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Claudio BUZZONI

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Jan 10, 2011, 3:34:28 AM1/10/11
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Scheda tecnica: gli antociani

Gli antociani (dal greco anthos = fiore e kyáneos = blu) o antocianine sono una classe di pigmenti idrosolubili appartenente alla famiglia dei flavonoidi.

Le antocianine sono tra i più importanti gruppi di pigmenti presenti nei vegetali, e si ritrovano nei fiori e frutti così come negli arbusti e nelle foglie autunnali. Il colore delle antocianine può variare dal rosso al blu e dipende dal pH del mezzo in cui si trovano e dalla formazione di sali con metalli pesanti presenti in quei tessuti. Ad esempio, la cianina costituisce il colore di alcune dalie e del fiordaliso.

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Gli antociani sono responsabili della colorazione di frutta, ortaggi e fiori.

Le antocianine presenti in quasi tutte le piante superiori
Le antocianine sono presenti, seppur con diverse quantità, in quasi tutte le piante superiori (ma non nel cactus e in altre ancora), e si trovano specialmente nei frutti e nelle infiorescenze, ma si possono riscontrare anche su foglie e radici, molto spesso insieme ad altri pigmenti quali carotenoidi e flavonoidi. Insieme sono responsabili della colorazione delle foglie delle piante caducifoglie in autunno, quando la fotosintesi si interrompe così come la produzione di clorofilla.

Le antocianine svolgono un ruolo importante anche in piante giovani o con getti nuovi, proteggendole dai raggi ultravioletti quando la produzione di clorofilla e di cere non è ancora iniziata. A questo punto anche l’intera pianta può assumere una colorazione rosso-brunastra (come ad esempio i nuovi getti di rose in primavera), che si riduce man mano che la produzione di clorofilla inizia.

La produzione e la quantità di questi pigmenti dipendono dal tipo di pianta e da altre condizioni esterne quali natura del suolo, temperatura e luce. Alimenti ricchi in queste sostanze sono il ribes, la ciliegia, il cavolo rosso, l’uva, la fragola, il sambuco e le bacche in generale. Altri alimenti in cui gli antociani sono presenti, seppur in minor quantità, sono la banana, l’asparago, il pisello, la pera e la patata.

La colorazione di tali sostanze è così forte da mascherare spesso gli altri pigmenti.
Le antocianine sono presenti esclusivamente in piante superiori, e non si riscontrano in animali, microorganismi o piante acquatiche. Il motivo è che la biosintesi di queste sostanze richiede materiali originati solamente attraverso la fotosintesi e richiede una relativamente elevata intensità luminosa che non può essere raggiunta sott’acqua.

 


Autore:
Giambattista Pepi

Il significato nascosto della frutta

http://www.freshplaza.it/images/2011/0105/Adamo-ed-Eva.jpgSe i fiori hanno un significato a seconda della varietà o del colore, anche i frutti non sono da meno, legandosi a leggende, miti, dei ed eroi.

E’ il caso della mela il cui significato più comune è quella di tentazione e redenzione. Il tutto si lega alle due mele più famose della storia: quella che Paride dona a Venere, nella contesa con Minerva e Giunone, o quella che Eva porge ad Adamo.

Altro frutto antichissimo è la pera, dal valore positivo per la sua dolcezza. Il suo significato è benessere, simbolo di Gesù e della Vergine.

Anche la fragola compare molto spesso nei dipinti rinascimentali, perché era molto diffusa in tutta Europa. Il valore simbolico è Paradiso, incarnazione di Cristo, passione di Gesù, innocenza e umiltà.

La tradizione vuole che sia stato Alessandro Magno a portare il pesco in Europa in seguito alle sue conquiste in terra d’Armenia: da cui il significato del frutto, la pesca: verità, Trinità, salvezza.

Quanto alla noce, essendo il gheriglio racchiuso in un guscio a sua volta protetto dal mallo, il senso immediato e positivo è quello di protezione di un contenuto prezioso. Tanto che nella pittura antica viene usata come simbolo della Trinità, immagine di Cristo o anche emblema del matrimonio.

Il fico ha un doppio e opposto significato; può essere considerato come immagine di fertilità e benessere, ma anche di peccato e lussuria, fertilità, salvezza, benessere, persino albero della conoscenza del bene e del male.

Fonte: www.conipiediperterra.com

Scheda tecnica: l'invaiatura

L’invaiatura, in botanica e agronomia, è una fase fenologica della maturazione dei frutti, in corrispondenza della quale avviene il viraggio di colore dell’epicarpo.

Biochimismo
L’invaiatura è fondamentalmente associata al metabolismo della clorofilla. Prima di questa fase, la colorazione dell’epicarpo è determinata dalla clorofilla, che maschera gli altri pigmenti presenti, rappresentati dai carotenoidi.

La scomparsa del pigmento verde si accompagna, secondo le specie, ad un accumulo di carotenoidi e/o di antociani. La prevalenza di uno di questi pigmenti determina il viraggio: i carotenoidi sono, infatti, responsabili delle colorazioni variabili dal giallo al rosso-arancio, mentre gli antociani conferiscono le colorazioni che vanno dal rosso al blu.

Importanza
L’invaiatura è un indice dell’avanzamento della maturazione del frutto, tuttavia rappresenta nella generalità dei casi una fase precoce; poiché si tratta di una fase di facile individuazione, è spesso usata come parametro di riferimento, anche se non sufficiente.

Il momento in cui iniziare la raccolta in relazione all’invaiatura varia perciò secondo la specie e, nell’ambito di una singola specie agraria, secondo la cultivar: ad esempio, nel pomodoro da mensa alcuni ibridi sono raccolti e commercializzati al verde, altri, invece, a invaiatura completa.

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Pianta di pomodoro con bacche non ancora invaiate.

Olivo
Nell’olivo l’invaiatura procede con il viraggio dal verde intenso ad una colorazione finale che varia, secondo la cultivar, dal rosso porpora al nero. In una fase intermedia si può avere una colorazione giallo paglierina che corrisponde all’inizio dell’accumulo degli antociani.

Il momento della raccolta, in relazione all’invaiatura, dipende dalla destinazione del prodotto. Per le olive da mensa si fa distinzione fra lavorazione "al verde" (es. Ascolana tenera, Nocellara del Belice, Nera di Gonnos) e "al nero" (es. Bosana, Nera di Oliena, Majanica di Ferrandina).

Le olive da trasformare "al verde" vanno raccolte all’inizio dell’invaiatura, mentre quelle da trasformare "al nero" si raccolgono a invaiatura completa. In questo caso, infatti, la pigmentazione si estende anche alla polpa, requisito essenziale per questo tipo merceologico.

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Olive da olio di cultivar Nera di Gonnos (o Tonda di Cagliari) e Semidana, le prime a inizio invaiatura, le seconde non ancora invaiate.

Per le olive da olio l’invaiatura è un parametro di secondaria importanza, tuttavia è utile per individuare il momento più opportuno, perché ha una correlazione con la curva di inolizione. L’accumulo dell’olio nella polpa aumenta, in termini assoluti, nel corso della maturazione fino all’invaiatura. Dopo l’invaiatura si assiste ancora ad un incremento del tenore in olio, ma in realtà questo aumento è fittizio, in quanto dovuto ad una perdita d’acqua. Al fine di ottenere la massima produzione d’olio, le olive vanno perciò raccolte non prima dell’invaiatura.

In passato si tendeva a raccogliere le olive in una fase avanzata della maturazione, per la convinzione di ottenere una maggiore produzione: la resa in olio, in rapporto al peso delle olive, aumenta infatti anche dopo l’invaiatura. In realtà nella fase di invaiatura si verifica il maggior accumulo di componenti volatili e di polifenoli, perciò questa fase è ottimale per ottenere un olio di qualità, ricco di polifenoli e di fruttato.

Uva
Nella vite l’invaiatura ha luogo al termine dell’accrescimento, con il viraggio dal verde ad una colorazione finale che varia secondo il vitigno: nelle uve bianche la colorazione è determinata dai carotenoidi e in generale si assesta su tonalità gialle; nelle uve nere è, invece, determinata dagli antociani e si assesta su tonalità variabili dal rosso al nero.

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Uva a invaiatura completa.

Nel caso dell’uva i parametri fondamentali per la determinazione dell’epoca di raccolta sono il tenore in zuccheri riduttori (glucosio e fruttosio) e il tenore in acidi organici.

Le modificazioni che interessano questi parametri hanno luogo a partire dall’invaiatura, perciò il viraggio del colore non è un parametro sufficiente a stabilire il momento opportuno per la raccolta. Infatti, durante l’invaiatura, si verifica la traslocazione degli zuccheri dai tralci agli acini e, contemporaneamente, in una prima fase, l’accumulo di acidi organici. In una seconda fase si ha l’abbassamento del tenore in acidi e una modifica dello spettro acidico: le uve poco mature sono, infatti, relativamente più ricche in acido malico e più povere in acido tartarico. L’epoca di raccolta dipende da tipo di destinazione delle uve.

Per le uve da tavola il requisito fondamentale è l’assenza totale di acidità. È tollerato un gusto moderatamente acidulo solo per le uve precoci, in quanto considerate primizie. Poiché l’uva è un frutto a maturazione non climaterica (cioè non continua a maturare dopo essere stato colto dalla pianta), la raccolta va effettuata solo quando si raggiunge la piena maturazione e, quindi, dopo l’invaiatura.

Per le uve da vino gli indici di raccolta cambiano secondo il tipo di vinificazione. Per la vinificazione in rosso è fondamentale l’alto grado saccarometrico perciò la vendemmia si pratica in piena maturazione, ben oltre l’invaiatura, sulla base di indici di maturazione che tengono conto del tenore zuccherino e del tenore in acidi. Per la vinificazione in bianco, finalizzata a produrre vini a gradazione alcolica relativamente bassa e dotati di fruttato, è fondamentale un rapporto zuccheri/acidi moderato. In generale l’epoca ottimale di raccolta si colloca all’inizio dell’invaiatura, fase in cui il tenore in acido malico è relativamente alto.

Pomodoro
Nel Solanum lycopersicum, la pigmentazione della bacca è determinata in genere dai carotenoidi e, per la precisione, dal rapporto quantitativo fra licopene e β-carotene.
 
Secondo la varietà, la pigmentazione del pomodoro maturo varia dal giallo, in caso di accumulo di solo
β-carotene al rosso cremisi per il forte accumulo di licopene, tipico della maggior parte delle cultivar e degli ibridi. Alcune varietà possono invece presentare colorazioni violacee per l’accumulo di antociani. La pigmentazione può essere, secondo la cultivar, uniforme oppure con striature, più evidenti poco prima e durante l’invaiatura, per un maggiore accumulo del pigmento clorofilliano. La striatura può mantenersi anche in piena maturazione.

http://www.freshplaza.it/images/2011/0105/pomodoro_cuore_di_Bue.jpgSull’intensità della pigmentazione ha un ruolo non trascurabile il bilancio nutrizionale della pianta e, in particolare, la disponibilità di potassio, per cui possono esserci pigmentazioni deboli o stentate dovute ad un rapporto nutrizionale fra azoto e potassio a favore del primo oppure all’antagonismo fra calcio e potassio (nella foto a destra: pomodoro Cuore di bue – Bovaiolo dal colore più arancio che rosso).

Dopo l’invaiatura, il processo biochimico fondamentale consiste nella variazione del rapporto fra acidi organici e zuccheri a favore di questi ultimi, per cui, nel corso dell’invaiatura tende a prevalere la percezione dell’acido e diminuendo progressivamente con il procedere della maturazione.

Il pomodoro da industria va raccolto in piena maturazione, in quanto il prodotto viene rifiutato o subisce un deprezzamento se c’è una significativa percentuale di bacche immature o non uniformemente colorate.

Il pomodoro da mensa si raccoglie, secondo l’ibrido, in tre differenti fasi: prima dell’invaiatura ("a verde"), a inizio invaiatura ("rosato"), a pigmentazione completa ("a rosso").

Le esigenze di mercato, i gusti del consumatore e le caratteristiche intrinseche dell’ibrido determinano nel complesso differenti tendenze: alcune varietà sono apprezzate se la bacca è commercializzata prima dell’invaiatura o, al massimo, a inizio invaiatura e subiscono addirittura un deprezzamento a invaiatura avanzata; vanno perciò raccolte esclusivamente "a verde". Rientrano in questa tipologia, ad esempio, il "Camone".

Altre varietà sono apprezzate se la bacca è commercializzata a invaiatura completa, perciò la raccolta si esegue "a rosso". Rientrano in generale in questa categoria i pomodori del tipo "ciliegino" ("Cherrie Wonder") e quelli che si prestano alla raccolta "a grappolo" (es. "Donador", "Matador"); altre varietà sono apprezzate, secondo i gusti del consumatore, sia a basso grado di maturazione sia a maturazione piena, perciò la raccolta si effettua a vari livelli di invaiatura, dal verde al rosso (es. "Carson", "Incas", "Black Macigno", "Vemone", ecc.).


Autore:
Giambattista Pepi

 

Dove trovare gli omega-3?

Ne conosciamo i vantaggi ma non sempre sappiamo bene dove trovare gli omega-3, gli acidi grassi essenziali importantissimi per il nostro benessere. Di solito ci si limita a citare il pesce come irrinunciabile fonte di grassi nobili, oppure l’olio di oliva. Ma sono anche altre le fonti da tenere in considerazione per introdurre nella propria dieta in maniera costante questi preziosi nutrienti senza ricorrere necessariamente agli integratori.

Sono tante per esempio le verdure e le erbe che contengono buone quantità di omega-3 tra cui broccoli, cardi, borragine, che offrono anche vitamine e fibre utili per l’organismo. Inoltre anche gli oli diversi da quello d’oliva sono ricchi di omega-3: l’olio di semi di lino e quello di canola, che si possono usare anche nelle insalate.

Infine è da ricordare anche la frutta secca come noci, nocciole e mandorle. Meno ne contengono le castagne.

Fonte: www.benessereblog.it

Arsenico nell'acqua: zucca e radici riducono gli effetti tossici

Le persone che bevono acqua contenente concentrazioni naturalmente alte di arsenico possono trarre beneficio da un'alimentazione caratterizzata da grandi quantità di ravanelli, patate dolci e altri ortaggi simili. Lo rivela un recente studio condotto sugli abitanti del Bangladesh, dove il problema della contaminazione da arsenico dell'acqua potabile è molto grave.

Dalla ricerca è emerso che le persone che mangiavano grandi quantità di radici e cucurbitacee, tra cui rientrano anche le papaya verde e la zucca, avevano meno probabilità di sviluppare lesioni cutanee dopo l'esposizione ad alti livelli di arsenico, segno che probabilmente questi alimenti riducono gli effetti tossici di questa sostanza chimica.

Fonte: www.agi.it

Di Pietro Preziosa
Quale futuro per le uve da tavola italiane?

La campagna viticola 2010 è da poco conclusa e, fra i diversi argomenti tecnico- commerciali affrontati, si intende qui soffermarsi su alcuni aspetti emersi da più parti, riguardanti un areale viticolo molto ampio (dalla Puglia alla Sicilia) e che, per il grande rilievo economico, coinvolgono tutti gli attori della filiera viticola dell'uva da tavola.

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Al di là delle previsioni catastrofiche sull'impossibilità nel futuro di poter continuare a coltivare uva da tavola nel meridione d’Italia a seguito di un continuo e progressivo cambiamento climatico nelle nostre regioni (
vedi precedente articolo), una cosa è certa: nelle ultime annate, in particolar modo con le uve di seconda e terza epoca, non si riesce a garantire quella eccellenza qualitativa che aveva sempre contraddistinto le nostre produzioni.

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Cos’è cambiato in questi ultimi anni?
Quali possono essere i fattori e le variazioni immesse nel sistema produttivo dell’uva da tavola che hanno potuto interferire sui risultati qualitativi?

Si annoverano di seguito alcune tecniche ed interventi sui quali sarebbe opportuno un maggior approfondimento e riflessione, alla luce dei risvolti e dell’importante ruolo svolto nell’ambito di una produzione integrata dell’uva da tavola:

  • a) Le tecniche colturali  di allevamento della vite sono state modificate.
  • b) Le condizioni microclimatiche sono state più favorevoli allo sviluppo delle fitopatie.
  • c) Lo stato nutrizionale ed irriguo è stato modificato, con un maggior utilizzo di fertirriganti radicali e concimi fogliari.
  • d) Le metodologie di protezione sono state modificate, in barba a tutti i principi della buona pratica agricola.
  • e) Il numero dei trattamenti e gli interventi sono aumentati con riguardo ad alcune problematiche fitopatologiche.
  • f) La totalità dei protocolli di protezione, "condivisi" con gli interlocutori commerciali e GDO tedesca (che rimane il nostro più importante referente commerciale), fissano un tetto massimo di residui di principi attivi (4 o 5) e, nella maggioranza dei casi, anche una riduzione percentuale del RMA (residuo massimo ammesso) legale europeo, obbligando e costringendo indirettamente il viticoltore all’utilizzo ripetuto della stessa sostanza attiva per il medesimo problema tecnico, al fine di avere un certificato d'analisi in linea con le richieste.
  • g) Una selezione ed una cura maggiore del prodotto nelle fasi di pre- e post-raccolta, con una scelta adeguata del packaging e del condizionamento, anche con notevoli investimenti in tecnologie di frigoconservazione, per poter contare su un minimo di 60 gg. di stoccaggio della merce, senza rischiare di avere risultati insoddisfacenti.

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In merito al punto a) bisogna riconoscere che la maggior parte della vite da tavola, per non dire la totalità, viene prodotta oggi sotto coperture di film in plastica, con l’obiettivo non solo di anticipare il prodotto e/o ritardarlo, ma molto spesso per "difenderlo" dalle avversità meteorologiche.

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Mediante tale tecnica colturale, se da una parte si raggiungono e perseguono risultati degni di nota, e la peronospora non crea più problemi, d’altra parte non bisogna dimenticare che in questo nuovo ambiente "serra", specialmente se non si utilizzano adeguati film di plastica e sistemi di impianti appropriati, si creano, come al punto b), condizioni microclimatiche più favorevoli allo sviluppo di altri funghi, quali  oidio e muffe varie.

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Il viticoltore, pur di raggiungere determinati obiettivi qualitativi e quantitativi, ha affinato le tecniche nutrizionali, di cui al punto c), ricorrendo ad un utilizzo non sempre razionale di elementi nutrizionali sia per via radicale che fogliare.

Contestualmente, si è fatto un uso non adeguato di sostanze fisionutrizionali e morfogenetiche (quali giberelline e citochinine simili) che in alcuni contesti, "ingentilendo" la vegetazione, hanno reso i tessuti vegetali più facilmente aggredibili dalle fitopatie, peggiorando nel contempo anche le caratteristiche qualitative e gustative del prodotto.

Sempre in questo ambiente "serra", la tecnica colturale ha portato a bandire l’uso degli zolfi a secco, limitare quelli bagnabili, eliminare molti prodotti che agivano per contatto sulle problematiche fungine e prediligere viceversa delle sostanze attive singole e non in miscela, di cui al punto d), dimenticando le più elementari regole delle strategie antiresistenza e delle buone pratiche agricole.

Al pullulare di alcune infezioni fungine di oidio e muffa grigia, gli interventi fitoiatrici ripetuti con le stesse sostanze attive o con molecole dallo stesso meccanismo d’azione, coma ai punti e) ed f), hanno selezionato ceppi di funghi meno sensibili alle stesse sostanze e quindi "più aggressivi", con il risultato che per molti prodotti il grado d’azione e di efficacia si è notevolmente affievolito.

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Sempre nell'ambiente del vigneto sotto film plastico si continua ad utilizzare una attrezzatura (nebulizzatore, atomizzatore) con convogliatori ad aria nello stesso senso di marcia della macchina, agevolando, con lo stesso movimento dell’aria, la diffusione delle infezioni fungine e saturando con milioni e milioni di conidi ogni millimetro quadrato di superficie vegetativa della vite. 

Quale tecnica o linea di protezione può tenere a freno, in simili condizioni, lo sviluppo di questi funghi?      

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Certamente anche i migliori accorgimenti implementati nella tecnica di stoccaggio e frigoconservazione, di cui al punto g), non sempre raggiungono i risultati attesi su uve provenienti da questi ambienti "serra", le quali portano con sé potenziali infettivi di tali entità, da vanificare ogni progetto economico di esportazione.

A fronte di queste osservazioni, è necessario ed impellente rimuovere innanzitutto tutti i fattori predisponenti lo sviluppo delle infezioni fungine, cercando di non creare condizioni favorevoli al loro sviluppo, attecchimento e diffusione, con metodiche agronomiche di prevenzione - ad esempio implementando le regole più importanti di una produzione integrata con l’adozione "obbligatoria" di strategie antiresistenza - piuttosto che curarle con la pressione di agrofarmaci specifici.

Cogliamo dunque l’occasione della visibilità che FreshPlaza ci consente, al fine di raggiungere tutti gli Attori della Filiera dell’uva da tavola per comunicare loro che le suddette deduzioni sono la sintesi di alcuni lavori presentati in occasione del 22mo "Forum di Medicina Vegetale", organizzato dall’Associazione Regionale Pugliese Tecnici Ricercatori in Agricoltura e dal CRSA Basile Caramia, e svoltosi a Bari lo scorso 14 dicembre 2010.

Poiché ognuno di noi è parte lesa nei riguardi di chi "ci induce a comportamenti tecnicamente e legalmente scorretti", sollecitiamo e invitiamo tutte le parti interessate all’apertura di un immediato tavolo di confronto, per discutere su questi delicati argomenti che riguardano il futuro delle nostre produzioni di uve da tavola.

Contatti:
Dr. Agr. Pietro Preziosa
Crop management
E-mail:
pietrop...@yahoo.it

 

Scheda prodotto: la noce

Il noce (Juglans) è un genere di piante angiosperme dicotiledoni della famiglia delle Juglandaceae, comunemente note come noci. Originaria dell’Asia (pendici dell’Himalaya), è stata introdotta in Europa per i suoi frutti eduli.

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Frutti di noce

http://www.freshplaza.it/../images/2011/0110/magnifico_esemplare_di_Juglans_regia_L.jpgSono alberi decidui, con altezza compresa tra 10 e 40 metri, a foglie pennate lunghe 200-900 millimetri, con 5-25 foglioline.

Il nome del genere deriva dal latino Jovis glans (ghianda di Giove).

La specie più conosciuta è Juglans regia L., noto come noce da frutto o noce bianco (nella foto a destra, un magnifico esemplare). Diffusa in tutto il mondo, in Italia la coltura della noce da frutto, in genere promiscua, ha una certa rilevanza solo in Campania.

Caratteristiche generali
Le Juglans sono piante di grande taglia, con altezza compresa tra 10 e 40 metri. Le foglie caduche sono alterne e imparipennate. Le piante sono monoiche a sessi separati, con impollinazione anemofila.

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Foglie di noce

I fiori maschili sono raggruppati in spighe che comprendono fino a 36 stami. I fiori femminili (pistilli) sono riuniti a gruppi di 2-4, con uno stigma.

Il frutto è una drupa indeiscente a endocarpo sclerificato, contenente un solo seme con cotiledoni sviluppati e ricchi in materia grassa, chiamato noce.

Distribuzione
L’areale naturale comprende l’America settentrionale e meridionale, l’Asia e l’Europa.

http://www.freshplaza.it/images/2011/0110/esemplare_di_Juglans_Nigra_%20L.jpgSpecie
Innumerevoli sono le specie. Oltre allo Juglans regia L., noce da frutto o noce bianco, coltivato per il frutto ed il legno, possiamo annoverare in questo genere, le specie Juglans ailantifolia Carriere, originario del Giappone e dell’Asia Pacifica, usato per il frutto e per il legno, lo Juglans australis Griseb, originario del Sud America usato per il frutto, lo Juglans California S. Watson, usato per il legno e come portainnesto, lo Juglans Nigra L., noce nero, originario del Nord America usato per il legno (nella foto a sinistra, un esemplare di Juglans Nigra L. o noce nero).

Varietà
Tra le varietà di interesse generale vi sono:

http://www.freshplaza.it/images/2011/0110/noci_di_Sorrento.jpgSorrento (nella foto a destra): è la varietà più diffusa in Italia, di vigore elevato, portamento assurgente, a duplice destinazione (frutto e legno), produce frutti medi, di forma ovale, di buona qualità; la maturazione è medio-tardiva (fine settembre al Sud);

Franquette: di vigore elevato, a duplice destinazione (frutto e legno), produce frutti grossi, di forma ovale, di ottima qualità; è consigliabile al Centro-Nord e al Sud nelle zone più fredde per il suo fabbisogno di freddo;

Hartley: di vigore medio, ad una sola destinazione (da frutto), produce frutti grossi, di forma subovale, di buona qualità, è adatta bene sia al Nord che al Sud.

Altre varietà interessanti sono: Malizia, selezione di Sorrento, Feltrina, Bleggiana, Cerreto e Midland.

Il noce viene propagato sia per seme, sia per innesto, così come tutte le specie a frutto secco. Tra i portinnesti si ricordano: franchi di varietà locali ed il selvatico.

Produzione
Una pianta in piena produzione è in grado di fornire 50-70 chili di frutti; nell’impianto si raggiungono i 40 quintali ad ettaro, mentre 60-80 quintali ad ettaro negli Stati Uniti.

La raccolta dei frutti, da metà settembre a fine ottobre, è totalmente meccanizzata mediante l’uso di scuotitori, andanatrici e raccattatrici meccaniche.

In Italia, di norma, la raccolta viene fatta raccattando i frutti caduti naturalmente, o con l’ausilio di pertiche, su reti appositamente distese sotto gli alberi. I frutti sono ricchi di olio e zuccheri vengono impiegati anche nell’industria della cosmesi e farmaceutica.

Prima di essere posti in commercio, i frutti devono essere sottoposti a smallatura, per evitare l’annerimento del guscio; segue il lavaggio, per eliminare ogni residuo del mallo; quindi l’imbiancatura con anidride solforosa; poi l’essiccazione graduale allo scopo di abbassare l’umidità al 4-5%; in un momento successivo la selezione, la calibratura e, infine, il  confezionamento.

E’ possibile la conservazione a 0°C con UR (umidità relativa) di 60-75% sicura contro l’irrancidimento.

Il legno è molto pregiato, duro, compatto, resistente e di facile lavorazione.


Autore:
Giambattista Pepi

Scheda prodotto: il nocciolo

Il nocciòlo (Corylus avellana L.) è una pianta appartenente alla famiglia delle Betulaceae. Il nome del genere deriva dal greco
κορις = elmo, mentre l’epiteto specifico deriva da Avella, paese in cui è presente in quantità massicce.

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Foglie e frutti in brattee.

Descrizione
La pianta ha portamento a cespuglio o ad albero e raggiunge l’altezza di 5-7 metri
Ha foglie decidue, semplici, obovate a margine dentato.

Le infiorescenze sono unisessuali. Le maschili in amenti penduli che si formano in autunno, le femminili somigliano ad una gemma di piccole dimensioni. Ogni cultivar di nocciolo è autosterile ed ha bisogno di essere impollinata da un’altra cultivar.

Il frutto (detto nocciola o nocciolina) è avvolto da brattee da cui si libera a maturazione. Esso è commestibile ed è ricco di un olio, usato sia nell’alimentazione, sia nell’industria dei colori e in profumeria.

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Nocciole in guscio sfuse.

Distribuzione e habitat
Il suo areale spazia dall’area mediterranea a quella montana, spingendosi sino a quote intorno ai 1500 metri. Preferisce terreni calcarei, fertili, profondi.

Varietà
Vengono coltivate numerose varietà da frutto e ornamentali: tra queste ultime sono notevoli la varietà pendula, la varietà contorta, a portamento tortuoso, e la varietà fusco-rubra, a foglie porporine. È una pianta colonizzatrice che, avendo esigenze modeste in fatto di terreno e di clima, si adatta a svariate condizioni ambientali.

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Nocciola di Cuneo IGP.

In Italia, secondo produttore mondiale dopo la Turchia, il nocciolo è coltivato in modo intensivo in Piemonte, nelle Langhe (Tonda Gentile delle Langhe), nel Lazio, in provincia di Viterbo (Tonda Gentile Romana), in Campania, nelle province di Caserta principalmente nell’Alto Casertano (Tonda di Giffoni, Camponica, Mortarella, S.Giovanni), Napoli e Avellino (Mortarella, S.Giovanni, Camponica) e Salerno (Tonda di Giffoni) e, infine, in Sicilia, principalmente nella provincia di Messina, ma anche sull'Etna, sulle Madonie e nei dintorni di Piazza Armerina.

Le cultivar di riferimento sono la Tonda Gentile delle Langhe, piemontese, molto richiesta dall’industria dolciaria. Si ambienta con difficoltà fuori dalla sua area classica di coltivazione, e la Tonda di Giffoni, originaria della provincia di Salerno e adesso coltivata in varie zone della Campania e del Lazio essendo una cultivar che presenta un buonissimo ambientamento anche in zone diverse dall’area tipica di coltivazione. E’ molto richiesta dall’industria dolciaria.

http://www.freshplaza.it/images/2011/0110/nocciole_romane_DOP.jpgDa citare anche la Tonda Gentile Romana, della provincia di Viterbo (nella foto a destra, la Nocciola romana DOP).

Quindi la Mortarella e S. Giovanni, campane a frutto allungato. La Camponica, campana a frutto grosso, ottima per il consumo da tavola. In Sicilia la varietà più diffusa è la "Nostrale" o "Siciliana", ottima per la tostatura, perché esalta il suo aroma intenso.


Autore:
Giambattista Pepi

 

 

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Claudio BUZZONI

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Jan 12, 2011, 5:10:21 AM1/12/11
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Diminuiscono nel 2010 gli sprechi alimentari delle famiglie

Nell'anno 2010 sono stati buttati nel cassonetto, in media, 454 euro, pari all’8% della spesa totale effettuata, ma rispetto al 2009 la percentuale di sprechi è calata del 13,4%. E' il risultato del bilancio sugli sprechi alimentari delle famiglie condotto dall'associazione dei consumatori Adoc.

"E’ positivo che le famiglie stiano imparando a sprecare sempre meno, nel 2010 sono stati buttati nel cassonetto 454 euro contro i 515 euro del 2009, per un risparmio di 61 euro – commenta Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc – un calo complessivo del 13,4%, con punte del 17,6% durante le Feste. Nel 2009 lo spreco mensile era pari a 33 euro, lo scorso anno è sceso a 29 euro. I consumatori, complice la crisi e grazie anche ai consigli dell’Adoc, ha assunto maggiore consapevolezza, tuttavia gli sprechi rimangono alti, sono necessari ulteriori sforzi per ridurre drasticamente la percentuale di cibo sprecato da parte delle famiglie".

Secondo l’indagine dell’Adoc sono i prodotti freschi i più a rischio pattumiera.

"Il 35% dei prodotti che si buttano sono quelli freschi – continua Pileri – un calo del 2% rispetto allo scorso anno, segno che c’è maggiore attenzione al momento dell’acquisto. Tra i prodotti più sprecati troviamo il pane (19%), frutta e verdura (16%). Salgono gli sprechi dei prodotti in busta, che crescono del 2% rispetto al 2009, e degli affettati. Il motivo principale per cui si spreca è l’eccesso di acquisto generico, sebbene sia in calo del 4% in confronto con l’anno passato. Al contrario, aumentano gli sprechi dei prodotti non necessari. Infine, abbiamo rilevato un sostanziale equilibrio tra lo spreco del prodotto di marca (46%) e quello non di marca (54%)."

Per l’Adoc, molte cattive abitudini, nate anche a causa dei metodi di vendita utilizzati dai vari esercizi commerciali per rendere più abbordabile o allettante un prodotto.

"Oggi si spreca sia per comprare un prodotto richiesto dal figlio o dal nipote, magari attratto dal regalo allegato, che poi non mangia l’alimento, sia perché attirati dalle offerte promozionali, quali ad esempio il 3x2, che con l’illusione di risparmiare ci spingono all’acquisto di un quantitativo di prodotto superiore al necessario – incalza Pileri - altro problema sono le confezioni: come può ad esempio un anziano che vive solo consumare in pochi giorni un litro di latte? Le confezioni da mezzo litro ormai non esistono quasi più. Come non esistono i prodotti pronti monoporzione, che obbligano chi vive da solo a dover spendere e sprecare di più della classica famiglia di quattro persone. Considerando il crescente aumento dei nuclei famigliari singoli, è un problema che non va sottovalutato".

Fonte: www.agroalimentarenews.com

Calo inspiegabile del 96%, impollinazione a rischio
USA: dopo le api, la strage dei bombi

http://www.freshplaza.it/images/2011/0110/bombo.jpgGli indiziati sono gli stessi che provocano la moria delle api: la scarsa variabilità genetica che indebolisce il sistema immunitario della specie, i pesticidi, le onde elettromagnetiche (che potrebbero disorientare gli animali), un acaro parassita detto Varroa destructor e il riscaldamento globale, che sconquassa gli ecosistemi.

Sia come sia (ovvero, un concorso di cause) dopo le api adesso tocca ai bombi, gli insetti pelosi e ronzanti, piuttosto grossi e appariscenti (hanno una livrea di larghe bande gialle e nere) ma tutto sommato poco aggressivi che vediamo - e dovremo augurarci di vedere sempre più - volare d’estate. Sono ottimi impollinatori, grazie alle loro dimensioni, alla lunga "lingua" che succhia il nettare e anche alla frequenza del loro ronzio.

Negli Stati Uniti è una strage: meno 96 per cento negli ultimi decenni, con conseguente massimo allarme e conseguenze devastanti per l’agricoltura, settore importante nell’economia americana. Con la moria di api e bombi si registra un drastico calo dell’impollinazione delle piante selvatiche e di allevamento: tra le colture più colpite quella delle mandorle (-30%; gli Stati Uniti sono il primo produttore mondiale e avrebbero bisogno di un milione di alveari per l’impollinazione), e a seguire le colture di zucche, zucchini, avocado, broccoli, kiwi, angurie, more, fragole, mirtilli e agrumi.

Il 90% delle piante commerciali nel mondo - dalle più comuni specie di frutta e verdura ai semi di soia e di caffè, al cotone - dipendono dall'impollinazione delle api, fondamentali per aumentare le rese. I bombi sono invece preziosi per impollinare piante selvatiche come i frutti di bosco, e per i pomodori. Il segnale è dunque molto inquietante: il mercato statunitense - teme qualcuno - rischia di non essere più in grado di soddisfare la domanda orticola e di frutta della popolazione.

Sydney Cameron, entomologo dell’Università dell’Illinois, ha guidato un team che ha studiato per tre anni la distribuzione, le diversità genetiche e gli agenti patogeni che colpiscono le otto specie di bombi degli Stati Uniti. Risultato: quattro specie sono diminuite del 96%, un vero disastro - avvenuto negli ultimi vent’anni - comune all’Inghilterra. Nel Regno Unito, tre delle 25 specie di bombo sono già estinte - rileva il Centro di Ecologia e Idrologia del Regno Unito - e la metà è in netto declino. Il calo arriva anche al 70%. Quasi un suicidio biologico, per un intero sistema agricolo (e non solo).

Insieme alle api sono in grave declino anche altri impollinatori fondamentali come falene, sirfidi (simili alle vespe, hanno addome giallo e nero e si nutrono di nettare) e le "crisope", insettini verdi molto comuni d’estate, con ali trasparenti che assomigliano alle libellule: gli adulti hanno grandi occhi sporgenti, le larve mangiano gli afidi con curiose mandibole a forma di falce.

La strage di insetti utili all’agricoltura (come le coccinelle) e degli impollinatori (api, farfalle e sirfidi impollinano circa un terzo delle colture in tutto il mondo) suscita dunque un allarme mondiale. Se tutti gli insetti impollinatori del Regno Unito venissero spazzati via - scrive il Guardian - nel Regno Unito si verificherebbe un calo della produzione vegetale che costerebbe all’economia nazionale fino a 440 milioni di sterline l'anno, pari a circa il 13% del reddito agricolo del Regno Unito.

Il crollo della popolazione di api e di bombi, dunque, non è un segnale da prendere sotto gamba: in Inghilterra, per studiare il fenomeno, è stato inaugurato un programma finanziato con dieci milioni di sterline. Ma anche a livello mondiale sono molti gli scienziati che tentano di scongiurare questa gravissima minaccia per le colture: si stima che un terzo di tutto quello che mangiamo dipenda dall’impollinazione delle api. In ballo ci sono le nostre risorse alimentari e una montagna di soldi della produzione agricola globale.

Insomma, anche dalle piccole api e dai bombi dipende l’esistenza del pianeta. Serve a qualcosa ricordare la profezia attribuita ad Albert Einstein, secondo la quale nel momento in cui dovessero estinguersi le api all’umanità non resterebbero che pochi anni di vita? Agli insetti impollinatori è infatti legata una catena alimentare di importanza vitale, che arriva fino a noi e che sostiene anche uccelli selvatici e molti altri animali. Se questa catena si spezza, siamo spacciati.

Fonte: www.lastampa.it

Raccolta automatica delle amarene con un macchinario che scuote gli alberi
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Il tempo in cui i contadini si arrampicavano su lunghe scale per raccogliere le amarene  è ormai lontano. Attualmente viene utilizzato un macchinario che scuote gli alberi e fa scivolare le amarene cadute su un rullo, che le conduce a una vasca per il lavaggio.
Clicca qui per vedere il video.

Questa sarà una soluzione per prodotti non di altissima qualità in quanto la ciliegia cadendo si ammaccherebbe a meno di essere particolarmente dura cioè non a piena maturazione.

Succhi alla mela: sul Salvagente 36 prodotti a confronto

Il test in edicola col settimanale e in vendita anche on line. Quali sono i migliori.

Marta Strinati

L’immagine della frutta sulla confezione invoglia. E le comode confezioni, pronte all’uso e adatte a viaggiare anche nelle tasche dei bambini, fanno il resto. Per un bel pieno di vitamine facile da somministrare e buono da bere sono in tanti ormai a passare al supermercato,
invece di mettersi a grattugiare o centrifugare la frutta in casa, sporcando le stoviglie.
I consumi testimoniano un interesse sempre maggiore per questo comparto, che punta deciso sull’appeal salutista.

Ogni anno in Italia si bevono 12 litri procapite di succhi di frutta: uno al mese, in media. E l’offerta abbonda sugli scaffali.

Meno generosa, invece, è l’informazione sul contenuto di bottiglie e cartoni. E capire quanto resta nel succo della frutta mostrata sulla confezione è impossibile. A meno di portare tutto in laboratorio. Come ha fatto il Salvagente nel numero in edicola questa settimana (e in vendita in Pdf nel nostro negozio on line a un euro, la metà del prezzo di copertina in edicola).

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Un drink al giorno

Girando tra gli scaffali dei supermercati e dei discount il settimanale dei consumatori ha selezionato 36 prodotti a base di mela, talvolta mista ad altri frutti. Il campione include prodotti convenzionali e biologici. I ricercatori del Labs, il Laboratorio alimenti, benessere e sicurezza del dipartimento Scienza degli alimenti dell’Università Federico II di Napoli, diretto dal professor Alberto Ritieni, hanno indagato le principali caratteristiche su cui poggia l’appeal dei succhi. Il contenuto di vitamina C e quello generale degli antiossidanti, innanzitutto. Ma anche un indicatore meno noto - il cosiddetto Hmf - che rivela lo stress termico del prodotto finito, quindi, a ritroso, la qualità della materia prima e gli eventuali eccessi del trattamento industriale cui è stata sottoposta.
I risultati delle analisi sono molto diversi. Specie nel confronto fra le diverse tipologie: i succhi di frutta, i nettari e le puree.
I succhi sono composti al 100% da frutta, anche se è ormai affermata una categoria border line, come i succhi di frutta arricchiti di vitamine o il succo di pomodoro “corretto” con un po’ di zucchero. Tra i 15 prodotti analizzati dal Salvagente, 8 raggiungono un buon livello: in due casi il successo si deve all’aggiunta di vitamine, mentre gli altri sono succhi di mele da agricoltura biologica e un mix di frutta rossa. Tra i migliori soltanto un prodotto è ottenuto da succo concentrato: è realizzato sottraendo l’acqua al composto per ridurne il volume e abbattere i costi di trasporto in cisterna. Il concentrato viene poi ricostituito, con aggiunta di acqua, nello stabilimento dove viene completato e confezionato. Sia chiaro: di per sé un succo concentrato non è necessariamente scadente, ma è ottenuto attraverso una maggiore manipolazione industriale. È un fatto, però, che tra i restanti 7 succhi di frutta risultati meno ricchi di vitamine e antiossidanti, 4 sono da succo concentrato.

 

Nettare di nome

L’aggiunta alla frutta di acqua, zucchero o edulcoranti, e persino aromi e coloranti, è invece la regola nei nettari, il cui nome suona ingiustamente come una prelibatezza di bevanda preferibile al mero succo. Questa variante è la preferita dagli italiani, diversamente dal resto d’Europa dove vincono i succhi 100%. Tra i 16 nettari testati emergono molte differenze. La percentuale di frutta contenuta nella bevanda varia dal 30 al 60%.
Tenuto conto delle specificità dei nettari, 10 passano il vaglio: contengono una buona quantità di vitamine e spesso anche di frutta.
L’ultima categoria analizzata è la purea di frutta: dal lancio della più famosa Melinda sono trascorsi anni e diversi aumenti di prezzo. Ma il prodotto piace. Composte di sola frutta, racchiusa nella vaschetta di alluminio, le puree del campione analizzato dal Salvagente sono 5. E con una performance di tutto rispetto. Non si riscontra un danno termico elevato e il livello generale degli antiossidanti è buono. Meno incisivo è il contributo di vitamina C.

La tabella

Il settimanale il Salvagente, nel numero in edicola questa settimana (in vendita nel nostro negozio on line in Pdf a 1 euro) presenta un lungo test di laboratorio sul contenuto di vitamine, zuccheri e antiossidanti di 36 tra succhi, nettari e puree a base di mela. Quella che vi anticipiamo è la tabella dei nettari. Gli altri risultati, le valutazioni complete dei prodotti e i giudizi, sono pubblicati sul settimanale dei consumatori.

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Scheda prodotto: l'arancio amaro

http://www.freshplaza.it/images/2011/0111/arancio_amaro.jpgL’arancio amaro (Citrus x aurantium), anche detto Melangolo, è un ibrido del genere Citrus, che raggruppa gli agrumi. Originario della Cina, fu portato in Europa dagli Arabi nel X secolo; in Italia sembra sia stato portato dai Crociati.

Morfologia
L’arancio amaro si differenzia da quello dolce (Citrus x sinensis) per le spine più lunghe all’ascella delle foglie, per il colore più scuro delle foglie, per un profumo più intenso delle foglie e dei fiori, per la buccia più colorata e più ruvida del frutto, ma soprattutto per il particolare gusto amaro della polpa.

Storia
Gli arabi lo coltivavano fin dal IX secolo e nei primi anni del secondo millennio lo importarono in Sicilia.

Varietà
Molte sono le cultivar. Singolare è la "Bizzarria": essa presenta contemporaneamente frutti dell’arancio amaro e del limone cedrato, nonché particolari frutti bitorzoluti, gialli, arancioni e verdi, con caratteristiche di entrambe le specie.

La varietà Caniculata presenta frutti appiattiti di colore arancione dalla buccia irregolare. Nella varietà Salicefolia (a foglie di salice) le foglie sono strette e lunghe, mente i frutti sono uguali a quelli dell’arancio amaro classico.

L’arancio amaro Corniculata è una antica varietà nota in Italia fin dal XVII secolo. Presenta frutti con buccia piuttosto rugosa, polpa di sapore acido-amarognolo e con protuberanze che assomigliano a dei piccoli "corni", da cui il nome della cultivar.

Le foglie hanno un bel colore verde intenso con picciolo alato tipico, presente in tutte le cultivar di arancio amaro. Fiorisce principalmente nel periodo primaverile, ha fiori bianchi, dal profumo intenso, simili a quelli dell’arancio dolce.

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Arancio amaro della varietà Corniculata.

Coltivazione
L’arancio amaro è più robusto di quello dolce, per cui viene usato come portainnesto per tutte le nuove varietà di agrumi, e spesso anche per l’ibridazione delle varietà già note.

Usi
Oggi l’arancio amaro viene coltivato assieme a tutti gli altri agrumi, per i quali costituisce il migliore portainnesto.

I frutti si trovano raramente sul mercato, in quanto sono prevalentemente consumati dell’industria alimentare e farmaceutica.

Il frutto intero può essere utilizzato per preparare le famose marmellate e la frutta candita, la buccia viene impiegata in liquoreria (curaçao, amari).

L’industria farmaceutica utilizza soprattutto la buccia per la preparazione di vari digestivi e tonici.

http://www.freshplaza.it/images/2011/0111/olio_essenziale_di_Neroli.JPGL'olio essenziale
L’olio essenziale dell’arancia amara è un liquido etereo, giallo paglierino o arancio, ottenuto dalla scorza. Come tutti gli oli essenziali presenta un gusto amaro, è parzialmente solubile in alcol a 96° poiché è prevalentemente costituito da limonene e, a differenza dell’olio essenziale di arancia dolce, contiene linalolo e acetato di linalile. Favorisce l’appetito e la digestione. Contiene bergaptene ed altre furocumarine.

Nell’aromaterapia può assumere la funzione di rilassante o di rinfrescante, a seconda della miscelazione con altri oli. Tonifica l’apparato digerente, il sistema nervoso ed è ritenuto antidepressivo e indicato per l’insonnia e l’esaurimento nervoso.

L’essenza di zagara o neroli (nella foto a destra) è un prodotto ottenuto dai fiori. Viene usata in profumeria. Il petitgrain è ottenuto dalla distillazione delle foglie e dei piccoli rami dell’arancio amaro.

 


Autore:
Giambattista Pepi

Scheda: il comprensorio agrumicolo di Ribera

Ribera (Rivela in siciliano) è un comune di 19.587 abitanti della provincia di Agrigento.

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Panorama di Ribera.

Il nome di origini spagnole 
Il nome Ribera è una parola spagnola che si può tradurre come "bacino di un fiume" o riviera.

Territorio fertile e dal clima mite
La posizione geografica, il clima favorevole e la presenza costante di acqua, assicurata dai fiumi Verdura, Magazzolo e Platani, hanno reso molto fertili le terre del territorio di Ribera, anticamente detto Allava.

Così già nel medioevo, molti abitanti dell’antica Caltabellotta vi si recavano per coltivare, realizzando produzioni variegate: riso, cotone, grano, agrumi, mandorle, olive e numerose varietà di uva, frutta di stagione ed ortaggi.

Ribera è però una cittadina relativamente giovane, le origini si fanno risalire alla fine del XVI secolo, quando in un clima di tranquillità, dato dalla fine delle incursioni dei Turchi in Sicilia, molti contadini decisero di abbandonare le rocche fortificate e di trasferirsi in zone con terreni più fertili, molto spesso lasciandosi alle spalle i debiti contratti con i feudatari.

L’agrumicoltura: il baricentro dell’economia
L’agricoltura è il settore trainante dell’economia riberese. Nel corso degli anni sono state operate profonde trasformazioni che hanno permesso di far diventare fertili terreni un tempo incolti e scarsamente produttivi, grazie alla disponibilità di acque irrigue.

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La riserva naturale alla foce del fiume Platani.

Sono nati così i giardini che producono arance, frutta, olive, ortaggi ed altro.
Molto apprezzati i mandarini, le Clementine e Marzuddi, i limoni e, a giugno, pesche, pere ed albicocche. Altro prodotto tipico sono le fragoline. Molto apprezzato è l’olio extra vergine d’oliva.

Nel campo della produzione, il fiore all’occhiello dell’agricoltura riberese sono le
arance di Ribera DOP.

L’arancia amara venne introdotta in Sicilia dagli Arabi durante la loro dominazione; Ribera è oggi il territorio dove si riscontra una coltivazione intensiva delle arance dolci bionde. La coltivazione prevalente nel comprensorio riberese è la Washington Navel che da sola copre l’80% dell’intera superficie agrumetata, che si aggira intorno ai 4.000 ettari.

I frutti, di pezzatura medio-grossa (150-250 grammi) presentano all’estremità inferiore un ombelico (navel), da cui prendono la denominazione.

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Arance di Ribera.

La raccolta inizia a novembre e si protrae fino ad aprile. Il frutto, privo di semi, presenta tessitura media, gusto gradevolissimo e bassissima acidità. In cucina viene impiegata per la preparazione di dolci e insalate da servire come antipasto o contorno per arrosti. La buccia secca o candita è utilizzata in pasticceria.


Autore:
Giambattista Pepi

Mangiare carote rende "piu' attraenti"

Mangiare carote e susine potrebbe rendere le persone più attraenti, donando loro un aspetto più sano. Uno studio inglese ha scoperto che le persone sono attratte da coloro la cui pelle tende a un colorito ambrato.

Scienziati delle Università di St Andrews e Bristol sperano ora di incoraggiare i giovani a mangiare più frutta e verdura contenenti i pigmenti chiamati carotenoidi, i quali sono in grado di colorire la pelle nel giro di due mesi.

Il ricercatore Ian Stephen ha dichiarato: "Quello che possiamo dire per ora alla gente è: questo è come potrebbe essere il tuo aspetto in un tempo molto breve".

Fonte: www.mirror.co.uk

Le proprieta' dei mirtilli rossi

http://www.freshplaza.it/images/2011/0110/mirtillo-rosso.jpgI frutti di bosco sono deliziosi ma non sempre facilmente reperibili, almeno in quantità e a prezzi tali da poterli consumare abitualmente inserendoli nella dieta quotidiana.

L'occasione delle feste potrebbe aver reso più facile reperire prodotti meno diffusi, come i mirtilli rossi, ricchissimi di antiossidanti e vitamine.

Gli antiossidanti, ormai lo sappiamo, sono in grado di combattere i radicali liberi e la loro azione di invecchiamento delle cellule. Inoltre questi piccoli frutti rossi sono del tutto privi di grassi e hanno anche un basso apporto calorico. In questo periodo di diete post-feste è una delle scelte migliori che possiamo fare, anche perché contengono meno zuccheri rispetto ad altri tipi di frutta.

In più sono ricchi di fibre, che aiutano il transito intestinale e l’organismo a depurarsi, oltre che agire positivamente anche sul controllo di colesterolo e trigliceridi nel sangue, con l’ovvio beneficio per il sistema cardiaco.

Infine, i mirtilli rossi hanno anche potere diuretico, accelerando il metabolismo renale.

Fonte: www.benessereblog.it

Scheda prodotto: il Pomodorino del Piennolo DOP

La coltivazione del Pomodorino del Piennolo sulle falde del Vesuvio ha radici antiche e documentate. Ne parla Achille Bruni, nel 1858, nel suo "Degli ortaggi e loro coltivazione presso la città di Napoli", dove cita i pomodori a ciliegia, molto saporiti, che "si mantengono ottimi fino in primavera, purché legati in serti e sospesi alle soffitte". Un altro autore è Palmieri, che sull’annuario della Reale Scuola Superiore d’Agricoltura in Portici (attuale Facoltà di Agraria), del 1885, parla della pratica nell’area vesuviana di conservare le bacche della varietà "p’appennere" (da appendere) in luoghi ombrati e ventilati.

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Pomodorini del Piennolo del Vesuvio DOP.

Areale di produzione
L’area tipica di produzione e conservazione del Pomodorino del Piennolo coincide con l’intera estensione del complesso vulcanico del Somma-Vesuvio, includendo le sue pendici degradanti sino quasi al livello del mare. In particolare, la zona di produzione e condizionamento prevista dal disciplinare del "Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP" comprende l’intero territorio dei comuni della provincia di Napoli di Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa Di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici, Sant’Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase, e una parte del territorio di Nola.

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Piante di Pomodorini del Piennolo del Vesuvio DOP.

Descrizione
Il Pomodorino del Vesuvio viene apprezzato sul mercato sia allo stato fresco, venduto appena raccolto sui mercati locali, sia nella tipica forma conservata in appesa "al piennolo", oppure anche come conserva in vetro, secondo un’antica ricetta familiare dell’area, denominata "a pacchetelle", anch’essa contemplata nel disciplinare di produzione della DOP.

Ordinariamente la raccolta viene effettuata recidendo i grappoli interi, quando su di essi sono presenti almeno il 70% di pomodorini rossi, mentre gli altri sono in fase di maturazione. Questa antica pratica consente di poter consumare le bacche, integre e non trasformate, per tutto l’inverno successivo alla raccolta, fino a sette-otto mesi, utilizzando locali areati e senza il supporto delle moderne tecnologie di conservazione.

Le peculiarità
Le peculiarità del "Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP" sono l’elevata consistenza della buccia, la forza di attaccatura al peduncolo, l’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un prodotto a lunga conservazione, durante la quale nessuna delle sue qualità organolettiche subisce alterazioni. Tali peculiarità sono profondamente legate ai fattori pedoclimatici tipici dell’area geografica in cui il pomodorino è coltivato dove i suoli, di origine vulcanica, sono costituiti da materiale piroclastico originato dagli eventi eruttivi del complesso vulcanico Somma-Vesuvio. In quest’ambiente di elezione, la qualità del pomodorino raggiunge punte di eccellenza.

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Pomodorini del Piennolo del Vesuvio DOP rossi e gustosi.

Proprio la ricchezza in acidi organici determina la vivacità o "acidulità" di gusto, che è il carattere distintivo del pomodorino del Vesuvio. Ciò, oltre a derivare da una peculiarità genetica, è indice di un metodo di coltivazione a basso impatto ambientale e con ridotto ricorso ad acque d’irrigazione, che rende tale coltura particolarmente adatta ad un’area protetta, quale quella del Parco Nazionale del Vesuvio.

Il "Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP" per le sue qualità è un ingrediente fondamentale della cucina napoletana e campana in generale, ed ha una grande versatilità in cucina. Accanto ai tradizionali spaghetti alle vongole e agli altri frutti di mare, gli chef locali si impegnano ad utilizzarlo in tanti altri piatti, tra cui una variante alla prelibata pizza napoletana.


Autore:
Giambattista Pepi

Il carciofo italiano: un'ortiva non "minore", che avrebbe bisogno di un rilancio

 

A seguito delle richieste di alcuni lettori,abbiamo interpellato Luciano Trentini, direttore del CSO-Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara, per un approfondimento sui dati relativi al carciofo, da lui presentati in occasione del workshop "I consumi di frutta e verdura: strategie per valorizzare l’offerta di qualità", svoltosi il 15 dicembre scorso a Bologna (vedi articolo precedente).

 

I dati pongono in evidenza come nel periodo considerato (dal 2000 al 2009), le importazioni di carciofi in Italia, primo produttore al mondo, con il 35% della produzione totale, siano pressoché triplicate, superando nel 2009 le 18.000 ton. Le esportazioni, al contrario, hanno subito una forte contrazione, infatti nel medesimo periodo sono scese di oltre il 300% (fonte Istat).

 

L'analisi dei dati relativi ai consumi di carciofi che GFK ha raccolto su incarico di CSO rileva come, negli ultimi 10 anni, gli acquisti si siano notevolmente ridotti (-69%), passando da 212.000 ton del 2000 alle 65.000 del 2009.

 

Sul fronte dei prezzi pagati dal consumatore all'atto dell'acquisto si rileva che per il periodo considerato, il prezzo di questo prodotto è passato dai 2,84 euro del 2.000 ai 4,27 euro del 2009.

 

CARCIOFI - ITALIA

 

2000 2005

 2007 2008

 2009

Import (Ton)

 6.990 15.386 9.070 10.953 18.320

Export (Ton) 10.108 4.161 4.159 3.486 2.971

Acquisti al dettaglio (Ton) 212.092 144.588 117.498 81.406 64.851

Prezzo medio

al dettaglio (€/kg) 2,84 3,28 4,08 3,95 4,27

(Fonte: Import/Export - dati ISTAT / Acquisti - dati GFK)

 

"Il prodotto carciofo è il più disorganizzato d’Italia", aveva detto a dicembre Trentini, che ora puntualizza: "Il consumo del carciofo non può e non deve essere abbandonato, significherebbe non solo perdere un patrimonio produttivo tipico del territorio mediterraneo, molto importante per alcune delle principali regioni italiane produttrici, quali la Puglia, la Sicilia, la Sardegna, ma soprattutto vorrebbe dire rinunciare a un alleato della nostra salute e a una vera specialità in cucina".

 

Conosciuto e apprezzato per le sue caratteristiche salutistiche già da antichi Greci e Romani, il carciofo resta infatti un alimento insostituibile per le sue proprietà terapeutiche, medicinali e cosmetiche. "Ridiamo dunque fiducia a questa specie, vanto dell'orticoltura italiana che - ha concluso il direttore del Centro servizi ortofrutticoli - forse ha solo bisogno di una migliore organizzazione, produttiva e commerciale, e di un'adeguata comunicazione, per essere apprezzato anche dai giovani consumatori, che lo considerano oggi un prodotto scomodo".  

 

Contatti

CSO Centro Servizi Ortofrutticoli

Via Bologna, 534

Chiesuol del Fosso (FE) - Italy

Tel.: +39 0532 904511

Fax: +39 0532 904520

E-mail: in...@csoservizi.com

 

 

 

Filippine: il reddito agricolo aumenta dell'80 per cento grazie al bio
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L'agricoltura biologica non è sinonimo solo di uno stile di vita più salutare e più sicuro, ma fa aumentare anche fino al +80% il reddito agricolo. E' l'opinione del ministro filippino Jerry Dionson. Secondo lui, la resa economica derivante dell'agricoltura convenzionale è pari a circa 429 euro per ettaro, mentre quella dell'agricoltura biologica può raggiungere i 772 euro/Ha. Nell'agricoltura convenzionale, infatti, agrofarmaci e fertilizzanti assorbono una buona fetta di reddito.

 

Biodiversità in ortofrutticoltura

di S. De Pascale, G. Barbieri, M. Forlani

Presso gli archivi della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, sono conservate oltre 700 illustrazioni, interamente realizzate a mano, che raffigurano le varietà di ortaggi e frutta presenti in Italia nel secolo scorso. Alla realizzazione di questo imponente apparato iconografico, unico per numerosità e contenuti, concorsero numerosi disegnatori e pittori professionisti e dilettanti tra gli inizi e la metà del ‘900.
Le illustrazioni comprendono 154 antichi dipinti relativi all’orticoltura, materiale didattico iniziato dal prof. Francesco De Rosa, primo titolare della cattedra di Orticoltura istituita nel 1901 e tenuta dallo stesso De Rosa fino al 1927. Tale prima collezione fu successivamente arricchita da altre tavole durante il periodo del prof. Ferruccio Zago che subentrò al prof. De Rosa a partire dal gennaio 1928.
Oltre 550 tavole sono, invece, relative alla frutticoltura e furono realizzate inizialmente sotto la guida del prof. Luigi Savastano, docente dell’insegnamento di Arboricoltura dal 1884 al 1910, e successivamente incrementate dagli altri docenti, in particolare dal prof. Domenico Casella, titolare della cattedra di Arboricoltura, direttore dell'Istituto di Coltivazione Arboree della Facoltà di Agraria dell'Università di Napoli negli anni ‘60, illustre studioso di “frutta antica” e noto pomologo.
L’impegno di uno sponsor privato, Rossopomodoro, ha permesso di realizzare un archivio elettronico di queste illustrazioni di eccezionale valore artistico e naturalistico. Le illustrazioni sono state riprese con fotocamera digitale, ridefinite con l’ausilio di programmi per il fotoritocco e catalogate. Questo archivio fornisce un’attenta rappresentazione del germoplasma ortofrutticolo italiano del ‘900 e, oltre ad avere un eccezionale valore documentario nella storia della nostra agricoltura, rappresenta un importante riferimento per coloro che guardano con rinnovato interesse alle “antiche varietà”, nell’intento di preservare il grande patrimonio varietale italiano dall’erosione genetica e di recuperare a una fruizione utilitaristica le varietà della nostra tradizione.
Grazie al contributo di Rossopomodoro potremo ammirare una grande raccolta di immagini sulla “ortofrutta antica” attraverso la realizzazione di un’edizione elettronica e ipertestuale e, successivamente, l’allestimento di un museo della biodiversità dell’ortofrutticoltura presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli Federico II destinato a preservare nel tempo un patrimonio unico della cultura scientifica del Novecento italiano.
L’iniziativa sarà illustrata nel corso di un Convegno, organizzato dall’Accademia dei Georgofili Sezione Sud-Ovest, su “Biodiversità in Ortofrutticoltura: immagini e racconti” che si svolgerà presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II il 17 gennaio 2011.

 

 

Collaborazione tra Ucraina e Svizzera per stimolare il settore bio

Nei prossimi 5 anni, con la collaborazione della Svizzera, l'Ucraina investirà nello sviluppo della filiera biologica. Nel corso di una conferenza stampa è stato reso noto che questa collaborazione avrà lo scopo appunto di sviluppare ulteriormente il mercato del biologico in Ucraina.

I promotori dell'iniziativa si sono impegnati a contribuire alla crescita del settore biologico ucraino, lavorando anche al raggiungimento di una posizione commerciale di questo paese nel mondo. Allo stesso tempo, il progetto mira a ridurre la povertà dei piccoli e medi produttori e a offrire opportunità commerciali a nuovi prodotti biologici.

 

Piemonte: in 10 anni perse 15.000 aziende agricole

In 10 anni l'agricoltura piemontese ha perso 15.000 aziende. A lanciare l'allarme è Confagricoltura Torino secondo cui il settore primario sta vivendo una fase di profonda trasformazione.

In attesa del quadro che emergerà dal 6° Censimento generale dell'agricoltura (le cui rilevazioni termineranno 31 gennaio), Confagricoltura Torino concentra l'attenzione sulla situazione regionale: i dati ufficiali relativi alle imprese agricole regolarmente iscritte alle Camere di Commercio provinciali riportano al terzo trimestre 2010 un totale di 63.551 aziende, in netto calo rispetto al 2009, quando erano 64.475 (-924, pari all'1,43% in meno).

Esaminando poi i dati del 2008 si scopre che le imprese erano 66.671, mentre nel 2000 se ne contavano 78.566. Secondo Confagricoltura Torino "si riduce il numero di imprese, ma aumenta l'estensione delle stesse. Non ci sono ancora dati ufficiali consolidati relativi al 2010, tuttavia le prime anticipazioni confermano la tendenza degli ultimi anni di una diminuzione della Superficie Agricola Utilizzata frenata da un contestuale aumento delle dimensioni medie aziendali: circa 13,3 ettari in Piemonte, un valore quasi doppio rispetto alla media nazionale, ma sensibilmente inferiore alla media comunitaria, tenendo conto che il 61% delle imprese agricole e' comunque inferiore ai 5 ettari".

L'emorragia delle imprese agricole in Piemonte - per Confagricoltura - ha molteplici cause, tra cui l'anzianità dei titolari, la presenza di aziende in aree cosiddette "marginali", cioè in montagna o collina svantaggiata, il continuo aumento dei costi di produzione a fronte di redditi sempre più bassi, la mancanza di un vero piano di rilancio dell'agricoltura per competere a livello europeo.

"Come in altri settori, anche in agricoltura chi ha investito bene coglie i maggiori frutti - commenta il presidente di Confagricoltura Torino, Vittorio Viora - ciò significa che viene premiato chi ha saputo liberarsi dall'immagine stereotipata della vecchia cascina, privilegiando invece la specializzazione. Le imprese che hanno ridotto i costi di produzione puntando all'eccellenza qualitativa e cercando nuovi sbocchi commerciali si sono create una loro dimensione, riuscendo a stare sul mercato con soddisfazione".

Fonte: www.agi.it

Le arance di Rosarno vendute a Budrio
Anche così si combatte la malavita

Per combattere l'illegalità, il lavoro nero e sottopagato, per difendere gli immigrati africani "arruolati" giorno per giorno, la scelta del sindaco della cittadina in provincia di Bologna, nota per la produzione di patate di eccellenza

di RAFFAELLA COSENTINO

Le arance di Rosarno vendute a Budrio Anche così si combatte la malavita

BUDRIO - Nel comune in provincia di Bologna le associazioni hanno organizzato un gruppo d'acquisto di agrumi biologici prodotti senza lavoro nero, per dire no allo sfruttamento dei lavoratori italiani e stranieri. Ad un anno dalla rivolta degli africani contro la 'ndrangheta, Budrio, un centro di 18mila abitanti in provincia di Bologna, lancia un ponte di solidarietà verso Rosarno. Associazioni, commercianti e amministrazione comunale si sono messi insieme per realizzare una vendita di arance prodotte da una cooperativa rosarnese che utilizza solo lavoratori in regola, italiani e stranieri.

Contro l'illegalità. Sono appena partite le prenotazioni delle casse di frutta che si chiuderanno il 22 gennaio. La distribuzione avverrà dal 4 al 6 febbraio. Sono invitati a partecipare tutti i cittadini budriesi che vogliano fare un acquisto di "solidarietà ai lavoratori migranti di Rosarno e agli agricoltori calabresi per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il loro lavoro". È quanto si legge sul volantino che publicizza la vendita di agrumi biologici prodotti a Rosarno senza utilizzare lavoratori sotto-pagati alla giornata. Gli organizzatori si schierano contro "il sistema illegale, speculativo, marcio, che aumenta di sei volte il loro valore" e contro "la 'ndrangheta che controlla il mercato delle arance impedendo, anche con la violenza l'acquisto a un prezzo equo".

Diventa una scelta politica. Scegliere di comprare

una cassetta di arance al prezzo di circa dieci euro diventa una scelta politica, a favore degli agricoltori calabresi, "schiacciati da un sistema che riconosce loro compensi neanche sufficienti a ripagare le spese - spiega ancora il volantino - e dei lavoratori africani che si sono ribellati allo sfruttamento ma soprattutto alla violenza mafiosa di chi gli andava a sparare addosso o cercava di rapinarli".

Promotore è la consulta comunale. L'iniziativa è nata dopo un dibattito sui fatti del gennaio 2010 che si è tenuto lo scorso autunno nell'ambito della rassegna "Segnali di pace" promossa dalla provincia di Bologna, dal comune di Budrio e dalle associazioni locali. Promotore della vendita solidale è la Consulta comunale delle associazioni budriesi, di cui è coordinatore Giovanni Santandrea. "E' un gesto semplice e pratico che aiuti a cambiare le cose  -  spiega Santandrea  -  se la cosa andrà bene si potrà allargare, per ora è solo un'idea ma potremmo proporre una vendita stabile delle arance biologiche di Rosarno ai commercianti di qui". Semplici cittadini si sono così traformati in venditori di arance, riuscendo a superare la diffidenza iniziale dei commercianti locali, sulla base di un gesto di solidarietà, al di là della competizione di mercato.

Un aiuto ai produttori onesti. La Consulta vuole proporre anche ai partiti in seno al consiglio comunale di dare una mano nella vendita dei blocchetti di prenotazione, perché sia una scelta condivisa da tutta la città. A testimoniare l'impegno di Budrio verso i produttori onesti di Rosarno è il sindaco del comune bolognese Carlo Castelli (Pd), che ha messo a disposizione dell'iniziativa i magazzini comunali. "Abbiamo la fortuna e la ricchezza di avere tante associazioni di volontariato  -  spiega il primo cittadino  -  dobbiamo stare attaneti davanti alle forme di nuove schiavitù e di sopraffazione".

No all'indifferenza. Budrio, comune noto per la produzione di patate di eccellenza e per un avanzato distretto industriale, dice no all'indifferenza. Questo il lungo elenco delle associazioni aderenti: Budrio per la pace, Piccolo Principe, Senza Confini, Budrio Equo Solidale, Amici di Giò, Caritas San Lorenzo, Associazione Safir, Consulta comunale delle donne, Budrio Sci Club, Kaizen Diapason progetti musicali, Società corale Bellini, Notte Folk, Centro sociale La Magnolia, Famiglie accoglienti, Bocciofila Arci Canova.

 

 

Arance, limoni e frutti acidi per riattivare la circolazione e favorire la digestione

http://www.freshplaza.it/images/2011/0110/arance-limoni-e-frutti-acidi.jpgGli agrumi sono un alleato prezioso per la linea, non solo per la presenza di vitamine antiossidanti (soprattutto la C) e oli essenziali ma anche perché possiedono importanti virtù depurative e antinfiammatorie, grazie all’azione di una sessantina di polifenoli: uno di questi, l’espiridina, tonifica i vasi sanguigni, diminuendo la loro permeabilità e prevenendo la formazione di cellulite.

Avendo un’azione depurativa anche sul fegato e sul ristagno biliare, gli agrumi rossi, in particolare, contengono antocianine, le molecole che conferiscono il caratteristico pigmento rosso e sono in grado di bloccare lo sviluppo dei radicali liberi che rallentano e affaticano il metabolismo.

Infine, grazie al basso contenuto di sodio, gli agrumi sono consigliati a chi soffre di ritenzione idrica: l’importante è gustarli nei momenti giusti della giornata.

Come e quando mangiare gli agrumi:
- l'arancia a tocchetti, abbinata alle carni, riduce l'assorbimento dei grassi;
- il succo di limone, a digiuno la mattina, combatte la cellulite e la ritenzione idrica;
- far merenda con i mandarini e una fetta di pane nero, previene la voglia di dolci;
- il pompelmo a colazione migliora la digestione e sgonfia la pancia.

La spremuta di agrumi al mattino e a fine pasto, per prevenire i gonfiori
Iniziare sempre la giornata con una spremuta di arancia, limone e pompelmo e terminare il pranzo con un'abbondante spremuta di pompelmo: ecco il segreto per favorire la digestione, prevenire stipsi e fermentazioni e abbassare l'indice glicemico dei cibi che si assumono durante il pasto. Meglio però di non bere o mangiare agrumi a cena: per alcuni, risultano più difficili da digerire la sera.

Attenzione alla combinazione con i farmaci
Il pompelmo deve essere assunto con cautela solo quando si fa uso di farmaci, in particolare se si tratta di statine (anticolesterolo): è stato, infatti, rilevato che questo agrume fa raddoppiare la concentrazione del medicinale nel sangue, duplicandone anche gli effetti secondari. Tale azione è dovuta a una particolare molecola che blocca un enzima del fegato, deputato a regolare il corretto assorbimento dei medicinali.

Fonte: www.mondobenessereblog.com

Saranno finanziati progetti per il recupero, la conservazione e la diffusione di specie e piante a rischio di estinzione
La Regione Siciliana mette a bando 13 milioni di euro per la biodiversita'

Il Dipartimento Interventi Strutturali in Agricoltura dell’assessorato alle Risorse agricole e alimentari della Regione Siciliana ha emanato un bando pubblico per il finanziamento di progetti volti al recupero, alla conservazione e alla diffusione di specie e varietà di piante coltivate in Sicilia e a rischio di estinzione.

Fondi per 13 milioni di euro della Misura 214/2 azione A del PSR Sicilia
I fondi, 13 milioni di euro, provengono dal Programma per lo Sviluppo Rurale Sicilia 2007-2013, misura 214/2 azione A, che si prefigge l’obiettivo di preservare il ricco e particolare patrimonio di biodiversità siciliana.

Verranno sovvenzionati progetti per l’individuazione, la raccolta, la conservazione e la propagazione di ecotipi e varietà locali di specie agrarie.

Clicca qui per scaricare il Bando di partecipazione.
Clicca qui per scaricare le Disposizioni allegate.

I finanziamenti rivolti alla costituzione di centri per la raccolta di germoplasma
I finanziamenti riguarderanno la costituzione di centri di raccolta del germoplasma, di piantagioni per la realizzazione sia di "campi collezione", sia di produzione di piante madri di specie autoctone rare o a rischio di estinzione.

http://www.freshplaza.it/images/2011/0112/Elio_DAntrassi.jpgLa preservazione delle risorse genetiche regionali ha come obiettivo finale la diffusione sul territorio delle essenze vegetali a rischio di erosione. Pertanto, superata la fase di conservazione e riproduzione, saranno incentivate le azioni di reintroduzione delle varietà protette nelle aziende agricole della regione, accompagnate con iniziative di informazione e consulenza (nella foto a destra: Elio D’Antrassi, assessore alle Risorse agricole e alimentari).

Inoltre i risultati ottenuti dovranno essere di pubblica consultazione attraverso l’inserimento in rete, realizzando banche dati e pubblicazioni su siti web.

Bando articolati in tre sottofasi annuali nel triennio 2011-13
Il bando prevede un sistema di adesione in tre sottofasi annuali, distribuite nel triennio dal 2011 al 2013, durante la quali si potranno presentare le istanze nel periodo compreso tra il primo febbraio e il 29 aprile di ciascun anno.

Le domande di sovvenzione andranno presentate, secondo le disposizioni emanate dall’Autorità di gestione consultabili sul sito istituzionale
www.psrsicilia.it, da Enti o Istituti pubblici che svolgono attività di conservazione di germoplasma autoctono e che istituzionalmente si occupano di programmi di divulgazione e conservazione della biodiversità.

Clicca qui per scaricare il Bando di partecipazione.
Clicca qui per scaricare le Disposizioni allegate.

L'importo finanziabile pari al 100% dell'investimento per singolo beneficiario
L’importo finanziabile è pari al 100% dell’investimento e per singolo beneficiario non può superare 500.000 euro.

L’impegno al recupero e alla salvaguardia della variabilità delle specie agricole nasce dalla consapevolezza che la biodiversità siciliana è un bene pubblico costituito dall’eredità di un prezioso patrimonio genetico le cui proprietà nutritive sono molto ricercate dalle attuali tendenze affermatesi nella società e nel mercato.

L’incentivazione di produzioni di eccellenza serve, sia a proteggere la tradizione culturale ed alimentare della Sicilia, sia a creare nuovi spazi economici e di mercato da affiancare ad un comparto agricolo fortemente sorretto da logiche di globalizzazione.

Fonte: Assessorato alle Risorse agricole e alimentari della Regione Siciliana

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Claudio BUZZONI

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Jan 15, 2011, 10:10:09 AM1/15/11
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A Catania il piu' grande mercato agroalimentare del Mediterraneo

Sorgerà in un'area di circa 800 mila metri quadrati alle porte di Catania il più grande mercato del Mediterraneo, che proietterà ancor più la Sicilia nel panorama internazionale. Il Mercato agroalimentare siciliano (Maas) sarà inaugurato il prossimo 22 gennaio.

Lo ha annunciato il direttore del dipartimento Affari Internazionali della Regione siciliana, Francesco Attaguile, durante una missione in Libia a cui ha partecipato assieme al dipartimento della Pesca di Mazara del Vallo. All'inaugurazione è stato invitato anche l'ambasciatore italiano in Libia, Vincenzo Schioppa.

Fonte: www.gds.it

I consumi di frutta e verdura rimangono stagnanti, tranne la IV gamma
Italia: cambia il carrello della spesa, meno carne e pasta

La famiglia italiana continua a risparmiare anche a tavola. I consumi alimentari restano ancora una volta al palo: -0,5-0,7% nel 2010 (secondo le prime stime). Ma nello stesso tempo cambia anche il carrello della spesa: meno carne (soprattutto quella bovina), pane, pasta, ortofrutta e vino; più latte e suoi derivati, olio d'oliva, uova e prodotti di IV gamma.

E' quanto segnala la Cia-Confederazione italiana agricoltori in merito ai dati Istat su reddito e risparmi delle famiglie nel terzo trimestre del 2010. Così nell'anno appena trascorso i consumi alimentari domestici - come rileva l'Istat sulla base delle previsioni dell'Ismea - non mostrano segnali di ripresa. Gli acquisti, dopo aver chiuso il 2009 con un +0,5% sul 2008, sono risultati in leggera crescita solamente nei primi tre mesi del 2010, per poi diminuire progressivamente da aprile a dicembre.

Durante il 2010 - sottolinea la Cia - le prime stime (i dati definitivi si avranno soltanto nei prossimi mesi) parlano di una contrazione, su base tendenziale (rispetto al 2009), nella domanda di pane (-2,3%), di pasta (-2,4%), di carni bovine (-3,5%), di frutta (-0,8%), di ortaggi (-0,6%), di prodotti ittici (-1,5%), di vini e spumanti (-3,2%). Una domanda più vivace, invece, si avrà per il latte e i derivati del latte (+0,8%), in particolare i formaggi e lo yogurt. In crescita anche i consumi domestici di olio d'oliva (+1,9%), di uova (+1,6%) e dei salumi (+1,4%). Un vero e proprio exploit viene registrato dagli ortaggi di IV gamma (i freschi confezionati), che dovrebbero aumentare del 10,2%.

Bene anche i sostituti del pane (+3,8%) e i prodotti congelati e surgelati (+1%). Secondo la Cia, infine, è continuata ad aumentare la percentuale di famiglie che si sono rivolte agli hard-discount per l'acquisto di generi alimentari (pane, pasta, carne, pesce, frutta): dall'8,6 del 2006 ad oltre il 10 per cento nel 2009.

Tendenza questa che è destinata a consolidarsi nel 2010. I motivi sono riconducibili essenzialmente ai prezzi più bassi dei prodotti in vendita.

Fonte: www.agi.it

Purificare l'acqua in modo ecologico? Usate le bucce di banana!

Le bucce di banana hanno eluso qualsiasi tentativo di riutilizzo per secoli. Nell’immaginario comune sono ormai il simbolo dei rifiuti, visto che non si riesce a trovare un modo per riciclarle, ma dopo un tentativo rimasto ancora a livello sperimentale di utilizzarle per il riscaldamento domestico, ora pare siano in grado di ripulire l’acqua sporca.

Un chimico brasiliano, Milena Boniolo dell’Università Federale di São Carlos, nei pressi di São Paulo, ha fatto una scoperta che potrebbe salvare migliaia di bucce di banana dal cestino della spazzatura. Una volta essiccata e macinata in polvere, dice Boniolo, la buccia acquisisce la capacità di ripulire l’acqua inquinata.

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Milena Boniolo.

Secondo sua stessa ammissione, l’ispirazione per trovare un uso pratico alle bucce di banana le è venuta dopo averne viste così tante finire tra i rifiuti. Si stima che solo i ristoranti della sua città scartino circa quattro tonnellate di materiale ogni settimana. Se la sua tecnica fosse resa attuabile, potrebbe diventare un’alternativa a basso costo ai metodi attualmente usati dalle industrie, i quali spesso si basano su nanoparticelle magnetiche per rendere l’acqua pulita.

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Le bucce di banana sono ricche di molecole cariche negativamente, in grado di attirare efficacemente la pesante carica positiva metallica presente nell’acqua inquinata. Per ogni buccia di banana trasformata in polvere, può essere decontaminato circa il 60% dell’acqua che la attraversa. Il processo può essere ripetuto per purificare l’acqua quasi completamente.

"Ho cominciato a farlo a casa. E’ davvero facile", ha affermato la dottoressa. La scoperta è stata fatta durante la sua tesi di dottorato, ma ora spera che possa effettivamente essere utilizzata dalle industrie come metodo per eliminare gli agenti contaminanti dall’acqua.

Fonte: www.ecologiae.com

A cosa servono 30.000 fan su Facebook?
Il settore ortofrutticolo nei social media

Il numero massimo di amici che si possono inserire su una pagina del social network Facebook è 5.000; ma ci sono soggetti che ne vantano anche oltre 30.000! Per superare il limite, infatti, viene realizzata una "pagina dei fan", verso la quale gli altri utenti possono indirizzare i loro "mi piace". E' questa la formula utilizzata da molte aziende, alcune delle quali operanti nel settore ortofrutticolo.


Utilizzare i social media può portare risultati sorprendenti. E' il caso della
Stemilt. "Su Twitter avevamo inserito una nota riguardante una delle nostre nuove varietà di mela - racconta la responsabile per la comunicazione aziendale Brianna Shales - Un giornalista di una stazione televisiva locale ha visto la nota e ci ha invitato per un'intervista sulle nuove varietà di mele nello Stato di Washington. Non proprio il modo tradizionale di arrivare in tv!"


L'azienda
Sunkist, che gode di oltre 33.500 "mi piace" sulla sua pagina Facebook, impiega Gina Widjaja come manager per le campagne pubblicitarie e le relazioni pubbliche. Gina racconta: "Abbiamo lanciato una campagna attraverso Facebook per raccogliere fondi da indirizzare ad opere di beneficenza. Il risultato ci ha lasciati senza fiato. Avevamo fissato un frame temporale di mese e mezzo per raggiungere l'obiettivo di raccolta che ci eravamo prefissati, e invece sono bastati pochi giorni!"


Alan Taylor di
Pink Lady® brand Apples vede un futuro molto brillante per i media online. "Per noi, è un modo per raggiungere il nostro pubblico target ad un costo molto basso - dichiara - Dal momento che il budget per le iniziative promozionali a livello nazionale è piuttosto basso, guardiamo ai social media come la via più economica per ottenere un impatto diretto".


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E' da rilevare che i media più utilizzati dalle aziende sul web sono Facebook, Twitter e YouTube e che il marketing rivolto ai social network sia percepito come parte integrante nel piano generale di marketing e comunicazione. Alcuni scelgono di conferire le attività sui social media in outsourcing, altri le gestiscono direttamente in casa.


Brianna Shales di Stemilt commenta: "Utilizziamo i social media per creare una comunità, un luogo dove i nostri sostenitori possano confrontarsi con noi e noi con loro". Gina Widjaja della Sunkist concorda sul fatto che si tratta di una interrelazione, non di una comunicazione a senso unico: "Quando si pone un quesito o si domanda un feedback circa uno specifico prodotto, normalmente la cosa genera qualche forma di chat in tempo reale".


Interagire con i consumatori in questo modo comporta ricadute positive per l'attività di branding. Alan Taylor menziona questa strategia come una delle priorità essenziali per il marchio Pink Lady®: "Su questo fronte, siamo stati dei pionieri nell'industria melicola e ora molti seguono le nostre impronte. Siamo convinti che l'impiego dei social network continuerà a crescere nella forma di una 'conversazione di massa' tra le migliaia di fan delle nostre mele Pink Lady. E' un processo che si sta svolgendo molto rapidamente ed è come la fatidica palla di neve che rotola a valle. Stiamo parlando del fatto che ci vorranno mesi, non anni, perché l'uso dei social media divenga una prassi comune!"


Anche se alcuni percepiscono un rischio in una simile esposizione online, per il timore di ricevere anche pareri negativi, secondo Brianna Shales: "Il vantaggio dei social media sta proprio nel fatto che gli altri possono vedere come reagisci a critiche e feedback. A mio parere, la sfida più grande per la nostra azienda, come probabilmente per la maggior parte delle aziende, è proprio quella di tenersi sintonizzati sulle tendenze emergenti. Il mercato del social marketing sta crescendo rapidamente, con nuovi siti che vengono creati ogni giorno. E' molto importante poter valutare costantemente cosa funziona e cosa no. Non dico che i social media possano rimpiazzare le vendite tradizionali o le promozioni in-store, ma sono convinta che siano un eccellente strumento per informare le persone su quanto di nuovo o di unico caratterizza la tua impresa. Essendo la nostra un'azienda orientata al pubblico, i social network giocano un ruolo per comprendere come le persone - che facciano parte o meno del settore - percepiscono e valutano il nostro business".


Sul futuro dei media online per il settore ortofrutticolo, Gina Widjaja afferma: "I social media, se ci si dedica tempo e si impara ad utilizzarli saggiamente, potrebbero diventare uno strumento di promozione dei commerci ortofrutticoli o, in futuro, con l'aumento del numero di professionisti che li utilizzeranno, anche per migliorare i rapporti B2B".


La ricerca di nuove vie efficaci per il collegamento con i consumatori finali o con l'industria continuerà ad essere al centro della nostra attenzione. Continuate a seguire FreshPlaza per ulteriori articoli di approfondimento sul tema.

 

Le coppie senza figli hanno una dieta piu' equilibrata

Le coppie senza figli hanno un'alimentazione più sana rispetto alle famiglie numerose. Sembra strano, perché se si pensa a una famiglia senza figli, vengono subito in mente cene fuori, pranzi ipercalorici e colazioni a letto. Ma uno studio inglese dell’Università di Reading pubblicato sulla rivista European Review of Agricultural Economics, rivela il contrario.

Lo studio, diretto dal professor Richard Tiffin ha messo in evidenza gli elementi che influenzano di più l'alimentazione: l’età, il reddito, il livello di studi e la presenza o meno di bambini.

Nello ricerca è stato chiesto a 7.000 famiglie di registrare quotidianamente in un diario i loro consumi di cibo ed è emerso che le coppie con uno stipendio più alto consumano più frutta e verdura e che, all'aumentare dell'età, diminuisce l'apporto di grassi e zuccheri. Inoltre, le coppie senza figli consumano circa un chilo di frutta e verdura al mese, mentre quelle con prole preferiscono cereali, latticini e patate e riducono la carne.

Il professor Richard Tiffin ha così commentato il risultato della sua ricerca: "Questo conferma ciò che intuitivamente già si sa: per qualche motivo, le dinamiche che si instaurano con la presenza di un bimbo in casa peggiorano la dieta".

Fonte: www.newnotizie.it

Cinque frutti a basso indice glicemico

Frutta o non frutta? E’ questo il dilemma che affligge, da sempre, le persone con diabete, nonostante le informazioni al riguardo siano ormai approfondite. In realtà, per i diabetici la frutta non è vietata, in quanto si possono scegliere cibi a basso indice glicemico.

In generale, gli alimenti con basso indice glicemico hanno un contenuto maggiore di fibra, che favorisce il senso di sazietà. La fibra alimentare inoltre è indicata per prevenire rapide oscillazioni del livello di glucosio nel sangue: infatti, più fibra c’è, minore è il picco glicemico raggiunto dopo la digestione.

Inoltre, gli alimenti che hanno alti livelli di IG (indice glicemico) possono lasciare una certa insoddisfazione del senso di fame, che potrebbe portare a mangiare troppo.

Contrariamente alle false leggende popolari, i frutti possono dunque rientrare a pieno diritto nella dieta delle persone diabetiche, perché sono una buona fonte di fibre, di antiossidanti, e inoltre molti prodotti frutticoli presentano bassi livelli di IG.

Eccone cinque da tenere in considerazione:

Mele: una piccola mela ha un IG di 38, contiene 20 grammi di carboidrati e 4 grammi di fibra.

Ciliegie: mezza tazza di ciliegie ha un IG di 41, contiene circa 13 grammi di carboidrati, e 2 grammi di fibra.

Pere:
una pera media ha un IG di 38, contiene circa 21 grammi di carboidrati e 4 grammi di fibra.

Prugne:
una susina medio-grande ha un IG di 39, contiene 30 grammi di carboidrati e 4 grammi di fibra.

Fragole: mezza tazza di fragole ha un IG di 41, contiene circa 9 grammi di carboidrati, e 2 grammi di fibra.

fonte: www.benessereblog.it

 

 

 

Foggiano: il 90 per cento delle imprese non e' in grado di competere con nessun genere di mercato

A Foggia le cooperative crescono, non tanto per convinzione quanto per necessità. Nell’ultimo anno - sottolinea Confcooperative Puglia - ne sono sorte altre venti che portano la Capitanata ad essere la prima provincia nel Mezzogiorno per numero di aggregazioni.

Ma questa tendenza "all’emiliana" ha un suo fondamento: "Purtroppo ci si riunisce sempre più perché da soli non ce la si fa a reggere i costi della concorrenza e del mercato. E poi c’è la crisi: nell’ultimo anno decine di piccole e piccolissime imprese agricole hanno dovuto chiudere per bancarotta. Chi è riuscito a tenersi in piedi non ha potuto far altro che prendere atto di un cambiamento epocale: fare gruppo per sopravvivere, non c’è alternativa".

"La debolezza delle nostre imprese - dice Giorgio Mercuri, presidente regionale di Confcooperative - consiste proprio nella loro eccessiva frammentazione. Abbiamo in Capitanata oltre 30.000 aziende iscritte nei registri della Camera di commercio, ma il 90% di queste realtà non è in grado di competere con nessun genere di mercato. La promozione di nuovi sistemi di aggregazione produce un doppio effetto: consente di sviluppare progetti di filiera a tutto vantaggio della trasformazione agroindustriale, nostro vero tallone di Achille almeno fino a qualche anno fa".

Da quando Confcooperative ha preso a fare affiliazioni in tutta la provincia, è cresciuta di riflesso la quota di export delle imprese che mandano all’estero ogni anno migliaia di tonnellate di derrate già trasformate e confezionate.

Marchi come "Farris" (ortofrutta disidratata) o "Giardinetto" sono molto più conosciuti nei supermercati del Nord che non localmente. E una realtà come Futuragri è stata capace, due anni fa, di scardinare i delicati equilibri che vigevano da più di vent’anni sulla trasformazione del pomodoro imponendosi con uno stabilimento industriale da 500.000 quintali proprio di fronte al colosso del gruppo "AR" nell’area industriale di borgo Incoronata.

Il movimento fa perno oggi su 341 imprese cooperative per oltre 33.000 soci e conta 4870 dipendenti diretti. Dunque sarà per necessità o per convinzione, ma è in virtù di questi risultati che al sistema cooperativistico viene oggi affidata una missione epocale: far crescere finalmente il tessuto agricolo locale ancora disperso in mille rivoli.

Fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Report 2010 sullo sviluppo rurale nell'UE

La Commissione europea ha pubblicato il report 2010 sullo Sviluppo rurale nell’UE "Rural development in the European union- statistical and economic information- report 2010".

Il report completo è disponibile, solo in lingua inglese, al link
http://ec.europa.eu/agriculture/agrista/rurdev2010/ruraldev.htm. Forniamo qui di seguito un sunto dei contenuti.

Il report fornisce informazioni statistiche ed economiche, a livello nazionale e regionale, sui tre principali obiettivi della politica di Sviluppo rurale 2007-2013. Viene inoltre fornita una panoramica sul budget destinato allo Sviluppo rurale, con informazioni sul monitoring finanziario dei Psr nell’Ue-27 e nei Paesi candidati.
La politica di Sviluppo rurale mira a stabilire un quadro coerente e sostenibile per il futuro delle zone rurali europee. Col progredire delle politiche, è aumentato di pari passo anche il bisogno di avere informazioni più dettagliate sulla situazione dello Sviluppo rurale e sulle recenti evoluzioni in Europa.

Per questo motivo, la Dg Agri predispone una relazione specifica al fine di fornire, su base annua, una serie completa di informazioni sulle zone rurali e sull'attuazione della politica di Sviluppo rurale dell'Ue.

Al fine di garantire la massima pertinenza dei dati con le questioni attuali della politica di Sviluppo rurale, è stata data priorità ad una serie di indicatori comuni, che sono gli stessi del quadro comune per il monitoraggio e la valutazione (Common monitoring and evaluation framework - Cmef) dei Programmi di sviluppo rurale 2007-2013 e che sono riassumibili in tre obiettivi:

1. miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale;
2. miglioramento dell'ambiente e del paesaggio;
3. miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali e promozione della diversificazione delle attività economiche.

Le informazioni contenute nel report sono le seguenti:

- Informazioni statistiche e scientifiche sulle principali caratteristiche delle aree rurali;

- Informazioni di natura socio-economica, come livello di sviluppo economico, tasso di occupazione e disoccupazione;

- Informazioni economiche e strutturali sui vari comparti del settore agricolo, agroalimentare e forestale;

- Informazioni sulla situazione dell’ambiente (qualità delle acque, pesticidi, siti Natura 2000…);

- Informazioni sulla diversificazione e la qualità della vita nelle aree rurali (Internet, turismo, flussi migratori verso le città…);

- Informazioni amministrative sullo stato di attuazione della politica di Sviluppo rurale (valutazione delle misure dal punto di vista finanziario).

Fonte: www.aiol.it

Scheda prodotto - Il pesco

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Il pesco (
Prunus persica) è una specie dell’ordine Prunus che produce un frutto commestibile chiamato pesca.

Storia
Il pesco è un albero originario della Cina, dove fu considerato simbolo d’immortalità, ed i cui fiori sono stati celebrati da poeti, pittori e cantanti. Dall’oriente il pesco giunse al seguito delle carovane sino in Persia, da dove arrivò in Europa.

In Egitto, la pesca era sacra ad Arpocrate, dio del silenzio e dell’infanzia, tanto che ancora oggi le guance dei bambini vengono paragonate alle pesche, per la loro morbidezza e carnosità. Il frutto arrivò a Roma nel I secolo d.C. e grazie ad Alessandro Magno si diffuse in tutto il bacino del Mar Mediterraneo.

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Fiori di pesco.

Coltivazione
La coltivazione del Pesco di solito viene avviata partendo da piante già innestate di un anno di età (astoni), acquistate presso i vivaisti. Tuttavia è possibile riprodurre questa pianta attraverso il seme, anche se la qualità dei frutti sarà piuttosto imprevedibile.

Si piantano in un composto da semina "standard" nella primavera successiva a quella in cui i semi stessi sono stati prodotti, dopo avergli fatto subire un adeguato processo di vernalizzazione, in natura o in frigorifero. Senza il giusto numero di ore di freddo, infatti, i semi non germinerebbero.

Il Pesco dovrebbe essere piantato in pieno sole, in un’area moderatamente ventilata per attutire i rigori delle gelate invernali e delle arsure estive. La messa a dimora dovrebbe avvenire all’inizio dell’inverno per lasciare alle radici il tempo di prepararsi per il risveglio primaverile. I filari nelle coltivazioni dovrebbero essere ordinati sull’asse Nord - Sud.

Irrigazione
Per una crescita ottimale, il Pesco richiede un'irrigazione regolare da aumentare poco prima della raccolta dei frutti per migliorarne il gusto.

Il pesco ha una maggiore necessità di azoto rispetto ad altre piante da frutto. La concimazione azotata incide positivamente sulla resa quantitativa e sulla pezzatura dei frutti, specialmente nelle cultivar precoci. L’eventuale clorosi o una ridotta dimensione delle foglie può essere un indice della carenza azotata, perciò è consigliabile intervenire con la somministrazione di un concime organico a basso rapporto carbonio/azoto o, meglio, un concime minerale a pronto effetto (nitrati).

La concimazione ordinaria, eseguita con concimi minerali ternari (NPK) o con concimi organici, si esegue a fine inverno, prima della ripresa vegetativa, ma risultati positivi si ottengono anche con la somministrazione, prima del riposo vegetativo, di concimi ternari contenenti azoto a lento rilascio.

Durante l’attività vegetativa primaverile e la prima fase di accrescimento dei frutti può rivelarsi utile, se non necessaria, la somministrazione di quantità moderate di concimi azotati.

Le concimazioni azotate tardive, eseguite nel corso della maturazione dei frutti o nel periodo tardo estivo, hanno invece effetti negativi: nel primo caso peggiorano le qualità organolettiche dei frutti (serbevolezza, sapidità, tenore in zuccheri), nel secondo caso ostacolano il processo di lignificazione dei germogli rendendo la pianta più vulnerabile alle gelate autunnali.

Gli eccessi azotati sono da evitare perché incidono negativamente sulla qualità dei frutti e rendono la pianta più vulnerabile agli attacchi dei parassiti fungini. Più che la quantità assoluta di azoto è fondamentale il rapporto azoto-potassio nella formula di concimazione, in quanto il potassio ha un effetto compensativo nei confronti degli eccessi azotati.

Cura del frutto
Il pesco è una pianta autoimpollinante perciò ha una percentuale di allegagione elevata, che segue di norma un’abbondante fioritura.

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Una pianta fiorita di pesco.

Allo scopo di ottenere frutti di pezzatura adeguata è in genere necessario eseguire un diradamento, in modo da avere un rapporto equilibrato fra numero dei frutti e vigore vegetativo della pianta. Un eccessivo numero di pesche porta alla formazione di frutti piccoli, poveri di zuccheri e poco saporiti. Nei momenti di siccità è molto importante un’irrigazione supplementare.

Frutto
Le pesche sono carnose, succose e zuccherine, hanno la buccia di colore giallo-rossastra che può essere sottile e vellutata o liscia. La polpa è dolcissima e profumata e, secondo la varietà, può essere gialla o bianca con venature rosse più evidenti in prossimità del nocciolo che può essere aderente (pesche duracine) o non aderente (spiccagnole) alla polpa.

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Pesche autunnali rosse.

Varietà
La pelle liscia ed il nocciolo libero (non aderente alla polpa), o meno (aderente alla polpa), distinguono la pesca propriamente detta dalle altre varietà prodotte dalla specie Prunus persica.

- "Pesca gialla": polpa succosa e profumata, con nocciolo libero, o meno, e pelle vellutata (ad esempio Springcrest, Springbelle, Royal Gem, Royal Glory, Flavorcrest, Redhaven).

- "Pesca bianca": polpa bianca e filamentosa, con nocciolo aderente, o meno (ad esempio Iris rosso)

- "Nettarina" o "pescanoce" (regionale "nocepesca"): sia a polpa gialla, sia a polpa bianca, dalla pelle liscia e rossastra, con nocciolo libero, o meno, (ad esempio Sbergia, Big Top, Stark Redgold, Venus, Rita star, Maria Laura, Adriana, Indipendence, Caldesi).

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Nettarine.

- "Percoca": pesca da industria idonea alla trasformazione (ad esempio Romea, Andross, Babygold). Alcune varietà di percoca della Campania hanno la denominazione di prodotti agroalimentare tradizionale.

- "Merendella": pelle liscia e colore bianco-verde, con nocciolo libero, o meno, diffusa in Calabria.

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Pesche "Merendelle", dette in Sicilia anche Sbergi o Sbeggi.

- "Pesca saturnina" o "Pesca tabacchiera" o "platicarpa": forma schiacciata, sapore intenso (alcune accessioni diffuse in Sicilia, altre ottenute tramite incrocio come, ad esempio, Saturn e la serie Ufo).

- Pesca di Bivona o "montagnola"

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Pesche di Bivona, cultivar Agostina.

- Pesca di S. Sperate

Produzione
In Italia, la maturazione dei frutti avviene tra la prima e la seconda decade di maggio nelle zone meridionali, fino alla fine di settembre per le cultivar più tardive. In linea di massima le condizioni climatiche italiane e degli altri paesi mediterranei sono ideali per la coltivazione del pesco, che può sopportare limiti assai ampi, da minime invernali di anche -15 -18 °C fino ad ambienti subtropicali, dove il riposo invernale è alquanto limitato.

Il consumo annuo è di circa a 6,8 chili per abitante. Ogni anno, gli accordi interprofessionali fissano una data associata alle norme dei calibri, tasso di succo e peso da rispettare per poter commercializzare questi frutti. Più del 60% della produzione e commercializzazione avviene tra i mesi di luglio e agosto. Il profumo della pesca è dovuto alla combinazione di più di 80 sostanze, più o meno volatili.


Autore:
Giambattista Pepi

 

La dieta ortofrutticola anti-influenza

La prevenzione dell'influenza passa anche per la corretta alimentazione. Questo il messaggio della Coldiretti, che offre alcuni consigli dietetici.

Tra i protagonisti, menzione d'onore per le verdure di stagione "Soprattutto quelle ricche di vitamina A (spinaci, cicoria, zucca, ravanelli, zucchine, carote, broccoletti, ottimi anche cipolle e aglio possibilmente crudi per la valenza antibatterica non indifferente) perché danno il giusto quantitativo di sali minerali e vitamine antiossidanti che sono di grande aiuto per combattere le conseguenze dello stress del cambio di stagione sull'organismo".

Buoni anche i legumi, dai fagioli alle lenticchie ai ceci: il tandem ferro-fibre aiuta l'organismo a liberarsi degli eccessi delle feste, tenendo in forma l'intestino.

Capitolo frutta. La scelta deve ricadere su kiwi, arance e clementine (forzieri di vitamina C).

Fonte: www.newsfood.com

Cosi' la cucina indiana protegge dal cancro

Affidarsi alla cucina indiana, al di là dei gusti personali, può essere un buon modo per scoprire sapori nuovi, ma soprattutto per favorire la prevenzione di alcune malattie, tra cui il temuto cancro.

E' quanto sostiene il dottor Shrikanth Anant, noto per la sua attività nella ricerca contro i tumori, e professore presso l’Università del Kansas. Secondo Anant, sono gli ingredienti della nota miscela di spezie che prende il nome di Curry ad avere proprietà benefiche e anticancro. Tra questi, l’aglio, la curcuma, i peperoni, lo zafferano e lo zenzero.

Come da lui stesso affermato, il professore ha voluto esaminare gli effetti della cucina indiana partendo dalla necessita di trovare soluzioni alternative alle terapie anticancro che sortiscono molti, e spesso gravi, effetti collaterali.

Il professore è coinvolto in una ricerca sulla curcumina in sperimentazione sugli esseri umani, dopo i successi ottenuti su modello animale. Questi dati sono stati esposti durante l’Indian Science Congress tenutosi a Chennai (India) dal 3 al 7 gennaio 2011.

"Il cancro è una malattia complessa. Nessuna terapia è una pallottola di argento. Si deve lavorare su una combinazione di elementi. Stiamo cercando delle opzioni che possano rendere il trattamento più efficace", conclude Anant.

Fonte: www.lastampa.it

 

 

 

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