Graditi aiuti da tutti gli itneressati!
Una mia cliente ha ricevuto nel 2004 notificazione di una comunicazione con la quale il Ministero di appartenenza, visti numerosi atti, tra cui una nota con la quale, a detta della comunicazione stessa, si rideterminava la RIA percepita, si provvedeva al recupero di un presunto credito erariale su partita di spesa fissa (relativo alla voce stipendiale R.I.A. da lei percepiti in più rispetto a quelli spettanti).
La cliente, tuttavia, impugnato l'atto in via amministrativa e richiesto accesso ai documenti amministrativi ex L. 241/90, ha ritenuto di adire il Giudice del lavoro per impugnare il provvedimento di recupero del credito erariale per svariati motivi. Tra questi, si è sostenuto che il procedimento amministrativo a monte della richiesta del 2004 era viziato e in particolare: si eccepiva che nè la nota di cui sopra, nè i vari decreti di inquadramento economico (pur regolarmente annotati nel suo stato matricolare e vistati dalla Ragioneria di Stato) le erano mai stati regolarmente notificati. Mancava infatti agli atti (di cui è avvenuto l'accesso e l'estrazione delle copie conformi ex L. 241/90) la firma della dipendente stessa sui relativi atti.
Inoltre, il recupero veniva attuato dal 1988 e quindi secondo il mio parere oltre la prescrizione decennale da farsi decorrere almeno dal 1994 (il 2004 è l'anno in cui ella riceve il primo atto del procedimento de quo).
Buona giornata a tutti
Avv. G. Scognamiglio
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Gent.ma collega, buongiorno.
Ti scrivo in seguito alle nostre precedenti comunicazioni relative al caso per il quale mi ero permesso di richiedere il Tuo prezioso ausilio per aggiornarTi sulla vicenda in seguito alla decisione del Giudice adito e richiederTi ulteriore disponibilità per ulteriore preziosissimo e gradito aiuto.
Riassumendo la questione brevemente, premesso che in data 11.11.2004 la mia cliente riceveva dalla P.A. una comunicazione recante la data del 29.10.2004 avente ad oggetto il “recupero credito erariale costituitosi su partita di spesa fissa n. ….. del Ministero dell’Economia e Finanze”, che quest’ultima comunicazione informava l’istante che in una nota precedente, mai portata conoscenza dell’istante, si era proceduto alla rideterminazione della voce stipendiale R.I.A. dall’1.1.1988. Inoltre, si asserviva che la mia cliente avrebbe percepito dalla stessa data (1.1.1988) una retribuzione maggiore con riferimento alla R.I.A. e che, pertanto, l’Amministrazione avrebbe maturato dalla medesima data (1.1.1988) un credito erariale di complessivi € ……. In seguito, tuttavia, si dava atto che il CED (centro Elettronico di Latina) avrebbe accertato un corrispondente credito dell’istante nei confronti dell’Amministrazione di complessivi € …. che non risultava essere stato corrisposto. Il tutto avrebbe dato luogo ad una compensazione e ad un residuo debito a carico della mia cliente nei confronti della P.A. di € ….In esecuzione della predetta comunicazione, già dal mese di novembre 2004 veniva operata una trattenuta in via cautelativa dell’importo di € …mensili. A seguito di numerose richieste di accesso agli atti amministrativi e opposizioni per iscritto a quanto richiesto e a tentativo di conciliazione non andato a buon fine, la cliente decideva di adire il Giudice del lavoro (Tribunale civile) per richiedere (Ti riporto testualmente la parte del ricorso relativa alle conclusioni):
a) Accertare e dichiarare nullo, ovvero invalido, ovvero comunque inefficace il provvedimento amministrativo di “recupero credito erariale costituitosi su partita di spesa fissa n. 480592 del Ministero dell’Economia e Finanze” e, per l’effetto, condannare le resistenti amministrazioni in solido tra loro, ovvero ognuna per quanto di ragione, alla restituzione in favore della ricorrente di tutte le somme illegittimamente riscosse e percepite, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge;
b) in via subordinata e gradata, accertare e dichiarare il diritto della P.A. a recuperare le somme di cui al suindicato credito erariale prescritto per la parte antecedente la data dell’11.11.1994 e precisamente le somme riscosse coattivamente dall’1.1.1998 all’11.11.1994, in quanto maturatasi la prescrizione decennale. Per l’effetto, condannare le resistenti in solido, ovvero ognuna per quanto di ragione, alla restituzione in favore della ricorrente delle somme riscosse per il suindicato periodo;
c) Sempre in via subordinata e gradata, accertare e dichiarare dovuti in favore della ricorrente gli importi relativi agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria sul credito vantato dalla ricorrente nei confronti dell’Amministrazione di complessivi € …..
d) Condannare per l’effetto le resistenti in solido, ovvero ognuna per quanto di ragione, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dalla ricorrente a seguito del comportamento illegittimo tenuto dalle stesse resistenti nei suoi confronti, risarcimento da liquidarsi in via equitativa.
e) Condannare le resistenti in solido, ovvero ognuna per quanto di ragione, al pagamento di spese, diritti ed onorari di causa da liquidarsi in favore del sottoscritto procuratore anticipatario.
Il Giudice accoglieva solo parzialmente le domande di cui sopra e precisamente accoglieva la sola domanda relativa alla restituzione degli importi oramai prescritti, motivando come segue: dopo un breve excursus sulle linee generali dell’attuale sistema introdotto dall’art. 63, comma 1, d. lgs. 165/2001, sottolineato che “la legge ha così inteso sottolineare la distinzione tra controversia sul rapporto e controversia sull’atto” e che “Nella fattispecie oggetto di causa, si chiede la condanna delle Amministrazioni convenute alla restituzione di somme dipendenti dal rapporto di lavoro, che si assumono indebitamente riscosse a causa di vizi del provvedimento che ne disponeva il recupero forzoso” e infine che “Non è perciò decisivo, in prima battuta, il rilievo che nell’atto introduttivo del giudizio venga richiesto l’annullamento di un atto amministrativo, ove tale richiesta si ricolleghi alla tutela di una posizione di diritto soggettivo, in considerazione della dedotta inosservanza di norme di relazione da parte della P.A. È indispensabile, però, che il provvedimento amministrativo, da disapplicare incidenter tantum, si configuri come presupposto di emanazione dell’atto di gestione del rapporto di lavoro incidente sulla posizione del dipendente”, rimarcando ancora che “Tanto premesso, è sufficiente la lettura dell’atto introduttivo per constatare come la difesa della Sig.ra…, lungi dal prospettare le ragioni per le quali la voce retributiva R.I.A. contrariamente a quanto ritenuto dalla P.A., sarebbe stata correttamente determinata e percepita nel corso del rapporto, si limita, in realtà, a dolersi di vizi intrinseci del provvedimento, quali l’invalidità ed illegittimità del procedimento amministrativo per omessa comunicazione degli atti prodromii, la mancata comunicazione dell’atto di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7, L. 241/1990, la carenza di motivazione del provvedimento impugnato. È fin troppo evidente, quindi, (continua testualmente la sentenza) che in discussione non è il potere privatistico del datore di lavoro, estrinsecatesi in un provvedimento di gestione del rapporto direttamente lesivo del diritto della lavoratrice, quanto, piuttosto, la correttezza dell’utilizzo del potere autoritativo da parte dell’amministrazione. Sotto tale profilo, la domanda è perciò destinata al rigetto, attesa l’insussistenza di diritti soggettivi del lavoratore tutelabili dinanzi al giudice ordinario a fornte dell’esercizio del potere amministrativo. Dalle motivazioni che precedono, consegue, altresì, il totale rigetto della domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, essendo la pretesa risarcitoria fondata sull’assunta illegittimità dell’azione amministrativa della P.A.”.
In seguito, il Giudice tuttavia accoglieva l’altra domanda fondata sulla prescrizione del diritto alla restituzione di quelle somme per il periodo antecedente i 10 anni dall’unica comunicazione avente valore, a detta dello stesso Giudice, di vero e proprio atto di messa in mora e cioè la comunicazione ricevuta dalla cliente nel Novembre 2004.
Infine, sulla mia richiesta di riconoscersi gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sull’importo portato dalla P.A. in compensazione nel calcolo e cioè sull’importo che la P.A. riteneva a credito della cliente, così scrive: “Nulla si dice in ricorso sulla natura del credito posto in compensazione dall’Amministrazione, su cui si chiede riconoscersi il calcolo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria. Non si vede, pertanto, sulla base di quali elementi di fatto e di diritto la pretesa potrebbe essere accolta. Su sollecitazione ufficiosa del giudice, il Ministero ha chiarito che si tratta di importi dovuti a seguito di rideterminazione della R.I.A. per il periodo dall’1.1.1988 al 31.12.1990, che in quel caso diede vita a un credito a favore della lavoratrice. È quindi condivisibile il rilevo della carenza di giurisdizione del giudice ordinario a pronunciarsi sul punto, trattandosi di voci retributive maturate in epoca ampiamente antecedente al discrimine temporale dell’anno 1998 e accertate dal CED di Latina sin dal Settembre 1991”.
Allora…su quest’ultimo punto, tengo a precisare (cosa che è negli atti di causa) che di questo credito della mia cliente la stessa ha avuto cognizione solo nel 2004 in seguito alla comunicazione dalla quale discende tutta la vicenda e che mai, o meglio, fino al momento in cui il giudice ufficiosamente nel corso del giudizio richiedeva al Ministero ciò, la cliente ha conosciuto e potuto conoscere (nonostante le richieste espresse in via amministrativa) della natura di tale credito, per cui nulla potevo dire nel ricorso introduttivo e non per mia colpa di tale natura del credito posto in compensazione.
Sulle ragioni che invece hanno portato il giudice a disattendere la prima parte della domanda sono davvero in crisi…non mi sarei mai aspettato una decisione simile e proprio su questo aspetto Ti chiedo lumi….se secondo Te sia più opportuno incassare, fare appello ovvero adire il giudice amministrativo ex novo.
E su questo spero di cuore Tu voglia riscontrarmi al più presto per illuminarmi.
Scusami del fastidio, attendo fiducioso la Tua risposta.
Buona giornata
Avv. Giuseppe D. Scognamiglio