Non conosco certo gli orientamenti di tutti i tribunali d'Italia ma - a
quanto so - la contumacia non è certo considerata dai più come giusto
motivo ex art. 92 cpc per compensare (melius, dichiarare irripetibili
dall'attore) le spese di lite.
Al Tribunale di Reggio Emilia - salvi casi peculiari (usucapione
contumaciale, separazione/divorzio senza condizioni contumaciale et
similia) - le spese sono addossate al soccombente anche se
contumace.
Del resto, se Tizio agisce contro Caio per il recupero di un credito ...
se Caio si difende e perde paga anche le spese ... mentre se Caio non si
costituisce le spese del giudizio restano a carico di Tizio
vittorioso.
Per me è assurdo ... ma ciò che più conta è che è assurdo anche per
Chiovenda (la parte vittoriosa ha diritto di avere tutto e proprio tutto
ciò che le spetta) e per la giurisprudenza di Cassazione.
Se il Giudice compensa (anzi, dichiara irripetibili) le spese perchè il
convenuto è contumace, sbaglia e viola gli artt. 91 e 92 c.p.c. (la
prassi è invalsa davanti ai GGddPP ma stanno arrivando - ed era ora - i
primi appelli sulle spese, soprattutto con riguardo alle sanzioni
amministrative opposte vittoriosamente).
Quanto alla motivazione di Cass. 4485/2001, riporto di seguito la
sentenza per esteso.
Aggiungo che la motivazione non mi pare affatto stravagante e che secondo
Corte Cost. 410/2005 la contumacia equivale ad integrale contestazione
della domanda attorea (ergo, se il contumace contesta la domanda
dell'attore ... è ovvio che l'accoglimento dell'istanza attorea determini
a maggior ragione la sua soccombenza e la condanna alla rifusione dei
costi del giudizio).
Giovanni Fanticini
Giudice - Tribunale di Reggio Emilia
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANFREDO GROSSI - Presidente -
Dott. ANTONIO LIMONGELLI - Consigliere -
Dott. MICHELE LO PIANO - Consigliere -
Dott. BRUNO DURANTE - Consigliere -
Dott. DONATO CALABRESE - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
BOVERI ARNALDO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA MERCEDE 52,
presso lo studio dell'avvocato MARIO MENGHINI, che lo difende anche
disgiuntamente agli avvocati FAUSTO MARENGO, PIERO MOCCAGATTA, giusta
delega in atti;
- ricorrente -
contro
IST DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO CON SEDE IN TORTONA;
- intimato -
e sul 2^ ricorso n. 17276/98 proposto da:
ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO CLERO DELLA DIOCESI DI TORTONA,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo
studio dell'avvocato GIORGIO ALLOCCA, che lo difende anche disgiuntamente
all'avvocato ANTONIO MARIA DEL POGGIO, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
BOVERI ARNALDO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 571/98 della Corte d'Appello di TORINO, emessa il
19/03/98 e depositata il 21/05/98 (R.G. 1674/97);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/00
dal Consigliere Dott. Donato CALABRESE;
udito l'Avvocato Mario MENGHINI;
udito l'Avvocato Giorgio ALLOCCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Stefano
SCHIRÒ che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e
l'inammissibilità del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 15.2.1996 l'Istituto diocesano per il sostentamento del
clero della Diocesi di Tortona chiedeva alla Sezione specializzata
agraria del Tribunale di detta città di accertare la validità della
disdetta del contratto di affitto intimata a Boveri Arnaldo con lettera
del 21.3.1994 e la condanna dell'affittuario al rilascio del fondo entro
il 10.11.1997, vale a dire alla scadenza legale del contratto.
Il convenuto non si costituiva in giudizio e l'adita Sezione con sentenza
del 25.9.1997, tenuto conto che il contratto era stato stipulato nel
1966, per cui ai sensi dell'art. 2 lett. e) l.n. 203/1982 la scadenza era
quella del 5.5.1997, condannava l'affittuario al rilascio entro il
10.11.1997 e al pagamento delle spese, in quanto conseguenti alla
soccombenza.
Il Boveri proponeva appello, chiedendo che venissero compensate le spese
del giudizio di primo grado. Sosteneva a sostegno del gravame come fosse
libera la parte di ottenere una sentenza di accertamento, ma come fosse
anche libero, e non sanzionabile, il comportamento dell'affittuario che
avesse deciso di attendere lo scadere naturale del contratto di affitto
per riconsegnare il terreno.
La Corte d'appello di Torino - Sezione specializzata agraria con sentenza
emessa il 19.3.1998, in riforma della decisione di primo grado,
dichiarava compensate nella misura del 50% le spese del giudizio come
liquidate dal Tribunale e compensava per intero quelle del giudizio di
appello. Riteneva la Corte che, essendovi un interesse della parte ad
agire, sussisteva la soccombenza, cui seguiva la pronuncia sulle
spese.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Boveri,
svolgendo un unico articolato motivo.
Ha resistito con controricorso l'Istituto diocesano suddetto, che ha
proposto anche ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Previamente i ricorsi vanno ai sensi dell'art. 335 c.p.c. riuniti.
Impugnando la decisione del Tribunale, che, accertata la validità della
disdetta intimatagli, lo aveva condannato al rilascio di un terreno e al
pagamento delle spese di giudizio in conseguenza della ritenuta
soccombenza, Boveri Arnaldo chiedeva che venissero compensate tali spese
e condannata la controparte (ovvero l'Istituto diocesano per il
sostentamento del clero di Tortona) al pagamento di quelle di secondo
grado, sull'assunto che non essendovi stata da parte sua opposizione alla
avversa domanda non fosse possibile ravvisare nel suo comportamento
nessuno degli elementi distintivi, della soccombenza.
La Corte d'appello con la decisione qui impugnata ha disatteso tale
richiesta - sia pure compensando per la metà le spese di primo grado e
per intero quelle di secondo grado - argomentando che quando viene
esercitata un'azione di accertamento [quale ritenuta quella di specie] se
il giudice riscontra l'interesse ad agire, come nel caso all'esame,
essendo la domanda palesemente diretta a precostituirsi un titolo
esecutivo per il rilascio del fondo alla scadenza del contratto sussiste
comunque la soccombenza e, pertanto deve seguire la pronuncia sulle
spese.
Ora, con il motivo di ricorso il Boveri, denunciando "violazione
dell'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. in relazione all'art. 91 c.p.c. in
relazione agli artt. 2 e 4 legge 3 maggio 1982 n. 203", deduce
l'erronea applicazione da parte della Corte d'appello del principio della
soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c., non potendo egli essere
considerato soccombente in ragione del suo comportamento processuale per
nulla contrario all'accoglimento della domanda attorea. La censura va
disattesa.
Come invero osservato in dottrina, poiché le spese della parte vittoriosa
debbono pur gravare su qualcuno, che non può essere la medesima parte
vittoriosa, non resta che addossarle alla parte soccombente, e non a
titolo di risarcimento dei danni per un comportamento che non è
assolutamente illecito (in quanto è esercizio di un diritto), ma solo
come conseguenza obiettiva della soccombenza e senza natura
sanzionatoria.
Non può, d'altro canto, rilevare che la parte contro cui il giudizio
venga promosso resti completamente inerte e non deduca nulla in contrario
all'accoglimento della domanda dell'attore, giacché trattasi, in tal
modo, di comportamento neutro che invero non implica l'esclusione del
dissenso ne' importa l'adesione alla avversa richiesta, e sta di fatto
che è ritenuto soccombente e merita la condanna al rimborso delle spese
giudiziali il convenuto contumace, oppure il convenuto che, pur avendo
riconosciuto la fondatezza della pretesa altrui, non abbia fatto nulla
per soddisfarla, si da rendere superfluo il ricorso all'autorità
giudiziaria (v. Cass. n. 6722/1988), ciò che avrebbe ben potuto essere
realizzato nel caso in esame, una volta che il conduttore, ricevuta la
disdetta, avesse espresso la propria disponibilità a rilasciare il fondo
alla scadenza richiesta.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Da rigettare è pure il ricorso incidentale dell'Istituto diocesano per il
sostentamento del clero di Tortona, che, quanto alla compensazione delle
spese giudiziali operata dalla Corte di merito, lamenta la non congruenza
della relativa decisione e la insufficienza della motivazione.
Ed infatti, oltre a non aver violato il fondamentale principio per il
quale le spese non possono in alcun caso far carico alla parte vittoriosa
(in questo caso l'Istituto diocesano), la Corte ha dato sufficientemente
e adeguatamente conto della compensazione effettuata, fondandola sul
comportamento processuale per nulla ostile e defatigatorio, del
Boveri.
Le spese del giudizio di legittimità - a loro volta sono tra le parti
compensate in ragione della reciproca soccombenza in confronto alle
rispettive domande.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio
di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2000.
Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2001