Modalità: pacificazione o radicalizzazione?

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cosimo

unread,
Oct 30, 2008, 5:48:06 AM10/30/08
to parliamo del CeSAP Bari
Un altro aspetto rilevante della questione è comprendere quali siano
le modalità attivate dal Cesap-Noci, per come sono desumibili da atti
e documenti pubblici, se cioè esse siano tali da promuovere una
pacificazione tra le parti, una guarigione delle ferite, o se invece
tendano a radicalizzare le divisioni.
Preciso che questo non ha nulla a che vedere con la valutazione di
verità e/o gravità dei fatti eventualmente contestati tra le parti. La
definizione della verità giudiziaria compete infatti alla magistratura
e, quand'anche si fosse in presenza di reati, non sarebbe la verità
giudiziaria (un volta sancita) a pacificare “carnefici e vittime”, ma
la comprensione e la rielaborazione dei fatti.
Soprattutto, se si considera che in realtà collettive quasi mai tutte
le persone da una parte sono vittime e tutte quelle dall’altra sono
carnefici, è utile cercare e trovare un punto di dialogo e
comprensione tra le persone in posizioni intermedie, che aiuti tutti a
“comprendere”.
Sotto questo profilo una tentazione pericolosa è quella di praticare
la tattica “terra bruciata”, consistente nel segnalare il rischio
setta – prima di qualunque pronunciamento di un tribunale, ma solo
sulla base delle proprie convinzioni – a datori di lavoro, vicini di
casa, scuole e alberghi (per chi organizza eventi). Obiettivo
dichiarato: evitare che in attesa di un eventuale pronunciamento
definitivo di un tribunale altre vittime si producano.

Le persone che hanno frequentato seminari di Arkeon hanno fatto
esperienza diretta di questa pratica, sia come individui che come
gruppo. A questo proposito, tuttavia, desidero citare il caso di un
altro gruppo che non conosco, trovato sul sito del Cesap-Noci dove
trovo il seguente scambio.
(http://www.cesap.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1240)

Una persona che contatta il Cesap-Noci dicendo di aver capito che un
suo collega fa parte “della setta Armata Bianca” e chiedendo se debba
“continuare a tacere o iniziare a mettere in guardia alcune persone”.

La d.ssa Tinelli risponde: “Se lo ritiene, e il continuo 'predicare'
del suo collega, la infastidisce, può sicuramente informarne il vostro
datore di lavoro. E, sempre se lo ritiene, può parlare delle sue
perplessità e delle prove che ha, con le sue colleghe, affinché
consapevoli, possano poi scegliere di continuare ad ascoltare ancora
oppure no”.

Ripeto, non conosco il gruppo e non è questo il punto. Il punto è il
metodo. Rispetto a ciò, posso comprendere – se si ritiene di avere a
che fare con una setta - l’intenzione di allertare le persone su
possibili rischi, per evitare che in attesa di un eventuale
pronunciamento definitivo di un tribunale altre vittime si producano:
ciò può essere fatto con l’informazione e, in questo senso, posso
comprendere l’invito a parlare ai colleghi dando una visione diversa,
con cui essi possano confrontarsi per decidere più informati
Ciò che trovo incomprensibile e inquietante è l'invito a parlare al
datore di lavoro. Cosa dovrebbe fare? Licenziarlo? Riprenderlo? Fare
mobbing? E’ questo il modo in cui la psicologia suggerisce di
affrontare un possibile conflitto interpersonale nell’ambito
lavorativo? E il paradosso è che non viene suggerito come extrema
ratio, ma come primo passo: prima dillo al capo, poi se non basta
dillo ai colleghi.

Non so come spiegare un simile atteggiamento: incompetenza, che porta
a sottovalutare o non vedere affatto i rischi di un simile
atteggiamento? Spregiudicatezza, che porta a trovare accettabili tali
rischi perché il fine giustifica il mezzo? Arroganza, che porta ad
agire prima di confrontarmi con altri perché sono certo di non
sbagliarmi?

Cosimo

bono....@gmail.com

unread,
Oct 30, 2008, 1:49:07 PM10/30/08
to parliamo del CeSAP Bari
On 30 Ott, 10:48, cosimo <ccampidog...@libero.it> wrote:
> Un altro aspetto rilevante della questione è comprendere quali siano
> le modalità attivate dal Cesap-Noci, per come sono desumibili da atti
> e documenti pubblici, se cioè esse siano tali da promuovere una
> pacificazione tra le parti, una guarigione delle ferite, o se invece
> tendano a radicalizzare le divisioni.

CUT

In questo articolo di Lorna Goldberg (Consiglio Direttivo ICSA
http://www.icsahome.com/ ),
“Un punto di vista circa i ricordi recuperati, i terapeuti, i leader
di sette e le influenze negative”,
http://www.cesap.net/index.php?option=com_content&task=view&id=647&Itemid=58
http://www.blgoldberg.com/MEMORIES.htm vengono toccati diversi
temi, che si intrecciano tra loro.
Cito ancora una volta questo articolo perché lo ritengo un esempio
importante di un approccio che può decidere o meno la “pacificazione
o la radicalizzazione” di un percorso.
E’ un articolo che va letto interamente.
Trovo interessante e anche estremamente corretto e coraggioso da parte
della Dott.ssa Goldberg, far notare che gli specialisti possono, in
taluni casi, correre gli stessi rischi dei leaders delle sette, di
influenzare negativamente i loro clienti.
Un altro aspetto interessante qui trattato, è quello del contro-
transfert. Anche se può apparire argomento per soli iniziati, è
spiegato così bene da essere immediatamente comprensibile.


“…Le teorie dei terapeuti dei traumi ebbero una grande influenza sui
loro pazienti. Le iniziali reazioni di transfert idealizzato del
paziente, a causa delle quali il terapeuta viene visto come un esperto
onnisciente, davano ai terapeuti un enorme potere sui pazienti. Come
accade con i leader di setta, se il transfert idealizzato non viene
mai interpretato, i pazienti vengono mantenuti in una posizione di
infantilismo e dipendenza. Il “sospetto” del terapeuta dei traumi
relativo alla presenza di un abuso sessuale, basato su una varietà di
sintomi, spesso veniva espresso durante la prima seduta con un
paziente che era entrato in terapia senza alcun ricordo relativo
all’abuso.
Questa precoce diagnosi spesso veniva appoggiata da libri di auto-
aiuto, come “The Courage to Heal” (Bass and Devis, 1988) (Il coraggio
di guarire) e “Secret Survivors: Uncovering Incest and Its
Aftereffects in Women” (Blume, 1990) (Vittime segrete: la scoperta
dell’incesto e dei suoi effetti collaterali nelle donne), che i
pazienti venivano incoraggiati a leggere.

…Questi terapeuti spesso inserivano i loro pazienti in gruppi di
vittime di abusi sessuali. Analogamente alle dinamiche che si
instaurano nei gruppi settari, la pressione dei pari e la conseguente
tendenza verso l’uniformità del pensiero possono interferire con la
capacità del singolo di pensare criticamente.

…I pazienti dei terapeuti dei traumi, particolarmente quelli che erano
più ansiosi e suggestionabili, spesso accettavano il suggerimento che
si fosse verificato un abuso, perché questa diventava una semplice
risposta circa la causa di tutti i loro problemi e del loro dolore. In
questo modo, questi pazienti erano simili a coloro che venivano
reclutati con successo dalle sette.
Avere semplici risposte riguardo alle difficoltà della vita può essere
molto rassicurante. Inoltre, Brenneis, in un articolo scritto di
recente per il JAPA (JAPA: The Journal of the American Psychoanalytic
Association – Il periodico dell’associazione americana di psicoanalisi
– pubblicazione ufficiale di questa associazione. N.d.t.) ha indicato
che il paziente ansioso cerca conforto, guida e affiliazione presso la
persona che considera un esperto. La suggestione opera nell’area del
dubbio e dell’incertezza.
La forza delle convinzioni (del terapeuta) porta il paziente su un
falso percorso: conforto e guida richiedono affiliazione e
l’affiliazione richiede a sua volta un certo grado di accettazione o
di accordo con le idee del terapeuta (Brenneis, pag. 1034).

Brenneis evidenzia inoltre che in questo modo sia il terapeuta che il
paziente trovano quello che stanno cercando: il terapeuta trova la
conferma alle sue convinzioni e il paziente trova “chiarezza cognitiva
e affiliazione con una figura di autorità che lo approva” (Brenneis,
1035).

Ganaway afferma che il nuovo sistema di credenze si sostituisce ai
sintomi che avevano portato il paziente ad andare dal terapeuta. In
questo modo, mentre il paziente ottiene una nuova identità e soddisfa
un suo desiderio di affiliazione attraverso l’appartenenza ad un
gruppo di vittime di all’abuso sessuale, il terapeuta svia il paziente
dalla comprensione del vero e più complesso significato dei sintomi e
dalle difese ad essi sottostanti Ganaway, 1994).

Molti di questi pazienti possono provare una rabbia sempre più intensa
man mano che passa il tempo. Questo aumento della rabbia può essere
causato dal fatto che questi pazienti non si sentono meglio a livello
emotivo, dato che i loro reali problemi non sono stati risolti. E,
alcuni, hanno inoltre perduto il supporto fornito dalla famiglia.
Inoltre, si può verificare il fenomeno del contagio, in quanto la
rabbia del paziente viene fatta esplodere ed inasprita dalla rabbia
del terapeuta e/o da quella dei membri del gruppo. I terapeuti,
spesso, potrebbero unire la loro rabbia contro gli “abusatori” a
quella del paziente. Essi potrebbero abbandonare la loro posizione
neutrale ed incoraggiare il paziente a prendere provvedimenti contro
gli abusatori (azioni legali incluse). Questo unirsi alle azioni del
paziente contro gli abusatori, di solito rappresentati dai genitori,
era alimentato dalla reazione di controtransfert per fare in modo che
la rabbia non si riversasse sul terapeuta stesso (Hedges, L., 1994).
Tagliare la relazione con i membri della famiglia serviva anche ad
aumentare la dipendenza del paziente nei confronti del terapeuta.

Venire a conoscenza di queste vicende fu inquietante. Gli
psicoanalisti ritengono che i ricordi recuperati possono essere
ricostruzioni piuttosto che esatte riproduzioni di eventi o esperienze
del passato. Questi ricordi vengono continuamente influenzati da
fantasie, convinzioni, umori, desideri ecc. (Ganaway, 1994).

…Il paziente non ha bisogno di essere creduto (come insistevano i
terapeuti del trauma) ma ha bisogno di venire preso sul serio (Hedges,
1994)…”
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