimanere immobili, naturalmente trattando il prezzo del loro silenzio. Non basta la pazienza; ci vuole anche una certa fantasia.


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Guido Salerno Aletta: PMI: Obiettivo Stritolamento

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PMI: Obiettivo Stritolamento

Piccoli imprenditori e medie imprese nella morsa

di Guido Salerno Aletta

La Storia è sempre la stessa, ed il conflitto con le grandi ricchezze, una volta rappresentate dal Sistema feudale e poi dalla Alta finanza, lo ha combattuto e vinto con alterne vicende solo la piccola e media borghesia.

Si illude, però, diceva Marx, di averla avuta vinta davvero, per il solo fatto di aver conquistato finalmente la proprietà di un pezzo di terra da coltivare liberamente dopo essersi sottratta al giogo feudale.

In realtà, il piccolo coltivatore è sempre in balìa di poteri più forti: da una parte, per via del prezzo del grano che viene stabilito sui mercati internazionali sulla base delle convenienze dei latifondisti e dei grandi acquirenti come i pastai; dall'altra, perché i lavori di miglioria fondiaria dipendono completamente dal debito contratto con le banche. Il calo dei prezzi per un verso e gli alti tassi di interesse per l'altro lo stringono in una morsa mortale.


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Umberto Vincenti: Elogio del canone classico

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Elogio del canone classico

di Umberto Vincenti

L’espressione ‘canone classico’ è di Nello Preterossi: espressione suggestiva perché affaccia un modulo educativo – il nostro – oggi sotto attacco. Ad attaccarlo siamo noi occidentali che dovremmo difenderlo, magari adattandolo ai nuovi tempi, ma mai dismettendolo. Recentemente siamo andati oltre: una de-civilizzazione che si è manifestata attraverso atti brutali e rozzi, l’abbattimento di statue di uomini che hanno fatto la (nostra) storia ma ‘politicamente scorretti’ ante litteram, uno come Cristoforo Colombo avvertito come proto-suprematista bianco, oppressore e razzista. Un vento, questo della cancel culture, che spira dalle più prestigiose università americane: contro la cultura classica per l’espunzione dei classici a partire da Omero – capostipite della mascolinità tossica – perché non rispettosi dell’eguaglianza di genere e razza. Il canone della non discriminazione in luogo del canone classico. Ma di questo passo dovremmo liberarci anche del (nostro) diritto perché erede del diritto romano che aveva quale summa divisio delle persone quella tra liberi e servi e assegnava la primazia al maschio.


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Marco Pondrelli: Alberto Bradanini: Cina, Lo sguardo di Nenni e le sfide di oggi

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Alberto Bradanini: Cina, Lo sguardo di Nenni e le sfide di oggi

di Marco Pondrelli

Alberto Bradanini è un ex-diplomatico che fra il 2013 ed il 2015 fu ambasciatore italiano a Pechino e inoltre Presidente del Centro Studi sulla Cina Contemporanea, va da sé che un suo libro sulla Cina desti attenzione in chi vuole approfondire la conoscenza di questo Paese.

Il libro si divide in due parti. La prima è una cronaca politica dei due viaggi che Pietro Nenni fece in Cina nel 1955 e nel 1971. Questi 16 anni presentano a Nenni una Cina molto diversa, Pechino nel '55 aveva visto da poco trionfare la Rivoluzione di Mao Zedong (1949) ed era appena uscita dalla Guerra di Corea (1953). L'asse con Mosca era ancora in piedi ma già di notavano i primi scricchiolii che nel 1971, all'epoca del secondo viaggio che Nenni compie da ex Ministro degli Esteri, erano esplosi.

Sullo sfondo del secondo viaggio aleggia la figura di Nixon che si recherà in Cina l'anno successivo per una visita che era stata preparata, proprio nel 1971, dal viaggio segreto di Kissinger.


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Sabato Danzilli: Losurdo e la sfida di un materialismo storico per il XXI secolo

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Losurdo e la sfida di un materialismo storico per il XXI secolo

di Sabato Danzilli

il materialismo 50c8c8ee35274La raccolta di saggi contenuta in Domenico Losurdo tra filosofia, storia e politica, pubblicata da La scuola di Pitagora, a cura di Stefano Giuseppe Azzarà, Paolo Ercolani ed Emanuela Susca, offre una panoramica completa dei principali interessi della ricerca di Domenico Losurdo, con interventi da parte dei suoi collaboratori più stretti e di alcuni colleghi. Il filosofo pugliese, scomparso quasi tre anni fa, è stato tra i più importanti pensatori della sinistra italiana degli ultimi decenni, e la sua influenza si estende sempre più sul piano internazionale.

La sua analisi unisce infatti una grande profondità storica a un forte carattere militante. L’indagine storica dei sistemi filosofici presi in considerazione nelle sue opere, compiuta con rigore, non rimane mai confinata in un ambito strettamente teoretico, ma è sempre sottoposta a un esame attraverso una verifica della declinazione nella pratica politica concreta del pensiero dell’autore considerato. In Losurdo è infatti centrale il ruolo del “giudizio politico” nella comprensione del proprio tempo, che è il compito specifico della filosofia.

Il libro si articola in tre sezioni: “Filosofia classica tedesca, universalismo e liberalismo”, “Crisi del marxismo e ricostruzione del materialismo storico” e “Tradizione conservatrice e ideologie della guerra”.


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Marco Cattaneo: I keynesiani mainstream e la MMT

bastaconeurocrisi

I keynesiani mainstream e la MMT

di Marco Cattaneo

scuole
            economiche 1Ho letto con molto interesse questo articolo di Thomas Palley, pubblicato pochi mesi fa (fine 2020). Come indica il titolo, “What’s wrong with Modern Money Theory: macro and political restraints on deficit-financed fiscal policy”, si tratta di una disamina critica della MMT.

L’autore è un economista di impostazione keynesiana e di orientamento politico progressista. Pur condividendo le finalità generali di quanto gli economisti MMT propongono, Palley ritiene però sostanzialmente errata la base teorica della MMT.

L’articolo è interessante in quanto costituisce una sintesi, molto articolata, delle critiche alla MMT così come espresse da commentatori che non sono sospettabili di pregiudizi ideologici negativi nei confronti della MMT stessa (o più precisamente nei confronti delle sue finalità). Critiche, quindi, di natura essenzialmente tecnica e concettuale.

Come ho detto in altre sedi, mi riconosco al 95% nel pensiero MMT. Confutare le critiche di Palley mi pare un esercizio utile in quanto si tratta, in sostanza, delle medesime argomentazioni che spingono i governi e le istituzioni sovranazionali ad adottare un approccio ancora decisamente troppo timido nel contrastare i problemi dell’economia anche (ma non solo) in seguito alla crisi pandemica. Troppo timido, purtroppo per noi, soprattutto nel caso dell’Eurozona e in particolare dell’Italia.

Qui di seguito, i punti salienti (a mio avviso) dell’articolo di Palley, e le mie controdeduzioni.


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Andrea Cengia: Panzieri e Krahl

operaviva

Panzieri e Krahl

di Andrea Cengia

Prospettive di lettura della produzione ad alta intensità tecnologica

krahl bm bayern fra 662288aL’ipotesi che guida questo testo è che si possano individuare alcune linee di continuità tra il pensiero di Raniero Panzieri e quello di Hans-Jürgen Krahl. La riflessione teorico-politica più significativa di entrambi gli autori ruota attorno alla problematicità del capitalismo a forte base tecnologica, nell’arco di tempo che attraversa gli anni Sessanta del Novecento. Nel caso di Panzieri, (e del primo operaismo italiano che ha nella rivista Quaderni rossi il suo punto di riferimento) la riflessione teorica parte dall’osservazione delle imponenti ristrutturazioni del capitalismo italiano dei primi anni Sessanta. Krahl invece constaterà, alla fine del medesimo decennio, la maturazione di questo processo di trasformazione tecnologica (sia dal lato del capitale che dal lato della soggettività antagonista) e potrà quindi mettere in luce gli effetti e le modificazioni subite dalla società nello stato della sua maturata trasformazione macchinica. Panzieri e Krahl, quindi, sono due interpreti del capitalismo e dei suoi esiti a noi più vicini, primo su tutti la trasformazione della composizione organica del capitale.

Da un punto di vista teorico, i punti comuni ai due autori vanno rintracciati nel costante riferimento, esplicito o implicito, all’eredità della scuola di Francoforte e del suo universo culturale di cui Panzieri infatti è stato considerato, uno degli “ambasciatori”1in Italia. Nel riferirsi a Pollock e alla scuola di Francoforte il fondatore dei Quaderni rossi ha saputo unire quella riflessione con le originali istanze dell’operaismo italiano.


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In morte di Fares. Una piccola storia ignobile

offline

In morte di Fares. Una piccola storia ignobile

“-I livornesi chiedono più sicurezza più controlli poi se un tunisino scappa e affoga nei fossi fanno le manifestazioni. Se era in regola non sarebbe scappato….

-Era già conosciuto alle forze dell’ordine e qui dice tutto…

-Perché stava scappando? Forse aveva qualche problema? Se hai la coscienza pulita non scappi ma affronti.

-Ma che vergogna, questi fino a ieri vivevano nel deserto e mangiavano sabbia, oggi comandano a casa nostra… Che schifo

-A casa vostra e chi vi appoggia con voi

-Ieri mattina nella zona mia c’è ne era uno alle 8 di mattina di domenica che suonava tutti i campanelli”

commenti su Facebook – 25/04/21

“Dei proletari non si può avere alcun timore. Lasciati a se stessi, continueranno di generazione in generazione e di secolo in secolo a lavorare, a riprodursi e a morire, non solo senza alcun istinto alla rivolta, ma anche senza la capacità di comprendere che il mondo potrebbe essere diverso da come è… Del tutto irrilevante è stabilire che cosa pensino o non pensino le masse. Abbiano pure tutta la libertà intellettuale: tanto, sono prive d’intelletto.”


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Daniele Burgio, Massimo Leoni, Roberto Sidoli: Coordinate generali sulla dinamica della politica internazionale del XXI secolo

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Coordinate generali sulla dinamica della politica internazionale del XXI secolo

Per il 100esimo anniversario del partito comunista cinese

di Daniele Burgio, Massimo Leoni, Roberto Sidoli

La prima categoria da utilizzare, per un’indispensabile mappatura politica del pianeta all’inizio del terzo millennio, è diventata a partire dal 2010-2013, il primato economico ormai acquisito dalla Cina popolare in termini di prodotto interno lordo a parità di potere d’acquisto in base persino ai dati empirici forniti dalla Central Intelligence Agency di Langley, mentre negli ultimi anni Pechino ha ormai raggiunto Washington anche in campo tecnoscientifico e finanziario.

Si tratta di una nuova fase storica di supremazia non-bellica che costituisce un evento di portata mondiale sia sul piano produttivo che politico, come del resto si rivelò anche in passato l’analogo sorpasso produttivo effettuato nel 1880 dagli Stati Uniti rispetto alla Gran Bretagna: tale gigantesco fenomeno è stato finora nascosto e celato di solito da parte dei massmedia e degli studiosi occidentali, oltre che da quasi tutti i leader della sinistra ivi compresa quella “antagonista”, dimostrando per l’ennesima volta le manipolazioni molteplici a cui è sottoposta l’opinione pubblica delle metropoli imperialiste.


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Giulio Maria Bonali: Quale capitalismo? (commento ad un articolo di Guido Viale)

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Quale capitalismo? (commento ad un articolo di Guido Viale)

di Giulio Maria Bonali

Se si parte dall’ assunto del tutto falso che “Oggi al modello di comunismo come statalizzazione di tutti gli aspetti della vita – passaggio obbligato verso la società senza classi – non si rifà più nessuno: è fallito per sempre con l’esperimento sovietico” non si può che arrivare a propugnare sciocchezze o banalità: oppiacei paradisi artificiali in luogo di realistiche lotte efficaci nell’ abolire lo stato di cose presenti.

La storia settantennale dell’ URSS non é affatto stata un “esperimento” condotto nell’ asettico ambiente di un laboratorio scientifico e “fallito per sempre”.

E’ stata invece una storia grandiosa, almeno per molti aspetti gloriosa, drammatica, sanguinosa, esitata in una tragica sconfitta (tragica innanzitutto per i lavoratori e i popoli dell’ ex URSS stessa, ma in varia misura anche per i lavoratori e i popoli di tutto il mondo, che ancora ne pagano – e in particolare anche noi ne paghiamo – le pesantissime conseguenze).


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Giulio Blason: Sogni di mappe e territori

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Sogni di mappe e territori

Considerazioni a partire da “Helgoland” di Carlo Rovelli

di Giulio Blason

Nel suo ultimo libro, “Helgoland”, Carlo Rovelli traccia un’avvincente storia della teoria dei quanti e spiega al suo pubblico come le nozioni proposte dalla fisica quantistica sulla costituzione della realtà siano essenziali per formare una mappa sempre più precisa della nostra rappresentazione del mondo. Rovelli riesce a dipingere un vasto panorama di idee e immagini in una bellissima tela nella quale – destreggiandosi tra Einstein, Heisenberg e Nāgārjuna – non manca di menzionare il concetto espresso dal filosofo e matematico Alfred Korzybski secondo cui “la mappa non è il territorio”. Rovelli ci offre un evocativo esempio pratico di questo concetto nelle pagine in cui scrive: “fra le nostre mappe mentali e la realtà c’è la stessa distanza che corre fra le carte dei naviganti e la furia delle onde sulle rocce bianche delle scogliere dove volano i gabbiani”.

Nonostante l’autore nella sua magistrale esposizione dissuada il lettore dal perseguire una visione del mondo retta dal determinismo meccanicista, non si può fare a meno di riflettere su quanto la fiducia dello stesso Rovelli nei riguardi di una sempre più accurata mappatura del reale lasci qualche margine al sogno di poter trovare un giorno la chiave d’accesso alla totalità dell’universo.


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Loretta Bolgan: Sono così necessari i vaccini?

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tonino

unread,
May 4, 2021, 2:15:39 AM5/4/21
to sante gorini

Fabio Frosini, Anxo Garrido Fernández: Pensare la pandemia: la soglia tra “pubblico” e “privato”, la crisi attuale e le forme del potere

materialismostorico

Pensare la pandemia: la soglia tra “pubblico” e “privato”, la crisi attuale e le forme del potere. Presentazione

di Fabio Frosini (Università di Urbino), Anxo Garrido Fernández (Universidad Complutense de Madrid)

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

36605 De Chirico 06 Piazza dItalia 1948 1972 cm
              395X501. Questa rivista, quest’anno di pandemia

In quest’anno pandemico si sono moltiplicate le prese di posizione, più o meno autorevoli, di “esperti” del settore (epidemiologi e virologi), spesso in stridente contraddizione tra loro. Sono però in particolare i politologi, i sociologi, gli antropologi e in primo luogo, sì, i filosofi che vengono chiamati a gran voce a dire la loro su questo “evento” che a detta di tutti sarà uno spartiacque “storico” o “epocale”. Non staremo qui a elencare i fascicoli monografici che talvolta in tempi record sono stati pubblicati, i libri e libretti di maîtres-à-penser e il profluvio, pressoché inarrestabile, di interviste e articoli1. Noi stessi ci vediamo partecipi ‒ volenti o nolenti ‒ di questo «naufragio continuo e comune non meno degli scritti nobili che de’ plebei» (per riprendere la frase memorabile di un libro che ebbe, immeritatamente, scarsa fortuna)2. Siamo del resto coscienti della difficoltà di dire qualcosa di sensato nella cacofonia più totale: anche per questa ragione abbiamo accolto in questo dossier un articolo di quotidiano pubblicato il 23 marzo 2020 da José Luis VILLACAÑAS, Il filosofo democratico, che riflette con grande lucidità sul significato della parola del filosofo in questo tipo di circostanze e ‒ spunto gramsciano ‒ sul carattere “democratico” di essa3.

Per parte nostra, abbiamo pensato di proporre un approccio che riflette uno degli assi portanti di questa rivista: il pensiero di Gramsci sull’egemonia e i suoi “apparati”, vale a dire le forme di organizzazione in cui la società penetra, ramificandosi, dentro lo Stato e viceversa, lo Stato entra con forza nelle più varie sfere sociali, cioè private.


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Federico Fioranelli: Il fondamentale contributo di Piero Sraffa al riscatto del pensiero economico classico

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Il fondamentale contributo di Piero Sraffa al riscatto del pensiero economico classico

di Federico Fioranelli

Ritratto di Piero SraffaPiero Sraffa è un economista che ha lasciato un segno profondo nella storia dell’economia politica. Con i suoi lavori, è riuscito infatti a portare a termine due progetti estremamente ambiziosi: mettere in luce i punti deboli dell’approccio neoclassico all’economia e rafforzare le fondamenta della scuola classica di pensiero economico risolvendo l’unica questione lasciata irrisolta da David Ricardo e Karl Marx.

Nato a Torino il 5 agosto 1898 in una famiglia ebraica benestante, si laurea in giurisprudenza nel novembre 1920 con una tesi su “L’inflazione monetaria in Italia durante e dopo la guerra” con Luigi Einaudi come relatore.

All’Università di Torino stringe un rapporto di amicizia con Antonio Gramsci. Quando quest’ultimo fonda “L’Ordine nuovo”, Sraffa collabora con degli articoli e con alcune traduzioni dal tedesco. In seguito, dopo l’arresto di Gramsci nel 1926, Sraffa si impegna a fare arrivare libri e riviste all’amico in carcere, a ricercare le strade per fargli ottenere la libertà (senza con questo cedere al fascismo, ad esempio con una domanda di grazia) e a tenere i collegamenti con i dirigenti comunisti in esilio.

Nel novembre 1923 viene nominato docente di economia politica e di scienza delle finanze presso l’Università di Perugia.

Nel 1925 Sraffa pubblica “Sulle relazioni fra costo e quantità prodotta”, il suo primo contributo importante di critica distruttiva della scuola neoclassica di Jevons, Menger, Walras e Marshall. In particolare, con questo articolo, vuole mettere in evidenza gli aspetti che mancano di coerenza logica all’interno della teoria marshalliana dell’equilibrio parziale dell’impresa.


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Dante Barontini: La “nuova Europa” passa anche per gli arresti di Parigi

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La “nuova Europa” passa anche per gli arresti di Parigi

di Dante Barontini

nuova
            europa arrestiDavvero qualcuno crede che pretendere l’estradizione e la morte in carcere per dei settantenni (in media), che hanno combattuto contro lo Stato tra i 50 e i 40 anni fa, sia qualcosa di diverso dalla pura vendetta?

L’assurdo è tale che non è possibile considerarlo un assurdo. Non possiamo “immaginarci” il Potere – la classe dirigente di questo disgraziato paese – come un gruppo di ottusi semplicemente ossessionato dal fatto che alcuni (percentualmente pochi) dei suoi nemici d’allora siano sfuggiti al carcere.

Dopo 40 anni, e “due repubbliche” dopo (siamo alla Terza, giusto?), anche la peggiore ossessione dovrebbe essere spenta sotto l’urgenza di problemi ben più presenti.

Dunque la ragione profonda degli arresti di Parigi non può essere quella ufficialmente raccontata. Non per “complottismo”, ma perché riteniamo che almeno una  parte di questa classe dirigente sia capace di fare un mestiere da macellaio, ma con una certa “creatività” e una buona dose di furbizia, se non proprio di intelligenza.

Perciò, se ci danno una spiegazione stupida, non possiamo crederci.

Per questi arresti si sono mossi personalmente Mario Draghi e Marta Cartabia, non due buzzurri a metà strada tra la Lega e Fratelli d’Italia. Sono riusciti là dove Salvini e Bonafede avevano fallito, pur gestendo esattamente lo stesso dossier.

E se Macron ha cambiato linea rispetto a due anni fa, è evidente che stia maturando un diverso rapporto tra i vari paesi membri dell’Unione Europea.


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Antonella De Ninno: “Tachipirina e vigile attesa”. Perché il Ministero ricorre contro la sentenza del TAR?

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“Tachipirina e vigile attesa”. Perché il Ministero ricorre contro la sentenza del TAR?

di Antonella De Ninno

Perché il Ministero della Salute ha fatto ricorso contro la sentenza del TAR che abolisce il protocollo “tachipirina e vigile attesa”? La risposta la fornisce una delle nostre lettrici portando alla nostra attenzione l’articolo redatto da una ricercatrice del Cnr, la Dottoressa Antonella De Ninno. Di seguito ne riportiamo il testo

La campagna vaccinale sembra procedere spedita, al netto di qualche tentennamento sulla determinazione delle fasce di età da coinvolgere nell’uso di un vaccino o dell’altro. L’informazione generalista celebra le centinaia di migliaia di nuovi vaccinati al giorno come i nuovi soldati che partono verso il fronte; alcuni si spingono a chiedere di considerare i morti per gli effetti collaterali “indesiderati” come i nuovi eroi di questa sporca guerra che il virus ci ha dichiarato.

Contemporaneamente la definizione di una terapia di cura da attuarsi a domicilio già nelle primissime fasi della malattia, come chiesto da migliaia di medici non soltanto nel nostro Paese, stenta a decollare.


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Sergio Cararo: L’Italia non sarà più la stessa

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L’Italia non sarà più la stessa

di Sergio Cararo

Replicando nel dibattito al Senato, Mario Draghi ha affermato che dopo il Recovery Fund, l’Italia – paese fragile – “non sarà più la stessa”.

Solo su questo, probabilmente, dobbiamo convenire con il “commissario” Draghi. Non stanno cambiando solo la quantità e le modalità dei finanziamenti pubblici, ma anche le regole di funzionamento costituzionale del nostro paese, per costruire un altro “modello” più coerente con le indicazioni europee.

Dopo quasi trenta anni di tagli, privatizzazioni, crollo degli investimenti, lacrime e sangue, il sistema dovrebbe ora mettere a disposizione fondi significativi – ma a ben vedere assai inferiori a quanto decantato – per procedere sul piano della modernizzazione capitalista dell’Italia.

Ma per procedere in questa direzione, almeno per qualche anno, non dovrà solo allentare parzialmente i cordoni della borsa, dovrà anche imporre un ritmo di marcia che metterà definitivamente in soffitta le procedure costituzionali previste per i vari passaggi.


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Fabio Bulla: Della compartimentazione e dell’idiozia derivata

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Della compartimentazione e dell’idiozia derivata

di Fabio Bulla

In ogni campo si è assistito ad un infittirsi di compartimentazione, lo specializzarsi in un settore ben delineato perdendo di vista il quadro completo.

Il taylorismo della cultura e della scienza, diventate una catena di montaggio. Il cerchio sempre più piccolo in cui si trovano le persone rende ormai impossibile qualsiasi ragionamento, ognuno pare conoscere il suo micro-settore, dove eccelle nella sua infinitesimale saggezza. Da ciò si è arrivati alla deriva totale: nessuno può mettere in discussione o dibattere sulla loro posizione, e anche farsi delle domande diventa negazionismo.

Tutto costruito alla perfezione; ponendo il tutto in termini microscopici e settoriali si evita qualsiasi confronto e risposta. Le domande scomode sono rispedite al mittente ed ogni spiegazione è preclusa. Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi ormai da anni, in tutti i settori, dall’economia alla medicina, dalla biologia e perfino alla giurisprudenza. Ogni branca è divisa in tante sette, degne di essere chiamate templi del popolo.


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Gianluca Cicinelli: La guerra tra Apple e Facebook la paghi tu

labottegadelbarbieri

La guerra tra Apple e Facebook la paghi tu

di Gianluca Cicinelli

Facebook contro Apple, Golia contro Golia, lo scontro è intorno alla privacy degli utenti e già fa ridere così. Sì perchè Apple che difende la privacy degli utenti non è credibile, in ogni caso siamo noi la merce esposta in vetrina. Però tra i due colossi che litigano sulla privacy si può “insinuare” qualche parola di buon senso per riflettere sul controllo della rete. Insomma Apple vuole inserire nel suo Iphone un comando in cui è l’utente a decidere se vuole o meno essere tracciato da Facebook. Appena annunciato il proposito, la società di Zuckerberg è caduta dalla sedia e ha considerato il tasto privacy si/no un vero e proprio atto di guerra. Va anche specificato che questo è solo l’ultimo atto di un rapporto che ha cominciato a incrinarsi fin dal 2015 con Timothy Cook, il Ceo di Apple.

Alla conferenza virtuale degli sviluppatori di Apple lo scorso giugno è stato presentato il nuovo software mobile di Apple, che presenta un comando che consente alle persone di rinunciare a essere tracciate per scopi pubblicitari. Se alle persone viene data la possibilità di non essere tracciate l’attività pubblicitaria di Facebook viene “danneggiata”.


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Augusto Illuminati: C’è Rousseau e Rousseau. Moltitudine e classe al tempo del tecno-populismo

palermograd

C’è Rousseau e Rousseau. Moltitudine e classe al tempo del tecno-populismo

intervista ad Augusto Illuminati*

204248914 120ae467 021a 4cce 8764 f957aac94dccOggi il nome di Rousseau è associato, almeno in Italia, a un’idea peculiare di democrazia diretta da contrapporre positivamente alle storture della rappresentanza politica. Eppure, il concetto di “volontà generale” per come lo intendeva Rousseau ha ben poco a che fare con i ristretti referendum condotti su piattaforme proprietarie. Si tratta solo di un’operazione di marketing politico, di verniciatura intellettuale ai limiti dell’appropriazione indebita, o c’è qualcosa di più? Perché Rousseau, rispetto a tanti altri suoi illustri contemporanei, continua a esercitare un richiamo così forte a quasi 250 anni dalla sua morte?

Il richiamo a Rousseau dell’omonima piattaforma è ovviamente fasullo e oggi tristemente fallimentare, non è volonté générale di una comunità unanime istantaneamente informata e neppure volonté de tous, maggioritaria per coalizione di gruppi divisi, ma il luogo di una consultazione su quesiti manipolatori votati da una minoranza della minoranza degli elettori del M5S cui erano stati sottoposti. Quindi al massimo è testimonianza del persistente riferimento a qualcosa di più che un nome nei libri di testo scolastici. Rousseau è una memoria ricorsiva in momenti di uso radicale della sovranità popolare (per esempio durante la dittatura democratica giacobina o nella breve stagione della Commune) oppure di crisi della democrazia rappresentativa, quando si mette in discussione il principio stesso della rappresentanza e delle delega.


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Matteo Bortolon: Il ritorno del Leviatano?

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Il ritorno del Leviatano?

di Matteo Bortolon

LeviatanoIn piena seconda ondata di Covid-19 cosa possiamo capire di come sarà il nostro futuro? Lo scenario è molto mobile, alcune provvisorie conclusioni possono essere tirate. In questa serie di articoli l’autore cerca di gettare uno sguardo sulle dinamiche economiche che sono già fra noi per cercare di capire le sfide future. Dopo aver indagato sui fattori di continuità in un articolo precedente, vediamo adesso cosa comporti il rinnovato ruolo dello Stato. Cercando le basi per una comprensione della congiuntura attuale, con poche certezze, salvo una: allacciamo le cinture, sarà una fase movimentata.

* * * * 

Il confinamento o lockdown è una delle questioni più scottanti e dirimenti nel panorama della crisi Covid.

Essa si inscrive non solo nella dialettica fra protezione e libertà, ma impatta significativamente sul piano dell’economia; si pensi alle proteste di piazza di varie categorie penalizzate (ristorazione, palestre, e simili).

Questo apre due possibili piste di riflessione: il disagio che le misure di confinamento acutizzano per una parte della società da una parte e il nuovo (o supposto tale) ruolo dello Stato come indiscusso fulcro della vita economica dall’altra.

L’una questione si lega all’altra e tenerle assieme è necessario per capire in che direzione le nostre democrazie stanno andando.


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Matteo Montaguti: La potenza dell’anticipazione

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La potenza dell’anticipazione

di Matteo Montaguti

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              6ae821604e144651b9a2730a42cc50c1mv2Guido Bianchini è stato una figura decisiva nella vicenda teorico-organizzativa dell’operaismo politico italiano, in particolare della sua matrice veneto-emiliana. Centrale è stato il suo apporto alle elaborazioni collettive e alla formazione di una generazione militante, benché la sua scarsa produzione letteraria, elemento controcorrente rispetto a un ambiente intellettuale in certi aspetti fin troppo prolifico, lo ha reso apparentemente clandestino alla dimensione cartacea, soprattutto se firmata. È stata quindi una figura fino a oggi colpevolmente trascurata dalla ricerca degli storici e dei militanti, cui finalmente, grazie al volume della collana Input di DeriveApprodi a cura di Giovanni Giovannelli e Gianni Sbrogiò, Guido Bianchini. Ritratto di un maestro dell’operaismo, e allo Scavi pubblicato su «Machina», Socrate a Porto Marghera. Inchiesta, anticipazioni e metodo militante di Guido Bianchini, si comincia a dare giustizia. Partendo da questi materiali Matteo Montaguti mostra le basi di un metodo calato nella prassi, per trasformare la potenza dell’anticipazione in forza organizzata, materiale e collettiva. Come probabilmente avrebbe pensato Guido, moltissimo c’è ancora da fare: moltissimo è possibile fare.

* * *

«Non potevamo rimanere a rimorchio dei fatti»

Guido Bianchini

Sgombriamo subito il campo. Guido Bianchini è stata una figura decisiva, baricentrale, nella vicenda teorico-organizzativa dell’operaismo politico degli anni Sessanta, in particolare della sua matrice veneto-emiliana: un nodo importante nel filo che si dipana dal laboratorio delle riviste «Quaderni rossi» e «Classe operaia» e che arriva alla sperimentazione di Potere operaio – veneto-emiliano prima, gruppo nazionale poi – nei primi anni Settanta; un filo le cui fibre avrebbero continuato a intrecciarsi, volenti o nolenti, con le varie forme di conflittualità sociale organizzata – tra cui le esperienze dell’Autonomia – fino al termine (e oltre) del decennio.


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Miguel Martinez: La Tabella Pantone delle Razze

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La Tabella Pantone delle Razze

di Miguel Martinez

Il mese scorso, raccontavo di come, sopraffatto dall’orrore di consumare e buttare spazzolini da denti fatti di plastica non riciclabile, ordinai un ecospazzolino, legno e bambù.

Lo spazzolino mi arrivò il giorno dopo, in una busta dove c’erano segnate tutte le tappe che aveva fatto per arrivarmi in ventiquattr’ore dalla Cina.

Se racconti una storia del genere, sei sicuro di farti massacrare da destra (“ecosnob che disprezzi gli spazzolini che ci salvano dalle carie!”) e da sinistra (“ecco, appena si trova l’alternativa, ci sputi sopra!“).

Gli spazzolini di plastica saranno di destra e quelli di bambù saranno di sinistra, ma dietro c’è il fatto che sono entrambi parte di un sistema che ci sta portando alla distruzione. E bisogna avere il coraggio di denunciare entrambi.

Considerazioni analoghe sulla questione della “razza” negli Stati Uniti.

Il sistema statunitense, nato nel saccheggio più veloce e violento dell’intera storia umana, ha creato profonde fratture tra bianchi poveri e neri ancora più poveri.


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Leonardo Mazzei: Draghi al telefono...

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Draghi al telefono...

di Leonardo Mazzei

Draghi al telefono, un’emozione. Il 2 febbraio scorso, all’acme del suo incensamento mediatico, in uno studio de “la7” popolato da prezzolati lecchini, Bruno Tabacci fece sapere al mondo che quando Obama era in difficolta diceva ai sui collaboratori di chiamargli Draghi. “Chiamate Mario” diventò così lo spot che annunciava l’arrivo del Salvatore

Non sono ancora passati 3 mesi, ma adesso Mario ha altri interlocutori telefonici. Sabato scorso, telefono in mano e orecchio attento agli ordini, Draghi ha dovuto rimandare il Consiglio dei ministri dalla mattina al pomeriggio, poi dal pomeriggio alla sera. Solo a quel punto ha potuto far approvare ai suoi ministri il mitico e (per gli italiani) disastroso Recovery Plan, ora chiamato PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Al telefono aveva la piccola Merkel dal sangue blu, al secolo Ursula Von der Leyen.

Secondo i soliti giornaloni, sempre proni davanti a colui che Francesco Cossiga definì come un “vile affarista”, le telefonate di sabato sarebbero state addirittura una “Prova di forza con l’Europa”. Come no? Basta crederci.


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Rete Dei Comunisti: Recovery Plan di Draghi, un’ipoteca sul futuro delle classi subalterne

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Recovery Plan di Draghi, un’ipoteca sul futuro delle classi subalterne

di Rete Dei Comunisti

Con l’approvazione entro questa settimana del testo definitivo del cosiddetto “Recovery Plan” italiano, da inviare entro il 30 aprile a Bruxelles, saranno messe nero su bianco le principali linee guida del modello di sviluppo che le oligarchie europee e la borghesia italiana vogliono dare al nostro paese, subordinando ancora maggiormente i bisogni delle classi subalterne ai gruppi di interesse privati nazionali e trans-nazionali.

Questo modello di sviluppo implica una metamorfosi dello Stato, sempre più garante ultimo dell’attuale blocco di potere economico continentale, la trasformazione della “Politica” in mera gestione amministrativa tout court delle istanze dell’establishment, la mutazione della Società come appendice del Capitale.

In sintesi è la continuazione, e l’approfondimento, della rivoluzione passiva iniziata dalla UE da un trentennio, che deve trovare sin da subito i suoi risoluti antagonisti costruendo un campo d’opposizione adeguato ai passaggi che si pongono di fronte: deve essere in grado di ribaltare i rapporti di forza sfavorevoli che hanno permesso la restaurazione neo-liberista made in UE.


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Piccole Note: Big Pharma e Bill Gates contro la liberalizzazione dei vaccini

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Big Pharma e Bill Gates contro la liberalizzazione dei vaccini

di Piccole Note

L’industria farmaceutica sta riversando risorse nella crescente lotta politica sui vaccini generici contro il coronavirus. […] oltre 100 lobbisti sono stati mobilitati per contattare i membri del Congresso e dell’amministrazione Biden, per spingerli a opporsi a una proposta di rinuncia temporanea ai diritti della proprietà intellettuale da parte dell’Organizzazione mondiale del commercio che consentirebbe di produrre i vaccini generici per tutto il mondo”

Così inizia un interessante articolo di The Intercept del 23 aprile che ci ricorda che ad oggi solo l’1% dei vaccini disponibili è sato destinato ai paesi a basso reddito e che, con questo ritmo, gran parte della popolazione mondiale non potrà essere vaccinata prima di 3/4 anni.

La follia di questa situazione è evidente. Se occorrono 4 anni per vaccinare l’intero pianeta, anche le vaccinazioni nei paesi ricchi dovranno essere ripetute (moltiplicando così anche i favolosi ricavi dei produttori dei vaccini).


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tonino

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May 6, 2021, 2:38:19 AM5/6/21
to sante gorini

Istituto Mario Negri: Curare il Covid-19 a casa: studio clinico su un possibile trattamento precoce

istitutomarionegri

Curare il Covid-19 a casa: studio clinico su un possibile trattamento precoce

di Istituto Mario Negri

mario negri0È stato appena pubblicato su MedRxiv in versione pre-print * lo studio dal titolo "A simple, home-therapy algorithm to prevent hospitalization for covid-19 patients: a retrospective observational matched-cohort study" (Un semplice algoritmo [ndr. schema sistematico di calcolo] per il trattamento domiciliare di pazienti Covid-19 per prevenire l'ospedalizzazione: uno studio di osservazione retrospettiva).

Come precisa il prof. Remuzzi, coautore dello studio,“pur essendo in attesa della pubblicazione ufficiale, abbiamo pensato di rendere noti i dati emersi alla comunità scientifica perché i risultati sull'ospedalizzazione sono di un certo interesse".

Lo studio in questione, infatti, si propone, come altri studi attualmente in corso, per il trattamento domiciliare dei pazienti Covid-19, di presentare ai Medici di Medicina Generale una possibile cura precoce nelle prime fasi dell'infezione.

Nei primi 2-3 giorni, infatti, il Covid-19 è in fase di incubazione: la persona non presenta ancora sintomi, ovvero è presintomatica. Nei 4-7 giorni successivi, la carica virale aumenta facendo comparire i primi sintomi (tosse, febbre, stanchezza, dolori muscolari, mal di gola, nausea, vomito, diarrea). Intervenire in questa fase, iniziando a curarsi a casa e trattando il Covid-19 come si farebbe con qualsiasi altra infezione respiratoria, ancora prima che sia disponibile l'esito del tampone, potrebbe aiutare ad accelerare il recupero e a ridurre l’ospedalizzazione.

Seguire questo approccio offre vantaggi sia ai pazienti che al il sistema sanitario, il cui sovraccarico è attualmente ancora un problema.


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Alessandro Visalli: Nancy Fraser, “Capitalismo. Una conversazione con Rahel Jaeggi”

tempofertile

Nancy Fraser, “Capitalismo. Una conversazione con Rahel Jaeggi”

di Alessandro Visalli

capitalismoPer i tipi di Meltemi, collana Visioni Eretiche, diretta da Carlo Formenti, è uscito nel 2019 questo impegnativo libro, sotto la poco usuale forma di un dialogo tra le due autrici. Il testo affronta l’ambiziosa impresa di fare il punto su come si possa sviluppare oggi una descrizione generale ed una critica al capitalismo. Le due autrici hanno una formazione piuttosto diversa: Nancy Fraser, settantadue anni, insegna scienze politiche e sociali e filosofia alla New School di New York, è Presidente della divisione est dell’American Philosophical Association, è stata a lungo condirettore di Constellations[1]. Dal punto di vista accademico e della influenza editoriale è certamente una donna di potere. Laureata nel 1969 e dottorata nel 1980, attraversa biograficamente tutta la parte ascendente del movimento libertario americano. Si specializza nel corso degli anni novanta nell’articolazione del concetto di “giustizia”, per il quale distingue due dimensioni reciprocamente separate, ma correlate: la giustizia distributiva e la giustizia del riconoscimento. Seguendo la traccia di questa concettualizzazione la Fraser è giunta al termine a sostenere che i movimenti identitari, concentrati sul riconoscimento di diverse identità di gruppo all’interno della società, hanno compiuto l’errore di trascurare l’altra dimensione correlata della distribuzione. Di qui è passata a criticare il femminismo liberale, come abbiamo visto in alcuni suoi recenti articoli[2], come in un libro del 2013[3] e nel recente manifesto “Femminismo per il 99%[4].


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Marco Beccari e Domenico Laise: Lenin e il taylorismo proletario

la citta
              futura

Lenin e il taylorismo proletario

di Marco Beccari e Domenico Laise

Lenin mostra, già prima della rivoluzione, un interesse per l’organizzazione scientifica del lavoro di Taylor, mettendo in guardia i bolscevichi dal non commettere l’errore, simile a quello dei luddisti, di combattere il taylorismo in quanto tale e non il suo uso capitalistico

5d7d2a237a4683e5c45b021802a448c4 XLQuesto articolo trae spunto dal seminario “L’organizzazione del lavoro nella fabbrica capitalistica” tenuto da Domenico Laise per l’Università Popolare A. Gramsci nell’anno accademico 2018-2019. [1]

Nel 1913 Lenin partecipa a un convegno sul taylorismo a San Pietroburgo. Nello stesso anno scrive un primo articolo, molto critico, comparso sulla “Pravda”, dal titolo: Il sistema scientifico per spremere sudore [2]. Tale sistema è quello elaborato e sperimentato da Taylor, con il quale: “si spreme il sudore secondo tutte le regole della scienza”. Lenin si domanda innanzitutto: ”In che cosa consiste questo sistema scientifico?” La risposta è: “Nello spremere dall’operaio tre volte più lavoro in una eguale giornata lavorativa”. Precisa inoltre che “il progresso della tecnica e della scienza significano nella società borghese il progresso nell’arte di spremere il sudore”.

Un anno dopo, nel 1914, Lenin ritorna sul tema e scrive un altro breve articolo dal titolo: Il taylorismo asserve l’uomo alla macchina [3].

Lenin, in questo nuovo articolo, premette che “il capitalismo non può segnare il passo nemmeno un istante … La concorrenza … costringe … ad inventare sempre nuovi mezzi di produzione per ridurre i costi di produzione. E il dominio del capitale trasforma tutti questi mezzi di produzione in strumenti per opprimere ancora di più l’operaio”. Il taylorismo è simile, cioè, alle altre innovazioni scientifiche. Esso è, difatti, una innovazione scientifico-organizzativa che accresce la forza produttiva del lavoro sociale, vale a dire è un veicolo che accresce la produttività del lavoro sociale.


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Governare la società del dopo covid

sinistra

Governare la società del dopo covid

a cura di Salvatore Biasco

Documento di sintesi delle discussioni organizzate dal Network “Ripensare la cultura politica della sinistra” il 28 dicembre 2020 e il 5 e 6 marzo 2021

badiali prina pinacoteca 175227Le coordinate politiche del documento

Il filo rosso delle discussioni tenute in incontri (chiusi) dal nostro Network ha riguardato l’orizzonte possibile per la sinistra nella riorganizzazione del Paese dopo la tempesta della pandemia. Non a caso il documento di sintesi parla di biforcazione nelle scelte da adottare, il cui percorso dipenderà in gran parte dal tipo di politiche che il Paese progetterà e implementerà.

Non si trattava di discutere il Recovery Plan avanzando un ennesimo contropiano e neppure di redigere un manifesto. Ma di mettere a fuoco una cultura politica capace di condurre alle domande giuste nella definizione di una visione dell’Italia, senza lasciarle poi sospese nell’aria, ma indagando anche le possibili risposte ed entrando, per quanto possibile, nel merito delle questioni. Nel corso degli incontri (pur con l’intervallo di appena due mesi) si è verificato un significativo passaggio di fase, che invita a riflettere sugli interlocutori e destinatari di queste riflessioni collettive.

La visione culturale che ispira questa sintesi non combacia con gli schemi mentali cui ci ha abituato la sinistra ufficiale in questi anni. Mai come in questo momento è divenuta evidente come la sua modesta capacità di produrre idee, il suo distacco dal paese reale e l’indeterminatezza della rappresentanza, siano alla base dell’indubbia sconfitta che ha subito con le vicende che hanno portato all’avvento del governo Draghi. Quella sconfitta non può essere archiviata solo come questione di numeri parlamentari. Essa pone in rilievo ancora una volta che fuori da una qualificante presenza di governo la sinistra rimane disarmata, senza egemonia, senza idee forza, progetto politico e mobilitazione sociale.


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Salvatore Bravo: Malattia e mercato

sinistra

Malattia e mercato

di Salvatore Bravo

PANDEMIEI popoli non sono più costituiti da cittadini, ma sono potenziali malati a cui far consumare farmaci, la nuova plebe deve brucare farmaci, in questo modo dipende dal mercato gestito dalle multinazionali e nel contempo è ossessionata dalla salute: scruta i sintomi di ogni potenziale malattia, ne insegue l’evoluzione, ne vuole prevenire lo sviluppo. La distinzione tra malati e sani diviene tanto sottile da non essere più distinguibile. L’antiumanesimo si radica, anche, nel mito della salute ad ogni costo, del corpo come feticcio da adorare e servire, mentre la vita interiore avvizzisce e la creatività è addomesticata con la fobia della malattia. L’atomocrazia si espande mediante la paura dell’altro, il quale è portatore di virus e batteri. Ogni politica decade e si cancella nel timore che l’altro sia il latore della morte. La trasformazione del cittadino in paziente è il successo delle multinazionali del farmaco colluse con la politica, un flusso indeterminato e vorticoso di denaro. Non solo hanno negato il giuramento di Ippocrate seppellendolo nella strategia di marketing, ma hanno trasformato i popoli in plebi impaurite dalla malattia. I nuovi pazienti sono sollecitati ad allungare i giorni della propria vita affidandosi religiosamente a medici e luminari che spesso sono rappresentanti delle multinazionali, sono la truppa che assalta il mercato diffondendo timori, incutendo il terrore, ammalando i pazienti che dovrebbero guarire. Il mercato trasforma il farmaco in prodotto e il cittadino in consumatore, per arrivare a questo obiettivo deve diffondere l’inquietudine della malattia.


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coniarerivolta: Austerità e riforme: il Piano di Draghi è servito

coniarerivolta

Austerità e riforme: il Piano di Draghi è servito

di coniarerivolta

pnrrDopo una lunga attesa, la nuova versione del Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) firmata dal premier Draghi è finalmente tra noi. Si tratta del programma di investimenti che il Governo deve presentare alla Commissione europea entro la fine di aprile per poter spendere la quota italiana del Next Generation EU, lo strumento che l’Europa ha messo in campo per rispondere alla crisi da Covid-19.

Mentre la stampa ci racconta di una straordinaria capacità programmatica dei competenti, materializzatasi in un documento chiave per accedere ai fantastiliardi in arrivo dall’UE nei prossimi anni, ad un’attenta lettura le cifre di cui stiamo parlando si rivelano purtroppo per quei due spicci che sono. Non solo, il contenuto del Piano si presenta come l’ennesimo addentellato di un percorso di pericolose riforme e di austerità lacrime e sangue.

 

I soldi, per prima cosa, vanno contati

Già, perché quando parliamo di ‘risorse europee per risollevarci dalla crisi‘ stiamo parlando, conti alla mano, di circa 200 miliardi di euro spalmati su sei anni. Si tratta, in larga parte, di prestiti, e di risorse che finanzieranno progetti già in programma e in bilancio.


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I Diavoli: Riconoscere il dominio, riprendersi la vita

idiavoli

Riconoscere il dominio, riprendersi la vita

di I Diavoli

p9h975fu6d“Dominio”, l’ultimo libro di Marco D’Eramo, racconta di come la nuova guerra di classe – quella dichiarata dai ricchi contro i poveri, e vinta dai ricchi contro i poveri – sia stata una guerra combattuta sul piano dell’ideologia, volta a imporre la ragione neoliberale sul mondo e nella mente di ognuno di noi, lasciandoci credere all’impossibilità di un’alternativa.

Quello che dobbiamo fare, se vogliamo riprenderci una minima parte di quello che i padroni ci hanno tolto in questi anni, è comprendere come e perché siamo stati noi a darglielo. E come siamo stati pure contenti di farlo, regalando loro diritti e tutele faticosamente conquistate nel passato.

Simili agli indigeni che salutavano lo sbarco dell’uomo bianco come epifania della divinità, e a lui offrivano i migliori doni e frutti della propria terra, prima di farsela espropriare e di farsi trucidare, così noi, esseri liberi del mondo occidentale, da quando il capitalismo estrattivo ha cominciato a ricavare valore da sentimenti, emozioni e desideri, diventate lavoro tout court, abbiamo offerto noi stessi in sacrificio alle divinità neoliberali.

Ma come è potuto succedere tutto questo? «Una spiegazione», scrive Marco D’Eramo, «ce la fornisce Wendy Brown. Detta brutalmente: la vittoria della controffensiva ideologica dell’ultimo mezzo secolo, della counter-intellighentsia, non ha privatizzato solo ferrovie, scuole, sanità, eserciti, polizia, autostrade, ma ci ha privatizzato il cervello».


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tonino

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May 8, 2021, 9:18:23 AM5/8/21
to sante gorini

Augusto Illuminati: La nottola ancora sonnecchia

materialismostorico 

La nottola ancora sonnecchia

di Augusto Illuminati (Università di Urbino)

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

paola marzano voglia di ieri da wixLa pandemia ha sconvolto non solo i modi di vita e l’economia su scala globale, ma in qualche modo anche le nostre categorie interpretative. Di qui tanto l’urgenza quanto la difficoltà di una convincente ristrutturazione teorica. Le sole cose che però possiamo chiaramente definire sono l’entità della crisi della produzione e dei consumi, cui cerca di porre rimedio un riscoperto interventismo statale apertamente in deficit, e il delinearsi di una contraddizione fra il lavoro di cura e la difesa dei profitti industriali e commerciali spinta fino al limite del negazionismo. Intendendo per “cura” il terreno conflittuale del Welfare e della riproduzione sociale (dalla sanità all’allevamento ed educazione degli umani) e non alla manutenzione selettiva della forza-lavoro, come nella Sorge heideggeriana o nelle dottrine e pratiche neoliberali.

* * * *

La nottola non si è ancora levata in volo perché il crepuscolo è lontano, perché stiamo proprio all’inizio di un ciclo, neppure in una fase di interregno fra due assetti di realtà – uno agonico e l’altro a grandi linee già definibile. Scriveva nel 1820 un cane morto che la filosofia giunge sempre in ritardo, apprende il proprio tempo nel pensiero dopo che la realtà è bell’e fatta. Forse si sottovaluta la forza del momento in cui l’ideale si oppone al reale e propende un po’ troppo per il riconoscimento più che per la modificazione del mondo, ma insomma resta pur sempre una messa in guardia contro le fughe in avanti, le sintesi frettolose che anticipano lo svolgimento storico mentre le contraddizioni sono ancora tutte aperte e indecidibili.


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Giorgio Fazio: Ritorno a Francoforte

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Ritorno a Francoforte

di Giorgio Fazio

È recentemente uscito per Castelvecchi “Ritorno a Francoforte. Le avventure della nuova teoria critica”. Ne pubblichiamo qui l’introduzione per gentile concessione dell’autore e dell’editore, che ringraziamo

Schermata del 2021 05 07 14 08 46La teoria critica della Scuola di Francoforte è oggi al centro di una nuova attenzione. In un passaggio storico che vede il moltiplicarsi di crisi che vanificano aspettative di benessere, provocano sentimenti di disorientamento e di impotenza, generano bisogni di sicurezza che alimentano pulsioni identitarie e autoritarie, si torna a leggere i testi di questa corrente di pensiero novecentesca, trovandovi strumenti per capire la nostra contemporaneità. Si ha l’impressione, anzi, che alcune diagnosi “francofortesi” siano diventate più vere oggi rispetto a qualche decennio fa, quando ancora sembrava potessero perpetuarsi gli equilibri sociali del capitalismo democratico del dopoguerra, prima che prendesse avvio la stagione del neoliberismo.

Quando si parla di teoria critica della Scuola di Francoforte si fa riferimento innanzitutto al gruppo di ricerca interdisciplinare raccoltosi attorno alla figura di Max Horkheimer nei primi anni Trenta del XX secolo. La sede istituzionale di questo circolo fu l’Istituto per la ricerca sociale, l’organo in cui vennero pubblicati i risultati delle sue ricerche la Zeitschrift für Sozialforschung. Entrambi furono luoghi di indagini innovative sulla società, a cui presero parte, in modo diverso, figure del calibro di Theodor Wiesegrund Adorno, Walter Benjamin, Erich Fromm, Otto Kirchheimer, Leo Löwenthal, Herbert Marcuse, Franz Neumann, Friedrich Pollock e altri.


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Bollettino Culturale: "Razza, nazione, classe. Le identità ambigue"

bollettinoculturale

"Razza, nazione, classe. Le identità ambigue"

Una recensione per nuove strategie di lotta

di Bollettino Culturale

5280c98fec1445b8a573da87d24d4198 18“Razza, nazione, classe. Le identità ambigue” è un'opera composta da tredici capitoli di due autori diversi e, come vedremo, potrebbe benissimo essere inteso come due distinti libri. Mentre Wallerstein è chiaro e conciso, la scrittura di Balibar è estremamente complessa (forse nello stile possiamo riconoscere le rispettive nazionalità degli autori). I frutti migliori vengono estratti da Balibar in seconda lettura, matita alla mano. Balibar è anche autore di un'ampia prefazione che, data la sua complessità, serve meglio da guida per quella seconda lettura che non esitiamo a consigliare. Al contrario, Wallerstein scrive in modo leggero e può essere affrontato senza problemi partendo una comprensione generale delle basi del marxismo.

Entrambi gli autori adottano una prospettiva critica, prendendo le distanze in alcuni punti dal marxismo "classico". Tuttavia, leggendo Balibar abbiamo l'impressione di trovarci davanti a un autore che non è marxista, nello stesso preciso senso in cui lo stesso Marx dichiarava di non esserlo neanche lui. Quanto a Wallerstein, che Balibar considera forse troppo economicista e non per questo necessariamente meno rigoroso, crediamo di poterlo collocare entro i parametri di ciò che ci si può aspettare da un autore di questa tradizione. Sebbene mostri alcune distanze importanti, queste sono ancora specifiche. Ciò che Wallerstein propone è una lettura di Marx adattata alla realtà socio economica dell'attuale sistema-mondo.


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Fabrizio Marchi: L’Italia, il Niger e…Fedez

linterferenza

L’Italia, il Niger e…Fedez

di Fabrizio Marchi

Nessuno sa – semplicemente perché nessuno glielo dice – che fra poche settimane l’Italia avrà una base militare, tutta sua, in Niger. Fino a poco tempo fa eravamo in coabitazione con i militari francesi, ora ne avremo una tutta nostra.

E cosa ci stanno a fare l’esercito italiano e quello francese in Niger?

Formalmente per combattere l’Isis e altre organizzazioni jihadiste e terroriste, in realtà per avere il controllo su un territorio ricco di idrocarburi, uranio e altri metalli preziosi.

Tradotto: l’Italia sta partecipando attivamente alla spoliazione e allo sfruttamento del continente africano, insieme a tutte le altre grandi potenze capitaliste (seppure con un raggio d’azione minore, ovviamente…). Un processo che, per la verità, dura da secoli. L’Africa, infatti, è un continente ricchissimo di materie prime di cui i legittimi abitanti non hanno però mai goduto perché tutte le ricchezze sono sempre finite e continuano a finire nelle tasche prima delle grandi compagnie e ora delle grandi multinazionali occidentali.


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Antonio Di Siena: Hanno dato un altro significato al Primo Maggio e non ve ne siete neanche accorti

lantidiplomatico

Hanno dato un altro significato al Primo Maggio e non ve ne siete neanche accorti

di Antonio Di Siena

Che la “sinistra” abbia trovato il suo nuovo messia in uno che se ne va in giro in Lamborghini a tirare spiccioli ai barboni poco mi interessa. Salvo il fatto che riesca a darci la cifra della fine che ha fatto.

Quello che, invece, sarebbe interessante discutere è a cosa stia effettivamente servendo tutto il polverone di ieri.

Perché, al netto di ciò che appare in superficie (per inciso una roba allucinante e assolutamente deprecabile), a me sembra chiaro che tutto questo casino sia riuscito a portare a casa alcuni risultati abbastanza evidenti.

Primo: spostare, ancora una volta e per giunta durante il Primo maggio, l’attenzione dell’opinione pubblica giovanile dal gigantesco dramma sociale del lavoro che non c’è a quello dei diritti civili. Un depistaggio ormai marchio di fabbrica della sinistra liberale da molti anni.


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Leo Essen: Il Marxismo dei dimenticati

lantidiplomatico

Il Marxismo dei dimenticati

di Leo Essen

«Marx Revival», pubblicato da Donzelli, contiene 22 saggi, scritti da autori diversi. Ce n’è per tutti i gusti: Marx e Femminismo, Marx e Colonialismo, Marx e Globalismo, Marx e Scienza, Marx e Stato, Marx e Geopolitica, etc. La raccolta è chiusa da un testo di Immanuel Wallerstein che da solo vale il prezzo di copertina, e che ripercorre tutti i temi trattati nel libro, ma in una chiave storiografica.

Marx, come diceva Foucault, è ben più che l’autore di un libro; non è un grande autore, come lo sono stati Dante o Shakespeare; non è un fondatore di Scienza, come sono stati Newton o Darwin. Marx è stato un fondatore di discorsività.

Un fondatore di discorsività, dice Foucault, ha questo di particolare, che non è soltanto l’autore delle sue opere, dei suoi libri. Ha prodotto qualcosa di più: la possibilità e la regola di formazione di altri testi. Marx, dice, non è semplicemente l'autore del Manifesto o del Capitale. Marx ha stabilito una possibilità indefinita di discorso.

«Marx Revival» ci parla di Marx a partire da un luogo, da un contesto, da una dimensione storica (teorica e pratica) interamente influenzata dal marxismo, e Wallerstein credo lo abbia mostrato in modo abbastanza chiaro.


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Giorgio Agamben: Il volto e la morte

quodlibet

Il volto e la morte*

di Giorgio Agamben

Sembra che nel nuovo ordine planetario che si va delineando due cose, apparentemente senza rapporto fra loro, siano destinate a essere integralmente rimosse: il volto e la morte. Cercheremo di indagare se esse non siano invece in qualche modo connesse e quale sia il senso della loro rimozione.

Che la visione del proprio volto e del volto degli altri sia per l’uomo un’esperienza decisiva era già noto agli antichi: «Ciò che si chiama “volto” – scrive Cicerone – non può esistere in nessun animale se non nell’uomo» e i greci definivano lo schiavo, che non è padrone di se stesso, aproposon, letteralmente «senza volto». Certo tutti gli esseri viventi si mostrano e comunicano gli uni agli altri, ma solo l’uomo fa del volto il luogo del suo riconoscimento e della sua verità, l’uomo è l’animale che riconosce il suo volto allo specchio e si specchia e riconosce nel volto dell’altro. Il volto è, in questo senso, tanto la similitas, la somiglianza che la simultas, l’essere insieme degli uomini. Un uomo senza volto è necessariamente solo.


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Andrea Muni: Il Primo Maggio è la tua festa. In cerca dell’unità perduta dei lavoratori

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Il Primo Maggio è la tua festa. In cerca dell’unità perduta dei lavoratori

di Andrea Muni

primo maggioQuando i lavoratori si riuniscono […] si appropriano insieme di un nuovo bisogno, del bisogno della socialità, e ciò che sembra un mezzo, è diventato un fine. Questo movimento pratico può essere osservato nei suoi risultati più luminosi. Quando i lavoratori si uniscono […] il fumare, il bere e il mangiare insieme, non sono più “mezzi” per stare uniti, “mezzi” di unione politica. A loro basta la socialità, l’unione, la conversazione che questa stessa socialità ha a sua volta per scopo; la fratellanza degli uomini non è presso di loro una frase, ma una verità, e la nobiltà dell’uomo s’irradia verso di noi da quei volti induriti dal lavoro
(K. Marx, Manoscritti economico-filsofici)

Il 27 aprile scorso gli operai di una fonderia controllata dalla Renault hanno sequestrato per alcune ore, come si usava fare un tempo, alcuni dei loro manager per protestare contro i tagli previsti al personale e contro la decisione di smantellare la fonderia. La notizia in Italia è stata diffusa online nientemeno che da www.quattroruote.it (perché interessa il mondo dei motori, e non certo per solidarietà con i lavoratori), a ennesima testimonianza del disinteresse, per non dire della censura, che cultura e media mainstream esercitano nei confronti della reale condizione dei lavoratori e delle loro lotte nel Paese e in Europa. Eppure i rapporti dei media pseudo-progressisti italiani con la Francia, a giudicare dalla enorme visibilità data all’arresto dei sette ex-brigatisti italiani, sembrano più che ottimi.


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Alessandro Pascale: Sinistra, disciplina e libertà

cumpanis

Sinistra, disciplina e libertà

di Alessandro Pascale

Dialogo Magris-Rizzo, "Corriere della Sera", 28 marzo u.s.: alcune considerazioni

Foto per articolo PascalePerchè ancora  un partito comunista?

Magris fa notare come il Partito Comunista guidato da Rizzo sia «un partito nel senso classico del termine anziché una fluida formazione come molti altri attuali raggruppamenti politici, numericamente più forti»; «il suo Pc è piccolo, ma non è un gruppuscolo; è immune dalla superbia ideologica, culturale e vagamente esoterico che caratterizza spesso le cerchie dei pochi fieri di essere pochi, una supponente aristocrazia d’accatto». Più avanti caratterizza l’azione del partito così: «l’elemento più originale del suo discorso è la critica a chi si proclama di sinistra mentre ne ignora o ne viola, a suo avviso, alcuni valori fondamentali».

La sorpresa di Magris riguardo alla tenuta “solida” del PC merita una riflessione. Il sociologo Zygmunt Bauman ha descritto la società occidentale con la formula della “modernità liquida”, caratterizzata dal dissolvimento di ogni legame stabile e duraturo. L’egemonia ideologica in questa società è la cosiddetta “condizione postmoderna”, ossia la morte delle “ideologie”, o dei “pensieri forti” (Vattimo) che dir si voglia. La caduta della modernità in questo pastiche che propugna politeismo dei valori, relativismo estremo, fino addirittura all’aperto scetticismo moderno è un processo che si è accompagnato cronologicamente all’offensiva neoliberista. Il testo fondamentale del postmodernismo, firmato Lyotard, data 1979, esattamente lo stesso anno in cui la Thatcher e Reagan annunciavano il ritorno in grande stile della pratica mercantile spinta a livelli fondamentalisti. 


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David Bidussa: Come il nazismo ha creato il moderno manager

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Come il nazismo ha creato il moderno manager

di David Bidussa

2570080177261 0 0 0 768 75Nazismo e management di Johan Chapoutot è un libro spinoso, urticante, ma indispensabile per capire le lunghe radici del tempo presente. Non capita spesso nella saggistica storica. Un precedente illustre è Modernità e Olocausto di Zygmunt Bauman, libro che ha stentato molto a divenire un luogo culturale. Non perché quel libro sia non compiuto, ma perché mettere in questione il senso comune è sempre un’impresa complicata e destinata all’insuccesso.

Mi spiego meglio.

Quando nel 1989 Zygmunt Bauman pubblica Modernità e Olocausto, il libro si salva perché Bauman ha ormai raggiunto una certa rispettabilità, ma non contribuisce a rovesciare significativamente il senso comune. Per questo, a differenza di altri suoi testi diventati “manifesto del nostro tempo” veri e propri hashtag, quel titolo non riesce a compiere quel salto.

Dove stava lo scandalo o l’imbarazzo suscitato da quel libro? Stava nel descrivere un tema e nel non dare un nome, ma obbligare il suo lettore a rivedere complessivamente il modo in cui era stato archiviato un passato. Dire che l’olocausto non era finito nel 1945, ma che ciò che lo aveva reso possibile non solo era sopravvissuto a quell’evento, ma costituiva un tratto essenziale della modernità e delle sue inquietudini, dopo il 1945, a meno di non sorvegliare, costituiva il centro della questione.


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coniarerivolta: Draghi: una questione di austerità

coniarerivolta

Draghi: una questione di austerità

di coniarerivolta

Dopo mesi di agonia e di manovre che hanno portato tecnici ed esperti alla guida del paese, il Governo Draghi ha ultimato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Si tratta del programma di investimenti che l’Italia dovrà presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento messo in campo dall’Europa per rispondere alla crisi da Covid-19. Come abbiamo avuto modo di verificare, il Piano si compone di pochi soldi e tante richieste di riforme: una nuova stagione di attacco al mercato del lavoro, alle pensioni e ai servizi pubblici è alle porte.

Tuttavia, vi è una parte del PNRR, quella in cui ci si interroga circa gli impatti macroeconomici del piano di investimenti che saranno finanziati dal Next Generation EU, che ci permette di mettere a fuoco il legame tra il paradigma teorico entro cui si muove il Governo e la dimensione politica di queste misure.

Proponendo delle proiezioni basate su simulazioni circa l’impatto del Piano sul prodotto interno lordo (PIL) italiano per il periodo 2021-2016, nel PNRR viene mostrata una stima dei moltiplicatori fiscali del piano di investimento, affermando testualmente:


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ilsimplicissimus: La terza dose

ilsimplicissimus

La terza dose

di ilsimplicissimus

Mi sorprende che abbia fatto tanto scalpore l’annuncio di Pfizer sulla necessità di una terza dose di vaccino, semplicemente perché pensavo che questo fosse nella logica delle cose, che ce lo si dovesse aspettare e che fosse stato di fatto annunciato dalla stessa azienda quando qualche settimana fa quando ammise che la copertura vaccinale non dura più di sei mesi. Del resto anche Moderna e gli altri produttori di vaccini a mRna hanno parlato di terza dose, il governo di Israele ha annunciato la seconda ondata di rivaccinazioni nel prossimo autunno e l’Europa sta per acquistare 1 miliardo e 800 milioni di dosi Pfizer sufficienti per vaccinare quattro volte i cittadini – sudditi della Ue entro il 2023: stupirsi di tutto questo significa non aver compreso la natura narrativa della cosiddetta pandemia sulla quale si vorrebbe costruire uno stato permanente di emergenza sanitaria mentre ci si trova di fronte a un’ondata di tipo influenzale e stagionale, prodotta da un virus che come quelli dell’influenza muta rapidamente e verso il quale occorre ribadire una copertura che molto spesso produce conseguenze più marcate della malattia stessa.


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comidad: La società aperta a caccia di nemici

comidad

La società aperta a caccia di nemici

di comidad

L'emergenza Covid ha giustificato l'introduzione di varie misure di controllo sociale da parte delle istituzioni ed anche casi di delazione spontanea, per cui vicini e colleghi si fanno la spia l'uno con l'altro. In Germania, dove il modello di controllo adottato ricalca quello sud-coreano, il paragone che queste misure hanno sortito nell’opinione pubblica è stato immediatamente quello della DDR e della sua famigerata polizia segreta, la Stasi. Capita spesso che anche le critiche e i dissensi finiscano per ripiombare negli schemi del politicamente corretto. Un film tedesco del 2006 a grande diffusione, “Le vite degli altri”, ha determinato l’affermazione nell’opinione pubblica di un paradigma che individua nella DDR, la ex Germania Est, un punto di riferimento negativo, un esempio eclatante di intrusione dispotica nel privato e nell'intimo delle persone. In realtà la bistrattata DDR poteva accampare per la sua paranoia delle ragioni solide; ragioni che sarebbe arduo rintracciare nelle attuali esperienze di controllo sociale.


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Valerio Romitelli: Per un altro mondo

machina

Per un altro mondo

di Valerio Romitelli

A proposito del saggio di Pierandrea Amato e Luca Salza La fine del mondo. Visioni politiche e diserzione popolare (il glifo ebooks)

In un famoso precedente del testo di Amato e Salza si può leggere: «Certo il mondo può finire, ma che finisca è affar suo, perché all’uomo spetta soltanto di rimetterlo sempre di nuovo in causa e iniziarlo sempre di nuovo. Il pensiero della fine del mondo per essere fecondo deve includere un progetto di vita, deve mediare una lotta contro la morte, anzi, in ultima istanza deve essere questo stesso progetto e questa stessa lotta» (p. 629). Questa riaffermazione dell’inevitabile dialettica tra fine e inizio, distruzione e ricostruzione, tra la sempre caduca immanenza e la primordiale capacità di trascendenza ci viene da quella raccolta postuma di appunti di Ernesto De Martino dal titolo appunto La fine del mondo [1].


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Loretta Bolgan: Sono così necessari i vaccini?

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tonino

unread,
May 10, 2021, 1:26:06 AM5/10/21
to sante gorini

Francesco Zezza: Il Recovery Plan, il Sud e le promesse mancate

kriticaeconomica

Il Recovery Plan, il Sud e le promesse mancate

di Francesco Zezza

mezzogiorno 1024x538Tra il 15 ed il 25 Aprile 2021, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha presentato alle Camere il Documento di Economia e Finanza per il 2021 (DEF) e la versione (aggiornata) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – parte del programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto di sostegno all’economia da 750 miliardi di euro proposto dalla Commissione Europea per rispondere alla crisi pandemica.

La Legge di Bilancio per il 2021 introduce un nuovo scostamento del deficit pubblico, pari a 30 miliardi di euro per il 2021, 6.5 per il 2022 e 4.5 per il 2023.

Il PNRR fornirà ulteriori investimenti pubblici per 191,5 miliardi – che saranno finanziati attraverso il Recovery and Resilience Facility (RRF), lo strumento chiave dell’NGEU – e un consistente pacchetto di riforme, che interesseranno principalmente i settori della pubblica amministrazione, della giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza.

Nelle parole del Governo, il Piano “[è un] intervento epocale, che intende riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica, contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana, e accompagnare il Paese su un percorso di transizione ecologica e ambientale. Il Piano ha come principali beneficiari le donne, i giovani e il Mezzogiorno e contribuisce in modo sostanziale a favorire l’inclusione sociale e a ridurre i divari territoriali.”


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Comitato per la salute: Noi e il nostro Covid

danieladanna

Noi e il nostro Covid

Che cosa si deve sapere, ma la TV non dice

a cura di Comitato per la salute*

copertina noi e il nostro covidSiamo in guerra contro un virus? Indossiamo l’uniforme-mascherina, veniamo arruolati per i “vaccini”, osserviamo il coprifuoco e i razionamenti di beni e servizi, denunciamo i traditori che non si adeguano alla fine degli incontri e degli spostamenti, del lavoro per moltissimi? È questo il modo di mantenere la salute?

Questo opuscolo vuole divulgare le conoscenze sul virus Sars-Cov-2 e la malattia Covid-19 che causa, dopo un anno di “pandemia” in cui è evidente la volontà di mantenere una situazione emergenziale per motivi che nulla hanno a che fare con la tutela sanitaria.

La Covid-19 è una malattia curabile senza ricovero ospedaliero se presa in tempo. I medici di Ippocrate hanno curato il 100% dei loro pazienti a casa (http://www.ippocrateorg.org; vedi anche https://www.facebook.com/groups/terapiadomiciliarecovid19). Le medicine necessarie sono diverse per ogni fase della malattia ma si tratta comunque di farmaci non particolarmente sofisticati né costosi, come il plasma di chi ha superato la malattia (plasma iperimmune) e l’idrossiclorochina, un derivato del chinino. Questo farmaco è stato ingiustamente accusato dalle autorità sanitarie di effetti collaterali peggiori della malattia che può curare e sconsigliato o addirittura proibito da AIFA, EMA, OMS (poi tornate sui loro passi), mentre secondo Harvey Risch, professore di epidemiologia a Yale, l’uso di idrossiclorochina avrebbe potuto evitare almeno metà delle morti negli USA.


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Leonardo Mazzei: Ancora sui numeri farlocchi del Covid

sollevazione2

Ancora sui numeri farlocchi del Covid

di Leonardo Mazzei

Negli ultimi giorni l’Istat ha fornito due dati, entrambi sostanzialmente ignorati dai media. Il primo, sul Pil del 1° trimestre 2021, ignorato perché nettamente negativo. Il secondo, sulla mortalità nei mesi di gennaio e febbraio, ignorato perché decisamente positivo. Nel primo caso non si poteva evidenziare troppo la debacle economica del primo trimestre a guida draghiana, nel secondo non si poteva contraddire troppo la narrazione dominante sul Covid.

Sull’economia ci limitiamo a segnalare il tonfo del Pil, con un’ulteriore contrazione dell’1,4% rispetto al primo trimestre 2020. Ora, questa riduzione potrebbe sembrare minimale, se non fosse che proprio il primo trimestre 2020 è stato quello dell’inizio del periodo di confinamento più cupo, con la chiusura di buona parte delle stesse attività industriali. Quel trimestre registrò infatti una diminuzione del 5,6%. Che adesso, dopo un anno, con le industrie aperte, il Pil cali ancora la dice lunga sugli effetti disastrosi della politica governativa.


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ilsimplicissimus: Spagna, il covid estingue la sinistra

ilsimplicissimus

Spagna, il covid estingue la sinistra

di ilsimplicissimus

Come ci si sarebbe potuti aspettare, solo a saper vedere le cose oltre la ritualità discorsiva, la sinistra che ha finito per accettare in blocco i confinamenti, i distanziamenti sociali e le devastazioni della didattica a distanza nelle scuole, quella che in preda alle traveggole tenta di accreditare inesistenti contenuti di progresso in queste misure inutili sul piano della scienza e anticostituzionali, ha subito una prima catastrofica sconfitta in Europa: nelle elezioni regionali a Madrid: l’intero fronte a sinistra formato dai socialisti, da Podemos e da una lista tra il civico e il verde, Mas Madrid in grande crescita, ha raccolto molto meno voti dei Popolari e di Vox, nonostante il crollo di Ciudadanos altra formazione di destra che tuttavia non si è completamente travasata nelle altre formazioni. Così si è arrivati alle dimissioni da ogni carica politica di Pablo Iglesias il leader di Podemos, dopo che aveva rinunciato alla carica di vice premier per poter conquistare la regione autonoma della capitale spagnola: “Quando smetti di essere utile, devi ritirarti”.


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Laura Baldelli: Sull’imbarbarimento dei valori etici

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Sull’imbarbarimento dei valori etici

di Laura Baldelli

Da “La Sinistra che non c’è”, dialogo tra Claudio Magris e Marco Rizzo, può partire una discussione seria sul rapporto conflitto di classe-diritti civili e sui valori etici nella fase alta della mondializzazione

Domenica 28 marzo sul Corriera della sera Claudio Magris dialoga con Marco Rizzo; infatti più che un’intervista è un dialogo schietto e asciutto tra un uomo di cultura, che ha respirato la mittle Europa di Trieste, ed un politico, un comunista che non ha abiurato e continua a lottare. Nel dialogo si focalizzano alcuni punti nevralgici: perché essere ancora comunisti oggi, le trasformazioni della sedicente “sinistra”, portatrice di valori liberal, sottomessi al mercato, che rifiuta il conflitto di classe, ma si spende per i diritti civili; e poi non ultimo l’imbarbarimento generato dal “culto del mercato”.

La conversazione accende molte riflessioni e mi soffermerò su quest’ultimo aspetto partendo da Marco Rizzo che parla di “valori sottosopra” nel nostro Paese, in cui i lavoratori sono senza coscienza di classe e sono spazzate via anche “le regole della morale borghese”.


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lorenzo merlo: Questione di Princìpi

sinistra

Questione di Princìpi

di lorenzo merlo

Nonostante si sia prossimi a festeggiare il centenario del Principio di Indeterminazione e di Incompletezza, rispettivamente dal tedesco Werner Heisenberg, 1927, e dall’austriaco Kurt Gödel, 1930, la loro potenza rivoluzionaria nella concezione della natura e della realtà non è stata sufficiente ad aggiornare l’assolutismo razionalistico, materialistico ed economico delle culture del mondo

Einstein, con Podolsky e Rosen, affermò che il senso comune – ben codificato nella Meccanica classica – fa a pugni con la conoscenza della materia/realtà affermata dalla Meccanica quantica. Non riusciva a inscrivere nella sua Relatività ristretta quanto affermato dalla cosiddetta interpretazione di Copenaghen, nella quale si sostenevano per la prima volta il principio di complementarità e quello di dualità. Il primo afferma che a livello subatomico non è possibile conoscere contemporaneamente posizione e velocità della particella; il secondo, afferma la natura corpuscolare e ondulatoria delle particelle elettromagnetiche. La nota lettera del 1935, detta EPR come dalle loro iniziali, esordisce così: “La descrizione quantica della realtà può essere considerata completa?


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Antonio Noviello: Il capitalismo della sorveglianza

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              onoratodamen

Il capitalismo della sorveglianza

di Antonio Noviello

Dalla rivista D-M-D' N°16

eyeAbstract: in questo breve saggio parleremo del libro Il capitalismo della sorveglianza della professoressa Shoshana Zuboff[2], ricercatrice alla Harward Business School. Il libro presenta il sottotitolo: il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri. La scrittrice si pone l’obiettivo di indagare in profondità lo scenario del nuovo ordine economico, derivante dallo sfruttamento dei dati prodotti consapevolmente e inconsapevolmente dalle pratiche umane associate alle nuove tecnologie. In effetti, nonostante l’enfasi nel definire un nuovo ordine economico del capitalismo, osserveremo come nelle pratiche di produzione e di sfruttamento massivo della tecnologia e dei dati e delle indubbie diseguaglianze e concentrazioni di potere, otterremo nient’altro che il capitalismo di sempre, ossia quello dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’atomizzazione dell’individuo e della appropriazione e concentrazione massima di plusvalore prodotto.

* * * *

Benvenuto alla macchina

Benvenuto figliolo
Benvenuto alla macchina
Dove sei stato?
Va tutto bene sappiamo dove sei stato
Sei stato nella conduttura, riempiendola in tempo
Fornito di giocattoli ed “esplorazioni per ragazzi”


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Paolo Landi: Walter Siti, la letteratura fa bene quando fa male

doppiozero

Walter Siti, la letteratura fa bene quando fa male

di Paolo Landi

Ez6rNJTWYAAajmkAvvicinarsi all'immensità di un tema come il Bene e il Male in letteratura rende subito chiaro a Walter Siti che poteva farlo solo affidandosi alla sua curiosità o alle sue incazzature, o al suo scoraggiamento. Avendo dedicato proprio alla letteratura la sua vita, prima studiandola alla Scuola Normale, poi insegnandola all'Università, poi pubblicando romanzi, non poteva scrivere questo avvincente saggio (Contro l'impegno Riflessioni sul Bene in letteratura, Rizzoli 2021) altro che componendo un mosaico con la tecnica dell'accostamento di fiction, saggi, programmi tv, incursioni nel linguaggio dei social, su testi che lo hanno di volta in volta incuriosito, innervosito, demoralizzato. Ma la pazienza e la lucidità con cui demolisce alcuni libri spesso primi in classifica, per poterci rivelare le loro "virtù" all'incontrario e trasformando quindi la forza del cestino in una formidabile occasione di conoscenza, è quella del grande critico: mentre evita i trabocchetti della superiorità morale, si interroga sul cambiamento delle modalità di lettura e di giudizio di scritti che, in nessun caso, dovrebbero mai essere cestinati, né mutilati "ma soltanto spiegati". 

L'incipit folgorante di questo libro è "l'onesta parafrasi di una delle poesie più mature del maggior poeta lirico italiano di tutti i tempi" che, riportata così, senza virgolette e senza spoiler, provoca uno choc a noi lettori, in via di assuefazione al politically correct del #metoo.


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Andrea Valdroni: Templi moderni: il grande reset e la nuova gnosi

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Templi moderni: il grande reset e la nuova gnosi

di Andrea Valdroni

95b88692b5d2450259d2048c46a16362Lo Gnosticismo è quindi mortalmente auto-limitante, ma un movimento gnostico è in grado di causare un’enorme distruzione materiale e sociale prima di perire ignominiosamente a causa della sua stessa depravazione spirituale

Thomas F Bertonnau, Voegelin on Gnosticism – A Revisitation

A più di un anno dalla sua iniziale comparsa in Cina, l’origine del Covid 19 è ancora avvolta nel mistero.

Liang Wannian, lo scienziato a capo del contingente cinese del team di ricercatori istituito congiuntamente da Cina e OMS per far luce sull’origine del virus, commentando i risultati del suo gruppo così riassume lo scorso marzo lo stato delle conoscenze: “nessuno ha ancora individuato il progenitore diretto del virus… e dunque la pandemia rimane un mistero irrisolto.

Ad oggi, la scienza semplicemente non ha risposte, tuttavia ciò non impedisce a Mario Draghi, in occasione della sua prima apparizione al G7 in veste di Primo Ministro, di dichiarare perentoriamente che è necessario “curare il clima per combattere il Covid”.

Curiosa affermazione: se non sono note né l’origine del virus né le tappe attraverso le quali questo è entrato in contatto con l’uomo, non si capisce su quali basi il premier italiano si senta autorizzato a mettere in relazione “la lotta al Covid” con un altro fenomeno come il “cambiamento climatico”, anch’esso ancora oggetto di acceso dibattito scientifico, a dispetto della propaganda mediatica a senso unico.


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Simone Fana: Il fantasma del salario minimo nel Recovery plan

jacobin

Il fantasma del salario minimo nel Recovery plan

di Simone Fana

La repentina scomparsa del salario minimo dal Pnrr mostra il vero ritorno alla normalità del governo Draghi: per i tanto decantati lavoratori e lavoratrici essenziali i salari e i diritti non sembrano considerati altrettanto essenziali

In poco più di 24 ore il salario minimo è scomparso dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). La sua apparizione nella bozza del 24 aprile era per la verità passata in sordina, senza lasciare traccia nel dibattito pubblico. Tuttavia, la sua repentina cancellazione dal documento finale approvato il 27 aprile da un Parlamento ridotto ormai a silenzioso sparring partner dell’esecutivo ha alimentato qualche scorribanda social, specie nella ridotta pattuglia della sinistra parlamentare. 

Ai lettori più attenti non sarà sfuggito che l’allusione della bozza del 24 aprile a una legge sul salario minimo non prometteva nulla di buono, riducendo l’applicazione della norma solo ai lavoratori e alle lavoratrici non coperti dalla contrattazione collettiva. Una misura che non avrebbe scalfito la persistenza di fasce di lavoro povero che si nascondono anche nei contratti collettivi nazionali siglati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.


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Antonio Rei: M5S-Rousseau: divorzio nel caos

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M5S-Rousseau: divorzio nel caos

di Antonio Rei

Giuseppe Conte finge di avere la situazione sotto controllo, ma la gestazione del nuovo Movimento 5 Stelle si sta rivelando molto più difficile del previsto. In realtà, la fase di ricostruzione non è nemmeno cominciata: ci sono ancora le macerie del passato da levare di mezzo. E sono parecchie. Prima di diventare leader di una nuova forza politica progressista, l’ex Premier deve risolvere una serie di guai che si articolano su due piani: uno economico, l’altro politico.

Iniziamo dai soldi, che, come sempre, rappresentano la questione più spinosa. Davide Casaleggio chiede agli eletti circa 450mila euro di quote non versate a Rousseau. Che questi soldi gli spettino davvero è tutto da dimostrare, perché tra la Fondazione e il Movimento non c’è mai stato alcun contratto. I pagamenti di senatori e deputati a Rousseau sono previsti dallo statuto pentastellato, ma dal punto di vista della legge si inquadrano come “elargizioni liberali”. In teoria, quindi, non c’è alcun obbligo di versamento.


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Vincenzo Comito: Draghi, Giorgetti e i cinesi

sbilanciamoci

Draghi, Giorgetti e i cinesi

di Vincenzo Comito

Il governo Draghi ha bloccato con Golden power due operazioni cinesi: l’acquisto di Iveco e di una società di semiconduttori, la Lpe. Con una visione più elastica avrebbe potuto gestire meglio i due dossier, ora entrambe le imprese sono a rischio

 

Il governo contro gli investimenti cinesi in Italia

Serpeggiava un certo interesse di sapere quale sarebbe stata la posizione del nuovo governo in merito ai rapporti economici con la Cina e la risposta non si è fatta attendere a lungo.

Di fronte all’intenzione di due imprese del paese asiatico di acquistare la maggioranza del capitale di due aziende italiane, la Iveco, ben nota produttrice di camion e controllata dagli Agnelli e la milanese Lpe, piccola impresa operante nel settore dei semiconduttori, la risposta del duo Draghi-Giorgetti è stata assolutamente negativa. E’ stato esercitato il cosiddetto golden power, anche se, almeno nel caso della Iveco, il settore in cui opera l’azienda non era compreso in quelli ritenuti strategici.


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Pino Cabras: Fedez e la "mutazione antropologica"

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Fedez e la "mutazione antropologica"

di Pino Cabras

Contestualizziamo tutto, incluso il caso Fedez. In cointeressenza con la moglie Ferragni, Fedez regge una fiorente attività imprenditoriale nel campo editoriale-pubblicitario legato alle multinazionali statunitensi che hanno perimetrato il web all’interno dei grandi recinti dei social network. È un capitano d’industria diversissimo da chi poteva fregiarsi di questa definizione trent’anni fa in Italia, nel mondo ancora legato all’industria novecentesca. Se non vi distraete pensando che i suoi tatuaggi e le sue costose smandrappature siano l’antitesi dello stile dei vecchi protagonisti del capitalismo, vi accorgerete che Federico Leonardo Lucia incarna il grande borghese di oggi, l’uomo di potere di questo neocapitalismo con le sue regole, le sue battaglie per definire con urgenza un nuovo senso comune, le nuove egemonie, lo stato spirituale di un’intera nazione.

È eccessivo tutto questo per un rapper? Voi vi fermate a una fase troppo precoce degli uomini di potere.


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