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La domanda di usucapione di un bene immobile può essere fatta rientrare tra le domande di cui al n. 1 dell'art. 2653 c.c., così che è illegittima la riserva apposta dal Conservatore alla relativa trascrizione, dovendosi pertanto accogliere il reclamo proposto dalla parte. (Tribunale Napoli, sez. II, 21 dicembre 2006) - Corriere del merito 2007, 3 306
Ti allego il decreto in privato
> E' irrilevante perché il possesso in buona fede del cedente è stato
> interrotto dalla notifica dell'atto di citazione, quindi non vi è mai
> stato un acquisto per usucapione dell'immobile. Tuttavia questo
> riguarda esclusivamente i rapporti fra il cedente ed il proprietario
> rivendicante.
> L'acquirente ha solo due possibilità:
> 1. Trascrivere e sperare che tutto rimanga silente fino ai dieci anni
> prescritti dall'art. 1159 c.c.
> 2. Aspettare che si faccia vivo il vero proprietario per opporgli la
> sua precedenza nella continuità delle trascrizioni o, se non è
> possibile, rivalersi, anche penalmente, sul venditore.
>
Scusami Gabriele ma i conti non mi tornato. Seguendo il tuo iter
logico l'art. 2653 al n. 5 non avrebbe senso di esistere.
Che senso ha, infatti, affermare che l'atto interruttivo
dell'usucapione non è opponibile al terzo acquirente (la buona fede
non è richiesta) se non dalla data di trascrizione dello stesso se poi
ugualmente esplica i suoi effetti anche sull'avente causa?
Sarebbe una norma superflua.
>> Domanda n. 1: nel nuovo giudizio l'acquirente potrà opporre
>> l'accessione nel possesso di Tizio ex art. 1146 c.c. e chiedere
>> l'usucapione come se possedesse da 25 anni?
>
> No perché dal momento della notifica della domanda giudiziale il
> possesso del venditore non è più pubblico e pacifico. Sempre che lo
> fosse anche prima.
hai un riferimento che possa studiarmi da solo?
>> Domanda n. 2: nell'eventuale nuovo giudizio potrà allegare ulteriori
>> eccezioni e fatti costitutivi rispetto a quelli allegati da Tizio nel
>> primo giudizio o nei suoi confronti scatta una ampio preclusio pro
>> iudicato?
>
> L'art. 2909 c.c. mi sembra chiaro sul punto: il giudicato sostanziale
> fa stato anche per gli aventi causa.
> Per questo è meglio ricorrere all'art. 1159 c.c. ed acquisire il bene
> "a non domino".
come statuizione oggettiva di verità su quanto specificamente dedotto
innanzi al giudice.
ma non come efficacia della sentenza. Per quanto attiene ai diritti
reali oggetto di trascrizione si deve aver riguardo al combinato
disposto degli artt. 111 c.p.c. quarto comma e 2653 nn.1 e nn. 5.
quindi la sentenza di rivendica che condanna il possessore al rilascio
del bene semplicemente non ha effetto verso il terzo avente causa che
sia primo trascrivente rispetto al rivendicante, punto.
Non è titolo esecutivo e il rivendicante deve ricominciare daccapo.
Ma ciò non dovrebbe avere efficacia preclusiva.
Mi spiego meglio. Se il possessore afferma di possedere sulla base di
un titolo e non allega l'usucapione durante il giudizio e se il titolo
viene dichiarato nullo, subisce l'evizione ma l'accertamento ha ad
oggetto solo la validità del titolo, non il resto, precisamente la
sentenza emessa non contiene alcun accertamento sul possesso del bene
idoneo a fare stato ai sensi dell'art. 2909 c.c. (quando è cominciato,
se era clandestino, di mala fede di buona fede ecc....).
Quindi ai sensi dell'art. 2909 al terzo potrà sempre essere opposta la
nullità del titolo col quale il suo dante causa ha acquisito il
possesso del bene, proprio in quanto statuizione di verità oggetto
dell'accertamento, ma solo quello poiché l'accertamento contenuto
nella sentenza ha ad oggetto esclusivamente il titolo e non il resto.
Ma se l'accertamento non ha avuto ad oggetto il possesso del bene, se
l'interruzione dell'usucapione non è opponibile all'avente causa per
la mancata trascrizione dell'atto interruttivo in forza dell'art. 2653
n.5 nulla dovrebbe vietare che nel nuovo giudizio l'avente causa
deduca il suo acquisto per usucapione in seguito all'accessione del
suo possesso a quello del dante causa.
Ragionando come dici tu l'art. 2653 implicherebbe unicamente che il
rivendicante vittorioso inizi un nuovo giudizio nel quale allega
unicamente la sentenza e null'altro e che il terzo acquirente primo
trascrivente non possa allegare alcuna eccezione. Insomma se fosse
così la norma avrebbe un carattere meramente esornativo e
comporterebbe un semplice allungamento dei tempi.
La mia idea invece è che, fermo restando quanto affermato nel corso
del primo giudizio quanto a fatti costitutivi ed eccezioni, il terzo
avente causa primo trascrivente non subisca le preclusioni processuali
eventualmente subite dal dante causa nel primo giudizio e quindi possa
allegare l'usucapione suo e del dante causa.
Mi soffermo sul 2653 n. 5. La norma dice che l'atto interruttivo
dell'usucapione non ha effetto verso l'avente causa se non dal giorno
della trascrizione.
si sa che gli effetti sostanziali della Domanda sono interruzione e
sospensione di usucapione (e altri ma glissiamo)
Quindi se l'avente causa trascrive prima che il rivendicante trascriva
la domanda, continua l'usucapione precedente fino al momento della
trascrizione dell'atto traslativo.
Esempio: tizio possiede per 10 anni, all'11esimo anno Sempronio
rivendica il bene ma non trascrive la domanda.
Dopo 6 anni tizio Vende a Caio trascrivendo l'atto. Per Caio l'atto
interruttivo tamquam non esset, il possesso dura da 16 anni.
Se Sempronio trascrive prima di 4 anni l'interruzione dell'usucapione
vale anche verso Caio e quindi non matura l'usucapione del diritto in
capo a Caio.
Se Sempronio trascrive dopo i 4 anni Caio compie i 20 anni necessari
all'usucapione e potrà opporlo nel nuovo giudizio.
Almeno questa è la lettura che mi sembra coerente con la norma.
Tu hai qualche precedente?
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To : "legalit" leg...@googlegroups.com
Cc :
Date : Sun, 7 Nov 2010 15:07:44 -0800 (PST)
Subject : [legalit] Re: USUCAPIONE e TRASCRIZIONE: quesito per esperti
Gabriele ti ringrazio per aver ragionato con me, ma ho come l'impressione che non sono riuscito a farti centrare il punto.
Elimina tutti i riferimenti a buona fede ed usucapione decennale altrimenti non ne usciamo più. :P
> Guarda che stai scrivendo proprio quel che ho già scritto io.
> L'articolo cui fai riferimento riguarda la trascrizione della domanda
> giudiziale che in quel caso non è avvenuta e quindi non è opponibile
> al terzo acquirente.
NO! L'articolo cui faccio riferimento io parla dell'effetto interruttivo della domanda verso i terzi. é qualcosa in più.
Il numero 1 del 2653 dice quello che dici tu il n. 5 una cosa diversa che attiene esattamente all'usucapione e al computo dei termini e l'esplicarsi dell'effetto interruttivo-sospensivo della domanda.
> Ma per non fare strafalcioni bisogna anche ricordare che davanti al
> proprietario la posizione di venditore ed acquirente sono ben diverse:
> Il venditore non ha usucapito perché il proprietario ha interrotto il
> decorso del tempo.
e su questo non ci sono dubbi, trascritta o non trascritta la domanda il venditore NON ha usucapito, ma aveva pur sempre il possesso del bene.
>L'acquirente non può vedersi opposta l'interruzione
> e potrebbe persino prevalere perché ha trascritto prima della sentenza
> del proprietario. Ma ha comunque acquistato da un soggetto che non
> aveva il diritto di proprietà e, quindi, ha acquistato male senza
> poterlo sapere.
ok infatti stiamo parlando del suo acquisto a titolo originario non già a titolo derivativo e stiamo ragionando sui termini da computare ai fini del suo usucapione, non già di quello del suo dante causa.
> Tuttavia in forza dell'art. 1159 c.c. può vedere tutelato il suo
> possesso in buona fede ed acquistare "a non domino".
Scusa ma l'art. 1159 prevede che il termine decennale si computi dalla data di trascrizione del SUO atto di compravendita. Come lo coniughi questo col disposto normativo dell'art. 2653 n. 5?
Ragioniamo solo sull'usucapione ventennale iniziata dal dante causa, interrotta per il dante causa dalla notifica della domanda.
Leggiamo l'art. 2653 n. 5: "l'interruzione non ha effetto riguardo ai terzi che hanno acquistato diritti dal possessore in base a un atto trascritto o iscritto se non dalla data di trascrizione dell'atto o della domanda".
Alla luce della norma sembra che la domanda non trascritta non sia idonea a interrompere l'usucapione verso il terzo se non dalla data della sua trascrizione.
Ma la trascrizione della domanda può essere anche di MOLTO posteriore alla sua notifica.
In questo intervallo fra notifica e trascrizione si calcola l'usucapione? A favore di chi?
Stiamo solo alla norma evitiamo le altre valutazioni.
> E comunque anche se il proprietario recuperasse l'immobile,
> l'acquirente potrebbe rivalersi sul venditore e sul notaio, se si
> accerta che questo ha omesso i suoi adempimenti.
il notaio rogante non poteva sapere nè della pendenza della causa, visto che le parti non gliel'avevano detto, nè della nullità dell'atto di compravendita con cui il venditore aveva comprato l'immobile.
Ma lascia stare i rimedi risarcitori, atteniamoci solo alla questione dell'usucapone ventennale e della inefficacia della relativa interruzione per il terzo acquirente primo trascrivente.
> E' un insegnamento costante della Corte di Cassazione, di recente
> vedi: Cass. civ., Sez. II, 30 marzo 2006, n. 7509, che ha espresso il
> principio di diritto secondo cui ogni domanda giudiziale volta a
> perseguire effetti incompatibili con quelli che si producono con il
> decorso del tempo utile al perfezionamento dell'usucapione deve
> ritenersi atto interruttivo ai fini del computo del termine.
ma questo non è messo in discussione anzi, ci mancherebbe è chiaro come il sole.
Parliamo solo dell'estensione dell'effetto anche al terzo acquirente primo trascrivente.
Ripeto la norma sembra suggerire che, in difetto di trascrizione l'effetto interruttivo si esplica esclusivamente intra partes e non verso l'acquirente.
> > Mi spiego meglio. Se il possessore afferma di possedere sulla base di
> > un titolo e non allega l'usucapione durante il giudizio e se il titolo
> > viene dichiarato nullo, subisce l'evizione ma l'accertamento ha ad
> ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
> > oggetto solo la validità del titolo, non il resto,
> ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
>
> Questo particolare viene fuori ora e non è di poco conto.
quanto modifica la tua conclusione?
> Al tuo ragionamento va aggiunto un particolare: la buona fede non è
> mai soggettiva, ma sempre oggettiva e dal momento della notifica
> dell'atto di citazione cessa il possesso ad usucapionem utilizzabile
> dal terzo,
perdonami se continuo a non capire, ma quello che hai appena scritto mi sembra l'esatto opposto dell'art. 2653 n. 5...
Aggiungo che la norma in esame non parla mai di buona fede.
> quindi, in base al gioco delle date, il possesso cui
> potrebbe essere subentrato quest'ultimo potrebbe essere oggettivamente
> quello in mala fede del convenuto che ha cercato di sottrarre il bene
> al recupero da parte del legittimo proprietario.
beh potrebbe anche essere, ma l'usucapione ventennale prescinde dalla buona fede e anche le norme sulla trascrizione e la buona fede si presume.
> Rileggi meglio.
> Quel che ho scritto io è che il proprietario, non avendo trascritto la
> domanda giudiziale, probabilmente non avrà modo di opporre la sentenza
> all'atto di acquisto dell'acquirente, semplicemente perché questo sarà
> stato trascritto prima.
> Ho aggiunto che se il proprietario intende promuovere un giudizio
> autonomo contro l'acquirente, quest'ultimo può rispondere con una
> domanda riconvenzionale per fare valere l'usucapione decennale.
Ho letto e capito bene e come parli tu la norma in esame non ha senso alcuno.
Tu parti dall'assunto che la notifica dell'atto di citazione al venditore interrompe l'usucapione per venditore e acquirente contemporaneamente ed indipendentemente dalla sua trascrizione.
La norma sembra dire invece che l'usucapione per il venditore si interrompe con la notifica dell'atto e per l'acquirente primo trascrivente solo con la trascrizione della domanda.
A che serve l'usucapione decennale che per definizione si calcola dal giorno della trascrizione del titolo? Eliminalo dalla fattispecie in esame.
> Le preclusioni processuali non c'entrano alcunché.
> Il problema, se si vuole sollevare, è il giudicato implicito che
> cristallizza anche il deducibile e, quindi, la possibilità per il
> convenuto del primo giudizio, e per i suoi aventi causa, di far valere
> un titolo diverso da quello viziato per giustificare la sua relazione
> di fatto sul bene.
il giudicato implicito, che copre dedotto e deducibile attiene alla preclusio pro iudicato, vale a dire al giudicato formale non a quello sostanziale, all'art. 324 c.p.c. non al 2909 c.c.
> La tua soluzione non è infondata, ma solo rischiosa perché
> l'accessione ha un minimo di fondamento ed utilità solo se la vendita
> è avvenuta quando il venditore era ancora in buona fede e, quindi,
> prima di ricevere l'atto di citazione per la rivendica.
Scusa ma non mi sembra proprio... Se il venditore vende PRIMA di ricevere l'atto di citazione la sentenza emessa nei suoi confronti tamquam non esset per difetto di legittimazione passiva. L'attore ha notificato alla persona sbagliata doveva notificare all'acquirente.
In questo caso dell'art. 2653 e delle norme sulla trascrizione e in tema di successione a titolo particolare nel diritto controverso non sapremmo che farcene.
Qui stiamo parlando di acquisto in corso di causa.
Per l'usucapione ventennale non è richiesta la buona fede, questo è pacifico.
Ti ringrazio in ogni caso
Max
Trascuri di considerare che quell'articolo fa riferimento al rapporto
fra proprietario non trascrivente e terzo che ha trascritto in
relazione al possesso esercitato *da quest'ultimo*. Secondo me, ma si
tratta di un aspetto da approfondire con la banca dati di
giurisprudenza che qui non ho con me, quando si prende in
considerazione il punto di vista del proprietario che non ha
trascritto (e, dunque, quello dell'articolo che richiami) va distinto
chiaramente il possesso del cedente da quello dell'acquirente. Il che,
peraltro, è conforme alla definizione tradizionale di possesso quale
potere di fatto sulla cosa.
Scusa, ma qui mi sembra che ti sfugga un passaggio: l'acquirente ha
due modi di usucapire.
1. Facendo forza sul *suo* titolo d'acquisto e sulla buona fede
decennale come previsto dall'art. 1159 c.c.
2. Utilizzando l'accessione nel possesso richiamando il possesso del
suo dante causa.
Tuttavia mi permetto di osservare che la soluzione sub 1 prevede un
onere della prova semplice ed un computo di 10 anni, mentre la
soluzione sub 2 prevede il raggiungere il doppio del tempo,
aggiungendo il possesso di un soggetto che potrebbe persino rivelarsi
un truffatore, con tutto quello che può comportare agli occhi di un
giudice (hai pensato al fatto che per un magistrato il cedere il bene
in frode all'azione di rivendica può essere considerato un abuso del
diritto e quindi una situazione non meritevole di tutela?).
A mio avviso entrambe le strade sono possibili, ma se devo consigliare
un cliente, gli prospetto in prima battuta la strada più agevole.
Soprattutto in una simile situazione, dove il proprietario che ha
rivendicato si trova in una posizione di netto svantaggio, anche
processuale.
Meglio il "quieta non movere", anche se, naturalmente, questa è una
mia personale valutazione discrezionale.
Guarda che quell'articolo si occupa solo di pubblicità, quindi va
sempre letto in combinato disposto con la disciplina cui afferisce.
Se non vuoi capire, pazienza. Ho scritto che l'atto di citazione
interrompe *solo* per il venditore, ma se l'acquirente vuole
"agganciarsi" alla sua posizione, allora rischia di succedervi così
com'è, dipende da come l'interpreta il giudice.
A questo punto ti chiedo (ovviamente puoi rispondere anche solo a te
stesso): "è opportuno fare i causidici sulle virgole assumendosi il
rischio di avere a che fare con un giudice - a torto o a ragione - può
essere sviato da eccezioni di parte avversa che già ora si possono
prevedere?".
Guarda che le due cose camminano assieme, sono le due facce della
stessa moneta (diritto sostanziale/diritto rituale).
notificato alla persona sbagliata doveva notificare all'acquirente.
Dipende da come è impostata la causa: se l'oggetto è la nullità del
contratto, allora le parti del processo devono necessariamente
coincidere con quelle del contratto.
On 8 Nov, 14:22, "Avv. Massimo Billi" <massimo_bi...@libero.it> wrote:Se non c'è nulla in giurisprudenza la norma dovrebbe essere pacificaGuarda che non tutta la giurisprudenza viene pubblicata
Non hai pensato che è meglio farlo aspettare?
Basta dirgli la verità: che è una cazzata fare causa agevolando
l'avversario.
Onestamente possiamo ragionare per venti anni, ma il problema è
concreto.
Assumere l'iniziativa è imprudente, perché è quasi una rinuncia alla
posizione di vantaggio che si ha attualmente.
Io ho sempre considerato l'argomentum auctoritatis (c.d. "ipse dixit")
fallace se non utilizzato correttamente (cioé a sostegno di una
riflessione e di un approfondimento), fai un po' tu :-p
Ti consiglio di essere più flessibile e meno dogmatico.
Soprattutto se non sei stato parte del giudizio.
Prima di arrivare a considerazioni estreme come questa qui sopra
dovresti almeno avere in mano i documenti di quella causa e vedere
come è impostata *nella realtà dei fatti*, soprattutto perché al
giorno d'oggi i processi non sono per formulas e non esiste la
rigidità che mostri.
Per quanto ne sappiamo, da quanto ho letto in questo thread, può
benissimo essere un'azione di accertamento della nullità del contratto
e di condanna alla restituzione del bene.