Intervista a Vittorio Torrembini

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Mark Bernardini

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Jan 17, 2011, 4:24:10 AM1/17/11
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GIM-Unimpresa è nata circa quindici anni fa come associazione delle
grandi aziende italiane presenti a Mosca. Nel corso di questi tre
lustri essa si è trasformata nell’unica associazione delle imprese
italiane – segnatamente, anche e soprattutto quelle piccole e medie,
che costituiscono il tessuto vivo del “sistema Italia” – operanti
nella Federazione Russa, ed è membro associato della Confindustria. A
Vittorio Torrembini, residente in Russia da oltre vent’anni, che ne fu
Presidente agli albori, e che ne è nuovamente Presidente da poco meno
di tre anni, abbiamo rivolto alcune domande.

Oltre all’augurio di rito a tutti noi per un 2011 produttivo, è
opportuno iniziare analizzando l’anno che ci siamo appena lasciati
alle spalle. Quali sono stati i punti qualificanti della vostra
attività in Russia durante il 2010?

Uno dei punti più qualificanti è stato quello dell’accentuazione della
nostra presenza e della funzione della nostra associazione nei
confronti delle autorità governative russe. Vorrei ricordare solamente
l’incontro che abbiamo avuto a marzo 2010 con la ministra per lo
sviluppo economico Nabiullina, che ha ricevuto una delegazione del
GIM, durante il quale abbiamo affrontato una serie di problematiche
che riguardano gli investitori stranieri e i rappresentanti delle
comunità d’affari straniere in Russia, soprattutto quelle italiane.
Abbiamo poi messo a segno una serie di importanti contratti sia nel
settore energetico che in altri settori chiave dell’industria
italiana, che con il 2010 ha ripreso ad avere una presenza forse non
preponderante, ma comunque vicina ai livelli del 2008.

Nella comunità italiana in Russia talvolta girano voci circa una
vostra presunta predilezione per le grandi industrie (ENI, ENEL, FIAT,
Finmeccanica, ma sono solo degli esempi) a scapito delle piccole e
medie imprese. Come stanno realmente le cose? Quale quota, tra gli
associati, rappresentano le PMI? E, in ogni caso, come commenti queste
voci?

Sono voci legittime. La presenza delle piccole e medie aziende, che è
stato uno degli elementi caratterizzanti del GIM negli ultimi quindici
anni, lo è tuttora: circa l’80% degli iscritti all’associazione sono
piccole aziende, studi professionali, ecc.; però devo dire che la
nostra presenza in questo Paese si è profondamente modificata. Abbiamo
più di sessanta aziende che hanno attività produttive in Russia –
oltre alle grandi, abbiamo anche le piccole e le medie aziende – e
sostanzialmente è avvenuta una strutturazione della nostra presenza,
che ha fatto sì che anche le piccole e medie imprese acquisissero
delle strutture importanti. Insomma, la fotografia degli associati al
GIM rispecchia quella che è la realtà della presenza italiana in
questo Paese.

Su questo argomento vorrei però aggiungere che l’approccio che
dobbiamo avere sulla questione della piccola e media industria non può
essere tanto sulla presenza italiana in Russia e sul GIM, ma
soprattutto sulle PMI in Italia. Purtroppo, nel nostro Paese – per
effetto della crisi, del debito pubblico, delle politiche di sostegno
alle PMI che sono ridotte al lumicino – manca una strategia: le
necessità del mercato internazionale, che si è allargato e che vede il
nostro Paese perdere posizioni di anno in anno, fanno sì che anche la
struttura industriale italiana abbia bisogno di una modifica. Noi
necessitiamo di piccole e medie imprese che si associno, abbiamo
bisogno di aziende che lavorino per filiera, per reti. Questo è anche
uno degli obiettivi del GIM. La presenza italiana in questo Paese è la
dimostrazione di come effettivamente ci si stia muovendo in questa
direzione: abbiamo Società, studi, uffici di rappresentanza che in
buona parte dei casi rappresentano aziende specifiche, ma un’altra
notevole parte rappresenta gruppi di aziende. E’ questa la maniera
giusta per approcciare il mercato estero.

C’è anche un secondo punto che merita di essere sottolineato. Dicevo
prima che manca una politica a favore delle PMI. Ebbene, uno degli
obiettivi che non è stato centrato negli ultimi vent’anni nel nostro
Paese è quello di aggregare, attorno alle iniziative delle grandi
aziende, il lavoro delle piccole e medie imprese: strutturarlo,
coordinarlo. Noi abbiamo la presenza di ENI ed ENEL con grandi
attività industriali in questo Paese: l’obiettivo a regime è quello di
collegare le necessità delle subforniture delle aziende dell’indotto
al lavoro delle grandi aziende. Questa è la funzione che deve avere la
nostra associazione: quella di creare una rete attorno alle aziende
italiane che lavorano in Russia, per garantire lavoro anche alle PMI.
In altre parole, quello che era avvenuto in Italia negli anni ’60 e
’70 si deve ora trasferire nei mercati esteri dove siamo e dobbiamo
essere presenti. Questa è la differenza che possiamo riscontrare tra
il GIM del ’94-’95 e quello del 2010.

Cosa ci puoi dire della collaborazione tra GIM-Unimpresa e le
istituzioni italiane presenti in Russia, Ambasciata e Consolato in
primo luogo, ma anche Istituto per il Commercio Estero, Ente Nazionale
Italiano per il Turismo, l’agenzia di promozione della CCIAA di Milano
“Promos”, Banca Intesa, Unicredit, Camera di Commercio Italo-Russa?

Storicamente, è una collaborazione molto stretta ed estremamente
positiva, che in alcuni casi però risente del bilancio pubblico del
nostro Paese, che taglia in modo indiscriminato tutte le spese in modo
lineare, come suol dirsi, cosa che avrà anche permesso di salvare in
parte i conti pubblici, ma facendo questo si penalizzano soprattutto
quei settori – come il commercio estero – che al contrario avrebbero
bisogno di essere privilegiati. Quindi, come dicevo, i nostri rapporti
sono strettissimi, avendo creato un prototipo di collaborazione, un
“sistema Italia”. Purtroppo, spesso mancano risorse, e a volte mancano
anche “orecchi” italiani che ascoltino le nostre richieste.

Faccio alcuni esempi. Poco tempo fa abbiamo fatto una lettera di
protesta perché il Ministero aveva deciso di chiudere il desk che era
acquartierato all’interno dell’ICE, responsabile per la contraffazione
e la difesa della proprietà intellettuale. L’abbiamo inviata al
Ministro per protestare contro il fatto che un’iniziativa estremamente
positiva d’improvviso si sia deciso di chiuderla del tutto, quando
invece Russia, India e Cina sono i Paesi dove ce n’è più bisogno.
Insomma, questo tipo di collaborazione bisognerebbe trasferirla anche
in Italia. Noi come GIM, essendo un’arteria della Confindustria,
esprimiamo le nostre opinioni anche a livello nazionale quando vengono
i rappresentanti del governo italiano qui. E’ evidente che la stessa
cosa non può avvenire nel caso dell’ICE, che ha un ottimo ufficio che
svolge un lavoro enorme. Per fare un esempio, in proporzione a quello
della Germania, è decisamente superiore, ma è un’istituzione
vituperata e poco conosciuta, ed io dico sempre che se i tedeschi
avessero l’ICE che abbiamo noi qui a Mosca, probabilmente
riuscirebbero a raddoppiare l’interscambio con la Russia. Solo che i
tedeschi hanno 1.500 aziende, e noi ne abbiamo 80.000 da seguire. Se
qualcuno conoscesse il livello di lavoro che ha l’ICE, che ha la
Promos, che ha la Camera di Commercio Italo-Russa a livello di
richieste di informazioni quotidiane, capirebbe benissimo che è
assolutamente improponibile che una struttura del genere possa
rispondere a tutto ciò.

Che tipo di rapporti intrattenete con le istituzioni russe (Ministero
degli Esteri, Commercio Estero, Sviluppo Economico, Dogane, ecc.)?

Rapporti ottimi. Però molto aperti. Il “motto” del GIM è “volendo
essere amici di questo Paese, ci permettiamo anche di dire quando le
cose non ci vanno bene”, o quando ci sono delle osservazioni, delle
critiche da fare. Ho visto e detto che questo approccio viene
particolarmente apprezzato. Ho già citato l’incontro con la ministra
dello sviluppo economico Nabiullina. Ritengo che siamo l’unica
associazione imprenditoriale in Russia ad avere avuto un incontro
specifico col ministro dello sviluppo economico. Abbiamo inoltre lo
European Business Club, che è una sommatoria di lobbies di grandi
multinazionali di alcuni settori che si vede col ministro degli esteri
Lavrov, e non abbiamo alcun problema a confrontarci con i funzionari
del Ministero degli Esteri, ma anche con l’ambasciatore russo in
Italia Meškov. Insomma, i rapporti sono eccellenti e costruttivi. C’è
il grande tema delle dogane, che è uno dei punti dove manifestiamo di
più sia l’amicizia che la critica: effettivamente è uno di quei
“bubboni” che la stessa amministrazione pubblica russa non è ancora in
grado di gestire nella maniera dovuta, e che credo provochi dei danni
anche alla loro stessa economia ed imprenditoria. Io ho capito e vedo
che la stessa dirigenza russa è consapevole di questo fatto, e ritengo
che l’unione doganale tra Russia, Russia Bianca e Kazachstan sia un
tentativo di ricondurre a dei termini normali l’attività della dogana,
ma è un processo abbastanza complicato: teniamo presente che la dogana
russa incassa circa il 50% del budget di questo Paese.

Un altro stereotipo da sfatare è quello per il quale sareste presenti
solo a Mosca. Come stanno le cose, in realtà?

Noi siamo presenti dove ci sono gli italiani. Questi ultimi sono per
la maggior parte a Mosca. Ce n’è un buon gruppo a San Pietroburgo,
dove c’è una sezione del GIM, un’altra presenza – per il momento non
estremamente significativa – è a Ekaterinburg, anche qui stiamo
aprendo una filiale; un’altra filiale dovremmo aprirla a Krasnodar a
marzo del 2011, poiché vi si è concentrato un gruppo di aziende che
sono interessate soprattutto allo sviluppo delle attività legate alle
Olimpiadi invernali di Soči del 2014, presenti ormai in maniera
stabile.

Alcuni imprenditori italiani di lungo corso sono stati nominati
consoli onorari in vari distretti industriali russi – le cosiddette
ZES, zone economiche speciali – nell’ambito dei quali operano in
simbiosi con le aziende italiane presenti. Quali obiettivi sono stati
raggiunti? E quali ci si prefigge di raggiungere?

L’esperimento dei consoli onorari è stato estremamente positivo, sia
per le aziende, che in questo modo hanno la possibilità di essere
seguite nelle singole regioni di questo Paese, sia per il nostro Paese
in generale, che, pur in assenza di grandi fondi, riesce comunque a
coprire un territorio come quello russo, estremamente grande e
variegato, e che vede proprio nelle regioni l’obiettivo e la strategia
della propria presenza finalizzata allo sviluppo delle nostre aziende
e del nostro Paese stesso.

Veniamo all’anno appena iniziato. La crisi globale sembra timidamente
cedere il passo. Cosa ci si può aspettare, con sobrietà?

Per quanto riguarda la Russia, ritengo che possiamo aspettarci un
consolidamento del trend della ripresa economica che si sta
manifestando a livello generale. Devo però allo stesso tempo esprimere
alcune perplessità su come i giusti messaggi, che vengono lanciati dal
mondo politico ed economico russo per quanto riguarda la
modernizzazione dell’economia di questo Paese, molto spesso vengano
indeboliti dalla battaglia politica, che si sta ormai vistosamente
manifestando per le prossime elezioni, prima quelle parlamentari alla
Duma alla fine del 2011, e successivamente quelle presidenziali del
2012. Io spero, come si dice un po’ in tutta Europa, che prevalga il
senso di responsabilità, prevalgano i giusti messaggi lanciati a
livello generale dal mondo politico russo, quelli della
modernizzazione come strategia, poiché credo che questo influirà
positivamente anche sulla ripresa economica di questo Paese. A
giudicare dai segnali che tutti abbiamo avvertito, vedo un fortissimo
interesse da parte di tante aziende italiane per venire a fare
investimenti in Russia. Molti di questi ultimi sono già programmati.
Parlando con vari colleghi ho intuito che in molti dei nostri settori
tradizionali – quello della moda, dello stile di vita italiano – la
ripresa si sta consolidando. Ritengo quindi che l’anno che abbiamo
davanti, se non succede nulla di particolare, cosa che non si può mai
escludere, sarà estremamente positivo, e lo sarà soprattutto per gli
investimenti diretti italiani in questo Paese a livello industriale in
moltissimi settori.

Il 2011 è l’anno della lingua e la cultura russa in Italia e,
viceversa, della lingua e la cultura italiana in Russia. Per questo
secondo aspetto, al di là del ruolo dell’Istituto Italiano di Cultura,
presente a Mosca e Pietroburgo, quale può essere il contributo delle
aziende italiane e, più specificamente, della vostra associazione?

E’ un contributo che ormai sta scritto anche nei bilanci di molte
delle nostre aziende, nel senso che i programmi culturali e
linguistici previsti per questo anno vedono moltissime Società
italiane nel ruolo di sponsor delle relative iniziative. L’elenco è in
continua evoluzione, sta crescendo. Posso dire questo: il nostro Paese
è molto considerato in Russia, con tutti i suoi pregi e difetti. I
russi dispongono di una grande capacità di analisi, e noi siamo visti
bene. Ritengo che sia un’occasione per cercare di far capire quali
siano i punti di forza – spesso negati – della nostra industria e del
nostro Paese. E’ dunque un obiettivo che non riguarda tanto le aziende
in quanto tali – cosa che sarebbe comunque positiva – quanto il Paese
Italia nel suo complesso. Occorre far valorizzare il lavoro degli
italiani all’estero, noi lavoreremo in questa direzione: far conoscere
in Italia le possibilità e i contributi che gli italiani e le aziende
italiane che lavorano all’estero stanno dando al nostro Paese per il
suo rinnovamento e per uscire dalle attuali gravi difficoltà. Questo
messaggio deve passare attraverso la cultura per arrivare alla
politica, all’economia. Questo sarà il piccolo grande contributo che
noi, al di là delle sponsorizzazioni, vogliamo dare a questo evento.

Inevitabile una domanda riguardo non tanto alle informazioni contenute
negli ormai famosi cablogrammi statunitensi divulgati da Wikileaks,
quanto all’uso che ne hanno fatto i mass-media italiani in merito non
solo ai rapporti preferenziali ai massimi livelli tra i nostri due
Paesi, ma concretamente ai rapporti tra gli imprenditori italiani
presenti in Russia e le istituzioni di questo Paese. In brevis,
Wikileaks non si è mai sognata di affermare che talune affermazioni
nordamericane corrispondano alla realtà dei fatti: si è limitata a
rendere pubbliche le opinioni dei diplomatici USA. Nulla di più, nulla
di meno. Su questo però gli organi di informazione italiani hanno
unanimemente glissato. Quali commenti ti senti di fare?

Sono dell’opinione che i commenti diplomatici fatti off record, come
sono i cablogrammi che vengono spediti, sono opinioni che appartengono
alle singole persone. I rapporti tra i Paesi sono regolati da
dichiarazioni ufficiali, ed io mi attengo a queste ultime. Tuttavia,
emerge innanzitutto una certa insoddisfazione, una critica che emerge
dai politici americani sui rapporti che ha l’Italia con la Russia,
questo è innegabile, e non c’è bisogno di Wikileaks, basta parlare con
molti imprenditori e politici statunitensi per comprendere che questo
rapporto privilegiato – lasciamo perdere Berlusconi, tanto per esser
chiari – che esiste tra i nostri due Paesi da fastidio, agli americani
come ad altri. Sin qui, nulla da dire. Io ribadisco che questi
rapporti per noi sono importanti e strategici. D’altro canto, non è la
prima volta che gli americani si lamentano delle scelte strategiche
italiane relative ai rapporti con la Russia. Basta ricordare la
vicenda di Enrico Mattei. I comunisti in Italia erano all’opposizione.
Enrico Mattei è stato il primo imprenditore statale europeo che ha
intessuto rapporti commerciali stretti con l’Unione Sovietica, la qual
cosa ha provocato problemi anche gravi con gli Stati Uniti,
soprattutto li ha provocati lo stesso Mattei, che, con ogni
probabilità, proprio per questa sua apertura, ha dovuto interrompere
in modo violento la sua carriera. La storia ci insegna che la
strategia del nostro Paese sul piano economico – per vari motivi – è
diversa da quella degli Stati Uniti. In un’economia internazionale
globalizzata, come è quella di oggi, il fatto che i Paesi abbiano
interessi strategici e geografici diversi da quelli degli USA non deve
scandalizzare nessuno.

Il secondo elemento che noto è la povertà, la pochezza di analisi
sulla politica internazionale della nostra stampa italiana. E non mi
riferisco a quella di destra o di sinistra, ma ai media italiani in
quanto tali, che vivono la politica internazionale come un gossip
quotidiano del nostro Paese. La politica internazionale è fatta di
strategie, di analisi. Noi sembriamo agli albori. Voglio dire che
anche i migliori analisti degli anni ’80 non hanno più spazio nei mass
media italiani, questa è la cosa grave. Conseguentemente, questioni
serie ed importanti vengono ridotte a teatrini, quello che è stato
pubblicato nel 90% dei casi sono stupidaggini. Le cose serie, invece,
non vengono fuori. Nessuno di questi cosiddetti grandi giornalisti –
sia detto tra virgolette, visto che purtroppo non ce ne sono più tanti
– si è mai sognato di andare ad analizzare, a verificare. Pubblicano
notizie tipo “l’uomo che parla benissimo russo, il trait d’union”… Qui
non c’è bisogno di alcun trait d’union, l’Italia è vista bene, quando
veniva Prodi veniva ricevuto come rappresentante massimo del nostro
Paese, e lo stesso quando viene Berlusconi, al di là delle sue
amicizie. Quando viene l’amministratore delegato dell’ENI, viene
ricevuto in pompa magna, che ci sia un governo di destra o di
sinistra, e lo stesso vale per l’ENEL, per Finmeccanica e così via,
questo è il punto. Allora anche la stampa italiana deve cominciare ad
imparare innanzitutto ad analizzare le notizie, e ad avere una
politica di informazione per il nostro Paese che parli dei livelli
internazionali in modo diverso dal gossip.

Assieme all’attuale direttore dell’ICE di Mosca, Roberto Pelo,
recentemente hai pubblicato un libro dal titolo programmatico “Sdelano
v Italii”, “Fatto in Italia”, cioè “Made in Italy”. Quali obiettivi ti
eri e vi eravate prefissi, nello scriverlo? E quali di questi sono già
realizzati?

L’obiettivo era di cercare di mettere assieme, di creare un momento di
analisi reale, depurato dai gossip, sulla nostra presenza in questo
Paese. Delle “istruzioni per l’uso”, cosa hanno fatto gli italiani qui
negli ultimi vent’anni, cosa possono fare nei prossimi vent’anni. Pur
nella necessità di stringere, penso che il libro abbia raggiunto
questo obiettivo, anche durante le varie presentazioni del libro in
Italia l’attenzione che ci è stata dimostrata è notevole. Voglio
ricordare solo una cosa: nel nostro Paese esiste una rivista che si
chiama “Limes” e che si occupa parecchio di Russia in un modo che
molto spesso non condivido; ebbene, hanno mostrato grande attenzione
al nostro libro, fino a trarne una serie di spunti. Io stesso sono
stato contattato da Caracciolo, che ha intenzione di fare un pezzo
particolare sul libro perché viene ritenuto un modo nuovo di parlare e
di discutere della presenza economica italiana in questo Paese, al di
fuori dei giochi e degli intrighi politici. Questo libro è la
dimostrazione di come la presenza italiana in Russia non è solo ENI,
ENEL e Finmeccanica, ma decine e decine di altre aziende: la Indesit,
la Ferrero, tantissime altre piccole e medie, che qui hanno fatto
grandi realizzazioni e che caratterizzano la presenza italiana in
questo Paese. E’ un tentativo di riportare al centro quello che è
stato il nostro lavoro e le possibilità che ci sono, e fare chiarezza,
dare “istruzioni per l’uso”, come già dicevo, per quelle aziende
italiane che vogliono affrontare questo mercato. Nelle prossime
settimane cominceremo a presentare l’edizione russa, e spero che abbia
la medesima risonanza anche tra i russi, ma credo che l’obiettivo che
ci eravamo prefissi in buona parte sia stato realizzato. Mi corre
l’obbligo di cogliere l’occasione di questa domanda per ringraziare
tutti gli imprenditori italiani che hanno lavorato e lavorano in
questo Paese, che mi hanno permesso di avere accesso ad informazioni
particolarmente importanti, e tutte le aziende del GIM, piccole, medie
e grandi, che hanno permesso al libro di avere questa risonanza. Least
not last, voglio ringraziare la casa editrice, “Il Sole 24 Ore”, che
non è proprio l’ultima in Italia, che quindi ci ha permesso di
qualificare il messaggio che desideravamo trasmettere.

Video della prima parte dell'intervista:

http://www.youtube.com/watch?v=pQToonUGG-8

Video della seconda parte dell'intervista:

http://www.youtube.com/watch?v=JFxEK8C4l7g
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