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Feb 4, 2015, 6:24:31 PM2/4/15
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L'Europa si è costruita nei pellegrinaggi. J. W. Goethe

Rassegna Stampa

CONSIDERAZIONI POST-QUIRINARIE. di F.M. Agnoli

2 febbraio 2015 | Autore admin

Qualunque cosa si pensi di lui occorre riconoscerlo: l’elezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica è stato il trionfo politico di Matteo Renzi. L’aveva detto: punteremo su un unico candidato che ricompatti il PD, ve ne darò il nome subito prima della riunione dei Grandi Elettori, voteremo scheda bianca nelle prime tre tornate e lo eleggeremo alla quarta. Così è avvenuto. Tutto si è svolto secondo copione, senza che nessuno potesse interloquire. Non l’alleato di governo, il Nuovo Centro Destra di Alfano, tenuto per il cravattino, più che da attaccamento alle poltrone ministeriali (come pure qualcuno maligna), dalla paura di un anticipato scioglimento delle camere  e di una conseguente tornata elettorale, che allo stato non è in grado di affrontare.  E nemmeno l’altro contraente del cosiddetto “patto del Nazareno”, Silvio Berlusconi, il leader di Forza Italia, avendo dissanguato il suo partito per aiutare Renzi a realizzare i progetti di riforma, credeva di avere acquisito titolo alla sua riconoscenza e a dire la sua nella scelta del successore di Napolitano. Strano che un volpone come lui abbia dimenticato che non esiste riconoscenza in politica e che i patti vengono osservati solo se si ha la forza di farli rispettare. Di conseguenza, non avendo la forza, né in proprio né col traballante soccorso azzurro di Alfano, che pure sperava (sbagliando) di essersi assicurato, si è trovato, come tutti gli altri, nella situazione del prendere o lasciare senza spazio di trattativa. Del resto, caso mai ce ne fosse stato bisogno, per ragioni difficilmente  comprensibili e confermando le perplessità di chi lo ritiene in disarmo, Silvio ha offerto su un piatto d’argento a un Matteo che non chiedeva altro l’occasione per evitare trattative sui nomi con l’imbarazzante proposta del candidato più sgradito di ogni altro agli italiani, Giuliano Amato.

Un errore (anche se è verosimile che Renzi non avrebbe accettato di trattare nemmeno su un nome più spendibile) tutto sommato benefico dal momento che il candidato renziano era senza dubbio il meglio del mazzo dei papabili.

Vero è che, a credere all’on. Brunetta, i guai per il presidente del Consiglio, che ha ecceduto in astuzia, pretendendo di giocare su tre tavoli (o, per recuperare una vecchia terminologia, con tre forni), utilizzando tre diverse maggioranze, cominciano adesso, dal momento che per portare in porto la riforma del Senato e la nuova legge elettorale dispone di un’unica maggioranza, che gli viene meno se Forza Italia per vendicare  l’affronto subito gli fa mancare il suo appoggio. Leggi il resto di questo articolo »

RENZI ROTTAMA MONTESQUIEU. di M. Della Luna

2 febbraio 2015 | Autore admin

Matteo Renzi, il rottamatore che non ha bisogno di chiedere consenso, tanto meno di essere eletto dal popolo (infatti non è mai stato parlamentare, ma dà comandi ai parlamentari), si sceglie e impone in parlamento il presidente della Repubblica, che invece dovrebbe rappresentare e garantire tutti, super partes. Facendolo, tradisce il Patto del Nazareno (che d’ora in poi potrà chiamarsi Patto del Giuda), e forma la sua terza maggiorana parlamentare, in perfetto stile africano.

La divisione dei poteri dello Stato sembrava un principio cardine, scontato oramai e indiscutibile, indispensabile ai fini della legittimità dello Stato, un’acquisizione definitiva e irreversibile della democrazia occidentale; ma evidentemente non era così, almeno in Italia: con le riforme del Senato e della legge elettorale, il nostro premier è riuscito a rovesciare il lavoro di Montesquieu, a ritornare a una struttura statuale come prima della rivoluzione francese. Ora infatti il premier unisce in sé il potere esecutivo, il potere legislativo, e un’ampia parte del potere di controllo. Inoltre, non vi sono contrappesi indipendenti da lui al suo strapotere.

La tesi fondamentale esposta da Montesquieu nel suo celebre trattato Lo spirito delle leggi, pubblicato nel 1748, è che può dirsi libero solo quell’ordinamento in cui nessun governante possa abusare del potere a lui affidato. Per prevenire tale abuso, occorrono contrappesi e controlli, occorre che “il potere arresti il potere”, cioè che i tre poteri fondamentali siano affidati a persone od organi differenti, in modo che ciascuno di essi possa impedire all’altro di esorbitare dai suoi limiti e degenerare in tirannia. La riunione di questi poteri nelle stesse mani, siano esse quelle del popolo o del despota, annullerebbe la libertà perché annullerebbe quella “bilancia dei poteri” che costituisce l’unica salvaguardia o “garanzia” costituzionale in cui risiede la libertà effettiva. “Il poterecorrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente”: è partendo da questa considerazione, che Montesquieu elabora la teoria della separazione dei poteri. Per evitare che si conculchi la libertà dei cittadini, il potere legislativo e quello esecutivo non possono mai essere accentrati in un’unica persona od organo costituzionale.

Tecnicamente, Renzi perciò ha restaurato l’ancien régime, lo stato assolutista pre-rivoluzione francese. Infatti con le sue riforme il premier domina il partito e ne forma le liste elettorali; domina la camera con un terzo circa dei suffragi; domina l’ordine del giorno dei lavori; domina il Senato; sceglie il capo dello Stato; nomina direttamente cinque membri della Corte Costituzionale  e cinque attraverso il capo dello Stato; nomina o sceglie i capi delle commissioni di garanzia e delle authorities; da ultimo, quasi dimenticavo, presiede il Consiglio dei Ministri. E gestisce molte altre cose. Si è fatto controllore di se stesso. Questo intendo dire quando affermo che è stato superato il principio della divisione dei poteri dello Stato. In ciò, Renzi batte Mussolini, perché l’espansione dei poteri del Duce incontrava la limitazione data dalla presenza del re a capo dello Stato,  il quale non era scelto, ovviamente, dal Duce ed era al di sopra del suo raggio d’azione, tanto è vero che il Re lo fece arrestare nel 1943. Rispetto a questo, Renzi è più simile a Hitler, perché anche in Germania non c’era la monarchia, quindi il cancelliere potè riunire nelle sue mani tutti i poteri. Leggi il resto di questo articolo »

La Francia risponde all’estremismo islamico dei suoi studenti con un bel lavaggio del cervello a base di “laicità” .*

30 gennaio 2015 | Autore admin

Come si affrontano a scuola decine di studentimusulmani francesi, secondo i quali i terroristi islamici che hanno compiuto la strage alla redazione diCharlie Hebdo e all’alimentari kosher non sono assassini ma «eroi»? Il governo di François Hollande ha trovato la risposta: fargli cambiare idea con un bel lavaggio del cervello a base di laicità, la stessa che ha contribuito a esasperare gran parte di quegli alunni.

«LAICITÀ NON È UNA RELIGIONE». «Una giornata della laicità verrà celebrata ogni 9 dicembre», ha annunciato trionfalmente il ministro dell’Istruzione Najat Vallaud-Belkacem. Come riportato dal Foglio, il cardinale di Parigi, Vingt-Trois, ha criticato questa decisione perché «la laicità non è una religione che deve organizzare feste religiose». Soprattutto quando si tratta di laicitàintesa alla Charlie Hebdo, cioè eliminazione di tutte le religioni e di tutte le identità particolari dallo spazio pubblico.

«MILLE AMBASCIATORI». Il primo ministro Manuel Valls ha rincarato la dose, dichiarando che «la laicità deve imporsi dappertutto». Come? Oltre alla nuova festività, la “Carta della laicità” che dal 2014 è appesa all’entrata di tutte le scuole francesi dovrà essere firmata all’inizio di ogni anno scolastico. In più, «mille ambasciatori della laicità» verranno inviati nelle scuole della République per occuparsi «degli studenti che mostrano un comportamento preoccupante di fronte ai simboli della sovranità francese».

MINISTRO DEL LAVAGGIO DEL CERVELLO. Il settimanale conservatore Valeurs Actuelles ha commentato così il nuovo programma scolastico anti-estremisti: «Lo scopo annunciato è quello di mettere al centro i valori della Repubblica. In realtà, la laicità diventa una nuova religione». Non c’è da stupirsi dunque se Belkacem, la nuova inquilina di Rue de Grenelle, è stata ribattezzata “ministre du décervelage”, ministro del lavaggio del cervello.

* Identità Europa ringrazia Tempi.it

“Attorno a J.R.R. Tolkien” – Ravenna, 24 gennaio 2015, ore 16.30

14 gennaio 2015 | Autore admin

 

 

Comunicato Stampa n° 2

“Attorno a J.R.R. Tolkien”

24 Gennaio 2015 – ore 16.30

 

Il 24 Gennaio 2015 alle ore 16.30 si terrà l’ultimo incontro della rassegna dedicata a Tolkien promossa dall’associazione culturale Identità Europea in collaborazione con la casa editrice Il Cerchio e la Biblioteca Diocesana di Ravenna-Cervia “San Pier Crisologo”. L’incontro si svolgerà come di consueto nella sala Don Minzoni del Palazzo del Seminario Arcivescovile, in Piazza Duomo, 4 e vi interverrà  Padre Guglielmo Spirito OFM Conv., che si dedicherà al tema “Lo Hobbit: sentirsi a casa fra due mondi”.

Padre Guglielmo Spirito, è docente di Mistica comparata e Storia delle Religioni presso il Sacro Convento di Assisi, da anni approfondisce le radici spirituali dell’opera di Tolkien valorizzando il rapporto educativo-spirituale con giovani e adulti. E’ autore di numerosi testi tra cui: “Tra San Francesco e Tolkien” ed. Il Cerchio 2003 e “Dalla Santa Russia. Riflessioni Francescane” ed. Il Cerchio 2008; è anche il curatore dell’antologia Lo specchio di Galadriel, ed. Il Cerchio 2006.
Autore estremamente importante nella letteratura odierna dedicata a Tolkien, è assai raro avere il piacere di ascoltarlo dal vivo.

Gli organizzatori si reputano soddisfatti dell’esito dei precedenti incontri che hanno visto una crescente partecipazione di appassionati tolkieniani ed interessati al fantastico nobile che con interessanti dibattiti hanno sicuramente valorizzato i precedenti incontri. L’incontro del 24 Gennaio chiude magistralmente la rassegna che ha ospitato importanti relatori quali: Cesare Catà, Edoardo Rialti, Claudio Testi, Adolfo Morganti.

Rimini, 14 gennaio 2015.

Comunicato Stampa n°1/2015 – “Monsieur Hollande, je ne suis pas Charlie Hebdo”.

9 gennaio 2015 | Autore admin

 

Comunicato Stampa n°1/2015

“Monsieur Hollande, je ne suis pas Charlie Hebdo”.

Contro la retorica della libertà giacobina.


A parte l’unanime e doverosa condanna per la violenta soppressione di vite umane, l’attacco del terrorismo islamico alla sede parigina della rivista satirica Charlie Ebdo ha suscitato, nei mass-media e nell’opinione pubblica reazioni parzialmente diverse. Alcune sottolineano in modo particolare i pericoli conseguenti alla sempre più massiccia presenza islamica in Europa fino al rischio della sua islamizzazione, come previsto, proprio per la Francia e per il non troppo remoto 2022, dal romanzoSottomissione di Michel Houellebecq – fra l’altro uscito in libreria proprio  il giorno dell’attentato. Altre (in particolare quelle ufficiali del presidente Hollande, del governo francese e di quanti si sono sentiti in dovere di identificarsi con il settimanale oggetto dell’aggressione,  esponendo cartelli con la scritta “Je suis Charlie Hebdo”) mettono in primo piano l’attacco alla libertà di opinione e di espressione, vanto e perno di tutta la cultura occidentale, ma di cui la Francia si pretende, anche nella circostanza, la prima garante e paladina.

Soprattutto nei momenti in cui la tragedia dovrebbe insegnare il rispetto della realtà, non è possibile accettare senza un moto di sdegno questa rappresentazione di Stato, visto che in Francia la libertà di opinione procede quanto meno a corrente alternata. Una presa di distanza dalla mare di retorica che sta sommergendo l’Europa che va debitamente motivata.

Indubbiamente è vero che in Francia in tema di religione si può dire di tutto senza tenere il minimo conto della sensibilità delle persone per le quali la religione è parte essenziale della propria vita, in sostanza una libertà di offesa della quale Charlie Hebdo approfittava largamente dissacrando  (spesso del tutto gratuitamente, cioè senz’altro scopo che quello di mettere in ridicolo) non solo la religione di Maometto, spesso maltrattata più sul piano politico che su quello strettamente religioso anche se nel caso dell’Islam questa distinzione tipicamente cristiana è difficile o addirittura impossibile, ma, ancor prima e ancor più, quella di Cristo.

Per converso in Francia, alla faccia della libertà d’opinione, si è processati e si va in galera per negazionismo (un reato che ha tanti aspetti quante sono le verità di Stato: l’olocausto ebraico, l’eccidio armeno, la schiavitù, e le altre di eventuale, futura approvazione). Non basta, perché se Charlie Hebdoera  libero di pubblicare immagini orribilmente offensive anche per il più tiepido e svagato dei cattolici (la SS. Trinità impegnata in un’orgia gay, per Natale il parto della Madonna) in Francia si corre il concreto rischio di essere arrestati per omofobia solo perché, a sostegno della famiglia naturale, si indossa una maglietta con un uomo e una donna che tengono fra loro, per mano, uno o due bambini.

Evidentemente in Francia vi è immagine e immagine e, quindi, opinione e opinione: Come dire che si tratta di libertà di opinione condizionata al benestare del governo. Per questo è necessario andare controcorrente: “monsieur Hollande, je ne suis pas Charlie Hebdo”.

Questa ipocrisia, soprattutto perché sporca di sangue, è ancor più ributtante del solito. E non ha nulla a che vedere con la tutela della Libertà, ma molto con il totalitarismo morbido di una cultura laicista che non si perita di strumentalizzare anche l’eccidio.

 

CON PREGHIERA DI PUBBLICAZIONE

 

Associazione Identità Europea, www.identitaeuropea.it

L’imperialismo internazionale del denaro. di L. Cappelletti

10 dicembre 2014 | Autore admin

Nel 1931, per il quarantesimo anno della Rerum novarum, usciva l’enciclica sociale di Pio XI. Realismo e attualità di un’analisi sull’infausto predominio dell’aspetto finanziario su quello produttivo«Questo è anche un momento in cui c’è una grande preoccupazione globale per un neocapitalismo fatto solo di capitali senza alcun riferimento a industrie e beni agricoli», dichiarava il 12 settembre il nostro direttore adAvvenire, quando ancora la nube di polvere e detriti gravava su New York. La medesima preoccupazione emergeva in testa a un ampio articolo scritto per il nostro mensile in quel medesimo frangente dal professor Caloia, presidente dello Ior (30Giorni, n. 9, pp. 54-62): «C’è il problema delle operazioni finanziarie che si risolvono in impieghi di danaro solo per farne altro, senza che si dia un contributo all’economia reale. [...] Il buon funzionamento dell’economia globale deve essere considerato più importante dell’eccessiva libertà di alcune centinaia di abili operatori (finanziari) internazionali». Eugenio Scalfari nell’editoriale di Repubblica del 16 dicembre scorso (e ancora l’economia argentina non era capitolata) sembra fare suo il tema: «L’economia si è trasformata in finanza e la finanza ha globalizzato l’economia. [...] Il denaro è mobilissimo, si sposta in un attimo da un Paese all’altro, da un continente all’altro con la velocità della luce». Da sponde e in tempi diversi, dunque, vengono spunti di una identica analisi del momento che attraversa il mondo globalizzato e la sua economia.
Nessuno, ci risulta, tanto meno in ambito ecclesiastico, ha pensato o ha ritenuto opportuno citare a questo proposito l’enciclica Quadragesimo anno che nel 2001, peraltro, celebrava il suo settantesimo compleanno. Forse si dubita della legittimità dei suoi natali, che cadono in pieno ventennio. O forse il settantesimo compleanno della Quadragesimo anno (e il centodecimo della Rerum novarum) sono ritenute ricorrenze che ormai non meritano particolari celebrazioni. In effetti nuovi documenti in questo campo probabilmente genererebbero inflazione. Riguardo al primo dubbio, però, si deve distinguere quella che fu la nascita della Quadragesimo anno, scaturita dalle idee piuttosto liberali e dalla penna non servile di gesuiti tedeschi e francesi, e l’adozione che di essa fu fatta da regimi che non furono altrettanto aperti (leggi: il Portogallo di Salazar e l’Austria di Dollfuss).
Nostro scopo, in ogni caso, non è sottolineare che si è dimenticata una settantenne. Non vogliamo darle voce perché ci parli di sé, per presentarsi fin troppo arzilla e immacolata, come spesso accade nei racconti autobiografici. Ma per evidenziare, attraverso le testimonianze di chi la conosce, il realismo che a suo tempo ha dimostrato riguardo all’infausto predominio del potere economico sul potere politico e all’altrettanto infausto predominio dell’aspetto finanziario sull’aspetto produttivo. E non solo. A tutto vantaggio della comprensione del nostro presente, che spesso nell’ambito ecclesiale si nutre più di antropologie filosofiche e teologiche che di osservazione dei fatti umani.

Le tre parti dell’enciclica
Per prima cosa bisogna però ammettere che la Quadragesimo anno non fu un’enciclica qualunque. Sia gli specifici commenti ad essa dedicati sia i manuali riconoscono che, se c’è una dottrina sociale cristiana, nella sostanza questa si deve non tanto alla Rerum novarum quanto alla Quadragesimo anno. Edoardo Benvenuto, in un volume interessante, afferma che essa, «unico caso nel corso della storia del magistero pontificio in tema sociale», costituisce la «fondazione organica di una dottrina. [...] Piaccia o non piaccia, questa è la doctrina socialis Ecclesiae, non più vaticinata mediante rimproveri, moniti e auspici, come era accaduto precedentemente, ma chiaramente esposta secondo un’articolazione logica, con le sue premesse, le sue tesi e i suoi corollari» (Il lieto annunzio ai poveri, Edb, Bologna 1997, p. 124). E spiega acutamente (cfr. ibidem, pp. 103-111) che la Quadragesimo anno, proprio per poterlo liberamente innovare, intende presentarsi in perfetta continuità col magistero di Leone XIII, alla cui esaltazione dedica tutta la sua prima parte (nn. 1-40). Leggi il resto di questo articolo »

Rapporto Censis 2014, politica bocciata: ‘Gira a vuoto, riforme fallite e incoerenti. di L. Franco

9 dicembre 2014 | Autore admin

Una politica che “gira a vuoto”. Senza ottenere risultati in grado di incidere in modo positivo sull’economia del Paese e sulla società. E’ la valutazione che l’annuale rapporto del Censis dà dell’azione dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Responsabili, insomma, di una politica che “resta confinata al gioco della stessa politica”. Il dossier sottolinea infatti “il progressivo fallimento di molte riforme”, spesso “distaccate da un quadro coerente e inadatte a formare una visione unitaria di ciò che potrà o dovrà essere il Paese nei prossimi decenni”. Un esempio su tutti? Le riforme delmercato del lavoro, che “nel perseguire la flessibilità hanno generato precarietà”. E mentre nelle periferie esplode la questione casa, il Censis evoca addirittura il rischio banlieue: l’Italia “ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine”, ma le problematicità ormai incancrenite di alcune zone urbane “non possono essere ridotte ad una semplice eccezione”.

Troppi decreti legge, come 11 Divine Commedie – Sul banco degli imputati finisce soprattutto l’utilizzo dei decreti legge approvati spesso con voto di fiducia. L’istituto di ricerca fa i conti: dall’avvio della stagione di riforme nell’autunno del 2011 i governi MontiLetta e Renzi hanno portato in Parlamento ben 86 decreti che, con le successive modifiche e conversioni in legge, raggiungono un totale di 1,2 milioni di parole: l’equivalente di oltre undici Divine Commedie fatte di norme e codici, che non hanno portato ad alcun decollo dello sviluppo e dell’occupazione. Ma che secondo il Censis hanno avuto una conseguenza negativa certa: “L’aver perso per strada il principio costituzionale di straordinarietà dei provvedimenti introdotti con decreto legge ha esposto la società italiana a una sensazione di emergenza continuata”.

Pochi investimenti da famiglie e imprese - La sensazione di emergenza si accompagna nella vita di tutti i giorni alle conseguenze della crisi, che si traducono in una costante incertezza. E così l’approccio prevalente delle famiglie diventa quello dell’attesa. La gestione dei soldi, per esempio, è fatta sulla base di logiche di “breve e brevissimo periodo”. Tra il 2007 e il 2013 – rileva il Censis – tutte le voci delle attività finanziarie dei nuclei familiari sono diminuite, tranne i contanti e i depositi bancari, aumentati in termini reali del 4,9%, arrivando a costituire il 30,9% del totale (erano il 27,3% nel 2007). “ Leggi il resto di questo articolo »

“Il Cammino di San Colombano” – Milano, Venerdì 5 dicembre 2014, ore 10.30

2 dicembre 2014 | Autore admin

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE IDENTITÀ EUROPEA

VI INVITA AL CONVEGNO

IL CAMMINO DI SAN COLOMBANO

 

VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014

ORE 10.30 – 17.30

SOCIETÀ SVIZZERA, VIA PALESTRO 2 – MILANO


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L’EUROPA senza EUROPA CRISI IN EUROPA O EUROPA IN CRISI? Udine, 24 ottobre 2014

21 ottobre 2014 | Autore admin

 

X Forum internazionale dell’Euroregione Aquileiese


L’EUROPA senza EUROPA

CRISI IN EUROPA O EUROPA IN CRISI?


SALA CONVEGNI DELLA FONDAZIONE CRUP

Udine – Via Manin, n.15

24 ottobre 2014

dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.45 alle 17.30


Segreteria organizzativa, info e iscrizioni:

Associazione culturale Mitteleuropa

tel. +39 0432 204269 – e-mail: segre...@mitteleuropa.it

 

Con il sostegno e la collaborazione di:

C.E.I. – Central European Initiative

Assessorato alla Cultura della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

Fondazione CRUP

Università di Udine

Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia

Turismo FVG

Arcidiocesi di Ferrara – Comunicato sugli attacchi alle Sentinelle in piedi

6 ottobre 2014 | Autore admin

 

Comunicato

Sugli attacchi alle Sentinelle in piedi

 

In ordine alle manifestazioni del 5 ottobre che in molte città italiane hanno visto le Sentinelle in piedi essere fatte oggetto di attacchi e di percosse mentre manifestavano silenziosamente e dignitosamente per il grande valore della vita e della libertà umana, l’Arcivescovo di Ferrara – Comacchio S. E. Mons. Luigi Negri ha fatto la seguente dichiarazione:

 

“È una vicenda triste ma largamente anticipata. Per oltre cinquant’anni questi facinorosi, che percuotono gli altri accusandoli di essere fascisti, me li sono visti davanti in tutti gli ambiti in cui la vita professionale e pastorale mi ha posto, soprattutto le scuole e le università, dove ho tentato – credo in modo positivo – di aiutare migliaia di giovani a recuperare la propria identità cattolica e a vivere una presenza cristiana nell’ambiente animata dalla verità della fede e da una grande capacità di carità e di incontro con gli uomini.

Mi sono sempre riconosciuto nel brano della Centesimus Annus in cui San Giovanni Paolo II afferma che quando la chiesa lavora per la libertà non lo fa solo per se stessa ma per tutti gli uomini, i popoli e le nazioni. Questi margini di libertà sono evidentemente in progressiva riduzione nel nostro Paese, contrariamente al dettato costituzionale che mette la libertà personale e sociale a fondamento dell’intero ordinamento democratico.

Molti, a partire dalle Istituzioni, devono riflettere su questo degrado che oggi vede una sempre maggiore difficoltà della libertà ad essere praticata sull’intero territorio nazionale. E lo stesso devono fare gli organi di stampa, perché questa notizia è stata evidentemente e volutamente eliminata. Quella stessa stampa che ci satura di informazioni sulle partite di calcio e di dettagli sulle effusioni dei personaggi dello spettacolo e della politica.

L’Arcivescovo ritiene che il popolo cattolico debba restare saldo nella sua adesione ai principi della dottrina sociale della Chiesa e disponibile ad una presenza nella vita della società che dimostri come l’amore alla propria libertà può divenire lavoro, fatica e sofferenza affinché questa stessa libertà non venga tolta o ridotta a nessuno.

Chi, nel mondo cattolico, sta lavorando ad una progressiva riduzione dell’esperienza cristiana a spiritualismo soggettivista e privato, eliminando ogni tensione alla presenza dei cattolici nella vita culturale e sociale, forse dovrebbe sapere che sta assumendosi una gravissima responsabilità di collusione nei confronti di questa situazione. Si tratta di una responsabilità che ciascuno porterà davanti alla propria coscienza e davanti al Signore Gesù Cristo.”

UFFICIO STAMPA DIOCESANO via S. Stefano 26, 44124 – Ferrara. Tel. 0532240762.

Mail: max...@libero.it Referente Don Massimo Manservigi

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