Giorgio Pastore ha scritto:
> ...
> Invece per la divisione per zero le cose stanno diversamente e l'
> introduzione per definizione della divisione per zero crea molte piu'
> incompatibilita col resto di quanti problemi potrebbe risolvere.
>
> BTW. In genere non do troppo valore a queste cose. Ma nel caso in
> questione non posso trattenermi dal domandarmi se le strane idee dell'
> autore del sito non siano correlate al voto di laurea estremamente basso.
Paolo Emilio ha scritto:
> Ok sul precedente (cut) che si puo' ampliare a volonta', pero' Ugo ha
> chiesto delle semplici spiegazioni e credo di avergliele fornite (il
> sito non l'ho visto, ho letto solo l'html).
Intervengo solo perché secondo me c'è un aspetto didattico tutt'altro
che banale, che nell'insegnamento secondario (almeno) è trascurato o
peggio.
Mi riferisco al fatto che la questione del "dividere per zero" resta
per molti un problema oscuro.
Il sito di cui parli, e anche alcuni post di questo thread, lo
dimostrano a esaurimento.
Forse vale la pena di diffondersi un po', perché troppe cose restano
sottintese o trattate frettolosamente.
Potremmo cominciare dalla filosofia...
C'è un abisso tra Paolo Emilio
> Be' vuole dire in breve quel che ti ho appena spiegato, cioe'
> - "lo poniamo noi" = per nostra definizione e comodo, creiamo noi
> appositamente nuovi elementi e nuove operazioni.
> - "oggettivamente" = non come nell'aritmentica con interi e frazioni
> (numeri razionali), che rispecchia una realta' oggettiva: es. 6 banane
> divise in tre = 2 banane a testa, mentre una banana diviso zero non
> diventa una banana infinita.
e El Filibustero
> per il semplice motivo che, in Matematica, cio' che e' vero
> oggettivamente coincide esattamente con cio' che e' stato posto da noi
> (o, indirettamente, con cio' che consegue logicamente da cio' che e'
> stato posto da noi).
E' chiaro che ElFil aderisce al punto di vista secondo cui la
matematica è una libera creazione mentale, che trova il suo fondamento
solo nella coerenza interna.
Io sono d'accordo, ma non si può ignorare che tra i matematici è viva
una visione "platonista", secondo cui gli enti matematici *esistono*
in un mondo iperuranio, e noi non facciamo che *scoprirli* e scoprirne
le proprietà.
Il discorso di Paolo Emilio, per quanto pasticciato, si rifà a una
concezione "realista", secondo cui gli enti matematici hanno dei
corrispettivi nel mondo reale.
Concezione vissuta a lungo spec. nella geometria, e di certo non ancora
scomparsa al difuori del campo specialistico.
Ciò posto, vediamo di spiegare per i più piccini come funziona la cosa
secondo ciò che oggi fa la matematica.
Partiamo alla lontana: dai numeri naturali (0, 1, 2, ...).
Questi si fondano su un sistema /assiomatico/: tradizionalmente gli
assiomi di Peano, che li caratterizzano.
Nell'insieme N dei naturali sono definite le due operazioni binarie
"+" (addizione) e "*" (moltiplicazione) con le proprietà che tutti (?)
conoscono.
Qui interessa rilevare due aspetti di queste operazioni:
1) Mentre dati due naturali a e b è sempre definito a+b, non esiste
sempre un c tale che a=b+c.
2) Mentre dati due naturali a e b è sempre definito a*b, non esiste
sempre un c tale che a=b*c.
Al problema 1) si rimedia estendendo N coi numeri negativi.
L'estensione (interi relativi) si chiama Z, e Z rispetto
all'addizione è un /gruppo commutativo/, quindi
3) esiste un (unico) elemento neutro, 0 (questo esisteva già in N)
4) ogni a in Z ammette un /inverso/ additivo a': a + a' = 0.
Però Z non è un gruppo rispetto alla moltiplicazione: esiste
l'elemento neutro (1) ma non l'inverso moltiplicativo di ogni
elemento.
A questo si rimedia estendendo ancora Z, coi razionali.
L'estensione si chiama Q, e Q\{0} è gruppo commutativo rispetto alla
moltiplicazione. Anzi rispetto alle due operazioni +, * è un /campo/:
- vale la proprietà distributiva: a*(b+c) = (a*b) + (a*c).
- non ci sono divisori di 0: a*b=0 solo se a=0 oppure b=0.
E' ora apparsa l'eccezione che turba: ho scritto che Q\{0} è un gruppo
rispetto a *, e quindi non ho richiesto che anche 0, come tutti gli
altri razionali, abbia un inverso rispetto alla moltiplicazione.
Anzi è banale dimostrare che tali inverso *non esiste*:
Sia x l'ipotetico inverso: dovrebbe valere 0*x=1.
Ma per ogni x in Q: 0*x=0, e 0 è diverso da 1...
Piano... Come si vede che 0*x=0 ?
Ecco:
Partiamo da 1+0=1.
Moltiplichiamo per x:
x*(1+0)=x*1.
Propr. distributiva:
x*1 + x*0 = x*1.
1 è elem. neutro per *:
x + x*0 = x.
0 è elem. neutro per +:
x + 0 = x.
Dunque
x + x*0 = x + 0.
Aggiungiamo x', l'inverso additivo di x:
x' + (x + x*0) = x' + (x + 0).
Propr. associativa:
(x' + x) + x*0 = (x' + x) + 0.
0 + x*0 = 0 + 0
x*0 = 0.
Benissimo: se 0 non ha inverso moltiplicativo in Q, basta ampliare Q...
Ma non funziona, se vogliamo ancora che l'insieme ampliato sia un
campo.
Infatti la dim. data sopra ha solo supposto che Q fosse un campo, e ha
portato al risultato generale:
/in nessun campo esiste l'inverso moltiplicativo di 0./
E' importante aver chiaro il significato della parola "esiste".
Non è un sign. "ontologico": non sto dicendo che qualcosa esiste nella
reltà, o in qualche mondo iperuranio.
Sto solo dicendo che se un qualche insieme X ha la struttura di campo,
allora in quell'insieme nessun elemento è l'inverso di 0.
E' una questione esclusivamente *logica*.
In questo senso dunque dire che in un campo "non esiste l'inverso di
0" è proprio la stessa cosa come dire che "nel campo reale non esistono
soluzioni dell'eq. x^2+1=0".
Anche qui, si vuol solo dire che qualunque sia il reale x, non accade
mai che risulti x^2+1=0.
Però vale la pena di approfondire, perché c'è una differenza: si può
ampliare il campo R ai complessi C, e in tal modo trovare soluzioni
dell'eq. data.
Invece non si può ampliare nessun campo in modo di trovare l'inverso
di 0: come mai?
La ragione è che nella dim. che x^2+1=0 non ha sol. reali entra
un'altra proprietà di R: quella di essere un /campo ordinato/.
Un campo ordinato è un campo in cui è definita una relazione di ordine
/compatibile/ con la struttura di campo:
- se a<b, per ogni c è anche a+c<b+c
- se a<b, per ogni c>0 è anche a*c<b*c.
Infatti: sia x in R. Tre casi sono possibili:
a) x=0. Allora x^2+1=1, che non è 0.
b) x>0. Allora x^2 = x*x > 0*x = 0, e a maggior ragione x^2+1>0.
c) x<0. Allora (-x)>0, x^2 = (-x)^2 > 0 ecc.
Si usa in modo essenziale *l'ordinamento*, non solo la struttura di
campo.
Perciò passando da R a C paghiamo un prezzo: un ordinamento
compatibile con la struttura di campo *non esiste* in C.
Di conseguenza la dim. precedente non vale, e infatti l'eq. ha
soluzioni.
Nota a margine: purtroppo la terminologia, che ha una radice storica,
qui non aiuta (anzi aiuta a far confusione).
"Reali" sembra alludere a un'esistenza ontologica, "immaginario"
invece a un prodotto del puro pensiero, privo di "realtà".
Il matematico sa che queste sono soltanto parole, ma quanti non
matematici hnno invece un'idea diversa, anche se hanno fatto studi di
matematica alquanto pesanti?
Per es. quante volte avrete sentito un fisico dire la solenne
stupidaggine che "soltanto i numeri reali hanno significato fisico"?
Il discorso non sarebbe finito, perché ci sarebbe da trattare il tema
dei limiti...
Ma ho scritto fin troppo, e sono sicuro che quasi tutti i matematici,
ammesso che abbiano resistito fin qui, avranno trovato banali e
inutili le mie considerazioni.
Se però fossero tenute più presenti quando s'insegna, forse un po' di
ragazzi capirebbero meglio la matematica...
--
Elio Fabri
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