Domenica 14 Dicembre 2025
S. Giovanni della Croce (m); S. Venanzio Fortunato
3.a di Avvento (anno A)
Is 35,1-6a.8a.10; Sal 145; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11
Vieni, Signore, a salvarci
PREGHIERA DEL MATTINO
Questa mattina, o Dio, ti ascolterò, sarò attento a quello che mi vuoi dire. Io
non farò come i contemporanei di Giovanni Battista. Verificherò parole e
argomenti. Non voglio camminare a bacchetta seguendo il primo venuto, voglio
sopportare anche delle domande difficili. Epoca di Avvento - epoca di attesa -
non è solo l'epoca dell'attesa della tua venuta. Quando ti avvicini a me, o
Dio, è il momento in cui cerco un orientamento, il momento di un nuovo inizio,
dell'ascolto, il momento di essere attento a segni: a quelli che potrebbero
mostrarmi il cammino, se solamente io mi lasciassi condurre. Diventare attento,
ascoltare, fare la differenza, convertirsi, ripartire da zero: fammi imparare
tutto questo, o Dio. Amen.
ANTIFONA D'INGRESSO
Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è
vicino. (Fil 4,4.5)
COLLETTA
Guarda, o Padre, il tuo popolo, che attende con fede il Natale del Signore, e
fa' che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della
salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
PRIMA LETTURA
Ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi.
Dal libro del profeta Isaia 35,1-6.8a.10
Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come
fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la
gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria
del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche,
rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio,
non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli
viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno
gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia
la lingua del muto. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via
santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con
giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li
seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.
Parola di Dio.
SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 145)
R: Vieni, Signore, a salvarci.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. R.
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri. R.
Egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R.
SECONDA LETTURA
Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del
Signore è vicina.
Dalla lettera di san Giacomo apostolo
5,7-10
Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate
l'agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché
abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi,
rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non
lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il
giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di
costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.
Parola di Dio.
CANTO AL VANGELO (Is 61,1)
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia.
VANGELO
Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo attenderne
un altro?
+ Dal Vangelo secondo Matteo 11,2-11
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere
del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve
venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a
Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi
camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai
poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di
scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni
alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal
vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di
lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!
Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più
che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: "Ecco, dinanzi a te io
mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via". In
verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di
Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di
lui».
Parola del Signore.
OMELIA
Che cosa siete andati a vedere nel deserto? E' un interrogativo che spinge la
gente a riflettere. Non una canna, non un uomo vestito di lusso... Avete
incontrato nel deserto un profeta, il messaggero che è venuto a preparare la
via, il più grande tra nati di donna, ma il più piccolo nel regno dei cieli è
più grande di lui. Parole misteriose, ma che vogliono farci riflettere sulla
grandezza che ci ha regalato battesimo mediante il quale siamo entrati a far
parte al nuovo regno di Dio, inaugurato con la morte redentrice del Salvatore.
Accogliendo quindi il suo vangelo e vivendolo con coerenza, si diventa più
grandi di Giovani perché viviamo nella nuova economia di grazia. Giovanni è in
prigione. Avverte che i suoi giorni sono contati. Con un re feroce come Erode
non si scherza e tanto meno con la furia di una donna a cui viene rinfacciata
la sua spudorata infedeltà. Egli, dalla prigione, invia i suoi discepoli a Gesù
per domandare se egli fosse davvero il Messia: Gesù risponde citando Isaia
35,5, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, in cui si descrive l'esultanza
del popolo che fa ritorno a Gerusalemme, accompagnato dalla natura in festa. Si
celebra così quello che spesso viene chiamato "secondo esodo": il
ritorno del popolo ebreo in Gerusalemme dopo la deportazione babilonese. Ma il
vero esodo dalla schiavitù del peccato si verifica tramite il Messia che porta
gioia in tutti i cuori con guarigioni miracolose e con la liberazione dal
dominio del demonio. Alla domanda se fosse proprio lui il Messia, Gesù risponde
di riferire al loro maestro quanto vedono e sentono. Il Battista vede terminare
la sua missione dal momento che il Messia è arrivato e potrà ormai lasciare
questo mondo, contento di aver creato questo contatto tra i suoi discepoli e
Gesù, alla cui sequela si metteranno dopo la sua decapitazione. Per entrare nel
mistero della fede sono necessarie la calma, la pazienza. E' quella che
raccomanda San Giacomo portando come esempio il contadino che attende con
serenità il frutto della seminagione o anche i profeti, che hanno dovuto subire
persecuzioni, prigioni e anche morte. Forse Giovanni resta alquanto sconcertato
dalle notizie che gli vengono riferite circa l'annunzio di salvezza che Gesù
opera con tanta amabilità, con tanta bontà, favorendo i peccatori, gli umili,
gli ultimi. Un novità per lui che grida nel deserto. Per noi invece è una dolce
notizia perché nella nostra malattia non desideriamo un medico senza cuore che
estirpi il male senza misericordia, ma un medico pietoso che guarisca,
infondendo fiducia nella ripresa. E' fonte d'immensa gioia potersi sentire
dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati! Va in pace! Questo compie la misericordia
di Dio mediante il suo ministro nel sacramento della riconciliazione. (Padri
Silvestrini)
PREGHIERA SULLE OFFERTE
Sempre si rinnovi, Signore, l'offerta di questo sacrificio, che attua il santo
mistero da te istituito, e con la sua divina potenza renda efficace in noi
l'opera della salvezza. Per Cristo nostro Signore.
ANTIFONA ALLA COMUNIONE
Dite agli sfiduciati: «Coraggio non abbiate timore: ecco, il nostro Dio viene a
salvarci».
PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE
O Dio, nostro Padre, la forza di questo sacramento ci liberi dal peccato e
ci prepari alle feste ormai vicine. Per Cristo nostro Signore.
MEDITAZIONE
Il povero, cammino d'unità Io vivo con un popolo che non ha parola: quelli che
sono esclusi dagli affari del mondo, che sono rifiutati, considerati come
pazzi, e che spesso sono lontani anche dalla "Buona Novella" di Gesù.
Sì, io voglio, in certo modo, essere solidale con coloro che nel mondo sono
esclusi a causa di un handicap fisico o mentale. Voglio anche unirmi ai loro
genitori che soffrono tanto profondamente. E voglio parlare a nome di quelli
che non hanno una casa. Alcuni sono nelle prigioni dei nostri Paesi, in celle
così piene da scoppiare, condannati a causa della loro attività politica e
della loro lotta per la giustizia, della loro fede in Gesù o delle loro azioni
contro la legge. Altri sono negli immensi campi per profughi; altri ancora sono
immigrati in terre straniere. Voglio parlare a nome di quelli che sono
intrappolati nel mondo della droga, gli emarginati, quelli che sono schiavi
della prostituzione, quelli che sono soli, i vecchi, quelli che hanno fame, i
lebbrosi, gli ammalati, i moribondi. Voglio parlare a nome dei bambini che
soffrono e, in modo particolare, di quei bambini che sono rifiutati ancor prima
di nascere. Voglio parlare a nome di tutti quelli che si sentono inutili, non
voluti, un peso sulle spalle della società, un ostacolo per le persone
cosiddette "normali", i ricchi. I loro cuori sono feriti. Vivono
nell'angoscia e nel senso di colpa perché nessuno, nessuno ha mai detto loro
che erano preziosi e importanti. Posso parlarvi di Paolo? Ora ha ventidue anni.
L'abbiamo visto qualche anno fa in un ospedale, cieco, sordo, col cervello
gravemente leso. È stato abbandonato, all'età di quattro anni, dalla sua
famiglia che, molto provata, non aveva potuto sopportare la sua malattia. Non
aveva mai udito queste parole: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi
sono compiaciuto", parole così indispensabili per la sicurezza, la
crescita e la pace di ogni bimbo. Proprio perché non aveva vissuto un profondo
rapporto di amore, di comunione, di fiducia con i suoi genitori si era chiuso
dietro spesse mura psicologiche, soffocato dai dolori acuti dell'angoscia,
della solitudine e della colpa, che sono le grandi sofferenze dell'uomo. Dico
"di colpa", perché molto spesso chi è rifiutato dal mondo pensa che,
se è stato rifiutato, è perché non è buono a nulla, è perciò cattivo. Paolo
vuole tanto essere amato, eppure ha paura di essere amato. Quando si è stati
feriti nel proprio cuore, come lo è stato lui, gli altri diventano pericolosi e
si è obbligati a nascondersi dietro a mura di paura e di sospetto. Occorrerà
molto tempo perché Paolo abbatta queste barriere, che forse non cadranno mai
del tutto. Tutto ciò richiederà molti anni, durante i quali noi saremo chiamati
a toccare il suo corpo con rispetto, a lavare il suo corpo con tenerezza, a
vestirlo, a giocare con lui e a sollevarlo con gioia, sperando così di fargli
scoprire che, proprio lui, è bello e importante. A poco a poco, speriamo che
scoprirà che non vi è per lui alcun pericolo nell'uscire fuori dalle mura che
si è costruito, che può aprirsi alla fiducia e credere in se stesso, che può
vivere, che c'è speranza. Chi è oppresso e abbandonato aspetta, come Paolo,
qualcuno che starà con lui, che entrerà in un rapporto di fiducia reciproca con
lui, che camminerà con lui, che gli dimostrerà la sua dignità e che è un figlio
prezioso del Padre. Chi è abbandonato e inutile è spesso incapace di lottare
per la sua liberazione, è troppo stanco, troppo debole, troppo povero, troppo
malnutrito, troppo ammalato. Sulla nostra terra, circa 2000 anni fa, la parola
eterna del Padre si è scritta nella nostra storia. Il Verbo si è fatto carne, è
diventato un Bambino nel grembo di Maria, sposa di Giuseppe. Maria l'ha dato
alla luce in una grotta a Betlemme. Egli ha abitato fra noi. Egli ha fatto
percepire a noi, uomini e donne di ogni età, la nostra bellezza. I suoi occhi,
le sue mani e la sua voce hanno insegnato ai lebbrosi e a Maria di Magdala che
erano importanti. Ma noi non l'abbiamo accolto. È venuto fra i suoi, ma i suoi
non l'hanno accolto. Noi l'abbiamo respinto, l'abbiamo imprigionato, l'abbiamo
torturato, l'abbiamo crocifisso. Eppure, per mezzo del suo corpo spezzato e del
sangue che ha versato in sacrificio, egli ha rivelato proprio a noi, uomini e
donne di ogni luogo e tempo, che siamo amati, infinitamente amati dal Padre.
Noi non siamo un popolo condannato e malvagio, ma un popolo rinato nel perdono
e nella speranza tramite lo Spirito di Gesù. E oggi Gesù continua a camminare
su questa terra, ma in noi che siamo la sua Chiesa, i suoi discepoli e, anzi, i
suoi amici. Siamo noi il suo corpo, il suo Corpo mistico. Egli vuole che siamo
le sue mani, i suoi occhi, la sua voce, il suo viso e il suo cuore per far
capire ai vari Paolo, come a tutte le persone del mondo e, in particolare, ai
più poveri e ai più deboli, che sono preziosi per il Padre e che sono capaci di
crescere per portare la vita agli altri. Egli ci manda, con la potenza del suo
Spirito, per essere con i poveri, camminare con i poveri, stare sempre con
loro, e non solo venire a trovarli di tanto in tanto, per migliorare le loro
condizioni di vita, non solo, sebbene ciò sia importante, per impartire loro
degli insegnamenti teorici e ideologici, ma per vivere un rapporto autentico
con loro, un'alleanza. Egli non vuole che abbiamo paura; egli vuole che abbandoniamo
le nostre sicurezze di santità, di potere e di sapere perché possiamo aprire
loro le nostre case per andare a vivere nel loro quartiere e per diventare con
loro un corpo, una comunità, una comunione, per diventare con loro Chiesa di
Gesù Cristo in modo più veritiero. È così che noi cresceremo insieme, in nome
di Gesù, nella libertà, a dispetto delle tirannie e dell'oppressione; noi
costruiremo insieme delle comunità di riconciliazione, dove ognuno troverà il
suo posto, dove gli uomini e le donne potranno cooperare fra loro, nel rispetto
e nell'amore delle loro differenze, e dove le famiglie cristiane potranno
accrescersi ed espandersi nell'amore. Paolo mi ha insegnato tanto. Mi ha
insegnato che il Padre, se si cela nella bellezza della creazione, nello
splendore delle liturgie e nella saggezza dei teologi e dei sapienti, si cela
anche nel corpo straziato dei lebbrosi, degli ammalati, di quelli che soffrono.
Si cela anche nel bambino: " Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome,
accoglie me; e chiunque accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato".
Chi può credere in questo messaggio, che l'eterno Dio Onnipotente si trova nei
piccoli, negli inermi, negli oppressi e nei sofferenti di questo mondo; che
vivere con loro significa vivere con la santa Trinità, Padre, Figlio e Spirito
Santo? Come Gesù è l'immagine del Padre, il figlio abbandonato, respinto, è
l'immagine di Gesù e, quando noi istituiamo un rapporto di fiducia con lui,
entriamo in un rapporto di fiducia con Dio. " Egli si è caricato delle
nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori... per le sue piaghe noi
siamo stati guariti ". Paolo mi ha fatto capire che la cosa più preziosa
in me è il mio cuore. La mia testa e le mie mani non hanno valore se non nella
misura in cui sono a servizio dell'amore e del rapporto fondato su un'alleanza,
che deriva dall'alleanza con Gesù. È vero che la sua debolezza, la sua
fragilità, la sua fiducia mi hanno risvegliato, mi hanno chiamato in causa e,
oserei dire, mi hanno portato sulla strada della guarigione e dell'unità. Mi
invita a passare dall'isolamento del mio orgoglio e delle mie paure alla
compassione, alla comprensione, alla tenerezza e alla partecipazione. Ma non è
solo questo che mi ha insegnato Paolo: mi ha insegnato qualcos'altro. Mi ha
fatto capire che in me ci sono degli spazi di odio, di violenza, di
depressione, di paura; ha risvegliato in me alcune profonde ferite di angoscia,
di cui ignoravo l'esistenza e che dormivano nel profondo, dietro alle mie
barriere di potere, capacità, conoscenza, ipocrisia e desiderio di essere
ammirato. Camminando con i poveri, ho toccato con mano la mia povertà. Le loro
ferite mi hanno fatto percepire le mie. Mi hanno mostrato la mia paura di
seguire davvero Gesù con fede, umiltà e povertà, e quante volte ho voluto
fuggire, rifugiarmi nel sapere, nei sogni per il domani, nel potere e nelle
sicurezze umane. Sì, i poveri mi urtano. Il grido profetico che alzano per
essere compresi, per ottenere un po' di amicizia e perché si dia loro una
possibilità, mi ha rivelato la mia durezza, il mio egoismo, il mio peccato e la
mia resistenza ad ogni cambiamento interiore. Mi hanno fatto capire quanto io
sia prigioniero delle mie paure e della mia cultura. Eppure, io so che la mia
alleanza è con loro; è in loro e con loro che io incontro Gesù Cristo; Gesù
nascosto in chi ha fame o sete, in chi non ha casa o vestito, in chi è
straniero, ammalato o prigioniero; Gesù la vita del mondo. E io devo imparare a
incontrare Gesù, non solo nella povertà di Paolo, ma anche nella mia povertà.
Ho bisogno di Gesù, nostro Salvatore, per imparare ad amare. Sì, io so che è
vero: Gesù, che ama, è nascosto nelle ferite di Paolo, ma lo è anche nelle mie
ferite. Il suo cuore ferito e colpito a morte è nascosto nella piccolezza,
nella debolezza, e nelle ferite dell'umanità. Il suo cuore è un'immensa fonte
d'amore, nascosto nel cuore della Chiesa, nascosto nel regno di Dio che è
presente oggi fra noi, in tutto ciò che appare nel linguaggio del nostro mondo,
perduto e disperato. Tutti noi siamo invitati a bere, bere a pieni sorsi al
cuore di Cristo; bevendo, noi, cioè la Chiesa, possiamo diventare un rifugio
per tutti quelli che, in questa terra, sono isolati ed oppressi. Cristo ha
posto chi ha fame e chi soffre fra le braccia della sua Chiesa, affinché possano
guarirci, farci scendere dai nostri piedistalli di potere e di ricchezza e
guidarci verso la saggezza delle beatitudini. Sì, l'unità alla quale noi
tendiamo, l'unità del corpo, non può esserci se noi non diveniamo
"uno" con Gesù e "uno" con gli esclusi del mondo. Saranno
costoro a guidarci alla Città Santa, quelli che accorrono, saltellando di
gioia, alla festa delle nozze, mentre i ricchi hanno rifiutato l'invito.
Imparando a lavare loro i piedi, a chiedere loro perdono, imparando a camminare
umilmente con loro, scopriremo, proprio mentre ci insegnano a spogliarci delle
nostre ricchezze, la ricchezza dell'amore e della verità nascosta nei loro
cuori, nascosta a volte dietro la collera, la depressione e la malattia. E noi
saremo uniti, non in un desiderio di vendetta o di odio nei confronti dei
ricchi e degli oppressori, ma con i cuori pieni di perdono. Sì, la forza
dell'amore di Gesù, vissuto nell'unità e nella partecipazione, è più forte
della potenza delle armi più terribili. La Chiesa fondata da Gesù, crocifisso e
risuscitato, animata dallo Spirito Santo, affidata agli apostoli così come alle
donne e a Maria, madre di Gesù, e ai suoi fratelli, come si dice negli Atti, è
chiamata, oggi come ieri, ad essere una Chiesa umile e fiduciosa
nell'annunciare con audacia la "meravigliosa novella" della pace e
della salvezza. Essa è chiamata a essere una Chiesa ospitale, una Chiesa che è
povera e cammina accanto al povero; una Chiesa che comprende e che vive il
potere della non-violenza (un uomo come il Mahatma Gandhi ha vissuto ciò con
grande verità), una non-violenza che non è debolezza, ma forza. È chiamata a
essere una Chiesa pronta a entrare nella lotta contro le forze del male e
dell'odio, descritte nel libro dell'Apocalisse come la bestia e il drago. Così ciascuno
di noi è chiamato a essere il viso e il cuore di Gesù, l'Agnello di Dio,
offerto in sacrificio; ciascuno è chiamato a essere pronto a dare la vita per
amore, in unione con Gesù crocifisso e risuscitato, in compagnia di tutti
quelli che hanno dato la vita prima di noi o che soffrono oggi la
crocifissione. E se oggi non possiamo bere tutti insieme allo stesso calice il
sangue di Cristo, beviamo insieme allo stesso calice la sofferenza, la
sofferenza della divisione, della divisione fra noi come della divisione fra
noi e i poveri e i sofferenti. Che possiamo rinnovare, con una umiltà più
grande, la nostra totale fede in Gesù, vita del mondo! Gesù, la notte in cui fu
tradito, prese il pane, lo benedisse, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e
disse: "Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo". Spezzò
il pane, segno del suo corpo spezzato. Anche noi siamo il suo corpo spezzato.
La Chiesa è spezzata: l'umanità è spezzata. Piangiamo e chiediamo perdono a
Dio, chiediamo perdono gli uni agli altri, e a tutti gli uomini e le donne
della terra, soprattutto ai più poveri e ai più deboli, per avere così spesso
sfigurato il messaggio di Gesù. Lasciamo allora che si impossessi oggi del
cuore di ciascuno di noi, lo benedica e lo spezzi, spezzando così la nostra
durezza e il nostro orgoglio, e lo doni, rinato nell'amore e nell'umiltà,
trasformato in sé dallo Spirito Santo, a tutti gli uomini e a tutte le donne e,
in particolare, a chi è povero, isolato o perduto. Ma noi, corpo spezzato,
cerchiamo di diventare "un" corpo nella Città Santa, dove nessuno è
escluso e dove l'ultimo e il più debole hanno il loro proprio posto. È la
nostra speranza per la vita e per la redenzione di tutti gli uomini e di tutte
le donne. E questo si realizzerà quando diventeremo davvero figli suoi, che con
una profonda fede in lui pregano davvero: "Padre nostro".
JEAN VANIER