USUCAPIONE e TRASCRIZIONE: quesito per esperti

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Avv. Massimo Billi

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Nov 7, 2010, 5:00:21 AM11/7/10
to leg...@googlegroups.com
PREMESSA: Tizio subisce una domanda di rivendica dopo che ha posseduto il bene ad usucapionem per 15 anni. 
La domanda NON viene trascritta. 
Dopo 6 anni vende il bene a Caio e NON gli dice che è in corso la causa. 
Dopo altri 4 anni viene emessa la sentenza che riconosce la proprietà al rivendicante.

Totale 15+6+4=25 anni

Studiando l'art. 2653 n. 1 e n. 5 la sentenza non è opponibile all'acquirente, quindi il rivendicante deve intraprendere una nuovo giudizio di rivendica contro quest'ultimo.
Ma il n. 5 dell'art 2653 dice che l'interruzione dell'usucapione non ha effetto nei confronti dell'acquirente se non dalla data di trascrizione della domanda (che non è mai avvenuta) mentre l'acquirente ha legittimamente trascritto l'atto di compravendita.

Domanda n. 1: nel nuovo giudizio l'acquirente potrà opporre l'accessione nel possesso di Tizio ex art. 1146 c.c. e chiedere l'usucapione come se possedesse da 25 anni?
Domanda n. 2: nell'eventuale nuovo giudizio potrà allegare ulteriori eccezioni e fatti costitutivi rispetto a quelli allegati da Tizio nel primo giudizio o nei suoi confronti scatta una ampio preclusio pro iudicato?

marti...@despachoabogado.com

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Nov 7, 2010, 5:42:21 AM11/7/10
to leg...@googlegroups.com
Nella Conservatoria di Padova non mi hanno accettato trascrizione di domanda giudiziale di usucapione.
-- hai ricevuto questo messaggio in quanto iscritto al gruppo "legalit" - http://legalit.solignani.it

Avv. Massimo Billi

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Nov 7, 2010, 5:51:18 AM11/7/10
to leg...@googlegroups.com
Scusa ma la mia domanda riguarda l'opponibilità della sentenza che accerta la proprietà al terzo acquirente nelle more del giudizio. Non Parlavo di domanda di usucapione.

Per Capirci, Sempronio afferma di essere proprietario e rivendica la cosa da Tizio che invece afferma di avere il diritto di proprietà sul bene. Nelle more del giudizio Tizio vende a Caio.
Sempronio non ha fatto alcuna domanda di usucapione ma una semplice azione di rivendica.


Cmq c'è giurisprudenza che dichiara trascrivibile anche la domanda di usucapione. 

La domanda di usucapione di un bene immobile può essere fatta rientrare tra le domande di cui al n. 1 dell'art. 2653 c.c., così che è illegittima la riserva apposta dal Conservatore alla relativa trascrizione, dovendosi pertanto accogliere il reclamo proposto dalla parte. (Tribunale Napoli, sez. II, 21 dicembre 2006) - Corriere del merito 2007, 3 306 


Ti allego il decreto in privato


Il giorno 07/nov/10, alle ore 11:42, <marti...@despachoabogado.com> ha scritto:

Avv. Gabriele Orlando

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Nov 7, 2010, 9:40:01 AM11/7/10
to legalit
On 7 Nov, 11:00, "Avv. Massimo Billi" <massimo_bi...@libero.it> wrote:

> Ma il n. 5 dell'art 2653 dice che l'interruzione dell'usucapione non  
> ha effetto nei confronti dell'acquirente se non dalla data di  
> trascrizione della domanda (che non è mai avvenuta) mentre  
> l'acquirente ha legittimamente trascritto l'atto di compravendita.
>
E' irrilevante perché il possesso in buona fede del cedente è stato
interrotto dalla notifica dell'atto di citazione, quindi non vi è mai
stato un acquisto per usucapione dell'immobile. Tuttavia questo
riguarda esclusivamente i rapporti fra il cedente ed il proprietario
rivendicante.
L'acquirente ha solo due possibilità:
1. Trascrivere e sperare che tutto rimanga silente fino ai dieci anni
prescritti dall'art. 1159 c.c.
2. Aspettare che si faccia vivo il vero proprietario per opporgli la
sua precedenza nella continuità delle trascrizioni o, se non è
possibile, rivalersi, anche penalmente, sul venditore.

> Domanda n. 1: nel nuovo giudizio l'acquirente potrà opporre  
> l'accessione nel possesso di Tizio ex art. 1146 c.c. e chiedere  
> l'usucapione come se possedesse da 25 anni?

No perché dal momento della notifica della domanda giudiziale il
possesso del venditore non è più pubblico e pacifico. Sempre che lo
fosse anche prima.

> Domanda n. 2: nell'eventuale nuovo giudizio potrà allegare ulteriori  
> eccezioni e fatti costitutivi rispetto a quelli allegati da Tizio nel  
> primo giudizio o nei suoi confronti scatta una ampio preclusio pro  
> iudicato?

L'art. 2909 c.c. mi sembra chiaro sul punto: il giudicato sostanziale
fa stato anche per gli aventi causa.
Per questo è meglio ricorrere all'art. 1159 c.c. ed acquisire il bene
"a non domino".

Cordialità,
Avv. Gabriele Orlando

Avv. Massimo Billi

unread,
Nov 7, 2010, 10:19:19 AM11/7/10
to leg...@googlegroups.com

Il giorno 07/nov/10, alle ore 15:40, Avv. Gabriele Orlando ha scritto:

> E' irrilevante perché il possesso in buona fede del cedente è stato
> interrotto dalla notifica dell'atto di citazione, quindi non vi è mai
> stato un acquisto per usucapione dell'immobile. Tuttavia questo
> riguarda esclusivamente i rapporti fra il cedente ed il proprietario
> rivendicante.
> L'acquirente ha solo due possibilità:
> 1. Trascrivere e sperare che tutto rimanga silente fino ai dieci anni
> prescritti dall'art. 1159 c.c.
> 2. Aspettare che si faccia vivo il vero proprietario per opporgli la
> sua precedenza nella continuità delle trascrizioni o, se non è
> possibile, rivalersi, anche penalmente, sul venditore.
>


Scusami Gabriele ma i conti non mi tornato. Seguendo il tuo iter
logico l'art. 2653 al n. 5 non avrebbe senso di esistere.

Che senso ha, infatti, affermare che l'atto interruttivo
dell'usucapione non è opponibile al terzo acquirente (la buona fede
non è richiesta) se non dalla data di trascrizione dello stesso se poi
ugualmente esplica i suoi effetti anche sull'avente causa?

Sarebbe una norma superflua.


>> Domanda n. 1: nel nuovo giudizio l'acquirente potrà opporre
>> l'accessione nel possesso di Tizio ex art. 1146 c.c. e chiedere
>> l'usucapione come se possedesse da 25 anni?
>
> No perché dal momento della notifica della domanda giudiziale il
> possesso del venditore non è più pubblico e pacifico. Sempre che lo
> fosse anche prima.

hai un riferimento che possa studiarmi da solo?


>> Domanda n. 2: nell'eventuale nuovo giudizio potrà allegare ulteriori
>> eccezioni e fatti costitutivi rispetto a quelli allegati da Tizio nel
>> primo giudizio o nei suoi confronti scatta una ampio preclusio pro
>> iudicato?
>
> L'art. 2909 c.c. mi sembra chiaro sul punto: il giudicato sostanziale
> fa stato anche per gli aventi causa.
> Per questo è meglio ricorrere all'art. 1159 c.c. ed acquisire il bene
> "a non domino".

come statuizione oggettiva di verità su quanto specificamente dedotto
innanzi al giudice.

ma non come efficacia della sentenza. Per quanto attiene ai diritti
reali oggetto di trascrizione si deve aver riguardo al combinato
disposto degli artt. 111 c.p.c. quarto comma e 2653 nn.1 e nn. 5.
quindi la sentenza di rivendica che condanna il possessore al rilascio
del bene semplicemente non ha effetto verso il terzo avente causa che
sia primo trascrivente rispetto al rivendicante, punto.
Non è titolo esecutivo e il rivendicante deve ricominciare daccapo.

Ma ciò non dovrebbe avere efficacia preclusiva.

Mi spiego meglio. Se il possessore afferma di possedere sulla base di
un titolo e non allega l'usucapione durante il giudizio e se il titolo
viene dichiarato nullo, subisce l'evizione ma l'accertamento ha ad
oggetto solo la validità del titolo, non il resto, precisamente la
sentenza emessa non contiene alcun accertamento sul possesso del bene
idoneo a fare stato ai sensi dell'art. 2909 c.c. (quando è cominciato,
se era clandestino, di mala fede di buona fede ecc....).
Quindi ai sensi dell'art. 2909 al terzo potrà sempre essere opposta la
nullità del titolo col quale il suo dante causa ha acquisito il
possesso del bene, proprio in quanto statuizione di verità oggetto
dell'accertamento, ma solo quello poiché l'accertamento contenuto
nella sentenza ha ad oggetto esclusivamente il titolo e non il resto.

Ma se l'accertamento non ha avuto ad oggetto il possesso del bene, se
l'interruzione dell'usucapione non è opponibile all'avente causa per
la mancata trascrizione dell'atto interruttivo in forza dell'art. 2653
n.5 nulla dovrebbe vietare che nel nuovo giudizio l'avente causa
deduca il suo acquisto per usucapione in seguito all'accessione del
suo possesso a quello del dante causa.

Ragionando come dici tu l'art. 2653 implicherebbe unicamente che il
rivendicante vittorioso inizi un nuovo giudizio nel quale allega
unicamente la sentenza e null'altro e che il terzo acquirente primo
trascrivente non possa allegare alcuna eccezione. Insomma se fosse
così la norma avrebbe un carattere meramente esornativo e
comporterebbe un semplice allungamento dei tempi.

La mia idea invece è che, fermo restando quanto affermato nel corso
del primo giudizio quanto a fatti costitutivi ed eccezioni, il terzo
avente causa primo trascrivente non subisca le preclusioni processuali
eventualmente subite dal dante causa nel primo giudizio e quindi possa
allegare l'usucapione suo e del dante causa.


Mi soffermo sul 2653 n. 5. La norma dice che l'atto interruttivo
dell'usucapione non ha effetto verso l'avente causa se non dal giorno
della trascrizione.
si sa che gli effetti sostanziali della Domanda sono interruzione e
sospensione di usucapione (e altri ma glissiamo)
Quindi se l'avente causa trascrive prima che il rivendicante trascriva
la domanda, continua l'usucapione precedente fino al momento della
trascrizione dell'atto traslativo.

Esempio: tizio possiede per 10 anni, all'11esimo anno Sempronio
rivendica il bene ma non trascrive la domanda.

Dopo 6 anni tizio Vende a Caio trascrivendo l'atto. Per Caio l'atto
interruttivo tamquam non esset, il possesso dura da 16 anni.

Se Sempronio trascrive prima di 4 anni l'interruzione dell'usucapione
vale anche verso Caio e quindi non matura l'usucapione del diritto in
capo a Caio.
Se Sempronio trascrive dopo i 4 anni Caio compie i 20 anni necessari
all'usucapione e potrà opporlo nel nuovo giudizio.

Almeno questa è la lettura che mi sembra coerente con la norma.
Tu hai qualche precedente?

Avv. Gabriele Orlando

unread,
Nov 7, 2010, 6:07:44 PM11/7/10
to legalit
On 7 Nov, 16:19, "Avv. Massimo Billi" <massimo_bi...@libero.it> wrote:
> Il giorno 07/nov/10, alle ore 15:40, Avv. Gabriele Orlando ha scritto:

> > L'acquirente ha solo due possibilità:
> > 1. Trascrivere e sperare che tutto rimanga silente fino ai dieci anni
> > prescritti dall'art. 1159 c.c.
> > 2. Aspettare che si faccia vivo il vero proprietario per opporgli la
> > sua precedenza nella continuità delle trascrizioni o, se non è
> > possibile, rivalersi, anche penalmente, sul venditore.
>
> Scusami Gabriele ma i conti non mi tornato. Seguendo il tuo iter  
> logico l'art. 2653 al n. 5 non avrebbe senso di esistere.
>
> Che senso ha, infatti, affermare che l'atto interruttivo  
> dell'usucapione non è opponibile al terzo acquirente (la buona fede  
> non è richiesta) se non dalla data di trascrizione dello stesso se poi  
> ugualmente esplica i suoi effetti anche sull'avente causa?
>
Guarda che stai scrivendo proprio quel che ho già scritto io.
L'articolo cui fai riferimento riguarda la trascrizione della domanda
giudiziale che in quel caso non è avvenuta e quindi non è opponibile
al terzo acquirente.
Ma per non fare strafalcioni bisogna anche ricordare che davanti al
proprietario la posizione di venditore ed acquirente sono ben diverse:
Il venditore non ha usucapito perché il proprietario ha interrotto il
decorso del tempo. L'acquirente non può vedersi opposta l'interruzione
e potrebbe persino prevalere perché ha trascritto prima della sentenza
del proprietario. Ma ha comunque acquistato da un soggetto che non
aveva il diritto di proprietà e, quindi, ha acquistato male senza
poterlo sapere.
Tuttavia in forza dell'art. 1159 c.c. può vedere tutelato il suo
possesso in buona fede ed acquistare "a non domino".
E comunque anche se il proprietario recuperasse l'immobile,
l'acquirente potrebbe rivalersi sul venditore e sul notaio, se si
accerta che questo ha omesso i suoi adempimenti.

> Sarebbe una norma superflua.
>
Per niente.

> >> Domanda n. 1: nel nuovo giudizio l'acquirente potrà opporre
> >> l'accessione nel possesso di Tizio ex art. 1146 c.c. e chiedere
> >> l'usucapione come se possedesse da 25 anni?
>
> > No perché dal momento della notifica della domanda giudiziale il
> > possesso del venditore non è più pubblico e pacifico. Sempre che lo
> > fosse anche prima.
>
> hai un riferimento che possa studiarmi da solo?
>
E' un insegnamento costante della Corte di Cassazione, di recente
vedi: Cass. civ., Sez. II, 30 marzo 2006, n. 7509, che ha espresso il
principio di diritto secondo cui ogni domanda giudiziale volta a
perseguire effetti incompatibili con quelli che si producono con il
decorso del tempo utile al perfezionamento dell'usucapione deve
ritenersi atto interruttivo ai fini del computo del termine.

[...]
> ma non come efficacia della sentenza. Per quanto attiene ai diritti  
> reali oggetto di trascrizione si deve aver riguardo al combinato  
> disposto degli artt. 111 c.p.c. quarto comma e 2653 nn.1 e nn. 5.
> quindi la sentenza di rivendica che condanna il possessore al rilascio  
> del bene semplicemente non ha effetto verso il terzo avente causa che  
> sia primo trascrivente rispetto al rivendicante, punto.
> Non è titolo esecutivo e il rivendicante deve ricominciare daccapo.
>
Una sentenza non più impugnabile è sempre titolo esecutivo.
Ma non può essere messa in esecuzione contro soggetti che hanno un
titolo autonomo da opporre e che non sono stati parte del giudizio.

> Ma ciò non dovrebbe avere efficacia preclusiva.
>
> Mi spiego meglio. Se il possessore afferma di possedere sulla base di  
> un titolo e non allega l'usucapione durante il giudizio e se il titolo  
> viene dichiarato nullo, subisce l'evizione ma l'accertamento ha ad  
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
> oggetto solo la validità del titolo, non il resto,
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Questo particolare viene fuori ora e non è di poco conto.

> precisamente la  
> sentenza emessa non contiene alcun accertamento sul possesso del bene  
> idoneo a fare stato ai sensi dell'art. 2909 c.c. (quando è cominciato,  
> se era clandestino, di mala fede di buona fede ecc....).
> Quindi ai sensi dell'art. 2909 al terzo potrà sempre essere opposta la  
> nullità del titolo col quale il suo dante causa ha acquisito il  
> possesso del bene, proprio in quanto statuizione di verità oggetto  
> dell'accertamento, ma solo quello poiché l'accertamento contenuto  
> nella sentenza ha ad oggetto esclusivamente il titolo e non il resto.
>
> Ma se l'accertamento non ha avuto ad oggetto il possesso del bene, se  
> l'interruzione dell'usucapione non è opponibile all'avente causa per  
> la mancata trascrizione dell'atto interruttivo in forza dell'art. 2653  
> n.5 nulla dovrebbe vietare che nel nuovo giudizio l'avente causa  
> deduca il suo acquisto per usucapione in seguito all'accessione del  
> suo possesso a quello del dante causa.
>
Al tuo ragionamento va aggiunto un particolare: la buona fede non è
mai soggettiva, ma sempre oggettiva e dal momento della notifica
dell'atto di citazione cessa il possesso ad usucapionem utilizzabile
dal terzo, quindi, in base al gioco delle date, il possesso cui
potrebbe essere subentrato quest'ultimo potrebbe essere oggettivamente
quello in mala fede del convenuto che ha cercato di sottrarre il bene
al recupero da parte del legittimo proprietario.

> Ragionando come dici tu l'art. 2653 implicherebbe unicamente che il  
> rivendicante vittorioso inizi un nuovo giudizio nel quale allega  
> unicamente la sentenza e null'altro e che il terzo acquirente primo  
> trascrivente non possa allegare alcuna eccezione. Insomma se fosse  
> così la norma avrebbe un carattere meramente esornativo e  
> comporterebbe un semplice allungamento dei tempi.
>
Rileggi meglio.
Quel che ho scritto io è che il proprietario, non avendo trascritto la
domanda giudiziale, probabilmente non avrà modo di opporre la sentenza
all'atto di acquisto dell'acquirente, semplicemente perché questo sarà
stato trascritto prima.
Ho aggiunto che se il proprietario intende promuovere un giudizio
autonomo contro l'acquirente, quest'ultimo può rispondere con una
domanda riconvenzionale per fare valere l'usucapione decennale.
Ma con prudenza, cioé evitando di tirare in mezzo l'irresponsabile che
gli ha venduto l'immobile e facendo valere il proprio possesso
decennale basato su un titolo astrattamente idoneo a trasferire la
proprietà (art. 1159 c.c.). Così evitando di fare lo stesso errore
dell'altro, dimenticando di fare valere l'acquisto a non domino.
Ho poi concluso segnalandoti che il compratore ha comunque la
possibilità di rivalersi sul venditore.

> La mia idea invece è che, fermo restando quanto affermato nel corso  
> del primo giudizio quanto a fatti costitutivi ed eccezioni, il terzo  
> avente causa primo trascrivente non subisca le preclusioni processuali  
> eventualmente subite dal dante causa nel primo giudizio e quindi possa  
> allegare l'usucapione suo e del dante causa.
>
Le preclusioni processuali non c'entrano alcunché.
Il problema, se si vuole sollevare, è il giudicato implicito che
cristallizza anche il deducibile e, quindi, la possibilità per il
convenuto del primo giudizio, e per i suoi aventi causa, di far valere
un titolo diverso da quello viziato per giustificare la sua relazione
di fatto sul bene.
La tua soluzione non è infondata, ma solo rischiosa perché
l'accessione ha un minimo di fondamento ed utilità solo se la vendita
è avvenuta quando il venditore era ancora in buona fede e, quindi,
prima di ricevere l'atto di citazione per la rivendica.
Io la lascerei in via subordinata all'usucapione decennale. Ma non
sono io a dovermi assumere le responsabilità della situazione.

Cordialmente,
Avv. Gabriele Orlando


massimo_billi

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Nov 7, 2010, 9:47:25 PM11/7/10
to legalit
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From : leg...@googlegroups.com
To : "legalit" leg...@googlegroups.com
Cc :
Date : Sun, 7 Nov 2010 15:07:44 -0800 (PST)
Subject : [legalit] Re: USUCAPIONE e TRASCRIZIONE: quesito per esperti

Gabriele ti ringrazio per aver ragionato con me, ma ho come l'impressione che non sono riuscito a farti centrare il punto.

Elimina tutti i riferimenti a buona fede ed usucapione decennale altrimenti non ne usciamo più. :P


> Guarda che stai scrivendo proprio quel che ho già scritto io.
> L'articolo cui fai riferimento riguarda la trascrizione della domanda
> giudiziale che in quel caso non è avvenuta e quindi non è opponibile
> al terzo acquirente.

NO! L'articolo cui faccio riferimento io parla dell'effetto interruttivo della domanda verso i terzi. é qualcosa in più.
Il numero 1 del 2653 dice quello che dici tu il n. 5 una cosa diversa che attiene esattamente all'usucapione e al computo dei termini e l'esplicarsi dell'effetto interruttivo-sospensivo della domanda.

> Ma per non fare strafalcioni bisogna anche ricordare che davanti al
> proprietario la posizione di venditore ed acquirente sono ben diverse:
> Il venditore non ha usucapito perché il proprietario ha interrotto il
> decorso del tempo.

e su questo non ci sono dubbi, trascritta o non trascritta la domanda il venditore NON ha usucapito, ma aveva pur sempre il possesso del bene.

>L'acquirente non può vedersi opposta l'interruzione
> e potrebbe persino prevalere perché ha trascritto prima della sentenza
> del proprietario. Ma ha comunque acquistato da un soggetto che non
> aveva il diritto di proprietà e, quindi, ha acquistato male senza
> poterlo sapere.

ok infatti stiamo parlando del suo acquisto a titolo originario non già a titolo derivativo e stiamo ragionando sui termini da computare ai fini del suo usucapione, non già di quello del suo dante causa.

> Tuttavia in forza dell'art. 1159 c.c. può vedere tutelato il suo
> possesso in buona fede ed acquistare "a non domino".

Scusa ma l'art. 1159 prevede che il termine decennale si computi dalla data di trascrizione del SUO atto di compravendita. Come lo coniughi questo col disposto normativo dell'art. 2653 n. 5?

Ragioniamo solo sull'usucapione ventennale iniziata dal dante causa, interrotta per il dante causa dalla notifica della domanda.
Leggiamo l'art. 2653 n. 5: "l'interruzione non ha effetto riguardo ai terzi che hanno acquistato diritti dal possessore in base a un atto trascritto o iscritto se non dalla data di trascrizione dell'atto o della domanda".

Alla luce della norma sembra che la domanda non trascritta non sia idonea a interrompere l'usucapione verso il terzo se non dalla data della sua trascrizione.

Ma la trascrizione della domanda può essere anche di MOLTO posteriore alla sua notifica.
In questo intervallo fra notifica e trascrizione si calcola l'usucapione? A favore di chi?

Stiamo solo alla norma evitiamo le altre valutazioni.

> E comunque anche se il proprietario recuperasse l'immobile,
> l'acquirente potrebbe rivalersi sul venditore e sul notaio, se si
> accerta che questo ha omesso i suoi adempimenti.

il notaio rogante non poteva sapere nè della pendenza della causa, visto che le parti non gliel'avevano detto, nè della nullità dell'atto di compravendita con cui il venditore aveva comprato l'immobile.

Ma lascia stare i rimedi risarcitori, atteniamoci solo alla questione dell'usucapone ventennale e della inefficacia della relativa interruzione per il terzo acquirente primo trascrivente.

> E' un insegnamento costante della Corte di Cassazione, di recente
> vedi: Cass. civ., Sez. II, 30 marzo 2006, n. 7509, che ha espresso il
> principio di diritto secondo cui ogni domanda giudiziale volta a
> perseguire effetti incompatibili con quelli che si producono con il
> decorso del tempo utile al perfezionamento dell'usucapione deve
> ritenersi atto interruttivo ai fini del computo del termine.

ma questo non è messo in discussione anzi, ci mancherebbe è chiaro come il sole.
Parliamo solo dell'estensione dell'effetto anche al terzo acquirente primo trascrivente.
Ripeto la norma sembra suggerire che, in difetto di trascrizione l'effetto interruttivo si esplica esclusivamente intra partes e non verso l'acquirente.

> > Mi spiego meglio. Se il possessore afferma di possedere sulla base di  
> > un titolo e non allega l'usucapione durante il giudizio e se il titolo  
> > viene dichiarato nullo, subisce l'evizione ma l'accertamento ha ad  
> ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
> > oggetto solo la validità del titolo, non il resto,
> ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
>
> Questo particolare viene fuori ora e non è di poco conto.

quanto modifica la tua conclusione?

> Al tuo ragionamento va aggiunto un particolare: la buona fede non è
> mai soggettiva, ma sempre oggettiva e dal momento della notifica
> dell'atto di citazione cessa il possesso ad usucapionem utilizzabile
> dal terzo,

perdonami se continuo a non capire, ma quello che hai appena scritto mi sembra l'esatto opposto dell'art. 2653 n. 5...
Aggiungo che la norma in esame non parla mai di buona fede.

> quindi, in base al gioco delle date, il possesso cui
> potrebbe essere subentrato quest'ultimo potrebbe essere oggettivamente
> quello in mala fede del convenuto che ha cercato di sottrarre il bene
> al recupero da parte del legittimo proprietario.

beh potrebbe anche essere, ma l'usucapione ventennale prescinde dalla buona fede e anche le norme sulla trascrizione e la buona fede si presume.

> Rileggi meglio.
> Quel che ho scritto io è che il proprietario, non avendo trascritto la
> domanda giudiziale, probabilmente non avrà modo di opporre la sentenza
> all'atto di acquisto dell'acquirente, semplicemente perché questo sarà
> stato trascritto prima.
> Ho aggiunto che se il proprietario intende promuovere un giudizio
> autonomo contro l'acquirente, quest'ultimo può rispondere con una
> domanda riconvenzionale per fare valere l'usucapione decennale.

Ho letto e capito bene e come parli tu la norma in esame non ha senso alcuno.
Tu parti dall'assunto che la notifica dell'atto di citazione al venditore interrompe l'usucapione per venditore e acquirente contemporaneamente ed indipendentemente dalla sua trascrizione.

La norma sembra dire invece che l'usucapione per il venditore si interrompe con la notifica dell'atto e per l'acquirente primo trascrivente solo con la trascrizione della domanda.

A che serve l'usucapione decennale che per definizione si calcola dal giorno della trascrizione del titolo? Eliminalo dalla fattispecie in esame.

> Le preclusioni processuali non c'entrano alcunché.
> Il problema, se si vuole sollevare, è il giudicato implicito che
> cristallizza anche il deducibile e, quindi, la possibilità per il
> convenuto del primo giudizio, e per i suoi aventi causa, di far valere
> un titolo diverso da quello viziato per giustificare la sua relazione
> di fatto sul bene.

il giudicato implicito, che copre dedotto e deducibile attiene alla preclusio pro iudicato, vale a dire al giudicato formale non a quello sostanziale, all'art. 324 c.p.c. non al 2909 c.c.

> La tua soluzione non è infondata, ma solo rischiosa perché
> l'accessione ha un minimo di fondamento ed utilità solo se la vendita
> è avvenuta quando il venditore era ancora in buona fede e, quindi,
> prima di ricevere l'atto di citazione per la rivendica.

Scusa ma non mi sembra proprio... Se il venditore vende PRIMA di ricevere l'atto di citazione la sentenza emessa nei suoi confronti tamquam non esset per difetto di legittimazione passiva. L'attore ha notificato alla persona sbagliata doveva notificare all'acquirente.
In questo caso dell'art. 2653 e delle norme sulla trascrizione e in tema di successione a titolo particolare nel diritto controverso non sapremmo che farcene.

Qui stiamo parlando di acquisto in corso di causa.
Per l'usucapione ventennale non è richiesta la buona fede, questo è pacifico.

Ti ringrazio in ogni caso

Max

Avv. Gabriele Orlando

unread,
Nov 8, 2010, 7:44:00 AM11/8/10
to legalit

> > Guarda che stai scrivendo proprio quel che ho già scritto io.
> > L'articolo cui fai riferimento riguarda la trascrizione della domanda
> > giudiziale che in quel caso non è avvenuta e quindi non è opponibile
> > al terzo acquirente.
>
> NO! L'articolo cui faccio riferimento io parla dell'effetto interruttivo della domanda verso i terzi. é qualcosa in più.
> Il numero 1 del 2653 dice quello che dici tu il n. 5 una cosa diversa che attiene esattamente all'usucapione e al computo dei termini e l'esplicarsi dell'effetto >interruttivo-sospensivo della domanda.
>
Trascuri di considerare che quell'articolo fa riferimento al rapporto
fra proprietario non trascrivente e terzo che ha trascritto in
relazione al possesso esercitato *da quest'ultimo*. Secondo me, ma si
tratta di un aspetto da approfondire con la banca dati di
giurisprudenza che qui non ho con me, quando si prende in
considerazione il punto di vista del proprietario che non ha
trascritto (e, dunque, quello dell'articolo che richiami) va distinto
chiaramente il possesso del cedente da quello dell'acquirente. Il che,
peraltro, è conforme alla definizione tradizionale di possesso quale
potere di fatto sulla cosa.

> > Tuttavia in forza dell'art. 1159 c.c. può vedere tutelato il suo
> > possesso in buona fede ed acquistare "a non domino".
>
> Scusa ma l'art. 1159 prevede che il termine decennale si computi dalla data di trascrizione del SUO atto di compravendita. Come lo coniughi questo col disposto >normativo dell'art. 2653 n. 5?
>
> Ragioniamo solo sull'usucapione ventennale iniziata dal dante causa, interrotta per il dante causa dalla notifica della domanda.
> Leggiamo l'art. 2653 n. 5: "l'interruzione non ha effetto riguardo ai terzi che hanno acquistato diritti dal possessore in base a un atto trascritto o iscritto se non dalla data di trascrizione dell'atto o della domanda".
>
> Alla luce della norma sembra che la domanda non trascritta non sia idonea a interrompere l'usucapione verso il terzo se non dalla data della sua trascrizione.
>
> Ma la trascrizione della domanda può essere anche di MOLTO posteriore alla sua notifica.
> In questo intervallo fra notifica e trascrizione si calcola l'usucapione? A favore di chi?
>
Scusa, ma qui mi sembra che ti sfugga un passaggio: l'acquirente ha
due modi di usucapire.
1. Facendo forza sul *suo* titolo d'acquisto e sulla buona fede
decennale come previsto dall'art. 1159 c.c.
2. Utilizzando l'accessione nel possesso richiamando il possesso del
suo dante causa.
Tuttavia mi permetto di osservare che la soluzione sub 1 prevede un
onere della prova semplice ed un computo di 10 anni, mentre la
soluzione sub 2 prevede il raggiungere il doppio del tempo,
aggiungendo il possesso di un soggetto che potrebbe persino rivelarsi
un truffatore, con tutto quello che può comportare agli occhi di un
giudice (hai pensato al fatto che per un magistrato il cedere il bene
in frode all'azione di rivendica può essere considerato un abuso del
diritto e quindi una situazione non meritevole di tutela?).
A mio avviso entrambe le strade sono possibili, ma se devo consigliare
un cliente, gli prospetto in prima battuta la strada più agevole.
Soprattutto in una simile situazione, dove il proprietario che ha
rivendicato si trova in una posizione di netto svantaggio, anche
processuale.
Meglio il "quieta non movere", anche se, naturalmente, questa è una
mia personale valutazione discrezionale.

> > Al tuo ragionamento va aggiunto un particolare: la buona fede non è
> > mai soggettiva, ma sempre oggettiva e dal momento della notifica
> > dell'atto di citazione cessa il possesso ad usucapionem utilizzabile
> > dal terzo,
>
> perdonami se continuo a non capire, ma quello che hai appena scritto mi sembra l'esatto opposto dell'art. 2653 n. 5...
> Aggiungo che la norma in esame non parla mai di buona fede.
>
Guarda che quell'articolo si occupa solo di pubblicità, quindi va
sempre letto in combinato disposto con la disciplina cui afferisce.

> Ho letto e capito bene e come parli tu la norma in esame non ha senso alcuno.
> Tu parti dall'assunto che la notifica dell'atto di citazione al venditore interrompe l'usucapione per venditore e acquirente contemporaneamente ed indipendentemente >dalla sua trascrizione.
>
Se non vuoi capire, pazienza. Ho scritto che l'atto di citazione
interrompe *solo* per il venditore, ma se l'acquirente vuole
"agganciarsi" alla sua posizione, allora rischia di succedervi così
com'è, dipende da come l'interpreta il giudice.
A questo punto ti chiedo (ovviamente puoi rispondere anche solo a te
stesso): "è opportuno fare i causidici sulle virgole assumendosi il
rischio di avere a che fare con un giudice - a torto o a ragione - può
essere sviato da eccezioni di parte avversa che già ora si possono
prevedere?".

> A che serve l'usucapione decennale che per definizione si calcola dal giorno della trascrizione del titolo? Eliminalo dalla fattispecie in esame.
>
Serve a fare valere il proprio possesso senza farsi carico di una
situazione possibilmente "imbarazzante", quella del venditore.
E comunque è sempre più comodo fare valere un possesso di 10 anni
indiscutibile, invece che uno di 20 (!) anni che può essere oggetto di
contestazioni e di un contenzioso infinito.

> > Le preclusioni processuali non c'entrano alcunché.
> > Il problema, se si vuole sollevare, è il giudicato implicito che
> > cristallizza anche il deducibile e, quindi, la possibilità per il
> > convenuto del primo giudizio, e per i suoi aventi causa, di far valere
> > un titolo diverso da quello viziato per giustificare la sua relazione
> > di fatto sul bene.
>
> il giudicato implicito, che copre dedotto e deducibile attiene alla preclusio pro iudicato, vale a dire al giudicato formale non a quello sostanziale, all'art. 324 c.p.c. >non al 2909 c.c.
>
Guarda che le due cose camminano assieme, sono le due facce della
stessa moneta (diritto sostanziale/diritto rituale).

> > La tua soluzione non è infondata, ma solo rischiosa perché
> > l'accessione ha un minimo di fondamento ed utilità solo se la vendita
> > è avvenuta quando il venditore era ancora in buona fede e, quindi,
> > prima di ricevere l'atto di citazione per la rivendica.
>
> Scusa ma non mi sembra proprio... Se il venditore vende PRIMA di ricevere l'atto di citazione la sentenza emessa nei suoi confronti tamquam non esset per >difetto di legittimazione passiva.
> L'attore ha notificato alla persona sbagliata doveva notificare all'acquirente.

Dipende da come è impostata la causa: se l'oggetto è la nullità del
contratto, allora le parti del processo devono necessariamente
coincidere con quelle del contratto.
Naturalmente se si deduce anche l'obbligo di restituzione (che
discende automaticamente dal venir meno del titolo, ma che costituisce
processualmente un'ulteriore domanda condannatoria che si aggiunge a
quella di mero accertamento della nullità), si deve chiamare anche
l'attuale possessore/detentore, anche solo per prudenza (il convenuto
poteva anche limitarsi a concedere il semplice godimento del bene
oppure un diritto reale parziale, come l'usufrutto).

> In questo caso dell'art. 2653 e delle norme sulla trascrizione e in tema di successione a titolo particolare nel diritto controverso non sapremmo che farcene.
>
Quel che sostengo io è che bisogna sempre propendere per la soluzione
più semplice, perché si ha a che fare con la protezione -
economicamente ricompensata - di interessi altrui.
Il resto consiste nel soppesare le varie possibilità. Ed è
un'operazione, in ultima analisi, semplicemente soggettiva e
discrezionale.

In bocca al lupo,
Avv. Gabriele Orlando

Avv. Massimo Billi

unread,
Nov 8, 2010, 8:22:33 AM11/8/10
to leg...@googlegroups.com

Il giorno 08/nov/10, alle ore 13:44, Avv. Gabriele Orlando ha scritto

Trascuri di considerare che quell'articolo fa riferimento al rapporto
fra proprietario non trascrivente e terzo che ha trascritto in
relazione al possesso esercitato *da quest'ultimo*. Secondo me, ma si
tratta di un aspetto da approfondire con la banca dati di
giurisprudenza che qui non ho con me, quando si prende in
considerazione il punto di vista del proprietario che non ha
trascritto (e, dunque, quello dell'articolo che richiami) va distinto
chiaramente il possesso del cedente da quello dell'acquirente. Il che,
peraltro, è conforme alla definizione tradizionale di possesso quale
potere di fatto sulla cosa.

la banca dati non ti dice nulla. non ho rinvenuto precedenti in termini significativi, solo sul trattato di Rescigno e sul commentario si giunge alla mia medesima soluzione ma senza richiami giurisprudenziali.
Che chiaramente limita la mia sicurezza nella soluzione della questione.
Passerò alla biblioteca dell'università e vedo se trovo di meglio.
In linea di principio la posizione che ti ho enunciato è sinteticamente la stessa delle fonti dottrinali che ho consultato.

Se non c'è nulla in giurisprudenza la norma dovrebbe essere pacifica


Scusa, ma qui mi sembra che ti sfugga un passaggio: l'acquirente ha
due modi di usucapire.
1. Facendo forza sul *suo* titolo d'acquisto e sulla buona fede
decennale come previsto dall'art. 1159 c.c.

Allora mettiamola in questo modo, al momento NON ci sono i 10 anni dalla trascrizione del titolo.


2. Utilizzando l'accessione nel possesso richiamando il possesso del
suo dante causa.

che è l'unica strada percorribile.



Tuttavia mi permetto di osservare che la soluzione sub 1 prevede un
onere della prova semplice ed un computo di 10 anni, mentre la
soluzione sub 2 prevede il raggiungere il doppio del tempo,
aggiungendo il possesso di un soggetto che potrebbe persino rivelarsi
un truffatore, con tutto quello che può comportare agli occhi di un
giudice (hai pensato al fatto che per un magistrato il cedere il bene
in frode all'azione di rivendica può essere considerato un abuso del
diritto e quindi una situazione non meritevole di tutela?).

Ma a noi interessa solo la posizione del terzo non già del venditore che sicuramente è in .mala fede.
Tuteliamo l'affidamento, le norme sulla trascrizione servono a questo secondo il Gazzoni  :P


A mio avviso entrambe le strade sono possibili, ma se devo consigliare
un cliente, gli prospetto in prima battuta la strada più agevole.

c'è una sola strada come ti ho detto.
O gliela consiglio oppure gli dico di cedere.
Ho fatto le mie ricerche ma non ho trovato sentenze perciò ne discuto qui.

Soprattutto in una simile situazione, dove il proprietario che ha
rivendicato si trova in una posizione di netto svantaggio, anche
processuale.

ma mi viene da rispondere che se trascriveva immediatamente il problema non si sarebbe posto.
Imputet sibi il non aver usato gli strumenti che la legge gli garantiva per tutelare la sua posizione.
Il suo conflitto ora non è più col convenuto originario ma con un terzo.

Meglio il "quieta non movere", anche se, naturalmente, questa è una
mia personale valutazione discrezionale.

Chiaramente, ma a questo punto è evidente che il rivendicante agirà verso l'attuale possessore-acquirente-primo trascrivente che NON ha alcuna chance di far valere il decennio utile alla sua usucapione.

Guarda che quell'articolo si occupa solo di pubblicità, quindi va
sempre letto in combinato disposto con la disciplina cui afferisce.


infatti nè la disciplina dell'usucapione ventennale nè quella sulla trascrizione richiedono la buona fede.
Il punto è sull'interruzione e li le norme contrastano.

Se non vuoi capire, pazienza. Ho scritto che l'atto di citazione
interrompe *solo* per il venditore, ma se l'acquirente vuole
"agganciarsi" alla sua posizione, allora rischia di succedervi così
com'è, dipende da come l'interpreta il giudice.

così come è: un possesso pacifico e non clandestino eventualmente di mala fede. Utile all'usucapione ventennale.
Tutto attiene all'atto interruttivo e alla sua efficacia interruttiva verso l'acquirente in difetto di trascrizione.


A questo punto ti chiedo (ovviamente puoi rispondere anche solo a te
stesso): "è opportuno fare i causidici sulle virgole assumendosi il
rischio di avere a che fare con un giudice - a torto o a ragione - può
essere sviato da eccezioni di parte avversa che già ora si possono
prevedere?".

Ascolta il cliente vuole far causa perché non vuole perdere la casa, a me sta dirgli che possibilità ha.
Evito di consultare la dottrina, mi limito a esaminare molta giurisprudenza, nel caso di specie non ne ho trovata se non in modo velato.
La dottrina enuclea sostanzialmente le posizioni che ti ho evidenziato.
A questo punto spero di trovare qualcuno che abbia affrontato una questione simile.

Stiamo ragionando sulle norme non faccio una crociata.

ti cito un passaggio: "chi ha acquistato dal possessore non può aspirare ad una tutela incondizionata, ma se egli ha acquistato e trascritto e, prima della trascrizione dell'atto interruttivo dell'usucapione, è completamente decorso il periodo utile per usucapire, allora la legge, rendendogli inopponibile l'interruzione, consolida la sua aspettativa. Il proprietario potrà sempre far valere nei confronti del possessore l'interruzione dell'usucapione e farsi riconoscere proprietario, ma soccomberà nei confronti dell'acquirente dal possessore che vanti la priorità della sua trascrizione" (Trattato di diritto privato diretto da Pietro Rescigno, vol 19 pag. 166 e 167)
"il terzo può eccepire il difetto di trascrizione dell'atto interruttivo ed ottenere così che il giudice decide un'eventuale lite  col vero proprietario, giudicando come se l'atto interruttivo non fosse stato posto in essere" (Commentario al codice civile art. 2653 pag. 269 Gennaro Mariconda.)

I commenti sono chiari, l'atto interruttivo per il terzo semplicemente non c'è, per entrambi è sottointeso che il terzo aquirente mero possessore ma primo trascrivente può eseguire l'accessione nel possesso.
é chiaro che il venditore è in mala fede.

Guarda che le due cose camminano assieme, sono le due facce della
stessa moneta (diritto sostanziale/diritto rituale).

anche questo l'ho letto sui commentari, ripesco le fonti e ti dico :P

 notificato alla persona sbagliata doveva notificare all'acquirente.

Dipende da come è impostata la causa: se l'oggetto è la nullità del
contratto, allora le parti del processo devono necessariamente
coincidere con quelle del contratto.

Parliamo unicamente di RIVENDICA. 
La domanda di rivendica ex art. 948 c.c., che dogmaticamente è una azione di condanna, ha come convenuto il possessore non già il venditore o le parti del contratto.
Venduto l'immobile e trasmesso il posesso il venditore può solo essere chiamato in garanzia per l'evizione ma il convenuto è il compratore.
Nella tua ipotesi c'è carenza di legittimazione passiva.

In ogni caso sempre e comunque grazie :)

Avv. Gabriele Orlando

unread,
Nov 9, 2010, 5:11:22 AM11/9/10
to legalit
On 8 Nov, 14:22, "Avv. Massimo Billi" <massimo_bi...@libero.it> wrote:

> Se non c'è nulla in giurisprudenza la norma dovrebbe essere pacifica
>
Guarda che non tutta la giurisprudenza viene pubblicata.


> > Scusa, ma qui mi sembra che ti sfugga un passaggio: l'acquirente ha
> > due modi di usucapire.
> > 1. Facendo forza sul *suo* titolo d'acquisto e sulla buona fede
> > decennale come previsto dall'art. 1159 c.c.
>
> Allora mettiamola in questo modo, al momento NON ci sono i 10 anni  
> dalla trascrizione del titolo.
>
> > A mio avviso entrambe le strade sono possibili, ma se devo consigliare
> > un cliente, gli prospetto in prima battuta la strada più agevole.
>
> c'è una sola strada come ti ho detto.
> O gliela consiglio oppure gli dico di cedere.
> Ho fatto le mie ricerche ma non ho trovato sentenze perciò ne discuto  
> qui.
>
Non hai pensato che è meglio farlo aspettare? Di fatto il problema è
dell'attore in rivendica, che deve attivarsi. L'acquirente ha già
quello che vuole.
Se il proprietario si fa sentire per iscritto, basta una letterina in
risposta di questo tenore "Sono proprietario in virtù dell'atto in
Notar ******, debitamente trascritto in assenza di sue previe
trascrizioni o iscrizioni nei Registri immobiliari, pertanto non
riconosco.....".
Se invece tenta di mettere in esecuzione la sentenza, nella prassi
basta farsi trovare dall'Ufficiale Giudiziario con contratto e visura
ipotecaria e questi rimanderà la questione al richiedente.
Del resto l'ipotesi contraria costituisce in giurisprudenza uno
spoglio avverso il quale è possibile esperire la possessoria.

> > Meglio il "quieta non movere", anche se, naturalmente, questa è una
> > mia personale valutazione discrezionale.
>
> Chiaramente, ma a questo punto è evidente che il rivendicante agirà  
> verso l'attuale possessore-acquirente-primo trascrivente che NON ha  
> alcuna chance di far valere il decennio utile alla sua usucapione.
>
Non essere pessimista, ha già fatto errori di questo tipo. E' inutile
precludersi la possibilità che ne commetta un altro.

> > A questo punto ti chiedo (ovviamente puoi rispondere anche solo a te
> > stesso): "è opportuno fare i causidici sulle virgole assumendosi il
> > rischio di avere a che fare con un giudice - a torto o a ragione - può
> > essere sviato da eccezioni di parte avversa che già ora si possono
> > prevedere?".
>
> Ascolta il cliente vuole far causa perché non vuole perdere la casa, a  
> me sta dirgli che possibilità ha.

Basta dirgli la verità: che è una cazzata fare causa agevolando
l'avversario.
Che un quivis de populo si faccia prendere dall'ansia è pure
comprensibile, ma un avvocato non deve mai assecondarlo diventando
imprudente.

> Stiamo ragionando sulle norme non faccio una crociata.
>
Onestamente possiamo ragionare per venti anni, ma il problema è
concreto.
Assumere l'iniziativa è imprudente, perché è quasi una rinuncia alla
posizione di vantaggio che si ha attualmente.
Il tuo cliente magari non ha gli strumenti per capirlo, per questo
glielo devi spiegare tu.
In fondo se è lui a promuovere un giudizio e voi vi difendete facendo
valere le mancate trascrizioni è anche più facile vincere le spese di
lite.

> > Guarda che le due cose camminano assieme, sono le due facce della
> > stessa moneta (diritto sostanziale/diritto rituale).
>
> anche questo l'ho letto sui commentari, ripesco le fonti e ti dico :P
>
Io ho sempre considerato l'argomentum auctoritatis (c.d. "ipse dixit")
fallace se non utilizzato correttamente (cioé a sostegno di una
riflessione e di un approfondimento), fai un po' tu :-p

> >>  notificato alla persona sbagliata doveva notificare all'acquirente.
>
> > Dipende da come è impostata la causa: se l'oggetto è la nullità del
> > contratto, allora le parti del processo devono necessariamente
> > coincidere con quelle del contratto.
>
> Parliamo unicamente di RIVENDICA.
> La domanda di rivendica ex art. 948 c.c., che dogmaticamente è una  
> azione di condanna, ha come convenuto il possessore non già il  
> venditore o le parti del contratto.
> Venduto l'immobile e trasmesso il posesso il venditore può solo essere  
> chiamato in garanzia per l'evizione ma il convenuto è il compratore.
> Nella tua ipotesi c'è carenza di legittimazione passiva.
>
Ti consiglio di essere più flessibile e meno dogmatico.
Soprattutto se non sei stato parte del giudizio.
Prima di arrivare a considerazioni estreme come questa qui sopra
dovresti almeno avere in mano i documenti di quella causa e vedere
come è impostata *nella realtà dei fatti*, soprattutto perché al
giorno d'oggi i processi non sono per formulas e non esiste la
rigidità che mostri.
Per quanto ne sappiamo, da quanto ho letto in questo thread, può
benissimo essere un'azione di accertamento della nullità del contratto
e di condanna alla restituzione del bene.

Cordialità,
Avv. Gabriele Orlando

Avv. Massimo Billi

unread,
Nov 9, 2010, 5:41:38 AM11/9/10
to leg...@googlegroups.com

Il giorno 09/nov/10, alle ore 11:11, Avv. Gabriele Orlando ha scritto:

On 8 Nov, 14:22, "Avv. Massimo Billi" <massimo_bi...@libero.it> wrote:

Se non c'è nulla in giurisprudenza la norma dovrebbe essere pacifica

Guarda che non tutta la giurisprudenza viene pubblicata

Beh devo trovare dei precedenti.

Non hai pensato che è meglio farlo aspettare?

infatti noi non ci muoviamo fin quando non siamo convenuti in giudizio.
Ma per come sono messe le cose è molto probabile che il giudizio inizi.

Forse non era chiaro, sto preparando le potenziali difese non un'atto di citazione.


Basta dirgli la verità: che è una cazzata fare causa agevolando
l'avversario.

le possibilità transattive si stano assottigliando di molto, chiaramente non saremo noi a prendere l'iniziativa ma il mio cliente non sembra spaventato, anzi.


Onestamente possiamo ragionare per venti anni, ma il problema è
concreto.
Assumere l'iniziativa è imprudente, perché è quasi una rinuncia alla
posizione di vantaggio che si ha attualmente.

non è in discussione la possibilità di assumere l'iniziativa ma la fondatezza delle difese e l'interpretazione delle norme.
é una questione tecnica non di opportunità.

Io ho sempre considerato l'argomentum auctoritatis (c.d. "ipse dixit")
fallace se non utilizzato correttamente (cioé a sostegno di una
riflessione e di un approfondimento), fai un po' tu :-p

eh concordo con te, perciò ne sto parlando qui...

Ti consiglio di essere più flessibile e meno dogmatico.
Soprattutto se non sei stato parte del giudizio.
Prima di arrivare a considerazioni estreme come questa qui sopra
dovresti almeno avere in mano i documenti di quella causa e vedere
come è impostata *nella realtà dei fatti*, soprattutto perché al
giorno d'oggi i processi non sono per formulas e non esiste la
rigidità che mostri.
Per quanto ne sappiamo, da quanto ho letto in questo thread, può
benissimo essere un'azione di accertamento della nullità del contratto
e di condanna alla restituzione del bene.

è una azione di rivendica quindi... non cambia molto.

Avv. Gabriele Orlando

unread,
Nov 9, 2010, 7:31:04 AM11/9/10
to legalit
On 9 Nov, 11:41, "Avv. Massimo Billi" <massimo_bi...@libero.it> wrote:

> > Per quanto ne sappiamo, da quanto ho letto in questo thread, può
> > benissimo essere un'azione di accertamento della nullità del contratto
> > e di condanna alla restituzione del bene.
>
> è una azione di rivendica quindi... non cambia molto.

Cambia moltissimo, invece.
Perché non si tratta propriamente di rivendica, ma di una qualsiasi
azione contrattuale.
Dal venir meno del titolo discende automaticamente l'indebito
oggettivo e, dunque, l'obbligazione alle reciproche restituzioni,
salve le questioni risarcitorie per eventuali danni.
La differenza sta in questo: nella rivendica si vuole accertare la
proprietà contro chi esercita un potere di fatto, assumendo che non ne
abbia il titolo. Ed eventualmente si può chiedere una condanna a
rendere conforme la realtà ai poteri riconnessi a tale qualità (sempre
che si dimostri che vi sia una situazione tale da giustificare tale
domanda).
Nell'azione contrattuale invece non si afferma la mancanza di un
titolo dell'altra parte, ma si contesta una patologia di un titolo che
implicitamente si riconosce (logicamente se c'è un vizio, c'è un
contratto inficiato da tale vizio, altrimenti non esiste nemmeno il
problema).
In linea generale, in quest'ultimo caso, il legittimato attivo è chi
sostiene la nullità della pattuizione, il legittimato passivo è
l'altra parte contrattuale e, poiché il contratto vincola solo ed
esclusivamente le parti che lo sottoscrivono, i terzi sono estranei o,
se hanno rapporti con quest'ultimo, sono parti eventuali, quindi
chiamati in garanzia o intervenienti facoltativi (dipende dal rapporto
che hanno con le parti del contratto controverso).
Per quello che si è discusso, quindi, la causa sull'atto doveva avere
come parti le stesse del contratto, perché la dichiarazione di nullità
riguarda i loro rapporti.
Quanto all'obbligo della restituzione, ovviamente, questo è un obbligo
di fare che con lo spossessamento del convenuto diventa impossibile da
eseguire nei suoi confronti ed inopponibile al tuo cliente perché non
ha spiegato intervento nel giudizio né vi è stato chiamato.
Tutto qui, ma il difetto di legittimazione passiva non c'entra niente.

Cordialità,
Avv. Gabriele Orlando

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