Lingua italiana dei segni (LIS)

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francesco

unread,
Jul 22, 2009, 4:08:11 AM7/22/09
to redazioneambientidigitali
Le lingue dei segni sono lingue giovani e antiche allo stesso tempo.
Antiche dal momento che sono da sempre usate dai sordi per comunicare,
infatti, la modalità segnica è quella spontanea per le persone sorde,
perché impegna i canali visivo-gestuali che sono privi di deficit.
Giovani perché bisognerà attendere la fine degli anni cinquanta quando
uno studioso americano, William Stokoe (1960), studiando l'American
Sign Language (ASL), capì che le lingue dei segni hanno
caratteristiche linguistiche analoghe a quelle delle lingue vocali.

In Italia lo studio della lingua italiana dei segni è cominciato alla
fine degli anni settanta grazie a un gruppo di ricercatori del CNR,
coordinati da Virginia Volterra. Per riassumere si tratta di una
lingua antica che per secoli è stata trasmessa 'oralmente', priva
della testimonianza di una letteratura e per alcuni periodi costretta
ad una semiclandestinità, negli ultimi anni acquisisce lo status di
lingua, s'inizia a studiarne la grammatica e la sintassi, escono i
primi dizionari.
Le ricerche pubblicate da Volterra (1987) mostrano chiaramente che la
lingua dei segni utilizzata dai sordi italiani non è un linguaggio, ma
possiede le caratteristiche proprie di una vera lingua.
La presenza di precise regole morfologiche e sintattiche è una
caratteristica importante che distingue una lingua dei segni da un
linguaggio gestuale o da una pantomima.
Esiste un'articolazione sistematica, corrispondente all'articolazione
fonologica della lingua vocale; è possibile dall'analisi dei segni
individuare dei parametri formazionali, da cui nascono tutti i segni
della lingua ed è inoltre possibile individuare un lessico, una
morfologia, una sintassi.
Queste ricerche hanno portato alla scoperta di quattro parametri
fondamentali nell'articolazione dei gesti nella LIS:
• il luogo dello spazio dove viene eseguito il segno;
• la configurazione delle mani nell'eseguire il segno;
• l'orientamento del palmo e delle dita assunto dalle mani;
• il movimento della mano nell'eseguire il segno.
"Come nella lingua verbale due fonemi si dicono distinti e
significativi se esistono almeno due parole che cambiano di
significato al variare dei due suoni (ad esempio, /pasta/, /basta/ si
differenziano solo per uno dei fonemi che le compongono: /p/ e /b/
rispettivamente), così si dice che due parametri sono distinti se si
individuano due segni con diversi significati che si distinguono solo
per una caratteristica: il luogo di esecuzione, la configurazione,
l'orientamento o il movimento".
Quindi al variare di uno dei parametri distintivi della lingua dei
segni, varia il significante del segno che si vuole esprimere. Questa
suddivisione è stata imprescindibile per una corretta tassonomia del
patrimonio lessicale della LIS
All'inizio degli anni novanta sono stati pubblicati tre dizionari
relativi alla LIS. L'uscita di queste pubblicazioni, dovuta al
desiderio dei sordi italiani di diffondere questa lingua e degli
udenti di impararla nei corsi che intanto si tenevano in varie città
italiane, ha contribuito ad evolvere il processo
d'istituzionalizzazione della LIS.
Analizziamo gli elementi morfologici e sintattici della LIS per vedere
se e come questi influenzano l'italiano scritto dei sordi.
I SOSTANTIVI nella LIS non hanno differenze di genere. Per quanto
riguarda il numero è necessario distinguerli in due classi:
• i sostantivi che hanno come luogo di articolazione un punto del
corpo del segnante: aggiungono al segno nominale un segno avverbiale
che esprime molteplicità.
• i sostantivi che hanno come luogo di articolazione lo spazio neutro:
il segno viene ripetuto modificando il luogo di articolazione.

Per quanto riguarda i VERBI possiamo distinguere tre classi:
• i verbi che hanno come luogo d'articolazione il corpo del segnante.
Si coniugano cambiando il pronome personale e lasciando il verbo
immutato: io imparare, tu imparare, lui/lei imparare ecc.
• i verbi che hanno come luogo d'articolazione lo spazio neutro e sono
caratterizzati da un movimento tra due punti d'articolazione. Questi
verbi, invece, possono essere flessi tralasciando il pronome personale
e modificando il movimento che esprime il segno verbale. Ad esempio se
la frase è 'io ti regalo', il segno muove dal corpo del segnante a
quello dell'interlocutore viceversa per la frase 'tu mi regali'.
• i verbi che hanno sempre come luogo d'articolazione lo spazio neutro
ma hanno un solo punto d'articolazione. Anche questi verbi sono
flessivi, in questo caso cambia il luogo d'articolazione del segno.
Per quanto riguarda gli aspetti temporali non esistono nella LIS i
tempi dei verbi come nelle lingue vocali. Per indicare che un'azione è
avvenuta nel passato ed è terminata, si usa aggiungere al segno del
verbo il segno 'fatto' ad esempio 'bere + fatto' è uguale a bevuto.
In generale esiste una linea del tempo convenzionale che va dalla
spalla dell'insegnante verso l'interlocutore; la collocazione del
segno in punti diversi di questa linea indica la maggiore vicinanza o
lontananza nel tempo dell'azione espressa dal verbo.
Come nel caso di alcune lingue vocali, nella LIS non esistono gli
ARTICOLI e il verbo 'essere' come ausiliare. Non esistono, inoltre,
segni specifici per le PREPOSIZIONI che sono espresse in altri modi.

Passando alla sintassi, per esprimere una frase interrogativa vengono
utilizzate particolari espressioni facciali e movimenti del corpo:
sollevamento delle sopracciglia e spostamento della testa e delle
spalle in avanti.

Francesco Cardile

Sabrina Ziccarelli

unread,
Jul 23, 2009, 8:20:36 AM7/23/09
to redazioneambientidigitali
Quello che hai scritto è molto interessante e penso che troverai utili
anche le informazioni che ho trovato in una mia ricerca...eccole
qua :)

Contrariamente al diffuso malinteso, le lingue dei segni non sono
pantomime e gesti inventati dagli educatori o versioni cifrate della
lingua parlata dalla comunità circostante. Esse si trovano dovunque ci
sia una comunità di persone sorde e ognuna è una lingua distinta e
completa, che usa lo stesso tipo di meccanismi grammaticali
rinvenibili dappertutto nei linguaggi verbali.

In Nicaragua un tempo le scuole per sordi si prefiggevano di “fare
apprendere ai bambini la lettura delle labbra; e come in tutti i casi
in cui fu tentato questo sistema, i risultati furono deludenti. Ma non
fu un problema: sui campi da gioco e sui pullman scolastici i bambini
inventarono un proprio linguaggio dei segni . . . Dopo poco tempo il
sistema si stabilizzò in quello che oggi si chiama Lenguaje de Signos
Nicaragüense”. Adesso una generazione più giovane di bambini sordi ha
sviluppato una lingua più scorrevole che ha finito per essere chiamata
Idioma de Signos Nicaragüense. — Steven Pinker, L’istinto del
linguaggio, trad. di G. Origgi, Mondadori, Milano, 1997, p. 28.
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