IV. PARERE DELL’AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI
11. Poiché la pratica commerciale oggetto del presente provvedimento
è
stata diffusa attraverso
internet, in data 6 febbraio 2009 è stato richiesto il parere
all’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni, ai sensi dell’art. 27, comma 6, del Codice del
Consumo.
12. Con parere pervenuto in data 5 marzo 2009, la suddetta Autorità
ha
ritenuto che la pratica
commerciale in esame risulta scorretta ai sensi degli articoli 20, 21
e 22 del Codice del Consumo,
sulla base delle seguenti considerazioni:
– il messaggio in esame, mediante l'utilizzo di espressioni quali:
“ESE ha atenei a Roma, Milano
Lucca”; “ESE offre oltre ai corsi di laurea un'ampia scelta di
Master,
un International MEA”;
“ESE è partner di primarie Università del Regno Unito con le quali ha
stipulato convenzioni”;
“avvenuto accreditamento da parte dell'Università di Buckingham dei
diplomi di laurea conseguiti
presso ESE”; non rende immediatamente e chiaramente percepibile al
consumatore medio che ESE
nell'ordinamento italiano non è una università abilitata al rilascio
di titoli aventi di per sé valore
legale ai fini accademici e/o professionali, bensì un soggetto
privato
di diritto inglese che offre
corsi di formazione di vario genere che solo in tre casi specifici
possono condurre al
conseguimento di un Bachelor of Arts presso la citata università
britannica, ovvero di un titolo di
formazione avente valore analogo a quello della laurea italiana;
– il predetto messaggio nell'enfatizzare, con espressioni ripetute
quali: “Il titolo rilasciato
conseguibile al termine dei corsi tenuti presso tutte le sedi ESE è
valido in Italia anche ai fini del
riconoscimento”, che la frequenza in Italia dei corsi che conducono
all'ottenimento del BA della
Buckingham University non è elemento ostativo al riconoscimento in
Italia del titolo stesso,
circostanza ovviamente rilevante anche per la sua novità, omette di
fornire al consumatore italiano
adeguate informazioni circa le utilità professionali e/o accademiche
in concreto perseguibili in
Italia grazie all'ottenimento dei tre titoli britannici di formazione
pubblicizzati, anche alla luce
della circostanza che il sito offre la possibilità di effettuare
l'iscrizione on line;
– per le espressioni utilizzate nel contesto complessivo della sua
presentazione, il messaggio de
quo è idoneo ad indurre nel consumatore medio un effetto confusorio
circa la reale natura dei
servizi di formazione offerti dalla società European School of
Economics International Ltd e circa
le utilità conseguibili in Italia attraverso l'ottenimento dei titoli
britannici pubblicizzati.
V. VALUTAZIONI CONCLUSIVE
13. La pratica commerciale oggetto di valutazione si sostanzia nella
diffusione, attraverso internet,
di un messaggio pubblicitario destinato a promuovere i corsi della
European School of Economics
ed i relativi titoli finali.
14. Preliminarmente, con riferimento alla lamentata illegittimità
della notificazione della
comunicazione di avvio del procedimento, si fa presente che l’ESE, è
una società LTD, società di
diritto britannico corrispondente ad una S.r.l. italiana, che ha sede
nel Regno Unito e conta sedi
secondarie in altri Stati, tra cui l’Italia, secondo quanto si rileva
dal sito internet del professionista
e che di seguito si riportano: New York, Londra, Roma, Milano e
Lucca.
15. Poiché la trasmissione della comunicazione di avvio del
procedimento effettuata tramite posta
ha avuto esito negativo, perché rifiutata dal destinatario sia presso
la sede di Milano sia presso
BOLLETTINO N. 11 DEL 6 APRILE 2009 157
quella di Roma, in data 1° ottobre 2008 è stata chiesta la
collaborazione del Nucleo Speciale
Tutela Concorrenza e Mercato della Guardia di Finanza per provvedere
alla relativa notificazione.
16. In seguito agli accertamenti preliminari effettuati dalla Guardia
di Finanza in relazione alle
attività di notifica, l’atto è stato consegnato, in data 16 ottobre
2008, presso la sopra citata sede
operativa di Roma della European School of Economics, nelle mani del
signor Bruno Del Prete,
amministratore della DANCO S.r.l., società che, secondo quanto
risulta
dallo stesso sito dell’ESE,
partecipa direttamente alle attività economiche dell’ESE stessa,
arrivando ad essere indicata come
società destinataria della riscossione delle quote per la frequenza
dei corsi1. Inoltre, in data 15
novembre 2008, il medesimo atto era notificato nelle mani del signor
Gabriele Lupo, nella sua
qualità di rappresentante legale in Italia della LUPUS UK Ltd.,
società detenuta per oltre il 20%
dalla stessa ESE, come risulta dai bilanci trasmessi da quest’ultima.
Tra l’altro, i menzionati
recenti accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza hanno consentito
di appurare che la LUPUS
UK Ltd esercita la propria attività a Roma, in via Quintino Sella,
67/69, negli stessi locali in cui vi
è la sede operativa di ESE e insiste la citata DANCO S.r.l.,
posseduta
al 90% dalla URANO S.r.l. il
cui amministratore unico è sempre il citato Gabriele Lupo.
17. Con riguardo al caso di specie, pertanto, si richiamano le
vigenti
disposizioni in materia di
notificazione, ricordando che, in questo contesto, si deve far
riferimento anche all’applicabilità dei
principi generali in tema di rilevanza dei vizi della notificazione.
Per costante giurisprudenza, infatti, non si verifica una ipotesi di
“nullità” (né tantomeno di
inesistenza) della notificazione allorché la stessa sia stata
eseguita, nei confronti del destinatario,
mediante consegna a soggetto diverso da quello stabilito dalla legge,
ma che abbia pur sempre un
qualche legame giuridicamente rilevante con il destinatario
medesimo2.
Il lamentato vizio, come tutti i vizi di nullità della notificazione,
è sanato, infatti, in conseguenza
del raggiungimento dello scopo dell'atto, ai sensi di quanto previsto
dall’articolo 156, comma 3,
c.p.c.
Ed in effetti, nel caso di specie, la riprova che la notifica ha
raggiunto il suo scopo si ha nel fatto
che persona presentatasi come legale rappresentante della ESE abbia
provveduto, mediante legali
stabiliti sul territorio nazionale, alla presentazione delle memorie
difensive e di tutti gli altri atti ad
esse prodromici e conseguenti.
18. Quanto alla valutazione nel merito, si rileva che il messaggio
pubblicato sul sito internet
riporta più volte l’indicazione che “Il titolo rilasciato
conseguibile
al termine dei corsi tenuti
presso tutte le sedi ESE è valido in Italia anche ai fini del
riconoscimento”.
Tale messaggio, che peraltro si inserisce in una cornice di altri
elementi fuorvianti presenti nelle
pagine web in esame e di cui si dirà più sotto, deve considerarsi
ingannevole e, dunque, meritevole
di censura.
I titoli accademici conseguiti all’estero, infatti, contrariamente a
quanto l’ESE lascia intendere con
il censurato messaggio, non hanno alcun autonomo valore legale in
Italia (articolo 170 del R.D. n.
1592/33).
I loro possessori italiani o stranieri non sono autorizzati in Italia
né a proseguire gli studi
accademici, né ad esercitare specifiche professioni, né possono
validamente fregiarsi dei
1 V., ad esempio, formulario diffuso dall’ESE e relativo ad un corso
svolto nella primavera del 2008, acquisito agli atti in
data 25 febbraio 2009 e reperibile alla pagina web
http://www.uniese.it/search.php?keyword=lupus&x=17&y=6.
2 Ex plurimis, Cassazione, sentenze nn. 1247/2009, 1156/2008,
27450/2005, 3001/2002, 10278/2001.
corrispondenti titoli accademici o professionali, ai sensi della
legge
13 marzo 1958, n. 262: i titoli
conseguiti all’estero possono solo essere utilizzati per chiedere
l’equivalenza con i corrispondenti
titoli italiani (fatti salvi specifici accordi culturali bilaterali
stipulati con altri Paesi o convenzioni
per il riconoscimento dei titoli accademici stranieri).
Gli articoli 170 e 332 del citato R.D. prevedono, per i detentori di
titoli accademici stranieri, la
possibilità di richiederne l’equivalenza con i corrispondenti titoli
italiani. In altri termini, i titoli di
studio conseguiti all’estero, sia nell’Unione Europea che fuori da
essa, hanno validità in Italia
soltanto se si ottiene il riconoscimento da parte delle autorità
competenti.
Il riconoscimento di un titolo straniero da parte delle università
italiane, secondo quanto previsto
dagli articoli 2 e 3 della legge 11 luglio 2002, n. 148, relativa
alla
ratifica ed esecuzione della
Convenzione di Lisbona dell’11 aprile 1997 sul riconoscimento dei
titoli di studio, concerne solo
finalità “accademiche”.
Per l’esercizio in Italia delle professioni regolamentate, coloro che
sono in possesso di un titolo
professionale estero devono ottenerne il riconoscimento dalla
competente autorità nazionale.
L’Italia riconosce le qualifiche professionali estere applicando alle
qualifiche di provenienza UE la
legislazione comunitaria (Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n.
206,
in attuazione della
direttiva 2005/36/CE e della direttiva 2006/100/CE). L’autorità
italiana competente può
subordinare il riconoscimento a una misura integrativa (esame
attitudinale o tirocinio di
adattamento).
I titoli accademici secondo l’ordinamento britannico, validamente
rilasciati da una università del
Regno Unito, dunque, possono essere ammessi alla procedura di
riconoscimento, non automatico
ma deciso caso per caso, che rimane comunque necessaria ai fini della
spendibilità del titolo stesso
nell’ordinamento italiano.
Tale riconoscimento è previsto sia per il riconoscimento dei cicli e
dei periodi di studio, sia per
l’accesso alle professioni regolamentate e il loro esercizio,
seguendo
iter diversi.
19. Con apposita decisione3, la Corte di Giustizia non ha contestato
il fatto che la normativa
italiana non contemplasse un riconoscimento automatico ai titoli di
studio conseguiti all’estero, ma
ha censurato la pregiudiziale esclusione dall’accesso alla procedura
di riconoscimento per i titoli
conseguiti dietro frequenza di corsi tenuti in un Paese diverso da
quello dell’istituzione che li
rilascia.
La prassi amministrativa attuale, contrariamente a quanto avveniva in
precedenza e come risulta
anche dai documenti prodotti in fase istruttoria dal professionista,
non esclude la possibilità del
riconoscimento quali titoli accademici e quali titoli professionali,
da parte della rispettiva
amministrazione di competenza, dei diplomi universitari britannici
rilasciati al termine dei corsi
tenuti dall’ESE e non si configura, pertanto, come una restrizione
alla libertà di stabilimento ex
articolo 43 CE.
Al riguardo, si deve rilevare che la documentazione presentata
dall’ESE nulla aggiunge alla
questione della valutazione del messaggio nella parte in cui il
professionista, secondo quanto detto,
dà per scontata la “validità” dei titoli, conseguiti al termine dei
corsi tenuti dall’ESE, anche ai fini
del loro riconoscimento (lasciandosi, così, intendere che essi
possano
essere validi in Italia a fini
diversi dal riconoscimento stesso).
3 Causa C – 153/02 Corte di Giustizia delle Comunità europee.
I rappresentanti dell’ESE, durante l’audizione tenutasi nel corso
dell’istruttoria, non hanno, in ogni
caso, chiarito a quale albo possano essere iscritti in Italia coloro
che hanno conseguito il titolo
finale rilasciato dalla Università di Buckingham (nel Regno Unito
consentirebbe di esercitare la
professione di accountant ) e con riferimento all’iscrizione all’albo
nazionale dei commercialisti,
hanno sostenuto che “la questione è tuttora aperta”; inoltre, non
hanno fornito dati statistici e
documentazione relativa a studenti che sono stati ammessi, alle
condizioni previste dalla vigente
normativa - con eventuale esame attitudinale o tirocinio di
adattamento - a professioni
regolamentate in Italia (con particolare riguardo a quella di
commercialista).
20. La portata decettiva del messaggio è ulteriormente confermata
dalla “giustificazione”, addotta
dai rappresentanti dell’ESE nel corso dell’audizione, che i
destinatari del messaggio comunque
dovrebbero essere a conoscenza che per il riconoscimento di un titolo
è prevista una misura
integrativa.
Secondo il consolidato orientamento di questa Autorità, confermato
dalla giurisprudenza
amministrativa, la circostanza che il messaggio sia rivolto ad un
target composto da soggetti
normalmente non sprovveduti “non esclude la sua oggettiva e
strutturale attitudine ingannatoria”.
Infatti, l’ingannevolezza di un messaggio pubblicitario va valutata
con riguardo a tutti i soggetti
che esso può raggiungere e non solo a quelli che – nelle allegazioni
difensive del professionista –
dovrebbero costituire l’obiettivo specifico del messaggio4.
21. Occorre altresì rilevare che all’interno delle pagine del sito in
questione, compaiono ulteriori
elementi suscettibili, di per sé stessi ed ancor più se letti in un
contesto unitario con quello di cui ai
precedenti punti, di trarre in errore i destinatari, quali l’utilizzo
ripetuto di termini come “atenei”
della ESE dislocati in varie città italiane, “rettore”, “anno
accademico”, idonei ad ingenerare il
falso convincimento che l’Istituto sia una istituzione universitaria
riconosciuta ed accreditata.
In particolare, l’articolo 10, comma 1, del D.L. 1 ottobre 1973, n.
580, recante “Misure urgenti per
l’Università”, convertito con modificazioni nella legge 30 novembre
1973, n. 766, dispone che “le
denominazioni di ateneo, politecnico, istituto di istruzione
universitaria, possono essere usate
soltanto dalle università statali e da quelle non statali
riconosciute
per rilasciare titoli aventi
valore legale a norma delle disposizioni di legge”.
Nel caso di specie, il messaggio in esame mediante l’utilizzo di
termini quali “ateneo”, “rettore”,
“anno accademico” evoca, nella comune percezione dei normali
consumatori, l’organizzazione ed
il funzionamento di istituzioni universitarie abilitate al rilascio
di
titoli aventi valore legale.
Al riguardo, si richiama l’orientamento dell’Autorità volto ad
inibire
qualsiasi utilizzo ambiguo di
locuzioni o denominazioni che, a causa del forte impatto evocativo
rappresentato, siano suscettibili
di ingenerare confusione nei consumatori, come confermato anche dalla
giurisprudenza
amministrativa5.
22. Con provvedimento n. 15817 dell’8 agosto 2006 (PI5015)6,
l’Autorità ha, peraltro, già
accertato da parte della società ESE International Ltd. la violazione
di cui all’articolo 26, comma
10, del Decreto Legislativo n. 206/05, per non aver ottemperato alla
delibera n. 9010 del 14
dicembre 2000 (PI3020), con la quale l’Autorità ha accertato
l’ingannevolezza dei messaggi
4 Cfr. TAR Lazio, Sez. I, sentenze n. 6276/2002 e n. 10956/2006.
5 Cfr. TAR Lazio, sez. I, sentenza n. 14655/2004; Tar Lazio, sez. I,
sentenza n. 1778/2008.
6 Il TAR del Lazio (ordinanza n. 6708/2006) ed il Consiglio di Stato
(ordinanza n. 1130/2007) hanno respinto le richieste
di sospensiva cautelare avanzate da ESE nei confronti del
provvedimento di inottemperanza n. 15817.
pubblicitari diffusi su alcuni quotidiani per promuovere i corsi di
studio della ESE, confermata
dalla sentenza con cui il competente TAR ha respinto il ricorso del
professionista7.
Anche nel precedente provvedimento si rilevava l’ingannevolezza del
messaggio, sotto il profilo
della non conforme qualifica attribuitasi dal professionista e del
valore dei titoli conseguibili a
seguito della frequenza dei corsi tenuti dall’ESE.
23. Alla luce delle considerazioni svolte, la pratica commerciale in
esame, costituita dalla
diffusione a mezzo internet di un messaggio pubblicitario avente ad
oggetto la promozione dei
corsi pubblicizzati dall’ESE con riferimento al rilascio del titolo
di
studio finale, risulta scorretta ai
sensi dell’articolo 20 del Codice del Consumo, nonché ingannevole ai
sensi degli articoli 21,
comma 1, lettera b), e 22, comma 1, dello stesso Codice del Consumo.
24. Ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del Codice del Consumo, una
pratica commerciale è
scorretta “se è contraria alla diligenza professionale ed è falsa od
idonea a falsare in misura
apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto,
del
consumatore medio che
essa raggiunge od al quale è diretta”.
Nel caso di specie, la contrarietà alla diligenza professionale e
l’idoneità a falsare il
comportamento economico dei consumatori della pratica oggetto di
valutazione derivano dalla
riscontrata natura ingannevole della stessa ai sensi degli articoli
21, comma 1, lettera b), e 22,
comma 1, del Codice del Consumo.
In particolare, quanto alla contrarietà alla diligenza professionale,
non si riscontra, nel caso di
specie, da parte del professionista il normale grado di competenza e
attenzione che
ragionevolmente ci si può attendere, avuto riguardo alla qualità del
professionista ed alle
caratteristiche dell’attività svolta.
Per quanto attiene, inoltre, all’idoneità della pratica a falsare in
misura apprezzabile le scelte
economiche dei consumatori, si osserva che le informazioni
ingannevoli
fornite e l’assenza di
idonee precisazioni riguardano le caratteristiche delle attività
prestate dal professionista ed il
valore dei titoli rilasciati, che costituiscono i principali
parametri
cui fanno riferimento i
consumatori allorché compiono le proprie scelte economiche con
riferimento ai servizi in
questione.
VI. QUANTIFICAZIONE DELLA SANZIONE
25. Ai sensi dell’art. 27, comma 9, del Codice del Consumo, con il
provvedimento che vieta la
pratica commerciale scorretta, l’Autorità dispone l’applicazione di
una sanzione amministrativa
pecuniaria da 5.000 a 500.000 euro, tenuto conto della gravità e
della
durata della violazione.
26. In ordine alla quantificazione della sanzione deve tenersi conto,
in quanto applicabili, dei
criteri individuati dall’art. 11 della legge n. 689/81, in virtù del
richiamo previsto all’art. 27,
comma 13, del Codice del Consumo: in particolare, della gravità della
violazione, dell’opera svolta
dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, della
personalità
dell’agente, nonché delle
condizioni economiche dell’impresa stessa.
Con riguardo alla gravità della violazione, si tiene conto nella
fattispecie in esame dell’ampiezza
della diffusione del messaggio, in quanto è avvenuta tramite internet
e pertanto con una modalità
suscettibile di raggiungere un numero elevato di destinatari. Sulla
base di tali elementi, l’infrazione
7 Cfr. TAR Lazio, sez. I, sentenza n.14655/2004.
BOLLETTINO N. 11 DEL 6 APRILE 2009 161
deve considerarsi grave. Per quanto riguarda poi la durata della
violazione, dagli elementi
disponibili in atti, la pratica commerciale contestata si è protratta
quantomeno dal mese di maggio
2008 ed è tuttora in atto.
27. Considerati tali elementi, si ritiene di quantificare alla
società
European School of Economics
International Ltd. una sanzione amministrativa pecuniaria pari a
80.000 € (ottantamila euro).
28. Va considerato, altresì, che sussistono, nel caso di specie,
circostanze aggravanti, in quanto il
professionista risulta già destinatario di provvedimenti che hanno
accertato violazioni del Decreto
Legislativo n. 74/92 in tema di pubblicità ingannevole e del Titolo
III, Capo I, del Decreto
Legislativo n. 206/058.
29. Considerati tali elementi, dunque, si ritiene di irrogare alla
società European School of
Economics International Ltd. una sanzione pari a 100.000 € (centomila
euro).
RITENUTO che, ai sensi dell’art. 20, comma 2, del Codice del Consumo,
la pratica commerciale
in esame è scorretta, in quanto contraria alla diligenza
professionale
e idonea a falsare in misura
apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che
essa
raggiunge;
RITENUTO che, sulla base delle considerazioni suesposte, la pratica
commerciale descritta al
precedente paragrafo II, nei limiti esposti in motivazione, e in
conformità al parere dell’Autorità
per le Garanzie nelle Comunicazioni, risulta scorretta, ai sensi
degli
articoli 20, 21, comma 1,
lettera b), e 22, comma 1, del Codice del Consumo, in quanto vengono
fornite ai consumatori
informazioni ingannevoli e vengono omesse idonee precisazioni con
riferimento alle
caratteristiche delle attività prestate dal professionista ed al
valore dei titoli rilasciati, che
costituiscono i principali parametri cui fanno riferimento i
consumatori nelle proprie scelte
economiche;
DELIBERA
a) che la pratica commerciale descritta al punto II del presente
provvedimento, posta in essere
dalla società European School of Economics International Ltd.,
costituisce, per le ragioni e nei
limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai
sensi degli articoli 20, 21,
comma 1, lettera b), e 22, comma 1, del Codice del Consumo, e ne
vieta
l’ulteriore diffusione;
b) che alla European School of Economics International Ltd. sia
irrogata una sanzione
amministrativa pecuniaria di 100.000 € (centomila euro).
La sanzione amministrativa di cui alla precedente lettera b) deve
essere pagata entro il termine di
trenta giorni dalla notificazione del presente provvedimento, con
versamento diretto al
concessionario del servizio della riscossione oppure mediante delega
alla banca o alle Poste
Italiane, presentando il modello allegato al presente provvedimento,
così come previsto dal
Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 237.
Decorso il predetto termine, per il periodo di ritardo inferiore a un
semestre, devono essere
corrisposti gli interessi di mora nella misura del tasso legale a
decorrere dal giorno successivo alla
scadenza del termine del pagamento e sino alla data del pagamento. In
caso di ulteriore ritardo
8 V. supra par. 22.
BOLLETTINO 162 N. 11 DEL 6 APRI LE 2009
nell’adempimento, ai sensi dell’art. 27, comma 6, della legge n.
689/81, la somma dovuta per la
sanzione irrogata è maggiorata di un decimo per ogni semestre a
decorrere dal giorno successivo
alla scadenza del termine del pagamento e sino a quello in cui il
ruolo è trasmesso al
concessionario per la riscossione; in tal caso la maggiorazione
assorbe gli interessi di mora
maturati nel medesimo periodo.
Dell’avvenuto pagamento deve essere data immediata comunicazione
all’Autorità attraverso
l’invio di copia del modello attestante il versamento effettuato.
Ai sensi dell’art. 27, comma 12, del Codice del Consumo, in caso di
inottemperanza alla presente
delibera, l'Autorità applica la sanzione amministrativa pecuniaria da
10.000 a 150.000 euro. Nei
casi di reiterata inottemperanza, l'Autorità può disporre la
sospensione dell'attività di impresa per
un periodo non superiore a trenta giorni.
Il presente provvedimento verrà notificato ai soggetti interessati e
pubblicato nel Bollettino
dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Avverso il presente provvedimento può essere presentato ricorso al
TAR
del Lazio, ai sensi
dell’articolo 27, comma 13, del Codice del Consumo, entro sessanta
giorni dalla data di
notificazione del provvedimento stesso, ovvero può essere proposto
ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 8, comma 2, del
Decreto
del Presidente della
Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, entro il termine di centoventi
giorni dalla data di
notificazione del provvedimento stesso.
IL SEGRETARIO GENERALE
Luigi Fiorentino
IL PRESIDENTE
Antonio Catricalà