Teorie e tecniche di Arkeon - commenti critici agli scritti di Tiresia

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articolo21

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Mar 22, 2009, 5:35:14 PM3/22/09
to parliamo di Arkeon
Per chi non ha avuto la possibilità di informarsi su tutta la vicenda
di Arkeon:

Tiresia è un personaggio misterioso, che dice di aver dichiarato la
sua vera identità alle autorità.

Dichiarandosi ex-maestro (se non erro) di Arkeon, dopo aver rinnegato
tutto il suo percorso, ha postato sull'ACF (Arkeon Cesap Forum) una
serie di descrizioni dettagliatissime di quelle che - secondo lui -
sarebbero le teorie e le tecniche di Arkeon.

Senza mai essere stati verificati (o almeno i risultati di queste
verifiche non sono mai stati resi pubblici) da terze parti, questi
scritti sarebbero gli UNICI "documenti e studi" reperibili sul sito
del Cesap di Lorita Tinelli su Arkeon. Almeno fino ad oggi, non mi
stupirei che già da stesera comparissero fior di articoli e documenti.

Avevo iniziato tempo fa una critica altrettanto dettagliata di questi
post su FIRS. Inizio oggi a postarli qui.

Sono raccolti in ordine sparso e ancora non c'è tutto, ma ogni
contributo è benvenuto.

I documenti sono disponibili a:

http://www.cesap.net/index.php?option=com_content&task=category&sectionid=37&id=255&Itemid=231

articolo21

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Mar 22, 2009, 5:46:47 PM3/22/09
to parliamo di Arkeon
Questa che segue non è la Verità. Sono i miei ricordi e le mie
opinioni. Alcuni fatti, come l'ormai famosa questione delle merendine,
penso che siano anche appurabili oggettivamente. Per il resto,
leggendo nel dettaglio, non credevo ai miei occhi e mi è scappata un
po'di ironia, che poi ho tagliato il più possibile.

[inizio citazione]
"Alcuni esercizi erano anche piacevoli, ma ce n'erano altri che si
rivelavano molto dolorosi, soprattutto per le persone più anziane,
come racconterò qui di seguito."
[fine citazione]

Avete mai fatto un'attività fisica? A me sembra che un po'di dolore e
fatica c'è sempre. Di ottuagenari non ne ho mai visti. L'intensità
dell'esercizio era totalmente libera, come la scelta di farlo o meno.

[inizio citazione]
Anche chi si rifiutava di fare un esercizio o proseguirlo perchè
avvertiva dolore veniva ripreso dal maestro che interpretava quel
rifiuto come l'espressione di un "processo" che poteva variare dal
"non essere capace di andare a fondo nelle cose" all' "atteggiamento
rinunciatario e da perdente di fronte alle difficolltà della vita" a
quant'altro gli venisse in mente di relativo (o completamente
inventato) alla vita di una persona, e a cose che il maestro sapeva
perchè la persona stessa aveva condiviso in precedenza ai seminari o
raccontato a lui in forma privata.
[fine citazione]

Innanzitutto non è vero che chi smetteva veniva ripreso. Qualche volta
c'è stata una battuta a chi la sapeva, per quanto ho visto, prenderla
sul ridere. A me Vito sembrava molto sensibile su questo aspetto e
che, anzi, se qualcuno ci restava male, ci andasse a parlare. Di
completamente inventato - tipo?

Più in generale, mi sembra importante che nei cerchi si superavano le
sofferenze che tutti, più o meno, abbiamo imparando a ridere sopra
insieme. A piangere ma poi a riderci. Se non lo si riteneva
accetabile, uno restava a casa sua - ma fin dal seminario, non
arrivava nemmeno all'intensivo.

Che poi non è un concetto trascendentale. Per esempio, posso esserre
ossessionato perché penso di avere il naso lungo. Posso circondarmi di
persone che del mio naso sanno di non potermene parlare. Invece, posso
raccontarlo in un cerchio. Dopo qualche tempo, timidamente, Vito mi
pare facesse così, faceva un accenno al naso. Se vedeva che c'era
accoglienza da parte mia, poi se ne poteva scherzare e ridere insieme
- altrimenti lasciava perdere. Questo approccio con i figli funziona,
almeno a casa mia, e riesce a sdrammatizzare le loro preoccupazioni.
Ovviamente non si scherzava su tutto.

[inizio citazione]
"Ovviamente, tutto ciò che il maestro diceva alle persone veniva detto
pubblicamente con un tono di voce che potesse essere ben udito anche
dagli altri partecipanti."
[fine citazione]

Come sopra. Ma c'era davvero tutta questa gente che, pur vergognandosi
atrocemente, continuava a venire ai seminari?

[inizio citazione]
"I partecipanti si accomodavano per terra su un asciugamano o una
copera che dovevano portarsi dietro."
[fine citazione]

Non ho capito se "che dovevano portarsi dietro" è da opporsi a "Vito
avrebbe dovuto lavarglielo, stirarglielo e stenderglielo lui sotto il
sedere".

[inizio citazione]
"I primi esercizi consistevano in massaggi vari ai piedi, esercizi per
sciogliere i muscoli delle gambe e delle braccia, esercizi molto
dolorosi in cui le persone dovevano fare ruotare il collo singendo la
testa in avanti, in dietro e lateralmente, in cui dovevano spingere la
testa all'indietro fino al limite del dolore e oltre (esercizio molto
gradito a tutti quelli che soffrivano di cervicale!) e che servivano,
veniva detto dal maestro, ad esplorare i propri limiti nella
sopportazione del dolore."
[fine citazione]

Sembra una descrizione delle torture medievali. Io lo chiamerei
stretching.

[inizio citazione]
"esplorare i propri limiti nella sopportazione del dolore"
[fine citazione]

Io ricordo: "insistete fino a che sentite male e appena un po'oltre"

[inizio citazione]
Si passava quindi ad una serie di esercizi di equilibrio, tipo la
"camminata zen" dove bisognava camminare muovendosi pianissimo e, al
suono del gong, bisognava immobilizzarsi nella posizione in cui si
era, non importa se con un piede sollevato nell'atto di fare un passo,
e il maestro passava di persona in persona esercitando con la mano una
pressione sullo sterno per "provare" il livello di centratura nel ki.
Chi perdeva l'equilibrio era, ovviamente, non-centrato. Chi rimaneva
in equilibrio gongolava per la sua capacità di "rimanere nel ki", il
che equivaleva a dire "rimanere nel proprio potere personale".
[fine citazione]"

Non capisco se "non importa se con un piede sollevato nell'atto di
fare un passo" deve opporsi a "avrebbero dovuto esserci comode
pantofole imbottite per appoggiare i piedi dopo la fatica di averli
alzati".

Per il resto, è un esercizio, credo, di tradizione Zen per vedere
proprio la centratura (che consiglio a tutti, si può fare a casa). A
me i maestri di tennis, sci, nuoto, ecc mi hanno sempre detto bravo (e
allora ero contento) o hai sbagliato (io ero scontento). Cosa c'è di
strano?

[inizio citazione]
Mi sembra che prima di cominciare questi esercizi, chiamati "esercizi
di centratura", il maestro spiegasse le 4 leggi del ki:
per mantenersi nel proprio ki, che equivale al centro di massa del
corpo, situato circa 2 dita sotto l'ombelico, bisogna fare le seguenti
cose, o una sola di queste o tutte insieme:
1) portare il peso in basso - sentire le gambe e i piedi pesantissimi,
come fossero piombo
2) usare solo i muscoli necessari ad una certa azione, cioè non avere
tensioni muscolari che non servono
3) mandare l'energia in una direzione, un punto preciso e mantenerlo
costante
4) portare l'attenzione nel proprio ki e mantenerla in quel punto.
Il maestro diceva: "La buona notizia è che se voi riuscite a
realizzare uno solo di questi stati, avete automaticamente anche gli
altri,; la cattiva è che se voi perdete uno di questi stati,
automaticamente perdete anche gli altri.
CUT
[fine citazione]

Infatti, per chi è interessato, sono principi interessanti.

[inizio citazione]
Fra gli esercizi di centratura c'era quello che consisteva nel
mettersi tutti in fila davanti al muro del tempio e fissare un punto
davanti a sè. Una volta che l'attenzione era concentrata su quel punto
e che si "sentiva" il flusso dell'energia personale fluire dal proprio
ki verso quel punto e indietro dal punto al proprio ki, si doveva
cominciare ad indietreggiare lentamente fino alla distanza limite in
cui si riusciva a percepire il flusso dell'energia, ossia, prima che
lo si sentisse interrompere. Più lontano si riusciva ad andare, più
forte era l'energia a disposizione. (...E che bravi, quelli che
arrivavano più lontani. Ammirevoli davvero. Un traguardo importante
per la vita. Scusate i commenti, a volte non riesco a trattenermi.
Sarà che non sono nel mio ki...).
[fine citazione]

Hai mai fatto danza? La tecnica è la stessa che usano le ballerine per
non perdere l'equilibrio quando fanno le piroette. La parola "energia"
può piacere o meno (non so neanche se era quella effettivamente
utilizzata) - si tratta della capacità è di mantenere la
concentrazione su un punto.

[inizio citazione]
La versione dolorosa di questo esercizio, che più che un esercizio mi
sembra una forma di sadismo gratuito del maestro e che anch'io, come
tanti, ho acconsentito a subire per "il bene della mia evoluzione"
consisteva nel mettersi in ginocchio in posizione di "seizàn" (scusate
la mia ignoranza ma non so come si scrive), praticamente in ginocchio
con le ginocchia vicine e la schiena ben dritta. Assicuro che già dopo
pochi secondi cominciavano a dolere le caviglie, le ginocchia, le
gambe. Poco dopo cominciavano a fare male la schiena, le spalle ed il
collo.
Mantenendo questa tremenda posizione, si doveva fissare un punto nel
muro fino al limite del dolore e, diceva il maestro, si doveva
superare quel limite e rimanere così ancora per un tempo indefinito.
Ai primi segni di cedimento, il maestro raccontava che, durante il suo
soggiorno presso un monastero zen, lui doveva fare quell'esercizio per
non so quante ore e doveva mantenere l'immobilità assoluta perchè
c'era un monaco che girava con la bacchetta e bacchettava chi si
muoveva appena.
[fine citazione]

C'è una foto qui del Zazen: http://www.humanics-es.com/zazen.jpg
Scrivendo zazen su Google si trova molto - non è certo un'invenzione
di Vito.

Io solo mi domando come Tiresia descriverebbe una giornata di sci con
il maltempo.

Il dolore dipende da quanto sei in allenamento. Poco o nulla se fai
sport, maggiore se non lo fai. Quando uno si stufava o aveva troppo
male, si sedeva. Vito lo diceva chiaramente.

[inizio citazione]
Il maestro, invece, non bacchettava nessuno con la bacchetta.
Piuttosto andava vicino a chi cominciava a dar segni di cedimento
incitandolo a mantenere la posizione, sempre con la solita solfa del
"guardarsi i propri limiti, i propri processi, il proprio inesistente
potere personale" ecc. Ho visto persone arrivare a piangere e urlare
perchè non erano riuscite a mantenere la posizione, e stiamo parlando
di signore anche già abbastanza avanti con gli anni, che venivano
schernite dal maestro con frasi tipo "fai la vittima anche nella
vita", "guarda come usi il dolore" e amenità del genere.
[fine citazione]

No, per il zazen, non mi pare proprio che dicesse queste cose.

Per quanto riguarda la mia esperienza:
[inizio citazione]
Ho visto persone arrivare a piangere e urlare perchè non erano
riuscite a mantenere la posizione, e stiamo parlando di signore anche
già abbastanza avanti con gli anni, che venivano schernite dal maestro
con frasi tipo "fai la vittima anche nella vita", "guarda come usi il
dolore" e amenità del genere.
[fine citazione]

sono balle belle e buone.

[inizio citazione]
Dopo un tempo che sembrava eterno, il maestro finalmente dichiarava
finito l'esercizio e ci si rialzava tutti belli doloranti, ma
fiduciosi di avere "esplorato il limite" sotto l'attenta guida del
maestro. (Credo che l'amico MenteAposto non esiterebbe a commentare il
limite di cosa).
[fine citazione]

Anche a me il ki training sembrava non finire mai. Come tanti
allenamenti cui mi sono sottoposto. Come le lezioni di matematica.
Come l'attesa dell'autobus quando piove.

Mi piace sentirmi bello dolorante dopo che ho faticato.

Mi piace esplorare il mio limite.

La guida di Vito, per me, è sempre stata attenta.

[inizio citazione]
Poi, una volta finiti questi esercizi di centratura, si passava a
quelli di respirazione forzata (credo che si chiami così, mi si
corregga però se il termine è un altro) mutuati dal Rebirthing.
[fine citazione]

Non sono un esperto, non so se era rebirthing o cosa. Un esercizio che
a me non ha mai detto nulla e durante il quale spesso ho dormito.
Sentivo tanti russare. Per altri so che era un'esperienza piacevole,
per altri emozionante, per altri significativa.

[inizio citazione]
I partecipanti si dovevano sdraiare sui loro asciugamani o coperte,
ricordiamolo, appoggiati sul duro asfalto del piazzale antistante il
tempio per la gioia delle schiene, e si cominciava un tipo di
respirazione che non prevede intervalli fra l'espirazione e
l'inspirazione.
[fine citazione]

E ricordiamolo! Ma chi l'ha scritto, una nonnetta di 90 anni? Dovevano
essere sdraio termiche imbottite? Alcuni si portavano (certo con le
loro stanche braccia) i materassini della palestra (non era asfalto
poi, ma piastrelle di cemento).

Scusate, non mi tengo, la mia compagna me lo diceva che i racconto di
Tiresia erano così assurdi, ma io non ci credevo: mi sembra la
relazione del club dei nati stanchi che un giorno all'anno provano un
esercizio fisico.

[inizio citazione]
In breve si finisce in iperventilazione e dopo poco subentra una
sgradevolissima reazione fisica che si chiama "tetania". La tetania è
una dolorosa contrazione dei muscoli dovuta alla massiccia e
improvvisa affluenza di ossigeno. Con la tetania si contraggono
dolorosamente i muscoli intorno alla bocca, le dita si irrigidiscono e
tendono ad unirsi, così irrigidite, verso l'interno della mano che si
contrae piegandosi verso il braccio come se venisse spinta da una
forza esterna, si contraggono i muscoli delle gambe e quelli del
torace provocando dolori intensi nella zona dello sterno.
[fine citazione]

Se questa tetania avveniva (non lo escludo), era un fatto
relativamente raro. A me non è mai capitato e ne so poco. Possiamo
approfondire.

[inizio citazione]
Man mano che l'esercizio va avanti, le persone cominciano a
contorcersi e piangere e urlare e vomitare succhi gastrici, sempre
però stoicamente continuando a respirare in modo forzato. La scena, se
qualcuno avesse la ventura di vederla come osservatore esterno,
sarebbe degna dei migliori scenari descritti nell' "Inferno" dal
nostro sommo poeta.
[fine citazione]

Come ho detto, se questa tetania si verificava, era un fenomeno
abbastanza raro. Spero che a vomitare non fosse Barbara con le sue
merendine. Ricordo, comunque nel contesto di un giardino molto
piacevole (e non nella camera di tortura che uno si immagina leggendo
o tantomeno una bolgia infernale), sì ricordo qualche pianto, forse
qualche singhiozzo e qualche malessere. Come sempre, chi voleva,
apriva gli occhi (l'ho fatto diverse volte) e interrompeva
l'esercizio.

[inizio citazione]
I dolori vengono interpretati dal maestro come vecchie memori
dell'abuso che il corpo non ha mai dimenticato e che affiorano
attraverso la "purificazione" dovuta all'immissione massiccia di
ossigeno.
Diversi partecipanti, che forse non sono molto al corrente degli
effetti squisitamente fisici di questa respirazione forzata, credono
veramente di avere mosso l'energia bloccata di eventi traumatici
ricordati dal corpo e a questo esercizio spesso seguono memorie di
abusi vari che si sarebbero subiti da bambini.
[fine citazione]

Questa storia della "purificazione", per quanto ne so, è inventata di
sana pianta da Tiresia.

Se si è parlato di abuso, non è certo sulla base di una singola
esperienza fisica. Ho scritto un post sull'abuso e su quali siano le
stime degli studiosi (con tanto di citazione).

Non mi addentro per la mia ignoranza, ma mi sembra che il senso
dell'esercizio sia diverso (non migliore, diverso). Non c'entra nulla
la purificazione.

[inizio citazione]
Dopo circa 3 quarti d'ora di respirazione, finalmente l'esercizio
finisce lasciando i malcapitati partecipanti devastati sia nel fisico
che nell'emozione. Non ci sono momenti di condivisione dell'esperienza
vissuta. Il grupppo di condivisione ci sarà più tardi, dopo colazione,
all'inizio dei "lavori".
[fine citazione]

A parte l'abile aggettivazione, i partecipanti in generale erano belli
rilassati, semmai affamati, perché Tiresia ha omesso totalmente la
fase di rilassamento, di apertura degli occhi, di ammirazione per la
natura, ecc. Certo si prestava meno alla dramatizzazione.

Non ho capito se qui la condivisione, che di solito secondo Tiresia è
deprecabile, qui invece ci doveva essere?

Che la respirazione durasse tre quarti d'ora non sono sicuro.

[inizio citazione]
Si passa quindi agli esercizi fatti con le catane di legno.
I partecipanti vengono invitati a sceglierisi un compagno con cui
lavorare e (molti col volto ancora rigato di lacrime) vanno a prendere
una catana da una delle 2 ceste poste vicino alla porta del tempio.
Il maestro spiega che la catana è il prolungamento della propria
energia e quell'esercizio serve a mettere alla prova la propria
capacità di "tagliare" con persone o situazioni "perverse".
Ci si mette uno di fronte all'altro. Si prende la misura della
distanza tenendo la catana in posizione orizzontale, ben dritta
davanti a sè, con la punta che sfiora quasi il naso dell'altro. Questo
è un esercizio piuttosto terrificante per molte persone perchè il
rischio di dare o prendere una catanata in faccia o in testa è
veramente alto, e a volte succede.
[fine citazione]

Non è così perché l'esercizio non aveva un significato di tagliare
alcunché (Tiresia si confonde), ma ancora di lavorare sulla centratura
e sulla presenza nelle cose che si fanno. Una tradizione antica, non
certo inventata da Arkeon, che si riconduce alle arti marziali.

Era ben specificato che se uno aveva un po'di pancia, la misura andava
sulla pancia e non sul naso.

[inizio citazione]
Questo è un esercizio piuttosto terrificante per molte persone perchè
il rischio di dare o prendere una catanata in faccia o in testa è
veramente alto, e a volte succede.
[fine citazione]

Lo scopo dell'esercizio è, a mio giudizio, di aiutare le persone che
hanno paura di colpire, soprattutto quelle che lo trovano terrificante
(sempre che ne abbiano voglia), ad esplorare quella parte di sè che
non esprimono.

Sul rischio veramente alto sorvolo perché parliamo di una spada di
legno, maneggiata spesso da chi la trova "terrificante" (e quindi di
spadate forte proprio non ne da) - mi ricordo un solo effettivo
contatto, dove la persona colpita non si è fatta per nulla male.

[inizio citazione]
Il maestro sottolinea che la buona riuscita dell'esercizio è legata
alla capacità di "fidarsi" dell'altro e inserisce, all'interno di
questo esercizio, un altro esercizio (a meno che non lo abbia già
fatto fare prima di passare all'esercizio delle catane). Questo
esercizio lo chiamerò "esercizio della fiducia" e lo descriverò alla
fine di quello con le catane, per non creare troppa confusione.
[fine citazione]

Confermo. Legato alla fiducia e alla relazione con l'altro. Ci sono
fior di scritti accademici, in campo di critica letteraria, sul
significato del duello, per esempio.

[inizio citazione]
Il maestro mostra rapidamente una serie di movimenti che si devono
fare maneggiando la catana per fare in modo che essa arrivi a tutta
velocità proprio davanti al naso di quello che si ha davanti,
preceduta da un urlo che dovrebbe, insieme al movimento, fare "uscire
l'energia" in direzione della punta del naso dell'altro. Chi deve
"accogliere" la catanata, se ne deve stare immobile con gli occhi
rigorosamente aperti (perchè l'esercizio si fa guardandosi dritti
negli occhi).
[fine citazione]

Quasi vero. Perché la catana doveva arrivare all'altezza della pancia;
se si fermava al naso, l'esercizio non era corretto. Non ci trovo
niente di strano.

[inizio citazione]
Come durante la maggior parte degli esercizi che si fanno durante
l'intensivo, anche qui si assiste a "processi" vari: di paura, per chi
deve accogliere la catanata, sempre di paura, per chi deve darla e ha
un residuo di buon senso ancora nella testa, ma tutti questi devono
venire superati perchè corrispondono ai vari atteggiamenti che si
hanno anche nella vita: "processo del non sapere accogliere l'energia
dell'altro", "processo del non sapere donare la propria energia
all'altro", "processo del non saper tagliare con persone o situazioni"
ecc. ecc. Chiaramente, che processo sia e di chi, lo sa il maestro ed
è lui che lo va dicendo a questo e quello.
[fine citazione]

Infatti è vero che misurarsi su questo piano aiuta a capirsi. Non in
senso assoluto, ma su tante cose. Non sono "processi", sono
atteggiamenti. Quante donne oggi fanno boxe per esprimere una rabbia
che non riescono ad esprimere altrimenti? Quanti ragazzini fanno a
spadate per capire proprio questo, per incontrarsi, per fidarsi l'uno
dell'altro e per sentirsi davvero amici?

Vito dava un feedback, aiutava a migliorarsi. Ci si dava un feedback
l'uno l'altro (spesso si faceva l'esercizio con il proprio partner
nella vita). Poi si rifletteva sulla validità dei feedback,
accogliendo i feedback utili, lasciando perdere gli altri.

[inizio citazione]
fine, tutti devono aver catanato e accolto la catanata dall'altro per
almeno 3 volte.
[fine citazione]

A me questa non risulta, ammesso che sia importante.

[inizio citazione]
Quello che ho chiamato "esercizio della fiducia" consiste nel mettersi
uno davanti all'altro ad una certa distanza. Di solito, l'esercizio
viene fatto fare a quelli che hanno una relazione di coppia, ma il
maestro può anche scegliere qualcuno che rappresenti il padre o la
madre dell'altro, secondo la sua superiore visione dei processi che si
potrebbero "muovere" nelle persone.
Quando le 2 persone hanno preso posizione, il maestro ne fa voltare
una in modo che dia le spalle all'altra. A quel punto dice a chi ha il
partner alle spalle di allargare le braccia lateralmente, fino
all'altezza delle spalle. Quando lo ha fatto, deve lasciarsi cadere
all'indietro, ovviamente senza guardare, mantenendo le braccia
allargate in modo che quello dietro lo prenda sotto le ascelle prima
che tocchi terra.
Non so se vi potete immaginare cosa può provocare questo esercizio a
livello emotivo, sia in chi lo fa che in chi lo guarda. Paura di
battere la testa (cosa che succede, a volte), paura di non essere in
grado di prendere l'altro (cosa che capita, e anche peggio, perchè ho
visto far fare l'esercizio a persone molto impari da un punto di vista
fisico: lui grande e grosso e lei minuta ed esile... il risultato era
che lui cascava addosso a lei, che ovviamente non era in grado di
sostenerlo e si facevano entrambi male). Ma se ci si rifiutava di fare
l'esercizio, il maestro cominciava a dire peste e corna sul processo
di chi non voleva farlo, mancanza di fiducia, inettitudine, fallimenti
vari e alla fine tutti capitolavano davanti a questi "svergognamenti"
pubblici. Ah, chiaramente, nessuno "veniva obbligato" verbalmente. Ma
le pressioni psicologiche del maestro e del gruppo, credete fossero
rose e fiori? Provare per credere!
[fine citazione]

Un esercizio bello. Per me non facile ma bello. La mia compagna mi ha
sempre preso. Mi pare fosse su base volontaria e che diversi non
facevano. Poi chi voleva lo faceva. Ognuno faceva il suo esercizio e
di cosa facessero gli altri non si accorgeva neppure.

[inizio citazione]
Alcune volte questo orrendo esercizio veniva spinto all'estremo dal
maestro che, dal rapporto di fiducia nei confronti dell'altro, passava
a far esplorare ai partecipanti il loro rapporto di fiducia con Dio e
li invitava a fare l'esercizio con nessuno dietro, ben sapendo che
dietro non c'era nessuno, ripeto.
Se c'era la fiducia in Dio, non ci si doveva preoccupare di niente
perchè non ci si sarebbe potuti fare male. Altrimenti, si prendeva una
craniata sul selciato che rischiava il trauma cranico. E ho visto
tanti farlo. E prendersi una craniata senza lamentarsi perchè avevano
"capito" a che punto erano col loro rapporto con Dio....
Dove lo inseriamo, questo esercizio? Nelle terapie folli o nella
sezione "sadismo" ? Mi piacerebbe avere la risposta di qualche
maestro.
[fine citazione]

L'ho sempre visto fare sull'erba (ma quale selciato?). Facendolo da
solo, una volta, ho preso una botta alla zucca perché non avevo
ascoltato che bisogna tenere il mento sul petto; passata in tre
minuti. In spiaggia è più facile, anche se è tanto che non lo faccio.
Lo facevano quelle poche persone che se la sentivano. La mia compagna
non l'ha mai voluto fare, e non l'ha mai fatto. Boh. Credo che si
faccia anche ai boyscout.

[inizio citazione]
Dopo questa serie di ameni esercizi, si andava tutti a fare
allegramente colazione. Un'oretta e la "vera" giornata di lavoro
sarebbe cominciata....
[fine citazione]

Da cui deduco che a Tiresia almeno la colazione piaceva.

articolo21

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Mar 22, 2009, 5:50:20 PM3/22/09
to parliamo di Arkeon
"Le persone, a turno, dovevano cantare il proprio nome e subito dopo,
ad un cenno del maestro, tutto il gruppo doveva ripetere il nome di
quella persona così come essa lo aveva cantato, accentuando i tratti
che potevano risultare imbarazzanti, tipo la voce un po' tremolante, o
flebile, o stonata o quant'altro, creando, quindi, un sicuro imbarazzo
in chiunque, come ben spiega Carlo motivandone chiaramente il fine."

Io dico:

nella sala, era chiesto alle persone, per presentarsi, di cantare il
proprio nome, invece di dirlo.

Un momento, che ci ho messo anni a considerare piacevole. Non mi è
venuto mai in mente di non farlo perchè, se avevo scelto di andare ad
un intensivo, era per fare le attività proposte (anche se quando non
me la sentivo proprio, mi sono tirato indietro). In tanti contesti mi
sono sentito imbarazzato ad espormi. In Arkeon no, perché ho trovato
che anche la "lieve presa in giro" se c'era era proprio benevola e con
il sorriso sulle labbra. Il sicuro imbarazzo di chiunque? Io, timido,
mi sono sempre sentito accolto. Ma molti non sono timidi. In più, più
persone cantavano, più ci si rilassava: e quindi da un nome
monotonico si passava ad un gorgheggio ripetuto. Quando poi sono
capitate cantanti liriche l'imbarazzo era più per il gruppo che
ripeteva che per loro che cantavano. Ma, poi, queste cose non le fanno
pure i boyscout e gli oratori? Tutto dipende da quanto è accogliente
chi conduce e in questa fase io ho trovato totale accoglienza.

Qui si tocca un punto importante del lavoro di Vito Carlo Moccia.
Potete chiedere ad un bambino di recitare una poesia (superando spesso
un po'di vergogna) e poi prenderlo in giro: è terribile. Di solito,
infatti, impariamo a non esporci più nella vita. Ad Arkeon, il
tentativo (riuscito) di Vito era di fare proprio il contrario:
invitare il bambino a cantare la sua canzone e fargli i complimenti.
Pian piano anche ad insegnarli, e torno all'esercizio, che una presa
in giro bonaria, una piccola critica, non è una ferita, ma una cosa su
cui si può ridere insieme. E che forse è anche bene non prendere
troppo sul serio se stessi.

Poi vediamo....

"Dopo un breve sonno, i partecipanti vengono buttati giù dal letto
alle 7 senza fare colazione, ci si deve trovare nello spazio davanti
al tempio per fare ki-training."

Senza fare colazione è vero (tanti però si portavano da casa biscotti
e latte, caffé e quant'altro - niente di male, la colazione
"ufficiale" con cappucini e cornetti era offerta dopo - ogni
appartemento era dotato di una cucina, un po' spartana ma
funzionante). Il breve sonno è vero - ma c'era un generoso riposino
pomeridiano. Uno può malignarci sopra; a me viene da dire che se vado
il week-end al mare, non sto chiuso in casa tutto il giorno a dormire.
Stavamo lì pochi giorni, e il tempo, credo per volontà unanime, andava
utilizzato al meglio. Andate a fare un corso di sci a Cortina e poi mi
dite se gli orari sono lasciati alla libertà di ciascuno. A ogni corso
le sue regole: chi ha praticato sport lo sa bene. Dal letto era, mi
pare, alle 7, e una persona girava a dare la sveglia (bussando alla
porta).

"Il ki-training dura circa 2 ore e si tratta di una serie di esercizi,
prettamente fisici, che dovrebbero aiutare ad acquisire il "potere
personale"."

Mi piace il condizionale. Comunque, gli esercizi sono simili a quelli
dell'Aikido. Il che può piacere o meno. Basta documentarsi sull'Aikido
per vedere la straordinaria efficacia. Era parte dell'approccio.

"Fare il ki-training era assolutamente obbligatorio e chi arrivava in
ritardo o non si presentava, veniva ripreso in modo diretto o
indiretto dal maestro che sottolineava la sua "mancanza di impegno" o
simili facendogli fare una figuraccia davanti al gruppo."

Questa poi. La maggior parte dei maestri non faceva il ki-training
alzandosi tardi, credo compreso Tiresia (sbagliando secondo me, ma
fatti loro). Ricordo persone che non lo facevano o arrivavano tardi o
ne saltavano una buona parte per fumare (sigarette non salvia) e
chiacchierare e mi sembra che non siano state riprese particolarmente.
Poi c'è l'aspetto caratteriale, indubbiamente: io sono permaloso, ma
se qualcuno mi dice sorridendo "ti piace dormire, eh?", la prendo
bene. Anche se qualcuno si sente figo per essere perfetto nell'orario,
sorrido anche io. C'è chi lo prende come un'offesa imperdonabile o una
figuraccia davanti al gruppo - ma sarebbe lo stesso a scuola o al
lavoro (anzi peggio). Che descrizione dell'atmosfera soggettiva dà
Tiresia, comunque! Poi c'è un'altra considerazione cioè chi
partecipava ad un intensivo formava un gruppo che arrivava con la
testa piena dei propri problemi contingenti e, per sua scelta, voleva
passare del tempo ad esplorare, insieme agli altri, le cose importanti
della vita. Avete mai partecipato ad un gruppo di lavoro (non di
ricerca personale, ma professionale)? Provate a vedere come funzionano
quelli che vengono a una riunione sì e tre no. Non sanno di cosa si
parla, hanno altro per la testa, rallentano il progresso. Per cui,
alla fine, come accadeva, chi saltava qualche attività lo faceva poche
volte; oppure è accaduto più volte, se ne è andato. Insomma se un
gruppo fa un corso di sci insieme per una settimana, non è che si può
saltare una lezione su due. Perché poi sulla pista nera si fa perdere
del tempo a tutti. Da cui l'incoraggiamento a partecipare - sempre
fatto con cortesia e lasciando la massima libertà (quante volte mi
sono chiesto dov'è X?).

keyse...@gmail.com

unread,
Mar 23, 2009, 7:36:31 PM3/23/09
to parliamo di Arkeon
Grazie Articolo21, è interessante quello che riporti.
Non avendo mai frequentato FIRS non avevo letto queste cose.

K.S.

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> http://www.cesap.net/index.php?option=com_content&task=category&secti...

cosimo

unread,
Mar 24, 2009, 9:26:39 AM3/24/09
to parliamo di Arkeon
Interessante che una delle obiezioni o notazioni più frequenti di
Tiresia è che "si veniva ripresi dal maestro".
La troverei una cosa poco apprezzabile in una scuola materna, dove
pure avviene spesso e anche con una certa durezza se le maestre sono
un po' "ansiose".
Parlando di persone di più di trenta come nel caso di Tiresia, devo
dedurne che "la ferita" sia stata talmente forte da superare il senso
del ridicolo.

cosimo

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