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Definizione legale di cura

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SirJohnny.SewagePit

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Aug 27, 2023, 10:20:04 AM8/27/23
to
Ho letto che non è infrequente che si verifichi che alcuni psichiatri
facciano leva sullo stigma delle patologie mentali, per indurre
familiari di tante persone ad agevolare cure mentali.

Su un forum internet ho, ad esempio, letto il caso di un giovane che
sembrava puntasse a far interdire il fratello; subito lo psichiatra
rispondeva alla sintomatologia proposta per interposta persona, dandogli
comunque attenzione e risposte sul da farsi.
Mi sembra quindi non surreale che una persona possa essere curata in
privato senza che ne sia consapevole.
So che ciò non è legalmente possibile se non per intervento di un
giudice tutelare, che chiaramente tende a tutelare proprio gli aspetti
patrimoniali della persona interessata, eventualmente affidandone la
gestione a un esterno.

-Conseguentemente ipotizzo il caso di un paziente che scoprisse di
essere stato curato in privato (a pagamento) molti anni prima, senza che
ne fosse stato consapevole (sebbene maggiorenne e in grado d'intendere),
per l'intervento di uno psichiatra che si sia prestato a prescrivere,
ipoteticamente ai suoi familiari, psicofarmaci senza mai visitarlo
direttamente; nel momento in cui tale persona venisse a conoscenza della
circostanza (ipoteticamente attraverso documenti scritti), dovrebbe
pensare di essere stato malato e curato (essendo il professionista
iscritto a un albo), o dovrebbe pensare di aver subito una violenza
ipoteticamente non più denunciabile?
Chiaramente il discorso regge nel caso di una persona che non presenti
evidenti segni di squilibrio mentale.


- Per capire meglio gli aspetti collegati, propongo anche un differente
quesito e cioè il caso che invece l'interessato dalla cura non ne sia
venuto a conoscenza, sebbene passati molti anni:
se in occasione di una situazione con effetti pubblici (un diverbio, una
rissa, una causa patrimoniale, una sua attività professionale) emergesse
tale vicenda privata (ad es. per intervento di uno dei responsabili
della sua cura), l'interessato potrebbe denunciare i familiari o il
medico, per tale prolungata violenza subita, o sarebbe sottoposto ad
accertamenti psichiatrici?

In definitiva una cura effettuata, senza visitare direttamente il malato
(o ipoteticamente visitando un'altra persona), da parte di un
professionista iscritto all'albo (che chiaramente non avrà chiesto i
documenti al malato) resta una cura, o è un reato da questi compiuto?

Gianfranco Bertozzi

unread,
Aug 28, 2023, 6:06:04 AM8/28/23
to
Il giorno domenica 27 agosto 2023 alle 16:20:04 UTC+2 SirJohnny.SewagePit ha scritto:

Ciao,

rispondo da google gruppi perche' non so per quale motivo il mio newsreader non mi ha fatto vedere questo post.

> Su un forum internet ho, ad esempio, letto il caso di un giovane che
> sembrava puntasse a far interdire il fratello; subito lo psichiatra
> rispondeva alla sintomatologia proposta per interposta persona, dandogli
> comunque attenzione e risposte sul da farsi.
> Mi sembra quindi non surreale che una persona possa essere curata in
> privato senza che ne sia consapevole.




Una cosa del genere mi sembra parecchio strana. Che un professionista possa dare consigli in un forum ci sta, ma che si arrivi a prescrivere farmaci senza nemmeno aver visto il paziente e' parecchio anomalo. Non solo non e' legale, perche' senza il consenso del paziente (quando questo puo' darlo, ovviamente) non si possono ne' prescrivere ne' somministrare farmaci, ma sarebbe anche una mancanza professionale perche' il medico ha il dovere di visitare il paziente, non si puo' fare una diagnosi per interposta persona.






Ci possono esser casi, sempre piu' rari peraltro, proprio per i rischi legali che si corrono, in cui il paziente (magari un anziano indementito) non ha coscienza di malattia (che so, ha comportamenti di fuga o allucinazioni che gli provocano grave sofferenza ma che non riconosce come patologici) e lo si va a visitare sotto mentite spoglie lasciando una terapia per "tirarlo su", senza troppe spiegazioni, cosi' da ridurre i sintomi e il disagio del paziente. Ma son casi in cui si decide questo sotterfugio a fin di bene, ben sapendo che l'alternativa "strettamente legale" di lasciar tutto com'e' o, peggio, praticare un TSO, provocherebbe assai piu' sofferenza (e le pratiche di interdizione son lunghe e costose). Si tratta insomma di situazioni rare in cui si decide di agire malgrado non sia strettamente lecito per il solo bene del paziente, non certo con secondi fini.

> -Conseguentemente ipotizzo il caso di un paziente che scoprisse di
> essere stato curato in privato (a pagamento) molti anni prima, senza che
> ne fosse stato consapevole (sebbene maggiorenne e in grado d'intendere),
> per l'intervento di uno psichiatra che si sia prestato a prescrivere,
> ipoteticamente ai suoi familiari, psicofarmaci senza mai visitarlo
> direttamente; nel momento in cui tale persona venisse a conoscenza della
> circostanza (ipoteticamente attraverso documenti scritti), dovrebbe
> pensare di essere stato malato e curato (essendo il professionista
> iscritto a un albo), o dovrebbe pensare di aver subito una violenza
> ipoteticamente non più denunciabile?
> Chiaramente il discorso regge nel caso di una persona che non presenti
> evidenti segni di squilibrio mentale.




Ipotesi teorica, spero. Se il paziente non aveva squilibri e' ovvio che si tratta di un grave abuso, se li aveva c'e' da capire i sintomi e il motivo per cui si e' deciso di agire in quel modo. Certamente almeno una visita, anche se dissimulata in qualche modo, va fatta anche solo per correttezza professionale, a meno che la persona sia ben nota al professionista che magari e' un amico di famiglia. Come potrei fidarmi di quel che dice un familiare che magari di medicina, se non di psichiatria, sa nulla? E magari ha pure un interesse personale a far effettuare quella "cura"?


> tale vicenda privata (ad es. per intervento di uno dei responsabili
> della sua cura), l'interessato potrebbe denunciare i familiari o il
> medico, per tale prolungata violenza subita, o sarebbe sottoposto ad
> accertamenti psichiatrici?


Accertamenti psichiatrici forzati credo proprio di no, a meno che non ci sia un giudice che li dispone in situazioni motivate, che vedo difficili specie se la persona interessata da anni sta bene e non ha avuto problemi di questo genere.


> In definitiva una cura effettuata, senza visitare direttamente il malato
> (o ipoteticamente visitando un'altra persona), da parte di un
> professionista iscritto all'albo (che chiaramente non avrà chiesto i
> documenti al malato) resta una cura, o è un reato da questi compiuto?



Legalmente e teoricamente sarebbe un reato, personalmente direi di valutare bene l'accaduto e le motivazioni per cui si e' reso necessario questo sotterfugio. Non sempre si compiono reati per disonesta', insomma. La legge attuale lascia troppi buchi scoperti e ogni tanto uno deve, anche solo per carita' umana, rischiare qualcosa.

Un saluto,

SirJohnny.SewagePit

unread,
Aug 28, 2023, 11:35:03 AM8/28/23
to
Le ringrazio per le risposte.

Sono molto interessanti e aiutano a comprendere le logiche e le
dinamiche che sottendono questo tipo di scelte.
A me stimola molto il capire il momento e i modi attraverso i quali una
persona si possa trovare improvvisamente privata del libero arbitrio, di
amministrare i propri beni.
Tendenzialmente considero che ciò segua a situazioni molto gravi; eppure
leggendo online rilevo, a volte, casi di persone che devono essere
curate per forza per il loro bene. Questo mi sorprende molto, in parte
mi angoscia.

Da quel che ho capito per lo svilupparsi di situazioni di questo tipo ci
deve essere un precedente che può aver allarmato un medico.

Quello che non capisco è la compatibilità col segreto professionale; ad
esempio Tizio fa psicanalisi in privato presso uno psichiatra o un
psicologo (per molti indifferente), per ipotesi indicatogli da alcuni
familiari/conoscenti/amici; poi, come fanno tante persone, dopo un certo
periodo di tempo, il paziente interrompe la psicanalisi, salda il conto
e continua la sua vita.

A questo punto è deontologicamente e legalmente possibile, che lo
psichiatra, ipoteticamente allarmato da una psicopatologia che ritiene
porterebbe il paziente a nuocere a qualcuno, possa contattare i
conoscenti suggerendo di farlo visitare da un altro medico (in privato),
per avviare, volente o nolente, una cura?


Se ciò è possibile il discorso dell'occultare il ruolo dello psichiatra
neanche sembra necessario, poiché basta che egli, dopo una semplice
colloquio, ipoteticamente volto ad iniziare un nuovo periodo di
psicanalisi, prescriva un farmaco e la cura diverrebbe in un certo senso
motivata.
La sorpresa del paziente che si veda prescrivere una ricetta bianca per
uno psicofarmaco, in una visita privata, potrebbe però portarlo a
ignorare la prescrizione.


In quel caso lo psichiatra, consultato privatamente dal paziente,
potrebbe 'a fin di bene' contattare i parenti/conoscenti e sollecitare
l'inizio di una cura occulta; o potrebbe accettare di rispondere a
domande dei parenti circa l'esito della/e visita/e?

A me ciò sembra strano, perché penso che, fino a prova contraria, per
quanto possa essere bravo un medico, a chiunque debba essere data la
possibilità di farsi visitare da un altro, che magari esprimerebbe un
parere differente.
Inoltre tendo a considerare che, in funzione dell'importanza del
dialogo, e dell'imprevisto interessamento di soggetti esterni (es. i
familiari), il paziente potrebbe comunicare situazioni che fino a quel
momento, per disagio, o pudore, ha evitato di descrivere e che ipotizzo
(io non sono medico o psichiatra) potrebbero spiegare situazioni emerse
(violenza familiare, ecc.).

Lo stesso problema potrebbe valere per un anziano e trovo interessante
capirne le dinamiche, nell'ipotesi di un contrasto tra familiari, in una
pratica d'interdizione.


Gianfranco

unread,
Aug 29, 2023, 4:30:05 AM8/29/23
to
On Mon, 28 Aug 2023 16:21:56 +0200, SirJohnny.SewagePit wrote:

Ciao,

> Le ringrazio per le risposte.

Ma di niente, ci mancherebbe. Lo scopo dei newsgroup, ormai in gran
parte (e purtroppo) defunti, e' proprio l'aiuto reciproco. :-)


> A me stimola molto il capire il momento e i modi attraverso i quali
> una persona si possa trovare improvvisamente privata del libero
> arbitrio, di amministrare i propri beni. Tendenzialmente considero che
> ciò segua a situazioni molto gravi; eppure leggendo online rilevo, a
> volte, casi di persone che devono essere curate per forza per il loro
> bene. Questo mi sorprende molto, in parte mi angoscia.

Di situazioni del genere possono essercene tante e talvolta si e'
costretti ad operare ai margini della legalita' proprio perche' le
leggi attuali sono piu' ideologiche che pratiche e, se da una parte
hanno avuto dei meriti, dall'altra non hanno previsto (non hanno voluto
prevedere) casi che sono piu' frequenti di quello che si creda. Non per
nulla c'e' un'ampia parte di professionisti che chiede a gran voce,
purtroppo inascoltata, una revisione della legge.

A parte l'anziano indementito di cui si e' gia' parlato, e ce ne
sono tanti, mi vengono in mente il paziente con una grave patologia
psicotica, delirante e convinto di essere braccato dalle spie russe,
che si barrica in casa e spende tutto quello che ha per far costruire
un bunker nel giardino, oppure il paziente con l'umore troppo su (in
termini tecnici "fase maniacale"), convinto di fare l'affare del secolo,
che vende casa e si indebita per comprare la macchina che trasforma
il fango in oro. Di esempi del genere ce ne sono tanti, aggiungerei i
tossicodipendenti da varie sostanze (alcol e gioco d'azzardo compresi)
che non hanno coscienza di malattia e che portano la famiglia e loro
stessi alla rovina verso i quali, in assenza di collaborazione, si puo'
fare ben poco.

Sono situazioni appunto gravi in cui spesso le risorse legali sono
poche o nulle; pensi che il TSO (trattamento sanitario obbligatorio),
quando possibile e non lo e' sempre, puo' durare al massimo 14 giorni,
poi il paziente va dimesso e ovviamente a casa non assume piu' i farmaci
e riprende i comportamenti soliti. La legge attualmente non prevede che
esistano strutture per lungodegenti, che quindi vengono scaricati sulla
famiglia quando non finiscono a fare i barboni per strada.

Provvedimenti di interdizione e inabilitazione e la piu' recente
"amministrazione di sostegno" possono venire talvolta in aiuto, ma
specie per i primi due non e' facile perche' spesso il paziente, che non
e' stupido, riesce a passare per "normale" alle visite specialistiche
effettuate dal CTU.

In casi come questi diventa umano fare il possibile, anche ai margini
della legalita', per il benessere del paziente e dei parenti.



> Da quel che ho capito per lo svilupparsi di situazioni di questo tipo
> ci deve essere un precedente che può aver allarmato un medico.

Non un solo precedente, una situazione di cronicita' grave. Non sono
decisioni che si prendono alla leggera.



> A questo punto è deontologicamente e legalmente possibile, che lo
> psichiatra, ipoteticamente allarmato da una psicopatologia che ritiene
> porterebbe il paziente a nuocere a qualcuno, possa contattare i
> conoscenti suggerendo di farlo visitare da un altro medico (in privato),
> per avviare, volente o nolente, una cura?

Direi proprio di si, dal punto di vista deontologico ma anche legale:
spesso il medico e' soggetto ad "obbligo di referto" e ad "obbligo
di rapporto (denuncia)". Se io vedo un paziente che e' convinto di
essere Erode e progetta di fare una strage nell'asilo qua vicino, sono
moralmente e legalmente obbligato ad avvertire almeno la forza pubblica.
Questo specialmente se opero come medico di una struttura pubblica, in
cui rivesto non solo il ruolo di specialista privato ma anche quello di
incaricato di pubblico servizio se non di pubblico ufficiale.


> La sorpresa del paziente che si veda prescrivere una ricetta bianca
> per uno psicofarmaco, in una visita privata, potrebbe però portarlo a
> ignorare la prescrizione.

Infatti, specie se c'e' una grave psicopatologia di fondo. E se questo
comporta rischi gravi di lesioni a se' o ad altri, in qualche modo
bisogna agire.



> In quel caso lo psichiatra, consultato privatamente dal paziente,
> potrebbe 'a fin di bene' contattare i parenti/conoscenti e sollecitare
> l'inizio di una cura occulta; o potrebbe accettare di rispondere a
> domande dei parenti circa l'esito della/e visita/e?

Non potrebbe, appunto per le varie leggi compresa quella sulla
privacy, ma in situazioni di grave pericolo si puo' sempre invocare
l'articolo 54 del codice penale, lo "stato di necessita'". Oppure, se la
situazione lo permette, avviare le pratiche per un TSO.

La situazione che ipotizza invece e' piu' frequente nei casi cronici
non pericolosi (non apparentemente pericolosi) e di gravita' moderata,
gestibili insomma dai familiari. Il piu' delle volte sono i familiari
per primi che contattano, spiegano il problema, e poi il professionista
effettua in un modo o nell'altro una visita per rendersi conto e nel
caso prescrivere una terapia.



> A me ciò sembra strano, perché penso che, fino a prova contraria, per
> quanto possa essere bravo un medico, a chiunque debba essere data la
> possibilità di farsi visitare da un altro, che magari esprimerebbe un
> parere differente.

Il problema e' che casi come questi non sono in grado di effettuare
una valutazione del loro stato proprio perche' non si rendono conto
di avere un problema. Il "consenso informato", tanto richiesto dal
legislatore, in questi casi e' impossibile e altrettanto impossibile e'
pretendere che siano loro a decidere di loro stessi. Per questo sono
stati previsti i vari provvedimenti, peccato che siano armi spuntate.



> Lo stesso problema potrebbe valere per un anziano e trovo interessante
> capirne le dinamiche, nell'ipotesi di un contrasto tra familiari, in una
> pratica d'interdizione.

Qui si entra in un nuovo ginepraio. ;-)

Il professionista che interviene deve non solo valutare attentamente
il paziente, cosa resa difficile dalla mancata collaborazione, ma
anche capire, sempre per il bene del suo paziente, quanto in effetti
ci sia di patologia psichica e quanto sia invece l'interesse dei
familiari a farlo passare per malato. Li' interviene la sensibilita' del
professionista e, se la cosa "puzza", diviene necessario insistere con
gli accertamenti prima di certificare alcunche'. Purtroppo di questi
tempi la paura di denunce e rivalse legali e' elevatissima al punto che
tanti professionisti rifiutano certe prestazioni "a rischio", un po'
come fanno altri specialisti.

Un saluto,


--
Gianfranco Bertozzi

SirJohnny.SewagePit

unread,
Aug 31, 2023, 11:40:04 AM8/31/23
to
La ringrazio per le risposte, ma vi ci trovo cose molto gravi.

Sono abituato a contare sulla legge scritta e pensavo che dove la tutela
dei diritti non arrivi con la legge arrivi con la deontologia.

Le do' ragione, per quel che può contare il mio parere, sul fatto che ci
siano casi molto gravi, che richiedano attenzione; però ripensando
all'ipotetica persona che scoprisse di essere stato curato 30 anni
prima, non riesco a trovare una minima giustificazione.

Pensare che una persona non sia attendibile, privandola di qualsiasi
possibilità di fornire spiegazioni è disumano. Da questo punto di vista
penso che aggirare le procedure sia la causa del problema, perché quello
che può sfuggire a uno psichiatra, forse non sfugge a un giudice.
Se fossi a conoscenza di situazioni fuori dalla legge, le segnalerei
quindi alle autorità.

Mi serviva comunque di capire in che mondo viviamo, quanto vale il
sapere comune, quello che ci possiamo aspettare e come evitarlo; da
questo punto di vista è stato molto interessante leggere le sue risposte.
Grazie.
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