dii vortant
Io sono *interessatissimo*: comincia con un contributo tuo ... chè poi darò
il mio.
Ciao!
Vincenzo
" I testi troppo lunghi possono eventualmente essere ospitati
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Vale amicis. Dii vortant
Gentile "Lacan75",
mentre scrivo, il mio tutto-inconscio-gatto sta *facendomi moine* per avere
(fuori orario!) la scatoletta, e continua a raschiare lo sportello del
mobiletto dove *sa* che sono riposte; *confida* che una opportuna
stimolazione mi induca a *prendermi cura* di lui.
Credo che le parole asteriscate (e la loro inavvertita
"antropizzazione" -fallace, stante che si tratta di un gatto!-)
rappresentino (insieme ad altre) l'argomento che proponi: relative allo
"attaccamento" sono infatti le parole "fare moine" e "prendersi cura";
relative alle neuroscienze il "sapere" ed il "confidare" ...
Ho letto con interesse quanto scrivi (e non entro nel merito di tanto
precisi riferimenti neurologici); vorrei integrare quanto da te detto con
qualche osservazione di carattere evoluzionistico, per dire del rapporto che
intravedo tra neuroscienze e "psicologie dinamiche" (o più specificamente
"la psicoanalisi").
Credo che le neuroscienze (e la biologia, più generalizzatamente) ci
consentano di sostenere importanti concetti, primo (o "definitivo"?) tra i
quali quello per cui una creatura come un gatto è sostanzialmente un
organismo cibernetico, dotato di capacità autopoietiche; in definitiva ...
un automa biologico, la principale programmazione del quale (venutagli dalla
filogenesi) è quella finalizzata al mantenimento di condizioni interne entro
valori-limite stabili. Parlo evidentemente della temperatura corporea, del
tasso di salinità interna, della disponibilità di elementi nutritivi e/o
necessari per il funzionamento biologico dell'organismo, ecc. ("omeostasi").
Sempre a questa pricipale/originaria "programmazione" farei risalire
capacità mnestiche (minime?) necessarie per "ricordare" dov'è il cibo, dove
la pozza per bere, dove il rifugio/nido/tana ove tornare. *Questa*
programmazione viene dalla filogenesi perchè sono similmente "programmati"
anche rettili, uccelli, e ancor più "indietro" anche altre creature meno
evolute.
Una superiore capacità (dipendente dal maggior sviluppo di alcune aree
limbiche e corticali) deriva alle creature come i mammiferi dal fatto che
esse sono programmate per *apprendere* molto più di quanto apprendano
rettili, uccelli, ecc. E' *questo* che permette a ciascun gatto di avere una
sua "soggettività" (non una "individualità" che è concetto che implica la
"individuazione"). Per questo ciascun gatto è *quel* gatto, diverso da ogni
altro gatto: ciò che esso è ... dipende dalle *sue* esperienze, e
dall'apprendimento che ad esso ne è derivato.
Nonostante la (irripetibile!) soggettività, tutti i gatti sono *determinati
esclusivamente* dai due livelli di programmazione ai quali accennavo,
*entrambi* finalizzati all'individuazione del comportamento più adatto al
fine della sopravvivenza, da definirsi in base alle esperienze; *per questo*
il mio gatto raschia lo sportello: "sa" che in altre occasioni ha
funzionato, e questa esperienza efficace viene riproposta/ri-cercata.
Ma, nonostante la irripetibile soggettività, il "sapere" felino si colloca
in uno spazio della sua psiche *in nulla* diverso da quello che gli permette
il mantenimento delle stabili condizioni organiche interne: la
"programmazione UNO", e quella "DUE" ... sono finalizzate all'adattamento
(producendo "comportamenti diretti a "l'interno e l'esterno"
dell'organismo), e non producono "coscienza di sè", anche quando (per
effetto della fallace "antropizzazione") attribuiamo al gatto
"volontà/intenzione".
OGNI comportamento (interno ed esterno) del gatto è *determinato
esclusivamente* da dinamiche biologiche filogeneticamente stabilizzatesi,
che cercano/trovano *modalità adattive* in base alle esperienze pregresse;
tali dinamiche biologiche si esprimono/manifestano come *emozioni*, che
hanno l'effetto di indurre (lo *automa-gatto*) a quel comportamento;
se -p.es.- lo stato interno del gatto è quello di carenza di sostanze
nutritive (che produce la sensazione "fame"), e le esperienze pregresse sono
quelle per le quali le blandizie al padrone sono efficaci ... *senza alcuna
determinante causale altra da queste*, il gatto sarà indotto a fare
blandizie, perchè proverà un'emozione di tenerezza/affetto verso il padrone.
Nè potrà fare *altro* dalle blandizie ... perchè l'emozione creatasi in lui
sarà quella della tenerezza/affetto, ed *esclusivamente ad essa* il gatto
sarà
subordinato. Si tratta altresì di una emozione solo *creatasi*: NON
percepita ... chè *non c'è nulla* in grado di fare ciò, *nessuna funzione*
che "percepisca": il mio gatto *è tutto inconscio*: fa TUTTO ciò che fa
senza averne in nessun modo assunta "decisione"; ciò che "decide" per lui
sono lo stato interno, e le esperienze pregresse. E -nè di queste, nè di
quelle- c'è nulla che sia "cosciente/consapevole".
Con riferimento alla teoria dell'attaccamento, anche il comportamento
osservato è *determinato*, non consapevole, filogeneticamente
derivato/venuto al gatto (come agli altri mammiferi ... tra cui la creatura
Uomo). Non c'è alcuna intenzionalità di "attaccamento" nel gatto ... così
come *non c'è nel lattante umano* ... almeno fino alla fase -come tu
sottolinei- <<legata allo sviluppo delle strutture ippocampali [questo fatto
mi si associa nella mente alla fase in cui l'essere umano riesce a dire
IO]>>.
E' solo con la produzione dell'effetto/funzione "coscienza" che le dinamiche
biologiche *filogeneticamente determinate* ed operanti in base alle
esperienze soggettive di ciascuna creatura Uomo trovano un "antagonista"
possibile ... o una funzione in grado di "vederle/osservarle": è *questa*
funzione che prende "coscienza" che ne esistono "altre" ... (che "coscienti"
non sono, ancorchè se ne possano osservare gli effetti, ossia le emozioni
...).
Non voglio mettere altra carne al fuoco (per ora) e dico che le "psicologie
dinamiche (umane)" sono quelle che cercano un rapporto di causa/effetto
nella finestra concettuale tra:
1) l'evoluzionismo (e ciò che ne discende "riduzionisticamente" in termini
di leggibilità dell'effetto adattivo prodotto da strutture neurologiche via
via più complesse);
2) il comportamento osservabile;
3) la percezione (umana) degli stati psichici proprii.
Posta la questione in questi termini (non so da te quanto
condivisi/condivisibili) la psicoanalisi è quella psicologia dinamica che
(oggigiorno! non ai tempi del Fondatore!) "sa" che andando ad indagare i
meccanismi psichici inconsci, indaga i meccanismi psichici che all'Uomo sono
venuti dalla filogenesi (e quindi dalle "altre creature"); tutti meccanismi
psichici dei quali *non necessariamente, o in maniera non-prevista
dall'evoluzione* si dovesse/debba permettere la percezione/osservazione da
parte di funzioni (leggi "coscienza") emergenti da strutture nervose
(neo-corteccia) ... di là
da venire nella filogenesi.
Per dirla "rudemente" (e secondo me, beninteso) ... la psicoanalisi è *la
psicologia della creatura automatica/naturale* (l'organismo cibernetico,
dotato di capacità autopoietica) che è/permane in noi umani, accanto alla
creatura consapevole/culturale.
Grazie dell'attenzione. Confido di non averti annoiato, e di non essere
incorso in troppi errori; confido *anche* in una tua replica ...
Vincenzo