Devo dissentire da quanto diceva il Collega Corrado, tra le dichiarazioni
dell'accertatore che NON fanno fede sino a querela di falso e che, dunque,
possono essere sconfessate con gli ordinari mezzi di prova, compresa quindi
la prova per testi, vi sono quelle che rivengono dalla sfera di percezione
dell'accertatore, che, essendo un essere umano, come tutti può sbagliare nel
leggere un numero di targa. C'è giurisprudenza di cassazione sul punto
Cass. civ., sez. I, 10-04-1999, n. 3522 - Pres. Rocchi A - Rel. Papa E -
P.M. Morozzo Della Rocca F (diff.) - Prefettura Cremona c. Bertazzoni
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 7 marzo 1995, depositata col n. 29 il 27 aprile successivo,
il Pretore di Crema ha accolto l'opposizione proposta da Mario Bertazzoni
avverso l'ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Cremona n. 311 in data 9
maggio 1994, per il pagamento della somma - comprensiva di spese - di lire
211.500, dovuta per violazione dell'art. 146 comma 2 cod. strad., avendo
ritenuto, alla stregua del materiale probatorio acquisito, non esservi prove
sufficienti della responsabilità di lui (circa l'attraversamento di un
incrocio stradale, alla guida della propria autovettura, malgrado il
semaforo, ivi posto, proiettasse luce rossa nella sua direzione di marcia),
in quanto la 'semplice percezione sensoriale dell'agente accertatore' non
solo era apparsa non riscontrata, ma era risultata, addirittura,
contraddetta dalla deposizione testimoniale di Palmira Tosetti, la quale
ultima, pure essendo moglie trasportata dell'opponente, aveva offerto un
certo riscontro di attendibilità della tesi difensiva - attraverso le
annotazioni, sulla propria agenda, degli impegni di lavoro, in qualità di
medico, nella giornata interessata dall'episodio in esame -.
Per la cassazione della sentenza medesima ricorre con un unico motivo, la
Prefettura di Cremona, non avendo, l'intimato, svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Denunzia la ricorrente Amministrazione, con un unico mezzo, 'violazione e
falsa applicazione degli artt. 2700 c.c. e 23 12° comma L. 24.11.81 n. 689,
in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.', in quanto il giudice del merito
avrebbe operato un'inammissibile inversione dell'onere della prova, col
ritenere carente la dimostrazione della violazione contestata, omettendo di
considerare che il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova
fino a querela di falso - con riguardo ai fatti attestati dal pubblico
ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza -, talché le risultanze
corrispondenti non possono venire indubbiate attraverso emergenze
processuali diverse, e, tanto meno, attraverso i riferimenti testimoniali di
persona definita dallo stesso pretore 'per qualche guisa interessata'.
Il ricorso si rivela infondato.
L'impostazione della censura, sotto il generale profilo della ripartizione
dell'onere probatorio, nella materia in esame, non può essere seguita,
giacché proprio l'art. 23 comma 12 della legge 689/1981 vale a fondare
l'affermazione dell'incidenza dell'onere medesimo - per ciò che attiene alla
sussistenza della violazione contestata - sull'amministrazione (v., per
tutte, Cass. 7815/1997), secondo l'univoca regola di giudizio che,
attraverso l'accoglimento dell'opposizione, pone a carico
dell'amministrazione medesima le conseguenze della mancanza di 'prove
sufficienti della responsabilità dell'opponente'.
Individuato il principio generale sulla distribuzione dell'onere della
prova, la questione da risolvere rimane quella della valenza probatoria di
atto pubblico (che fa piena prova, fino a querela di falso, dei 'fatti che
il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza', ai sensi dell'art.
2700 c.c.) del processo verbale di accertamento, questione che non può
essere risolta in via generale - senza giungere sostanzialmente a negare la
stessa possibilità, nella maggior parte dei casi, di esperire l'opposizione
-, ma deve necessariamente tener conto delle peculiarità del caso in esame,
e, così, dell'efficacia, in concreto, dello stesso processo verbale. Si
tratta quindi, con riguardo alla presente ipotesi (attraversamento di un
crocevia mentre il semaforo proiettava la luce rossa), di stabilire se
l'opponente potesse essere ammesso a provare, altrimenti che con la querela
di falso, circostanze contrarie a quelle risultanti, in ordine al fatto
oggetto di contestazione, dal ripetuto processo verbale.
Sul punto, il collegio non ha ragione di discostarsi dall'orientamento
espresso in Cass., Sez. un., 12545/1992.
Alla stregua di esso, si premette che non è dato dubitare della natura
dell'atto in esame, il quale "assume la natura di elemento essenziale di una
fattispecie, che può essere oppugnata solo con la querela di falso, perché è
espressione di un'attività pubblica diretta specificamente alla
documentazione": con la precisazione che l'atto pubblico del quale trattasi
risulta 'tipizzato' - come processo verbale 'dell'avvenuta contestazione' o,
espressamente, come 'verbale di accertamento', rispettivamente negli artt.
200 del nuovo codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285) e 383 del
relativo regolamento di esecuzione (d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495), il cui
art. 385 comma 3 vale inoltre a fondare un potere-dovere di verbalizzazione
immediata della violazione, con salvezza della successiva notifica (di uno
degli originali o della copia autenticata ovvero dell'apposito modulo
prestampato in caso di utilizzazione di sistemi meccanizzati). Tanto
precisato in ordine alla natura dell'atto, ciò non toglie che l'ambito della
cd. fede privilegiata debba restare limitato, secondo la disciplina
codicistica, alla 'provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo
ha formato', alle 'dichiarazioni delle parti' ed agli 'altri fatti che il
pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti'. In
particolare, con riguardo ai fatti da ultimo indicati, deve osservarsi che
"la fede privilegiata non può essere attribuita né ai giudizi valutativi, né
alla menzione di quelle circostanze relative a fatti avvenuti in presenza
del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti
personali, perché mediati attraverso l'occasionale percezione sensoriale di
accadimenti che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e
controllare secondo un metro obiettivo, senza alcun margine di apprezzamento
(tipico è l'esempio dell'indicazione di un corpo o di un oggetto in
movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del
verbalizzante). Là dove la percezione sensoriale può invece essere
organizzata staticamente (per esempio, con riguardo alla descrizione di uno
stato dei luoghi, senza oggetti in movimento), non esiste alcun margine di
apprezzamento e l'atto dispiega la propria fede privilegiata". Con la
conseguenza che "l'atto conserva poi la sua forza probatoria tipica, quando
la parte controinteressata non svolge contestazioni afferenti alla
possibilità di un errore di apprezzamento sensoriale (in tal modo godendo
della facoltà di prova contraria, con tutti i mezzi, compresi quelli
presuntivi), ma intende provare che le dichiarazioni delle parti e gli altri
fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui
compiuti sono diversi da quelli attestati, perché in tal caso non si
contesta l'apprezzamento ed il giudizio sensoriale del pubblico ufficiale,
ma si vuole affermare direttamente la falsità dell'atto, e ciò è possibile
fare solo attraverso la querela di falso" (così Cass., Sez. un., 12545/1992
cit.).
Alla stregua dei criteri enunciati, non è dato dubitare della mancanza -
affermata dal giudice 'a quo' - di fede privilegiata del verbale in esame,
nel punto in cui afferma l'avvenuto transito dell'autovettura del
Bertazzoni, al crocevia, mentre il semaforo proiettava nella direzione di
marcia di lui la luce rossa: si tratta, infatti, di un'evidente valutazione,
consistente nell'individuazione e necessaria correlazione fra accadimenti
relativi a corpi e congegni in movimento, affidata, come - senza
contestazione alcuna - si legge in sentenza, con riguardo alla specifica
doglianza dell'opponente, alla 'semplice percezione sensoriale dell'agente
accertatore'. Da ciò deriva, da un lato, che il verbale costituiva, sul
punto controverso, solo un utile elemento di giudizio, nell'ambito della
regola generale enunciata in premessa sull'onere probatorio, e, dall'altro,
che era consentito al giudice del merito ammettere la prova contraria alle
corrispondenti risultanze dell'atto, relative alla stessa sussistenza della
violazione amministrativa; ferma restando, infine, l'incensurabilità della
valutazione complessiva delle contrapposte emergenze, con applicazione, in
caso di dubbio, della regola di giudizio enunciata dal cit. art. 23 comma 12
legge 698/1981. Ciò che appunto è avvenuto nel caso in esame, con
conseguente infondatezza del ricorso proposto.
Al relativo rigetto non conseguono statuizioni sulle spese, stante la
mancata costituzione dell'intimato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
> conto di Corrado Amoroso
> Inviato: martedì 7 luglio 2009 14.55
> A: legalit
> Oggetto: [legalit] Re: Errore dell'agente accertatore o clonazione
> della targa? - Comunicazione ex art. 126 bis c.2 CdS
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