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Un piccolo esercizio di relatività (ristretta!)

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Elio Fabri

unread,
Apr 3, 2023, 10:30:04 AM4/3/23
to
Ho scoperto appena ieri che un esercizio presente in "Gravitation"
(pag. 63 della prima edizione) col titolo "La centrifuga e il fotone"
ammette una semplice generalizzazione.
Ecco la versione che vi propongo di risolvere.

Abbiamo una piattaforma rotante con velocità angolare w costante. In
un punto A qualsiasi è presente una sorgente di fotoni, in un altro
punto B qualsiasi un rivelatore. Si chiede il "redshift"
(l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa).

Il problema è interessante perché ha una risposta semplice e inattesa.
Inoltre, contro le apparenze e contro ciò che si dice troppo spesso, è
un problema di RR: non è affatto necessario porsi nel rif. rotante.
Del resto anche se lo fosse resteremmo in RR perché lo spazio-tempo è
comunque piatto.
Lo si può risolvere senza tanti conti, a patto di saper trovare la
strada :-)
--
Elio Fabri

Paolo Russo

unread,
Apr 3, 2023, 1:00:04 PM4/3/23
to
Il Mon, 3 Apr 2023 16:06:50 +0200, Elio Fabri ha scritto:

> Si chiede il "redshift"
> (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa).

Ragionando in termini di dilatazioni temporali relative al
centro mi viene sqrt((1-(r_B*w/c)^2)/(1-(r_A*w/c)^2)).
Poi ho dato un'occhiatina su Wikipedia per verificare una
cosa e mi sono imbattuto in una formula identica, il che mi
e` di lieve conforto. :-)

Ciao
Paolo Russo

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 3, 2023, 3:30:04 PM4/3/23
to
Il 03/04/2023 16:06, Elio Fabri ha scritto:

> Abbiamo una piattaforma rotante con velocità angolare w costante. In
> un punto A qualsiasi è presente una sorgente di fotoni, in un altro
> punto B qualsiasi un rivelatore. Si chiede il "redshift"
> (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa).

Detti R_A e R_B le distanze di A e B dal centro O (misurate da regoli
fermi nel riferimento in cui è fermo O), poniamo che A emetta n impulsi,
o n "onde", in un periodo T_A (misurato da un orologio in moto con A),
cioè emette n impulsi ogni giro. B riceverà n impulsi ogni giro, cioè
ogni periodo T_B (misurato da un orologio in moto con B).
Detto
T=2*PI/w
il periodo misurato da orologi fermi nel riferimento in cui è fermo O,
sappiamo che
T=T_A/Sqrt[1-(w*R_A/c)^2]
e
T=T_B/Sqrt[1-(w*R_B/c)^2]
da cui si ha
T_A/T_B=Sqrt[1-(w*R_A/c)^2]/Sqrt[1-(w*R_B/c)^2].
Quindi
(l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)=
Sqrt[1-(w*R_A/c)^2]/Sqrt[1-(w*R_B/c)^2].

Io lo farei così. Che te ne pare?

Bruno Cocciaro

--
Questa email è stata esaminata alla ricerca di virus dal software antivirus AVG.
www.avg.com

Christian Corda

unread,
Apr 4, 2023, 5:50:04 AM4/4/23
to







La geometria della piattaforma rotante è così piatta che se uno si prende la briga di calcolare le componenti del tensore di Riemann a partire dalla metrica di Langevin troverà le due componenti indipendenti non triviali 2,3,2.3 e, rispettivamente, 3,2,3,2, che daranno, sempre rispettivamente, circa meno 3 omega quadro e circa meno 3 omega quadro r quadro. Quindi questa geometria approssima molto bene, per essere precisi, al secondo ordine in omega, quella del piano iperbolico. Storicamente, il primo a studiare il problema del disco rotante da un punto di vista relativistico fu Born nel 1909, mentre il primo a rendersi conto che la geometria del disco rotante è curva e quasi uguale a quella del disco iperbolico fu Kaluza nell'anno successivo. Se uno non vuole prendersi la briga di fare il calcolo, che comunque si trova in alcuni lavori in letteratura, basta osservare che, poiché il "campo gravitazionale di Langevin" aumenta all'aumentare della coordinata radiale, si hanno egli effetti mareali, e dunque il tensore di Riemann NON può essere identicamente nullo






Inoltre come posto qui il problema (mi auguro che nel Gravitation sia posto meglio) è estremamente ambiguo. Poiché il risultato finale non è covariante, va spiegato in quale sistema di riferimento va fatto il calcolo. Nel sistema di riferimento rotante si avrà un blushift con coefficiente di dilatazione temporale uguale ad -1/2, nel sistema di riferimento fisso si avrà un redshift con coefficiente di dilatazione temporale uguale ad 2/3. Bisogna infatti tenere conto che i due sistemi di riferimento sono de-sincronizzati, e, oltre alla de-sincronizzazione dovuta al "campo gravitazionale" nel riferimento rotante, va tenuta conto anche la de-sincronizzazione tra i due riferimenti. Per capire come il problema va affrontato in modo rigoroso suggerisco di leggere il mio lavoro: "On the equivalence between rotation and gravity: "Gravitational" and "cosmological" redshifts in the laboratory". Found Phys 52, 42 (2022), pre-print in https://arxiv.org/abs/2203.02282
Cari saluti,
Prof. C. Corda

Giorgio Bibbiani

unread,
Apr 4, 2023, 3:50:04 PM4/4/23
to
Il 03/04/2023 16:06, Elio Fabri ha scritto:
Provo a rispondere usando lo schema e le notazioni
di MTW con riferimento alla formula (2.30).

Siano tutte le coordinate misurate nel
riferimento inerziale del laboratorio, sia ta
l'angolo tra la parte spaziale ua della quadrivelocità di
A e quella p del quadrimpulso del fotone, analogamente tb
sia l'angolo tra la parte spaziale della quadrivelocità ub di B
e quella di p, sia . il prodotto scalare 3 dim.,
siano ra e rb i raggi di A e di B, allora
p.ua = |p| |ua| cos(ta)
p.ub= |p| |ub| cos(tb)
ma essendo ua e ub perpendicolari ai rispettivi raggi vettori,
usando la relazione tra angoli complementari e il teorema dei
seni si ricava
p.ua / p.ub = |ua| rb / (|ub| ra) = gamma_a / gamma_b,
analogamente per i prodotti delle parti temporali
si ha p^0 ua^0 / (p^0 ub^0) = gamma_a / gamma_b, in
definitiva il "redshift" vale gamma_a / gamma_b
(come già scritto da altri, e mi conforto ;-).

Ciao

--
Giorgio Bibbiani

Elio Fabri

unread,
Apr 5, 2023, 3:30:04 AM4/5/23
to
Giorgio Bibbiani a scritto:
> Provo a rispondere usando lo schema e le notazioni di MTW con
> riferimento alla formula (2.30).
> ...
OK. Questa è esattamente la soluzione che avevo trovato io.
La cosa curiosa è che invece Paolo Russo e Bruno Cocciaro hanno
seguito una strada diversa, che li ha portati però allo stesso
risultato.
E si potrebbe anche dire che quella fosse la strada più naturale
(dilatazione del tempo).
Di più: il modo come avevo posto il problema (redshift) suggeriva
proprio quella strada, anche se contro le mie intenzioni.
Avrei fatto meglio a parlare di energie del fotone, all'emissione e
alla rivelazione.
Non che l'enunciato come l'avevo scritto avesse la minima
indeterminatezza, o addirittura che fosse "estremamente ambiguo".
Tanto è vero che in tre l'hanno capito nello stesso modo, che era
l'unico possibile.

Tra l'altro il termine "redshift" faceva subito pensare all'analogo
problema astrofisico: osservo una galassia lontana, misuro le
lunghezze d'onda nello spettro d'assorbimento, scopro che si tratta di
righe dell'idrogeno (serie di Balmer) che però sono "fuori posto",
hanno tutte una l. d'onda più grande del dovuto (da qui "redshift")
per uno stesso fattore.

Quando facevo lezione su questi argomenti, non mancavo di sottolineare
che c'era un principio sottinteso, che avevo chiamato "principio di
uniformità" (non ricordo se esista un nome "ufficiale"): gli atomi in
qualunque parte e tempo dell'universo sono identici, in particolare
hanno gli stessi livelli energetici.
Quindi assumo che un fisico su quella galassia conosca lo spettro
dell'idrogeno identico a come lo conosciamo noi, ed è così che possiamo
prendere come un dato le l. d'onda emesse.
Per le l. d'onda ricevute non ci sono problemi: le misuro con uno
spettrografo nel mio osservatorio.
Quindi i sistemi di riferimeno sono definiti (chiunque abba un minimo
di nozioni astrofisiche lo sa) ed è perfettamente definito anche il
piccolo problema.

Ancora un commento alle soluzioni di Paolo e Bruno.
Quella di Paolo è solo troppo stringata: non si capisce se sia lecito
qui usare la nota formula della dil. temporale. Lo è, ma non è
banale...
Bruno va più a fondo, il che mette più in evidenza che c'è qualcosa da
capire meglio:
> poniamo che A emetta n impulsi, o n "onde", in un periodo T_A
> (misurato da un orologio in moto con A), cioè emette n impulsi ogni
> giro. B riceverà n impulsi ogni giro, cioè ogni periodo T_B
> (misurato da un orologio in moto con B).
Come si spiega che sia lo stesso n?
Non è affatto ovvio, c'è sotto un'ipotesi. Valida, ma sarebbe bene
esplicitarla.
--
Elio Fabri

Christian Corda

unread,
Apr 5, 2023, 3:30:04 AM4/5/23
to











Relativamente al discorso che ho fatto prima sul redshift/blueshift ho implicitamente ipotizzato che la coordinata radiale della sorgente sia minore di quella del ricevitore rispetto ad un origine posta nel punto di intersezione tra la piattaforma e l'asse di rotazione. Se le due coordinate radiali fossero uguali allora non si avrebbero effetti di shift né per l'osservatore fisso né per quello rotante. Se invece la coordinata radiale della sorgente fosse maggiore di quella del ricevitore rispetto alla citata origine, allora nel riferimento rotante si avrebbe un redshift con coefficiente di dilatazione temporale uguale ad 1/2, in quello fisso un blueshift con coefficiente di dilatazione temporale uguale a -1/3. Ho fatto i calcoli mentalmente adattandomi al mio citato lavoro Found Phys 52, 42 (2022). Inoltre mi sono limitato a calcolare i coefficienti di dilatazione temporale. Per calcolare i corrispondenti shift della luce bisogna moltiplicare i coefficienti di dilatazione temporale delle varie situazioni citate per il quadrato della velocità angolare, per il quadrato del modulo della differenza tra le coordinate radiali di sorgente e ricevitore, dividere per il quadrato della velocità della luce ed infine aggiungere uno a questo risultato. Il calcolo è preciso al primo ordine v^2/c^2, dove v è il prodotto tra la velocità angolare ed il modulo della differenza tra le coordinate radiali di sorgente e ricevitore e c è la velocità della luce. A questo punto il problema è risolto. Credo che più avanti ci scriverò un lavoro e potrei chiedere al mio dipartimento di fisica di approntare un rotore di Mossbauer per verificare che tutto torni.
Cari saluti,
Prof. C. Corda

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 5, 2023, 3:30:04 AM4/5/23
to
Il 03/04/2023 20:45, Bruno Cocciaro ha scritto:

> Quindi
> (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)=
> Sqrt[1-(w*R_A/c)^2]/Sqrt[1-(w*R_B/c)^2].

però c'è da dire che nella dimostrazione c'è un'ipotesi che ho
dimenticato di sottolineare, ipotesi che è peraltro soddisfatta nel caso
in esame in cui sia emittitore che ricevitore siano entrambi sul disco
(rigido) in rotazione.
L'ipotesi è che, in ogni istante, nel riferimento di quiete del
ricevitore, la distanza ricevitore-emittore si mantiene costante, così
come la sua velocità e l'angolo fra il raggio vettore
ricevitore-emettitore e la velocità dell'emettitore.
Se una di queste ipotesi non fosse soddisfatta allora in generale non
esisterebbe una risposta univoca in quanto la l. d'onda ricevuta
varierebbe nel tempo.

Ad esempio un problema collegato a quello fornito da Elio potrebbe
essere determinare l'andamento nel tempo (misurato da un orologio in
quiete col ricevitore) di (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa) con A
sul bordo del disco in rotazione e B fermo nel riferimento K di quiete
del centro del disco in un punto che sia anch'esso sul bordo del disco
rotante (però B, ovviamente, non ruota, è fermo in K).
Sia nel caso che sia A emettitore e B ricevitore che viceversa.
Credo che la soluzione si possa dare in termini di funzioni elementari
in entrambi i casi.

Paolo Russo

unread,
Apr 5, 2023, 3:30:04 AM4/5/23
to
Il Mon, 3 Apr 2023 23:12:56 -0700 (PDT), Christian Corda ha scritto:

> Inoltre come posto qui il problema (mi auguro che nel Gravitation sia
> posto meglio) è estremamente ambiguo. Poiché il risultato finale non è
> covariante, va spiegato in quale sistema di riferimento va fatto il
> calcolo.

Non vedo quest'ambiguita` che dici. L'enunciato precisa che
la lunghezza d'onda va misurata in A e in B e chiede il
rapporto tra i due numeri. Piu' scalare di cosi'...

Ciao
Paolo Russo

Christian Corda

unread,
Apr 5, 2023, 6:45:04 AM4/5/23
to


























L'ambiguità emerge immediatamente se osservi il  modo in cui fai il calcolo tu. Scrivi: "Ragionando in termini di dilatazioni temporali relative al centro". Il punto è che il centro è de-sincronizzato dagli oggetti rotanti non solo dalla cinematica della relatività speciale, ma anche dal fatto che, la metrica di Langevin che descrive il riferimento rotante,  ha il coefficiente g_00 leggermente minore di 1. Ora, siccome la trasformazione di Langevin conserva sia la coordinata temporale che quella radiale, ne segue che, essendo il tempo proprio di Langevin "de-sincronizzato" dalla sua coordinata temporale per via della famosa relazione che lega il tempo proprio di uno spazio-tempo alla coordinata temporale della metrica tramite il coefficiente g_00, anche il centro che misura il tempo proprio lorentziano è de-sincronizzato rispetto agli oggetti rotanti che misurano il tempo proprio di Langevin. Ossia,  il tempo proprio lorentziano è uguale alla coordinata temporale lorentziana (il g_00  nella metrica di Lorentz è uguale ad 1) che è uguale alla coordinata temporale di Langevin, che è DIVERSA dal tempo proprio di Langevin. Questa seconda de-sincronizzazione è legata al fatto che, diversamente da ciò che dice questo post, la geometria della piattaforma rotante non è piatta ed il problema non può essere risolto fino in fondo se non si utilizza un trattamento di relatività generale che deve considerare il calcolo di effetti lungo la traiettoria dei fotoni con degli integrali. In altre parole,  per risolvere problemi di questo tipo non si può usare semplicemente il tempo che trascorre sugli oggetti in questione per trasferire il tempo da un evento di trasmissione all'altro. Invece, bisogna stare attenti a considerare importanti effetti lungo la traiettoria. L'effetto di cui parlo è stato scoperto solo di recente con degli esperimenti del rotore di Mossbauer molto precisi e manca in tutti i libri di testo in cui si parla del soggetto in questione, a partire dal libro di Pauli del 1958. Chi ne ha dato la giustificazione teorica per primo è stato il sottoscritto, ed è poi stato confermato da analisi effettuate da altri colleghi. Quindi se voi volete continuare a dare retta a questo post, errato, che sostiene essere semplice un problema complicatissimo che è stato risolto erroneamente per oltre 50 anni, ed a pensare che il problema si possa risolvere come avete fatto col solo uso della relatività speciale, fate pure, ma sappiate che i vostri risultati vanno contro i precisissimi esperimenti Mossbauer più recenti e contro la letteratura più recente. In particolare, chi ha pubblicato il mio primo lavoro su queste cose è stato il giornale internazionale Annals of Physics nel 2015, all'epoca diretto dal Premio Nobel della Fisica Frank Wilczek. In più, un mio lavoro del 2018 sullo stesso argomento ha vinto una menzione onorevole alla Gravity Research Foundation Essay Competition 2018. Ora, questa non è robetta, perché i giudici della Gravity Research Foundation sono notoriamente tra i massimi esperti di relatività generale e gravitazione del mondo che hanno dunque certificato quanto scritto nel mio lavoro e cioè che la mia interpretazione dell'esperimento Mossbauer rotante è una nuova ed indipendente prova della relatività generale. Sto dicendo tutto questo, non per vantarmi, anche se, come dicevo, non stiamo parlando di robetta, ma perché questo post vi sta portando su una strada sbagliata. Poi se voi volete proseguire su questa strada errata, fate pure.  Se volete ulteriori chiarimenti io resto a disposizione, e vi segnalo nuovamente il mio lavoro più recente e più completo sull'argomento: C. Corda, "On the equivalence between rotation and gravity: "Gravitational" and "cosmological" redshifts in the laboratory", Found Phys 52, 42 (2022) , pre-print in https://arxiv.org/abs/2203.02282
Cari saluti,
Prof. C. Corda

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 5, 2023, 6:45:04 AM4/5/23
to
Il giorno mercoledì 5 aprile 2023 alle 09:30:04 UTC+2 Christian Corda ha scritto:

> Relativamente al discorso che ho fatto prima sul redshift/blueshift ho implicitamente ipotizzato che che la coordinata radiale della sorgente sia minore di quella del ricevitore rispetto ad un origine posta nel punto di intersezione tra la piattaforma e l'asse di rotazione
[...]


> Per calcolare i corrispondenti shift della luce bisogna moltiplicare i coefficienti di dilatazione temporale delle varie situazioni citate per il quadrato della velocità angolare, per il quadrato del modulo della differenza tra le coordinate radiali di sorgente e ricevitore, dividere per il quadrato della velocità della luce ed infine aggiungere uno a questo risultato.



Giusto per capire, stai quindi ritrattando quanto dicevi nel precedente post? Cioè il problema non lo ritieni più ambiguo e ritieni quindi che esista una risposta per quanto, a tuo modo di vedere, non sia possibile esprimere la risposta in una unica forma indipendentemente dall'essere il ricevitore più vicino o più lontano dal centro rispetto all'emettitore?

Oppure stai dicendo altro, cioè dici che il problema è comunque ambiguo ai tuoi occhi e lo staresti tu interpetando in una certa maniera (maniera che peraltro io non riesco a capire perché non riesco proprio a capire in cosa tu vedresti l'ambiguità)?

E, sempre per capire, potresti gentilmente mettere la risposta che dai sopra nella forma richiesta, cioè
(l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= ...


Sarei curioso di vedere se la forma in cui daresti la tua risposta, dopo eventuali opportune semplificazioni, si riduce o meno a quella che abbiamo dato in tre (quattro con Elio che ha già confermato che lui darebbe la stessa risposta).

Bruno Cocciaro.

Christian Corda

unread,
Apr 5, 2023, 7:55:03 AM4/5/23
to
Il problema di cui parli è proprio l'esperimento Mossbauer rotante. Se adatti i tuoi calcoli a questo caso, nel caso che sia A emettitore e B ricevitore troverai:

(l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= 1/Sqrt[1-(w*R_B/c)^2] uguale, al primo ordine in (w*R_B/c)^2, ad 1+(1/2)(w*R_B/c)^2. Peccato che i più recenti e precisi esperimenti Mossbauer rotanti trovino un valore uguale a 1+(2/3)(w*R_B/c)^2.

Christian Corda

unread,
Apr 5, 2023, 7:55:03 AM4/5/23
to


Ometti lo stesso ingrediene che è omesso da tutti. Provo a spiegarlo da un punto di vista diverso. Dici di lavorare nel riferimento del laboratorio ma non consideri il fatto che la distanza radiale tra A e B nel laboratorio è diversa dalla distanza propria tra A e B che stanno ruotando, perchè, in un certo senso gli oggetti rotanti "“vivono” in uno spazio che si contrae in termini di distanza (tempo) propria in

direzione radiale perpendicolare all'asse di rotazione. Questo è spiegato anche nel libro di Landau. Questa ulteriore contrazione di tempo (distanza) proprio genera un ulteriore effetto di shift della luce che nessuno di voi ha considerato.

Christian Corda

unread,
Apr 5, 2023, 7:55:03 AM4/5/23
to

L'ambiguità nasce dal fatto che non si capisce in quale riferimento va fatto il calcolo. Da come è scritto sembrerebbe che andrebbe fatto nel riferimento rotante, ma poi tu lo fai nel riferimento del centro.

Poiché i due riferimenti sono de-sincronizzati il risultato non è covariante. Messo nella forma richiesta il risultato da, nel riferimento del laboratorio:

(l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= {1+k[w*(R_B-R_A)/c]^2} con k= 2/3 se A è la sorgente e B il ricevitore e con R_A<R_B. Se invece R_A>R_B sarà k=-1/3. Il risultato è al primo ordine in [w*(R_B-R_A)/c]^2.

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 5, 2023, 7:55:03 AM4/5/23
to
Il giorno mercoledì 5 aprile 2023 alle 09:30:04 UTC+2 Elio Fabri ha scritto:

> Come si spiega che sia lo stesso n?
> Non è affatto ovvio, c'è sotto un'ipotesi. Valida, ma sarebbe bene
> esplicitarla.

Immagino che la risposta alla tua domanda sia proprio quella che stavo mandando mentre tu la ponevi :-). O c'è ancora dell'altro?

> Elio Fabri



Ciao e ... continuo a non capire come tu possa farcela a mantenere sempre una tale cura verso una così grande mole di tuoi "allievi". Allievi di ogni tipo. Stessa profonda attenzione e cura verso chiuque mostri volontà di capire, che sia lo studente universitario normalista, o il ragazzino delle scuole medie, o un docente di scuole secondarie, un lettore dei tuoi articoli, un utente di gruppi usenet ...

Questa tua domanda, "come si spiega che sia lo stesso n?", è una vera chicca, un chiaro esempio dell'attenzione e cura verso gli allievi che dico sopra.

Mi ricorda le domande che ti facevano a volte a lezione i normalisti e io rimanevo estasiato dalle loro domande! Mi dicevo: "Cavolo, è vero! Ci potrebbe essere questo inghippo. Ma come cavolo ha fatto il normalista di turno ad arrivarci a vederlo"?


Ancora di più rimanevo estasiato dal fatto che tu avevi sempre pronta la risposta. Mi dicevo: "Cavolo, ma questo professore si è gia posto chissà quando tutti i quesiti profondi che si pongono i normalisti, a tutti ha già trovato la risposta, e tutte le risposte le mantiene talmente chiare in testa da poter sempre rispondere al volo! Ma come fa"?

È per me profondo motivo di orgoglio aver risposto alla tua domanda e ancora di più l'essermela posta da solo ancor prima che tu la esplicitassi.

Bruno Cocciaro.

Giorgio Bibbiani

unread,
Apr 5, 2023, 9:00:03 AM4/5/23
to
Il 04/04/2023 22:43, Bruno Cocciaro ha scritto:
...
> Ad esempio un problema collegato a quello fornito da Elio potrebbe essere determinare l'andamento nel tempo (misurato da un orologio in quiete
> col ricevitore) di (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa) con A sul bordo del disco in rotazione e B fermo nel riferimento K di quiete del
> centro del disco in un punto che sia anch'esso sul bordo del disco rotante (però B, ovviamente, non ruota, è fermo in K).
> Sia nel caso che sia A emettitore e B ricevitore che viceversa.

Usando le stesse notazioni di MTW che in precedenza,
sempre ragionando con le coordinate nel rif. del laboratorio,
sia t l'angolo azimutale istantaneo di A (emettitore) che
si muove di moto circolare uniforme, B (ricevitore) sia
fermo sul bordo della circonferenza all'angolo azimutale Pi,
il "redshift" è:

lambda_B / lamba_A =
(p^0 ua^0 - p.ua) / (p^0 ub^0 - p.ub) =
(p^0 ua^0 - p.ua) / p^0 =
ua^0 - p.ua / p^0 =
gamma_a (1 - beta_a sin(t/2)) se 0 =< t < Pi
gamma_a (1 + beta_a sin(t/2)) se Pi < t =< 2Pi,

a riprova per t = 0 si riottiene l'effetto
Doppler trasverso (dilatazione del tempo),
per t -> Pi l'effetto Doppler relativistico.

Scambiare i ruoli di A e B come emettitore e ricevitore,
senza variare i loro moti, equivale semplicemente a
scambiare i segni + e - nei termini tra parentesi
nelle ultime 2 eq.i sopra.

In ogni caso sopra, t è l'angolo che A come emettitore
ha spazzato quando emette un fotone che arriverà a B,
oppure l'angolo che A come ricevitore ha spazzato quando
riceve un fotone emesso da B.

PS lo scopo del procedimento di MTW è ricavare la formula
del "redshift" _senza_ utilizzare trasformazioni di
coordinate (di Lorentz) tra riferimenti inerziali, come
ad es. la formula della dilatazione del tempo, ma facendo
un ragionamento puramente geometrico; ovviamente chi fosse
interessato potrebbe leggere il paragrafo citato di
"Gravitation" ove l'argomento è sviluppato egregiamente :-).

Ciao

--
Giorgio Bibbiani

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 5, 2023, 6:40:03 PM4/5/23
to
Il 05/04/2023 13:32, Christian Corda ha scritto:
>
> L'ambiguità nasce dal fatto che non si capisce in quale riferimento va fatto il calcolo.

E perché mai un testo non ambiguo di un problema dovrebbe dare
indicazioni su come svolgere il calcolo?
Un testo è ambiguo se le ipotesi non sono sufficienti per determinare
l'ente che viene richiesto. E, nel caso in esame, il testo non è ambiguo.

> Da come è scritto sembrerebbe che andrebbe fatto nel riferimento rotante, ma poi tu lo fai nel riferimento del centro.

Non capisco cosa intendi, ma spero che concorderai che la risposta
corretta, qualunque sia, debba prescindere da come uno decide di
determinarla.

> Poiché i due riferimenti sono de-sincronizzati il risultato non è covariante. Messo nella forma richiesta il risultato da, nel riferimento del laboratorio:
>
> (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= {1+k[w*(R_B-R_A)/c]^2} con k= 2/3 se A è la sorgente e B il ricevitore e con R_A<R_B. Se invece R_A>R_B sarà k=-1/3. Il risultato è al primo ordine in [w*(R_B-R_A)/c]^2.

Ecco, siccome la risposta che dai tu è diversa dalla mia (e di altri),
allora, immaginando che in B sia presente una sostanza che assorbe la
lunghezza d'onda 700nm (cioè assorbe onde elettromagnetiche che hanno un
periodo di oscillazione, misurato da un orologio fisso con B, pari a
700nm/c) mentre in A c'è una sorgente che emette alla lunghezza d'onda
800nm (cioè emette onde elettromagnetiche che hanno un periodo di
oscillazione, misurato da un orologio fisso con A, pari a 800nm/c), io
direi che B assorbirebbe la luce emessa da A solo nel caso che la
formula corretta (che sia la mia o la tua non ha importanza), per le
R_A, R_B e w date, dia
(l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)=7/8.

Cioè, gli atomi del rivelatore posto in B potranno eventualmente dire
"assorbiamo la luce che soddisfa la formula di Chistian perché quella
formula dà 7/8. Non assorbiamo la luce che soddisfa la formula di Bruno
perché quella di Bruno dà 7/9".
Non potranno mai dire, ad esempio:
"La formula di Christian sarebbe corretta nel riferimento del
laboratorio, la formula di Bruno è sbagliata però, con i dati del
problema, coincide casualmente con la formula corretta nel riferimento
rotante. E siccome oggi abbiamo deciso di assorbire secondo la formula
corretta nel riferimento rotante, la quale dà 7/9, allora oggi
assorbiamo secondo la formula di Bruno".

Quindi, siccome direi che sia improbabile che tu voglia intendere
l'assurdo che ho appena detto, ti chiedo:
cosa cavolo significa che una formula sarebbe corretta "nel riferimento X"?

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 5, 2023, 6:40:03 PM4/5/23
to
Il giorno mercoledì 5 aprile 2023 alle 13:55:03 UTC+2 Christian Corda ha scritto:


> Il problema di cui parli è proprio l'esperimento Mossbauer rotante. Se adatti i tuoi calcoli a questo caso, nel caso che sia A emettitore e B ricevitore troverai:

No, così sarebbe troppo semplice e non ci sarebbe alcuna dipendenza dal tempo della lunghezza d'onda ricevuta.



Ho detto che A è fisso nel riferimento inerziale K in cui è fisso anche il centro del disco in un punto a distanza R dal centro. R è il raggio del disco rotante misurato con regoli fissi in K (questo lo specifico perché, a mio avviso, il disco rotante non può non "contrarre" il proprio raggio, cioè il disco, quando non ruota, deve avere raggio maggiore di R. In alternativa mi parrebbe che si dovrebbero attribuire poteri "magici" alla RG).


> (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= 1/Sqrt[1-(w*R_B/c)^2] uguale, al primo ordine in (w*R_B/c)^2, ad 1+(1/2)(w*R_B/c)^2. Peccato che i più recenti e precisi esperimenti Mossbauer rotanti trovino un valore uguale a 1+(2/3)(w*R_B/c)^2.


Sì, l'ho visto dai lavori sperimentali di cui hai mandato recentemente i riferimenti, così come ho visto che questi nuovi lavori sono in disaccordo con altri precedenti.

Per me, da lettore non del campo, al momento attuale la situazione sperimentale dovrebbe considerarsi aperta. Ad esempio mi piacerebbe sapere cosa pensano dei nuovi lavori quelli che avevano pubblicato i precedenti lavori in cui si trovava 1/2 invece di 2/3.


Poi, pur sottolineando di nuovo che non sono del campo, a occhio direi che, se fra gli addetti ai lavori la situazione sperimentale fosse stata considerata chiusa, allora il tuo lavoro teorico immagino che avrebbe vinto il premio nell'occasione in cui è stato invece "relegato" fra il gruppo delle menzioni onorevoli.







Infine, a me parrebbe che, se fosse vero l'effetto che dici (i 2/3 invece che 1/2) allora il rallentamento "ulteriore" degli orologi in moto sul bordo del disco si dovrebbe poter verificare anche mediante effetto Doppler longitudinale. Non avendo alcuna esperienza sperimentale sull'effetto Mossbauer non ho idea se la cosa sarebbe possibile dal punto di vista tecnico ma se una riga Mossbauer venisse assorbita col ricevitore che si sta muovendo a velocità v (poniano che l'assorbitore si muova lungo l'asse in direzione positiva e l'emettitore emette lungo x in direzione negativa), allora quelle stessa riga non si dovrebbe assorbire se l'assorbitore passasse sull'asse x alla stessa velocità però essendo sul bordo di un disco di raggio R rotante a velovità angolare w=v/R (cioè col centro del disco a distanza R dall'asse x e il disco sul piano xy). Gli ci vorrebbe una w più intensa.





Con due sorgenti diverse, a frequenze una f_1, l'altra f_2, con una che emette in direzione x positiva l'altra in direzione negativa , con f_1 e f_2 opportune in modo che entrambe vengano assorbite dall'assorbitore quando lo stesso si muove a velocità v (non so se si possano avere sorgenti del genere), se l'assorbitore si mettesse sul bordo del disco a velocità angolare w=v/R non assorbirebbe più nessuna delle due sorgenti (cioè non si vedrebbe alcun breve picco di assorbimento nei momenti in cui l'assorbitore "passa" sopra l'asse x tangenzialmente). Aumentando un po' la w ne assorbirebbe una, diminuendo la w assorbirebbe l'atra. La differenza fra le due w di assorbimento dovrebbe essere compatibile con la *diversa* relazione dell'effetto Doppler *longitudinale* che si dovrebbe osservare con i ricevitori messi sul bordo del disco.

Bruno Cocciaro.

Elio Fabri

unread,
Apr 5, 2023, 6:40:04 PM4/5/23
to
Bruno Cocciaro ha scritto:
> Ciao e ... continuo a non capire come tu possa farcela a mantenere
> sempre una tale cura verso una così grande mole di tuoi "allievi".
In effetti ora sono piuttosto ingolfato.
Ho sollevato delle questioni, e ora non so come cavarmela con le
numerose risposte che dovrei dare.
Per stasera mi limito a rispondere a te:
> Immagino che la risposta alla tua domanda sia proprio quella che
> stavo mandando mentre tu la ponevi :-). O c'è ancora dell'altro?
Non sono sicuro, e preferisco mostrarti cosa avrei detto io a lezione.

Cominciamo con l'osservare che l'emettitore A e il ricevitore B sono
entrambi in moto circolare uniforme, con la stessa vel. angolare, nel
rif. del laboratorio.
La piattaforma di cui ho parlato nell'enunciato serve soltanto a
questo: a garantire che i due oggetti si muovano con questa comune vel.
angolare (e quindi conservino distanza costante (sempre nel rif. del
laboratorio: no lo ripeterò più).
Del rif. rotante della piattaforma non me ne curo.
Avrei parecchio da dire, per es. che reputo errato parecchio di ciò ce
scrive Landau sull'argomento. Ma per fortuna è irrilevante.

In un diagramma spazio-tempo tipo quello che si vede sulla copertina
del Q16, le linee orarie di A e di B sono due eliche circolari, di
raggi diversi ma di uguale passo temporale.
Questo l'avevi scritto, anche se ci hai infilato una cosa scorretta:
> Detti R_A e R_B le distanze di A e B dal centro O (misurate da
> regoli fermi nel riferimento in cui è fermo O)
O è un punto e non basta per definire un rif.
Guarda caso O è fermo anche nel rif. rotante :-)

Ma torniamo alle eliche.
Esiste un po' di simmetria nel problema, che è molto utile rilevare.
In particolare se componiamo una traslazione di Dt nel tempo con una
rotazione di w*Dt attorno all'asse del sistema, entrambe le eliche si
sovrappongono a se stesse. La posizione dei punti A, B cambia e
cambiano pure gli eventi emissione e ricezione, ma tutte le relazioni
geometriche e fisiche restano invarianti.

Seguendo quello che suggerisci anche tu, definiamo una serie di
eventi, che chiamerò E0, E1, ...En.
Sono le emissioni degli impulsi o se si preferisce quelli in cui la
fase dell'onda emessa torna la stessa (ossia la separazione di due
eventi consecutivi in termini di *tempo proprio* è pari al periodo
della radiazione emessa, come misurata da A.
Preciso che En avviene quando A compie un giro completo.

Stesse definizioni per gli eventi R0 ...Rn che sono gli eventi di
ricezione.
Non ho bisogno di ripetere le cose già dette per E0 ...En.
Va da sé che gli eventi Ek, Rk sono connessi della propagazione della
radiazione da A a B.
Nel rif. del laboratorio questa propagazione è rettilinea alla
velocità c, ma non ho nepure bisogno di saperlo.
Quello che basta è che l'invarianza sopra mostrata mi assicura che la
relazione tra E0 ed R0 è la stessa che tra E1 ed R1, ecc.
O anche: che il 4-vettore che va da E0 a E1 ha la stessa lunghezza
(tempo proprio) di tutti quelli da Ek a E(k+1), e lo stesso vale per
gli Rk.
Però attenzione: la lunghezza di E0E1 sarà diversa da quella di R0R1;
del resto questo è proprio il contenuto della domanda.
Invece possiamo dire che per la coordinata t vale un'uguaglianza più
ampia: non solo sono uguali tutti i Dt_k = t(E(k+1))-t(Ek), ma e così
pure per gli R; inoltre
t(E(k+1))-t(Ek) = t(R(k+1))-t(Rk).
Perché?
Perché tutte le differenze t(Rk)-t(Ek) sono uguali, sempre per la
solita invarianza.

A questo punto è fatta: le differenze t(E(k+1))-t(Ek) e gli intervalli
di tempo proprio possiamo metterli in relazione con la solita formula
della dilatazione, perché (clock hypothesis) vale
Dtau = int[sqrt(1-v^2/c^2),t,t(Ek),t(E(k+1)]
Però tra emissione e ricezione c'è differenza nella v e quindi anche
nel Dtau.
Fine del problema.

Ho voluto esaminare con attenzione il ruolo dell'invarianza "lungo
l'elica" perché è quello che probab. avevate capito tutti, ma non
avevate pensato di enunciarlo in modo esplicito.
--
Elio Fabri

Paolo Russo

unread,
Apr 6, 2023, 6:20:03 PM4/6/23
to
Il Wed, 5 Apr 2023 19:14:38 +0200, Bruno Cocciaro ha scritto:

> Il 05/04/2023 13:32, Christian Corda ha scritto:
>>
>> L'ambiguità nasce dal fatto che non si capisce in quale riferimento va
>> fatto il calcolo.
>
> E perché mai un testo non ambiguo di un problema dovrebbe dare
> indicazioni su come svolgere il calcolo?

Infatti. Concordo che non abbia molto senso.

>> (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= {1+k[w*(R_B-R_A)/c]^2} con k=
>> 2/3 se A è la sorgente e B il ricevitore e con R_A<R_B. Se invece
>> R_A>R_B sarà k=-1/3. Il risultato è al primo ordine in
>> [w*(R_B-R_A)/c]^2.
>
> Ecco, siccome la risposta che dai tu è diversa dalla mia (e di altri),

Compresa Wikipedia:
<https://en.wikipedia.org/wiki/Relativistic_Doppler_effect>

> cosa cavolo significa che una formula sarebbe corretta "nel riferimento
> X"?

L'esito di un processo di misura in un riferimento assegnato
e` un evento e come tale non puo` dipendere dal riferimento
in cui si fa il calcolo. E` proprio questo il senso del PR.
Se una formula per calcolare tale esito da` risultati
dipendenti dal riferimento in cui si fa il calcolo, mi pare
chiaro che sia sbagliata.
Un ulteriore indizio in tal senso viene proprio dagli strani
coefficienti nelle formule di Corda: 2/3 e -1/3.
Se in B mettiamo uno specchio, in generale con quei
coefficienti in A non ritorna la stessa frequenza che ha
emesso. I fronti d'onda in piu' o in meno da dove vengono o
dove si perdono?

Ciao
Paolo Russo

Christian Corda

unread,
Apr 6, 2023, 6:20:03 PM4/6/23
to
Ciao Bruno,

Grazie della tua pazienza. Inserisco le repliche a 2 dei tuoi interventi in uno solo mio per non perdere il filo del discorso, spero che ti vada bene.

> > Il problema di cui parli è proprio l'esperimento Mossbauer rotante. Se adatti i tuoi calcoli a questo caso, nel caso che sia A emettitore e B ricevitore troverai:
> No, così sarebbe troppo semplice e non ci sarebbe alcuna dipendenza dal tempo della lunghezza d'onda ricevuta.
>
>
>



> Ho detto che A è fisso nel riferimento inerziale K in cui è fisso anche il centro del disco in un punto a distanza R dal centro. R è il raggio del disco rotante misurato con regoli fissi in K (questo lo specifico perché, a mio avviso, il disco rotante non può non "contrarre" il proprio raggio, cioè il disco, quando non ruota, deve avere raggio maggiore di R. In alternativa mi parrebbe che si dovrebbero attribuire poteri >"magici" alla RG).

OK, scusa, non avevo capito bene la disposizione dell'esperimento che proponevi.



> > (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= 1/Sqrt[1-(w*R_B/c)^2] uguale, al primo ordine in (w*R_B/c)^2, ad 1+(1/2)(w*R_B/c)^2. Peccato che i più recenti e precisi esperimenti Mossbauer rotanti trovino un valore uguale a 1+(2/3)(w*R_B/c)^2.

> Sì, l'ho visto dai lavori sperimentali di cui hai mandato recentemente i riferimenti, così come ho visto che questi nuovi lavori sono in disaccordo con altri precedenti.
>

> Per me, da lettore non del campo, al momento attuale la situazione sperimentale dovrebbe considerarsi aperta. Ad esempio mi piacerebbe sapere cosa pensano dei nuovi lavori quelli che avevano pubblicato i precedenti lavori in cui si trovava 1/2 invece di 2/3.








Purtroppo tutti gli esperimenti Mossbauer precedenti a quelli di Kholmeskii et al. risalgono  agli anni 60 del secolo scorso, quindi gli autori degli esperimenti precedenti, o sono molto anziani o ci hanno lasciato. Ho cercato in rete ed ho trovato che Walter Kündig, che ebbe l'idea originale sull'esperimento Mossbauer rotante nel 1963 si è ritirato nel 1999, anche se ha continuato a scrivere articoli di ricerca sino al 2007.  Non ci sono state risposte ai lavori di Kholmeskii et al. dal punto di vista sperimentale. Intendo proporre la realizzazione di un nuovo esperimento Mossbauer rotante al dipartimento di fisica dell'Università a cui sono affiliato, ma lo farò più avanti ed immagino ci vorranno anni per realizzarlo. Noto però che nel frattempo c'è un rinnovato interesse sull'argomento e, in particolare, sullo spaziotempo di  Langevin (forse un po' anche per merito mio?). Proprio oggi è uscito questo interessante lavoro nell'archivio: https://arxiv.org/pdf/2304.02021.pdf che cita anche 3 dei miei lavori in proposito.


> Poi, pur sottolineando di nuovo che non sono del campo, a occhio direi che, se fra gli addetti ai lavori la situazione sperimentale fosse stata considerata chiusa, allora il tuo lavoro teorico immagino che
>avrebbe vinto il premio nell'occasione in cui è stato invece "relegato" fra il gruppo delle menzioni onorevoli.




Direi un po' ed un po', nel senso che, come stai avanzando dei dubbi tu, qualche dubbio potrebbe averlo avanzato qualcuno dei giudici, anche perché non avevo allora il quadro teorico completamente chiaro come ce l'ho ora e non avevo spiegato alcune cose basilari, come ad esempio il fatto che l'effetto di sincronizzazione tra riferimento fisso e rotante abbia un intrigante analogia col redshift cosmologico, vedi l'equazione (21) del mio lavoro Found Phys 52, 42 (2022). Probabilmente manderò un nuovo saggio con un'analisi più completa della situazione in futuro.

 






> Infine, a me parrebbe che, se fosse vero l'effetto che dici (i 2/3 invece che 1/2) allora il rallentamento "ulteriore" degli orologi in moto sul bordo del disco si dovrebbe poter verificare anche mediante effetto Doppler longitudinale. Non avendo alcuna esperienza sperimentale sull'effetto Mossbauer non ho idea se la cosa sarebbe possibile dal punto di vista tecnico ma se una riga Mossbauer venisse assorbita col ricevitore che si sta muovendo a velocità v (poniano che l'assorbitore si muova lungo l'asse in direzione positiva e l'emettitore emette lungo x in direzione negativa), allora quelle stessa riga non si dovrebbe assorbire se l'assorbitore passasse sull'asse x alla stessa velocità però essendo sul bordo di un disco di raggio R rotante a velovità angolare w=v/R (cioè col centro del disco a distanza R dall'asse x e il disco sul piano xy). Gli ci vorrebbe una w più intensa.
>





>Con due sorgenti diverse, a frequenze una f_1, l'altra f_2, con una che emette in direzione x positiva l'altra in direzione negativa , con f_1 e f_2 opportune in modo che entrambe vengano assorbite dall'assorbitore quando lo stesso si muove a velocità v (non so se si possano avere sorgenti del genere), se l'assorbitore si mettesse sul bordo del disco a velocità angolare w=v/R non assorbirebbe più nessuna delle due sorgenti (cioè non si vedrebbe alcun breve picco di assorbimento nei momenti in cui l'assorbitore "passa" sopra l'asse x tangenzialmente). Aumentando un po' la w ne assorbirebbe una, diminuendo la w assorbirebbe l'atra. La differenza fra le due w di assorbimento dovrebbe essere compatibile con la *diversa* relazione dell'effetto Doppler *longitudinale* che si dovrebbe osservare con i ricevitori messi sul bordo del disco.
>




Se osservi la figura a pagina 5 del mio lavoro Found Phys 52, 42 (2022) vedrai che il ricevitore è spezzato in due parti. L'assorbitore risonante ruota, mentre il contatore di fotoni si trova nel riferimento fisso. L'effetto doppler longitudinale deriva dal fatto che il numero di fotoni contati nell'unità di tempo è diverso nei due riferimenti

> Non capisco cosa intendi, ma spero che concorderai che la risposta
> corretta, qualunque sia, debba prescindere da come uno decide di
> determinarla.






















No, e questo è il cuore del problema. Come ho detto, il risultato non è covariante e dipende dal sistema di riferimento che usi. L'errore basilare di questo post è assumere che la geometria della piattaforma rotante sia piatta quando sappiamo da oltre 100 anni che non lo è. Il primo a rendersene conto fu Kaluza nel 1910.  Per rendersene conto uno potrebbe facilmente calcolare le componenti del tensore di Riemann a partire dal "campo gravitazionale di Langevin".  Il calcolo è stato fatto alcune volte in letteratura e da due componenti indipendenti non nulle, una funzione di omega quadro e l'altra funzione di omega quadro r quadro, dove r è la coordinata radiale sia per l'osservazione Lorentziano che per quello di Langevin.  Ma c'è un modo più semplice di rendersi conto di questa curvatura. La metrica di Langevin, che descrive il riferimento rotante,  ha il coefficiente g_00 leggermente minore di 1. Ora, siccome la trasformazione di Langevin conserva sia la coordinata temporale che quella radiale, ne segue che, essendo il tempo proprio di Langevin "de-sincronizzato" dalla sua coordinata temporale per via della famosa relazione che lega il tempo proprio di uno spazio-tempo alla coordinata temporale della metrica tramite il coefficiente g_00, anche il centro che misura il tempo proprio lorentziano è de-sincronizzato rispetto agli oggetti rotanti che misurano il tempo proprio di Langevin. Ossia,  il tempo proprio lorentziano è uguale alla coordinata temporale lorentziana (il g_00  nella metrica di Lorentz è uguale ad 1) che è uguale alla coordinata temporale di Langevin, che è DIVERSA dal tempo proprio di Langevin. Quindi il tempo proprio di Lorentz è DIVERSO dal tempo proprio di Langevin. Corrispondentemente, anche la distanza propria di Langevin è diversa dalla distanza propria di Lorentz. E' stiamo parlando di una differenza di tempi e distanze riguardanti i due spazi-tempi globali, almeno per quegli intervalli di coordinate laddove la trasformazione di Langevin può essere definita, non una differenza dovuta a moti relativi locali come nel caso della relatività speciale. Quindi, di fatto, stiamo parlando di due spazi-tempi diversi. Poiché il problema degli shift della luce è  deriva dal fatto che in punti diversi scorrono tempi propri diversi,  bisogna tener conto della de-sincronizzazione tra i due riferimenti.  In particolare, se vogliamo studiare la cinematica relativistica tra A e B per calcolare lo shift, dobbiamo calcolare i tempi propri di A e B nel riferimento rotante, non in quello fisso, poiché il sistema di riferimento solidale ad A e B è quello rotante, non in quello fisso. Se però, per fare i nostri calcoli abbiamo bisogno di passare al riferimento fisso, che è quello che avete fatto tutti voi, che, in definitiva, è quello del laboratorio dove alla fine si fanno le misure, allora bisogna tener conto della de-sincronizzazione tra i due sistemi di riferimento, e ciò porterà ad un risultato diverso nel sistema fisso rispetto a quello rotante.

> Ecco, siccome la risposta che dai tu è diversa dalla mia (e di altri),
> allora, immaginando che in B sia presente una sostanza che assorbe la
> lunghezza d'onda 700nm (cioè assorbe onde elettromagnetiche che hanno un
> periodo di oscillazione, misurato da un orologio fisso con B, pari a
> 700nm/c) mentre in A c'è una sorgente che emette alla lunghezza d'onda
> 800nm (cioè emette onde elettromagnetiche che hanno un periodo di
> oscillazione, misurato da un orologio fisso con A, pari a 800nm/c), io
> direi che B assorbirebbe la luce emessa da A solo nel caso che la
> formula corretta (che sia la mia o la tua non ha importanza), per le
> R_A, R_B e w date, dia
> (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)=7/8.







L'effetto di de-sincronizzazione tra i due riferimenti di cui ho parlato prima rende anche l'input diverso nei due riferimenti, non solo il risultato finale. Se in B che ruota è presente una sostanza che assorbe la  lunghezza d'onda 700nm un eventuale osservatore fisso che guarda l'assorbimento immediatamente sopra a B nell'istante di passaggio di B vedrà una lunghezza d'onda assorbita leggermente più lunga. Se in A che ruota c'è una sorgente che emette alla lunghezza d'onda 800nm un eventuale osservatore fisso che guarda l'emissione  immediatamente sopra a A nell'istante di passaggio di A vedrà una lunghezza d'onda assorbita leggermente più lunga. Ora, poiché la de-sincronizzazione tra i due riferimenti non è costante ma varia al variare della distanza radiale dal centro, la formula (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)=7/8. varrà SOLO per il riferimento rotante, mentre in quello fisso avremo sicuramente (l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa) DIVERSO DA 7/8.

> Non potranno mai dire, ad esempio:
> "La formula di Christian sarebbe corretta nel riferimento del
> laboratorio, la formula di Bruno è sbagliata però, con i dati del
> problema, coincide casualmente con la formula corretta nel riferimento
> rotante. E siccome oggi abbiamo deciso di assorbire secondo la formula
> corretta nel riferimento rotante, la quale dà 7/9, allora oggi
> assorbiamo secondo la formula di Bruno".
>






Non decidiamo noi quale formula è corretta e quale è sbagliata, ciò che possiamo decidere è  in quale riferimento fare l'analisi. Se abbiamo bisogno di entrambi i riferimenti dobbiamo procedere con cautela e ricordarci che i due riferimenti sono de-sincronizzati.  La frase "La formula di Christian sarebbe corretta nel riferimento del laboratorio, la formula di Bruno è sbagliata però, con i dati del problema, coincide casualmente con la formula corretta nel riferimento rotante" è corretta a parte quel "casualmente". Il punto è che  che la mancata sincronizzazione tra i due riferimenti ti ha fatto credere di aver trovato il risultato corretto nel riferimento fisso, mentre il tuo risultato è corretto nel riferimento rotante.

> Quindi, siccome direi che sia improbabile che tu voglia intendere
> l'assurdo che ho appena detto, ti chiedo:
> cosa cavolo significa che una formula sarebbe corretta "nel riferimento X"?

In realtà, a parte quel "casualmente" non hai detto nessun assurdo. Relativamente alla tua domanda "cosa cavolo significa che una formula sarebbe corretta "nel riferimento X"?", credo di aver risposto nella discussione di sopra.

Ciao, Ch.

Christian Corda

unread,
Apr 9, 2023, 10:15:05 AM4/9/23
to












Ti sfuggono due cosucce che sono di importanza fondamentale. La prima è che il principio di relatività a cui fai riferimento vale ESCLUSIVAMENTE in riferimenti inerziali, mentre il riferimento rotante NON è un riferimento inerziale. La seconda che quanto dici che "l'esito di un processo di misura in un riferimento assegnato è un evento e come tale non può dipendere dal riferimento in cui si fa il calcolo" vale SOLO se gli eventi sono assegnati nello stesso spazio-tempo. Come ho chiarito in una precedente replica ad un'altra tua affermazione, che evidentemente non hai letto o non hai capito,  lo spazio-tempo di Lorentz e quello di Langevin sono DUE spazi-tempi DIVERSI. Relativamente alla questione che "se in B mettiamo uno specchio, in generale con quei  coefficienti in A non ritorna la stessa frequenza che ha  emesso. I fronti d'onda in piu' o in meno da dove vengono o  dove si perdono? " la risposta è che non si perde proprio niente. L'errore è che tu continui a parlare di B ed A, ma, il tuo calcolo NON LO HAI FATTO IN B ed in A, ma sei passato ad O come se niente fosse. Se passi da B ad O devi tenere conto che B ed O non sono sincronizzati, così come non lo sono O ed A,  perché A e B "vivono" nello spazio-tempo di Langevin, mentre O "vive" nello spazio-tempo di Lorentz.  Il modo migliore per tenere conto di questo fatto è calcolare degli integrali lungo la traiettoria della luce, cosa che ne tu ne gli altri fate. La differenza nei coefficienti è che, differentemente dall'effetto dovuto alla cinematica relativistica, in cui invertendo emettitore e ricevitore cambia il segno dello shift ma non il coefficiente della formula, quando consideri l'effetto di sincronizzazione tra i due riferimenti, questo effetto RIMANE LO STESSO sia che passi da A a B, sia se inverti la posizione di B con quella di A.



Ti consiglio anche di lasciar perdere Wikipedia, che su queste cose è lungi dall'essere un riferimento affidabile ed andrà evidentemente aggiornato. Se vuoi capire come si affronta rigorosamente questo tipo di problema dovresti leggere il mio lavoro C. Corda, " On the equivalence between rotation and gravity: "Gravitational" and "cosmological" redshifts in the laboratory", Found Phys 52, 42 (2022) , disponibile su https://arxiv.org/abs/2203.02282
Cari saluti, Christian Corda

Elio Fabri

unread,
Apr 9, 2023, 7:00:04 PM4/9/23
to
Christian Corda ha scritto:
> ...
> lo spazio-tempo di Lorentz e quello di Langevin sono DUE spazi-tempi
> DIVERSI.
> ...
Questo mi ha chiarito la situazione: non ci capiamo perché viviamo in
spazi-tempo diversi :-)

Scherzi a parte, mi piacerebbe avere il riferimento a qualche testo
affidabile di RG dove si possa leggere che partendo dalla metrica di
un dato spazio-tempo (es. Minkowski), con una trasf. di coordinate si
può arrivare alla metrica di uno spazio-tempo *diverso* (es.
Langevin).

Segnalo però che almeno Iovane e Benedetto nel loro lavoro in
Ann. Phys (2019) sembrano pensarla diversamente, quando scrivono:

"This metric [Langevin: 7,9] is a solution of Einstein field equations
in empty space and it describes a flat spacetime with a non-Euclidean
space."

Sbagliano quanto allo spazio non euclideo, anche se hanno l'attenuante
di seguire un esempio autorevole, altrettanto errato (Landau). Però
non ci sono dubbi quanto a come intendono lo "spazio-tempo di
Langevin".
--
Elio Fabri

Christian Corda

unread,
Apr 11, 2023, 4:05:06 AM4/11/23
to








Iovane e Benedetto hanno scritto il lavoro citato dopo essersi consultati col sottoscritto in quanto hanno tratto ispirazione dai miei lavori precedenti sull'argomento. In più, il sottoscritto è anche stato uno dei Referee del lavoro citato. Non mi ricordavo di quella frase nel lavoro citato e mi sembra strano che io non abbia chiesto di modificarla. Però va detto che io raccomandai la pubblicazione del lavoro dopo il secondo round di peer review visto che gli autori avevano replicato bene alle osservazioni che avevo fatto nel primo round di peer review. In realtà il lavoro venne accettato dopo il terzo round di peer review in quanto altri Referee chiesero ulteriori modifiche. Può quindi darsi che la frase sia stata suggerita da uno degli altri Referee. In effetti, anche uno dei Referee del mio lavoro Int. Jour. Mod. Phys. D 28 (10), 1950131 (2019) chiese di inserire una frase simile. Io gli risposi picche e l'Editor mi diede ragione. Ad ogni modo esistono due modi diversi per mostrare che lo spazio-tempo di Lorentz (piatto) e quello di Langevin (curvo) sono diversi. Li ho già citati, non mi ricordo se anche in questa, di sicuro in altre conversazioni, e riguardano dei calcoli diretti difficilmente confutabili. Per completezza li riporto anche qui:






1) Il tempo proprio di Lorentz è diverso dal tempo proprio di Langevin. Infatti, la metrica di Langevin ha il coefficiente g_00 leggermente minore di 1. Ora, siccome la trasformazione di Langevin conserva sia la coordinata temporale che quella radiale, ne segue che, essendo il tempo proprio di Langevin "de-sincronizzato" dalla sua coordinata temporale per via della famosa relazione che lega il tempo proprio di uno spazio-tempo alla coordinata temporale della metrica tramite il coefficiente g_00, anche un osservatore lorentziano che misura il tempo proprio lorentziano è de-sincronizzato rispetto agli osservatori rotanti di Langevin che misurano il tempo proprio di Langevin. Ossia, il tempo proprio lorentziano è uguale alla coordinata temporale lorentziana (il g_00 nella metrica di Lorentz è uguale ad 1) che è uguale alla coordinata temporale di Langevin, che è DIVERSA dal tempo proprio di Langevin. Quindi il tempo proprio di Lorentz è DIVERSO dal tempo proprio di Langevin.





2) La distanza infinitesimale vista dagli osservatori di Langevin è proprio data dalla metrica spaziale di Landau discussa in un'altra conversazione. La si calcola nel modo seguente: si inserisce la condizione di geodetiche nulle ds=0 nella metrica quadridimensionale di Langevin è si risolve la corrispondente equazione per cdt. La distanza propria per un blip radar di andata e ritorno emesso da un osservatore di Langevin sarà allora la semi-differenza tra le due soluzioni, positiva e negativa, di cdt, moltiplicata per la radice quadrata del coefficiente g_00 della metrica di Langevin. Questo valore risulterà essere proprio l'elemento infinitesimo della metrica spaziale di Landau, che è curvo, ha una struttura che ben approssima quella del piano iperbolico, e due componenti indipendenti del tensore di Riemann non nulle.

Questo chiude definitivamente la questione, perché ovviamente due spazi-tempi che hanno diversi tempi propri e diversa geometria spaziale NON possono coincidere.







Relativamente ai testi affidabili di RG, la mia conoscenza e comprensione della RG, e della gravitazione in generale non si basa nel prendere come se fosse un dogma tutto quello che c'è nei libri di testo. I libri di testo, per quanto affidabili, possono contenere degli errori, o non essere aggiornati, come in questo caso. Io accetto i fatti scientifici quando ne capisco appieno le motivazioni e giungo alle conclusioni tramite il rigore matematico. In più, voglio anche la consistenza sperimentale. In questo caso una consistenza sperimentale precisissima viene dal rotore di Mossbauer, di cui si parla nel lavoro di Iovane e Benedetto, oltre che nei miei. Nonostante la frase citata, Iovane e Benedetto giungono alle mie stesse conclusioni in pieno accordo con i risultati sperimentali. L'esperimento di Mossbauer rotante è un esperimento semplificato di quello proposto in questa conversazione. A è fisso nel centro e B ruota. A è sorgente e B è ricevitore. In questo caso il risultato sperimentale, nel riferimento fisso del laboratorio da:
(l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= {1+k[w*(R_B-R_A)/c]^2} con k= 2/3,
in perfetta consistenza con la mia analisi e con quella di Iovane e Benedetto. La vostra analisi porta invece a
(l. d'onda ricevuta)/(l. d'onda emessa)= {1+k[w*(R_B-R_A)/c]^2} con k= 1/2.
Volete davvero mettervi contro i risultati sperimentali? Galileo si rivolterebbe nella tomba....
Saluti a tutti,
Prof. C. Corda

Paolo Russo

unread,
Apr 13, 2023, 6:35:04 AM4/13/23
to
Il Sun, 9 Apr 2023 06:14:47 -0700 (PDT), Christian Corda ha scritto:

> Ti sfuggono due cosucce che sono di importanza fondamentale. La prima è
> che il principio di relatività a cui fai riferimento vale ESCLUSIVAMENTE
> in riferimenti inerziali, mentre il riferimento rotante NON è un
> riferimento inerziale.

Su questo si potrebbe discutere (la RG si chiama cosi' per
un motivo), ma non e` importante.

> La seconda che quanto dici che "l'esito di un
> processo di misura in un riferimento assegnato è un evento e come tale
> non può dipendere dal riferimento in cui si fa il calcolo" vale SOLO se
> gli eventi sono assegnati nello stesso spazio-tempo. Come ho chiarito in
> una precedente replica ad un'altra tua affermazione, che evidentemente
> non hai letto o non hai capito,  lo spazio-tempo di Lorentz e quello di
> Langevin sono DUE spazi-tempi DIVERSI.

Quanto scrivi sembra talmente assurdo da farmi pensare a un
equivoco. Un evento e` quello che e` e non cambia da un
riferimento a un altro. Possono cambiare le sue coordinate,
ovviamente. Mi viene il sospetto che l'equivoco sia qui:
forse tu per "evento" intendi semplicemente un insieme di
coordinate, il cui significato ovviamente cambia da un
riferimento a un altro. In particolare, la discussione
verte su r_A e r_B. Dato che non e` stato diversamente
specificato, tutti hanno assunto che queste due distanze
fossero definite nel riferimento non rotante. Forse tu le
hai intese diversamente: quando ti sposti da un riferimento
a un altro, mantieni i valori di r e sposti gli eventi
invece di mantenere gli eventi e - semmai - ricalcolarne le
coordinate come farei io e, credo, chiunque altro.

Anche cosi', comunque, c'e` qualche problema con il tuo
approccio. Tanto per cominciare, a scanso di equivoci,
ripeto che r_A e r_B sono definiti nel riferimento non
rotante; se poi trovi comodo fare i calcoli nel riferimento
rotante e scomodare la RG, affari tuoi, ma non puoi spostare
A e B per questo.

Il primo problema che vedo e` che sembri pensare che il
ricorso alla RG sia obbligatorio, ma non e` cosi': nessuno
ti obbliga a lasciare il riferimento fisso. Eliminiamo il
disco, che non serve a nulla. Abbiamo due corpi A e B che
ruotano attorno ad O. Tu davvero non pensi che la RR sia
sufficiente a gestire un caso del genere? A me sembra
semplice: non occorre neanche cambiare sistema di
riferimento come credi che io abbia fatto, basta solo
calcolare dTau_A/dTau_B, con
dTau=sqrt(dt^2-(dx^2+dy^2+dz^2)/c^2),
dove x, y, z e t sono tutte coordinate del riferimento
fisso.
Dato che la distanza tra A e B non cambia nel tempo,
l'effetto Doppler puo` dipendere solo da quel rapporto.
Notare che nella formula di dTau non compare
l'accelerazione. Questo e` normale in RR; e` l'ipotesi
dell'orologio.
Del resto, se davvero ci volesse la RG per calcolare cosa
succede, avremmo un grosso problema: puoi vedere
A e B come fermi in un riferimento rotante, ma cosa faresti
se A e B avessero traiettorie diverse e del tutto
indipendenti tra loro? Dovresti ogni volta inventarti uno
spazio-tempo distorto immaginario in cui potessero essere
considerati entrambi fermi e fare i calcoli li'?
Ma quel che e` peggio, se ci volesse la RG vorrebbe dire
che la formula di dTau per qualche motivo non va bene, cioe`
e` sbagliata, e quindi che la RR e` sbagliata; ma, dato che
la RG si basa sulla RR, cio` implicherebbe l'erroneita`
della RG. Allora cosa useremmo per fare il calcolo?

Il secondo problema e` che, chiarito che la soluzione basata
sulla RR che tutti abbiamo ricavato deve certamente essere
giusta (a meno di voler buttare a mare tutta la teoria di
Einstein), rimane da capire perche' il tuo calcolo basato
sulla RG dia un risultato diverso. Vedo solo due
possibilita`: o e` tutto dovuto a quel possibile equivoco
sulla definizione di r_A e r_B di cui ho parlato all'inizio
del post, o hai un errorino da qualche parte.

Ciao
Paolo Russo

Christian Corda

unread,
Apr 13, 2023, 10:05:05 AM4/13/23
to
On Thursday, 13 April 2023 at 12:35:04 UTC+2, Paolo Russo wrote:
> Quanto scrivi sembra talmente assurdo da farmi pensare a un
> equivoco. Un evento e` quello che e` e non cambia da un
> riferimento a un altro. Possono cambiare le sue coordinate,
> ovviamente. Mi viene il sospetto che l'equivoco sia qui:
> forse tu per "evento" intendi semplicemente un insieme di
> coordinate, il cui significato ovviamente cambia da un
> riferimento a un altro. In particolare, la discussione
> verte su r_A e r_B. Dato che non e` stato diversamente
> specificato, tutti hanno assunto che queste due distanze
> fossero definite nel riferimento non rotante. Forse tu le
> hai intese diversamente: quando ti sposti da un riferimento
> a un altro, mantieni i valori di r e sposti gli eventi
> invece di mantenere gli eventi e - semmai - ricalcolarne le
> coordinate come farei io e, credo, chiunque altro.



Il punto che vi rifiutate di accettare è che la trasformazione di Langevin, forse in quanto dipendente dal tempo, rompe la covarianza generale. Quelle che tu chiami distanze, lo sono SOLO nel riferimento fisso. Nel riferimento rotante diventano delle semplici coordinate radiali, perché gli osservatori rotanti "vivono" in un' universo contratto rispetto a quelli fissi, vedere il libro del Landau su questo punto. La distanza propria ed tempo proprio nel riferimento rotante sono minori che nel riferimento fisso.
> Anche cosi', comunque, c'e` qualche problema con il tuo
> approccio. Tanto per cominciare, a scanso di equivoci,
> ripeto che r_A e r_B sono definiti nel riferimento non
> rotante; se poi trovi comodo fare i calcoli nel riferimento
> rotante e scomodare la RG, affari tuoi, ma non puoi spostare
> A e B per questo.

 r_A e r_B sono definiti nel riferimento non rotante ma A e B ruotano. Il riferimento solidale ad A e B, cioè dove misuri il tempo proprio è quello rotante, non quello fisso. E siccome i due riferimenti NON sono sincronizzati devi tenere conto di questo effetto.
> Il primo problema che vedo e` che sembri pensare che il
> ricorso alla RG sia obbligatorio, ma non e` cosi': nessuno
> ti obbliga a lasciare il riferimento fisso. Eliminiamo il
> disco, che non serve a nulla. Abbiamo due corpi A e B che
> ruotano attorno ad O. Tu davvero non pensi che la RR sia
> sufficiente a gestire un caso del genere? A me sembra
> semplice: non occorre neanche cambiare sistema di
> riferimento come credi che io abbia fatto, basta solo
> calcolare dTau_A/dTau_B, con
> dTau=sqrt(dt^2-(dx^2+dy^2+dz^2)/c^2),
> dove x, y, z e t sono tutte coordinate del riferimento
> fisso.

Si, ma il punto è che dTau_A/dTau_B  nel riferimento fisso è diverso da dTau_A/dTau_B nel riferimento rotante. Due osservatori con la stessa coordinata radiale nel riferimento fisso e nel riferimento rotante misurano tempi propri diversi.
> Dato che la distanza tra A e B non cambia nel tempo,
> l'effetto Doppler puo` dipendere solo da quel rapporto.
Invece ti ho appena detto che quella distanza cambia eccome nel riferimento rotante.
> Notare che nella formula di dTau non compare
> l'accelerazione. Questo e` normale in RR; e` l'ipotesi
> dell'orologio.
> Del resto, se davvero ci volesse la RG per calcolare cosa
> succede, avremmo un grosso problema: puoi vedere
> A e B come fermi in un riferimento rotante, ma cosa faresti
> se A e B avessero traiettorie diverse e del tutto
> indipendenti tra loro? Dovresti ogni volta inventarti uno
> spazio-tempo distorto immaginario in cui potessero essere
> considerati entrambi fermi e fare i calcoli li'?
No, basta che fai i calcoli singolarmente e poi fai le differenze stando attento alla questione della sincronizzazione dei riferimenti.
> Ma quel che e` peggio, se ci volesse la RG vorrebbe dire
> che la formula di dTau per qualche motivo non va bene, cioe`
> e` sbagliata, e quindi che la RR e` sbagliata; ma, dato che
> la RG si basa sulla RR, cio` implicherebbe l'erroneita`
> della RG. Allora cosa useremmo per fare il calcolo?
Ma quando mai!!! Semplicemente è un problema di RG e non di RR.
> Il secondo problema e` che, chiarito che la soluzione basata
> sulla RR che tutti abbiamo ricavato deve certamente essere
> giusta (a meno di voler buttare a mare tutta la teoria di
> Einstein), rimane da capire perche' il tuo calcolo basato
> sulla RG dia un risultato diverso. Vedo solo due
> possibilita`: o e` tutto dovuto a quel possibile equivoco
> sulla definizione di r_A e r_B di cui ho parlato all'inizio
> del post, o hai un errorino da qualche parte.


La formula che avete ricavato è così giusta che le precisissime misurazioni fatte col rotore di Mossbauer sono consistenti coi miei calcoli anziché con i vostri.
>
> Ciao
> Paolo Russo


Lo dico anche a te, se vuoi capire come va affrontato in modo corretto questo tipo di esperimento devi leggere il mio recente lavoro C. Corda Found Phys 52, 42 (2022), preprint qui: https://arxiv.org/pdf/2203.02282.pdf
Ciao, Ch.

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 14, 2023, 5:35:04 AM4/14/23
to
Il 13/04/2023 15:54, Christian Corda ha scritto:

> Il punto che vi rifiutate di accettare è che la trasformazione di Langevin, forse in quanto dipendente dal tempo, rompe la covarianza generale. Quelle che tu chiami distanze, lo sono SOLO nel riferimento fisso. Nel riferimento rotante diventano delle semplici coordinate radiali, perché gli osservatori rotanti "vivono" in un' universo contratto rispetto a quelli fissi, vedere il libro del Landau su questo punto. La distanza propria ed tempo proprio nel riferimento rotante sono minori che nel riferimento fisso.

A me parrebbe che quello che in molti si rifiutano di accettare è quanto
segue.
Qualche giorno fa Elio, come battuta, ti ha detto (vado a memoria): "Ah,
ecco perché non ci capiamo, viviamo in spazi tempo diversi".
Bene, io direi che in molti ritengono che quella di Elio non possa
essere considerata niente altro che una battuta.
Invece, almeno per come mi pare di capire, sembra che tu possa ritenere
possibile quanto Elio ti dice come battuta (per quanto la cosa mi sembri
assurda, ma devo dire che mi è capitato di leggere in letteratura
assurdità analoghe, tipo il cosiddetto "principio di reinterpretazione").

Siccome, di fronte alle assurdità, è sempre bene essere _molto_ dubbiosi
(ad esempio, riguardo al cosiddetto "principio di reinterpretazione",
per molti anni ho pensato "non è possibile, certamente sto capendo male
io cosa vogliono dire", finché mi sono arreso e, per quanto mi riguarda,
ho sciolto il dubbio) ti chiederei gentilmente di rispondere al quesito
che pongo sotto.

Nel riferimento inerziale K io mi metto in un punto distante r da O
(distanza misurata con regoli fermi in K). Tu ti metti su un altro punto
distante sempre r da O. Entrambi siamo su un piano che chiamiamo x-y.
Ora notiamo che un disco di raggio molto grande è posto subito sotto di
noi due e sta ruotando attorno ad O mantenendosi sempre su x-y. Io mi
accorgo che insieme al disco (fisso col disco) ruota anche un orologio
O_m (orologio in moto) che vedo passarmi sotto ogni intervallo T
misurato dal mio orologio. Anche tu vedi che O_m ti passa sotto ogni
intervallo T misurato dal tuo orologio. A un certo punto ci accordiamo
di registrare gli istanti segnati da O_m nel momento in cui ci passa
sotto (ti mando un segnale luminoso e tu capisci che il primo valore che
devi registrare è il successivo alla ricezione del segnale luminoso. Il
primo che registrerò io sarà il successivo alla mia spedizione del
segnale di start).
Il primo valore che registro è Tau1. Il primo che registri tu è Tau2
(poniamo che sia Tau2-Tau1=5 ms).
Noi due, "vivendo" in K, concordiamo nel dire che O_m ha misurato un
intervallo di tempo Tau2-Tau1=5 ms da quando è passato sotto di me a
quando è passato sotto di te.

La domanda è la seguente:
O_m, "vivendo" sul disco in rotazione, dirà anche lui che ha misurato 5
ms da quando io sono passato sopra di lui a quando ci sei passato tu
oppure, siccome il "tempo proprio nel riferimento rotante è minore che
nel riferimento fisso", lui dirà che ha misurato meno di 5 ms da quando
è passato sotto di me a quanto è passato sotto di te?

Scusami se la domanda ti parrà banale, o anche offensiva, ma io non
riesco proprio a capire cosa cavolo puoi intendere con le parole "il
tempo proprio nel riferimento rotante è minore che nel riferimento
fisso", e, alla fine, mi sta venendo il sospetto che tu possa proprio
intendere che sì, secondo O_m lui misura meno di 5 ms.
Nell'ipotesi (che continuo a ritenere la più probabile perché
l'alternativa mi pare assurda) che tu rispondessi "certo che no, anche
O_m dirà 5 ms" allora avrò almeno capito che ciò che non capisco è cosa
intendi con le parole "tempo proprio".

>  r_A e r_B sono definiti nel riferimento non rotante ma A e B ruotano. Il riferimento solidale ad A e B, cioè dove misuri il tempo proprio è quello rotante, non quello fisso. E siccome i due riferimenti NON sono sincronizzati devi tenere conto di questo effetto.

anche questa è una frase che non riesco a capire perché mi pare assurda.
La sincronizzazione fra orologi diversi non ha *mai* alcuna rilevanza
fisica. E dire che due _riferimenti_ sono sincronizzati o meno è sempre
roba che ha a che fare con le scelte convenzionali delle coordinate che
decidiamo di usare per descrivere i fenomeni. I quali (i fenomeni)
funzionano in un modo che prescinde dalle coordinate che noi scegliamo
per descriverli. L'unica possibilità che vedo è che tu voglia intendere
qualcosa che poi dici usando parole che, almeno a me, risultano
incomprensibili.

> Si, ma il punto è che dTau_A/dTau_B  nel riferimento fisso è diverso da dTau_A/dTau_B nel riferimento rotante. Due osservatori con la stessa coordinata radiale nel riferimento fisso e nel riferimento rotante misurano tempi propri diversi.

Frasi come questa mi fanno pensare che tu potresti rispondere alla
domanda fatta sopra che O_m misurerà meno di 5 ms. dTau_A e dTau_B sono
risultati di misure effettuate da strumenti posti nel riferimento
rotante. L'esito di una misura dipende da cosa succede allo strumento di
misura. Non dipende dallo stato di chi guarda il display dello strumento
dove viene mostrato l'esito della misura. Il tipo che sta sul disco vede
scritto 4 sul display, invece tu che stai fermo in K ci vedi scritto 5.
È chiaro l'assurdo che io leggo nelle tue parole (come mi pare anche altri)?

> La formula che avete ricavato è così giusta che le precisissime misurazioni fatte col rotore di Mossbauer sono consistenti coi miei calcoli anziché con i vostri.

In via _molto_ teorica quell'esperimento potrebbe rivelarsi in futuro
come quello che mise in una crisi insanabile la relatività. Gli autori
peraltro sono di quella idea. Se l'esperimento è corretto la relatività
salta. Ma quell'esperimento è di sicuro troppo poco per far saltare la
relatività (sarebbe già saltata n volte se fosse stato per _un_
esperimento).
Ad esempio, non so cosa "sia" un orologio atomico, nel senso che non so
quanto è grande, quanto è pesante. In buona sostanza non so quanto possa
essere complicato mettere un orologio atomico su un disco rotante
(magari la cosa è possibile e qualcuno ha già fatto l'esperimento). Si
mette un orologio atomico in rotazione, si lascia lì un mese o un anno,
insomma il tempo necessario per vedere che lui ha misurato il tuo 2/3
invece che l' 1/2 previsto dalla relatività. A questo punto
comincerebbero ad esserne due gli esprimenti in contrasto con la
relatività e in accordo tra loro. E credo anche che potrebbe diventare
di più la gente disposta a considerare modelli secondo i quali il
corretto calcolo in relatività andrebbe fatto in altro modo.

Infine, il fatto che usi le parole "le precisissime misurazioni" mi fa
sospettare che tu non sia uno sperimentale. E il fatto che tu creda così
fermamente in ciò che dici mi fa sospettare che tu sia un teorico.
Non ricordo dove ho letto una citazione di Einstein (credo vera) in cui
lo scienziato tedesco dice che la differenza fra un teorico e uno
sperimentale è che, riguardo al teorico, nessuno crede nelle sue teorie
tranne lui, mentre invece tutti credono negli esperimenti dello
sperimentale tranne lui. È ovviamente una battuta, però c'è del vero.

Ciao,

Bruno Cocciaro.

Paolo Russo

unread,
Apr 14, 2023, 8:30:04 AM4/14/23
to
Il Thu, 13 Apr 2023 06:54:28 -0700 (PDT), Christian Corda ha scritto:

> Si, ma il punto è che dTau_A/dTau_B  nel riferimento fisso è diverso da
> dTau_A/dTau_B nel riferimento rotante. Due osservatori con la stessa
> coordinata radiale nel riferimento fisso e nel riferimento rotante
> misurano tempi propri diversi.

Questo passaggio, se lo capisco correttamente, conferma il
mio sospetto: passando dal riferimento fisso a quello
rotante, tu mantieni inalterati i valori delle coordinate
radiali invece di trasformarle come dovresti per mantenere
inalterati i punti. Niente di strano che poi ti salti fuori
un rapporto dTau_A/dTau_B diverso: lo calcoli per i punti
sbagliati.

Non so se l'errore sia tutto qui, ma non credo abbia senso
discuterne oltre. Non mi sembra che tu risponda alle
obiezioni che ti vengono mosse entrando realmente nel
merito. Ad esempio, alla mia obiezione che la RR vada piu'
che bene hai risposto solo che usando la RG viene fuori un
risultato diverso, e che quindi usare la RR debba essere,
evidentemente, sbagliato. Tuttavia, il fatto che due calcoli
diversi diano risultati diversi dimostra solo che almeno uno
dei due e` sbagliato, ma non consente di capire quale. Dato
che la RR e` immensamente piu' semplice della RG, e` di gran
lunga piu' probabile che sia il calcolo basato sulla RG a
essere sbagliato. Per poter sostenere che il calcolo basato
sulla RR sia sbagliato, dovresti dire qualcosa di piu':
spiegare per quale limite teorico della RR questa non sia
applicabile a due corpi in moto circolare in un riferimento
inerziale. Non ho ancora visto questa spiegazione e a questo
punto dubito che la vedro` mai.

> La formula che avete ricavato è così giusta che le precisissime
> misurazioni fatte col rotore di Mossbauer sono consistenti coi miei
> calcoli anziché con i vostri.

Non so come si possa stabilire questa consistenza tra
l'esperimento e i tuoi calcoli, dato che: primo,
0.596 +/- 0.006 e` incompatibile sia con 1/2 che con 2/3;
secondo, hai detto e ripetuto che il risultato del tuo
calcolo dipende dal riferimento in cui viene fatto, cosa
che oltre a essermi del tutto incomprensibile sembrerebbe
creare qualche problema con la verifica sperimentale.

Ma anche ammesso, e per nulla concesso, che la situazione
teorica e sperimentale fosse chiara, in mancanza di una
solida argomentazione (che non ho visto e non vedro`) che
spieghi perche' la RR sarebbe inapplicabile, se ne dovrebbe
dedurre che l'esperimento falsifica la RR (e quindi
indirettamente anche la RG che la usa come base di partenza,
e quindi anche il tuo calcolo basato sulla RG). Certo
capirai la prudenza nell'accettare una conclusione di tale
portata.

"Nessuno crede alla teoria, eccetto il teorico. Tutti
credono all'esperimento, eccetto lo sperimentale."
(A. Einstein, se non erro.)

Ciao
Paolo Russo

Elio Fabri

unread,
Apr 14, 2023, 8:35:04 AM4/14/23
to
Bruno Cocciaro ha scritto:
> A me parrebbe che quello che in molti si rifiutano di accettare è
> quanto segue.
Poveri noi! Un toscano che scrive " a me parrebbe che ...è" invece di
"abme parrebbe che ... sia".
Dove andremo a finire? :-)

Il motivo per cui intervengo è che secondo me hai fatto un errore (che
non so se definire tattico o strategico) scrivendo quanto segue:
> La sincronizzazione fra orologi diversi non ha *mai* alcuna
> rilevanza fisica. E dire che due _riferimenti_ sono sincronizzati o
> meno è sempre roba che ha a che fare con le scelte convenzionali
> delle coordinate che decidiamo di usare per descrivere i fenomeni. I
> quali (i fenomeni) funzionano in un modo che prescinde dalle
> coordinate che noi scegliamo per descriverli.
Dovresti sapere che questo punto di vista è praticamente ignoto a
moltissimi, credo a quasi latotalità di quelli che stanno seguendo la
presente discussione.
Oso considerarmi l'unico che ci ha dedicato del tempo e delle
riflessioni.
Sai bene che condivido alcune delle cose che pensi, non condivido
altre. Ma per lo meno converrai che capisco che cosa hai in mente.

Essendo questa la situazione, e visto che la discussione è già
abbastanza incasinata di per sé, non avresti dovuto infilarci
quest'altro problema, che nella migliore delle ipotesi verrà ignorato
e nella paggiore confonderà la discussione
Mi dispiace, perché secondo me hai messo il dito nella piaga. e sono
curioso di vedere quale sarà la risposta.

> In via _molto_ teorica quell'esperimento potrebbe rivelarsi in
> futuro come quello che mise in una crisi insanabile la relatività.
> Gli autori peraltro sono di quella idea. Se l'esperimento è corretto
> la relatività salta. Ma quell'esperimento è di sicuro troppo poco
> per far saltare la relatività (sarebbe già saltata n volte se fosse
> stato per _un_ esperimento).

Questo è molto vicino a ciò che ho scritto giorni fa: il giorno 11
alle 17:33
> Una teoria è una struttura logica, in cui da certe premesse si
> ricavano certe conclusioni.
> Se la deduzione logica è errata, si può correggere.
> Se qualche conclusione è in disaccordo con fatti sperimentali, si
> aprono tre strade:
> a) Può darsi che l'esperimento sia sbagliato. Succede...
> b) Può darsi che ne sia errata l'interpretazione.
> c) Può darsi che non ricorra né a) né b). Allora c'è poco da fare:
> bisogna cambiare la teoria.
> Non solo rifiutare quella conclusione.
Il mio parere "a fiuto" è che valga la b).
È l'ipotesi su cui lavorerei se riuscissi a concentrarmi.
--
Elio Fabri

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 14, 2023, 10:30:04 AM4/14/23
to
Il giorno venerdì 14 aprile 2023 alle 14:35:04 UTC+2 Elio Fabri ha scritto:
> Bruno Cocciaro ha scritto:
> > A me parrebbe che quello che in molti si rifiutano di accettare è
> > quanto segue.
> Poveri noi! Un toscano che scrive " a me parrebbe che ...è" invece di
> "abme parrebbe che ... sia".
> Dove andremo a finire? :-)


perché io sono marchigiano :-), sangiorgese per l'esattezza. Sono in toscana da più di 40 anni ma, soprattutto negli anni da studente, sono stato sempre attento a "coltivare" il mio dialetto :-). Poi, da insegnante, sarebbe stato un po' più problematico, ma certamente ho preso poco, forse nulla, della parlata pisana.

Comunque, anche se il "sia" in sangiorgese non esiste, non ho scusanti, l' "è" al posto del "sia" in italiano è sbagliato e qua sarria un macellu se ognuno se mettesse a parla' lu dialettu suu.

> Sai bene che condivido alcune delle cose che pensi, non condivido
> altre. Ma per lo meno converrai che capisco che cosa hai in mente.


questo è certo. Le volte che sei intervenuto sul tema hai sempre esposto la mia posizione in maniera forse migliore di come avrei saputo fare io. Sono io che, purtroppo, non riesco ad esporre la tua posizione riguardo i punti sui quali discordi con me (perché non riesco a capirla, ma, forse, piano piano qualcosina di RG comincerà ad entrarmi in testa e forse allora capirò anche cosa mi vuoi dire).

> > Gli autori peraltro sono di quella idea. Se l'esperimento è corretto
> > la relatività salta.

qui devo correggermi. Avevo letto rapidamente qualche giorno fa alcuni stralci di un loro lavoro e, sbagliando, ne avevo tratto quella conclusione. Ad esempio, nelle conclusioni di
https://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1906/1906.12161.pdf

si legge: "We emphasize that these papers [cioè loro precedenti lavori] contain no attempts to explain eqs. (3), (4) via any “exotic effects” or to claim the invalidity of relativity theory".

> Questo è molto vicino a ciò che ho scritto giorni fa: il giorno 11
> alle 17:33
eh sì, avevo letto.

> > a) Può darsi che l'esperimento sia sbagliato. Succede...
> > b) Può darsi che ne sia errata l'interpretazione.
> > c) Può darsi che non ricorra né a) né b). Allora c'è poco da fare:
> > bisogna cambiare la teoria.
> > Non solo rifiutare quella conclusione.
> Il mio parere "a fiuto" è che valga la b).








Io prima della b) vorrei analizzare per bene la a). È un po' quello che volevo intendere con quella citazione di Einstein (sempre che sia veramente sua). Lo sperimentale sa quanti punti un po' critici potrebbero esserci, quindi è sempre un po' titubante prima di vendere il suo risultato che poi tutti prenderanno come "oro colato". E i punti critici li sottolinea nel suo lavoro (o, almeno, dovrebbe farlo) ma non si può mai essere certi di aver preso in considerazione tutti i possibili punti critici. Ad esempio, una cosa di cui non ho la minima idea è la seguente. Nell'esperimento l'assorbitore è fissato al disco rotante. Poiché il disco ruota l'assorbitore subirà inevitabilmente uno stress e quello direi che sia "fisiologico" (si vuole proprio studiare cosa succedede con un assorbitore messo in rotazione), ma è possibile che il principale stress lo subisca da come lo stesso viene fissato al disco. Questi stress immagino che possano avere effetti sulle prorietà dell'assorbitore (tipo spostare un po' la frequesnza di assorbimento). L'osservazione sarà certamente banale e gli autori ci avranno pensato, però di osservazioni analoghe potrebbero essercene tante. E, come dicevo, non si può mai essere sicuri di averle considerate tutte.
Poi, quello che direi agli sperimentali è: "Ma un esperimento con l'assorbitore non in rotazione ma in moto uniforme, non si riesce a fare"?

Perché io non l'ho mica capito se si vorrebbe sostenere che l'esperimento confuta proprio la relazione nota dell'effetto Doppler trasverso o "semplicemente" che quella formula non vale se l'assorbitore, oltre alla data velocità trasversale, ha anche una accelerazione longitudinale.

Però immagino che mi risponderebbero: "Magari si potesse fare. Lo avremmo già fatto da tempo, sia noi che altri". Oppure mi risponderebbero: "Sì, si può fare ed è già stato fatto. Torna con la nota relazione Dopller trasversale".

> Elio Fabri
Ciao
Bruno Cocciaro.

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 14, 2023, 4:35:04 PM4/14/23
to
Il 13/04/2023 21:28, Bruno Cocciaro ha scritto:

> Non ricordo dove ho letto una citazione di Einstein (credo vera) in cui
> lo scienziato tedesco dice che la differenza fra un teorico e uno
> sperimentale è che, riguardo al teorico, nessuno crede nelle sue teorie
> tranne lui, mentre invece tutti credono negli esperimenti dello
> sperimentale tranne lui. È ovviamente una battuta, però c'è del vero.
E invece pare che sia uno dei tantissimi aforismi attribuiti ad Einstein
con ogni probabilità falsamente.
Qui
https://www.aforismario.eu/2019/03/frasi-esperimento.html
danno la citazione nella forma
"Una teoria è qualcosa a cui nessuno crede, tranne il suo autore. Un
esperimento è qualcosa a cui tutti credono, tranne chi lo ha fatto."
dicendo che l'autore è Anonimo (attribuita aa Albert Einstein)

Christian Corda

unread,
Apr 14, 2023, 4:35:04 PM4/14/23
to
On Friday, 14 April 2023 at 11:35:04 UTC+2, Bruno Cocciaro wrote:
> Siccome, di fronte alle assurdità, è sempre bene essere _molto_ dubbiosi
> (ad esempio, riguardo al cosiddetto "principio di reinterpretazione",
> per molti anni ho pensato "non è possibile, certamente sto capendo male
> io cosa vogliono dire", finché mi sono arreso e, per quanto mi riguarda,
> ho sciolto il dubbio) ti chiederei gentilmente di rispondere al quesito
> che pongo sotto.

Qui non c'è nessuna assurdità, è semplicemente ciò che accade utilizzando la trasformazione di Langevin. Il primo a rendersene conto, intuitivamente, fu Kaluza nel 1910.
E' esattamente quello che dirà, perché O_m, "vivendo" sul disco in rotazione, vedrà lo spazio contrarsi rispetto a me e te, e dunque la luce percorrerà  un tratto inferiore ed arriverà un po' prima.
> Scusami se la domanda ti parrà banale, o anche offensiva, ma io non
> riesco proprio a capire cosa cavolo puoi intendere con le parole "il
> tempo proprio nel riferimento rotante è minore che nel riferimento
> fisso", e, alla fine, mi sta venendo il sospetto che tu possa proprio
> intendere che sì, secondo O_m lui misura meno di 5 ms.
> Nell'ipotesi (che continuo a ritenere la più probabile perché
> l'alternativa mi pare assurda) che tu rispondessi "certo che no, anche
> O_m dirà 5 ms" allora avrò almeno capito che ciò che non capisco è cosa
> intendi con le parole "tempo proprio".



Non c'è niente di assurdo, è ciò che emerge dalla metrica di Langevin, come lo spiega, in maniera non chiarissima, il Landau (su questo concordo con Fabri, anzi, direi proprio che il Landau è parecchio ambiguo, con una sottile differenza che però per me è fondamentale e riguarda  l'uso legittimo della metrica su distanze infinitesime, sebbene Fabri abbia ragione nel dire che non si può usare su distanze finite). Guarda l'esercizio alla  fine del paragrafo 89 del libro del Landau.

> >  r_A e r_B sono definiti nel riferimento non rotante ma A e B ruotano. Il riferimento solidale ad A e B, cioè dove misuri il tempo proprio è quello rotante, non quello fisso. E siccome i due riferimenti NON sono sincronizzati devi tenere conto di questo effetto.
> anche questa è una frase che non riesco a capire perché mi pare assurda.
> La sincronizzazione fra orologi diversi non ha *mai* alcuna rilevanza
> fisica. E dire che due _riferimenti_ sono sincronizzati o meno è sempre
> roba che ha a che fare con le scelte convenzionali delle coordinate che
> decidiamo di usare per descrivere i fenomeni. I quali (i fenomeni)
> funzionano in un modo che prescinde dalle coordinate che noi scegliamo
> per descriverli. L'unica possibilità che vedo è che tu voglia intendere
> qualcosa che poi dici usando parole che, almeno a me, risultano
> incomprensibili.












La situazione è questa: seguendo l'esempio degli osservatori inerziali gli osservatori rotanti provano a sincronizzare i loro orologi o secondo la convenzione di Einstein o tramite la cosidettà sincronizzazione "slow clock".  Per alcuni osservatori rotanti questo metodo funziona perfettamente. Nelle loro immediate vicinanze gli orologi sono sincronizzati e la propagazione della luce è isotropica. Ma quando gli osservatori rotanti cercano di sincronizzare i loro orologi lungo un percorso chiuso nello spazio sorgono grossi problemi: ci sono sempre almeno due orologi vicini che hanno tempi diversi. Per rimediare alla situazione, gli osservatori rotanti si accordano su una diversa procedura di sincronizzazione. O tramite la coordinata temporale anziché il tempo proprio, o, per gli osservatori che viaggiano su una circonferenza fissa,  un tempo proprio corrispondente al raggio fisso della circonferenza. In base a questa procedura di sincronizzazione gli osservatori rotanti concluderanno da misurazioni di piccole distanze tra loro che la geometria del disco non è euclidea. Indipendentemente dal metodo usato la geometria sarà quella della metrica di Langevin. Per passare dalla metrica di Lorentz a quella di Langevin si usa la più volte citata trasformazione di Langevin. Siccome la trasformazione di Langevin conserva la coordinata temporale ma genera un coefficiente g_00 diverso da zero, ne segue che il tempo proprio, che è quello che misurano gli orologi, scorre in modo diverso nei due riferimenti diversi. La chiave di tutto è l'intuizione di Einstein che diceva che un riferimento accelerato, e dunque anche un riferimento rotante, è equivalente ad un campo gravitazionale., e per studiare un campo gravitazionale non basta la RR ma occorre la RG. Per capire a fondo quanto ho detto qui devi avere nozioni di relatività generale.


> > Si, ma il punto è che dTau_A/dTau_B  nel riferimento fisso è diverso da dTau_A/dTau_B nel riferimento rotante. Due osservatori con la stessa coordinata radiale nel riferimento fisso e nel riferimento rotante misurano tempi propri diversi.
> Frasi come questa mi fanno pensare che tu potresti rispondere alla
> domanda fatta sopra che O_m misurerà meno di 5 ms. dTau_A e dTau_B sono
> risultati di misure effettuate da strumenti posti nel riferimento
> rotante. L'esito di una misura dipende da cosa succede allo strumento di
> misura. Non dipende dallo stato di chi guarda il display dello strumento
> dove viene mostrato l'esito della misura. Il tipo che sta sul disco vede
> scritto 4 sul display, invece tu che stai fermo in K ci vedi scritto 5.
> È chiaro l'assurdo che io leggo nelle tue parole (come mi pare anche altri)?

Te lo ripeto, non c'è nessun assurdo, è ciò che dicono le equazioni. E mi pare che stessimo parlando di passaggi della luce. Se la luce percorre un tratto più breve rispetto ad uno più lungo mi pare ovvio che i display segneranno valori diversi.

> > La formula che avete ricavato è così giusta che le precisissime misurazioni fatte col rotore di Mossbauer sono consistenti coi miei calcoli anziché con i vostri.
> In via _molto_ teorica quell'esperimento potrebbe rivelarsi in futuro
> come quello che mise in una crisi insanabile la relatività. Gli autori
> peraltro sono di quella idea. Se l'esperimento è corretto la relatività
> salta. Ma quell'esperimento è di sicuro troppo poco per far saltare la
> relatività (sarebbe già saltata n volte se fosse stato per _un_
> esperimento).










Qui la storia va raccontata tutta, quindi ripeto ciò che ho scritto in un altro post.  In questo gruppo volete dimostrare che il problema si può risolvere in RR, una parte del gruppo di Yarman et al., ossia T. Yarman, O. Yarman, A. L. Kholmetskii e M. Arik, sostiene che non si può risolvere in RR ma neppure in RG perché a sentire loro la RG sarebbe sbagliata e va sostituita con la loro teoria che chiamano YARK theory of gravity. Un'altra parte del gruppo di Yarman et al. invece se ne sta fuori da considerazioni teoriche e si limita ad enfatizzare che il risultato del loro esperimento è in contrasto con quello previsto dalla RR ( B. Akkus, Y. Oktem, L. A. Susam, O. V. Missevitch, B. I. Rogozev). Il sottoscritto ha invece dimostrato che il problema non può risolvere in RR e si può risolvere in RG. Per questo il sottogruppo YARK ce l'ha tanto col sottoscritto al punto di averlo definito "criminale scientifico internazionale al servizio di interessi giudaico-massoni, sic....). Dal punto di vista della comunità scientifica il sottoscritto è in testa alla diatriba visto che gli ultimi rebuttal del sottogruppo YARK sono stati respinti.  Il mio punto di vista non fa saltare proprio un bel niente, ha solo chiarito che va usata la RG anziché la RR semplicemente perché ancora una volta aveva ragione Einstein: un riferimento rotante è equivalente ad un campo gravitazionale, ed i campi gravitazionali vanno usati studiati in RG, non in RR.

> Infine, il fatto che usi le parole "le precisissime misurazioni" mi fa
> sospettare che tu non sia uno sperimentale. E il fatto che tu creda così
> fermamente in ciò che dici mi fa sospettare che tu sia un teorico.
> Non ricordo dove ho letto una citazione di Einstein (credo vera) in cui
> lo scienziato tedesco dice che la differenza fra un teorico e uno
> sperimentale è che, riguardo al teorico, nessuno crede nelle sue teorie
> tranne lui, mentre invece tutti credono negli esperimenti dello
> sperimentale tranne lui. È ovviamente una battuta, però c'è del vero.
>
> Ciao,
>
> Bruno Cocciaro.
Che io non sia uno sperimentale, più che un sospetto è una certezza.... :-)
Ciao, Ch.

Christian Corda

unread,
Apr 14, 2023, 4:35:04 PM4/14/23
to
On Friday, 14 April 2023 at 14:30:04 UTC+2, Paolo Russo wrote:
> Il Thu, 13 Apr 2023 06:54:28 -0700 (PDT), Christian Corda ha scritto:
>
> > Si, ma il punto è che dTau_A/dTau_B nel riferimento fisso è diverso da
> > dTau_A/dTau_B nel riferimento rotante. Due osservatori con la stessa
> > coordinata radiale nel riferimento fisso e nel riferimento rotante
> > misurano tempi propri diversi.
> Questo passaggio, se lo capisco correttamente, conferma il
> mio sospetto: passando dal riferimento fisso a quello
> rotante, tu mantieni inalterati i valori delle coordinate
> radiali invece di trasformarle come dovresti per mantenere
> inalterati i punti. Niente di strano che poi ti salti fuori
> un rapporto dTau_A/dTau_B diverso: lo calcoli per i punti
> sbagliati.
Non sono io che mantengo inalterato il valore delle coordinate radiali, ma la trasformazione di Langevin:
t=t’
r=r’
phi=phi’+omega*t’
z=z’

dove l’apice indica le coordinate nel riferimento rotante. Inserendole nell’espressione dell’elemento di linea nella metrica di Lorentz in coordinate cilindriche si ottiene la metrica di Langevin.
> Non so se l'errore sia tutto qui, ma non credo abbia senso
> discuterne oltre. Non mi sembra che tu risponda alle
> obiezioni che ti vengono mosse entrando realmente nel
> merito. Ad esempio, alla mia obiezione che la RR vada piu'
> che bene hai risposto solo che usando la RG viene fuori un
> risultato diverso, e che quindi usare la RR debba essere,
> evidentemente, sbagliato. Tuttavia, il fatto che due calcoli
> diversi diano risultati diversi dimostra solo che almeno uno
> dei due e` sbagliato, ma non consente di capire quale. Dato
> che la RR e` immensamente piu' semplice della RG, e` di gran
> lunga piu' probabile che sia il calcolo basato sulla RG a
> essere sbagliato. Per poter sostenere che il calcolo basato
> sulla RR sia sbagliato, dovresti dire qualcosa di piu':
> spiegare per quale limite teorico della RR questa non sia
> applicabile a due corpi in moto circolare in un riferimento
> inerziale. Non ho ancora visto questa spiegazione e a questo
> punto dubito che la vedro` mai.

Io la spiegazione l'ho data ma tu evidentemente non l'hai capita. La trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale trasformando uno spaziotempo piatto in uno curvo. Questo impedisce di usare la RR, che vale solo nello spaziotempo piatto di Lorentz. Quiondi va usata la RG.
> > La formula che avete ricavato è così giusta che le precisissime
> > misurazioni fatte col rotore di Mossbauer sono consistenti coi miei
> > calcoli anziché con i vostri.
> Non so come si possa stabilire questa consistenza tra
> l'esperimento e i tuoi calcoli, dato che: primo,
> 0.596 +/- 0.006 e` incompatibile sia con 1/2 che con 2/3;

Sei rimasto alla correzione dei dati dell'esperimento di Kudnig, dopo questo sono stati fatti altri due esperimenti in cui il coefficiente di dilatazione temporale è uguale a 2/3.
> secondo, hai detto e ripetuto che il risultato del tuo
> calcolo dipende dal riferimento in cui viene fatto, cosa
> che oltre a essermi del tutto incomprensibile sembrerebbe
> creare qualche problema con la verifica sperimentale.

Te lo ripeto una seconda volta: La trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale. Il significato di questa frase è che i risultati dipendono dal riferimento che usi.

> Ma anche ammesso, e per nulla concesso, che la situazione
> teorica e sperimentale fosse chiara, in mancanza di una
> solida argomentazione (che non ho visto e non vedro`) che
> spieghi perche' la RR sarebbe inapplicabile, se ne dovrebbe
> dedurre che l'esperimento falsifica la RR (e quindi
> indirettamente anche la RG che la usa come base di partenza,
> e quindi anche il tuo calcolo basato sulla RG). Certo
> capirai la prudenza nell'accettare una conclusione di tale
> portata.


Non fasifica niente, te lo ripeto una terza volta: La trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale trasformando uno spaziotempo piatto in uno curvo. Questo impedisce di usare la RR, che vale solo nello spaziotempo piatto di Lorentz. Quindi devi usare la RG. Nessuno qui, a parte te, sta supponendo che la RR e la RG non siano valide. Vanno semplicemente capite e va chiarito quando va usata una o l'altra.
> "Nessuno crede alla teoria, eccetto il teorico. Tutti
> credono all'esperimento, eccetto lo sperimentale."
> (A. Einstein, se non erro.)

Proprio lui, tra l'altro il primo a sostenere quanto sto dicendo qui, ossia che il riferimento rotante equivale ad un campo gravitazionale. Almeno a lui vorrai credere!
>
> Ciao
> Paolo Russo

Ciao, Ch.

Elio Fabri

unread,
Apr 14, 2023, 4:40:03 PM4/14/23
to
Paolo Russo ha scritto:
> Il primo problema che vedo e` che sembri pensare che il ricorso alla
> RG sia obbligatorio, ma non e` cosi': nessuno ti obbliga a lasciare
> il riferimento fisso. Eliminiamo il disco, che non serve a nulla.
> Abbiamo due corpi A e B che ruotano attorno ad O. Tu davvero non
> pensi che la RR sia sufficiente a gestire un caso del genere? A me
> sembra semplice: non occorre neanche cambiare sistema di riferimento
> come credi che io abbia fatto,
Premesso che concordo con quanto hai scritto in questo post, vorrei
lasciare per un momento Corda e le sue idee ed esaminare un po' due
questioni: la prima è appunto l'opinione (purtroppo ampiamente
diffusa) che corpi accelerati = RG; l'altra è il modo come si crede di
poter usare il principio di equivalenza (PE)

Solo un piccolo ritorno a Corda, per guardare il suo lavoro da un
altro punto di vista. Lui dice di usare la RG; ma hai guardato bene
che cosa intende con questo?
A mio parere consiste solo nell'usare il PE in condizioni in cui non è
possibile usarlo. Ossia nel tradurre il trovarsi in un rif. rotante,
quindi non inerziale, nella presenza di un campo gravitazionale preso
come equivalente alla forza centrifuga.
L'operazione viene poi effettuata usando la metrica di Langevin (la
questione della presunta curvatura in realtà è irrilevante, visto che
non c'è traccia di geodetiche, di tensore di Riemann, insomma di tutto
l'armamentario della RG).
Tutto si riduce allo "spazio-tempo di Langevin" più una nebulosa
"desincronizzazione" che integra sul percorso del fotone. Desincr. che
io non ho capito in che consista e tu neppure; e non siamo i soli.

Chiusa la parentesi. Forse conosci un vecchio articolo da me
pubblicato (come html) sul "paradosso dei gemelli e relatività
generale":
http://www.sagredo.eu/divulgazione/relgem/relgem1.htm
(stavolta lo URL l'ho copiato: *deve* essere giusto!).
La data non della prima stesura, ma dell'ultima revisione è 3/3/2001,
quindi oltre 22 anni fa.
La questione mi era già nota allora, e come cosa antica di cui faccio
risalire la colpa allo stesso Einstein.
Se non lo conosci t'interesserà.

Tornando al PE: la sua applicazione non è banale neppure nei casi
semplici, come per es. il moto traslatorio accelerato (caso
particolare: Rindler).
Il problema è che il PE non ha una formulazione rigorosa, per cui non
consente un'applicazione priva di ambiguità e di errori.

A questo tema dedicai un articolo pubblicato sullo European Journal of
Physics:
E. Fabri: "Paradoxes of gravitational redshift"; EJP 14 (1994), 197.
L'articolo sembra disponibile solo a pagamento, a meno di non avere un
amico in qualche Dip. di Fisica :-)
Ho trovato il file TeX, ma non trovo le figure (tranne una).
Riproverò domani.

Tornando al PE, un suo grave difetto è che se in qulche modo permette
di trattare la forza centrifuga di un rif. rotante, non sa niente
della forza di Coriolis, come pure di effetti collegati (ad es.
l'effetto Sagnac).

Insomma, da qualunque parte lo giri, il cosiddetto "uso della RG per
studiare i rif. dotanti è solo una leggenda metropolitana.
La RR non solo è sufficiente, ma è l'unica strada sicura che esista.
--
Elio Fabri

Christian Corda

unread,
Apr 15, 2023, 2:25:03 AM4/15/23
to
On Friday, 14 April 2023 at 22:40:03 UTC+2, Elio Fabri wrote:

> Tornando al PE, un suo grave difetto è che se in qulche modo permette
> di trattare la forza centrifuga di un rif. rotante, non sa niente
> della forza di Coriolis, come pure di effetti collegati (ad es.
> l'effetto Sagnac).


E già, peccato che esista un bell'articolo di ricerca pubblicato da Ridgley su European Journal of Physics che mostra esattamente il contrario, ossia che la forza di Coriolis non sia altro che l'approssimazione Newtoniana della metrica general relativistica di Langevin, vedere equazione (46) in Charles T Ridgely, "Forces in general relativity", Eur. J. Phys. 31 949 (2010), https://iopscience.iop.org/article/10.1088/0143-0807/31/4/024/pdf
> Insomma, da qualunque parte lo giri, il cosiddetto "uso della RG per
> studiare i rif. dotanti è solo una leggenda metropolitana.
> La RR non solo è sufficiente, ma è l'unica strada sicura che esista.
> --
> Elio Fabri








Ma ceeerto, e vogliamo sentire l'opinione di Einstein in proposito? Dice l'esatto opposto di ciò che dice EF, vedere A. Einstein, The Collected Papers, Volume 6: The Berlin Years: Writings, 1914-1917 (English translation supplement) Pages 31-32, verbalmente: "The following important argument also speaks in favor of a more relativistic interpretation. The centrifugal force which acts under given conditions of a body is determined precisely by the same natural constant that also gives its action in a gravitational field. In fact we have no means to distinguish a centrifugal field from a gravitational field. We thus always measure as the weight of the body on the surface of the earth the superposed action of both fields, named above, and we cannot separate their actions. In this manner the point of view to interpret the rotating system K' as at rest, and the centrifugal field as a gravitational field, gains justification BY ALL MEANS. This interpretation is reminiscent of the original (more special) relativity where the pondermotively acting force, upon an electrically charged mass which moves in a magnetic field, is the action of the electric field which is found at the location of the mass as seen by the reference system at rest with the moving mass.”




Insomma, lasciamo perdere l'opinione del sottoscritto che conta poco, però vorrei far notare che da una parte abbiamo Einstein, Landau, i giudici dei Gravity Awards, etc. che la pensano in un certo modo. Dall'altra ci siete voi, che, vorrei ricordare senza offesa, messi insieme non avete scritto un solo articolo di ricerca di relatività generale in tutta la vostra carriera scientifica, che la pensate in modo diverso. Chi avrà ragione? Ovviamente la mia è solo una domanda retorica....

Saluti a tutti,
Christian Corda

Christian Corda

unread,
Apr 15, 2023, 2:25:03 AM4/15/23
to
On Friday, 14 April 2023 at 22:40:03 UTC+2, Elio Fabri wrote:

> Tornando al PE, un suo grave difetto è che se in qulche modo permette
> di trattare la forza centrifuga di un rif. rotante, non sa niente
> della forza di Coriolis, come pure di effetti collegati (ad es.
> l'effetto Sagnac).
>
> Insomma, da qualunque parte lo giri, il cosiddetto "uso della RG per
> studiare i rif. dotanti è solo una leggenda metropolitana.
> La RR non solo è sufficiente, ma è l'unica strada sicura che esista.
> --
> Elio Fabri


Ma si, il PE non sa niente neppure dell'effetto Sagnac, vedere E. Benedetto et al., "On the general relativistic framework of the Sagnac effect", Eur. Phys. J. C 79, 187 (2019).

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 15, 2023, 10:10:04 AM4/15/23
to
Il 14/04/2023 19:38, Christian Corda ha scritto:
> On Friday, 14 April 2023 at 11:35:04 UTC+2, Bruno Cocciaro wrote:

>> La domanda è la seguente:
>> O_m, "vivendo" sul disco in rotazione, dirà anche lui che ha misurato 5
>> ms da quando io sono passato sopra di lui a quando ci sei passato tu
>> oppure, siccome il "tempo proprio nel riferimento rotante è minore che
>> nel riferimento fisso", lui dirà che ha misurato meno di 5 ms da quando
>> è passato sotto di me a quanto è passato sotto di te?
>
> E' esattamente quello che dirà, perché O_m, "vivendo" sul disco in rotazione, vedrà lo spazio contrarsi rispetto a me e te, e dunque la luce percorrerà  un tratto inferiore ed arriverà un po' prima.

riprovo perché continuo a ritenere impossibile che tu possa credere a un
assurdo tale. Ritengo ancora più impossibile che tu possa credere che un
assurdo tale sia derivabile dalla relatività.
L'unica possibilità che vedo è che tu abbia frainteso la domanda, per
quanto anche questo potrebbe sembrare strano, essendo la domanda stata
formulata con estrema chiarezza, però, non si sa mai, può succedere che
uno abbia talmente in mente una cosa che potrebbe non accorgersi che
gliene è stata chiesta un'altra. Tanto più che un tuo "i" che citerò
sotto depone a favore del fatto che hai frainteso la domanda.

Io non ho in mano alcun orologio. Nemmeno tu hai mano alcun orologio.
Quindi né tu né io possiamo accorgerci del fatto che O_m ci sta passando
sotto a intervalli regolari pari a T che potremmo misurare anche noi se
avessimo a disposizione degli orologi. L'unico orologio che esiste è O_m
il quale non è stato mai sincronizzato. È stato acquistato da un
rivenditore che certifica la sua bontà. Nel momento dell'acquisto O_m
segnava un istante a caso e il rivenditore ha detto all'aquirente: "Poi,
come sapete, lo potrete sincronizzare voi a vostro piacimento. Per
sincronizzarlo si deve premere questo tastino ecc."
Qualcuno mette O_m in rotazione attorno al punto O. Succede che io "ogni
tanto" vedo passarmi sotto O_m e, quando mi passa sotto, leggo sul
display di O_m un certo numero che il rivenditore certifica essere
l'intervallo di tempo misurato da O_m in secondi a partire da quando il
costruttore lo aveva settato all'istante 0 (poi nessuno ha mai
sincronizzato l'orologio ad alcun istante). Anche tu vedi passarti sotto
O_m "ogni tanto". E anche tu vedi il numerino segnato sul dispay di O_m
quando O_m ti passa sotto.
A un certo punto avviene che io, nel momento in cui O_m mi passa sotto,
dico al tipo che ruota anche lui con O_M di settare O_m all'istante 0 e
lui esegue istantaneamente il mio ordine. Entrambi, sia io che il tipo
in rotazione con O_M concordiamo nel dire che O_m sta segnando 0 alla
fine dell'operazione di settaggio, operazione che assumiamo essere
durata un intervallo di tempo infinitesimo tanto è vero che alla fine di
tale operazione io posso ancora dire che O_m mi sta passando sotto e il
tipo in moto con O_m può dire che io gli sto passando sopra.

Prima domanda:
ritieni possibile quanto detto sopra da "A un certo punto" fino a
"passando sopra"?
In particolare, ritieni possibile che sia io sia il tipo in moto con O_m
possiamo dire che è simultaneo il passaggio di O_m sotto di me (il tipo
dirà "il passaggio di Bruno sopra O_m") e il fatto che O_m segna 0 (cioè
0.0000000000000... s)?

Assumendo che tu risponda "Sì, lo ritengo possibile", proseguo.
Tu ti eri accorto che, ogni volta che O_m ti passava sotto, il display
di O_m segnava numeri maggiori della volta precedente. A un certo punto
vedi passarti sotto O_m col display che segna un numero nettamente
minore di quello che segnava la volta precedente. Tu dici che è
simultaneo questo nuovo passaggio di O_m sotto di te col fatto che il
suo dispay segna l'istante 5.00000000... s.
Il tipo in moto con O_m, dopo aver eseguito il mio ordine di settare O_m
a 0, vedrà anche te passare sopra O_m a intervalli regolari e, la prima
volta, successiva al mio ordine di resettaggio di O_m, che ti vede
passare sopra O_m decide di guardare cosa segna il dispay di O_m e lui
legge il numero x.
Tu dici:
"Sono simultanei gli eventi
a) O_m sta passando sotto di me;
b) io dico di vedere il display di O_m segnare il numero 5.0000000... s;
c) il tipo in moto con O_m sta passando sotto di me;
d) il tipo in moto con O_m sta dicendo che vede il display di O_m
segnare in numero x".
Il tipo in moto con O_m dice:
"Sono simultanei gli eventi
a) Christian sta passando sopra O_m;
b) io dico di vedere il display di O_m segnare il numero x;
c) Christian sta passando sopra di me;
d) Christian sta dicendo che vede il display di O_m segnare in numero
5.0000000... s".
Sottolineo che *tutti*, tanto io quanto tu che il tipo, guardiamo sempre
e solo un unico display, quello di O_m (d'altro canto è quello l'unico
display disponibile, non ci sono altri orologi a disposizione).
Seconda domanda:
ritieni possibile quanto detto sopra da "Tu dici:" fino a "a
disposizione)" solo se x=5.0000000... s, oppure, siccome il "tempo
proprio nel riferimento rotante è minore che nel riferimento fisso"
ritieni possibile quanto detto sopra solo se x<5.0000000... s?

Mi scuso nuovamente per la banalità della domanda (si potrebbe anche
considerare offensivo il semplice fatto di porla), mi scuso anche della
prolissità, ma ritenevo di essere già stato chiaro (per quanto prolisso)
nel post precedente, ciò nonostante, ritengo che la mia domanda non sia
risultata chiara a te (come dicevo, ritenendo impossibile che tu possa
rispondere "x<5", immagino che tu possa avere in testa qualcosa e, a
causa di ciò, non ti stia accorgendo che la mia domanda verte su altro.
È proprio una domanda tanto banale e, ai miei occhi, ai limiti
dell'offensivo).
Deduco il fatto che tu abbia frainteso la mia domanda posta nel
precedente post da questo estratto dalla tua risposta:
"mi pare ovvio che i display segneranno valori diversi".
Non ci sono "i" display. C'è un display solo. Quello di O_m.

> Ciao, Ch.

Christian Corda

unread,
Apr 15, 2023, 12:40:06 PM4/15/23
to
Guarda che, da un punto di vista relativistico la vera assurdità la stai dicendo tu. Non esiste istantaneità né in RR né in RG. Il tuo discorso non regge sin dall'inizio perché oltre alla questione che non puoi comunicare NIENTE istantaneamente perchè ogni operazione di comunicazione avviene in un intervallo di tempo finito, l'operazione di settaggio ha un certo intervallo infinitesimo di tempo per il tipo in moto con O_m ed un DIVERSO intervallo infinitesimo di tempo per te. In particolare, se tu chiami d\tau_L l'intervallo di tempo che passa per te durante l'operazione di settaggio, per il tipo in moto con O_m passerà un intervallo di tempo d\tau_R=sqrt(g_00)d\tau_L, dove sqrt(g_00) è leggermente minore di uno. Quindi,  sommando  il tempo finito di comunicazione, anche questo diverso per te e per per il tizio che ruota con O_m, al diverso intervallo infinitesimo di settaggio, tra te ed il tizio che ruota con O_m c'è un certo sfasamento temporale prima ancora che il tizio in rotazione con O_M segni zero alla fine dell'operazione di settaggio, che per te è durata più che per lui.
> Prima domanda:
> ritieni possibile quanto detto sopra da "A un certo punto" fino a
> "passando sopra"?
No, per quanto detto sopra.
> In particolare, ritieni possibile che sia io sia il tipo in moto con O_m
> possiamo dire che è simultaneo il passaggio di O_m sotto di me (il tipo
> dirà "il passaggio di Bruno sopra O_m") e il fatto che O_m segna 0 (cioè
> 0.0000000000000... s)?
No, perchè come ho spiegato sopra, in questo caso non esistono né istantaneità né simultaneità.,
> Assumendo che tu risponda "Sì, lo ritengo possibile", proseguo.
Ma ho risposto no, quindi il seguito non credo avrà molto senso rispetto a come vedo la cosa io.
Come ho spiegato sin dall'inizio, non esistono eventi né simultanei né istantanei in questo contesto. Per questo io anziché usare gli orologi preferisco usare i raggi di luce.
> Sottolineo che *tutti*, tanto io quanto tu che il tipo, guardiamo sempre
> e solo un unico display, quello di O_m (d'altro canto è quello l'unico
> display disponibile, non ci sono altri orologi a disposizione).





Allora per me osservatore fisso l'orologio rotante segna un tempo sbagliato. Come ti ho già detto il tuo discorso è impostato male perché persino i tempi infinitesimi di settaggio e quelli di comunicazione sono diversi per me (o te) osservatore fisso e per chi ruota con O_m. Capisco che questa cosa possa sembrarti assurda, ma è proprio quello che succede. In RG esistono cose molto più assurde, per esempio Goedel trovò delle soluzioni delle equazioni di Einstein dove il tempo si richiudeva su se stesso, o vogliamo mettere l'orizzonte degli eventi di un buco nero dove la cordinata temporale si inverte con quella radiale? Anche se qui a livello quantistico dovrebbe risistemarsi tutto, ma questo è un altro discorso.
> Seconda domanda:
> ritieni possibile quanto detto sopra da "Tu dici:" fino a "a
> disposizione)" solo se x=5.0000000... s, oppure, siccome il "tempo
> proprio nel riferimento rotante è minore che nel riferimento fisso"
> ritieni possibile quanto detto sopra solo se x<5.0000000... s?
>
> Mi scuso nuovamente per la banalità della domanda (si potrebbe anche
> considerare offensivo il semplice fatto di porla), mi scuso anche della
> prolissità, ma ritenevo di essere già stato chiaro (per quanto prolisso)
> nel post precedente, ciò nonostante, ritengo che la mia domanda non sia
> risultata chiara a te (come dicevo, ritenendo impossibile che tu possa
> rispondere "x<5", immagino che tu possa avere in testa qualcosa e, a
> causa di ciò, non ti stia accorgendo che la mia domanda verte su altro.
> È proprio una domanda tanto banale e, ai miei occhi, ai limiti
> dell'offensivo).
> Deduco il fatto che tu abbia frainteso la mia domanda posta nel
> precedente post da questo estratto dalla tua risposta:
> "mi pare ovvio che i display segneranno valori diversi".
> Non ci sono "i" display. C'è un display solo. Quello di O_m.
Che segna un valore giusto per l'osservatore rotante ed un valore sbagliato per quello fisso.

Ciao, Ch.

Elio Fabri

unread,
Apr 15, 2023, 12:40:06 PM4/15/23
to
Bruno Cocciaro ha scritto:
> riprovo perché continuo a ritenere impossibile che tu possa credere a
> un assurdo tale. Ritengo ancora più impossibile che tu possa credere
> che un assurdo tale sia derivabile dalla relatività.
> ...
Secondo me perdi tempo.
A me pare che Corda abbia dato ad abundantiam notizia di come vede la
cose di cui stiamo parlando.
E ti faccio anche notare che per molti aspetti si tratta di
matematica, non di fisica.
Anche quello di rispondere "porto pesci" alla domanda "dove vai?" si è
ripetuto più volte.
L'ultimo a mia conoscenza è stato quando, avendo io scritto
> Tornando al PE, un suo grave difetto è che se in qulche modo
> permette di trattare la forza centrifuga di un rif. rotante, non sa
> niente della forza di Coriolis, come pure di effetti collegati (ad
> es. l'effetto Sagnac).
mi ha risposto
> E sì, peccato che esista un bell'articolo di ricerca pubblicato da
> Ridgley su European Journal of Physics che mostra esattamente il
> contrario, ossia che la forza di Coriolis non sia altro che
> l'approssimazione Newtoniana della metrica general relativistica di
> Langevin, [...]
Io parlo del PE, lui mi risponde con la metrica di Langevin.

Ma torniamo alla discussione.
Ho scritto che per molti aspetti si tratta di matematica, non di
fisica.
Per es. quando si scrive che una trasf. di coordinate porta a *un
altro* spazio-tempo.
Oppure quando si dice e si ripete che questo secondo spazio-tempo è
curvo.
Però ho fatto una scoperta. Quello che Corda ti ha scritto nel post
del 14, ore 19:38, è tradotto pari pari da wikipedia:
https://en.wikipedia.org/wiki/Born_coordinates
Un articolo molto ampio, che in molti punti sembra concordare con
Corda.
Potrebbe quasi averlo scritto lui, ma non credo: si sarebbe citato
nelle references.
Secondo me l'autore è italiano e scommetterei che sia Rizzi.
Chiaramente è uno che di geom. differenziale ne sa di più, e infatti
la formulazione matematica è più chiara, anche se mi ci vorrà un bel
po' per capirla. Ora come ora non mi convince del tutto.
Ti riporto un lungo brano che riconoscerai tra i molti post di Corda:

To remedy the situation, the observers agree on an external
synchronization procedure (coordinate time t - or for ring-riding
observers, a proper coordinate time for a fixed radius r). By this
agreement, Langevin observers riding on a rigidly rotating disk will
conclude from measurements of small distances between themselves that
the geometry of the disk is non-Euclidean. Regardless of which method
they use, they will conclude that the geometry is well approximated by
a certain Riemannian metric, namely the Langevin-Landau-Lifschitz
metric. This is in turn very well approximated by the geometry of the
hyperbolic plane (with the negative curvatures -3w^2 and -3w^2r^2,
respectively). But if these observers measure larger distances, they
will obtain different results, depending upon which method of
measurement they use! In all such cases, however, they will most
likely obtain results which are inconsistent with any Riemannian
metric. In particular, if they use the simplest notion of distance,
radar distance, owing to various effects such as the asymmetry already
noted, they will conclude that the "geometry" of the disk is not only
non-Euclidean, it is non-Riemannian.

Più avanti c'è anche il vettore vorticità e poi il teorema
d'integrabilità di Frobenius.
--
Elio Fabri

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 15, 2023, 6:20:03 PM4/15/23
to
Il 15/04/2023 17:27, Elio Fabri ha scritto:

rispondo per ora solo a questo punto, più che altro per non mandare
persa la ricerca che ho fatto.

> Però ho fatto una scoperta. Quello che Corda ti ha scritto nel post
> del 14, ore 19:38, è tradotto pari pari da wikipedia:
> https://en.wikipedia.org/wiki/Born_coordinates
> Un articolo molto ampio, che in molti punti sembra concordare con
> Corda.
> Potrebbe quasi averlo scritto lui, ma non credo: si sarebbe citato
> nelle references.
> Secondo me l'autore è italiano e scommetterei che sia Rizzi.

Né Corda né Rizzi.
Se clicchi su View history trovi la lunga lista di interventi, dovuti a
vari utenti, che hanno contribuito alla pagina che è iniziata il
18/5/2006 ore 00:09 con l'intervento dell'utente Hillman.
Il passo tradotto da Corda è stato inserito dall'utente Karl Hillman il
19/12/2016 ore 21:37 e, a quella data, compariva già il riferimento al
lavoro di Rizzi e Ruggiero. Su internet Karl Hillman si trova come
"Chefredaktor at RelativKritisch" (capo redattore di RelativKritisch),
si trovano anche un po' di altre informazioni ma tutte in tedesco, o,
almeno, io non ne ho trovate in inglese.
Il riferimento a Rizzi e Ruggiero viene inserito il 19/5/2006 ore 00:00
dall'utente Hillman.

Bruno Cocciaro.

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 15, 2023, 6:20:03 PM4/15/23
to
Il 15/04/2023 17:56, Christian Corda ha scritto:

> Guarda che, da un punto di vista relativistico la vera assurdità la stai dicendo tu.
Bene, mi hai convinto.
Tu credi veramente all'assurdità che se io osservassi il display di un
orologio che sta passando sotto di me segnare l'istante 5.00000000... s,
il tipo che è in moto con l'orologio vede il suo orologio segnare un
istante minore di 5.0000000... s quando io passo sopra di lui.
Questo perché il tipo "vive" in un disco rotante e il "tempo proprio nel
riferimento rotante è minore che nel riferimento fisso".
Non solo, credi veramente che l'assurdità suddetta derivi da "un punto
di vista relativistico".

> Non esiste istantaneità né in RR né in RG.
questa è proprio grossa.

> Il tuo discorso non regge sin dall'inizio perché oltre alla questione che non puoi comunicare NIENTE istantaneamente perchè ogni operazione di comunicazione avviene in un intervallo di tempo finito, l'operazione di settaggio ha un certo intervallo infinitesimo di tempo per il tipo in moto con O_m ed un DIVERSO intervallo infinitesimo di tempo per te.
Ovviamente, *ogni* comunicazione che avviene fra oggetti che si trovano
nello stesso punto è *sempre* istantanea. E sia io sia l'orologio che mi
passa sotto sia il tipo in moto con l'orologio siamo *nello stesso
punto* quando io dico che l'orologio mi sta passando sotto e il tipo
dice che io gli sto passando sopra (sopra e sotto non hanno ovviamente
alcun senso, è un modo per dire che siamo tutti e tre nello stesso punto
allo stesso istante)
Einstein mette in nota questo punto. Dice:
"Non si considererà qui l’ imprecisione che si introduce nel concetto di
simultaneità di due eventi (approssimativamente) nello stesso posto e
che viene superata con l’astrazione."
https://fisica.unipv.it/antoci/re/Einstein05.pdf pag 4
È vero che ogni operazione necessita di un intervallo di tempo finito ma
non c'è alcun limite inferiore per la durata dell'operazione di
settaggio dell'orologio.
Possiamo dire che il tipo, sapendo che necessita di 0.0...1 s per
settare l'orologio, invece che a 0 lo metterà a 0.0...1 s e, quando avrà
finito, io vedrò il suo orologio segnare 0.0...1 s e,
contemporaneamente, vedrò il mio orologio (che non ho a disposizione,
quindi non entra nella domanda posta, comunque, se proprio ce lo vuoi
mettere, mettiamocelo) segnare 0.0...2 s. Al posto dei tre puntini, per
quanto detto (non esiste un limite inferiore per la durata del
settaggio) possiamo metterci un numero di zeri a piacere, cioè, per
dirla con Einstein, possiamo superare "con l'astrazione" la piccola
imprecisione che si ha e dire che sia io che il tipo diciamo che, quando
ci incontriamo (o "alla fine" del nostro incontro) entrambi i nostri
orologi segnano zero.

> Come ho spiegato sin dall'inizio, non esistono eventi né simultanei né istantanei in questo contesto. Per questo io anziché usare gli orologi preferisco usare i raggi di luce.
Ovviamente *esistono* eventi simultanei (in ogni contesto).
Non solo, con la relatività, si prende coscienza che essi sono alla
*base* del concetto di tempo.
Einstein lo dice con le seguenti parole:
"Dobbiamo tener presente che tutte le nostre asserzioni nelle quali il
tempo gioca un ruolo sono sempre asserzioni su _eventi simultanei_.
Quando per esempio dico: “Quel treno arriva qui alle ore 7,” ciò
significa: “Il porsi della lancetta piccola del mio orologio sulle 7 e
l’arrivo del treno sono eventi simultanei”.
Alla fine di tale passo Einstein mette la nota che ho citato sopra. L'
"eventi simultanei" è evidenziato nell'originale di Einstein che è stato
pubblicato nel 1905 alla pag 891 di un numero degli Annalen der Physik.
I passi che ho citato sono fra pag 892 e 893.

> Ciao, Ch.
Ciao,
Bruno Cocciaro

Christian Corda

unread,
Apr 16, 2023, 5:10:04 AM4/16/23
to
On Sunday, 16 April 2023 at 00:20:03 UTC+2, Bruno Cocciaro wrote:
> Il 15/04/2023 17:56, Christian Corda ha scritto:
>
> > Guarda che, da un punto di vista relativistico la vera assurdità la stai dicendo tu.
> Bene, mi hai convinto.
> Tu credi veramente all'assurdità che se io osservassi il display di un
> orologio che sta passando sotto di me segnare l'istante 5.00000000... s,
> il tipo che è in moto con l'orologio vede il suo orologio segnare un
> istante minore di 5.0000000... s quando io passo sopra di lui.

No, anche tu vedi segnare lo stesso istante, solo che per te il suo orologio non sta segnando il tuo tempo reale ma un tempo più breve del tuo. Per te il suo orologio non funziona bene ed anticipa i tempi.
> Questo perché il tipo "vive" in un disco rotante e il "tempo proprio nel
> riferimento rotante è minore che nel riferimento fisso".

Ti ho detto che non sto asserendo quello che dici tu, ma una cosa più sottile. Dovresti leggere il mio lavoro e la formula che governa questo processo.
> Non solo, credi veramente che l'assurdità suddetta derivi da "un punto
> di vista relativistico".

Non è questione di quello che io credo, è questione di ciò che dicono le formule, se tu ti rifiuti di leggerle puoi continuare a credere quello che vuoi, ma continui a sbagliare.
> > Non esiste istantaneità né in RR né in RG.
> questa è proprio grossa.
Dipende


> > Il tuo discorso non regge sin dall'inizio perché oltre alla questione che non puoi comunicare NIENTE istantaneamente perchè ogni operazione di comunicazione avviene in un intervallo di tempo finito, l'operazione di settaggio ha un certo intervallo infinitesimo di tempo per il tipo in moto con O_m ed un DIVERSO intervallo infinitesimo di tempo per te.
> Ovviamente, *ogni* comunicazione che avviene fra oggetti che si trovano
> nello stesso punto è *sempre* istantanea. E sia io sia l'orologio che mi
> passa sotto sia il tipo in moto con l'orologio siamo *nello stesso
> punto* quando io dico che l'orologio mi sta passando sotto e il tipo
> dice che io gli sto passando sopra (sopra e sotto non hanno ovviamente
> alcun senso, è un modo per dire che siamo tutti e tre nello stesso punto
> allo stesso istante)
Non siete punti materiali, siete corpi finiti, e l'informazione da un corpo finito all'altro passa sempre in un tempo non nullo.
.> Einstein mette in nota questo punto. Dice:
> "Non si considererà qui l’ imprecisione che si introduce nel concetto di
> simultaneità di due eventi (approssimativamente) nello stesso posto e
> che viene superata con l’astrazione."
> https://fisica.unipv.it/antoci/re/Einstein05.pdf pag 4

Estrapoli ciò che dice Einstein ad un contesto diverso, non a caso Einstein parla esplicitamente di "imprecisione" ed "approssimativamente". Ma il punto chiave è un altro, lo spiego dopo.
> È vero che ogni operazione necessita di un intervallo di tempo finito ma
> non c'è alcun limite inferiore per la durata dell'operazione di
> settaggio dell'orologio.


Su questo ho forti dubbi, basta considerare il tempo di reazione non nullo del tipo a cui dici di settare l'orologio, ma il punto chiave è che per quanto l'intervallo di tempo che tu misuri per la durata dell'operazione di settaggio, possa essere piccolissimo, quello dell'osservatore rotante sarà sempre più piccolo.
> Possiamo dire che il tipo, sapendo che necessita di 0.0...1 s per
> settare l'orologio, invece che a 0 lo metterà a 0.0...1 s e, quando avrà
> finito, io vedrò il suo orologio segnare 0.0...1 s e,
Tu lo vedrai segnare 0.0...1 s, ma per te sono passati realmente più di 0.0...1 s. Per te l'orologio è in anticipo.
> contemporaneamente, vedrò il mio orologio (che non ho a disposizione,
> quindi non entra nella domanda posta, comunque, se proprio ce lo vuoi
> mettere, mettiamocelo) segnare 0.0...2 s. Al posto dei tre puntini, per
> quanto detto (non esiste un limite inferiore per la durata del
> settaggio) possiamo metterci un numero di zeri a piacere
Non direi proprio, come già detto, minimo devi considerare il tempo di reazione del tipo, e già quello è diverso per lui e per te.
>cioè, per
> dirla con Einstein, possiamo superare "con l'astrazione" la piccola
> imprecisione che si ha e dire che sia io che il tipo diciamo che, quando
> ci incontriamo (o "alla fine" del nostro incontro) entrambi i nostri
> orologi segnano zero.



No, Einstein si riferiva al concetto di simultaneità e già parlava di "imprecisione" ed "approssimativamente". Qui stiamo parlando di una cosa diversa, un'operazione di settaggio che richiede un tempo diverso da zero che, come minimo, non può essere inferiore al tempo di reazione di chi fa il settaggio. Ora non so quanto richieda, ma supponiamo come dici tu 0.0...1 s per l'osservatore rotante. Per te sarà un pochino di più anche se leggi 0.0...1 nell'orologio. Questa è una cosa che non puoi eliminare perché deriva dalla formula che ho scritto prima.

> > Come ho spiegato sin dall'inizio, non esistono eventi né simultanei né istantanei in questo contesto. Per questo io anziché usare gli orologi preferisco usare i raggi di luce.
> Ovviamente *esistono* eventi simultanei (in ogni contesto).
Solo per punti materiali.
> Non solo, con la relatività, si prende coscienza che essi sono alla
> *base* del concetto di tempo.
> Einstein lo dice con le seguenti parole:
> "Dobbiamo tener presente che tutte le nostre asserzioni nelle quali il
> tempo gioca un ruolo sono sempre asserzioni su _eventi simultanei_.
> Quando per esempio dico: “Quel treno arriva qui alle ore 7,” ciò
> significa: “Il porsi della lancetta piccola del mio orologio sulle 7 e
> l’arrivo del treno sono eventi simultanei”.
Mi sa che Einstein si era messo in un preciso sistema di riferimento però. Qui stiamo parlando di riferimenti diversi.
> Alla fine di tale passo Einstein mette la nota che ho citato sopra. L'
> "eventi simultanei" è evidenziato nell'originale di Einstein che è stato
> pubblicato nel 1905 alla pag 891 di un numero degli Annalen der Physik.
> I passi che ho citato sono fra pag 892 e 893.

Lascia perdere la questione della simultaneità, anche ammesso e non concesso che tu abbia ragione, come ho spiegato sopra il punto chiave è un altro.
> >
> Ciao,
> Bruno Cocciaro
Ciao, Ch.

Bruno Cocciaro

unread,
Apr 16, 2023, 1:15:04 PM4/16/23
to
Il 16/04/2023 01:40, Christian Corda ha scritto:
> On Sunday, 16 April 2023 at 00:20:03 UTC+2, Bruno Cocciaro wrote:

>> Bene, mi hai convinto.
>> Tu credi veramente all'assurdità che se io osservassi il display di un
>> orologio che sta passando sotto di me segnare l'istante 5.00000000... s,
>> il tipo che è in moto con l'orologio vede il suo orologio segnare un
>> istante minore di 5.0000000... s quando io passo sopra di lui.
>
> No, anche tu vedi segnare lo stesso istante, solo che per te il suo orologio non sta segnando il tuo tempo reale ma un tempo più breve del tuo. Per te il suo orologio non funziona bene ed anticipa i tempi.

Ohh, finalmente.
Dopo avermi dato per n volte una risposta assurda alla stessa domanda,
quando mi sono arreso e ho accettato il fatto che tu volessi darmi
proprio quella risposta assurda, finalmente mi dici che no, alla mia
domanda non dai la risposta assurda che io leggevo (e leggo ancora)
nelle tue parole (vado a memoria) "nel riferimento rotante il tempo
proprio è diverso da quello nel riferimento inerziale".
Quindi, avendo finalmente sgomberato il campo dalle assurdità, posso
passare alla domanda successiva:
cosa intendi con le parole "tempo proprio"?
Argomento un po' meglio. Il ds che compare nella formula "ds^2=..." che,
con parole secondo me troppo auliche, si dice che "definisce la
metrica", quel ds è una roba misurabile (cioè una roba sulla quale tutti
concorderanno perché sarebbe assurdo sostenere che l'esito di una misura
dipende dallo stato di chi guarda il display dello strumento di misura),
oppure le robe misurabili (le robe sulle quali tutti concorderanno, robe
che si distinguono dalle robe convenzionali perché le robe convenzionali
ognuno può sceglierle come vuole, diversamente dagli esiti delle misure
che vengono decisi dalla natura e non da noi) sono quelle dopo il segno
di uguaglianza, cioè quelle che nella "ds^2=..." stanno al posto dei tre
puntini (cioè dt e dx dy e dz o eventuali funzioni di dt, dx, dy, e dz)?
È ovvio che, nel secondo caso, risultando nel riferimento inerziale
diverse le "misure" di dt, dx, dy e dz, rispetto a quelle che si
avrebbero nel riferimento rotante, l'"ente" ds^2, che sarebbe una
semplice funzione delle supposte misure dt, dx, dy e dz, potrebbe
risultare diverso nei due riferimenti.
Quindi, la domanda suddetta, argomentata un po meglio, diventa:
"Le *misure* (quelle sulle quali tutti concordano perché sarebbe assurdo
sostenere che l'esito di una misura dipende dallo stato di chi guarda il
display dello strumento di misura) sono, a tuo avviso, le dt, dx, dy e
dz nel riferimento inerziale e le dt', dx', dy' e dz' nel riferimento
rotante"?

> Ciao, Ch.
Ciao,
Bruno Cocciaro.

Alberto Rasà

unread,
Apr 16, 2023, 5:45:05 PM4/16/23
to
Il giorno domenica 16 aprile 2023 alle 11:10:04 UTC+2 Christian Corda ha scritto:
...


Premetto che, con molto rammarico, non sono in grado che di seguire solo una minima parte di tutti i concetti di questo interessantissimo thread, e che, anche per questo, non ho titolo per prendere alcuna posizione in merito alla diatriba principale, ti chiedo che importanza può avere il "tempo di reazione del settaggio" di cui parli qui sotto:
>
> Qui stiamo parlando di una cosa diversa, un'operazione
> di settaggio che richiede un tempo diverso da zero che,
> come minimo, non può essere inferiore al tempo di reazione
> di chi fa il settaggio.
>



Il settaggio potrebbe richiedere molto o poco tempo a seconda della procedura che usi e della tecnologia a disposizione: le conclusioni di un calcolo o di un esperimento non possono certo dipendere da questo, altrimenti sarebbero vuote di significato fisico. Non dovremmo sempre assumere che il settaggio richieda un intervallo di tempo trascurabile? E inoltre, che significato ha il concetto di "evento" se non possiamo settare in un intervallo di tempo pressoché nullo due orologi in moto reciproco quando passano uno accanto all'altro (o si sovrappongono)?
Inoltre, se fosse per me, non mi preoccuperei di quello che "un orologio dovrebbe segnare in base a..." ma delle mere misure che faccio.
Ciao.

--
Wakinian Tanka

Elio Fabri

unread,
Apr 17, 2023, 6:40:03 AM4/17/23
to
Alberto Rasà ha scritto:
> Premetto che, con molto rammarico, non sono in grado che di seguire
> solo una minima parte di tutti i concetti di questo
> interessantissimo thread, e che, anche per questo, non ho titolo per
> prendere alcuna posizione in merito alla diatriba principale,
Ma se non sei in grado che di seguirne solo una minima parte, come fai
a dire che il thread è "interessantissimo"?
Comunque, mi viene il sospetto che a qualcuno questo possa tornare
comodo, appunto perché nella confusione di parole cui non sempre
corrispondono concetti, le persone intellettualmente più oneste siano
costrette a sospendere il giudizio.
Mi viene in mente una vecchia canzone di Nino Manfredi, intitolata
"Tanto pe' cantà", dove un verso dice:
"e m'arintontoniva de bucie" :-)

Ti pongo quindi alcune domande secche:
1) Arrivi a capire che le componenti di un tensore in genere cambiano
passando da un sistema di coordinate a un altro, ma che se sono tutte
nulle in un dato sistema, restano nulle in qualunque altro sistema,
comunque definito?
2) Sai che dire "spazio-tempo piatto" è matematicamente equivalente a
dire "tensore di Riemann nullo"?
3) Sai che lo spazio-tempo di Lorentz-Minkowski è piatto?
4) Accetti che da ciò segue che il detto spazio-tempo resta piatto
anche se si cambiano le coordinate come si vuole; in particolare se si
usano le coord. di Langevin?

> Il settaggio potrebbe richiedere molto o poco tempo ...
Intanto "settaggio" è una parola inesistente nella lingua itailana, e
barbara che più non si può.
Infatti è una derivazione alla francese (come tutte le parole italiane
in -aggio (francese -age) da una radice inglese: il verbo "to set".
L'on. Rampelli vorrebbe multare chi usa parole inglesi; io multerei
più volentieri chi usa queste parole pseudoitaliane. Alcuni esempi dal
gergo infomratico-elettronico: bannare, taggare, switciare, twistare;
ma anche amperaggio, voltaggio, wattaggio... E perché non anche
ohmaggio o hertzaggio?

A proposito di questa divagazione sui tempi di reazione, del tutto
priva di senso, forse ti avrà portato a capire perché da molti anni ho
bandito il termine "osservatore" dai miei discorsi sulla relatività
(ristetta o generale che sia).
Alcuni fisici ne difendono l'uso in quanto sarebbbe un termine
convenzionale per descrivere con una sola parola l'insieme degli
strumenti di misura coi quali si studia un fenomeno.
Io lo combatto perché volere o volare introduce elementi di
soggettività che in fisica non debbono avere posto.
Nella vostra discussione si è arrivati all'estremo: non solo
l'osservatore è personalizzato, ma addirittura conterebbero i suoi
tempi di reazione.

A chi ha avuto questa balzana idea non viene in mente che ormai da
tempo la fisica non si fa premendo pulsanti o toccando gli oggetti per
sentirne la temperatura.
Né sembra sapere che moltissimi esperimenti si fanno senza la presenza
fisica degli "osservatori", che possono stare lontani o per ragioni di
sicurezza o per necessità pratica. Pensa alle sonde su Marte o a
quella che ha toccato una cometa (e ci ha mandato informazioni su
quell'oggetto, lontano 10^11 m (ordine di grandezza).

Se questo non è arrampicarsi sugli specchi...
Insomma tu hai ragione, ma a che serve entrare in simili discorsi?
--
Elio Fabri

Elio Fabri

unread,
Apr 17, 2023, 9:25:04 AM4/17/23
to
Bruno Cocciaro ha scritto:
> Argomento un po' meglio. Il ds che compare nella formula "ds^2=..."
> che, con parole secondo me troppo auliche, si dice che "definisce la
> metrica", quel ds è una roba misurabile
> ...
Avvertenza.
Questa risposta, che non posso evitare, forse conterrà giudizi pesanti
su di te (ma non solo su di te).
Il fatto è che ciò che ho letto rischia di arrestarmi la digestione e
anche peggio.
Non riesco a sopportare di leggere cose del genere.

> con parole secondo me troppo auliche
Ma che c... vai cercando?
Vedi piuttosto di fare ciò che ti sei rifiutato di fare finora:
studia.
Se tu non sai che cos'è una varietà riemanniana (con tutto ciò che ne
è necessaria premessa) non dovresti esprimere giudizi sulla parte
della fisica di cui stiamo discutendo (in modo del tutto
inconcludente, grazie a più d'uno, debbo purtroppo dire).

Io mi sono speso e mi spendo ben più del giusto per aiutare chi si
vuol avvicinare a parti della fisica che trovo un po' ridicolo
chiamare "moderna", visto che ha ampiamente passato il secolo.
Ho cercato di farlo a vari livelli, da quello del liceale capace, agli
insegnanti (sia di fisica sia anche di materie vicine, ma questo
davvero con risultati deludenti).
Lasciamo perdere il nostro ambiente, dove si trova di tutto, con ampia
prevalenza della spazzatura.

Il risultato è (anche) quello che tu scrivi.
Dopo anni e anni che ci frequentiamo, non sono riuscito neppure a
farti digerire il minimo indispensabile, che non posso fare a meno di
dire in modo "aulico": in RG le sole cose che si possono mettere in
relazione con fatti sperimentali sono gli invarianti, a partire
appunto dalla metrica.
Ma il fatto è che tu non hai la più pallida idea di come ciò si
faccia, partendo dal ds^2.
Che tra parentesi è parte di una terminologia matematica ormai
superata da quasi un secolo, che si è costretti a usare per farsi
capire da una quantità di fisici (anche "teorici") la cui cultura
matematica arriva al massimo a Levi-Civita (sono ottimista) e non
hanno mai sentito parlare, per esempio, di Cartan.

Una precisazione: tra gli invarianti vanno messi anche quelli che
chiamerei "qualitativi". Ne ho in mente uno preciso: l'asserzione "il
tale tensore è nullo" è appunto un invariante qualitativo.
Puoi descrivere *lo* spazio tempo con le coordinate che vuoi: se trovi
che un qualsiasi tensore è nullo calcolandolo in certe coordinate, lo
sarà con qualsiasi altro sistema di coordinate che ti venga il
capriccio di usare.
(Perché ho messo *lo* tra asterischi? casomai lo spiegherò un'altra
volta.)

Un esempio essenziale d'invariante è il *tempo proprio*.
Questo in RR può essere definito da due eventi, e non cambia qualunque
sia il rif. in cui lo si misura.
In RG (ma anche in varie applicazioni delle RR) la cosa è un po' più
complicata: per definire un tempo proprio occorre assegnare un *arco
di curva* (di tipo tempo).
Anche qui il tempo proprio, che in sostanza è la *lunghezza" di
quell'arco, secondo la definizione data dalla metrica, non dipende
dalle coordinate usate.

Giusto per riprendere il filo - che ormai si è perso - dato dal titolo
di questo smisurato thread: il "piccolo esercizio" che avevo proposto
riguardava propio il confronto tra due invarianti: la lunghazza d'onda
di un fotone, misurata all'emissione e alla ricezione.
È ovvio (dovrebbe esserlo) che la lunghezza d'onda è un invariante: è
legata al periodo, ossia a un intervallo di tempo, che viene misurato
da un orologio e calcolato con un ben determinato ds^2.
Per questo la discussione RR/RG è insensata e solo in parte
giustificata da diverse accezioni del termine "relatività generale".
Ho già dato il link a un mio scritto in proposito, risalente a ben più
di 20 anni fa, e non sto a ripetermi.

Potrei darti un altro link relativamente a un uso secondo me errato
che Einstein fa del termine "astrazione" (ho controllato il tedesco:
scrive proprio "Abstraktion").
Lì definivo l'astrazione parlando di gatti; m'illudevo di farmi capire
da insegnanti di Scienze.
Allora nutrivo ancora di queste illusioni; ero giovane, giusto 30 anni
fa...
--
Elio Fabri

Alberto Rasà

unread,
Apr 17, 2023, 1:45:04 PM4/17/23
to
Il giorno lunedì 17 aprile 2023 alle 12:40:03 UTC+2 Elio Fabri ha scritto:
> Alberto Rasà ha scritto:
...
> Ma se non sei in grado che di seguirne solo una minima parte, come fai
> a dire che il thread è "interessantissimo"?
>




Obiezione più che lecita. L'interessante è dovuto sia al problema iniziale in se, che per mancanza di tempo non ho potuto cercare di risolvere, sia alla questione "spaziotempo piatto - spaziotempo curvo", sia alla questione "geometria spaziale euclidea o no" (non affrontata ma sottintesa) sia alla questione "calcoli del tempo proprio di un orologio rotante (ovvero che cosa segna sul display), che però, appunto, non sono ancora in grado di affrontare. Tra l'altro non ho nemmeno mai affrontato decentemente l'argomento "invarianza dell'intervallo spaziotemporale ds in relatività generale" (oltre che la RG in generale); ho visto l'accenno che hai fatto su questo nella tua risposta a Bruno.
...
> Mi viene in mente una vecchia canzone di Nino Manfredi, intitolata
> "Tanto pe' cantà", dove un verso dice:
> "e m'arintontoniva de bucie" :-)
>
Vuoi che non la conosca? :-)
>
> Ti pongo quindi alcune domande secche:
> 1) Arrivi a capire che le componenti di un tensore in genere cambiano
> passando da un sistema di coordinate a un altro, ma che se sono tutte
> nulle in un dato sistema, restano nulle in qualunque altro sistema,
> comunque definito?
>
Si
>
> 2) Sai che dire "spazio-tempo piatto" è matematicamente equivalente a
> dire "tensore di Riemann nullo"?
>
Si
>
> 3) Sai che lo spazio-tempo di Lorentz-Minkowski è piatto?
>
Si
> 4) Accetti che da ciò segue che il detto spazio-tempo resta piatto
> anche se si cambiano le coordinate come si vuole; in particolare se si
> usano le coord. di Langevin?
>



Vedi (non crociffiggermi :-) ), già qui sono in alto mare perché non mi è chiaro il legame tra "coordinate" e "metrica": finora credevo (ripeto che sono a digiuno della maggior parte dei concetti di RG quindi anche di geometria differenziale, di varietà differenziabili, ecc) che la "metrica" avesse a che vedere con il "tipo di varietà" e che quindi fosse data, non che si potesse scegliere: metrica euclidea nel piano, metrica non euclidea in superfici differenti (sfera, iperboloide, ecc).

Sono sicuro che (anche) queste cose sono spiegate bene sui tuoi appunti di Relatività Generale, che però, ahimè, non ho ancora avuto tempo di studiare.
>
> Intanto "settaggio" è una parola inesistente nella lingua itailana, e
> barbara che più non si può.
> Infatti è una derivazione alla francese (come tutte le parole italiane
> in -aggio (francese -age) da una radice inglese: il verbo "to set".
> L'on. Rampelli vorrebbe multare chi usa parole inglesi; io multerei
> più volentieri chi usa queste parole pseudoitaliane.
>
Sono del tutto d'accordo.
>
Alcuni esempi dal
> gergo informatico-elettronico: bannare, taggare, switciare, twistare;
>
... scannerizzare,...


Ma anche: acquagym, autogrill, bancomat, baby parking, book (nel senso di raccoglitore di foto), box, dancing, fiction, golf (nel senso di maglione), lifting, luna park, mobbing, peeling, phon, pile, sexy shop, slip (nel senso di mutande), spot (nel senso di pubblicità), telefilm, tight (nel senso di abito), videoclip, ecc.
Tutte parole che non esistono in inglese (o non esistono con quel significato).
>
> ma anche amperaggio, voltaggio, wattaggio...
>
e metraggio, chilometraggio?
>
> E perché non anche
> ohmaggio o hertzaggio?
>
"faradaggio"? :-)
>
> A proposito di questa divagazione sui tempi di reazione, del tutto
> priva di senso, forse ti avrà portato a capire perché da molti anni ho
> bandito il termine "osservatore" dai miei discorsi sulla relatività
> (ristretta o generale che sia).
> Alcuni fisici ne difendono l'uso in quanto sarebbbe un termine
> convenzionale per descrivere con una sola parola l'insieme degli
> strumenti di misura coi quali si studia un fenomeno.
> Io lo combatto perché volere o volare introduce elementi di
> soggettività che in fisica non debbono avere posto.
>
Infatti.
...
> Insomma tu hai ragione, ma a che serve entrare in simili discorsi?
>
Certo, volevo solo capire se si stava parlando di quello che ho detto oppure no.
P. S. Sono riuscito a scaricare
"Elio Fabri - Paradoxes of Gravitational Redshift" (amico ad un dip. di fisica :-) )

--
Wakinian Tanka

JTS

unread,
Apr 17, 2023, 1:50:04 PM4/17/23
to
Elio Fabri schrieb am Montag, 17. April 2023 um 15:25:04 UTC+2:

> Ho cercato di farlo a vari livelli, da quello del liceale capace, agli
> insegnanti (sia di fisica sia anche di materie vicine, ma questo
> davvero con risultati deludenti).



Non so se qui "deludenti" si riferisca ai risultati ottenuti insegnando a tutti gli insegnanti o solo agli insegnanti di materie vicine alla fisica. Detto questo, per esperienza fatta (vedi nota sotto) gli insegnanti sono sottoposti ad una continua pressione a fare cose che lascia poco tempo per riflettere.




Nota: ho insegnato al liceo scientifico per un anno con undici ore. Forse insegnando più a lungo diventerei più rapido nel preparare le lezioni e forse anche le verifiche, ma d'altra parte a correggere le verifiche ci vuole sempre lo stesso tempo e una cattedra è costituita da diciotto ore, il che significa che le verifiche da correggere aumentano del 50% (rispetto ad undici ore) almeno e che bisogna partecipare a più riunioni.

Alberto Rasà

unread,
Apr 18, 2023, 8:00:06 AM4/18/23
to
Il giorno lunedì 17 aprile 2023 alle 19:45:04 UTC+2 Alberto Rasà ha scritto:
...
> orologio rotante

Leggi: "orologio fisso in un punto (in generale diverso dal centro di rotazione) in un riferimento rotante rispetto ad uno inerziale".

--
Wakinian Tanka

Christian Corda

unread,
Apr 18, 2023, 6:00:03 PM4/18/23
to
On Sunday, 16 April 2023 at 19:15:04 UTC+2, Bruno Cocciaro wrote:
> cosa intendi con le parole "tempo proprio"?
Il tempo proprio è quello che un osservatore misura nel riferimento solidale a se stesso.
> Argomento un po' meglio. Il ds che compare nella formula "ds^2=..." che,
> con parole secondo me troppo auliche, si dice che "definisce la
> metrica", quel ds è una roba misurabile (cioè una roba sulla quale tutti
> concorderanno perché sarebbe assurdo sostenere che l'esito di una misura
> dipende dallo stato di chi guarda il display dello strumento di misura),
> oppure le robe misurabili (le robe sulle quali tutti concorderanno, robe
> che si distinguono dalle robe convenzionali perché le robe convenzionali
> ognuno può sceglierle come vuole, diversamente dagli esiti delle misure
> che vengono decisi dalla natura e non da noi) sono quelle dopo il segno
> di uguaglianza, cioè quelle che nella "ds^2=..." stanno al posto dei tre
> puntini (cioè dt e dx dy e dz o eventuali funzioni di dt, dx, dy, e dz)?
> È ovvio che, nel secondo caso, risultando nel riferimento inerziale
> diverse le "misure" di dt, dx, dy e dz, rispetto a quelle che si
> avrebbero nel riferimento rotante, l'"ente" ds^2, che sarebbe una
> semplice funzione delle supposte misure dt, dx, dy e dz, potrebbe
> risultare diverso nei due riferimenti.
> Quindi, la domanda suddetta, argomentata un po meglio, diventa:
> "Le *misure* (quelle sulle quali tutti concordano perché sarebbe assurdo
> sostenere che l'esito di una misura dipende dallo stato dqualchei chi guarda il
> display dello strumento di misura) sono, a tuo avviso, le dt, dx, dy e
> dz nel riferimento inerziale e le dt', dx', dy' e dz' nel riferimento
> rotante"?











Sorvolando sulla tua mancanza di rigorosità, sulla quale mi pare qualcuno ti abbia brontolato (a me interessa di meno, di solito cerco di applicare un consiglio geniale di JA Wheeler, l'idolo di EF, ossia "mai fare un calcolo di cui non conosci in anticipo il risultato, se lo conosci, al rigore ci pensi poi), c'è un modo più semplice per spiegare le cose. Mi è venuto in mente proprio oggi e tra un po' ci scriverò un articolo di ricerca. Possiamo anche evitare di parlare di "tempo proprio" e solo di "tempo nel riferimento fisso" e "tempo nel riferimento rotante". Consideriamo un orologio nel riferimento rotante. Esso si muoverà rispetto al riferimento fisso con una velocità v(t). Allora possiamo applicare quello che a volte è chiamato il terzo postulato della relatività (che, a mio modo di vedere, è legato al principio di equivalenza) che dice che se consideriamo un oggetto che si muove rispetto ad un riferimento inerziale di un moto generale, allora esiste in ogni momento un sistema inerziale locale tale che in esso l'oggetto è fermo. In tal caso, in qualsiasi istante, le coordinate spaziali ed il tempo possono essere trasformati dal primo all'altro sistema attraverso una  trasformazione di Lorentz. Quindi in questo caso avremo: dt_{F}=\gamma dt_{R}, dove F sta per fisso ed R per rotante,  \gamma\equiv\frac{1}{\sqrt{1-\frac{v^{2}}{c^{2}}}}. Questo conferma quanto ho più volte qui detto, ossia che i due riferimenti, quello fisso e quello rotante, sono de-sincronizzati, quindi c'è un effetto aggiuntivo a quello che calcolate voi. Per me la questione è definitivamente chiusa, magari vi aggiornerò più avanti sul nuovo articolo di ricerca che ho in mente.
Buon proseguimento,
Ch.

Elio Fabri

unread,
Apr 18, 2023, 6:05:04 PM4/18/23
to
Alberto Rasà: ha scritto:
> ...
> Tra l'altro non ho nemmeno mai affrontato decentemente l'argomento
> "invarianza dell'intervallo spaziotemporale ds in relatività generale"
> (oltre che la RG in generale); ho visto l'accenno che hai fatto su
> questo nella tua risposta a Bruno.
Vedo che la provocazione ha funzionato :-)
Ti ha spinto a rivelare tuoi punti deboli, invece di tenerli
pudicamente nascosti :-D
Il che, scherzi a parte, mi aiuta, perché mi porta a chiarire alcune
idee e concetti che non hanno niente di stratosferico, ma senza dei
quali la RG resta un mistero...
E molto probabilmente non sei il solo in questa situazione.

> Vedi (non crociffiggermi :-) ), già qui sono in alto mare perché non
> mi è chiaro il legame tra "coordinate" e "metrica": finora credevo
> (ripeto che sono a digiuno della maggior parte dei concetti di RG
> quindi anche di geometria differenziale, di varietà differenziabili,
> ecc) che la "metrica" avesse a che vedere con il "tipo di varietà" e
> che quindi fosse data, non che si potesse scegliere: metrica
> euclidea nel piano, metrica non euclidea in superfici differenti
> (sfera, iperboloide, ecc).
> ...
> Sono sicuro che (anche) queste cose sono spiegate bene sui tuoi
> appunti di Relatività Generale, che però, ahimé, non ho ancora
> avuto tempo di studiare.
Ahimé, a ripensarci temo di no. Anche perché è molto più matematica
che fisica.
Ho scritto più volte che io da queste discussioni imparo, e sono
sicuro che a distanza di quasi 20 anni se riscrivessi ora il Q16 farei
parecchi cambiamenti e aggiunte.
Purtroppo non ho più l'età...

Ora proverò a scrivere qualcosa, senza garantire completezza,
rigore...
Insomma, staremo a vedere :-)

Mi viene naturale dare un approccio storico, che abbraccia oltre due
secoli, cominciando da Eulero.
A me sembra molto istruttivo vedere come certi concetti che oggi
vengono dati per scontati, o comunque da mettere come ineludibile
premessa a qualunque esposizione di un argomento matematico, siano
stati in realtà conquistati faticosamente, e in certi casi abbiano
raggiunto la forma oggi considerata ottimale solo in tempi
relativamente recenti.
Non c'è solo il nostro argomento (geometria differenziale delle
varietà); lo stesso si può dire per i numeri reali e complessi, per
tutto il campo che prende il nome di "topologia generale" ... e potrei
continuare.

Ai tempi di Eulero (fine '700) l'argomento aveva la forma più
ristretta e soprattutto più concreta di "geometria delle superfici".
Ha molto a che vedere co quello che hai scritto:
> finora credevo [...] che la "metrica" avesse a che vedere con il
> "tipo di varietà" e che quindi fosse data, non che si potesse
> scegliere: metrica euclidea nel piano, metrica non euclidea in
> superfici differenti (sfera, iperboloide, ecc).
Così era infatti all'inizio. Per arrivare al punto di vista attuale ci
sono voluti più di due secoli!

Abbreviando e schematizzando, Eulero si mette a studiare i vari tipi
di curvatura che può avere una superficie. Più oltre non andava:
superfici immerse nello spazio euclideo tridimensionale.
Alcune cose erano già note, ma sorvoliamo.
La costruzione di Eulero è questa.
Prendi una superficie S (regolare) qualunque, per es. un ellissoide.
Scegli a piacere un punto A.
Traccia (mentalmente) la retta n normale in A alla superficie.
Pensa al fascio di piani avente n come asse; ciascuno di questi piani
interseca S secondo una curva (nel caso dell'ellissoide la curva sarà
sempre un'ellisse, ma non interessa).
Allora era già noto il concetto di curvatura di una linea nel piano:
raggio di curvatura in un punto, cerchio osculatore...
La prima idea geniale di Eulero è di affrontare il problema in senso
differenziale: studiando tutte quelle curve in un piccolo intorno, che
basta per poter definire la curvatura in A (curvatura = inverso del
raggio di curvatura).
L'idea è geniale perché può essere applicata a *qualsiasi* superficie,
nei punti in cui essa possiede una normale e le sezioni hanno una
curvatura definita (senza entrare in dettagli, occorre che S sia
differenziabile due volte).
Eulero dimostra una formula: se theta è l'angolo formato dal generico
piano del fascio con un piano preso come origine, la curvatura della
sezione ha sempre la forma

K = A cos^2(theta) * 2B sin(theta) cos(theta) + C sin^2(theta)

con A,B,C, costanti caratteristiche di quel punto, e che in generale
saranno diverse punto per punto su S.
Quella formuletta permette di dire diverse cose, su cui debo
sorvolare. Tranne un accenno che segue.

- Se AC-B^2 > 0, K non si annulla mai e ha segno costante
(la curvatura K ha un segno se la normale è una retta orientata: K>0
significa che la curva sezione è concava nel verso positivo).
In questo caso A viene chiamato "punto ellittico".

- Se AC-B^2 < 0, ci sono due valori di theta per cui K=0.
Il punto si chiama "iperbolico".

- AC-B^2 = 0 significa che K=0 per un solo theta: punto parabolico.

A titolo d'esempio, un ellissoide ha solo punti ellittici; un
ipeboloide, dipende. Ci sono due iperboloidi: quelli a una falda hanno
tutti punti iperbolici, quelli a due falde tutti punti ellittici.
In tutti i casi esistono due piani le cui sezioni hanno curvatura
massima e minima, dette le "curvature principali".

Passa qualche anno e arriva Gauss, che scrive le "Disquisitiones
generales circa superficies curvas" (1827).
Sue innovazioni, a volo d'uccello.
Rappresentazione di una superficie mediante equazioni parametriche,
con coordinate curvilinee generali.
La metrica: forma differenziale quadratica scritta in funzione delle
coordinate curvilinee (il famigerato ds^2).
Per Gauss una superficie è ancora una sottovarietà dello spazio 3D
euclideo (ma i termini "varietà" e "sottovarietà" arriveranno dopo).
Il calcolo di questa forma quadratica è semplice.
Si scrivono le eq. parametriche della superficie:
x = x(u,v)
y = y(u,v)
z = z(u,v).
Si scrive la metrica euclidea in 3D:
ds^2 = dx^2 + dy^2 + dz^2. (1)
Si scrivono i differenziali delle coord. cartesiane:
dx = @x/@u du + @x/@v dv
ecc.
Si sostituiscono nella (1) (non scrivo l'espressione).
Si raccolgono i coefficienti di du^2, du dv, dv^2:
ds^2 = E du^2 + 2 F du dv + G dv^2.

Questa si chiama la "prima forma fondamentale" di una superficie.
E, F, G sono funzioni di (u,v) e con terminologia più moderna
costituiscono il "tensore metrico" della superficie.
(mi pare però che il simbolo ds^2 sia di Riemann)
Se si cambiano le coordinate, passando a (u',v'), ds^2 resta lo stesso
(è il quadrato della distanza tra due dati punti "infinitamente vicini"
sulla superficie) ma le nuove E', F', G' sono diverse, anche in valore
nello stesso punto: si trasformano come le componenti di un *tensore*.
Gauss inventa anche il concetto di "geodetica"; non dico di più.
Introduce anche una procedura per calcolare i coeff. A,B,C della
curvatura a partire dalle eq. parametriche della superficie.
L'idea è questa.

Data la superficie e il punto A, prendiamo A come origine di un
sistema di cord. cartesiane, tale che il piano (x,y) sia tangente a S
in A. Allora S avrà un'eq. cartesiana della forma z = f(x,y) e per
costruzione f si annulla in A insieme con le derivate prime. Quindi
f(x,y) = L x^2 + 2 M xy + N y^2 + ... (2)
dove i ... sono almeno di terzo ordine in x,y. Le L, M, N sono le
derivate seconde di f e la (2) si chiama "seconda forma fondamentale.

Non è difficile esprimere gli A, B, C di Eulero dagli L, M , N, ma
Gauss fa di più: fa un passo nella direzione che ci serve, osservando
che se pensiamo S fatta di un materiale flessibile ma inestensibile, la
sup. S si può trasformare in un'altra S' (in infinite altre) tale che
le distanze *misurate sulla superficie* e gli *angoli fra le curve* non
cambiano passando da S a S' (isometria)
Un caso particolare sono le superfici "sviluppabili" che possono
essere "distese" su un piano.
Quanto detto sta a significare che la prima forma fondamentale è
invariante per isometrie, mentre la seconda non lo è.

Anzi Gauss dimostra il "theorema egregium": il prodotto della
curvature principali, oggi noto come "curvatura gaussiana", si può
esprimere da E,F,G. E poiché questi sono invarianti per isometrie, lo
stesso è vero per la curvatura gaussiana.
Nasce così la distinzione tra curvatura "intrinseca" ed "estrinseca":
la prima è una proprietà della superficie, indip. da come essa è
immersa nello spazio; la seconda invece ne dipende.

Un grande passo avanti lo fa Riemann: in primo luogo esce dallo spazio
3D e concepisce l'idea di una varietà di dimensione qualsiasi, sempre
dotata di una metrica e quindi presumibilmente di curvatura intrinseca.
Fa di più: generalizza il concetto di curvatura, introducendo quella
cosa complicata che conosciamo come "tensore di Riemann", calcolabile
a partire dalla metrica. Se n è la dimensione di una varietà, il n. di
componenti indip. del t. di Riemann è N = n^2*(n^2-1)/12.
Per n=2 risulta N=1, cioè il t. di Riemann per una superficie si
riduce a uno scalare, che è appunto la curvatura gaussiana.
(Per n=4, N=20.)

Credo sia stato lo stesso Riemann a dimostrare che una varietà
(riemanniana) si può sempre immergere in uno spazio euclideo di dim.
suffic. grande. Ma non sono sicuro.
Potrebbe essere vero l'inverso: che Riemann abbia concepito le sue
varietà (di nuovo: non so se il termine sia suo) come sottovarietà di
un generico spazio euclideo, e che poi qualcun altro abbia dimostrato
che definita astrattamente la varietà con la metrica (in realtà ci
vuole anche altro, am non posso approfondire) è sempre possibile
trovare uno spazio euclideo in cui essa è immersa.

Poi sono successe altre cose, per es. il lavoro di Christoffel, di
Ricci-Curbastro, di Levi Civita, di Bianchi, di Cartan...
Ma intanto non sono tanto ferrato su tutta la storia, e poi il passo
che ci serviva l'ho descritto: dalle superfici di Eulero.Gauss
all'astrazione a varietà definite intrinsecamente (Riemann e altri).
--
Elio Fabri

Elio Fabri

unread,
Apr 19, 2023, 10:20:03 AM4/19/23
to
JTS ha scritto:
> Non so se qui "deludenti" si riferisca ai risultati ottenuti
> insegnando a tutti gli insegnanti o solo agli insegnanti di materie
> vicine alla fisica.
Mi riferivo a insegnanti di scienze (prevalente biologi o chimici di
formazione).
In entrambi i casi non mi sono trovato bene, per ragioni diverse.

I chimici li ho trovati rigidi, dogmatici (naturalmente parlo di
qualche caso; non potrei fornire dati statisticamente significativi).
Anche con una certa prevenzione per il solo fatto che ero un fisico.
Credo tu sia troppo giovane per sapere del tempo in cui andava il
"progetto Brocca", ossia un insegnamento abbinato di chimica e
fisica, tenuto da un unico docente.
Il progetto chiuse nel 2010, credo con la riforma Gelmini.

I biologi li trovavo più aperti e ho potuto sviluppare delle
collaborazioni in più occasioni.
Il problema era la totale assenza di preparazione fisica e matematica
e una certa presunzione di essere il "lato umanistico" dell'istruzione
scientifica. Cosa che pesava parecchio per es. per quelle briciole di
astronomia/astrofisica che un tempo erano presenti nei programmi al
quinto anno della loro materia.
Non erano in grado di fare più di pure chiacchiere, e faticavano a
capire che la fisica è un'altra cosa...

> Detto questo, per esperienza fatta (vedi nota sotto) gli insegnanti
> sono sottoposti ad una continua pressione a fare cose che lascia
> poco tempo per riflettere.
Questo lo so benissimo. E so anche qualcosa che forse tu non sai: la
situazione è molto peggiorata da quando Letizia Moratti in qualità di
ministro decise che non si doveva transigere e che ogni insegnante
doveva passare *in classe* le 18 ore di contratto.
L'unica giustificazione "ufficiale" era quella di ridurre il costo
dell'istruzione a carico dello Stato combattendo gli "sprechi".
Da allora le 18 ore si raggiungono con una quantità di "spezzatini",
tra l'altro con scarsissimo rispetto della continuità didattica.
Ma (secondo me) la motivazione politica era un'altra: il partito cui
la Moratti apparteneva sentiva la classe docente come un nemico;
quindi, come tutta la destra, aveva e ha l'obbiettivo di ridurne
l'influenza sugli allievi, impedendogli di lavorare seriamente e
trasformandoli in ubbidienti "macchine per insegnare".
(Mi scuso per l'OT politico, ma ogni tanto lo trovo necessario.)

> Nota: ho insegnato al liceo scientifico per un anno con undici ore.
Sarà stata una supplenza. Non credo di aver mai sentito, nella scuola
ante-Moratti, di un orario di cattedra così ristretto. Credo che 14-15
non fosse raro, ma 11...
--
Elio Fabri

Paolo Russo

unread,
Apr 19, 2023, 4:05:04 PM4/19/23
to
Il Fri, 14 Apr 2023 09:41:29 -0700 (PDT), Christian Corda ha scritto:

> ma la trasformazione di Langevin:

OK , scusa, allora avevo capito male. La fonte della
discrepanza rimane non chiarita.

>> Per poter sostenere che il calcolo basato
>> sulla RR sia sbagliato, dovresti dire qualcosa di piu':
>> spiegare per quale limite teorico della RR questa non sia applicabile a
>> due corpi in moto circolare in un riferimento inerziale. Non ho ancora
>> visto questa spiegazione e a questo punto dubito che la vedro` mai.
>
> Io la spiegazione l'ho data ma tu evidentemente non l'hai capita. La
> trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale trasformando uno
> spaziotempo piatto in uno curvo. Questo impedisce di usare la RR, che
> vale solo nello spaziotempo piatto di Lorentz. Quiondi va usata la RG.

E perche' diamine usi la trasformazione di Langevin? Nel
riferimento fisso, hai due corpi A e B in moto arbitrario in
uno spazio tempo piatto; come tu stesso hai appena
confermato, in questa situazione si puo` usare la RR,
Allora perche' non usarla? Per quale motivo teorico dovrebbe
essere inadeguata?
A questo rispondi che siccome a te facendo i calcoli in un
riferimento rotante viene un risultato diverso,
*evidentemente* la RR non va bene, ma continui a non chiarire
perche' la RR nel riferimento fisso non dovrebbe andare bene.
Tutto quel che riesci a rispondere e` che la RR nel
riferimento rotante non e` usabile, ma nessuno si era mai
sognato di usarla li'. Non e` necessario.
Non sembri renderti conto che questo indispensabile
chiarimento continua a mancare. Finche' manca, e` del tutto
lecito ipotizzare che sia il calcolo piu' complesso a essere
sbagliato, e che gli esiti sperimentali che citi (se
confermati e ben interpretati) falsificherebbero la
relativita` tout court.

>> Non so come si possa stabilire questa consistenza tra l'esperimento e i
>> tuoi calcoli, dato che: primo,
>> 0.596 +/- 0.006 e` incompatibile sia con 1/2 che con 2/3;
>
> Sei rimasto alla correzione dei dati dell'esperimento di Kudnig, dopo
> questo sono stati fatti altri due esperimenti in cui il coefficiente di
> dilatazione temporale è uguale a 2/3.

E gli esperimenti precedenti li buttiamo via perche' non
fanno comodo? Io sarei piu' cauto. Aspetterei che la
questione si chiarisse un po' meglio.

>> secondo, hai detto e ripetuto che il risultato del tuo calcolo dipende
>> dal riferimento in cui viene fatto, cosa che oltre a essermi del tutto
>> incomprensibile sembrerebbe creare qualche problema con la verifica
>> sperimentale.
>
> Te lo ripeto una seconda volta: La trasformazione di Langevin rompe la
> covarianza generale. Il significato di questa frase è che i risultati
> dipendono dal riferimento che usi.

E` evidente che non ci capiamo. Faccio un ultimissimo
tentativo, vedi tu se hai voglia di continuare. Io, come
vedi, trovo il tempo di scrivere qualcosa solo ogni tanto.

Il campo EM e` un tensore di rango 2. In generale, la
componente Bz del campo magnetico in un punto dipende dal
riferimento. Se lo misuro, il valore dipende dal riferimento
in cui lo misuro. Tuttavia, il valore cosi' misurato e`
uno scalare, invariante: il numero indicato sul display del
*mio* magnetometro nel *mio* riferimento e` lo stesso in
tutti i sistemi di riferimento. Naturalmente chi fa i
calcoli in un altro riferimento usera` un valore di Bz
diverso, ma giustifichera` comunque in qualche modo il
fatto che il *mio* strumento indichi proprio il valore che
vedo io (tirando in ballo induzione e quant'altro).
La stessa cosa succede per qualunque grandezza fisica: anche
se non e` uno scalare, la sua misura in un riferimento
specificato lo e` (forse c'e` stato un equivoco tra Elio e
Bruno a questo riguardo). Potremmo dire che un processo di
misura e` caratterizzato da una funzione covariante che a
partire da un tensore e un riferimento genera sempre e
comunque scalari.
Mi auguro che concorderai con quanto sopra.

Il punto su cui non ci capiamo e` che la lunghezza d'onda
del segnale in A, misurata in A, e` un invariante, per il
motivo appena detto. In un altro sistema di riferimento
quella lunghezza d'onda puo` ben essere diversa, ma non il
valore della sua misura in A. Stessa cosa in B.
L'enunciato del problema richiede di calcolare il rapporto
tra i due valori della lunghezza d'onda in A e in B,
misurati rispettivamente in A e in B; un rapporto tra due
invarianti.

Capisci ora perche' ti stiamo tutti dicendo che non e`
semplicemente possibile che questo rapporto dipenda dal
riferimento in cui fai il calcolo? Se davvero succede,
significa che la formula e` sbagliata, come lo sarebbe se
fosse dimensionalmente non bilanciata.

Ciao
Paolo Russo

Alberto Rasà

unread,
Apr 19, 2023, 5:30:04 PM4/19/23
to
Il giorno mercoledì 19 aprile 2023 alle 00:05:04 UTC+2 Elio Fabri ha scritto
...
> Ora proverò a scrivere qualcosa, senza garantire completezza,
> rigore...
> Insomma, staremo a vedere :-)
>
Elio, ti ringrazio. Mi hai già chiarito due o cose che non sapevo e altre che sapevo male :-)
Averne, di lezioni come queste...
Ciao.

--
Wakinian Tanka

Paolo Russo

unread,
Apr 20, 2023, 4:10:05 PM4/20/23
to
Il Wed, 19 Apr 2023 18:58:38 -0000 (UTC), Paolo Russo ha scritto:

> OK , scusa, allora avevo capito male. La fonte della discrepanza rimane
> non chiarita.

Mi e` appena venuto un forte sospetto sulla causa della
discrepanza. Devo fare qualche verifica, mi ci vorra` un po'.

Ciao
Paolo Russo

Pier Franco Nali

unread,
Apr 21, 2023, 6:35:04 AM4/21/23
to
Penso di aver capito anch’io il motivo della discrepanza. Sto cercando di mettere un po’ d’ordine nelle idee perché è non è facile spiegarlo con chiarezza.

Ciao, PF

Paolo Russo

unread,
Apr 24, 2023, 4:25:05 PM4/24/23
to
Il Fri, 21 Apr 2023 03:03:49 -0700 (PDT), Pier Franco Nali ha scritto:

> Il giorno giovedì 20 aprile 2023 alle 22:10:05 UTC+2 Paolo Russo ha
> scritto:
>> Mi e` appena venuto un forte sospetto sulla causa della discrepanza.
>> Devo fare qualche verifica, mi ci vorra` un po'.
>>
>> Ciao Paolo Russo
>
>
> Penso di aver capito anch’io il motivo della discrepanza. Sto cercando
> di mettere un po’ d’ordine nelle idee perché è non è facile spiegarlo
> con chiarezza.

Purtroppo non riesco a fare il calcolo. Ho tentato varie
strade. O mi viene un sistema di equazioni differenziali che
poi rimango a contemplare in silenzio, o cerco di
approssimare un po' (troppo) e mi viene un risultato
certamente sbagliato. Mamma mia quanto tempo e` passato da
quando ero bravo in matematica...
Va bene, non importa. Salto la verifica e mi spiego a
parole.

L'idea e` che la discrepanza sia dovuta all'effetto fionda
provocato dalla guida d'onda (o quel che e`) in cui passa il
segnale.
Per chiarezza faccio un paragone classico. Una sfera parte
dal centro di un disco rotante e si muove verso la periferia
muovendosi in linea retta ad attrito nullo. Ovviamente, nel
riferimento fisso l'energia cinetica della sfera non cambia
tra la partenza e l'arrivo; cambia nel riferimento rotante.
Facciamo una modifica: facciamo passare la sfera lungo un
tubo solidale con il disco e disposto radialmente.
L'attrito tra tubo e sfera e` sempre nullo. In questo caso,
nel riferimento fisso la sfera acquista energia cinetica (il
doppio di quanta ne acquisti nel riferimento rotante, se non
ho sbagliato almeno questo calcolo). In parole povere, il
tubo rotante la lancia fuori dal disco. Quindi la questione
non e` solo di sistemi di riferimento inerziali e non: conta
anche se c'e` qualcosa di solidale al disco che interferisce
con il corpo in moto cedendogli energia.
Mi aspetto che qualcosa di molto simile accada con la luce.

Il calcolo di RR che tutti abbiamo fatto partiva dal
presupposto che la luce si muovesse liberamente da A a B
senza niente in mezzo. Puo` essere che il calcolo di Corda
(che non ho studiato) assuma implicitamente un effetto di
trascinamento equivalente alla presenza di una guida d'onda.
In quanto agli esperimento effettuati, l'effetto fionda
potrebbe non solo esserci ma dipendere da fattori geometrici
come la larghezza del tubo in cui si muove la luce.
L'effetto fionda potrebbe andare da un minimo di zero se la
luce riesce ad andare da A a B senza venire mai o quasi mai
riflessa dalle pareti del tubo ad un massimo (che non sono
riuscito a calcolare) in caso di riflessioni numerose o
continue.

Boh, almeno questa sarebbe l'idea. Che ve ne sembra?

Ciao
Paolo Russo

Giorgio Bibbiani

unread,
Apr 25, 2023, 2:20:05 AM4/25/23
to
Il 24/04/2023 20:45, Paolo Russo ha scritto:
...
> Il calcolo di RR che tutti abbiamo fatto partiva dal
> presupposto che la luce si muovesse liberamente da A a B
> senza niente in mezzo.
...

Il che appare plausibile , v. ad es. il setup del classico esperimento di Kundig:

https://www.researchgate.net/profile/Jaykov_Foukzon/post/The_red-shift_or_blue_shift/attachment/5eba8af64f9a520001e60dfd/AS%3A890333994971141%401589283574386/download/Kundig_W_1.pdf

cito:

"The source and absorber were
mounted in a hole of 1-cm diam which was drilled
diametrically through the rotor"
...
"The rotor was spinning in an evacuated chamber
to minimize frictional heating".

Ciao

--
Giorgio Bibbiani

Pier Franco Nali

unread,
Apr 25, 2023, 2:20:05 AM4/25/23
to
Il giorno lunedì 24 aprile 2023 alle 22:25:05 UTC+2 Paolo Russo ha scritto:
> Il Fri, 21 Apr 2023 03:03:49 -0700 (PDT), Pier Franco Nali ha scritto:
>
> > Il giorno giovedì 20 aprile 2023 alle 22:10:05 UTC+2 Paolo Russo ha
> > scritto:
> >> Mi e` appena venuto un forte sospetto sulla causa della discrepanza.
> >> Devo fare qualche verifica, mi ci vorra` un po'.
> >>
> >> Ciao Paolo Russo
> >
> >
> > Penso di aver capito anch’io il motivo della discrepanza. Sto cercando
> > di mettere un po’ d’ordine nelle idee perché è non è facile spiegarlo
> > con chiarezza.
> Purtroppo non riesco a fare il calcolo. Ho tentato varie
> strade. ..................................
>
> L'idea e` che la discrepanza sia dovuta all'effetto fionda
> provocato dalla guida d'onda (o quel che e`) in cui passa il
> segnale.
> ...............................................
> Boh, almeno questa sarebbe l'idea. Che ve ne sembra?
>
> Ciao
> Paolo Russo














Nell'esperimento del rotore di Mossbauer la propagazione della luce non avviene in un condotto ma in una camera a vuoto e se non ho capito male c'è un collimatore ma niente di simile a una guida d'onda. Perciò la propagazione della luce nel riferimento del laboratorio è rettilinea, mentre appare curva ad un osservatore rotante. Viene fatto, a dire il vero, un calcolo nel riferimento rotante in cui viene considerata la propagazione in direzione radiale per quel riferimento, e questo equivarrebbe effettivamente a far viaggiare la luce entro una guida d'onda perché la traiettoria rettilinea per l'osservatore rotante appare curva all'osservatore inerziale del laboratorio. Si è eccepito che questa è una condizione non corrispondente al setup dell'esperimento, e che quindi anche se l'effetto previsto da Corda esistesse non sarebbe rilevabile dall'esperimento attuale. Però uno potrebbe effettivamente immaginare una versione dell'esperimento con guida d'onda e li l'effetto di Corda si manifesterebbe. Ovviamente si potrebbe obiettare che in questo caso l'effetto non sarebbe imputabile alla desincronizzazione tra i riferimenti ma sarebbe in qualche modo legato propagazione forzata entro la guida d'onda. Però Corda ha fatto anche il calcolo considerando la propagazione radiale nel riferimento inerziale e ottiene che l'effetto compare anche in quel caso. Io inizialmente ho pensato che la discrepanza fosse legata al fatto che nel calcolo nel sistema rotante Corda alla fine fa un'integrale sul percorso della luce, che in quel riferimento è curvo, considerando la traiettoria come se fosse rettilinea (in direzione radiale). In realtà però non è così perché la desincronizzazione si manifesta solo lungo la coordinata radiale e anche facendo l'integrale curvilineo non cambia nulla. Comunque io credo che un inghippo ci sia e sono quasi certo di averlo individuato ma attendo di completare prima alcune verifiche.

PS: delle verifiche fatte sinora ho anche informato Corda in privato.

Saluti,
PF

Elio Fabri

unread,
Apr 25, 2023, 4:00:05 AM4/25/23
to
Giorgio Bibbiani ha scritto:
> Il che appare plausibile , v. ad es. il setup del classico
> esperimento di Kundig:
> ...
Ecco, appunto...
A leggere gli ultimi post mi sono un pochetto ... beh insomma, mi
capite.
E mi trovo a ripetere il mio solito slogan: "la fisica senza numeri è
solo chiacchiere".
Nello specifico, leggo di guide d'onda, di percorso curvo della
"luce" :-(
Ma avete presente che stiamo parlando di fotoni di 14.4 keV?
Fate lo sforzo di calcolare la l. d'onda, prima di pensare di
guidarli!
Poi guardate i dati degli esperimenti recenti e calcolate
all'ingrosso di quanto devia da una retta il percorso di quei fotoni.
Infine: ma credete davvero che abbia senso parlare di "traiettoria"
per i fotoni emessi da una transizione nucleare?

Sono tutte cose a cui ho pensato fin dall'inizio, e se non ne ho
parlato è stato perché c'era già fin troppa carne al fuoco e non mi
sembrava che ci fossero comunque problemi.
--
Elio Fabri

Christian Corda

unread,
Apr 26, 2023, 3:15:04 AM4/26/23
to

Notare che il citato Foukzon era uno di coloro che criticava inizialmente aspramente il mio approccio. Salvo poi analizzare e capire meglio la situazione e darmi ragione, vedere
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0003491619303021


Per questo motivo Foukzon, che inizialmente era tenuto in grande considerazione dagli YARK, è stato ritenuto dagli stessi YARK un corrotto complice della cospirazione giudaico- massonica, capeggiata dal sottoscritto, che male interpreta il rotore di Mossbauer per salvare la relatività generale...
Ciao,
Ch.

Christian Corda

unread,
Apr 26, 2023, 3:15:04 AM4/26/23
to
On Tuesday, 25 April 2023 at 08:20:05 UTC+2, Pier Franco Nali wrote:

> Nell'esperimento del rotore di Mossbauer la propagazione della luce non avviene in un condotto ma in una camera a vuoto e se non ho capito male c'è un collimatore ma niente di simile a una guida d'onda.
> Perciò la propagazione della luce nel riferimento del

> laboratorio è rettilinea, mentre appare curva ad un osservatore rotante. Viene fatto, a dire il vero, un calcolo nel riferimento rotante in cui viene considerata la propagazione in direzione radiale per quel
> riferimento, e questo equivarrebbe effettivamente a far

>viaggiare la luce entro una guida d'onda perché la traiettoria rettilinea per l'osservatore rotante appare curva all'osservatore inerziale del laboratorio. Si è eccepito che questa è una condizione non

> corrispondente al setup dell'esperimento, e che quindi anche se l'effetto previsto da Corda esistesse non sarebbe rilevabile dall'esperimento attuale.





No, attenzione. Io non ho mai supposto che la propagazione avvenisse in un condotto con una guida d'onda. Nel mio primo lavoro in proposito feci due errori, che, compensandosi l'un con l'altro, mi portarono casualmente al risultato corretto. Ma avevo capito da subito quale era l'ingrediente mancante. L'eccepire iniziale degli YARK era dovuto al fatto che, secondo loro, l'effetto era troppo debole per essere rivelato dal rotore. In realtà erano loro a non capire, assieme a molte altre cose, che il calcolo andava fatto lungo tutta la componente radiale della traiettoria della luce, che corrisponde con la traiettoria stessa nel riferimento fisso, e che pertanto il secondo effetto di sincronizzazione degli orologi aveva lo stesso ordine di grandezza del primo e doveva pertanto essere rivelato dall'apparato.
> Però uno potrebbe effettivamente immaginare una versione dell'esperimento con guida d'onda e li l'effetto di Corda si manifesterebbe.
Non ho mai studiato l'effetto in una guida d'onda. L'effetto si manifesta nella camera a vuoto.
>Ovviamente si potrebbe obiettare che in questo caso l'effetto non sarebbe imputabile alla desincronizzazione tra i riferimenti

>ma sarebbe in qualche modo legato propagazione forzata entro la guida d'onda. Però Corda ha fatto anche il calcolo considerando la propagazione radiale nel riferimento inerziale e ottiene che l'effetto
> compare anche in quel caso. Io inizialmente ho pensato che

>la discrepanza fosse legata al fatto che nel calcolo nel sistema rotante Corda alla fine fa un'integrale sul percorso della luce, che in quel riferimento è curvo, considerando la traiettoria come se fosse
> rettilinea (in direzione radiale). In realtà però non è così perché

>la desincronizzazione si manifesta solo lungo la coordinata radiale e anche facendo l'integrale curvilineo non cambia nulla. Comunque io credo che un inghippo ci sia e sono quasi certo di averlo individuato >ma attendo di completare prima alcune verifiche.














Non riesco a capire perché vuoi cercare a tutti i costi un inghippo che non c'è. Qui abbiamo ben 5 differenti modi di analizzare la situazione (il mio iniziale, quello di G. Iovane, E. Benedetto, Ann. Phys. 403, 106 (2019), quello di E. Benedetto, A. Briscione and G. Iovane, EPL 132, 49001 (2020), quello di J. Foukzon, E. R. Men'kova, Ann. Phys. 413, 168047 (2020), ed infine l'ultimo mio che ti ho mandato in privato che che sfrutta il terzo postulato della relatività) che confermano la mia idea iniziale sulla desincronizzazione tra i sistemi di riferimento e che sono in perfetto accordo con i risultati sperimentali di T. Yarman, A. L. Kholmetskii, M. Arik, B. Akkus, Y. Oktem, L. A. Susam, O. V. Missevitch, Can. J. Phys. 94, 780 (2016) e di A. L. Kholmetskii, T. Yarman, O.V. Missevitch and B. I. Rogozev, Phys. Scr. 79, 065007 (2009). Alla fine, se tu trovassi davvero un inghippo, di fatto daresti ragione agli YARK che sostengono che il rotore di Mossbauer non può essere spiegato né in RR né in RG ma che per spiegarlo serve, appunto, la loro teoria YARK, con la conseguenza non banale che, a sentire loro, la RG è sbagliata e va sostituita con la loro teoria che è corretta (sic...). Il vero effetto fisico è quello per cui per l'osservatore rotante la distanza propria si contrae nella direzione radiale generando un ulteriore effetto di shift. Questo effetto è tra l'altro descritto nel libro di Landau, io ho semplicemente trovato il modo di applicarlo al rotore di Mossbauer. Infine va enfatizzato quanto scritto nei miei lavori in proposito, ma suggerito da un Referee che sospetto essere Neil Ashby, vedi https://en.wikipedia.org/wiki/Neil_Ashby, il quale ha fatto notare che un effetto di sincronizzazione dello stesso tipo è necessario al corretto funzionamento dei GPS, vedere in proposito il celebre lavoro dello stesso Ashby, Living Reviews in Relativity, 6, 1, (2003). In altre parole, se tu trovassi l'inghippo di cui parli, i GPS non dovrebbero funzionare secondo i dettami della RG! Dobbiamo forse introdurre la teoria YARK anche per questi ultimi?
Ciao,
Ch.

Paolo Russo

unread,
Apr 26, 2023, 6:50:04 AM4/26/23
to
Il Tue, 25 Apr 2023 08:43:47 +0200, Elio Fabri ha scritto:

> Ma avete presente che stiamo parlando di fotoni di 14.4 keV?

A dire il vero no, me n'ero completamente dimenticato.
Che posso dire, cose che capitano con i thread che durano ere
geologiche e con il poco tempo che riesco a dedicarci. Staro`
piu' attento per il futuro.

Ciao
Paolo Russo

Pier Franco Nali

unread,
Apr 27, 2023, 5:45:03 AM4/27/23
to
Il giorno mercoledì 26 aprile 2023 alle 09:15:04 UTC+2 Christian Corda ha scritto:
….
> No, attenzione. Io non ho mai supposto che la propagazione avvenisse in un condotto con una guida d’onda.………

Si infatti non mi riferivo a te ma alle eccezioni sollevate dagli YARK tirando in ballo la guida d’onda ecc…

> > Però uno potrebbe effettivamente immaginare una versione dell'esperimento con guida d'onda e li l'effetto di Corda si manifesterebbe.
> Non ho mai studiato l'effetto in una guida d'onda. L'effetto si manifesta nella camera a vuoto.

Infatti, come sopra, era riferito a YARK group…


> Non riesco a capire perché vuoi cercare a tutti i costi un inghippo che non c'è……


Non è caccia all’errore a tutti i costi, è cercare di capire l’origine di una discrepanza così sorprendente da far pensare a un errore da qualche parte.

>Alla fine, se tu trovassi davvero un inghippo, di fatto daresti ragione agli YARK……..




Non vedo relazione con questa teoria YARK che non so nemmeno cosa sia. E penso che non basti un singolo esperimento ad invalidare la RG, tanto più se a realizzarlo sono i proponenti di una teoria alternativa. Minimo occorrerebbe un esperimento indipendente, da prendere comunque con le pinze viste le tante conferme che la RG ha avuto finora. E naturalmente c’è sempre la possibilità che a essere sbagliato sia l’esperimento YARK.



>…….. In altre parole, se tu trovassi l'inghippo di cui parli, i GPS non dovrebbero funzionare secondo i dettami della RG! Dobbiamo forse introdurre la teoria YARK anche per questi ultimi?

Anche qui, non vedo relazione tra le due cose.

> Ciao,
> Ch.

Ciao, PF

Christian Corda

unread,
Apr 27, 2023, 8:55:04 AM4/27/23
to
On Thursday, 27 April 2023 at 11:45:03 UTC+2, Pier Franco Nali wrote:

> Non è caccia all’errore a tutti i costi, è cercare di capire l’origine di una discrepanza così sorprendente da far pensare a un errore da qualche parte.


L'errore è stato non considerare la desincronizzazione tra riferimento fisso e rotante per oltre 50 anni. Considerandola, l'analisi teorica è perfettamente consistente coi risultati sperimentali. Poi, se il fatto che a risolvere per primo il puzzle sia stato il sottoscritto da fastidio a qualcuno (gli YARK e EF), il sottoscritto dorme lo stesso, anzi, dorme ancora meglio...




> Non vedo relazione con questa teoria YARK che non so nemmeno cosa sia. E penso che non basti un singolo esperimento ad invalidare la RG, tanto più se a realizzarlo sono i proponenti di una teoria alternativa. >Minimo occorrerebbe un esperimento indipendente, da prendere comunque con le pinze viste le tante conferme che la RG ha avuto finora. E naturalmente c’è sempre la possibilità che a essere sbagliato sia >l’esperimento YARK.





Il fatto è che gli YARK sostengono che ne la RR ne la RG possono risolvere il problema, mentre la loro teoria da proprio k=2/3 come l'esperimento. Io invece ho mostrato che un'analisi corretta in senso RG che tiene conto della desincronizzazione tra i riferimenti da proprio k=2/3 e rende erroneo il risultato della teoria YARK che non tiene conto della desincronizzazione. E' quasi 10 anni che gli YARK sostengono che il mio risultato sulla sincronizzazione tra i riferimenti è errato. Tutto iniziò ben prima del mio intervento, vedi qui: http://marxistsinspace.blogspot.com/2009/05/intoduction-to-tolga-yarman.html


> >…….. In altre parole, se tu trovassi l'inghippo di cui parli, i GPS non dovrebbero funzionare secondo i dettami della RG! Dobbiamo forse introdurre la teoria YARK anche per questi ultimi?
>
> Anche qui, non vedo relazione tra le due cose.


La relazione è notevole, e dovuta al fatto che Ashby per far funzionare i GPS tiene conto della desincronizzazione tra i riferimenti in modo analogo a come io ne tengo conto col Rotore di Mossbauer. Quindi, se coloro che sostengono che io sbaglio avessero ragione, i GPS non funzionerebbero.
>
> Ciao, PF

Ciao,
Ch.

Pier Franco Nali

unread,
Apr 27, 2023, 10:50:04 AM4/27/23
to
Il giorno giovedì 27 aprile 2023 alle 14:55:04 UTC+2 Christian Corda ha scritto:
> On Thursday, 27 April 2023 at 11:45:03 UTC+2, Pier Franco Nali wrote:
> ………..





> Il fatto è che gli YARK sostengono che ne la RR ne la RG possono risolvere il problema, mentre la loro teoria da proprio k=2/3 come l'esperimento. Io invece ho mostrato che un'analisi corretta in senso RG che tiene conto della desincronizzazione tra i riferimenti da proprio k=2/3 e rende erroneo il risultato della teoria YARK che non tiene conto della desincronizzazione. E' quasi 10 anni che gli YARK sostengono che il mio risultato sulla sincronizzazione tra i riferimenti è errato. Tutto iniziò ben prima del mio intervento, vedi qui: http://marxistsinspace.blogspot.com/2009/05/intoduction-to-tolga-yarman.html
…………
>
> Ciao,
> Ch.


Che questi YARK siano un gruppo di crackpot lo si intuisce anche dal tono polemico dei loro articoli. Ma la domanda è: che credito hanno? E il loro esperimento è davvero affidabile? Qualcuno ha proposto un esperimento indipendente per dirimere la questione?


PS: comunque posso solo ringraziarti per la bibliografia e gli spunti che mi hai fornito. Mi manca solo di leggere l’articolo di Benedetto et al su EPL 2020 e poi ho il quadro completo e sono in grado di dire da dove viene secondo me la discrepanza.

Ciao, PF

Christian Corda

unread,
Apr 27, 2023, 5:40:05 PM4/27/23
to
On Thursday, 27 April 2023 at 16:50:04 UTC+2, Pier Franco Nali wrote:

> Che questi YARK siano un gruppo di crackpot lo si intuisce anche dal tono polemico dei loro articoli. Ma la domanda è: che credito hanno? E il loro esperimento è >davvero affidabile? Qualcuno ha proposto un esperimento indipendente per dirimere la questione?





Lo avevo spiegato in un altro post, comunque lo scrivo anche qui. Gli YARK sono un sottogruppo di un gruppo più grande che ha realizzato gli esperimenti. Quest'ultimo è composto da T. Yarman, O. Yarman, A. L. Kholmetskii, M. Arik, B. Akkus, Y. Oktem, L. A. Susam, O. V. Missevitch, B. I. Rogozev. Di costoro gli YARK sono solo i primi 4, ossia T. Yarman, O. Yarman, A. L. Kholmetskii e M. Arik. Sono loro a sostenere che la RG è sbagliata e va sostituita con la loro teoria. Gli altri B. Akkus, Y. Oktem, L. A. Susam, O. V. Missevitch e B. I. Rogozev sono più prudenti. Si limitano ad osservare che il modo tradizionale di spiegare l'esperimento, lo stesso che utilizzate voi qui, non è in grado di spiegare il loro esperimento. Ma si limitano a questo, non parlano di RG sbagliata e di necessità di sostituirla con la YARK theory.

> PS: comunque posso solo ringraziarti per la bibliografia e gli spunti che mi hai fornito. Mi manca solo di leggere l’articolo di Benedetto et al su EPL 2020 e poi ho il quadro completo e sono in grado di dire da dove viene secondo me la discrepanza.

Sono curioso di vedere questa discrepanza, le altre che avevi proposto sinora erano tutte errate, mi pare. Poi andremo ad informare Ashby ed il suo gruppo che la loro analisi teorica che ha permesso di far lavorare i GPS è sbagliata.... :-)
>
> Ciao, PF
Ciao, Ch.

Christian Corda

unread,
Jan 23, 2024, 11:00:04 AMJan 23
to



Riprendo questo vecchio post per segnalare il mio nuovo lavoro sull'argomento, accettato per la pubblicazione da Modern Physics Letters A che mostra come in effetti il problema si poteva risolvere in relatività speciale, senza scomodare la generale. L'effetto addizionale di sincronizzazione degli orologi (che qui qualcuno non riusciva a capire, e lo dico senza polemica) tra i due riferimenti è ottenuto utilizzando il (poco noto) terzo postulato della relatività speciale vedere: https://arxiv.org/abs/2401.10929.
Cari saluti,
Christian Corda

Pier Franco Nali

unread,
Jan 23, 2024, 8:50:04 PMJan 23
to
Il giorno martedì 23 gennaio 2024 alle 17:00:04 UTC+1 Christian Corda ha scritto:



> Riprendo questo vecchio post per segnalare il mio nuovo lavoro sull'argomento, accettato per la pubblicazione da Modern Physics Letters A che mostra come in effetti il problema si poteva risolvere in relatività speciale, senza scomodare la generale. L'effetto addizionale di sincronizzazione degli orologi (che qui qualcuno non riusciva a capire, e lo dico senza polemica) tra i due riferimenti è ottenuto utilizzando il (poco noto) terzo postulato della relatività speciale vedere: https://arxiv.org/abs/2401.10929.
> Cari saluti,
> Christian Corda










Caro Christian, leggendo il tuo nuovo articolo noto quella che a me pare un’incongruenza, nel passaggio dall’eq. (0.9) alla (0.10), e che forse mi potrai chiarire. Nella (0.9) r_L è la coordinata radiale dell’osservatore di Langevin. Questa coordinata, per un tale osservatore, è indipendente dalla variabile d’integrazione tau_L, la quale non è in rapporto alla posizione radiale dell'osservatore (che rimane fissa) bensì alla sua coordinata angolare (del punto istantaneamente occupato dall’osservatore rotante), parametrizzata dal tempo coordinato o tempo proprio dell’osservatore lorentziano, cioè appunto da tau_L. La (0.9) rappresenta cioè il tempo proprio differenziale sperimentato da un osservatore rotante la cui posizione è specificata da una data coordinata radiale (fissa) r_L durante la propagazione di un segnale luminoso da un punto generico di coordinata radiale r a un punto infinitamente vicino di coordinata r+dr. Perciò la tau_L che compare dentro radice nella (0.10) è in realtà una costante per l'osservatore rotante, incidentalmente uguale a r_L/c, e non si identifica con la variabile d’integrazione, cui è stato dato lo stesso nome tau_L. Il problema quindi a mio parere è che è stato usato lo stesso simbolo, tau_L, per indicare due cose diverse.






Di conseguenza la (0.12), cioè l’integrazione lungo l’intera traiettoria dei fotoni, non può essere la differenza tra il tempo proprio misurato dall’osservatore rotante di Langevin e il tempo proprio misurato dall’osservatore fisso lorentziano. Infatti il tempo proprio misurato durante la propagazione del segnale luminoso dall’osservatore rotante di Langevin - cioè la lettura di un orologio che viaggia con lui che si trova in una posizione radiale (fissa) r_L quando è raggiunto dal segnale luminoso (che supponiamo partito all’istante zero) - è quello di un osservatore che ha seguito una traiettoria circolare (r_L costante), non la traiettoria dei fotoni. Non so se sono riuscito a spiegarmi. Se il mio ragionamento è corretto l’integrale si riduce quindi al solito risultato del blueshift per un ricevitore orbitante.
Ti ringrazio per l’attenzione.
Un caro saluto,
Pier Franco

Christian Corda

unread,
Jan 25, 2024, 6:50:05 AMJan 25
to
Ciao Pierfarnco,









> Caro Christian, leggendo il tuo nuovo articolo noto quella che a me pare un’incongruenza, nel passaggio dall’eq. (0.9) alla (0.10), e che forse mi potrai chiarire. Nella (0.9) r_L è la coordinata radiale >dell’osservatore di Langevin. Questa coordinata, per un tale osservatore, è indipendente dalla variabile d’integrazione tau_L, la quale non è in rapporto alla posizione radiale dell'osservatore (che rimane fissa) >bensì alla sua coordinata angolare (del punto istantaneamente occupato dall’osservatore rotante), parametrizzata dal tempo coordinato o tempo proprio dell’osservatore lorentziano, cioè appunto da tau_L. >La (0.9) rappresenta cioè il tempo proprio differenziale sperimentato da un osservatore rotante la cui posizione è specificata da una data coordinata radiale (fissa) r_L durante la propagazione di un segnale >luminoso da un punto generico di coordinata radiale r a un punto infinitamente vicino di coordinata r+dr. Perciò la tau_L che compare dentro radice nella (0.10) è in realtà una costante per l'osservatore >rotante, incidentalmente uguale a r_L/c, e non si identifica con la variabile d’integrazione, cui è stato dato lo stesso nome tau_L. Il problema quindi a mio parere è che è stato usato lo stesso simbolo, tau_L, >per indicare due cose diverse.






Mi pareva di aver già chiarito questa cosa in precedenza. La (0.9) rappresenta la relazione tra la variazione del tempo proprio nel sistema del laboratorio e tempo proprio nel sistema rotante ad una coordinata radiale fissa che è la stessa per entrambi i sistemi. Quindi, per calolare il contributo totale bisogna farne la somma (integrali) su tutte le cordinate radiali fisse della traiettoria. Per questo devi trovare una relazione tra quelle coordinate, che restano fisse, ed il passaggio della luce, che ovviamente si muove. E' questo il significato del passaggio dall (0.9) alla (0.10). Quindi, la tau_L che compare dentro radice nella (0.10) NON PUÃ' essere una costante per l'osservatore rotante perchè ovviamente la luce si sta muovendo ed al muoversi della luce cambia la relazione tra i tempi propri dei due sistemi.







> Di conseguenza la (0.12), cioè l’integrazione lungo l’intera traiettoria dei fotoni, non può essere la differenza tra il tempo proprio misurato dall’osservatore rotante di Langevin e il tempo proprio misurato >dall’osservatore fisso lorentziano. Infatti il tempo proprio misurato durante la propagazione del segnale luminoso dall’osservatore rotante di Langevin - cioè la lettura di un orologio che viaggia con lui che si >trova in una posizione radiale (fissa) r_L quando è raggiunto dal segnale luminoso (che supponiamo partito all’istante zero) - è quello di un osservatore che ha seguito una traiettoria circolare (r_L costante), >non la traiettoria dei fotoni. Non so se sono riuscito a spiegarmi. Se il mio ragionamento è corretto l’integrale si riduce quindi al solito risultato del blueshift per un ricevitore orbitante.




Ti sei spiegato, ma è evidente che su questo punto non capisci la trelatività del moto. Nel suo sistema di riferimento l'osservatore rotante NON segue una traiettoria circolare comre dici tu, ma È FERMO! E' il resto del mondo che ruota attorno a lui. Allora l'osservatore rotante misurerà i tempi in tutti i punti, per lui fissi, in cui è passata la luce (che per questo osservatore non seguirà una traiettoria rettilinea),.
Ciao,
Ch.

Pier Franco Nali

unread,
Jan 25, 2024, 5:35:05 PMJan 25
to
Il giorno giovedì 25 gennaio 2024 alle 12:50:05 UTC+1 Christian Corda ha scritto:
> Ciao Pierfarnco,
> > .........................................





> Mi pareva di aver già chiarito questa cosa in precedenza. La (0.9) rappresenta la relazione tra la variazione del tempo proprio nel sistema del laboratorio e tempo proprio nel sistema rotante ad una coordinata radiale fissa che è la stessa per entrambi i sistemi. Quindi, per calolare il contributo totale bisogna farne la somma (integrali) su tutte le cordinate radiali fisse della traiettoria. Per questo devi trovare una relazione tra quelle coordinate, che restano fisse, ed il passaggio della luce, che ovviamente si muove. E' questo il significato del passaggio dall (0.9) alla (0.10). Quindi, la tau_L che compare dentro radice nella (0.10) NON PUÃ' essere una costante per l'osservatore rotante perchè ovviamente la luce si sta muovendo ed al muoversi della luce cambia la relazione tra i tempi propri dei due sistemi.
.....................................................................
> Ciao,
> Ch.











Mah, mi rimane sempre il dubbio che non stiamo intendendo le stesse cose. Provo a spiegarmi meglio. Nel tuo articolo scrivi che la (0.12), quella dove figura l’integrale sulla traiettoria dei fotoni, “represents the difference between the proper time that has been measured by the rotating Langevin observer and the proper time that has been measured by the fixed Lorentz-Minkowski observer”. Io questo lo interpreto come la differenza tra il tempo proprio misurato dall'osservatore solidale al ricevitore orbitante (alias osservatore di Langevin) e quello misurato dall'osservatore solidale alla sorgente (alias osservatore lorentziano). Dunque il primo, tau_R, è misurato da un orologio che si muove a velocità costante su un arco di circonferenza (dunque r_L costante) descritto durante la percorrenza della luce; il secondo, tau_L, è misurato da un orologio fermo nell'origine durante lo stesso tempo di percorrenza della luce, pari a r_L/c. OK. Ma allora non comprendo perché fare l’integrale sul percorso della luce, dato che questo non corrisponde alla differenza tra le suddette due misure, ma tutt’al al tempo proprio di *un altro* osservatore che si muove lungo un percorso radiale da 0 a r_L con velocità (scalare) istantanea (omega*r) variabile con r (o se vogliamo alla somma dei tempi propri elementari della schiera di osservatori tangenti che quest'altro osservatore interseca durante il percorso da 0 a r_L). Non so se ora il mio dubbio e più chiaro, io continuo a non vedere il nesso.
Ciao, PF

Elio Fabri

unread,
Jan 26, 2024, 11:15:06 AMJan 26
to
Pier Franco Nali ha scritto:
> Mah, mi rimane sempre il dubbio
> ...
Non intervengo per dire la mia nella discussione. Anche se volessi, non
posso, perché non riesco a capire niente di quello che leggo.
Sembra che sia proprio una questione di linguaggio...
Pongo la mia consueta premessa: assumo ci sia qualcun altro che legge
questi post e forse ha le mie stesse difficoltà. È a questo qualcuno
che mi rivolgo.

Per come io conosco la relatività, quando si parla di tempo proprio
non c'è posto né bisogno di riferimenti e osservatori.
Lo spazio-tempo è dotato di una *metrica*, e questa permette di
definire e calcolare la *lunghezza* di qualsiasi arco di curva.
(Per essere precisi, il tempo proprio si applica solo a curve di tipo
tempo.)
Se si fissa un sistema di coordinate, un arco di curva è definito
dalle sue equazioni parametriche, che si possono dare in innumerevoli
forme, ma sono sempre basate sulla previa adozione di un *sistema di
coordinate* (SC) (che non è un sistema di riferimento!).
Per come è definito, il tempo proprio è *invariante*, ossia risulta lo
stesso, *tra due punti di una data curva*, quali che siano le
coordinate che si adottano per definire la curva.

Quindi se sento parlare di *due* tempi propri, secondo me vuol dire
che si stanno considerando *due diverse curve*, magari pure con gli
stessi estremi, o anche no.
Questo avrebbe dovuto essere chiarito e io non lo trovo.

Osservazione: l'asserita invarianza del tempo proprio vale se si
assume che lo si possa calcolare dalla metrica.
In termini fisici, il tempo proprio è segnato da un orologio ideale
di cui la curva che ho ripetutamente citata sia la *curva oraria*. Si
deve assumere che ciò che segna l'orologio dipenda dalla sua velocità,
ma non da altro; in particolare non dall'accelerazione.
Questo prende il nome di "clock hypothesis" o anche "clock postulate".
--
Elio Fabri

Christian Corda

unread,
Jan 27, 2024, 12:10:04 PMJan 27
to











> Mah, mi rimane sempre il dubbio che non stiamo intendendo le stesse cose. Provo a spiegarmi meglio. Nel tuo articolo scrivi che la (0.12), quella dove figura l’integrale sulla traiettoria dei fotoni, “represents > the difference between the proper time that has been measured by the rotating Langevin observer and the proper time that has been measured by the fixed Lorentz-Minkowski observer”. Io questo lo >interpreto come la differenza tra il tempo proprio misurato dall'osservatore solidale al ricevitore orbitante (alias osservatore di Langevin) e quello misurato dall'osservatore solidale alla sorgente (alias >osservatore lorentziano). Dunque il primo, tau_R, è misurato da un orologio che si muove a velocità costante su un arco di circonferenza (dunque r_L costante) descritto durante la percorrenza della luce; il >secondo, tau_L, è misurato da un orologio fermo nell'origine durante lo stesso tempo di percorrenza della luce, pari a r_L/c. OK. Ma allora non comprendo perché fare l’integrale sul percorso della luce, dato >che questo non corrisponde alla differenza tra le suddette due misure, ma tutt’al al tempo proprio di *un altro* osservatore che si muove lungo un percorso radiale da 0 a r_L con velocità (scalare) istantanea >(omega*r) variabile con r (o se vogliamo alla somma dei tempi propri elementari della schiera di osservatori tangenti che quest'altro osservatore interseca durante il percorso da 0 a r_L). Non so se ora il mio >dubbio e più chiaro, io continuo a non vedere il nesso.
> Ciao, PF














Continui a non capire né la relatività del moto né come funzionano gli orologi degli osservatori. Nel suo riferimento l'osservatore rotante NON vede la sua rotazione ne la rotazione di tutto ciò che ruota con lui, compreso il ricevitore orbitante che per lui è fisso. Quindi per l'osservatore rotante l'orologio di cui parli NON si muove a velocità costante su un arco di circonferenza, ma è fisso. Ma l'osservatore rotante non ha solo questo orologio, dobbiamo immaginare che abbia infiniti orologi posti in ogni punto dello spazio di Langevin. Perciò, in ogni punto percorso dalla luce, l'orologio presente in quel punto segnerà un tempo diverso rispetto agli altri punti percorsi dalla luce.  Lo stesso discorso vale per l'osservatore Lorentziano. Dobbiamo immaginare che abbia infiniti orologi posti in ogni punto dello spazio di Lorentz-Minkowski. Anche in questo caso in ogni punto percorso dalla luce, l'orologio presente in quel punto segnerà un tempo diverso rispetto agli altri punti percorsi dalla luce. Ora, l'equazione (0.9) lega lo scorrere del tempo proprio misurato da un orologio avente coordinata radiale r_L nello spazio di Langevin al tempo proprio di un orologio avente la stessa coordinata radiale r_L nello di Lorentz-Minkowski. Qui non c'è ambiguità perché la trasformazione di Langevin lascia invariata la coordinata radiale. La coordinata radiale è la stessa, ma il tempo proprio misurato dai due osservatori è diverso in quanto sono in moto relativo l'uno con l'altro. Questa differenza è evidenziata dall' equazione (0.9). Per calcolare l'effetto totale, ossia la differenza nel tempo di percorrenza della luce per i due osservatori, dobbiamo fare la somma di tutte  differenze degli infiniti orologi che ci sono lungo la traiettoria della luce, ossia l'integrale lungo la coordinata radiale, perchè la differenza in ogni punto dipende solo dalla coordinata radiale. Spero di aver chiarito la questione, perché più terra-terra di così non sono in grado di spiegarla.
Ciao, Ch.

Pier Franco Nali

unread,
Jan 28, 2024, 3:35:04 AMJan 28
to
Il giorno sabato 27 gennaio 2024 alle 18:10:04 UTC+1 Christian Corda ha scritto:













> Continui a non capire né la relatività del moto né come funzionano gli orologi degli osservatori. Nel suo riferimento l'osservatore rotante NON vede la sua rotazione ne la rotazione di tutto ciò che ruota con lui, compreso il ricevitore orbitante che per lui è fisso. Quindi per l'osservatore rotante l'orologio di cui parli NON si muove a velocità costante su un arco di circonferenza, ma è fisso. Ma l'osservatore rotante non ha solo questo orologio, dobbiamo immaginare che abbia infiniti orologi posti in ogni punto dello spazio di Langevin. Perciò, in ogni punto percorso dalla luce, l'orologio presente in quel punto segnerà un tempo diverso rispetto agli altri punti percorsi dalla luce. Lo stesso discorso vale per l'osservatore Lorentziano. Dobbiamo immaginare che abbia infiniti orologi posti in ogni punto dello spazio di Lorentz-Minkowski. Anche in questo caso in ogni punto percorso dalla luce, l'orologio presente in quel punto segnerà un tempo diverso rispetto agli altri punti percorsi dalla luce. Ora, l'equazione (0.9) lega lo scorrere del tempo proprio misurato da un orologio avente coordinata radiale r_L nello spazio di Langevin al tempo proprio di un orologio avente la stessa coordinata radiale r_L nello di Lorentz-Minkowski. Qui non c'è ambiguità perché la trasformazione di Langevin lascia invariata la coordinata radiale. La coordinata radiale è la stessa, ma il tempo proprio misurato dai due osservatori è diverso in quanto sono in moto relativo l'uno con l'altro. Questa differenza è evidenziata dall' equazione (0.9). Per calcolare l'effetto totale, ossia la differenza nel tempo di percorrenza della luce per i due osservatori, dobbiamo fare la somma di tutte differenze degli infiniti orologi che ci sono lungo la traiettoria della luce, ossia l'integrale lungo la coordinata radiale, perchè la differenza in ogni punto dipende solo dalla coordinata radiale. Spero di aver chiarito la questione, perché più terra-terra di così non sono in grado di spiegarla.
> Ciao, Ch.










Si è chiaro, ed è lo stesso ragionamento alla base dell’altro tuo lavoro su Found. of Physics. Quel ragionamento poi alla fine, dopo un po' di fatica, mi si era chiarito, nel senso che ho capito come avevi costruito abilmente l'argomentazione, ma non mi convinceva del tutto, allora come ora. Perché per calcolare la differenza di tempo proprio “misurato dai due osservatori” devi “fare la somma di tutte differenze degli infiniti orologi che ci sono lungo la traiettoria della luce”? Non bastava calcolare semplicemente i tempi propri lungo le linee d’universo dei due osservatori e fare la differenza? Ora, per carità, io posso anche non capire granché di relatività, ammetto di avere molte lacune, ma se prendo per es. il Landau, Teoria dei campi, MIR 1985, pag. 22, leggo:<<Il tempo indicato da un orologio, *solidale con un corpo dato*, è detto tempo proprio *di questo corpo*.>> e poco più avanti (pag. 23):<<L’intervallo di tempo indicato da un orologio è uguale all’integrale 1/c $\int$ ds *preso lungo la linea d’universo di questo orologio*.>> Si parla sempre di UN orologio, quello solidale con l’osservatore, della linea d’universo di questo orologio, e dell'integrale calcolato su questa linea. Magari mi sbaglio io, ma è sbagliato anche il Landau?

Ciao, PF

Christian Corda

unread,
Jan 28, 2024, 4:55:05 PMJan 28
to









> Si è chiaro, ed è lo stesso ragionamento alla base dell’altro tuo lavoro su Found. of Physics. Quel ragionamento poi alla fine, dopo un po' di fatica, mi si era chiarito, nel senso che ho capito come avevi costruito abilmente l'argomentazione, ma non mi convinceva del tutto, allora come ora. Perché per calcolare la differenza di tempo proprio “misurato dai due osservatori” devi “fare la somma di tutte differenze degli infiniti orologi che ci sono lungo la traiettoria della luce”? Non bastava calcolare semplicemente i tempi propri lungo le linee d’universo dei due osservatori e fare la differenza? Ora, per carità, io posso anche non capire granché di relatività, ammetto di avere molte lacune, ma se prendo per es. il Landau, Teoria dei campi, MIR 1985, pag. 22, leggo:<<Il tempo indicato da un orologio, *solidale con un corpo dato*, è detto tempo proprio *di questo corpo*.>> e poco più avanti (pag. 23):<<L’intervallo di tempo indicato da un orologio è uguale all’integrale 1/c $\int$ ds *preso lungo la linea d’universo di questo orologio*.>> Si parla sempre di UN orologio, quello solidale con l’osservatore, della linea d’universo di questo orologio, e dell'integrale calcolato su questa linea. Magari mi sbaglio io, ma è sbagliato anche il Landau?
>
> Ciao, PF







Certo che il Landau non sbaglia, ma si riferisce ad una cosa completamente diversa, parla di un corpo in movimento! Qui per "osservatore fisso "si intende un tizio fisso nel centro del sistema di riferimento che prende le misure di spazi e tempi utilizzando la metrica di Minkowskii, e per "osservatore rotante" si intende un tizio ancora situato nel centro di riferimento ma che ruota solidalmente al ricevitore orbitante e che prende le misure di spazi e tempi  utilizzando la metrica di Langevin. Le misure dei tempi vanno dunque calcolate lungo la traiettoria della luce. Un errore che han fatto pressoché tutti coloro che han commentato qui è che quando si analizzano tempi propri in relatività,  non basta  trasferire questi tempi propri da un evento di trasmissione a un altro, perché gli effetti dipendenti dalla traiettoria devono essere presi in debita considerazione.
Ciao, Ch.

Pier Franco Nali

unread,
Jan 28, 2024, 9:15:05 PMJan 28
to
Provo a risponderti per come ho capito io - o almeno credo di aver capito - la questione dei "due tempi propri". La linea oraria a quanto pare è unica, con gli stessi estremi, ed è quella percorsa da un impulso luminoso emesso da una sorgente che è fissata sull'asse di un rotore e ricevuto da un ricevitore fissato sul bordo. La "lunghezza" è calcolata in due diversi sistemi di coordinate, adottati nel riferimento del laboratorio e in quello solidale al rotore rispettivamente. Ho scritto "lunghezza" tra virgolette perché qui mi perdo, in quanto se la curva è quella che credo non è una curva di tipo tempo, e il risultato, per come è costruito l'integrale di linea, non è invariante, ma viene fuori una differenza pari a (1/6)(v/c)^2 del tempo di transito dell'impulso luminoso misurato nel sistema del laboratorio. Quindi non sembra essere un "tempo proprio" per come siamo abituati a considerarlo ma qualcos'altro, che non so definire.

Pier Franco

Pangloss

unread,
Jan 29, 2024, 12:00:04 PMJan 29
to
[it.scienza.fisica 29 gen 2024] Pier Franco Nali ha scritto:
> Il giorno venerdì 26 gennaio 2024 alle 17:15:06 UTC+1 Elio Fabri ha scritto:
> .....
>> Pier Franco Nali ha scritto:
>> .....
> Provo a risponderti per come ho capito io - o almeno credo di aver capito - la questione dei "due tempi propri".
> La linea oraria a quanto pare è unica, con gli stessi estremi, ed è quella percorsa da un impulso luminoso
> emesso da una sorgente che è fissata sull'asse di un rotore e ricevuto da un ricevitore fissato sul bordo.
> La "lunghezza" è calcolata in due diversi sistemi di coordinate, adottati nel riferimento del laboratorio e
> in quello solidale al rotore rispettivamente. Ho scritto "lunghezza" tra virgolette perché qui mi perdo,
> in quanto se la curva è quella che credo non è una curva di tipo tempo, e il risultato, per come è costruito
> l'integrale di linea, non è invariante, ma viene fuori una differenza pari a (1/6)(v/c)^2 del tempo di transito
> dell'impulso luminoso misurato nel sistema del laboratorio. Quindi non sembra essere un "tempo proprio"
> per come siamo abituati a considerarlo ma qualcos'altro, che non so definire.

Ho letto solo ora la riapertura del thread, ma vorrei fare alcune considerazioni preliminari per capirne il senso.
Tutti i libri di relatività a me noti (a partire dagli articoli scritti da Pauli alla giovanile età di 21 anni!)
definiscono il "tempo proprio" come quello segnato da un orologio "fermo" (ossia che segua la linea di universo
considerata. In RG il tempo proprio (di univoca interpretazione) è calcolabile tramite il tensore metrico.

Ma l'articolo di Corda si propone di trattare l'effetto Mossbauer (piattaforma rotante) nell'ambito della RR,
avvalendosi di un "(poco noto) terzo principio della relatività speciale" (a me finora sconosciuto).
Il punto è che la RR non dispone di alcuno strumento per provare fenomeni dovuti all'accelerazione.
Per definire il "tempo proprio" nella "RR standard" si introduce la "clock hypotesis" già citata da Fabri,
ossia si postula che un orologio ideale in moto vario non sia influenzato dall'accelerazione.
Questo è il "terzo postulato" della RR standard, comunemente adottato per la sua semplicità analitica.
Tuttavia altre leggi più complicate inerenti l'accelerazione sono possibili, soggette al solo vincolo
di essere relativisticamente invarianti: facendone uso si possono costruire varianti di "RR non standard",
ossia introdurre nella RR inconsuete _definizioni differenti_ del tempo proprio..

Mi pare che il terzo principio della relatività speciale usato da Corda sia legittimo, ma conduca ad un concetto
di tempo proprio costruito ad hoc per l'effetto Mossbauer, diverso da quello della RR standard.

--
Elio Proietti
Valgioie (TO)

Elio Fabri

unread,
Jan 29, 2024, 12:35:03 PMJan 29
to
Pier Franco Nali ha scritto:
> Provo a risponderti per come ho capito io - o almeno credo di aver
> capito - la questione dei "due tempi propri". La linea oraria a quanto
> pare è unica, con gli stessi estremi, ed è quella percorsa da un
> impulso luminoso emesso da una sorgente che è fissata sull'asse di un
> rotore e ricevuto da un ricevitore fissato sul bordo.
Non può essere. Se la linea oraria fosse quella di un impulso luminoso
(nel vuoto) la lunghezza sarebbe nulla.

> La "lunghezza" è calcolata in due diversi sistemi di coordinate,
> adottati nel riferimento del laboratorio e in quello solidale al
> rotore rispettivamente. Ho scritto "lunghezza" tra virgolette perché
> qui mi perdo, in quanto se la curva è quella che credo non è una curva
> di tipo tempo, e il risultato, per come è costruito l'integrale di
> linea, non è invariante,
E infatti non è certo la lughezza della linea oraria di un impulso di
luce che interessa.
Secondo me l'interpretazione dell'esperimento è tuttt'altro che ovvia;
non sono certo che si riduca al calcolo dei tempi segnati da orologi.
Avevo cominciato un'analisi più approfondita:

http://www.sagredo.eu/temp/rrr-temp-2.3.pdf

Non so se l'hai mai letto.
È incompleto, ma potrebbe darti qualche idea di tutto quello che
secondo me c'è da capire.
Per es. l'esperimento è indiretto: il dato che se ne ricava è
l'assorbimento della rad. gamma emessa dalla sorgente al centro, da
parte di un assorbitore rotante.
La rad. che ha passato l'assorbitore viene poi rivelata da un
rivelatore fermo.

Solo per farti un esempio, io non sono sicuro che le condizioni
sperimentali permettano di trattare l'emissione gamma come se
consistesse di particelle puntiformi di massa nulla (che è quello che
implicitamente si assume in *tutti* i conti che tentano un confronto
teoria/esperimento.
Poi c'è altro...

A parte questo, io non ha ancora capito quale intepretazione fisica si
possa dare alle coord. di Langevin.
Non sono così sicuro che definiscano una "rif. rotante".
Insisto poi che la fisica di un rif. rotante *nessuno la conosce*.
--
Elio Fabri

Pier Franco Nali

unread,
Jan 29, 2024, 7:00:04 PMJan 29
to
Il giorno lunedì 29 gennaio 2024 alle 18:35:03 UTC+1 Elio Fabri ha scritto:
> ...................................................................
> E infatti non è certo la lughezza della linea oraria di un impulso di
> luce che interessa.
> Secondo me l'interpretazione dell'esperimento è tuttt'altro che ovvia;
> non sono certo che si riduca al calcolo dei tempi segnati da orologi.
> Avevo cominciato un'analisi più approfondita:
>
> http://www.sagredo.eu/temp/rrr-temp-2.3.pdf
>
> Non so se l'hai mai letto.

Si l'ho letto e ti avevo anche fatto delle osservazioni.

> È incompleto, ma potrebbe darti qualche idea di tutto quello che
> secondo me c'è da capire.



Si mi è servito quando ho provato ad approfondire il rif. rotante. Ho anche provato a buttare giù un mio documento ma devo ammettere che non ho cavato un ragno dal buco, nè dell'esperimento, nè del rif. rotante in generale. Forse sono troppo arrugginito avendo rispolverato gli studi di fisica dopo tantissimi anni :(
> .....................................................................
> A parte questo, io non ha ancora capito quale intepretazione fisica si
> possa dare alle coord. di Langevin.
> Non sono così sicuro che definiscano una "rif. rotante".
> Insisto poi che la fisica di un rif. rotante *nessuno la conosce*.


Mi pare che Langevin le avesse introdotte per mantenere un tempo centrale distribuito mediante segnali elettromagnetici a tutti gli osservatori sulla piattaforma.
> --
> Elio Fabri

Pier Franco

Pier Franco Nali

unread,
Jan 29, 2024, 7:00:04 PMJan 29
to
Il giorno lunedì 29 gennaio 2024 alle 18:00:04 UTC+1 Pangloss ha scritto:
> ....................................................................................
>
> Mi pare che il terzo principio della relatività speciale usato da Corda sia legittimo, ma conduca ad un concetto
> di tempo proprio costruito ad hoc per l'effetto Mossbauer, diverso da quello della RR standard.
>
> --
> Elio Proietti
> Valgioie (TO)

Indubbiamente è diverso ma allora diamogli anche un nome diverso.

Pier Franco

Christian Corda

unread,
Jan 30, 2024, 4:50:05 AMJan 30
to
On Monday 29 January 2024 at 03:15:05 UTC+1, Pier Franco Nali wrote:






> Provo a risponderti per come ho capito io - o almeno credo di aver capito - la questione dei "due tempi propri". La linea oraria a quanto pare è unica, con gli stessi estremi, ed è quella percorsa da un impulso luminoso emesso da una sorgente che è fissata sull'asse di un rotore e ricevuto da un ricevitore fissato sul bordo. La "lunghezza" è calcolata in due diversi sistemi di coordinate, adottati nel riferimento del laboratorio e in quello solidale al rotore rispettivamente. Ho scritto "lunghezza" tra virgolette perché qui mi perdo, in quanto se la curva è quella che credo non è una curva di tipo tempo, e il risultato, per come è costruito l'integrale di linea, non è invariante, ma viene fuori una differenza pari a (1/6)(v/c)^2 del tempo di transito dell'impulso luminoso misurato nel sistema del laboratorio. Quindi non sembra essere un "tempo proprio" per come siamo abituati a considerarlo ma qualcos'altro, che non so definire.
>
> Pier Franco


















Ti sfugge il punto fondamentale. Lo spazio-tempo di Lorentz e quello di Langevin NON sono lo stesso spazio-tempo visto da diverse coordinate statiche, sono due spazi-tempi diversi. La trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale ed il tensore di Riemann relativo alla metrica di Langevin, differentemente da quello relativo alla metrica di Lorentz, ha delle componenti non nulle e dipendenti dalla velocità angolare, nonostante qualcuno qui, non ricordo chi, sostenga il contrario. Il calcolo in campo debole, ossia quando ωr è molto minore di c, è abbastanza semplice. Basta ricordare il legame tra la metrica ed il corrispondente potenziale "Newtoniano" e da lì calcolare il tensore di Riemann linearizzato secondo lo schema tradizionale di MTW (ho saputo che Misner è recentemente scomparso, mi spiace). Si ottiene in pochi passaggi, ad esempio, R_ r0r0=ω^2. La trasformazione di Langevin non è una una trasformazione statica, ma dinamica. Per mantenere il sistema in rotazione bisogna fornire energia rotazionale. L'osservatore rotante vede questa energia rotazionale come curvatura dello spazio-tempo.  E' un discorso simile al fatto che la massa-energia del buco nero di Kerr è superiore a quella del buco nero di Schwarzschild, sebbene entrambi abbiano la stessa massa non riducibile, perché il buco nero di Kerr ha un'energia di rotazione aggiunta. In passato qualcuno qui mi prese in giro quando dissi che c'è una analogia con la metrica cosmologica FLRW a sezioni spaziali euclidee. In realtà l'analogia è profonda. In quel caso lo spazio-tempo è conformemente piatto, ma il tensore di Riemann ha componenti non nulle. Quello che il tizio che mi criticava, non ricordo chi fosse, non capisce è che puoi passare dalla metrica di Lorentz a quella cosmologica FLRW a sezioni spaziali euclidee sia agendo direttamente sul fattore di scala con una trasformazione conforme, ma ANCHE agendo sulle coordinate con una trasformazione di coordinate dinamica. Questa trasformazione di coordinate, allo stesso modo della trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale. Quindi sia lo spazio-tempo di Langevin sia quello cosmologico  FLRW a sezioni spaziali euclidee NON  sono lo spazio-tempo di Lorentz.  Movimento globale uguale energia aggiunta uguale sorgente di curvatura, così che l'osservatore solidale al movimento globale "vede" lo spazio-tempo curvo. Non c'è dunque motivo, come dici tu, di usare un termine diverso da "tempo proprio". Si tratta di due tempi propri diversi in due spazi-tempi diversi.
Ciao, Ch.

Pangloss

unread,
Jan 30, 2024, 4:40:04 PMJan 30
to
[it.scienza.fisica 29 gen 2024] Pier Franco Nali ha scritto:
> Il giorno lunedì 29 gennaio 2024 alle 18:00:04 UTC+1 Pangloss ha scritto:
>> Mi pare che il terzo principio della relatività speciale usato da Corda sia legittimo, ma conduca ad un concetto
>> di tempo proprio costruito ad hoc per l'effetto Mossbauer, diverso da quello della RR standard.
> .....
> Indubbiamente è diverso ma allora diamogli anche un nome diverso.

Soprattutto non bisognerebbe dire che si è usato "_il_ (poco noto) terzo postulato della relatività speciale",
ma che si è usato _un_ terzo postulato alternativo a quello classico (la ben nota klock hypotesis).
Gradirei conoscere la precisa formulazione di tale postulato, che deve ovviamente risultare invariante
per trasformazioni di Lorentz. Inoltre, per costituire il fondamento di una RR non-standard interessante,
tale postulato deve essere applicabile a _qualsiasi_ moto vario.

Pier Franco Nali

unread,
Jan 30, 2024, 4:45:05 PMJan 30
to
Il giorno martedì 30 gennaio 2024 alle 10:50:05 UTC+1 Christian Corda ha scritto:
> .............................................

















> Ti sfugge il punto fondamentale. Lo spazio-tempo di Lorentz e quello di Langevin NON sono lo stesso spazio-tempo visto da diverse coordinate statiche, sono due spazi-tempi diversi. La trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale ed il tensore di Riemann relativo alla metrica di Langevin, differentemente da quello relativo alla metrica di Lorentz, ha delle componenti non nulle e dipendenti dalla velocità angolare, nonostante qualcuno qui, non ricordo chi, sostenga il contrario. Il calcolo in campo debole, ossia quando ωr è molto minore di c, è abbastanza semplice. Basta ricordare il legame tra la metrica ed il corrispondente potenziale "Newtoniano" e da lì calcolare il tensore di Riemann linearizzato secondo lo schema tradizionale di MTW (ho saputo che Misner è recentemente scomparso, mi spiace). Si ottiene in pochi passaggi, ad esempio, R_ r0r0=ω^2. La trasformazione di Langevin non è una una trasformazione statica, ma dinamica. Per mantenere il sistema in rotazione bisogna fornire energia rotazionale. L'osservatore rotante vede questa energia rotazionale come curvatura dello spazio-tempo. E' un discorso simile al fatto che la massa-energia del buco nero di Kerr è superiore a quella del buco nero di Schwarzschild, sebbene entrambi abbiano la stessa massa non riducibile, perché il buco nero di Kerr ha un'energia di rotazione aggiunta. In passato qualcuno qui mi prese in giro quando dissi che c'è una analogia con la metrica cosmologica FLRW a sezioni spaziali euclidee. In realtà l'analogia è profonda. In quel caso lo spazio-tempo è conformemente piatto, ma il tensore di Riemann ha componenti non nulle. Quello che il tizio che mi criticava, non ricordo chi fosse, non capisce è che puoi passare dalla metrica di Lorentz a quella cosmologica FLRW a sezioni spaziali euclidee sia agendo direttamente sul fattore di scala con una trasformazione conforme, ma ANCHE agendo sulle coordinate con una trasformazione di coordinate dinamica. Questa trasformazione di coordinate, allo stesso modo della trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale. Quindi sia lo spazio-tempo di Langevin sia quello cosmologico FLRW a sezioni spaziali euclidee NON sono lo spazio-tempo di Lorentz. Movimento globale uguale energia aggiunta uguale sorgente di curvatura, così che l'osservatore solidale al movimento globale "vede" lo spazio-tempo curvo. Non c'è dunque motivo, come dici tu, di usare un termine diverso da "tempo proprio". Si tratta di due tempi propri diversi in due spazi-tempi diversi.
> Ciao, Ch.














Che ci possa essere una qualche curvatura connessa all’energia rotazionale del sistema lo posso anche ammettere, ma in tal caso, a prescindere dall’entità dell’effetto, che mi immagino superminuscola, si tratterebbe comunque di una curvatura “reale”, che vedrebbero tutti gli osservatori, non solo quello solidale al movimento globale. Ma questo lasciamolo per un attimo da parte, quello che mi preme capire per adesso è molto più terra terra, cioè chi misura cosa e come in questo esperimento. Siccome si deve misurare un redshift io mi immagino un tizio, piazzato metaforicamente nella sorgente, che registra, cronometro alla mano, il numero N di oscillazioni della radiazione uscente in un secondo dalla sorgente (che metafora per metafora possiamo immaginare costituita da un singolo atomo) e un altrettanto metaforico tizio, piazzato nel ricevitore, che col suo orologio cronometra il tempo impiegato dal ricevitore a ricevere quelle stesse N oscillazioni. (Assumo che il rivelatore finale si limiti a raccogliere i dati senza modificare nulla) Per completare la misura ho solo bisogno di confrontare le letture dei due orologi, “fermi” nei rispettivi riferimenti, cioè esattamente ciò che normalmente intendiamo quando parliamo di “intervalli di tempo proprio”. (Basterebbe in effetti un solo orologio, quello nel ricevitore, se assumiamo nota in partenza la frequenza ν=N della sorgente.) Non rileva ai fini di questa misura che possano esistere tempi propri di altro tipo. Dal momento che il tempo proprio di cui stiamo parlando si calcola dalla metrica e la metrica di Langevin già tiene (o dovrebbe tener) conto di tutto ciò che serve (inclusi effetti eventuali di curvatura dovuta a rotazione se è giusta la tua interpretazione), ai fini di un confronto con l’esperimento non serve altro e il calcolo per me potrebbe finire qui, senza bisogno di considerare altri effetti, aggiuntivi o correttivi, percorsi della luce, o quant’altro.
Ciao, PF

Christian Corda

unread,
Jan 31, 2024, 7:40:05 AMJan 31
to
> Assumo che il rivelatore finale si limiti a raccogliere i dati senza modificare nulla




Il tuo errore fondamentale è questo. Il rivelatore finale rilevera dei dati sfasati rispetto all'assorbitore rotante (quello che tu chiami ricevitore) perchè i due oggetti si trovano in moto relativo, e dunque i due rispettivi orologi segnano tempi diversi. E' proprio questo a dare l'effetto addizionale. Quindi NON devi considerare il tizio, piazzato nel ricevitore, che col suo orologio cronometra il tempo impiegato dal ricevitore a ricevere quelle stesse N oscillazioni, ma il tizio, piazzato nel rivelatore finale , che col suo orologio cronometra il tempo impiegato dal rivelatore finale a ricevere quelle stesse N oscillazioni.
Ciao, Ch.

Elio Fabri

unread,
Jan 31, 2024, 12:10:04 PMJan 31
to
Christian Corda ha scritto:
> Ti sfugge il punto fondamentale. Lo spazio-tempo di Lorentz e quello
> di Langevin NON sono lo stesso spazio-tempo visto da diverse
> coordinate statiche, sono due spazi-tempi diversi. La trasformazione
> di Langevin rompe la covarianza generale ed il tensore di Riemann
> relativo alla metrica di Langevin, differentemente da quello
> relativo alla metrica di Lorentz, ha delle componenti non nulle e
> dipendenti dalla velocità angolare, nonostante qualcuno qui, non
> ricordo chi, sostenga il contrario.
Qui mi sento obbligato a intervenire, perché l'argomento non riguarda
l'esperimento in senso stretto, ma un problema generale.
Ritengo che l'affermazione che ho citato sia errata.
Non è vero che lo spazio-tempo di Lorentz e quello di Langevin siano
due spazi-tempi diversi.
Intanto la questione è strettamente matematica: abbiamo una varietà
semi-riemanniana, dafinita dalle coordinate di Lorentz e relativa
metrica.
Poi abbiamo delle trasf. di coordinate, prima da quelle cartesiane per
lo spazio a quelle cilindriche, poi da queste alle nuove coord.
cilindriche di Langevin.
La metrica viene trasformata nel modo ovvio.
(Non capisco l'espressione "visto da diverse coordinate statiche",
perché non so che cosa siano le coord. statiche, oppure dinamiche.)
Non capisco la frase
"la trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale"
o meglio la trovo errata.

Qui però debbo aprire una parentesi.
Non ho mai capito che cosa s'intendesse con l'espressione "general
covariance", nel senso che mi pareva che come requisito per
l'accettabiità di una teoria fosse vuota, ossia che qualsiasi teoria
fisica si possa mettere in una forma che rispetta la covarianza
generale.
Mi fece quindi molto piacere legggere a pag. 431 di "Gravitation" la
seguente frase:
"Mathematics was not sufficiently refined in 1917 to cleave apart the
demands for 'no prior geometry' and for a 'geometric, coordinate-
independent formulaton of physics'. Einstein described both demands by
a single phrase, 'general covariance'. The 'no-prior-geometry' demand
actually fathered general relativity, but by doing so anonimously,
disguised as 'general covariance', it also fathered half a century of
confusion."

Ricordo inoltre che in quel libro c'è un intero capitolo, il 12,
dedicato a esporre la presentazione di Cartan della gravitazione
newtoniana come una fisica di uno spazio-tempo curvo (ovviamente
diverso da quello di Einstein).
Questo vuol dire che la teoria newtoniana, espressa à la Cartan,
rispetta il principio di covarianza generale? Sì e no.
Non posso riempire questo post di citazioni, quindi chi vuole
approfondire vada a leggersi almeno il paragrafo finale (12.5, meno di
una pagina e nessuna formula) di quel capitolo.
Chiusa la parentesi.

Il "qualcuno" di cui parla CC credo di essere io (e credo che CC se lo
ricordi benissimo). Solo che io non mi sono limitato a sostenerlo, ma
quasi un anno fa ho fatto un calcolo, che ho reso disponibile a tutti:
http://www.sagredo.eu/temp/Riemann.pdf
invitando a controllarlo e a segnalarmi eventuali errori.
Qualcuno (che ringrazio caldamente) ha accolto il mio invito, e sono
stati trovati alcuni errori, piccoli e senza conseguenze sul
risultato, che è quello prevedibile:
*il tensore di Riemann calcolato con la metrica di Langevin è nullo*
(si veda il thread "Un calcolo inutile" (21/4/23) su
it.scienza.fisica).
Non credo che CC abbia fatto un controllo, oppure l'ha fatto senza
trovare errori; altrimenti non avrebbe mancato di comunicarci il
risultato.

> Il calcolo in campo debole, ossia quando wr è molto minore di c, è
> abbastanza semplice. Basta ricordare il legame tra la metrica ed il
> corrispondente potenziale "Newtoniano" e da lì calcolare il tensore
> di Riemann linearizzato secondo lo schema tradizionale di MTW (ho
> saputo che Misner è recentemente scomparso, mi spiace). Si ottiene
> in pochi passaggi, ad esempio, R_r0r0=w^2.
Qualuque calcolo è soggetto a errori. Nel caso in esame c'è anche
l'appross. di campo debole, che può aver causato errori sottili,
difficili da scoprire.
Io non ho nessuna intenzione di mettermi a fare verifiche, perché
sono arcisicuro della mia verifica.
D'altra parte solo CC può sapere se ha commesso qualche errore, perché
non ci mette a parte del minimo dettaglio del suo calcolo, che quindi
nessuno può verificare.

> La trasformazione di Langevin non è una trasformazione statica, ma
> dinamica.
Non so che cosa vuol dire.

> Per mantenere il sistema in rotazione bisogna fornire energia
> rotazionale. L'osservatore rotante vede questa energia rotazionale
> come curvatura dello spazio-tempo.
Ho già detto che il problema è esclusivamente matematico. Quindi una
presunta spiegazione fisica per la comparsa di una curvatura è inutile
e certamente sbagliata.
Non spendo altro tempo su questo.

> E' un discorso simile al fatto che la massa-energia del buco nero di
> Kerr è superiore a quella del buco nero di Schwarzschild, sebbene
> entrambi abbiano la stessa massa non riducibile, perché il buco nero
> di Kerr ha un'energia di rotazione aggiunta.
Si sa bene che le analogie sono pericolose: a volte funzionano, altre
no. Qindi valgono zero come valore probatorio.

> In passato qualcuno qui mi prese in giro quando dissi che c'è una
> analogia con la metrica cosmologica FLRW a sezioni spaziali
> euclidee. In realtà l'analogia è profonda. In quel caso lo
> spazio-tempo è conformemente piatto, ma il tensore di Riemann ha
> componenti non nulle.
Che la metrica FLRW a sezioni spaziali piatte descriva uno spazio-
tempo curvo è vero, e infatti lo si trova anche nel cap. 16 delle mie
lezioni di "Introduzione alla relatività generale":
http::/www.sagredo.eu/lezioni/irg16.pdf
dove a pag. 16-3 in fondo si legge

"Attenzione. Non si deve equivocare. Stiamo parlando di curvatura
costante delle /sezioni spaziali/ fatte a eta costante (brevemente
/spazio./) Non di curvatura dello spazio-tempo, che non è costante in
punti con diverso eta."
[e non è nulla, sottinteso ovvio]

> Quello che il tizio che mi criticava, non ricordo chi fosse, non
> capisce è che puoi passare dalla metrica di Lorentz a quella
> cosmologica FLRW a sezioni spaziali euclidee sia agendo direttamente
> sul fattore di scala con una trasformazione conforme
Una trasf. conforme *non è* una trasf di coordinate, ed è ovvio che
trasforma uno spazio-tempo in un altro, con diversa metrica.
Per es. nella geometria del piano una trasf. conforme manda il piano
euclideo in una sfera, che non è euclidea.

> ma ANCHE agendo sulle coordinate con una trasformazione di
> coordinate dinamica.
Invito CC a farci dono delle formule di codesta trasf. di coord.
dinamica.
Per dissipare qualsiasi possibile ambiguità, per "trasf. di
coordinate" (senza aggettivi) dello spazio-tempo io intendo un insieme
di 4 funzioni f0,f1,f2,f3 delle cordinaete (x0,x1,x2,x3) che fa
passare alle (y0,y1,y2,y3) con le formule
y0 = f0(x0,x1,x2,x3)
ecc.
Le funzioni non possono essere arbitrarie, almeno nel senso che in
oppurtuni aperti dei due spazi debbono essere invertibili.

> Questa trasformazione di coordinate, allo stesso modo della
> trasformazione di Langevin rompe la covarianza generale.
> Quindi sia lo spazio-tempo di Langevin sia quello cosmologico - FLRW
> a sezioni spaziali euclidee - NON sono lo spazio-tempo di Lorentz.
Io dico che questo è proprio sbagliato.
Nel caso di Langevin siamo davanti a una trasf. di coord. del tipo che
ho sopra descritto, quindi il tensore di Riemann, nullo nelle vecchie
coordinate, resta nullo nelle nuove.
Nel caso FLRW io dico che la trasf. di coord. *non esiste* (e aspetto
che CC mi smentisca) quindi il tensore di Riemann può fare quello che
vuole, o meglio quello che gli impone la metrica.

> Movimento globale uguale energia aggiunta uguale sorgente di
> curvatura, così che l'osservatore solidale al movimento globale
> "vede" lo spazio-tempo curvo. Non c'è dunque motivo, come dici tu,
> di usare un termine diverso da "tempo proprio". Si tratta di due
> tempi propri diversi in due spazi-tempi diversi.
Questo non lo commento perché irrilevante, ho già spiegato perché
--
Elio Fabri

JTS

unread,
Feb 1, 2024, 2:15:04 AMFeb 1
to
On 19/04/23 16:10, Elio Fabri wrote:
> JTS ha scritto:
> > Non so se qui "deludenti" si riferisca ai risultati ottenuti
> > insegnando a tutti gli insegnanti o solo agli insegnanti di materie
> > vicine alla fisica.
> Mi riferivo a insegnanti di scienze (prevalente biologi o chimici di
> formazione).
> In entrambi i casi non mi sono trovato bene, per ragioni diverse.

Non mi ricordo di avere letto questa tua risposta di aprile 2023. Può
darsi che questo sia perché non la ho letta.

Quindi la tua esperienza è diversa da come me la sono immaginata io,
comunque ho bisogno di pensarci _dopo_ avere fatto altre esperienze
(quando saranno).


>
> > Detto questo, per esperienza fatta (vedi nota sotto) gli insegnanti
> > sono sottoposti ad una continua pressione a fare cose che lascia
> > poco tempo per riflettere.
> Questo lo so benissimo.

Secondo me spiega molto. Ma vedi sopra.

>
> > Nota: ho insegnato al liceo scientifico per un anno con undici ore.
> Sarà stata una supplenza.

Proprio una supplenza, da novembre 2021 a giugno 2022. Una prima liceo
scientifico (due ore), una seconda (due ore), una terza (sette ore).
Soprattutto i primi mesi sono stato travolto dalla quantità di cose da fare.

Pier Franco Nali

unread,
Feb 1, 2024, 2:15:04 AMFeb 1
to
Il rivelatore finale è un contatore proporzionale. Per quel (poco) che ho capito dell’esperimento il tizio metaforicamente collocato nel rivelatore *non fa* una misura in cui occorra cronometrare l'arrivo degli impulsi, il suo compito è diverso. Uscendo per un attimo dalla metafora, quando il rotore viene fatto girare sorgente e assorbitore vanno fuori risonanza a causa dello shift Doppler trasversale, sicché la radiazione incidente sull'assorbitore lo oltrepassa raggiungendo il rivelatore finale. Qui “il tizio del rivelatore” attiva una sequenza di eventi che culmina con l’azionamento di un trasduttore piezoelettrico. Quest'ultimo, infine, fa muovere longitudinalmente la sorgente, quel tanto che basta perché lo shift Doppler longitudinale compensi lo shift trasversale ripristinando la condizione di risonanza. Quindi è una faccenda tra sorgente e assorbitore, il rivelatore finale non entra se non come una specie di valvola di regolazione tra i due. Credo sia più o meno la filosofia di tutti gli esperimenti che utilizzano l’effetto Mossbauer. Almeno per come la vedo io la fisica sostanzialmente finisce nell’assorbitore.
Ciao, PF

Christian Corda

unread,
Feb 1, 2024, 5:30:04 AMFeb 1
to
On Thursday 1 February 2024 at 08:15:04 UTC+1, Pier Franco Nali wrote:
>Il rivelatore finale è un contatore proporzionale.









Certo, conta il numero di fotoni gamma ricevuti in un determinato tempo, e dunque l'intensità. Il punto è che quel tempo misurato nel rivelatore finale è DIVERSO rispetto al tempo misurato nell'assorbitore. Più in dettaglio, sono d'accordo che il vero rilevatore (cioè il ricevitore della radiazione elettromagnetica) è l'assorbitore risonante, la cui linea di risonanza è spostata rispetto alla linea di risonanza della sorgente. Ciò induce la variazione di intensità dei quanti gamma risonanti, che passano attraverso questo assorbitore. Questa intensità viene misurata dal rilevatore di quanti gamma, appoggiato all'esterno del sistema del rotore. Quest'ultimo rilevatore è uno strumento tecnico. Permette a chi sta nel laboratorio di misurare lo spostamento delle linee tra sorgente e l'assorbitore. Ma il punto chiave è che lo spostamento delle linee della sorgente e dell'assorbitore che viene osservato da un osservatore situato nell'assorbitore risonante rotante è DIVERSO dallo spostamento delle linee della sorgente e dell'assorbitore che viene osservato da un osservatore situato nel rivelatore fisso di fotoni gamma, perché il tempo per l'assorbitore scorre in modo diverso rispetto al tempo per il rivelatore finale. In altre parole, l'intensità per il rivelatore finale è diversa dall'intensità per l'assorbitore.
> sicché la radiazione incidente sull'assorbitore lo oltrepassa raggiungendo il rivelatore finale


Appunto, e siccome l'assorbitore ed il rivelatore finale sono desincronizzati la radiazione è soggetta ad un ulteriore shift. Mi pare una cosa estremamente ovvia e non capisco perché tu ti impunti a non volerla considerare. Una volta dicevi di non voler fare una caccia all'errore, ma mi pare che sono mesi che la stai facendo senza riuscire a trovarlo, perché, di fatto, non c'è.
> Almeno per come la vedo io la fisica sostanzialmente finisce nell’assorbitore.

Questa è una considerazione antiscientifica. Poiché di fatto si vuole misurare la dilatazione temporale tra punto di partenza e punto di arrivo, chiaramente la misura va fatta lungo tutto il percorso, non tra il punto di partenza ed un punto intermedio.
Ciao, Ch.

Bruno Cocciaro

unread,
Feb 1, 2024, 11:35:05 AMFeb 1
to
Il giorno giovedì 1 febbraio 2024 alle 11:30:04 UTC+1 Christian Corda ha scritto:


> Poiché di fatto si vuole misurare la dilatazione temporale tra punto di partenza e punto di arrivo, chiaramente la misura va fatta lungo tutto il percorso, non tra il punto di partenza ed un punto intermedio.
> Ciao, Ch.



Per come l'ho capito io, quello che si vuole misurare è lo shift fra frequenza emessa, f_e (da una sorgente ferma in C nel riferimento inerziale K) e frequenza assorbita, f_a (da un assorbitore in rotazione a vel angolare Omega a distanza R da C). Meglio, fissata R, si vuole misurare a quale Omega si ha f_a(f_e,R,Omega)=f_ass essendo f_ass nota (è la frequenza alla quale si ha assorbimento). Lo scopo è verificare se
f_a(f_e,R,Omega)/f_ass
soddisfa o meno la legge di shift Doppler trasversale previsto dalla relatività (assumendo la clock ipotesi).


A me pare che non abbia alcuna rilevanza la frequenza rilevata, f_ril, da un rivelatore fisso in K tale che il rilevatore venga investito dal fascio dopo che il fascio ha oltrepassato l'assorbitore (peraltro a me parrebbe che debba essere f_ril=f_e; l'assorbitore, quando non assorbe, non fa niente).



Se poi, per esigenze sperimentali, invece che variare Omega, si preferisce lasciare Omega fisso a un dato valore e la sorgente, invece che fissa in K, la si fa muovere a vel costante, v, verso il rilevatore, allora è ovvio che, per shift Doppler longitudinale, sarà f_ril(f_e,v)=/=f_e. Però, per l'assorbitore, è esattamente come se la sorgente fosse ferma ed emettesse a frequenza f_ril(f_e,v), quindi, in tale situazione sperimentale, è la
f_a(f_ril(f_e,v),R,Omega)/f_ass
che deve soddisfare alla legge Doppler trasversale.
Non riesco a immaginare cosa possano essere questi integrali che fai "lungo tutto il percorso".




Per come pare a me ci sono poche vie di fuga. Se sperimentalmente non si osserva la f_a prevista dallo shift Doppler trasversale, vuol dire che l'apparato sperimentale ha messo l'assorbitore in condizioni tali da modificare apprezzabilmente la sua riga di assorbimento. Volendo vedere l'assorbitore come un orologio, l'orologio, nelle condizioni sperimentali, inizia a "sbarellare", cioè inizia a non soddisfare la clock ipotesi. Tutti gli orologi, quando vengono "stressati", iniziano a sbarellare.

Poi, che i risultati sperimentali siano da accettare o meno è tutto un altro discorso. Però, qualora venissero confermati, quale altra interpretazione si dovrebbe dare loro?

Ciao,
Bruno Cocciaro

Pier Franco Nali

unread,
Feb 1, 2024, 11:35:05 AMFeb 1
to
Il giorno giovedì 1 febbraio 2024 alle 11:30:04 UTC+1 Christian Corda ha scritto:
> On Thursday 1 February 2024 at 08:15:04 UTC+1, Pier Franco Nali wrote:
> >Il rivelatore finale è un contatore proporzionale.





> Certo, conta il numero di fotoni gamma ricevuti in un determinato tempo, e dunque l'intensità. Il punto è che quel tempo misurato nel rivelatore finale è DIVERSO rispetto al tempo misurato nell'assorbitore. Più in dettaglio, sono d'accordo che il vero rilevatore (cioè il ricevitore della radiazione elettromagnetica) è l'assorbitore risonante, la cui linea di risonanza è spostata rispetto alla linea di risonanza della sorgente. Ciò induce la variazione di intensità dei quanti gamma risonanti, che passano attraverso questo assorbitore. Questa intensità viene misurata dal rilevatore di quanti gamma, appoggiato all'esterno del sistema del rotore. Quest'ultimo rilevatore è uno strumento tecnico. Permette a chi sta nel laboratorio di misurare lo spostamento delle linee tra sorgente e l'assorbitore.


Benissimo. Senza entrare nei dettagli tecnici dell’esperimento, di cui peraltro ho un’idea estremamente vaga, mi sembra che conveniamo sul punto fondamentale, cioè che la “vera” misura avviene nell’assorbitore.




>Ma il punto chiave è che lo spostamento delle linee della sorgente e dell'assorbitore che viene osservato da un osservatore situato nell'assorbitore risonante rotante è DIVERSO dallo spostamento delle linee della sorgente e dell'assorbitore che viene osservato da un osservatore situato nel rivelatore fisso di fotoni gamma, perché il tempo per l'assorbitore scorre in modo diverso rispetto al tempo per il rivelatore finale. In altre parole, l'intensità per il rivelatore finale è diversa dall'intensità per l'assorbitore.







Ecco. Ma allora, ammettendo che ci sia questa differenza nello shift quando viene osservato nel rivelatore finale, non pensi che si dovrebbe scomputarla dal conto, dal momento che lo shift “vero” è quello tra sorgente e assorbitore? In altre parole, se pure ci fosse questa differenza non sarebbe da imputare a un effetto dello strumento impiegato per trasferire al laboratorio l’esito della misura “vera”, fatta nell’assorbitore, piuttosto che alla misura stessa? Questo vorrebbe dire che l’esperimento da un risultato spurio, poiché gli sperimentatori non avrebbero considerato (dato che lo ignoravano) che esiste un effetto di desincronizzazione tra assorbitore e rivelatore, e che l’esperimento correttamente interpretato confermerebbe in realtà il risultato standard k=0.5. Magari mi dirai che questa è proprio la tua interpretazione e questo per me sarebbe già un bel passo avanti.

> > sicché la radiazione incidente sull'assorbitore lo oltrepassa raggiungendo il rivelatore finale

> Appunto, e siccome l'assorbitore ed il rivelatore finale sono desincronizzati la radiazione è soggetta ad un ulteriore shift. Mi pare una cosa estremamente ovvia e non capisco perché tu ti impunti a non volerla considerare.

La considero nel senso di cui sopra, cioè come ipotesi di spiegazione di un risultato sperimentale spurio (o almeno che potrebbe esserlo).


>Una volta dicevi di non voler fare una caccia all'errore, ma mi pare che sono mesi che la stai facendo senza riuscire a trovarlo, perché, di fatto, non c'è.


All’inizio sinceramente pensavo a un errore di calcolo ma adesso penso che l’esistenza di un effetto di desincronizzazione tra assorbitore e rivelatore sia un’ipotesi ad hoc che si può accettare o non accettare. A me continua a non convincere.

> > Almeno per come la vedo io la fisica sostanzialmente finisce nell’assorbitore.

> Questa è una considerazione antiscientifica. Poiché di fatto si vuole misurare la dilatazione temporale tra punto di partenza e punto di arrivo, chiaramente la misura va fatta lungo tutto il percorso, non tra il punto di partenza ed un punto intermedio.


Non sono d’accordo, l’obiettivo dell'esperimento è misurare lo shift tra linee di emissione e di assorbimento dei quanti gamma, perciò il punto finale è l’assorbitore. Il rivelatore finale è come dici tu stesso uno strumento tecnico.

> Ciao, Ch.
Ciao, PF

Christian Corda

unread,
Feb 1, 2024, 6:15:05 PMFeb 1
to
On Thursday 1 February 2024 at 17:35:05 UTC+1, Pier Franco Nali wrote:


> Ecco. Ma allora, ammettendo che ci sia questa differenza nello shift quando viene osservato nel rivelatore finale, non pensi che si dovrebbe scomputarla dal conto, dal momento che lo shift “vero” è quello tra sorgente e assorbitore?




Continui a non capire la questione. Lo shift “vero” è quello tra sorgente ed assorbitore, ma il suo valore dipende dal riferimento che usi per misurarlo. Lo shift tra sorgente ed ossorbitore è dovuto a variazioni di tempo proprio. Quando tu misuri quella variazione di tempo proprio nel riferimento rotante ottieni un certo valore, quando tu misuri quella variazione nel riferimento del laboratorio ottieni un valore diverso perchè i due riferimenti non sono sincronizzati. Lo sperimentatore che prende le misure è fisso nel laboratorio, non sta ruotando con l'assorbitore!

>

> All’inizio sinceramente pensavo a un errore di calcolo ma adesso penso che l’esistenza di un effetto di desincronizzazione tra assorbitore e rivelatore sia un’ipotesi ad hoc che si può accettare o non accettare. A me continua a non convincere.

Ma quale ipotesi ad hoc!! La trasformazione di Langevin conserva il tempo coordinato e fa variare il tempo proprio tra riferimento fisso e rotante. C'è sotto un ingrediente fisico fondamentale, perchè ciò che genera gli shift di frequenza sono proprio le variazioni di tempo proprio!


> Non sono d’accordo, l’obiettivo dell'esperimento è misurare lo shift tra linee di emissione e di assorbimento dei quanti gamma, perciò il punto finale è l’assorbitore. Il rivelatore finale è come dici tu stesso uno >strumento tecnico.
> Ciao, PF
Certo che il punto finale è l'assorbitore, ma lo sperimentatore lo guarda dal laboratorio fisso, non mettendosi in groppa a lui!

Ciao, Ch.

Christian Corda

unread,
Feb 2, 2024, 2:05:04 AMFeb 2
to
On Thursday 1 February 2024 at 17:35:05 UTC+1, Bruno Cocciaro wrote:


> Per come l'ho capito io, quello che si vuole misurare è lo shift fra frequenza emessa, f_e (da una sorgente ferma in C nel riferimento inerziale K) e frequenza assorbita, f_a (da un assorbitore in rotazione a vel angolare Omega a distanza R da C). Meglio, fissata R, si vuole misurare a quale Omega si ha f_a(f_e,R,Omega)=f_ass essendo f_ass nota (è la frequenza alla quale si ha assorbimento). Lo scopo è verificare se
> f_a(f_e,R,Omega)/f_ass
> soddisfa o meno la legge di shift Doppler trasversale previsto dalla relatività (assumendo la clock ipotesi).


> A me pare che non abbia alcuna rilevanza la frequenza rilevata, f_ril, da un rivelatore fisso in K tale che il rilevatore venga investito dal fascio dopo che il fascio ha oltrepassato l'assorbitore (peraltro a me parrebbe che debba essere f_ril=f_e; l'assorbitore, quando non assorbe, non fa niente).

>Ciao,
> Bruno Cocciaro





Si, mi ero espresso male. Il punto chiave è che la frequenza assorbita f_a ha un certo valore se osservata nel sistema solidale all'assorbitore, ossia il sistema rotante, mentre ha un valore diverso se osservata nel sistema di riferimento del laboratorio. Questo perchè i due sistemi di riferimento sono desincronizati in tutti i punti eccetto l'origine e lo schift di frequenza è dovuto a variazioni di tempo proprio. Poichè lo sperimentatore non ruota attorno alla sorgente con l'assorbitore, ma è fermo nel laboratorio, ci interesserà, il valore di f_a nel riferimento del laboratorio, non in quello rotante.

Ciao, Ch.

Bruno Cocciaro

unread,
Feb 2, 2024, 7:15:04 AMFeb 2
to
Il giorno venerdì 2 febbraio 2024 alle 08:05:04 UTC+1 Christian Corda ha scritto:




> Si, mi ero espresso male. Il punto chiave è che la frequenza assorbita f_a ha un certo valore se osservata nel sistema solidale all'assorbitore, ossia il sistema rotante, mentre ha un valore diverso se osservata nel sistema di riferimento del laboratorio. Questo perchè i due sistemi di riferimento sono desincronizati in tutti i punti eccetto l'origine e lo schift di frequenza è dovuto a variazioni di tempo proprio. Poichè lo sperimentatore non ruota attorno alla sorgente con l'assorbitore, ma è fermo nel laboratorio, ci interesserà, il valore di f_a nel riferimento del laboratorio, non in quello rotante.
>
> Ciao, Ch.






La frequenza assorbita, f_a, è una *misura*. Ed è una misura che viene effettuata dall'assorbitore. L'esito di *qualunque* misura è *indipendente* dallo stato di moto di chi osserva l'esito della misura stessa. La "misura" potrebbe essere stata eventualmente effettuata nel riferimento K', eventualmente non inerziale. Ho messo "misura" fra virgolette perché, a mio avviso, *ogni* misura, per potersi dire effettivamente tale, dovrebbe essere effettuata in un riferimento inerziale, cioè tutti gli strumenti di misura dovrebbe essere non disturbati durante la misura, cioè dovrebbero non interagire con alcunché se non con gli enti coinvolti nel fenomeno fisico sul quale si basa la misura. Questo è pressoché sempre impossibile a rigore, ma è anche spessissimo approssimativamente vero. Le perturbazioni ci sono sempre, però sono spesso trascurabili (hanno effetti molto minori dell'incertezza della misura).




La misura alla quale siamo interessati, f_a, possiamo immaginarla come la misura di un certo intervallo di tempo dt_a effettuata da un orologio fisso con l'assorbitore. L'orologio misura l'intervallo di tempo dt_a fra due creste dell'onda elettromagnetica che lo sta investendo. Poi, se dt_a=dt_ass=1/f_ass, allora l'assorbitore non fa passare l'onda eletromagnetica. L'intervallo di tempo dt_ass è noto perché è stato misurato con l'assorbitore fermo in un dato riferimento inerziale. La costante dt_ass è nota, così come il suo inverso, f_ass che si dice frequenza di assorbimento (questa frequenza, per certi assorbitori, è nota con estrema precisione).


Quando diciamo che vale la clock ipotesi, diciamo che l'orologio in moto rotatorio, pur essendo "sballottato" (cosa che sarebbe a rigore vietata se lo volessimo usare per effettuare misure di intervalli di tempo), è comunque "sballottato poco", cioè diciamo che, entro le incertezze di misura (che sono molto piccole perché abbiamo detto che dt_a è molto precisa) l'esito della misura rimane indipendente dallo sballottamento.
A questo punto sballottiamo l'orologio (lo mettiamo a rotazione Omega) e vediamo a quale Omega c'è l'assorbimento.
Cioè deve essere
f_ass=f_e*Sqrt[(1-Omega*R/c)^2]
o
Omega=(c/R)*Sqrt[1-(f_e/f_ass)^2]
con R, f_e, f_ass e c tutte costanti note.

Questo se la sorgente che sta emettendo a frequenza f_e è ferma nel riferimento inerziale, K, in cui si trova fisso il centro del disco rotante.


Se, per esigenze sperimentali (che non conosco, Pier Franco Nali parlava di sorgente messa in moto da un piezoelettrico, potrebbe darsi che, per avere la precisione richiesta, si debba fare l'esperimento in quel modo), la sorgente viene messa in moto longitudinale a velocità v, in modo tale che, il rilevatore fisso in K, per effetto doppler longitudinale, rileverà una frequenza
f_ril=f_e*Sqrt[(1-v/c)/(1+v/c)]
quando la v è quella giusta per avere l'assorbimento,
allora dovrà essere
f_ass=f_ril*Sqrt[(1-Omega*R/c)^2] (**)
o
f_ril=f_ass/Sqrt[(1-Omega*R/c)^2].

Se ciò non fosse, assunta la correttezza delle misure, non possiamo dire che l'orologio fisso con l'assorbitore è "sballottato poco". Cioè non possiamo dire che, nelle condizioni in cui è stato effettuato l'esperimento, vale la clock ipotesi.

Spero di essere stato più chiaro di ieri.

Cosa intendi dire con le parole "Poichè lo sperimentatore non ruota attorno alla sorgente con l'assorbitore, ma è fermo nel laboratorio, ci interesserà, il valore di f_a [che qua chiamo f_ril] nel riferimento del laboratorio, non in quello rotante"?




Potrà anche interessarci f_ril, ma per il semplice fatto che, per determinare le condizioni sperimentali alle quali l'orologio dell'assorbitore misurerà dt_ass, invece di lasciare la sergente ferma e variare Omega, preferiamo lasciare fermo Omega e variare v. Ma la sostanza rimane che, *se vale la clock ipotesi* (cioè se l'accelerazione non dà effetti apprezzabili sull'orologio dell'assorbitore), deve valere la relazione Doppler trasverso, cioè la (**).


Ad ogni modo, tu lo sai quali sono i dati grezzi? Cosa si misura? La sorgente è ferma o si muove mediante piezoelettrico? E i risultati sperimentali in disaccordo con la teoia dove si trovano?
Ciao,
Bruno Cocciaro

Christian Corda

unread,
Feb 2, 2024, 8:10:05 AMFeb 2
to
On Friday 2 February 2024 at 13:15:04 UTC+1, Bruno Cocciaro wrote:



> La frequenza assorbita, f_a, è una *misura*. Ed è una misura che viene effettuata dall'assorbitore. L'esito di *qualunque* misura è *indipendente* dallo stato di moto di chi osserva l'esito della misura stessa. >La "misura" potrebbe essere stata eventualmente effettuata nel riferimento K', eventualmente non inerziale.

E come fa un osservatore fisso nel laboratorio ad effettuare la misura su un assorbitore rotante visto che per nel sistema dell'assorbitore tempi e distanze sono diverse dai suoi?

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>
>




> La misura alla quale siamo interessati, f_a, possiamo immaginarla come la misura di un certo intervallo di tempo dt_a effettuata da un orologio fisso con l'assorbitore. L'orologio misura l'intervallo di tempo > dt_a fra due creste dell'onda elettromagnetica che lo sta investendo. Poi, se dt_a=dt_ass=1/f_ass, allora l'assorbitore non fa passare l'onda eletromagnetica. L'intervallo di tempo dt_ass è noto perché è stato > misurato con l'assorbitore fermo in un dato riferimento inerziale. La costante dt_ass è nota, così come il suo inverso, f_ass che si dice frequenza di assorbimento (questa frequenza, per certi assorbitori, è > >nota con estrema precisione).


Di nuovo, come fa un osservatore fisso nel laboratorio a leggere la misura di un certo intervallo di tempo dt_a effettuata da un orologio fisso con l'assorbitore visto che l'orologio dell'osservatore e quello dell'assorbitore NON sono sincronizzati?


>

> Cosa intendi dire con le parole "Poichè lo sperimentatore non ruota attorno alla sorgente con l'assorbitore, ma è fermo nel laboratorio, ci interesserà, il valore di f_a [che qua chiamo f_ril] nel riferimento del laboratorio, non in quello rotante"?


Quello che ho scritto sopra, o lo sperimentatore si mette a ruotare con l'assorbitore per leggere il suo orologio, oppure se resta fisso a terra vedrà tempi diversi e, conseguentemente, frequenze diverse
.


> Ad ogni modo, tu lo sai quali sono i dati grezzi? Cosa si misura? La sorgente è ferma o si muove mediante piezoelettrico? E i risultati sperimentali in disaccordo con la teoia dove si trovano?
Leggiti i miei lavori
> Ciao,
> Bruno Cocciaro
Ciao, Ch.

Elio Fabri

unread,
Feb 2, 2024, 10:50:05 AMFeb 2
to
Bruno Cocciaro ha scritto:
> ...
Noto una svolta condizionamtamente positiva in questo sterminato
thread.
La svolta positiva consiste nel fatto che vi siete messi a discutere
di *che cosa si misura,* passo preliminare rispetto alle possibili
schematizzazioni teoriche.
Se uno non ha chiaro in che cosa consiste l'esperimento, rischia con
alta probabilità di costruire una schematizzazione inadeguata, il che
renderà inutili le considerazioni teoriche che ne seguono.

Il lungo avverbio "condizionatamente" sta a dire che secondo
l'impressione che ne ho tratto, nessuno qui conosce abbastanza bene
l'esperimento.
O per non averlo letto, o per non averlo capito.
Perché nessuno si senta offeso da questo giudizio, aggiungo che io
stesso, che l'ho letto con attenzione più di una volta, non credo di
averlo ancora capito.
Questo accade prima di tutto perché l'esperimento è ogetivamente molto
complessso.
Poi perché a mio parere gli autori (bielorussi e turchi) conoscono
male l'inglese, e anche se non fanno errori di grammatica o sintassi,
mi sembra che in diversi punti traducano in modo errato alcune parole.
di fatto rendendo poco comprensibile ciò che pensano e inducendo in
errore chi li legge.

> Se, per esigenze sperimentali (che non conosco, Pier Franco Nali
> parlava di sorgente messa in moto da un piezoelettrico,
A me pare che il moto della sorgente di cui parla Pier Franco non
esista.

Più esattamente, quel moto esiste nelle misure che vengono fatte (e
citate nell'articolo di cui stiamo parlando: "Novel Mossbauer... di
Yarman et al) per ricavare le curve di risposta degli assorbitori.
Dove però non c'è niente che ruota.
Che sia così, me lo conferma il fatto che le dette curve (fig. 2,
citate all'inizio di pag- 4) hanno in ascissa non una frequenza o una
l. d'onda ma una velocità.
Mentre le fig. 3 e 4, dove compaiomo dati sperimentali, in ascissa
portano le frequenze di rotazione del rotore.

Un commento per Bruno: intanto noncapisco perché scrivi "clock
ipotesi": o tutto italiano, o tutto inglese.
Ma soprattutto non concordo con la tua inerpretazione della clock
hypothesis.
Questa non si riferisce al comportamento di un qualche singolo
orologio. Asserisce invece che il tempo (proprio) segnato da un
oroloio *ideale* in moto qualsiasi dipenda solo dalla sua velocità,
non dalla sua accelerazione.
Gli orologi reali pssono avvicinarsi più o meno a questa condizione e
quindi possono essere considerati o no ideali, in riferimento a un
dato esperimento.
Ma la c.h. afferma che in linea di principio si possa approssimare,
con orologi reali, la condizione di orologio ideale bene quanto
occorre.
Per es. sono state fatte verifiche che il decadimento di muoni segua
la condizione di orologi ideali, facendoli decadere in volo in un
accleratore, dove la loro accelerazione è enermemente maggiore di g.
La vita media misurata in volo differisce da quella misurata in quiete
per il previsto fattore gamma, con una precisione che non so
riportare, ma molto alta.

Sempre Bruno:
> Ad ogni modo, tu lo sai quali sono i dati grezzi? Cosa si misura? La
> sorgente è ferma o si muove mediante piezoelettrico? E i risultati
> sperimentali in disaccordo con la teoria dove si trovano?
Perché non ti studi l'articolo?
Siccome ti conosco, so che se pensi di non sapere abbastanza fisica
per capirlo, avrai l'onestà inetellettuale di dirlo.
Ma allora non saresti neppure in grado di valutare se le
schemetizzazioni che state escogitando siano o no sensate.

Un ultimo commento generale.
Bruno sa (e anche altri forse lo sanno) che io ritengo necessario,
quando si parla di relatività, mettere al bando gli "osservatori".
Qui invece compaiono fin troppo spesso, il che ai miei occhi priva di
attendibilità tutta la discussione.
Chi non fosse al corrente del mio punto di vista può trovarlo
espresso con maggiore ampiezza al paragrafo "Mandiamo in pensione gli
osservatori" del mio Quaderno 16:
http;//www.sagredo.eu/Q16/lez03.pdf
Guardate se in tutto il thread sarebbe possibile e utile sostituire la
parola "osservatore" con "strumento di misura".
Se la risposta fosse negativa, dovremmo concludere che tutta la
discussione soffre di un vizio d'origine.

Avrei altro da dire, ma temo che sarebbe inutile, quindi me ne
astengo.
--
Elio Fabri

Pier Franco Nali

unread,
Feb 2, 2024, 5:25:04 PMFeb 2
to
Il giorno venerdì 2 febbraio 2024 alle 16:50:05 UTC+1 Elio Fabri ha scritto:
> Bruno Cocciaro ha scritto:
> > ...
> ........................
> > Se, per esigenze sperimentali (che non conosco, Pier Franco Nali
> > parlava di sorgente messa in moto da un piezoelettrico,
> A me pare che il moto della sorgente di cui parla Pier Franco non
> esista.
>
> Più esattamente, quel moto esiste nelle misure che vengono fatte (e
> citate nell'articolo di cui stiamo parlando: "Novel Mossbauer... di
> Yarman et al) per ricavare le curve di risposta degli assorbitori.
> Dove però non c'è niente che ruota.
> Che sia così, me lo conferma il fatto che le dette curve (fig. 2,
> citate all'inizio di pag- 4) hanno in ascissa non una frequenza o una
> l. d'onda ma una velocità.
> Mentre le fig. 3 e 4, dove compaiomo dati sperimentali, in ascissa
> portano le frequenze di rotazione del rotore.
>
........................................................









L'avevo preso da qui https://en.wikipedia.org/wiki/Ives%E2%80%93Stilwell_experiment dove c'è una descrizione dell'esperimento di Kundig. A leggerlo non è chiarissimo se il movimento della sorgente avviene mentre il rotore gira o mentre è fermo: <<....A 57Co source was mounted on a piezoelectric transducer (PZT) at the rotor center. Spinning the rotor caused the source and absorber to fall out of resonance. A modulated voltage applied to the transducer set the source in radial motion relative to the absorber, so that the amount of conventional Doppler shift that would restore resonance could be measured.>> Nel lavoro di Kundig https://journals.aps.org/pr/abstract/10.1103/PhysRev.129.2371 è riportato questo: <<...A Co57 source was placed on a piezoelectric transducer at the center of the rotor, and the iron absorber at a radius RA. By applying a triangularly varying voltage to the transducer, the source could be moved relative to the absorber. This arrangement makes possible the observation of the entire resonance line at various values of w.>> Effettivamente però è plausibile che la sorgente venga fatta muovere in un esperimento separato di calibrazione. Sicuramente è così nell'esperimento di Yarman et al: <<The Mossbauer spectra of the absorbers, obtained outside the rotor system with the Mössbauer instrument package MS-2000IP [21] (calibration measurements) are shown in Fig. 2...>>.

Bruno Cocciaro

unread,
Feb 2, 2024, 5:25:04 PMFeb 2
to
Il 02/02/2024 16:40, Elio Fabri ha scritto:

> Ma soprattutto non concordo con la tua inerpretazione della clock
> hypothesis.
> Questa non si riferisce al comportamento di un qualche singolo
> orologio. Asserisce invece che il tempo (proprio) segnato da un
> oroloio *ideale* in moto qualsiasi dipenda solo dalla sua velocità,
> non dalla sua accelerazione.
> Gli orologi reali pssono avvicinarsi più o meno a questa condizione e
> quindi possono essere considerati o no ideali, in riferimento a un
> dato esperimento.
> Ma la c.h. afferma che in linea di principio si possa approssimare,
> con orologi reali, la condizione di orologio ideale bene quanto
> occorre.

Elio, ho sorvolato sulla questione nel precedente email per evitare di
allungarlo troppo.
Ti ringrazio comunque del commento che mi dà l'occasione di rispondere a
questo specifico punto.
Più o meno implicitamente (parlavo di "sballottamenti") intendevo che l'
"orologio" assorbitore Mossbauer usato negli esperimenti potrebbe
essersi allontanato dalle condizioni ideali (cioè sta iniziando a
"funzionare male"), ma non l'ho detto esplicitamente proprio per evitare
di toccare la questione che poni.
A me pare che gli orologi reali *non* possano approssimare la condizione
di orologio ideale quanto vogliono. Questo se con "orologio ideale"
intendiamo che "il tempo (proprio) segnato da un oroloio *ideale* in
moto qualsiasi dipenda solo dalla sua velocità, non dalla sua
accelerazione [con, sottinteso, "quale che sia la sua accelerazione"]."

Ogni orologio reale ha delle dimensioni tipiche, chiamiamole d.
Mi parrebbe difficile immaginare un orologio che sia soggetto ad
accelerazione c^2/d. Non farebbe in tempo ad "assestarsi" sul nuovo
riferimento inerziale che già dovrebbe spostarsi su un altro rif.
inerziale. Non funzionerebbe mai "bene", cioè non si troverebbe mai
fermo in un riferimento inerziale.
Molto diversa sarebbe la situazione se prendesse "una botta ogni tanto",
cioè se fra due variazioni di velocità riuscisse a contare tanti
intervalli 2d/c (quindi piccoli d sono utili; anche se l'accelerazione
fosse grande, fra una botta e la successiva, l'orologio conterebbe
comunque tanti intervalli 2d/c e li conterebbe bene perché sarebbe
rimasto sempre sullo stesso riferimento inerziale per tanti suoi
conteggi). In questo caso potremmo dire che sia trascurabile l'effetto
del "malfunzionamento" che si è avuto solo nel "breve" intervallo in cui
ha accelerato.
E comunque, a occhio, direi che ogni orologio reale cominci a segnare
valori apprezzabilmente dipendenti dall'accelerazione anche con
accelerazioni molto meno intense della "tragica" c^2/d.

Potremmo definire un orologio ideale come un orologio a luce che
accelera secondo Rindler (a qualsiasi accelerazione; però anche
l'orologio di Rindler, per funzionare "bene" anche a grandi
accelerazioni dovrebbe avere lunghezza idealmente infinitesima), però,
lasciando da parte che l'accelerazione alla Rindler è molto ad hoc e
nella sostanza impossibile da realizzare, il punto centrale è che lo
stesso concetto di tempo ha senso perché *tanti* strumenti, basati su
tanti fenomeni, funzionano "bene" in tanti ambienti (e, ovviamente, si
mostrano sincroni fra loro). In un ambiente in cui tutti gli orologi
reali siano fuori uso (cioè le accelerazioni siano talmente grandi che
ogni fenomeno va "per conto suo", le sincronie fra i vari fenomeni sono
tutte saltate) a cosa servirebbe un orologio ideale definito solo sulla
carta come l'orologio a luce di Rindler di lunghezza infinitesima? Cosa
avrebbe di particolare l'orologio a luce di Rindler da far meritare a
lui la palma di "orologio ideale"? Quando si sono perse tutte le
sincronie e tutti i fenomeni vanno per conto loro, un qualsiasi
(ex)orologio reale non potrebbe pretendere la palma di orologio ideale
tanto quanto quello di Rindler?

> Perché non ti studi l'articolo?
> Siccome ti conosco, so che se pensi di non sapere abbastanza fisica
> per capirlo, avrai l'onestà inetellettuale di dirlo.

Sinceramente mesi fa gli diedi un'occhiata (non uno studio attento) per
capire cosa si misurasse in realtà. Poi, certo, quelle misure provavo a
interpretarle mediante i soli poveri mezzi che possiedo.
Però ho dimenticato gran parte. Ieri non sono riuscito nemmeno a
ritrovare i lavori originali.
E comunque, non ho intenzione di dedicare troppo tempo alla questione
perché ne ho un'altra (più una seconda in attesa) che forse immagini e
che mi tiene occupato da diversi mesi :-(. Ma confido di vedere la luce
in tempi accettabili.

Ciao,

--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (Anonimo, attribuito a G.
Apollinaire)

--
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www.avg.com

Bruno Cocciaro

unread,
Feb 2, 2024, 5:30:05 PMFeb 2
to
Il 02/02/2024 14:04, Christian Corda ha scritto:

> E come fa un osservatore fisso nel laboratorio ad effettuare la misura su un assorbitore rotante visto che per nel sistema dell'assorbitore tempi e distanze sono diverse dai suoi?

Fa così:
1) mette l'assorbitore a rotazione Omega in un punto che nel riferimento
inerziale del laboratorio, K, descrive una circonferenza di raggio R;
2) modifica il valore della Omega e, qualora variando Omega variasse
anche R (secondo me, se l'assorbitore è fisso sul disco, al variare di
Omega *deve* variare R; R(Omega) deve essere una funzione decrescente),
registra, oltre a Omega, anche il valore R(Omega);
3) determina il valore di Omega_ass al quale si osserva l'assorbimento;

A questo punto possiamo dire che, nelle condizioni sperimentali dette,
cioè con Omega=Omega_ass, l'orologio fisso con l'assorbitore sta
misurando un intervallo di tempo
dt_a=dt_ass=1/f_ass
fra l'arrivo di una cresta e l'arrivo della successiva dell'onda
elettromagnetica che sta investendo l'assorbitore.
Possiamo anche chiamare intervallo di tempo proprio il dt_a, ma ogni
intervallo di tempo che sia esito di una misura è sempre un intervallo
di tempo "proprio", cioè è l'esito di una misura effettuata da un ben
preciso orologio.
Il risultato della misura effettuata dall'orologio fisso con
l'assorbitore (dt_a=dt_ass) viene "letto" da un eventuale operatore che
non sia in rotazione con l'assorbitore. Ad esempio, l' "osservatore
fisso nel laboratorio", cioè in K, dirà:
"per me, e per chiunque altro, in queste condizioni l'orologio fisso con
l'assorbitore sta misurando dt_a=dt_ass. Non me ne importa niente di
eventuali desincronizzazioni, quello che vedo è che la luce viene
assorbita e so che ciò avviene quando l'orologio dell'assorbitore misura
dt_ass".

Poi l'operatore fisso nel laboratorio potrà fare tante altre misure,
eseguire integrali ecc, ma se, a seguito di misure (tipo la misura della
frequenza f_ril rilevata da uno strumento fisso in K che ancora non
capisco come possa eventualmente essere diversa dalla frequenza emessa
dalla sorgente, f_e, se tale sorgente è anch'essa fissa in K) e di
eventuali calcoli che fanno uso degli esiti di quelle misure,
quell'operatore credesse di poter dire:
"per me, in queste condizioni l'orologio fisso con l'assorbitore *non*
sta misurando dt_a=dt_ass",
allora quell'operatore ha certamente sbagliato qualche misura o qualche
calcolo o ha sbagliato a interpretare l'esito dei suoi calcoli.

Questo perché misure e calcoli (quali che siano) non potranno mai
modificare il *dato di fatto* che quando Omega=Omega_ass l'assorbitore
sta assorbendo. E l'assorbitore assorbe quando il suo orologio misura
dt_a=dt_ass.

Chiudo notando che eventuali discrepanze con la
Omega=(c/R(Omega=0))*Sqrt[1-(f_e/f_ass)^2]
potrebbero, ad esempio, essere dovuti alla dipendenza di R da Omega, e
quelle discrepanze potrebbero dare informazioni sulla funzione R(Omega).
Però, molto prima di pensare a tali effetti, io opterei per uno stress
dell'assorbitore che modifica leggermente la sua frequenza di assorbimento.

Ciao.

Christian Corda

unread,
Feb 3, 2024, 6:20:04 AMFeb 3
to
On Friday 2 February 2024 at 23:30:05 UTC+1, Bruno Cocciaro wrote:
> Il 02/02/2024 14:04, Christian Corda ha scritto:
>

> > E come fa un osservatore fisso nel laboratorio ad effettuare la misura su un assorbitore rotante visto che per nel sistema dell'assorbitore tempi e distanze sono diverse dai suoi?
> Fa così:

OK, riconosco di aver fatto un po' di casini a furia di parlare di osservatori e riferimenti rotanti. Cerco di rispiegare la questione daccapo utilizzando solo i riferimenti e non gli osservatori..

















Consideriamo una sorgente fissa, che possiamo approssimare come puntiforme rispetto alla lunghezza della traiettoria della luce, che emette appunto della luce, ed un assorbitore che ruota a velocità angolare costante attorno alla sorgente che riceve la luce stessa. Ragioniamo sui fronti d'onda emessi e ricevuti. La sorgente emette un numero N di fronti d'onda in un tempo T1. Il ricevitore riceve lo stesso numero di fronti d'onda in un tempo T2<T1. C'è dunque stato uno shift di frequenza (energia) tra la sorgente ed il ricevitore (la frequenza/energia è aumentata). La relatività sembrava prevedere che questo shift sia proporzionale al quadrato del rapporto tra la velocità del ricevitore rispetto alla sorgente e la velocità della luce, con coefficiente di proporzionalità uguale a -1/2 (il segno meno è perchè si tratta di un blueshift se visto dal ricevitore rispetto alla sorgente e di un redshift  se visto dalla sorgente rispetto al ricevitore). Ora, secondo i dati sperimentali riportati su Can. J. Phys. 94, 780 (2016)  e su Phys. Scr. 79, 065007 (2009) questo coefficiente dovrebbe essere invece uguale a -2/3. Invece di affermare che la relatività è sbagliata, come ha fatto il gruppo YARK, io ho ragionato in questo modo. C'è un effetto di shif addizionale dovuto a quanto segue. Il riferimento solidale alla sorgente è quello inerziale fisso, quello solidale all'emettitore, come evidenziato anche da Bruno, è quello non inerziale rotante. Il punto è che i due riferimenti NON sono sincronizzati perché il tempo proprio in ognuno di essi scorre in modo diverso. Quindi bisogna tenere conto di questo fatto nel calcolo finale. In particolare, non si tratta di una desincronizzazione costante, ma che varia al cambiare della coordinata radiale e dunque va calcolato un integrale lungo la coordinata radiale della traiettoria della luce (non c'è ambiguità perché la coordinata radiale secondo la trasformazione di Langevin è la stessa in entrambi i riferimenti). Facendo questo calcolo ho trovato un contributo addizionale al fattore di proporzionalità di valore -1/6. Ora, sommando il valore addizionale di -1/6 al valore tradizionale di -1/2 ottengo esattamente -2/3 e dunque sono in perfetta consistenza col risultato sperimentale. Dubito fortemente che questa possa essere considerata una coincidenza, ed il fatto che abbia pubblicato diversi lavori con trattamenti diversi su questo punto rafforza la mia convinzione.
Spero di avere chiarito la questione in modo definitivo.
Ciao, Ch.

Bruno Cocciaro

unread,
Feb 3, 2024, 7:55:04 AMFeb 3
to
Il 02/02/2024 23:19, Bruno Cocciaro ha scritto:

> Questo perché misure e calcoli (quali che siano) non potranno mai
> modificare il *dato di fatto* che quando Omega=Omega_ass l'assorbitore
> sta assorbendo. E l'assorbitore assorbe quando il suo orologio misura
> dt_a=dt_ass.

Qui avrei dovuto dire:
"l'assorbitore assorbe quando il suo orologio misura dt_a=dt_ass, *posto
che si assuma valida la clock hypothesis*". Il valore f_ass=1/dt_ass è
stato determinato con l'assorbitore non in accelerazione!
Cioè l'esperimento, assumendo che sia valido, mostra che, nelle
condizioni sperimentali, l'assorbitore devia dalla clock hypothesis in
maniera apprezzabile (però, secondo me, prima di pensare a ciò ci
sarebbero da analizzare tante possibilità meno "clamorose").

Poi, nel post che ho mandato ieri sera in risposta a Elio (2 feb 23:14),
nella sostanza sottolineavo che, a mio avviso, la clock hypothesis deve
essere considerata sempre vera approssimativamente, che un orologio,
anche se fosse ideale, per poter soddisfare la clock hypothesis in ogni
condizione (cioè sottoposto a qualsiasi accelerazione), dovrebbe avere
dimensioni infinitesime. Questo significa anche che un orologio ideale,
sottoposto ad accelerazione qualsiasi (anche piccola), dovrà comunque
sgarrare "un pochino" da quanto previsto dalla clock hypothesis (e
questo "pochino" potrebbe essere approssimativamente uguale per tutti
gli orologi che abbiano dimensioni d tali che d<<c^2/a).
Mi parrebbe la storia dell'esperimento di Hafele e Keating i cui
risultati, per poter essere in accordo con le previsioni, devono tener
conto della velocità dell'aereo, ma anche del fatto che l'aereo ha
viaggiato a una quota più alta rispetto alla quota alla quale è rimasto
l'orologio terrestre. Cioè l'accelerazione subita dai due orologi è
stata differente durante il viaggio e quella differenza ha un effetto
apprezzabile sullo sfasamento degli orologi a fine viaggio.

Non ho la minima idea se per caso Corda voglia o meno sostenere che lui
sta dicendo proprio che la clock hypothesis viene violata
apprezzabilmente nelle condizioni sperimentali.
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