Duncan
unread,May 10, 2013, 10:21:35 PM5/10/13Sign in to reply to author
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to LA NUOVA REPUBBLICA (renovatio)
E' una vita che combatto
contro questo foglio bianco,
è una vita che scrivo
e riscrivo, riscrivo,
ad orari impossibili,
e la febbre negli occhi
e riscrivo sopra i miei personaggi,
e cambio senza sosta i dialoghi,
finché quei fogli sono un manicomio,
e quei dialoghi diventano mille vite pararllele,
che devo poi tagliare, e fondere, e riscrivere,
e ogni versione scalpita,
fino allo strazio che è un parto , della sintesi suprema,
quando mi arrendo all'ultiva versione,
quando incorono finalmente le parole.
E' una vita che lotto contro i Demoni,
che mi si arrampicano sulla schiena
e mi mostrano i segni sul freddo.
La morte mi arrivò a un passo,
il fucile già era pronto a sparare,
quando lo Zar commutò la condanna,
Lo Zar voleva farci cagare l'anima prima,
farci godere lo strazio del conto alla rovescia,
per poi infliggergi la sua benigna compassione,
che piacere per lui salvarci appena qualche attimo prima,
La morte non mi abbandonò più,
come l'epilessia,
e amai la vita in ogni suo straziante ciottolo.
Come si può fare morire anche solo una formica?
Come si può rinunciare anche ad un secondo di vita?
Qualunque cosa pur di vivere?
Come si può ferire anche solo un uccello?
e un bambino,
tutta la perfezione del mondo vada all'infenro,
se costerà anche solo una lacrima di una bambina.
Amai la vita in tutto il suo ghigno,
nelle strade di paese,
negli esaltati che divvenero i miei eroi,
e maledivano Dio perché lo amavano troppo,
amavano troppo il mondo da volerlo incendiare,
amavano troppo l'uomo da poterlo ucccidere.
A un soffio dalla morte,
lo zar ci spedì in Siberia,
e lì vissi coi morti,
gli umiliati e offesi,
gli stracci raggomitalati e strizzati.
Di troppo dolore ho fatto compassione,
di tutti quei volti altra febbre da vomitare sui libri,
E predicavo come fossi un ubriacone,
e forse bevevo proprio mentre predicavo,
Quando mia figlia è morta aveva solo tre mesi,
quando mio fratello è morto mi lasciò i suoi debiti,
e la roulette per uscire dai debiti,
e infognarmi di altri debiti e altre ossessioni.
E poi scrivere,
E' una vita che combatto contro il foglio bianco.
contro questa febbre
mi sveglia la notte e mi lancia nel buio,
che mi attorciglia l'anima
e mi erutta da dentro,
come grazia e condanna,
e riscrivo, riscrivo,
e ogni versione scalpita,
fino allo strazio che è un parto , della sintesi suprema,
quando mi arrendo all'ultiva versione,
quando incorono finalmente le parole.
Strano era vedermi con infagottato e con barba,
allucinato e perduto,
divorato dai sogni,
col plotone alle spalle,
e bramoso di vita,
di ogni piccolo ciottolo,
commosso da ogni colpo di vento,
innamorato dello sputo di un vecchio.
Di questa vita che mi squassava dentro,
di quegli esaltati dei miei personaggi,
che maledivano Dio perché lo amavano troppo.