"Vera Buona Musica" vs. "musica spazzatura"..?

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Cinzia de Robertis

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Dec 3, 2010, 5:09:25 AM12/3/10
to LAMAndria
Esiste davvero una distinzione tra "Vera Buona Musica" e "musica
spazzatura"?

Per ognuno di noi ci sarebbe una risposta diversa, chi cercherà di
convincere che la sola buona musica è quella dei Beatles, chi
ribatterà che non potrebbero mai reggere il confronto con Bach e chi
sarà fermamente convinto che nulla possa essere meglio di un buon
pezzo di musica elettronica.

C'è un canone universale per distinguere il "bello" dal "brutto"? E
davvero tutto ciò che è "musica commerciale" è da buttare via?

:)

Luciano Morciano

unread,
Dec 3, 2010, 6:09:09 AM12/3/10
to lama...@googlegroups.com
Secondo me il problema nasce proprio dalla distinzione tra buona musica e musica spazzatura.
Tutto ciò che è musicale non è degno di essere definito spazzatura.
Forse spazzatura sono quelle persone che scrivono, compongono al puro scopo di vendere. Ma il prodotto finale anche se scritto col proposito di essere venduto può anche piacere al più esperto degli ascoltatori.
Ma del resto non è sempre stato così? Da Mozart a Quincy Jones (produttore di Michael Jackson)  le geniali menti si sono anche sapute vendere. E per me, sinceramente, va bene così.

Luca Rossetto Casel

unread,
Dec 3, 2010, 7:55:39 AM12/3/10
to LAMAndria
Problema quanto mai spinoso, col quale tutti - io credo - abbiamo
prima o poi avuto a che fare; e di cui tutti abbiamo prima o poi,
illusi!, creduto di aver individuato il nocciolo, e brillantemente
risolto... fino alla volta dopo.

Esiste musica "brutta"? Per prima cosa, occorrerebbe definire il senso
di quell'aggettivo: "brutta" in quanto percepita come (per me)
sgradevole? Ma allora il problema non avrebbe soluzione, essendo
riducibile a una sfera puramente soggettiva. E che dire, poi, di un
pezzo concepito in modo volutamente disturbante (per esprimere,
inducendolo nell'ascoltatore, il disagio del compositore stesso, o di
un individuo da questi messo in scena; per dare voce a una forma di
alienazione, subita o cercata...)?

Allora, "brutta" relativamente a caratteristiche oggettive. Sì, ma
oggettive rispetto a che? Occorre distinguere tra la musica in sé e la
sua esecuzione: quante volte si sente dire (si dice!) che un
determinato pezzo sia stato rovinato da un cattivo interprete - o, per
contro, difendiamo l'"inossidabilità", il valore intrinseco (e ci
risiamo...) di una composizione affermando che la sua bellezza
resisterebbe alla peggiore esecuzione?

Continuo dopo...

Luca Rossetto Casel

unread,
Dec 3, 2010, 11:40:20 AM12/3/10
to LAMAndria
...riprendo.

Dunque, come stabilire la qualità di un pezzo di per sé, al di là
della sua esecuzione, o di una possibile esecuzione? E, di
conseguenza, in base a quali caratteristiche l'interpretazione di tale
pezzo potrà essere considerata "buona" o "non buona", adeguata o
inadeguata?

Personalmente, ho sempre trovato affascinante il principio di
valutazione ideato da Eduard Hanslick (1825-1904), uno dei "padri
nobili" della critica musicale moderna. Lo espone, con molta
chiarezza, in un saggio del 1854 intitolato _Del bello musicale_ (che
potete trovare nella biblioteca al secondo piano. Per Hanslick,
l'unico aspetto della musica che si presta a un giudizio estetico
oggettivo è quello formale: il pezzo va osservato e valutato da un
punto di vista architettonico, in base alla coerenza interna della
propria struttura. L'analisi musicale è perciò sostanzialmente analisi
della forma.

Ora, Hanslick elabora la sua teoria in un contesto storico e culturale
ben preciso, che ne determina in una certa misura la formulazione.
Però, credo che il principio generale rimanga comunque valido: la
validità di una composizione risiede nella composizione stessa, nella
coerenza della sua costruzione, nella funzionalità della sua
struttura.

Che ne dite? È un discorso un po' complesso, soprattutto senza la
possibilità di applicarlo su qualche esempio, ma spero di essere
riuscito a renderne i tratti generali. Resto comunque a disposizione!
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