NON HO PIU' TEMPO PER ESSERE MIA...
alcune riflessioni a lato di questo 8 marzo
Le Mujeres Libres per
l'8 marzo quest'anno non hanno fatto nulla. Non sono scese in piazza, non hanno
manifestato, non hanno fatto iniziative, non hanno organizzato feste.
Ma dove erano in realtà le ragazze del collettivo Mujeres Libres? Qualcuna si
affannava tra un primo e un secondo lavoro, qualcun'altra strappava momenti di
studio ad un'occupazione precaria, un'altra ancora era a casa ad attendere la
possibile chiamata dell'agenzia interinale per una sostituzione di poche ore.
Nessuna ha avuto tempo di scendere in piazza, così come nessuna ha avuto tempo
di andarsi a vedere un film o di passare un pomeriggio a fare due chiacchiere
con un'amica davanti ad un caffè.
Siamo precarie e studentesse, ovviamente per noi l'8 marzo non sarebbe stata
una data in cui fare festa; ciò che contraddistingue però quest'otto marzo da
quelli degli anni passati è l'assoluta impossibilità di conciliare la
molteplicità degli impegni lavorativi e di studio di ciascuna, riuscendo a
ritagliare uno spazio-tempo all'interno della giornata da dedicare ad
un'eventuale iniziativa politica. Perché il tempo della politica rientra nel più
grande contenitore che è il nostro tempo libero. Libero dal lavoro, libero
dallo studio, libero dalla costante ricerca di uno stipendio decente, frutto di
un collage di lavori precari, ogni giorno più difficili da mantenere.
Le nostre vite sono ormai governate da una condizione di precarietà lavorativa
e, di conseguenza, esistenziale che ci opprime. Il tempo libero non è più un
qualcosa di collocabile in modo definito all'interno della giornata o della
settimana. Il tempo libero stesso è precario, un qualcosa da sfruttare se e
quando c'è. E' culturalmente svalutato, considerato tempo perso, tempo
sottratto a quella che sembra debba essere la ragione di vita di tutti e tutte:
il lavoro (o la sua ricerca). Il tempo libero è un privilegio, non un diritto della
persona, bensì una fortuna di pochi. Il tempo libero è il rimasuglio
all'interno del quale puoi dedicarti finalmente a te stessa e a ciò che ti
interessa.
E, purtroppo per noi, il tempo della politica si colloca in questo piccolo
contenitore.
La situazione attuale fa quindi in modo che “non si abbia tempo”. La crisi, i
tagli al welfare, la
precarizzazione del mondo del lavoro, ci mettono nella condizione di una
quotidiana lotta per la
sopravvivenza che ci pone in uno stato di isolamento dove ciascuna deve
concentrare le proprie energie prima di tutto nel tentativo di assicurarsi una
continuità di reddito, la possibilità di pagarsi l'affitto,
le tasse universitarie, il ticket della
visita medica, il biglietto del bus.
Ed è così che il tempo della politica viene inevitabilmente collocato in
secondo piano, poiché la
possibilità di tentare un cambiamento è vincolata alla sopravvivenza di chi,
per quel cambiamento,
sta lottando.
Il nostro fare politica, quindi, segue dei tempi sempre meno decisi da noi. Ma
è in quei tempi, strappati ad una quotidianità feroce che corre sempre più
velocemente e che spesso ci sfugge di mano, che
possiamo ritrovarci e riappropriarci
delle nostre vite, prendere parola, puntare ad un cambiamento trasversale, che
non ci veda più schiave del lavoro, della famiglia, delle aspettative che la
società ha nei nostri confronti. E' per questo che il nostro silenzio per
l'otto marzo è stato assordante, perché avremmo voluto raccontare le nostre
vite.
Ed è così che soltanto col pensiero eravamo al fianco delle donne che nella
notte di venerdì hanno battuto le reti in Clarea, al fianco delle compagne che
a Roma presidiavano i consultori difendendoli dagli antiabortisti del Movimento
per la Vita.
Così come eravamo al fianco di tutte quelle donne che, individualmente o
collettivamente, hanno lottato, non
inserendosi all'interno di estemporanee campagne contro la violenza di genere
che ci
dividono tra donne per bene e donne per
male. Campagne ideate ad hoc per favorire questo o quello all'interno delle
elezioni e delle logiche di partito. Campagne nelle quali noi non ci
riconosciamo.
Preferiamo percorrere un percorso politico che si muova dal basso che, pur non
seguendo i tempi dell'agenda politica di movimento, ci permetta di prendere parola,
non quando vogliamo, ma
COME vogliamo. Perché ciò che vogliamo è
lottare per un radicale cambiamento.
Collettivo Femminista Mujeres Libres – Bologna