----Messaggio originale----
Da: dibel...@gmail.com
Data: 26-mag-2014 15.03
A: <pacchett...@googlegroups.com>
Ogg: tonno sott'olio
Buongiorno, purtoppo con queste normative ogni tanto entro nel pallone. vorrei sapere se un ristorante può preparare e conservare tonno sott'olio in barattoli ovviamente chiusi e protetti per poi somministrarlo ai clienti al bisogno nell'arco dell'anno. In questo caso, se è fattibile, deve apporre la data di produzione e scadenza ??? Quanto tempo può stare ?? 6 mesi, 1 anno???--
Grazie
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Luigi,
secondo me per ristorazione si intende l’attività economica di produzione e somministrazione di pasti. Ad essa è associato un certo codice ATECO (56. xx) che esclude la fornitura di pasti non preparati per il consumo immediato o che non siano prodotti per essere consumati immediatamente o di cibo preparato che non può essere considerato un pasto (cfr. divisioni 10.xx: Industrie alimentari e 11: Industria delle bevande). Quindi sia dal punto di vista fiscale, sia igienico-sanitario devi attenerti a questo.
Puoi, naturalmente, avviare un’altra qualsiasi attività aprendo una seconda partita IVA con codice ATECO adatto (per es. lavorazione e conservazione di pesce …) e una nuova SCIA perchè non si può fare un'estensione di quella del ristorante trattandosi di aziende diverse. Non sarebbe necessario il riconoscimento CE con utilizzo dei prodotti = vendita al solo ristorante in questione.
Naturalmente con la SCIA si presume che siano presenti tutti i requisiti di igiene (strutturali e non solo) previsti dal reg. CE 853.
Giusto per completezza, cosa diversa sarebbe la produzione di conserve in un agriturismo, attività economica in cui rientra già la lavorazione di prodotti primari provenienti dall’azienda stessa anche se il caso specifico delle conserve di tonno non penso possano rientrare ..... a meno che l’azienda non comprenda un allevamento (poco probabile).
Chiedo conferma al dr Della Ciana.
AnnaNaturalmente concordo con Manlio anche per quanto riguarda la necessità del rispetto di tutti i principi di sicurezza alimentare da parte del produttore. E, in effetti, non sempre è scontato. Per mia esperienza – e spero di essere smentita - in queste piccole realtà artigianali, la possibilità che è data loro di fare lavorazioni tipo conserve è quasi vista come una garanzia che, in fondo, non ci possono essere grossi pericoli. Non so nelle altre regioni, in Calabria la legge sugli agriturismi consente di effettuare, se le quantità non superano 50 kg settimanali per ciascun prodotto, tali produzioni nella cucina stessa e questo, ancora di più, induce l’OSA a pensare che non siano necessari particolari accorgimenti e/o apparecchiature, una sorta di “benedizione” del fai da te.
Aprirei una discussione sull’argomento “responsabilità dell’OSA”: quanti di voi pensano che questo concetto sia entrato nel quotidiano e, soprattutto, che ne sia stato pienamente compreso il senso?
AnnaVorrei chiarire quanto ho affermato nel mio intervento del 27.05 poichè, rileggendolo, mi è sembrato che così come è scritto, potrebbe far sorgere dei dubbi: nel dire che non è necessario il riconoscimento (di cui al reg ce 853) del laboratorio di produzione delle conserve di tonno, ho supposto che si tratti di produzione per fornitura in minima parte al ristorante (fornitura in ragione della quale dovrebbe essere aperta questa nuova attività) e in gran parte con vendita diretta al consumatore finale (in caso contrario avrebbe veramente scarso ritorno economico).
Invece, nel caso in cui si volesse produrre per sola fornitura al ristorante e, eventualmente, ad altre aziende, sarebbe obbligatorio il riconoscimento perché verrebbe meno il requisito di marginalità che - insieme agli altri 2 - permette la deroga al riconoscimento. Infatti deve essere: fornitura di prodotti ad altro esercizio di commercio al dettaglio o di somministrazione (specificato nelle Linee guida applicative dell’853 dell’accordo stato regioni del 2009) in forma localizzata, marginale e ristretta.
Di questo argomento, d’altra parte, ne abbiamo ampiamente discusso nel gruppo in “Rivendita carne da un esercizio ad un altro” https://groups.google.com/forum/#!topic/pacchetto-igiene/URHwopTvpXQ
Saluti
Anna
Mi sono sempre trovata d’accordo con Vic, per cui tengo molto in considerazione la sua opinione.
Il gruppo serve proprio per confrontarci su argomenti che non sempre sono riportati in maniera chiara dal legislatore.
I codici ATECO, secondo me, servono per capire che si tratta, sia fiscalmente sia come autorizzazione amministrativa, di due attività economiche completamente diverse:
- Produzione di conserve = attività produttiva (artigianale o industriale)
- Ristorante = esercizio commerciale al dettaglio (preparazione e somministrazione di alimenti e bevande). Questo può fare. Non può "produrre". "Preparare" non equivale a "produrre".
La domanda è: il ristorante può fare conserve? sarebbe come se chiedessimo: un titolare di negozio di abbigliamento (quindi con SCIA “commercio al dettaglio di …”) può fare il sarto?
Penso proprio che non si possa fare [chiedete al vostro commercialista ;-) ]
Stabilito che, per produrre conserve, bisogna essere un’azienda/laboratorio
di produzione (e non un ristorante), è giusto quello che dice Vic (cioè è richiesta la sola SCIA
e non il riconoscimento 853) quando si parla di “fornitura di prodotti in forma
localizzata (provincia a province limitrofe: SI), ristretta (solo
per alcuni tipi di prodotto o solo ad alcuni tipi di esercizi: SI), marginale
(rappresenta solo una parte modesta del fatturato o se è principale,
rappresenta una piccola quantità di alimenti in termini assoluti: ?).
Io l’intendo che bisogna che ci siano tutti e tre i requisiti.
Nel caso in questione, se fosse un laboratorio per la fornitura al solo ristorante, la marginalità non so se sia tanto dimostrabile a priori.
Anna
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