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Un UFO bianconero

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Il Guru

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Feb 8, 2024, 2:59:06 PMFeb 8
to
Nicolussi Caviglia, il calciatore erudito: “Ascolto Guccini e leggo
Dostoevskij, cosa c’è di strano?”
Alla scoperta del centrocampista della Juventus: “La cultura è
importante, ma non sono una mosca bianca: ci sono tanti colleghi che la
pensano come me”

TORINO – Hans Nicolussi Caviglia sarebbe potuto diventare un ottimo
sciatore, si sta invece rivelando come calciatore insolito, unico
valdostano in serie A, regista in seconda della Juventus (Allegri non
esitò a metterlo titolare contro l’Inter all’andata) e ragazzo
controcorrente: provate voi a presentarvi con Guccini, Kubrik o
Dostoevskij nello spogliatoio di una qualunque squadra di pallone.

Intanto, perché ha il doppio cognome?
”Qualche anno fa abbiamo deciso in famiglia di aggiungere quello di
mamma a quello di papà, ci sembrava bello e giusto. Per cui ci tengo
che mi chiamino con entrambi, anche perché usarne soltanto uno è
sbagliato”.

E Hans da dove viene?
“Piaceva a papà, che è di origini cimbre e appassionato di cultura
germanica. Mamma è invece ligure e fa l’attrice, mentre mia sorella
Mila vive in Olanda dove fa la ballerina di danza classica. Papà è
guardiaparco e sono cresciuto in un borgo minuscolo della
Valsavarenche, Dégioz, tra i 1600 e i 1800 metri: il mio imprinting
sono i boschi della montagna, da bambino facevo le gare di sci ed ero
anche bravino, ma poi ho scelto il calcio. Adesso sciare non posso più,
ma ogni estate torno a passeggiare sulle mie montagne, a respirare
un’altra aria”.

Non potendo portare il 14 (è di Milik), ha scelto il numero 41: per via
di Cruijff, vero?
“E’ un personaggio che mi ha sempre affascinato, ho visto tutti i video
e letto tutti i libri che lo riguardano. E mia sorella mi ha fatto
conoscere i suoi luoghi olandesi, sono stato più volte a vedere l’Ajax
allo stadio. Di lui mi hanno ispirato le idee che hanno rivoluzionato
il calcio, aveva una concezione moderna per i suoi tempi e ha fissato
dei canoni all’avanguardia. La sua frase che preferisco stabilisce per
me una grande verità: la creatività non fa a pugni con la disciplina”.

Lei è più creativo o più disciplinato?
"Cerco di sviluppare entrambi gli aspetti. E credo di essere entrambe
le cose, anche se mi identificano più con la disciplina”.

Come nasce l’erudito Nicolussi Caviglia?
"I miei mi hanno insegnato il valore della cultura, prima che me ne
appassionassi per conto mio. Letteratura e cinema arricchiscono il
tempo che non passi in campo e magari una poesia può darti un appiglio
nei momenti difficili”.

Cos’ha sotto mano, in questi giorni?
"La montagna incantata di Thomas Mann, non ci metterò poco a finirlo.
Poi mi piacerebbe affrontare Dostoevskij a partire dai Fratelli
Karamazov, finora ho letto solo qualche opera minore. Al cinema la mia
passione è Kubrik, un altro che ha trattato anni fa temi ancora
attualissimi: il mio preferito è Barry Lindon”.

Un giovane calciatore che adora Guccini è un eretico?
"Ma no, anche ad altri piacciono i cantautori. Guccini lo ascoltavo da
piccolino in macchina con papà quando andavamo a sciare e me ne sono
innamorato. Purtroppo non l’ho mai visto dal vivo, ma solo su Youtube:
Cyrano, Quello che non, Farewell, Incontro, La locomotiva sono le mie
preferite. Anche di lui mi piace che le cose che diceva a suo tempo
sono valide oggi e lo saranno tra cent’anni”.

Sinceramente: i suoi compagni la credono un marziano?
“No, non mi guardano strano. Ci rispettiamo a vicenda, ognuno ha i suoi
gusti e poi anch’io faccio le cose stupide di un ventenne, eh. Dei
calciatori c’è spesso una percezione alterata, mentre ce ne sono tanti
che hanno molto da dire anche fuori dal rettangolo verde, che hanno
idee e interessi. È un concetto sdoganato da tanti che hanno un grado
di cultura elevato, vedi per esempio Chiellini”.

Pensa che diventare multimilionari a vent’anni tolga ai ragazzi
l’interesse per la ricchezza interiore?
“Influisce, certo, e allora lì contano le famiglie, come insegnano il
valori dei soldi e che nella vita ci si può arricchire anche di cultura
e conoscenza”.

Lei guadagna molto di più dei suoi coetanei, ma dieci volte meno di
coloro con i quali condivide la quotidianità: questo la mette a disagio?
“Col tempo ognuno avrà quello che si merita”.

Riesce a fare proselitismo, con la cultura?
“Ho fatto ascoltare Don Chisciotte di Guccini a Kean, ma non l’ho
convinto. Con altri ancora non ci ho provato, ma penso di riuscirci. In
Cambiaso, per esempio, ho trovato una persona con cui sto bene in campo
e fuori, è serio e anche lui ha dei valori uguali ai miei. Penso che lo
trascinerò al cinema e riuscirò a fargli piacere Guccini”.

Kean è il suo amico del cuore, eppure siete il giorno e la notte.
"Ci conosciamo da quando avevamo 8 anni, siamo legatissimi. Ci
completiamo, quello che mi manca lui ce l’ha, scherzando potrei dire
che lui è il mio lato cazzaro, giocherellone. Abbiamo un’amicizia
profonda e sappiamo perfettamente cosa l’altro sta per fare e ci
correggiamo a vicenda. Io riesco a fermarlo un attimo prima che si
alteri. Ci scambiamo consigli, ma lui sa da solo quando sbaglia”.

Il calciatore medio è o non è una persona superficiale?
"Comprendo che qualcuno è fatto e cresciuto in modo diverso, che
diversi sono i valori etici e morali. Ma nel settore giovanile la Juve
fa un lavoro esemplare a livello umano e quando arrivi in prima squadra
hai un background diverso”.

La parola che sta ripetendo più spesso è “valori”: che definizione ne dà?
"I valori sono i concetti che ti determinano dal punto di vista morale
ed etico e che individui appena conosci una persona”.

Il suo valore di calciatore lo si è invece visto al debutto da
titolare, contro l’Inter.
“Di giocare non me l’aspettavo, perché in settimana non ero mai stato
provato: Allegri me l’ha detto il giorno della partita, forse ha voluto
proteggermi psicologicamente”.

Ha avuto paura di non farcela?
“No, perché? Era l’opportunità che aspettavo”.

Il primo anno di serie A, a Parma, lo passò a guarire.
"Mi ruppi legamenti e menisco, poi la sutura meniscale saltò e mi
operarono la seconda volta. Il ginocchio però continuava a darmi
fastidio e si è scoperto che mi era rimasta una barretta di ancoraggio
nel ginocchio, così ho dovuto fare una terza artroscopia. In tutto ho
perso un anno e mezzo ma non mi sono mai demoralizzato e a livello
fisico sono tornato come prima, anche più consapevole delle mie
qualità. È stato un modo diverso di maturare”.

Perché la Juve dovrebbe vincere lo scudetto?
“Per la nostra coesione e il nostro dna. C’è un senso di appartenenza
molto forte, in tanto siamo cresciuti qui ed è importante trasmetterlo
ai nuovi”.

State sorprendendo voi stessi?
“Le consapevolezze c’erano anche all’inizio”.

Da chi ha imparato di più, a livello umano?
"Come allenatore da Ciccio Grabbi, è stato un secondo papà per me e
Kean, un maestro di calcio e di vita. Come giocatore, a Perugia ero con
Vicario e già si vedeva che aveva un livello di disciplina e una cura
dei particolari che sapevo che l’avrebbe portato ad altissimi livelli.
Poi naturalmente c’è Chiellini, un mentore, un esempio”.
--

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