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Mar 29, 2015, 3:58:19 PM3/29/15
to sante gorini

Lanfranco Binni: Un’altra storia

il
                      ponte

Un’altra storia

di Lanfranco Binni

lainfo.es
                    12906 siriaDelle origini in Iraq e in Siria dello «Stato islamico», finanziato e armato dagli Stati Uniti, e sottotraccia da Israele, per disgregare lo Stato siriano con l’obiettivo strategico di attaccare l’Iran ed eliminare due importanti retrovie di sostegno al popolo palestinese, ormai sappiamo tutto. È lo stesso Obama, nella recente intervista del 19 marzo, a riconoscere il ruolo statunitense nella nascita dell’Isis, sia pure attribuendola alle conseguenze della guerra irachena di Bush e sottraendosi alle responsabilità della sua presidenza. Sappiamo anche che l’Isis, strumento del capitalismo senile occidentale e delle sue strategie geopolitiche, svolge oggi un ruolo di attrazione di soggettività radicali nei paesi arabi e nei paesi occidentali, innestando sul disegno eterodiretto dinamiche diverse e più complesse le cui radici affondano nei processi di esclusione sociale nei paesi arabi e di islamofobia e razzismo nei paesi occidentali: contro il neocolonialismo l’odio per l’Occidente, contro lo «Stato ebraico» lo «Stato islamico», contro i simboli del «moderno» integralismo occidentale i simboli di un integralismo islamico delle origini, contro le tute arancione dei prigionieri di Guantanamo le tute arancione dei prigionieri dell’Isis, contro le tecniche e i mezzi della comunicazione occidentale il loro impiego con contenuti opposti e speculari. Leggi tutto


Corrado Ocone: La sophia del pop e la libertà post-metafisica

losguardo

La sophia del pop e la libertà post-metafisica

di Corrado Ocone

klimt114Il movimento più evidente del pensiero degli ultimi secoli è quello che ha sempre più portato a eliminare la dicotomia fra il mondo ideale, fatto di strutture più o meno stabili per quanto diversamente concepite dai diversi filosofi, e il mondo reale, soggetto al mutamento e alla finitezza. Come Nietzsche scrive nel Crepuscolo degli idoli (1888), tratteggiando quella che considera la “storia di un errore”, “a certo punto il ‘mondo vero’ finì per diventare favola”. Era stato Platone a identificare nelle “idee” quella “realtà vera” che gli uomini, chiusi in una caverna, vedono solo attraverso ombre. Era allora iniziata una storia, quella della Metafisica, che è, nel bene e nel male, la storia stessa dell’Occidente.

Ma la Metafisica, per lo più, oggi ci sembra poco plausibile. E questa poca plausibilità fa si che, con essa, poco plausibile sembra essere la stessa filosofia. In effetti, la Metafisica è stata sempre identificata come la filosofia prima, la filosofia senz’altro. È possibile continuare allora a filosofare e in che modo, con quale senso, nell’epoca della “fine della filosofia”? È una delle domande, forse la domanda, che ha percorso il Novecento filosofico. Le risposte sono state diversissime: hanno coperto un’ampia e differenziata gamma di “soluzioni”. Leggi tutto


Girolamo De Michele: La banlieue come volontà e come rappresentazione

euronomade

La banlieue come volontà e come rappresentazione

di Girolamo De Michele

Banlieu
                    parisienne«Quanto lontano è quell’anno del bicentenario della Rivoluzione francese in cui François Mitterand poteva presentare la politica in favore delle famigerate “banlieues” come un’opera di “civilizzazione urbana”, il cui scopo finale era “far si che non ci siano più città povere e città ricche”»1. Comincia con questa disincantata constatazione la presentazione di Thomas Kirszbaum al volume di saggi nel quale, con un taglio pluridisciplinare, storici, sociologi, urbanisti e geografi fanno il punto sul sostanziale fallimento della “politique de la ville” in Francia: «una politica a lungo saturata di discorsi che, nell’ebrezza dei “piani Marshall” e di altre “nuove ambizioni per le città“, lasciavano intendere che il “male delle banlieues” poteva essere definitivamente guarito a condizione di mettervi volontà politica e mezzi finanziari».

Un volume che si rivela prezioso, all’indomani delle stragi di Parigi, per una comprensione di quella banlieue che sembra essere assurta quasi a pietra filosofale ermeneutica nei discorsi di senso comune sulla relazione fra realtà urbana ed estremismo jihadista. Discorsi nei quali alberga spesso una rappresentazione della banlieue standardizzata, che non sembra scalfita dalla constatazione che i tre terroristi di Parigi non erano banlieuesard, mentre lo erano – della “famigerata” Seine-Saint-Denis – il poliziotto musulmano e l’impiegato sans papier dell’ipermarket kosher che ha salvato molti dei clienti: pur casuale, questa distribuzione degli attori lascia sospettare che le cose siano parecchio complicate2. Leggi tutto


ilsimplicissimus: Francia, il fallimento socialista

ilsimplicissimus

Francia, il fallimento socialista

di ilsimplicissimus

Alla fine ha vinto la Le Pen, nonostante tutti i tentativi di negarlo e le dinamiche derivanti dalle nuove strategie del sondaggio politico. Non solo perché il suo partito è quello arrivato in testa visto che gli altri si sono presentati in variegati raggruppamenti. Soprattutto il centro destra di Sarkozy, formalmente primo, ma costruito sull’alleanza con l’Udi e soprattutto con una galassia di formazioni locali interessate alla gestione territoriale e prive di senso in elezioni nazionali. Ha vinto anche perché il Front national non ha mai avuto un radicamento locale, è stato sempre assente dalle campagne e dai quartieri popolari. Così il balzo in avanti fino al 25% è ancor più significativo che la vittoria alle europee dove peraltro il Fn aveva ottenuto il 24%. In effetti è difficile trovare un caso più eclatante di mistificazione politica di quello attuato dai media europei.

Di contro c’è la disfatta socialista che viene in parte nascosta e contenuta dagli alleati di lista più radicali, ma non riscattata vista la sostanziale stagnazione (quando non arretramento come nel caso dei Verdi)  delle formazioni di sinistra. Così il partito che esprime il presidente e il governo ha preso una stangata storica ed è addirittura escluso da un quarto dei ballottaggi dopo averne vinto appena una manciata di distretti al primo turno. Leggi tutto


Militant: Il trionfo della reazione

militant

Il trionfo della reazione

di Militant

Davvero non si capisce come possa essere considerata una sconfitta dell’estrema destra la tornata elettorale francese di ieri. A ben vedere, si tratta di un trionfo storico, attenuato solo dal carattere provinciale di un elezione che, se fosse stata nazionale, avrebbe decretato la scomparsa di ogni possibile opzione progressista. Non è tanto il dato generale ad essere indicativo: Ump e Front National aggregano più del 60% dei voti totali, un’enormità; non è neanche il risultato del partito di Marine Le Pen il dato significativo: un 24,5% dei voti che comunque stabilizza la sua formazione come secondo partito del paese (e considerare il 24,5% un risultato inferiore alle attese dimostra meglio di tanti discorsi quanto il partito reazionario francese si sia affermato come soggetto politico credibile e potenzialmente maggioritario). E’ il significato politico del discorso populista ad essersi imposto. L’Ump di Sarkozy ha raggiunto la ragguardevole cifra del 36% rincorrendo la retorica reazionaria del FN, parlando di immigrazione, di euro, di Islam, di identità nazionale. E chi non lo ha fatto, chi non ha (in)seguito il discorso dominante, è stato sonoramente bocciato nelle urne. Leggi tutto


Alessandra Daniele: Il tunnel alla fine della luce

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Il tunnel alla fine della luce

di Alessandra Daniele

Vi siete accorti dei miliardi di draghi in arrivo?

Non guardate dalla finestra, non sto parlando d’uno stormo di giganteschi rettili alati dal respiro di fuoco giunti ad oscurare il cielo e incendiare la terra. Parlo del Quantitative Easing di Mario Draghi, la pioggia di miliardi stampati per far ”ripartire” l’economia europea. Se non ve ne siete accorti, il motivo è semplice: non sono per noi. Sono per le banche.

È una pioggia sul bagnato.

L’Italia ha però sempre coltivato un’altra particolare forma di Quantitative Easing: la corruzione, che allo stesso modo fa regolarmente piovere miliardi sulla fanghiglia, soprattutto attraverso le opere pubbliche.

Se nel tunnel del CERN si accelerano le particelle, in quello della TAV si accelerano le bustarelle.

A poche settimane dall’apertura dell’Expo, è pronto solo un decimo delle strutture previste. Le altre ancora incompiute saranno nascoste da una felliniana serie di enormi quinte e fondali chiamata Camouflage. Leggi tutto


Giorgio Agamben: Quei legami pericolosi tra polis e guerra civile

megachip

Quei legami pericolosi tra polis e guerra civile

di Giorgio Agamben

Questo testo è tratto dal primo capitolo di Stasis di Giorgio Agamben (Bollati Boringhieri pagg. 84, euro 14).

news 236994Che una dottrina della guerra civile manchi oggi del tutto è generalmente ammesso, senza che questa lacuna sembri preoccupare troppo giuristi e politologi. Roman Schnur, che già negli anni Ottanta formulava questa diagnosi, aggiungeva tuttavia che la disattenzione nei confronti della guerra civile andava di pari passo al progredire della guerra civile mondiale. A trent'anni di distanza, l'osservazione non ha perso nulla della sua attualità: mentre sembra oggi venuta meno la stessa possibilità di distinguere guerra fra Stati e guerra intestina, gli studiosi competenti continuano a evitare con cura ogni accenno a una teoria della guerra civile.

È vero che negli ultimi anni, di fronte alla recrudescenza di guerre che non si potevano definire internazionali, si sono moltiplicate, soprattutto negli Stati Uniti, le pubblicazioni concernenti le cosiddette internal wars; ma, anche in questi casi, l'analisi non era orientata all'interpretazione del fenomeno, ma, secondo una prassi sempre più diffusa, alle condizioni che rendevano possibile un intervento internazionale. Il paradigma del consenso, che domina oggi tanto la prassi che la teoria politica, non sembra compatibile con la seria indagine di un fenomeno che è almeno altrettanto antico quanto la democrazia occidentale. Leggi tutto


Leonardo Lippolis: La lotta per liberare lo spazio urbano sarà la nuova lotta di classe

il conformista

La lotta per liberare lo spazio urbano sarà la nuova lotta di classe

di Leonardo Lippolis

aoki tetsuo
                    illustration 2Luogo storico dell’emancipazione dai vincoli oppressivi della tradizione e della comunità chiusa dell’epoca premoderna, la città, con il capitalismo, è divenuta strumento dei suoi processi di alienazione ma anche luogo della possibilità e della chance rivoluzionaria.

È difficile dire cos’è la città oggi; nonostante alcuni tratti comuni, sono tante le differenze tra quello che accade nel vecchio Occidente e nel resto del mondo, quello in espansione in Asia, Sudamerica, Cina e Africa. Il dato certo è che lo stucchevole dibattito di alcuni ambienti militanti sul contrasto città-campagna è surclassato dalla realtà, per cui l’urbanizzazione, ovvero l’espansione di giganteschi agglomerati abitativi dai confini sempre meno definiti, è una tendenza in atto in tutto il globo.

La Cina è lo specchio dei tempi; nelle sue megalopoli di decine di milioni di abitanti si sperimentano le forme più estreme del cambiamento. Da qualche mese, per esempio, a Pechino è in costruzione un muro che reclude in sterminate periferie circa due milioni di contadini da poco immigrati nella capitale, attratti dal boom economico e dalla possibilità del lavoro di fabbrica. Posti di guardia, telecamere e pattuglie militari controllano gli accessi e i confini tra la città e questi ghetti che rimangono chiusi dalle 23 alle 6 del mattino. Di giorno i reclusi della città-prigione possono entrare e uscire solo con un pass che certifica la loro identità, l’appartenenza etnica, l’occupazione e un numero di telefono. Leggi tutto


L.Del Savio e M.Mameli: Contro il Parlamento Europeo

vocidallestero

Contro il Parlamento Europeo

di Lorenzo Del Savio e Matteo Mameli

Su Open Democracy un tema che rischia di diventare di forte attualità prossimamente: man mano che l’euroscetticismo avanza, una risposta apparente è quella di colmare quello che viene definito il “deficit democratico” della UE, rafforzando la legittimazione democratica percepita delle sue istituzioni. In realtà nessuna di queste proposte apparentemente illuminate affronta il tema principale, che è quello della “cattura oligarchica” delle istituzioni UE, anche di quelle elettorali rappresentative. Il tema è approfondito dai due autori in questo studio

parlamentoeuropeoAlle elezioni del Parlamento europeo del maggio 2014, i partiti euroscettici hanno guadagnato terreno a spese dei partiti pro-europei. Questo vale sia per i partiti euroscettici di destra che per quelli di sinistra. In generale, la reazione delle elite pro-UE è stata sufficiente e paternalistica. Alcuni tra gli appartenenti all’elite pro-UE hanno suggerito che il voto euroscettico è stato un voto di protesta non contro le istituzioni dell’Unione europea, ma contro i governi nazionali, che hanno fallito nella gestione della crisi economica, finanziaria e del debito sovrano. Alcuni hanno suggerito che l’ondata euroscettica è arrivata principalmente da persone appartenenti ai segmenti più poveri della popolazione: quelli più colpiti dalla crisi, ma anche quelli che, a causa del nesso esistente tra povertà e bassi livelli di istruzione, sono meno capaci di capire le cause della crisi e quale potrebbe essere la possibile soluzione. I contributi dei trattati, dei patti, delle politiche, dei vincoli e obiettivi della UE agli alti tassi di disoccupazione e agli ampi tagli alla spesa pubblica in molti Stati membri, sono stati misconosciuti e minimizzati. Leggi tutto


Vladimiro Giacché: Fine di una leggenda

marx xxi

Fine di una leggenda

di Vladimiro Giacché - da Facebook

A quanto pare la Merkel ha indotto Schäuble (che stava facendo saltare il compromesso raggiunto il 20 febbraio con Atene, già parecchio oneroso per quest'ultima) a più miti consigli riguardo alla Grecia. Questo su pressione di Obama, che ritiene che una uscita della Grecia dall'euro (e contestuale suo accordo con la Russia) indebolirebbe il fronte sud-est della Nato e quindi il suo controllo su quella parte del Mediterraneo.

Le lezioni contenute in questa vicenda sono diverse:

1) Fine della leggenda per cui l'Unione Europea non c'entrerebbe nulla o quasi con la Nato (quante volte ci hanno detto che si tratta di due cose diverse, che il trattato di associazione dell'Ucraina all'Unione Europea non aveva nulla a che fare con la Nato ecc?)

2) Fine della leggenda di un'Europa e di un Euro intesi quali baluardo contro il predominio economico e monetario statunitense Emoticon smile contro l'imperialismo USA). Se lo fossero, perché Obama dovrebbe difendere così strenuamente un'unione monetaria concorrente? Leggi tutto


ilsimplicissimus: Vergogna: non abbiamo ancora una corruzione moderna

ilsimplicissimus

Vergogna: non abbiamo ancora una corruzione moderna

di ilsimplicissimus

Lo so che il caso Lupi è irresistibile da qualunque parti lo si guardi: il patetico attaccamento a Incalza per tamponare la propria totale incompetenza, il figlio sistemato nell’ambito dello stesso cortocircuito di potere con tanto di rolex, l’inesistenza etica, la burbanza del non mi dimetto quando ancora pensava che Alfano lo avrebbe difeso anima e corpo e la retorica da scuole elementari con cui ha dato l’addio alla cara poltrona. Insomma Lupi ne esce fuori come un diversamente Gasparri, uno fra innumerevoli casi di opacità nazionale.

Però il caso Lupi oltre a suscitare riso e ribrezzo, ci permette di fare un discorso più serio e di cercare di capire come e in che senso l’Italia è al 72 posto nell’indice di percezione della corruzione di Transparency International. Lo è perché la sua forma di corruzione è più grossolana e grezza rispetto ad altri Paesi paragonabili, più fondata sul familismo amorale e sullo spirito di clan che sullo spirito di mercato, dunque più sfacciata nei suoi strumenti e nelle sue coperture politico -legislative, meno implicita rispetto ad altre forme di corruzione integrate nel sistema di governance, più anomala e banditesca rispetto ai criteri adottati dagli indici che misurano il degrado etico – sociale. Leggi tutto


Comidad: Renzi irresponsabile per responso elettorale

comidad

Renzi irresponsabile per responso elettorale

di Comidad

Il punto debole delle cosiddette teorie del complotto sta quasi sempre nell'eccesso di dimostrazione, cioè nell'affannosa ricerca di "prove" per demolire le versioni ufficiali e proporne di alternative. In realtà, in uno "Stato di Diritto" (ammesso che possa esistere) il criterio della responsabilità politica funziona - o dovrebbe funzionare - in modo opposto a quello della responsabilità penale, perciò un governo può essere legittimamente considerato colpevole sino a prova contraria.

Prima di vestire i comodi panni della vittima e di indire manifestazioni di piazza, il governo francese avrebbe dovuto anzitutto scaricarsi dai sospetti di essere in qualche modo implicato nell'attentato a "Charlie Hebdo", visto che sino a due anni fa Hollande e l'ISIS combattevano insieme contro lo stesso nemico, cioè il "laicissimo" presidente siriano Assad. In uno "Stato di Diritto", una "stampa indipendente" avrebbe preteso da Hollande di dar conto del grado di commistione del governo, dei servizi segreti e delle forze armate francesi con l'ISIS dopo anni di collaborazione, culminati con il riconoscimento diplomatico della cosiddetta "opposizione siriana", che può vantare una sede ufficiale a Parigi. Leggi tutto


Militant: "Capire la Russia" di Paolo Borgognone

militant

"Capire la Russia" di Paolo Borgognone

Consigli (o sconsigli) per gli acquisti

di Militant

capirelarussia4 1Sono due i motivi che ci hanno spinto a leggere questo “pesante” libro di circa 700 pagine. Il primo, perché da anni la casa editrice Zambon si contraddistingue per una meritoria opera di lotta al revisionismo storico attraverso una serie di pubblicazioni rilevanti e controcorrente rispetto al pensiero mainstream. La seconda, perché oggi c’è davvero necessità di “capire la Russia”, ossia liberarsi dalla vulgata liberale che ha trovato in Putin il nuovo nemico assoluto dell’Occidente e nella Russia il problema per la democrazia nel mondo. Potenzialmente, allora, poteva trattarsi di un libro importante, uno strumento di lotta in più nella battaglia anche culturale tra il capitalismo neoliberista e le sue forme di resistenza. Così non è, anzi. Il libro altro non è che una vetrina del pensiero geopolitico rosso-bruno di ogni latitudine. Uno squallido tentativo di elevare tale raffazzonata visione del mondo, fatta di spiritualismo, capitalismo pre-liberista, tradizionalismo religioso-culturale e complottismo vittimista, a pensiero degno di considerazione. Un testo talmente trasudante neofascismo da imporre una riflessione per la stessa casa editrice, che da oggi in poi difficilmente potrà essere considerata “credibile” nel panorama politico italiano, almeno quello riferibile alla sinistra di classe. Leggi tutto


Richard Walker: Il fascino discreto della crisi economica

manifesto bologna

Il fascino discreto della crisi economica

Intervista a Richard Walker

klimt123Il ciclo di interviste a teorici eterodossi a cura degli attivisti della Campagna Noi Restiamo continua. Siamo ormai arrivati all’ottava intervista e la parola va a Richard Walker. Walker è professore emerito presso il Dipartimento di Geografia della University of Berkely (California).

La sua ricerca si concentra sulla geografia economica, lo sviluppo regionale, il capitalismo e la politica, le città e l’urbanizzazione, le risorse e l’ambiente, la California e infine su tematiche legate a classe e etnia. Il suo lavoro più conosciuto per quanto riguarda la geografia economica è il libro The Capitalist Imperative: Territory, Technology and Industrial Growth (Blackwell, 1989), scritto con Micheal Storper. Fa parte del Board of Directors del progetto “Living New Deal”, che punta a raccogliere e mostrare i risultati raggiunti dal piano di riforme economiche e sociali promosso da Franklin Roosevelt.

 

Noi Restiamo: L’emergere della crisi ha confermato la visione di alcuni economisti eterodossi secondo la quale il capitalismo tende strutturalmente ad entrare in crisi. Tuttavia, le visioni sulle cause del disastro attuale divergono.

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Paolo Rabissi: Monete locali come ipotesi di uscita dalla moneta capitalistica?

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Monete locali come ipotesi di uscita dalla moneta capitalistica?

di Paolo Rabissi

Ci sono attualmente in circolazione circa 5000 monete locali nel mondo, anche in regioni europee, Germania e Italia comprese. Per qualche esperto si tratta di esperimenti di possibile successo anche in senso antagonista grazie a certi loro aspetti alternativi al mercato e alla crescita a tutti i costi. Ma i dubbi sono molti

scec tagli
                    totali sitoC’è nella proliferazione delle monete complementari e/o alternative, sia pure di livello locale (o magari proprio per questo), qualcosa per cui le si possa avvicinare alle iniziative caratterizzate dal ‘prendersi cura’? E’ una domanda che volentieri vorremmo porre (non mancherà l’occasione) alla stessa Silvia Federici e alla quale tuttavia verrebbe a un primo esame da rispondere affermativamente. Le cose in realtà sono più complicate, come vedremo.

Breve parentesi: complicazioni o meno facciamo nostro l’invito di Federici a dare fiducia ai progetti sperimentali anche se non sono immediatamente di marca antagonista, ci interroghiamo, al di là della loro capacità di collegarsi con le molteplici realtà di movimento, se si muovono in un’ottica che riesca a far proprie anche istanze concrete provenienti dal mondo del lavoro cosiddetto di cura o riproduzione. Per non agitare solo problemi teorici richiamo ad esempio qui, anch’io come Romanò, l’esperienza della Ri-Maflow, la fabbrica milanese occupata e trasformata in un punto d’eccellenza del riciclo elettronico, che dunque pratica una logica rigenerativa delle risorse e che contemporaneamente in spazi liberati della fabbrica organizza un mercato permanente dell’usato, un laboratorio per il riuso di apparecchi elettrici ed elettronici, un Gas e un’attività di autoproduzione con prodotti del Parco agricolo Sud Milano e di SOS Rosarno (a cui fornisce una logistica alternativa alla grande distribuzione), una palestra, una sala musica, corsi, eventi culturali e spettacoli, un ostello per migranti e senza casa (più notizie qui ). Leggi tutto


Manlio Dinucci: Libia, ritorno di fiamma

marx xxi

Libia, ritorno di fiamma

di Manlio Dinucci

L’attacco terroristico in Tunisia, che ha mietuto anche vittime italiane, è strettamente collegato alla caotica situazione della Libia, si sottolinea negli ambienti governativi e sui media. Ci si dimentica però del fatto che il caos in Libia è stato provocato dalla guerra Nato che, esattamente quattro anni fa, ha demolito lo Stato libico.

Il 19 marzo 2011 iniziava il bombardamento aeronavale della Libia: in sette mesi, l’aviazione Usa/Nato effettuava 10mila missioni di attacco, con oltre 40mila bombe e missili. Contemporaneamente, venivano finanziati e armati i settori tribali ostili al governo di Tripoli e anche gruppi islamici fino a pochi mesi prima definiti terroristi. Venivano infiltrate in Libia anche forze speciali, tra cui migliaia di commandos qatariani. A questa guerra, sotto comando Usa tramite la Nato, partecipava l’Italia con le sue basi e forze militari.

Molteplici fattori rendevano la Libia importante per gli interessi statunitensi ed europei. Le riserve petrolifere – le maggiori dell’Africa, preziose per l’alta qualità e il basso costo di estrazione – e quelle di gas naturale, che rimanevano sotto il controllo dello Stato libico che concedeva alle compagnie straniere ristretti margini di guadagno.

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